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TITOLO L’amore è eterno finchè dura REGIA Carlo Verdone INTERPRETI Carlo Verdone, Laura Morante, Stefania Rocca, Rodolfo Corsato, Antonio Catania, Gabriella Pession, Elisabetta Rocchetti, Orsetta De Rossi, Giovanni Corbellini, Raffaella Lebboroni, Mauro Marchese, Lucia Ceracchi, Claudio Ammendola GENERE Commedia DURATA 108 min. - Colore PRODUZIONE Italia – 2003 – Nastro d’Argento 2005 a Laura Morante come migliore attrice Gilberto ha una bella moglie, una figlia e una vita tranquilla di cui è stufo. Così va alla ricerca di nuove emozioni attraverso gli incontri organizzati via internet. Scoperto e cacciato di casa trova aiuto nel socio Andrea e nella sua compagna Carlotta che lo ospitano a casa loro. Gilberto continua la sua ricerca di adrenalina e di donne ma i suoi nuovi incontri sono sempre un fallimento. A consolarlo delle sue delusioni ci pensa Carlotta che finisce per andare a letto con lui. Anche Andrea inizia una nuova relazione e si scopre che in realtà Tiziana, la moglie di Gilberto, da due anni ha una storia con Guido, compagno di tennis. Coppie si rompono e si creano in una giostra infinita

L'amore è eterno finchè dura - apav.it¨eternofinchèdura.pdf · pregi e difetti dell'opera di Marivaux, sempre arpeggiante sulla vorticosa variabilità delle passioni. Se ne parlò

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TITOLO L’amore è eterno finchè dura REGIA Carlo Verdone

INTERPRETI Carlo Verdone, Laura Morante, Stefania Rocca, Rodolfo Corsato, Antonio Catania, Gabriella Pession, Elisabetta Rocchetti, Orsetta De Rossi, Giovanni Corbellini, Raffaella Lebboroni, Mauro Marchese, Lucia Ceracchi, Claudio Ammendola

GENERE Commedia DURATA 108 min. - Colore

PRODUZIONE Italia – 2003 – Nastro d’Argento 2005 a Laura Morante come migliore attrice

Gilberto ha una bella moglie, una figlia e una vita tranquilla di cui è stufo. Così va alla ricerca di nuove emozioni attraverso gli incontri organizzati via internet. Scoperto e cacciato di casa trova aiuto nel socio Andrea e nella sua compagna Carlotta che lo ospitano a casa loro. Gilberto continua la sua ricerca di adrenalina e di donne ma i suoi nuovi incontri sono sempre un fallimento. A consolarlo delle sue delusioni ci pensa Carlotta che finisce per andare a letto con lui. Anche Andrea inizia una nuova relazione e si scopre che in realtà Tiziana, la moglie di Gilberto, da due anni ha una storia con Guido, compagno di tennis. Coppie si rompono e si creano in una giostra infinita

Critica: "L'amore è eterno finché dura (bellissimo titolo) appartiene al genere del

marivaudage. Questo concetto, coniato da Diderot, si riferisce ai pregi e difetti dell'opera di Marivaux, sempre arpeggiante sulla vorticosa variabilità delle passioni. Se ne parlò anche come di una 'metafisica del cuore', una categoria sotto la quale può rientrare anche il nuovo film di Carlo Verdone. (...) Un regista francese avrebbe sviluppato la trama in maniera geometricamente più impeccabile, ma il pregio di questo film sta proprio nelle sue accensioni

di italianissima vitalità. E se Verdone attore appare ancora più sottile e mirato del solito, soprattutto nei duetti al sopracuto con Laura Morante, quest'ultima azzarda con successo toni alla Carole Lombard: da applauso, tutti e due. Purtroppo andando avanti il racconto perde qualche colpo, anche perché il controcanto costituito dalla figlia della coppia principale risulta scialbo. Ma il buono che c'è basta ad assicurare un' adeguata dose di risate." Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 21 febbraio 2004 Carlo Verdone entra simpaticamente e scherzosamente in territorio nemico. Viene a confrontarsi a Milano, città già da tempo conquistata ma certo per lui meno sintonizzata di Roma che è la sua patria geografica ed espressiva. Ciascuno ha i suoi: De Sica è più romanocentrico, la Toscana ha Benigni, Nuti, Pieraccioni e molti altri, la Campania aveva Troisi, in Lombardia ci sono stati Chiari e Pozzetto, Tognazzi e Bramieri e oggi Boldi e Aldo, Giovanni e Giacomo. Verdone, il comico che una volta, ai tempi di Un sacco bello, si diceva romano ma oggi ha un respiro molto più ampio, avendo girato le sue storie anche all’estero, si sta preparando a un doppio exploit milanese. Prima un faccia a faccia con i lettori del «Corriere», che potranno soddisfare ogni dubbio sulla vita e la carriera del popolare artista, organizzato da «ViviMilano» per martedì 17 febbraio alle ore 21 in sala Montanelli, mentre il 18 sera ci sarà un’anteprima del nuovo film di Verdone L’amore è eterno finché dura sempre per i nostri lettori, che troveranno tutte le informazioni e le modalità per partecipare al doppio evento

