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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di sicurezza sul lavoro
Numero 3 – Marzo 2016
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sommario
APPROFONDIMENTI
Sicurezza e giurisprudenza – 1 IL DIPENDENTE VA PROTETTO CONTRO IL RISCHIO RAPINA La responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni subiti in servizio dai dipendenti non è limitata alla verifica della corretta adozione delle misure igienico-sanitarie o antinfortunistiche, ma deve ricomprendere anche le misure che, secondo le comuni tecniche in materia di sicurezza, sono dirette a preservare l’integrità dei lavoratori in relazione alle aggressioni che possano derivare dalla ripetizione di episodi criminosi a opera di terzi. (Giuseppe Bulgarini d'Elci, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 20 febbraio 2016)
5 Sicurezza e giurisprudenza – 2 LEGITTIMO IL RIFIUTO DELLA PRESTAZIONE LAVORATIVA SE MANCA LA SICUREZZA Laddove vengano meno le condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro, i dipendenti possono legittimamente rifiutarsi di rendere la propria prestazione lavorativa, conservando al contempo il diritto alla retribuzione. (Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti, Il Sole 24 ORE – Quotidiano Lavoro, 25 febbraio 2016)
7 Sicurezza e prevenzione - 1 AL VIA LA PRIMA VERIFICA DI AMMISSIBILITÀ La prima fase del bando Isi dell’Inail anche quest’anno prevede l’assegnazione di punteggi ai progetti candidabili articolati in base a: tipologia di progetto di intervento presentato; dimensioni dell’azienda; rischiosità dell’attività svolta; adozione di buone prassi e coinvolgimento delle parti sociali o dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito o territoriali. (Gabriele Taddia, Il Sole 24 ORE – Focus, 22 febbraio 2016)
9 Sicurezza e prevenzione - 2 «LA PREVENZIONE VA INCENTIVATA COME CULTURA» Un miliardo di euro di contributi a fondo perduto, destinati a 17mila progetti di investimento per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni. «I numeri raggiunti in cinque edizioni del bando Isi sono indicativi, ma non bastano a raccontare lo sforzo profuso nell’incentivare le imprese a migliorare le condizioni dei luoghi di lavoro, nell’affinare la procedura e renderla sempre più efficiente - commenta l'ingegner Ester Rotoli, direttore prevenzione Inail -. (Dario Aquaro, Il Sole 24 ORE – Focus, 22 febbraio 2016)
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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sicurezza e legislazione - 1 ALL’ISPETTORATO LA REGIA DEI CONTROLLI Lo schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) per l’organizzazione del nuovo ispettorato del Lavoro conferma l’accorpamento di 19 direzioni territoriali del lavoro e l’istituzione di 4 ispettorati interregionali in luogo delle attuali direzioni. (Luigi Caiazza, Roberto Caiazza, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 18 febbraio 2016)
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Sicurezza e legislazione - 2 SOMMINISTRAZIONE FUORI DAL PENALE (…) Trova piena applicazione il decreto legislativo n. 8/2016, sulla riforma del sistema sanzionatoria e la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda) apportando alcune modifiche in ordine al regime delle sanzioni applicabili per alcune fattispecie di illeciti in materia di lavoro e legislazione sociale. (Luigi Caiazza, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 6 febbraio 2016)
15 Sicurezza e controlli L'ATTIVITÀ DI CONTROLLO DEL PERICOLO DI INCIDENTI RILEVANTI Con la nota 12 febbraio 2016, n. 1834 la Direzione Centrale Prevenzione e Sicurezza Tecnica del Ministero dell'Interno ha inviato a tutte le Direzioni Regionali le indicazioni circa il Piano Nazionale delle ispezioni sui sistemi di gestione sicurezza negli stabilimenti a rischio incidente rilevante, per il triennio 2016-2018. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 22 febbraio 2016)
17 Sicurezza e antincendio - 1 IN GAZZETTA UFFICIALE UNA NUOVA REGOLA TECNICA Sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2016 è stato pubblicato il d.m. 3 febbraio 2016 riguardante la progettazione, la costruzione e l'esercizio dei depositi di gas naturale con densità non superiore a 0,8 e dei depositi di biogas, anche se di densità superiore a 0,8. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 15 febbraio 2016)
19 Sicurezza e antincendio - 2 I NUOVI CONTENUTI DEI CORSI DI SPECIALIZZAZIONE IN PREVENZIONE INCENDI Emanata dalla Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica la circolare 2 febbraio 2016, n. 1284 che aggiorna i contenuti dei corsi base di specializzazione in prevenzione incendi dei corsi e dei seminari di aggiornamento. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 4 febbraio 2016)
21 Sicurezza: Unione europea NUOVE NORME UE SU APPARECCHI A GAS, IMPIANTI A FUNE E DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Saranno pubblicati a breve sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, tre regolamenti adottati dal Consiglio europeo, nell'ottica di offrire maggiori garanzie per la sicurezza dei consumatori, migliorare le regole di vigilanza del mercato da parte delle autorità pubbliche, introdurre maggiore equità per la concorrenza fra le imprese. (Angelo Pesce, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 29 febbraio 2016)
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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sicurezza e lavoratori stranieri LA SICUREZZA DEI LAVORATORI STRANIERI NEI CANTIERI TEMPORANEI E MOBILI L’articolo 97 del D.Lgs. 81/08 prescrive che il datore di lavoro dell’impresa affidataria verifichi le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento realizzato dal Committente. (Fabrizio Nobile, Il Sole 24 ORE – Cantieri24, 11 febbraio 2016)
25 Sicurezza e sorveglianza LA SORVEGLIANZA SANITARIA DEI LAVORATORI ESPOSTI AD AGENTI CANCEROGENI O MUTAGENI Le modalità di effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a cancerogeni e/o mutageni sono oggetto di un ampio dibattito di lunga durata tra i medici del lavoro, sia nel ruolo di medico competente, sia tra i medici dei servizi pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro, e, più in generale, tra tutti i tecnici impegnati nella prevenzione nei luoghi di lavoro. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 25 febbraio 2016)
28 L’ESPERTO RISPONDE
34 RASSEGNA DI NORMATIVA
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Chiusa in redazione il 29 febbraio 2016
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Sicurezza e
giurisprudenza – 1
Il dipendente va protetto contro il rischio rapina (Giuseppe Bulgarini d'Elci, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 20 febbraio 2016)
La responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni subiti in servizio dai dipendenti non è limitata
alla verifica della corretta adozione delle misure igienico-sanitarie o antinfortunistiche, ma deve
ricomprendere anche le misure che, secondo le comuni tecniche in materia di sicurezza, sono
dirette a preservare l’integrità dei lavoratori in relazione alle aggressioni che possano derivare dalla
ripetizione di episodi criminosi a opera di terzi.
È questa la conclusione cui è pervenuta la Corte di cassazione con la sentenza 3306/2016. Nel caso
sottoposto all’esame dei giudici, il direttore di un ufficio postale è stato vittima di un infarto a
causa, tra l’altro, del fatto che l’ufficio, nello spazio di un anno, è stato interessato da ben quattro
rapine.
La Corte d’appello di Firenze, dopo aver verificato che l’ufficio era sprovvisto di adeguate protezioni
idonee a prevenire il compimento di iniziative criminose, ha riconosciuto la responsabilità di Poste
Italiane per il danno biologico e morale subito dal lavoratore.
La Cassazione ha aderito a queste conclusioni e ha ribadito che, in un contesto ambientale già
caratterizzato dal compimento di rapine in serie, la responsabilità del datore di lavoro è emersa per
non essere stati specificamente dimostrati in giudizio le misure e gli accorgimenti che, secondo le
comuni tecniche di sicurezza, avrebbero potuto essere implementati allo scopo di eliminare o,
quantomeno, di circoscrivere il rischio di azioni criminose.
A tale proposito la Cassazione ribadisce che il lavoratore, il quale agisca per il risarcimento dei
danni patiti a seguito di infortunio, ha l’onere di provare il fatto costituente l’inadempimento e il
nesso di causalità materiale tra l’inadempimento e il danno, ma non anche di dare prova della
colpa del datore di lavoro. Incombe su quest’ultimo, invece, secondo l’insegnamento della
Cassazione, l’onere di allegare di aver posto in essere tutte le cautele necessarie a evitare il danno
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non solo con riferimento alle misure di tipo igienico-sanitario o antinfortunistico, ma con ulteriore
riguardo a tutte quelle misure che, in relazione alla specificità del caso concreto, possono
contribuire a elidere o ridurre il rischio cui sono esposti i lavoratori.
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Sicurezza e
giurisprudenza – 2
Legittimo il rifiuto della prestazione lavorativa se manca la
sicurezza (Massimiliano Biolchini e Lorenzo Zanotti, Il Sole 24 ORE – Quotidiano del Lavoro, 25 febbraio
2016)
Laddove vengano meno le condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro, i dipendenti possono
legittimamente rifiutarsi di rendere la propria prestazione lavorativa, conservando al contempo il
diritto alla retribuzione.
