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La presenza di proteine all'interno del doppio strato lipidico -delle membrane cellulari viene dimostrata mediante microscopia elettronica con la tecnica del congelamento. Si sospendono le membrane in acqua e si congela il tutto, per affettare poi il blocco di ghiaccio con una lama affilata. È cosi possibile taglia- re alcune membrane secondo un piano parallelo alla loro su- perficie. Questo viene poi trattato con vapori di platino e di carbonio, che ne consentono lo studio al microscopio elet- tronico. La fotografia in alto mostra numerose particelle di dia- metro compreso tra 5 e 8,5 nm inglobate nella compagine di una membrana di globulo rosso di coniglio. Le altre due im- magini mostrano quanto si riduca il numero di tali particelle trattando la membrana con un enzima proteolitico che digeri- sce il 45 per cento (in mezzo) oppure il 70 per cento (in basso) delle proteine della membrana. Le particelle mancanti sono state presumibilmente idrolizzate dall'enzima. Queste fotografie, con un ingrandimento di 95 000 volte, sono state eseguite da L. H. Engstrom presso l'Università della California a Berkeley. t -111/4 -',151"c N. de, ...... ,,,,,, _ ., t 1141•;' #V- ' . . « ....,.... . , , ', •,i, A ...i. -- ,:b,-- -- ... --- ,„ . —: ,..,.. ----" ..." _ N., e •-• » , te - io., , ..- •sh •Yi ., o , ,. 410 0 i, do . ,..,. ,., ,.... ** --r. ' le, - - - ' ' 1P, 0- "'"0. O . , " ...é" 0,1. .. ..\n4" wrz . -.... „-.- , " • 4, ". , ,,„, :m.. "..iv,,, H I, - .0 : ,.. „),„,,,tbo*,- . 4. 1 ' : » • C :. ,•. . , I • , Il sottile e robusto involucro delle cellule viventi consiste di lipidi, esteri fosforici e proteine. Le proteine fungono insieme da barriera e da trasportatore, controllando ciò che attraversa la membrana di C. Fred Fox La struttura delle membrane cellulari O gni cellula vivente è racchiusa en- tro una membrana che non fun- ge solamente da involucro pro- tettore, ma anche da barriera selettiva, che consente l'ingresso alle sostanze nutritive e ad altre specie chimiche es- senziali mentre lascia uscire i prodotti di scarto del metabolismo. Questa membrana citoplasmatica può anche « pompare » delle sostanze contro una barriera di potenziale elettrochimico, è cioè in grado di estrarle da una solu- zione diluita trasportandole dal lato opposto della membrana, dove si tro- vano in concentrazione molto superio- re. In questo modo la membrana cito- plasmatica riesce a regolare gli scambi di materia tra la cellula e l'ambiente in cui essa si trova. Le cellule degli organismi superiori possiedono, oltre alla membrana cito- plasmatica, varie altre membrane inter- ne, che circondano delle strutture chia- mate organelli, aventi funzioni assai specializzate. Per esempio, i mitocondri ossidano le sostanze nutritive, provve- dendo cosí l'energia necessaria per le altre funzioni della cellula, e i cloro- plasti sono la sede della fotosintesi. Le membrane si compongono essen- zialmente di due specie chimiche: pro- teine e lipidi. Le proteine fungono da enzimi, o catalizzatori biologici, e con- sentono alla membrana di svolgere le sue funzioni caratteristiche. I lipidi costituiscono l'ossatura principale della membrana. I lipidi naturali più sempli- ci, come i grassi e le cere, sono insolu- bili in acqua. I lipidi che si incontra- no nelle membrane cellulari hanno una molecola costituita da una coda idro- fobica, insolubile in acqua, e da una testa idrofila, solubile in acqua. La re- gione idrofila viene anche detta polare, in quanto può portare una carica elet- trica, mentre la regione idrofobica non è polare. Nella maggior parte dei lipidi delle membrane cellulari la regione idrofobi- ca è costituita dalle catene idrocarburi- che degli acidi grassi, che sono moleco- le idrocarburiche con un gruppo car- bossile (—COOH) a una estremità. Un tipico lipide della membrana è costitui- to da due molecole di acido grasso legate a una di glicerina. La glicerina, a sua volta, è legata a un gruppo po- lare costituito per lo più da una mole- cola di acido fosforico, che reca una carica elettrica. I lipidi di questo tipo vengono chiamati fosfolipidi. Immergendo in una soluzione di fo- sfolipidi, in condizioni opportune, un generatore di ultrasuoni di elevata po- tenza, le molecole di fosfolipide si ag- gregano in vescichette, dette liposomi. La disposizione dei fosfolipidi nella pa- rete dei liposomi e nelle membrane cel- lulari è stata studiata per mezzo della diffrazione dei raggi X, un metodo che consente di determinare la distanza che intercorre tra gruppi di atomi che si ripetono in una struttura ordinata. Gli studi compiuti con questa tecnica da M.F. Wilkins e dai suoi collaboratori del King's College di Londra mostrano che i gruppi polari dei lipidi sono di- sposti in file parallele che distano cir- ca 4 nm (1 nm 10- 9 m) e che le catene idrocarburiche degli acidi gras- si sono disposte parallelamente l'una all'altra in gruppi di 50 e più moleco- le di fosfolipide. I risultati della diffrazione dei raggi X consentono di proporre un modello per le pareti dei liposomi e le membra- ne cellulari nel quale i fosfolipidi si dispongono in due strati paralleli (si vedano le figure a pagina 49). I grup- pi polari si dispongono lungo le super- fici esterne del doppio strato, mentre le catene alifatiche si dispongono all'in- terno, perpendicolarmente alle superfici della membrana. Questo modello per la disposizione dei fosfolipidi nella struttura delle membrane è identico a quello proposto da James F. Danielli e da Hugh Davson negli anni trenta, quando non si disponeva ancora di da- ti precisi sulla struttura delle membra- ne. t anche la configurazione che cor- risponde al minimo di energia poten- ziale per un doppio strato di molecole con gruppi polari e non polari, in quanto non pone limiti alla interazione dei primi con l'acqua in cui è immersa la membrana. A l contrario dei lipidi, le proteine non formano delle strutture ordinate nella compagine delle membrane, quin- di la loro disposizione non può es- sere determinata con l'aiuto della dif- frazione dei raggi X. Questa assenza di ordine non deve sorprendere. Ogni membrana cellulare incorpora una grande varietà di molecole proteiche, molto diverse per dimensioni moleco- lari e per frequenza: certe proteine possono infatti essere 10 e anche 100 volte più frequenti di altre. Dal momento che un'analisi struttu- rale generale non consente di scoprire molte cose sulla disposizione delle pro- teine, si è preferito limitare lo studio a poche specie di protidi. Nel modello di Danielli e Davson si ipotizza che le proteine siano tutte disposte esterna- mente al doppio strato di fosfolipidi, su entrambi i lati della membrana. Per quanto i dati ottenuti con la diffra- zione dei raggi X e con la microsco- pia elettronica a elevata risoluzione sembrino confermare questa ipotesi, al- meno per quanto riguarda la maggior parte delle proteine contenute nelle membrane, alcuni fenomeni biochimici fanno ritenere che questo modello de- scriva la realtà dei fatti in maniera mol- to semplicistica. Le prove di una diver- sa disposizione delle proteine sono state 46 47