Verdone nel numero di «ViviMilano» in edicola domani col «Corriere». Uno dei commedianti del nostro cinema ha scritto un film che riflette l’elasticità oggi dei sentimenti e in particolare un match coniugale - argomento eterno per il cinema e il teatro - in cui alla fine non si dà una vera soluzione ma solo un suggerimento

filosofico o metaforico: nelle faccende sentimentali nessuno ha la soluzione in tasca. E’il consumismo dei sentimenti ad essere messo sotto accusa dal «malincomico» Verdone, quel modo di voler avere e provare sempre qualcosa di più e più in fretta, come in un montaggio tv da spot che si occupi del cuore e delle sue scorciatoie. Ecco dunque la famigliola tipo con tradimento incorporato ed ecco il nostro Carlo che si divide equamente tra Stefania

Rocca e Laura Morante, due nuove, importanti entrate nel suo già folto harem cinematografico. Due attrici che, come dice l’interessato, lo hanno spinto a fare sempre meglio e che all’inizio lo hanno quasi intimidito. In quanto al film, dice Verdone, è molto dialogato in interni: Roma si vede poco, giusto le rovine, in una notte di luna fatta per litigare. Maurizio Porro, ‘Il Corriere della Sera’, 10 febbraio 2004 L’amore è eterno finché dura (bellissimo titolo) appartiene al genere del «marivaudage». Questo concetto, coniato da Diderot, si riferisce ai pregi e difetti dell’opera di Marivaux, sempre arpeggiante sulla vorticosa variabilità delle passioni. Se ne parlò anche come di una «metafisica del cuore», una categoria sotto la quale può rientrare anche il nuovo film di Carlo Verdone. Dove due coppie in crisi, che con l’immissione di un paio di elementi esterni diventano tre, si sciolgono e allacciano secondo i giochi dell’amore e del caso. Ottico di mezza età con negozio sotto i portici romani di piazza Esedra, Verdone si fa beccare dalla moglie Laura Morante come partecipante a uno «speed date» (appuntamento rapido per cuori solitari) nella scheda del quale si è finto vedovo. Offesissima, Laura lo caccia di casa. Al collega Rodolfo

Corsato, che lo ospita nell’appartamento dove vive con Stefania Rocca agente immobiliare, il protagonista confessa la sua improvvisa voglia di prendere tutto sul serio proprio mentre si sta cacciando in situazioni da farsa. Perché di tornare subito all’ovile non ha nessuna voglia, soprattutto da quando scopre che la moglie ha una

relazione con l’amico di famiglia Antonio Catania. Per Carlo pare venuto il momento di concedersi senza rimorsi qualche avventuretta, ma l’impresa non è agevole come sembra; e assistiamo a un paio di infortuni erotici con una commessa che durante l’amplesso non smette di rispondere al telefonino e con una garbata signora (la spiritosa Orsetta de’Rossi) che a letto finisce per intrattenerlo sulle magagne dell’età. A un certo momento rispunta la