Tale principio è stato recentemente ribadito dalla sentenza della Corte di cassazione n. 836/2016,
con riferimento al caso di un'azienda nel cui reparto assemblaggio si era verificata la caduta di
alcuni manufatti, con potenziale grave pericolo per l'addetto che ne fosse stato investito. In
occasione dell'ennesimo incidente, gli operai si erano rifiutati di proseguire il lavoro sino
all'ultimazione degli interventi di riparazione da parte della squadra di manutenzione. Per la società
tale sospensione unilaterale della prestazione lavorativa andava qualificata come sciopero, con la
conseguenza che il personale astenutisi dal lavoro non aveva diritto alla retribuzione
corrispondente al periodo di fermo.
La tesi sostenuta dall'azienda è stata smentita dalla Corte, la quale ha chiarito che a fronte della
violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo di garantire condizioni di sicurezza sul lavoro ai
sensi dell'articolo 2087 del codice civile, non solo è legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la
propria prestazione, ma costui conserva altresì il diritto alla retribuzione, non potendogli derivare
conseguenze sfavorevoli in ragione dell'inadempimento datoriale.
Questa ricostruzione trova fondamento nei principi civilistici in materia contrattuale, secondo cui, in
caso di inadempimento da parte di uno dei contraenti, l'altra parte può autotutelarsi rifiutando di
rendere la propria prestazione corrispettiva fino a quando perduri l'inadempimento. Va rilevato, in
proposito, come in ossequio al canone della buona fede nei rapporti contrattuali (e, per quanto qui
interessa, nel rapporto di lavoro), affinché il rifiuto della prestazione lavorativa sia legittimo e
permanga il diritto alla retribuzione, non è sufficiente che il datore di lavoro venga meno ad uno
qualsiasi dei propri obblighi, ma occorre - come nel caso di specie - che l'inadempimento appaia di
rilevanza tale da giustificare l'interruzione della prestazione. Occorre, pertanto, operare una
valutazione comparativa dei comportamenti delle parti, che tenga conto non soltanto della
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coincidenza temporale tra i due inadempimenti, ma anche del canone di proporzionalità della
reazione di una parte rispetto all'inadempimento dell'altra, e del nesso di causalità tra le due
condotte.
In questo senso, occorre tenere presente che l'articolo 2087 del codice civile, che impone al datore
di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale
dei lavoratori, è posto a presidio di beni di rilievo costituzionale (quale il bene primario della
salute), così risultando idoneo, nei casi di più grave violazione dello stesso, a giustificare
l'interruzione della prestazione lavorativa.
In linea con quanto detto, il principio ribadito dalla Cassazione con la sentenza in commento
potrebbe estendersi anche ai casi più gravi di mobbing, tali da comportare una persistente
violazione dell'articolo 2087 del codice civile da parte del datore di lavoro, colpevole di non aver
adottato misure idonee a predisporre un ambiente di lavoro sufficientemente sereno e scevro da
comportamenti lesivi dell'integrità psicofisica dei lavoratori.
Ugualmente, deve ritenersi possibile per il lavoratore sollevare l'eccezione di inadempimento
laddove il datore di lavoro venga meno alla propria obbligazione principale, consistente nel
pagamento della retribuzione. In altri casi, invece, la giurisprudenza tende ad escludere
l'utilizzabilità del rimedio in parola, come nell'ipotesi di ordini datoriali ritenuti illegittimi, quali la
richiesta di svolgere mansioni inferiori (situazione che potrà eventualmente trovare tutela in sede
giudiziale).
In tutti i casi, non si potrà comunque prescindere da un'attenta valutazione degli interessi in gioco,
tenendo conto, in particolare, del rischio che il lavoratore unilateralmente astenutosi dalla
prestazione possa andare incontro a sanzioni disciplinari laddove non riesca a provare che
l'inadempimento datoriale era tale da giustificare l'immediata interruzione della prestazione
lavorativa.
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Sicurezza e
prevenzione - 1
Al via la prima verifica di ammissibilità (Gabriele Taddia, Il Sole 24 ORE – Focus, 22 febbraio 2016)
La prima fase del bando Isi dell’Inail anche quest’anno prevede l’assegnazione di punteggi ai
progetti candidabili articolati in base a: tipologia di progetto di intervento presentato; dimensioni
dell’azienda; rischiosità dell’attività svolta; adozione di buone prassi e coinvolgimento delle parti
sociali o dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito o territoriali.
Chi supererà la soglia di ammissibilità del progetto, potrà poi partecipare al vero e proprio click day
che determinerà l’assegnazione dei fondi sulla base del criterio cronologico di invio telematico. Per
quanto riguarda i progetti d’intervento ammessi in questa prima fase, il bando suddivide in tre
categorie i parametri che determinano il punteggio e che sono finanziabili: progetti di investimento,
specifici interventi per l’implementazione dei modelli organizzativi e di responsabilità sociale Sa
8000 e, da quest’anno, anche specifici progetti di bonifica materiali contenenti amianto. È prevista
l’erogazione di fondi, fra l’altro, per l’eliminazione di tutti gli agenti chimici (per l’amianto c’è una
linea di finanziamento a parte) o per l’adozione di un sistema chiuso in fase di produzione o
utilizzo. Quest’indicazione va nella direzione di quanto previsto nell’articolo 225 del Testo unico
sicurezza (Dlgs 81/08), che impone al datore di lavoro di eliminare o ridurre al minimo il rischio
legato alla presenza di agenti chimici sul luogo di lavoro.
Finanziamenti anche per progetti di riduzione del rumore per valori iniziali superiori alla soglia
ammessa, limitatamente alla propagazione. Importante è anche la previsione del contributo per
l’acquisto di dispositivi di prevenzione per lavori in spazi confinati, quali rilevatori di agenti chimici,
dispositivi di protezione delle vie respiratorie o di salvataggio o recupero previsti dal Dpr 177/2011
(unica tipologia di dispositivi di protezione finanziabile).
Nel “settore” amianto sono ammissibili i progetti relativi a opere di rimozione di elementi
contenenti amianto, sia da immobili che da mezzi di trasporto.
Dal punto di vista dei modelli organizzativi, c’è un contributo per l’adozione di sistemi di gestione
della sicurezza sul lavoro certificati British Standard OHASAS 18001:07. Il bando prevede una
specifica sezione e un punteggio più alto per la prima fase di ammissibilità per i sistemi provenienti
da enti di certificazione accreditati per lo specifico settore. Il sistema OHASAS 18001:07 era
ritenuto esimente rispetto alla responsabilità amministrativa ex Dlgs 231/01 (in quanto
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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corrispondente ai contenuti dell’articolo 30 del Tu sicurezza), già dalla prima versione dello stesso
articolo 30, con la differenza che il Tu non faceva (e non fa) alcun riferimento alla necessità che il
sistema fosse certificato da enti accreditati. Pertanto, il bando Inail alza il livello qualitativo della
richiesta, poiché è evidente che la certificazione proveniente da organismi accreditati dovrebbe
fornire maggiori garanzie di qualità e di rispondenza del sistema a quanto previsto dal Tu.
Punteggi minori in fase di ammissione sono assegnati a sistemi di gestione diversi, compresi quelli
previsti negli accordi fra parti sociali e Inail. Interessante anche il finanziamento dei modelli
organizzativi in forma semplificata nelle Pmi, come previsto dal Dm 13/2014, ancora scarsamente
attuato. Escluse invece le spese per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (salvo quelli
per lavori in spazi confinati); i software e sistemi di protezione sono finanziabili solo se dedicati al
funzionamento di impianti o macchine oggetto del progetto. Esclusa anche la sostituzione di
macchine delle quali l’impresa richiedente non ha la piena proprietà, acquisti in leasing, costi del
personale, compensi ai componenti degli organismi di vigilanza, ponteggi fissi e spese di trasporto
dei beni acquistati.
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Sicurezza e
prevenzione - 2
«La prevenzione va incentivata come cultura» (Dario Aquaro, Il Sole 24 ORE – Focus, 20 febbraio 2016)
Un miliardo di euro di contributi a fondo perduto, destinati a 17mila progetti di investimento per la
sicurezza e la prevenzione degli infortuni. «I numeri raggiunti in cinque edizioni del bando Isi sono
indicativi, ma non bastano a raccontare lo sforzo profuso nell’incentivare le imprese a migliorare le
condizioni dei luoghi di lavoro, nell’affinare la procedura e renderla sempre più efficiente -
commenta l'ingegner Ester Rotoli, direttore prevenzione Inail -. Certo le risorse sono importanti. E
infatti nella sesta edizione che prende il via a marzo sono disponibili oltre 276 milioni, quasi dieci in
più dell’anno scorso».
Con una novità. Una quota viene destinata ai progetti di bonifica dall’amianto. Le ragioni
di questa scelta?
La bonifica dall’amianto è stata ricompresa tra i progetti d’investimento finanziabili fin dal 2011. Se
quel bando portò a erogare contributi per 24 milioni di euro, nell’edizione 2014 si è arrivati a 46
milioni: il 17% del totale concesso. La scelta di individuare ora una “corsia dedicata”, con la riserva
di 83 milioni, è motivata dal fatto che la presenza di questo materiale negli edifici costituisce
ancora un serio problema. E che le malattie collegate sono in aumento, come testimoniano i dati
delle regioni.