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La presenza di proteine all'interno del doppio strato lipidico-delle membrane cellulari viene dimostrata mediante microscopiaelettronica con la tecnica del congelamento. Si sospendono lemembrane in acqua e si congela il tutto, per affettare poi ilblocco di ghiaccio con una lama affilata. È cosi possibile taglia-re alcune membrane secondo un piano parallelo alla loro su-perficie. Questo viene poi trattato con vapori di platino edi carbonio, che ne consentono lo studio al microscopio elet-tronico. La fotografia in alto mostra numerose particelle di dia-

metro compreso tra 5 e 8,5 nm inglobate nella compagine diuna membrana di globulo rosso di coniglio. Le altre due im-magini mostrano quanto si riduca il numero di tali particelletrattando la membrana con un enzima proteolitico che digeri-sce il 45 per cento (in mezzo) oppure il 70 per cento (in basso)delle proteine della membrana. Le particelle mancanti sonostate presumibilmente idrolizzate dall'enzima. Queste fotografie,con un ingrandimento di 95 000 volte, sono state eseguite daL. H. Engstrom presso l'Università della California a Berkeley.

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Il sottile e robusto involucro delle cellule viventi consiste di lipidi,esteri fosforici e proteine. Le proteine fungono insieme da barriera eda trasportatore, controllando ciò che attraversa la membrana

di C. Fred Fox

La strutturadelle membrane cellulari

O

gni cellula vivente è racchiusa en-tro una membrana che non fun-ge solamente da involucro pro-

tettore, ma anche da barriera selettiva,che consente l'ingresso alle sostanzenutritive e ad altre specie chimiche es-senziali mentre lascia uscire i prodottidi scarto del metabolismo. Questamembrana citoplasmatica può anche« pompare » delle sostanze contro unabarriera di potenziale elettrochimico, ècioè in grado di estrarle da una solu-zione diluita trasportandole dal latoopposto della membrana, dove si tro-vano in concentrazione molto superio-re. In questo modo la membrana cito-plasmatica riesce a regolare gli scambidi materia tra la cellula e l'ambientein cui essa si trova.

Le cellule degli organismi superioripossiedono, oltre alla membrana cito-plasmatica, varie altre membrane inter-ne, che circondano delle strutture chia-mate organelli, aventi funzioni assaispecializzate. Per esempio, i mitocondriossidano le sostanze nutritive, provve-dendo cosí l'energia necessaria per lealtre funzioni della cellula, e i cloro-plasti sono la sede della fotosintesi.

Le membrane si compongono essen-zialmente di due specie chimiche: pro-teine e lipidi. Le proteine fungono daenzimi, o catalizzatori biologici, e con-sentono alla membrana di svolgere lesue funzioni caratteristiche. I lipidicostituiscono l'ossatura principale dellamembrana. I lipidi naturali più sempli-ci, come i grassi e le cere, sono insolu-bili in acqua. I lipidi che si incontra-no nelle membrane cellulari hanno unamolecola costituita da una coda idro-fobica, insolubile in acqua, e da unatesta idrofila, solubile in acqua. La re-gione idrofila viene anche detta polare,in quanto può portare una carica elet-trica, mentre la regione idrofobica nonè polare.

