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Elihu Katz – Paul Felix Lazarsfeld L’inuenza personale in comunicazione A cura di Mario Morcellini ARMANDO EDITORE

L'influenza personale in comunicazione

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Elihu Katz – Paul Felix Lazarsfeld

L’infl uenza personalein comunicazione

A cura di Mario Morcellini

ARMANDOEDITORE

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Sommario

Introduzione 7 di Mario Morcellini

L’infl uenza personale in comunicazione 23 di Elihu Katz, Paul Felix Lazarsfeld

1. Introduzione degli autori alla prima edizione 252. Il ruolo svolto dalle persone nel fl usso

delle comunicazioni di massa 433. Criteri dell’infl uenza 614. Le due fasi nel fl usso della comunicazione 755. Ricapitolazione degli infl uenti e delle infl uenze 99

Bibliografi a 121

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Introduzione

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Il classico deve […] esprimere al massimo possibile l’intera gamma di sentimenti che rap-presenta il carattere del popolo che parla la sua lingua. Rappresenterà questo in modo supremo, ed avrà anche la più grande risonanza; tra il po-polo a cui appartiene, troverà eco in tutte le classi e condizioni degli uomini.

Thomas Stearns Eliot, Cos’è un classico, 1944

Personal Infl uence è un classico. È un testo decisivo per scorgere l’autorifl essività di un tempo e di una so-cietà. Un patrimonio culturale che aiuta i moderni ad allinearsi al nuovo mondo, un capitale in dote ai socio-logi della comunicazione nello studio di quel pulviscolo sociale – apparentemente inconoscibile – che è appunto l’infl uenza personale. Contro ogni forma di analfabeti-smo che valuta le relazioni tra le persone come un vuoto sociale.

Quando nel 1968, a distanza di 13 anni dalla pub-blicazione americana, il libro arriva nel nostro Paese, l’etichetta “Sociologia della comunicazione” è ancora scarsamente diffusa, sia nel dibattito pubblico sia, aspet-to ben più grave, nel contesto accademico. Infatti, la comunicazione è una categoria intellettuale che prima di tutto non è sempre valorizzata sul piano disciplinare, giustapponendosi e con-fondendosi con discipline af-fi ni, ma con diverso e specifi co statuto epistemologico, come la “Sociologia della conoscenza” e la “Sociologia

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Introduzione

della cultura”. È sintomatico che Franco Ferrarotti, nell’apertura della sua prefazione al testo, defi nisca la Collana di Sociologia di Rai-Eri1 come «la prima collana italiana dedicata specifi camente alla sociologia delle comu-nicazioni di massa»2: infatti, la parola “comunicazione” non può ancora campeggiare neppure in un titolo, anzi deve essere in qualche modo salvaguardata o, per me-glio dire, tenuta nascosta dietro quella di “sociologia”, la cui storia e radicazione è altrettanto problematica, ma comunque già più accettata e diffusa nel linguaggio pub-blico3. Infatti, in Italia la prima cattedra di Sociologia è attivata nel 1961 nella Facoltà di Magistero della Sapien-za Università di Roma, e affi data allo stesso Ferrarotti. La ridotta visibilità di cui godono, al di fuori dei confi ni accademici, prima la sociologia e poi la comunicazione rifl ette l’arretratezza culturale del sistema politico nel suo complesso4, incapace di comprendere il contributo di conoscenza offerto da tali discipline.

Anche per questo assume ancor più rilevanza il ruo-lo rivestito da alcune personalità che, nella loro funzio-ne di gatekeeper e opinion leader, hanno reso accessi-bili, alla comunità di specialisti e agli addetti ai lavori, testi fondamentali come appunto Personal Infl uence, impegnandosi nell’attivare “connessioni” intorno alla comunicazione. Potremmo pensare a loro come a de-gli imprenditori culturali, fi gure che attraverso una co-stante iniziativa contribuiscono all’istituzionalizzazione scientifi ca di libri e teorie, nella consapevolezza che il mutamento di prospettiva di una comunità scientifi ca si compia solo dopo un processo di sedimentazione e con-divisione di idee.

