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mente M SSONICA Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italia n.1 Sett.-Dic. 2014 Rassegna quadrimestrale online ISSN 2384-9312

Massonicamente - Rivista del Grande Oriente d'Italia...are storia, raccontare la storia, la nostra storia, la storia della massoneria italiana e di quella internazionale. Fare storia

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menteM SSONICALaboratorio di storia del Grande Oriente d'Italian.1 Sett.-Dic. 2014

Rassegna quadrimestrale online

ISSN 2384-9312

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Direttore responsabileStefano Bisi

DirezioneSanti FedeleGiovanni Greco

RedazioneIdimo CorteMarco CuzziSanti Fedele

Bernardino FioravantiGiovanni Greco

Giuseppe LombardoMarco Novarino

Art DirectorGianmichele Galassi

EditoreSocietà Erasmo s.r.l.

Via San Pancrazio 8, 00152 RomaPres.: M. Lastraioli

Consiglieri: U. Civelli, G. Pagiotti

Direzione e RedazioneMASSONICAmente,Grande Oriente d'Italia,

via San Pancrazio 8, 00152 Roma

Rassegna Quadrimestrale edita suwww.grandeoriente.it

Le opinioni degli autori, impegnano soltanto questi ul-timi e non configurano, necessariamente, l'orienta-mento di pensiero della rivista MASSONICAmente odi Società Erasmo Srl.La riproduzione totale o parziale dei testi contenutinella pubblicazione è vietata sotto qualsiasi forma,senza espressa autorizzazione scritta, secondo lenorme vigenti in materia.Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione ancheparziale se non autorizzata. Manoscritti e illustrazioni,anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Laboratorio di storiadel Grande Oriente d'Italia

n.1 Sett.-Dic. 2014

Sommario

Presentazione

Saggi

Giovanni Becciolini........................................................2di Santi Fedele

Ebrei massoni: una grande risorsa per l’Istituzione .....5di Giovanni Greco

Carboneria e movimento repubblicano..........................8di Gian Mario Cazzaniga

I massoni italiani e la Grande Guerra ........................11di Marco Cuzzi

Ferdinando Zannetti: il medico che salvò Garibaldi ...17di Gabriele Paolini

Origini storiche della Massoneria................................21di Flaviano Scorticati

Massoneria e fascismo..................................................26di Marco Adorni

Il riordino della memoria

Il Centro di ricerche storiche sullaLibera Muratoria di Torino.........................................31di Marco Novarino

L'Associazione culturale «Giorgio Asproni»e la storia della Massoneria sarda ...............................33di Nicola Gabriele

Sul filo dei ricordi

Augusto Placanica .......................................................37di Giovanni Greco

Tra gli scaffali

Segnalazioni editoriali.................................................39a cura di Bernardino Fioravanti

ISSN 2384-9312

menteM SSONICA

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Fare storia, raccontare la storia,la nostra storia, la storia dellamassoneria italiana e diquella internazionale.

Fare storia nel contesto di una societàcivile in continua, vorticosa trasforma-zione, tale da indurre anche il GOI arinverdire i suoi strumenti, cercandodi valorizzare il passato e di immagi-nare il futuro in un circuito rinnovatodi riflessioni e di studi. Fare storia per il tramite di una Rivistadi ricerca ma anche, se non soprat-tutto, di alta divulgazione storica; non-ché osservatorio aperto su quantomassonicamente si produce a livellointernazionale.Una Rivista strumento di dialogo colmondo profano, a fronte del quale,senza presunzione e senza iattanza, macon serena consapevolezza, rivendi-

care l’orgoglio di una storia bicentenaria e del contributo dato dai nostri Fratelli primaal farsi della Nazione italiana e quindi alla sua crescita civile e politica.Una Rivista fatta da storici massoni e “profani”, accademici e appassionati della ma-teria, capaci di riflettere sul mondo che ci circonda, attraverso una interdisciplinaritàfeconda all’interno di una modernità interattiva e condivisa, ma pur sempre seguendorigorosamente il metodo storiografico. Una Rivista che aspira ad essere un laboratorio dove si scava e si sonda, dove si ricercae si riflette, si esplora e si custodisce, attraverso una storia capace di cogliere i dettamidella tradizione e le esigenze del mutamento. Una Rivista che si propone al contempo di fungere da centro di stimolo, di coordi-namento e di armonizzazione di tutte le iniziative e i progetti relativi a studi storicisulla massoneria che a livello regionale, o anche semplicemente locale, si sono giàsviluppati o stanno sorgendo frutto dell’appassionato impegno di Collegi circoscri-zionali, Logge, singoli Fratelli.Una Rivista che serva pertanto allo scambio di notizie, al coordinamento tra le ini-ziative, alla messa in rete delle principali realizzazioni operate nell’ambito del recu-pero e della salvaguardia dei nostri documenti, alla valorizzazione delle ricerchecompiute e di quelle ancora in corso.Una Rivista al servizio dei Fratelli.

PRESENTAZIONE

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L’autunno del 1925 rappresenta ilmomento in cui il fascismo, defini-tivamente superata la crisi succes-

siva al delitto Matteotti, decide diassestare un colpo mortale e definitivo aun’Istituzione, la Massoneria italiana, chenella sua componente più antica, nume-rosa ed internazionalmente accreditata, ilGrande Oriente d’Italia di Palazzo Giusti-niani, è andata, da almeno due anni, pro-gressivamente attestandosi in manierasempre più netta e decisa sul versantedell’opposizione al Governo Mussolini.Prima ancora che il 26 novembre 1925venga promulgata la legge sulla «Regola-rizzazione dell’attività delle Associazionie dell’appartenenza alle medesime delpersonale dipendente dallo Stato», me-glio nota come la “legge contro la Masso-neria”, che dispone il licenziamento deifunzionari, impiegati ed agenti civili emilitari di ogni ordine e grado dello Statoo di qualunque altra pubblica ammini-strazione che «appartengano anche in

qualità di semplice socio, ad Associazioni[…] operanti, anche solo in parte, inmodo clandestino od occulto o i cui socisono comunque vincolati dal segreto», èuna nuova, grande ondata di violenzesquadriste che si abbatte sugli uomini ele sedi del Goi.Essa fa seguito a un’ininterrotta serie dipersecuzioni che, avviatasi nel 1924 conl’assalto e la devastazione di alcune de-cine di Logge giustinianee, è proseguital’anno successivo con ripetute aggressionie violenze ad esponenti del Goi inequi-vocabilmente correlate alla lotta senzaquartiere contro la Massoneria procla-mata dai vertici del Partito nazionale fa-scista con circolare del mese di aprile del1925 in cui si esortavano le organizzazioniperiferiche del Partito a tenere presente«che la Massoneria costituisce in Italial’unica organizzazione concreta di quellamentalità democratica che è al nostro par-tito e alla nostra idea della Nazione nefa-sta ed irriducibilmente ostile, che essa, edessa soltanto, permette ai vari partiti, bor-ghesi e socialisti, dell’opposizione parla-mentare e aventiniana, la resistenza, laconsistenza e l’unità di azione». Ma l’Assemblea costituente massonica diRoma del 6 settembre 1925, l’ultima te-nuta nel Tempio massimo del Goi in Pa-lazzo Giustiniani, dimostra, per numerodi partecipanti (circa trecento) e qualitàdegli interventi che si susseguono alla tri-buna, che l’ostilità e le persecuzioni delfascismo non hanno fiaccato la base mas-sonica. «Palazzo Giustiniani - per come siè espressa Anna Maria Isastia - avevadato una prova di forza e di compattezzacui Mussolini decise di rispondere libe-rando nuovamente gli squadristi […]».La violenza dello squadrismo fascista siesercita con particolare ferocia in Toscana,

GIOVANNI BECCIOLINI

di Santi Fedele

SAGGI

Giovanni Becciolini

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dove, tra il settembre e l’ottobre del 1925,si susseguono aggressioni, ferimenti, di-struzioni di sedi del Goi e di private abi-tazioni di massoni notori in quasi tutte leprovincie della regione e in quelle di Fi-renze e di Livorno in particolare.Come ebbe a notare Gaetano Salvemini,ad alimentare lo scatenamento della nuovaoffensiva antimassonica in Toscana era ilsospetto dei vertici locali del fascismo, econ ogni probabilità dello stesso Musso-lini, che, se non l’Istituzione in quantotale, quantomeno singoli massoni fioren-tini operassero a sostegno del Non Mollare,il giornale di Salvemini, Ernesto Rossi eCarlo e Nello Rosselli determinato a pro-seguire la lotta contro la dittatura sul ver-sante della clandestinità. Da qui ladecisione del direttorio del Fascio fioren-tino di pubblicare sul settimanale ufficialeBattaglie Fasciste del 25 settembre 1925 unmanifesto incitante a «colpire i massoninelle persone, nelle proprietà, negli inte-ressi», cui fa seguito il giorno successivol’esortazione, sempre dello stesso diretto-rio, a «continuare l’opera di identificare imassoni e così raccogliere informazionipiù precise sugli obiettivi più convenientiper un’azione radicale, decisiva e necessa-ria».Per giungere quindi all’ordine ben pre-ciso, pubblicato su Battaglie Fasciste del 3ottobre, secondo cui «la Massoneria deveessere distrutta, e a questo fine tutti imezzi sono buoni: dal manganello al re-volver, dai vetri infranti al fuoco purifica-tore. La vita deve essere resa impossibileai massoni...».È la premessa immediata della notte del 3ottobre 1925, che Vasco Pratolini nella tra-sposizione letteraria di quegli eventi rap-presentata dalle Cronache di poveri amantidefinirà come la «Notte di San Bartolo-meo». Nel corso di essa, in un crescendoparossistico di violenza omicida vengonoaggrediti nelle loro abitazioni, tra gli altri,il mutilato di guerra e deputato socialistaGaetano Pilati, che morirà alcuni giornidopo per le gravissime ferite riportate,

mentre ad essere freddato all’istante acolpi di pistola è l’avvocato socialista Gu-stavo Console, la cui appartenenza al Goisarà molti anni dopo rivendicata con forzanella lettera che, per il tramite di Delfo DelBino, il figlio Bruto Console farà pervenireal Gran Maestro del tempo Armando Co-rona.Ma la notte dell’orrore ha avuto un esor-dio, se è possibile, ancora più raccapric-ciante. Sono le prime ore della sera del 3ottobre quando una squadra guidata da undirigente del Fascio, Giovanni Luporini,irrompe nell’abitazione del Maestro Vene-rabile della Loggia giustinianea “Lucifero”Napoleone Bandinelli con il proposito dicondurlo con la forza nella vicina sede delFascio e carpirgli informazioni sull’orga-nizzazione liberomuratoria fiorentina.Bandinelli si oppone ma la resistenzadell’anziano Maestro Venerabile avrebbepotuto ben poco contro la soverchianteforza fascista se in sua difesa non fosseprontamente intervenuto il suo vicino dicasa e Segretario della Loggia: GiovanniBecciolini, ferroviere repubblicano di ven-tisei anni, iniziato tre anni prima nellaLoggia “Galilei” di Firenze.L’inaspettato, ardimentoso intervento diBecciolini disorienta i fascisti: ne nasceuna colluttazione nel corso della qualeGiovanni Luporini rimane ucciso, proba-bilmente, per come ipotizzato da FulvioConti, da «fuoco amico», cioè da arma ap-partenente ad altro componente dellasquadra fascista. Nella confusione del mo-mento, Bandinelli riesce a sottrarsi agli as-salitori fuggendo sui tetti. Ma non cosìBecciolini che, rimasto nelle mani deglisquadristi, viene accusato della morte diLuporini. Tradotto nella sede del Fascio,viene selvaggiamente percosso e seviziato,per essere quindi ricondotto in prossimitàdell’abitazione di Bandinelli e finito acolpi di pistola presso i cancelli del Mer-cato centrale. Sulla facciata dell’edificio, l’Amministra-zione comunale di Firenze, che a Beccio-lini ha intitolato una strada, porrà nel

SAGGI 3

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1980 una lapide a ricordo del martirio:

NEL 55° ANNO DAL 3 OTTOBRE 1925I FIORENTINI RICORDANOL’AGGRESSIONE OMICIDADELLA CRUDELTÀ FASCISTACHE NE’ PRESSI DI QUESTOMERCATO CENTRALE

COLPÌ GIOVANNI BECCIOLININON UCCISE I SUOI IDEALI DI LIBERTÀ

I massoni italiani, e i toscani in particolare,non hanno certo mai dimenticato GiovanniBecciolini, caduto in difesa di un anzianoFratello, esempio di coraggio indomito e diappassionato amore per la libertà. E tutta-via vi è un aspetto della vicenda Beccioliniche è rimasto poco conosciuto tra gli stessiaffliliati al Goi e cioè le circostanze attra-verso le quali negli anni successivi, i durianni dell’esilio e della clandestinità, ilnome di Becciolini diventerà una sorta dianello di congiunzione ideale tra l’espe-rienza drammatica della persecuzione inpatria e la mirabile testimonianza di fedeltàagli ideali liberomuratori resa da coloroche, superando difficoltà enormi e a prezzodi grandissimi sacrifici, riusciranno nel1930 a ricostituire il Goi in esilio e a tenereaccesa la fiaccola liberomuratoria sino allavigilia della Seconda guerra mondiale.Al contrario di quanto sostenuto dai pro-pagandisti al soldo di Mussolini, semprepronti alla riproposizione dei luoghi co-muni degli antifascisti che «fanno le va-canze in Francia a spese della Massoneria»e della Massoneria internazionale quale fi-nanziatrice occulta di tutto l’antifascismo,la storia del Goi in esilio sarà un impegnodi testimonianza e di lotta al quale le ri-strettezze materiali consapevolmente af-frontate e dignitosamente sostenuteconferiranno un’ulteriore patente di no-biltà. Il bilancio del Goi in esilio, per comeincontestabilmente documentato dallecarte d’archivio, è povero e diventerà pove-rissimo a metà degli anni Trenta a seguitodell’assottigliarsi, in conseguenza dellaGrande crisi, delle sovvenzioni provenienti

da alcuni facoltosi Fratelli d’oltreoceano.Ma pur nelle ristrettezze più gravi Giu-seppe Leti, Alessandro Tedeschi e le nonmolte altre decine di Fratelli che con lorosi adoperano per la sopravvivenza dell’Isti-tuzione, non verranno mai meno all’impe-gno d’onore assunto al momentodell’arrivo in Francia, sul finire degli anniVenti, della moglie e del figlio di Beccio-lini: provvedere a che al piccolo Brunovenga garantita un’adeguata formazionescolastica in libera terra di Francia. Quando nel corso nell’ultima Assembleadel Goi in esilio, che si tiene a Parigi nel1937, quasi a simbolicamente controbilan-ciare la progressiva scomparsa dei Fratellipiù anziani, si procede, con un apposito ri-tuale, all’ “adozione”, in qualità di “lu-petti”, di tre fanciulli, due sono BrunoCiacci ed Emilio Lazzari, figli di affiliatialla “Eugenio Chiesa” di Parigi, il terzo èBruno Becciolini. Il padre ha testimoniatocol martirio la dedizione all’ideale libero-muratorio della libertà; il figlio simboleg-gia il sacro vincolo della solidarietà chelega i Fratelli.

Bibliografia di riferimento• Simbolici famosi: Giovanni Becciolini (1899-1925),http://www.ritosimbolico.net/simbolici_famosi/bec-ciolini.html• Roberto Bianchi, Massoneria e fascismo in Toscana,in La massoneria italiana da Giolitti a Mussolini. Ilgran maestro Domizio Torrigiani, a cura di FulvioConti, Roma, Viella 2014 • Fulvio Conti, 3-4 ottobre 1925: la “notte di San Bar-tolomeo”, http://www.storiadifirenze.org/?p=2753• Delfo Del Bino, La “Notte dell’Apocalisse”,“Hiram”, agosto 1986• Santi Fedele, La Massoneria italiana nell’esilio enella clandestinità 1927-1939, Milano, Angeli 2005• Anna Maria Isastia, Massoneria e fascismo, La re-pressione degli anni Venti, Firenze, Libreria Chiari2003• Lapide a Becciolini, http://resistenzatoscana.it/mo-numenti/firenze/lapide_a_becciolini/• Gaetano Salvemini, Il “Non Mollare”, in Scritti sulfascismo, vol. III, a cura di Roberto Vivarelli, Milano,Feltrinelli 1974.

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L’Italia è uno dei pochi paesi almondo ad avere una storia pressochéininterrotta di presenza degli ebrei

nelle nostre terre. Non casualmente la co-munità ebraica di Roma e la sua Sinagogasono più remote del Papato e delle suechiese - nel 70 d.C. gli ebrei a Roma erano40.000 su 800.000 abitanti - e di antichis-sima origine anche le comunità di Siracusae di Venosa, nell’area potentina.Permettetemi intanto per principiare di ri-cordare la straordinaria figura di ShabattaiDonnolo, medico, farmacologo, astronomodi Orìa in Puglia, vissuto dal 913 al 982,autore, fra l’altro, del famoso “Libro dei ri-medi”, con oltre cento medicamenti, pro-fondamente connesso alla storia dellaScuola medica salernitana, più antica di200 anni rispetto alla scuola bolognese, ele opere di Donnolo, da cui questo e altrosi evince, opere che sono certificate dalgrande maestro ebreo, quasi novantenne,Shlomo Simonsohn, come ho ascoltato dipersona poco tempo fa anche su questopunto a Ravenna, in occasione di una sualectio magistralis.

