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Anno 0 - Numero II - Novembre 2008 - Organo a diffusione interna (c.i.p) Associazione Culturale FUROR - Via Stretto Cappuccini, 32 - info: [email protected]

Minastirith 11/08

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Minastirith 11/08

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Anno 0 - Numero II - Novembre 2008 - Organo a diffusione interna (c.i.p) Associazione Culturale FUROR - Via Stretto Cappuccini, 32 - info: [email protected]

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QUESTIONE DI STILE - Guardando

all’attuale società in cui tutto - dal cibo al vestiario - è stato uniformato dando vita a milioni di formiche – non più uomini –

omologate e distinte solo da numeri e cifre è ancora da chiedersi se esiste la possibilità di differenziarsi. La risposta non può essere

che affermativa laddove però si riesca ad imperso-

nare ed esprimere uno sti-le. Avere uno stile non si-gnifica altro che incarnare un’idea ed una visione del mondo manifestandola con ogni gesto che si compie. Per un uomo

realmente differenziato lo stile a cui allu-diamo si identifica per forza di cose con quello che caratterizzò l’uomo romano, il cives. Ma quali erano e quali sono le virtù che contraddistinguono tale uomo? In prima linea una attitudine dominata, un’audacia illuminata, una parola concisa

e convinta, un decidere tanto preciso e coerente quanto meditato, un freddo senso di dominio senza personalismi e senza vanità.[…]Allo stile romano appar-tiene un agire preciso, senza grandi ge-sti, un realismo che deve significare amo-re per l’essenziale, l’ideale della chiarezza

[…] Si può aggiungere pietas e religio nel

senso di rispetto e fiducia verso quelle forze che appartengono alla realtà invisi-bile che sovrasta quella visibile. In poche parole questo tipo umano si proietta ver-so Dio in ogni suo gesto facendo della

sua vita un arco teso verso il cielo. Solo dallo stile – inteso come pratica continua della virtù – può svilupparsi la forza inte-

riore e la drittura che vanno a determina-

re il carattere di un persona. Dall’altra

parte ed in direzione diametralmente op-posta sta l’uomo mediterraneo, l’analisi del quale ci aiuterà certamente ad identi-

ficare quelle influenze di cui un po’ tutti risentiamo. Co-me scrive Julius Evola a ri-guardo, possiamo indicare come caratteristica fonda-

mentale dell’uomo mediter-raneo l’amore per

l’esteriorità, la tendenza ad un individualismo anarchico, disordinato, caotico, irre-quieto, indisciplinato. Scen-dendo poi di piano in piano

trovate la stessa componente

“mediterranea” nel tipo “genialoide” con-temporaneo, critico ad ogni costo, sem-pre pronto a dire il contrario, sempre pronto a costituirsi difensore anziché giu-dice di sé stesso, abilissimo nel trovare il modo di aggirare un ostacolo o una leg-ge. Ancor più in basso avete la maliziosi-

tà. La ruberia, che al tipo in questione vale quasi come al sinonimo di intelligen-za (saper far “fesso” l’altro) e come affer-mazione di sé stesso. Certamente prima di porsi nella posizione di esempio di va-lori e moralità ogni uomo farebbe bene a confrontarsi con gli elementi descritti ri-

guardo l’anima mediterranea, domandan-

dosi quanto si riconosce in ciò che Evola identifica come dei veri e propri cancri dell’anima, ostacoli per l’ascesa ed il mi-glioramento di sé. Incarnare determinati valori, con un profondo lavoro di autocri-

tica ed osservazione, non comporta asso-lutamente diventare dei bigotti moralisti, essendo la morale un insieme di norme e

regole che appartengono ad un ambito

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esteriore e perciò transitorio, ma al con-trario assumere una visione etica della

vita. In merito alla differenza tra Etica e morale saremo più chiari con un esempio

analizzando un problema che per molti assume un importanza spropositata come la pena di morte. E’ oramai diffusa l’idea, infatti, che uccidere un altro uomo sia una cosa inammissibile; ora, lasciando da