ragazza un po’matta dello «speed date», che introduce ulteriori complicazioni; e qualcosa nasce infine fra Carlo e la sua ospite Stefania. Un regista francese avrebbe sviluppato la trama in maniera geometricamente più impeccabile, ma il pregio di questo film sta proprio nelle sue accensioni di italianissima vitalità. E se Verdone attore appare ancora più sottile e mirato del solito, soprattutto nei duetti al sopracuto con Laura Morante, quest’ultima azzarda con successo toni alla Carole Lombard: da applauso, tutti e due. Purtroppo andando avanti il racconto perde qualche colpo, anche perché il controcanto costituito dalla figlia della coppia principale risulta scialbo. Ma il buono che c’è basta ad assicurare un’adeguata dose di risate. Maurizio Porro, ‘Il Corriere della Sera’, 21 febbraio, 2004 Ero confuso - dice Carlo Verdone -, mentre giravo chiedevo alla troupe: ma secondo voi il cerchio si chiude? Devo stare attento, in questa seconda fase della mia carriera, ci vuole umiltà per capire quello che devo fare da quello che non posso più fare: non posso competere col mio passato». Il suo nuovo film strappa un applauso generoso agli addetti ai lavori, grandi elogi al cast che riunisce due primedonne fra loro distanti come Laura Morante e Stefania Rocca, si azzardano parentele con Woody Allen e Ingmar Bergman: «Grazie ma io seguo ciò che sento dentro, è tutta farina del mio sacco». L’amore è eterno finché dura uscirà venerdì in 400 copie. Il tema è la crisi di

coppia. «Un argomento talmente vago e sfruttato che bisognava trovare uno stile preciso, mantenendo la leggerezza senza glissare sulla serietà». Partendo dal calo del desiderio in una coppia che sta insieme da molti anni, si muovono diversi fili: la paura di legarsi, l’ipocrisia e la confusione del nostro tempo,

le fughe, le insofferenze, la mancanza di dialogo, gli incontri che dovrebbero ricaricare la passione (qui c’è la mitomane irresistibile di Gabriella Pession), le fragilità e insomma la paura di vivere. Prima scena da agenzia di cuori solitari: Verdone ha 3 minuti di tempo per farsi notare da una sconosciuta, se va ok ci si scambia il numero del cellulare. L’idea di un film sui 50enni a caccia di emozioni perdute è nato

mentre era con gli sceneggiatori in libreria, circondati da vademecum e manuali di psicologia seria e spicciola su come rimettersi in gioco nella mezz’età. Verdone ci ricorda che non ci sono ricette: «A volte seguendo certi desideri i matrimoni si sfasciano, altre volte, vedi Michael Douglas, la vita ricomincia a 50 anni». Una soluzione potrebbe essere quella di vivere in case separate, senza matrimoni né convivenze. Per amarsi ci vuole la giusta distanza? «È una soluzione strategica che porta a allungare il rapporto, ognuno ha i propri spazi, ma da qui a dire che è la soluzione ideale...». Verdone, che nella vita è separato, personalmente non è d’accordo, come non lo è Stefania Rocca: «Io sono per la convivenza, il tempo si ridurrà ma almeno la vita te la vivi». Diversa la realtà mostrata nel film, dove il protagonista-regista racconta quello che succede spesso oggi, l’amore come un contratto a tempo determinato: a 50 anni, grazie a palestre e lifting, non sei più fuorigioco e gli amici confidano: «Ho una mezza storia con una...». Aggiunge Verdone: «Il film ha una sua serenità che non lascia spazio a gag. Una volta usavo la chitarra col distorsore, ora suono la chitarra acustica». Il cast (completato da Rodolfo Corsato e Antonio Catania), era fondamentale: «Stefania porta l’effervescenza, Laura l’autorevolezza». Con la Morante l’inizio è stato disastroso. Lei: «Carlo aveva paura di me, erano tutti cerimoniosi, mi sentivo sola, stavo male». Lui: «Le ho raccontato la storia in una vineria, lei fumava,

guardava l’orologio, mi fissava con una sola espressione, tutta seria. Ci siamo lasciati con un quasi no». Lei: «Ma tu il film me l’hai raccontato malissimo». Lui: «Mi sentivo uno scolaretto davanti alla preside. Non le piaceva il cinismo del suo personaggio, che poi abbiamo ridotto. Volevo assolutamente lavorare con Laura dopo averla ammirata con Moretti e Muccino». E poi c’è Elisabetta Rocchetti, che nel film è la figlia di Verdone e Morante. I figli ti guardano con la sonda, ti giudicano con la loro purezza, quando sono piccoli i genitori sono infallibili, poi, dice Carlo, quando crescono e hanno le loro esperienze sentimentali «si ritrovano sulla stessa sponda come tutti». È l’ultimo film che lo lega al produttore Vittorio Cecchi Gori: «Non mi ha mai fatto mancare niente». Ora, ripensando a Alberto Sordi a un anno dalla morte («se n’è andato con grande rispetto di sé, quanto mi manca»), reciterà in un film a episodi di Giovanni Veronesi. E cosa pensa dei film di Natale? Ci mette un tempo infinito a rispondere: «Pieraccioni ha fatto un film onesto, lui è bravo a fare quelle cose lì; gli altri, gli altri...». Valerio Cappelli, ‘Il Corriere delle Sera’, 17 febbraio 2004 Dopo Freud, sono gli autori comici i maggiori esperti del disagio della civiltà e dell’affettività. L’innamoramento, il principio del piacere, l’anima gemella, le curve della libido, il calo o le impennate del desiderio, gli strappi delle pulsioni, le ripetizioni e la psicopatologia della vita quotidiana, le trasgressioni strane sono, nelle

