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Trimestrale culturale a diffusione gratuita - Lug-Set 2013 ♦ anno III - numero 10 Disturbi alimentari Cellule staminali I disturbi del comportamento alimentare colpiscono soprattutto le donne. Tuttavia, questo disturbo non rappresenta un’area psicopatologica esclusivamente femminile trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente TRA UOMO E DONNA Questioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia ISSN 2281-0994 La terapia con cellule staminali è un’area emergente di ricerca con enormi potenzialità, in particolare nel trattamento di molte malattie neurologiche Cliccate "mi piace" sulla nostra pagina Potrete contribuire così con le vostre idee Anemos neuroscienze SPECIALE Neuroscienze e musica Gli effetti della musica sulla mente umana

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Trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente. n. 10 anno III. Lug-sett 2013

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Trimestrale culturale a diffusione gratuita - Lug-Set 2013 ♦ anno III - numero 10

Disturbi alimentari Cellule staminaliI disturbi del comportamento alimentare colpiscono soprattutto le donne. Tuttavia, questo disturbo non rappresenta un’area psicopatologica esclusivamente femminile

trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente

Tra uomo e donna

Questioni intorno alle differenze di genere,

tra psichiatria, sociologia e filosofia

ISSN 2281-0994

La terapia con cellule staminali è un’area emergente di ricerca con enormi potenzialità, in particolare nel trattamento di molte malattie neurologiche

Cliccate "mi piace" sulla nostra pagina Potrete contribuire così con le vostre idee

Anemosneuroscienze

Speciale Neuroscienze e musica

Gli effetti della musica sulla mente umana

Centro di riferimento: Centro di Neuroscienze Anemos, Reggio Emilia.Centri Ospedalieri per la Neurochirurgia del rachide e le tecniche mininvasive: Casa di Cura Salus Hospital (Re), Ospedale di Suzzara (Mn), Casa di Cura San Clemente (Mn), Casa di Cura Villa Maria

Cecilia di Cotignola (Ra).Ambulatori: Reggio Emilia, Correggio, Guastalla, Reggiolo, Suzzara, Poggio Rusco, Mantova, Carpi,

Modena, Fiorenzuola, Olbia e Roma.

cenTro di neuroScienZe anemoSDirettore sanitario: Dott. Marco Ruini

AREA DI PSICOLOGIA CLINICA

PSICOLOGIA CLINICA Psicodiagnosi (Dott.ssa Laura Torricelli)

Psicoterapia di coppia e famigliare (Dott Federico Gasparini)Psicotraumatologia e EMDR (Dott.ssa Federica Maldini)

Mindfulness (Dott.ssa Laura Torricelli)

NEUROPSICOLOGIA ADULTI (Dott.ssa Caterina Barletta Rodolfi, Dott. Federico Gasparini)

NEUROPSICOLOGIA dello SVILUPPO (Dott.ssa Lisa Faietti, Dott.ssa Linda Iotti)

AREA DI PSICHIATRIADott. Giuseppe CupelloDott. Raffaele Bertolini

AREA DI OCULISTICADott. Valeriano Gilioli

SERVIZIO DI NEUROCHIRURGIADr. Marco Ruini: Responsabile del servizio

Dr. Marco Ruini: Neurochirurgo, Patologia del rachide e cerebraleDr. Davide Guasti: Ortopedico, Tecniche mininvasive sul rachide

Dr. Andrea Veroni: Neurochirurgo, Patologia del rachide nell’anzianoDr. Andrea Seghedoni: Neurochirurgo, Instabilità del rachide

Dott.ssa Alessandra Isidori: Neurochirurgo, Patologia del rachide e cerebrale

CollaborazioniDr. Ignazio Borghesi, NeurochirurgoProf. Vitaliano Nizzoli, Neurochirurgo

Prof. Lorenzo Genitori, Neurochirurgia PediatricaDr. Bruno Zanotti, Neurochirurgo

SERVIZIO DI TERAPIA ANTALGICADr. Roberto Bianco, Anestesista, Terapia infiltrativa, Agopuntura

Dr. Ezio Gulli, Anestesista, Terapia infiltrativaDr. Davide Guasti, Ortopedico, Trattamenti mininvasivi

faccette articolari e intradiscali

SERVIZIO DI RIABILITAZIONE E RIEDUCAZIONE FUNZIONALE

Dr. Rocco Ferrari, ChiroterapiaDr. Raffaele Zoboli, Fisiatra

Dr. Aurelio Giavatto, Manipolazioni viscerali

SERVIZIO DI NEUROLOGIA E DI NEUROFISIOLOGIADr. Mario Baratti, Neurologo, Elettromiografia

e Potenziali evocatiDott. Devetak Massimiliano, Neurologo, doppler tronchi

sovraortici e transcranico

ANEMOS | Centro Servizi di NeuroscienzePoliambulatorio Medico | Libera Università | Ass. CulturaleVia Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538 | www.anemoscns.it [email protected] | www.associazioneanemos.org

Anemosneuroscienze

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Neuroscienze al femminile

Editoriale

La serie di interventi che vanno a costituire il tema di questo numero, deriva dagli incontri tenutisi presso la Libera Università di Neuroscienze Anemos di Reggio Emilia tra la fine del 2012 e i primi mesi di quest'anno.

Alcuni dei testi, come il contributo del Dott. Insalaco (filosofo e scrittore), costituiscono le relazioni adattate di quelle serate, mentre altri contributi non sono altro che il risultato di discussioni da quei temi provocate nel corso di incontri tra gli autori che gravitano attorno al progetto.Introduce il numero l'articolo del Dott. Marco Ruini (Neurologo e Neurochirurgo), che affronta il tema della differenza di genere dal punto di vista neuroscientifico, sociologico e storico.Segue l'intervento del Dott. Raffaele Bertolini (Psichiatra): in tale testo viene analizzata la questione dei disturbi alimentari e si cerca di capire se e quando vi sia connessione tra questi disturbi e le differenze di genere.Il già citato contributo di Franco Insalaco ha come scopo di indicare quale sia, da un punto di vista filosofico, il contributo al pensiero che, nello specifico, si caratterizzi come pensiero "femminile".Chiude il tema un approfondimento dedicato alla politica italiana: Nilde Iotti. Ci è parso utile provare ad individuare un caso concreto, storicamente collocato, di storia al femminile. Non va infatti dimenticato che l'ambito del "potere" è quello dove si presentano maggiori discriminazioni di genere. Nilde Iotti costituì, insieme a poche altre donne della storia repubblicana italiana, un'eccezione. I testi di questo approfondimento si devono a Elena Montecchi, già deputata, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai Rapporti con il Parlamento, dal 2006 al 2008 è stata Sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali, e a Paola Casali, Sindaco della città di Bagnolo in Piano (RE) che conobbe Nilde Iotti.Come di consueto, al tema principale fanno seguito testi come ulteriori approfondimenti. La musicoterapia è sviluppata dalla Dott.ssa Federica Sanfilippo (medico e docente di musica applicata alla medicina), in particolare sul cossiddetto effetto Mozart. Il secondo testo di questo tipo si deve alla Dott.ssa Monica Maccaferri, Musicologa e Musicoterapeuta.Chiude il numero un articolo di carattere neurologico a cura del Dott. Mario Baratti (Neurologo) il quale ci parla dei progressi nella terapia con cellule staminali in alcune fra le più importanti malattie neurologiche. ■

Gli EditoriLa Clessidra Editrice

Libera Università di Neuroscienze Anemos

Si possono inviare proposte di articoli, segnalazioni di eventi, commenti

o altro all’indirizzo [email protected]

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Ci trovate anche su Facebook https://www.acebook.com/Rivista.Anemos

https://www.facebook.com/LaClessidraEditrice

In copertina Amore e Psiche di François Gérard

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SOMMARIO

Rubriche

Editore:Editrice La Clessidra / Anemos

RedazioneVia 25 aprile, 33

42046 Reggiolo (RE)[email protected]

Tel 0522 210183

Direttore ResponsabileDavide Donadio

[email protected]

Direttore ScientificoMarco Ruini

Redazione: Marco Barbieri, Tommy

Manfredini, Paola Torelli.

Comitato scientifico*

Hanno inoltre collaborato:Elena Montecchi, Paola Casali,

Federica Sanfilippo, Monica Maccaferri.

Luogo di stampaE.Lui Tipografia - Reggiolo (RE)

Registrazione n. 1244 del 01/02/2011

Tribunale di Reggio Emilia

Iconografia: alcune immagini presenti in «Neuroscienze Anemos» sono tratte da siti

internet contenenti banche dati di immagini di libero utilizzo. Qualora vi fossero stati errori e

omissioni relativi al diritto d’autore l’editore rimane a disposizione per sanare la sua posizione.

* Il comitato scientifico è composto da persone che partecipano a vario titolo e con continuità differente alle attività organizzate dalla Libera

Università di Neuroscienze Anemos e di La Clessidra Editrice.

Adriano AmatiLaura AndraoMario Baratti

Raffaele BertoliniArcangelo Dell'Anna

Sergio CalzariGiuseppe CupelloPinuccia FagandiniAlessandro Genitori

Lorenzo GenitoriEnrico Ghidoni Franco InsalacoAntonio Petrucci

Sara PinelliIvana Soncini

Leonardo TeggiLaura TorricelliBruno Zanotti

06Uno sguardo per scattare una foto?Neuronews

▪ Ricordi eterni▪ Il mercato uccide l'etica ▪ La tecnologia ci ha reso più intelligenti?

Ideologie naturaliL'uomo macchina

MusicalMente

di Davide Donadio

di Lorenzo Genitori

Tra uomoe donna

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62Un russo sfortunato: Modest Petrovich Mussorgsky

Questioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia

Anemosneuroscienze

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16Identità di genere

www.clessidraeditrice.it

La filosofia delle donne

La passione politica di Nilde Iotti

di Marco Ruini

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36

Effetto Mozart ed epilessia

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Franz Liszt alla Salpètriere50

Cellule staminali in neurologia52

Spazio dibattito

Incontro con la differenza60

Psicologia / Sociologia

di Raffaele Bertolini

di Franco Insalaco

Disturbi alimentari

di Elena Montecchi

di Federica Sanfilippo

di Monica Maccaferri

di Mario Baratti

Psichiatria / Sociologia

Filosofia / Psicologia sociale

Il personaggio

Neurologia / Musicoterapia

Psicologia / Musicoterapia

Neurologia / Biotecnologie

Il tema del numero

Altri Approfondimenti

Nilde, un ritratto dal vivodi Paola Casali

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitiveNeuronews

Una nuova speranza nella cura di persone affette da demen-za senile, Alzheimer e proble-

mi di memoria viene dallo studio della proteina Arc. La proteina era già nota ai ricercatori perché uno studio preceden-te, eseguito sui topi di laboratorio, aveva mostrato come quelli che ne erano privi erano incapaci di avere ricordi duraturi in grado di rimanere nella mente oltre 24

ore. La nuova ricerca, pubblicata su «Nature Neuroscience» e condotta da Steve Fin-kbeiner della University of California, ha permesso di osservare che è la Arc a dirigere i geni che si accendono e si spengono nel cervello durante la forma-zione di un ricordo duraturo e che, inol-tre, è carente nei pazienti affetti da pro-blemi di memoria. Ciò potrebbe aprire la

strada a nuovi trattamenti nell'ambito di quelle patologie che rendono difficile la creazione di ricordi stabili nel tempo.

ricordi eterni

In futuro potrebbe bastare un semplice sguardo per scatta-re una foto o per scansionare

un documento. È ciò a cui stanno lavorando i ricercatori sudcoreani dell'Unist (Ulsan National Institute of Science and Technology) guidati dal professor Jang-Ung Park.L'equipe è riuscita ad inserire un elet-trodo flessibile e trasparente all'inter-no di una lente a contatto morbida, grazie a un materiale ibrido: il grafe-ne-nanotubi. L'utilizzo dei due sin-goli materiali che lo compongono, i nanotubi d'argento e il grafene, non era possibile a causa delle irregolari-tà strutturali che generavano un'ele-

vata resistenza elettrica. Nel nuovo materiale creato, invece, la corrente trova un percorso privo di ostacoli, dal momento che riesce ad evitare le aree in cui i diversi componenti si opporrebbero al suo passaggio. Non solo, il nuovo materiale ha anche una buona resistenza alla corrosione ter-mica e soddisfacenti proprietà elet-triche.A conclusione delle ricerca, l'equipe ha inserito su una lente a contatto morbida, che è stata fatta indossare per 5 ore ad un coniglio senza effetti

negativi, un diodo luminoso inorga-nico alimentato da elettrodi presenti nel nuovo materiale. Esaminati i ri-sultati ottenuti, il professor Park ha dichiarato: «riteniamo che l'ibridazio-ne tra nanomateriali monodimensio-nali e bidimensionali sia una strate-gia promettente verso un'elettronica flessibile e indossabile e verso bio-sensori impiantabili, e indichi una promessa sostanziale di elettronica futura».

