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L L y y r r a a b b l l u u e e s s Il suono naturale Editoriale pag.1, I(n)dimenticati pag.3 Notizie dal passato pag.4, Il suono naturale ed animale pag.5 , Le fiabe sonore pag.9, Prima pagina dell’archivio pag.11, recenti suoni (recen-s-ioni) e citazioni pag.12,Contemporanea pag.15, Bibliografia pag. 16

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Pubblicazione aperiodica. Curata dal gruppo dell'Istituto Patastorico musicale

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Il suono

naturale

Editoriale pag.1, I(n)dimenticati pag.3 Notizie dal passato pag.4, Il suono naturale ed animale

pag.5 , Le fiabe sonore pag.9, Prima pagina dell’archivio pag.11, recenti suoni (recen-s-ioni) e

citazioni pag.12,Contemporanea pag.15, Bibliografia pag. 16

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editoriale

NUSRAT FATEH ALI KHAN (1948-1999)

A tre anni e mezzo dalla scomparsa di Nusrat Fateh Ali Khan abbiamo assistito, con

un‟indifferenza tipica di noi occidentali, alla fine di una straordinaria personalità

canora che ha introdotto nelle effimere musiche del nostro tempo (ma che hanno

pretese di universalità) una ventata di suoni e canti dal sapore dell‟eternità.

Nusrat nacque nel 1948 e fu avviato fin da giovanissimo alla tradizione del canto

Qawwali, di chiara matrice religiosa e legato alle comunità musulmane del

subcontinente indo-pakistano. Figlio di Ustad e fratello di Ustad Mubarak e di Ustad

(altri due valenti musicisti), Nusrat iniziò la carriera di cantante religioso a dodici

anni. Dopo la morte del padre, Nusrat iniziò a lavorare con suo zio, che era a capo di

un‟ensamble di musicisti, fra i più preparati nella musica tradizionale pakistana.

Con la scomparsa di questi nel 1971, Nusrat divenne il naturale erede assumendo la

leadership dell‟intera organizzazione artistica, che fra musicisti e collaboratori

raggruppava una dozzina di persone.

Svincolato dalla ferrea disciplina del canto tradizionale, fu capace di creare un suo

gusto musicale attento alle nuove esigenze delle masse giovanili, attratte dalle

musiche progressive e sincretiche. In una lunga tournèe in Occidente (specialmente in

Francia e Inghilterra, dove numerose sono le comunità dell‟antica e recente

immigrazione dal subcontinente indo-pakistano), Nusrat compì un vero e proprio

miracolo: quello di far piacere la sua musica alle nuove generazioni europakistane e

agli europei stessi. Fu ascoltato da Peter Gabriel che gli propose di firmare un

contratto per la sua casa discografica appena fondata, la Real World. Numerosi

furono i dischi pubblicati, ma soprattutto con “Mustt mustt” (Real World Records,

1990) il nostro musicista raggiunse la fama internazionale.

Un successivo album di fondamentale importanza fu “Sanson ki Mala”, edito dalla

“Serengeti Sirocco Ltd” (1994), che segna il ritorno alla tradizione più sofisticata e

impegnata. Seguiranno le edizioni della casa discografica tedesca Jaro, in cui

emergono ampi respiri spirituali e religiosi. L‟influenza del Nusrat Fateh Ali Khan &

Party su altri gruppi di sintesi culturale, sia quelli che approderanno all‟elettronica

anglo-indiana (Talvin Sigh) che quelli neotradizionalisti, come Iqbal Yogi & Party,

sarà notevole per tutto il decennio novanta-duemila.

<< Il califfo Harun Rashid, vicario del signore dei tre

mondi ed emiro dei credenti aveva come compagno di

coppa e amico prediletto fra i suoi amici e i suoi coppieri

colui le cui dita dominavano l’armonia, le cui mani erano

le predilette dei liuti, e la cui voce era un insegnamento per

gli usignoli, il musicista, re dei musicisti e meraviglia della

musica del suo tempo, il prodigioso cantante ISHAK AL

NADIM di Mossul. E il califfo che lo amava di grandissimo

amore, gli aveva donato come dimora il più bello e

raffinato dei suoi palazzi>>. Questo è scritto nella 926a delle

“Mille e una notte”, l‟opera più raffinata della cultura persiana.

Musicisti Indiani: Pandit Natesa Ramani

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Indimenticati

Nomi come Giampaolo Bisanti, Carla Dall’Osto, Derek De Petra, Vanni Mapelli, Daniele Borgatti e

Tsuyoshi Suda, Michele Gandolfo, Daniela Ruiu, ecc., non diranno niente e non possono dir nulla se

non nella memoria di parenti o dei possessori stessi di quei nomi. Se dicessi invece Cristina

D’Avena, forse qualche affermato trashologo o meno compromesso bambino non più bambino

potrà ricordare una valanga di titoli (si parte dal “Valzer del moscerino”, 1973, naturalmente).

