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1 Melicoltura di precisione: analisi spaziale del carico produttivo in relazione al diradamento dei frutti Luigi Manfrini 1* , Brunella Morandi 1 , Marco Zibordi 1 , Pasquale Losciale 1 , Emanuele Pierpaoli 1 , Richard Mauricio Bastias Ibarra 3 , James Arnold Taylor 2 e Luca Corelli Grappadelli 1 * mail: [email protected] 1 Dipartimento di Colture Arboree, University of Bologna, Via G. Fanin 46, 40127, Bologna. 2 INRA, UMR LISAH e ITAP, 2 Place Pierre Viala, Montpellier 3 Universidad De Concepción, Facultad De Agronomía, Chile Summary There has been very little literature on the spatial variability of fruit production in horticulture crops published to date. Most of the existing literature refers to data collected at picking time. Crop load data taken prior to hand thinning and prior to harvest were collected in 3 blocks of a commercial apple (Malus domestica Borkh.) orchard in the Po valley (Ferrara, Italy). The purpose of the survey was to characterize the within field variability of crop load, using spatial statistics, and assess the effectiveness of the hand-thinning treatment to eliminate this variability. Crop load estimations were taken at 156 sites pre and post hand-thinning over a defined distance (0.8 m) and the data used to model a variogram and associated spatial analysis. Variation in the spatial distribution of the fruit load prior to the hand-thinning was observed, indicating a possibility to spatially differentially manage the orchard. No spatial variation in fruit number was observed prior to harvest (post thinning), indicating that thinning had removed the previously observed spatial variation in crop load. However, the spatial variation observed prior to thinning may indicate that a differential crop load management strategy may be optimal for maximizing quality in the orchard. Introduzione La principali e più immediate fonti di informazione che riguardano ogni sistema produttivo sono quelle derivanti dal sistema stesso (Whitney et al., 1999). Nonostante ciò, il reperimento di informazioni oggettive sulla crescita di colture frutticole non è una pratica comune. La gestione di un frutteto è spesso confinata alla sola esperienza del frutticoltore/consulente ed alla conoscenza soggettiva riguardante un determinato sistema produttivo. Le informazioni rilevate sono spesso solo relative al frutteto o all’appezzamento e utilizzano una statistica descrittiva di tipo non-spaziale, come la media e la varianza di determinati attributi quanti- qualitativi. Raramente viene proposta un'analisi della variabilità secondo schemi intra-frutteto. Nella letteratura ortofrutticola gli esempi in cui vengono effettuati rilievi sito-specifici sono limitati, sebbene questi abbiano una maggiore qualità ed esista la possibilità di interpretare i dati sia in maniera uniforme (su tutto l’appezzamento) che spaziale (all’interno dell’appezzamento). Esistono studi che riportano analisi spaziale della produttività su pomacee, kiwi, agrumi ed altre colture frutticole anche se focalizzati solo durante o successivamente la raccolta (Taylor et al. 2007). Le pubblicazioni di frutticoltura che utilizzino analisi spaziali della variabilità produttiva durante la fase di crescita del frutto sono poche (Manfrini et al. 2008), nonostante vengano già effettuati controlli di routine e siano stati sviluppati sistemi basati su immagini digitali per il controllo del numero di frutti (Stajnko et al., 2004). Fino ad ora questi sistemi di rilevazione digitale sono stati testati solo per analisi globali (di appezzamenti) della produttività o come sistemi di visione per macchine automatiche di raccolta.

Melicoltura di precisione: analisi spaziale del carico

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Melicoltura di precisione: analisi spaziale del carico produttivo in relazione al diradamento dei frutti Luigi Manfrini 1*, Brunella Morandi 1, Marco Zibordi 1, Pasquale Losciale1, Emanuele Pierpaoli1, Richard Mauricio Bastias Ibarra3, James Arnold Taylor2 e Luca Corelli Grappadelli1