Lo studio della proteina Arc apre nuove prospettive nella cura della demenza senile

uno sguardo per scattare

una foto?È ciò a cui potrebbe portare una ricerca sudcoreana, grazie all'inserimento di un

elettrodo flessibile in una lente a contatto

Anemosneuroscienze

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Otto anni fa l'australiana Leanne Rowe, autista di autobus e milita-re della riserva, dopo un incidente

automobilistico che le aveva causato un forte trauma cranico, si è risvegliata dal coma con fratture alla schiena e alla mascella. Mano a mano che la mascella guariva, ha iniziato a notare le prime anomalie: mentre parlava biascicava, ma la causa allora era stata ricer-cata nei forti antidolorifici che era costretta a prendere. Tuttavia, quando ha ripreso a par-lare, con suo grosso stupore, la sua voce era definitivamente cambiata e da allora il suono è quello di un accento francese.Si parla in questo caso di “sindrome dell'ac-cento straniero”, una rara disfunzione neu-rologica di cui si sono registrati negli ultimi 70 anni solo 62 casi al mondo. Questa con-dizione ha avuto un profondo impatto nega-tivo sulla vita della Rowe, causandole ansia e depressione. Come lei stessa ha dichiara-to: “mi irrita molto perché sono australiana, non francese, anche se non ho nulla contro i

francesi”. Da allora, inoltre, è sua figlia Kate a parlare in pubblico per conto della madre.La “sindrome dell'accento straniero” come ha spiegato Karen Croot dell'Università di Sydney, una dei pochi ricercatori che ha com-piuto studi sulla materia, induce le persone risvegliatesi dal coma a riabilitare le proprie funzioni linguistiche con un accento diverso. Il paziente non si accorgerebbe del cambio di accento, fintanto che non gli viene fatto notare e la diversità sarebbe solo un'impres-sione. Questo perché le parti del cervello che hanno subito delle lesioni sarebbero quelle che ospitano le funzioni linguistiche che de-terminano le caratteristiche di un accento, come la lunghezza delle vocali o l'intensità del suono.

dopo il coma parla con

accento francese

È quello che è capitato ad una donna

australiana. Si parla in questo caso di

“sindrome dell'accento straniero”,

una condizione estremamente rara

Si è ritenuto per molto tempo che dopo la nascita nell'uomo non si formassero più nuovi neuro-

ni. Invece la ricerca condotta da Jonas Frisen del Karolinska Institute di Stoc-colma, pubblicata sulla rivista «Cell», ha mostrato il contrario: nell'ippocampo (regione del cervello fondamentale per la memoria e l'apprendimento) i neu-roni continuano a formarsi al ritmo di 1400 al giorno e ciò ha indubbiamente un ruolo importante nelle funzioni co-gnitive dell'età adulta.Lo studio è stato condotto basandosi sui livelli di carbonio 14 (elemento non radioattivo prodotto dai test nucleari fra il '55 e il '63) che ha permesso di data-re le cellule nervose presenti nel nostro cervello. Quando nel 1963 i test nucleari

sono stati vietati, i livelli di carbonio 14 presenti nell'atmosfera hanno iniziato a diminuire con un ritmo preciso. Attraverso i cibi che ingeriamo il nostro organismo assorbe il carbonio 14 pre-sente nell'atmosfera e, ogni volta che nasce un nuovo neurone, il suo Dna re-gistra anche la sua presenza. In questo modo, confrontando le concentrazioni di carbonio 14 presenti nel Dna, è pos-sibile datare i neuroni. Esaminando la sua concentrazione nei neuroni prele-vati dall'ippocampo di alcuni defunti, i ricercatori hanno trovato che nell'arco della vita più di un terzo di queste cellu-

le viene rinnovateo in modo regolare.La scoperta ha conseguenze importan-ti. La prima è che è noto come la nasci-ta di nuovi neuroni nel cervello adulto dei roditori acuisca la loro memoria e lo stesso potrebbe succedere anche negli esseri umani. La seconda è che i risul-tati potrebbero portare a nuove terapie per la depressione, visto che da tempo si sospetta che la depressione sia lega-ta alla riduzione della rigenerazione dei neuroni nell'ippocampo.

il cervello umano è in grado di

rigenerarsiI neuroni nell'ippocampo

continuano a formarsi al ritmo di 1400 al giorno

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La ricerca condotta da Armin Falk, economi-sta dell'Università di Bonn, è una di quelle destinate a far riflettere e a suscitare scalpo-

re. Falk ha raccolto diversi volontari (800 persone) e ha domandato loro se fosse giusto o meno lasciar vivere degli anziani topolini di laboratorio. I parteci-panti hanno risposto unanimemente sì, che i topoli-ni dovessero trascorrere la loro “pensione” assistiti dal personale. Tuttavia, la risposta è cambiata totalmente quando è entrato in campo un premio in denaro. Quando ai volontari è stato chiesto se soppri-mere il topolino in cambio di 10 euro fosse giusto, la metà dei volon-tari ha accettato di andare contro i propri standard morali. La percen-tuale dei volontari che si è dichiarata disposta ad uccidere le cavie è poi aumentata non appena le transazioni economiche sono diventate più complesse e hanno coinvolto più persone: l'etica è così passata in secondo piano e il 76% dei topolini è stato sacrificato in cambio di circa 10 euro. L'aver inserito i topolini in un sistema di scambio ha portato la quasi totalità dei volontari a far diventare il denaro la variabile delle proprie scelte. “Chi opera in un contesto economico viola conti-nuamente i propri standard morali. - ha concluso Falk - Nelle situazioni di mercato più complesse entrano in gioco vari fattori che contribuiscono ad abbassare i sentimenti di colpa e responsabilità”. La consapevolezza che rinunciare a un'opportunità permetterebbe ad altri di trarne vantaggio, accresce il senso di competizione e porta i soggetti a mettere da parte la propria morale.

il mercato uccide l'etica?

Uno studio ha mostrato come di fronte ad un riconoscimento in denaro in molti sono disposti

ad abbandonare i propri standard morali

Di norma è nell'emisfe-ro sinistro del cervel-lo che sono focalizza-

te le aree del linguaggio. Diversi studi hanno però dimostrato che in alcuni individui non esiste questa differenziazio-ne e che l'elaborazione del

linguaggio spesso coinvolge tutti e due gli emisferi. Frequentemente questa scarsa lateralizzazione viene associata a disturbi del lin-guaggio, al punto che si ipotizza un loro rapporto causa-effetto.

A mettere in dubbio questo rapporto è una ricerca pub-blicata su «Science» compiuta da Dorothy V. M. Bishop del dipartimento di Psicologia sperimentale dell'Università di Oxford. Secondo i dati ottenuti dalla ricercatrice, infatti, potreb-be essere il contrario: sarebbero in questo caso i problemi del linguaggio a determinare la scarsa lateralizzazione. Infatti, secondo la Bishop l'idea che i disturbi del linguaggio diagno-sticati durante lo sviluppo siano frutto di una scarsa lateraliz-zazione è debole e indiretta e una svolta in questo campo di ricerca si è avuta solo con lo sviluppo delle tecniche di

neuroimaging. Inoltre, anche gli studi sulla genetica sembra-no andare in questa direzione, dal momento che ricerche sui gemelli hanno stimato nel 70% dei casi l'ereditabilità del deficit di linguaggio, stessa percentuale che si riscontra negli studi sulla dislessia. In letteratura, invece, si trovano e si confrontano diversi modelli causali (che comunque non si escludono a vicenda), come il modello dell'endofenotipo (la scarsa laterizzazione è influen-za dal rischio genetico), della pleiotropia (il rischio genetico determina sia la lateralizzazione del cervello sia il deficit di lin-guaggio) e quello della neuro-plasticità (il rischio genetico in-fluisce sul deficit di linguaggio e questo a sua volta determina una scarsa lateralizzazione). In particolare quest'ultimo modello sembra poco plausibile dal momento che le asimmetrie cerebrali appaiono già evidenti in utero.Sono necessarie, e quindi, nuove e approfondite ricerche in questo campo. Possono risultare utili i test linguistici di soggetti normali o con deficit, associati a tecniche di imaging (risonanza magnetica funziona-le e ecografia Doppler transcra-nica funzionale) che permetto-no di studiare in diretta l'attività del cervello.

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Rassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitiveNeuronews

Deficit del linguaggio

Nuove ricerche mostrano come il

deficit del linguaggio non dipenda dall'emisfero

cerebrale

la tecnologia ci ha reso più intelligenti?

Anemosneuroscienze

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Una ricerca realizzata da un gruppo di ricercatori dell'Uni-

versità di Oxford ha mostrato come la capacità di intuire il pensiero altrui o di immedesi-marsi non sia esclusivamente umana, dal momento che connessioni neurali simili sono state individuate anche nel cervello dei macachi. La capacità di mentalizzazione, che si credeva tipica dell'uo-mo, potrebbe quindi avere la stessa origine della regione cerebrale delle scimmie che governa il riconoscimento dei volti.Da tempo si ritiene che que-sta capacità sia associata ad un'area precisa del cervello, la giunzione temporoparietale, posta poco dietro l'orecchio

destro. I ricercatori hanno monitorato le attività cere-brali di 36 uomini e di 12 macachi e hanno identificato un'area analoga nel solco temporale superiore delle scimmie. In particolare, nei macachi questa regione è coinvolta in importanti atti-vità sociali, come riconoscere i volti, e sarebbe in grado, in modo teorico, di possedere le stesse capacità umane. La giunzione temporoparie-tale umana potrebbe quindi essersi sviluppata grazie alla specializzazione del solco temporale superiore, già presente nel nostro antenato comune vissuto 30 milioni di anni fa. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista «Pnas».

Una recente ricerca pubblicata sulla rivista “Intelligence” sembra suggerire che l'intelli-

genza umana sia in declino. Se, infatti, oggi grazie alla tecnologia abbiamo a disposizione più strumenti di cono-scenza rispetto ai nostri nonni, questo non vuol dire che la conoscenza ci abbia reso necessariamente più intelli-genti.Lo studio, che ha analizzato gli esiti di 14 ricerche compiute tra il 1884 e il 2004, ha mostrato come gli occidentali abbiano perso quattordici punti nel loro QI rispetto ai loro antenati dell'era vittoriana. Come è possibile? Secondo

uno dei ricercatori, il dottor Jan te Nijenhuis, una delle cause è da ricercare nel fatto che oggi le donne di grande intelligenza tendono a fare meno figli rispetto alla media. Gerald Crabtree, professore alla Stanford University, ha così dichiarato all'Huffinghton post: «la riduzione (se c'è n'è stata una) è iniziata nel momento in cui la selezione genetica si è attenuata. Suppongo che ciò sia accaduto quando i nostri ante-nati hanno iniziato a vivere in società altamente popolate e hanno avuto accesso a costanti forniture di cibo. En-

trambe sono il risultato dell'invenzione dell'agricoltura, che è avvenuta tra i 5 mila e i 12 mila anni fa».Le ricerche analizzate si sono basate sulla misurazione del tempo di reazione dei soggetti di fronte ad uno stimo-lo visuale, considerato un indicatore dell'intelligenza umana. Dai risultati è così emerso come il tempo di reazione visiva che a fine XIX secolo era di 194 millisecondi è salito nel 2004 a 275 millisecondi.

la tecnologia ci ha reso più intelligenti?