Resta immutato il sistema di ammissione dei progetti. Nella prima fase di selezione si
deve raggiungere un punteggio-soglia, nella seconda partecipare al click day. Le aziende
apprezzano questa “corsa”?
Il punteggio iniziale si determina considerando diversi parametri, dalla dimensione dell’impresa alla
tipologia di intervento, e assicura la qualità dei progetti; mentre il click day consente di poter poi
esaminare gli stessi progetti in tempi brevi, entro un anno circa. Una procedura a graduatoria, oltre
a rendere meno omogenea la gestione a livello regionale, comporterebbe decisioni più lente, senza
garantire la ciclicità annuale del bando: bisogna considerare che chi è ammesso in un’edizione non
può prender parte a quella seguente.
La formula quindi funziona?
L’evidenza è nell’alto numero delle domande, cinque volte superiori alle ammissioni. Ma non solo. I
maggiori beneficiari dei finanziamenti risultano di gran lunga le piccole aziende, fino a 15
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dipendenti, e tra queste sono progressivamente aumentate quelle dei settori più a rischio. Segno
che funzionano bene anche le campagne di sensibilizzazione.
Il contributo arriva però dopo la realizzazione del progetto. Dover anticipare i costi
dell’intervento, che vengono poi coperti solo parzialmente, non frena la partecipazione?
A partire dal bando 2013 il contributo è stato elevato dal 50 al 65%, per venire incontro ad alcune
criticità. Potremmo offrire di più, ma in tal modo aiuteremmo meno aziende. Quanto ai tempi di
erogazione, sono comunque ridotti: tra verifiche e attuazione degli interventi, parliamo di circa un
anno e mezzo; due anni nei casi più complessi. Ad ogni modo, per i progetti che comportano un
contributo minimo di 30mila euro, si può chiedere un anticipo fino al 50% dell’importo, previa
fideiussione. Un beneficio che è compatibile con gli interventi pubblici di garanzia sul credito, come
quelli gestiti dal Fondo per le Pmi o da Ismea.
Tra i progetti finanziabili rientra anche l’adozione di modelli organizzativi “231” e di
responsabilità sociale. Sono diffuse le domande per questo tipo di investimenti?
No, l’incidenza sul totale dei progetti presentati è bassa, perché si tratta di interventi con peso
economico ridotto, che va di solito dai 5mila ai 25mila euro. Quando partecipano al bando, le
imprese puntano soprattutto su progetti costosi, connessi alle linee produttive. Ho tuttavia
l’impressione che la cultura della sicurezza espressa dal Dlgs 81/08 non sia ancora ben diffusa.
Eppure la Contarp (organismo tecnico dell’Inail che si occupa della valutazione dei rischi in
ambienti di lavoro, ndr) ha acclarato che le aziende dotate di modelli ex Dlgs 231/01 e sistemi di
gestione della sicurezza sul lavoro riportano indici di frequenza e di gravità degli infortuni inferiori
rispettivamente del 27 e 35 per cento.
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Sicurezza e
legislazione - 1
All’ispettorato la regia dei controlli (Luigi Caiazza, Roberto Caiazza, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 18 febbraio 2016)
Lo schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) per l’organizzazione del
nuovo ispettorato del Lavoro conferma l’accorpamento di 19 direzioni territoriali del lavoro e
l’istituzione di 4 ispettorati interregionali in luogo delle attuali direzioni.
Il Dpcm, che sarà illustrato oggi ai sindacati, non determinerà, comunque, l’immediata operatività
dell’agenzia unica delle ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro , in
quanto bisognerà attendere l’emanazione di un ulteriore decreto, questa volta da parte del ministro
del Lavoro, d’intesa con quello dell’Economia che, a sua volta, dovrà attendere uno o più atti
ricognitivi del segretario generale del ministero del Lavoro da adottarsi entro 45 giorni dalla data di
entrata in vigore del Dpcm in esame.
In base al Dpcm, che attua quanto previsto dal Dlgs 149/2015 del Jobs act, gli ispettorati
interregionali avranno sede a Milano, Venezia, Roma e Napoli con giurisdizioni uguali a quelle delle
attuali direzioni interregionali del Lavoro. Saranno accorpati gli ispettorati di Asti-Alessandria,
Biella-Vercelli, Cagliari-Oristano, Campobasso-Isernia, Chieti-Pescara, Ferrara-Rovigo, Livorno-
Pisa, Lucca-Massa Carrara, Milano-Lodi, Novara-Verbania, Parma-Reggio Emilia, Pesaro-Urbino,
Potenza-Matera, Prato-Pistoia, Ravenna-Forlì-Cesena, Terni-Rieti, Trieste-Gorizia, Udine-
Pordenone.
L’istituzione dell’ispettorato dovrebbe comportare la realizzazione di un effettivo coordinamento
dell’attività ispettiva, pur se già oggetto di precise disposizioni ultratrentennali, tra i vari operatori.
È previsto, infatti, che tutte le attività svolte dal personale con qualifica ispettiva sono disposte
esclusivamente dalle strutture centrale e territoriali dell’ispettorato che provvedono, tramite il
direttore e i dirigenti delle strutture centrali e territoriali, secondo le rispettive competenze, al
coordinamento e alla programmazione del personale.
La stessa attività di vigilanza è disposta esclusivamente dalle strutture centrale e territoriali
dell’ispettorato, alle quali spettano in via esclusiva l’emanazione dei relativi atti, nonché la
periodica pianificazione, attraverso le strumentazioni informatiche, di tutta la programmazione del
personale ispettivo dello stesso ispettorato, dell’Inps e dell’Inail.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Al fine di evitare sovrapposizione di interventi, tale coordinamento opererà anche all’esterno, verso
gli altri organi che svolgono accertamenti in materia di lavoro e previdenza sociale, sulla base di
quanto stabilito in sede di commissione centrale di coordinamento. In merito alle modalità di
svolgimento della vigilanza, il Dpcm prevede che l’attività lavorativa del personale ispettivo può
essere svolta secondo specifiche articolazioni orarie da individuare in sede di contrattazione
sindacale, anche in funzione degli obiettivi da raggiungere. Limitatamente ai giudizi di opposizione
alle ordinanze ingiunzione e ai giudizi di opposizione a cartella esattoriale nella materia di sicurezza
sul lavoro, l’ispettorato può farsi rappresentare e difendere, nel primo e secondo grado di giudizio
(appello), da propri funzionari. In relazione a quest’ultima ipotesi il Dpcm, accogliendo le
osservazioni dell’avvocatura, ha previsto che la sede territoriale dell’ispettorato interessata
provveda alla trasmissione della documentazione all’avvocatura distrettuale competente che potrà
così verificare la sussistenza dei requisiti e a comunicare alla medesima sede dell’ispettorato, l’esito
della propria valutazione.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sicurezza e
legislazione - 2
Somministrazione fuori dal penale (Luigi Caiazza, Il Sole 24 ORE – Norme & Tributi, 6 febbraio 2016)
Da oggi trova piena applicazione il decreto legislativo n. 8/2016, sulla riforma del sistema
sanzionatoria e la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda)
apportando alcune modifiche in ordine al regime delle sanzioni applicabili per alcune fattispecie di
illeciti in materia di lavoro e legislazione sociale. Non rientrano nella depenalizzazione i reati
comunque contemplati dal Dlgs n. 81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro), nonché altre disposizioni aventi comunque ad oggetto la sicurezza sul lavoro.
Il nuovo sistema sanzionatorio Il nuovo sistema sanzionatorio, come chiarito dal ministero del
lavoro con la circolare n. 6 di ieri, trova applicazione per tutte le violazioni in materia di lavoro,
riepilogate nell’allegato alla circolare, e si estende anche alle violazioni commesse prima del 6
febbraio sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o decreto
irrevocabili. Se ciò è avvenuto il giudice è tenuto a revocare la sentenza perché il fatto non
costituisce più reato, concretizzando così l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative
che sostituiscono le originarie sanzioni penali, i cui importi non potranno comunque essere
superiori al massimo di quello previsto per il reato (principio favor rei). Le nuove sanzioni edittali
dovranno essere articolate su tre fasce (da 5mila a 10mila euro, da 5mila a 30mila euro e da
10mila a 30mila euro), secondo le rispettive misure minime e massime. Anche il mancato
versamento delle ritenute praticate dal datore di lavoro sulla busta paga del lavoratore, per il
successivo versamento all’Inps, non costituisce più reato ma un illecito amministrativo sanzionato
con una specifica pena pecuniaria da 10mila a 50mila euro. La depenalizzazione si applica per
importi omessi annui non superiori a 10mila euro. Negli altri casi l’omissione continua a costituire
reato ed è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro (articolo 1,
comma 1-bis, del decreto legge n. 463/1983, convertito dalla legge n. 638/1983).