Nella maggior parte dei lipidi dellemembrane cellulari la regione idrofobi-ca è costituita dalle catene idrocarburi-che degli acidi grassi, che sono moleco-le idrocarburiche con un gruppo car-bossile (—COOH) a una estremità. Untipico lipide della membrana è costitui-to da due molecole di acido grassolegate a una di glicerina. La glicerina,a sua volta, è legata a un gruppo po-lare costituito per lo più da una mole-cola di acido fosforico, che reca unacarica elettrica. I lipidi di questo tipovengono chiamati fosfolipidi.

Immergendo in una soluzione di fo-sfolipidi, in condizioni opportune, ungeneratore di ultrasuoni di elevata po-tenza, le molecole di fosfolipide si ag-gregano in vescichette, dette liposomi.La disposizione dei fosfolipidi nella pa-rete dei liposomi e nelle membrane cel-lulari è stata studiata per mezzo delladiffrazione dei raggi X, un metodo checonsente di determinare la distanza cheintercorre tra gruppi di atomi che siripetono in una struttura ordinata. Glistudi compiuti con questa tecnica daM.F. Wilkins e dai suoi collaboratoridel King's College di Londra mostranoche i gruppi polari dei lipidi sono di-sposti in file parallele che distano cir-ca 4 nm (1 nm 10-9 m) e che lecatene idrocarburiche degli acidi gras-si sono disposte parallelamente l'unaall'altra in gruppi di 50 e più moleco-le di fosfolipide.

I risultati della diffrazione dei raggiX consentono di proporre un modelloper le pareti dei liposomi e le membra-ne cellulari nel quale i fosfolipidi sidispongono in due strati paralleli (sivedano le figure a pagina 49). I grup-pi polari si dispongono lungo le super-fici esterne del doppio strato, mentrele catene alifatiche si dispongono all'in-terno, perpendicolarmente alle superficidella membrana. Questo modello per

la disposizione dei fosfolipidi nellastruttura delle membrane è identico aquello proposto da James F. Danielli eda Hugh Davson negli anni trenta,quando non si disponeva ancora di da-ti precisi sulla struttura delle membra-ne. t anche la configurazione che cor-risponde al minimo di energia poten-ziale per un doppio strato di molecolecon gruppi polari e non polari, inquanto non pone limiti alla interazionedei primi con l'acqua in cui è immersala membrana.

Al contrario dei lipidi, le proteine nonformano delle strutture ordinate

nella compagine delle membrane, quin-di la loro disposizione non può es-sere determinata con l'aiuto della dif-frazione dei raggi X. Questa assenzadi ordine non deve sorprendere. Ognimembrana cellulare incorpora unagrande varietà di molecole proteiche,molto diverse per dimensioni moleco-lari e per frequenza: certe proteinepossono infatti essere 10 e anche 100volte più frequenti di altre.

Dal momento che un'analisi struttu-rale generale non consente di scopriremolte cose sulla disposizione delle pro-teine, si è preferito limitare lo studioa poche specie di protidi. Nel modellodi Danielli e Davson si ipotizza che leproteine siano tutte disposte esterna-mente al doppio strato di fosfolipidi,su entrambi i lati della membrana. Perquanto i dati ottenuti con la diffra-zione dei raggi X e con la microsco-pia elettronica a elevata risoluzionesembrino confermare questa ipotesi, al-meno per quanto riguarda la maggiorparte delle proteine contenute nellemembrane, alcuni fenomeni biochimicifanno ritenere che questo modello de-scriva la realtà dei fatti in maniera mol-to semplicistica. Le prove di una diver-sa disposizione delle proteine sono state

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PARETEDEL LIPOSOMAFASE

ESTERNAACQUOSA

FASEINTERNAACQUOSA

I lipidi che costituiscono l'ossatura delle membrane sono delle molecole complesse, contesta idrofila e coda idrofoba. La regione idrofila, o polare, consiste di una molecoladi acido fosforico che, insieme ad altre, è legata a una molecola di glicerina. Questogruppo polare, a contatto con l'acqua, è spesso portatore di cariche elettriche. La glice.rina funge da ponte tra le catene idrocarburiche di due acidi grassi, che costituisconola regione non polare del lipide. In questo schema semplificato le linee a zig zag rap-presentano le catene idrocarburiche: ogni vertice è occupato da un atomo di carboniolegato a due atomi di idrogeno. Il carbonio terminale di ogni catena lega invece treatomi di idrogeno. I lipidi esterificati con acido fosforico vengono detti fosfolipidi.

fornite soprattutto da Marc Bretscherdei laboratori del Medical ResearchCouncil a Cambridge e da TheodoreL. Steck, G. Franklin e Donald F.H.Wallach della Harvard Medical School.

Bretscher ha marcato una delle pro-teine più frequenti nella membrana ci-toplasmatica del globulo rosso con unasostanza radioattiva capace di legarsialla proteina, ma non di attraversarela membrana. La proteina è stata mar-cata in due modi (si vedano le figu-re a pagina 50 e 51). Dapprima si espo-sero alla sostanza marcante dei globulirossi intatti, in modo da marcare solole molecole di proteina poste sulla su-perficie esterna della cellula. Successi-vamente si marcarono dei glubuli rossipreviamente danneggiati, in modo chela sostanza marcante potesse raggiun-gere anche la proteina eventualmentedisposta sulla superficie interna dellamembrana.