loro mani, casi clinici da ridere. Nel cinema italiano Carlo Verdone è un’autorità indiscussa della materia. È un luminare gentile, malinconico, affettuoso, perplesso e non depresso. I suoi film hanno la bonomia di chi cerca insieme allo spettatore qualche risposta. Non è un entertainer aggressivo e feroce, non vuole mettere a soqquadro il mondo: l’immaginazione comica al potere è un’utopia come un’altra. Nelle diciannove storie che ha diretto,

ricorrendo a maschere, a gallerie di tipi, a caratteri iperbolici, a candide imposture, ha immortalato fatti e anime coatte, sprovvedute, sbruffone, sfavorite. Gli incontri dei suoi personaggi, necessari a mettere in moto un intreccio sono, in fondo, tutti

gradevolmente maledetti. In una frazione del tempo cosmico in cui Ie coppie, all’alba del terzo millennio, continuano ad implodere, Verdone, con i suoi sceneggiatori Francesca Marciano e Pasquale Plastino, ha scritto e messo in scena una partita a quattro (la ex coppia di marito e moglie: Gilberto e Tiziana, la coppia di conviventi: Carlotta e Andrea) con intrusi, un girotondo della confusione sentimentale, una

commedia di costume che se il cinema fosse in bianco e nero e avesse sessant’anni di meno sarebbe una commedia sofisticata sulla guerra imprescindibile, mai dichiarata e mai finita, dei sessi. L’amore è eterno finché dura ha tempi giusti, né troppo diluiti né troppo contratti; non scava le proprie fondamenta sul dosaggio delle battute (i motti di spirito ci sono e sono incassati nelle scene); dà agli interpreti diretti benissimo

da Verdone (brave sia la Morante sia la Rocca) un comodo margine per interagire con i personaggi; si scioglie in duetti divertenti e impasta con cautela tinte e colori. In anni di lifting, la vecchiaia anatomica - solo quella - è rimossa. Le costole di Adamo non si possono trapiantare: il rigetto è una certezza della medicina. L’amore non è più un colpo di fulmine (lo speed-date di tre minuti è una ridicola forma transcienica). L’amore non riesce a più ad essere una cosa meravigliosa. Quando va bene è una cosa con un punto interrogativo. Enrico Magrelli, ‘Film Tv’, n. 9, 2004 La «vulgata» su Carlo Verdone sostiene che l’attore/regista romano alterna film comici a film malinconici, o «malincomici» come andava di moda dire qualche anno fa. Sarà vero? A noi sembra che Verdone, in realtà, alterni film incentrati su se stesso, e sul proprio trasformismo/macchiettiamo alla Fregoli, a film in cui tenta di dare spazio agli altri personaggi. I film della prima categoria sono surreali e spesso divertentissimi; quelli della seconda categoria tendono alla commedia di costume, sono più meditabondi e meno spassosi. Per esser chiari: alla prima razza appartengono Un sacco bello, Bianco rosso e Verdone, Troppo forte, Viaggi di nozze; alla seconda Borotalco, Compagni di scuola e il più recente Ma che colpa abbiamo noi. Il nuovo L’amore è eterno finché dura si

iscrive, d’ufficio, al club dei meditabondi. È una riflessione sulla coppia, sulla crisi della famiglia, sulla «linea d’ombra» dei 50 anni e via meditando. È una commedia di costume in cui il maturo oculista Gilberto (Verdone) viene cacciato di casa dalla moglie, la psicologa Tiziana (Laura Morante), che ha scoperto una sua fedifraga frequentazione degli speed date, quei convegni equivoci dove si hanno a disposizione 3 minuti per conquistare una sconosciuta. Neo-homeless, Gilberto si sistema da Andrea (Rodolfo Corsato), un collega che a sua volta vive con Carlotta (Stefania Rocca), una giovane agente immobiliare. Nel frattempo, scopre che Tiziana aveva a sua volta un amante, il comune amico Guido (Antonio Catania). Data una sciacquatine alla coscienza, Gilberto si rimette in pista, e gli amici Andrea & Carlotta gli danno una mano, presentandogli in rapida successione alcune donne una più matta dell’altra. Ma non funziona. E non perché Gilberto sogni il ritorno al desco familiare. Ma perché, l’avete capito da soli, quella Carlotta è davvero simpatica... Altro luogo comune della «vulgata» verdoniana sostiene che i film più seri siano

