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Hamefiz M omenti di Torà Organizzazione di diffusione di Torà e Chesed N. 2, I

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Hamefiz

Momenti di Torà

Organizzazione di diffusione di Torà e Chesed

N. 2, I

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Mazal Tov per il primo compleanno di

Rafael Tesciuba

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L’ iniziativa che vede ora la luce viene dall’idea di fornire a ritmi costanti brevi spunti di Torà in italiano, essenzialmente regole e pensiero ebraico. Sono iniziative piuttosto comuni nel mondo ebraico diasporico, un pò meno comuni, anche se non rare, in Italia. La novità ora sta nella formula particolare e nell’entusiasmo di chi la realizza ora, scrivendo in italiano da Eretz Israel dove si è recato a studiare.

Certamente è un lavoro utile e benvenuto che merita gratitudine e auguri di successo

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Musar

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17 Ottobre 2012 א’ חשון תשע”ג

PILLOLE DI INSEGNAMENTO DA RABBI NACHMAN DI BRESLAV Sempre parlava (Rabbi Nachman di Breslav) sul tema dell’emunà. Disse una volta: secondo la concezione del mondo la fede è ma-teria di poca importanza, secondo la mia concezione invece è di consistenza enorme. Ed il punto principale della fede è l’evitare assolutamente ricerca e ragionevolezza bensì concepirla con estre-ma semplicità come la fede delle donne e delle persone semplici. Sichot Aran 33)Chi ha emunà fa della sua vita una vita vera, e trascorre i suoi gior-ni sempre con letizia. Quando tutto gli va bene, sicuramente sarà gratificato.Nei momenti di sofferenza vive in serenità, essendo si-curo che Ashem avrà misericordia di lui e gli farà del bene. Però chi vive senza emunà chas veshalom, la sua non è vita affatto serena, in quanto ogni volta che gli accade qualche avvenimento negativo non ha la forza e vitalità per potersi confortare non avendo emunà; e trascorre quindi, la sua vita senza Ashem e senza la fiducia per Ashem. (Sichot Aran 53)(Rabbi Natan a Rabbi Nachman) L’ho sentito una volta raccontare di un suo colloquio con un seguace che aveva dubbi sull’emunà e lo rinfrancava dicendogli che l’unico scopo della creazione è che ci fossero patimenti per la mancanza di fede e che l’uomo a sua vol-ta possa far prevalere queste perplessità sulla fede. Grazie a quei discorsi il discepolo si rafforzava ogni volta che gli sorgevano per-plessità nella fede. Cosi ripeteva sempre Rabbi Nachman, che solo per il merito del emunà Ashem ha creato tutta la creazione come scritto “Tutte le Sue opere sono Emunà” (Sichot Aran 122)Meglio essere stupido e credere in ogni cosa persino nelle idiozie e menzogne per credere così anche nella verità, invece di essere sag-gio e indagatore e rinnegare le sciocchezze e poi rinnegare anche la verità assoluta chas veshalom. “E’ preferibile essere considerato tutta la vita stolto davanti agli occhi della gente e non malvagio davanti al Santo Benedetto un solo istante”. (Sichot Aran 103)

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Halakhà

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17 Ottobre 2012 א’ חשון תשע”ג

REGOLE SULLA CONCENTRAZIONE NEL RECITARE LE BERACHOT

1)Ogni volta che si pronuncia, nel recitare le berachot, il nome di D-O scritto con alef(A) dalet(D) nun(N) yud(I) si deve pensare che Lui è il padrone di tutto, e quando si pronuncia il nome scritto con yud ke vav ke (in altri libri di tefillà viene abbreviato con la doppia yud e punteggiato con lo shva’-i due puntini verticali sotto la prima yud e il kamaz-martelletto sotto la seconda yud) si deve pensare che Lui è il padrone di tutto ed è esistito esiste ed esisterà, però secondo Mishnà Berurà basta per questo nome pensare solo al significato Padrone di tutto. Invece nel pronunciare il nome di Elo-nu si deve pensare che Lui è in nostro D-o e Lui è potente e ha la forza di fare ogni cosa. Questa regola però vale solo a priori perché a posteriori si esce d’obbligo dalla berachà anche se la si è recitata senza le intenzioni sopraindicate.

2)C’è chi dice che esiste la possibilità, al mattino prima di iniziare la preghiera, di fare la condizione per dicendo: ogni volta, durante il giorno, che pronuncio nelle berachot il nome di D-O ho l’in-tenzione di includere nel nome di Hashem anche i significati del Suo Nome sopraindicati (elencandoli). Comunque per il nome di Hashem nel primo brano dello Shemà e nella prima benedizione della amidà nel pronunciare Ad-ai ed Elo-nu ci si deve sforzare a non appoggiarsi a questa formula ed implicare con il pensiero le intenzioni sopraelencate.

3)Bisogna fare attenzione quando si benedice di farlo con concentrazione, di scandire bene le parole e di recitarle con gioia.

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Giovedì יום חמישיMomenti di Musar

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18 Ottobre 2012 ב’ חשון תשע”ג

Ama la pace e perseguila; ama gli uomini e avvicinali alla Torà (Pirkè Avòt capitolo 1 mishnà 12)

Hillèl e Shammày ricevettero la tradizione da Shema’yà e Avtalyòn. Hillèl soleva dire: “Sii discepolo di Aharòn, ama la pace e persegui-la; ama le creature e avvicinali alla Torà”.

•“Ama la pace”: In che modo Aharòn amava la pace? Quando sape-va che due persone avevano litigato, prendeva ognuno di loro da un lato senza che l’altro lo sapesse, e gli diceva, “ho incontrato il tuo amico e mi ha detto che si pente della colpa che ha commesso nei tuoi confronti e chiede se puoi scusarlo …”, subito dopo andava dall’altro e gli diceva la stessa cosa. Di conseguenza, quando i due si incontravano, si baciavano, si abbracciavano e facevano pace.

•“Avvicinali alla Torà” In che maniera Aharòn avvicinava gli uomini alla Torà? Con amore: quando qualcuno aveva compiuto una Averà -trasgressione di uno dei precetti-, Aharòn andava presso di lui e si rivolgeva nei suoi confronti con molto rispetto e affetto. Immedia-tamente l’altro pensava nel suo cuore, “se questo giusto, Aharòn, sapesse le colpe che ho commesso non si sarebbe avvicinato a me”, così vergognandosi delle sue azioni, faceva teshuvà.

(secondo il commento di Kehati e Rav Ovadia da Bartenura).

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Giovedì יום חמישיMomenti di Halakhà

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18 Ottobre 2012 ב’ חשון תשע”ג

REGOLE SULLA CONCENTRAZIONE NEL RECITARE LE BERACHOT

-C’è l’uso di recitare prima di fare una mizwà la formula di “leshem ichud”(espressione in cui si dichiara l’intenzione di compiere la mizwà che ci si accinge ad eseguire per il nome di Hashem e per adempiere al comando del S.). Tuttavia non è d’obbligo secondo l’alachà; ciononostante a priori bisogna avere l’intenzione, prima di accingersi a compiere ogni mizwà, di eseguirla per adempiere al comando di D-o e farla per il suo Nome.-Ci hanno insegnato i nostri maestri sul trattato di Avodà Zsarà: “chi pronuncia il nome del S.(dalle 4 lettere) così come scritto non ha parte al mondo futuro”. E hanno scritto inoltre i legislatori di alachà e i saggi della cabalà che questo divieto comprende anche lo scandire lo stesso nome dalle 4 lettere lettera per lettera pro-nunciandola youd-he ecc. bensì dovrà dire youd-ke-vav-ke al posto delle due “he”. Tuttavia è permesso scandire il nome A-nai lettera per lettera dicendo alef dalet ecc.- Si deve fare attenzione, a priori, quando si benedice qualsiasi berachà, di capire il significato delle parole. Tuttavia a posteriori se ha detto la berachà senza capirla è uscito d’obbligo e non la si dovrà ripetere.-Moshè Rabbenu istituì l’obbligo di recitare ogni giorno cento be-rachot ma con il tempo questa prescrizione fu andata persa e il Re Davide l’ha rinnovò per salvare il popolo Ebraico da una pestilenza propagatasi durante il suo regno e a causa della quale morivano ogni giorno decine di persone. Oggi quindi è rimasto l’obbligo di benedire ogni giorno cento berachot.-Le donne e i bambini non hanno l’obbligo di benedire cento be-rachot al giorno, comunque gli è sicuramente loro assicurata la ri-compensa nel caso si sforzassero a farlo.

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Venerdì יום שישיMomenti di Musar

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19 Ottobre 2012 ג’ חשון תשע”ג

PARASHAT NOACH (Da libro Kehilat Yakov di Rav Yakov Hotovelli) “Nòach fu un giusto integro nella sua generazione”(6,9).Rashì spiega che Noè è stato considerato un giusto proprio nella sua generazione, ma se lui si fosse trovato nella generazione di Abramo, non sarebbe stato considerato nessuno.Con questo non si vuole dubitare della rettitudine d’animo di Noè, il Signore stesso dice “poiché te ho trovato giusto dinanzi a me in questa generazione”(7,1).Il Radak spiega che Noè era profondamente legato alle strade di D-o, e questo è stato il suo punto di forza per non farsi trascinare dai suoi istinti. E visto che tutti sono d’accordo che è stato uno Zadik nella sua generazione, come possiamo sottovalutare la grandezza di un uomo che non si è fatto influenzare dalla malvagità di tutti gli altri esseri umani? E’ risaputo cosa afferma a proposito il Rambàm(ilchòt deòt 6):”La natura dell’uomo è di lasciarsi influenzare nei pensieri e nelle azioni degli amici e dei parenti”. Ma la disputa sul Talmud tra Resh Lakish e Rabbi Yohannàn, non sta nel non accettare la grandezza di Noè, ma confermare che se Noè si fosse trovato nella generazione di Abramo, la sua persona non sarebbe emersa così come lo è stato nella generazione del diluvio.Insegnano i nostri Maestri che a volte uno Zadik saggio e attento è pre-feribile ad uno Zadik integro, e perché ? Poiché in una generazione di malvagi è troppo facile dire “io sono a posto con D-o, io ho salvato la mia anima”, invece la persona in questa circostanza ha l’obbligo, quan-do vede il suo prossimo che sbaglia, di informarlo e con tatto e buone maniere di indicargli la strada giusta.Così come spiegano i Maestri sul Talmud(Avodà Zarà, 18):”Colui che ha la capacità di riprendere una persona e non lo fa, viene punito con la stessa punizione che spetta al colpevole”.Ed è scritto sul sacro Zohàr, che quando Noè uscì dall’arca e vide la distruzione avvenuta, si mise a piangere e disse :” Padrone del mondo, perché non hai avuto misericordia dell’opera delle tue mani?” E il Si-gnore gli rispose: “Adesso mi fai questa domanda? Quando ti ho detto raduna tutte le creature che conduco dinnanzi a me, tu sei entrato nel Beit a Midrash e non sei uscito per le strade della città per riprenderli, e non hai pregato per loro. Hai avuto paura che forse potevano ucciderti?Spiega il Rabbi di Lubavitch z”zl che la generazione del diluvio aveva commesso ogni genere di trasgressione, per cui Noè aveva l’obbligo di chiedere misericordia per loro, ossia essere come Mosè che chiese mi-sericordia per Israele.

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Venerdì יום שישיMomenti di Halakhà

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19 Ottobre 2012 ג’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABAT

•Negli alberghi, nelle case di riposo o simili, dove la direzione non consente di accendere le candele di Shabbat nelle proprie camere per paura di incendi, ci sarà in questo caso la necessità che ognu-no accenda i suoi lumi nella sala dove tutti mangiano, ma solo la prima persona che accende lo farà con la berachà e tutti gli altri che accenderanno dopo questi, lo faranno senza recitarla. Però chi vorrà appoggiarsi su quelle autorità rabbiniche che permettono di accendere i lumi elettrici con berachà, potrà farlo con una lampa-dina ed uscire d’obbligo dalla mizwà nella propria camera. Per gli ashkenaziti invece la regola è diversa, bensì ogni capo famiglia o la moglie potrà recitare la benedizione e così uscire d’obbligo loro ed i membri della propria famiglia anche se si accendono i lumi nella sala da pranzo dove si mangia con tutti.•DOMANDA: Qual’è il tempo dell’accensione dei lumi di Shabbat?•RISPOSTA: A priori bisogna accenderli entro la mezzora che pre-cede il tramonto, e l’orario consigliato è 20 minuti prima di questo. Nel caso ci sia la necessità di anticipare l’accensione, lo si potrà fare al massimo con la berachà da plag-minchà, cioè un ora e un quarto, delle ore proporzionali (ved. Lunario), prima del tramonto. La dif-ferenza però che c’è tra chi accende mezz’ora prima del tramonto e chi lo fa entro questo tempo, è che il primo è obbligato ad accettare su di lui la santità dello Shabbat e di conseguenza gli sarà vietato fare qualsiasi tipo di lavoro vietato di Shabbat, invece il secondo non è obbligato ad accettare la santità di Shabbat e gli sarà permes-so compiere operazioni vietate di Shabbat fino a qualche minuto prima che il sole sia tramontato. Questa differenza è dovuta al fat-to che quando si accendono i lumi Shabbat molto tempo prima della sua entrata, non sembra che lo si sia fatto per la santità della festa. Questo invece non accade quando si fa vicino al tempo della sua entrata. Però per le donne ashkenazite (per l’uomo la regola è diversa e la spiegheremo più avanti) invece, che ricevono Shabbat automaticamente con l’accensione delle candele, non hanno que-sta differenza normativa.

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Sabato יום שבתMomenti di Musar

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20 Ottobre 2012 ד’ חשון תשע”ג

La mizvà dell’accoglienza degli ospiti

Una volta il grande Rabbino Josef Chaiim Soloveizik z”l arrivò in un ostello e chiese se era disponibile una stanza. L’albergatore che non conosceva il Rav Soloveizik gli rispose che era occupato e non aveva il tempo di occuparsi del suo pernottamento dato che stava per arrivare un altro Rabbino: il Rav di Koidinov, ossia gli rispose in maniera sgarbata e gli disse di trovarsi da solo un angolo dove alloggiare. All’improvviso arrivò il Rav di Koidinov e immediata-mente nel vedere il Rav Soloveizik si rivolse nei suoi confronti con il dovuto rispetto e timore. A quel punto l’albergatore capì il suo errore e si scusò davanti al Rav Soloveizik, e lo invitò ad alloggiare in una delle stanze. Allora il Rav Soloveizik chiese all’ albergatore: Per quale motivo studiamo la mitzva’ dell` accoglienza degli ospiti da Avrahàm e non da Lot?? Ecco che Lot ha compiuto la mitzva’ fino al punto di mettersi in pericolo. La risposta è semplice Lot sapeva che i suoi ospiti erano Angeli e per questo motivo ha com-piuto la mitzva’ nei migliore dei modi. Mentre Avrahàm accolse i suoi ospiti con il dovuto onore anche prima che sapesse che fossero angeli”.Caro lettore dobbiamo prendere un grande insegnamento da que-sto racconto!! La mitzva’ dell` accoglienza degli ospiti non è soltanto nei con-fronti di persone di rango elevato, bensì abbiamo l’obbligo di acco-gliere nelle nostre case ogni ebreo che ha bisogno di un tetto dove ripararsi.Per esempio quante volte arrivano nelle nostre Sinagoghe inviati da Israele, e non ci poniamo nei loro confronti con il dovuto rispet-to e non li accogliamo con il dovuto onore! Dobbiamo interessarci se hanno bisogno di aiuto, cibo posto dove dormire ecc…Che il S. ci doni la forza e la volontà di compiere questa mitzva’ nel migliore dei modi.