Le membrane marcate nelle due di-verse condizioni vennero poi trattateseparatamente per isolare la proteinamarcata. La proteina purificata prove-niente dai due campioni venne succes-sivamente idrolizzata in frammenti fa-cilmente identificabili per trattamentocon un enzima proteolitico. Infine unpiccolo campione dell'idrolizzato fu de-posto su un angolo di un foglio di car-ta da filtro, per effettuare la separazio-ne dei suoi componenti con il metododetto fingerprinting. Con questa tecni-ca si effettua prima una separazionecromatografica di vari gruppi di fram-menti della proteina operando lungo unmargine del foglio di carta. Successiva-mente si ruota il foglio di 900 e si ef-fettua una elettroforesi nella nuova di-rezione. Nella prima fase i gruppi diframmenti si separano l'uno dall'altroin quanto ognuno è caratterizzato dauna ben definita velocità di migrazionerelativa alla velocità con cui fluisce ilsolvente. Nella seconda fase si distin-

TESTA(POLARE) GLICERINA

guono i singoli componenti di ognunodei gruppi separati cromatograficamen-te, in quanto le loro velocità di migra-zione entro un campo elettrico sonodiverse da quelle che avevano nellaprima fase, in assenza di campo elet-trico.

Effettuata la separazione, si pose lacarta da filtro su una pellicola radio-grafica, in modo da rivelare i punti incui erano andati a disporsi i frammentilegati alla molecola marcante. Confron-tando l'annerimento delle pellicoleesposte ai fingerprint degli idrolizzatiricavati dalle membrane marcate nelledue diverse condizioni, fu evidente chei frammenti marcati erano molto piùnumerosi nell'idrolizzato ottenuto damembrane marcate su entrambe le su-perfici. Ciò dimostra che quella protei-na da cui prende origine quel sovrap-piú di frammenti marcati deve trovar-si sulla superficie interna della mem-brana.

Steck e i suoi collaboratori ottennerorisultati simili impiegando due tipi

di vescichette chiuse, costruite utiliz-zando come materia prima le membra-ne dei globuli rossi. Con un tipo dipreparazione (vescichette diritte) vieneesposta al mezzo acquoso esterno lasuperficie esterna della membrana. Conl'altro tipo (vescichette rovesciate) siespone al mezzo esterno la superficieinterna della membrana. Trattando idue tipi di vescichette con un enzimaproteolitico, si possono idrolizzare solole proteine che vengono a contatto conil mezzo esterno, in cui si trova l'enzi-ma. Steck trovò che alcune proteinevenivano idrolizzate in entrambe lepreparazioni, cosa che dimostra che es-se compaiono su entrambe le facce del-la membrana del globulo rosso. Altreproteine vengono idrolizzate solo in unadelle due preparazioni e si trovanoquindi su una sola delle due superfici

della membrana. Si prova cosí la teo-ria che le membrane cellulari non sia-no simmetriche. Già da molti anni, in-fatti, si sospettava che le membranedovessero essere asimmetriche, in quan-to si riteneva che le superfici esterna einterna dovevano svolgere funzionibiologiche differenti. La messa a puntodi una tecnica per la preparazione divescichette diritte e rovesciate dovrebberisultare estremamente utile per deter-minare la faccia di una membrana sucui si trova una determinata proteinae quindi quali siano esattamente le suefunzioni.

Daniel Branton e i suoi collaboratoridell'Università della California a Ber-keley hanno messo a punto la tecnicadi preparazione dei campioni per mi-croscopia elettronica mediante conge-lamento e l'hanno utilizzata per lo stu-dio della struttura interna delle mem-brane. Una sospensione acquosa dimembrane viene congelata rapida-mente e successivamente affettata conuna lama molto affilata. Dove la super-ficie di una membrana corre parallelaal piano di taglio è probabile che essavenga tagliata nel mezzo del doppiostrato lipidico. Effettuato il taglio sievapora sulla sua superficie un filmsottile di platino e carbonio e su que-sta replica della superficie congelatasi possono osservare, mediante micro-scopia elettronica, i dettagli della strut-tura del piano di frattura e delle mem-brane che vi si trovano.

La microscopia elettronica dellemembrane sezionate rivela l'esistenzadi molte particelle con dimensioni da5 a 8,5 nm sulla superficie interna del-le membrane stesse. Queste particellescompaiono se le membrane vengonotrattate preventivamente con un enzi-ma proteolitico: sono quindi probabil-mente delle molecole proteiche o degliaggregati di proteine (si veda la figuraa pagina 46). In base a una valuta-zione del numero di particelle protei-che cosí rivelate, Branton e i suoi col-laboratori hanno dedotto che dal 10al 20 per cento dello spazio interno dinumerose membrane biologiche è riem-pito da proteine.

Una frazione compresa tra un quin-to e un quarto della massa di proteinecontenute in una cellula è legata adelle membrane. La rimanente parte èper lo più disciolta nel mezzo acquosoall'interno della cellula. Per discioglierele proteine della membrana in un mez-zo acquoso occorre aggiungere dei ten-sioattivi per facilitarne la dispersione.Ci si aspetterebbe quindi che la com-posizione chimica delle proteine dellemembrane sia diversa da quella delle

proteine solubili, ma in realtà non ècosí.

Gli amminoacidi che compongono leproteine si possono classificare in duecategorie: polari e non polari. S.A.Rosemberg e Guido Guidotti della Har-vard University hanno studiato la com-posizione delle proteine estratte da nu-merose membrane, trovando che con-tengono praticamente la stessa percen-tuale di amminoacidi polari e non po-lari che si ritrova nelle proteine solu-bili del comune batterio del colonEscherichia coli. Quindi l'insolubilitàin acqua delle proteine delle membra-ne non va ricercata nella composizio-ne chimica.