Secondo i risultati di una ricerca la risposta sarebbe negativa: da fine '800 sono aumentati i nostri tempi di reazione davanti ad uno stimolo

Sono in grado di immedesimarsi con gli altri proprio come gli esseri umani

le scimmie intuiscono i pensieri altrui

Si chiama NitroMemantine ed è un farmaco, anco-ra in fase sperimentale, che ha mostrato un'ottima efficacia nel contrastare il morbo di Alzheimer, dal

momento che mira a ripristinare le connessioni nervose danneggiate dalla patologia. Lo studio, condotto dai ricercatori dell'Istituto di ricerca Sanford-Burnham, è stato pubblicato sulla rivista «Pnas».La prima parte dello studio è durata dieci anni ed è stata guidata dal prof. Stuart Lipton, direttore del Webb Center for Neuroscience, Aging and Stem Cell Rese-arch, che si è dichiarato ottimista per quanto riguarda le ripercussioni terapeutiche che potrà avere la scoper-ta: “questo nuovo bersaglio individuato per trattare il morbo di Alzheimer è molto emozionante perché va contro il filone di ricerca che mirava a un trattamento precoce della malattia. I risultati che abbiamo ottenuto evidenziano che si può intervenire non solo all'inizio, ma anche un poco più tardi. E questo significa che nel malato di Alzheimer si potranno ristrutturare le con-nessioni sinaptiche anche se il cervello ha già placche e grovigli”.

un farmaco per l'alzheimer

Mira a ripristinare le connessioni nervose danneggiate dalla patologia

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Due ricercatori, Santosh Mishra e Mark Hoon, dei National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno

individuato il meccanismo che scatena il pruri-to: la causa è da ricercarsi in una molecola che innesca un processo che viene vissuto nel cer-vello come la sensazione del prurito. La ricerca è stata pubblicata su «Science».Per arrivare a questo risultato l'equipe di ri-cerca ha osservato i topi, che presentano un sistema nervoso simile a quello degli esseri umani. Sono stati studiati così i neurotrasmettitori rilasciati da un gruppo di cellule nervose che, grazie alle loro lunghe fibre che si estendono nella pelle, nei musco-li e in altri tessuti, svolgono in un certo senso la funzione di sensori verso i mutamenti nelle condizio-ni esterne (dolore, temperatura...). In particolare ad innescare la sen-sazione di prurito è la molecola Nppb, appartenente alla famiglia dei neurotrasmettitori: la sensa-zione nasce nel momento in cui la molecola si inserisce in una cellula nervosa specifica nel midollo spinale e porta il segnale al cervello ri-salendo attraverso le fibre nervose. I ricercato-ri hanno infine osservato il corno dorsale, una specie di centralina che si trova nella colonna vertebrale e nella quale i segnali sensoriali ven-gono instradati fino al cervello. Ed è qui che sono state individuate le cellule con il recettore in grado di legarsi alla molecola Nppb. “Abbiamo testato la molecola per il suo pos-sibile ruolo nelle varie sensazioni, ma senza successo. - ha dichiarato Mishra - Quando poi abbiamo esposto i topi carenti di questa mole-cola a diverse sostanze che inducono prurito, abbiamo visto qualcosa di incredibile: i topi non si grattavano”.La scoperta potrebbe avere importanti riper-cussioni nella ricerca di farmaci più efficaci in grado di eliminare la sensazione di prurito nei soggetti colpiti da eczema o psoriasi.

Alla sua base una molecola che scatena la necessità di grattarsi

come nasce il prurito?

NeuronewsRassegna di notizie tra neuroscienza, filosofia e scienze cognitive

Lo studio, com-piuto dai ricer-catori della Jo-

hns Hopkins University e pubblicato sulla rivi-sta «Neuron», sembra aprire la strada a speri-mentazioni per la cura farmacologica delle tos-sicodipendenze. Snyder e colleghi, infatti, hanno

individuato una sostanza, conosciu-ta con la sigla CGP3466B, in grado di bloccare la dipendenza da cocaina nei roditori.Circa venti anni fa Snyder scoprì che l'ossido nitrico (NO) ha un ruolo fondamentale nella rete di segnala-zioni che consente l’attività coordi-nata dei neuroni nel cervello. Du-rante i suoi studi ha notato come la proteina gliceraldeide-3-fosfato dei-drogenasi (GAPDH) può portare a due differenti cammini molecolari per la vita del neurone: la regola-zione del metabolismo della cellula, oppure l'attivazione del programma di autodistruzione (apoptosi). A de-cidere la sorte del neurone è la re-azione del GAPDH con l’NO, che consente al GAPDH di legarsi con un’altra proteina.La scoperta può quindi portare a importanti ripercussioni per il futu-

ro trattamento farmacologico della dipendenza da cocaina, dal momen-to che questo legame la GAPDH dai suoi compiti metabolici, la porta verso meccanismi di autodistruzio-ne.Nel 1998 la casa farmaceutica No-vartis individuò una molecola, CGP3466B, che possedeva un mec-canismo di azione ben determinato: era in grado di impedire all’apoptosi e proteggere i neuroni dalla degene-razione. Gli studi della Novartis si intrecciarono con quelli di Snyder che intuì che la CGP3466B potesse prevenire l’ingresso della GAPDH nel nucleo per dare avvio l’apoptosi. Snyder ebbe conferma alla sua sup-posizione nel 2006, quando trovò che due composti molto simili alla CGP3466B erano in grado di inibire l’azione della GAPDH, impedendo-ne la reazione con l’NO.In particolare in quest'ultimo studio sui topi si è riscontrato che la cocai-na agisce nel modo opposto: induce l'NO a reagire con il GAPDH, ren-dendo possibile il suo trasferimento all'interno del nucleo. Si è notato, inoltre, che per basse dosi di cocaina la presenza del GAPDH nel nucleo stimola il neurone, mentre in caso di alte dosi si avvia il meccanismo di apoptosi.

Un nuovo studio sui topi ha chiarito il ruolo cruciale di una proteina, nota come GAPDH,

nell'effetto e nel danno ai neuroni provocati dal consumo di cocaina.

un farmaco per combattere la dipendenza da cocaina

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Anemosneuroscienze

L'uomo macchinaAppunti liberi tra filosofia della mente e divagazioni antropologiche

Il pretesto per discorrere de-gli argomenti che seguono in una pubblicazione di neu-roscienze e scienze cogniti-ve mi deriva dal fatto che i

temi di storia della cultura che andrò a sfiorare sono in qualche modo in-quadrabili nella psicologia sociale.Da tempo si va ripetendo che vivia-mo in un presente privo di riferi-menti ideologici che possano fornir-ci una mappa per orientare i nostri comportamenti collettivi. La perdita di tali riferimenti è da collocarsi in un lasso di tempo molto ampio che va dalla fine degli anni Settanta del XX secolo all'inizio degli anni Novanta. Sotto la patina politica di quelle vi-sioni, vi era una più complessa rete di rimandi filosofici che cercavano di dotare di un senso la realtà e ten-tavano di suggerire cosa occorreva fare per indirizzarla quella realtà. Quel senso, negli ultimi vent'anni, forse senza teorizzarlo esplicitamen-te, si è cercato di lasciarlo nelle mani dell'economia nella sua variante li-berista e di un mercato che guidasse l'agire pratico della società umana. Sappiamo come è andata e come sta andando.In un panorama così precario come oggi, vi sarebbe la tentazione di re-cuperare alcuni strumenti che furo-

no propri di quei riferimenti inter-pretativi e che si concentrarono in quello che, secon-do la visione che qui si propone, fu l'ultimo snodo nel-la storia della cul-tura occidentale in cui fu presente un tentativo di lettura filosofica unitaria del mondo: gli anni Sessanta e parte del decennio successi-vo.Gran parte di que-gli strumenti si andò sviluppan-do nel quadro di riferimento dello Strutturalismo, un vasto movimento di pensiero che tentava di trasferire nelle scienze umane le metodologie e i modelli della ricerca scientifica, incentrando la propria ricerca nel concetto generale di “struttura”. E proprio il concetto di struttura sa-

rebbe dovuto essere in grado di sod-disfare un bisogno di intelligibilità della realtà attraverso una formula-zione logico-matematica, o che aspi-rava ad essere tale.I confini dello Strutturalismo si di-latarono enormemente, dalla teoriz-zazione linguistica, a quella sociolo-gica e antropologica, fino ad arrivare alla sfera psicologica. In tutti que-

ideologie "naturali"Ora che non esistono più quadri di riferimento unitari per leggere le nostre società, come affrontiamo un presente non-interpretato?

di Davide Donadio

Nell'immagine a fianco

Wihlelm Wundt (1832-1920).

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sti ambiti, tuttavia, era presente il germe stesso che avrebbe roso dall'interno il tentativo di com-

prensione generale della realtà. L'umanesimo era da considerarsi su-perato o da superare. Il sapere era ed è solo scientifico. Secondo posizio-ni come quella di L. Althusser, già

il marxismo aveva mostrato come le ideologie partorite dall'umanesi-mo dipendessero strettamente dalla situazione storico-sociale. Così, la visione delle strutture comportava una vera e propria “rottura episte-mologica” che finiva per ricondur-re il mondo reale alla sua oggetti-vità. Quanto ci sembra antico oggi quell'ottimismo e quella terminolo-gia per esporlo! Ma sarebbe sbaglia-to ricondurre le teorizzazioni dello strutturalismo al marxismo o a quella che allora veniva chiamata la “nuova sinistra”. Se vi era qualcosa che av-vicinava quelle prospettive politiche alle teorizzazioni antropologiche di Lévi-Strauss, a quelle sociali di Fou-cault, o ai lavori in ambito linguisti-co, lo Strutturalismo nel suo insieme fu politico solo di riflesso e almeno

nelle intenzioni mirò a fornire una visione oggettiva del reale.Anche in ambito psicologico lo Strutturalismo tentò di ricondurre tutto a strutture intelligibili. Scopo dell'indagine psicologica era quella di descrivere i contenuti della co-scienza e individuarne le leggi che

regolano le loro applicazioni (questa impostazione si dovette a Edward Bradford Titchener che portò nel contesto americano la lezione di Wihlelm Wundt).Seppure nell'ambito della storio-grafia filosofica lo Strutturalismo venga contrapposto alla cosiddetta filosofia analitica, poiché il primo apparterrebbe alla vasta famiglia del pensiero continentale, secon-do quanto detto sopra non sarebbe così azzardato sostenere che il pen-siero analitico (almeno buona parte di esso) altro non è che la tensione logico-matematica dello Strutturali-smo privata di ogni interesse verso il contesto storico e sociale (e quindi potenzialmente ideologico).Il paradosso in cui veniamo a trovar-ci oggi è che i più efficaci strumenti

filosofici analitici non possono dare, per la loro stessa natura, nessuna proposta di indirizzo di gestione politica delle nostre società. E quan-do lo fanno (si pensi, per limitarsi a qualche esempio, alla filosofia mora-le applicata di J. Rawl o di R. Nozick che tentano di stemperare il forma-

lismo analitico in questo campo) si avvicinano pericolosamente ai loro cugini strutturalisti, con la stessa ambizione di ridurre l'umano, anche nella sua dimensione sociale, al con-testo naturale, ma con metodi ben lontani dalla raffinatezza logica degli studi linguistici.Eppure, quello politico, era un ter-reno di competenza privilegiato del-la filosofia, fin dalla Sofistica e da Platone. A quale tipo di riflessione dobbiamo relegarlo oggi?Forse le società del passato e del presente hanno una necessità natu-rale ad appoggiarsi a ideologie (ma-gari non subite, ma consapevolmen-te utilizzate) e la loro dissolvenza nel mondo contemporaneo è stato, paradossalmente, un atto innaturale o per lo meno dannoso.Dovremo pazientare fino a che la visione naturalistica del mondo co-struita sulla scienza (di cui il liberi-smo selvaggio è un inconsapevole e mal riuscito tentativo di imitazione in ambito socio-economico) si stra-tifichi e divenga ideologia. O forse tutto questo è già avvenuto, ma ce ne accorgeremo solo fra qualche de-cennio, riguardando da una prospet-tiva storica il nostro presente.■

Nell'immagine a fianco Claude Lévi-Strauss (1908-2009).