Nel dodicesimo secolo Beniamino da Tu-dela, rabbino di Navarra, nei suoi viaggiper catalogare le comunità ebraiche con ac-curate descrizioni della vita quotidiana, sifermò a visitare anche i nuclei ebraici diLucca e di Pisa. Ci vorranno però altri quat-trocento anni prima di vedere “I viaggi diBeniamino” pubblicati in ebraico.Dopo la cacciata dalla Spagna nel 1492, gliebrei vennero espulsi anche dal sud d’Italiae dalla Sicilia, possedimenti spagnoli, e lamaggioranza dei 120.000 ebrei italianidell’epoca si posizionarono a Roma e nellezone vicine, come nella zona di Pitigliano,“La piccola Gerusalemme”, terra della li-bertà e dell’accoglienza.Nel quindicesimo secolo vorrei almeno ri-cordare alcuni grandi medici ebrei fra cuiElia di Sabbato da Fermo, archiatra delpontefice, Yuda Messer Leon, rabbino eru-ditissimo, Guglielmo Portaleone, Davide eSalamone Azeni, dell’aristocrazia ebraica diPalermo fino a Mordechai Modena, nonnodel più noto Leone Modena, a cui il titolodi dottore venne conferito a Bologna nel1530, fino a Giacobbe Mantino, pensatoree traduttore di Aristotele, forse fra i primiebrei a ricevere un incarico didattico pressole università. Invece le prime cattedre diebraico, la prima a Bologna nel 1464, ven-nero affidate a convertiti come Vincenzo diFrancia, o Benedetto, di origine spagnola,o un tedesco, Paolo Ricio, medico e filo-sofo.Dal 1500 cominciò l’era dei ghetti e da al-lora, da oltre 100.000 ebrei si passa pianpiano sino ad oggi, con forse meno di40.000 persone, con comunità anche a Li-vorno e a Pisa, dove nel 1944 venne mas-sacrato il presidente della comunità ebraicaGiuseppe Pardo Roques, e la cui giurisdi-zione territoriale comprende anche Lucca eViareggio oltre a piccolissimi nuclei: a Pi-

EBREI MASSONI:UNA GRANDE RISORSA PER L’ISTITUZIONE

di Giovanni Greco

Sinogoga di Roma

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tigliano ci sono ormai solo quattro personedi origine ebraica.Nei tempi moderni, quanti ebrei hannoonorato il nostro paese con le loro arti, conla sapienza, con le loro capacità imprendi-toriali e politiche! Ricordo Sidney Son-nino, convertitosi al protestantesimo, ilsenatore Leopoldo Franchetti, i generaliGiuseppe Ottolenghi, Roberto Segre edEmanuele Pugliese, il filosofo Bruno Mon-dolfo e Gino Bolaffi. Ricordiamoci che fra idodici professori universitari che rifiuta-rono di giurare fedeltà al regime, tre eranoebrei: il chimico Giorgio Errera, il matema-tico Vito Volterra e l’orientalista GiorgioLevi della Vida, senza dimenticare che iprofessori ebrei, sopravvissuti dopo il1945, non poterono ritornare alle loro cat-tedre legittimamente vinte e, di norma, nonfurono ricollocati. E fra i partigiani italianiEugenio Calò, medaglia d’oro al valore mi-litare, non era forse un ebreo toscano, e ilpiù giovane dei partigiani italiani decedutonon era un ebreo mantovano residente aBologna, nome di battaglia, Balilla, uccisoa tredici anni: Franco Cesana?La massoneria e l’ebraismo hanno molte af-finità, numerosi sono i punti che unisconoi massoni agli ebrei.Per esempio le affinità in materia di rituali,l’importanza legata ai numeri, specifica ca-ratteristica della Cabala, i nomi e la collo-cazione delle due colonne all’ingresso delnostro tempio, a memoria del tempio di Sa-lomone, la stessa ricostruzione del tempio,e nei tempi passati la necessità per la mas-soneria e per l’ebraismo di strutturarsi inmodo segreto, lo stesso peso nel dare allepersone, agli esseri umani, un valore asso-luto, quasi “divino”. Non casualmentequella splendida figura dell’ebraismo ita-liano che fu il rabbino di Livorno, Elia Be-namozegh (1823-1900), nella sua “La veritéisraélite”, scriveva: “Lo spirito della masso-neria è lo spirito del giudaismo nelle suecredenze più fondamentali: sono le sueidee, è il suo linguaggio, è quasi la sua or-ganizzazione”. E aggiungerei anche il suostraordinario internazionalismo: non ca-

sualmente la massoneria all’interno dellaGran Loggia di Israele è davvero cosmopo-lita, le lingue ufficiali sono naturalmentel’ebraico e l’arabo, si lavora anche in in-glese, francese, spagnolo, tedesco, rumeno,turco e ogni loggia ha contemporanea-mente aperti, uno vicino all’altro, i tre vo-lumi della legge, la Bibbia ebraica, laBibbia cristiana e il Corano, e tutto inducea pensare e a lavorare con un respiro mon-diale.Numerosi gli ebrei massoni che si batte-rono per l’unità d’Italia, Italia che per gliebrei è stata interpretata come “I tal yah”ossia “Isola della rugiada del Signore”,(se-condo il dotto parere di Benjamin Richler),come la famiglia Todros a Torino, come An-gelo Usiglio che col fratello Enrico, colla-borarono con Ciro Menotti, tant’è cheanche a Modena il movimento risorgimen-tale era finanziato dagli ebrei. Altri ebreimassoni modenesi furono Israel Latis, Be-nedetto Sanguinetti e Fortunato Urbini,mentre a Livorno la setta de “I veri ita-liani”, annoverava fra le sue fila ebrei comeMoses Montefiore. Del resto proprio a Li-vorno un consistente gruppo di massoni, inmaggioranza ebrei, aveva creato nel 1809un Grande Oriente dal quale derivò una se-zione dei carbonari. Da allora un nugolo diebrei massoni fra cui Paolo Bonfil, che con-tribuì a radicare la massoneria nel nostropaese, Elia Rossi Bey (1814-1891) G.M. delRito di Menfis nel latomismo “egiziano”;Luigi Luzzatti (1841-1927), deputato, sena-tore, professore di diritto costituzionaleall’Università di Padova, riuscì a consoli-dare il valore della lira a livello internazio-nale, fu un grande promotore dicooperative e di banche popolari, ispirandonumerose riforme doganali; Ernesto Na-than (1845-1921) da Sara Levi e MayerMoses Nathan, influenzato politicamenteda Mazzini, sindaco di Roma, ben noto atutti noi, iniziato nella loggia palermitanade “I Rigeneratori”, G.M. del GOI per di-verso tempo. In quegli anni nasceva a Trie-ste (1861-1915) Giacomo Venezian,laureatosi poi a Bologna, dove successiva-

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mente avrà la cattedra di diritto civile, e chemorì al comando del suo reparto sul Carsonel 1915, mentre era all’assalto di truppeaustriache. Esattamente come il padre diAlceste De Seta, Giona, che pure avevacombattuto contro i nemici del nostropaese, nella terza guerra d’indipendenza,mentre il figlio, Alceste, socialista, fu can-cellato nel 1939 dall’albo degli avvocati,per le leggi razziali. Cesare Goldmann,noto finanziere e politico, M.V. della loggia“Pietro Micca” di Torino; Salvatore Barzilai,giornalista, Mario Cassin, liberale; il giuri-sta Ludovico Mortara; il giornalista Teo-doro Mayer; l’avvocato Dario Cassato; ilegionari fiumani Giacomo Treves e Raf-faele Cantoni; Eucardio Momigliano; Fer-ruccio Valobra, come ricorda il nostromirabile Nedo Fiano. Gino Olivetti, poidirettore della Confindustria e deputato,subentrò nella fabbrica del padre Camillo,opponendosi al fascismo e portando l’Oli-vetti al vertice della vendita dei prodottiper ufficio e Roberto Ascarelli, esponentedi rilievo della comunità ebraica romana,antifascista, iniziato nella Rienzi di Romanel 1923, M.V. della Pisacane di Ponza epresidente del Rito Simbolico italiano nel1970. Numerosi e di assoluto valore gliebrei massoni connessi col movimento diGiustizia e Libertà dei fratelli Rosselli,come Leone Ginzburg, famiglia ebraica diorigine russa, che fu talmente precoce chea sei anni scrisse i “Ricordi di un giornali-sta in erba” e a tredici faceva le pulci alCorriere della Sera, e come Mario Jacchia,figlio di Eugenio, bastonato dai fascisti.Quando nel 1924 i fascisti assalirono lacasa massonica bolognese, poi collocaronoi simboli massonici in una cassa da mortopresso l’abitazione degli Jacchia a viaD’Azeglio 58 a Bologna.Consentite un particolare riferimento adAngelo Fortunato Formaggini, di una fami-glia ebraica di gioiellieri, noto per le sueperformance letterarie ed editoriali, e la suaben nota “Ficozza”, che si gettò nel ’38, di-sperato per le leggi razziali, dalla Ghirlan-dina di Modena, dopo una minuziosa

preparazione, dopo aver delimitato ancheil punto della caduta, il “tovagliolo di For-maggino”, “al tuajol ed Furmajin”. Ai gior-nali venne imposto il silenzio e,successivamente, allora Achille Storace,ebbe a dire: è morto come un ebreo, but-tandosi dalla torre per risparmiare un colpodi pistola (ogni commento è superfluo!).Nel 1938 il censimento parla di quasi sei-mila ebrei in Toscana, di cui 4658 fra Fi-renze e Livorno. Tantissimi di loro furonoavviati ai campi di sterminio tedeschi,dopo essere stati raccolti nei campi diBagni di Lucca, Bagno di Ripoli, Villa Oli-veto, Roccatederigi, e tanti altri, con per-sone che vanno dalla a del livornese EliaGiuseppe Abenaim alla z di Susanna Zie-gler, che viveva a Firenze.

Tante storie, tanti nomi, tante eccellenze,ma “non basta l’accumulazione indefinitadi reliquie, la celebrazione bulimica deigrandi e dei piccoli maestri. La modernaossessione commemorativa ha dei limitiquale coagulante di rimpiazzo” e spesso“nasconde la fascinazione gaudente delnulla”, perché ciò che conta veramente è ilvalore di chi non abbiamo nominato, di chiè meno noto, e degli ebrei massoni di oggiche preparano con noi il nostro futuro.In omaggio agli ebrei, ai tanti fratelli diestrazione ebraica, ricordo la festa del Suk-koth, la festa delle capanne che dura unasettimana, la grande festa del raccolto, esat-tamente come per noi, un raccolto piccolo,infinitesimale finché volete, ma che ci ri-scalda l’anima e ci riappacifica con noistessi.Quel che è certo è che agli 8566 ebrei ita-liani deportati nei campi di sterminio, deiquali 7557 vennero uccisi, va il nostro de-ferente pensiero e il nostro amore: quandoil rabbino canta, cantano tutti con lui,quando il rabbino piange, piange da solo.Dopo l’entrata dello Shabbat, gli ebreiusano cantare una canzone di antichi cab-balisti: “Andate in pace, angeli di pace, an-geli dell’Altissimo”. Shalom aleichem: lapace sia su di voi.

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La Carboneria è una società iniziatica,sorta in Italia agli inizî dell’Otto-cento, che nei rituali riprende sim-

boli e linguaggi di una più anticacorporazione francese di taglialegna e car-bonai. Costituisce una società segreta poli-tica che organizza uomini e donne di ogniceto al fine di raggiungere l’unità nazionalee costruire una nuova società fondata sullasolidarietà e sulla giustizia sociale. Nei ma-nuali scolastici troviamo la Carboneria ita-liana con un ruolo importante nei motiliberali durante la Restaurazione, fra il1814 e il 1831, poi sembra scomparire. Manon è così. Operante su tutto il territorionazionale, dopo il 1860 diffusa in partico-lare nelle regioni dove l’unità nazionaleresta un obiettivo da raggiungere, dal Cir-condario di Roma alle Venezie, la Carbone-ria, radicata in ambienti popolari, continuaa operare come anima intransigente del

movimento repubblicano, raccogliendol’eredità di Mazzini e Garibaldi, e la ritro-viamo influente alla fine dell’Ottocentonelle iniziative di solidarietà verso movi-menti di liberazione nazionale, dai Balcania Creta e Cuba, per cui promuove manife-stazioni, raccolta di fondi e l’organizzazionedi volontari. La Carboneria si considera come un’unicafamiglia a livello mondiale, anche se strut-turata per famiglie nazionali. Agli inizî nonc’è dubbio che le numerose famiglie nazio-nali operanti in Europa e nelle Americheabbiano avuto un riferimento comune e uncoordinamento a Parigi dove esisteva unaVendita Suprema, diretta da un ComitatoDirettivo (Comité Directeur), e dove le reticarbonare, eredi del movimento repubbli-cano dei Filadelfi, erano finanziate da Jac-ques Laffitte, un banchiere liberale emassone di simpatie sansimoniane che di-sponeva di un lascito di sei milioni di fran-chi-oro affidatogli da Napoleone I. Non èchiaro fin quando questo coordinamentoabbia funzionato, ma è possibile che inparte operasse ancora nel secondo Otto-cento. Ne è conferma la storia della carbo-neria portoghese che nacque nel primoOttocento su patenti francesi e venne risve-gliata nel secondo Ottocento su patenti ita-liane che provenivano dall’Italiameridionale, con un potente sviluppo cheportò alla rivoluzione del 1910, organizzatadalle sezioni (Vendite) carbonare porto-ghesi, e alla nascita della repubblica demo-cratica portoghese.Nella storia italiana la carboneria riprendeun filone culturale e politico presente inItalia nelle società segrete degli “Unitari”,dai Raggi all’Accademia Platonica ai Cen-tri, che avevano fra i dirigenti Salfi, Roma-gnosi e Gioia, ed è a partire dalrepubblicanesimo degli “Unitari” che l’idea

CARBONERIA E MOVIMENTO REPUBBLICANO

di Gian Mario Cazzaniga

SAGGI

Prima pagina degli Statuti dell'Ordine

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dell’unità d’Italia, in passato presente solonella tradizione letteraria, diventerà ideapolitica. Questo filone deista e repubbli-cano si ripropone nel periodo della Restau-razione come cultura dei gruppi dirigentidelle Vendite carbonare, costituite per ini-ziativa di gruppi massonici che nelle loggenapoleoniche avevano animato le reti clan-destine degli Unitari, anche se nei pro-grammi di riforma politica la Carboneriadovrà passare per una lunga fase di pro-getti federativi, influenzati in particolaredal costituzionalismo repubblicano di Si-smondi, per tornare poi dopo il 1849 a ununitarismo repubblicano fra Mazzini e Ga-ribaldi. Troviamo presenti fin dal primo Ottocentoreti carbonare nei porti, fra i marittimi enell’emigrazione, dal Mediterraneo, in par-ticolare ad Alessandria d’Egitto, fino alledue Americhe. Negli Statuti carbonari trafine Ottocento e primo Novecento è previ-sta una A∴ e P∴A∴: C∴ (Alta e Potentis-sima Assemblea Costituente), che siriunisce ogni tre anni esprimendo un Po-tere Supremo composto da cinque MaestriCarbonari ed è significativo che in rapportidi polizia che segnalano lo svolgimento diqueste assemblee venga rilevata la pre-senza di rappresentanti di Vendite delledue Americhe, un radicamento nelle comu-nità italiane di emigrati che è possibile per-duri anche nel tempo presente.I rituali in uso nelle Vendite carbonare delNovecento risultano simili a quelli in usonelle Vendite del Regno delle Due Sicilieche portarono ai moti carbonari del 1820-21. Si tratta di una ritualità articolata innove gradi, anche se nel Novecento ne ver-ranno effettivamente trasmessi solo quat-tro, con corrispondenti camere: 1º:Apprendista, 5º: Maestro, 7º: Cavaliere diTebe, 9º: Archipatriarca, o Grande ElettoGran Maestro, o Alta Luce.Questi rituali si collocano nella tradizionefilosofica deistica del tardo illuminismoche viene trasmessa fin dal primo grado, siveda il giuramento contenuto nel Ritualedei Lavori in grado d’Apprendente che re-

cita: «Giuro di adoperarmi con tutte le forzeall'abolizione di ogni privilegio e di ognitirannide, all'annientamento della setta cle-ricale e di tutte le superstizioni religiose,ed al trionfo della Repubblica Sociale».Analogamente nel Catechismo d’Appren-dente, che talora viene pubblicato comeProgramma e catechismo carbonaro e checostituisce il testo più diffuso e più lettonelle Baracche (sedi di una Vendita), leg-giamo: «Il sale è simbolo della sapienza, esiccome esso serve ad impedire la putre-dine, così ci indica che dobbiamo sapien-temente e diligentemente custodire noistessi, tenendoci lontani dal vizio per es-sere così distinti dal rimanente degli uo-mini, e che dobbiamo con le parole, conl'esempio, mostrarci virtuosi, affinché i no-stri nemici, trattando con noi, possano di-venire nostri amici pel giorno sospirato, nelquale dovrà compiersi la totale distruzionedel trono e dell'altare». Troviamo la Carboneria presente nelle retiirredentistiche aspiranti all’unificazionecon Trento e Trieste, fra cui la più influentee con presenze in tutto il territorio nazio-nale fu il Circolo Garibaldi, una associa-zione di linguaggio e finalità carbonare consede segreta a Milano, e la troviamo in-fluente nella tormentata storia del movi-mento repubblicano. Al riguardo vasegnalato un documento congiunto del 9febbraio 1917 dove risulta costituito un Co-mitato permanente fra la Famiglia Carbo-nara Italiana e la Famiglia Italianadell’Alleanza Repubblicana Universale,una setta segreta mazziniana con ramifica-zione internazionale.La troviamo ancora presente in gruppi an-tifascisti in patria, nell’esilio e poi nella Re-sistenza. Dopo la Liberazione la Carboneriariprende la sua attività riservata, in colle-gamento col Partito Repubblicano Italiano,mantenendo un forte radicamento neiquartieri popolari e fra i lavoratori ma-nuali, tra cui facchini, muratori, vetturini emacellai, in particolare nel Lazio. Va rilevato che per quanto alcune edizionidegli Statuti della Carboneria comportas-

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sero l’obbligo di iscrizione al Partito Re-pubblicano, nel Primo Novecento avremoanche carbonari militanti in movimentianarchici e in correnti rivoluzionarie delPartito Socialista, mentre nella Resistenzaromana avremo carbonari militanti anchenel partito d’Azione e nel movimento“Stella Rossa”. Questa pagina di storia, che costituisce unodei filoni da cui nasce la nostra Costitu-zione repubblicana, resta ancora da scriveree, per contribuire a ciò, un libro recente1

pubblica una raccolta di documenti carbo-nari, per la parte più importante prove-nienti da Michele Campanelli, carbonaro erepubblicano barese del primo Novecento,che solo recentemente (2009) la Bibliotecadel Grande Oriente d’Italia ha acquisitocon un fondo donato da Francesco Siniscal-chi2, allegando altresì una riproduzione dibasi (oggetti rituali) e di diplomi di diversigradi provenienti da Vendite carbonare delsecondo Ottocento e del secondo Nove-cento, nonché due voci di repertori del1930 e del 2014 con bibliografie, che dannoun’idea dello stato degli studi e della loroevoluzione. Essendo il libro in via di esau-rimento, ne è prevista una seconda edi-zione accresciuta in cui verrà pubblicataanche la testimonianza di una iniziazionenel secondo dopoguerra in una Vendita ro-mana del Testaccio, dove era la sede dellasezione del partito repubblicano3. Diceva Camillo Prampolini (1859-1930),un vecchio socialista emiliano che, come icarbonari, considerava Gesù maestro dieguaglianza e giustizia e i preti veicoli diingiustizia e superstizione: «Che i giovanisappiano e che i vecchi ricordino…».