parte il fatto che negli stessi Stati in cui si afferma ciò l’aborto – e quindi

l’eliminazione fisica di un essere che non è in grado di difendersi e che non ha commesso alcun reato - è legalizzato, ci chiediamo che importanza possa avere un

principio morale del genere dinanzi ad un’ingiustizia commessa contro un infante da parte di soggetti che agi-scono con piena consapevo-lezza nel ricercare un piace-re fisico; non si vede il motivo per cui

uno stato etico, fondato sulla Verità e la

Giustizia, non possa eliminarlo, ma al contrario - in nome di uno stupido princi-pio morale privo di fondamento – debba mantenere vive quelle sue pulsioni per poi magari rimetterlo in libertà grazie a qualche cavillo legale ideato ad hoc da un

avvocato senza scrupoli. E’ questo un

esempio estremo che però forse ci aiuta a collocare quei valori di Verità e Giusti-zia a cui si appella ed a cui si ispira un uomo della Tradizione, cioè al di là del bene e del male, intendendo con questi

due termini il senso comune della gente,

che agisce sempre come una forza livel-lante verso il basso. Stabiliti i confini en-

tro cui si muove lo stile romano e dunque la fonte da cui si sviluppa il carattere di

un uomo differenziato ci si chiederà se quanto detto può essere ancora oggi at-tualizzato. La risposta non può essere che affermativa; perché proprio nella no-stra realtà questi valori eterni risaltano e

si evidenziano come lo splendore di un fiore di loto sovrasta lo sterco da cui na-

sce. Il banco di prova di tali principi è la vita, la quotidiani-tà, la scuola, il lavoro, i rap-porti con i propri amici, con il partner; ancora il campo di applicazione si amplia con la

ricerca di attività sane, come alcuni sport, la ricerca dell’avversario più forte, della prova più grande, dell’occasione per mettersi in gioco e dire ―vediamo quanto

valgo‖. In tale prospettiva tutte le attività

divengono degli strumenti e così l’esame

impossibile è un occasione per mettere in moto la forza di volontà e l’elasticità mentale, l’allenamento un momento di sfida con sé stessi, il sesso ed il cibo un occasione per esercitarsi al dominio di sé. In conclusione stile mediterraneo e stile

romano sono due estremi entro cui si

muove l’uomo che, come afferma Nie-tzsche, è un ponte tra la scimmia e Dio, sta solo a te decidere di elevarti, il resto è anonimato, numero, massa indifferen-ziata.

Scegli di essere!

In un mondo di furbi, l’onestà

In un mondo di bugiardi, la sincerità In un mondo di gente che odia, l’amore

In un mondo in preda alla frenesia, la serenità

In un mondo di vili, il coraggio In un mondo di menzogne, la verità In un mondo di mediocri, l’eroismo In un mondo di egoisti il sacrificio In un mondo di traditori la fedeltà

In un mondo di schiavi la libertà.

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Precisazioni necessarie. Libertà, Fra-tellanza e Uguaglianza - Nel numero precedente si è voluto raccontare uno dei più grandi massacri ideologici della sto-

ria, la repressione nel sangue della Rivol-ta Vandeana. Ma, al di là della barbarie attraverso cui la Rivoluzione francese - che la storiografia ufficiale esalta - è riu-scita ad imporsi, è importante analizzare la strumentalizzazione dei valori che essa si poneva di realizzare. Parliamo di stru-

mentalizzazione e non di innovazione

perché i valori di libertà, fratellanza ed uguaglianza sono stati da sempre consi-derati, seppur in maniera diversa, i capisaldi delle so-cietà rette da un ordinamen-

to tradizionale. Nel quadro della degenerazione progres-

sista dei valori, la Rivoluzio-ne francese ha invece falsifi-cato il significato di tali paro-le, ingenerando confusioni e caos; e oltretutto non ha

fatto altro che favorire, pri-ma con gli anni del terrore e poi con Napoleone,

l’instaurazione di una ditta-tura ancora più dispotica di quella precedente, solo più grezza e ma-terialista. Ritornando comunque al tema