* mail: [email protected] 1Dipartimento di Colture Arboree, University of Bologna, Via G. Fanin 46, 40127, Bologna. 2INRA, UMR LISAH e ITAP, 2 Place Pierre Viala, Montpellier 3Universidad De Concepción, Facultad De Agronomía, Chile Summary There has been very little literature on the spatial variability of fruit production in horticulture crops published to date. Most of the existing literature refers to data collected at picking time. Crop load data taken prior to hand thinning and prior to harvest were collected in 3 blocks of a commercial apple (Malus domestica Borkh.) orchard in the Po valley (Ferrara, Italy). The purpose of the survey was to characterize the within field variability of crop load, using spatial statistics, and assess the effectiveness of the hand-thinning treatment to eliminate this variability. Crop load estimations were taken at 156 sites pre and post hand-thinning over a defined distance (0.8 m) and the data used to model a variogram and associated spatial analysis. Variation in the spatial distribution of the fruit load prior to the hand-thinning was observed, indicating a possibility to spatially differentially manage the orchard. No spatial variation in fruit number was observed prior to harvest (post thinning), indicating that thinning had removed the previously observed spatial variation in crop load. However, the spatial variation observed prior to thinning may indicate that a differential crop load management strategy may be optimal for maximizing quality in the orchard. Introduzione La principali e più immediate fonti di informazione che riguardano ogni sistema produttivo sono quelle derivanti dal sistema stesso (Whitney et al., 1999). Nonostante ciò, il reperimento di informazioni oggettive sulla crescita di colture frutticole non è una pratica comune. La gestione di un frutteto è spesso confinata alla sola esperienza del frutticoltore/consulente ed alla conoscenza soggettiva riguardante un determinato sistema produttivo. Le informazioni rilevate sono spesso solo relative al frutteto o all’appezzamento e utilizzano una statistica descrittiva di tipo non-spaziale, come la media e la varianza di determinati attributi quanti-qualitativi. Raramente viene proposta un'analisi della variabilità secondo schemi intra-frutteto. Nella letteratura ortofrutticola gli esempi in cui vengono effettuati rilievi sito-specifici sono limitati, sebbene questi abbiano una maggiore qualità ed esista la possibilità di interpretare i dati sia in maniera uniforme (su tutto l’appezzamento) che spaziale (all’interno dell’appezzamento). Esistono studi che riportano analisi spaziale della produttività su pomacee, kiwi, agrumi ed altre colture frutticole anche se focalizzati solo durante o successivamente la raccolta (Taylor et al. 2007). Le pubblicazioni di frutticoltura che utilizzino analisi spaziali della variabilità produttiva durante la fase di crescita del frutto sono poche (Manfrini et al. 2008), nonostante vengano già effettuati controlli di routine e siano stati sviluppati sistemi basati su immagini digitali per il controllo del numero di frutti (Stajnko et al., 2004). Fino ad ora questi sistemi di rilevazione digitale sono stati testati solo per analisi globali (di appezzamenti) della produttività o come sistemi di visione per macchine automatiche di raccolta.

