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Il Trimestrale. The Lab's Quarterly, 1, 2007 1 Il sondaggio deliberativo di James S. Fishkin Luca Corchia Dottorando di ricerca in Memoria culturale e tradizione europea, Ciclo accademico 2006-2009, Università di Pisa, [email protected] +39 050 2212420 Abstract I rapporti annuali su Gli italiani e lo stato, coordinati da Ilvo Diamanti, continuano a rilevare che i cittadini sono impegnati negli associazionismi ma disincantati dalla politica. Con le tipiche differenze nelle diverse aree del paese e a seconda del livello istituzionale, accanto alla sfiducia verso le istituzioni pubbliche c’è una propensione alla partecipazione. Come mostrano la diffusione delle primarie e le esperienze di democrazia partecipativa che si moltiplicano a livello locale, si riscontra, infatti, una disponibilità a sperimentare forme di coinvolgimento differenti rispetto alla militanza politica che possono costituire un utile complemento della democrazia rappresentativa e degli strumenti di democrazia diretta. La partecipazione non solo richiede la possibilità legale di votare ma anche un contesto sociale che induca effettivamente il popolo a votare e ad esprimere i propri punti di vista elevando il livello di informazione e il confronto su argomenti alternativi, cercando di evitare nelle controversie pubbliche le valutazioni puramente opportunistiche o emotive. L’interesse qui si rivolge verso il “sondaggio deliberativo” di James S. Fishkin, una procedura molto diversa dal sondaggio d’opinione poiché rovescia la logica demoscopica. Le persone sondate dagli istituti di ricerca a volte non hanno indicazioni adeguate sul tema; altrettanto spesso non ci hanno riflettuto e non hanno confrontato le proprie preferenze, scelte o credenze con gli argomenti in contrasto in una libera e approfondita discussione. Renato Mannheimer, presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione (Ispo) è d’accordo con l’affermazione secondo cui le persone rispondono anche su ciò che non conoscono e, a suo parere, il problema si fa ancora più evidente a ridosso delle elezioni. Oggi, a suo avviso, la maggior parte della gente vota non per vera convinzione, ma sulla base di impressioni acquisite dalla TV durante le ultime settimane prima del voto. I sondaggi deliberativi, invece, sono diretti a migliorare la qualità del confronto pubblico, attraverso una procedura articolata che favorisce l’informazione,la riflessione e il dibattito, a partire, ovvio, dall’idea di creare un rapporto diverso tra i sondaggi e l’opinione pubblica intenso come misurazione di come muta l’opinione dopo che le persone hanno avuto l’opportunità di diventare più competenti e di confrontare in un dialogo aperto le loro idee. Nonostante alcune riserve di ordine metodologico e taluni rischi di strumentalizzazione politica, l’esame dei sondaggi deliberativi risveglia una viva ammirazione per uno studioso riuscito a riversare la passione civile e l'impegno politico in una pratica democratica concreta alla quale ha dedicato, quasi interamente, molti anni del suo lavoro. Rimane, certo, uno strumento insufficiente a rianimare e risollevare il momento deliberativo nelle democrazie contemporanee, ma nessuno può negare che indichi a tutti la direzione giusta. Indice 1. Introduzione 2 2. Che cos’è il sondaggio deliberativo? 5 3. Riserve metodologiche 13 4. Riserve politiche 16 Bibliografia minima 20

Luca Corchia - Il sondaggio deliberativo di James S. Fishkin

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L’interesse qui si rivolge verso il “sondaggio deliberativo” di James S. Fishkin, una procedura molto diversa dal sondaggio d’opinione poiché rovescia la logica demoscopica.

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Il Trimestrale. The Lab's Quarterly, 1, 2007

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Il sondaggio deliberativo di James S. Fishkin

Luca Corchia

Dottorando di ricerca in Memoria culturale e tradizione europea,Ciclo accademico 2006-2009, Università di Pisa,[email protected]+39 050 2212420

Abstract

I rapporti annuali su Gli italiani e lo stato, coordinati da Ilvo Diamanti, continuano arilevare che i cittadini sono impegnati negli associazionismi ma disincantati dalla politica.Con le tipiche differenze nelle diverse aree del paese e a seconda del livello istituzionale,accanto alla sfiducia verso le istituzioni pubbliche c’è una propensione alla partecipazione.Come mostrano la diffusione delle primarie e le esperienze di democrazia partecipativa chesi moltiplicano a livello locale, si riscontra, infatti, una disponibilità a sperimentare formedi coinvolgimento differenti rispetto alla militanza politica che possono costituire un utilecomplemento della democrazia rappresentativa e degli strumenti di democrazia diretta.

La partecipazione non solo richiede la possibilità legale di votare ma anche un contestosociale che induca effettivamente il popolo a votare e ad esprimere i propri punti di vistaelevando il livello di informazione e il confronto su argomenti alternativi, cercandodi evitare nelle controversie pubbliche le valutazioni puramente opportunistiche o emotive.

L’interesse qui si rivolge verso il “sondaggio deliberativo” di James S. Fishkin, unaprocedura molto diversa dal sondaggio d’opinione poiché rovescia la logica demoscopica.Le persone sondate dagli istituti di ricerca a volte non hanno indicazioni adeguate sultema; altrettanto spesso non ci hanno riflettuto e non hanno confrontato le propriepreferenze, scelte o credenze con gli argomenti in contrasto in una libera e approfonditadiscussione. Renato Mannheimer, presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblicaopinione (Ispo) è d’accordo con l’affermazione secondo cui le persone rispondono anche suciò che non conoscono e, a suo parere, il problema si fa ancora più evidente a ridosso delleelezioni. Oggi, a suo avviso, la maggior parte della gente vota non per vera convinzione, masulla base di impressioni acquisite dalla TV durante le ultime settimane prima del voto. Isondaggi deliberativi, invece, sono diretti a migliorare la qualità del confronto pubblico,attraverso una procedura articolata che favorisce l’informazione,la riflessione e il dibattito,a partire, ovvio, dall’idea di creare un rapporto diverso tra i sondaggi e l’opinione pubblicaintenso come misurazione di come muta l’opinione dopo che le persone hanno avutol’opportunità di diventare più competenti e di confrontare in un dialogo aperto le loro idee.

Nonostante alcune riserve di ordine metodologico e taluni rischi di strumentalizzazionepolitica, l’esame dei sondaggi deliberativi risveglia una viva ammirazione per uno studiosoriuscito a riversare la passione civile e l'impegno politico in una pratica democraticaconcreta alla quale ha dedicato, quasi interamente, molti anni del suo lavoro. Rimane,certo, uno strumento insufficiente a rianimare e risollevare il momento deliberativo nelledemocrazie contemporanee, ma nessuno può negare che indichi a tutti la direzione giusta.

Indice

1. Introduzione 22. Che cos’è il sondaggio deliberativo? 53. Riserve metodologiche 134. Riserve politiche 16Bibliografia minima 20

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1. Introduzione

Il sondaggio deliberativo (Deliberative polling) è una procedura di rilevamento su base

campionaria finalizzata alla creazione di opinioni pubbliche informate e rappresentative e,

al contempo, una proposta politica volta a far “esprimere al meglio” al popolo la “propria

voce in suo nome” attraverso riunioni in cui i cittadini possano riunirsi per ascoltare le

argomentazioni di esperti e di politici a favore o contro una determinata questione, e in

seguito, dopo aver discusso tra loro, faccia a faccia, giungere a una deliberazione collettiva.

La metodologia è elaborata da James S. Fishkin, professore di Stanford, in Democracy

and Deliberation: New Directions for Democratic Reform (1991)1, in The Voice of the

People (1995)2 e in molti articoli in cui il politologo americano risponde alla seguente

domanda: quale sarebbe l’opinione espressa dai cittadini se, posti di fronte a un preciso

argomento, avessero la possibilità di informarsi, di discutere e di fare domande a esperti?

All’origine della proposta vi è la convinzione, corroborata da numerose ricerche sulle

opinioni dei cittadini che, anche nei casi di media ed elevata istruzione, la maggior parte

delle conoscenze politiche di base è inferiore a qualsiasi standard democratico auspicabile.

Infatti, generalmente, i cittadini non sono attenti, non hanno abbastanza informazioni,

discutono poco, non pongono domande agli esperti e di rado giungono a giudizi ponderati.