principale, vediamo come devono essere concepite Libertà, Uguaglianza e Fratel-lanza, partendo dello studio delle grandi civiltà del passato. Queste hanno un sen-

so solo nel momento in cui diventano sinonimo di ―legame tra simili‖, intenden-

do con simili non un aspetto esteriore o razziale ma una virtù, una capacità, una sensibilità, un modo di concepire in ma-niera, più o meno profondo, la vita. In-fatti dire, ad esempio, che gli uomini so-no tutti uguali è falso: primo perché que-

sto principio contraddice uno degli assun-

ti fondamentali della logica e presuppone l’esistenza di un unico essere collettivo; secondo perché due oggetti si possono definire uguali solo in funzione di qualco-

sa che li accomuna e ciò vorrebbe dire che, solo perché tutti gli uomini mangia-no, bevono e dormono, allora sono uguali (senza considerare per altro che neanche in questo possono dirsi in fin dei conti uguali!). Mistificazione occidentale moderna

Il moderno ―uomo massa‖, che da questa

contraffazione è nato, è totalmente l’opposto della Persona, con le sue liber-

tà, le sue qualità, le sue ca-ratteristiche. È frutto del ten-tativo, prima della rivoluzione

francese e poi delle moderne democrazie occidentali, di im-

porre a tutti i costi, con le bombe e la ghigliottina, un modo uniforme di vivere la vita e di pensare. Proprio in questo sta la ragione di esi-

stenza del consumismo di massa, della moda, della cre-azione di spazi commerciali

ove radunare le folle e – at-traverso l’invenzione del tem-

po libero - costringerli in spazi ovunque simili, alla ricerca di bisogni e oggetti per

tutti identici. Questa triste fotografia del-la modernità, non sarebbe stata mai rea-lizzata senza la spallata della rivoluzione francese, che solo ai bambini può essere

presentata come una sommossa popolare spontanea ma che ai più attenti appare

sotto la sua chiara veste, quella di rivolu-zione decisa da pochi (come, guarda ca-so, la Rivoluzione d’Ottobre in Russia, più o meno un secolo dopo), dal carattere sovversivo e distruttivo, condotta non da un popolo affamato ma da una classe in

ascesa, qual era la piccola borghesia

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dell’epoca. E ciò è detto senza negare la degenerazione in cui la classe aristocrati-

ca dell’epoca poteva essere caduta, poi-ché questo non giustifica i metodi giaco-

bini, la sovversione di un modello mille-nario di ―Stato‖ né l’aver relegato ―alla cronaca nera‖ le uccisioni politiche della rivoluzione francese. La rivoluzione fu infatti attuata secondo la legge sovrana della ghigliottina, cosa che non può che

apparire paradossale per una rivolta che

nasce per garantire più ampi margini di libertà, tanto quanto lo è la persecuzione ideologica condotta dagli attuali apparati ―democratici‖.

Liberi di fare cosa? In ogni caso, prima di parlare di libertà in maniera così generale bisognerebbe doman-darsi perché serve tale libertà, per uccidere?

per violentare? per

drogarsi? per rubare? per ideare sistemi economici ed affamare il mondo? per mi-stificare la realtà e sfruttare i più deboli? per costringere gli uomini a vivere in pa-lazzoni ammassati come api in alveari? per fare del proprio corpo un oggetto

sessuale? per accoppiarsi come bestie e poi abortire? La verità è un’altra e sta nel

fatto che ad ognuno deve essere data la libertà che gli è necessaria per svolgere il proprio compito - finalizzato al bene di tutti - ed in proporzione alla sua sensibili-

tà e capacità di dominarsi ed essere giu-sto. Ma, si chiederà, in base a quali criteri si possono assegnare tali libertà in un

sistema dove tutto è livellato verso il basso? E’ certo impossibile in questo sta-to di cose, anche perché, è bene ricorda-re ai più, i migliori non sono coloro che

riescono ad accumulare più nozioni possi-bili su come giocare in borsa o inventarsi un teorema, ma quelli che sono in grado di capire come aiutare un uomo a cresce-

re, di gestire situazioni difficili, di sacrifi-care sé stessi per un principio superiore.