anche quelli sociologicamente più veri, mentre quelli più comici si «limitino» alla farsa. Secondo noi è vero il contrario. La farsa è un genere nobilissimo, e Alberto Sordi ci ha insegnato che più si sghignazza, più si afferra la vera natura degli italiani. Viaggi di nozze, ad esempio, è un geniale catalogo delle follie alle quali i nostri compatrioti si abbandonano quando si accoppiano.

L’amore è eterno finché dura è invece un campionario di banalità. Raccontando uno spicchio infinitesimale di borghesia romana, con i suoi vezzi e le sue piccole crisi, Verdone ricicla situazioni viste e riviste in centinaia di film. Anche in quelli di Muccino, ahimè, perché il fantasma di Ricordati di me si aggira per tutto il film: la Morante rifà il proprio personaggio in carta carbone (con l’aggravante di essere, qui, una delle più antipatiche figure professionali che si aggirano per l’Italia di oggi: la

psicologa a gettone da talk-show televisivo) e la figlia della coppia, la 17enne Carolina che guarda i genitori con pietà, sembra proprio l’aspirante velina di Muccino, solo con qualche ambizione televisiva in meno. Forse il difetto del film, che è sicuramente fra i più deboli della più che ventennale carriera di Verdone, sta proprio nel manico. Forse il gioco delle coppie è bello finché è breve. Verdone, come Muccino prima di lui (e come Nanni Moretti nella Stanza del figlio, dove però lo spunto è tragico: la morte del ragazzo, lo strazio dei genitori), tenta una riflessione al tempo stesso buffa e dolente su un tema eterno: la difficoltà di stare insieme, di costruire un rapporto di coppia che duri nel tempo. È un tema che letterariamente si può far risalire ad Omero (Elena divisa fra Menelao e Paride, avete presente?) ma che in senso lato si può far partire da Adamo ed Eva. Ovviamente i registi italiani hanno tutto il diritto di continuare ad esplorarlo, ma non si può fare a meno di notare che la crisi della coppia coniugata per generazioni (nell’Ultimo bacio i trentenni, in Ricordati di me i

quarantenni, qui i cinquantenni...) sta diventando un tormentone degno dei sondaggi dell’Espresso o di Panorama. Un critico/spettatore, o uno spettatore un po’ critico, potrà segnalare timidamente una certa assuefazione? C’è un solo momento in cui L’amore è eterno finché dura azzecca i toni e scopre personaggi inusitati e credibili; e guarda caso è l’unico momento in cui si ride di cuore. È lo speed-date, con successiva rimpatriata

dai carabinieri (e grande imbarazzo di Gilberto, perché Tiziana l’ha accompagnato e scopre l’inghippo): in quella parata di maschi allupati e femmine sgallettate, Verdone ridiventa il cacciatore di casi umani delle sue prove più ficcanti. Bisognava fare un film tutto su quei malati di sesso. Ci saremmo ammazzati dalle risate, e avremmo imparato qualcosa di nuovo. Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 20 febbario 2004

Carlo Verdone in un momento felice. Scherzando (ma non troppo) con i sentimenti, giocando con il sesso ma solo per fingere, con furbizia, di citare la pochade. Si comincia con Gilberto e Tiziana, sposati da vent’anni e con una figlia già grandicella. Gilberto, naturalmente il nostro Verdone, comincia a sentire il bisogno di sensazioni nuove e va a cercarle in un gruppo dove si facilitano incontri sentimentali fortuiti. Tiziana, con il viso bello ma risentito di Laura Morante, quando viene a saperlo pur non essendo neanche lei proprio innocente caccia il marito di casa e medita il divorzio. Sconcertato, Gilberto trova un rifugio temporaneo in casa di un amico (Rodolfo Corsato) sposato a una donna, Carlotta (la sempre più affascinante Stefania Rocca), che, oltre ad accogliere festosamente il nuovo venuto, si ingegna a proporgli delle pseudo «anime gemelle» per colmare la sua solitudine e metter riparo alla depressione in cui è caduto. Se non che, dopo vari tentativi andati a vuoto, Carlotta e Gilberto finiranno per mettersi insieme, sia pure dopo molte esitazioni. Mentre, dal canto loro, al momento di tirare le somme di quei girotondi sentimentali, sembra che il marito di Carlotta e la stessa Tiziana si mettano insieme a loro volta. Non è detto però che, finito il film, tutte quelle coppie che lasciano spaiate, non tornino al loro disegno originario...