Gli studi condotti da L. Spatz e Phi-lipp Strittmatter della Università delConnecticut dimostrano che la spiega-zione più probabile dell'insolubilità del-le proteine delle membrane va ricerca-ta nella disposizione degli amminoaci-di, più che nella loro natura. Spatz eStrittmatter hanno sottoposto le mem-brane di cellule epatiche di coniglio aun leggero trattamento con un enzimaproteolitico. In questo modo si separa-va dalla proteina la parte biologicamen-te attiva, detta citocromo b5. Separata-mente hanno isolato la molecola pro-teica intatta, trattandola successiva-mente con l'enzima proteolitico, per se-pararne la parte attiva. Quest'ultima,sia che venisse ottenuta direttamentedalle membrane, sia che venisse sepa-rata dalla proteina purificata, risultavaparticolarmente ricca in amminoacidipolari. Al contrario, i frammenti pro-teici insolubili in acqua da cui erastata estratta la parte attiva erano par-ticolarmente ricchi in amminoacidi nonpolari. Se ne può quindi dedurre chealmeno alcune delle proteine dellemembrane sono costituite da una re-gione non polare, immersa nel doppiostrato lipidico, e da una regione polare,che si trova sulla superficie esternadella membrana.

A questo punto dobbiamo chiedercicome possono avvenire gli scambi

di materia tra l'interno e l'esterno diuna cellula. La zona non polare, costi-tuita dalle code alifatiche dei lipididella membrana è incompatibile contutte le piccole molecole idrosolubilicome gli zuccheri e gli amminoacidi econ gli ioni metallici, formando quindiuna barriera che queste sostanze nonpossono attraversare liberamente. Se simisura la velocità con cui il glucosioattraversa le pareti dei liposomi, si tro-va infatti che è molto più bassa diquella con cui attraversa le membranecellulari. Fatti di questo genere hanno

Sottoponendo una sospensione di fosfolipidi a un flusso di ultrasuoni di grande energiasi formano delle vescichette chiuse contornate da una membrana artificiale, dette lipo.somi. La diffrazione dei raggi X dimostra che i fosfolipidi della membrana sono di-sposti ordinatamente come nelle membrane naturali. (Si veda la figura qui sotto).

TESTE POLARI

I.

CODE DEGLIACIDI GRASSI -\(NON POLARI)

TESTE POLARI

Questa sezione trasversale della membrana dei liposomi mostra come questa sia forma.ta da due strati di molecole lipidiche, le teste polari sono rivolte verso la fase acquosaall'esterno della membrana, mentre le code non polari si fronteggiano all'interno.

CODE DEGLI ACIDI GRASSI(NON POLARI)

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CROMATOGRAFIA

SUPERFICIE ESTERNA

SUPERFICIE INTERNA

a

CROMATOGRAFIA

C

indotto a pensare che nella compaginedelle membrane biologiche debbano es-sere presenti delle entità chiamate tra-sportatori (carrier), che servono a con-sentire l'attraversamento della barrie-ra lipidica da parte delle piccole mole-cole polari e degli ioni.

Questi trasportatori debbono esseremolto selettivi. Per esempio il traspor-tatore del glucosio non riveste alcunafunzione nel corso del trasporto di al-tri zuccheri o di amminoacidi. Un mo-dello interessante per il trasporto se-lettivo di ioni è stato messo a punto daA.D. Bangham, M.M. Standish e J.C.

Watkins dell'Agricultural Research Co-uncil di Cambridge in Inghilterra e daJ. B. Chappell e R. A. Crofts dell'Uni-versità di Cambridge. Come modello ditrasportatore essi hanno impiegato lavalinomicina, un antibiotico non pola-re, solubile nei lipidi, costituito da so-lo 12 amminoacidi. Sostanze di questotipo vengono chiamate polipeptidi perdistinguerle dalle proteine, che sonochimicamente identiche, ma con mole-cole molto più grandi. La valinomici-na si combina con le membrane lipidi-che costituite da un doppio strato difosfolipidi e le rende permeabili agli

ioni potassio, ma non agli ioni sodio.La variazione di permeabilità della

membrana lipidica si può studiare fa-cilmente osservando la variazione diresistenza elettrica attraverso di essaquando venga posta a separare duecompartimenti contenenti una soluzio-ne acquosa di un sale potassico. Si in-troduce dapprima una piccola quantitàdi fosfolipide in un forellino tra ledue camere e si forma spontaneamen-te un foglietto bimolecolare che chiu-de il foro. Successivamente si introdu-cono nei due compartimenti degli elet-trodi per misurare la resistenza elettri-

ca dovuta alla membrana artificiale li-pidica.

In assenza di valinomicina la resi-stenza opposta dalla membrana lipidicaè di diversi ordini di grandezza mag-giore di quella tipica delle membranebiologiche: circa 10 milioni di ohmper centimetro quadrato, in confrontoa 10 o, al massimo, 10 000. Questo fat-to sta a indicare che la membrana lipi-dica è praticamente impermeabile agliioni. Aggiungendo ai compartimenticontenenti la soluzione del sale potassi-co un quantitativo piccolissimo di vali-nomicina (10- 7 grammi di antibiotico

per millilitro di soluzione) la resisten-za elettrica diminuisce di cinque ordinidi grandezza e la permeabilità dellamembrana aumenta quindi di un fat-tore identico. La permeabilità del mo-dello di membrana è ora simile a quel-lo delle membrane biologiche.