È chiara la validità del concetto secondo cui i compiti più importanti implicano an-

che libertà maggiori, ma queste libertà – che nel mondo antico trovavano l’apice

nel Reggente – hanno modo di esistere esclusivamente in relazione all’azione della persona all’interno dello stato orga-nico e sono perciò necessarie affinché il bene di tutti, inteso come diritto di ogni persona ad aver assicurato uno sviluppo

integrale delle sue possibilità, possa rea-

lizzarsi. Senza una diversificazione degli esseri umani, senza l’esistenza di livelli, all’interno dei quali vi sono uguali libertà e vige davvero un lega-

me di fratellanza, non può esserci uno svilup-po costruttivo della persona ed è naturale che, laddove questa diversificazione si im-ponga, si instauri un

legame gerarchico tra

diversi livelli. In merito a ciò è importan-te ricordare che il dipendere non significa abbassamento ma elevazione della per-sona. Perché è solo la presenza di indivi-dui superiori a dare a una moltitudine di esseri e a tutto un sistema di discipline

della vita materiale un senso e una giu-stificazione che prima non avevano

(Julius Evola, Gli uomini e le rovine). In piedi o messo in piedi Il modo di concepire la libertà nei sistemi tradizionali, fuori da qualsiasi relativismo,

si pone l’obiettivo di condurre gli uomini verso l’alto. Laddove al contrario si affer-mi il valore assoluto di libertà, uguaglian-

za e fratellanza non si può che realizzare un caos, una regressione dell’individuo verso uno stato subumano. Il valore dei sistemi più antichi è riassumibile in una

frase: ―chi non è capace di dominarsi, si trovi una legge‖, la quale ricorda, ancora, un detto dell’Imperatore Adriano ―chi non è in grado di stare in piedi da solo si fac-

cia mettere in piedi.‖ E poco importa se il mondo oggi ha invertito questo principio,

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L’eugenetica del nuovo secolo! È nato in Spagna un

bebè frutto di una selezione genetica decisa per poter cu-

rare il fratello, che soffre di una malattia ereditaria. Il sangue del cordone ombelica-le servirà per un trapianto al fratellino, perché cominci a produrre cellule sanguigne

prive della grave forma di anemia congenita. Ma come è possibile «selezionare» un bambino? «Si tratta di proce-dere alla fecondazione assisti-ta ed esaminare gli embrioni prima di impiantarli in utero,

selezionando quello più adat-

to in base a due criteri fonda-mentali: oltre che genetica-mente compatibile deve esse-re infatti sano» si precisa.

Ci vogliono nudi! BRUXEL-LES — «La Commissione

delle comunità europee, preso in considerazione il

trattato che stabilisce la co-munità europea, nel rispetto del regolamento 300/2008 sulle regole comuni per la sicurezza dell’aviazione civi-

le e richiamando il regola-mento 2320/2002, in parti-

colare l’articolo 4, propo-ne....» di introdurre la por-nografia obbligatoria negli aeroporti, facendo apparire i passeggeri completamente nudi, inclusi i loro genitali! Il

documento autorizza, in tut-ti i 27 Stati della Ue, qualco-sa che negli Usa è già prassi diffusa (e molto contestata, anche lì): i controlli obbliga-tori con i «body scanners. I body-scans sono già com-

parsi in Olanda e Gran Bre-

tagna: ma oggi vi si sotto-pone soltanto chi vuole, in alternativa alla normale per-quisizione.