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

pagina 20 Psichiatria e sociologia

pagina 28 Filosofia e psicologia sociale

pagina 36 Il personaggio, Nilde Iotti

AIl tema del numero

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Tra uomo e donnaQuestioni intorno alle differenze di genere, tra psichiatria, sociologia e filosofia.

mappa conceTTuale: il Tema del numero

«Tra uomo e donna»Questioni intorno alle differenze di genere,

tra psichiatria, sociologia e filosofia

pSicologiae Sociologia

Il rapporto maschile/femminile: la sua evoluzione nel corso della storia e la condizione femminile nel mondo di oggi

pSicHiaTriae SociologiaDisturbi alimentari: quale correlazione con l'identità di genere?

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Percorsi interdisciplinari

1

2

Neuroscienze e discipline scientifiche connesse

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

FiloSoFiae pSicologiaSocialeLa filosofia delle donne: una decostruzione del diritto, del linguaggio e del mito

il perSonaggio La passione politica

di Nilde Iotti

muSicoTerapiaGli effetti

della musica sulla mente umana

Scienze umane, sociali e altri punti di vista

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Anemosneuroscienze

{3

STRUMENTI DI LETTURAI testi di «Neuroscienze Anemos» sono idealmente suddivisi in In - InterdisciplinaApp - ApprofondimentiR/Np - Ricerca e nuove proposte

Agli articoli viene inoltre assegnato un numero che indica la complessità di comprensione del testo da 1 a 5.

1 2 3 4 5

AnemosneuroscienzeLug-Set 2013 | anno III - numero 10

5

4

Altri

appro

fondim

enti

neurologiaLa terapia con

cellule staminali, enormi potenzialità per molte malattie

neurologiche

Psicologia Sociologia

idenTiTà di genere:

maschio, femmi-na, androgino. Il rapporto maschio-femmina dal punto di vista biologico o

maschile-femminile dal punto di vista culturale ha attraversato tutta la storia dell’uomo ed è fonte di un dibattito molto acceso e riaperto dalla contesta-zione del ’68 e dagli effetti del neoli-berismo e dell’economia di mercato. Come spesso avviene, il mito ci aiuta a capire l’origine di un certo modo di pensare e di agire. Per Aristofane (stan-do alla rappresentazione che ne da Pla-tone nel Simposio), all’inizio dei tempi, contemporaneamente ai Titani c’erano tre generi di esseri umani: il maschio, la femmina e l’androgino. Ognuno aveva una testa sola, ma con due facce: ma-schio-maschio, femmina-femmina, ma-schio-femmina. Quando Giove decise di dividerli tagliandoli in due, ognuna iniziò il suo peregrinaggio per cercare la propria metà. Così è normale che ci sia-no uomini che cercano donne, donne che cercano uomini, ma anche uomini che cercano altri uomini o donne che bramano altre donne. Anche nel Talmud si legge che Abramo in origine era An-drogino e che Dio lo divise in maschio e femmina. La stessa formula, l’elemen-to primo comprendente sia l’essere ma-schile che il femminile che viene diviso in due parti complementari e della stes-sa dignità, la si trova nel mito indiano. Nella tradizione giudaico-cristiana, in-vece, Dio crea la donna dalla costola dell’uomo. In origine è l’uomo, la don-na è “qualcosa” che viene dopo e che gli

di Marco Ruini

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Il rapporto maschile-femminile: la sua evoluzione nel corso della storia e la condizione femminile nel mondo di oggi

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un'inTroduZione al Tema

appartiene. L’Occidente è nato sotto l’in-flusso di questo concetto rafforzato da Aristotele per il quale la femmina offre la materia, il maschio invece la forma. An-che per Platone la donna offre la materia e rappresenta il naturale, ma l’uomo of-fre il modello, l’idea che si rifà al trascen-dente, dona l’anima. Si è compiuto un passo fondamentale, la materia, la natu-ra, è stata privata della sua componente spirituale, di un senso che è stato affidato al mondo delle idee, a un essere trascen-dente di carattere maschile. La natura e la donna donano solo la pura materia che non avrebbe senso senza un’anima che arriva da questo essere trascenden-te tramite l’intermediazione dell’uomo. L’idea che la donna sia inferiore all’uo-mo ha dominato gli ultimi due millenni attraverso pregiudizi e luoghi comuni che hanno trovato conferma nelle sacre scritture e nella scienza, il mito moder-no, la nuova verità che copre ogni altro senso nonostante la sua evidente falla-cia. Le scoperte scientifiche, riguardanti alcune peculiarità biologiche di genere pubblicizzate come verità assolute e sco-perte sensazionali, vengono sistematica-mente confutate e, ciò nonostante, sono assunte rapidamente dalla società come luoghi comuni difficili da rimuovere. Ci si è appellati alla scienza, alle differenze biologiche tra maschio e femmina, per giustificare la presunta inferiorità del ge-nere femminile. Paul Broca, lo scoprito-re dell’area del linguaggio nella regione frontale sinistra, attribuiva l’inferiorità intellettuale delle donne (data per scon-tata) al fatto di avere un cervello più pic-colo senza tener conto delle differenze di peso e volume corporeo, del numero delle circonvoluzioni cerebrali che è il medesimo, del numero dei neuroni tota-li che è identico. Le Neuroscienze hanno poi mostrato che sono le connessioni che si formano tra i neuroni, le sinapsi, i collegamenti a determinare l’intelligenza e non il peso assoluto del cervello. A fine Ottocento, quando per intenderci erano diffuse le teorie di Cesare Lombroso (studioso che a certe caratteristiche fisi-che faceva corrispondere caratteristiche

morali e cogniti-ve) era diventata abitudine pesare dopo la morte i cervelli di persone considerate genia-li. Fu dunque evi-denziato che tanti di costoro avevano un cervello più piccolo della me-dia. Alcuni lavori scientifici han-no dimostrato che le connessioni interemisferiche, il corpo calloso, sono più evidenti nella donna. Altri lavori hanno mostrato diffe-renze nella distribuzione della so-stanza grigia nelle aree delle emo-zioni, del linguaggio e del tronco cerebrale: tutte diversità minime alle quali sono state attribuite le differenze di attitudini e com-portamenti tra maschi e femmine (ad es. aggressività e competenze matematiche per il maschio, sen-sibilità, empatia, competenze let-terarie per le femmine) che sono in gran parte dovute alla neuro-plasticità del cervello che si mo-difica continuamente in base alle influenze ormonali e ambientali. Non sono quindi differenze congenite, ma acquisite. Anche questi dati non han-no intaccato il luogo comune dell’infe-riorità attribuita alle donne. Nessuno ha poi dimostrato che queste differenze anatomiche portino a un diverso livello qualitativo delle funzioni cognitive. Si torna al mito, secondo la lettura che ne ha dato la filosofia antica, ad Aristotele e Platone: il modello è dato dal maschio e quindi ogni difformità dal modello viene vista come problema, mai come oppor-tunità o pregio. Si parte dai pregiudizi e si utilizza la scienza per confermarli. Spesso giornali e riviste (di posizioni conservatrici o progressiste) hanno uti-lizzato gli stessi dati, presentati in modi diversi, per affermare teorie opposte. Ri-guardo poi alla creatività, all’intelligenza, alla socialità e all’umanità, le differenze e non l’uniformità o la conformità sono la vera ricchezza.

La condizione femminile oggi. Le Neuroscienze confermano, ci sarebbe da stupirsi del contrario, che il sesso bio-logico è determinato a livello genetico.

Ma hanno altresì dimostrato che questa differenza non porta a differenze sostan-ziali nel funzionamento cerebrale relati-vamente a intelligenza e funzioni cogni-tive superiori. Gli ormoni, l’ambiente e la cultura sono fondamentali nel deter-minare l’identità di genere, per sentirsi maschio o femmina. Sono gli aspetti acquisiti dall’ambiente e dalla cultura che permettono di adeguarsi o meno al ruolo che la società attribuisce all’identi-tà maschile o femminile attraverso pre-giudizi, precetti morali, luoghi comuni, organizzazione del lavoro e accesso alla conoscenza. Questo retaggio culturale è causa di gravi ingiustizie e ha conseguen-ze a volte catastrofiche nella società. È il caso del femminicidio perinatale. In Cina l’obbligo di avere un solo figlio ha portato a eliminare le femmine appena nate o prima della nascita per poter ave-re un figlio maschio. La conseguente so-vrappopolazione maschile comporta che milioni di uomini non troveranno una partner e che sono in aumento prostitu-zione e AIDS. In India la situazione è simile, ma per cause diverse: le femmi-ne venivano eliminate per proble- ►

A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

Figura 2.1 - A fianco dipinto di P. P. Rubens raffigurante Adamo ed Eva.

Anemosneuroscienze introduzione al tema

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Nessuno ha dimostrato che le differenze anatomiche presenti nel

cervello dei due generi portino a un diverso livello qualitativo

delle funzioni cognitive

mi economici. Era troppo oneroso per tante famiglie dover preparare la dote per farle sposare. Si è tentato di

contrastare il fenomeno nel '94 con una legge, ma c’è da supporre che il model-lo mercantilistico liberista in espansione riaccentui questa ingiustizia. Anche in Italia ci sono fattori culturali che ren-dono la condizione femminile peggiore che nel resto d’Europa. é stato abolito il delitto d’onore dal codice penale solo dal 1981, ma restano sempre le attenuan-ti che, guarda caso, riportano parte della colpa alle vittime, alle donne ree di pro-vocare il maschio cacciatore con l’abbi-gliamento e l’atteggiamento o di essere andate in posti pericolosi o di aver scelto compagnie sbagliate. Abbiamo un Parla-mento assente, incredibilmente vuoto in occasione della discussione sulla ratifica della legge sulla violenza alle donne di poche settimane fa. Quel vuoto, anche se poi la legge verrà promulgata, è grave perchè il messaggio subliminale che pas-sa è che la violenza alle donne non sia poi un tema rilevante o prioritario. Allo stesso modo, un ex Presidente del Consi-glio che nel prendere accordi per ridurre gli sbarchi di clandestini, disse ridendo

“però le belle donne mandatele pure!”, non pronunciò una battuta ironica come si è tentato di far credere, ma mandò il messaggio indiretto di una donna oggetto che vale solo per il suo aspetto esteriore. Comportamenti come questi da parte di chi dovrebbe dare l’esempio, aggiungen-do anche gli scandali sessuali e gli abusi sui minori da parte dei maggiori rappre-sentanti delle istituzioni, rafforzano i luoghi comuni e indeboliscono ulterior-mente il ruolo di una donna che l’Italia non vuole emancipare, diciamolo pure. Abbiamo una struttura sociale ancora impostata sul clan e sulla famiglia che ha sempre coperto la violenza domestica alle donne. Abbiamo ruoli gerarchici che escludono la maggior parte delle donne dal poter essere protagoniste se non ven-dendo il corpo. Abbiamo ancora scarsa consapevolezza da parte di tante donne di quello che stanno subendo non a cau-sa di un disegno della natura o divino, ma di scelte culturali.