Note1 Cazzaniga G. M.-Marinucci M., Per una storiadella Carboneria dopo l’unità d’Italia (1860-1975),Roma, “Quaderni degli Accademici Incolti”17, Gaffi, 2014.2 Vedine l’indice ragionato in: Grande Oriented’Italia, Servizio Biblioteca, Fondo conservato daFrancesco Siniscalchi, Inventario relativo alla serie:

«Carboneria, 1916-1922», a cura di Elisabetta Cic-ciola.3 Testimonianza di Giulio Picciotti in: GiancarloTartaglia, La voce repubblicana. Un giornale per lalibertà e la democrazia, Roma, La Voce Repubbli-cana, 2012, pp. 159-75; 159-61

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Il Grande Oriente d’Italia (GOI) giungeall’appuntamento con la Prima GuerraMondiale dominato da molte incer-

tezze. L’”età d’oro” della Massoneria ita-liana, che aveva coinciso con il trentenniodella Sinistra Storica, è ormai alle spalle.Con la morte nel 1903 di Giuseppe Zanar-delli, ultimo Presidente del Consiglio dellagenerazione risorgimentale ma anche ul-timo premier massone, si è conclusaun’epoca che ha visto la Libera Muratoriaricoprire un ruolo determinante, apicale,nella vita politica del Paese: prima di Za-nardelli, ben quattro Presidenti del Consi-glio (Depretis, Cairoli, Crispi e Di Rudinì)erano stati iniziati alla Massoneria. E neiloro gabinetti, numerosi erano stati i mini-stri nei piedilista delle logge. Un’epocad’oro, quindi, caratterizzata da una politicadi modernizzazione e secolarizzazione delnuovo Stato unitario secondo i principiispirati dal Grande Oriente: più ancora chenel Risorgimento -dove la presenza masso-nica aveva ricoperto ruoli importanti mascollegati- e nel periodo della Destra -soloBettino Ricasoli, dei sei premier post ca-

vouriani, risulta con certezza massone-, glianni che vanno dal 1876 alla crisi di finesecolo hanno visto la Massoneria guidarecon mano ferma la politica nazionale. Ma quel periodo, in gran parte coincidentecon la Gran Maestranza di Adriano Lemmi,è finito. Giolitti, successore del suo men-tore Zanardelli, non è massone, ma in lineadi principio non è ostile al Grande Oriente:semmai lo usa come una delle tante orga-nizzazioni attive nella nuova Italia scaturitadalla fine della svolta autoritaria del 1898-1901. Per Giolitti la Massoneria è uno stru-mento, al pari delle varie fazioni liberali,dei socialisti, o dei cattolici. E come taledeve essere usato, favorendone le iniziativepolitiche o arginandole, a seconda delle op-portunità del momento. Già in questo ri-siede il passaggio in secondo pianodell’Obbedienza liberomuratoria: i tempisono cambiati, il nuovo secolo, che si apreall’insegna del più sfrenato progresso tec-nologico e industriale, sta vedendo un sem-pre più massiccio ingresso di ingenti massepopolari nella vita politica. Una democra-tizzazione della società che viene accoltacon simpatia da molti liberi muratori -iquali anche per l’Italia vedono sempre piùavvicinarsi l’applicazione degli “immortaliprincipi” della Rivoluzione francese del1789- ma che al contempo getta una peri-colosa ipoteca sulla struttura iniziatica, equindi non democratica, della stessa Obbe-dienza.A questi problemi se ne aggiungono altri.Nel 1901 il Gran Maestro Ernesto Nathan èstato accusato di avere favorito la fuga diTullio Murri, figlio di un noto cattedraticomassone coinvolto in un famoso caso diomicidio. Nathan è stato poi scagionato,ma, in una cocente polemica che ha visto laMassoneria al centro di strenui attacchi daparte degli ambienti clericali e ultraconser-

I MASSONI ITALIANI E LA GRANDE GUERRA

di Marco Cuzzi

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Una trincea nelle Alpi

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vatori, Nathan si è dovuto dimettere nelnovembre 1903 e l’anno seguente gli è suc-ceduto Ettore Ferrari. Nel 1908 il GrandeOriente ha subito una lacerante scissione,guidata da Saverio Fera e da alcune loggedi Rito scozzese contrarie all’impegno po-litico-sociale introdotto da Ferrari, e ostilialla presunta egemonia dell’altra “cameradi perfezionamento” della Massoneria ita-liana, il Rito simbolico. La nascita di unaseconda Obbedienza massonica (la GranLoggia d’Italia, poi detta di Piazza delGesù) è un ulteriore segnale di debolezza,aggravato dal riconoscimento che la nuovaistituzione ha ottenuto dal Supremo Con-siglio scozzese di Washington. Si aggiun-gano la nascita nel 1910 diun’organizzazione politica d’estrema destraspiccatamente ostile al GOI, ovvero l’Asso-ciazione nazionalista di Enrico Corradini;l’espulsione dal Partito socialista dellacomponente ultra riformista di Bissolati,nella quale i massoni non si contano (con-gresso PSI di Reggio Emilia, 1912); la rot-tura tra la dirigenza del Partitorepubblicano e i massoni, accusati di essereeccessivamente indulgenti con la Monar-chia (congresso PRI di Ancona, 1912); ladichiarata inconciliabilità tra militanza so-cialista e iniziazione massonica (congressoPSI di Ancona, 1914). Infine, last but notleast, nel 1913 Giolitti ha stipulato un pattoelettorale con l’Unione elettorale cattolica(Patto Gentiloni), che vede rientrare in po-litica i secolari nemici della Massoneria. Ènecessario dunque un rilancio d’immagine,e la Grande Guerra sarà per il GrandeOriente un’occasione imperdibile. Forsel’ultima occasione per ribadire una sorta diimprimatur, o meglio di landmark masso-nico sul divenire d’Italia.Tuttavia, lo scoppio della guerra nel luglio1914 pone i massoni dinanzi a un grave di-lemma. Da un lato, il tradizionale pacifismouniversale: nel 1867 a Ginevra, il GOI,aveva aderito alla Lega internazionale dellapace e della libertà, sostenendo con convin-zione la causa del pacifismo e del disarmouniversale in nome di quel Weltbürgertum

inteso come cittadinanza universale, fratel-lanza perpetua, armonica convivenza tra ipopoli di tutto il mondo. Dall’altro, il prin-cipio di “guerra giusta”, giusta perché indifesa dei popoli oppressi ma anche degliinteressi della patria. Una patria da perfe-zionare, aggiungendo le terre irredenteall’unificazione compiuta parzialmente du-rante il Risorgimento, vero mito fondantedel Grande Oriente. È su questo dilemmache si confronta il Gran Maestro Ettore Fer-rari, incalzato dalle attività irredentistedelle logge italiane presenti a Trento e so-prattutto a Trieste. Questi ambienti, colle-gati ai fratelli italiani attraverso la decisivafigura dell’ex Gran Maestro Ernesto Na-than, giocheranno un ruolo essenziale nelleimminenti scelte del GOI.Mentre i bagliori del conflitto illuminanola rovente estate del 1914, nelle logge ita-liane si sviluppa un acceso dibattito. Spec-chio della società nazionale, anche laMassoneria si divide tra intervento e neu-tralità, con varie declinazioni per entrambele possibili scelte. Gli interventisti aggiun-gono al tema della “guerra giusta” e delperfezionamento risorgimentale, la certezzache quel conflitto sarà per certi versi rivo-luzionario, poiché innescherà un processodi democratizzazione continentale se nonplanetaria. Per i sostenitori dell’ingresso inguerra al fianco dell’Intesa, il nemico èquello di sempre: l’oscurantismo dell’An-cien Régime che ha sostituito i parrucconiincipriati degli antichi monarchi con l’elmochiodato del Kaiser. Al suo fianco, i mas-soni interventisti vedono l’antico avversa-rio: la Chiesa, anzi le Chiese. Una sorta di“quadrangolare confessionale”, come diràNathan, composta dalla Germania luterana,dall’Austria-Ungheria cattolica, dalla Bul-garia ortodossa e dall’Impero ottomanoislamico. La stessa opzione pacifista delnuovo pontefice, Benedetto XV, malcela latenace volontà legittimista e restauratricedi chi non ha ancora digerito il 20 settem-bre e la presa di Roma. Contrapposte aqueste sono le istanze dei massoni neutra-listi. Costoro sono mossi dall’antico pacifi-

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smo ginevrino, o talvolta da una sorta di“coerenza triplicista” memore degli anni diLemmi e di Crispi; all’ostilità antiasburgicadegli interventisti rispondono con il di-sprezzo verso l’autocrazia zarista -schieratainnaturalmente con le democrazie occiden-tali- e parimenti nei confronti di quellaFrancia che aveva piegato la Repubblica ro-mana nel 1849 e tradito l’Italia a Villafrancadieci anni dopo. Inoltre, un ruolo impor-tante lo gioca Giolitti, campione della neu-tralità, che conta parecchi seguaci tra ifratelli, anche in Parlamento.L’Italia s’interroga sulla scelta da compiere,e la Massoneria fa altrettanto: entrambevengono percorse, tra l’estate del 1914 e laprimavera del 1915 da scorribande dellediplomazie straniere: anche le logge sonoinvestite dal lavorìo delle ambasciate fran-cesi (per gli interventisti) e tedesche (per ineutralisti). La diplomazia francese gioca lacarta delle conquiste territoriali, quella te-desca dei consolidati legami economici ecommerciali di più di trent’anni di alle-anza. Entrambe utilizzano i garanti d’ami-cizia tra le rispettive obbedienze, efinanziano le attività dei massoni dell’unao dell’altra parte.In una situazione del genere, Ferrari rompegli indugi, e nel settembre 1914 proclamaesplicitamente la scelta interventista a fa-vore dell’Intesa. Il GOI, attraverso alcunideputati fratelli e il direttore della combat-tiva “Idea Democratica”, Gino Bandini,tenta di organizzare un gruppo di volontariraccolti nelle logge, una sorta di comman-dos da inviare oltre la frontiera con l’Au-stria per scatenare con attentati e incidentiil casus belli. Il progetto sfuma, ma Ferrarinon si perde d’animo e, dà il suo sostegnoall’iniziativa del massone Peppino Gari-baldi, il nipote dell’Eroe dei due mondi,che organizza l’invio di una “Legione gari-baldina” sul fronte francese. Tra i duemilavolontari in camicia rossa che combatte-ranno sulle Argonne, numerosi saranno imassoni. L’appuntamento con le “radiose giornate”del maggio 1915 vede il Grande Oriente -e

parimenti al Gran Loggia d’Italia- schieratonelle piazze, con i suoi “Comitati di propa-ganda”, al fianco anche di curiosi alleati: inazionalisti, i sindacalisti-rivoluzionari, isocialisti nazionali di Mussolini, i futuristi.Ma gli interlocutori dei massoni resterannoi repubblicani istituzionali, i radicali, i de-mocratico-costituzionali epigoni di Zanar-delli e i socialriformisti di LeonidaBissolati e Ivanoe Bonomi: l’interventismodemocratico diventerà la cifra di riferi-mento della Massoneria in guerra. Tuttavia,all’interno dell’Ordine le posizioni neutra-liste (ormai trasformatesi in pacifiste) nonsono inerti, e non soccombono dinanzi allamaggioranza interventista. Tra i trecentodeputati che solidarizzano con Giolitti e lesue posizioni contrarie all’intervento, pa-recchi sono i massoni di entrambe le Ob-bedienze. E l’attività, a questo puntoriservata, della Massoneria neutralista pro-seguirà sottotraccia, e sotto l’occhiuta atten-zione delle autorità di polizia. Il Grande Oriente darà il suo contributoalla causa, con circa duemila fratelli cheperderanno la vita al fronte (quasi il dieciper cento degli aderenti), e con molti ini-ziati dai nomi prestigiosi: gli ufficiali del-l’esercito Carlo Cordero di Montezemolo,Rodolfo Corselli, Oreste De Gaspari, LuigiGangitano, Luca Francesco Montuori, Ghe-rardo Pantano, Giuseppe Pavone, per nonparlare della nota affiliazione massonica diLuigi Capello. Ad essi si devono sommaregli assi del volo Piccio e Guidoni e nume-rosi ufficiali della Marina come l’ammira-glio Enrico Millo e il comandante LuigiRizzo. Si aggiunga la sospettata iniziazionedi Umberto Cagni e di quella a Piazza delGesù -assai prestigiosa, se confermata-dell’ammiraglio Thaon de Revel, capo diStato maggiore della Marina. A Piazza delGesù è affiliato parimenti l’asso FrancescoBaracca.Il GOI s’impegna anche nel fronte interno,trasformando i Comitati di propaganda inComitati massonici di assistenza civile, concompiti quali l’istituzione di segretariatiper il popolo, uffici di collocamento per fe-

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riti ora inabili e per i famigliari dei com-battenti e dei caduti, commissioni di soc-corso, strutture di assistenza sanitaria (ilprimo piano di Palazzo Giustiniani, sededel Grande Oriente, si trasforma in ospe-dale), di patronato femminile e infantile. Ifratelli sono obbligati a versare un obolocome sottoscrizione per la guerra (si rag-giungerà la ragguardevole cifra di circa 700mila euro attuali) e ad iscriversi alla Crocerossa. Numerose saranno le conferenzepubbliche organizzate dall’Ordine, conpersonaggi di spicco come ad esempio l’ir-redentista Cesare Battisti. Ferrari si spingea richiedere ai fratelli di organizzare “squa-dre di difesa interna” che possano condurreun’attenta vigilanza su spie, falsificatori dinotizie, sabotatori e sovversivi: il riferi-mento è al “mondo profano”, ma forse vi èanche la preoccupazione delle mai sopiteattività della minoranza pacifista. Inoltre,anche il fronte interventista sembra artico-larsi: vi sono massoni collegati all’interven-tismo democratico (il comitato dei partitiinterventisti democratici è, di fatto, un’ini-ziativa che parte da massoni come Bandinie Salvatore Barzilai); ma altri sembranosempre più sedotti dal concetto rivoluzio-nario del conflitto, evocando persino solu-zioni di drastici cambiamenti istituzionalinel Paese. Riappaiono nei dispacci di poli-zia le “vendite carbonare”, quella sorta di“massoneria popolare” che intravede nel-l’instaurazione a guerra finita di una repub-blica l’obbiettivo primario, superiore aglistessi target territoriali. Alcuni massoni silasciano attrarre da queste iniziative, com-plicando ulteriormente il panorama. Anche per questi motivi, dal 1917 il GranMaestro insisterà sulla natura palingene-tica del conflitto: la nuova Italia, e il nuovomondo che sorgerà dalle trincee, sarannocaratterizzati da una democrazia socialecompiuta, da una coesistenza pacifica tra ipopoli, dal disarmo e alla pace perpetua.L’arrivo sulla scena dell’America del presi-dente Wilson, con i suoi quattordici puntiche si perfezionano con una ipotizzata “So-cietà delle Nazioni” che dovrà dirimere di-

plomaticamente ogni conflitto, e di unanuova Russia democratica scaturita dallarivoluzione del febbraio (guidata tra glialtri dal massone Kerenskji) rappresentanola conferma della “guerra giusta”. Unaguerra osteggiata dai soliti noti: i cattolicivicini al papa, i socialisti massimalisti. Ov-vero, gli eterni avversari della Massoneriae, ancora di più, dello Stato nato dal Risor-gimento. Su questa base, Ferrari tenta diriunificare il Grande Oriente con la Masso-neria scissionista di Piazza del Gesù, ma lacomponente oltranzista di quest’ultima,guidata da Raoul Vittorio Palermi, rifiutal’accordo e si ricostituisce in Obbedienzaseparata e assai critica verso il GOI. Ma è sempre nel 1917 che la Massoneria dipalazzo Giustiniani subisce la sua Capo-retto. Al congresso delle massonerie deiPaesi dell’Intesa o neutrali, convocato daifratelli francesi a Parigi alla fine di giugnoper sostenere la progettata Società delleNazioni -vista come obbiettivo primario, emassonicamente perfetto, dell’intero con-flitto-, la delegazione italiana si vede pro-porre un ordine del giorno che auspica peril dopoguerra il riconoscimento di tutti i di-ritti nazionali (reintegrazione di Belgio eRomania, acquisizione francese di Alsaziae Lorena, nascita di Polonia, Cecoslovac-chia e Jugoslavia) ma al contempo la pos-sibilità di plebisciti oltre che per ilTrentino, anche per la Venezia Giulia, com-presa Istria e Dalmazia: terre a maggioranzasloveno-croata, che finirebbero così nelnuovo Stato jugoslavo. La delegazione ita-liana, guidata da Ferrari e Nathan, contestaquesta decisione, ritenuta discriminante ri-spetto alle altre Potenze, le quali viceversasi vedono attribuire territori sic et simpli-citer senza alcun ricorso referendario tra lepopolazioni interessate. Si apre pertantouna trattativa che si conclude con una for-mula vaga e incerta, rinviante tutto al do-poguerra. Ma un giornale francese riportala notizia che la formula dei plebisciti perle “terre irredente” è stata accettata anchedagli italiani: al suo ritorno la delegazionedel GOI viene bersagliata dalla stampa na-

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zionalista, visceralmente antimassonica,che accusa Ferrari e Nathan di avere sven-duto gli interessi della Patria per favorire ifratelli francesi e serbi. Il clima si surriscalda, e raggiunge il calorbianco con la crisi di Caporetto, letta da al-cuni come una sorta di complotto masso-nico, logica conseguenza degli accordi diParigi: il fatto che Luigi Capello, generalecomandante la Seconda armata -la grandeunità che più di tutte si sfalda dinnanziall’avanzata austro-tedesca- sia un altogrado scozzese della Massoneria, non fa cheaggravare la posizione del GOI. Le loggesono in fermento: mentre le fronde pacifistesi fanno sentire, altri massoni si avvicinanoall’area nazionalista. Inoltre, il rinnovatocoinvolgimento dei cattolici di FilippoMeda nel governo sembra sancire un appa-rente fallimento della scommessa giocatada Ferrari nell’estate del 1914. La Masso-neria vive la fase più critica del decennio.Il Gran Maestro Ferrari rassegna le dimis-sioni, e al suo posto le logge indicano inAchille Ballori, Sovrano gran commenda-tore del Rito scozzese, il suo successore. Mail 31 ottobre 1917, mentre l’Italia attonitaassiste alle conseguenze disastrose delladébacle di Caporetto, il Gran Maestro inse-diando viene ucciso in un attentato. L’as-sassino è un alienato, ma non sono pochi ifratelli che leggono in quell’atto il risultatodi una campagna d’odio verso l’Ordinemassonico italiano. Chiamata all’appello, la Libera Muratoriaindividua nell’anziano Ernesto Nathanl’unica alternativa possibile: già Gran Mae-stro prima di Ferrari, Nathan è stato un ap-prezzato sindaco della Capitale e ha ottimirapporti con le istituzioni. La sua GranMaestranza coinciderà con l’ultima fase delconflitto: nel tentativo di rilanciare la cre-dibilità dell’Ordine, Nathan intensifica lacampagna patriottica, da un lato attaccandocon durezza socialisti, cattolici e giolittiani,dall’altro rilanciando il tema dei confinipostbellici rivendicando per l’Italia, oltrealle “terre irredente” fino a Fiume, anchel’intera Dalmazia. Quelle terre, dice il ne-

oinsediato Gran maestro, sono popolate damaggioranze slave soggiogate a preti catto-lici, popi ortodossi, ulèma mussulmani esolo l’arrivo di un’Italia democratica, mo-derna e laica potrà rilanciare lo sviluppo ci-vile, economico e sociale di quella regione.Ma l’estremizzazione del ragionamentospinge molti deputati massoni ad aderire alFascio parlamentare della destra nazionali-sta; di contro, appaiono iniziative disten-sive e antiannessioniste di altri liberimuratori come il grande geografo Arcan-gelo Ghisleri, che nell’aprile 1918 partecipaa un “Congresso dei popoli oppressi” alloscopo di ribadire il principio di buon vici-nato con la costituenda Jugoslavia. Nathanè costretto a moderare i toni, rinviando aldopoguerra ogni decisione e facendo ap-pello all’Italia per l’ultima, grande mobili-tazione nazionale in appoggio dei soldatiche sul Grappa e sul Piave stanno strenua-mente difendendo i confini della patria. Negli ultimi mesi di guerra, la Massoneriaitaliana concentrerà i suoi sforzi sull’impe-gno solidale verso i combattenti e le lorofamiglie, ottenendo dopo la vittoria del 4novembre 1918 il riconoscimento del pre-sidente del Consiglio Orlando e di altriesponenti delle istituzioni. Ma quel mondonuovo auspicato da Ferrari e Nathan chesarebbe scaturito dall’immane massacrodel 1914-18 sarà molto diverso da quelloche era stato auspicato. Lo Stato nato dalRisorgimento, anche per merito di tantimassoni, si sarebbe infranto irrimediabil-mente contro lo stato nascente dei nuovi to-talitarismi.