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Stime della resa durante il ciclo produttivo sono rilevanti per attuare operazioni colturali in tempo reale, particolarmente nel caso di diradamento. La produttività di un frutteto è funzione di numero e pezzatura di frutti per pianta e può essere stimata mediante il conteggio del carico produttivo (Lakso et al., 1995). Più sono tempestive le stime prima è possibile intervenire con appropriate operazioni colturali che risulteranno così maggiormente efficaci. Già oltre cinquant'anni fa sono stati testati differenti metodi per calcolare nelle prime fasi di accrescimento la carica produttiva media. Pearce e Holland (1957) hanno inizialmente proposto una metodologia di campionamento randomizzato per la stima del carico produttivo, successivamente sono state valutate numerose altre metodologie per la determinazione del numero di frutti/pianta. In ogni caso, tutte le metodologie hanno mirato ad una valutazione media delle produzioni senza estendersi ad un’analisi spaziale. La frutticoltura di precisione (FP) è una nuova ed innovativa area di ricerca concernente l’analisi di informazioni spaziali in un frutteto. La FP ha l’obiettivo di ottimizzare le operazioni colturali come diradamento, la concimazione o irrigazione attraverso una approfondita conoscenza della variabilità spaziale e/o temporale nelle produzioni del frutteto. Conoscendo questa variabilità, le operazioni colturali saranno meglio mirate ai reali fabbisogni della coltura, in ogni posizione (sito specifica). Applicazioni di questa filosofia di gestione sono fino ad ora state largamente sfruttate nelle colture estensive e più recentemente in viticoltura (Tisseyre et al., 2007). La rilevazione e l’analisi di dati spaziali può risultare economicamente cara e richiedere tempo anche se è potenzialmente facilitabile da sensori automatici. Nel caso in cui questi non siano disponibili e siano necessari rilievi manuali, come nella FP, la pianificazione dello schema di selezione dei dati è essenziale al fine di ottimizzare il valore delle informazioni raccolte. L’applicazione più comune della raccolta dati manuale è la selezione a maglia che, spesso utilizzata per la semplicità di applicazione in campo, può provocare errori per la regolarità di allineamento dei filari (i trattamenti o le pratiche colturali vengono eseguiti unidirezionalmente lungo il filare dando origine ad un gradiente), creando schemi ripetitivi che non sempre consentono una corretta visualizzazione ed analisi delle problematiche in corso. Se esistono informazioni spaziali come ad esempio analisi del suolo, immagini aeree o satellitari, o eventualmente notizie o impressioni sulle caratteristiche produttive nelle differenti parti del frutteto, allora queste informazioni posso essere utilizzate a priori per uno schema di selezione sito-diretta. E’ infatti noto che la selezione sito-diretta e randomizzata è più efficace della selezione a maglia (Pocknee et al., 1996). Comunque, quando informazioni a priori non sono disponibili per una selezione sito-diretta, uno schema a maglia, ad un’appropriata densità di selezione, combinata con un’analisi dati adatta, può essere utilizzato per mappare e gestire in maniera soddisfacente i parametri colturali (McBratney e Pringle, 1999). L’agricoltura di precisione (AP), e più particolarmente la frutticoltura di precisione, sono dei concetti relativamente giovani, basati sull’analisi spaziale delle informazioni. Iniziare un’analisi utilizzando l’AP o la FP può richiedere parecchio tempo per generare un database di informazioni; un esempio in frutticoltura è la raccolta dei frutti, che può generare dati solo una volta l’anno. Utilizzare dati pre-esistenti o riconducibili al sito in esame è probabilmente la pratica migliore per facilitarne l’adozione; in questa maniera le informazioni saranno ad una giusta densità e qualità, garantendo una corretta analisi spaziale: ad esempio informazioni singole sul sito, non aggregate o mescolate da un campionamento multiplo, sono fondamentali e devono contenere una localizzazione accurata. Per localizzazione accurata non si intende solo quella geografica (latitudine e longitudine); può essere accurata anche una descrizione

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successivamente riadattabile e/o georeferenziabile (es. 6° albero, 10a fila, lato Est nell’appezzamento numero 6). Sebbene rari, in frutticoltura si possono presentare esempi di dati precedentemente utilizzati e riconducibili a precisi siti, principalmente da articoli pubblicati piuttosto che da applicazioni commerciali; in questi si possono trovare dati organizzati a griglia/maglia. L’obiettivo di questo articolo è analizzare informazioni riguardanti dati del carico produttivo prima e successivamente al diradamento manuale. In particolare verificare come l’analisi spaziale possa essere utilizzata per identificare la variabilità in produzioni melicole e quale sia l’impatto del diradamento sulla variabilità spaziale nel carico produttivo a livello dell’intero frutteto. Nei risultati viene riportata anche una breve discussione riguardante le opportunità che potrebbero nascere utilizzando la variabilità spaziale riscontrata nei carichi produttivi. Materiali e Metodi Lo studio è stato condotto nel 2007 in un’azienda frutticola di Medelana, Ferrara. I dati sono stati registrati in tre appezzamenti di “Fuji” denominati M9-1998 (3.1 ha), M9-1995 (2.5 ha) e M9-2001 (1.4 ha). L’unico parametro che differenzia i tre appezzamenti (come indicato dai nomi) è l’anno di messa a dimora; per il resto le piante sono innestate su M9, allevate a fusetto, ad una densità di 3571 piante/ha (0.8X 3.5m), sono state sottoposte alle stesse operazioni colturali ed i filari hanno un orientamento approssimativamente Nord-Sud. Tenendo conto di queste specifiche i tre appezzamenti possono essere considerati uniformi. In ogni appezzamento i filari sono stati suddivisi in tre settori (blocchi), Nord, Centro e Sud, e per ogni settore il carico produttivo è stato valutato su quattro piante. Ad ogni settore è stata assegnata la media dei valori dei conteggi ed attribuito il valore georeferenziato del proprio centroide (parte centrale di ogni blocco). La Figura 1 mostra la strategia di selezione. Negli appezzamenti M9-1995, M9-1998 e M9-2001 sono stati registrati rispettivamente 63, 72 e 21 dati georeferenziati. Questa strategia di schema a maglia era stata inizialmente disegnata per la stima produttiva degli interi appezzamenti e non per un'analisi spaziale; il numero (156) di dati ha comunque consentito di effettuare studi di analisi spaziale a livello di frutteto, in quanto non erano disponibili sufficienti informazioni (< di 100 punti) per eseguire un’analisi accurata a livello di singolo appezzamento. Il primo rilievo di carica produttiva è stato eseguito durante la prima settimana di maggio, dopo un trattamento diradante a base di Carbaryl (Sevin), precedentemente al primo passaggio di diradamento manuale. Il numero di frutti di quattro piante scelte a caso è stato contato, al fine di assegnare un valore medio ad ogni settore. I conteggi e le analisi dati sono stati effettuati seguendo il protocollo descritto da Manfrini et al. (2009). A seguito di una valutazione basata sulla pezzatura media dei frutti alla raccolta (220g/frutto), una produzione media per ettaro (50 t/ha) e la densità di piantagione (3571 piante/ha), è stato calcolato il carico produttivo target di 61 frutti/pianta . La prima valutazione del carico produttivo (maggio) ha evidenziato un numero vicino all’ottimale (60.6 frutti/pianta. Tavola 1). Lo stesso protocollo proposto da Manfrini et al. (2009) è stato utilizzato nel conteggio ed analisi dati di settembre, successivo al diradamento (pre-raccolta).