La banalità del male. Se nel passa-to la violenza alle donne, sia psicologica che fisica, era quasi esclusivo appannag-gio dell’adulto che aveva introiettato nel tempo i pregiudizi e l’autoritarismo maschilista, vediamo oggi sempre più violenze su ragazze minori da parte di altri minori. C’è stato in questi anni un mutamento antropologico che Pasolini identificava nel passaggio dal cittadino al consumatore: quest'ultimo avrebbe fa-vorito la tendenza a oggettivizzare tutto ciò che sta al di fuori di noi, compresi gli altri. Ma di questo risultato siamo stati artefici noi "padri", il comportamento dei nostri figli non è che l’effetto ultimo. Aver delegato le responsabilità, aver di-satteso il compito educativo di porre dei limiti alla soggettività, aver reso tutto, compresi i sentimenti, merce di scam-bio, aver portato successo e visibilità a miti moderni, aver utilizzato il sesso debole come area di conquista ha dato questi frutti: tutto è merce e in una so-cietà declinata da sempre al maschile la donna è l’oggetto più prezioso. Il libe-ro mercato, per funzionare al massimo, vuole che ognuno sia imprenditore di se stesso. I neoliberisti parlano di sano egoismo che dovrebbe promuovere la concorrenza, l’affermazione personale, la produzione. Per questo progetto la so-cialità, la solidarietà, le fasce deboli sono freni, "zavorre", dovremmo tutti essere

consumatori-produttori e volere, vole-re senza essere mai soddisfatti, per non frenare questo progresso basato sul pro-durre e consumare. Questo modello non l’hanno inventato i giovani, ma ha con-dizionato i loro rapporti interpersonali, ha trasformato, quando non eliminato, le relazioni con gli altri. E sta portando allo smantellamento del welfare creato a difesa del debole e del diverso, dei non produttivi visti ora come parassiti. Tutto ciò che è al di fuori di noi ha valore di mercato, anche gli affetti. La donna è un oggetto di consumo, è qualcosa che una volta acquisito è nostro e non possiamo perderlo, come il cellulare, l’orecchino o la macchina che tanti curano più delle persone che hanno accanto. L’individua-18

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10Psicologia Sociologia

Gli ormoni, l’ambiente e la cultura sono fondamentali nel

determinare l’identità di genere, se sentirsi maschio o femmina.

Sono gli aspetti acquisiti dall’ambiente

e dalla cultura che permettono di

adeguarsi o meno al ruolo che la società

attribuisce all’identità maschile o femminile.

l'identità sessuale“L’identità sessuale ha più com-ponenti. 1. L’identità di genere: il senso di sé come femmina o maschio; 2. L’orientamento ses-suale: definito in base al sesso verso cui si è attratti; 3. L’adesio-ne ai ruoli di genere: rappresen-tano il sé in modo conforme a ciò che in una determinata cultura viene consensualmente definito ed etichettato come maschile e femminile. È l’adesione dell’indi-viduo a quell’insieme di norme descrittive e prescrittive relative a cosa debba essere una donna o un uomo. Di solito l’identità di ge-nere, l’orientamento sessuale e il ruolo tendono ad aggregarsi in un certo modo e l’uomo è attratto da una donna e viceversa.”* Ci sono però patterns diversi da questi, descritti in passato come disturbi d’identità di genere, che portano a variazioni dell’orienta-mento sessuale che hanno una frequenza così alta, circa il 10%, che solo pregiudizi culturali pos-sono considerare patologici.

*Raffaella Rumiati, Donne e Uomini, Il Mulino 2010

A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10 Anemosneuroscienze

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lismo e il narcisismo che sembrano essere le caratteristiche principali dei giovani di oggi (fortunatamente non di tutti) hanno trasformato il prossimo da individuo a specchio nel quale vedere riconosciuto il proprio Io ipertrofico. L’Altro è un ogget-to da usare fin quando è utile. Quando dissente o non riconosce il nostro valore, va allontanato. Ha una funzione antide-pressiva come tutti gli oggetti che vo-gliamo avere, subito, in modo assoluto, in un godimento immediato e di breve durata sostituito, senza il tempo di avere soddisfazione, da altri bisogni, altri desi-deri pulsionali. Gli oggetti, come del re-sto il sesso senza il sentimento, i rapporti superficiali della durata di pochi giorni, il numero virtuale di amici, vanno a co-prire un vuoto che però è incolmabile. Il narcisismo lascia soli, gli altri servono per confermare che siamo, esistiamo, va-liamo, ma in caso d’insuccesso o perdita, restano la solitudine e la depressione, in netto aumento soprattutto tra i gio-vani. Trattare poi i figli come tesori da salvaguardare e valorizzare a tutti i costi fa si che i ragazzi non vengano educati alla perdita, alla frustrazione. Non pos-sono perdere, sono abituati ad avere tutto e subito e vogliono, pretendono, non possono essere contraddetti o de-

lusi o comparirebbe l’angoscia, il vuoto esistenziale. Gli adulti, genitori e figure istituzionali allo stesso modo, hanno ab-bandonato il loro compito educativo di esempio, sono i primi a non porsi limiti e a fuggire le responsabilità dando sem-pre le colpe agli altri, pretendendo tutti i diritti, senza doveri né regole, sempre pronti a giustificare i capricci o le scioc-chezze dei loro figli. In un clima simile, con la necessità di emergere tra i coeta-nei, di essere sempre visibili e di garantir-si l’identità costruita a fatica su Facebo-ok, bombardati dai media e dagli adulti che insistono sul fatto che per loro non ci sarà futuro, lavoro, pensioni, i ragazzi si attaccano sempre più al presente, alla soddisfazione immediata, all’oggetto. E la condizione femminile non può che peggiorare. Da sempre oggetto, merce di scambio in un mondo declinato al ma-schile, la donna ora è anche una proprie-tà assoluta del maschio, ne testimonia la potenza e garantisce la sua immagine, il suo valore sociale. È qualcosa che il nar-ciso o il bullo non può perdere per non cadere nell’angoscia della solitudine o nella perdita di ruolo. La caratteristica di questa violenza è che non è messa in atto da individui malati o abbandonati dalla società, ma da persone che sono piena-mente dentro a questa “normalità” fatta da conformismo e individualismo, dove anche la vita dell'altro non ha valore. È la banalità del male che Anna Arendt ha descritto nella società tedesca del nazi-smo che ora ha penetrato la nostra socie-tà rendendola sempre più violenta.

il riconoscimento del valore dell'altro. Quello della dignità della donna e delle violenze psicologiche e fisiche ai suoi danni è un tema che non è mai stato affrontato in termini seri in quanto la posizione della donna nella società patriarcale, gerarchica, liberista è di far parte del patrimonio dell’uomo, di essere la vera “merce di scambio”. Occor-re minare alle fondamenta la società dei privilegi, dei pregiudizi, dell’egoismo per vedere cambiare la condizione femmini-

le e sembra di aver imboccato la strada opposta. L’obiettivo dovrebbe essere ri-fondare l’individuo, creare dei liberi cit-tadini, ma probabilmente Nietzsche ave-va ragione nel ritenere che l’umano non fosse ancora pronto alla libertà e Fromm nel dire che l’uomo fugge la libertà per-ché comporta responsabilità che non vuole o non è in grado di assumersi. Fin quando non confuteremo questi para-digmi, non vinceremo i pregiudizi che frenano il miglioramento della condizio-ne femminile. Potrebbe aiutare una edu-cazione in giovane età alla costruzione di relazioni tra individui alla pari, al ri-conoscimento del valore dell’altro, della necessità delle differenze, della opportu-nità di regole che favoriscano la sociali-tà, della presenza di limiti, della bellezza di una felicità condivisa al posto di un godimento immediato e claustrofobico: una educazione civica al rispetto e al sentimento. Non mancano di certo gli esempi positivi sia tra gli adulti che tra i giovani. Riportiamo in appendice nel-lo Spazio dibattito, a conferma di quanto detto, le testimonianze di alcune ragaz-ze che hanno partecipato alle iniziative di Intercultura, periodi scolastici da una settimana a un anno di permanenza all’estero o accoglienza di un giovane straniero in Italia per gli stessi periodi. Vediamo con piacere come esiste anche un concetto di altro come persona por-tatrice di valori, novità, dignità, quanta voglia di integrazione e conoscenza ci sia tra i giovani e anche quanti adulti si pongano tramite il volontariato come modelli di vita responsabile, impegnata, solidale, esempi di come la vita possa essere vissuta con senso e soddisfazione proprio grazie all’impegno e alla socializ-zazione. Esempio anche di come, in una cultura diversa, aperta all’altro, l’atten-zione alla donna potrebbe essere molto diversa e più equa e i generi maschile e femminile esprimere solo differenze di compiti educativi, non di qualità, digni-tà o umanità.■

Indicazioni bibliografiche

Il cervello delle donne. Louann Brizendine. BUR Rizzoli, 2007Il corpo. Umberto Galimberti. Feltrinelli 1983, 2010L’anima delle donne. Aldo Carotenuto. Bompiani, 2012Empatia. Andrea Pinotti. Laterza, 2011Alterità. Vincenzo Costa. Il Mulino, 2011

Donne e Uomini. Raffaella Rumiati. Il Mulino, 2010Il complesso di Telemaco. Massimo Recalcati. Feltrinelli, 2013Fragile e spavaldo. Gustavo Pietropolli Charmet. Editori Laterza, 2013Ritratti del desiderio. Massimo Recalcati. Raffaello Cortina Editore, 2012

introduzione al tema

Marco Ruini è neurologo e neurochirurgo, dirigente sanitario del Centro di Neuro-scienze Anemos.

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Psichiatria Sociologia Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

diSTurBi alimenTariQuale correlazione con l'identità di genere?

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A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10 Anemosneuroscienze

parole chiave. Disturbi alimentari, anoressia, bulimia, donna, famiglia

abstract. I disturbi del comportamento alimentare colpiscono nella maggioranza dei casi le donne: il tasso di presentazione nel genere maschile è circa un decimo rispetto quello nel sesso femminile e la fascia maturativa di maggiore incidenza è quella adolescenziale e giovanile. Tuttavia, questo tipo di disturbo non rappresenta in senso stretto un’area psicopatologica esclusiva della donna, ma si struttura su significati, valori, modalità psicologiche e relazionali che sono proprie dell’universo femminile. Non sono tanto i costrutti significativi su cui ruota la dialettica interna del disturbo a distinguerli da quelli dell’uomo, ma sono gli attributi e i parametri di riferimento su cui si misurano le polarità dicotomiche dei costrutti stessi che sono specificatamente femminili.

di Raffaele Bertolini 3App

1. Identità di genere

Disturbi del compor-tamento alimenta-re. I disturbi del com-portamento alimentare hanno una larga valenza

femminile con una prevalenza lifetime dello 0.5% per l’anoressia nervosa e del 1-3% per la bulimia nervosa; la fascia maturativa di maggiore incidenza è quel-la adolescenziale e giovanile; il tasso di presentazione nel genere maschile è cir-ca un decimo rispetto quello nel sesso femminile. Questi dati epidemiologici elementari sono già degli indicatori si-gnificativi del disagio che la donna pro-va, proprio nell’età in cui i suoi cambia-menti fisici e psicologici impongono un aggiornamento continuo del processo auto identificativo; disagio che si acuisce in quei contesti evoluti, dove aspettative familiari e fattori culturali e sociali “pre-mono su di lei”, richiedendole di costru-irsi rappresentazioni polimorfe di un sé che deve comunque mantenere il suo sentimento di continuità e di coerenza cenestesica. Ovviamente ciò richiede la capacità di integrare i propri stati inter-ni e la capacità di leggere i contesti di riferimento delle sue esperienze; se non è così, l'individuo vive le sue esperien-ze in modo incoerente, contraddittorio e sofferto e, attraversando fasi critiche, può sviluppare una condizione di crisi personale.