Bibliografia di riferimento

• Bandini G., La Massoneria per la guerra nazionale(1914-1915). Discorso detto a Palazzo Giustiniani ilXXIV maggio 1924, a cura della Massoneria Romana,Roma 1924• Cazzaniga G.M., Marinucci M., Per una storia dellaCarboneria dopo l’unità d’Italia (1861-1975), Roma,“Quaderni degli Accademici Incolti’ 17, Gaffi 2014.• Conti F., Storia della Massoneria italiana. Dal Ri-

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sorgimento al fascismo, Bologna, Il Mulino 2003• Fedele S., Tra impegno per la pace e lotta antifasci-sta: l’azione internazionale della Massoneria italianatra le due guerre, in: A. Baglio, S. Fedele, V. Schirripa,Per la pace in Europa: istanze internazionaliste e im-pegno antifascista, Messina, Università degli Studi diMessina, Dipartimento di Studi sulla Civiltà Moderna2007• Isastia A.M., Ettore Ferrari, Ernesto Nathan e ilcongresso massonico del 1917 a Parigi, “Il Risorgi-mento”, anno XLVII (1995), n. 3 • Marabini C., La rossa avanguardia dell’Argonna.Diario di un garibaldino alla guerra franco-tedesca,Milano, Ravà 1915• Mola A.A., Storia della Massoneria italiana: dalle

origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani 2008• Nathan E., La Massoneria, la guerra e i loro fini,Milano/Roma/Napoli, Società editrice Dante Alighieri1918• Premuti C., Come Roma preparò la Guerra, Roma,Società tipografica italiana 1923• Staderini A., La massoneria italiana fra interven-tismo e fronte interno, in: La massoneria italiana daGiolitti a Mussolini. Il gran maestro Domizio Torri-giani, a cura di F. Conti, Roma, Vietta 2014• Vento A., Stellette d’Oriente. Note sui rapporti tral’Esercito italiano e la Massoneria dal Risorgimentoalla Guerra fredda, in: All’Oriente d’Italia, a cura diM. Rizzardini e A. Vento, Soveria Mannelli (CZ),Rubbettino 2013

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Ernesto Nathan in visita allo Zoo di Roma nel 1908

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Il nome di Ferdinando Zannetti salì allaribalta delle cronache italiane ed inter-nazionali nell'autunno del 1862,

quando (il 23 novembre) riuscì ad estrarreil proiettile che aveva ferito Garibaldi alpiede destro, durante il conflitto a fuoco fravolontari e regolari avvenuto sull'Aspro-monte il 29 agosto. Si susseguirono alloralettere di congratulazioni, indirizzi diplauso, componimenti poetici, riconosci-menti e medaglie da ogni parte d'Italia edanche dall'estero. Quello che l'entusiasmo popolare definì “ilsalvatore di Garibaldi” non si distinguevasoltanto per la grande competenza medico-chirurgica, ma aveva alle spalle un lumi-noso passato di patriota e di combattenteper l'Italia unita, degno di essere cono-sciuto e ricordato ancora oggi. Zannetti era nato a Monte San Savino, oggiin provincia di Arezzo, il 31 marzo 1801, daFrancesco (originario di Galeata, nella Ro-magna toscana) e da Maria Cerboni: ilpadre morì presto e la numerosa famigliasi trasferì a Firenze, ove visse con estrema

modestia. Ferdinando, terzogenito, com-piuti gli studi dagli Scolopi, si matricolò inchirurgia nel 1826. Laureatosi due annidopo in Medicina presso l'Università diPisa, iniziò ad esercitare all'Ospedale diSanta Maria Nuova, a Firenze, ricoprendovari incarichi: aiuto, chirurgo fiscale, pro-fessore di anatomia umana, direttore deglistabilimenti anatomici. La sua fama andòprogressivamente crescendo in città e nelgranducato, frutto di merito indiscusso maanche di particolari doti caratteriali edumane, così come del suo prodigarsi a fa-vore dei più indigenti. Animato da ideali patriottici e liberali, siavvicinò alla Giovine Italia e fu affiliatoalla Massoneria, come ricordava generica-mente un necrologio apparso su “La Na-zione” (10 marzo 1881) all'indomani dellamorte. In prima fila nella stagione riformi-sta del 1846-'47, si arruolò fra i volontari il22 marzo 1848, non appena giunse a Fi-renze la notizia dell'insurrezione milanesecontro l'Austria. Fu subito nominato chi-rurgo-maggiore del primo battaglione dellaGuardia Civica fiorentina ma volle condi-videre la sorte dei semplici militi, mar-ciando continuamente a piedi, dimorandoin capanne e all'aria aperta, per aver mododi correggere le abitudini sbagliate dei vo-lontari e prevenire malattie piccole egrandi, sempre in agguato per i non avvezzialle fatiche della vita militare. L'entusia-smo dei tanti borghesi accorsi per combat-tere in Lombardia era pariall'improvvisazione e proprio per questo ilruolo di Zannetti divenne fondamentaledurante la lunga marcia attraverso gli Ap-pennini e le pianure modenesi, fino ad ar-rivare a Curtatone e Montanara, alle portedi Mantova, al cui assedio le truppe gran-ducali parteciparono insieme a quelle pie-montesi. Il passaggio del Po suscitò in lui

FERDINANDO ZANNETTI:IL MEDICO CHE SALVÒ GARIBALDI

di Gabriele Paolini

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Ritratto di Ferdinando Zannetti

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particolare commozione, anche perchè siaccompagnò alla consegna ai reparti del tri-colore, “la Bandiera che Dio, giusto confi-natore delle nazioni, volle e vuole che siail vero e il solo vessillo per tutta Italia”. A fine aprile il comandante generale delleforze toscane destinò Zannetti alla guida ditutta la Sanità militare, compito arduo per-chè di fatto essa esisteva solo sulla carta. Sitrattava di reperire e adattare al bisognocase private o locali pubblici nelle imme-diate vicinanze e se per il personale si po-teva attingere fra i numerosi medicipresenti nei vari corpi, mancavano mate-riali e medicinali, in particolare carri-am-bulanza “per il conveniente ed umanotrasporto dei malati e dei feriti”: vi si ovviòapprontando dei barrocci a due ruote, leg-geri ed equilibrati, guidati da un solouomo, cui poi si aggiunsero tre ambulanze,appositamente donate da un comitato fem-minile milanese. Nel giro di un mese, quando non era man-cata più volte la prova del fuoco, il Serviziovenne organizzato in tutti i suoi dettagli eil 26 maggio risultava approvato perfino unorganico regolamento disciplinare per gliospedali e le funzioni al campo. Tre giornidopo le forze toscane si trovarono impe-gnate a sostenere il peso di quasi tuttol'esercito austriaco presente fra Verona eMantova, guidato dal Maresciallo Ra-detzky in persona. Con molte ore di resi-stenza, “straordinariamente energica, anzieroica”, secondo quanto ammesso dallastessa relazione ufficiale asburgica, fu sven-tata la manovra avvolgente che aveva perfine quello di prendere alle spalle l'esercitopiemontese impegnato nell'assedio di Pe-schiera. Lo scontro vide Zannetti fare laspola tra la prima linea e le retrovie, cu-rando personalmente i feriti più gravi esmistandoli nei vari ospedali da campo.Salvò così molte vite e neppure nei giorniseguenti risparmiò sforzi professionali edumani, imponendosi all'ammirazione ditutti: un decreto granducale del 30 giugnolo insignì della medaglia d'onore “pel me-raviglioso amore onde assisté con suo

sommo pericolo i feriti sul campo”. In quello stesso periodo, alle prime ele-zioni politiche tenutesi dopo la concessionedello Statuto, Zannetti risultò eletto depu-tato, carica rifiutata per non dover lasciaregli uomini affidati alle sue cure. Con essirimase sempre anche durante i convulsigiorni della ritirata, quando le truppe to-scane seguirono parte delle forze piemon-tesi, ripiegando prima a Parma quindi oltregli Appennini. Al momento di smobilitare,un ordine del giorno del comando generalerendeva omaggio al suo attivismo e alla suamodestia, che ne avevano fatto “lo spec-chio, l'esempio, l'ammirazione dell'interaarmata”. Un'eloquente manifestazione ditali sentimenti è rappresentata dalla telache alcuni combattenti commissionarono aGiuseppe Moricci, pittore lombardo di va-glia allora attivo a Firenze. Il quadro raffi-gura Zannetti impegnato a prestaresoccorso a un soldato sul campo di batta-glia, mentre sullo sfondo altri militi tra-sportano i feriti in barella. Nei mesi seguenti, contraddistinti in To-scana dal prevalere dei democratico-repub-blicani, partecipò attivamente alla vitapolitica e in novembre accettò l'elezione adeputato, a seguito di nuove consultazioni.Dopo la fuga del granduca Leopoldo II (9febbraio 1849) e la formazione del governoprovvisorio presieduto da Guerrazzi, Mon-tanelli e Mazzoni (il futuro Gran Maestrodella Massoneria italiana negli anni Set-tanta), fu chiamato al comando della Guar-dia Nazionale di Firenze: pur in un climadi forte contrapposizione, la sua nomina fuuniversalmente applaudita e si impose atutti i partiti. Il medico-patriota riuscì asvolgere un ruolo di mediazione ed equili-brio, specie quando – dopo la definitivasconfitta piemontese a Novara – anche lesorti del triumvirato toscano apparvero se-gnate. Il 12 aprile sottrasse Guerrazzi (manon riuscì ad evitarne l'arresto) al furoredelle turbe reazionarie calate a Firenzedalla campagna e inneggianti al granduca:quattro giorni dopo si dimise dal comandodella Guardia.

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La condotta di Zannetti rifulse particolar-mente all'indomani del ritorno del gran-duca, invano atteso come sovranocostituzionale e invece giunto con le truppeaustriache. Il 29 luglio 1849, “solamente inobbedienza agli impulsi di un sentimentocoscienzioso e in onoranza religiosa ai fra-telli morti nei campi di Curtatone e Mon-tanara” restituì al sovrano la decorazionedell'Ordine di San Giuseppe, offeso perl'assegnazione fatta da Leopoldo II di taletitolo cavalleresco a molti ufficiali asbur-gici. Un deciso e solenne atto di protestaper la politica reazionaria e anti-nazionaleintrapresa dal governo restaurato, che reagìsubito privando Zannetti della cattedra edestituendolo dagli altri impieghi pubblici.Si dedicò alla professione privata e congrande coraggio civile ribadì l'anno se-guente i suoi ideali, dando alle stampe unrendiconto della sua attività alla guidadella Sanità militare, pubblicando il rela-tivo carteggio e corredandolo di un'intro-duzione dai vibranti toni politici. Sfidandola censura (che non osò intervenire) Zan-netti dedicò il volume ai suoi scolari diSanta Maria Nuova, dai quali lo aveva di-viso dopo 22 anni “un giudizio d'uomini”,incapace però di di operare sul pensiero el'affetto. Definiva la recente campagna mi-litare “giusta e santa”, tanto apparente-mente fortunata al principio quantoinfelice “per le consuete e ruinose discordiedi noi Italiani” e per la “non ferma e sicurafede” di alcuni fra quei sovrani che a quellaguerra avevano pure acconsentito che i ri-spettivi popoli partecipassero. Criticavainoltre “l'intemperanza di una libertà cheprima voleva essere solidamente e comple-tamente assicurata dagli attacchi del-l'estero, anziché per incessantiimprontitudini ed esagerazioni” fatta ber-saglio degli avversari domestici e stranieri.Concludeva dicendosi pronto a prestarenuovamente la sua opera “appena il ditodell'Eterno accennando all'Italia (e il dìverrà)” le avesse gridato surge et ambula.Il momento preconizzato sarebbe giuntoquasi dieci anni dopo, nella primavera del

1859, quando – rovesciato il granduca dalmoto fiorentino del 27 aprile – la Toscanapartecipò alla Seconda Guerra d'Indipen-denza e Zannetti poté riprendere l'insegna-mento e la guida della Sanità militare conil grado di maggiore. Eletto deputato nellaCamera che in agostò votò la decadenza deiLorena, dopo il plebiscito del marzo 1860fu nominato senatore da Vittorio EmanueleII, anche se non prese mai parte ai lavoridell'assemblea, probabilmente in omaggioai suoi sentimenti repubblicani. Attivissimo nei comitati a sostegno delleimprese garibaldine, nel 1860 ed anche inseguito, già in buoni rapporti con il Gene-rale, fu ovviamente consultato subito dopol'arrivo dell'illustre ferito al Varignano, nelsettembre 1862, che visitò più volte con icolleghi Pietro Ripari, Giuseppe Basile,Enrico Albanese e molti altri. Dopo ripetutied accesi consulti fra i medici, una volta ac-certata la presenza di parte del proiettilenella ferita (alcuni sostenevano il contra-rio), toccò a Zannetti l'onere dell'estra-zione, eseguita facilmente e senza nessundolore per il malato. Non si vantò mai dellapropria abilità e anzi volle attribuire il ri-sultato all’opera complessiva svolta daglialtri medici e dai curanti stessi: ne fannofede le risposte agli Indirizzi di congratu-lazione presentategli da varie parti d’Italianel dicembre 1862. Rivolgendosi ai grosse-tani parlò della sua come di “una manovrachirurgica di poco momento”, agevolatadalla “sapienza di tanti sommi Chirurghiitaliani e stranieri”. “Se l’animo mio – cosìsi rivolse invece ai cittadini di Comacchio– ebbe a vera contentezza la estrazione dellapalla dal piede del sommo Capitano, nonne insuperbiva però illudendomi dell’ideadi avere compiuto una pagina ardua e diabilissima chirurgia”.Il 27 luglio 1863 Zannetti fu iniziato LiberoMuratore nella loggia “La Concordia” di Fi-renze: quattro giorni dopo l'inaugurazionedel relativo tempio, in via della VignaNuova. Una scelta di grande significato,perché con la sua adesione, compiuta alculmine della popolarità, intendeva contri-

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buire al radicamento e alla diffusione del-l'istituzione massonica sulle rive dell'Arno.La loggia era stata fondata solo due anniprima, il 15 giugno 1861, da undici “fra-telli” senza particolari posizioni di spiccoper le rispettive attività politiche, culturalie sociali: fu subito accolta nel GrandeOriente Italiano, allora con sede a Torino.In poco più di un anno registrò 133 inizia-zioni e 11 affiliazioni, che ne fecero unpunto di riferimento della vita cittadina eun luogo di aggregazione per quei cetiemergenti, espressi dalla borghesia laicapiù attiva e dinamica. L'8 aprile 1870 Zannetti fu promosso Com-pagno d'Arte e il successivo 4 luglio venneelevato al grado di Maestro. Quello stessoanno lasciò l'insegnamento ma non certo laprofessione, esercitata allora con partico-lare profitto dei poveri e dei più bisognosi.Terminò la sua operosa giornata il 3 marzo1881 e, con la stessa modestia con cui eravissuto, lasciò disposizioni precise affinchéi funerali avvenissero con la massima sem-plicità. A buon diritto la lapide apposta allasua abitazione, a pochi passi da piazza delDuomo, lo ricorda ancora oggi “per laScienza onorata sulla cattedra, esercitatanel Popolo con carità e per l’amore all’Ita-lia, serbato in ogni tempo eguale, vivo, in-corrotto”.

Bibliografia di riferimento

• Ferdinando Zannetti, Rendiconto generale del ser-vizio sanitario dell'armata toscana spedita in Lom-bardia per la guerra dell'indipendenza, TipografiaItaliana, Firenze, 1850.• Ferdinando Martini, Il Quarantotto in Toscana.Diario inedito del conte Luigi Passerini, Bemporad,Firenze, 1918.• Sergio Goretti, Logge e massoni nella Firenze postu-nitaria (1861-1866), “Rassegna Storica Toscana”,XLI, 1995, n.1, pp.65-84.• Medicina, Chirurgia e Politica nell’Ottocento to-scano. L’archivio di Ferdinando Zannetti, a cura diDonatella Lippi. Inventario del Fondo Zannetti a curadi Beatrice Biagioli, Firenze University Press, Firenze,2003.• La ferita di Garibaldi ad Aspromonte. Documenti elettere inedite a Ferdinando Zannetti, a cura di Ga-briele Paolini, Polistampa, Firenze, 2004.• La massoneria a Firenze. Dall'età dei Lumi al se-condo Novecento, a cura di Fulvio Conti, Il Mulino,Bologna, 2007. • Vittorio Gnocchini, Logge e Massoni in Toscana dal1737 al 1925, Erasmo edizioni, Roma, 2010.• Garibaldi fu ferito … Il medico Ferdinando Zan-netti (1801-1881): patria, civiltà, scienza, a cura diFrancesca Fiorelli Malesci e Marta Gori, Polistampa,Firenze, 2011.• Fulvio Conti, Firenze massonica. Il libro matricoladella Loggia Concordia 1861-1921, Polistampa, Fi-renze, 2012.

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Targa in ricordo di Zanetti a Palazzo Castelli, Firenze

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L’origine della Massoneria costituisceun tema di straordinario interesseche ben difficilmente potrà essere

chiarito una volta per tutte. Per quanto nu-merosi siano i dati a disposizione degli sto-rici, essi non permettono ancora di deciderein maniera conclusiva a favore di questa oquella teoria rivale. Ci si deve accontentaredi ipotesi, di congetture, che hanno però unelevato grado di probabilità. Se non è possibile stabilire con certezza dadove la Massoneria proviene, è tuttaviapossibile stabilire con certezza da dove nonproviene: non fu una creazione dell’uma-nità post-diluviana, dell’antico Egitto, deiprimi cristiani o dei Templari piuttosto chedei Rosacroce. Accanto a queste spiega-zioni, più o meno stravaganti, ve ne sonoaltre che chiamano in causa i Maestri Co-macini, gli Steinmetzen tedeschi e i Compa-gnonaggi francesi; malgrado la loromaggiore aderenza ai fatti storici, anch’essesi sono rivelate inaffidabili. La strada più

sicura da percorrere è quella che ci riportaai costruttori medievali anglo-scozzesi. È in questa direzione che si sono concen-trati gli studi della massonologia scienti-fica, affermatasi in Inghilterra sul finiredell’Ottocento con la nascita della QuatuorCoronati Lodge, la prima loggia di ricerca almondo. Autori come R. F. Gould, D.Knoop, G. P. Jones e soprattutto H. Carrformularono la cosiddetta teoria della tran-sizione, che si è guadagnata col tempo lo sta-tus di teoria classica sulla genesi dellaLibera Muratoria. Essa afferma che la Mas-soneria moderna o speculativa é derivatadirettamente dall’antica Massoneria opera-tiva o di mestiere attraverso il fenomenodell’accettazione. Dopo l’anno Mille l’Europa fu interessatada una ripresa demografica, economica eculturale che favorì la rinascita della vitaurbana, la quale diede a sua volta nuovoimpulso all’Arte muratoria. Iniziarono acomparire in tutto l’Occidente organizza-zioni professionali di costruttori che, a se-conda del paese d’origine, assunsero le piùvarie fisionomie associative: confraternite,corporazioni, compagnonaggi. In Scozia edInghilterra le associazioni muratorie co-nobbero però, grazie all’accettazione,un’evoluzione del tutto peculiare. Per ‘ac-cettazione’ si intende l’ammissione nellaMassoneria operativa di membri non-ope-rativi, ovvero di persone estranee all’Artemuratoria: artigiani di altri mestieri, nobili,borghesi, ecclesiastici, intellettuali. Colpassare del tempo i non-operativi avreb-bero preso nelle logge il sopravvento suglioperativi, trasformando l’originaria asso-ciazione di mestiere in un’istituzione cheperseguiva finalità sociali, culturali, carita-tive, morali e spirituali. Nella seconda metàdel XVII secolo il processo di transizionepoteva dirsi compiuto. Nasceva così la

ORIGINI STORICHE DELLA MASSONERIA

di Flaviano Scorticati

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“The Goose and the Gridiron”

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Massoneria moderna o speculativa, defi-nita dagli anglosassoni “un particolare si-stema di insegnamento morale, velato daallegorie e illustrato da simboli”. A soste-gno di questa ricostruzione si citano di so-lito i registri della Compagnia dei Muratoridi Londra, istituzione operativa risalente alMedioevo, dai quali si evincerebbe che nelXVII secolo esisteva al suo interno unasorta di loggia, di cui facevano parte siamassoni di mestiere, sia massoni accettati.L’esistenza di questa loggia è l’anello man-cante che dimostrerebbe la validità delloschema: Massoneria operativa – transizione– Massoneria speculativa.1