I sondaggi demoscopici – concesso che rispettino i requisiti di attendibilità e di validità -

rilevano le opinioni degli interpellati ma risentono di quella che Anthony Downs definì

“ignoranza razionale”. Numerosi studi di controllo hanno dimostrato che, molto più spesso

di quanto non si creda, le risposte affermative o negative o i giudizi di intensità sono

espressi quasi a caso o per vergogna pur di non dover scegliere l’opzione “non lo so”:

«I sondaggi tradizionali forniscono un modello di cosa pensa il pubblico, anche se magari il

pubblico non pensa poi moltissimo o non presta particolare attenzione ai temi trattati»3.

Fishkin cita un sondaggio del 1976 divenuto un caso di studio negli Stati Uniti. Si chiese

a un campione della popolazione americana di esprimere un giudizio sul “Pubblic Affaire

Act” del 1975. Le risposte si divisero tra i molti favorevoli e contrari e i pochi “non lo so”. A

sondaggio avvenuto, i ricercatori resero noto che il «Public Affairs Act» non esisteva.

Vent’anni dopo, l’esperimento venne ripetuto, chiedendo se si era favorevoli al presidente

Clinton, che voleva conservare quella legge, o ai repubblicani, che la volevano abrogare. La

maggioranza si schierò con il presidente, senza che nessuno palesasse la propria ignoranza.

La razionalità individuale sottostante a questi comportamenti è ricondotta al seguente

calcolo: non conoscere i temi richiesti non comporta conseguenze negative, dato che la

1 J.S. Fishkin, Democracy and Deliberation: New Directions for Democratic Reform, Yale, Yale University Press, 1991.2 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, Venezia, Marsilio, 2003.3 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 136.

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propria opinione personale in quanto tale non è pubblicamente così rilevante. È preferibile

delegare le scelte politiche ai rappresentanti, dedicandosi pienamente alle attività private:

se il mio voto è uno su milioni, perché dovrei investire tempo e fatica per informarmi?

Sebbene contestabile questo assunto è stato riscontrato in molte “ammissioni d’ignoranza”.

Questo preoccupante fenomeno per la qualità della democrazia contemporanea è stato

sottolineato da Renato Mannheimer in diversi articoli pubblicati sul Corriere della Sera,

nei quali egli rimarcava, altresì, la banalizzazione mass-mediatica dei problemi trattati, la

superficialità del consenso dell’opinione pubblica sui programmi dei partiti politici e la

personalizzazione della campagna elettorale introno alle parole e alle immagini dei leader:

«la gente spesso non sia sufficientemente informata su certe tematiche e talvolta non è informata deltutto. Esiste quindi un problema: le persone rispondono anche su ciò che non conoscono; ed il problema si faancora più evidente nei periodi a ridosso delle elezioni. Chi vota consapevolmente sui programmi? Nessuno.[…] Oggi circa il 15% della popolazione italiana dichiara di votare sulle base di impressioni acquisitedalla tv durante le ultime settimane che precedono il voto, si tratta quindi di impressioni che dipendonopiù dalla capacità di chi comunica che non dalle proposte che sono obiettivamente difficili da valutare»4.

«Uno dei limiti principali dei sondaggi è costituito dalla scarsa informazione di chi risponde.Vengono posti infatti quesiti sui temi più diversi, che l’intervistato spesso ignora totalmente o suiquali ha una conoscenza generica e approssimativa. Di conseguenza le risposte sono spesso improvvisateo basate sul “sentito dire”. Per la verità un problema analogo si pone spesso anche in occasione delleelezioni “vere”, ove si finisce di frequente con lo scegliere sulla base di mere impressioni, senzaavere la possibilità o la voglia di approfondire realmente le diverse proposte sottoposte agli elettori»5.

Inoltre, i sondaggi di demoscopici sono spesso connotati in termini emotivi, operano

drastiche semplificazioni dei temi, non concedono tempi alla riflessione e si prestano a

manipolazioni. Tali sondaggi, in effetti, rilevano spesso delle “opinioni grezze”, nel senso di

opinioni espresse sulla base delle scarse e assai incerte informazioni esistenti. Per contro,

l’oggetto dei sondaggi deliberativi è l’“impatto dell’informazione” sugli atteggiamenti dei

soggetti coinvolti. Mentre i sondaggi demoscopici offrono un’”istantanea dell’opinione

pubblica così com’è”, questi “quasi-esperimenti” ricostruiscono artificialmente “un quadro

dell’opinione pubblica come sarebbe, se si raffinasse e si arricchisse con la deliberazione” –

nell’ipotesi, tutta da provare, che il campione scelto sia rappresentativo della popolazione.

Va precisato, quindi, che il sondaggio demoscopico e il sondaggio deliberativo non sono

degli strumenti in competizione fra loro, in quanto rispondono a delle differenti finalità.

In L’invenzione di un elettore competente (2002), Giancarlo Bosetti, sottolinea come la

finalità dei sondaggi deliberativi sia di rafforzare la competenza dei cittadini in modo che

non si facciano più influenzare dagli slogan ma assumano decisioni ponderate e dibattute,

dopo aver compreso e apprezzato che in democrazia ogni singola opinione o voto conta:

4 R. Mannheimer, Lo stimolo vero è la tv, in «Corriere della Sera», 15.06.2003.5 R. Mannheimer, I sondaggi su temi politici hanno acquisito sempre più ..., in «Corriere della Sera», 22 maggio 2003.

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«i deliberative pollings non si aggiungono al repertorio di strumenti a disposizione degli istitutidemoscopici, dei giornali, dei partiti politici e dei candidati per affinare le capacità di previsione oaumentare la forza persuasiva degli slogan. Lo scopo persegue un obiettivo importante per chiguarda il processo politico dall'altra parte: è quello di rafforzare la competenza dell'elettorato, diraffinare se mai proprio la sua capacità di non farsi persuadere da semplici slogan, di esigere moltodi più delle sound bites, delle battute di pochi secondi al tg, di imporre un reale confronto di argomenti»6.

Fishkin esprime il mutamento che si verifica nei partecipanti al sondaggio deliberativo

impiegando due immagini ricorrenti nel vocabolario delle scienze sociali e politiche:

«Il campione casuale si esprime prima e dopo la deliberazione. I risultati che otteniamo primaincorporano l’idea di rappresentazione come “specchio”, l’opinione pubblica così com’è realmente,con tutti i suoi limiti e le sue imperfezioni. I risultati che otteniamo dopo riflettono gli effettidel “filtro” - l’opinione pubblica deliberativa contraffatta che il pubblico avrebbe se deliberasse»7.

Come vedremo, nell’espressione “deliberative polling” l’accento cade sul primo termine.

Con il concetto di deliberazione, egli indica l’insieme delle attività volte a favorire

l’informazione consapevole. Ogni aspetto del procedimento deve facilitare una discussione

informata ed equilibrata. Al riguardo, Bosetti rimarca che il termine inglese deliberation,

diversamente dall’italiano deliberazione, indica il processo di valutazione di una proposta

o di una tematica, prima ancora che venga presa una decisione favorevole o una contraria:

«Per capirsi su quel che è la democrazia deliberativa, bisogna anzitutto mettere in chiaro unaquestione linguistica: in inglese to deliberate ha un significato diverso che deliberare in italiano e vuoldire esaminare attraverso una discussione i pro e i contro di una scelta, prima di decidere. Ilsignificato italiano mette invece l’accento sul dopo, sul decidere. E questo fa una bella differenza»8.

A tale senso inglese pensava Luigi Einaudi con la formula “conoscere per deliberare”.9 Il

fine del sondaggio deliberativo non è di rappresentare ciò che gli interpellati credono o

auspiscano su determinati problemi ma mostrare che la stessa gente, avendo la possibilità

di approfondire tali questioni tramite la raccolta delle chiarimenti, giunge a livelli di

cognizione che assicurano una riflessione e una discussione che avvicinano quelle assise ai

modelli normativi di democrazia deliberativa teorizzati dai classici del repubblicanesimo.

Il concetto di cittadinanza è costruito non soltanto sui diritti civili alla tutela della sfera

privata – “le libertà negative” -, ma anche sui diritti politici alla formazione della volontà

generale – “le libertà positive” – rifondando la libertà degli antichi che rende possibile la

prassi dell’autoderminazione civica a partire dalla moderna dottrina dei diritti soggettivi.