la complessità del ruolo fem-minile. Nella società attuale, a propo-sito della condizione dell’uomo e della donna, devono costruirsi molteplici e diverse rappresentazioni di sé che appar-

tengono a tutte le aree esistenziali: il suo ruolo nel mondo della scuola e del lavoro implica il suo misurarsi nell’area psicologica e sociale della competitività e del dominio sull’altro, il che richiama una vi-sione del valore perso-nale e delle relazioni sé-altro nei termini di-cotomici del vincente-perdente o in quelli del dominatore-dominato; la stessa natura femmi-nile la espone a perico-li in particolari contesti: ne deriva una rappresentazione di persona minacciata e abusata dall’uomo e dalla sua violen-za, situazione che presuppone la messa in atto di strategie di evitamento e di fuga o la drammatica accettazione di una condizione di inferiorità di genere. Tutto questo produce stati mentali appa-rentemente incompatibili, che devono quindi essere integrati all’interno della sua narrazione personale e di una corret-ta lettura ambientale: ad esempio, può accadere che una donna a mezzanotte esca da una riunione di lavoro e si trovi a compiere un breve tratto di strada per arrivare alla sua auto parcheggiata in un luogo non frequentato: nel momento in cui esce dalla porta dell’ufficio trovando-si in strada, sente lo switch di un sé che passa da uno stato mentale di valore ri-conosciuto, nell’ambito di un ambiente supportivo, a uno stato interno di paura e di fragilità in un ambiente potenzial-mente distruttivo. Nell’ambito della re-lazione di coppia la rappresentazione di

partner amorosa e sessuale può portare a una gravidanza non desiderata che le propone un’immagine prospettica di un sé genitoriale che esige l’avvenuta elabo-razione della relazione con la propria figura materna, per produrre il sentimen-to di maternità, di propensione all’accu-dimento e alla responsività; la mancata elaborazione del processo di identifi-cazione materna porta alla “colpevole” non accettazione della gravidanza che scatena sentimenti, angosce di inade-guatezza e fantasie di autodistruzione. La proposta dall’esterno (dai media)

Figura 3.1 - I dati epidemiologici dei disturbi sono indicatori significativi del disagio che la donna prova, pro-prio nell’età in cui i suoi cambiamenti fisici e psicologici impongono un ag-giornamento continuo del processo auto identificativo. Aspettative familia-ri e fattori culturali e sociali “premono su di lei”, richiedendole di costruirsi rappresentazioni polimorfe di un sé che comunque deve mantenere una propria coerenza.

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di canoni estetici non negoziabili (ad esempio, la taglia fisica) imposta dal

mondo della moda, della danza, della pubblicità o del cinema, risulta essere un violento agente deformante del proces-so di rappresentazione del sé corporeo, che interferisce soprattutto nelle fasi di trasformazione: l’adolescente deve nego-ziare tra un’idealità estetica narcisistica indotta e i vincoli fisici e biologici che la sua tipologia costituzionale e il suo patri-monio cromosomico impongono. Tutte queste richieste specifiche, che ogni ambiente di vita richiede alla donna, la stimolano a misurasi con le proprie de-bolezze per risolverle o ridurle, avviando un suo processo di miglioramento con-tinuo, di fronte alle necessità esistenzia-li. Questo processo di miglioramento è possibile solo se la sua struttura di perso-nalità risulta plastica e funzionale, anche nei periodi critici di cambiamento, se non lo è, la situazione può determinare un default personale, che può assumere anche la forma di disagio psichico. In-sieme ad altre forme psicopatologiche, i disturbi del comportamento alimentare appartengono alla sofferenza adolescen-ziale e giovanile.

2. Organizzazione personolo-gica predisponente al distur-bo alimentare e sua frattura

organizzazione contestualiz-zata (Nardi, 2005). Le adolescenti e le giovani donne che possono sviluppare un disturbo del comportamento alimen-tare presentano una struttura di persona-lità il cui tratto saliente è la difficoltà nel processo di definizione di sé in modo autonomo, attraverso i processi meta-cognitivi, difficoltà a cui sopperiscono attraverso una naturale propensione alla sintonizzazione verso l’esterno (relazioni interpersonali), da cui traggono diretta-mente le proprie rappresentazioni e indi-rettamente le modulazioni di sentimenti ed emozioni. Questa configurazione mentale deriva dal fatto che, presentan-do tratti temperamentali di introversione e ansietà e difficoltà espressiva, nelle loro fasi maturative infantili hanno ricevuto interventi educativi indirizzati a rinfor-zare questi loro tratti (non a correggerli), assumendo quindi nel tempo la tendenza a percepirsi e a vedersi nel preciso modo che i genitori indicavano loro. Essa, se funzionale o minimamente disfunziona-le ma non ancora patologica, appartie-ne a un’organizzazione conformistica

che si manifesta attraverso la difficoltà a prendere decisioni e a riconoscere i pro-pri stati d’animo (alessitimia), attraverso l’adesione conformistica a principi con-venzionali difficilmente confutabili che trovano espressività nel perfezionismo estetico, sociale, professionale, esisten-ziale, coltivato più come desiderio che come progetto. Spesso in donne adulte, psicologicamente compensate, descritte come persone operose e positivamente dedite ai loro compiti, l’impegno proget-tuale è impedito dalla loro dipendenza dalla conferma esterna; l’atteggiamento di evitamento dell’esposizione perso-nale in ogni campo (affettivo, sessuale, lavorativo) e del confronto con la realtà interna ed esterna (evitamento di ogni approfondimento di sè) è un modo di prevenire un potenziale giudizio negati-vo, che provocherebbe un’altissima tur-bolenza emozionale legata al disvalore personale. Lo stile affettivo e la sessualità iniziano ad avere una loro connotazione dall’adolescenza in poi: nell’ambito del rapporto affettivo in cui la regola della non esposizione implica difficoltà nel coinvolgimento personale, al partner viene richiesta la garanzia di un’intimità confermante, vissuta su valori affettivi assoluti, la cui qualità è messa alla prova

Psichiatria Sociologia Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Il ruolo della donna nel mondo della scuola e del lavoro implica il suo misurarsi nell’area psicologica e sociale della competitività e del dominio sull’altro, il che

richiama una visione del valore personale e delle relazioni sé-altro nei termini dicotomici del vincente-perdente o in quelli del dominatore-dominato

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costantemente attraverso un vasto reper-torio di strategie relazionali congruenti. L’allungamento della distanza affettiva si accompagna a sentimenti di vuoto interiore in situazioni relazionalmente complesse e predispone a evitare ogni distacco, anche temporaneo, poiché risulterebbe critico, sul versante della definizione di sé (“chi sono io senza di te?”), più che sul versante della perdita del legame (“mi manchi tanto!”).La sessualità è vissuta come modulato-re della relazione affettiva per ottenere prossimità affettiva confermante e con-senso della propria immagine esplicita da parte del partner, per evitare l’esposi-zione affettiva, utilizzando una sessuali-tà deludente e anestetizzata.

Organizzazione D.A.P. (disturbo alimentare psicogeno - Guidano, 1991). Quando la strutturazione dell’Io di que-ste ragazze è marcatamente asimmetrica, coincide con una percezione cenestesica di sé estremamente vaga e fluttuante do-vuta alla vacuità del dominio emozionale rimasto arcaico, indifferenziato (vaghez-za della matrice mnesico-immaginativa), e alla sua incertezza attributiva. Tale senso cenestesico, sostenuto solo dalle modulazioni e dalle attivazioni dei ritmi biologici, ha comunque bisogno di esse-re sistematicamente definito dall’esterno, ricorrendo all’osservazione scrupolosa di come ci si sente percepiti di volta in vol-ta dalle figure competenti: “mi sento e mi vedo come gli altri dicono che sono” (“exsternally bound”), bisogno di acqui-sire dall’esterno i propri modi di senti-

re: “mi dicono che questo è buono e in effetti mi piace!” Pertanto in una giova-ne che, per introversione di tratto, non ha che un ristretto numero di rapporti significativi, anche solo una semplice criticità del rapporto interpersonale è vissuta come interruzione drammatica, poiché equivale a “staccare brutalmente la spina” dalla fonte di definizione e può produrre uno stato “psicotico” (di solito temporaneo) di ansia da frammentazio-ne del sé (personalità border). Il ricorso all’ancoraggio del sé corporeo per recu-perare la continuità del sé è una risorsa efficace che le “personalità border” uti-lizzano in immediato, attraverso l’auto-lesionismo (il tagliarsi), che dà anche il vantaggio secondario del soccorso e che le pazienti con disturbi alimentari utiliz-zano in modo sistematizzato.

3. Il processo psicopatologico e la sua origine interpersona-

le nelle fasi maturative

La “coscienza” corporea. Dalla ricostruzione degli scenari dei sistemi motivazionali di attaccamento delle pa-zienti con DCA, pur nella molteplicità dell'espressività individuale, il tipo di accudimento genitoriale risulta impre-vedibile o contradditorio, confusivo, ai fini della maturazione emozionale e della stabilizzazione dell’immagine del sé della bambina, poiché suscita senti-menti di incertezza interpretativa a cui risponde attraverso comportamenti di segnalazione costante tipici dell’attacca-

mento coercitivo. Per le sue caratteristi-che personologiche, la madre si propone come caregiver formalmente dedito ma selettivamente tanto incapace di sinto-nizzarsi sui segnali fisiologici della bam-bina, quanto intrusiva nel definirglieli sistematicamente (“mangia perché hai fame!”) fin dalle prime fasi dello svezza-mento (0/6 mesi), il che ostacola la sin-cronizzazione e l’ordinamento dei ritmi psico-fisiologici infantili e la capacità della loro decodifica e il loro riconosci-mento: la bambina non è, quindi, avvia-ta a conseguire la sua coscienza corpo-rea, che consiste nella capacità, acquisita attraverso un processo di apprendimen-to, di percepire i propri bisogni corporei, di sapere e di indicare come soddisfarli in modo diretto dalla lettura dei segnali del corpo.

La “coscienza” emozionale. Lo stile ambiguo, coartato dell’espressività materna (riverberazione confusiva) fa sì che la bambina non trovi espressioni emozionali, né atteggiamenti materni chiari sui quali avviare la sintonizzazione e la connessione dei propri basic feelings, i quali pertanto non maturano, rimango-no arousal cenestesici vaghi e indifferen-ziati, non essendo abbinati agli scenari mnesici-immaginativi di esperienze di reciprocità vissuta. Viene quindi a man-care la capacità diacritica di riconoscere i propri stati interni fisici ed emozionali, che veicola la necessità della definizione dall’esterno: questa è totale e consiste nell’individuazione indotta dei segna-li corporei fin dal rapporto primario

Sesso e genere

A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10 Anemosneuroscienze

Su un piano psicologico non è possibile definire il genere in termini assoluti

e certi. Sebbene vi siano fattori biologici fondamentali e fortis-simi condizionamenti culturali a determinare la differenza di genere maschile e femminile, risulta chiaro che vi è qualcosa che a tali condizionamenti sfug-ge. Comprendere come si pro-ducano tali differenze in questa dinamica così complessa è lo

scopo dei cossiddetti studi di genere.Va detto, d'altra parte, che il dibattito sul contrasto natura e ambiente si carica sovente di dati ideologici che possono di-storcere la reale portata scienti-fica di alcune ricerche.Le differenze comportamentali, di personalità, pur derivando da fattori biologici, si trovano in una dinamica con apprendimento, condizionamento, modelli e imi-

tazione che l'individuo fa propri nel corso della formazione della propria individualità.Si tenga pertanto presente che “sesso” indica la caratteristica fisica biologicamente definita, mentre “genere”: l'insieme di fatti sociali, culturali e psicologi-ci che si legano all’appartenen-za ad uno dei due sessi e che può non coincidere con il dato biologico.