Il favor rei Per i fatti commessi prima del 6 febbraio e non ancora sanzionati, la sanzione
amministrativa, secondo la regola del favor rei, non potrà essere di importo superiore all’importo
della multa di 1.032 euro originariamente previsto. Titolare ad emettere l’ordinanza ingiunzione, ai
sensi dell’articolo 35, 2° comma, della legge n. 689/1981 e dell’articolo 8 del dlgs n. 8/2016, è il
direttore dell’Inps. Soffermando l’attenzione sulla nuova norma è facile dedurre che l’importo
massimo contributivo, ai fini della depenalizzazione, previsto di 10mila euro si riferisce a una
retribuzione lorda di circa 100mila euro annua, corrispondente a quella possibile di tre lavoratori di
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bassa qualifica, riguardante, di conseguenza, una piccola azienda. È evidente che se i datori di
lavoro rientrano in detta ipotesi e non versano le ritenute previdenziali, il più delle volte la causa è
da ricercarsi non in una evasione contributiva, perché in tal caso essa si accompagnerebbe ad altre
violazioni connesse alla irregolarità del rapporto (omesse registrazioni, omesse dichiarazioni al
Centro per l’impiego e al lavoratore, omesse denunce all’Inail, eccetera), ma più probabilmente alla
indisponibilità economica anche per effetto dell’ormai annoso mancato pagamento dei debitori tra
cui spesso si annoverano le stesse pubbliche amministrazioni. Di fronte a tali fatti e circostanze il
datore di lavoro inadempiente si troverà, con la depenalizzazione, un sistema sanzionatorio
drasticamente punitivo.
Il pagamento La situazione non è migliore dal punto di vista procedurale perché, secondo la
circolare ministeriale, non sarà possibile al datore di lavoro di effettuare il pagamento della
sanzione amministrativa in misura minima ex articolo 13 del Dlgs n. 124/2004, seppure con
qualche riserva, sarebbe possibile il pagamento in misura ridotta ex articolo 16 della legge n.
689/1981, corrispondente a un importo, comunque notevole, poco inferiore a 20mila euro. Poiché il
più delle volte l’omesso pagamento dell’aliquota contributiva trattenuta in busta mensilmente al
lavoratore si accompagna a quella più consistente posta a carico del datore di lavoro (circa il
triplo), una soluzione equa e congrua, dati i valori e le condizioni dei soggetti in discussione di cui
si è fatto sopra cenno, potrebbe essere individuata nel ritenere soddisfatto l’obbligo, da parte del
datore di lavoro, a seguito della denuncia all’Istituto dell’intero debito, cui potrebbe seguire la
domanda di rateizzazione secondo le consuete procedure senza quindi procedere all’ulteriore e
separata azione sanzionatoria amministrativa.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sicurezza e
controlli
L'attività di controllo del pericolo di incidenti rilevanti (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 22 febbraio 2016)
Con la nota 12 febbraio 2016, n. 1834 la Direzione Centrale Prevenzione e Sicurezza Tecnica del
Ministero dell'Interno ha inviato a tutte le Direzioni Regionali le indicazioni circa il Piano Nazionale
delle ispezioni sui sistemi di gestione sicurezza negli stabilimenti a rischio incidente rilevante, per il
triennio 2016-2018.
Il D.lgs. 26 giugno 2016, n. 105 ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2012/18/UE
relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, affidando
alla Direzione Centrale e Sicurezza Tecnica dei Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso
Pubblico e della Difesa Civile, in collaborazione con l'Istituto Superiore per la Protezione e la
Sicurezza Ambientale (ISPRA), il compito di redigere un piano nazionale delle ispezioni riguardante
tutti gli stabilimenti di soglia superiore siti nel territorio nazionale; allo stesso modo è stato
demandato ai Comitati Tecnici Regionali (CTR) l'incarico di redigere, sulla base del precedente
piano, un programma annuale delle ispezioni ordinarie per tutti gli stabilimenti ubicati nel territorio
di competenza e di comunicare al Ministero dell'Ambiente e per conoscenza alla Direzione indicata
dal D.lgs. 105/2015 entro il 28 febbraio ogni anno.
Le indicazioni che la Direzione fornisce alle Direzioni Regionale sono precise e vincolanti.
In tale programma dovrà essere indicata la frequenza delle visite per ogni stabilimento da stabilirsi
sulla base di una valutazione sistematica dei pericoli di incidente rilevante seguendo i seguenti
criteri:
a) pericolosità delle sostanze presenti e dei processi produttivi utilizzati;
b) risultanze delle ispezioni precedenti;
c) segnalazioni, reclami, incidenti e quasi-incidenti;
d) stabilimenti o gruppi di stabilimenti per i quali la probabilità o la possibilità o le conseguenze di
un incidente rilevante possono essere maggiori a causa della posizione geografica, della vicinanza
degli stabilimenti stessi e dell'inventario delle sostanze pericolose presenti in essi (effetto domino);
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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e) concentrazione di più stabilimenti a rischio di incidente rilevante;
f) collocazione dello stabilimento in rapporto alle caratteristiche di vulnerabilità del territorio
circostante;
g) pericolo per l'ambiente, in relazione alla vulnerabilità dei recettori presenti nell'area circostante
e alle vie di propagazione della sostanza pericolosa.
Chiaramente questi sono criteri di massima ed ogni CTR avrà la facoltà di articolarli ulteriormente e
attribuire un peso correlato alle informazioni in suo possesso e all'esperienza accumulata.
Il Piano consentirà a ciascun CTR di stabilire, sulla base dell'individuazione del livello di priorità di
ogni stabilimento, il numero di ispezioni da programmare nell'anno, derivante dalla somma degli
stabilimenti che necessitano di ispezione con frequenza annuale, più il 50% degli stabilimenti che
necessitano di ispezione con frequenza biennale, più il 33% degli stabilimenti che necessitano di
ispezione con frequenza triennale; a tale somma dovranno essere aggiunti eventuali altri
stabilimenti cosi come descritto al punto 2.5 del Piano stesso.
Dopo la stesura del programma, il Presidente del CTR, sulla base delle indicazioni degli Enti di
appartenenza, designerà i componenti delle commissioni ispettive, che dovranno essere in
possesso dei requisiti stabiliti al punto 7 dell'allegato H del D.lgs. 105/15 e gli eventuali uditori.
La nota ricorda che le commissioni dovranno essere composte da tre dirigenti o funzionari tecnici
appartenenti rispettivamente al CNVVF, all'INAIL e all'ARPA; nel caso in cui non sia disponibile
presso l'ARPA personale in possesso dei requisiti sopra indicati, si farà ricorso a personale
dell'ISPRA. Per le ispezioni negli stoccaggi sotterranei in terraferma di gas naturale le commissioni
dovranno essere composte da tre dirigenti o funzionari tecnici appartenenti rispettivamente al
CNVVF, all'ARPA e all'UNMIG.
Un ultima attribuzione demandata ai CTR è quella di adottare tutte le iniziative utili ad assicurare il
coordinamento con le competenti strutture delle Regioni al fine di armonizzare il sistema ispettivo,
in coerenza a quanto indicato all'art. 27 del D.lgs. 105/15.
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Sicurezza e
antincendio - 1
In Gazzetta Ufficiale una nuova regola tecnica (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 15 febbraio 2016)
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2016 è stato pubblicato il d.m. 3 febbraio 2016
riguardante la progettazione, la costruzione e l'esercizio dei depositi di gas naturale con densità
non superiore a 0,8 e dei depositi di biogas, anche se di densità superiore a 0,8.
Il provvedimento è organizzato in alcuni articoli e l'Allegato che costituisce la regola tecnica vera e
propria:
- Articolo 1. Campo di applicazione: definisce l'ambito della regola che disciplina la prevenzione
incendi dei depositi di gas naturale con densità non superiore a 0,8 e dei depositi di biogas, anche
se di densità superiore a 0,8.
- Articolo 2. Obiettivi: enuncia le finalità del decreto:
a) minimizzare le cause di incendio;
b) garantire la stabilità delle strutture portanti al fine di assicurare il soccorso agli occupanti;
c) limitare la produzione e la propagazione di un incendio all'interno dei locali;
d) limitare la propagazione di un incendio ad edifici o locali contigui;
e) assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni o che gli stessi siano soccorsi in
altro modo;
f) garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.
- Articolo 3. Disposizioni tecniche: la regola tecnica è contenuta nell'allegato al d.m.;
- Articolo 4. Applicazione delle disposizioni tecniche: Le disposizioni si applicano ai depositi di
nuova realizzazione ed a quelli esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto nel caso
di interventi di ristrutturazione, anche parziale, o ampliamento successivi alla data di pubblicazione
del presente decreto, limitatamente alle parti interessate dall'intervento. Gli interventi di modifica
effettuati su strutture esistenti, non possono, in ogni caso, diminuire le condizioni di sicurezza
preesistenti; Le disposizioni di cui all'art. 3 non si applicano ai depositi per i quali siano stati
pianificati, o siano in corso, lavori di costruzione, ampliamento o di ristrutturazione sulla base di un
progetto approvato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco ai sensi dell'art. 3 del
d.P.R. 1° agosto 2011, n. 151.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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- Articolo 5. Commercializzazione ed impiego dei prodotti: definisce l'etichettatura e le norme
tecniche a cui devono essere adeguati i prodotti utilizzati (ad. es. gli estintori);
- Articolo 6. Disposizioni finali: il d.m. entra il vigore dopo 3 mesi dalla pubblicazione in G.U. e
contestualmente viene abrogato la parte seconda del d.m. 24 novembre 1984;
- Allegato: contiene la regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e
l'esercizio dei depositi di gas naturale con densità non superiore a 0,8 e dei depositi di biogas,
anche se di densità superiore a 0,8.