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Figura 1. Immagine satellitare del sito in studio. Sono evidenziati i tre appezzamenti di Fuji ed i punti (centroidi) georeferenziati nei settori Nord, centro e Sud in cui è stato valutato il carico produttivo Risultati e Discussione L’obiettivo iniziale di questo lavoro è stata la caratterizzazione della variabilità nel numero di frutti/pianta tra i diversi appezzamenti. I dati non-spaziali e spaziali dei conteggi di maggio (prima del diradamento manuale) e settembre (dopo il diradamento manuale) sono rappresentati nella tabella 1. Il carico di frutti medio in M9-1995 e M9-2001 aumenta in maniera significativa dopo il diradamento (p<0.05), rispettivamente di 19.4 e 26.3 frutti/albero. Tuttavia M9-1998 ha mostrato una diminuzione significativa (p<0.05) di 18.8 frutti/albero. Il carico produttivo medio di questo appezzamento, molto superiore al carico produttivo target, probabilmente ha indotto una pressione diradante più intensa rispetto ai blocchi M9-1995 e M9-2001. Lo “sfoltimento”dei corimbi è infatti una pratica molto comune per velocizzare l’operazione colturale del diradamento manuale e massimizzare la qualità produttiva finale. Si può stimare che una grande quantità di frutticini (circa il 50%) sia stata rimossa o persa prima del conteggio di settembre in M9-1998. Tale risultato può comunque non essere ricondotto al solo

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diradamento manuale. L’ipotesi di perdita di frutti da alti carichi produttivi in M9-1998 è anche sostenuta dalla struttura spaziale dell’appezzamento M9-2001 (Fig. 3). Nonostante il diffuso basso carico nell’appezzamento, infatti, l’angolo a Nord-Est evidenzia un alto carico produttivo. Successivamente al diradamento la struttura spaziale nel blocco cambia facendo risaltare una carica fruttifera molto bassa rispetto al resto dell’appezzamento nello stesso angolo (Fig. 3). Tabella 1: Statistica non-spaziale e parametri relativi ai variogrammi per la combinazione dei dati tra gli appezzamenti e statistica non-spaziale relativa al singolo appezzamento della carica produttiva nei periodi pre-diradamento manuale (maggio, 2007) e post-diradamento manuale (settembre, 2007).