Mi riferisco dunque a coloro che possono essere con-siderati i curatori della prima edizione italiana di Personal Infl uence, Franco Ferrarotti e, soprattutto, Gianni State-

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ra, i quali, pur da differenti prospettive e in fasi diverse del loro percorso accademico, hanno identifi cato nel te-sto una sensibilità sociologica che altre letture avrebbero tardato ad afferrare. Non a caso, Statera riconoscerà che il libro di Elihu Katz e Paul Felix Lazarsfeld rappresenta un vero e proprio turning point nello studio degli effetti di massa e che la “sociologia della comunicazione” si sta avviando verso una fase di maturità5. Inoltre, nella sua premessa metodologica è possibile rilevare le ragioni alla base della scelta, da parte di alcune Facoltà di Comunica-zione in Italia, di orientarsi in direzione della ricerca em-pirica piuttosto che delle teorie sui media. In un periodo in cui accadeva esattamente l’opposto. Questo aspetto non è secondario se si pensa che gli studi della e sulla comunicazione rischiano di essere condizionati dai tem-pi impetuosi dell’evoluzione tecnologica e dei mutamenti di tipo socio-culturale, che spingono al presentismo e al nuovismo. Invece, una matrice scientifi ca che sappia co-niugare le radici teoriche con gli sviluppi empirici può resistere con successo a modelli interpretativi che, orien-tati a rifl ettere sull’immediato, si rivelano carenti in uno dei mandati fondamentali per le discipline sociologiche6. L’audace possibilità di studiare il passato per capire il presente.

Per questo, dunque, tornare a proporre Personal In-fl uence al pubblico italiano signifi ca tornare a confron-tarsi prima di tutto con i suoi autori. Un gesto cultural-mente dovuto dalla nostra comunità scientifi ca ai suoi classici.

Elihu Katz, all’epoca della pubblicazione dell’opera, è ancora all’inizio del suo percorso accademico, eppu-re ha il merito di consolidare la rifl essione sull’infl uenza personale attraverso il recupero dei principali studi con-dotti sui piccoli gruppi e nel campo della sociometria nel

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Introduzione

periodo successivo al 1945, anno in cui ha effettivamente luogo la ricerca a Decatur7. L’importanza delle reti, così come la disseminazione della conoscenza attraverso nodi informali, costituisce un tema attrattivo per l’autore, che torna ad affrontarlo nell’importante lavoro condotto in ambito medico8.

Al tempo stesso, la rifl essione sui media è oggetto di un’analisi più sistematica sugli effetti, e in particolare sulla ridefi nizione del rapporto simbolico tra fruitori e mezzi di comunicazione attraverso l’elaborazione della teoria degli usi e delle gratifi cazioni9. La centralità dei media è inserita in una prospettiva macro-sistemica lad-dove essi contribuiscono, in un patto comunicativo con l’establishment e con gli spettatori, alla concretizzazione di veri e propri eventi mediali, ovvero cerimonie televisi-ve in cui il pubblico è immerso in una grande narrazione collettiva10. La statura del sociologo consiste nella capa-cità di confrontarsi, a distanza di anni, con la propria ricerca e attualizzarla alla luce dei mutamenti introdotti dal corso della storia. Katz, in seguito agli attacchi terro-ristici alle Twin Towers11 e consapevole della maggiore pervasività dei mezzi di comunicazione, conclude che i media events sono stati rimpiazzati dagli eventi distrutti-vi, che minano l’autorità politica e costringono gli spet-tatori a sottoporsi a situazioni ansiogene12.

In quest’ottica, dunque, può essere meglio compreso il sentimento di gratitudine che ci ha spinto il 28 maggio 2007, in qualità di Facoltà di Scienze della Comunicazio-ne della Sapienza Università di Roma13, a conferirgli la Laurea Honoris Causa in “Teorie della Comunicazione e Ricerca Applicata” e ad organizzare nella stessa giornata un convegno a lui dedicato: “Elihu Katz e i Media Stu-dies: una storia scientifi ca e professionale”. La ricono-scenza è verso un’impresa intellettuale che si fa uomini,

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gruppi di ricerca, linee culturali: un’epigrafe che natural-mente è da estendere allo stesso Lazarsfeld.

Paul Felix Lazarsfeld è il maestro. È lui che, per pri-mo, fonda in modo empirico la rifl essione sugli effetti mediali. All’inizio degli anni ’40, infatti, in uno scenario critico anche per gli studi sui media, The People’s Choice e Voting14 innovano profondamente la communication research aprendo al ruolo che l’infl uenza personale rive-ste nel mediare il rapporto tra mezzi di comunicazione e pubblico, tanto nelle pratiche quotidiane quanto in comportamenti più specifi ci riguardanti, ad esempio, le scelte di voto15. Ma l’impresa di Lazarsfeld è anche legata ad una abilità che potremmo defi nire “intellettualmente imprenditoriale”, moderna, paradigmatica e totalmente “ingaggiata” nella proposta di un vero e proprio modello di organizzazione della ricerca aperto alla committenza16.