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Sicurezza e
antincendio – 2
I nuovi contenuti dei corsi di specializzazione in prevenzione
incendi (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 4 febbraio 2016)
Emanata dalla Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica la circolare 2 febbraio
2016, n. 1284 che aggiorna i contenuti dei corsi base di specializzazione in prevenzione incendi dei
corsi e dei seminari di aggiornamento.
Il contenuto della formazione si articola in 13 moduli, ciascuno dei quali è suddiviso in lezioni; i
moduli sono:
1. Obiettivi, direttive, legislazione e regole tecniche di prevenzione incendi (6 ore);
2. Fisica e chimica dell'incendio (6 ore);
3. Tecnologia dei materiali e delle strutture di protezione passiva (14 ore);
4. Tecnologia dei sistemi e degli impianti di protezione attiva – Sicurezza degli impianti tecnologici
(16 ore);
5. Valutazione del rischio incendio e Gestione della sicurezza antincendio (14 ore);
6. Procedure di prevenzione incendi (3 ore);
7. Approccio ingegneristico e sistema di gestione della sicurezza (8 ore);
8. Sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro (2 ore);
9. Attività a rischio di incidente rilevante (2 ore);
10. Progettazione in mancanza di regole tecniche (7 ore);
11. Progettazione in presenza di regole tecniche – Attività di tipo civile (22 ore);
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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12. Progettazione in presenza di regole tecniche – Attività di tipo industriale (16 ore);
13. Visita presso un'attività soggetta (4 ore).
La durata complessiva della formazione deve essere di 120 ore, mentre è stato eliminato il vincolo
relativo al numero massimo di discenti precedentemente limitato a 60 unità.
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Sicurezza:
Unione europea
Nuove norme UE su apparecchi a gas, impianti a fune e
dispositivi di protezione individuale (Angelo Pesce, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 29 febbraio 2016)
Saranno pubblicati a breve sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, tre regolamenti adottati dal
Consiglio europeo, nell'ottica di offrire maggiori garanzie per la sicurezza dei consumatori,
migliorare le regole di vigilanza del mercato da parte delle autorità pubbliche, introdurre maggiore
equità per la concorrenza fra le imprese. In quest'ottica il Consiglio ha aggiornato le norme del
mercato interno relative ai dispositivi di protezione individuale, agli apparecchi a gas e agli impianti
a fune.
Diamo una lettura veloce sulle peculiarità di questi tre aggiornamenti.
Nuovi regolamenti UE di prossima pubblicazione
Apparecchi a gas
Il regolamento proposto non modifica il campo di applicazione dellaDirettiva 2009/142/CE, ma l’aggiorna e ne approfondisce le disposizionichiarendo alcuni punti:
contenuto e forma delle comunicazioni degli Stati membri sulle lorocondizioni di fornitura del gas;
relazione con altre norme di armonizzazione relative agli stessi apparecchi (anche se per aspetti differenti);
requisiti essenziali.
Ai sensi del nuovo regolamento, gli apparecchi a gas (caldaie, cucine,forni, barbecue, funghi riscaldanti a gas) e gli accessori relativi, sarannodotati di una “dichiarazione di prestazione standard UE” quale certificazione di rispondenza ai requisiti previsti dalla normativa.
Il rispetto dei requisiti UE garantiranno il livello massimo di tutela dellasalute e della sicurezza di persone, animali domestici e beni, nonché unutilizzo razionale dell'energia.
Il regolamento dovrà applicarsi sia agli apparecchi di prossimaimmissione sul mercato UE che a quelli messi in servizio per la primavolta.
Dispositivi di protezione individuale
Il quadro applicativo del nuovo regolamento amplia quanto già previstodalla Direttiva 89/686/CEE e aggiorna alcune disposizioni:
rivede il campo delle esclusioni, reintegrando i dispositivi di protezioneindividuale progettati e fabbricati per uso privato contro il calore,l'umidità e l'acqua;
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vengono aggiunte due definizioni specifiche di DPI al fine di chiarire leprocedure di valutazione della conformità applicabili: "DPI adattatisingolarmente" e "DPI fatti su misura";
vengono semplificate le definizioni delle categorie di DPI (legateesclusivamente al rischio) e a queste si lega la procedura di valutazionedella conformità che i fabbricanti sono tenuti a rispettare.
I DPI sono destinati a garantire l’incolumità da ogni genere di rischio epericolo per l’individuo, in qualsiasi tipo di ambiente (casa, lavoro, luoghi di sport, ecc.); sono DPI, ad esempio, caschi, occhiali, maschere antigase antipolvere, indumenti protettivi da sostanze chimiche, o permotociclisti, guanti da forno o da giardinaggio, ginocchiere, calzatureantinfortunistiche).
I DPI destinati a protezione da annegamento, tagli da seghe a catenaportatili, tagli da getti d'acqua ad alta pressione, dalle ferite da proiettileo da coltello e da rumore nocivo (rientranti nella Cat. III), sono soggetti apiù severe procedure di valutazione della conformità.
Il nuovo regolamento si applica a ogni singolo prodotto destinato a essereimmesso sul mercato e/o ad essere utilizzato per la prima volta; nelrispetto dei requisiti previsti dal regolamento per la tutela della salute edella sicurezza, i DPI saranno dotati di marcatura CE.
Impianti a fune
Il nuovo regolamento andrà a sostituire la Direttiva 2000/9/CE,attualmente di riferimento per tutti gli impianti a fune per il trasporto dipersone, identificabili con cabinovie, seggiovie, teleferiche, funicolari, sciovie e impianti combinati, costruiti e messi in servizio a decorrere dal 3maggio 2004, con lo scopo di allineare i requisiti di conformità in materiadi sicurezza, ambiente e mercato alle norme attualizzate dell’UE, oltrechémigliorare e semplificare il contesto regolamentare.
Si vuole estendere il nuovo regolamento anche ai nuovi tipi di impianti afune ed uniformare le procedure di valutazione della conformità deisottosistemi e dei componenti di sicurezza, migliorando anche il funzionamento del mercato interno.
Viene introdotta la marcatura CE per i sottosistemi, così come giàprevisto dalla Direttiva 2000/9/CE per i dispositivi di sicurezza, perindicare la conformità del prodotto alle prescrizioni normative.
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Sicurezza: lavoratori stranieri
La sicurezza dei lavoratori stranieri nei cantieri temporanei e
mobili (Fabrizio Nobile, Il Sole 24 ORE – Cantieri24, 11 febbraio 2016)
L’articolo 97 del D.Lgs. 81/08 prescrive che il datore di lavoro dell’impresa affidataria verifichi le
condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del
piano di sicurezza e coordinamento realizzato dal Committente.
Il datore di lavoro deve anche assolvere agli obblighi derivanti dall’articolo 26 ovvero verificare i
requisiti e l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici in accordo alle modalità di cui
all’Allegato XVII e all’articolo 90 comma 9.
Alla luce di quanto sopra come devono essere valutati i requisiti e l’idoneità tecnico professionale di
imprese dell’Unione Europea o extra Unione Europea?
Prima di tutto è opportuno considerare che al lavoratore straniero (UE o extra UE) operante in
Italia deve essere garantito un livello di tutela analogo al lavoratore italiano che opera con
medesime mansioni.
Inoltre la posizione di garanzia del datore di lavoro in merito alla scelta dell’impresa appaltatrice e
alla conseguente valutazione dell’idoneità tecnico professionale risiede nell’evitare che siano
affidate all'appaltatore lavorazioni o mansioni che l’appaltatore non sia in grado di svolgere, con
conseguente e prevedibile aumento delle situazioni di rischio collegate alla salute e sicurezza sul
luogo di lavoro.
Per cui il datore di lavoro dell’impresa affidataria ha l'obbligo di accertarsi che l’appaltatore non
solo abbia i requisiti di legge rilevabili dal documento omologo del Paese di origine del certificato
della Camera di Commercio (tradotto in italiano), ma sia anche dotato della idoneità (capacità)
tecnica e professionale adeguata al tipo di attività da svolgere.
Da quanto esposto si evince dunque che i requisiti richiesti alle imprese straniere sono gli stessi
richiesti alle imprese italiane dall’Allegato XVII e dall’art. 90, comma 9, del D.lgs. 81/2008.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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La documentazione da produrre a cura dell’impresa straniera oltre che gli adempimenti da
assolvere sono pertanto i seguenti:
• Documento equivalente al certificato della Camera di Commercio (documento omologo rilasciato
dal Paese di origine dell’impresa straniera tradotto in italiano).