Ma l’autonomia privata delle persone rinvia all’esercizio della loro autonomia pubblica:

esse non possono essere autonome se non considerandole come “autori” di quelle stesse

norme dell’ordinamento giuridico ai quali come “destinatari” devono prestare obbedienza.

6 G. Bosetti, L’invenzione di un elettore competente, «Caffè Europa» 183, 14.06.2002.7 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p.8 G. Bosetti, Tutti insieme per ragionare appasionamente, in «La Repubblica», 19.07.2003.9 G. Sartori, Ecco un'idea per il servizio pubblico, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2005.

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Secondo tale dottrina, un potere legittimato democraticamente deve garantire e rendere

effettivi quei diritti di partecipazione politica che consentono al cittadino di prender parte,

nei modi previsti dalla costituzione, alla formazione dell’opinione e della volontà pubblica.

Se la volontà pubblica si concretizza in deliberazioni formulate nelle istituzioni politiche

centrali e periferiche, le discussioni sugli interessi generali che si svolgono nella sfera

dell’opinione pubblica svolgono funzioni di indirizzo e di controllo nella società civile.10

Il concetto di democrazia deliberativa restituisce ai cittadini la sovranità accentuando

l’importanza delle discussioni che si svolgono per un verso nei dibattimenti parlamentari e

per l’altro nella rete comunicativa delle sfere pubbliche politiche. All’interno e all’esterno

dei corpi politici deputati a deliberare, le comunicazioni politiche formano arene in cui –

riguardo ai temi rilevanti per l’intera società e intorno a materie bisognose di regolazione –

può avere luogo una discussione razionale tramite il confronto di buone ragioni opposte.

Ogni tema deve essere assunto con carattere ipotetico e oggetto di discussione razionale. E

se è vero che in ogni argomentazione, gli interlocutori sono motivati da interessi specifici e

orientati da credenze precostituite, soltanto nella discussione le preferenze sono poste a

confronto le une con le altre e possono essere modificate in tutto o in parte … anche gli

interessi possono esser diversamente interpretati o bilanciati tramite argomenti pertinenti.

L’ideale controfattuale della deliberative democracy è che i cittadini si sentano investiti

della responsabilità civica di decidere sugli affari pubblici e scoprano di avere un grande

bisogno di informazioni e di competenze per deliberare – come gli abitanti di Grandview

nella storia che J. Fishkin ha riproposto in apertura del suo libro The Voice of the People.

2. Che cos’è il sondaggio deliberativo?

Il sondaggio deliberativo è un marchio registrato i cui introiti sono destinati al Center

for Deliberative Polling, creato nel 1996 alla University of Texas al fine di promuovere

questa specifica procedura di democrazia partecipativa. Fishkin propone questo strumento

poiché ritiene che possa “dar voce” a un campione dell’opinione pubblica rappresentativo:

«L'idea è semplice. Si preleva un campione casuale dell'elettorato a livello nazionale e lo si trasportadai luoghi di provenienza di ciascuno, disseminati per il paese, in un unico luogo. Il campione lo si immergepoi nei temi trattati, lo si dota di materiale informativo che tenga rigorosamente conto delle diverse posizioniesistenti sui temi in oggetto, lo si fa discutere in gruppi ristretti, e gli si dà l'opportunità di interrogaredegli specialisti e degli uomini politici che abbiano punti di vista contrapposti. Al termine di alcune giornatedi lavoro in cui tali temi vengono discussi faccia a faccia, si sondano i partecipanti in profondità.Il rilevamento che ne risulta offre una rappresentazione dei giudizi ponderati del pubblico, delle opinioniche avrebbe l'intero paese nel caso in cui tutti sperimentassero l'opportunità di comportarsi come cittadiniideali, come individui, cioè, che studiano a fondo le questioni per un periodo di tempo prolungato»11.

10 J. Habermas, trad. it. Tre modelli normativi di democrazia, in Id., L’inclusione dell’altro: studi di teoria politica,Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 235-248.11 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 135.

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Un vasto campione di diverse centinaia di persone viene riunito e diviso in gruppi più

piccoli di lavoro, alcuni giorni, per informarsi e discutere su temi rilevanti e controversi.

Degli esperti fanno le domande, preparano le informazioni e illustrano le opzioni

alternative. Dei moderatori conducono le discussioni, alle quali partecipano anche dei

rappresentanti politici che espongono e confrontano i loro programmi. La televisione e la

stampa danno ampia copertura all’evento e ne moltiplicano gli effetti sulla cittadinanza,

mostrando come questo metodo produca effetti sensibili sulle opinioni dei partecipanti. Si

raccolgono in questionari le opinioni dei partecipanti, prima e dopo la discussione, e si

misura di quanto le opinioni possano mutare grazie a deliberazioni pubbliche organizzate.

La procedura del sondaggio deliberativo si compone di una serie di diversi momenti:

1. il campionamento;

2. il primo sondaggio;

3. le istruzioni sui temi;

4. la sessione deliberativa;

5. la revisione dei giudizi;

6. la copertura mediatica.

Il deliberative polling12 è stato sperimentato negli ultimi decenni in numerose occasioni

in diversi stati sparsi in tutto il mondo finendo per affrontare argomenti molto eterogenei:

la criminalità (1994), il rapporto del Regno Unito con l’Unione Europea (1995) e il ruolo

della monarchia nelle istituzioni politiche in Gran Bretagna (1996); la National Issues

Convention a Austin in Texas (1996); le elezioni politiche in Gran Bretagna (1997);

l’introduzione delle energie rinnovabili in Texas (1998); il referendum sulla Costituzione

repubblicana in Australia (1999); l’adozione dell’euro in Danimarca (2000); la

riconciliazione con la popolazione aborigena in Australia (2001); la suddivisione delle

entrate tra le città e le circoscrizioni e altri temi locali a New Haven in Connecticut (2002);

il contrasto della criminalità in Bulgaria (2002); le scelte di bilancio dell’amministrazione a

Wenling in Cina (2005); l’elezione del presidente degli Stati Uniti d’America (2004); la

scelta del candidato sindaco alle amministrative 2006 nella città di Marosi dell’area

metropolitana di Atene da parte del Pasok (il partito socialista greco di G. Papandreou).

Molti ritengono che sarebbe opportuno introdurre l’esperimento anche in Italia, paese

in cui la stampa quotidiana e periodica raggiunge solo una modesta frazione dell’elettorato

e la maggior parte dei cittadini ottiene l’informazione soltanto tramite il network televisivo.

Le pagine seguenti invitano a riflettere sulle procedure e sulle implicazioni del progetto.

12 http://cdd.stanford.edu/polls/index.html

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1. Il campionamento

Il sondaggio deliberativo condivide con il sondaggio demoscopico il campionamento.

Una volta individuata l’unità d’analisi, si provvede a costruire il campione rappresentativo

della popolazione selezionando i casi secondo le note procedure statistiche probabilistiche.

I campionamenti finora si sono orientati verso campioni dell’intera popolazione costruiti

casualmente o stratificati su basi territoriale, censitaria, di genere, generazionale, ecc.

Proprio la valenza statistica differenzia i sondaggi deliberativi dalle semplici riunioni di

cittadini, in quanto la loro composizione si basa sul campionamento rappresentativo della

unità di riferimento e richiede la costituzione di un panel di discussione su temi specifici.

Come ha sottolineato George Papandreou in occasione del sondaggio deliberativo greco

vi è un forte nesso tra la casualità dell’estrazione e il principio di eguaglianza dei casi scelti:

«la scelta casuale di coloro che partecipano alla decisione secondo il principio per cui ciascuno ha lastessa possibilità di poter essere sorteggiato, è un meccanismo che rafforza e mette in pratica l’ideasecondo cui tutti i cittadini sono uguali. A questa caratteristica, il sistema di Fishkin aggiunge un supportoscientifico che garantisce la rappresentatività del campione e ci offre l’istantanea di un’opinione pubblicache prima di decidere si è nutrita di informazione, di conoscenza, di discussione. Inoltre il campionecasuale garantisce l’assenza di pressioni da parte di gruppi di potere, politici o economici, e può essere unvalido modo per abbattere quelle strutture clientelari che appartengono spesso alla politica tradizionale»13.