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Sabato יום שבתMomenti di Halakhà

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20 Ottobre 2012 ד’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABBAT 4•E’ mizwà togliere del tempo del giorno feriale (venerdì) ed aggiun-gerlo al giorno sacro (Shabbat), quindi è bene anticipare l’entrata del Sabato. •In che modo si compie la mizwà di tosefet Shabat? Accettando su di se la santità di Shabbat qualche minuto prima del tramonto (come detto precedentemente le donne ashekenazite accettano Shabbat au-tomaticamente con l’accensione). Quindi si accenderanno i lumi, si controllerà che tutto sia pronto per lo Shabbat e poi si potrà accogliere la santità del Sabato.•Nel caso ci si sia dimenticati di accendere le candele di Shabbat, e ci si sia ricordati solo pochi istanti prima del tramonto, sarà vietato accenderli se persino ci fosse solo il dubbio che il sole sia tramontato o meno. Nel caso invece si sia certi assolutamente che il tempo del tra-monto non sia ancora arrivato allora si potrà accendere con la berachà. Comunque se ci si trova proprio nelle prossimità del tramonto sarà consigliabile astenersi dall’accendere, e non entrare nella possibilità di profanare lo Shabbat D. ci scampi.•Se nel caso chas veshalom per errore si abbia acceso i lumi di Shabbat dopo il tramonto, è bene fare teshuvà prendendo su di se l’impegno di studiare le regole di questa mizwà, come espiazione alla trasgressione fatta. Infatti dopo ogni averà commessa esiste la buona condotta di studiare tutti dettagli della mizwà nella quale si è inciampati come riparazione.•C’è discussione, come accennato precedentemente, trai Rishonim (autorità rabbiniche del periodo medievale) se con l’accensione delle candele si fa entrare automaticamente lo Shabbat o meno. Secondo la maggior parte dei Rishonim e lo Shulchan Aruch e quindi l’uso sefar-dita, questa mizwà è considerata come preparazione e necessità della festa quindi non determina l’accoglienza dello Shabbat con l’accen-sione. Invece secondo altri Rishonim e il Ramà e l’uso quindi degli ashkenzaziti l’accensione dei lumi fanno entrare il sabato. Comunque secondo questa opinione c’è la possibilità di fare la condizione di non voler accettare la santità dello Shabbat al momento dell’accensione e poter quindi compiere lavori proibiti di sabato fino a qualche minuto prima che tramonti il sole.

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Domenica יום ראשוןMomenti di Musar

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21 Ottobre 2012 ה’ חשון תשע”ג

LE PAROLE ASSODANO IL LEGAME TRA L’UOMO E IL S.

La lashon araà danneggia la nostra relazione con HAshem. Cosi come nessun padre potrà mai creare un legame ed amare colui che denigra e disprezza i suoi figli, cosi il S. Benedetto si allontana da colui che umilia i suoi figli.Il S. D.o vuole solamente che i suoi figli si amino l’uno con l’altro, come volontà di ogni padre, e non desidera affatto ascoltare maldi-cenze dei Suoi figli. Lui auspica che i Suoi figli abbiano tra loro un rapporto di pace ed amorevolezza, quindi colui che altera questo proposito e causa conflitti ed asti tra i suoi amati sarà origine, D. ci scampi, dello sdegno di Ashem. Dunque ogni parola e racconto di lashon araà determina l’allontanamento della Presenza Divina, perché Kadosh B. non vuole affatto far risiedere il Suo cospetto dove c’è odio e ingiuria.Inoltre con il parlare male dei figli, oltre a denigrare questi, si viene anche a umiliare chiaramente il padre. La stessa cosa accade quan-do si parla maldicenza del compagno, ogni volta che si racconta lashon araà su un ebreo e lo si umilia si viene anche a deprimere chas veshalom l’onore del S. D.o. Quando si parla male di un al-tro ebreo si viene inoltre a denigrare l’opera delle mani di Ashem, quindi a disonorare colui che è stato creato ad immagine di D.o.Il rispetto delle regole della lashon araà sviluppa e rafforza il le-game con D. svelando con l’osservanza di queste, l’amore verso i Suoi amati, il popolo ebraico. Ciò che per di più risveglia l’amore dei genitori verso i propri figli, sicuramente è il vedere che questi si amano e sono rispettosi l’uno dell’altro e vivono con benevolenza. L’attenersi alle regole della Shmirat-alashon riporta in mezzo a noi la Presenza Divina persa con la distruzione del Santuario a Gerusa-lemme, infatti ci insegnano i nostri Maestri: “Il Bet-Amikdash non è stato distrutto nientemeno che per l’odio reciproco”. Che Ashem ci dia la forza ed il cuore buono per amare il prossimo come noi stessi amen!

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Domenica יום ראשוןMomenti di Halakhà

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21 Ottobre 2012 ה’ חשון תשע”ג

L’ANGOLO DEL LASHON ARAA’ DOMANDA: E’ permesso parlare lashon araà sul prossimo anche se quello che si racconta è la verità?La RISPOSTA è sicuramente no, ed in questo, spesso incorriamo nel errore pensando il contrario, trasgredendo a numerosi precetti della Torà, ed è vietato persino se si è testimoni al fatto o si conosce in prima persona il soggetto su cui si vuol parlare lashon araà. In più se si parla malalingua distorcendo i fatti si chiama mozì shem raà e la trasgressione sarà considerata ancora più grave.Un altro particolare che non tutti conoscono è il divieto di raccon-tare lashon araà anche a chi già conosce il fatto o i difetti di Tizio ecc. quindi nel riferirgli questo non rinnoviamo nessuna informa-zione a chi ascolta non screditando ulteriormente l’interessato ai suoi occhi, nonostante tutto è proibito.DOMANDA: solo parlando si incorre nel divieto di lashon araà o anche con altri mezzi di comunicazione è proibito?RISPOSTA: è vietato sia scrivere lashon araà che accennare al com-pagno come una smorfia che denuncia denigro verso il prossimo, oppure mostrare la mancanza del compagno anche senza enun-ciarlo, tutto questo è considerata dalla Torà maldicenza. È inoltre proibito esprimere approvazione della lashon araà appena ascol-tata anche se non si ripetono le parole del maldicente.Bisogna inoltre fare attenzione a non pensare che se si parla lashon araà includendo anche se stessi nel racconto sia permesso che an-che in questo caso si incorre nel divieto della maldicenza.Un altro punto dove esiste il pericolo di sbagliare è pensare che sia permesso parlare male della moglie, del fratello o di un buon amico pensando che non lo si sta facendo con malanimo perché la Torà ha vietato la lashon araà anche in questi casi e anche quando l’interessato non si infastidisceE’ vietato dire lashon araà anche su un defunto.(Tratto dal libro Hilchot lashon araà verechilut di Rav Haim Nosboim)

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Lunedì יום שניMomenti di Musar

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22 Ottobre 2012 ו’ חשון תשע”ג

Tefillà

Domanda: Per quale motivo ancora ho difficoltà economiche, forse il S. non ascolta le mie Tefillòt (preghiere)? Ogni giorno prego il S. di ricevere la parnasà (sostentamento), ma ad ogni modo non vedo i frutti della mia Tefillà!!

Risposta: Non ti preoccupare il S. ascolta le tue tefillòt!!! Il Baal Shem Tov spiega che delle volte noi preghiamo per ricevere deter-minate cose ad es. soldi, tranquillità ecc… e ci sembra che il S. non ascolti le nostre preghiere. Non è così!! Il S. conosce benis-simo quali sono i nostri veri bisogni; il problema è che noi non sappiamo veramente quali sono i nostri bisogni più urgenti in quel momento. Infatti è possibile che noi preghiamo e chiediamo la parnasà, ma non sappiamo per esempio di avere una malattia, il S. però che è Onnipotente e conosce ogni segreto, ci guarisce per merito di quelle preghiere che sono state effettuate per la parnasa’. In altre parole, il S. utilizza quelle preghiere come se avessimo pre-gato per la nostra salute.Il Baal Shem Tov ci dona un’altra risposta. Infatti, è possibile che quelle preghiere siano state utilizzate dal S. per elevare e miglio-rare la nostra neshamà (anima). E ciò vale molto di più dei nostri bisogni materiali di questo mondo.Il Chazòn Hìsh risponde invece che delle volte i frutti delle pre-ghiere di una persona non sono goduti dalla persona stessa, bensì dai suoi figli, nipoti, pronipoti o discendenze future. Infatti è pos-sibile che si possa pregare per anni di diventare ricchi ma soltanto il suo pronipote avrà parnasà in abbondanza.

(tradotto dal libro “Berumò shel Olàm” del Rav Yakov Israel Lugasi)

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Lunedì יום שניMomenti di Halakhà

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22 Ottobre 2012 ו’ חשון תשע”ג

REGOLE SULLE 100 BERACHOT GIORNALIERE E LE BERACHOT DELLA TORA’

-Nel conteggio delle cento berachot sono incluse le 19 benedizioni delle tre tefillot giornaliere, le birchot ashachar le berachot del tal-lit e dei tefillin, la berachà di Baruch sheamar e quella di Ishtabach (quelle che si recitano all’inizio e alla fine delle psukè dezimrà), le berachot dello shemà di shachrit e di arvit, quindi facendo il conteggio si arriva facilmente alla cifra di cento berachot; si deve però fare attenzione lo Shabbat di integrarle con altre berachot, dal momento che si pregano in questo giorno quattro tefillot (arvit, shachrit, minchà e musaf) di 7 berachot al posto delle 3 tefillot di 19 benedizioni.

REGOLE SULLE BERACHOT DELLA TORA’-Bisogna fare molta attenzione a non studiare Torà se non aver pri-ma recitato le berachot della Torà. E per studio della Torà si inten-de sia la Torà scritta come il Tanach ( 5 libri della Torà, il libro dei Profeti e gli scritti sacri come le 5 meghillot ecc.) sia la Torà orale come la Mishnà il Talmud sia libri di Halachà e Midrashim.-Anche le donne hanno l’obbligo di dire le birchòt a’Torà poiché anche loro sono obbligate a studiare le regole che le riguardano come ad esempio: l’accensione delle candele di Shabbàt o quelle per il prelievo della challà o le regole della kasherùt in cucina ecc.-Questa berachà si recita una volta al giorno al mattino escluso il caso che si venga chiamati alla Torà.-Fino alla sera ossia fino a quando si va a dormire si è esenti dall’ob-bligo di recitare nuovamente le birchòt a’Torà; quindi ogni volta che si vuole studiare qualsiasi argomento di Torà durante l’arco della giornata non si dovranno ripetere le benedizioni già recitate la mattina.

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Martedì יום שלשיMomenti di Musar

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23 Ottobre 2012 ז’ חשון תשע”ג

L’importanza del minian

Domanda: Perché è importante pregare con il miniàn (10 persone adulte che hanno compiuto il Bar mitzva’) ?

Risposta: Ci sono molte risposte a queste domanda ad ogni modo qui ne riporteremo soltanto 4:a) E’ scritto nel Talmùd, trattato di Berachòt (pag.8a) : “ Rabbi Natan dice: da dove studiamo che il Santo Benedetto Egli sia non rifiuta la preghiera del pubblico ( tefillà con il minian)? Come è scritto : “La tefillà-preghiera del pubblico non è disdegnata”.b) E’ scritto nel Talmùd Trattato di Rosh Hashanà : “ Da dove si studia che anche se è stato decretato ad un pubblico un cattivo decreto questo può essere cancellato attraverso la preghiera con il pubblico? La risposta è nella Torà che ci dice: “ …. come ci è vicino l’Eterno, il nostro S., ogni volta che l’invochiamo “.c) Nel caso in cui non si può pregare al Bet-Ha-chneset ma si prega a casa senza il minian, in che maniera la nostra preghiera viene ascoltata di più? La preghiera viene ascoltata di più se si prega nella stessa ora in cui un pubblico prega nel Bet-Ha-chneset. In questo caso, anche se una persona non si trova con il pubblico la sua pre-ghiera viene ascoltata di più (comunque sia questa preghiera non ha lo stesso valore di una tefillà fatta con il pubblico). (Maharsh”a berachot pag.8)d) Scrive il Baal ha-tania: “fai attenzione, anche il più saggio ed il più tzadik-giusto da solo ossia senza minian non può dire il Kadìsh e la Kedusha’, mentre un minian anche se composto da tutti igno-ranti può dire il kadìsh e la kedushà’”. Vediamo e capiamo da ciò quanto sia importante e forte il minian.

(Tradotto dal libro “Berumò shel Olàm” del Rav Yakov Israel Lugasi)

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Martedì יום שלשיMomenti di Halakhà

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23 Ottobre 2012 ז’ חשון תשע”ג

REGOLE SULLE BERACHO’T DELLA TORA’

DOMANDA: Che differenza c’è tra le birchòt a’Torà e le altre bene-dizioni per le quali ogni volta, che vogliamo per esempio mangiare un frutto, si deve recitare la berachà? Infatti, in questo caso non basta benedire una sola volta la mattina ma è necessario dire la benedizione ogni volta che si vuole mangiare un altro frutto. Inve-ce, per le benedizioni della Torà ciò non è richiesto, infatti basta dirle una sola volta la mattina e poi si potrà studiare Torà quando si vuole durante tutto il giorno. Perché questa differenza?

RISPOSTA: Il fatto, è che ogni ebreo ha l’obbligo costante di occu-parsi dello studio della Torà, a meno che non si sta occupando del proprio sostentamento come c’è scritto “Lo iamùsh sefer aTorà azsè mipicha: e non si allontani mai dalla tua bocca questo libro di Torà (Giosuè 1;8)”. Per questo, si esce d’obbligo della berachà dello stu-dio della Torà semplicemente recitandola una sola volta all’inizio della giornata. Invece, per le altre berachòt si ridicono ogni volta poiché per esse non abbiamo l’obbligo ininterrotto di occuparcene. Una seconda risposta che danno i chachàmim è che la vita di un ebreo, dalla mattina sin da quando si alza fino alla sera quando va a dormire, è caratterizzata dagli insegnamenti della Torà ossia: dalle regole della tefillà alle regole delle berachòt, dal rapporto con il prossimo o con la moglie, all’insegnamento dei figli o il rispetto dei genitori o dalle regole del buon comportamento nell’ambito del commercio ecc. Quindi in un certo senso siamo impegnati in-terrottamente a “vivere” e ponderare tutte le nostre scelte secondo gli insegnamenti della Torà.