Periodo Raccolta Dati ID Blocco

No. dati (n)

Carico Produttivo

Medio (Frutti/pianta)

Varianza Carico

Produttivo

Coefficiente di

Variabilità (%)

Varianza Nugget

(c0)

Varianza Sill

(c0+c1)

Range (a) (m)

Cambardella Index

M9-1995 63 31.22 329.66 58.15

M9-1998 72 86.86 377.90 22.38 Pre

diradamento (maggio, 2007)

M9-2001 21 58.67 945.73 52.42

Combined 156 60.6 1098.64 54.7 267.6 404.6 35.24 66.14

M9-1995 63 50.57 250.41 31.29

M9-1998 72 68.02 920.46 44.6

Post diradamento (settembre,

2007) M9-2001 21 84.98 792.31 33.12

Combined 156 63.25 763.89 43.69 601.0 601.0 0.00 100.00

L’analisi spaziale è stata effettuata utilizzando un modello adattato alle specifiche condizioni sperimentali, e descritto altrove (Manfrini et al. 2009). I parametri relativi al variogramma sono elencati nella tabella 1. Nel diagramma relativo al pre-diradamento il lag a 19 m è omesso dalla stima della semivarianza (indicato con una freccia) in quanto con un basso numero di coppie a confronto e quindi poco significativo per la stima del variogramma. I variogrammi mostrano una marcata differenza tra i due conteggi. Nel caso del pre-diradamento (Fig. 2 A) il variogramma mostra un livello di autocorrelazione (r = 35.2 m), ovvero gli alberi separati da una distanza < 35 m mostrano una varianza minore che gli alberi ad una distanza > 35m. In altre parole, è più probabile che due alberi “vicini” (ad una distanza < 35m) ricevano o abbiano ricevuto le stesse operazioni colturali piuttosto che due piante lontane più di 35m. Questa è probabilmente una situazione “standard” a livello di appezzamento nel periodo antecedente al diradamento manuale. Il conteggio successivo al diradamento effettuato in settembre (Fig. 2B) non mostra autocorrelazione spaziale (valori di c1 e r pari a 0), il che è da ritenersi ottimale dal punto di vista della gestione aziendale. L’intento del diradamento è infatti anche quello di ottenere una omogeneità di carico produttivo per rendere più semplici le operazioni di gestione della produzione. L’indice di Cambardella (Cambardella et al. 1994) del conteggio di maggio (66.14) indica una moderata dipendenza spaziale (strutturata) mentre in Settembre (100) non indica alcuna dipendenza spaziale. In un sistema produttivo che mostra una struttura spaziale variabile una gestione in classi (classificazione delle aree) o a zone (zonazione delle aree) è possibile e probabilmente preferibile. Nel caso in cui non esista invece una struttura spaziale un approccio uniforme o basato su una media per area è di maggior efficacia e di più facile approccio. La moderata dipendenza spaziale indicata dall’ indice di Cambardella e del corto raggio in cui c’è

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autocorrelazione (r = 35.2), suggerisce che la distanza (area) entro cui le piante mostrano un comportamento più uniforme sia abbastanza ridotta. Questa distanza (area) è importante in quanto esprime le possibilità e le abilità necessarie per gestire la variabilità autocorrelata (strutturata) in un sistema produttivo. Se il produttore non può modificare le pratiche colturali a distanze inferiori a 20-30 m non sarà possibile gestire (ed eventualmente correggere) la variabilità osservata.

Figura 2. Variogrammi sperimentali e modello sferico teorico adattato nelle due valutazioni di carico produttivo: pre-diradamento manuale (A) e post-diradamento manuale (B). Il variogramma realativo al pre-diradamento (A) mostra autocorrelazione (minor semivarianza) tra i dati separati da meno di 35 m. Il variogramma relativo al post-diradamento (B) non mostra autocorrelazione. La freccia indica un punto di lag a basso numero di coppie di dati. Questo punto è stato omesso nella stima del variogramma teorico