I sondaggi deliberativi realizzati hanno consentito incontri, solo in piccoli gruppi, ovvero

su un campione rappresentativo della popolazione di dimensioni necessariamente limitate.

Delle persone contattate, sono scelte in maniera scrupolosa - attraverso delle interviste

ripetute, fino a 32 colloqui con gli stessi soggetti14 - soltanto una parte, circa 250 persone.

In occasione del cosiddetto Pbs Deliberative day organizzato da Fishkin il 16 ottobre 2004,

a soli 15 giorni dalle elezioni presidenziali U.S.A. – Bush vs. Kerry – sono stati riuniti quasi

2000 americani per discutere di alcuni temi chiave della campagna elettorale. In genere,

però, i campioni del sondaggio deliberativo sono circa 200-400, come ad esempio, nel caso

dell’Australia Deliberates (1999) che ha riunito a Camberra un campione di 347 elettori, o

ancora, nel caso del sondaggio svolto a Wenling in Cina (2005) ristretto a sole 235 persone.

2. Il primo sondaggio

Le persone selezionate vengono sottoposte a delle domande su dei temi specifici (il

programma dei candidati alle elezioni, come ridurre il consumo energetico, come

combattere la criminalità, cosa pensano di una riforma costituzionale, ecc.). Si tratta di un

sondaggio demoscopico classico condotto attraverso un questionario (auto)somministrato.

13 G. Papandreou, Senza partecipazione la polis muore, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2006;14 P. Casella, trad. it. Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.

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Ad esempio, in occasione del sondaggio deliberativo sul crimine svolto in Gran Bretagna

nel 1994 al campione selezionato fu richiesto di esprimersi con un si o un no sulle seguenti

affermazioni: 1. Sono d’accordo che: a. “Mandare più delinquenti in prigione è un modo

efficace di combattere il crimine”; b. “Le regole che si applicano in tribunale dovrebbero

essere meno favorevoli all’imputato”: c. “I sospettati dovrebbero avere il diritto di

rimanere in silenzio alle domande degli inquirenti”; 2. Non sono d’accordo sul fatto che: a.

“La polizia dovrebbe talvolta poter “forzare le regole” per ottenere una prova incriminante”

(fortemente in disaccordo); b. “Un ragazzo di 16 anni che compie per la prima

volta una rapina dovrebbe essere mandato in una prigione normale” (fortemente contro).

3. Le istruzioni sui temi

Dopo il primo rilevamento sul campione rappresentativo, i partecipanti all’esperimento

sono invitati in una sede predefinita per alcuni giorni a conoscere e discutere faccia a faccia

su temi specifici, avendo cura che le giornate che non coincidano con le giornate lavorative.

Alcune volte sono stati previsti incontri di orientamento precedenti all’iniziativa pubblica.

Come momento propedeutico alla deliberazione, ai soggetti è fornito del materiale

informativo (cartaceo, fotografico, video, ecc.) che rappresenti in modo semplice ed

equilibrato le molteplici e alternative posizioni sui temi cui sono chiamati ad esprimersi. Il

sondaggio, infatti, richiede ai cittadini di esprimere le loro opinioni solo dopo averli

sottoposti ad un processo di informazione e di discussione pubblica, completo e pluralista.

Rendendo consultabili attraverso internet i contenuti informativi offerti ai partecipanti al

sondaggio si cerca d’assicurare quella trasparenza che accompagna sempre l’imparzialità.15

Fishkin consiglia, una volta stabiliti i problemi, di stilare un documento introduttivo, nel

quale vengano presentate fino a quattro opzioni di base – anche se ne potranno emergere

altre durante le sessioni deliberative - cercando di riassumere in modo chiaro ed esaustivo,

per ogni alternativa, tutte le informazioni e gli argomenti principali favorevoli e contrari.

4. La sessione deliberativa

I membri del campione scelto sono invitati a partecipare a una sessione deliberativa,

in un centro congressi o in un albergo – in ogni modo, in un luogo accogliente e appartato.

La composizione numerica della sessione è prestabilita ma rimane aperta poiché, secondo

le indicazioni di Fishkin, le persone che si presenteranno in più non saranno mandate via.

La discussione è svolta in tanti piccoli gruppi composti da circa 10-30 persone. Ognuno

è assegnato casualmente, evitando preferenze tematiche e/o personali, al proprio gruppo.

15 P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.

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Come vedremo, la misura e il limite del confronto fra opinioni diverse sono quelli dettati

dalla struttura separata dei gruppi di discussione. Non è da escludere che i partecipanti

facciano tante esperienze diverse quanti sono i gruppi in cui si divide la sessione plenaria.16

Per altro verso, secondo Fishkin, le opere di Madison e dei padri fondatori americani ci

insegnano che afffiché sussista la possibilità di deliberare, i gruppi di discussione devono

essere relativamente ristretti, con la facoltà di confrontarsi faccia a faccia sulle questioni.17

Tutti i gruppi ristretti di discussione sono gestiti da moderatori formati ad hoc, il cui

compito è di instaurare un clima di reciproco ascolto senza alcun tipo di prevaricazione e

di assicurare che ogni punto di vista esistente venga espresso liberamente nelle sessioni.

Ai moderatori viene richiesto di non esternare mai la propria opinione sul tema discusso.18

Nell’intervista Una proposta seria e concreta rilasciata a Giancarlo Bosetti per Reset

(2002), J. Fishkin precisa il ruolo svolto dai moderatori nel favorire il libero confronto tra

argomenti diversi come una funzione di garanzia che richiede competenze specifiche. Nei

gruppi ristretti i moderatori sono perlopiù sconosciuti al grande pubblico, mentre nelle

sessioni plenarie, ci si affida a personalità televisive di spicco che promettano neutralità.19

Vengono distribuite informazioni preparate da esperti, si ascoltano relazioni, si pongono

domande e si confrontano le opinioni di specialisti e, quindi, dei rappresentanti politici.

Per ogni possibile alternativa occorre avere a disposizione sia un sostenitore che un critico.

Ma la scelta di persone indipendenti o di “avvocati” di parte è ancora un problema aperto.

In occasione del sondaggio deliberativo per le elezioni politiche in Gran Bretagna (1997),

erano stati convocati tre esperti per ciascuno dei tre grandi partiti, ma anche dei consulenti

indipendenti per costringere quelli politicamente schierati a evitare i ragionamenti faziosi.

La condizione essenziale del modello deliberativo è la pari opportunità dei partecipanti

di accedere alle informazioni e di argomentare, in condizioni che si avvicinano a quel

“modello controfattuale” che J. Habermas aveva definito “situazione linguistica ideale”.20

Il weekend deliberativo vede l’alternarsi di gruppi ristretti e di assemblee plenarie, nelle

quali i moderatori dei diversi gruppi ristretti incoraggiano i partecipanti a interpellare gli

specialisti e gli uomini politici invitati di diversa provenienza sulle questioni evidenziate.

Secondo Fishkin sarebbe preferibile che i partecipanti al sondaggio deliberativo fossero

trasportati e ospitati per almeno un weekend in un'unica sede. Ma la compresenza può

essere assicurata a distanza anche attraverso l’uso delle videoconferenze o mezzi simili. Ad

esempio, in occasione del suddetto Pbs Deliberative day i quasi 2000 partecipanti erano

16 Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, p. 31.17 Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.18 P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.19 Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.20 J. Habermas, trad. it. Osservazioni propedeutiche per una teoria della competenza comunicativa, in J. Habermas –N. Luhmann, Teoria della società o tecnologia sociale, Etas Kompass Libri, Milano 1973, pp. 67-94.

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dislocati in 17 comunità (Albuquerque, NM; Baton Rouge, LA; Boise, ID; Charlottesville,

VA; Cleveland, OH; Detroit, MI; Houston, TX; Kansas City, MO; Lexington,

KY; Lincoln, NE; Miami, FL; New Haven, CT; Pittsburgh, PA; Rochester, NY; San

Diego, CA; Seattle, WA; and St. Louis, MO) ciascuna coperta dalla locale stazione della Pbs.

L’uso delle telecomunicazioni consente oggi di realizzare il sondaggio deliberativo anche

tra persone che si trovano in luoghi diversi e di prolungare la durata per diverse settimane,

concedendo alle persone coinvolte di incontrarsi in forum permanenti organizzati on-line.