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Musar

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24 Ottobre 2012 ח’ חשון תשע”ג

PILLOLE DI INSEGNAMENTO DA RABBI NACHMAN DI BRE-SLAV ATTACCAMENTO AD ASHEM(Rabbi Nachman di Breslav) Raccontava sul suo grande timore di Ashem già dalla sua infanzia, e santità nel servire il S.. Diceva sem-pre che quando cominciava a prendere su di sé, l’impegno di essere una persona Kasher ogni giorno e servire Ashem, spesso inciam-pava nei desideri ma non si lasciava scoraggiare; quindi di nuo-vo cominciava da capo sempre con più vitalità e questo, racconta che avveniva più di una volta al giorno. Ci viene insegnato qui un grande principio nel servizio di Ashem, è proibito farsi demoraliz-zare dallo yezer araà dal momento che non riusciamo a pregare o servire il S. D.o come dovremmo o addirittura nel caso abbiamo fatto qualche trasgressione chas veshalom. Bensì ci si deve sempre rafforzare e cominciare sempre da capo come se oggi stesso ci si sia iniziati ad avvicinare ad Ashem. E senza questo lavoro, è impossi-bile arrivare ad essere un ebreo Kasher veramente. Fino a quando non ci si dispone di essere forte e ricercare sempre il Santo Bene-detto in ogni occasione anche quando si inciampa, sia in crescita spirituale che in caduta, non si potrà arrivare alla vera aspirazione nell’avvicinarsi ad Ashem.Così tanto bisogna sforzarsi in questo, fino al punto che si sentirà la vera felicità di servire il S. e che non si sentirà persino il desi-derio di volere il compenso per questo. A volte infatti capita che la persona si senta cosi tanto lontano da Ashem, che ha persino la sensazione di non aver parte nel mondo futuro. Ma nonostante ciò non ci deve perdere d’animo ed accrescere la volontà di servire il S. anche senza il premio nel mondo futuro. Si racconta del Baal Shem Tov che una volta si perse d’animo com-pletamente, di arrivare al punto di pensare di non avere sicura-mente parte nel mondo futuro, e non riusciva a trovare modo come rafforzarsi; ma disse: “IO AMO ASHEM ITBARACH (BENEDET-TO) ANCHE SENZA L’OLAM ABBA’(IL MONDO AVVENIRE)!!!

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Halakhà

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24 Ottobre 2012 ח’ חשון תשע”ג

REGOLE SULLE BERACHO’T DELLA TORA’

Se ci si sveglia durante la notte e si vuole studiare Torà (anche se ci si è addormentati solo per mezz’ora) sarà vietato studiare fino a che non si recitano le benedizioni della Torà. Infatti, dal momento che ci si è coricati sul letto come di consueto spogliandosi dagli abiti del giorno sarà vietato studiare fino a che non si recitano nuo-vamente le benedizioni della Torà. Tuttavia, nel caso in cui non ci si è messi a dormire sul letto o non ci si è spogliati come di consueto (anche se ci si è addormentati per qualche ora) quando ci si sveglia si potrà studiare Torà senza dire le berachòt.Invece, se quella sera vi era l’intenzione di dormire in quella ma-niera (ossia non come di consueto) allora in questo caso gli sarà considerato shinat keva -sonno disposto- il quale provoca interru-zione tra le berachòt della Torà recitate al mattino e lo studio che si vuole fare durante la notte dopo aver dormito, allora in questo caso ci sarà l’obbligo di recitare le birchòt a’Torà.-Chi è rimasto sveglio tutta la notte, per esempio come si usa fare durante la notte di Shavuòt o di Hoshannà Rabbà studiando Torà fino al mattino, subito all’inizio dell’alba ha l’obbligo di recitare le birchòt a’Torà. C’è però chi sostiene che non si devono recitare dal momento che non si è dormito shinat-keva (vedi sopra la spie-gazione), quindi secondo questa opinione è bene chiedere ad un compagno che lo faccia uscire d’obbligo dal recitare queste benedi-zioni solo se quest’ultimo però ha dormito shinat-keva.

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Giovedì יום חמישיMomenti di Musar

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25 Ottobre 2012 ט’ חשון תשע”ג

La tefillà

E’ scritto nel Pirkè Avòt (cap.2, mishnà 13): ““Rabbì Shimon sole-va dire, stai ben attento nella lettura dello Shemà e nella Tefillà; e quando preghi non fare della tua Tefillà una routine, bensì una supplica e una richiesta di misericordia di fronte al Santo Benedet-to Eglia sia, come è detto: “perché Egli è pietoso e misericordioso, longanime e sommamente buono e ritorna sulla decisione di puni-re” (Yo. 2, 13). E non renderti malvagio ai tuoi occhi ”.Rabbi Shimòn ci sta insegnando in questa Mishnà un insegnamen-to basilare sul modo in cui dobbiamo compiere la Tefillà: “Quando preghi non fare della tua Tefillà una routine, bensì una supplica e una richiesta di misericordia di fronte al Santo Benedetto Egli sia”. Dal verso riportato nella Mishnà si possono evidenziare tre aspetti differenti della preghiera: A) Si prega affinché il S. ci salvi dalle disgrazie; anche se abbiamo peccato chiediamo che il S. non ci pu-nisca ma che sia longanime nei nostri confronti. B) Si prega che il S. ci doni tutto ciò che desideriamo, poiché Egli è sommamente buono. C) Inoltre, chiediamo al S. che tutti i nostri peccati venga-no perdonati, ritraendosi dalla decisione di punirci. Ebbene, il S. accetta le nostre richieste soltanto nel caso in cui la preghiera dell’uomo sarà una sincera supplica e richiesta di mise-ricordia .

(secondo la spiegazione di Keati a nome del commento Tifèret Israel)

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Giovedì יום חמישיMomenti di Halakhà

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25 Ottobre 2012 ט’ חשון תשע”ג

Berachot della Torà

Nel caso in cui ci si sveglia durante la notte, dopo aver dormito shinat-keva, si dovranno dire le birchòt a’Torà prima di studiare (come abbiamo già detto). Dopo lo studio notturno, se si torna a dormire prima che sorgi il sole si potranno dire di nuovo le bera-chòt al risveglio: ciò è possibile se la prima volta che le si è dette durante la notte si aveva l’intenzione di uscire d’obbligo dalle bir-chòt a’Torà fino al momento in cui si è andati a dormire. In questo caso perciò al mattino quando ci si risveglia le si potranno recitare nuovamente.

C’è discussione tra i rabbini se il recitare le berachòt della Torà sia una mizwà deoraita (comandata dalla Torà) o miderabbanan (istituita dai rabbini): la maggioranza tende a sostenere che sia un precetto rabbinico. Detto ciò, e conoscendo la regola generale che dice safèk berachòt leakel –nel dubbio se si è recitati una berachà si alleggerisce (e non si dice), risulta chiaro che nel caso in cui ci si trovi in una circostanza di incertezza di aver già recitato le be-rachòt della Torà o meno non si dicono. Però, nel caso in cui ci sia il dubbio di aver recitato la Birchàt Hamazon (che è una mizwà deoraita) si respinge la regola generale del safèk beracòot leakel, pertanto la si dovrà dire anche in caso di dubbio. In questo caso è bene trovare un compagno che non abbia ancora detto queste be-rachòt e chiedergli di farlo uscire d’obbligo. C’è inoltre chi consiglia in questo caso per uscire dal dubbio, che nel recitare la berachà di Avat olam di avere intenzione di voler uscire d’obbligo dal recitare le birchot aTorà essendo pure questa un ringraziamento ad Ashem per il dono della Torà; o un’altra soluzione è salire a sefer (nei giorni in cui si fa uscire) e recitare le due berachot prima e dopo la lettura e con questo si uscirà d’obbligo.

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Venerdì יום שישיMomenti di Musar

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26 Ottobre 2012 י’ חשון תשע”ג

PARASHAT LECH LECHA’Nella Ghemarà di Sotà(10), e il Rambam nelle leggi di Avodà Zarà, viene descritto come Abramodistrusse gli idoli e fece opera di persuasione per servire l’unico vero D-o, il Creatore del mondo.Radunava le persone di città in città finché arrivò nella terra di Ca-naan e li si rivolse a tutti, com’è scritto:”E chiamò nel Nome di D-o, Signore del mondo”. Abramo solo di fronte a un mondo idolatra, come affermano i nostri Maestri:”Tutto il mondo da una sponda, e lui Abramo, dall’altra.”Lui solo, controcorrente, non si perde d’animo per raggiungere il suo obbiettivo. Il Signore si rivolge ad Abramo chiedendogli di lasciare la sua terra e la casa paterna, in quanto D-o sapeva che Teràch sarebbe rimasto a Charàn(Iben Ezra), e come ci insegnano i nostri Maestri:” E’ bene che si vada ad abitare in un quartiere di Zadikim e non in una cit-tà di malvagi”. Quindi nonostante Abramo avesse già fede in D-o, sapeva che se avesse proseguito a vivere in una zona di malvagi, il suo livello spirituale sarebbe sceso. E se c’è il dubbio di rovinarsi bi-sogna allontanarsi anche da propri parenti(Or A’Haiim a’kadòsh).E così spiega anche il Zohar, dice Rabbi Eliezer: “Lech Lechà – Vai per il tuo bene per correggere la tua persona, per correggere il tuo livello. Non puoi proseguire a restare tra questi malvagi.” E così Abramo anche quando decise di allontanarsi da Lot, i cui pastori approfittavano per far pascolare i greggi nei campi dove non ave-vano il permesso e quindi erano colpevoli di furto. E nonostante l’amore profondo di Abramo per Lot, che successivamente andò a combattere contro quattro re per liberare Lot dalla prigionia, quando si accorse che i pastori di Lot si comportavano in modo di-sonesto, non volle più proseguire a vivere insieme. E i nostri Mae-stri ci sottolineano come D-o tornò a parlare ad Abramo solo dopo che Lot si allontanò da lui.E il Rambam afferma che considerato il fatto che la persona viene influenzata dalle persone che gli stanno vicino … dovrebbe stare sempre vicino agli Zadikim e sedersi sempre con i Saggi, in modo che impari da loro. (Da libro Kehilat Yakov di Rav Yakov Hotovelli)

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Venerdì יום שישיMomenti di Halakhà

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26 Ottobre 2012 י’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABBAT •DOMANDA: Quando si recita la benedizione dell’accensione dei lumi di Shabbat ?•RISPOSTA: Secondo l’uso sefardita si recita la berachà e poi si ac-cendono le candele come tutte le altre mizwot dove prima si recita la berachà della mizwà stessa e poi la si esegue. Secondo questa opinione nel caso ci si sia dimenticati di dire la benedizione non la si potrà più recitare. Però nel caso ci siano ancora altre candele da accendere, come uso in tante case di accendere più di 2 lumi, allora la si potrà dire e questa ricadrà anche sulle altre candele che rimangono da accendere.•Secondo l’uso ashkenazita invece si accendono prima i lumi, poi con le mani ci si copre gli occhi o i lumi stessi per non godere della loro luce prima che che si reciti la berachà, e subito dopo la bene-dizione della adlakat Hnerot si spostano le mani e si guarda la luce delle candele.•Nell’accensione dei lumi di Yom tov-giorni di festa (moadim) an-che gli ashkenaziti usano recitare prima la berachà e poi accendere.•E’ vietato parlare tra la berachà e l’accensione. Quindi a priori bi-sogna fare attenzione a non interrompere in nessun modo fino a che non si è terminato di accendere tutti i lumi che si usa accen-dere. Nel caso si abbia parlato solo di cose inerenti all’accensione come “prendi i fiammiferi” o simili si può continuare con l’accen-sione senza tornare a ripetere la berachà . Nel caso però ci si sia interrotti con frasi non inerenti, si dovrà in questo caso tornare a ripetere la benedizione se non si è ancora accesi persino un lume.•E’ vietato toccare i lumi di Shabbat anche prima dell’entrata del Sabato. Il motivo di questo divieto è che dal momento dell’accen-sione le candele sono specifiche e santificate per la mizwà ed è vie-tato quindi maneggiarle.

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Sabato יום שבתMomenti di Musar

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27 Ottobre 2012 יא’ חשון תשע”ג

Delle volte è permesso dire le bugie…

L’ Halachà ci insegna che è permesso dire una bugia per sal-vare il nostro compagno da una vergogna. Es. è permesso prendere la colpa al posto del nostro prossimo in modo tale da non svergognarlo.Poco tempo dopo la fine della seconda Guerra mondiale i fratelli “ Shlezingher” stamparono una nuova edizione del Talmùd. Era il primo Talmùd in America che fu stampato con cura e perfezione.Anche il Rav Moshe’ Fainstein zz”l comprò subito questa nuova edizione del Talmùd.Una volta il Rav Fainsten fu costretto ad uscire dal suo stu-dio. Nel frattempo uno dei suoi alunni senza intenzione ver-sò dell’inchiostro su uno dei nuovi libri del Talmùd. L’alunno era molto dispiaciuto e gli altri suoi compagni erano ammu-toliti.Nel frattempo tornò il Rav nel suo studio. Notò ciò che era accaduto, e si rivolse al suo alunno con aria piacevole e con un sorriso lo calmò dicendogli che gli piaceva molto il colore celeste, ed adesso quel libro del Talmùd sembrava molto più bello di prima….; si sedette e continuò il suo studio come se non fosse successo nulla…..

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Sabato יום שבתMomenti di Halakhà

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27 Ottobre 2012 יא’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABBAT •DOMANDA: Da quale momento si considera che Shabbat e’ entrato?•RISPOSTA: L’entrata dello Shabbat è stabilita dalla preghiera del pubblico del bet-akeneset dove si usa pregare il venerdì sera e non dall’orario dell’accensione della candele ( le donne ashkenazite invece ricevono la santità dello Shabbat dall’accensione). Anche se ci sono varie opinioni su quale parte del kabalat Shabat (serie di brani che si recitano prima della preghiera serale per accettare il Sabato) recitata dal pubblico si ricevi la santità del Sabato automaticamente, l’opinio-ne più accettata dalle autorità rabbiniche è quella che sostiene che sia il momento in cui il pubblico del bet-akeneset dove si prega general-mente reciti il brano di “boi chalà boi chalà” nel canto “Lechà dodì”. Quindi ognuno avrà un orario diverso di ricezione dello Shabbat ri-spetto il compagno che prega in un altro bet-akeneset (ovviamente la differenza è solo di qualche minuto essendo generalmente l’orario delle tefillot nei bet-akenesiot della città tutti molto analoghi).•Anche nel caso non si partecipi alla tefillà pubblica e si preghi a casa, automaticamente si accetterà Shabbat nel momento della recitazione di boi chalà del pubblico dove in genere si usa pregare; ed il capofami-glia coinvolge con il suo accoglimento dello Shabbat, tutta la famiglia. Da quel momento quindi, sarà vietato compiere a lui e ai membri della famiglia, qualsiasi melachà-opera vietata di Shabbat. •Tuttavia per la donna, le autorità rabbiniche hanno alleggerito per-mettendogli di svolgere, in caso di necessità, lavori proibiti di Shabbat fino a che la maggior parte dei minianim (pubblico radunato per la preghiera) in città abbiano accettato con boi challà lo Shabbat e quindi non sarà implicata con l’accettazione dello Shabbat del Bet-akeneset del marito. Nel caso in cui il marito abbia pregato in casa e ricevuto lo Shabbat su di lui anche in questo caso la donna seguirà la stessa regola sopra indicata (a meno che adotti questa l’uso ashkenzita che in questo caso come già spiegato riceverà la santità dello Shabbat con l’accensione dei lumi).•Essendo queste regole complesse, vi preghiamo, per ogni incertezza di chiedere sempre delucidazioni ad un Rav competente.