Stiamo parlando delle stelle dello “Zecchino d’Oro”, il più fantasmagorico spettacolo per bambini di

ogni età ed epoca. Le canzoni che hanno fatto storia (ma anche geografia ed educazione civica, sì!,

perché se un bimbo era di Mondovì, si andava sul sussidiario a vedere dov’era questo paese, in

Belgio?). I titoli delle loro canzoni? “ Il torero camomillo”, “Abbracadabra”, “Ma che ci posso

fare?”, “Sono una talpa e vivo in un buco”, “Che bella festa sarà”. Prendiamo, ad esempio, il brano

“Baciccia il Pirata” (1971). Ha un inizio con un ritmo beat, molto veloce, batteria basso e

“hammond”, poi coretti psichedelici col nome del pirata Baciccia, che da vero fricchettone non ha

nulla da fare e il “suo cannone si è arrugginito perché da tempo non gli è servito”. Ma la cosa

interessante è che da vero libertario “non ha ciurma da comandare”... sta da solo in mezzo al

mare! -Ma come un vero lupo di mare\ lui in pensione non vuole andare”. Il pirata senza velieri da

assaltare che pirata è? e per questo è desolato! Si dà alla pesca, ma non riesce a star tranquillo.

Poi si mette a fare barchette col giornale. Queste barchette di carta che fluttuano fra le onde

venivano poi confuse da lui stesso con una flotta e così si prepara all’arrembaggio. Il nostro pirata

fa un movimento brusco che lo fa cadere in mare... ma non sa nuotare!

“Per cancellare l’onta e lo smacco\riempe la pipa con buon tabacco” e poi con una canna... si dà alla

pesca.

La canzone per bambini avrà un successo clamoroso sia grazie alla diffusione del mitico giradischi

portatile, che allieterà le giornate dei bimbi di tutta Italia, sia per la massa di dischi che

riempiranno il mercato (si è calcolata una cifra di qualche decina di milioni di 45 giri). Ma presto

allo specifico musicale dello Zecchino d’Oro verrà affiancato un universo di altre tentazioni per i

bimbi: dalle sigle dei cartoni animati alle canzoni di altri programmi televisivi (telefilm. sitcom

ecc.), i cui successi saranno attestati dalle feste per bimbi a suon di “Ufo Robot”, “Furia cavallo del

west” e “Sandokan”.

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NNoott ii zz ii ee ddaall ppaassssaattoo mmuussiicc aallee bboollooggnneessee 1 Uno dei maggiori cantanti-sopranisti del settecento, Carlo Broschi (1705-1782), nato ad Andria (Bari), visse a Bologna dal 1732 al 1782, anno della sua morte, in una villa che si fece appositamente costruire situata poco fuori di porta Lame. Quando Mozart giunse a Bologna per tenere un concerto, volle essere ospite di Farinelli rifiutando le profferte delle sedi nobiliari. Altri grandi musicisti (fra cui Gluck e padre Martini) furono suoi assidui ospiti, così mostrando un immenso amore e una devozione alla più grande voce allora vivente. I suoi concerti nelle corti di Francia, d’Inghilterra, dei paesi Tedeschi e della Russia degli zar, furono eventi mondani seguiti dagli aristocratici come dai borghesi, e Farinelli era trattato da principe e pagato a peso d’oro, come una moderna star. La tomba del cantante, voluta da un sua discendente qualche molti anni dopo la sua morte, si può oggi visitare alla Certosa, cimitero monumentale di Bologna. 2 Gioacchino Rossini (Pesaro 1792-Parigi 1868) fece eseguire la sua famosa opera sacra STABAT MATER nell’Archiginnasio bolognese, l’ex sede universitaria, nel 1843. Era arrivato a Bologna come consulente del locale Liceo musicale. Negli anni precedenti aveva riscosso successi in Europa con opere di straordinario anticonformismo (proprio come la sua indole, trasgressiva ed ironica), quali “L’equivoco stravagante”, “L’inganno felice” e “Il Barbiere di Siviglia”. A Bologna ebbe una sorta di crisi di natura religiosa. Non compose più nulla.

3 Nino prendeva lezioni di violino e pianoforte dal maestro Federico Sarti, in via S. Vitale, Palazzo Fantuzzi, alla fine dell’800. Ottorino detto Nino divenne un poliglotta e amico di personalità come Einstein, con cui conversava di fisica in tedesco, oppure Rimsky Korsakov, con cui discuteva di musica, in russo naturalmente. C’è una lapide sui colli di Zola Predosa, in provincia di Bologna, presso un edificio che fu della sorella: << Il grande musicista Ottorino Respighi qui veniva da giovinetto a ritemprarsi in Estate...>> (in memoriam O.Respighi 1879-1936)

4 Toscanini fu colpito da uno schiaffo e spinto da un facinoroso fascista bolognese il 14 maggio 1931: il grande direttore d’orchestra si era rifiutato di far eseguire il canto “Giovinezza” (“pagliacciate” aveva definito questa richiesta) alla fine del suo concerto al Teatro comunale di Piazza Verdi.