5. La revisione dei giudizi

Una volta letti i materiali, discusso, fatto domande e ascoltato le risposte si torna alle

domande iniziali. Si raccolgono in questionari le opinioni dei partecipanti e si misura

quanto e come le opinioni si siano arricchite e/o modificate rispetto al primo rilevamento.

Nella differenza delle risposte, date prima e dopo della sessione deliberativa, risiede la

specifica discordanza tra un campione di opinione pubblica informato e uno che non lo è.

Nei deliberative polls finora condotti, in Usa, Gran Bretagna, Danimarca, Australia,

Bulgaria, ecc. c’è sempre stato uno scarto statistico sostanziale tra opinioni iniziali e finali.

Infatti, confrontando le risposte dei due questionari precedenti e successivi la discussione

si rilevano solitamente dei significativi mutamenti negli indirizzi dell’opinione pubblica

intervistata ed una generale convergenza, prima assente, rispetto a molti giudizi di fondo.

Così accadde, ad esempio, nel caso del sondaggio deliberativo inglese sul crimine del 1994:

% prima delladeliberazione

% dopo ladeliberazione

%di differenza

1. SONO D’ACCORDO SUL FATTO CHE

a. “Mandare più delinquenti in prigione è un modoefficace di combattere il crimine” 57 38 -19b. “Le regole che si applicano in tribunaledovrebbero essere meno favorevoli all’imputato” 42 52 +10c. “I sospettati dovrebbero avere il diritto dirimanere in silenzio alle domande degli inquirenti” 36 50 +142. NON SONO D’ACCORDO SUL FATTO CHE

a. “La polizia dovrebbe talvolta poter ‘forzare leregole’ per ottenere una prova incriminante”(fortemente in disaccordo)

37 46 +9

b. “Un ragazzo di 16 anni che compie per la primavolta una rapina dovrebbe essere mandato in unaprigione normale” (fortemente contro)

33 50 +17

Fishkin rimarca continuamente che nel corso dei sondaggi deliberativi si sono avuti dei

“cambiamenti d’opinione statisticamente significativi”, a riprova che i giudizi riflettuti

sono sovente diversi dalle risposte affrettate che sono fornite nei sondaggi convenzionali:

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«Ma che rappresentano i risultati? Coloro che hanno partecipato a questo esperimento sono stati ingrado di vincere gli impulsi dell’ignoranza razionale, che normalmente hanno la meglio sulla massa delpubblico. Invece di un unico voto perso tra milioni di altri, essi, infatti, dispongono di un voto tra le pochecentinaia di voti del campione esaminato nel corso del fine settimana, e una voce su più o meno quindicialtre nei gruppi ristretti di discussione. Il fine settimana è costruito in modo tale da rendere credibile lapretesa che la loro voce conti qualcosa. Superando l’apatia, la mancanza di relazioni, la disattenzione el’iniziale mancanza di informazioni, i partecipanti, qualunque sia la loro origine sociale, deliberando,cambiano. Dalla conoscenza del loro grado di istruzione, dalla conoscenza delle loro disponibilitàeconomiche non si può estrapolare il cambiamento che avverrà in loro durante la deliberazione. Sappiamoinvece che a far loro cambiare atteggiamento sarà il fatto di informarsi sui temi oggetto della discussione»21.

Contrariamente alla tesi di alcuni analisti secondo i quali molti cittadini userebbero

delle “scorciatoie” per formare le proprie opinioni e intenzioni, a cui giungerebbero anche

accettando gli sforzi necessari ad acquisire maggiori competenze, Fishkin ritiene di aver

mostrato che, se si ha la possibilità di studiare e discutere, l’opinione delle persone cambia.

Ciò non significa che le convinzioni che erano manifestate in precedenza fossero errate.

Semplicemente, si tratta spesso di opinioni argomentativamente fragili, non fondate su

precise cognizioni dei problemi e non corroborate intersoggettivamente dalla discussione.

Al termine, i partecipanti hanno maggiore conoscenza delle ragioni della parte opposta

e una migliore capacità di argomentare in modo convincente le proprie buone ragioni. I

sondaggi deliberativi non risolvono le forti divergenze ideologiche, ma rendono le posizioni

in campo più informate e costituiscono un piano discorsivo che può smorzare il conflitto.

Certo, vi sono contrasti così radicati che non si prestano alla discussione pubblica, ma la

maggior parte delle questioni pubbliche, rileva Fishkin, riguarda problemi meno cruenti.22

Come ha sottolineato Mauro Buonocore, il punto decisivo è che la risposta, qualunque

essa sia, migliore o peggiore, sia l’esito conseguente di un dibattimento ragionato e non di

un «sonnecchiante allineamento agli spot televisivi, qualunque sia il loro colore politico».23

Non si dovrebbe sottovalutare, inoltre, che l’accrescimento delle conoscenze politiche

e del senso civico non è limitato ai soli partecipanti, ma genera degli effetti sociali a catena.

Anzitutto, abbiamo almeno 200 persone che discutono della loro esperienza a casa e che

circolano in giro per la società come fossero agenzie di democratizzazione “porta a porta”.24

Un secondo aspetto dei sondaggi deliberativi riguarda il ruolo dei mezzi di comunicazione.

6. Copertura mediatica

La discussione condotta nella sessione deliberativa dovrebbe essere sottoposta, secondo

Fishkin, ad ampia copertura da parte dei giornali e delle televisioni, i quali sono la vera

“cassa di risonanza” di questo singolare processo di formazione di un’opinione pubblica

informata di fronte a tutti coloro che non partecipano direttamente all’evento deliberativo.

21 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p.22 P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.23 M. Buonocore, Ascolto l’esperto, ne parlo con gli altri, poi decido, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.24 E. Ambrosi, Se non deliberi, come fai a decidere, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.

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Le dirette televisive dalle sessioni di discussione e i servizi registrati sull’intero weekend

deliberativo avvicinano le opinioni dei cittadini - la gente comune - al grande pubblico.

Sono i loro giudizi che costituiscono la materia su cui si confrontano gli esperti e i politici.

Occorre sottolineare che i lavori dei gruppi ristretti e della sessione plenaria così come i

verbali delle discussioni del week-end sono pubblici, ma i questionari che i partecipanti

compilano prima e dopo la deliberazione sono “questionari confidenziali”, ovvero anonimi.

Riguardo ai broadcasting, Fishkin consiglia la diretta televisiva, più imprevedibile, per

le prime sessioni deliberative, mentre i risultati finali sono resi con dei montaggi registrati.

Ad esempio: per il sondaggio australiano del 1999 sono stati trasmessi da ABC tv due

giorni di diretta del dibattito e uno spettacolo registrato sui risultati della discussione;

quello tenuto per le presidenziali americane del 2004 è stato tutto trasmesso in diretta

ma uno speciale registrato ha sintetizzato i numerosi interventi dei gruppi ristretti;

nei sondaggi inglesi, di solito, si predilige una breve diretta dei lavori e dei risultati finali.

I diversi sondaggi deliberativi che si sono svolti in Gran Bretagna a partire dal 1994,

sono stati organizzati con la promozione mediatica del canale televisivo Channel Four, così

come la Pbs fu decisiva negli Stati Uniti e le altre emittenti in Danimarca, Australia, ecc.

Dietro a queste esperienze vi è un altro modo di intendere il servizio pubblico televisivo.

Forse il progetto di educare a una riflessione e a una discussione argomentata, invece della

politica condotta a colpi di slogan, sulle questioni nazionali cruciali quali immigrazione,

criminalità, tasse, pensioni, scuola, ecc., o sulle problematiche di competenza locale –

viabilità, strategie di trasporto pubblico, tutela delle acque e dei parchi, orari dei servizi -

valorizzando la democrazia deliberativa come una vera “democrazia delle buone ragioni”.

L’idea di una televisione che intrattenga il pubblico favorendo il senso civico costituisce

la motivazione che ha spinto Dan Werner, già dirigente della Pbs e oggi produttore

esecutivo della MacNeil Lehrer Productions, a realizzare dalle frequenze del servizio

pubblico americano la trasmissione By the people – il format che da alcuni anni racconta

sugli schermi dei cittadini americani i deliberative polls di James Fishkin e collaboratori.