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Domenica יום ראשוןMomenti di Musar

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28 Ottobre 2012 יב’ חשון תשע”ג

“NON TI ALLONTANARE DA UN VIRTÙ CHE NON HA LIMI-TI...(avot di rabbi Natan)Gli avot di Rabbi Natan cap.27 mishnà 3 ci danno un grande con-siglio come rispondere alle provocazioni dello yezer araà. L’istinto malvagio infatti conosce la nostra natura di scoraggiarsi su ogni grande traguardo che abbiamo difronte a noi dicendoci: come po-trai mai raggiungere questo difficile compito di rispettare tutta la Torà, dalla a alla z? “Come potrai mai riservare la tua lingua dal parlare lashon araà tutta la tua vita 24ore su 24”? “Forse potrai solo rispettare le regole della lashon araà uno o due giorni mas-simo e non completamente!!” “Lascia perdere non è per te....!! A queste forti provocazioni ci viene in soccorso l’insegnamento della mishnà: “Non ti allontanare da una virtù che non ha limiti, e da un impegno che non ha completamento...”. Allora bisogna rispon-dere allo yezer araà: anche se le tue affermazioni fossero legitti-me sono queste motivo di non iniziare affatto??!! Se una persona camminasse sulla riva del mare e vedesse che ha portato con se pietre preziose, anche il più ricco tra i ricchi non rinuncerà affatto dall’iniziare a raccoglierle anche se è al corrente che la marea tra qualche ora le riporterà via. Lo stesso vale per chi vuole iniziare ad osservare ogni precetto della nostra Santa Torà, e specialmente l’osservanza delle regole della maldicenza, dove il Gaon di Vilna ha spiegato, nel commentare il midrash, che ogni momento che ci si astiene dal dire lashon araà, in un frangente che c’era la possibilità di farlo, merita di godere della luce conservata per gli zadikim, che persino gli angeli non possono ammirare. Nota bene non c’è scritto sul midrash riportato dal Gaon di Vilna, ogni giorno o mese che ci si astiene dal dire lashon araà, bensì è scritto ogni momento! Anche per una sola volta che ci si è frenati dall’aprire la bocca ci si meriterà di godere della luce spirituale riservata ai giusti nell’olam abbà. Quindi non vale forse la pena anche per una sola volta sfor-zarsi e trattenersi dal parlare male del compagno o allontanarsi dall’ascoltare parole di rechilut o lashon araà....?

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Domenica יום ראשוןMomenti di Halakhà

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28 Ottobre 2012 יב’ חשון תשע”ג

L’ANGOLO DEL LASHON ARAA’

DOMANDA: E’ permesso raccontare lashon araà senza rivelare il nome di chi si sta parlando?RISPOSTA: se nel raccontare, chi ascolta non può capire di chi si sta parlando allora è permesso, nel caso contrario è vietato, quindi prima di tutto bisognerà ponderare bene se la cosa può essere sve-lata da chi ascolta o meno. In questo permesso c’è però un partico-lare al quale bisogna farci attenzione ed è quello del precetto della Torà del “bezedek tishpot et amitecha” - giudica il tuo compagno dal lato buono, perché nel raccontare il fatto anche senza soggetto è possibile che lo si abbia valutato non in maniera giusta ed obbiet-tiva e nel momento in cui questo viene riferito ad un altra persona si denuncia che non si stanno giudicando i fatti nel lato positivo.Il divieto della lashon araà è cosi grave che anche nel caso che il padre o il suo Rav lo persuadessero a raccontare malalingua sul prossimo o con le sue parole potrebbe “solo” trasgredire al avak lashon araà è proibito questo dalla Torà.E non solo, la stessa norma vale anche se fosse il suo boss a vo-ler ascoltare lashon araà .E’ assolutamente vietato parlare anche se c’è la possibilità di licenziamento. Quindi a maggior ragione bisognerà astenersi dal parlare lashon araà nel caso in cui si può essere considerati esagerati o stupidi davanti agli occhi della gen-te. Infatti ci hanno insegnato i nostri maestri “E’ preferibile essere considerato tutta la vita stolto davanti agli occhi della gente e non malvagio davanti al Santo Benedetto un solo istante”.Bisogna anche sapere che è vietato giustificarsi davanti ad altri dopo aver parlato lashon araà dicendo che anche Tizio ha par-lato male di me quindi ora mi è permesso dire di lui, perché così facendo oltre al divieto della malalingua si incorre al quello della vendetta vietata dalla Torà. Che Ashem ci dia la forza di rispettare tutte le Sue Sante Mizwot Amen! (Tratto dal libro Hilchot lashon araà verechilut di Rav Haim Nosboim)

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Lunedì יום שניMomenti di Musar

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29 Ottobre 2012 יג’ חשון תשע”ג

“ …. come ci è vicino l’Eterno, il nostro S., ogni volta che l’invochiamo “

Ha detto Rabbi Tanchuma: una volta in una nave di non ebrei si trovava un bambino di religione ebraica. All’improv-viso venne una tempesta, e ogni passeggero cominciò a pre-gare alla sua divinità ma il mare non si calmò. A quel punto dissero al bambino ebreo, “ sbrigati, alzati e prega al tuo S. di calmare il mare, infatti noi sappiamo che ogni volta che il popolo d’Israele si rivolge al S., la preghiera viene ascoltata”. Immediatamente il bambino si alzò e pregò il S. con tutto il cuore, allora il S. ricevette la sua preghiera e la tempesta cessò. Arrivati alla riva, ogni passeggero scese a comprare ciò di cui avevano bisogno. Allora chiesero al bambino ”tu non scendi a comprare qualcosa?”Allora il bambino rispose: “ cosa volete da me, non ho nul-la!!”. Gli risposero: “ Tu non hai nulla?? Tutti noi altri passeg-geri non abbiamo nulla, ecco che quando noi preghiamo le nostre divinità non servono a nulla, mentre, in ogni luogo in cui tu vai il tuo S. è con te, e ti aiuta e risponde alle tue preghiere” . Come è scritto: “ …. come ci è vicino l’Eterno, il nostro S., ogni volta che l’invochiamo“ (Deuteronomio 4,7).

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Lunedì יום שניMomenti di Halakhà

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29 Ottobre 2012 יג’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pastoI Maestri zz”l hanno stabilito che prima di mangiare il pane si fac-cia la “netilàt Yadaim” con l’apposito recipiente, recitando la se-guente benedizione: “Barùch Attà Ad. Elo-hènu Melech haolàm asher kiddeshanu bemitzvòtav vetzivanu al netilàt iadaim”; dopo la benedizione bisogna asciugarsi le mani. Si deve stare molto at-tenti nel compiere il lavaggio delle mani, poiché hanno insegnato i Maestri che chi non esegue la “netilàt iadaim” cadrà in povertà. Ciò è alluso nelle iniziali delle parole “al netilàt iadaim”: l’iniziale della parola “al” è la lettera “ain”, della parola “netilàt” è la “nun” e della parola “iadaim” è la “iud”, che insieme formano la parola “anì” (povero). Domanda: Ogni volta che si mangia il pane bisogna compiere la “netilàt iadaim”?Risposta: Si è obbligati a compiere la “netilàt iadaim” soltanto nel caso in cui si mangi almeno la misura di 27 gr. di pane; tuttavia, in questo caso non si dovrà recitare la benedizione. Nel caso, però, in cui si mangi almeno la misura di 50.4 gr. di pane, allora si dovrà recitare anche la benedizione. In conclusione, colui che mangia:•fino a 26 gr. di pane non è obbligato a compiere la “netilàt iadaim”;•da 27 fino a 50 gr. di pane è obbligato a compiere la “netilàt ia-daim” ma non deve recitare la benedizione di “al netilàt iadaim”;•da 50.4 gr. di pane in su è obbligato a compiere la “netilàt iadaim” ed anche a recitare l’apposita benedizione. Domanda: Chi mangia dei biscotti (torte e simili) deve compiere la “netilàt iadaim”?•Risposta: Nel caso in cui abbia mangiato almeno la misura di 216 gr. di biscotti (torte e simili), è obbligato a compiere la “netilàt ia-daim” (con l’apposita benedizione) e deve anche recitare la bene-dizione di “Ha-motzì lechem min ha-arez” . Dopo il pasto dovrà recitare la “Bircàt ha-mazòn”.

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Martedì יום שלשיMomenti di Musar

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30 Ottobre 2012 יד’ חשון תשע”ג

LE VIRTU’- LA RICONOSCENZABisogna ricordare che la riconoscenza non inizia con il contraccam-biare il prossimo, bensì prima di tutto bisogna riconoscere il beneficio che ci è stato concesso. Per migliorare in noi la nostra virtù della gra-titudine, dovremmo sentire che il nostro compagno ci ha veramente fatto del bene, che ci ha aiutato e allora a quel punto potremmo es-sergli grati realmente.Prendiamo per esempio due persone e proviamo ad analizzare come possono rapportarsi allo stesso padrone di un bar in due modi diver-si. Uno può parlare su di lui dicendo: “che brava persona Tizio che si presta ogni mattina a provvedere che centinaia di persone abbiano la colazione”, “si alza già dall’alba e si affretta cosi che tutti possano gu-stare al mattino dei dolci e dei sandwich appena fatti”, “sono sicuro che dorme solo qualche ora al giorno per questo”, “è proprio una persona altruista!!”Il secondo invece può dire del barista: “E’ proprio una persona indegna Tizio! Alza sempre i prezzi a suo favore, tutto il suo interesse è fare i soldi ed arricchirsi a scapito dei clienti!” “Infatti ha già aperto una ca-tena di bar con i soldi dei suoi poveri clienti”Allora chiediamoci: queste due persone parlano dello stesso barista? La risposta è si, ma l’unica “piccola” differenza è il punto di vista di come questi lo giudicano.La persona di buon cuore venera sempre il prossimo lo elogia e ap-prezza tutti gli sforzi che questi fa per lui, quindi il suo pensiero sul compagno quando questi gli fa del bene, sarà sicuramente positiva. Quando il suo pensiero è quello che tutto ciò che il compagno gli fa e solo per il suo bene e non per altri interessi, di conseguenza sarà grato e felice di ricompensare il prossimo così come è stato beneficato. Al contrario il maldisposto si rapporta al compagno solo negativamen-te, quindi sarà per lui faticoso aver riconoscenza e di far del bene al prossimo. L’insegnamento è che la riconoscenza verso il prossimo e sicuramente non di meno verso il Creatore, non inizia con il “fare” bensì con la pro-fonda riflessione di quanto bene ci viene donato giorno dopo giorno.(Tratto dal libro Netivè Hor di Rav Nissim Yaghen)

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Martedì יום שלשיMomenti di Halakhà

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30 Ottobre 2012 יד’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pasto •Domanda: Chi pensando di mangiare almeno 50.4 gr. di pane ha recitato la benedizione di “al netilàt iadaim” (vedi i particolari nella pagina precedente), ma in mezzo al pasto non ha più voglia di continuare a mangiare almeno quella misura, deve sforzarsi di continuare il pasto? •Risposta: Anche se abbiamo spiegato nella pagina precedente che si recita la benedizione di “al netilàt iadaim” solo nel caso in cui mangi almeno 50.4 grammi di pane, tuttavia se all’inizio pensava di mangiare questa misura e quindi ha recitato l’apposita bene-dizione, e poi in mezzo al pasto non ha più voglia di continua-re a mangiare il pane, non è obbligato a sforzarsi di mangiare 27 grammi o 50.4 grammi di pane. Inoltre la benedizione (al netilàt iadaim) che ha recitato non è da considerarsi una benedizione in-vano (berakhà levattalà), poiché nel momento in cui ha compiuto la “netilàt iadaim” pensava di mangiare 50.4 gr. di pane. Ci si basa, quindi, solo sul suo pensiero iniziale, quando ha recitato la be-nedizione, e dato che in quel momento pesava di mangiare 50.4 grammi di pane, non c’è alcun problema. Tuttavia, bisogna essere diligenti ed attenti a non divenire sazi mangiando gli altri cibi del pasto, se non dopo aver mangiato i 50.4 grammi di pane.•E così anche nel caso in cui pensando di mangiare del pane ha compiuto la “netilàt iadaim” e recitato l’apposita benedizione, ma prima di iniziare il pasto improvvisamente non ha più voglia di mangiare o è stato chiamato e deve uscire urgentemente, anche in questo caso la benedizione di “al netilàt iadaim” non è da conside-rarsi invano. Tuttavia, come spiegato nelle righe precedenti biso-gna stare molto attenti a non entrare in queste situazioni.

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Musar

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31 Ottobre 2012 טו’ חשון תשע”ג

PILLOLE DI INSEGNAMENTO DA RABBI NACHMAN DI BRE-SLAV - RICONOSCENZAE’ bene sempre tener presenti le parole di Rabbi Natan (discepolo prediletto di Rabbi Nachman di Breslav) le quali ci insegnano che il precetto di ringraziare e lodare sempre il Santo Benedetto è l’ori-gine di tutta la redenzione. Questo è quello che scrive Rabbi Natan sulla sua enorme opera likutè alachot: “in realtà se tutti ascoltas-sero la voce dei veri zadikim-giusti di andare per questa strada e confidare sempre in Ashem che tutto è per il bene e ringraziarLo ed elogiarLo continuamente sia per il bene e per il male come c’è scritto: “per il Misericordioso io elogierò e per D.o (che punisce) io loderò” allora sicuramente tutte le sofferenze e gli esili sarebbero già terminati, e sarebbe già stata arrivata la redenzione completa”.Rabbi Natan scrive molto chiaramente, grazie alla lode e ringrazia-mento al S. si annullano tutte le sofferenze completamente!!Non solo, anche in nostro esilio avrà termine e giungerà la redenzione completa!! Quello che impariamo è un importante insegnamento che ci deve far riflettere profondamente e metterlo poi in pratica. Quello che scrive Rabbi Natan afferma di ringraziare Ashem sia per il bene e per il male, il significato è semplicemente dire gra-zie anche quando le cose non vanno bene. Cosi infatti ci insegna Rabbi Nachman su Likutè Moaran: “perché tutto lo obiettivo è per il bene, e persino tutte le più svariate sofferenze e patimenti che capitano alla persona chas veshalom, se si riflette al vero proposito non sono affatto negative, sono solamente grandi benefici, poiché tutti i dolori vengono da Ashem il Santo Benedetto per il beneficio dell’uomo, o per richiamarlo dalla sua strada cattiva o per espiare le sue colpe. Dunque le sofferenze sono grandi benefici che Ashem da perché la Sua intenzione è solo per il vero bene... Si trae da qui che tutto ciò che il S. fa è per il bene assoluto, cioè quello di arrivare alla completezza spirituale dell’uomo, e non gli rimane a questi che ringraziare lodare sempre il Santo Benedetto in tutte le circostanze e solo così potremo apprezzare profondamente tutti i benefici che il Santo Benedetto ci dà ininterrottamente.(Tratto da Shaarè Betodà di Rav Shalom Arush)

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Halakhà

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31 Ottobre 2012 טו’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pasto •Domanda: Quanta acqua bisogna utilizzare per la “netilàt iadaim” del pane? •Risposta: Seconda la regola stretta bastano 81 gr. di acqua. Tuttavia è bene aggiungere a questa misura, e utilizzare tanta acqua, com’è scritto nel Tal-mud (trattato di Shabbat, pag. 62b).Domanda: Quando bisogna asciugare le mani? •Risposta: Bisogna asciugare le mani dopo aver finito di recitare la benedi-zione di “al netilàt iadaim”. Nel caso in cui abbia asciugato le mani prima di aver recitato l’apposita benedizione non potrà più recitarla. (Secondo un’opinione c’è la possibilità di rimediare, toccando con le mani le scarpe o un punto del proprio corpo che di solito è coperto, come ad esempio la schiena, in modo tale da essere obbligati nuovamente a compiere la “ne-tilàt iadaim”, e poter quindi recitare l’apposita benedizione; tuttavia, non bisogna comportarsi secondo questa opinione, poiché in questo caso si reciterebbe una benedizione di cui non si ha bisogno, dato che le sue mani erano già pulite e le ha sporcate intenzionalmente per far cadere su di sé l’obbligo della “netilàt iadaim”).Domanda: E’ permesso parlare dopo che ha eseguito la “netilàt iadaim”?•Risposta: Non parli dal momento in cui ha eseguito la “netilàt iadaim” fino a che non abbia asciugato le mani. •Tuttavia, nel caso in cui abbia sentito un’altra persona recitare una be-nedizione (ad esemp. “she-hakòl niyà bidvarò” o “hamotzì lechem min ha-arez”, o qualsiasi altra benedizione), se si trova:a) tra la “netilàt iadaim “ e l’apposita benedizione (al netilàt iadaim) deve rispondere “Amèn”.b) tra l’apposita benedizione ( al netilàt iadaim) e l’asciugatura delle mani, non risponda “Amèn”.•Se si è sbagliato ed ha parlato tra la “netilàt iadaim” e l’asciugatura delle mani, non deve lavare nuovamente le mani, bensì reciti l’apposita benedi-zione (nel caso in cui non l’abbia già recitata) ed asciughi le mani.•Anche se abbiamo scritto all’inizio della risposta che dopo aver asciugato le mani può parlare, ad ogni modo è bene non parlare se non dopo aver recitato la benedizione del pane ed averlo inghiottito. Tuttavia, nel caso in cui abbia bisogno di parlare, gli è permesso, a condizione che abbia già asciugato le mani.