Questa sintetica presentazione evidenzia quanto il know-how dei due autori si rifl etta in modo esemplare in Personal Infl uence. Il loro bagaglio culturale e semantico si consolida nell’elaborazione di parole chiave a cui, in qualità di sociologi della comunicazione e massmedio-logi, non possiamo sottrarci. Come non riconoscere che nelle pagine di questo libro sono disseminate le tracce, sintomaticamente rivelatrici, di approcci e teorie succes-sive come gli studi culturali, la spirale del silenzio, l’agen-da setting, a conferma del fondamento enciclopedico dell’opera per gli studi dei media17. Prima della pubbli-cazione di questa ricerca, e dunque prima del 1955, la letteratura scientifi ca non si era ancora esplicitamente confrontata con la categoria degli opinion leader, con la teoria della decisione, con la rifl essione sugli status symbol, così come con i concetti di clima culturale e di clima d’opinione.

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Introduzione

Equiparando la competenza comunicativa di un indi-viduo a quella di un mezzo di comunicazione di mas-sa, gli autori riescono ad attivare nuove dimensioni interpretative che attengono a concetti fondamentali quali le reti sociali e le pratiche di socializzazione, il consumo culturale e le routine quotidiane, la signifi -cazione e i processi di costruzione della realtà. Non considerare questi aspetti di vera e propria scoperta scientifi ca signifi ca cadere nella trappola dell’omo-logazione e della banalizzazione secondo cui tutto è uguale a tutto, e soprattutto offuscare il reale valore di quel libro, ponendolo sullo stesso piano di altri. Non è così, e vale la pena sottolinearlo con decisio-ne18.

Nel momento in cui non si riesce a comprendere la capacità di Personal Infl uence di mettere in scena il pul-viscolo di relazioni attivo nella nostra vita quotidiana, si rischia nella comunità una forma pericolosa di “anal-fabetismo sociologico” che favorisce il successo di pro-spettive tese, unicamente, a raccontare il vuoto sociale che circonderebbe l’uso e il consumo dei media.

Anche alla luce di questa considerazione, ci sembra utile analizzare le modalità attraverso cui l’opera è stata recepita nel nostro Paese.

In una prima fase, che possiamo collocare tra la fi ne degli anni ’60 e la prima metà dei ’70, il libro di Katz e Lazarsfeld compare in modo disordinato e non sempre puntuale nelle bibliografi e dei testi italiani dedicati al tema degli effetti mediali. Eppure, alcuni autori riesco-no ad afferrare il “peso” specifi co dell’opera, avviando percorsi di analisi tanto interessanti quanto prolifi ci nel tentativo di fuoriuscire dai vincoli epistemologici di pro-spettive tese a rilevare esclusivamente il potere forte dei

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media. Si pensi a Enrico Mascilli Migliorini, il quale con due testi importanti, non solo per l’epoca, come Le co-municazioni sociali. Ipotesi di una metodologia “per saggi” (1972) e La strategia del consenso (1974), contribuisce, insieme a Giorgio Braga e alla sua La comunicazione so-ciale (1969), a porre le basi di una distinzione tra co-municazione di massa e comunicazione sociale, che si è rivelata non solo feconda ma anche capace di dissipare qualche residuo di positivismo insito nella formula, pur fortunatissima, di mass media. Ma si pensi soprattutto al fondamentale lavoro di sistematizzazione culturale e di ricerca di Gianni Statera, il quale con l’innovativo Socie-tà e comunicazioni di massa (1972) ha contributo all’edu-cazione di generazioni di giovani e ricercatori.

In questi lavori, riecheggiano sullo sfondo una socie-tà che si sta sensibilmente mediatizzando – la televisio-ne è ancora nella sua fase pedagogica – e una comunità divaricata fra gli apocalittici e gli integrati, un dibattito, innescato da Eco, che separa e crea fratture in un conte-sto scientifi co non coerentemente organizzato intorno a prospettive di pensiero condivise.