Una commedia intelligente, non solo per l’intelligenza con cui il lieto fine, anche se forse prevedibile, si lascia del tutto sospeso, ma per il colore psicologico di quei personaggi che si avvicinano di continuo fra imbarazzi, crisi, equivoci e sorprese, avendo sempre l’aria di raggiungere una meta e poi lasciandosela sfuggire. Con astute malizie da parte di un testo (scritto, insieme con Verdone, da Francesca Marciano e Pasquale Platino) che anche quando infittisce

la trama di episodi e di personaggi secondari, riesce poi sempre a ricondurli a una salda unità narrativa in cui trovano abilmente il loro ordine e il loro posto. Mentre la regia di Verdone porta tutto avanti con un dinamismo e una freschezza che si impongono persino in quei momenti che sembrano concedersi ripensamenti o stasi. Con tecniche solide (musiche, fotografia, scenografia) e una recitazione che, in ognuno, non perde mai un colpo. Non solo Verdone, inquieto cinquantenne, ma

Laura Morante e Stefania Rocca, tenute in equilibrio con sapienza tra riflessioni e brio. Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 20 febbraio 2004

Com’è che l’amore svanisce? Perché non ci si desidera più? Come si può conciliare le emozioni della passione e La sicurezza della. stabilità? Non si potrebbe volersi bene per sempre? Per L’amore è eterno finché dura, suo diciannovesimo film, Carlo Verdone ha scelto un tema secolare, un dilemma discusso, romanzato e filmato infinite volte, un argomento superlogorato dall’uso e capace di produrre valanghe di banalità,

luoghi comuni, scemenze. Non certo perché non si tratti di un problema autentico, vissuto da tanti con dolore e disperazione: ma i suoi interrogativi sono superflui o almeno inutili perché non prevedono risposte, e la sua ovvietà rischia di contagiare la relativa narrazione. Va così pure ne L’amore è eterno finché dura, divertente anche se non particolarmente acuto nella prima pane che descrive la situazione, plumbeo quando ne racconta possibili sviluppi, soluzioni: e aggravato dalla età del protagonista, una delle più infauste e meno interessanti, i cinquant’anni. L’ottico romano Carlo Verdone, sorpreso in tradimento dalla moglie Laura Morante psicologa televisiva, viene cacciato di casa; va ad abitare con il suo socio Rodolfo Corsato e con la ragazza di lui Stefania Rocca, agente immobiliare; scopre che la moglie ha da tempo un amico, Antonio Catania, che non intende tuttavia prenderla in carico; ha brevi incontri con donne deludenti, s’innamora di Stefania Rocca; adotta l’idea-zero che per avere una felicità duratura occorra vivere non troppo vicini né troppo lontani. Cose divertenti: una ragazza che fa l’amore rispondendo alle continue chiamate del cellulare; una matura ginecologa fan di Joe Cocker che a letto parla di clisma opaco, le reciproche domande dei coniugi separati («Ma tu sei felice? ») E le reciproche risposte («No»), l’importanza esagerata del cucinare e del, mangiare, il compatimento della figlia diciassettenne, i fanatismi antifumo, l’organizzazione di Speed-Date o

appuntamenti al buio che concede tre minuti per riconoscere il partner giusto. Virtù: una scrittura più attenta e curata del solito. Bella scelta: una parte di Roma raramente frequentata dal cinema, e suggestiva. L’autoironia è ridotta: purtroppo ci si prende sul serio, o quasi. Lietta Tornabuoni, ‘La Stampa’, 21 febbraio 2004