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IL SUONO NATURALE E ANIMALE

Le pubblicazioni di numerosi dischi in vinile, in cui erano incisi i suoni e canti degli

animali, hanno avuto il loro apice nel periodo di transizione fra gli anni sessanta e i

primi settanta. La spiegazione più convincente di questo

fenomeno culturale è stata data dallo storico e critico musicale

Piero Scaruffi in un libro pubblicato nel 1996, intitolato la

“Enciclopedia della musica new age: elettronica, ambientale,

pan-etnica” (Arcana Editrice: via Makallé 97/1 - 35139

Padova). Questa spiegazione rimanda al tentativo di rifiutare la

civiltà urbana e industriale e alla volontà di giungere a stili di

vita “orientalizzanti”. Nei contesti urbani del ricco, opulento e

avanzato Occidente, tali orientamenti contribuirono alla nascita

di quella coscienza ecologica che tanta importanza ha avuto nei

decenni successivi. Queste esperienze si sono concretizzate in

stili naturalistici implicanti una psicologia dell‟uomo più

rispettosa degli ambienti naturali.

E la ri-creazione ex novo di un ritmo naturale era considerato un

fattore di benessere (molta di questa psicologia si riverserà nella

cosiddetta new age). Si trattava di manifestazioni dalle antiche

radici. Ispiratori e sperimentatori di queste tendenze si

affermarono sia nella prima (i “culti nudisti”, i “wandervogel” e

le comunità e colonie libertarie) che nella seconda (“i figli dei

fiori”) metà del Novecento.

Uno dei testi più riletti dalla giovane generazione libertaria

degli anni 60 e 70 era stato “Walden, o la vita nei boschi”

(1854) di Henry David Thoreau (1817-1862), intellettuale

statunitense legato al movimento Trascendentalista, e questo

non ci dovrebbe meravigliare.

La Natura vivente, fra i numerosi fenomeni che ci manifesta

prodigiosamente davanti ai nostri occhi e orecchi, ci riempie di

suoni. E gli animali, che sono i figli prediletti di madre natura,

hanno quasi tutti una loro capacità di produrre suoni. << In tal

senso la natura è sempre stata una fonte di guarigione e di relax

per tutti i popoli del mondo. Un tramonto, un cielo azzurro, un

prato verde, il cinguettio degli uccelli sono i più potenti agenti

psicologici che l‟uomo conosce >> (Scaruffi, op. cit.).

Il rapporto antitetico fra i suoni prodotti tecnologicamente dall‟uomo e i suoni

naturali, ha generato non poco equivoci nella filosofia della musica.<< La musica, di

conseguenza, è venuta a trovarsi in mezzo a questi antistanti poli, da una parte

rivendicata da chi la vorrebbe mero artificio umano, risultato di un‟interazione di

conoscenze empiriche e di tecnologie atte alla produzione del suono, dall‟altra parte

come un‟arte che ha sempre cercato un rapporto di tipo imitativo con la natura...>>

(Ernesto Mainoldi, De Musica, 1998). E‟ nel Timeo platonico che emerse in

Occidente l‟idea di una inscindibilità fra musica e natura, e con essa il legame

cosmogonico fra umano e divino operato dal suono (che si produce come imitazione

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dell‟agire del demiurgo). Il versante naturalistico di questo dibattito, nel secolo

nostro, si espresse in modo “forte” con opere di Edgard Varèse, Ionisation e Density

21,5.

La casa discografica Oreade Music, pioniere nella produzione di

dischi di „musica rilassante‟, offriva una gamma interessante di

collane specificamente indirizzate: natura e musica (suoni delle

balene,dei delfini, del mare, delle foreste, degli uccelli, del

vento,etc); musica per guarire (composizioni da utilizzare per la

meditazione e per il reiki); musica d‟atmosfera (per amare, per

scrivere, per cenare piacevolmente); musica e zodiaco (un cd per

ogni segno zodiacale); musica per il relax (arrangiamenti di Bach,

Grieg, Mozart, con sottofondo vento o rumore del mare); musiche

per gestanti, malati, per i bimbi dormienti. << Già negli anni

cinquanta furono sperimentati dischi medicinali e curativi (...) i

dischi funzionali risalgono agli stessi anni: musica per

incominciare la giornata, musica per le giornate di pioggia, per

quando il marito tarda a rincasare, musiche per varie faccende

domestiche... ma il vero best seller (con oltre un milione di copie)

fu “music for lovers”, che inagurò un vero e proprio filone

denominato “mood music”, musica d‟atmosfera associata a stati

d‟animo di benessere e serenità >> (Paolo Prato, Scatole sonore,

Costa e Nolan 1999).

Per le riproduzioni di suoni animali su supporti audiofonici

bisogna ricordare che erano interessanti sia dal punto di vista

didattico-scientifico che estetico.