La seconda fase del processo di ricezione si concre-tizza negli anni ’80, quando assistiamo, nel nostro Paese, alla canonizzazione dell’opera. Infatti, fuoriuscendo da testi che l’hanno adottata in modo specialistico, dedicati a specifi che aree tematiche della “Sociologia della comu-nicazione” come le strategie di consenso e di persuasione nei media, Personal Infl uence viene disseminata nel più vasto pubblico della comunità degli studiosi attraverso l’importante funzione di sintesi operata dai manuali. Un esempio emblematico, in questo senso, è rappresentato dal contributo offerto da Mauro Wolf con le Teorie del-la comunicazione di massa (1985), non perché tale testo costituisca il primo “manuale di comunicazione”, se è

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Introduzione

vero che già Statera, poco più di un decennio prima con Società e comunicazioni di massa, aveva avuto il merito di realizzarne uno. Nella nostra prospettiva, l’importan-za dell’opera di Wolf sta nell’ampio riscontro ottenuto presso il pubblico degli studiosi di comunicazione, che favorisce, dunque, di rifl esso anche la ricezione sistema-tizzata e l’inquadramento di Personal Infl uence, e più in generale della teoria del Two-Step Flow of Communica-tion, nella storia degli studi sugli effetti dei media.

La terza fase è quella che arriva ai giorni nostri, in cui l’opera di Katz e Lazarsfeld si dimostra in grado di dialogare con un tempo così mediaticamente pervasivo e così denso sul piano della socialità. Tra gli altri, costi-tuiscono esempi interessanti e avanzati di applicazione i lavori di Paolo Mancini con La decisione di voto tra comunicazione di massa e infl uenza personale (2001), di Giovanni Ciofalo con Ritorno a Decatur (2006), e Comu-nicazione e vita quotidiana (2007) e Elihu Katz, I Media Studies tra passato e futuro (2009), di Marzia Antenore con Da Decatur a Facebook. L’infl uenza personale in cam-pagna elettorale (2006) e di Fabrizio Martire con Come nasce e come cresce una scuola sociologica (2006).

Tale periodo rivela la capacità del testo di parlare la lingua della sua comunità, aiutando i moderni ad alline-arsi al nuovo mondo. Infatti, Personal Infl uence compie una rivoluzione concettuale nel momento in cui colloca al centro dell’osservazione l’attore sociale.

La fi gura dell’opinion leader, la rappresentazione della comunicazione come fl usso, la ridefi nizione del concetto di piccolo gruppo […] non solo non han-no perso il loro valore euristico, ma possono essere ancora declinati rispetto al nostro scenario media-le e, in particolare, si offrono come utili strumenti

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interpretativi nei confronti del medium che, su tut-ti, dimostra di possedere i tratti più specifi ci della personalizzazione e che, per questo, ha contribuito a modifi care più profondamente il concetto stesso di mezzo di comunicazione: Internet19.

Certo, ci rendiamo conto di quanto la complessifi ca-zione e la pervasività dei media renda complicato, se non impensabile, l’adozione del fl usso a due fasi della comu-nicazione così come è stato elaborato originariamente. Eppure, riteniamo che un’altra chiave di lettura, emersa nel corso della ricerca di Katz e Lazarsfeld, mantenga an-cora un forte valore esplicativo e rappresentativo: il con-cetto di infl uenza personale20. Infatti, già semplicemente l’assonanza etimologica con la defi nizione di media per-sonali suggerisce la possibilità di numerosi spunti di ri-fl essione, in particolare sull’effettiva ri-scoperta del ruolo delle persone all’interno delle dinamiche comunicative. La Rete costituisce un ambiente non solo comunicativo, ma effettivamente sociale21, al cui interno vengono con-tinuamente traslati e tradotti i processi relazionali che regolano le nostre routine quotidiane. In questo senso, Internet è il personal medium nel quale sono più elevati gli episodi di infl uenza personale. Infatti ognuno di noi, in qualità di utente, si alterna, con maggiore o minore consapevolezza, nelle posizioni di infl uente o infl uen-zato, di emittente o di ricevente, ridefi nendo i termini fondativi della leadership di opinione, e assumendo un ruolo costitutivo nel fl usso comunicativo multidimen-sionale, formato da network, aggregazioni, fi gurazioni, variabili esattamente come i nodi che compongono una struttura reticolare. Anche per questo Internet è una metafora esemplare della trasformazione della comuni-cazione da semplice risorsa in un vero e proprio habitat

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Introduzione

elettivo dei moderni, nel quale gli innovatori o i mode-ratori, gli esperti e, in generale, coloro che mostrano una propensione maggiore all’adattamento ai nuovi ambienti comunicativi, costituiscono una sorprendente attualizza-zione della fi gura del leader d’opinione così come è stato descritto da Katz e Lazarsfeld: considerato un ulteriore mezzo di comunicazione, in grado di amplifi care o ridur-re la portata dei contenuti dei messaggi mediali.