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

e via via, nel corso del processo ma-turativo, si procede sistematicamente

a ricevere la lettura di ogni esperienza esterna ed intima. Vengono quindi selet-tivamente favoriti quei flussi esperienziali che attivino schemi emozionali veicolan-ti la prossimità alle figure di riferimento (ammirazione, commozione, fiducia) e la conferma personale (orgoglio, soddi-sfazione) ed esclusi flussi esperienziali che comportino oscillazioni emozionali potenzialmente avversive e disapprova-bili. Per questo è assai frequente che una persona con DCA viva la sensazione di essere globalmente esposta all’esterno e si senta incapace di celare anche la cosa più futile, sensazione che tenderà a subi-re (bulimia) o a contrastare (anoressia).

“L’immagine rappresentativa”. Abbiamo visto come, coerentemente con i propri bisogni di perfezionismo formale, le figure genitoriali, attraverso un modelling pervasivo e senza tempo di scadenza, operino una totale defini-zione emotiva/cognitiva della figlia a cui connotano e stabilizzano le esperien-ze immediate del sé e a cui forniscono un’immagine esplicita di riferimento, ca-rica di tutti i valori di rinforzo a una loro immagine positiva.Nell’infanzia e nella fanciullezza il pen-siero concreto ha un codice concettua-le fatto di spiegazioni contingenti: la bambina vive la vita in una dimensio-

ne temporale sempre attuale, attraverso molteplici esperienze immediate del sé, spiegate attraverso molteplici immagini esplicite di sé dai genitori di cui accetta in toto ogni cosa. Non soggetta a vinco-li di coerenza cognitiva, accetta in toto la definizione globale di sé dall’esterno senza sentirsi privata della capacità e dell’autonomia, idealizza le figure di ri-ferimento in modo da poter naturalmen-te aderire attraverso condotte sintoniche alle loro aspettative; dalle controreazioni positive (apprezzamenti/premi/aiuti nel problem solving) ricava validazioni e rin-forzi positivi sul proprio valore: dall’au-tostima indotta, si generano emozioni positive (gioia, orgoglio, soddisfazione, entusiasmo) e omologhi sentimenti di sé (sentirsi bravo, adeguato, coerente...). La scuola primaria non costituisce un ambiente di esperienze autonome, ma è solo il prolungamento dell’ambiente familiare.

Soddisfazione pulsionale, sen-timento di sicurezza e valore personale. Nello svezzamento di queste bimbe, la soddisfazione pulsiona-le attraverso l’assunzione di cibo non è abbinata al sentimento di calore-sicurez-za-benessere, non essendo veicolata da responsività materna. Nello sviluppo pri-mario delle relazioni interpersonali, oltre alla soddisfazione pulsionale e al senso di sicurezza, il terzo movente (più eleva-

to nella scala di sviluppo bio-psicologico umano rispetto ai due precedenti) è la spinta a sperimentare le proprie capaci-tà e abilità nel perseguire uno scopo (il potere Sullivan, 1961), lo sperimentare il proprio valore personale attraverso con-dotte finalizzate riuscite. Nell’ambito di un corretto approccio educativo, queste condotte devono essere sostenute ed in-dirizzate; lo stile educativo che sostiene la comparsa di DCA prevede, invece, la disapprovazione sistematica di compor-tamenti autonomi con sbarramento del potere motivazionale e delle opinioni personali; il care giver incrementa la costruzione di un “sé svalorizzato”, ca-ratterizzato dal senso di inadeguatezza e di incapacità personale. La semantica tipica delle patologie alimentari psicoge-ne è incentrata sulla sperimentazione del proprio disvalore, attraverso esperienze di incapacità personale, che è sempre ab-binata allo stato di soddisfazione orale: tale equazione, scritta fin dalle prime fasi dello svezzamento, strutturata in quelle successive e sistematicamente declinata lungo la trama esistenziale, è la chiave di lettura per comprendere il vissuto di donne bulimiche che cercano di recupe-rare un'immagine positiva di sé attraver-so il purging e quelle di donne anoressi-che che vedono nel digiuno la prova del loro valore.

la crisi adolescenziale e l’ag-

Figura 3.2 - Il rapporto con i genitori è notoriamente elemento importante nello sviluppo dell'individuo.«Lo stile ambiguo, coartato dell’espressività materna (riverberazione confusiva) fa sì che la bambina non trovi espressioni emozionali, né at-teggiamenti materni chiari sui quali avviare la sintonizzazio-ne e la connessione dei propri basic feelings, i quali pertanto non maturano, rimangono arousal cenestesici vaghi e indifferenziati, non essendo abbinati agli scenari mnesici-immaginativi di esperienze di reciprocità vissuta.»

Psichiatria Sociologia

Anemosneuroscienze

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A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

giornamento della struttura del sé. Durante l’adolescenza si assiste all’emergere delle abilità logico formali (deduttive) del pensiero astratto (carat-terizzato dalla dimensione universale delle categorie, dei valori, dei nessi di causalità) attraverso il quale è possibile formulare teorie personali sul mondo. Nasce così la necessità di coerenza asso-luta del sè reale, mentre la tripartizione temporale implica il concetto di un fu-turo deducibile dal presente solo attra-verso le capacità di auto progettazione e di presa di posizione (impegno) perso-nale. La dimensione “costruttiva”, in cui è chiamato a misurarsi un’adolescente con una “organizzazione contestualizza-ta” potenzialmente portatrice di DCA, è il riuscire a dialettizzare il bisogno di prossimità con figure di riferimento, che danno tuttora consistenza all’identità

personale con la loro relativizzazione, cioè con la delusione che il vederle in una luce realistica, non più idealizzata di fanciullo, comporta. L’adolescente deve saper costruirsi un’immagine esplicita di Sé autonoma (autostima) senza per-dere la validazione da parte dell’Altro. La soluzione è raggiungibile attraverso l’adozione di concettualizzazioni, atteg-giamenti, comportamenti che derivano da quei valori che da sempre avevano ispirato i modi di essere e di rapportarsi delle figure genitoriali, che comunque si manifestano costantemente ipercritici verso l’adolescente che tenta di trovare una sua strada autonoma.Anche l’atteggiamento anticonformi-sta, oppositivo, all’interno dei personali contesti di riferimento, surrogato dallo stile relazionale familiare improntato alla conflittualità sommersa, il giudizio critico sulle figure di riferimento, rappre-senta la disobbedienza a regole margi-nali, su cui si basa la pretesa autonomia personale senza mettere in discussione il sistema di riferimento, che rappresenta la sicurezza rispetto all’immagine di sé.Il circuito riflessivo che si instaura nel periodo adolescenziale è caratterizzato dalla continua oscillazione tra le mo-dalità relazionali del conformarsi alle

aspettative degli altri, a cui è legato un senso ceneste-sico dell’Io consistente ma intruso (in quanto defi-nito dall’esterno) riferito a un’immagine esplicita di Sé passiva e perdente, e dell’opporsi agli altri: prendere le distanze dalle loro pretese e aspettative significa costruirsi un’im-magine esplicita del Sé (di persona autonoma, attiva, incisiva, volitiva) ma ciò

implica la perdita dell'approvazione dell’altro, il che equivale al perdere lo stampo del proprio Io, cioè a provare un senso cenestesico di vaghezza e inconsi-stenza personali.

Schemi mal adattivi e modali-tà esistenziali. Il quadro sintoma-tologico si instaura su sistemi cognitivi incentrati su schemi mal adattivi precoci che “ipotrofizzano” altri schemi (poten-zialmente funzionali) e risultano disa-dattivi rispetto al flusso incalzante e con-

tinuo di esperienze e di stati interni. Una credenza mal adattiva, che si attiva parti-colarmente nella fase adolescenziale per veicolarne la dimensione autonoma, è incentrata sul perfezionismo, che in que-sto caso è patologico” e le cui dimensio-ni clinicamente più importanti sono “il timore dell’errore” e il “criticismo”.La dimensione “alti standard” appartiene a “perfezionismi” gravosi da perseguire, ma più funzionali per il soggetto (stri-ving for success). Il timore dell’errore è l’aspetto distintivo del perfezionismo pa-tologico, perché l’errore non è ammesso in quanto attiva la credenza di “falli-mento personale”; esso attiva i costrutti dell’evitamento dell’errore e del bisogno di controllo, che è una risposta di coping a uno “schema di vulnerabilità al peri-colo” che in questo caso è rappresenta-to dall’errore commesso (anoressiche) o dal danno subito (bulimiche). La di-mensione del timore dell’errore è legata alla dimensione perfezionistica di “criti-cismo”, strutturata attraverso esperienze traumatiche precoci e postume, caratte-rizzate dal dover aderire alle aspettative genitoriali con tutta la propria persona per risultare adeguati e amabili o essere dichiarati “impresentabili” e senza doti attraverso i loro rimproveri (SMP inade-guatezza-vergogna).Il criticismo materno (la figura paterna è lontana o è un’appendice materna) in-calzante porta la ragazza DA a uno stile esistenziale di autocritica preconcetta, che la orienta alla doverizzazione di di-mostrare di non essere criticabile attra-verso il controllo sistematico sull’errore personale e il riferimento al giudizio po-sitivo degli altri su di sè che preclude la costruzione di scopi motivazionali libe-ramente scelti.Nel sistema cognitivo della persona DA, le credenze valutative di base ade-guata-inadeguata, amabile-non amabile, dotata-non dotata, capace-fallita, defi-niscono l’immagine consapevole di sé in termini dicotomici di positività o di negatività assoluta riguardo il proprio valore-disvalore, autostima-disistima. Lo scopo finale dei sistemi ansiosi (SMP vulnerabilità-pericolo) e perfezionisti é il controllo di tutto; come può essere svol-to con successo un compito così arduo e così importante ai fini dell’autostima? Per l’anoressica il controllo si identifi-ca con il monitoraggio e la manipola-

L'alimentazione è carica di valenze psicologiche per sva-riati motivi. Fin dai primi giorni di vita e dal suo successivo comportamento, il bambino

è coinvolto nelle di-namiche dell'allatta-mento che determi-

nano l'atteggiamento del bambino verso il mondo che lo ospita

e lo circonda.È infatti attraverso il cibo che il bambino intrattiene il primo

rapporto con il mon-do, così che anche problemi legati a

questa sfera dell'esi-stenza si connettono con più generici aspetti di disagio o

rifiuto dell'ambiente.Si ricordi che anche nella psi-coanalisi, quadro di riferimento

teorico criticato ma ancora importante come spunto di

riflessione culturale, l'alimenta-zione rientra nella fase orale,

connessa al piacere provocato dalla stimolazione della bocca.

(box a cura della redazione)

alimentazione: le valenze psicologiche

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

zione di alcuni parametri della realtà interna-esterna: peso, cibo, corpo, scel-

ti come esemplari e metaforici dell’idea di controllo globale; lo scopo finale del controllo è quello di avere l’assoluta cer-tezza riguardo sè e il mondo (misurata sui parametri peso, cibo, corpo). Per la bulimica il controllo è la meta mai rag-giungibile per un sé in preda alle proprie pulsioni.