Il fascino che hanno esercitato i canti naturali degli animali su

numerosi grandi compositori nella storia della musica sono ancora

oggi rintracciabili in alcuni lavori, che per titolo o per tentativo di

imitazione conservano i riferimenti alla vocalità e alla musicalità

dei viventi non umani. Diamo qui alcune utili informazioni su queste composizioni:

Opere in cui sono presenti simulazioni ed estetizzazioni di suoni animali: 1) A Poglietti (?-1683), autore di un primo tentativo di musica a programma,

compose un “Capriccio per rossignolo” (1677)

2) B. Pasquini (1637-1710), “Toccata con lo scherzo del cuculo”.

3) G.F. Haendel, “Concerto per organo e orchestra: il cuculo e l’usignolo

(movimento allegro).

4) Ottorino Respighi, Gli Uccelli, “Il cucù”.

5) L. van Beethoven, Sinfonia N° 6, finale del “II Movimento”.

6) Camille Saint-Saëns, Il Carnevale degli Animali, “Il cuculo nel folto del bosco”.

7) G. Mahler, Sinfonia N° 1, primo movimento.

Molto interessante risulta l‟opera del francese Olivier Messiaen, nato nel 1908,

compositore di alcune opere di straordinario misticismo e impregnate di senso

tragico-poetico. Altre sue opere sono intitolate “Il risveglio degli uccelli”, per piano e

orchestra; “Uccelli esotici”, per piano ed orchestra; “Catalogo degli uccelli”, per

piano solo. Come presentazione del lavoro “Catalogo degli uccelli”, nella sezione

dedicata al Gracchio delle Alpi, che è una specie di cornacchia, l‟autore così

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descriveva, a parole, il suo intento musicale (dal disco datato 1959): << Vicino al

rifugio Chagel: il lago di Puy Vacher, meraviglioso passaggio di montagna, baratri e

precipizi. Un gracchio delle montagne separato dal suo stormo attraversa il

precipizio stridendo. Volo a vela, silenzioso e maestoso, al modo della grande aquila

reale, librato sulle correnti aeree. Gracchiamenti rauchi e feroci, brondolii del grande

corvo, signore dell‟alta montagna, diverse grida di gracchi e il volo acrobatico

(scivolate d‟ala, picchiate “giri della morte”), al di sopra dei rifugi...>>. Per dare solo

un esempio, fra le decine possibili, dell‟uso dei suoni animali nel rock, bisogna

svolgere il nostro orecchio nell‟album più sperimentale dei Pink Floyd, precisamente

nel lisergico brano di Waters intitolato “Sisyphus”, in “Ummagumma” (1969).

In una vecchia trasmissione televisiva, mandata in onda nel gennaio 2003 (“Memo”,

rai3) ho ascoltato un famoso “amico degli animali”, che negli anni sessanta

conduceva una delle prime trasmissioni di divulgazione scientifica, citare l‟esistenza

di alcuni dischi con incisi dei canti di pappagalli, genere Ara, “di notevole

musicalità”, a detta del conduttore. Ma la cosa più sorprendente è che questi canti

erano prodotti umani e non semplici suoni animali, erano cioè imitazioni fatte dai

pappagalli di note canzoni come “ O sole mio”, “Nature Boy” o “Summertime”!

Nel nostro secolo si sono scoperti alcune sonorità animali prima inimmaginabili.

Roger Payne, etologo di fama internazionale, nel 1969 iniziò a registrare i suoni e i

canti delle Megattere ovvero le comuni balene. Durante le grandi migrazioni, che

spesso avvengono in gruppi di decine di esemplari, dal polo Sud ai Tropici e fino

all‟estremo Nord, le balene emettono rozzi e brevi vocalizzi. Lo scienziato scoprì che

solo durante l‟accoppiamento compare il fenomeno del canto. I canti venivano

registrati con apparecchiature, chiamati Idrofoni, progettate nei laboratori

dell‟Università di Cornell (U.S.A.). I suoni vengono poi studiati come sonogrammi,

cioè tracciati sonori elaborati matematicamente. Un canto dura in media una decina di

minuti: una voce baritonale lentamente si trasforma in contralto e soprano, una voce

calda e vibrante. In ogni stagione riproduttiva le balene cantano una diversa canzone

e a volte il canto si unifica con altri alla stregua di un coro .

Per gli uccelli le migliori incisioni furono quelle dell‟“Editions Le chant du mond”,

su vinile a 33 rpm (ma 7”). La realizzazione tecnica era di Georges Albouze.

Importante, per le notizie riportate, fu il disco“Un maitre a chanter: le canari du

Harz”, il canarino delle Harz, regione boscosa fra la Turingia e la Baviera

(Germania), famosa per il mito de “La notte di Valpurga”. In questa registrazione

sono descritti un dozzina di tipi di canti fatti dal canarino; tra le forme più facilmente

riconoscibili ricordiamo il roulée e i tintées (ognuno avente una funzione specifica

nell‟economia sessuale e vitale dell‟uccellino). Per l‟Italia, buone erano le

registrazioni della milanese “Dischi Equipe S.r.l.”, in collaborazione con le “Edizioni

Encia” di Udine. La casa discografica milanese produsse qualche decina di dischi 45

rpm e audio cassette, dedicate al Tordo, al Fringuello, al Gabbiano reale, all‟allodola