L’immagine teorica che ne emerge è quella di un individuo sociale, la cui capacità di orientarsi verso se stesso come anche verso gli altri, verso l’esterno e nei confronti della realtà che concorre a costruire e ad abita-re, si concretizza proprio attraverso il crescente ricorso a e l’utilizzo sempre più frequente di quei mezzi di co-municazione che gli offrono la dinamicità e la fl essibilità indispensabili per stare al passo con il tempo nuovo della nostra modernità.

Per questa via, allora, da un lato i sociologi sono ri-usciti gradualmente a trasformare la rifl essione sulla società in una rifl essione sull’entropia comunicativa che genera nuove relazioni sociali; dall’altro i medio-logi hanno compreso che lo studio degli effetti della comunicazione deve coincidere in maniera sempre più stringente con l’osservazione dei cambiamenti sociali. Una scoperta fondamentale perché basata sulla considerazione del fatto che le vere relazioni sociali signifi cative non possono che essere quelle comunicative: se, infatti, cediamo alla tentazione di pensare alle tecnologie mediali come defi nitiva-mente e perentoriamente tarate sulla dimensione del singolo, svuotate cioè da ogni capacità relazionale interindividuale, dobbiamo anzitutto rinunciare a defi nirci come studiosi della società22.

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La segmentazione degli stili di vita, la moltiplicazio-ne delle alternative di consumo, la stessa modifi ca degli equilibri negli scambi e nelle interazioni personali con-fermano l’attività dell’individuo nel ricoprire una inedi-ta posizione di forza e di negoziazione. In questo senso, dunque, la personalizzazione della comunicazione non può più essere considerata esclusivamente nei termini di un prodotto del progresso scientifi co e tecnologico, ma anche e soprattutto, come un fondamentale indi-catore del mutamento che caratterizza la nostra realtà sociale.

Per tutte queste ragioni Personal Infl uence può essere defi nito un classico e per questo allora lo abbiamo scelto. Così facendo, pensiamo di aver reso un servizio di gran-de valore per la comunità di studenti e docenti, di teorici e ricercatori di comunicazione.

In particolare, nel presente volume si è scelto di ripor-tare le seguenti parti, nel tentativo di rispettare, seppure attraverso una selezione ragionata di brani, la coerenza dell’opera originale:

1. Introduzione degli autori alla prima edizione;2. Il ruolo svolto dalle persone nel fl usso delle comuni-

cazioni di massa;3. Criteri dell’infl uenza;4. Le due fasi nel fl usso della comunicazione;5. Ricapitolazione degli infl uenti e delle infl uenze.

Ovviamente, siamo consapevoli della diffi coltà di restituire la complessità dell’opera nella sua interezza23. Ciò nonostante, poter riproporre una selezione ragiona-ta del volume originale ci sembrava una opportunità da non perdere

Al tempo stesso, la scelta di inserire questo testo in

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Introduzione

una collana di classici è un modo per sciogliere il nostro debito formativo nei confronti di Paul Felix Lazarsfeld, fi gura fondamentale nelle scienze umane e sociali della comunicazione, conferendogli simbolicamente un’altra laurea, dopo quella già attribuita ad Elihu Katz.

Un riconoscimento dovuto e, al tempo stesso, esplici-tamente rituale perché, come sottolinea in modo effi cace Antoine de Saint-Exupéry ne Il Piccolo Principe, “ci vo-gliono i riti”24.

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NOTE

1 La vicenda di Rai-Eri è strettamente connessa a Personal Infl uence. Infatti, attraverso la pubblicazione di un testo che è in grado di coniugare sociologia e comunicazione, essa conquista una visibilità mai ottenuta in precedenza con pubblicazioni specifi che su scenari politici e culturali rivelatisi nel tempo maggiormente cir-coscritti.