Nel 1978 la teoria della transizione vieneattaccata da E. Ward – anch’egli membrodella Quatuor Coronati – non sulla base dinuovi documenti, ma in virtù di una di-versa interpretazione di quelli già noti. Eglisostiene che prove di una progressiva pe-netrazione di elementi non-operativi nellelogge esistono in realtà solo per quanto ri-guarda la Scozia. Ma qui l’ammissione diindividui estranei al mestiere non produssealcun mutamento all’interno delle logge, lequali conservarono un carattere stretta-mente operativo. D’altra parte l’esistenza diuna Massoneria non-operativa è attestatain Inghilterra nel 1646, anno in cui l’anti-quario ed erudito Elias Ashmole vennefatto massone in una loggia a Warrington,nel Lancashire. Tutti questi dati portanoWard alla conclusione che la Massonerianacque in Inghilterra e che fu speculativafin dal suo apparire. La tesi di una filiazionedella Massoneria moderna o speculativadalla Massoneria operativa o di mestieredeve quindi essere respinta in quanto nondimostrabile.«É un luogo comune affermare che fin daitempi più antichi, sui quali siamo docu-mentati, delle organizzazioni di mestieremedievali erano solite scegliere comemembri dei personaggi importanti che nonavevano direttamente a che fare con le loroattività professionali. Non abbiamo prove chedelle società di massoni di mestiere inglesi abbianomai fatto questo, ma gli archivi delle logge

massoniche scozzesi mostrano che esse ave-vano avuto membri del genere a partire dal1634. Tuttavia è storicamente importanteche, malgrado l’afflusso di questi non-ope-rativi, le logge scozzesi senza eccezione ab-biano mantenuto un carattere e delle usanzeoperative fino a diciottesimo secolo inoltrato.[…] In Inghilterra si sviluppò una situa-zione completamente diversa e senza pre-cedenti nel XVII secolo, quandocominciarono ad apparire delle logge chedalla loro origine erano indipendenti dal me-stiere del massone.»2

All’ipotesi della transizione è così suben-trata quella del prestito, secondo cui la Mas-soneria speculativa sarebbe stata creataprendendo deliberatamente a prestito testied usanze della Massoneria operativa, main maniera del tutto unilaterale, senza au-torizzazione, né filiazione diretta. Se vi fuun legame con la tradizione operativa, sitrattò di un legame indiretto, frutto di unaprecisa, consapevole volontà di appropria-zione. La messa in discussione della teoria dellatransizione stimolò gli storici della QuatuorCoronati a cercare spiegazioni alternative. W.Seal-Coon, per esempio, ipotizza che laMassoneria speculativa sia nata come co-pertura per riunioni cospirative stuardistenel decennio 1640, all’epoca dello scontrotra la Corona e il Parlamento. Poi, durantela Repubblica, le logge decisero di entrarein letargo, rinunciando alle proprie riven-dicazioni. Tornate sulla scena a Restaura-zione avvenuta, si proposero come luoghidi convivialità e concordia civile, da cui ildivieto di discutere in loggia di questionipolitiche e religiose. Attraverso l’esame di alcune versioni degliAntichi Doveri redatte nella seconda metàdel Cinquecento, C. Dyer nega che la Li-bera Muratoria possa ricollegarsi al me-stiere della costruzione e ne sottolineal’origine religiosa. Essa sarebbe comparsasotto il regno di Elisabetta I ad opera digruppi di dissidenti cattolici e protestantiradicali, costretti a praticare in segretezza illoro culto in una fase storica che vedeva il

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consolidamento della Chiesa anglicana.Tuttavia Dyer non esclude la possibilità dicollocare la nuova fratellanza nell’ambitodel pensiero ermetico e cabalistico del Ri-nascimento, che rispetto al Continenteebbe in Inghilterra una fioritura tardiva. Anche C. N. Batham suggerisce una letturadi tipo religioso, ma nel suo caso il colle-gamento è con determinati cenacoli riser-vati presenti all’interno dei monasteri.Questi cenacoli sopravvissero alla dissolu-zione degli ordini monastici da parte delladinastia Tudor e condussero un’esistenzasotterranea fino alla fine del XVI secolo oagli inizi del successivo, per riemergere intempi più favorevoli. È dalla loro espan-sione ed evoluzione che sorse la Massone-ria speculativa quale oggi la conosciamo.Batham riconosce che la sua resta un’ipo-tesi che ancora non può essere dimostrata,ma aggiunge che ciò vale anche per le altreteorie, compresa quella classica della tran-sizione. Di notevole interesse è la proposta di A.Durr, che pone invece l’accento sulla di-mensione sociale e caritativa, recuperandoin qualche modo lo sfondo operativo dellateoria classica. A suo giudizio le logge in-glesi del XVII secolo, nonostante non eser-citassero più alcun controllosull’organizzazione del mestiere, non ave-vano perduto del tutto il loro carattere ori-ginario, giacché in esse gli operativi, comei documenti ci dicono, erano di gran lungamaggioritari. Non ancora speculative, lelogge si presentavano piuttosto come asso-ciazioni di tipo conviviale e solidaristico, lacui storia si inserirebbe a pieno titolo inquella delle confraternite di mutuo soc-corso, diffuse all’epoca in tutta l’Inghil-terra. Sappiamo in effetti di associazionilegate ai mestieri che si riunivano nelle ta-verne e prevedevano dei rituali di inizia-zione. Divennero note come Box Clubsperché durante le riunioni ciascuno deipartecipanti versava in una cassetta (box)una quota a beneficio dei fratelli che si fos-sero trovati in difficoltà. Poiché da un certomomento vennero ammessi anche membri

estranei al mestiere, si è sostenuto che laLibera Muratoria possa essere derivata daun Box Club per massoni operativi grazieall’apporto di elementi non-operativi. Nel 1988 fu pubblicato il libro The Originsof Freemasonry di D. Stevenson, uno storicodell’università di St. Andrews, il quale, cri-ticando la prospettiva troppo anglocentricadi tanti studi sull’argomento, si pronun-ciava a favore della pista scozzese. In primoluogo, se si esaminano imparzialmente letestimonianze sugli esordi della Massone-ria, non si può non notare come la maggiorparte di esse faccia riferimento alla Scozia,non all’Inghilterra. Scozzese era per l’ap-punto William Schaw, che in veste di Mae-stro delle Opere della Corona eSorvegliante generale dei Massoni, pro-mulgò nel 1598 e 1599 due statuti che re-golamentavano in maniera innovatival’organizzazione del lavoro muratorio. Peril fatto di avere istituito una rete di loggepermanenti a cui veniva attribuito un po-tere giurisdizionale che prima non avevanoe, soprattutto, per avere introdotto nelleusanze del mestiere contenuti tipici del-l’esoterismo rinascimentale, gli statuti diSchaw segnarono, secondo Stevenson, unasvolta rispetto alla tradizione medievale egettarono le basi della Massoneria mo-derna. «Il contributo medievale, relativo all’orga-nizzazione e alla leggenda del mestiere,fornì alcuni degli ingredienti essenziali allaformazione della massoneria, ma il pro-cesso di combinarli con altri ingredientinon ebbe luogo fino agli anni intorno al1600, ed ebbe luogo in Scozia. Aspetti delpensiero del Rinascimento vennero alloraaggiunti alle leggende medievali, con unastruttura istituzionale basata su logge e i ri-tuali e le procedure segrete di riconosci-mento note come Mason Word. È in questafase avanzata del Rinascimento scozzese…che venne creata la massoneria moderna.»3

Le logge scozzesi restarono a lungo opera-tive, ma ciò non impedì loro di custodire,come osserva Stevenson, una dimensioneesoterica in grado di attirare individui

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estranei al mestiere, come Sir RobertMoray, soldato, filosofo, ingegnere e primopresidente della Royal Society, che fu am-messo in una loggia di massoni operativi il20 maggio 1641. «Nei suoi interessi per l’Ermetismo, il Ro-sacrocianesimo, l’alchimia e i simboli eglicaratterizza il tipo di influenze del tardo Ri-nascimento che avevano dato i natali allaMassoneria scozzese all’epoca di WilliamSchaw. Nei suoi interessi scientifici, nellesue tendenze deistiche, nel suo culto del-l’amicizia e della sociabilità egli riflette in-fluenze che guardano al futuro, all’etàdell’Illuminismo, piuttosto che al passato,al Rinascimento.»4

Per Stevenson la Massoneria moderna èdunque il prodotto di una lunga evolu-zione che si snoda attraverso tre fasi stori-che principali: il Medioevo, ilRinascimento, l’Illuminismo. Nasce pro-priamente in epoca rinascimentale grazieallo scozzese William Schaw, ma basandosisu tradizioni medievali, e raggiunge unaforma compiuta durante l’Illuminismo conil contributo delle logge inglesi. Queste as-sunsero la guida dello sviluppo della Li-bera Muratoria agli inizi del XVIII secolo,anche se l’influenza scozzese rimase forte.Le logge inglesi si distinguevano dallescozzesi perché non avevano un caratterepermanente (le loro riunioni erano saltua-rie) e perché sembra che non discendesseroda quelle operative, ma fossero fin dall’ini-zio la creazione di gruppi di gentiluominiche adattarono alle proprie esigenze prati-che ed usanze di origine scozzese. Grazie all’opera di Stevenson viene oggi at-tribuito alla Scozia un ruolo decisamentepiù importante rispetto a prima. Tuttavia lasua tesi di un contenuto esoterico già pre-sente nella Massoneria operativa scozzesedel tardo Rinascimento non appare così so-lida. É più esatto affermare che in essa vifossero tutt’al più delle potenzialità esoteri-che che i non-operativi come Moray sep-pero in qualche modo sviluppare. Ma inogni caso i non-operativi, detti anche Gen-tlemen Masons, non modificarono affatto il

carattere operativo delle logge scozzesi –cosa peraltro riconosciuta dallo stesso Ste-venson. Allo storico e libero muratore francese R.Dachez va il merito di aver messo a puntouna teoria sintetica, così chiamata perchétenta di comporre i principali punti di vistasull’argomento in un quadro coerente.Verso la metà o la fine del XVII secolo tro-viamo in Scozia e nel nord dell’Inghilterradei Gentlemen Masons accomunati da un forteinteresse per l’ermetismo, il neoplatonismorinascimentale, le dottrine rosacrociane.Secondo Dachez costoro diedero vita agruppi riservati prendendo a prestito leforme rituali e i segni segreti di riconosci-mento della Massoneria operativa scozzese.Erano gruppi itineranti, senza collega-mento tra loro e formati da pochi individui.Si può allora immaginare che alcuni diquesti Gentlemen Masons siano venuti a con-tatto in Inghilterra con confraternite mura-torie di tipo assistenziale e solidaristico eche dal loro incontro sia nata a Londra edintorni una Massoneria non-operativa, laquale acquisì una fisionomia definitiva-mente speculativa solo dopo la costituzionedella Gran Loggia nel 1717.5

In conclusione, sembra proprio che la Mas-soneria moderna prese forma nel XVII se-colo nelle zone di confine tra Scozia edInghilterra. La loggia che ammise Moraynel 1641 era di Edimburgo, ma all’epoca sitrovava temporaneamente nel nord dell’In-ghilterra perché i due Paesi erano in guerrae la Scozia aveva occupato parte del terri-torio nemico. Anche la città di Warrington,che ospitava la loggia in cui venne accettatoAshmole nel 1646, era nel nord dell’Inghil-terra. Vi furono frequenti scambi tra i duePaesi e dopo l’Atto di Unione del 1707, concui divennero un solo Regno, è ovvio chetali scambi si intensifìcarono. E non è forsesignificativo che il Rev. Anderson, l’autoredel testo più noto della Massoneria inglese,cioè le Costituzioni dei Liberi Muratori, fossenativo di Aberdeen e che suo padre fossemembro di una loggia di quella città scoz-zese?

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Note

1 Per la teoria della transizione cfr. H. Carr, Thetransition from operative to speculative Masonry, ArsQuatuor Coronatorum 69, 1956. 2 La citazione di Ward è tratta da Lhomme, Mai-sondieu, Tomaso, Nouveau dictionnaire thématiqueillustré de la Franc-Maçonnerie, Dervy, Paris 2004,

pp.310–311. Cfr. anche E. Ward, The Birth of FreeMasonry, Ars Quatuor Coronatorum 91, 1978. 3 D. Stevenson, The Origins of Freemasonry, Cam-bridge University Press 2005, p. 6. 4 Ibidem, p. 189. 5 Cfr. R. Dachez, L’invention de la Franc-maçonne-rie. Des opératifs aux spéculatifs, Éditions Véga,Paris 2008, pp. 290–300.

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Quadro di Apprendista, 1815

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Il 23 marzo 1919, a Palazzo Castani, nellamilanese piazza San Sepolcro, una qua-rantina di persone si riuniscono per fon-

dare i Fasci di combattimento. Tra questi,diciassette sono Fratelli del Goi mentrequattro risultano provenienti dalla Masso-neria di Piazza del Gesù. A ciò si aggiungache, tra gli aderenti al programma dei Fasci,sebbene assenti dalla riunione sansepol-crina, figura una ventina di giustinianei, trai quali Angelo Andres, garibaldino dellaprima ora, celebre zoologo e membro dellaloggia Alberico Gentili di Parma. La prestigiosa sede, messa a disposizione daCesare Goldman, autorevole personaggiomassonico al pari di Roberto Farinacci, exsocialista e interventista - di lì a poco desti-nato a divenire dirigente del Fascio - in so-stanza, diede la luce a un movimento al cuiinterno un non piccolo ruolo veniva giocatoda un’eterogenea schiera di Fratelli del Goiprovenienti, tendenzialmente, dalla mili-tanza garibaldina, socialista e interventista1.Entro subito in medias res cercando di dareuna risposta al quesito seguente: se la cospi-

cua presenza di Fratelli all’atto dinascita del fascismo ci può portare aconcludere che il Goi ne sia stato ilprincipale artefice. Dirò subito chela Massoneria effettivamente videnel fascismo-movimento delle ori-gini - per riprendere la terminologiatanto celebre quanto corretta diRenzo De Felice che, con la sua di-stinzione tra un fascismo movimen-tista, repubblicano, socialistoide eanticlericale e un fascismo-regimetotalitario ha fornito tante preziose enuove possibilità di lettura di un fe-nomeno politico quanto mai ambi-guo e di difficile interpretazione - unnaturale alleato; ciò nondimeno, vacompreso che il programma dei

Fasci di combattimento era il risultato del-l’intreccio di idee e uomini di varie appar-tenenze: si andava dagli interventisti aidemo-radicali, fino ai sindacalisti rivoluzio-nari, seguendo tempi e modi di un processocoagulativo che attraversò anche la Famigliamassonica. Ora, l’Ordine, al pari del cetomedio, di cui può dirsi una emanazione sto-rica, culturale e politica, ne fu inevitabil-mente influenzato, nella misura in cui lacontingenza storica sempre determina leidee e l’operato degli uomini e delle istitu-zioni. E qual era la forma concreta di talecontingenza storica? Da erede del Risorgi-mento e da importante segmento dellaclasse dirigente del paese, l’Istituzione erachiamata a rispondere in modo concreto efattivo all’emergenza sociale; sotto questoaspetto, inevitabile fu il contatto con i san-sepolcristi, con i quali condivideva tantol’antisocialismo e l’antibolscevismo quantoil progetto di costruire un nuovo italiano,l’homo novus di una patria rifondata cheavrebbe dovuto versare, se necessario, le la-crime e il sangue di una guerra - interna e/o

MASSONERIA E FASCISMO

di Marco Adorni

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La nota con la quale il G:. M:. Agg:. Eugenio Chiesachiede l'ammissione del GOI in esilio all'Associazione

massonica internazionale (1930)

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esterna - purificatrice e rinnovatrice. Qualera lo stato del paese e del sentimento patrionel 1919?Dopo la fine della Grande Guerra, il Regnod’Italia sembrava sul punto di cadere inpreda a una rovinosa guerra civile, in tuttosimile a quella scatenata dai bolscevichi inRussia. Nel 1919, l’Italia era il paese in cuisembrava più probabile e imminente l’in-staurazione di una dittatura rossa. L’esi-genza, dunque, di ridare ordine e pacesociale a un paese impoverito anche sulpiano morale da un conflitto felicementebattezzato da Gabriele D’Annunzio nella ce-lebre espressione della «vittoria mutilata»,accomunava tanto i fascisti della prima oraquanto i massoni del Goi. La classe diri-gente del paese, e il vertice del Goi che necostituiva l’espressione, si dovevano con-frontare, in primis, con la difficoltà di darerisposte concrete alle rivolte contadine -gran parte dei fanti erano braccianti o piccolicoltivatori partiti per il fronte con grandi at-tese di un nuovo ordine sociale e con ilsogno di nuove terre: attese e sogno che larealtà s’incaricò di non concretizzare - e, insecundis, con l’arduo compito di reprimeresenza scatenare una rovinosa guerra civile lemanifestazioni, le occupazioni delle fabbri-che e gli scioperi del biennio rosso (1919-20). Di fronte a tali emergenze, l’Ordine sitrovò a non poter più agire attraverso le ma-novre parlamentari o i trasformismi dell’eragiolittiana, dal momento che era la stessascala politica a essere mutata. Sulla scena,infatti, grazie al suffragio universale ma-schile, ottenuto nel 1912, erano salite lemasse del paese; si consideri, poi, chel’anno dopo era stato siglato il Patto Genti-loni, con cui i cattolici poterono entrare uf-ficialmente nella vita politica nazionale;infine, nel 1919, era stato introdotto il si-stema elettorale proporzionale. Il risultatodi queste tre importanti novità aveva la po-tenzialità di trasformare interamente il qua-dro politico e di ridimensionare il potered’influenza e di controllo sulla vita nazio-nale che aveva fatto le fortune istituzionalidella Massoneria; ridimensionamento che

diventava di giorno in giorno più evidenteed era proporzionale alla crescita elettoraledel Partito Socialista e del Partito Popolare.C’era il rischio di trovarsi fuori dalla storia,tristemente isolati a difendere il radica-mento capitalizzato nei lunghi anni di pre-senza all’interno di quasi tutti gli apparatistatali. La Massoneria di Palazzo Giusti-niani, per di più, era costretta a doversi con-frontare con due forze che le eranoirriducibilmente ostili: da una parte, il Par-tito Popolare, per ovvi motivi confessionali,l’aveva definita la «sinagoga di Satana»,proclamandosene in tal modo una specie dinemico metapolitico2; dall’altra, il PartitoSocialista che, con il Congresso di Ancona(1914), aveva affermato l’inconciliabilità trail socialismo e la Massoneria, in quanto«partito dello stato borghese».La preoccupazione per il nuovo e inquie-tante quadro politico viene dimostrata dallalinea politica scelta dal neo eletto Gran Mae-stro Domizio Torrigiani, succeduto a ErnestoNathan nel 1919, il quale, cercando di pro-seguirne il programma «nazionale» - inau-gurato sin dalla gran maestranza di AdrianoLemmi nel 1885 e perseguito anche dai suoisuccessori - tentò di realizzare «il principiodemocratico nell’ordine politico e sociale»non più ricorrendo alla tradizionale prassidi cooptare settori della classe dirigente,bensì tentando di strappare le masse «aifalsi pastori rossi e neri». Un passaggio,direi, altamente significativo. Si trattava, in-fatti, d’incanalare «le forze rivoluzionarienel campo nazionale» svuotando le propostepolitiche dei due partiti di massa attraversola “cooptazione” dei loro programmi. Èanche in questo modo che si spiega l’ade-sione a San Sepolcro, il cui programma - valbene il dirlo - puntava radicalmente a unademocrazia sociale - senza bolscevismo - ealla fondazione di una nuova religione ci-vile, quella per la patria, alternativa alla re-ligione di massa del popolo italiano, ilcattolicesimo.Quella che Fabio Venzi, in un suo recentelibro, ha definito come l’entente cordiale traMassoneria e fascismo3, non si arrestò con