• Documento che attesti la verifica della regolarità contributiva (a tale proposito ci si può riferire
all’interpello n. 6/2009 del 6 febbraio 2009: “(…) mentre per le imprese extracomunitarie che
operano in territorio nazionale può affermarsi l’obbligo di iscrizione alle Casse Edili e
conseguentemente si è tenuti al possesso del DURC, per quelle comunitarie tale obbligo sussiste
soltanto qualora le stesse non abbiano già posto in essere presso un organismo pubblico o di fonte
contrattuale, quegli adempimenti finalizzati a garantire gli stessi standard di tutela derivanti dagli
accantonamenti imposti dalla disciplina contrattuale vigente nel nostro Paese”).
Dove non sia obbligatoria l’iscrizione a Casse italiane il documento da produrre può anche essere
una dichiarazione legale, rilasciata dal paese dì origine e tradotta in italiano, della posizione
regolare di tutti i dipendenti e del regolare versamento dei contributi nel paese di origine.
• Documento di Valutazione del Rischio originale con opportuna traduzione in italiano. La
valutazione del rischio deve includere tutto ciò che la normativa italiana prevede (ad esempio
criteri e modalità di redazione del Documento e valutazione strumentale del rumore e delle
vibrazioni, ecc.). Nel caso di aziende UE il Documento di Valutazione del Rischio è sicuramente un
documento presente. Il Documento deve comunque essere valutato e se non conforme deve essere
rielaborato; nel caso di aziende extra UE che per qualsivoglia ragione non posseggano il
Documento il medesimo deve essere comunque redatto ex novo.
• Ai fini della valutazione dei rischi di cui sopra, dei rischi specifici dell’attività appaltata (da
riportare in apposito Piano Operativo di Sicurezza) è necessario un Responsabile Servizio
Prevenzione e Protezione italiano (che è appropriato sia quello dell’impresa affidataria) che si
interfacci con la figura omologa dell’impresa affidataria. L’RSPP italiano e il suo omologo dovranno
definire l’organizzazione del cantiere, sia in termini di gestione (capo cantiere, squadre di
emergenza, …) che di procedure di lavoro.
• Necessario avere un Medico Competente italiano (che è appropriato sia quello dell’impresa
affidataria) che si interfacci con il Medico del Paese di origine dell’impresa straniera. Il Medico del
Paese di origine invierà al Medico Competente italiano il Protocollo di Sorveglianza Sanitaria
applicato e le idoneità alla mansione dei lavoratori (tutta la documentazione deve essere
opportunamente tradotta). Il Medico Competente italiano verificherà il Programma di Sorveglianza
Sanitaria, i risultati della valutazione dei rischi e ove non vi fosse congruenza con quanto richiesto
dalla normativa italiana provvederà a prescrivere gli accertamenti supplementari (ad esempio
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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verifica tossicodipendenza con esame urine per mansioni quali conducente di carrelli elevatori). Il
Medico Competente italiano provvederà a emettere le conseguenti idoneità.
• Necessaria la formazione sicurezza obbligatoria in Italia (corso base + rischi specifici + preposti
per il capo cantiere + corsi gestione emergenze + abilitazioni per la conduzione di attrezzature +
corsi per rischi particolari quali lavori confinati).
Per validare la formazione è utile verificare gli argomenti trattati in ogni specifico corso seguito dai
lavoratori nel Paese di origine (di tali argomenti va valutata la sovrapposizione con quanto previsto
dall’Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011).
Gli argomenti trattati sono rintracciabili nei Registri di partecipazione ai corsi. Bisogna, pertanto,
farsi consegnare i Registri di partecipazione, debitamente tradotti, dai quali si devono anche
ricavare le firme dei partecipanti.
In caso di lacune le medesime devono essere sanate con apposita formazione in Italia (con
presenza di un traduttore).
Nel caso di formazione relativa all’abilitazione all’uso di attrezzature comprese nell’Accordo Stato
Regioni del 22 febbraio 2012 quali piattaforme di lavoro mobili elevabili, gru, carrelli elevatori
semoventi con conducente a bordo, l’impresa affidataria deve valutare direttamente attraverso
prove pratiche la capacità dei lavoratori al loro utilizzo ed eventualmente provvedere con
formazione aggiuntiva.
Al fine di riassumere i contenuti principali dell’articolo si sottolinea come gli adempimenti richiesti a
imprese appartenenti all’Unione Europea o Extra Unione Europea siano i medesimi richiesti ad
un’impresa italiana. Non sussistono, inoltre, particolari differenze tra imprese UE ed Extra UE, se
non per la verifica della posizione previdenziale e per una presumibile maggiore semplicità di
gestione di un’impresa UE.
La realizzazione di un apposito organigramma della sicurezza con l’introduzione di figure italiane è
sicuramente auspicabile e certamente deve essere valutata con riferimento alla specifica
situazione. Si ribadisce l’opportunità di un RSPP e di un Medico Competente italiani, questo anche
per la gestione dei rapporti e delle comunicazioni sia con il Committente finale che con gli
Organismi deputati al controllo.
Il datore di lavoro dell’impresa affidataria deve essere, in conclusione, certo che le attività
subappaltate all’impresa straniera siano correttamente governate e che esistano le capacità per
una adeguata gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sicurezza e
sorveglianza
La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 25 febbraio 2016)
Le modalità di effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a cancerogeni e/o
mutageni sono oggetto di un ampio dibattito di lunga durata tra i medici del lavoro, sia nel ruolo di
medico competente, sia tra i medici dei servizi pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro, e, più in
generale, tra tutti i tecnici impegnati nella prevenzione nei luoghi di lavoro.
Ricorrenti sono poi gli orientamenti di quanti ritengono che la presenza in azienda di idonee misure
di prevenzione e protezione (quali, ad esempio, impianti di aspirazione localizzati) e il mancato
superamento dei TLV-TWA possa costituire, di per sé, condizione sufficiente per escludere, a priori,
ulteriori indagini sanitarie o l’iscrizione nel registro degli agenti cancerogeni o mutageni.
Si ritiene quindi utile svolgere talune considerazioni in proposito, così da far chiarezza
sull’argomento.
Occorre preliminarmente rilevare come la vigente normativa prevede che gli accertamenti
preventivi siano orientati a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono
destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; il controllo delle
condizioni di salute dei lavoratori e quindi il mantenimento dell’idoneità alla mansione specifica
dovrebbe essere l’obiettivo delle successive visite periodiche.
Solo i lavoratori esposti sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. Nella valutazione dell’idoneità alla
mansione specifica è necessario adottare la massima cautela in riferimento a condizioni di
esposizione a taluni agenti cancerogeni e/o mutageni che presentano rischi particolarmente elevati
per alcune categorie di lavoratori.
Eventuali proposte di screening per identificare "quelle categorie di lavoratori per i quali
l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati" (art. 238, comma
1, let. i) del D.Lgs. 81/08) vanno considerate con estrema cautela, sia che si alluda a una
ipersuscettibilità acquisita (ad es. fumatori, condizioni patologiche comportanti una facilitazione
dell’assorbimento o difficoltà nell’escrezione delle sostanze estranee), sia che si alluda a una
ipersuscettibilità genetica, spesso ignota al portatore.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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I test genetici relativi alla suscettibilità a cancerogeni possono essere distinti in test per varianti
genetiche ad alta o a bassa penetranza. Schematicamente, le varianti ad alta penetranza sono
rare, sono associate a rischi molto elevati di cancro, riguardano funzioni cellulari cruciali
(replicazione, apoptosi) e abitualmente non coinvolgono interazioni con esposizioni ambientali (es.
BRCA1, sindrome di Li-Fraumeni, Von Hippel-Lindau).
Si tratta pertanto di situazioni non pertinenti al caso della suscettibilità professionale. Le varianti
(genotipi) a bassa penetranza sono associate a un modesto aumento del rischio di cancro, agiscono
principalmente modulando l’azione di cancerogeni ambientali (attraverso il metabolismo o la
riparazione del DNA) e sono frequenti (esempi, GSTM1, GSTT1, CYP1A1, XRCC1, XRCC3 …).
In questo caso è possibile dimostrare che è più efficace la riduzione delle esposizioni ambientali
piuttosto che la selezione dei "non suscettibili". Infatti:
- la distinzione tra suscettibili e non suscettibili è sfumata (si tratta di una distribuzione gaussiana,
non di una dicotomia);
- alcuni genotipi aumentano il rischio per un tumore e lo riducono per un altro;
- i genotipi agiscono esclusivamente in presenza di esposizioni ambientali, ma queste ultime sono
efficaci anche nei genotipi a basso rischio;
- in genere eliminare un’esposizione ha effetti benefici multipli (es. IPA: tumori del polmone, della
laringe, della vescica, bronchite cronica) mentre un singolo genotipo ha un’influenza (limitata) per
una relazione tra singola esposizione e singola malattia.
Pertanto non ha senso sottoporre i lavoratori a screening genetico per i tumori, sulla base delle
conoscenze attuali.
La potenziale intrusività nella sfera privata di una tale pratica richiede che le decisioni vengano
prese a un livello più alto - e partecipato - di quello del medico competente; inoltre, di volta in
volta, è necessario stimare la misura in cui il rischio è più elevato per gli ipersuscettibili.