Se ora si ripete l'esperimento ponen-do nei compartimenti una soluzione dicloruro di sodio anziché di potassio, sitrova che l'aggiunta di valinomicinaprovoca solo una piccolissima variazio-ne di resistenza elettrica. Ne segue chela valinomicina possiede due caratteri-stiche essenziali di un trasportatore bio-

logico: aumenta la permeabilità ed èfortemente selettiva per una determi-nata sostanza. Viene ora spontaneochiedersi come agisca la valinomicina.

Innanzitutto la valinomicina è unasostanza non polare. Quindi è fisica-mente compatibile con la parte deldoppio strato lipidico che contiene lecatene alifatiche e può quindi attraver-sarla. Secondariamente, la valinomici-na può evidentemente diffondere tra ledue superfici del doppio strato. S. Kra-sne, George Eisenman e G. Szabo del-l'Università di California a Los Ange-les hanno dimostrato che l'aumento di

La disposizione delle proteine nelle membrane può essere stu•diata marcandole con sostanze radioattive. Questo schema spie.ga un esperimento di marcatura delle proteine della membranadel globulo rosso (a). Esponendo alla sostanza radioattiva dellecellule intatte (in alto), si marcano solo le parti delle proteineche sporgono sulla superficie esterna della membrana (in colo-re). Se invece le cellule vengono danneggiate prima della mar.catura (in basso), la sostanza radioattiva può raggiungere anche

le parti affacciate alla superficie interna della membrana. Le dif-ferenze nella marcatura vengono rese evidenti isolando e puri.ficando la proteina marcata nelle due condizioni. Essa vienesuccessivamente demolita in frammenti (pezzetti numerati) conun enzima proteolitico (b). Un campione dei due idrolizzativiene poi deposto in un angolo di un foglio di carta da filtroper l'identificazione (c). Si usa una tecnica mista di cromato•grafia e elettroforesi. Con il primo metodo di separazione i

frammenti di proteina migrano sulla carta da filtro con una ve-locità che dipende essenzialmente dalla loro solubilità nel sol.vente impiegato. Più sono solubili e più velocemente migrano.L'elettroforesi è invece una migrazione entro un campo elettricostabilito imponendo una differenza di potenziale tra le dueestremità della carta. In questo caso la velocità di migrazionedipende dalla carica elettrica dei vari frammenti ed è norma'.mente diversa da quella ottenuta nella cromatografia. Si ha

quindi una ulteriore separazione dei frammenti proteici. Infinesi pongono i fogli di carta da filtro a contatto con una pelli.cola radiografica, che viene annerita nei punti in cui si tro.vano i frammenti marcati. Confrontando i risultati ottenutinelle due condizioni, si vede che i frammenti marcati sono piùnumerosi quando si danneggiano le cellule prima di marcarle.I frammenti 9, 10, 11 e 12 debbono appartenere a una zonadella proteina che si affaccia sulla parte interna della membrana.

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ESTERNASUPERFICIE

N SUPERFICIE INTERNA

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permeabilità per gli ioni potassio me-diante valinomicina non si verificaquando si « congela » il doppio stratoabbassando la temperatura. Inoltre lavalinomicina deve legare gli ioni po-tassio in modo da impedire l'interazio-ne tra lo ione carico e la regione nonpolare della membrana. Infine questasostanza deve essere in grado di legaregli ioni potassio in maniera selettiva,escludendo gli ioni sodio e altri ioni.

Utilizzando la valinomicina comemodello dei trasportatori biologici, sipuò pensare che il processo di traspor-to dello ione potassio avvenga in trefasi distinte: riconoscimento dello io-ne, diffusione attraverso la membranae liberazione dello ione dalla parte op-posta a quella in cui è entrato. Nellaprima fase un « sito attivo » della mo-lecola di valinomicina, che è legata al-la membrana, cattura selettivamente loione potassio non appena si avvicina al-la membrana. Nella seconda il com-plesso valinomicina-potassio diffonde at-traverso la membrana lipidica. Infine,raggiunta l'altra superficie della mem-brana, il complesso si dissocia, liberan-do lo ione.

Aquesto punto si può riassumere ilproblema in poche parole. La strut-

tura fondamentale delle membrane bio-

logiche è costituita da un doppio stra-to lipidico. Questo costituisce una bar-riera che le piccole molecole idrofilepossono attraversare solo con l'aiutodi un trasportatore. Inoltre la mem-brana deve spesso essere attraversatain maniera direzionale. Infatti, in unacellula normale, centinaia di speciechimiche facilmente diffusibili devonoessere presenti all'interno della cellulain concentrazione superiore a quelladel mezzo esterno. Per esempio, la con-centrazione dello ione potassio nellecellule umane è circa 100 volte supe-riore a quella nel sangue. Per lo ionesodio la situazione è capovolta. Il man-tenimento di queste differenze di con-centrazione è assolutamente necessario,anche piccole variazioni possono risul-tare letali.