«By the People nasce innanzitutto dalla premessa che le opinioni dei cittadini sono importanti epossono essere notizie interessanti. […] Dal nostro punto di vista è un modo per fare buona televisione,in cui si combina il racconto di storie interessanti, il background educativo, l’informazione sul tematrattato di modo che attraverso i video anche il pubblico possa apprendere di più sulla questioneche viene presa in esame. Tutte caratteristiche che appartengono a un buon programma d’informazione.[…] Con i finanziamenti giusti si potrebbero fare degli ottimi programmi che sarebbero un’esperienzademocratica fantastica e aiuterebbero a definire cos’è la televisione pubblica»25.

La Pbs negli Usa, Channel 4 in Gran Bretagna, la DR in Danimarca e l'Abc in Australia

sono esempi di servizio pubblico che mostra la volontà di impegnare risorse economiche

e gestionali in esperimenti che esulano dalla stretta logica della televisione commerciale.

25 D. Werner, Una tv che migliori l’opinione pubblica, in «Caffè Europa», 305, 14.09.2006;

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3. Riserve metodologiche

Una maggiore consapevolezza in chi sceglie è l'auspicio e il motivo fondante da cui parte

J. Fishkin, e da questo punto di vista la sua proposta è assolutamente opportuna, offrendo

altresì alle scienze sociali l'occasione di sperimentare delle nuove procedure di ricerca.

Ma proprio su tale piano occorre compiere le dovute osservazione tecniche, di carattere

propriamente metodologico, sulla validità scientifica dei nuovi tipi di sondaggi deliberativi.

Come primo passo sarà utile rileggere come il regolamento in materia di pubblicazione e

diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa (delibera n. 273/03/CSP

dell’11 novembre 2003 dell’Autorità Garante per le Comunicazioni) definisce il sondaggio:

«ogni rilevazione di opinioni, comportamenti, giudizi, atteggiamenti, previsioni, atti e fatti effettuati conmetodo campionario, probabilistico o non probabilistico, che consente di generalizzare i risultati al collettivodi riferimento; il metodo di individuazione delle unità che fanno parte del campione e la estensionedei risultati al collettivo rispettano i criteri statistici definiti dai codici di autoregolamentazioneadottati dalle associazioni professionali maggiormente rappresentativi sul piano nazionale e internazionale».

È vero che il sondaggio demoscopico e quello deliberativo sono strumenti assolutamente

diversi e perseguono differenti finalità. Fishkin lo riconosce esplicitamente quando afferma

che il sondaggio deliberativo non si presta né per descrivere, né per predire lo stato

dell'opinione pubblica26, bensì intende indicare le conclusioni cui dovrebbe pervenire la

popolazione se fosse motivata, messa in condizione di informarsi e discutere a lungo i temi:

«Se prendiamo un microcosmo dell'intera nazione e lo sottoponiamo ad una determinata esperienza, e seil microcosmo (comportandosi nel modo in cui ameremmo si comportassero i cittadini ideali nel deliberareseriamente tra loro) giungesse allora a conclusioni diverse sui temi oggetto della discussione, potremmodedurre semplicemente che, se, in qualche modo, l'intero paese fosse sottoposto alla medesima esperienzavissuta nel microcosmo, allora, in via ipotetica, l'intero paese giungerebbe a conclusioni analoghe»27.

Ma la diversa destinazione d’uso del sondaggio è stata molto criticata dai professionisti

delle indagini demoscopiche, secondo i quali il compito dei ricercatori non è migliorare il

funzionamento della democrazia, ma registrare ciò che la gente pensa o non pensa. Inoltre,

Renato Mannheimer ha obiettato che, sebbene il campione del sondaggio deliberativo

possa essere statisticamente attendibile, la disponibilità a partecipare all’esperimento e

l’impegno nelle sessioni di discussione potrebbero indicare differenti tipologie di persone:

quelli che sono motivati per senso civico o per appartenenza politica, quelli che desiderano

apparire in televisione, quelli che lo fanno soltanto per il “gettone di presenza”, quelli che

hanno interessi propri da difendere o altrui da rappresentare, ecc. In ogni modo, gli

indifferenti continuano a rimanere esclusi dal campione in un processo di auto-selezione.

26 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 136.27 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., pp. 149-150.

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La ribalta televisiva non basta a eliminare lo scarto tra chi delibera e chi improvvisa

contribuendo semmai a riprodurre il rischio di una spettacolarizzazione della vita activa.28

Perché non ipotizzare da parte dei partecipanti una sorta di agire drammaturgico da attore

consumato che strategicamente simula opinioni che non muteranno i suoi intimi pensieri.

G. Bosetti ha sottoposto il problema a J. Fishkin, domandandogli - considerato che anche

in Europa non c’è bisogno di alimentare ulteriormente la politica-spettacolo, pur dovendo

evitare di annoiare il pubblico - quale forma televisiva devono avere i sondaggi deliberativi

- se, ad esempio, essi devono assomigliare più a dei talk shows o a una specie di “Grande

Fratello” o ancora se devono avere una veste ufficiale – non ottenendo la risposta attesa.29

Si consideri, poi, che il sondaggio deliberativo è caratterizzato solo da alcune procedure

standardizzate (ad esempio, il sondaggio campionario iniziale), mentre altre non lo sono

affatto (ad esempio, la gestione dei partecipanti – cittadini, esperti, moderatori, politici alle

assemblee) o lo sono parzialmente (ad esempio, la composizione dei gruppi faccia a faccia).

Qui si presenta il problema di limitare l’effetto distorsivo del contesto umano e ambientale

nella discussione, con danno alla possibilità di estendere i risultati dal campione scelto a

tutta la popolazione. Le peculiarità di un sondaggio deliberativo che è un insieme di

strumenti, procedure e pratiche sociali diverse sono date dalla varietà delle parti da cui è

composto e dalle molteplici fasi in cui esso si realizza. In assenza di standardizzazione, le

possibilità di ripetere l’intero esperimento o di generalizzarne i risultati sono assai ridotte.

Non si può escludere che la discussione svolta in tanti piccoli gruppi composti da circa

10-30 persone, risenta della composizione e delle circostanze specifiche dei singoli insiemi.

Alcuni studiosi, come Ken Dautrich, rimarcano come sia difficile sostenere che l’opinione

della popolazione debba modificarsi alla stessa maniera in cui cambia quella del campione.

Il fatto di portare delle persone in un luogo artificiale può averle cambiate in qualche

modo, avendole sottoposte a esperienze che altre persone nel paese non hanno vissuto.30

Nell’articolo Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo comparso su

«Social trends» (2003), la rivista dell’Eurisko, si trovano riunite tutte le riserve di metodo:

«Quanto alla predicabilità dei risultati, non bisogna dimenticare che il cosiddetto sondaggio deliberativo èin realtà un insieme molto articolato di pratiche quantitative e qualitative, l'esito finale delle quali può esserefissato solo concettualmente. Non si esclude che particolari aspetti di tale esito siano presentabili anche connumeri e percentuali, ma va tenuto presente che questi dati godono di una validità statistica limitataall'insieme delle persone cui si riferiscono, resa comunque precaria dall'estrema variabilità delle condizioniin cui le persone si sono trovate. Quindi, i risultati di un sondaggio deliberativo su alcuni elettori non sonopredicabili per altri, né si deve presumere come invece fa Fishkin che se tutti gli elettori dello stesso paesefossero sottoposti, in tantissimi gruppi separati, alla medesima procedura, i risultati sarebbero gli stessi.Fishkin non può estendere arbitrariamente all'intera popolazione di un paese i risultati ottenuti dallacomplessa manipolazione mentale di poche centinaia di soggetti: né, soprattutto, ha senso che lo faccia,essendo praticamente impossibile trattare con igienici lavaggi del cervello un'intera popolazione. Così standole cose, di quale utilità democratica o gestionale sono i risultati di un ristretto sondaggio deliberativo?»31

28 R. Mannheimer, Lo stimolo vero è la tv, in Corriere della Sera, 23.05.2002.29 Bosetti G. – Fishkin J., Una proposta seria e concreta, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.30 Joseph Straw, Se discutono e leggono i dossier cambiano idea, in «Caffè Europa», 183, 14.06.2002.31 Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, p. 32.