Nel rispetto del principio che l’esposizione a cancerogeni e/o mutageni deve comunque essere
tenuta al più basso livello possibile, è ragionevole identificare alcune situazioni (verosimilmente
poche) in cui particolari condizioni patologiche individuali sconsiglino comunque un’esposizione a
concentrazioni ancorché minime nell’ambiente di lavoro.
Tali orientamenti, come ovvio, dovranno essere costantemente aggiornati alla luce dell’evoluzione
scientifica dell’immunologia e della "epidemiologia molecolare".
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Il medico competente, analogamente a quanto accade per tutti gli altri rischi lavorativi, stabilisce il
programma di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica e lo attua secondo criteri e protocolli basati
sull’evidenza. Nella definizione di tali protocolli si pone anche il problema di impiegare accertamenti
finalizzati alla ricerca degli effetti biologici precoci, mediante idonei indicatori.
La giustificazione di tale pratica è costituita fondamentalmente dal valore predittivo di tali indicatori
rispetto alle condizioni patologiche (nel caso specifico i tumori maligni). Ad oggi, tuttavia non sono
disponibili indicatori idonei per la sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni e/o mutageni.
Sono tuttora sono sconsigliate, perché non suffragate dall’evidenza scientifica, pratiche di
sorveglianza sanitaria che rivestano il significato di "screening" per la diagnosi precoce di tumori su
specifici organi bersaglio.
Il medico competente, in alcune situazioni, può proporre o aderire a progetti di indagine disegnati
in maniera scientificamente ed eticamente adeguata, per approfondire il significato di indicatori o
test, e partecipare a ricerche per la valutazione di efficacia degli stessi, sia nel caso si tratti di
soggetti esposti sia di ex-esposti; queste indagini, che rivestono nella massima parte dei casi il
carattere di ricerche o studi, è opportuno che siano attuate in collaborazione con istituti di ricerca e
pubblici servizi clinici od epidemiologici accreditati.
Data la delicatezza dell’argomento ed il grande coinvolgimento emotivo dei soggetti, occorre
sempre adeguatamente informare i lavoratori dei limiti delle indagini cui vengono sottoposti,
raccogliere il consenso informato per la loro adesione al progetto, riportare tempestivamente i
risultati ottenuti spiegandone significato e limiti, sia a livello individuale sia a livello collettivo.
È importante che di ciò sia informato l’organo di vigilanza, che ai sensi del comma 3 dell’art. 240,
del D.Lgs. 81/08, può intervenire sul protocollo sanitario definito dal medico competente.
La visita medica costituisce anche un’occasione opportuna per il medico competente per
provvedere alla informazione dettagliata sul rischio e sulle modalità per ridurlo al minimo, alla
azione di "counseling" per la riduzione di rischi aggiuntivi (il fumo di tabacco), alla informazione sul
significato ed i limiti delle pratiche di diagnosi precoce attualmente disponibili, e al controllo
sanitario di altri rischi concomitanti. Anche durante la visita medica il medico competente può
verificare l’adattabilità del lavoratore ai dispositivi di protezione individuale in dotazione.
Un ulteriore compito del medico competente riguarda la specifica informazione verso i lavoratori
esposti a cancerogeni e/o mutageni al momento in cui termina tale esposizione, sia per cambio
mansione sia per cessazione del lavoro. In questo caso il compito del medico competente verso i
lavoratori è essenzialmente quello di indicare l’opportunità di proseguire la sorveglianza sanitaria,
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con lo scopo di ridurre i rischi aggiuntivi ed individuare gli eventuali effetti negativi a lungo
termine.
Non viene peraltro definito il soggetto che debba mettere in atto la sorveglianza sanitaria verso gli
ex-esposti.
A questo proposito si è sviluppato recentemente, ed è tuttora aperto, un ampio dibattito tra gli
operatori. È riconosciuto necessario favorire lo sviluppo di Linee Guida condivise sulle pratiche di
sorveglianza post lavorativa e post espositiva, con un ruolo di assistenza del Servizio pubblico,
possibilmente finanziato dalle Aziende che hanno provocato l’esposizione. In linea generale sono le
Regioni che elaborano Linee Guida sulle modalità della sorveglianza sanitaria agli ex-esposti ed a
quelle si rimanda per opportunità.
In proposito sono in corso esperienze in alcune Regioni ed è auspicabile che tali esperienze portino
nel tempo a indicazioni univoche oggi non proponibili.
In ogni caso, i lavoratori per i quali la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la
salute devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria ed iscritti in un apposito registro. Tale
registro è un archivio, cartaceo o informatico, dotato di una propria unitarietà e logica interna,
corredato di precisi meccanismi di inclusione di dati, funzionale ad una prevedibile forma di
elaborazione.
Esso è istituito dal datore di lavoro, il quale si avvale per questa funzione del medico competente
per tramite del quale, sulla base di procedure e protocolli definiti, il registro viene compilato e
tenuto aggiornato.
La trascrizione nel registro di annotazioni individuali e l’inclusione nelle cartelle cliniche dei dati
sanitari individuali rappresentano due attività distinte e indipendenti l’una dall’altra, ma entrambe
di stretta competenza del medico competente. Gli eventuali parametri biologici ed accertamenti
sanitari devono essere annotati esclusivamente nella cartella sanitaria e di rischio.
È proprio durante la valutazione dei rischi che il medico competente può procedere alla definizione
delle categorie di esposizione per lavorazione/mansione e individuare i lavoratori addetti,
costituendo così la base informativa per un registro degli esposti utile e funzionale.
Il medico competente deve infatti collaborare con il datore di lavoro sia nella individuazione delle
mansioni a rischio, sia nella registrazione dei lavoratori esposti, verificando l’entità e la qualità
dell’esposizione.
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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In seguito lo stesso medico competente aggiornerà il registro con tutti i cambiamenti che si
dovessero verificare sia nella tipologia/entità/variabilità dell’esposizione, sia nella
mobilità/flessibilità degli addetti. Dovranno anche essere annotate le esposizioni occasionali,
ripetitive e quelle accidentali o inconsuete causate da incidenti.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza hanno accesso al registro; il lavoratore, in caso di cessazione dell’attività e del rapporto
di lavoro ha diritto a ricevere copia sia della cartella sanitaria e di rischio sia delle annotazioni
individuali contenute nel registro.
Per quanto riguarda i soggetti da inserire nella registrazione occorre fare riferimento alla
valutazione dei rischi e alla definizione dell’esposizione. Si devono pertanto iscrivere nel registro
degli esposti i lavoratori così classificati e quindi sottoposti a sorveglianza sanitaria; occorre inoltre
curare la compilazione, sempre a cura del medico competente, di elenchi separati sia dei lavoratori
potenzialmente esposti sia dei lavoratori ex-esposti compresi quelli accidentalmente esposti.
Tutti i lavoratori iscritti nel registro andranno a costituire la base di dati utile e necessaria alla
identificazione degli ex-esposti, ed alla programmazione dei successivi interventi a loro tutela.
REGISTRO DI ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI
Spazio da compilare solo nella fase della comunicazione di variazioni intervenute nei dati del lavoratore
DITTA - RAGIONE SOCIALE……… COD. FISC ……………………………….. P.IVA ………………………………………………..
SEDE LEGALE …………………………………………………………………………………………………………...………………
SEDE TERRITORIALE …………………………………………………………………………………………………………………
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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LAVORATORE ESPOSTO AD AGENTI CANCEROGENI
Cod. Fisc. Cognome Nome Sesso M [ ] F [ ]
Data di nascita Comune Prov. DOMICILIO: Comune Prov. Cambiato [ ]
Num. Prog.
Cod. Class.
Prof.
ISTAT
Mansione ATTIVITA' SVOLTA
Breve descrizione
Tipo Agenti
cancerogeni
N.CAS ESPOSIZIONE ( 1 ) Data
inizio
Data
fine Valore Metodo Tempo
(Giomi/Anno)
(1) - Ove la misurazione non fosse tecnicamente possibile indicare i quantitativi annuali di agenti cancerogeni utilizzati o prodotti durante l'attività svolta.
DATA CESSAZIONE ATTIVITA' LAVORATIVA ………………………………………………………
Timbro e Firma del Datore di Lavoro ................................................................
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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Sicurezza
AMBIENTI CONFINATI
D. Una cella frigorifera di una macelleria viene considerata come luogo confinato? Se si nella
procedura cosa bisogna mettere?
----
R. Sono molti gli ambienti sospetti di inquinamento o confinati che possono necessitare di
particolari misure di prevenzione e protezione per i lavoratori. Uno di questi è, senz'altro, la cella
frigorifera, ambiente caratterizzato, tra l'altro, da ridotta percentuale di ossigeno e basse
temperature, tutti fattori che determinano, sovente, infortuni sul lavoro. Per ridurre il rischio di
incidenti è necessario adottare specifiche cautele.
Innanzitutto dovrebbe essere possibile uscire dalla cella frigorifera in sicurezza. Al riguardo è
generalmente condivisa l'indicazione che nelle celle frigorifere con una sola uscita nessun punto
della cella deve distare più di 20 m in linea d'aria dall'uscita mentre in quelle con due o più uscite
nessun punto della cella deve distare più di 35 m in linea d'aria.