Per quanto il modello basato sul fun-zionamento della valinomicina riesca aspiegare parecchie particolarità del tra-sporto mediante « carrier », esso non ciillumina per nulla su come potrebbeavvenire il trasporto di una sostanza daun punto in cui si trova a una certaconcentrazione fino a un punto in cuisi trova a concentrazione superiore. Ilprogresso verso la comprensione diquesto meccanismo di concentrazione,che viene usualmente chiamato « tra-sporto attivo », è in gran parte dovuto

ai lavori di Georges Cohen, HowardRickenberg, Jacques Monod e dei lo-ro collaboratori dell'Istituto Pasteur diParigi. Questo gruppo di ricercatori hastudiato il trasporto del lattosio attra-verso la membrana del batterio Esche-richia coli. Precedenti esperimenti digenetica avevano fatto ritenere che iltrasportatore del lattosio fosse una pro-teina. Lo studio della velocità di tra-sporto mostrò poi che il fenomeno se-guiva le leggi di una reazione chimicacatalizzata da un enzima, portandouna conferma all'idea che il trasporta-tore fosse una proteina, come tutti glienzimi. Il gruppo dell'Istituto Pasteurtrovò anche che il trasporto del latto-sio è un fenomeno di tipo attivo, po-tendosi produrre una concentrazione dizucchero all'interno della cellula 500volte superiore a quella esterna. Il pro-cesso attivo di concentrazione richiedeuna spesa di energia, derivata dal me-tabolismo della cellula, infatti gli inibi-tori che bloccano il metabolismo fannoperdere alla cellula la sua capacità diconcentrare lo zucchero.

Un modello che rende conto di mol-te caratteristiche del meccanismo ditrasporto attivo del lattosio, postulal'esistenza di una proteina che può esi-stere in due strutture differenti. Questaproteina può essere visualizzata come

una porta girevole nella compagine del-la membrana. Questa porta ha una for-ma che consente l'ingresso solo allasostanza che deve essere trasportata (siveda la figura in questa pagina). Laapertura della porta è normalmenterivolta verso l'ambiente esterno dellacellula. Quando la sostanza da traspor-tare entra nella porta, la proteina cam-bia la sua struttura e può conseguente-mente ruotare fino a portare l'aperturaverso l'interno della cellula. Quando lasostanza cosí trasportata è stata scari-cata all'interno della cellula, la protei-na trasportatrice rimane rovesciata finoa che la cellula provvede l'energia ne-cessaria per farla tornare nella posizio-ne iniziale.

Lavorando con Eugene P. Kennedyalla Harvard Medical School nel 1965,sono riuscito a identificare il traspor-tatore del lattosio. Come ci attendeva-mo, trovammo che si trattava di unaproteina capace di legare lo zucchero.Da allora sono stati isolati diversi al-tri trasportatori e tutti sono risultatiessere delle proteine. Il trasportatoredel lattosio è una molecola idrofoba, èquindi compatibile con la fase lipidicanon polare della membrana.

Dal momento che i trasportatori deb-bono potersi muovere all'interno

della membrana per trasferire sostan-ze da un lato all'altro, si deve pensareche la regione della membrana checontiene le code non polari dei lipidinon può avere una struttura rigida ditipo cristallino. In effetti studi di dif-frazione dei raggi X indicano che i li-pidi entro le membrane sono organiz-zati come in un « cristallo liquido » atemperatura fisiologica, cioè intorno ai37 °C.

Nelle membrane si trovano due tipidi acidi grassi; con catene cosiddettesature, in cui tutti i legami che posso-no formare gli atomi di carbonio del-la catena sono saturati con atomi diidrogeno, e con catene insature, nellequali due o più coppie di atomi diidrogeno vengono a mancare, con ilrisultato che i legami rimasti liberi siaccoppiano, formando doppi legami tragli atomi di carbonio. La fluidità deldoppio strato lipidico delle membraneè dovuta in gran parte all'abbondanzarelativa degli acidi grassi insaturi. Neidoppi strati fosfolipidici contenenti so-lamente catene sature, queste si alli-neano in un reticolo rigido a tempera-ture fisiologiche. Se si aggiungono deifosfolipidi con catene insature, la mem-brana diviene più disordinata e quindipiù fluida. I doppi legami delle cate-ne insature danno infatti origine a del-le deformazioni che interrompono la

struttura ordinata tipica dei reticolicristallini rigidi (si veda la figura nel-la pagina a fronte).

Con i miei collaboratori all'Univer-sità di Chicago (e poi all'Università diCalifornia a Los Angeles) e il gruppodi Peter Overath all'Università di Co-lonia, si è variata la composizione de-gli acidi grassi nelle membrane biolo-giche, per studiare gli effetti della lorostruttura sul trasporto. Quando i lipididelle membrane vengono arricchiti inacidi grassi insaturi, la velocità di tra-sporto può aumentare anche di 20 vol-te rispetto a quando sono più poveridi questi acidi grassi. Questi esperimen-ti dimostrano che le normali funzio-ni delle membrane cellulari dipendonodalla fluidità delle catene non polaridegli acidi grassi.

La temperatura alla quale le cellulevivono e crescono possiede un effettonotevole sulla quantità di acidi grassiinsaturi presenti nelle loro membrane.Batteri coltivati a bassa temperaturapossiedono membrane con una propor-zione di acidi grassi insaturi maggioredei batteri coltivati a temperature piùelevate. Questa variazione nella quan-tità di acidi grassi insaturi presenti nel-le membrane è necessaria per assicu-rare urra permeabilità sufficiente a bas-se temperature. Un fenomeno identi-

lENERGIA 4METABOLICA

co, oltre che nei batteri, si osserva an-che negli animali superiori. Per esem-pio, nelle zampe della renna si ha ungradiente di temperatura, con valoripiù elevati nella zona prossimale epiù bassi alla periferia. Per compensa-re tale gradiente, le cellule più vicineagli zoccoli dell'animale hanno mem-brane ricche di acidi grassi insaturi.