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Le mappe relative al carico produttivo (Fig. 3) danno ulteriore supporto a quanto evidenziato dall’analisi spaziale. In maggio è presente una struttura intra-blocco che delimita zone a differente potenziale produttivo (con differenti numeri frutti pianta stimati) contrassegnate da differenti gradazioni di colori (Fig. 3). Ad esempio sono evidenziate aree orientate in direzione Nord-Sud in M9-1995, nonostante lo schema di campionamento sia con maggiore densità in direzione Est- Ovest (Fig. 1). Con questo schema basato sulla struttura del frutteto si sarebbero attesi artefatti (andamenti che seguono la direzione dei filari) orientati in direzione Est-Ovest ma che in seguito all’analisi non sono presenti. Ugualmente, M9-2001 mostra un trend a livello di blocco che indica una diminuzione del carico produttivo dall’angolo Nord-Est a quello Sud-Ovest. M9-1998 presenta invece una mappa con maggior uniformità (in accordo con il più basso CV indicato nella tabella 1). Le mappe relative al conteggio di settembre, dove i carichi produttivi in seguito al diradamento dovrebbero essere omogenei, sono effettivamente delle mappe che rappresentano una media produttiva essendo ottenute da un variogramma “ piatto” da cui non si riesce a descrivere una sostanziale variabilità (intra-blocco). Questa semplice analisi spaziale associata a mappe rappresentative fornisce la possibilità di verificare l’efficacia del trattamento di diradamento e se questo riduce effettivamente la variabilità tra le piante. Nella fattispecie i dati indicano che il diradamento ha rimosso la struttura spaziale, cioè la presenza di zone a differente variabilità produttiva, presente negli appezzamenti e ridotto il CV tra i blocchi. Tuttavia esiste ancora una grande quantità di variabilità tra i differenti blocchi (CV pari a 43.7 dopo il diradamento manuale), e questa variabilità sembra essere casuale a livello di sistema naturale. La domanda segue spontanea: questo livello di variabilità casuale tra piante adiacenti è accettabile affinché il frutticoltore possa agire per modificare qualità e la produttività di un appezzamento? E che implicazioni può avere sulla qualità, particolarmente sulla distribuzione in classi di pezzatura alla raccolta? Questo studio preliminare non ha raccolto informazioni riguardanti le fasi di raccolta ma, sicuramente, questo è un argomento degno di futuri approfondimenti. Questo lavoro dimostra che esiste variabilità nel meleto e pone il dubbio se l’uniformità di carico produttivo è più desiderabile a livello di singolo albero, appezzamento o intero frutteto. Se la variabilità tra chiome mostrasse una variabilità simile a quella del carico produttivo, allora il carico ottimale, relativo alla dimensione della chioma, sarebbe differente. Questo è sufficiente per migliorare la produttività e/o il profitto attraverso una zonazione del frutteto, come ad esempio una raccolta differenziata in base alle zone? Un esempio è dato da esperienze condotte in vigneto (Bramley, 2005). Un'alta variabilità spaziale non deve essere considerata necessariamente un elemento negativo per la produttività, anzi, se gestita e controllata in maniera corretta, può risultare un fattore positivo. Variabilità spaziale a livello di qualità può invece essere più problematica. In ogni coltura ad alto reddito infatti il fine ultimo è una produzione di alta qualità. Un carico produttivo ”standard” sottoposto ad effetti ambientali variabili invece può non produrre una qualità uniforme. Ad un tale risultato devono essere aggiunte informazioni riguardanti la stabilità temporale per utilizzare in futuro, come pratica colturale, uno schema spaziale che tenga conto delle differenze tra le varie zone del frutteto; ciò può fornire informazioni importanti ed un feedback sulle correnti strategie di gestione e nuove opzioni per un approccio ad intensità variabile o sito-specifico. In questo contesto il diradamento, che è una delle principali operazioni colturali, può assumere maggior efficacia e precisione utilizzando un approccio che segue la variabilità spaziale e sito-specifica facendo corrispondere maggiormente la produttività con le potenzialità ecofisiologiche del frutteto.

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Figura 3. Mappe di interpolazione e dati grezzi (punti) delle analisi riguardanti i tre appezzamenti. La mappa che individua le informazioni relative al pre-diradamento manuale (alto) mostra un chiaro schema spaziale tra gli appezzamenti. La mappa post-diradamento manuale (basso) presenta grande uniformità (media) dovuta ad una mancanza di struttura spaziale per l’alto numero di dati grezzi che evidenziano alti e bassi carichi produttivi contigui. La legenda è uniformata per entrambe le mappe.