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Giovedì יום חמישיMomenti di Musar

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1 Novembre 2012 טז’ חשון תשע”ג

Riconoscenza anche nei confronti del nostro nemicoChe cosa è la riconoscenza? La risposta più semplice è che se una persona ci fa ha fatto un favore abbiamo l’obbligo di essere riconoscenti nei suoi confronti. Più difficile da capire è invece la riconoscenza anche nei con-fronti del nostro nemico. Prendiamo per esempio la schiavitù in Egitto….Gli egiziani ci hanno resi schiavi per 210 anni, anno ucciso i nostri neonati maschi, muravano i nostri bambini nelle mura delle case, in altre parole si sono comportati nei nostri confronti in maniera molto oppressiva.Nessuno di noi oserebbe dire o pensare che dobbiamo essere riconoscenti agli egiziani…..Oppure il S. ci insegna un altro punto di vista … così è scritto nella Torà (Deuteronomio 23,8): “non avere abominio dell’egiziano perché stra-niero sei stato nella sua terra”. Abbiamo letto correttamente questo versetto?? Come è possibile non ave-re abominio nei confronti dell’ egiziano che ha versato il nostro sangue? Il S. ci risponde….” Straniero sei stato nella sua terra”, ossia dal momento che eravamo ospiti in Egitto e ne abbiamo avuto godimento dobbiamo avere riconoscenza nei loro confronti.Come è possibile che il S. ci comandi di compiere questa Mitzva’? La risposta è semplice: La Torà ci vuole insegnare che abbiamo l’obbligo di provare della riconoscenza indipendentemente dal contesto e indipen-dentemente da chi abbiamo di fronte se abbiamo ricevuto un qualche go-dimento. Quindi, cosa è la riconoscenza? E’ un obbligo che abbiamo nei confronti del nostro prossimo dal momento che ne abbiamo ricevuto un godimento.In altre parole, Hai ricevuto del bene devi essere riconoscente!!!A volte tra moglie e marito nascono dei dissapori e dei rancori che alla luce di quanto detto non hanno ragione di esistere. Quante volte abbiamo pensato che nostra moglie o nostro marito in quella occasione non si è comportato bene nei nostri confronti …. Ma se ci fermiamo e riflettiamo un attimo su quante cose buone abbiamo ricevuto dalla nostra contropar-te allora capiamo che è un errore provare del rancore. Infatti dal momento che abbiamo ricevuto del bene, anche solo una piccola azione, già questo ci obbliga ad avere riconoscenza.(tradotto dal libro “Netivè or” del Rav Nissim Iaghen zZ”l)

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Giovedì יום חמישיMomenti di Halakhà

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1 Novembre 2012 טז’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pasto

Domanda: Bisogna sempre utilizzare il recipiente quando si compie la Netilàt iadaim del pasto?Risposta: Quando si compie la Netìlàt yadaim per il pasto, si deve utilizzare il recipiente. Quando si esegue la Netilàt yadaim al mattino, appena svegliato, il minhag (l’uso) è di utilizzare il recipiente. Tuttavia, quando si lavano le mani dopo esser uscito dal bagno, o dopo essersi fatto la doccia o dopo essersi tagliato le unghie, non è obbligatorio usare il recipiente, bensì si può usare direttamente il rubinetto. ( vedi Bet Yosef, Orach Chayim siman 4) Domanda: Quando si compie la Netìlàt yadaim per il pasto si deve utilizzare proprio il recipiente adatto, o si possono utilizzare altri tipi di recipienti?Risposta: Si può eseguire la Netìlàt yadaim per il pasto anche con la brocca, e persino con un bicchiere di plastica; è vieta-to, invece, utilizzare una busta di plastica. •Un recipiente che abbia un buco tanto grande da lasciar en-trare attraverso di esso un liquido è “pasul”, ossia invalido; tuttavia se il buco è molto piccolo, in modo tale che l’acqua possa soltanto uscire ma non entrare, è Kasher, ossia valido. (È possibile controllare la validità di un recipiente, inseren-dolo in una bacinella piena d’acqua e verificando se l’acqua entra attraverso il buco).

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Venerdì יום שישיMomenti di Musar

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2 Novembre 2012 יז’ חשון תשע”ג

PARASHAT VAYERA’

Ci chiediamo come mai la Torà si sia soffermata in modo partico-lare sulla decima prova a cui il Signore ha sottoposto Abramo, il sacrificio di Isacco, mentre per altre c’è giusto un allusione, come la prova in cui Abramo è stato gettato nella fornace da Nimrod, forse quest’ultima è stata meno difficile?Come mai la Torà non ha decritto le altre prove come quest’ultima, nei minimi particolari?La risposta è che la prova del sacrificio di Isacco era composta da altre prove, ancora più difficili delle precedenti:•La prova di sacrificare l’unico suo figlio al Signore, quando gli è stato promesso che da lui sarebbero discesi numerosi popoli.•Fino alla prova del sacrificio, Abramo avvicinava alla fede nel credo dell’unico Creatore del mondo, Lui che gestisce e controlla il Suo creato, Lui che ci dona con bontà assoluta. Ed ecco adesso Abramo deve sacrificare il figlio, e allora tutti gli chiederanno dov’è la misericordia di D-o che tu ci hai insegnato?•Il sacrificio di Isacco sarebbe apparso agli occhi di tutti come il sa-crificio che gli idolatri facevano al Molech, cosa che Abramo aveva sempre criticato.Abramo poteva appellarsi al Signore dicendogli che questo atto avrebbe allontanato le persone dalla fede, invece proprio il fatto di mettere in pratica una richiesta di D-o con fede assoluta senza alcuna critica e addirittura con sveltezza e determinanza, ha fatto sì che il merito di questa prova restasse per tutte le generazioni dinanzi a D-o come un avvocato difensore per il Popolo d’Israele.Questo è lo spirito con il quale tutti noi dovremmo mettere in pra-tica i prectti della Torà anche quelli più logici, non quindi perché sono giusti ma perché il Signore prima di tutto ce li ha dati. (Da libro Kehilat Yakov di Rav Yakov Hotovelli)

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Venerdì יום שישיMomenti di Halakhà

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2 Novembre 2012 יז’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABBAT 1. Come scritto precedentemente, il pubblico presente al bet-ake-neset con la ricezione del Sabato recitando“boi challà”, obbliga i presenti e i frequentatori che in quel venerdì sera pregano a casa o ancora devono arrivare, di ricevere a loro malgrado lo Shabbat. Tuttavia bisogna sapere che nel caso in cui il pubblico usi recita-re la kabbalat shabbat solo dopo il tramonto, in questo caso dal momento che è tramontato il sole, per forza maggiore lo Shabbat sarà considerato per tutti entrato ed è vietato assolutamente fare qualsiasi lavoro proibito. Pertanto sarà bene che ogni singolo ap-partenente a questo minian prima del kabbalat shabbat, dichiari qualche minuto prima che tramonti il sole, di voler accettare su di se lo Shabbat per aggiungere dal giorno profano al giorno sacro la tosefet Shabbat come abbiamo spiegato precedentemente.2. Nel caso invece un frequentatore di un determinato minian, un venerdì sera volesse pregare in un altro bet-akeneset, allora per questo Shabbat sarà coinvolto con l’accettazione dello Shabbat del pubblico dove si vuole pregare in quella occasione. Se invece una persona, non ha un minian fisso dove pregare il venerdì sera, allora accetterà lo Shabbat in base all’orario nel quale la maggior parte dei minianim della città accetta la santità del Sabato.3. In ogni caso il pubblico non può accettare la santità del Sabato prima del plag-minchà, cioè un ora e un quarto prima del tramon-to, delle ore proporzionali (ved. il Lunario l’ora di questo tempo).4. Chi desidera accettare lo Shabbat prima del pubblico potrà farlo, ma non prima di plag-minchà. Nel caso in cui si abbia ricevuto la santità del Sabato prima del proprio minian, e si voglia ora effet-tuare un lavoro proibito di Shabbat, dal momento che per lui è vie-tato, sarà permesso chiedere ad un compagno che non ha ancora ricevuto il Sabato di farlo per lui. 5. Essendo queste regole complesse, vi preghiamo, per ogni incer-tezza di chiedere delucidazioni ad un Rav competente.

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Sabato יום שבתMomenti di Musar

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3 Novembre 2012 יח’ חשון תשע”ג

La Mitzva’ della tzedaka’ ci dona la vita

E’ scritto nel Talmùd trattato di Shabbàt (pag. 156b): Shmuel (uno dei saggi del Talmud) ed un astronomo siedevano insieme. Videro un gruppo di persone che andavano in direzione del lago. L’astro-nomo indicò nella direzione di uno di quelle persone che andava al lago e disse a Shmuel, “quell’uomo arriverà al lago ma non tornerà vivo, poiché un serpente lo morderà”. Allora Shmuel gli rispose, “se è ebreo tornerà vivo, poiché il popolo d’Israele non è nelle mani della “sorte” e grazie alla preghiera sarà salvo”. Ebbene, quell’uomo andò e tornò dal lago in pace. L’astronomo si alzò prese il sacco di quell’ uomo e lo gettò a terra, ecco che nel sacco trovarono un serpente tagliato in due dalle canne che l’uomo aveva raccolto al lago. Il tutto era accaduto senza che l’uomo si fosse accorto di ciò che stava succedendo. A questo punto Shmuel chiese a quell’uo-mo, “quale buona azione hai compiuto?”; e l’uomo gli rispose “ogni giorno io e il mio gruppo mangiamo insieme, ed ognuno di noi mette nella cesta una pagnotta di pane. Oggi uno di noi non aveva il pane da consegnare e si vergognava, quindi mi sono proposto io di raccogliere il pane e quando sono giunto a quella persona, io ho aggiunto anche la sua parte senza che nessuno se ne rendesse conto in modo tale che non si vergognasse”. Gli disse Shmuel, “oggi hai compiuto la mitzvà della Tzedaka’ !! ” , inoltre Shmuel spiegò il verso : “ la tzedakà salva dalla morte” (Mishle’ 10, 2): non si intende soltanto che la tzedakà salva dalla morte violenta bensì la tzedaka’ salva da ogni tipo di morte e dona la vita.

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Sabato יום שבתMomenti di Halakhà

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3 Novembre 2012 יח’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABBAT DOMANDA: E’ permesso pregare minchà (preghiera pomeridia-na) se il pubblico o la persona singola ha già ricevuto lo Shabbat?RISPOSTA: Anche se teoricamente minchà fa parte nel nostro caso delle tre tefillot obbligatorie del venerdì, nella circostanza che ci si trovi nel bet-akeneset e il pubblico stia accettando la santità del Sabato come spiegato con boi challà, è bene in questo caso avere intenzione di non associarsi con loro nell’accettazione dello Shab-bat ed uscire dalla sinagoga e pregare singolarmente minchà. Tut-tavia è doveroso sapere che nel momento in cui il pubblico ha ricevuto Shabbat è vietato, anche per il singolo frequentatore del bet-akeneset, fare qualsiasi lavoro proibito nonostante sia permes-so pregare la tefillà di minchà che fa parte del venerdì. •Se però, non ci si ricorda di non aver pregato minchà e si accetta con il pubblico Shabbat, allora in questo caso non ci sarà la possi-bilità di pregare più questa tefillà.•Nel caso invece si svolga la preghiera da soli a casa e si abbia recita-to già kabbalat Shabbat o il pubblico del bet-akeneset nel quale in genere si prega il venerdì sera abbia ricevuto la santità del Sabato, in questo caso si potrà pregare la tefillà di minchà. Tuttavia se si è recitati la tefillà serale di arvit non ci sarà più la possibilità di pre-gare minchà.•E’ vietato mangiare o bere dal momento che tramonta il sole del venerdì, fino a che si sia fatto il kiddush. La stessa regola vale anche nel caso che un persona abbia accettato su di se Shabbat prima del pubblico del proprio bet-akeneset. Nel caso però si sia molto asse-tati, sarà permesso facilitare e bere; ma è lecito farlo solo nel tempo che va dal tramonto del sole all’uscita delle stelle.•Anche ai bambini arrivati all’età dell’insegnamento (7-8 anni) è bene abituarli a non assaggiare nulla prima del kiddush. Cionono-stante nel caso di necessità, per esempio quando si è in attesa di un ospite ecc., è permesso alleggerire e dare loro una piccola cosa da bere o da mangiare.