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Nel format di Fishkin i partecipanti sono estrapolati dal proprio contesto di vita e posti

in un contesto artificiale, creato ad hoc, con lo scopo di stimolare nei partecipanti opinioni

diverse, anzitutto più consapevoli, rispetto a quelle elaborate nei contesti di vita quotidiani.

I partecipanti ai sondaggi deliberativi devono, per così dire, “dimenticarsi”, almeno in una

certa misura, dei propri specifici interessi cercando di trovare mediazioni compromissorie.

Sottratti ai concreti contesti di vita, essi si travestono da cittadini ideali e disinteressati, dai

quali non ci si attende una soluzione conflittuale ma un bilanciamento imparziale ed equo.

Ma i partecipanti sono davvero in grado di valutare le cause e gli effetti dei problemi posti?

In particolare, il risultato di un sondaggio potrebbe dipendere molto dall’arte persuasiva

degli esperti o dei politici invitati, a dispetto del convincimento delle loro buone ragioni.

Domenico Fisichella solleva questi e altri dubbi riguardo alla formazione delle convinzioni:

«Le risposte di un determinato numero di persone, che si confrontano e discutono in presenza dipersone che le giudicano perché più competenti di loro, sono probabilmente condizionate dall'ambientein cui questa interazione ha luogo. Che cosa succede quando quelle persone escono da quell'ambiente?Mantengono vive le capacità acquisite durante le discussioni, oppure ritornando nel loro mondoabituale tornano a reagire col loro solito atteggiamento agli stimoli della vita pubblica? Personalmentecredo che questa seconda ipotesi sia la più probabile e coloro che hanno partecipato al sondaggiodeliberativo tornino a seguire i loro atteggiamenti abituali, legati più agli interessi e alle passioni chenon alla capacità di assumere orientamenti sulla base di conoscenze acquisite»32.

Il rischio dell’eterodirezione si ritrova nell’introduzione di Giuliano Amato all’edizione

italiana del libro di Fishkin riguardo al ruolo degli esperti che informeranno il campione.33

In quest’ottica, risulta molto importante sapere chi organizza il sondaggio deliberativo.

Ma, a tale riguardo, non si trovano indicazioni univoche nelle precedenti esperienze, visto

che la definizione e il controllo delle procedure sono stati affidati, volta per volta, alla

televisione, a ricercatori o accademici, a quotidiani, istituti di ricerca costituiti ad hoc, ecc.

Ad esempio, nel caso del sondaggio per il referendum costituzionale australiano (1999) fu

fondato un istituto di ricerca, lo Hawke Institute, appoggiato da un gruppo di consulenza,

lo Issues Deliberation Australia, composto di ex politici e accademici, persone di prestigio

e dai due comitati ufficiali del Sì e del No al referendum. Nei sondaggi inglesi, invece, la

gestione fu affidata a consorzi tra la televisione Channel Four, un istituto di ricerca e il

giornale Independent con l’ausilio di alcuni consulenti esterni, tra i quali lo stesso Fishkin.

Mentre il sondaggio deliberativo danese sull’euro (2000) nasce dalla collaborazione tra la

University of Southern Denmark di Odense, la rete televisiva nazionale DR – che ha

trasmesso su tutto il territorio nazionale – col patrocinio del periodico Monday Morning.

Punto di riferimento rimane il Center for Deliberative Polling creato da Fishkin nel Texas.

32 Fisichella D., La democrazia, l'élite ed un'idea plausibile, in Caffè Europa 230, 13.06.2003.33 G. Amato, Il sondaggio deliberativo, l’innovazione di Fishkin, in J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce, cit., pp. 5-12.

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Prima di esaminare alcune considerazioni finali di ordine strettamente politico, occorre

prendere in esame uno scoglio su cui si scontra il sondaggio deliberativo: il costo elevato.

Secondo il progetto di J. Fishkin, tutte le persone coinvolte nel sondaggio deliberativo, a

vario titolo come cittadini, esperti, moderatori devono essere retribuite per il tempo

dedicato alla partecipazione ai seminari. I soggetti coinvolti beneficiano gratuitamente,

inoltre, del viaggio per raggiungere la sede, del vitto e dell’alloggio per tutto l’esperimento.

Per inciso, la proposta di retribuire i cittadini, ad esempio quanto i giudici popolari o gli

scrutatori alle elezioni in una misura equivalente al costo medio di una giornata di lavoro -

al prezzo di alcuni anni fa circa 200 dollari ciascuno per un impegno di diciotto ore circa -

costituisce per molti una forma troppo venale di incentivare la partecipazione politica,

anche se la democrazia ateniese compensava con 3 oboli chi partecipava alle assemblee.

In tal senso, Corrado Ocone ritiene l’esercizio delle prerogative di cittadini a partecipare

alla vita democratica non dovrebbe rientrare nella logica delle transazioni economiche e

consiglia di considerare la ricompensa pecuniaria una strategia motivazionale transitoria.34

I sondaggi deliberativi richiedono delle ingenti risorse per coprire le cospicue spese.

A tal fine occorrono dei soggetti pubblici o privati disposti a finanziare gli esperimenti –

un problema che, come vedremo, introduce il tema della manipolazione dei loro risultati.

Fishkin si è, perciò, impegnato a lungo nel cercare la sponsorizzazione di nuovi sondaggi

deliberativi tramite la collaborazione di reti televisive e radiofoniche, cui fosse delegabile il

compito di diffondere in diretta, o registrati, lo svolgimento e gli esiti di ciascuno di essi.

Pur sapendo che finora i programmi di informazione non ottengono gli stessi livelli di

audience dei programmi di intrattenimento, alcuni canali televisivi in Inghilterra, America,

Australia hanno scelto di finanziare le trasmissioni ottenendo dei discreti seguiti televisivi.

4. Conclusioni politiche

Il sondaggio deliberativo può essere uno degli strumenti indirizzati ad incentivare la

partecipazione dei cittadini alla vita politica delle loro comunità e, quindi, può essere un

valido antidoto all’ignoranza che affligge la riproduzione delle istituzioni democratiche.

L'aspetto a cui Fishkin dedica gran parte dei suoi scritti e che rappresenta il problema che i

sondaggi deliberativi cercano di affrontare e risolvere riguarda la creazione dell’opinione

pubblica. Non si tratta solo di reagire al degrado di un dibattito politico che non informa,

ma di sottrarre il cittadino dalla somministrazione coatta, ritrovando luoghi di discussione.

34 Corrado Ocone, Di cosa parliamo quando parliamo di democrazia, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.

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Secondo il politologo americano, le scienze sociali hanno dimostrando che il pubblico è

molto più competente di quanto non si creda, ma soltanto alle giuste condizioni. La “voce

della massa”, invece, è pericolosa se viene alterata come nel mito della caverna di Platone:

«Oggi i cittadini vivono in una versione high-tech della caverna di Platone. L'allegoria di Platone risulteràmeno sorprendente ai lettori moderni di quanto sia risultata agli antichi, poiché, come gli abitanti dellacaverna di Platone, tendiamo a prendere per mondo reale la nostra immagine del mondo, specialmente lanostra immagine del mondo politico, a partire da immagini riflesse e da echi di voci. Invece delle ombreformate dal riverbero del fuoco che si riflette sul muro di una caverna, guardiamo le immagini dellatelevisione nel nostro salotto. Invece dell'eco delle voci di coloro che creano queste ombre cinesi, ascoltiamole voci dei dibattiti e delle pubblicità radiofoniche e televisioni. Come gli abitanti della caverna di Platone,tendiamo a prendere per mondo reale queste immagini riflesse e queste voci. Quantomeno nei termini delnostro ruolo di cittadini, le cose che non accadono in televisione non hanno nessuna forza, vivacitào immediatezza, o ne hanno pochissima. Sono le immagini riflesse che appaiono reali ed importanti»35.