(Alauda arvenis, in lat.), alla Tortora, al Germano reale, al Piro Piro piccolo, al

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Verzellino, alla Peppola ecc. Il corredo informativo, piuttosto striminzito, definisce ad

uso didattico il vinile e trascrive il nome: ad esempio,in italiano, Fringuello, fringilla

coelebs (lat.), Prinson des arbes (franc.) e Chaffinc (ingl. e ted). Chiudiamo questa

breve digressione citando un insospettabile conoscitore di questi fenomeni dei canti

animali (uccelli): il tedesco Immanuel Kant. Nel testo “Ueber Pädagogik” (1803) così

scriveva il filosofo di Koningsberg: << Per convincersi che gli uccelli non cantano per

istinto ma per averlo imparato, vale la pena di far la prova, di togliere metà delle uova

di un canarino e sostituirle con uova di passero, oppure di privarlo dei suoi piccoli

dandogli in custodia dei giovanissimi passeri, avendo cura di tener la gabbia in una

stanza nella quale non si possa udir dal di fuori voci di passeri; constateremo allora

che essi impareranno il canto dei canarini e cosi avremo dei passeri canterini...>>.

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FIABE SONORE

Un patrimonio culturale importante, da molti punti di vista, rappresentato dalle fiabe

incise su vinile (quarantacinque giri, “rpm” in inglese, ma anche trentatre giri).

Fra le differenti pubblicazioni possiamo distinguere tre tipi di lavori: le favole

sonorizzate, quelle cantate e quelle miste (cioè con elementi di sonorizzazione e parti

cantate).Per sonorizzazione di una fiaba qui intendiamo un‟elaborazione del testo

originale, accompagnato da particolari suoni o effetti sonori che “descrivono” o

aiutano a completare la descrizione di un evento narrato.

Sicuramente la migliore casa discografica (o forse più semplicemente quella che ha

mantenuto una continuità della produzione) è stata la milanese SIGNAL (che acquisì

i diritti di pubblicazione dalla SAAR International) che in due sezioni differenti

pubblicò più di seicento dischi (45 rpm).

La prima sezione, chiamata “Canzoncine e Filastrocche”, conteneva appunto canzoni

per bambini e brevi filastrocche rimate e facili da imparare (da qui il valore altamente

pedagogico di questi supporti in vinile). Fra i più celebri dischi ricordiamo “Madama

Dorè”, “Fra Martino” e la “Marcetta di Cric e Croc”.

Molte di queste canzoncine e filastrocche furono pubblicate fra il 1969 e il 1975.

Questi hanno come tema ricorrente (e che tema!) la conquista dello spazio da parte

dell‟uomo (gli Apollo americani e i cosmonauti russi!). Fra le canzoni più simpatiche

ricordiamo “Bimbi spaziali”, “E pronto il missile”, “L‟omino della Luna”, “Orazio il

cane nello Spazio”, “Se fossi un marziano” e “Valentina in astronave”.

Altri 45g sono delle versioni per bimbi di celebri temi musicali trasmessi in Tv o al

cinema, ricordiamo brevemente “L‟armata Brancaleone”, “Padre Brown” e “Pippi

Calzelunghe”.

La seconda sezione , quella più propriamente delle fiabe celebri, conteneva un

catalogo delle più belle favole di tutti i tempi. Dai capolavori dei fratelli Grimm, di

Hans C. Andersen e dalle favole orientali (tratte sempre dal capolavoro delle “Mille e

una Notte”) erano tratte le fiabe più rappresentative della collana. La principale

autrice delle versioni italiane per 45g di queste celebri fiabe è stata Clara Balloni. La

direzione editoriale dell‟intero progetto era affidata a Sergio Balloni.

Altra importante casa discografica fu la “Century records”, che, su edizioni BIEM

(Bureau International Edition Mecanique) diffuse moltissime canzoncine molto

amate dai bimbi. Fra i capolavori, per letterarietà e arrangiamento musicale, bisogna

ricordare “Il pinguino Belisario”, “La luna è matta”, “L‟assemblea”, “Il pesciolino

stanco”, “Nicchi sgnacchi mucchi mucchi”, “Re Trombone” etc. Interessante è stato

“Tippy il coniglietto Hippy”, che mangiava molta ... erba!

Per quel che riguarda l‟aspetto sonoro delle fiabe, bisogna ricordare che alcuni effetti

sonori vennero riprodotti con l‟uso delle (allora) moderne tecnologie, con un uso cioè

del theremin o del minimoog. La scomparsa per magia di un personaggio, un

incantesimo o, più prosaicamente, un fenomeno meteorologico, erano efficacemente

evocati grazie alla manipolazione dei nastri magnetici (come avevano fatto gli

esponenti dell‟avanguardia, come Luigi Nono), oppure per incisione diretta dei primi

suoni sintetici.

Un esempio, fra i molti, è l‟uso di queste tecniche per la riproduzione di suoni

particolari, in “Sinbad il marinaio (il cavallo marino)”, della Signal (Signal S 628).