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Domenica יום ראשוןMomenti di Musar

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4 Novembre 2012 יט’ חשון תשע”ג

LA SECONDA PROVOCAZIONE DELLO YEZER ARAA’Nello scritto precedente sulla lashon araà abbiamo spiegato come rispondere all’istinto malvagio che ci vuole far rinunciare com-pletamente ad osservare le regole di questa mizwà della shmirat alashon dal momento che ci riusciremo solo pochi giorni, tornan-do poi parlare maldicenza del prossimo. Il chafez haim sul suo li-bro ci aiuta a rispondere allo yezer alla sua seconda provocazione cioè quella di scoraggiarci dicendo che in ogni caso non potremmo mai osservare tutti i particolari delle regole della lashon araà allora è preferibile non iniziare per niente. Allora gli dovremo rispondere: “se avessi agito nel intraprendere i miei affari nella maniera che mi proponi avrei forse avuto mai successo??”. Se qualcuno ci avesse visto affaticare nella nostra atti-vità e ci avesse detto: “che cosa ti affanni a fare in ogni caso non ti arricchirai !!” sicuramente gli avremmo risposto con irritazione: “E che forse per questo mi astengo dal sostentarmi e ricercare il mio mantenimento??Allora se risponderemo allo yezer araà in questo modo, per quanto riguarda gli interessi materiali momentanei, cosa dovremo rispon-dere nel caso ci provocasse nell’ambito delle mizwot e delle opere di bene, i quali i frutti ci accompagnano per l’eternità? Varrà forse la pena rinunciare a priori ad osservare queste importanti mizwot anche se avremo poche probabilità di riuscire a rispettarle in tutti i suoi dettagli?Chi rispetta le regole della shemirat alashon, è scritto nel sacro Zoar parashà Chukat, merita di rivestirsi del Ruach Akodesh-Spi-rito Divino. È inoltre riportato nel libro Reshit Chochmà le parole di Rabbì Cordovero che racconta di aver visto in sogno l’autore di Shoshan Sodot che aveva ogni pelo della sua barba risplendente come una torcia per merito di aver riservato la sua bocca da con-versazioni proibite. È forse per le provocazioni dello yezer araà che ci dovremmo astenersi completamente dal riservare la nostra ani-ma da questa orribile trasgressione? Ashem sicuramente aiuta chi vuole avvicinarsi alle Sue mizwot con tutte le proprie forze!!

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Domenica יום ראשוןMomenti di Halakhà

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4 Novembre 2012 יט’ חשון תשע”ג

L’ANGOLO DELLA LASHON ARAA’ DOMANDA: E’ considerato parlare lashon araà se si dice che un tale non và d’accordo con il nostro carattere o per esempio diciamo che non amiamo il tipo di lezioni che dà?RISPOSTA: Anche se realmente con questo tipo di affermazione non si esprime una critica verso nessuno, è molto preferibile non farlo perché molto spesso una dichiarazione del genere può essere interpretata come denigrazione.Un altro particolare al quale bisogna fare attenzione, è nel caso si volesse parlare di una persona, ed obbiettivamente quello che si dice non è negativo, ma colui che parla o chi ascolta lo considera come difetto. Per esempio, così ci insegnano i nostri Maestri sul trattato di Berachot pag.34b: “Il livello spirituale dove si trovano i baalè tshuvà (chi fa ritorno al rispetto della Torà e delle Mizwot) è più altro di quello degli zadikim-i giusti (che non hanno mai pec-cato)”. Apparentemente potremmo capire da qui che se si dicesse di una persona che è un baal tshuvà non sarebbe considerato de-nigro. Ciononostante la regola non è cosi, nel caso in cui chi parla o chi ascolta considerasse negativamente i baalè tshuvà allora sarà proibito raccontare che il tale rientri in questa categoria di perso-ne.E’ inoltre vietato dire una frase su un tale che se nel dicendola si potrebbe far intendere un doppio significato. Per esempio se dice: “le intenzioni di Tizio sono buone” da qui si può intuire che l’in-tenzione di Caio è buona ma il risultato meno, quindi anche que-sto tipo di affermazione è considerata illecita. Perciò anche l’inten-to di chi parla è benevola, dovrà questi fare attenzione a specificare con chiarezza la sua intenzione. E’ permesso tuttavia esprimersi in questo modo solo nel caso che ci si attenga alle 3 seguenti condi-zioni: 1) Se l’intenzione di chi parla non è di denigro. 2) la denigra-zione che si potrebbe capire non è categorica. 3) se si viene detta in presenza dell’interessato o se si fosse stata detta in sua presenza, anche se nella circostanza non è presente.

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Lunedì יום שניMomenti di Musar

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5 Novembre 2012 כ’ חשון תשע”ג

Riconoscenza -persino nei confronti della natura mortaSe vogliamo imparare cos’è la riconoscenza, dobbiamo riflettere e fare attenzione ad una cosa straordinaria: la Torà stessa ci obbliga ad essere riconoscenti, persino nei confronti della natura morta!Quando il S. punì l’Egitto con la piaga del sangue, proibì a Moshè di colpire il Nilo con il bastone, e gli ordinò che fosse Aharòn ad agire al posto suo. Così anche durante la piaga dei pidocchi, il S. non permise a Moshè di colpire la terra con il bastone, bensì affidò il compito ad Aharòn. Per quale motivo?La risposta è una sola: riconoscenza! Dato che Moshè era stato sal-vato in due episodi differenti, prima dall’acqua e poi dalla terra, il Signore gli proibì di colpirli perché fosse riconoscente nei loro confronti. È vero che né l’acqua né la terra avevano avuto alcuna in-tenzione di aiutarlo, poiché erano soltanto natura morta, e anche se fossero stati colpiti non avrebbero provato alcun dolore; l’essere riconoscenti, tuttavia, migliora le qualità dell’uomo e eleva la sua anima, a prescindere dall’oggetto della riconoscenza. Per questo motivo, Dio proibì a Moshè di colpire il Nilo e la terra, affinché non fosse ingrato nei loro confronti!A proposito di ciò è scritto nel Midrash Rabbà: “Non gettare una pietra nel pozzo da cui hai bevuto”.I Maestri ci vogliono insegnare ad essere riconoscenti persino nei confronti di un pozzo d’acqua che è soltanto natura morta e che quindi non prova nessun dolore. In questo modo ognuno di noi potrà migliorare le proprie qualità, e sradicare da se stesso l’ingra-titudine!Tuttavia, il motivo più grande per cui la Torà ci comanda di essere riconoscenti è poiché “chi è ingrato nei confronti del suo prossimo, alla fine sarà ingrato anche nei confronti del Signore”.Se non ci abituiamo ad essere riconoscenti nei confronti dei nostri conoscenti e amici, alla fine saremo ingrati anche nei confronti del Signore che ci ha creato e che da sempre ci ha fatto del bene. La riconoscenza nei confronti del Signore è la base e il fondamento del nostro obbligo di compiere la Torà! (Tradotto dal libro “Netivè Or” del Rav e Gaòn Nissim Yaghèn zz”l)

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Lunedì יום שניMomenti di Halakhà

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5 Novembre 2012 כ’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pasto

Domanda: Quale tipo di acqua non è valido per compiere la Netilàt yadaim?Risposta: Dell’acqua che sia stata utilizzata per eseguire un’altra “melachà”,(opera lavorativa) non è più valida per la Netilàt yadaim. Per esempio, se ha raffreddato il biberon di un neonato in un re-cipiente d’acqua, non sarà possibile utilizzare quella stessa acqua per la Netilàt Yadaim. Ugualmente, se ha messo a mollo delle ver-dure nell’acqua, non sarà possibile compiere la Netilàt yadaim con quell’acqua. •Nel caso in cui ci sia il dubbio se sia stata compiuta con quell’ac-qua un’altra “melachà” (opera lavorativa), allora sarà possibile compierci la “Netilàt yadaim” (ed anche recitare la relativa bene-dizione).•Non si può compiere la Netilàt yadaim con dell’acqua che nemme-no un cane sarebbe pronto a bere. •Perciò chi si trovi in spiaggia senza aver altra acqua a disposizione se non quella del mare, non potrà compiere la Netilàt yadaim con l’acqua del mare. Tuttavia, potrà eseguirla immergendo le mani nel mare. •Così anche, chi è per strada e non ha il recipiente adatto alla Ne-tilàt yadaim, può immergere le mani nel Mikvè o in un fiume o in una sorgente d’acqua.•Anche quando si farà la Netilàt yadaim immergendo le mani nel mare o nel Mikve o in un fiume o in una sorgente d’acqua, si dovrà recitare la benedizione di “Al netilàt iadaim”; tuttavia, se avrà reci-tato la formula di “ Al tevilàt iadaim” al posto di “Al netilàt iadaim” sarà, comunque, uscito d’obbligo e non dovrà ripetere la benedi-zione.

(Tradotto dai libri “Le regole del pasto”; “Yalkùt Yosef”)

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Martedì יום שלשיMomenti di Musar

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6 Novembre 2012 כא’ חשון תשע”ג

Sviluppare la qualità della riconoscenza

La riconoscenza non è una qualità che abbiamo dentro di noi in modo innato. Al contrario, la natura dell’uomo gli impedisce di essere riconoscente nei confronti del suo prossimo, perché essere riconoscenti significa avere “un obbligo” nei confronti del prossi-mo, e l’uomo per natura odia gli obblighi. Chi non sviluppa e non perfeziona questa qualità, quindi, non potrà mai raggiungerla.Uno dei motivi per cui il Signore ha creato il mondo in maniera che i genitori debbano badare ai propri figli è affinché possiamo capi-re cosa significa la riconoscenza. Solo in questo modo possiamo capire quanto il Signore ci fa del bene continuamente, ed essere riconoscenti nei Suoi confronti secondo quanto merita. Chi è fe-lice di ciò che ha nella propria vita, dimostra di valorizzare il bene che il Signore gli concede giorno dopo giorno; inoltre, genera nel proprio cuore un amore così profondo per il Signore, fonte di tutti i suoi beni, fino al punto che le sue labbra elogeranno canti e lodi al Santo Benedetto Egli Sia.È scritto anche nel libro “Chovòt ha-levavòt”: “quando le persone riconoscono il valore del bene che hanno ricevuto, aumenta la loro gloria e cresce il loro ringraziamento nei confronti di Chi gli ha fatto del bene...”.

(Tradotto dai libri “Netivè or” del Rav e Gaòn Nissim Yaghen zz”l; “Ahavàt ha-borè” del Rav e Gaòn Aharon Zakai)

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Martedì יום שלשיMomenti di Halakhà

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6 Novembre 2012 כא’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pasto Domanda: Come si compie la Netilàt yadaim del pasto?Risposta: Prenda il recipiente con la mano destra e lo riempi d’ac-qua. Successivamente lo passi nella mano sinistra e versi l’acqua sulla mano destra per tre volte. Dopo di ciò passi il recipiente nella mano destra e versi l’acqua sulla mano sinistra per tre volte. Reciti la benedizione di “Al netilàt yadaim” e asciughi le mani.

Domanda: Nel caso in cui metta in bocca a un malato del pane, (colui che lo aiuta) deve compiere la Netilàt yadaim? Risposta: Se mette in bocca del pane ad un malato o ad un’altra persona: colui che mangia deve compiere la Netilàt yadaim anche se non tocca il pane, mentre colui che lo imbocca non la deve com-piere. •Così anche colui che vuole mangiare del pane con la forchetta sen-za toccarlo con le mani, deve compiere la Netilàt yadaim del pasto.

Domanda: Dove si può compiere la Netilàt yadaim del pasto?Risposta: Non si può compiere la Netilàt yadaim in un bagno in cui ci sia il gabinetto.

•Tuttavia, in caso di forza maggiore, se non ha altra possibili-tà, come quando si trova in aereo, si può facilitare e permettere di compiere la Netilàt yadaim nel bagno. (È bene, comunque, chiudere la tavoletta del gabinetto prima di compiere la Netilàt yadaim). La benedizione, invece, può essere recitata soltanto fuori dal bagno.•E’ possibile compiere la Netilàt yadaim in un bagno dove ci sia soltanto la doccia ed il lavandino, ma non il gabinetto. Tuttavia, la benedizione può essere recitata soltanto fuori.

(Tradotto dai libri “ Le regole del pasto”; “Yalkùt Yosef”)

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Musar

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7 Novembre 2012 כב’ חשון תשע”ג

PILLOLE DI INSEGNAMENTO DA RABBI NACHMAN DI BRESLAV

-Nel momento della preghiera, bisogna attaccarsi ad Ashem, e sforzarsi di non sentire la presenza di nessuna altra persona. Si deve pensare che non c’è nel mondo nientemeno che il S. D.o. Si devono ascoltare solo le parole della preghiera davanti al Santo Be-nedetto. Nel momento della tefillà l’uomo si trova nella corte del Re, allora si percepirà solo Ashem e ci si annullerà completamente davanti a Lui. (Likutè Moaran parte 2 cap. 103) -La maniera più proficua per avvicinarsi ed attaccarsi ad Ashem è con la Tefillà. La preghiera è la porta dove si entra verso il Santo Benedetto e da lì Lo si conosce. (Likutè Moaran parte 2 cap. 84)-Bisogna abituarsi a pregare per ogni necessità in ogni momento, sia per il mantenimento della persona, sia per la salute ecc.. Sarà la tefillà l’unica soluzione per l’uomo e credere quindi che è Ashem la risoluzione ad ogni cosa e non rincorrere dietro espedienti vani che la maggior parte di essi non portano nessun giovamento. Bensì si deve ricercare sempre il S. Che sicuramente è valido per tutte le necessità del mondo, e questi e accessibile sempre in tutte le cir-costanze. E’ Lui il Santo Benedetto. (Likutè Moaran cap. 14 lett. 11)Anche se si pregasse per innumerevoli giorni e nonostante tutto ci si sentisse molto lontano dal Santo Benedetto, e ci sembrasse che il S. ci nascondi il Suo Volto chas veshalom, non si dovrà pensando che Ashem non ascolta le preghiere e le nostre suppliche, bensì si dovrà credere con piena fede che ascolta,fa attenzione ad ogni pa-rola delle nostre tefillot, delle nostre invocazioni e non c’è nessuna espressione di preghiera che va perduta chas veshalom. Ogni tefil-là fa grande suggestione nel cielo e risveglia misericordia da parte del S. quindi anche se il nostro servizio di D. non è ottimale alla fine comunque Ashem ci avvicinerà a Lui. Ma chas veshalom non si deve abbandonare la strada della preghiera e demoralizzarsi, al contrario continuare nella strada della tefillà fino a che Ashem ci avvicinerà a Lui veramente e ci illuminerà del Suo volto per merito dei veri zadikim. (Likutè Moaran cap.2 lett.6)

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Halakhà

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7 Novembre 2012 כב’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pastoDomanda: Bisogna togliere l’anello dalla mano prima di compiere la Netilàt yadaim del pasto?

Risposta: È importante sapere che non ci deve essere “Chatzitzà” (separazione) tra l’acqua che si versa e la mano.

•Bisogna quindi fare attenzione che non rimanga sporcizia sotto le unghie delle mani, affinché non ci sia “Chatzitzà”.•Una donna che in genere non toglie l’anello quando impasta, non è obbligata a toglierlo prima di compiere la Netilàt yadaim, poiché nel suo caso non è considerato “Chatzitzà”.•Una donna che ha lo smalto sulle unghie non è obbligata a toglier-lo prima della Netilàt yadaim. •Chi abbia una fasciatura sulla mano: se può toglierla in modo tale che rimanga coperta soltanto la ferita stessa, la tolga e compia la Netilat yadaim versando l’acqua sulla parte scoperta della mano; in questo caso, potrà anche recitare la benedizione.•Se invece non può togliere la fasciatura per nessun motivo, allo-ra versi l’acqua soltanto sulla parte scoperta della mano, ma non reciti l’apposita benedizione; tuttavia, anche in questo caso, se la parte scoperta della mano era dalle dita fino alle nocchie, ed ha quindi versato l’acqua in quel punto, può anche recitare l’apposita benedizione.•Nel caso in cui tutta la mano sia ferita e fasciata, e mangerà quindi con l’altra mano, dovrà versare l’acqua sulla mano sana e compiere l’apposita benedizione. •La “China” (in alcune comunità le donne usano colorare il palmo della mano prima del matrimonio di una loro parente) non è con-siderata “Chatzitzà” per la Netilàt yadaim del pasto.