Ciò che colpisce di questa serie di articoli è il loro andare dritti al ber-saglio, senza troppi fronzoli. I brani parlano un linguaggio schietto, di

facile comprensione. Il tema che interessa è quello dello ―stile‖ ario-romano - che ha nel distaccato realismo e nella concretezza

dell’azione il suo punto di forza - contrapposto a quello ―mediterraneo‖, appariscente ma povero di contenuti, contrapposizio-ne che si richiama allo spirito originario di una Roma non ancora elle-nizzata. A questo tema ricorrente, si accompagna la volontà di porre le basi per una rilettura della storia in chiave anti-moderna, che met-

ta in evidenza i tratti individualistici del tanto decantato Rinascimento rispetto alla gerarchia e all’Ordine Sacro che il Medioevo, grazie al sistema feudale, riuscì a ripor-

tare in auge, assieme all’etica guerriera che rivive nelle gesta degli ordini cavallere-schi. Non manca un fondamentale accenno al rapporto tra uomo e donna, ma anche qui si parla un linguaggio semplice: ci si limita ad un rapido scorrere di immagini, tese a ―denunciare‖ gli aspetti moralistici ed, ancora una volta, ―mediterranei‖ del rapporto tra i sessi in era moderna. Ciò che resta della breve lettura è un’inaspettata spinta verso il cambiamento e l’incanalamento di tutte le energie in direzione di un

qualcosa di superiore che rimetta ordine in una vita altrimenti caotica.

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RUGBY, SCUOLA DI VIRTU’ - Il

calcio, sport po-polare in Italia

forse quanto in Brasile, come fe-nomeno di massa ha ormai perso il controllo di se stesso, esploden-

do dal suo interno, colpito da una crisi

che gli stessi ―addetti ai lavori‖ hanno causato. E se da un lato questo ha signifi-cato un parziale svuotamento degli stadi ed un’eccessiva repressione, dall’altro ha avuto la conseguenza molto meno spiace-vole di aver concesso nuovi spazi agli altri

sport. Le manifestazioni di atletica regi-

strano così ascolti sempre in crescita e sport come la kick boxing, il rugby, il nuoto, hanno compiuto grandi passi in avanti, smettendo di essere sport di nic-chia. Ed è forse proprio questo, il loro essere ancora poco contaminati, che ne

permette una certa integra conservazione

dei valori loro intrinseci, così che ancora vediamo sportivi che amano ciò che fanno e non vedono il loro solo come un talento da sfruttare per guadagno. Il rugby, in particolare, oltre ad essere un perfetto esempio del fenomeno, è uno sport che a

livello formativo ha molto da trasmettere. Basti pensare che, nel mese di settem-

bre, la squadra del Rugby Livorno ha vis-suto per tre giorni nel complesso adde-strativo dei parà della Folgore, dormendo in tenda e affrontando insieme a loro

ponti tibetani, torri per il salto nel telo e percorsi di ardimento (passaggi in stretti

tunnel sotterranei e in canali pieni di ac-qua e fango oltre a marce zavorrate di

cinque chilometri). Così come durante il giorno, anche nella notte, prove a sorpre-sa sono state messe a punto per testare le capacità di reazione e resistenza. Tra l’altro, l’esperimento non è affatto isola-to: già nel 2007 i vincitori sudafricani del-

la coppa del mondo, prima del torneo,

hanno trascorso due settimane di soprav-vivenza nel deserto assieme ad un repar-to di incursori delle Sas. Dunque è inne-gabile che il rugby si richiama consape-volmente all’analogia tra pratica sportiva e battaglia, con se stessi soprattutto e

con l’avversario, in quanto proiezione del-

le proprie debolezze. Nato nella prima metà dell’800 da un simpatico diversivo durante una partita di calcio, il rugby ha ancora quel sapore di antico che lo sport dovrebbe regalare all’appassionato. E’ un sapore che sa di sacrificio, di lealtà, di

rispetto e di onore. Sarà che è la squadra

a fare il gioco, che non è l’esaltazione del singolo giocatore a portare una vittoria, ma la tenacia e lo spirito di unione e compattezza fra i giocatori, sarà che an-cora si guarda meno al risultato e più al proprio impegno, ma l’intensità che una

partita di rugby dona allo spettatore non può che essere educativa per chi osserva

e trasmettere quella forza ed energia che in campo è spesa per la vittoria e che nella vita è indispensabile ad affrontare le prove con dignità.

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