2 F. Ferrarotti, Prefazione, in E. Katz, P.F. Lazarsfeld, L’infl uenza personale nelle comunicazioni di massa, Torino, Rai-Eri, 1968, p. V.

3 Cfr. M. Morcellini, Alle origini della sociologia della comunica-zione. Saper leggere un bene patrimoniale, in G. Ciofalo (a cura di), Elihu Katz. I media studies tra passato e futuro, Roma, Armando, 2009, pp. 68-69.

4 Cfr. M. Morcellini, Proposte di cartografi a e di analisi per l’indu-stria culturale italiana, in Id. (a cura di), Il medioevo italiano. Indu-stria culturale, TV e tecnologie tra XX e XXI secolo, Roma, Carocci, 2005.

5 G. Statera, Società e comunicazioni di massa, Palermo, Palum-bo Editore, 1993, pp. 80-85. Vedi anche G. Statera, Il metodo della ricerca di Katz e Lazarsfeld, in E. Katz, P.F. Lazarsfeld, op. cit., p. XXXII.

6 M. Morcellini, Nuovi media e dinamiche dell’infl uenza perso-nale nella società della comunicazione, in «Technology Review», 4, luglio-agosto 2007.

7 Cfr. G. Ciofalo, Comunicazione e vita quotidiana, Roma, Ca-rocci, 2007.

8 J.S. Coleman, E. Katz, H. Menzel, Medical Innovation. A Dif-fusion Study, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1966.

9 J.G. Blumler, E. Katz (a cura di), The uses of mass communica-tions. Current perspectives on gratifi cations research, Beverly Hills, Sage, 1974. Cfr. E. Katz, Sull’ipotesi “usi e gratifi cazioni”, in G. Cio-falo (a cura di), op. cit.

10 D. Dayan, E. Katz, Le grandi cerimonie dei media, Bologna, Baskerville, 1993. Vedi anche E. Katz, I media events oggi, in G. Ciofalo (a cura di), op. cit.

11 Cfr. M. Morcellini (a cura di), Torri crollanti: comunicazione, media e nuovi terrorismi dopo l’11 settembre, Milano, FrancoAngeli, 2002.

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Introduzione

12 E. Katz, T. Liebes, ‘No More Peace!’: How Disaster, Terror and War Have Upstaged Media Events, in «International Journal of Communication», 1, 2007.

13 La Facoltà, istituita nel 2000 e nata dal Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione organizzato nella Facoltà di Sociolo-gia della Sapienza Università di Roma dal 1994, si è ora trasformata in Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione.

14 P. Lazarsfeld, B. Berelson, H. Gaudet, The People’s Choice, New York, Columbia University Press, 1944; B. Berelson, P.F. La-zarsfeld, W.N. McPhee, Voting: a study of opinion formation in a presidential campaign, Chicago, The University of Chicago Press, 1954.

15 La dimensione decisionale è un ambito tematico cui Lazar-sfeld inizia a dedicarsi in modo sistematico sin dagli anni ’30. Cfr. P.F. Lazarsfeld, L’arte di chiedere perché, in Id., Saggi storici e meto-dologici, Roma, Eucos, 2001.

16 M. Pollack, Paul F. Lazarsfeld, fondateur d’une multinationa-le scientifi que, in «Actes de la recherche en sciences sociales», 25, 1979, pp. 45-59. Vedi anche D.E. Morrison, The Infl uences Infl uen-cing Personal Infl uence: Scholarship and Entrepreneurship, in «The Annals of the American Academy of Political and Social Science», 608, 2006.

17 M. Morcellini, Alle origini della sociologia della comunicazio-ne. Saper leggere un bene patrimoniale, cit.

18 Ivi, p. 73.19 M. Morcellini, Nuovi media e dinamiche dell’infl uenza perso-

nale nella società della comunicazione, op. cit. 20 W.L. Bennett, J.B. Manheim, The One-Step Flow of Commu-

nication, in «The Annals of the American Academy of Political and Social Science», cit.

21 Cfr. M. Morcellini, A.L. Pizzaleo (a cura di), Net Sociology, Guerini, Milano, 2002.

22 M. Morcellini, Alle origini della sociologia della comunicazio-ne. Saper leggere un bene patrimoniale, cit., p. 75.

23 Anche per questo motivo abbiamo volutamente scelto di di-stinguere questo volume da quello originario utilizzando un titolo differente.

24 A. de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943.