(Tradotto dai libri “Le regole del pasto”; “Yalkùt Yosef”; “Halichòt Olàm”)

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Giovedì יום חמישיMomenti di Musar

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8 Novembre 2012 כג’ חשון תשע”ג

Ogni ebreo è obbligato allo studio della Torà

Nella sua grande opera “Mishnè Torà” il Rambàm insegna che è una “Mit-zvàt asè” (ossia un precetto positivo della Torà) studiare, ognuno secondo le proprie forze e capacità, le regole (cioè le alachòt). Questo studio è fondamentale, perché grazie ad esso non solo si è in gra-do di eseguire correttamente le Mitzvòt (i precetti) ma si evita anche di compiere delle Averòt (trasgressioni), conformemente a quanto è scritto nella Torà: “studiatele e siate attenti nel metterle in pratica” (Deuterono-mio cap.5, v.1).Ogni ebreo ha l’obbligo di studiare la Torà che sia povero o ricco, in buona salute o sofferente, giovane o molto anziano. Anche colui che lavora e deve sostenere la propria famiglia è obbligato a fissare dei momenti di studio della Torà sia di giorno che di notte.Una volta un papà chiese a suo figlio: se ho un albero con cinque uccellini, ed ho sparato ed ucciso due di essi, quanti uccellini mi sono rimasti? Il bambino che era intelligente rispose: ti rimangono soltanto due uccellini. Perché? chiese il papà. Rispose il bambino, gli altri tre sono scappati per il rumore del fucile e quindi sono rimasti soltanto i due uccellini morti….Così se domandassimo, ad una persona che è andata ad una lezione di Torà di un’ora, quanto tempo ti è rimasto? Ingenuamente ci rispondereb-be che gli sono rimaste ancora 23 ore. In realtà gli è rimasta solo un’ora; infatti solo il merito di quell’ora di studio di Torà gli rimane per l’eternità.In questo mondo si può essere molto ricchi. Infatti ci sono molte persone che hanno macchine costose, ville, palazzi e molte ricchezze…. Non ti fare illusioni! Non gli appartiene niente… è soltanto un pegno che ha ricevuto dal S. ….Ecco che quando morirà e abbandonerà questo mondo nessuna delle sue ricchezze lo accompagnerà nell’aldilà … ossia rimarrà tutto qua….Ciò che una persona si porta nel mondo futuro sono solo e soltanto i meri-ti che ha acquisito con lo studio della Tora’ , con le mitzvòt e con le buone zioni che ha compiuto…. “Ha detto il Santo benedetto Egli sia, colui che studia la Torà, che com-pie numerose azioni di misericordia e prega con il pubblico viene valuta-to e considerato da Me come se avesse liberato Me ed il popolo d’Israele dall’esilio tra i popoli del mondo” (Talmud Bavlì, trattato di Berachòt pag. 8a) .

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Giovedì יום חמישיMomenti di Halakhà

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8 Novembre 2012 כג’ חשון תשע”ג

Regole della “netilàt yadaim” prima del pasto Domanda: Se vuole mangiare il pane subito dopo aver compiuto i propri bisogni, come si deve comportare? Risposta: Colui che è andato in bagno ed ha compiuto i propri bi-sogni, e subito dopo vuole mangiare il pane, ha di fronte a sé due possibilità: •Lavarsi le mani dal rubinetto senza l’apposito recipiente ed asciu-garle, poi recitare la benedizione di “Asher yazar”. Dopo di ciò, compiere la Netilàt yadaim del pasto con l’apposito recipiente e recitare la benedizione di “al netilàt yadaim”. •Compiere la Netilàt yadaim con l’apposito recipiente (versando l’acqua per tre volte alternando la mano destra a quella sinistra, iniziando dalla mano destra), recitare la benedizione di “al netilàt yadaim” e asciugare le mani. Dopo di ciò, recitare la benedizione di “ Asher yazar” ed infine la benedizione di “Ha-motzì “ e mangiare.

Domanda: Come si deve comportare chi abbia toccato le scarpe durante il pasto (a base di pane)?Risposta: Se durante il pasto ha toccato con tutte e due le mani le scarpe o una parte del corpo che in genere è coperta (ad es. sotto la canottiera) o si è grattato la testa e simili, se vuole continuare a mangiare deve compiere nuovamente la Netilàt yadaim (senza recitare la benedizione); tuttavia se ha toccato soltanto con una sola mano, allora bisogna distinguere tra diversi casi: se vuole con-tinuare a mangiare il pane, è bene che versi l’acqua su tutte e due le mani; se, invece, vuole mangiare della frutta o della verdura senza il pane, basta versare l’acqua soltanto sulla mano con cui ha toc-cato, ( anche in questi casi non deve recitare la benedizione della Netilàt yadaim).

(Tradotto dai libri “Le regole del pasto”; “Halichòt Olàm”)

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Venerdì יום שישיMomenti di Musar

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9 Novembre 2012 כד’ חשון תשע”ג

PARASHAT HAYE SARAQuesta parashà è a nome di Sara nostra madre, anche se si parla della sua morte.Nella Torà ci sono due parashiòt che sono intitolate come “Vita”, una è questa e l’altra è Vayhì. Nelle due parashiot si parla della morte e non della vita. Da qui i nostri Maestridicono “Gli Zadikim nella loro morte sono chiamati come vivi” (Talmud Bavli, Berachot 18).Per cui colui che lascia questo mondo e lascia dopo di lui una ge-nerazione che prosegue le sue buone azioni, non si chiama morto, come dicono i nostri Maestri riguardo a Yakov nostro padre,“Come i suoi figli sono in vita, anche lui è in vita”. Per cui la vera vita è la vita della Torà.Così troviamo in diversi punti del Talmud, come Rabbi Tarfòn ha affermato a Rabbi Akiva “ coloro che ti abbandonano è come se abbandonassero la vita”(Talmud Bavli, Kidushim 67). Questa è la grandezza dei Saggi, che sono chiamati figli del Santo Benedet-to, come diciamo nella Tefillà: “ Tana devei Eliahu dice: colui che studia(ripetendo) le alachot ogni giorno gli è promesso che avrà parte nel mondo futuro”. Ossia, chi ha parte nel Mondo Futuro, coli che ripassa il suo studio, in modo che non venga dimenticata la Torà.Si racconta di un Rabbino che studiava in continuazione il Tal-mud, e che un giorno invitò parenti e amici per la festa in onore del termine di tutti i capitoli del Talmud. Gli invitati gli chiesero che differenza avesse questo fine dello studio del Shas(Talmud Bavli) rispetto a tutti gli altri.Lui rispose, non perché questa è la centesima volte che lo finisco, ma la festa è per il modo in cui sono riuscito a finirlo, ossia sfrut-tando tutte le occasioni in cui dovevo aspettare l’autobus o alla fila dal medico, o alla fila in un ufficio. Lo studio di tutto il Shas, questa volta è grazie ai ritagli di tempo sfruttati. Da qui dobbiamo impa-rare a non sprecare ogni minuto prezioso, anche quando arriviamo in anticipo al Tempio, anziché chiacchierare o perdere tempo si può leggere dei Salmi, o prepararsi la Tefillà. (Da libro Kehilat Ya-kov di Rav Yakov Hotovelli)

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Venerdì יום שישיMomenti di Halakhà

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9 Novembre 2012 כד’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABAT 1)Come nei giorni feriali, la tefillà di arvit dello Shabbat, in caso di necessità è permesso recitarla anche da plag aminchà (un’ora e un quarto delle ore proporzionali prima dell’uscita delle stelle. vedi l’orario sul lunario) anche prima che le stelle siano uscite. E’ bene comunque sapere, che se c’è la possibilità di eseguirla proprio allo zeet akochavim-uscita delle stelle sarà sicuramente preferibile; ma questo solo nel caso che la si reciterà con il minian-pubblico di 10 persone, perché in caso contrario è più opportuno farlo insieme al pubblico anche se questi pregano prima dello zeet akochavim.2)Nei mesi estivi, quando l’ora dell’uscita delle stelle è molto tarda, si potrà alleggerire e pregare arvit subito dopo plag aminchà, per far si che si torni a casa ed i bambini non dormano così che possa-no anche loro partecipare al “tavolo di shabbat” con discorsi sulla parashà e canti al S.. Tuttavia bisogna fare attenzione quando si fa il kiddush prima dell’uscita delle stelle, di mangiare perlomeno un kzait-circa 30gr. di pane appena fa sera per uscire d’obbligo dal pasto serale dello Shabbat.3)Anche secondo gli ashkenaziti, che usano essere rigorosi e non pregare sia nei giorni feriali che di Shabbat prima che le stelle siano uscite, di Shabbat nei mesi estivi possono anche loro alleggerire e pregare subito dopo plag aminchà dal momento che ci sono nume-rose autorità rabbiniche che permettono.4)Nel caso che qualcuno abbia pregato arvit prima dell’uscita delle stelle, si dovrà fare attenzione a rileggere lo Shemà dopo che sia fatto sera, e questo vale anche per il giorni feriali.5)Esiste l’usanza di recitare Shir Ashirim prima della tefillà di arvit. C’è invece chi usa dirlo prima di minchà per non ritardare troppo la tefillà. Se però recitandolo si peserebbe troppo sul pubblico e non si darebbe spazio alla drashà del Rav, ritardando quindi la preghie-ra, sarà sicuramente preferibile dare il tempo al divrè Torà e non leggere Shir Ashirim per rafforzare la gente all’avvicinamento alla Torà e al timore di D.

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Sabato יום שבתMomenti di Musar

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10 Novembre 2012 כה’ חשון תשע”ג

Racconto: “Ahavat Israel”-l’amore per il prossimo del Chafez Chaiim

Si racconta che una volta il grande Rabbino Israel Meìr ha-Cohèn, conosciuto come “Chafetz Chaiim”, per la sua grande opera riguar-dante la maldicenza, si trovava una volta in una città e fu ospitato dal Capo Rabbino del luogo. La moglie del Capo Rabbino preparò un pasto per il Chafez Chaim , e poiché era occupata nel compiere la Mizvà dell’accoglienza degli ospiti, dimenticò di riferire alla sua badante che già aveva messo il sale nella minestra; quest’ultima quindi, non sapendolo, aggiunse altro sale alla minestra. Quando il Chafez Chaiim assaggiò la minestra, pur essendosi accorto che il pasto era troppo salato, fece finta di nulla e mangiò tutta la mi-nestra. Al contrario quando il Capo Rabbino del luogo assaggiò la minestra, smise subito di mangiare e spostò la ciotola da davanti a sè. Allora chiese al Chafez Chaim come fosse riuscito a mangiare tutta la porzione; il Chafèz Chaim in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse, lo prese per mano, e lo convinse di finire la mine-stra. Gli disse di non lamentarsi, poiché sicuramente la badante, avendo voluto essere attenta a compiere al modo migliore la Mit-zvà della accoglienza degli ospiti, si era confusa, e se fosse venuta a sapere di aver sbagliato si sarebbe rattristita. Inoltre, ciò avrebbe potuto causare arrabbiature e litigi tra la moglie del Capo Rabbino e la badante. Infine, concluse il Chafez Chaim che la miglior cosa da fare sarebbe stata mangiare ed elogiare la minestra...

(Tradotto dal libro “Mochèl ve-soleach la-chaverò” del Rav e Gaòn Aharon Zakkai)

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Sabato יום שבתMomenti di Halakhà

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10 Novembre 2012 כה’ חשון תשע”ג

REGOLE DI SHABBAT •E’ riportato sul libro Sefer Achasidim “quando si prega con voce ar-moniosa, si recitano le berachot con canti, il cuore è trascinato e si rallegra per questo, inducendo la persona alla gioia nel servizio di Ashem. Ed è risaputo quello che scrive il Rambam: “la gioia e l’amore nel servizio del S. è di enorme importanza”. Quindi è consigliabile che anche per le preghiere e i canti in onore dello Shabbat siano con melo-dia e gioia in onore di Ashem.•C’è chi usa secondo la Kabala stare in piedi durante il kaddish (c’è chi usa non recitarlo) e il barechù prima della preghiera serale.•DOMANDA: Perché nella berachà di ashkivenu, quella prima della amidà, il venerdì sera non si dice la stessa formula dei giorni feriali. Infatti tutti i giorni la si termina con la formula “che protegge il popo-lo d’Israele” ma di Shabbat non si ricorda la protezione del S. al Suo popolo?•RISPOSTA: Dal momento che il precetto dello Shabbat ed il suo me-rito sono cosi grandi sono questi che ci difendono e ci conservano da ogni male. Tuttavia nel caso ci si sia sbagliati e si abbia recitato la for-mula dei giorni feriali al posto di quella dello Shabbat si è usciti d’ob-bligo e non ci sarà la necessità di ripeterla.•Dopo la preghiera dell’amidà, che si recita a voce bassa, si dice la for-mula del “vaichullù”. E’ riportato sul trattato talmudico di Shabbat pag.119b “Chi prega la tefilla di arvit di Shabbat e recita il vaichullù è considerato come se fosse socio con Ashem alla creazione. Perché con questa si testimonia il fatto che è il S. che ha creato il mondo e lo si afferma. Essendo quindi questa una testimonianza, nel caso non si abbia fatto in tempo a recitarla con il pubblico ci si sforzi al termine della tefillà di farlo con un compagno come qualsiasi altra testimo-nianza che va effettuata da due persone. E’ scritto inoltre sul Talmud Yerushalmì che nel momento che la persona recita il vaichullù, due angeli gli posano le mani sulla testa e dicono “si allontanino da te i tuoi peccati e le tue colpe siano espiate”. Il motivo è che nel momento che si afferma che il S. ha creato il mondo nello stesso momento si accetta il suo regno e dichiara che le colpe commesse erano per incoscienza allora è degno di riparazione e perdono.