Lei, Laura Morante, fa la psicologa di coppia per una tv locale. Lui, Carlo Verdone, è un oculista con un importante negozio di ottica a Roma. Lui la sera gioca col computer e ascolta in cuffia la musica Anni 70, lei fa la dieta e non si siede a tavola per cena. Lui in cerca di nuove emozioni se ne va a uno «speed-date», quei posti dove promettono di farti incontrare in tre minuti il partner giusto. Lei

lo caccia di casa anche se le nuove emozioni le ha già trovate e da un paio d’anni ha una storia con un amico comune, Antonio Catania, nient’affatto disposto a trasformarsi da amante in marito. Comincia in questo modo «L’amore è eterno finchè dura», commedia amarognola scritta da Carlo Verdone con Francesca Marciano e Pasquale Plastino intorno al tema della coppia, nel matrimonio e fuori, della fine del desiderio sessuale, della abitudine che porta alla noia, della voglia di adrenalina, del peso della solitudine, della fragilità dei nostri rapporti. Una sorta di postmoderno «Girotondo» di Schnitzer, ben scritto e ben interpretato, uno dei migliori «Verdone» d’annata, meno ridanciano ma più acuto, come Borotalco, Compagni di scuola, Maledetto il giorno che t’ho incontrata. Sì perchè, a questa prima coppia, subito se ne aggiunge un’altra fresca e felice quella formata da Andrea Corsato, il socio di Verdone del negozio di ottica, e dalla sua compagna, Stefania Rocca, una agente immobiliare: sono loro due, infatti, a offrire asilo nella loro casa a Verdone ormai in via di separazione. Ma nei destini delle due coppie finiranno per infilarsi anche tre donne, inutilmente inseguite da Verdone alla ricerca dell’anima gemella: una squinzia di perfieria, Elisabetta Rocchetti, quella de «L’imbalsamatore», una ginecologa di mezza età, Orsetta de Rossi, quella della «Tv delle ragazze», una seguace della new-age, Gabriella Pession, quella di Ferdinando e Carolina della Wertmuller, più Lucia

Ceracchi, la figlia dei due separati che commenta i tormenti sentimentali dei genitori. Il film prodotto da Cecchi-Gori nonostante la crisi, ma distribuito dalla Medusa in 350 copie, sarà in sala venerdì. Carlo Verdone lo presenta con la timidezza e l’umiltà di un esordiente perché questa è una fase delicata della sua carriera, una fase, dice, nella quale il sentiero da percorrere si fa più stretto e difficile. «L’ho molto curato, questo film. Ho voluto un gruppo di attori bravissimi scelti uno per uno. L’ho scritto

e riscritto dieci volte. L’ho pensato a lungo. Mi fa malinconia vedere che sulla mia agenda la maggioranza delle coppie di amici hanno ormai due numeri di telefono. D’altra parte non tocca a me che sono separato da anni giudicare in maniera bacchettona chi rompe una unione, chi si accorge che l’amore non c’è più, chi spezza l’ipocrisia di una vita in comune e se ne va a stare da solo». Ricette? «Non ne ho. Ogni storia ha i suoi motivi. Forse per la

nostra generazione dovrebbe valere la teoria dell’istrice che non si avvicina mai troppo alla compagna per non pungersi». Ma perchè i matrimoni oggi non durano? «Forse perché viviamo in un epoca confusa. Abbiamo cinquant’anni ma con lo sport, le diete, un aiutino della chirurgia estetica e qualche pillola, non riusciamo a sentirci vecchi. Oppure perché non sappiamo mantenere vivo il dialogo con chi ci sta accanto, abbiamo paura di impegnarci in profondità, non vogliamo ammettere di essere fragili e spaventati». Complicato, raccontano, l’incontro in una vineria con Laura Morante: lui, Verdone, prova a spiegarle il soggetto, lei fuma in silenzio, lui si impappina, lei lo guarda con severità, lui si sente in soggezione come davanti a una preside di scuola, lei rifiuta il ruolo trovandolo troppo cinico. Più semplice quello con Stefania Rocca che però, anche lei, chiede delle modifiche stanca di interpretare sempre parti da giovane ragazza ribelle e anticonformista. Verdone non si arrende e con i due compagni di lavoro riscrive il copione. Morante è più insicura. Rocca meno indipendente. Cominciano le riprese. Ma durante il girato le due intervengono ancora adattandosi addosso i loro personaggi. Verdone ascolta, corregge, prova e riprova ogni scena, cerca il ritmo giusto per le battute. Fa fatica. Ma stavolta la fatica è obbligata. Lo deve agli attori, a