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Conclusioni Il diradamento è una delle principali tecniche colturali che condiziona la redditività di un meleto. Normalmente le decisioni riguardanti questa tecnica sono prese senza informazioni chiare ed oggettive sull'intensità di applicazione né sulla bontà dei risultati ottenuti. Con la presente indagine si vuole dimostrare la convenienza all’utilizzo di informazioni sulla variabilità spaziale del carico produttivo a livello di frutteto. Lo scopo di questo articolo pertanto era la verifica della fattibilità di analisi spaziali in meleti con il fine di trarre indicazioni per migliorare la gestione del frutteto. Sebbene lo schema utilizzato non fosse ottimale per questo scopo, il risultato è stato soddisfacente e piuttosto chiaro. Precedentemente al diradamento manuale è stata verificata l’esistenza di una struttura spaziale e di uno schema di variazione della carica produttiva che si prestavano a questa ricerca. Successivamente al diradamento manuale questo schema non era più evidente dato che l’operazione di diradamento aveva rimosso la variabilità spaziale della carica produttiva e ridotto il CV complessivo del frutteto. Altro punto d’interesse è la variabilità intrinseca riscontrata tra i blocchi (CV di 43.7 dopo il diradamento) che appare essere di tipo stocastico in ecosistemi naturali. La variabilità, quindi, può essere sinonimo di differenti potenzialità produttive all'interno del frutteto, indicando la possibilità di massimizzarne la qualità produttiva con una gestione differenziata delle diverse parti. Ringraziamenti Gli autori esprimono gratitudine al consorzio MelaPiù per il supporto alle attività sperimentali del Dr. Manfrini ed alla cooperativa C.I.C.O. (Tresigallo, Ferrara) per aver concesso libero accesso ai propri frutteti commerciali. Particolari ringraziamenti a Michele Mariani (Alimenta) per la collaborazione continua e fattiva nella realizzazione delle prove sperimentali. Bibliografia -Bramley R.G.V. 2005. Understanding variability in winegrape production systems: 2. Within vineyard variation in quality over several vintages. Aust. J. Grape Wine Res. 11, 33–45. -Cambardella, C.A., T.B., Moorman, J.M., Novak T.B., Parkin, D.L., Karlen, R.F., Turco, e A.E., Konopka 1994. Field-scale variability of soil properties in central Iowa soils. Soil Sci. Soc. Am. J. 58, 1501–1511. -Lakso A.N., L., Corelli Grappadelli, J., Barnard, e M.C., Goffinet 1995. An expolinear model of the growth pattern of the apple fruit. J. Hort. Sci. 70, 389–394. -Manfrini L., J. A. Taylor e L. Corelli Grappadelli. 2009. Spatial Analysis of the Effect of Fruit Thinning on Apple Crop Load. European Journal Horticultural Science. 74 (2). 54–60. A -Manfrini L. e L. Corelli Grappadelli. 2008 Frutticoltura di precisione: applicazione dell’analisi spaziale nella gestione delle pratiche colturali. Frutticoltura, Dicembre 2008, 24-28. B -McBratney, A.B. e M.J., Pringle 1999. Estimating average and proportional variograms of soil properties and their potential use in precision agriculture. Precision Agr. 1, 125–152.

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-Pearce. S. C. e D. A., Holland 1957. Randomized Branch Sampling for Estimating Fruit Number. Biometrics. 13, 127–130. -Pocknee, S., B., Boydell, H.M., Green, D.J., Waters, e C.K. , Kvien 1996. Directed soil sampling, Procedure of 3rd International Conference on Precision Agriculture. 159–168. Madison, Wisconsin. -Stajnko D., M., Lakota e M., Hočevar 2004. Estimation of number and diameter of apple fruits in an orchard during the growing season by thermal imaging. Computers Electronics Agr. 42, 31–42. -Taylor, J.A., JP., Praat e A.F., Bollen 2007. Spatial Variability of Kiwifruit Quality in Orchards and Its Implications for Sampling e Mapping. HortSci. 42, 246–250. -Tisseyre, B., H., Ojeda e J.A., Taylor 2007. New technologies and methodologies for site-specific viticulture. J. Int. Sci Vigne. Vin. 41, 63–76. -Whithney, J.D., W.M., Miller, T.A.,Wheaton, M., Salvani, e J.K., Schueller 1999. Precision farming: applications in Florida citrus. App. Eng. Agr. 15, 399–403.