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la fondazione milanese dei Fasci di combat-timento. Tra il marzo e il giugno 1919, in-fatti, nuclei di Fratelli di Torino, Bologna,Trieste, Cosenza, Trento, Alessandria, Va-rese, Verona danno vita ad altrettanti Fascilocali ed è difficile credere che iniziativepubbliche di tale rilievo avvenissero senzail preventivo consenso dei vertici dell’Or-dine. A partire dalla fine del 1920, i Fasci di com-battimento assunsero una chiara connota-zione paramilitare in funzione antisocialista.Le campagne padane, dove più forti eranole Leghe rosse, furono quelle in cui mag-giormente si concentrarono le gesta dellosquadrismo agrario, estendendosi poi ingran parte del Paese. Ora, fino alla marciasu Roma (ottobre 1922) - la quale, tra l’altro,secondo «autorevoli e affidabili testimoni»sarebbe stata cofinanziata da Palazzo Giusti-niani4 - non vi è alcun massone che osi con-dannare pubblicamente le sistematicheviolenze perpetrate dallo squadrismo, né siha notizia di documenti ufficiali di PalazzoGiustiniani che le denuncino. Sarebbe, pe-raltro, stato sconcertante e quantomeno con-traddittorio un Grande Oriente chedenunciasse i comportamenti profani disquadristi appartenenti alla Famiglia mas-sonica. Perciò, sino alla dichiarazione d’in-compatibilità tra appartenenzaall’Istituzione e al PNF ad opera del GranConsiglio fascista - siamo nel febbraio 1923- sembra di poter dire che tra l’essere Fra-tello e l’essere fascista non sussistessero im-pedimenti di fatto. Il caso della Loggia Gentili di Parma si pre-senta come un significativo esempio dell’in-tesa cordiale espressa ai vertici nazionali trafascismo e Massoneria. Nel gennaio del1923 vi vennero iniziati, infatti, due fascistidella prima ora, Mario Mantovani e RemoRanieri. Si badi che non si trattava di duefascisti minori bensì di figure di rilievo nellavita sociale. Il primo, di famiglia benestantee laureato in Giurisprudenza, dal 1920 eradiventato membro del PNF parmense, dicui, nel corso degli anni Venti e Trenta, di-verrà autorevole dirigente locale. Dal 1926

al 1939, poi, ricoprirà anche la carica di Po-destà di Parma - che gli permetterà di figu-rare tra i responsabili del “risanamento”politico e urbanistico dell’Oltretorrente -mentre, nel marzo 1934, entrerà come depu-tato nel Gran Consiglio del Fascismo. Il se-condo, dirigente d’azienda e tra i principaliesponenti del PNF, dopo esserne stato elettodeputato, ne diverrà segretario federale par-mense (1927-29), ispettore nazionale (1927-31) e membro della direzione nazionale(1931-32)5. Mantovani e Ranieri venneroiniziati in una Loggia dove solo due anniprima a reggere il maglietto era il professorAngelo Braga, insigne clinico che prenderàparte alla Resistenza. Non possiamo, naturalmente, escludere chein Loggia tale coesistenza sia stata difficileo mal digerita. D’altronde, in linea generale,non si deve prestar fede a letture semplifi-cate della storia della Massoneria, che in-vece mostra non poche e significative lineedi tensione. A ben guardare, infatti, esistevada tempo una frattura interna al Goi, forseancora non del tutto ricomposta. Sin dallasua rifondazione, nel 1859, era sempre esi-stito un certo “dualismo” tra il vertice - ten-denzialmente moderato - e la base,ch’esprimeva una linea democratica, radi-cale e socialisteggiante (non solo à la Maz-zini). Di conseguenza, se, nel 1915, il Paeseera diviso tra sostenitori dell’intervento efautori della neutralità italiana rispetto allaGrande Guerra, anche nel Goi si era apertauna crisi tra vertice e altri dignitari; crisi ri-soltasi con la decisione del vertice di percor-rere la strada di un deciso interventismo,mentre per gli scontenti l’unica opzione eral’abbandono dell’Ordine. Come si capirà, anche dopo la trasforma-zione del movimento in Partito NazionaleFascista, il Gran Maestro Domizio Torrigianinon credette di dover cambiare il suo atteg-giamento verso il movimento fascista, chedefinì una «rivolta necessaria» e una «libe-razione» dalla minaccia bolscevica. All’in-domani della marcia su Roma, però, mentreTorrigiani augurava pieno successo al Duce,ribadiva anche che «se si sopraffacesse la Li-

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bertà, se si imponesse una dittatura, i LiberiMuratori sanno che queste sono cose sacreper le quali la nostra tradizione gloriosa ederoica ci insegna che si può vivere e si puòmorire»6.Torrigiani, dunque, esprime qui un giudiziosul movimento fascista che è strettamentevincolato alla dottrina massonica, ma chenon contempla la condanna tout court dellaviolenza squadristica. Le riserve del GranMaestro sono soprattutto legate ai possibilirivolgimenti istituzionali cui essa può pre-ludere. Torrigiani, evidentemente, non do-vette rendersi conto che consegnare alfascismo l’uso di una forza extra-legale perreprimere la conflittualità sociale e politicafosse un errore storico in sé assolutamenteesiziale non solo per la Massoneria ma perla democrazia stessa del Paese. D’altronde,fu un errore che fecero in molti. Il Goi cre-dette seriamente di poter utilizzare il fasci-smo come strumento, da un lato, perristabilire condizioni di democrazia, di pacesociale e di libertà e, dall’altro, per ridurreil potere di minaccia del Partito Socialista -il quale non aveva mai smesso di fare ap-pelli alla sollevazione violenta delle piazzee delle campagne - e rilanciare l’economianazionale su nuove basi, in primis partendoda relazioni sindacali più “morbide”. In ogni modo, le parole di Torrigiani in di-fesa della libertà - che vennero reiterateanche negli anni successivi - dovettero es-sere particolarmente urticanti per Musso-lini, il quale non tardò a mandare segnid’insofferenza prontamente raccolti dal «Po-polo d’Italia», già, invero, a partire dal 1921. L’intolleranza del fascismo verso la Masso-neria andò crescendo man mano che il re-gime cominciò speditamente aprogrammarsi come dittatura aperta e - com-plice anche la confluenza dei nazionalisti nelPNF, avvenuta nel settembre 1922 - ad av-vicinarsi alla Chiesa, un percorso culminatocon la stipula dei Patti lateranensi nel 1929.Mussolini trova dunque necessario sbaraz-zarsi di coloro che storicamente hanno rap-presentato lo stato liberale ai massimilivelli, i massoni del Grande Oriente, tanto

più che, data la robusta presenza di autore-voli membri del PNF iniziati all’Obbedienzagiustinianea - Roberto Farinacci, ItaloBalbo, Alessandro Dudan, Cesare Rossi,Giovanni Marinelli, Amerigo Dumini etc. -occorreva liberarli dai doveri dell’Ordineper liberarli anche dei possibili condiziona-menti di questa appartenenza. Dal momentoche, per stabilizzare lo Stato, non bastavaeliminarne le scorie democratico-massoni-che, ma dargli una solida base di massa, ciòche gli offriva la Chiesa erano i numeri, cioèla massa cattolica, facilmente influenzabilee aizzabile contro la Massoneria, verso cuinutriva un’atavica diffidenza. La Massoneriasi configurava perciò come il nemico ideale,il capro espiatorio di una cinica crociata,messa in piedi da un movimento comequello fascista che la stessa Chiesa aveva giàdefinito una «statolatria pagana», defini-zione evidentemente messa tra parentesi apartire dal momento che s’intravedeva lapossibilità di prendersi la rivincita sul te-muto «Serpente verde» occupando intera-mente la dimensione religiosa del nuovoStato fascista. Così, sul Goi piovvero i ful-mini, e soprattutto da parte dei nazionalisti,i quali, con una campagna stampa lanciatadalle colonne dell’autorevole e prestigiosarivista «La Vita Italiana» (diretta da Gio-vanni Preziosi), tra il settembre 1922 e ilmarzo 1923, identificavano nella Massone-ria il male assoluto, la proterva forza occultache, al pari del giudaismo e della finanza te-desca, aveva sempre dominato la vita eco-nomica e politica internazionale. La ferocecampagna diffamatoria verso l’Ordine fu lapremessa all’azione legislativa. Il 12 feb-braio 1923, la maggioranza del Gran Consi-glio del fascismo invitò i fascisti a scegliere:o il PNF o la Massoneria. Nel settembre diquello stesso anno, il Duce affermò, in pre-senza di una delegazione guidata dal GranMaestro di Piazza del Gesù, Raoul VittorioPalermi, che vedeva con favore una Masso-neria apartitica, obbediente alle leggi e conliste di affiliati note alle autorità di PubblicaSicurezza. Intanto, cominciarono a intensi-ficarsi gli assalti squadristici alle Logge di

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Palazzo Giustiniani e, a quel punto, anchela proverbiale prudenza di Domizio Torri-giani venne meno, con la denuncia, da partedel Gran Maestro, del rapimento e dell’as-sassinio di Giacomo Matteotti (giugno1924). Il conflitto, in questa situazione, erainevitabile. Il Goi prese contatti con l’estero,in particolare con la ginevrina Associazionemassonica internazionale mentre, il 3 gen-naio 1925, il capo del governo ruppe ognicautela legalitaria e dichiarò di assumere,egli solo «la piena responsabilità politica,morale, storica di tutto quanto è avvenuto».Nei giorni successivi s’intensificarono gli ar-resti, le perquisizioni e i sequestri sui partitid’opposizione e sui loro giornali. La ditta-tura, ormai a viso aperto, non risparmiò, ov-viamente, nemmeno la Massoneria, le cuiLogge vennero distrutte su tutto il territorionazionale. Alla fine del mese di settembreebbe luogo il celebre pogrom di massonifiorentini, mentre l’attentato alla vita diMussolini, maldestramente e ingenuamentemesso in atto dal socialunitario e massonegiustinianeo Tito Zaniboni il 4 novembre7,fornì il pretesto per l’occupazione di PalazzoGiustiniani, disposta dal Ministro dell’In-terno Federzoni. Il 26 novembre 1925 ful’atto finale, con la promulgazione dellalegge sulla «Regolarizzazione dell’attivitàdelle Associazioni e dell’appartenenza allemedesime del personale dipendente dalloStato», meglio e più semplicemente notacome legge contro la Massoneria. Essa di-sponeva il licenziamento di funzionari, im-piegati, agenti civili e militari di ogni ordinee grado dello Stato, delle Province e dei Co-muni, in caso di appartenenza ad associa-zioni i cui soci fossero vincolati al segreto.Qualche giorno prima, il Gran Maestro Do-mizio Torrigiani, per alleviare la pressioneincombente sui Fratelli, aveva già decretatolo scioglimento delle circa cinquecentoLogge nel Regno e nelle colonie, lasciandoal superstite governo dell’Ordine la rappre-sentanza e la cura dei ventimila affiliati. Ilprovvedimento non poté tuttavia mettere alriparo quei liberomuratori intenzionati aopporsi al regime dittatoriale, tra i quali vi

fu chi subì il confino, come Domizio Torri-giani, chi pagò con la vita, come GiovanniAmendola.La storia non si fa con i “se”, ma qualchevolta, pensare con i “se”, aumenta le possi-bilità di comprensione dei fatti storici. SeMussolini fosse stato accettato nella Masso-neria, la sua storia all’interno del regime fa-scista sarebbe stata meno tormentata?Difficile dirlo. Sicuramente, l’ipotesi di unMussolini animato da spirito di vendettaverso il Goi in quanto ritenuto indegno difarne parte per ben tre volte - stando a FabioVenzi, Mussolini bussò vanamente alleporte dell’Ordine nel 1905, presso la LoggiaRinancini di Lugo di Romagna; poi vennerifiutato da una Loggia di Losanna; infine,negli anni della Prima Guerra Mondiale,dalla Loggia Romagnoli di Milano - restaun’interpretazione riduttiva e semplicistica.Ed è difficile immaginare che potesse essereaccettato un candidato che, soprattutto in etàgiovanile, aveva mostrato, a più riprese, unateismo “senza se e senza ma”. Basterebbericordare la celebre prova dell’orologio. Il 25marzo 1904, alla Maison du peuple di Lo-sanna, nel corso di un contraddittorio con ilpastore protestante romano Alfredo Taglia-tela, il futuro Duce concesse a Dio cinqueminuti per togliergli la vita. Dato che Dionon lo uccise, allora ne concluse che non do-vesse esistere.

Note1 Cfr. Gerardo Padulo, Dall’interventismo al fascismo, inStoria d’Italia. Annali 21. La massoneria, a cura di GianMario Cazzaniga, Einaudi, Torino 2006, pp.657-677. 2 Cfr. Luigi Pruneti, La sinagoga di satana. Storia del-l’antimassoneria 1725-2002, G. Laterza, Bari 2002. 3 Fabio Venzi, Massoneria e fascismo. Dall’intesa cordialealla distruzione delle Logge: come nasce una «guerra di re-ligione», Castelvecchi, Roma 2008. 4 Cfr. Fulvio Conti, Storia della massoneria italiana. DalRisorgimento al fascismo, il Mulino, Bologna 2003. 5 Enciclopedia di Parma. Dalle origini ai giorni nostri, acura di Marzio Dall’Acqua, Franco Maria Ricci,Parma 1999, pp. 433 e 563-64. 6 «Rivista massonica», novembre 1922. 7 Santi Fedele, La massoneria italiana nell’esilio e nellaclandestinità. 1927-1939, Franco Angeli, Milano 2005,p. 12.

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Il Centro di Ricerche Storiche sulla Libera-Muratoria (CRSL-M), fondato nel 1997 dalcompianto storico Augusto Comba e da

Marco Novarino, ha ripreso le sue attività nel2012, grazie al contributo del Collegio deiMaestri Venerabili del Piemonte e Valle d'Ao-sta e del Consiglio torinese dei Maestri Vene-rabili.Il Centro si propone d'incentivare e supportarela ricerca storica e culturale sulla massoneria el'esoterismo occidentale, visto il sempre piùfrequente interesse manifestato da parte delmondo accademico, scolastico e dalle istitu-zioni culturali, pubbliche e private, su questetematiche.

Il CRSL-M dispone delle seguenti strutture:

• Una biblioteca specializzata sulla massoneriae l'esoterismo, aperta al pubblico, con oltre3.000 volumi pubblicati nelle principali lingueoccidentali. I libri conservati nella biblioteca inparte sono già inseriti nel Catalogo del Serviziobibliotecario nazionale e quindi la ricerca puòessere effettuata per via telematica. La biblio-teca viene costantemente incrementata con l'ac-quisto di libri in commercio, librid'antiquariato e attraverso donazioni e scambi.• Una sezione emerografica che dispone attual-mente di un centinaio di testate massonicheitaliane e straniere. Il Centro ritiene strategicaquesta sezione perché è consapevole che l’emerografia massonica sia uno strumento fon-damentale per le ricerche sulla storia della li-beramuratoria ma non sempre le rivistemassoniche sono facilmente reperibili e con-sultabili nelle biblioteche italiane.

Per questo motivo si è dato vita a un progettoche prevede il reperimento, la riproduzioneanastatica e la pubblicazione sul sito del Cen-tro delle più importanti riviste prodotte in lin-gua italiana tra il 1862 e il 1925 da varieIstituzioni liberomuratorie e singole logge ope-ranti in Italia e all'estero, al fine di agevolarelaureandi, dottorandi, studiosi e ricercatorinelle loro ricerche. Attualmente sono online, adisposizione dei ricercatori i primi periodicimassonici pubblicati in Italia a partire dal1862: il Bollettino Officiale del Grande OrienteItaliano (1862-1864) e il Bollettino del GrandeOriente della Massoneria in Italia (1864-1869).Al termine del reperimento nelle più impor-tanti biblioteche italiane e straniere delle rivi-ste italiane è prevista la pubblicazione di unrepertorio emerografico corredato da un saggiostorico introduttivo, che sarà pubblicato sulsito.• Una sezione archivistica che rappresenta si-curamente uno dei punti di forza del Centro inquanto esiste la consapevolezza che le fonti di-sponibili per lo studio della massoneria in Ita-lia, sia per quanto riguarda gli organismimassonici nazionali sia le singole logge, sonomolto carenti rispetto ad altri paesi come, peresempio Francia, Spagna e Inghilterra e partedei pochi documenti disponibili sono in buonaparte costuditi in archivi locali difficilmenteconsultabili e, in molti casi, gestiti da privati.Le cause che hanno portato a questa situazionesono molteplici (distruzione sistematica ope-rata durante il fascismo, mancanza nei primianni del secondo dopoguerra di una sensibilitàarchivistica da parte delle maggiori obbedienzemassoniche e delle singole logge, incuria nellaconservazione degli archivi da parte dei bene-ficiari di lasciti) e la consultazione di questifondi archivistici rappresenta il più delle volteun ostacolo insormontabile nelle ricerche sto-riche sulla massoneria italiana. Per questo motivo la maggior parte del lavorosi è finora concentrato su questo settore e ilCentro attualmente dispone un consistente cor-pus di documenti massonici prodotti principal-mente dal GOI, dal RSAA, dal RSI e da altre

IL CENTRO DI RICERCHE STORICHE

SULLA LIBERA MURATORIA DI TORINO

di Marco Novarino

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obbedienze massoniche nazionali a partiredalla seconda metà dell’Ottocento fino al 1925.Si tratta principalmente di documenti del GOIcome: circolari, decreti, convocazioni del Con-siglio dell’Ordine, documenti amministrativi,parole annuali e semestrali, lettere ai Venera-bili, costituzioni e modifiche statutarie; circo-lari del GOI in esilio; documenti del RSAA;carte prodotte da altre Obbedienze e Riti ita-liani. Tutti questi documenti sono stati catalo-gati e prossimamente saranno pubblicati sulsito del CRSL-M. Un altro importante fondo ar-chivistico è rappresentato dalle carte prodottedal Collegio piemontese dal 1945 fino agli anni’90.Inoltre sono in corso le pratiche amministra-tive per l’acquisizione delle carte massonichein lingua italiana nell’Archivo Historico Nacio-nal di Salamanca.Lo stesso dicasi per i documenti riguardanti lelogge piemontesi nel periodo napoleonico pos-seduti presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.Questi sono i primi passi di un progetto piùampio e ambizioso che si propone di avviareuna ricerca e l'acquisizione, in originali e incopia, di fondi massonici, conservati presso ar-chivi pubblici e privati, fornendo pertanto unvalido ausilio a coloro che intendono confron-tarsi scientificamente con la storia della libera-muratoria. Oltre a questi settori strategici il Centro ha at-tivato una serie d’attività come, per esempio:un servizio di consulenza a studiosi, tesisti,dottorandi e a qualsiasi si rivolga al Centro, chehanno in corso ricerche e studi sulla massone-ria e l'esoterismo. Oltre all'accesso all'archivio,la biblioteca e la sezione emerografica ai richie-denti viene messa a disposizione una fitta retedi contatti con ricercatori, archivi, bibliotechee centri specializzati a livello nazionale e inter-nazionale. Questo impegno nasce dalla considerazioneche non sempre - almeno fino a pochi anni fa -il livello delle ricerche storiche è stato soddi-sfacente, e tale situazione può essere imputatada un lato alla concezione della massoneriacome entità metastorica, teorizzata da una partedegli aderenti alle Istituzioni massonichestesse, i quali ritengono il fenomeno massonicosia analizzabile solo "internamente" dai suoi af-filiati, gli unici in grado di comprendere un'or-ganizzazione chiusa nei suoi Templi, regolatadai suoi riti esoterici e quindi può apparire sra-

dicata, dal loro punto di vista, dalla realtà sto-rica; dall'altro lato al tardivo interesse manife-stato dal mondo accademico italiano neiconfronti della Libera Muratoria, benché negliultimi decenni si sia riscontrata una vigorosainversione di tendenza.Questa nuova stagione storiografica è sostenutadal Centro anche attraverso l’attivazione di ri-cerche sulla massoneria e l'esoterismo, in col-laborazione con le Università italiane ed estere,con il duplice intento di pubblicare i risultatiin una apposita collana editoriale e acquisire imateriali raccolti durante la ricerca, che an-dranno a incrementare il fondo archivistico.Come primo risultato pratico, grazie soprattuttoal contributo finanziario del Collegio dei Mae-stri Venerabili del Piemonte e Valle d’Aosta, èin corso una collaborazione con il Dipartimentodi Studi Storici dell’Università di Torino che habandito un assegno di ricerca per uno studiodel rapporto tra massoneria e solidarismo laicoin Piemonte dall’unità d’Italia all’avvento delfascismo.Ultima iniziativa, cronologicamente parlando,è stata la creazione di un Forum che ha comescopo quello di favorire la ricerca e creare unasinergia tra quanti studiano la storia della mas-soneria in modo serio e scientifico, in partico-lare a quelli recentemente approdati su questatematica.L’iniziativa, che prende spunto da analogheesperienze attivate in Spagna, Francia e Inghil-terra, oltre al collegamento tra i ricercatorivuole mettere a loro disposizione gli strumentibibliografici, emerografici e archivistici delCentro ma soprattutto la rete di ricercatori, ar-chivi, biblioteche e centri specializzati a livellonazionale e internazionale, creata in questi ul-timi anni.Sono già stati presi contatti a livello internazio-nale affinché già dal prossimo anno anche l’Ita-lia possa partecipare agli incontri che vedonocome protagonisti i dottori di ricerca e i dotto-randi che hanno proposte tesi sulla Libera Mu-ratoria.In un futuro, che auspichiamo prossimo, ilCRSL-M organizzerà un incontro-seminarioper discutere sulle nuove tendenze storiografi-che riguardanti la massoneria e strutturare inmodo organico quanti vorranno far parte diquesto gruppo di ricerca.Tutte le attività del Centro e i risultati prodottisono visibili sul sito: www.crsl-m.org