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Domenica יום ראשוןMomenti di Musar

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11 Novembre 2012 כו’ חשון תשע”ג

L’ANGOLO DEL LASHON ARAA’“Chi riserva la sua bocca e la sua lingua dal parlare cose proibite si protegge dai dolori dell’anima” (proverbi 21;23)Ci spiega il Chafez Haim nel suo libro sulle regole della maldicen-za il significato di questo passo dettato dal re Salomone, il sag-gio di tutti i saggi. E’ risaputo che l’uomo è dotato di 248 membra e 365 tendini, ed in corrispondenza di questi organi materiali ci sono altrettanti al livello spirituale. C’è scritto inoltre come pro-va di questo, su Giobbe 10;11: “Pelle e carne rivestimi e con ossa e tendini ricoprimi” cosa riveste la pelle e gli organi umani se non l’anima, la parte principale dell’uomo...? cosi come per ogni organo materiale esiste lo stesso sotto forma spirituale. Significa che l’ani-ma, come il corpo, è dotata di 248 membra e 365 tendini. Il Santo Benedetto ha disposto a ciascuno di questi una mizwà, quindi ci sarà un precetto legato alla gamba, uno alla mano, e nel momento che si compie quella determinata mizwà con quel membro, si illuminerà spiritualmente quello dell’anima, godendo inoltre della ricompensa nell’olam abbà-mondo avvenire. Questo avviene, D. ci scampi, anche nel caso si compiano trasgressioni con ogni mem-bro del nostro corpo e se non si è fatta Teshuva su questo. , si inde-bolirà la luce spirituale di quel organo e si riceverà la pena in quel organo chas veshalom. Da qui ognuno di noi deve riflettere, a quanto bisogna fare atten-zione ad ogni mizwà e mizwà, per salvaguardarsi, D. non voglia, dal essere incompleto dell’organo corrispondente allo stesso pre-cetto. Chiaramente lo stesso avviene per il divieto del parlare lashon araà e quello di ascoltarla. Nel momento che si trasgredisce a queste due importantissime mizwot si verrà a mancare (se non si è fatti teshuvà), a due delle peculiarità fondamentali dell’uomo cioè la parola e l’udito D. ci scampi. Che Ashem ci dia la forza di rispettare le Sue mizwot con tutte le nostre forze amen!(Tratto dal libro Shemirat alashon di Rav Israel Meir Akoen)

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Domenica יום ראשוןMomenti di Halakhà

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11 Novembre 2012 כו’ חשון תשע”ג

L’ANGOLO DELLA LASHON ARAA’ 4DOMANDA: Si può fare lashon araà su di un goi? RISPOSTA: Sì, il principale richiamo sul divieto della maldicenza è scritto sulla parashà di kedoshim cap.19 v16 . “ E non andrai tra il tuo popolo per spiare (fare maldicenza). La Torà parla chiaro, il divieto della malalingua è riferito solamente a chi fa parte del nostro popolo. Inoltre, i nostri Maestri spiega-no che non rientrano nella categoria del “tuo popolo” coloro che intenzionalmente non osservano la Torà e le Mizwot, e coloro che trasgrediscono per mancanza di istruzione o per predominanza di yezer araà. DOMANDA: Si può parlar male della Terra d’Israele?RISPOSTA: No, è vietato. La Torà ,nel libro di Bemidbar nella pa-rashà degli esploratori Shelach Lechà, spiega che il popolo d’Isra-ele dopo l’uscita dall’Egitto fu condannato a vagare per 40 anni nel deserto. Questo non meritò di entrare nella Terra Santa poiché la disprezzò e ne parlò male. Si impara quindi ,che per quanto pos-sibile, è sempre bene astenersi dal parlare in maniera negativa di qualsiasi cosa . Si racconta, di uno zadik(giusto), che passeggiando insieme ai suoi discepoli vide la carogna di un cane. I discepoli disgustati dissero: “Quanto puzza questa carogna!” Lo zadik rispose: “Quanto sono bianchi i suoi denti”!Attraverso questa risposta egli volle insegnare ai suoi allievi , l’abi-tudine a soffermarsi su ciò che c’è di buono in ogni cosa , piuttosto che soffermarsi su ciò che è meno buono. Così ,gli allievi capirono l’insegnamento e si pentirono della loro affermazione.Anche raccontare fatti, che potrebbero causare danni a terze per-sone, rientra fra i divieti del lashon araà .Ad esempio, è proibito raccontare di un uomo debole fisicamente, poiché potrebbe cau-sargli la perdita del lavoro o una mancata assunzione. Tale divieto è valido , nonostante le buone intenzioni di coloro che hanno rac-contato o ascoltato l’accaduto.

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Lunedì יום שניMomenti di Musar

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12 Novembre 2012 כז’ חשון תשע”ג

Le qualità che aggiunge all’uomo lo studio della Torà

Domanda: Che differenza fa se uno fa soltanto le mitzvòt ma non studia Torà ?

Risposta: Naturalmente ci sono molte differenze, ad ogni modo viene riportata qui la traduzione di un testo del Rav Nissim Yaghen zZ”l, che parla tra l’altro di questo argomento.“Quando una persona studia la Torà e ne approfondisce lo studio, la sua vita sembra differente… è allegro, è felice.Io giro molto nel mondo, e vedo molte persone che sono proprio immerse nello studio della Torà. Si può notare l’influenza che ha lo studio della Torà sulla loro vita durante tutti i momenti del giorno, persino durante le ore di lavoro. Sembra che si comportino in ma-niera migliore dagli altri…anche i loro rapporto nei confronti delle loro mogli, dei loro figli e di coloro che li circondano è differente…. poiché la Torà li rende felici, li calma, li rende migliori….Invece quando si entra nelle altre case, persino in quelle in cui si rispettano le mitzvòt ma il padrone di casa non fissa momenti di studio della Torà ogni giorno, si può notare una grande differen-za… il suo tono di voce è differente, il suo comportamento nei con-fronti di sua moglie e dei suoi figli è differente…. tutto il tempo pensa che non gli va mai bene niente, coloro che lo circondano si lamentano…. Ecc…In altre parole, così come la miglior macchina al mondo senza “benzina” non può viaggiare anche ognuno di noi (anche il miglio-re di noi) senza la “benzina”, senza la Torà, senza il timore del S., non può tener testa…”

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Lunedì יום שניMomenti di Halakhà

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12 Novembre 2012 כז’ חשון תשע”ג

Domanda: Come si deve comportare chi si sia dimenticato di recitare la benedizione di un cibo e lo abbia già introdotto in bocca?

Risposta: Nel caso in cui abbia messo in bocca un cibo senza aver recitato prima l’apposita benedizione, se si tratta di un cibo che anche una volta sputato vorrà rimettere in bocca (ad es. mandorle o noci), allora lo sputi, reciti l’apposita benedi-zione, ed infine lo mangi.

Il motivo di ciò è che non si può recitare la benedizione quando si ha in bocca qualche cibo, poiché è scritto “la mia bocca si riempirà della Tua lode”, ossia durante la benedizio-ne la bocca deve riempirsi soltanto della benedizione stessa e dalla lode nei confronti del S. .

Se si tratta invece di un cibo che una volta sputato non vorrà rimettere in bocca (ad es. fragole o uva), metta il cibo da un lato della bocca e reciti l’apposita benedizione.

(La regola per chi si sia dimenticato di benedire su una be-vanda è differente).

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Martedì יום שלשיMomenti di Musar

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13 Novembre 2012 כח’ חשון תשע”ג

L’importanza di ogni minuto della nostra vitaSe una persona uccide il suo prossimo e ci sono i due testimoni che hanno visto il reato, secondo la Torà quell’uomo viene processato e condannato a morte dal tribunale rabbinico.Così anche se un ragazzo di 18 anni uccide un anziano di 98 anni, vie-ne condannato a morte. Ed anche se i dottori avevano detto che gli era rimasto un solo minuto di vita, e quel ragazzo lo ha ucciso prima che passasse quel minuto, ad ogni modo è condannato alla pena di morte.Non è chiaro….. apparentemente l’assassino si può rivolgere al tribu-nale e sostenere, “alla fin fine ho assassinato soltanto un minuto del-la vita di quell’uomo, mentre voi condannandomi alla pena di morte assassinerete 80 anni di vita!!! La cosa giusta da fare è uccidermi a 98 anni!!!”La Torà, ci vuole donare un grande insegnamento…. Ognuno di noi è abituato a pensare, “cosa si può fare in minuto di vita?? Non è poi così tanto tempo…”Il S. ci vuole insegnare che quel minuto è molto caro e prezioso. Puoi utilizzarlo nello studio della Torà e nel compimento delle Mitzvòt e delle buone azioni. Per questo anche se nel nostro caso l’assassino ha tolto soltanto un minuto di vita e non di più…. E’ una grande perdita, poiché quell’an-ziano poteva utilizzare quel minuto della sua vita nel studiare la Torà, nella Teshuvà o nel compiere anche un precetto….Tu conosci il valore di ogni mitzvà??!! Tu sai quanto vale di fronte al S. un solo minuto di studio di Torà !!!?… quel minuto può donare ad un ebreo meriti all’in-finito…. senza limiti….Il saggio ne prenda insegnamento….Quante volte passano secondi, minuti e persino ore e non ci si occupa dello studio della Torà e si spre-ca il tempo in cose vane… c’è chi butta ed uccide il suo tempo di fronte alla tv e chi di fronte al computer, o chi preferisce parlare ore ed ore con i suoi amici di cose vane…. FAI UN CAMBIAMENTO NELLA TUA VITA, E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI SVEGLIARSI!! SFRUTTA IL TEMPO CARO CHE IL S. TI HA DONATO, NELLO STUDIO DELLA TORA’ E NEL COMPIERE LE MITZVOT…..(tradotto dal libro “Netivè Or” del rav Nissim Yaghen zZ”l)

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Martedì יום שלשיMomenti di Halakhà

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13 Novembre 2012 כח’ חשון תשע”ג

Domanda: Si può offrire un cibo o una bevanda a chi non recite-rebbe la benedizione prima di mangiare o di bere?Risposta: Innanzitutto dobbiamo sapere che i Maestri hanno inse-gnato nel Talmud (Trattato di Berakhòt 35a) che colui che gode di questo mondo senza recitare la benedizione, è come se rubasse il Santo Benedetto Egli Sia. In altre parole, poiché tutto ciò che ci cir-conda appartiene al S., come è scritto “la terra e tutto ciò che essa contiene appartiene al S.”, noi possiamo godere di questo mondo solo attraverso la benedizione, ossia chiedendo a Lui il permesso di usufruirne. Una volta recitata la benedizione ci è possibile mangia-re, com’è scritto “… (il S.) ha donato la terra all’uomo”. In conclusio-ne, chi non recita la benedizione prima di mangiare o bere è come se rubasse il Santo Benedetto Egli Sia.•Detto ciò, è proibito offrire un cibo o una bevanda a una persona che sappiamo con certezza che non reciterà la benedizione prima di mangiare o di bere; in quel caso, infatti, saremmo noi stessi a causargli di compiere la grave trasgressione di mangiare o di bere senza aver recitato prima la benedizione.•Il modo giusto di comportarsi è invece di porgergli il cibo o la be-vanda, ed insieme anche la Kippà, e con buone maniere invitarlo a recitare la relativa benedizione.•Nel caso in cui rifiutasse di benedire, allora, non gli porga il cibo o la bevanda, e gli spieghi con buone maniere che ci è proibito dare da mangiare o da bere a chi non recita prima la benedizione.•Nel caso in cui abbiamo di fronte a noi, una persona che stima ed onora la Torà e coloro che la studiano, e se non gli offrissimo da mangiare o da bere ciò potrebbe causargli di odiare la Torà e co-loro che la studiano, allora è permesso facilitare ed offrirgli il cibo o la bevanda anche se sappiamo che non reciterà la benedizione. Tuttavia anche in questo caso è bene porgergli, insieme al cibo o alla bevanda, anche una Kippà, in modo tale che capisca che deve benedire.(Tradotto dai libri “Le regole del pasto”; “Yalkùt Yosef”)

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Musar

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14 Novembre 2012 כט’ חשון תשע”ג

PILLOLE DALL’INSEGNAMENTO DI RABBI NACHMAN DI BRE-SLAV - TEFILLA’ - L’ITBODEDUT- LA PREGHIERA INDIVIDUALEE’ riportato sul Mishnè Torà del Rambam nelle regole della tefillà, che all’inizio prima che Ezrà, ai tempi del secondo Tempio, istituis-se la formula della amidà da tutti noi conosciuta, ognuno pregava ad Ashem in maniera spontanea, con la lingua comunemente parlata. In realtà la mizwà della tefillà, consisteva fin dalla sua origine, nel pre-gare così come usavano dai tempi di Moshè Rabbenu fino ad Ezrà ed il suo Sanedrio, senza uno schema stabilito. Questi però, vedendo che la gente aveva difficoltà per vari motivi a stilare la preghiera in modo coretto istituì la tefillà della 18 benedizioni.Pertanto anche oggi, anche si usa pregare dal siddur tefillà le tre pre-ghiere quotidiane, ci insegna Rabbi Nachman, l’estrema importanza di stabilire uno spazio nella giornata alla preghiera individuale. L’itbo-dedut che letteralmente significa isolamento, consiste nell’appartarsi in una camera, oppure un in luogo lontano da qualsiasi fastidio, per poter pregare e parlare con Ashem come se si parlasse con un amico preferibilmente con la lingua che si parla abitualmente, e di chieder-Gli ogni esigenza sia materiale che spirituale. Nel libro Shivchèi Aran, dove viene raccontato delle attività al servizio del S. che Rabbi Nachman esercitava, si prolunga nel confermare che tutta la levatura spirituale che il Rebbe di Breslav la raggiunse gra-zie all’itbodedut. Così infatti scrive (Rabbi Nachman) :”La sua parte consistente della giornata la passava nella preghiera e suppliche ad Ashem che lo avvicinasse a Lui e alla Sua fede”. Scrive inoltre Rabbi Natan: “sia costante in questo impegno e si fissi un’ora al giorno nel parlare con Ashem Itbarach perché questo è di enorme importanza” è infatti un consiglio generale per avvicinarsi al S.. E tutte le necessità sia spirituali che materiali le si richiedano al Creatore. E questa è un abitudine praticabile da tutti, dal più lontano da Ashem al più Zadik, e tramite questo si potrà arrivare a risultati inimmaginabili.Disse una volta Rabbi Natan di Breslav: “Dove si vede qualsiasi carenza è semplicemente perchè o non si ha pregato abbastanza per questo o non lo si è fatto per niente”!!Che il S. ci dia il merito di pregare con tutto il cuore e di avvicinarsi a Lui amen!!!

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Mercoledì יום רביעיMomenti di Halakhà

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14 Novembre 2012 כט’ חשון תשע”ג

Domanda: Che cosa s’intende per “maim acharonim”?

Risposta: In passato esisteva un tipo di sale, chiamato “Melach Sedomìt” (il sale di Sodoma), che aveva la forza di accecare. Per questo i Maestri decretarono di lavare le dita delle mani dopo aver concluso un pasto a base di pane, per il timore che si fosse utiliz-zato il sale di Sodoma durante il pasto e che si fosse toccato gli occhi con le mani sporche di sale. Questo lavaggio è chiamato nel Talmud “maim acharonìm”.

Anche se ai giorni d’oggi questo sale non è comune, tuttavia, sia gli uomini sia le donne devono compiere “maim acharonim”, poiché c’è anche un motivo mistico.

•Se non ha l’acqua può utilizzare qualsiasi altra bevanda all’infuori del vino, poiché sarebbe un disprezzo nei confronti del vino.•Bisogna sciacquare tutte le dita delle mani fino alle nocchie (non comprese). Tuttavia non abbondi nella quantità d’acqua, poiché è presente nell’acqua utilizzata per il “maim acharonìm” , “Ruach Raà” (“spirito cattivo”).•Per questo motivo non bisogna versare l’acqua del “maim acharo-nim” per terra, bensì nel lavandino.•Non si può parlare tra “maim acharonìm” e la “birkàt ha-mazòn”. Nel caso in cui abbia parlato non deve compiere nuovamente “maim acharonìm”.

(Tradotto dai libri “Le regole del pasto”; “Halichòt Olàm”; “Yalkùt Yosèf”)

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Hamefiz

Momenti di Torà

Organizzazione di diffusione di Torà e Chesed

N. 2, I