Inoltre le porte dovrebbero aprirsi in meno di un secondo con un solo movimento della mano
(senza chiave o dispositivi analoghi, anche con i guanti), mentre le porte a battente e le porte
scorrevoli manuali dovrebbero sempre essere apribili dall'interno (anche se il riscaldamento del
telaio non è in funzione). La cella frigorifera deve inoltre essere equipaggiata con un dispositivo di
compensazione della pressione (ad esempio una valvola di compensazione) e le porte e i pulsanti
d'allarme da usare in caso d'emergenza si devono trovare facilmente anche in caso di interruzione
della corrente elettrica.
Deve poi essere presente un'illuminazione d'emergenza permanente. Questa deve funzionare
indipendentemente dalla rete elettrica e soddisfare i seguenti requisiti: visibilità sufficiente per
aprire porte e portoni visibilità sufficiente per leggere eventuali istruzioni su come aprire le porte
lampade ad almeno 2 m di altezza dal pavimento una lampada sopra oppure ai lati dell'uscita
d'emergenza Si consiglia anche l'installazione di un dispositivo che accende l'illuminazione e spegne
la ventilazione della cella frigorifera e un comando d'allarme percepibile dall'esterno in qualsiasi
Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Marzo 2016, n. 3
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momento. Deve poi essere garantito che la fuoriuscita di fluido refrigerante (ad esempio CO2) non
possa provocare delle concentrazioni pericolose all'interno della cella frigorifera.
Relativamente agli aspetti organizzativi e formativi, occorre: - Verificare periodicamente l'efficacia
dell'organizzazione d'allarme e provvedere ad istruire regolarmente i collaboratori coinvolti su come
comportarsi in caso d'emergenza; - Controllare sempre, a fine giornata, che nessuno sia rimasto
chiuso nelle celle frigorifere; - Fornire indumenti antifreddo adeguati per lavorare nelle celle
frigorifere (guanti, giacca, pantaloni, scarpe); - Mettere a disposizione un locale riscaldato per la
sosta e il riposo dopo l'ingresso nella cella frigorifera.
(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 1 febbraio 2016)
REQUISITI DOCENTE CORSI FORMAZIONE PER FORMATORI
D. Vorremmo sapere quali sono i requisiti necessari (sia del docente che della struttura) per
organizzare i corsi di formazione da 24 ore, indicati come "percorso formativo in didattica" nel D.I.
6 marzo 2013, al fine di soddisfare uno dei requisiti per qualificare i docenti sulla sicurezza.
----
R. Il percorso formativo in didattica, con esame finale, della durata minima di 24 ore (es. corso
formazione-formatori) non trova, ad oggi, alcuna specifica regolamentazione. Esistono, in realtà,
numerosi provvedimenti che contengono i requisiti dei docenti ma che non trovano applicazione ai
corsi di formazione per formatori, richiamati nel D.I. 6 marzo 2013. Si tratta, in particolare degli
accordi tra Stato, Regioni e Province autonome del 21/12/2011 - che danno attuazione agli articoli
34 e 37 del D.Lgs 81/08 i quali contengono i requisiti dei docenti limitatamente ai corsi definiti da
tali accordi (dirigenti, preposti, lavoratori e datori di lavoro Rspp).
Esistono poi altre norme in corso di validità che, per altri tipi di corsi, esprimono specifici requisiti
per i docenti formatori in ambito salute e sicurezza. Si tratta, in particolare: dell'Accordo Stato
Regioni del 26/1/2006 relativo ai requisiti dei corsi per la formazione degli RSPP e ASPP, che è
attualmente in fase di revisione. dell'Accordo Stato Regioni del 22/2/2012 relativo
all''individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli
operatori.
Per quanto riguarda i coordinatori in fase di progettazione ed esecuzione, i corsi di formazione sono
normati dall'allegato XIV che, invece, non definisce alcun requisito in merito ai docenti. Per quanto
attiene ai corsi antincendio di cui al DM 10/3/1998 nell'allegato IX non viene richiesto alcun
requisito per quanto attiene al docente formatore.
Per quanto attiene, infine ai corsi di primo soccorso di cui al Dm 388/03 i requisiti sono esplicitati
nell'articolo 3 comma 2: La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico, in
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collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello
svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di
personale infermieristico o di altro personale specializzato. Nessun provvedimento è stato ad oggi
emanato con riferimento ai requisiti necessari per organizzare i corsi di formazione da 24 ore,
indicati nel D.I. 6 marzo 2013.
(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 1 febbraio 2016)
REQUISITI STRUMENTAZIONE MISURAZIONI VIBRAZIONI
D. La ns. società si occupa di consulenza sulla sicurezza sul lavoro. Per elaborare valutazioni del
rischio da vibrazioni vorremmo acquistare un accelerometro/vibrometro. Abbiamo cercato di capire
quali fossero i requisiti di tale strumento per essere idoneo a effettuare le misurazioni. Benchè
l'allegato XXXV al D.Lgs 81/08 indica che le misurazioni devono avvenire sui tre assi ortogonali e
che devono essere eseguite conformemente alla ISO 2631-1, nulla viene detto in merito alla
sensibilità dello strumento, o su eventuali accessori da usare (es: Sensore per seduta). Vorremmo
dunque sapere quali caratteristiche deve avere un vibrometro/accelerometro per poter eseguire
misurazioni conformi e a norma di legge.
----
R. In effetti l'Allegato XXXV del D.Lgs 81/08 si limita ad evidenziare che la valutazione del livello di
esposizione alle vibrazioni si basa sul calcolo dell'esposizione giornaliera A (8) espressa come
l'accelerazione continua equivalente su 8 ore, calcolata come il più alto dei valori quadratici medi
delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (1,4· awx, 1,4· awy,
1· awz, per un lavoratore seduto o in piedi), conformemente alla norma ISO 2631-1 (1997).
Generalmente in dottrina si condividono ulteriori criteri.
Nel caso, ad esempio, di misure in cui l'accelerometro venga fissato direttamente sulla
impugnatura vibrante, si devono utilizzare fascette di metallo o in plastica. Nel caso in cui
l'accelerometro venga montato direttamente su un adattatore deve essere nota la funzione di
trasferimento dell'adattatore utilizzato; tale funzione di trasferimento potrà essere fornita dal
produttore o misurata direttamente dal laboratorio, in collaborazione con l'ex Ispesl. Nel caso di
misure su utensili di tipo percussorio o roto-percussorio per eliminare il fenomeno dc shift, che
comporta una totale inattendibilità dei risultati di misura, è necessario porre tra l'accelerometro e
l'impugnatura un filtro meccanico di cui è necessario conoscere in dettaglio la funzione di
trasferimento.
L'Allegato XXXV del D.Lgs 81/08 contiene tuttavia una indicazione di estremo interesse. Si
evidenzia, infatti che Le linee guida per la valutazione delle vibrazioni dell'ISPESL e delle regioni
hanno valore di norma di buona tecnica. L'allegato 4 di tali linee guida è dedicato proprio alla
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misurazione delle vibrazioni trasmesse al corpo intero, al quale pertanto si consiglia di riferirsi.
(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 1 febbraio 2016)
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(G.U. 29 febbraio 2016, n. 49)
Sicurezza MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
COMUNICATO
Individuazione delle modalità e dei termini per la designazione e l'individuazione dei componenti
della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro.
(G.U. 4 febbraio 2016, n. 28)
ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE
COMUNICATO
Abrogazione del regolamento «Regolamentazione tecnica in materia di rilascio e rinnovo di licenze
di pilotaggio».
(G.U. 9 febbraio 2016, n. 32)
ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE
COMUNICATO
Adozione del regolamento «Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto», Emendamento 1.
(G.U. 9 febbraio 2016, n. 32)
ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE
COMUNICATO
Adozione del regolamento «Servizi aerei non di linea che si svolgono al di fuori dell'Unione
Europea», Edizione 2.
(G.U. 9 febbraio 2016, n. 32)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 26 novembre 2015
Modifiche al decreto 4 marzo 2009 di istituzione dell'elenco nazionale dei medici competenti in
materia di tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro.
(G.U. 10 febbraio 2016, n. 33)
MINISTERO DELL'INTERNO
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DECRETO 3 febbraio 2016
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e
l'esercizio dei depositi di gas naturale con densità non superiore a 0,8 e dei depositi di biogas,
anche se di densità superiore a 0,8.
(G.U. 12 febbraio 2016, n. 35)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
COMUNICATO
Disciplina delle procedure per il prolungamento della proroga della vita tecnica degli impianti a fune
da uno a due anni.
(G.U. 12 febbraio 2016, n. 35)
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 24 dicembre 2015
Revisione delle patenti di abilitazione per l'impiego di gas tossici rilasciate o revisionate nel periodo
1° gennaio-31 dicembre 2011.
(G.U. 17 febbraio 2016, n. 39)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 15 febbraio 2016
Istituzione del corso di formazione «High Voltage Technology» per il personale marittimo.
(G.U. 26 febbraio 2016, n. 47)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 15 febbraio 2016
Istruzione e addestramento per il personale in servizio su navi passeggeri.
(G.U. 26 febbraio 2016, n. 47)
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