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Negli ultimi decenni la massoneria havisto amplificarsi gli studi storici in-torno al proprio campo d’indagine

con un arricchimento sostanziale delle cono-scenze sotto molteplici punti di vista. Questosettore, un tempo terreno di pochi specialistie professionisti della ricerca storica, nel girodi qualche decennio ha attirato un numerosempre crescente di studiosi che hanno di-mostrato grande interesse per il tema inda-gandolo in molteplici direzioni einterrogandolo sotto differenti e svariatipunti di osservazione. Quello che fino aqualche decennio fa era dunque un argo-mento ostico e oscuro, nel tempo è divenutoun tema capace di coinvolgere un pubblicoampio e variegato, composto anche da nonaddetti ai lavori, interessati a comprendere,al di là degli aspetti più ermetici legati allasimbologia e ai rituali, una struttura associa-tiva capace di relazionarsi e orientare la so-cietà civile, interagendo con le élites culturalie politiche di varie epoche storiche. Gli studidi Gian Mario Cazzaniga, Anna Maria Isa-stia, Santi Fedele, Fulvio Conti ai qualivanno ad aggiungersi indagini sulle realtàlocali condotte da Marco Novarino, Anna

Maria Rao, Giuseppe Giarrizzo, Piero delNegro, Renato Pasta, Calogero Farinella emolti altri, hanno consegnato un quadrod’insieme stimolante e dettagliato di unaforma associativa attiva a vari livelli daormai quasi trecento anni. Ad una prima lettura ciò che emerge in ma-niera abbastanza nitida è che mentre nelmondo anglosassone la massoneria sembraessersi saldamente ancorata al suo modellod’origine costituito da quegli elementi clas-sici che offrono l’immagine di una forma as-sociativa a carattere maschile, fortementeimprontata ai rituali e poco avvezza a intera-gire con ambienti politici, in altre realtà eu-ropee, in particolare quella italiana, essa hainvece subito un profondo processo di poli-ticizzazione interagendo in modo decisivocon la sfera pubblica. Su questo terreno glistudiosi hanno avuto modo di mobilitarsipotendo accedere ad una documentazioneche ha permesso di approfondire il ruolodella massoneria nelle vicende politiche lo-cali e nazionali dei territori in cui, volta pervolta, ebbe la possibilità di radicarsi.Quando gli studi si sono rivolti al contestolocale è stato necessario individuare qualeavrebbe dovuto essere la dimensione e il pe-rimetro entro il quale gli studiosi si sareb-bero dovuti muovere; questa riflessione haportato alla realizzazione di studi, alcuni deiquali molto recenti, che hanno interessatorealtà geografiche a volte circoscritte, riu-scendo talvolta ad assumere anche una di-mensione regionale. È questo il caso,recente, dello studio Massoneria e cultura laicain Sardegna dal Settecento ai giorni nostri, curatoda Fulvio Conti e pubblicato da Viella nel2013. Il volume, promosso dall’AssociazioneCulturale «Giorgio Asproni», in qualchemodo inaugura un nuovo filone di indaginenel settore, perché rappresenta il primo stu-dio organico sulla massoneria su base regio-

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE «GIORGIO ASPRONI»E LA STORIA DELLA MASSONERIA SARDA

di Nicola Gabriele

IL RIORDINO DELLA MEMORIA

Ritratto di Giorgio Asproni

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nale.Gli autori dei contributi, che abbracciano unarco cronologico dall’età dell’illuminismofino al secondo dopoguerra, offrono una ri-lettura della storia delle classi dirigentisarde, concentrandosi in modo particolaresul tessuto associativo popolare e borghese,nonché sulle dinamiche politico-ammini-strative e culturali dell’isola in età pre e postunitaria. Lo studio, condotto su documentid’archivio quasi totalmente inediti conser-vati presso l’Associazione «GiorgioAsproni», l’Archivio storico del GrandeOriente d’Italia e altri archivi pubblici e pri-vati, riporta alla luce figure di parlamentarie amministratori locali, di imprenditori e li-beri professionisti, di insegnanti, impiegatie commercianti, tutti accomunati dalla fratel-lanza massonica e appartenenti alle loggeche a partire dal 1861 comparvero prima aCagliari e poi, gradualmente, anche a Sas-sari, Olbia, Nuoro, Oristano, Alghero, Igle-sias, fino a coinvolgere centri minori comeTempio Pausania, Ozieri, La Maddalena, Do-lianova, Bosa e Villasor. Il volume, sforzan-dosi di eludere la dimensioneiniziatico-esoterica, punta a ricostruire lapresenza latomistica nel tessuto sociale iso-lano, rilevando la lenta ma progressiva affer-mazione dei valori di laicità, ponendola inrelazione con il problematico processo dimodernizzazione della Sardegna.Un’opera di questa natura, sostenuta dalGrande Oriente d’Italia e del Collegio Circo-scrizionale dei Maestri Venerabili della Sar-degna, non avrebbe potuto realizzarsi senzauna sapiente azione di promozione, sup-porto e diffusione dell’Associazione Cultu-rale «Giorgio Asproni». Operante dal 2006, anno della sua fonda-zione, l’Associazione si è fin da subito impe-gnata nello studio di tematicherisorgimentali con un’attenzione particolareal parlamentare sardo a cui è intitolata. Ilprincipale obbiettivo dell’Associazione e delsuo fondatore e presidente, Idimo Corte, èquello di recuperare e divulgare il messaggiopolitico e civile di Asproni. Originario di unpiccolo paese del centro dell’isola, Bitti,

Asproni incarna la figura di democratico erepubblicano di età risorgimentale che seppeconiugare l’impegno politico, parlamentaree sociale volto al raggiungimento della libe-razione e dell’Unità nazionale con un’atten-zione costante per le problematiche dellapropria terra d’origine. Asproni aveva intuito prima di altri che l’av-vio di una dialettica parlamentare rappre-sentava una conquista prioritaria, un puntodi non ritorno che con lo Statuto Albertinoavrebbe mutato lo scenario entro il qualeconvogliare le energie per giungere all’Unità.Il deputato bittese che nel suo Diario lasciauna delle più importanti testimonianze diun’epoca, fu presente in tutti gli snodi storicidella storia nazionale: a Genova nel 1848-49coi circoli patriottici repubblicani; nel 1859,prima favorendo l’arruolamento di volontariper la guerra, poi seguendo con trepidazionei plebisciti che preparavano l’annessionedella Toscana al Regno sabaudo. Anche senon prese parte alla prima spedizione gari-baldina in Sicilia, ebbe però il merito di in-tervenne a sanare il contenzioso trarepubblicani e moderati per il controllodell’isola. Nel 1870 fu tra i primi a diffon-dere a Firenze, ancora capitale e sede del Par-lamento, la notizia dell’ingresso delle truppesabaude a Roma.Queste brevi e rapide pennellate dipingonoil profilo di un uomo votato all’impegno po-litico guidato dagli ideali di libertà, indipen-denza e Unità rivolti costantemente al sognodi un’Italia repubblicana. Asproni fu repub-blicano come Garibaldi e Mazzini, perquanto si riconoscesse solo nei principi, manon pienamente nel metodo dell’apostologenovese. È più pragmatico di Mazzini, ri-tiene il compromesso e l’«occasione» stru-menti della dialettica storica che nonpossono essere declassati dalla purezza degliideali. Si trova in disaccordo con Mazzinisull’ipotesi di giungere a Roma grazie allaguerra franco-prussiana. Se infatti Aspronicoglie l’importanza di sfruttare la circostanzaper giungere al completamento dell’Unità,Mazzini continuò a considerare sacrilegal’idea che Roma potesse diventare il cuore di

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uno stato monarchico e liberale. E proprionel trasferimento della capitale a RomaAsproni intuì la svolta: da lì in poi le aspira-zioni democratiche si sarebbero dovute rea-lizzate all’interno del perimetro dell’unitànazionale e non più con il metodo insurre-zionale che avrebbe rischiato di mettere a re-pentaglio l’ancora fragile struttura delloStato; sede della lotta politica sarebbe dive-nuto il Parlamento.Asproni fu tra i primi a individuare la que-stione sociale e meridionale come limiti diuno sviluppo economico; in questa visionesi traduce il sostegno all’associazionismo, almutualismo e l’appello alla solidarietà perscongiurare le contrapposizioni di classe. Ri-teneva prioritaria, specie ad Unità raggiunta,la necessità di dare allo Stato una forma fe-derale con lo sviluppo di autonomie locali,in particolare in Sardegna. Il suo progetto diuna «lega delle isole» nasceva infatti dallanecessità di rispettare le specificità; non unascissione tra la parte continentale e insularedel Regno, ma il rispetto e la valorizzazionedi tutte le peculiarità perché «la terra, il cielo,il mare, il sole, l’aria che si respira, i costumi,le tradizioni, i sentimenti di famiglia hannonelle isole un carattere così proprio che rarisono i continentali capaci d’intendere».Anche la sua affiliazione alla Massoneria nel1867, con l’adesione alla loggia Universo diFirenze, è da considerarsi un passaggio quasiscontato per quei tempi, il suo modo di rico-noscersi all’interno di un gruppo legatodagli stessi valori in espansione e condivi-sione: la laicità dello Stato e la libertà del-l’individuo. In lui il concetto di «libertà»coincide con quello di «laicità», la libertà divivere senza coercizioni di alcun tipo e dipartecipare attivamente alla vita della na-zione; da qui la necessità dell’ampliamentodel suffragio.Questi i temi principali su cui da anni si con-centra l’Associazione «Giorgio Asproni», acui dal 2010 è andata ad aggiungersi anchela Fondazione omonima, questa istituita conla legge regionale n 7 del 1 aprile 2010, pro-mossa dall’associazione stessa che insiemealla Regione Sardegna ed al Comune di Bitti

ne fa parte in qualità di socio fondatore.L’impegno «asproniano» accompagna l’As-sociazione fin dal 2006 quando saluta la suanascita con la promozione di un importanteconvegno nazionale su Giorgio Asproni, una ri-visitazione nei luoghi della sua formazione e del suolascito ideale (Cagliari-Bitti, 10-11 novembre2006) a cui fa seguito nel 2008 l’incontro distudi e di ricerca organizzato in occasione delbicentenario della morte di Giovanni MariaAngioy e della contestuale nascita dellostesso Asproni (Le idee e i protagonisti dell’iden-tità e dell’autonomia della Sardegna, Cagliari, 28aprile, 2008).A partire da quel momento l’Associazione faregistrare un intenso e costante impegnonella promozione di conferenze, dibattiti eattività convegnistiche su tutto il territorioregionale su Asproni e sul più ampio temadella laicità attraverso numerose e differentideclinazioni. Nell’autunno del 2008 vienepresentato il volume Giorgio Asproni, un leadersardo nel Risorgimento italiano, curato da LuigiPolo Fritz e dal compianto Tito Orrù (AM&Dedizioni). Il volume riscuote un significativosuccesso anche grazie all’attività di diffu-sione e di distribuzione messa in atto dal-l’Associazione che raggiunge anche laColumbia University di New York.Tra il 2008 e il 2009 l’attività di promozionee diffusione si intensifica con una serie diconferenze e dibattiti che coinvolgono enti ein particolare istituzioni scolastiche come te-stimoniano l’incontro su Asproni tenutosipresso l’Istituto Tecnico Minerario di Iglesias(28 febbraio 2009), la conferenza su L’idealaica nella scuola e nella società, da Giorgio Asproniai giorni nostri (Cagliari, 6 giugno 2009) e an-cora il dibattito su L’idea laica in Giorgio Aspronia Bitti in occasione della manifestazione«Autunno in Barbagia» (12 settembre 2009).Nel Novembre del 2009 l’Associazione«Asproni» raggiunge un importante tra-guardo promuovendo il Convegno Il mediter-raneo che unisce: Sardegna e Tunisia tra passato epresente (Cagliari, 21 novembre 2009), patro-cinato tra gli altri dall’Istituto italiano di cul-tura di Tunisi. Il Convegno, segnalato anchedal Corriere di Tunisi (n. 71, 2009, pp. 23-

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26) si concentra sulle influenze risorgimen-tali e antifasciste in Tunisia, destinando par-ticolare attenzione alle figure di Garibaldi eLussu. In particolare in questa sede viene af-frontato il tema della proliferazione degliscambi culturali tra l’isola e la costa norda-fricana esito di una nutrita presenza di emi-grati italiani. Nel corso dell’Ottocento lacomunità italiana riuscì non solo a integrarsinelle vicende politiche e culturali tunisine,ma riuscì anche ad assumere ruoli di potere,favorendo l’operato della piccola e mediaborghesia che andava ad aggiungersi al fe-nomeno del fuoriuscitismo politico; il tuttoin un clima di ampia tolleranza religiosa.Successivamente negli anni Trenta del No-vecento l’élite culturale ed economica italianache non aveva aderito al fascismo trovò nellaTunisia un rifugio e un punto di riferimentogeografico e ideologico. A Tunisi transita-rono tra gli altri Carlo Rosselli, EmilioLussu, Francesco Nitti che trovarono nellacomunità italiana il contesto idoneo per rior-ganizzare il fronte antifascista, inserendosinella forte tradizione risorgimentale che con-tinuava a mutuare da Mazzini i principi dilotta di popolo e di liberazione. L’impegno dell’Associazione su questofronte si traduce anche nella partecipazioneal «Premio Giacomo Treves», promosso dalGrande Oriente d’Italia, con uno studio con-dotto da Giuseppe Continiello e ClaudioOrtu dal titolo Tradizioni, innovazioni e battaglie.Massoneria e antifascismo in Tunisia nel solco delRisorgimento, che si conclude con una men-zione speciale e la pubblicazione del contri-buto su «Hiram» (1, 2010).Di Giorgio Asproni parlamentare si torna aparlare anche a Ventimiglia al convegno ce-lebrativo per il 150° dell’Unità (Risorgi-mento… quale? Eredità morale e attualità politica,28 maggio 2010) organizzato dalla Fonda-zione intitolata al ligure Giuseppe Biancheri,che con il deputato bittese condivise nume-rose legislature. Un’indagine approfonditaed esaustiva sull’azione parlamentare diAsproni è di prioritaria importanza per rag-giungere un quadro d’insieme sul suo impe-gno politico coniugabile con l’immagine che

il deputato lascia di sé nel Diario Politico. Inquest’ottica va letto l’impegno dell’Associa-zione per la promozione, presso la Cameradei Deputati, della pubblicazione dei di-scorsi parlamentari asproniani, attualmentein fase di realizzazione.Il 2010 è un anno intenso che vede ancoral’Associazione attiva sia nel contesto scien-tifico e celebrativo (Conferenza per il 150°dell’Unità La religione laica del Risorgimento), siain progetti didattici in Ogliastra. Il progetto,rivolto a studenti di scuole superiori di Tor-tolì e Lanusei, ha avuto come scopo l’intentodi divulgare la figura dell’illustre parlamen-tare e di attualizzare il suo messaggio poli-tico rendendolo fruibile alle giovanigenerazioni.Nello stesso anno viene salutata anche lapubblicazione del secondo volume pubbli-cato sotto l’egida dell’Associazione, Garibaldimille volte mille vite, curato da Giuseppe Con-tiniello (AM&D edizioni, 2010) a cui si ag-giunge anche il primo numero della collana«Libero pensiero» Democratici e pensiero laicoda Giorgio Asproni a Guido Laj, a cura di PaoloVirginio Gastaldi (AM&D edizioni, 2010).Tra i progetti dell’Associazione in corso direalizzazione vale la pena di citare, oltre allaraccolta e pubblicazione dei già citati di-scorsi parlamentari, anche l’inventario e lostudio degli scritti asproniani, editi e inediti,costituito in particolare da scritti giornalisticisparsi in molteplici testate nazionali conser-vate presso biblioteche e archivi pubblici eprivati e dei quali non esiste ad oggi un in-ventario completo.Infine merita di essere menzionata la più re-cente iniziativa dell’Associazione, l’istitu-zione del Premio nazionale «GiorgioAsproni» per le migliori tesi di Laurea e diDottorato che nella prima edizione del 2013ha registrato un’ampia partecipazione con la-vori di ricerca di alto livello, provenienti datutto il territorio nazionale, tra i quali si è sta-gliato lo studio della Dottoressa Daria Ar-duini (relatrice Anna Maria Isastia) sullafigura della giornalista e scrittrice AnnaFranchi.