Cecchi-Gori, a se stesso. Lo aspetta un lungo riposo: farà solo un piccolissimo ruolo in un film a episodi di Giovanni Veronesi. Simonetta Robiony, ‘La Stampa’, 17ebbraio 2004 Una riflessione sulla fragilità delle relazioni sentimentali ai nostri giorni. In primo piano i disastri della famiglia Barilla: il padre Gilberto (Carlo Verdone) partecipa ad uno speed date, ovvero un appuntamento su Internet che seleziona le personalità e i gusti di uomini e donne... La moglie Tiziana (Laura Morante) non gradisce e caccia Gilberto da casa. Del resto i due coniugi non sono mai andati troppo d’accordo: lui, coinvolto eccessivamente nel lavoro, trascorre il poco tempo libero ad ascoltare con le cuffie musica anni ‘60 e ‘70. Lei ha aspirazioni culturali più raffinate, ma si ritrova troppo spesso sola. Gilberto trova un primo rifugio a casa di Andrea (Rodolfo Corsato), il suo socio d’affari, che si è appena messo con Carlotta (Stetania Rocca). Ai suoi occhi, Andrea e Carlotta sembrano una coppia felice e innamorata, ma non è così. Intanto si scopre che anche Tiziana ha avuto una relazione con un amante (Antonio Catania)... Verdone non abbandona il genere commedia, ma L’amore è eterno finché dura si annuncia con una punta di amarezza in più rispetto al solito, anche per la voglia di approfondire l’indagine, per il desiderio di capire perché troppi matrimoni falliscono. Il tutto è raccontato attraverso lo sguardo della figlia adolescente di Gilberto e Tiziana, che osserva attentamente i suoi genitori e i loro amici con un mix di saggezza e strafottenza. Franco Montini, ‘Il Venerdì di Repubblica’, 5 dicembre 2003

Se Carlo Verdone era partito, agli inizi della sua carriera, rappresentando i tic assurdi di gente che esiste veramente (quello che incontri al bar o che ti ruba l'occhio per strada), bisogna dire che cambiando stile, ma quasi sempre in modo molto affettuoso verso i suoi personaggi, ha proseguito con coerenza fino ad oggi continuando a cercare quelle piccole imperfezioni che rendono la gente più reale. Nel suo nuovo film i personaggi sono pieni di queste piccole imperfezioni ed è per

questo che ci si affeziona a quasi tutti. La storia è quella di Gilberto, oculista cinquantenne sposato con figlia, che un giorno decide di partecipare ad uno "speed date" (una specie di luogo di incontro dove per conoscersi bisogna non superare i tre minuti). Dopo che una ragazza che ha

partecipato a questi incontri scompare, Gilberto viene convocato dai carabinieri e la moglie viene a sapere dei suoi movimenti. Scoppia una crisi insanabile e i due si lasciano. Ma non è detto che chi ha ragione non abbia torto. Prendendo spunto dalla caduta del desiderio in una coppia sposata da tanti anni, la commedia di Carlo Verdone riesce ad affrontare in maniera molto elegante lo spiazzamento provocato dall'uscita

dal guscio dei suoi personaggi. Tutti sembrano realizzati nella loro sicurezza e invece si rivelano estremamente fragili. Nella paura di un rapporto "normale", il film mi ha ricordato "Pensavo fosse amore e invece era un calesse". Come nel film di Massimo Troisi anche qui c'è la ricerca continua di un rapporto stabile, ma la paura a viverlo. I personaggi di Verdone sono completamente in balia dell'amore sia che lo vedano nel posto sbagliato sia in quello giusto. C'è da dire che una gran parte del merito del film va, oltre che al regista - attore, anche alle due co - interpreti femminili: un'isterica e bravissima Laura Morante (la moglie) ed una pacatissima e altrettanto brava Stefania Rocca (la ragazza dell'amico). Alla fine non si sa per chi tifare e si tifa per tutti. Dei personaggi che all'inizio sembravano dei mascalzoni, alla fine si rivelano fragilissimi, confusi ma in un certo senso anche decisi nelle loro azioni. Possono sembrare dei personaggi negativi ma invece sono affettuosamente positivi. Fanno gli stessi errori delle persone reali (quelle che incontri al bar o che ti rubano l'occhio per strada), ma lo fanno solo per amore. Speriamo duri per sempre. Renato Massaccesi, ‘filmup.leonardo.it’ 2004

(a cura di Enzo Piersigilli)