La maggior parte degli studiosi concorda che, almeno nelle intenzioni, questo strumento

potrebbe migliorare la qualità dell’opinione pubblica. Richiamando il riferimento all’opera

di Robert Putnam, Fishkin ritiene che i sondaggi deliberativi riunendo persone provenienti

da diverse esperienze di vita per discutere i problemi comuni creano il “capitale sociale”.36

Si può condividere i giudizio espresso da R. Mannheimer, secondo il quale aumentare la

consapevolezza dei cittadini delle democrazie è una questione urgente ed importante

che, sebbene presenti un notevole grado di complessità e limiti metodologici, rappresenta

uno stimolo, una provocazione e un passo in avanti nello studio dell'opinione pubblica.37

Come ha rilevato puntualmente, S. Rodotà, i tentativi di inserimento dei cittadini nei

circuiti deliberativi locali, motivati dalla volontà di contrastare l'astensionismo, non hanno

provocato una ripresa della partecipazione generale, avendo i cittadini considerato la loro

esperienza diretta nella vita municipale come una indicazione del loro vero potere reale.38

Anche Fishkin riconosce che la democrazia deliberativa è particolarmente utile in ogni

circostanza in cui il pubblico non è ben informato, ma deve prendere una decisione diretta,

come nei referendum o nelle primarie. Anche se il politologo americano ritiene che la sua

metodica sia del tutto adeguata per la deliberazione della maggior parte dei problemi.39

Che cosa accadrebbe, si domanda Fishkin, se questo nuovo tipo di sondaggio venisse

applicato non solo occasionalmente a un campione statistico, ma all’intera popolazione?

A tale riguardo, occorre interrogarci a fondo sull’effettiva portata dei sondaggi deliberativi.

«si possono davvero riscattare i cittadini da un lungo servaggio, da una pervasiva rational ignorance,ricorrendo soltanto alla riunione di piccoli gruppi rappresentativi nel corso breve d'un fine settimana?Lo stesso, corale Deliberation Day può supplire, a pochi giorni dal voto, ad un deficit d'informazionee di discussione d'un lungo periodo precedente? Dovremmo sapere tutti, e ce lo ha ben ricordatoCass Sunstein indagando i destini di una Republic.com, che si ha vita democratica solo in presenza di undiffuso e permanente pluralismo informativo, di una costante esposizione di ciascuno ad opinioni diverse»40.

35 J.S. Fishkin, trad. it. La nostra voce. Opinione pubblica e democrazia, una proposta, cit., p. 19.36 F. Carducci, Antidoto contro l'ignoranza, in «Il Sole 24Ore», 22.05.2003.37 R. Mannheimer, Lo stimolo vero è la tv, in «Corriere della Sera», 15.06.2003.38 S. Rodotà, Non siamo “carne da sondaggio”, «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.39 F. Carducci, Antidoto contro l'ignoranza, in«Il Sole 24Ore, 22.05.2003.40 S. Rodotà, Non siamo “carne da sondaggio”, «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.

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Fishkin assicura che il sondaggio deliberativo costituisce un contributo contro i rischi di

populismo che derivano dall’ignoranza sui temi su cui il cittadino è consultato e dalla

egemonia di gruppi d’interessi particolari che cercano di parlare a nome di tutti.41 Tuttavia,

i rischi di strumentalizzazione esistono in ogni forma di sondaggi, e non è scontato che la

procedura deliberativa sia davvero in grado di rivitalizzare la democrazia politica e di

rompere il ciclo della manipolazione cinica dei media che sta indebolendo la vita pubblica.

Giovanni Sartori insiste molto sull’influenza che i mass-media esercitano sul pubblico:

«emerge in modo in equivoco che il demo-pensiero è solo il riflesso di convinzioni indotte daglistessi media. E come potrebbe essere altrimenti? Interrogata su cose di cui non può sapere nulla in mododiretto, la gente si regola su quanto ha saputo dai media. Ma allora è spudorato presentare i sondaggi comeuna “vox populi vox dei” perché la cosiddetta voce del popolo non è che la voce dei media del popolo»42.

Se i sondaggi demoscopici agiscono, anche, per accreditare l’immagine positiva di un

leader politico o indebolire l’immagine di un avversario, per affermare la priorità di un

tema escludendo gli altri dall’agenda politica e per preordinarne le alternative di soluzione,

i sondaggi deliberativi sono davvero in grado di sottrarsi a forme di strumentalizzazione?

Se questi esperimenti di partecipazione devono colmare il disamore dei cittadini per la

politica migliorando le loro capacità di giudizio, sul versante istituzionale, possiamo

contare su pubbliche amministrazioni pronte a promuovere la partecipazione consapevole?

Il rischio che si corre è di ritenere che i sondaggi deliberativi, trasformati in pratiche

democratiche da utilizzare ad hoc costituiscano uno strumento di manipolazione politica.

La politica è un regno, in cui ogni mossa può risultare ambivalente e anche il migliore

artificio istituzionale può essere piegato alle esigenze contingenti di una parte o dell’altra:

«I rischi di strumentalizzazione esistono per tutti i sondaggi. Quello deliberativo ne corre assai di più.Fishkin l’ha concepito, e realizzato più volte, al servizio della democrazia e della crescita dei cittadini.In futuro, potrebbe essere attuato, anche senza di lui, per fini meno nobili e disinteressati. La caratteristicache rischia maggiormente di sottrarlo ad un uso democratico è proprio il suo costo. Solo un “forte potere”economico, istituzionale o politico è in grado di finanziarne l'esecuzione. Purtroppo, si dà il caso che ilpotere operi raramente in modo liberale; più sovente lo fa in modo cinico e per calcolo. Contro leintenzioni di chi l’ha creato, il sondaggio deliberativo potrebbe divenire in futuro, nella forma originale o informe derivate, privilegio esclusivo di un potere corrotto. In tal caso, uno strumento qualitativamenteproduttivo, quanto molti focus group messi insieme, finirebbe per avvantaggiare nuove strutture tiranniche enon il popolo, non la democrazia. Questo è un timore che lascia sgomenti e che, se percepito, accompagnacome un amaro retrogusto le confortanti, anche se illusorie, promesse del sondaggio deliberativo»43.

A questi dubbi, Fishkin ha risposto che l’obiettivo dei sondaggi deliberativi è quello di

creare dei conflitti di opinioni, consentendo ai partecipanti al sondaggio di decidere da

che parte stare, dopo aver ascoltato le argomentazioni di tutti gli esperti e di tutti i politici.

41 F. Carducci, Antidoto contro l'ignoranza, in «Il Sole 24Ore», 22.05.2003.42 G. Sartori, Dall’homo sapiens all’homo insipiens?, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 20..43 Eurisko, Mister Fishkin inventa lo pseudo-sondaggio deliberativo, in «Social trends», 101, 2003, p. 33.

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In particolare, nessun politico può intervenire in maniera sproporzionata rispetto agli

altri, e quanto all’utilizzo dei risultati, certo, questo avviene, ma a valle, non a monte.

Nessun politico sa, a priori, quale sarà l’esito del sondaggio, e neppure gli organizzatori. 44

La strada verso una compiuta democrazia non prevede facili e definitive scorciatoie.

Certamente è più facile manipolare l’opinione pubblica mantenendola nell’ignoranza e non

è affatto sicuro che la democrazia deliberativa possa attenuare il ruolo del marketing dei

candidati venduti, dagli specialisti del sondaggio, come merci confezionate con i loro volti

ed etichettate con gli slogan, ancor più che con le bandiere. Sfogliare i giornali, parlare con

gli amici, leggere le corrispondenze degli elettori, interpellare le organizzazioni politiche e

le rappresentanze di interessi organizzati, gli esperti dei sondaggi e dei focus group. Ogni

volta che si presenta una scadenza elettorale o una decisione politica importante sembra

riemergere quel misto di mito e di avidità che spinge i politici a ricavare la loro fisionomia

del cittadino-elettore ideale: quello che lo sostiene senza troppe domande e deliberazioni.

Fishkin è ritiene che, alcuni politici, pur potendo scegliere la disinformazione metodica,

alla lunga, vedranno nel sondaggio deliberativo un importante mezzo di progresso sociale.

Non certo, i politici “puramente paternalistici”, che ritengono di sapere cosa è meglio per il

loro elettorato né quelli che si rimettono all’opinione pubblica, rilevata dai sondaggi

tradizionali. Saranno coloro che ascoltano gli individui che esprimono opinioni ragionate,

piuttosto che l’istinto politico o i sondaggi d’opinione, a beneficiare della deliberazione.45

Ma la responsabilità dello stato della democrazia è sempre nelle mani dei cittadini, prima

ancora che dei politici: da loro dovrà rifiorire la rinnovata cultura del consenso informato.

44 P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.45 P. Casella, Il mondo in una stanza, in «Caffè Europa», 185, 28.06.2002.

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