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Il marinaio Sinbad, durante un suo fantastico viaggio nei mari sconfinati e verso

paradisiache isole lontanissime, si salvò da un naufragio, giungendo su una terra

sconosciuta ma abitata e governata da un re dedito ai cavalli marini, un animale metà

cavallo e metà pesce (e che emettevano un suono “sintetico”).

Un‟altra casa discografica che lavorava su materiali sonori e racconti per bambini è

stata la “Eldorado”. Sicuramente importante è stata la sezione che la “Eldorado” ha

dedicato ai “classici per la gioventù”.Un‟equipe di attori diedero voce a questi

importanti capolavori, con una gustosa interpretazione, attenta alle esigenze dei più

piccoli.

In questi supporti venivano ridotte in qualche manciata di minuti i capolavori di

Dumas, di Salgari, di Stephenson o, addirittura, Manzoni. Magnifico esempio di

questo difficilissimo compito è stato la riduzione del capolavoro di Victor Hugo, “I

Miserabili”, uscito in due volumi su 45g. Ottima era anche la riduzione su vinile di

opere specificatamente per ragazzi, come “I figli del Capitano Grant” e altre opere

avventurose con indiani, cowboy e grandi praterie e luoghi selvaggi, in sintonia con i

grandi prodotti cinematografici, amati dal pubblico adulto, del western e dei

cosiddetti spaghetti western.

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LA PRIMA PAGINA DELL’ARCHIVIO DEI 45GIRI

DDEELLLL’’IISSTTIITTUUTTOO PPAATTAASSTTOORRIICCOO DDEELLLLAA MMUUSSIICCAA ..

Folk e tradizionale italiana

Autore Musicisti-Titoli Collana Titoli A-B

Anno

di prod.

Supporto-Label

Renato Rascel

con Gino Conti e la sua orchestra:

“I Cantori Moderni” di Alessandrini

Renatino e la coscienza

Bambina dagli occhi neri

1970

1970

45 g.

D.R.

Canzoni di ieri

Al Madesi

Franco Weber

Come Pioveva

Cara Piccina

senza data

senza data

45 giri

Signal

Di Masi – zampogna

V.Tassone – piffero

Tarantella di Natale

Tu scendi dalle stelle

s.d.

s.d.

45g

Souvenir record

Otello, Vincenzo Prefazio

Otello, Vincenzo Prefazio

Tarantella Calabrese

Stornelli Calabresi

1960

1960

45 giri

Cetra

Franco Mazzitelli

con il Complesso Tipico Calabrese

U‟ Riccu

„A Saraca

s.d.

s.d.

45g

Combo

Serie cantastorie:

Giuseppe Ricotta e la sua chitarra

La scomparsa di una

famiglia

s.d. 33 giri

7”

Aldo Alvi

e il complesso Hammond Gino Conte

„U Ciucciu

Calavrisella

1961

1961

45 giri

Vis Radio

Franco Trincale La tragedia delle bambine

rapite a Marsala – 1a P.

s.d. 45 giri

Fonola

Franco Trincale La tragedia delle bambine

rapite a Marsala – 2a P.

s.d. 45 giri

Fonola

Giovanni Borromeo

con complesso caratteristico

„U ciucciu

Lu briganti Musulino

s.d. 45 giri

Universal

Franco Trincale

e il complesso Maestro Basile

I „ mbrugliuni

„E tasse

s.d. 45 giri

Sette Stelle

Gino Volpe

e il suo complessso

Polca Lucana

Mazurca Lucana

s.d. 45 giri

Vis Radio

Complesso folcloristico

“Leonildo Marcheselli”

Quadriglia degli Asinelli

Quadriglia della Garisenda

s.d. 45 giri

Durium

La canzone italiana Lato A

Addio tabarin

Balocchi e profumi

Lato B

Spazzacamino

Fox trot della nostalgia

s.d. 45 giri

Frat.Fabbri

Toni Santagata

Con l‟Orchestra Angel Pocho Gatti

Lu maritiello

La Zita

1975

1975

45 giri

Carosello

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recenti suoni (recen-s-i-oni) Gianluca lo presti, << cent’anni di solitudine >> (zoopop, 1999)

Il cantautore, che vive in provincia di Ravenna, gode di un‟ottima stima negli

ambienti della casa discografica “Materiali Sonori”. Ed effettivamente la sua ricerca

sperimentale contiene tutta quella materia che tanto interessa le “multifonie” degli

appassionati dell‟altra musica italiana.

Esistono delle personalità, dei produttori di cultura musicale, capaci di attraversare i

decenni e riscuotere un‟attenzione continua e overground , di pubblicare lavori dotati

di originalità e di spirito innovativo coinvolgente: è il caso di Franco Battiato, per il

quale i termini di sperimentatore e di filosofo musicale sono più che appropriati.