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Ricordo con la devozione di un al-lievo, un maestro superbo, AugustoPlacanica di Catanzaro, deceduto

pochi anni fa, il rapporto con lui e l’adoratamoglie Vera, ed ancora a quarant’anni didistanza, rileggo con emozione le sue dedi-che: “Offro a Giovanni questo mio vecchiolavoro e con tanto piacere e gioia perché,come me a quel tempo, lo vedo semprepieno di entusiasmo e sempre avido di im-parare, non timoroso dei mari più vasti. AGiovanni, dunque, con gli auguri piùbelli”. Essere ricevuti a casa di Augusto,bussare alla sua porta, a stretto contatto conle sue grandi passioni, la famiglia, i libri,le fotografie, le penne, gli orologi, era ilprimo passo indispensabile per essereeventualmente ammessi alla sua scuola,

che si teneva nel salotto o nello studio, edessere accolti in qualità di apprendisti stre-goni nella sua officina, in cui cesellava conpassione ogni parola ed ogni oggetto sto-rico esaminato, affinando e modellando,formando e stimolando le capacità e gliorizzonti degli scolari. Mi ascoltava leggerei capitoli dei testi che via via scrivevo,senza gli occhiali, assorto in un’enormepoltrona e se, al termine di un pensiero,non mi aveva interrotto con osservazioni oappunti, tiravo un sospiro di sollievo. Ognicorrezione era per me gioia e tormento in-sieme, e bastava un inarcarsi di ciglio peressere pervaso dall’amara percezione del-l’errore, ma poi vi era il piacere sottile diaverne imparata un’altra e, tornando a casa,ero consapevole che quella giornata erastata baciata dalla provvidenza. Cosadebbo ad Augusto? Certamente gli devo ilmetodo, da lui ho imparato a chiarire, asintetizzare, ad organizzare il pensiero, tan-t’è che le mie bimbe, Eleonora e Giulia,quando ancora non sapevano leggere escrivere, dicevano, vezzosamente, col ditinosu un piccolo abbecedario: “Questo è il me-todo di babbo”. E gli devo anche la pas-sione incondizionata per gli elementicostitutivi delle ricerche. Avevamo man-giato insieme, in particolare per lui atto diamicizia e consuetudine di altissimo pro-filo (compresa una spruzzatina di pannaspray, di cui andava ghiotto, direttamentein bocca), i suoi intriganti racconti sullamassoneria calabrese, e tanto altro. Ricordoquando mi raccontava della sua esperienzaall’interno della massoneria calabrese conparticolari fascinosi e intriganti; quando sidiscuteva di Gregorio Caloprese, il grandecartesiano calabrese di Scalea a cui il nostroSettecento deve molto e alla cui scuola sierano formati Metastasio, Cirillo, Gravina,Spinelli, e della sua concione di Marfina e

AUGUSTO PLACANICA

di Giovanni Greco

SUL FILO DEI RICORDI

Augusto Placanica

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del commento alle opere di monsignorDella Casa, e quando mi diceva le cose giu-ste al momento giusto, con intelligenza eaffetto, a volte senza sbavature ed eccessi,a volte con sapide battute, a volte con unsorriso amabile, ma lontano. Mi fa soffrirel’idea che nei momenti finali non c’ero, eroaltrove, ero lontano e da tempo ormai nongiocavo più a scacchi con lui. Così comeuna grande qualità è quella di smarcarsi edi cambiare posizione, forse il migliormodo per cogliere l’essenza della verità,così anche Augusto era solito dire agliamici del suo laboratorio storico: “Quandoti accingi a studiare una fonte storica devipensare di trovarti davanti al davanzale diun’ipotetica finestra che si affaccia su unagrande piazza, dalla tua postazione puoi os-servare una miriade di esempi e di personeche si affaccendano in quel luogo, e tu daspettatore devi riportare, con obiettività,ciò che vedi da quella finestra. In un se-condo tempo, attraverso il filtro dello stu-dio e della tua intelligenza potraiscomporre fatti e personaggi, cercando sì diimmergerti in quella dimensione, ma senzafarti coinvolgere nel giudizio, analizzando,invece, il perché di quell’evento in quel pe-riodo. Solo questo!”. Il suo sinuoso parlarea bassa voce: una voce magica, nelle freddeserate d’inverno ti scaldava l’anima e risto-rava la tua sete di cultura. Si divertiva aprendere in giro i maniaci del nuovo cheavanza, quelli che sanno tutto di computere che parlano, come diceva lui, l’ingleso-

rum. A costoro rispondeva di non capireuna parola, pregandoli di parlare in grecoantico. Criticò fortemente il Mezzogiornoper le sue storture e le sue contraddizioni,che comunque fu sempre al centro dellesue ricerche e l’oggetto amoroso dei suoipensieri (S. Martelli). Parlava spesso deisuoi concittadini, per lodarli o criticarli: “icatanzarisi parranu sempra d’istessi cosi:du mangiari, du mangiari e du viviri”, e fa-miliarmente amava parlare in lingua cala-brese, e non gli sembrava vero farlo, nonchiedeva di meglio, “nu mme para veru”.Quando morì sua moglie Vera, scrisse que-ste parole: “Il destino, questo padrone fe-roce, ha voluto diversamente. Proprioperché ne sono sbalordito, come un uomoa cui sia crollata la casa, e ora resti con inmano solo una pietra che gliela riporti alladolorante memoria, proprio per questo nonmi resta che salutarti: come ogni sera,prima che ci mettessimo a letto, ti salutavocon atteggiamento scherzoso, e tu sempresempre sempre sul punto di prendere inmano il romanzo da leggere prima d’addor-mentarti, rispondevi allo scherzo con unsorriso e col tenerissimo agitare dell’altramano. E perciò, ora che ti sei addormentataper sempre, ti ripeto ancora: ciao, Vericè!”.Ricordo infine il passaggio finale della suaultima lettera indirizzatami, poco tempoprima della morte, nella quale mi scrissecon fervida malinconia: “capiscisti; non sonotanto orgoglioso di te per quello che sei diventato,ma soprattutto di come sei rimasto”.

SUL FILO DEI RICORDI 38

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Paolo Barbanente, avvocato, presi-dente della Camera penale di LaSpezia, già presidente del Collegio

dei Maestri Venerabili della Liguria, harealizzato un approfondito volume che ri-costruisce la storia della Massoneria dallafine del '700 al Fascismo alla Spezia (ilGolfo dei Poeti) e nella Lunigiana storica(Ameglia, Aulla, Biassa, Campiglia, DeivaMarina, Fivizzano, Lerici, Levanto, Marina-sco, Marola, Monterosso, Pegazzano, Pon-tremoli, San Terenzo, San Venerio,Sarzana).Il lettore è accompagnato in un viaggio af-fascinante e documentato dall’autore cheha raccolto e studiato fonti primarie tratte

dalla pubblicistica di riferimento: dalla Ri-vista della Massoneria italiana (dal 1870 al1926), al Bollettino Ufficiale del GrandeOriente d’Italia (dal 1862 al 1892), aglielenchi matricolari del Grande Oriented’Italia (dal 1870 al 1925). La ricerca è statacondotta anche su documenti provenientidalla Biblioteca Nazionale di Francia e sugiornali spezzini raccolti presso la Biblio-teca Civica. Per il periodo napoleonico,l’autore ha rintracciato una documenta-zione, sino ad ora sconosciuta, riguardantei documenti della Loggia “Des Appennins”all’Oriente della Spezia e all’Obbedienzadel Grande Oriente di Francia, negli annidal 1809 al 1812. Non manca un’analisiampia del territorio che ha portato alla ri-costruzione storica di logge bakuniniane diFivizzano e Fosdinovo, della loggia rivolu-zionaria di Ameglia nella metà dell’Otto-cento. Arricchisce il volume un’appendicecontenente l’elenco degli affiliati dellelogge prese in esame. Per la prima volta è stata dimostrata l’ap-partenenza alle Logge del Grande Oriented’Italia non solo di numerosi e noti perso-naggi della cultura, della politica e dellearti ma anche di centinaia di semplici cit-tadini, di operai, di scalpellini, di marit-timi, di militari, di negozianti, solo per farealcuni esempi, che hanno vissuto alla Spe-zia e nella Lunigiana storica. Il libro tracciaanche brevi profili dei massoni FrancescoZannoni e dei suoi figli, di Ubaldo Mazzini,di Prospero De Nobili, Ernesto Filippini,dei Fratelli Carletti e di molti altri. Ma c’èanche la storia della Società di Mutuo soc-corso, della Massoneria dei paesi, dei bor-ghi e delle centinaia di uomini che hannovissuto non solo nella Lunigiana storica maanche in America, dove immigrati lunigia-nesi fondarono una loggia con il nomedella loro amata terra.

Francesco Paolo BarbanenteLA SQUADRA E IL COMPASSO NEL GOLFO DEI POETI E DINTORNI

Bastogi, Foggia, 2014, pp. 272.

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La vicenda diFrancesco Bu-dassi come sin-daco di Urbinoè esemplarenella storia li-beromuratoriadi fine Otto-cento e primoN o v e c e n t o .Solo di recentesi è iniziato aprestare atten-zione al ruolosvolto dai mas-soni nelle am-ministrazionilocali, special-mente nei Co-

muni. Invero fu un ruolo assai delicato, diimportanza non inferiore a quello di deputati oministri o prefetti, poiché concorse a contrasse-gnare le relazioni tra Palazzo Giustiniani e l’arti-colata rete delle logge distribuite sul territorio. Lacostruzione di un adeguato sistema di raccordo tragli organismi locali e il governo centrale era vistada Budassi e dai sindaci di orientamento progres-sista come lo strumento fondamentale per conso-lidare entro la cornice dello Stato unitario areegeografiche alquanto disomogenee tra loro dalpunto di vista economico, sociale, culturale. Èd’altronde assai rilevante il fatto che tra gli anniOttanta e Novanta del XIX secolo anche le forzedemocratiche di ispirazione mazziniana abbando-narono la lotta per il regionalismo (o federalismo)per spostare la loro attenzione sui Comuni e sulladelicata questione delle autonomie amministra-tive. Si trattava tuttavia di un argomento contro-verso e spinoso. Agli occhi di coloro che ancorasentivano attuali le idealità risorgimentali, un ec-cessivo ampliamento delle autonomie comunali siconfigurava come una pericolosa espressione dimunicipalismo e di particolarismo locale, la qualea sua volta avrebbe potuto consentire il riaffioraredi nostalgie legittimiste di stampo conservatore.Né è un caso che sotto i governi Crispi e poi Gio-litti, l’idea regionalistica continuò a essere contra-stata, benché con la legge del 30 dicembre 1888 sitentò di dare risposta alle richieste di maggioreautonomia avanzate da parte degli enti locali,senza però riuscire a superare la visione di unoStato paternalista al quale erano assegnate le fun-zioni giurisdizionali essenziali. In questo intricatoquadro politico-istituzionale, in cui non manca-rono acuti contrasti tra amministrazioni locali egoverno centrale, si colloca l’attività di Budassi e

di altri sindaci massoni di orientamento democra-tico e riformatore. Certo l’esempio più significa-tivo e noto resta quello di Ernesto Nathan, sindacodi Roma e Gran Maestro di Palazzo Giustiniani,che guidò il GOI dal 1896 al 1904. Budassi fusenza dubbio un ammiratore di Nathan, ma comealtri fratelli di idee progressiste, egli rimase de-luso poiché si aspettava dal Gran Maestro quellasvolta a favore della sinistra democratica che Na-than non volle o non riuscì a compiere. È indub-bio che negli anni in cui Nathan governò lacapitale (1907-1913), manifestò eccellenti doti diamministratore, ma non si deve trascurare il fattoche Nathan poté giovarsi della collaborazione delprefetto Angelo Annaratone, anch’egli massone,il quale rimase in carica dal 1908 al 1914. Vice-versa altrove, soprattutto nelle sedi periferiche ein special modo durante l’età giolittiana, il cetoprefettizio costituì il più pervicace avversario dellerivendicazioni locali, giungendo in taluni casi,come a Grosseto o Arezzo o Foggia, a porsi inaperto antagonismo nei confronti dei sindaci edelle amministrazioni comunali. Nonostante le di-vergenze interne, il contributo della massonerianel quadro delle amministrazioni comunali fu tut-t’altro che secondario, e mostra anzi alcune carat-teristiche di omogeneità che collegano fra loroesperienze geograficamente distanti. Molte analo-gie con l’attività amministrativa di Budassi rivelail caso di Attilio Morara Casadio, seguace di An-drea Costa, eletto sindaco di Imola nel 1910, e ap-partenente alla loggia «VIII Agosto». Unaevidente convergenza ideologica si coglie anchetra Budassi e il fratello Francesco Fazi, sindaco diFoligno negli anni Novanta dell’Ottocento. Que-ste affinità, osservabili in aree geografiche come laRomagna, il Montefeltro e l’Umbria (tutte appar-tenute allo Stato Pontificio), dove più forte e radi-cata era la fedeltà al magistero mazziniano, nonsono casuali. Esse dipendono in primo luogo dalfatto che alcune personalità politiche locali consi-derarono le officine il luogo ideale per organizzaredal basso e direttamente sui territori un’azione fi-nalizzata a conseguire i valori di laicità e giustiziasociale tipici del Risorgimento, e talora invece tra-scurati dagli indirizzi intrapresi dai governi di de-stra e di sinistra. Parimenti il GOI fuparticolarmente attento alla funzione dei Comuni,considerati uno strumento per modernizzare e lai-cizzare lo Stato: i vertici della massoneria, primacon Lemmi e poi con Nathan, favorirono la nascitadi amministrazioni comunali efficienti e oneste,capaci di migliorare la vita delle classi meno ab-bienti e di sviluppare le attività economiche deirispettivi territori. Esattamente ciò che fece Bu-dassi.

Francesco SberlatiIL FILOSOFO PRATICO.

FRANCESCO BUDASSI FRA POLITICA E GIURISPRUDENZA

Liguori, Napoli, 2012, pp. 136.

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La ricerca condotta da Alberto Valdata costitui-sce un contributo importante per la storia dellaMassoneria soprattutto nel periodo napoleo-nico e per il suo intersecarsi con la storia dellacittà di Alessandria. Il ricco apparato di note at-testa la serietà con cui il lavoro è stato svoltocosì come l’utile indice dei nomi ne consenteuna più rapida fruizione. L’autore è stato moltoattento nel raccogliere una documentazionespesso integrale di eventi e materiali utili percomprendere gli ideali, il modo di intendere lavita e il mondo, il coinvolgimento del simboli-smo massonico, la pratica dei diversi riti non-ché l’impegno politico che caratterizzavano lavita delle logge. A questo proposito la trascri-zione del testo integrale del regolamento dellaLoggia La Bienfaisance all’Oriente di Alessan-dria del 1812 resta un prezioso spaccato sucome si poteva svolgere e caratterizzare la vita

massonica, così come un estratto dei Livres d’Ar-chitecture del 1805 testimonia come fu percepitala vittoria di Marengo. Ci sono poi le tornatestraordinarie e funebri alla Bienfaisance in me-moria del Fratello Federico Campana, S.P.R.+,Generale di brigata delle Armate Francesi e Co-mandante della Legion d’Onore, morto il 16febbraio 1807 nella battaglia di Ostrolenska.L’autore introduce altresì il lettore alle poesie ealle canzoni della massoneria napoleonica, fa-cendo rivivere un aspetto essenziale delle riu-nioni di loggia dove l’incontro tra recitazione,musica e poesia costituisce una autentica“malta” per le officine. Alessandria era unaprovincia dell’Impero francese e parte inte-grante del Grande Oriente di Francia e la rico-struzione biografica dei fratelli massonioperanti in questi luoghi attesta la collabora-zione tra francesi e alessandrini, facendo emer-gere il ruolo di coinvolgimento nel processo dimodernizzazione e cambiamento realizzatosidurante il periodo napoleonico. Tra i perso-naggi citati: il barone Giulio Baiocchi, sindacodi Alessandria dal 1805 al 1814; il chirurgo mi-litare e scrittore Jean-Louis Brad; il marcheseFrançois-Charles-Louis Chasseloup-Laubat,Generale di Divisione e Ispettore Generale delGenio, Comandante e Gran Croce della Legiond’Onore; Giacomo De Giorgi, letterato storicoe archeologo; Giuseppe Oviglio, medico, lette-rato e poeta; Claude-Antoine Thory, scrittore,naturalista e autore dell’opera del 1815 “ActaLatomorum, ou cronologie de l’Histoire de la franche-maçonnerie française et étrangère”. La mancanza difonti rende spesso difficile se non impossibilel’ubicazione dei Templi e l’individuazioneesatta dei luoghi delle riunioni massoniche, main questo testo anche grazie ad un attento spo-glio dei rapporti e della cronache dell’epoca,numerose certezze e ipotesi credibili sono stateavanzate. Il libro si conclude con un capitolosulla carboneria, le associazioni segrete e LaGiovine Italia che è la giusta prosecuzione delmessaggio latomista nel periodo risorgimen-tale.

Alberto ValdataLA MASSONERIA IN ALESSANDRIA.

DALLE ORIGINI AGLI ALBORI DELL’UNITÀ ITALIANA

Prefazione di Gustavo Raffi.iGrafismi Boccassi editore, Alessandria, 2013, pp. 334.

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Il Settecento è stato definito “il secolo della mas-soneria”. Nata ufficialmente a Londra, nel 1717,quale moderna depositaria di un ricco patrimoniosimbolico e sapienziale tramandato dalle gildedei costruttori delle cattedrali gotiche nel Me-dioevo, la massoneria ha caratterizzato la vita po-litica, sociale, culturale d’Europa, determinandol’atmosfera spirituale del secolo. Come è noto, nelcorso del Settecento il tramonto delle strutture re-ligiose e politiche del passato e dei vecchi sistemidi pensiero spinse le élite intellettuali europee aelaborare nuovi modelli sociali, antropologici epedagogici, che posero come oggetti privilegiatidel loro interesse l’uomo, la sua educazione e ilsuo perfezionamento, e che trovarono nell’istitutolatomistico un laboratorio sperimentale. La cultura massonica si è nel tempo concretizzatanella sua peculiare ritualità, e cioè in una serie dipratiche che avevano l’obiettivo di modificare ilpunto di vista dell’iniziato, inserirlo in un ineditoorizzonte esperienziale, più vasto e profondo diquello conosciuto nel mondo profano. Lo spazio“eterotopico” della loggia prometteva al neofita lapossibilità di una significativa esperienza, unostraniamento, una graduale trasformazione delproprio sé lungo un percorso che si compiva gra-zie a pratiche rituali capaci di coinvolgere in pro-

fondità il soggetto, nel corpo e nello spirito.È per tale motivo che la tradizione latomistica hainfluenzato direttamente o indirettamente artisti,intellettuali, letterati europei, i quali rimasero af-fascinati dalla ritualità e dal simbolismo libero-muratori, fino a trasfigurarli nelle loro opere. Lostudio di Gianluca Paolucci Ritualità massonica nellaletteratura della Goethezeit (Istituto Italiano di StudiGermanici, Roma 2014) analizza le modalità conle quali la letteratura europea, e in special modola tedesca, tra Sette e Ottocento, ha rielaboratonarrativamente ed esteticamente motivi e temati-che provenienti dall’ambito massonico. Il libro sipropone in tal modo di documentare la nascita diun fecondo rapporto tra le élite massoniche e leletterarie tra Settecento e Ottocento, proponen-dosi altresì di ricercarne le ragioni.Queste ragioni sono individuate nella trasforma-zione, nel corso Settecento, dei metodi di “gover-namentalità” (Foucault) e nelle riflessioni delleélite intellettuali circa il carattere pedagogico,performativo dell’arte in generale e della lettera-tura in particolare. Nella loggia massonica, qualescuola di morale e di virtù, l’iniziato era spintoattraverso le pratiche iniziatiche e a contatto conl’“arte massonica” a risvegliare in maniera auto-noma e organica, e cioè senza il ricorso a inter-venti esterni e autoritari, la propria leggeinteriore. Con lo sguardo rivolto alle dottrine ealle pratiche rituali libero-muratorie dell’epoca ealla nascente cultura dei media nel Settecento, nellibro si dimostra dunque come non soltanto nelleopere prese in esame si riflettano i dibattiti deltempo sulle società segrete, bensì come questeopere possano essere interpretate quali veri e pro-pri rituali che intendevano coinvolgere pubblica-mente anche i lettori o gli spettatori nellamedesima esperienza straniante e trasformativache avveniva nello spazio segreto delle logge: èquesto il caso, tra gli altri analizzati, del Sethos diTerrasson, il Flauto magico di Mozart, Nathan il Sag-gio di Lessing, Gli anni di apprendistato di WilhelmMeister di Goethe, il Don Carlos di Schiller, il Fran-kenstein di Mary Shelley. In tal senso, nello studiosi individuano significativi nessi tra le praticheiniziatiche massoniche e quelle letterarie caratte-ristiche dell’età di Goethe.

Gianluca PaolucciRITUALITÀ MASSONICA

NELLA LETTERATURA DELLA GOETHEZEIT

Istituto Italiano di Studi Germanici,Roma, 2014, pp. 638.

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Massoneria Universale - Comunione Italiana

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