Per quanto, come si è visto, i fosfo-lipidi possano formare spontaneamentedei doppi strati in sospensione acquo-sa, questo fenomeno ci fornisce solouna ragione in più per ritenere che lastruttura predominante nelle membra-ne cellulari sia costituita da un doppiostrato fosfolipidico. La costruzione diuna membrana cellulare è in realtà unacosa molto più complicata. Le celluledegli organismi superiori contengonouna quantità di strutture membranoseparticolari. Esse differiscono notevol-mente come composizione lipidica einoltre ognuna è completata da unaserie caratteristica di proteine. La di-versità delle proteine contenute nellevarie membrane e la loro differentecollocazione rende conto delle loro di-versissime caratteristiche funzionali. Èraro trovare una medesima proteina indue diverse membrane.

Dal momento che tutte le proteinedelle membrane vengono sintetizzate

Questo è un possibile schema della struttura di una membranacellulare. Il doppio strato fosfolipidico costituisce l'ossaturaprincipale. Le masserelle grige sono costituite da proteine. Indiversi casi più proteine, come per esempio le cinque a sini•

stra, sono riunite in un complesso funzionale. Le proteine pos.sono essere variamente disposte rispetto alla struttura fondamen.tale lipidica, trovandosi completamente all'interno o all'esternooppure potendola attraversare interamente o parzialmente.

Il meccanismo del trasporto « attivo » può coinvolgere una proteina trasportatrice (gri.gio scuro) che funziona come una porta girevole. Il trasportatore cattura una sostanzaS presente da un lato della membrana in soluzione diluita e la trasporta dall'altro lato,dove si trova in concentrazione maggiore. Quando S si lega alla proteina, questa cam•bia di forma (1) e quindi può ruotare su se stessa (2). Quando S si stacca (3) la pro.teina torna alla sua struttura di riposo. Si deve ora spendere dell'energia (4) per al.terare la struttura della molecola e consentirle di tornare nella posizione iniziale (5).

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Page 5: La struttura t delle membrane cellularidownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1972_045_4.pdf · la membrana. A l contrario dei lipidi, le proteine non formano delle strutture

Una variazione nella composizione degli acidi grassi può alterare l'ordine in cui ifosfolipidi si aggregano in una membrana. In uno strato lipidico contenente soloacidi grassi saturi, le catene idrocarburiche contengono solo legami semplici tra gliatomi di carbonio e si allineano in una struttura rigida. Sostituendo agli acidi saturidegli acidi insaturi con un solo doppio legame tra gli atomi di carbonio, che deformala catena idrocarburica, si ha un'interferenza tra le varie catene che rende alquanto flui-da la regione non polare della membrana. Introducendo acidi grassi con due doppilegami (c) si ha un'ulteriore distorsione della membrana, che diviene più fluida.

praticamente nello stesso punto dellacellula, che cosa determina l'incorpo-razione di ognuna di esse nella giustamembrana? Attualmente si possono fa-re solo delle congetture, sostenute dapochi dati di fatto. Si fanno due ipo-tesi sul modo di costruire le membra-ne a partire dai componenti fonda-mentali. Una prima possibilità è cheesista un meccanismo di autoassem-blaggio, per cui i vari componenti van-no spontaneamente al posto che devo-no occupare nella membrana in for-mazione. Altrimenti può darsi che leproteine sintetizzate di fresco vadanoa disporsi casualmente in una mem-brana preesistente.

Le ultime ricerche condotte nel miolaboratorio presso l'Università di Cali-fornia a Los Angeles e da Philip Sie-kevitz e George F. Palade presso laRockefeller University concordano conla seconda delle due ipotesi. Questova molto bene, ma perché una certaproteina viene incorporata solamentein un determinato tipo di membrana?Si può rispondere solo per congetture,ma, in ogni caso, è noto che molteproteine si legano specificamente adaltre proteine delle membrane. Questeinterazioni tra proteine sono piuttostofrequenti e molte entità funzionali del-le membrane sono costituite da insiemidi più proteine. Quindi le proteinepresenti su una membrana possono co-stituire una struttura che viene ricono-sciuta da una proteina appena sinte-tizzata e ne facilita l'inserimento nellamembrana stessa. In questo modo unamembrana vecchia e in via di decadi-mento può fungere da modello per lacostruzione di una nuova struttura.Questa ipotesi è in grado di spiegareperché le diverse membrane incorpo-rino differenti proteine.

E allora perché i vari tipi di mem-brana hanno anche una differente com-posizione lipidica? La risposta a que-sta domanda è ancora più incerta. Ingenerale i lipidi vengono sintetizzatientro la stessa membrana, però alcunilipidi vengono prodotti da una mem-brana e vengono poi incorporati entroun'altra che non ha la possibilità disintetizzarli. Dal momento, quindi, cheesiste un interscambio di lipidi tra levarie membrane, sembra improbabileche le differenze nella composizione li-pidica possano essere dovute a diffe-renze nella capacità di sintesi da par-te delle membrane stesse. Una rispo-sta al problema può essere data ipo-tizzando che le membrane cataboliz-zino i vari lipidi con velocità differen-ti, oppure che siano in grado di legareselettivamente i diversi tipi di lipidi.

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