Sia per la matrice spirituale (Gurdjiev) sia per un certo modo di liricizzare la prosa,

rendendola di alto contenuto discorsivo, Lo Presti, appartiene1alla schiera degli

epigoni del musicista catanese, ma è capace di mantenere un‟equidistanza fra la pura

emulazione e la reazione dell‟ odi et amo. La stessa cover di un brano di Franco

Battiato, “Aria di Rivoluzione”, conferma ciò che si è detto sopra: interpretata

secondo lo stile consueto del cantautore siciliano, la canzone subisce

successivamente una metamorfosi grazie all‟apporto elettronico. Ottimo lavoro risulta

la traccia numero 10, che evoca certe tendenze già in atto, per le quali l‟elettronica

simula una relazione incestuosa con la musica colta (ma dopo Wim Mertens e

Michael Nyman più che incesto si può parlare di relazione ormai stabile...)

Attualmente il ns autore suona con B. L. Reininger (ex leader dei Tuxedomoon) in un

progetto in cui gli elementi della avanguardia musicale statunitense (freejazz e il

Miles Davis più elettronico) vengono portati alle conseguenze più estreme, poetiche.

LA CITAZIONE:

<< Io ho cominciato a cantare e a scrivere canzoni per caso, ero poverissimo a Pola,

sono stato in un collegio, mentre mia madre faceva la domestica a Venezia. Nel 1946

sono venuto via dal collegio e ho cominciato a lavorare, poi ho cantato come

dilettante al Teatro Malibra, in un concorso per soli dilettanti, e il giorno dopo un

fisarmonicista mi ha incontrato e mi ha offerto quasi il doppio della paga che

prendevo lavorando undici ore e mezzo al giorno all‟Hotel Excelsior. E‟ cominciato

tutto così e da li ho scritto tante canzoni. Mi è sempre piaciuto cantare, mio padre era

tenore, ho un prozio musicista, diciamo quindi che è un vizio di famiglia . La mia vita

va così e sono contento di com‟è andata finora.

Io mi sono fermato ai Beatles e a De Gregori. Non ho mai capito il rock e non ho mai

capito perché bisogna fare tanto baccano per dire quattro fregnacce. Sento Radio Uno

in macchina, guardo un po' la televisione, ma non c‟è niente che mi convinca, niente

che ritengo interessante, mi sembra che tutto sia una specie di routine. E poi c‟è un

altro problema: i cantanti non si distinguono più. Negli anni 60, 70 e 80, quando si

sentiva una canzone, si riconosceva subito l‟artista e si diceva “ ah!, questo è Gino

Paoli”, “ah, questo è Natalino Otto”. Adesso sono quasi tutti uguali, a parte i Vasco

Rossi e gli artisti di grande successo, ma io non voglio fare i nomi, gli altri sono

veramente tutti uguali, hanno un timbro di voce da corista e forse questa è la trovata

delle multinazionali, perché i ragazzi si identificano con quelle voci e dicono “forse

anch‟io potrei cantare così”. Credo sia così che funziona oggi.

1L‟autore stesso ringrazia Battiato nelle noterelle scritte sulla presentazione del CD

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Penso che la musica leggera non può sfuggire a questa omologazione e

globalizzazione che oramai invade tutti i campi, quindi la stessa musica si sentirà a

Tokio, in Sudafrica, a New York, a Roma, dappertutto insomma.

I ragazzi di oggi sono diversi dei giovani di ieri, perché i media sono più potenti.

Quando ero ragazzo sceglievo le cose che pensavo di preferire, oggi i ragazzi , fatte le

dovute eccezioni, non scelgono più, è tutto loro imposto, mangiano quello che gli

danno. Ne ho la prova, perché nel 1986, dopo l‟ultimo Sanremo, nel quale avevo

cantato “Canzone italiana”, mi ha invitato la televisione svizzera e ho cantato insieme

a Scialpi, Vecchioni, Vasco Rossi. Erano circa duecento ragazzi di massimo 18 anni,

cantavamo tutti dal vivo. Esce Vasco Rossi e i ragazzi lo accolgono con grandi

applausi, esce Scialpi e ancora applausi, poi Vecchioni e sempre applausi, esce

Endrigo e i ragazzi fischiato. Io pensavo “ma perché mi fischiano se non hanno

sentito quello che devo cantare?”. E come se ciò non bastasse alla fine del concerto,

in diretta televisiva era previsto il concerto gratuito di Baden Powell, il più grande

chitarrista di bossanova, che purtroppo è morto due anni fa. Sono rimasti in due,

sono andati via tutti. Perché si dicevano “ Baden Powell lo conosci? No? Allora via”,

“Endrigo lo conosci? No? Allora fischia”. Questo è purtroppo la moda d‟oggi >>.

(stralci d‟intervista a Sergio Endrigo, a cura di Paola De Simone della redazione di

www.musicaitaliana.com).

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da “Vita di Carmelo Bene” (Bompiani, 1998) << Non riesco davvero a sottrarmi al solletico d‟una curiosità ossessiva: che ne

penseranno tra due, trecento anni del precipizio stucchevole, del cavillo balordo,

rompiscatole in che è degenerata la maggior parte della musica contemporanea, per

impietosamente tacere della comiziante e pesantissima stupidità della famigerata

“musica leggera”, tanto peggio se cantautorata? E già, perché la dicono “leggera”?

Quando è invece inzeppata di pensieracci, affettini, ulteriormente torturata dal

poverismo d‟una strumentazione inqualificabile. Altro che musica! E‟ rumoristica da

trasloco condominiale. Piombo. Se una delle sue note ti cade, non dico in testa, ma su

un piede, son dolori. Non ho mai sopportato il blues, perché volgarisssimamente

mondanizzato, avulso dalle sue matrici popolari, il jazz (virtuosismi a parte) dal suo

contorsionismo “borghese”. Intendiamoci, non ogni valzer è volgare. Il rock è ormai

materia di conservatorio. Non ce lo con la “misura”, il “tempo” ecc. Verdi e

Stravinskij hanno confezionato dei tanghi musicalmente tuttora insuperabili >>.

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Nato a Buenos Aires nel 1931, fu autodidatta nello studio della musica classica e dopo un breve periodo di lavoro nella sua città si trasferì, nel 1957, a Köln (Colonia), in Germania, allora in pieno “rinascimento musicale”, dove fu assunto presso lo studio di fonologia della radio tedesca. Fondò il “Kölner Ensamble für Neue Musik” e dal 1960 al 1966 insegna ai corsi estivi di Darmstadt e dal 1969 al Conservatorio della città renana. La sua concezione estetico-musicale si fonda su un uso desueto della vocalità e degli strumenti, spostandosi così da una concezione post- weberniana (evidente nei primi lavori: “sestetto per archi”, 1953-57) ad una concezione definibile come Nuova Musica, con una focalizzazione sulle nuove sonorità. Nel 1958 inizia a lavorare sull’opera “Anagrama”, per voci e strumenti, in cui partendo da un palindromo latino (una frase che può essere letta da sinistra verso destra e viceversa) ne svela e moltiplica l’espressività fonica e vocale; contemporaneamente utilizza un pianoforte percuotendone le corde (“Transicion II”, 1959). Con “Heterophonie”, composizione per 42 solisti (1959-61) cerca di utilizzare stilisticamente la voce umana. Sul piano strumentale inizia una fase davvero sperimentale: con “Sonant” (1960) compone un straordinario ed evocativo concerto per chitarra, arpa, contrabbasso e tamburo. L’operazione continua per tutto il decennio: nel 1966 compose “Musik für 23 renaissance instrument” e nel 1968-69 pubblica “Der Shall” e “Unter Strom”, rispettivamente opere per 5 e 3 strumenti esotici o inventati. Caratterizzati da un tipo di esecuzione teatralizzate i lavori rivoluzionari di Kagel si rifanno ad un’estetica ricca di implicazioni sarcastiche riconoscente del neodada e del teatro dell’assurdo. Nel 1964 viene eseguito “Match”, per due violoncelli e batteria: i due strumenti fingono una lotta fino all’ultima nota e la batteria è l’arbitro ed interlocutore. Il carattere aleatorio e gestuale delle esecuzioni, unito ad una certa interazione mediata da strumentazione elettronica, rendono i lavori di Kagel molto efficaci nei teatri di mezza Europa. Sempre a questo momento creativo e radicale appartengono “Für Scene” per tre esecutori (strumenti: 2 piano, clavicembalo, organo portatile, celesta e percussioni), mimo, voce recitante e basso; “Halleluyah” (1967-68) per coro, su vocaboli e gesti della liturgia; “Staattheater” con apparecchi multimediali (1967- 70); “Aus Deutschland”, una presa in giro della tradizione dei Leider tedeschi dell’800 (1972). I tempi più recenti sono segnati da un ritorno all’ordine ortodosso, ma bisogna segnalare un opera particolare, “Ornitologia”, per uccelli esotici e nostrani. “La passione secondo san Bach” e l’omaggio a Beethoven, e i quartetti e le sonate orchestrali (1990-1996) sono gli ultimi suoi lavori.

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BIBLIOGRAFIA

F.C.N., Trash Music, tunnel ed. (1996) Carmelo Bene Giancarlo Dotto, Vita di C.B.,Bompiani (1998)

Piero Scaruffi, Enciclopedia della musica New Age, Arcana ed. (1996) Paolo Prato, Suoni in scatola.Sociologia della musica registrata, costa & nolan (1999)

David Toop, Oceano di suono, arcana ed.(1992) Francesco Adinolfi, Mondo Exotica, einaudi (1996) Francesco Gazzara, Lounge, Castelvecchi (1995)

Franco Fabbri, Il suono in cui viviamo, Arcanamusica (2000)

ringraziamenti Bruno Caravona (art director)

Matteo Pasini (musicologo)

Sandro Bellassai (storico contemporaneista)

Alireza Zarei (art director)

Luigi Sforza (Musicologo)

Peppe Voltarelli (Musicista)

con affetto: Maria e Ilenia (pazienti ascoltatori).