4. Donne e disturbi alimentari

Disfunzione cognitiva. La disfun-zione cognitiva e lo scompenso che so-stengono il quadro psicopatologico dei DCA sono causati da eventi esistenziali che segnano l'esposizione personale fal-limentare e la delusione riguardo a figure di riferimento idealizzate: il trauma pro-duce la regressione a una fase pregenitale in cui l’attivazione emozionale, tanto critica quanto indifferenziata, è esclu-sivamente vissuta sul piano cenestesico dei ritmi visceromotori e neurovegetativi e corrisponde ad un’interruzione della continuità dell’immagine di sé per il col-lasso del modello pregresso decretato dal fallimento personale. In questi frangenti si evidenziano tratti premorbosi rappre-sentati da stati d’ansia accompagnata da estrema vaghezza su cui la paziente avvia risposte di coping, come la tendenza al rimugginio sui propri errori, il distacco emotivo da contesti che risultano atti-vanti il disagio, disturbi dell’immagine corporea rappresentata in termini critici; avendo strutturato fin dalle prime fasi maturative, attraverso la relazione mater-na, moduli di funzionamento compensa-tivo ad ogni arousal emozionale di sche-mi maladattivi, utilizza definitivamente il rapporto con il corpo e con il cibo per fronteggiare le vicissitudini esperienziali e le fratture identificative (bulimia) o per prevenirle (anoressia). I processi cognitivi espliciti dell’io si av-valgono delle capacità logiche deduttive del pensiero astratto attraverso il quale il senso cenestesico di vaghezza-delusione può essere spiegato attraverso un’attri-buzione di causalità esterna sull’Altro deludente o sul proprio corpo. Nel caso dell’anoressia e nell’anoressia/bulimia l’oggetto della delusione è di solito la figura materna, vista come la figura sup-

portante e significativa dell’infanzia e ora giudicata disconfermante ed intrusiva; nel caso della bulimia, l’adulto “confer-mante” prima e deludente poi, in posi-zione vincente all’interno della famiglia ma non accudente, è di solito la figura paterna; anche se disillusa dal padre, la giovane respinge ogni identificazione con la figura materna, la cui passività perdente sarà presa come modello fem-minile negativo. Il disagio critico è co-munque superato attraverso l’esperienza del controllo pulsionale: di fronte al suo cocente fallimento, la ragazza aggiorna il suo progetto di vita, trasformando l’equazione rivelatasi fallimentare: “per-fezionismo - controllo - bravura appli-cata ai contesti dell’esistenza”, in quella “perfezionismo - controllo - bravura ap-plicata al contesto corpo-cibo-peso”. Nel nuovo progetto di vita, la paziente agisce il rifiuto di soddisfazione orale e assume questo comportamento come metafora di sicurezza e di autonomia: il corpo viene vissuto come entità recettiva passiva nei confronti della pulsionalità orale e sessuale, oltre che entità invasi-va del sé nel suo crescere dirompente; è quindi eletto oggetto concreto causa del fallimento personale e come tale com-battuto nella sua presunta debolezza: l’adolescente (DA), che sin ad allora si era sentita svilita dalla sua incapacità di prendere posizione verso l’esterno, recu-pera il senso di autostima attraverso la presa di posizione nei confronti dell’im-pulsività del proprio corpo, oggetto di-stanziato dal sé; la principale area del confronto-scontro è quella del rapporto con il cibo. Il sentirsi capaci di dominare gli impulsi più atavici e radicali conferi-sce alla propria persona attributi di for-tezza e di volitività che sul piano relazio-nale si trasferiscono su atteggiamenti di oppositività verso i contesti di riferimen-to, partendo da quello familiare. Il rap-porto con il cibo non appartiene all’area del nutrimento e dell’appetenza, ma è un indicatore su cui l’individuo vuole misurare attributi del sé considerati fon-damentali. È una metafora di affranca-mento o di schiavitù nei confronti del giudizio altrui e del modello relazionale (anoressia-bulimia), ma è anche azione consolatoria per lenire lo scacco perso-nale o la solitudine, azione diversiva per vincere la noia, per reificare una figura

da distruggere (la propria o l’altrui) con rabbiosa ingordigia (disturbo da alimen-tazione incontrollata).

la semantica femminile del po-tere. Palazzoli Selvini (1981) e Ugazio (1988) ci presentano un modello fami-liare incentrato sull’escalation simmetri-ca delle relazioni di rifiuto, che cerca di spiegare il clima di conflitto palese o im-plicito giocato attraverso comportamen-ti contradditori, che lega le anoressiche alle loro madri così come legava queste alle loro madri: l’anoressica produce un sintomo che contrasta e ribadisce lo stile materno controllante e volitivo, rifiuta il cibo materno ma, attraverso la magrez-za, dimostra che senza il suo sostegno si lascia morire. Per la strutturazione “invi-schiata” delle relazioni (Minuchin, 1978) sono comunque scoraggiati i processi del-la sua differenziazione dalla madre così come dal padre, che spesso risulta essere figura periferica, presente solo attraverso i beni materiali erogati, ma invariabil-mente marginale perchè orientato verso mete esterne, evanescente, sfuggente nei confronti dei bisogni della moglie e della figlia anoressica per la quale rimane sem-pre un deludente oggetto relazionale.La particolare organizzazione semantica di “famiglia anoressica” descritta dalla Selvini presenta una chiusura relazionale e semantica verso l’esterno-sociale, nei confronti del quale la conversazione dei membri è incentrata sulle tematiche del decoro e del prestigio comune in termi-ni di facciata: pertanto ciò non richiede loro altro impegno se non l’adesione a valori conformistici. L’organizzazione fa-miliare prevede la linea femminile come unica portatrice dei suoi valori fondativi, che vengono dialettizzati esclusivamente nell’ambito dei rapporti transgenerazio-nali tra donne; i costrutti basici su cui le donne costruiscono le loro trame narra-tive conflittuali interne sono quelli del valore e del potere personali: il costrutto vincente/perdente si declina attraverso le interazioni per la definizione della rela-zione, della preminenza nel rapporto e del diritto di decisionalità: è rispetto al “potere” esercitato o subìto che le figu-re femminili della famiglia misurano la loro autostima, espressione di un altro costrutto basico, quello del successo-fallimento personale.

Psichiatria Sociologia

Anemosneuroscienze

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

Indicazioni bibliografiche

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raffaele Bertolini. Psichiatra, psicotera-peuta cognitivo-comportamentale, esperto nel trattamento dei disturbi del comporta-mento alimentare. Già direttore dei servizi di salute mentale e del centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare di Guastalla (RE) e di Correggio (RE).

Il gioco relazionale disfunzionale che si propone all’infinito e che genera il sinto-mo (schizofrenia-anoressia) si basa sulla regola che nessuna possa confermare sta-bilmente l’identità dell’altra, non ci può essere una vincente che non dipenda dal giudizio delle perdenti, le quali, per non sentirsi tali, non possono riconoscere al-cuna posizione di supremazia a nessuna altra donna, riconoscendo per sé il ruolo di perdente sacrificale volontario. Nel “qui ed ora” delle esperienze interattive ciò si traduce nella supremazia dell’op-positività attiva o passiva, che ha come espressione relazionale la disconferma dell’altra, il criticismo e la stereotipia dei ruoli: la madre “sacrificale”, tende a ri-proporre atteggiamenti di cura parentale intrusiva e formalista lungo tutto l’asse esistenziale, indipendentemente dall’età dell’accudita. Ove ci siano relazioni si-gnificative transgenerazionali (nonna-nipote), queste risultano essere più in funzione di un’alleanza contro un mem-

bro della generazione di mezzo (madre) che determinate da un rapporto positivo diretto.

Conclusione. I disturbi del compor-tamento alimentare non rappresentano in senso stretto un’area psicopatologica esclusivamente della donna, ma si strut-turano su significati, valori, modalità psicologiche e relazionali che sono pro-prie dell’universo femminile. Non sono tanto i costrutti significativi su cui ruota la dialettica interna del disturbo a distin-guerli da quelli dell’uomo, ma sono gli attributi e i parametri di riferimento su cui si misurano le polarità dicotomiche dei costrutti stessi che sono specifica-tamente femminili: ad esempio, se le credenze che ruotano intorno al valore personale possono essere condivise da tutte le persone sociali, il fatto che l’ema-ciazione ne sia considerata prova eviden-te lascia trasparire il grande peso che la donna dà a una particolare sembianza

dell’aspetto fisico, che non può appar-tenere all’uomo, proprio perché deve rappresentarne un attributo distintivo. Anche le teorie sui giochi relazionali che sottendono i DA focalizzano l’attenzio-ne esclusivamente sui cicli interpersonali delle donne del gruppo di cui si narra la storia, gruppo in cui si strutturano pro-cessi di identificazione, processi riverbe-ranti, comportamenti interattivi giocati e domini semantici che solo le donne comprendono e valorizzano. In questi contesti gli uomini non appaiono o sono relegati sullo sfondo dello scenario, non hanno importanza se non attraverso l’as-senza, sono spettatori ottusi o disattenti dei messaggi tra donne, risultano perso-naggi estraniati dalle azioni significative, appaiono reificati in appendici di figure femminili o sono semplicemente istanze inesistenti.■

anoressia, i segni distintiviL'anoressia, intesa come perdita parziale o totale di appettito, è un sintomo che può essere connesso a una malattia organica o psicogena, comunque connessa a disturbi di affettività. L'anoressia mentale (stato patologico che insorge in giovani donne per conflitti di tipo emotivo, vedi testo dell'articolo) secondo H. Bruch è contraddistinta da tre segni che la differenziano dagli altri tipi di anoressia*:

1 2 3Disturbo dell'immagine corporea di proporzioni deliranti da cui dipende anche l'assenza di preoccupazione per stadi anche gravi di emaciazione.

Disturbo della percezione e cognizione degli stimoli provenienti dal corpo, da cui dipendono, ad esempio, l'iperatti-vità nonostante l'evidente esaurimento di energia.

Senso paralizzante di impotenza cui si collega il terrore di perdere il controllo sui propri istinti orali ed essere travolti dall'impulso incontrollato di mangiare.

* Riferimento bibliografico: voce Anoressia in U. Galimberti, Dizionario di Psicologia, Vol I pp. 142 e ss, Roma, 2006

Filosofia Psicologia sociale Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

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la filosofia

una decostruzione del diritto, del linguaggio e del mito

parole chiave. Donne, filosofia, potere, cultura, femminismo, linguaggio

abstract. Nel corso della storia il pensiero delle don-ne si è reso conto che il modo in cui concepiamo la cultura e pensiamo a concetti come diritto, linguaggio, mito, religione e storia è solo apparentemente astrat-to in relazione alla sessualità: in realtà tali dimensioni sono sono sempre inclinate al maschile, dimentican-dosi del sesso femminile. Esiste quindi una sorta di oscuramento verso il sesso femminile in ogni ambito delle attività umane. Ma da cosa deriva e come nasce questa condizione?

di Franco Insalaco

«Molto tempo dopo, vecchio e cieco, camminando per la strada Edipo sentì un odore familiare. Era

la Sfinge. Edipo disse: "Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?". "Avevi dato la risposta sbagliata." disse la Sfinge. "Ma

fu proprio la mia risposta a rendere possibile ogni cosa." "No." disse lei "Quando ti domandai cosa

cammina con quattro gambe al mattino, con due a mezzogiorno e con tre alla sera, tu rispondesti l'Uo-

mo. Delle donne non facesti menzione." "Quando si dice l'uomo" disse Edipo "si includono anche le

donne. Questo, lo sanno tutti." "Questo lo pensi tu." disse la Sfinge.»

delle donne2In

Anemosneuroscienze

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A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

delle donneuna neutralità

maschile. Così scrive Muriel Rukey-ser, poetessa statuni-tense, in Myth. Bene

io mi chiamo Franco, ma se fossi una donna direi ugualmente io mi chiamo Anna. Io è quindi astratto e neutro confronto al sesso. Apparentemente però, perché il soggetto è un soggetto maschile. Anche il sillogismo: “ogni animale è mortale, ogni uomo è ani-male, ogni uomo è mortale”, mostra una neutralità inclinata al maschile (nella lingua italiana e nella maggior parte delle lingue ndr). Infatti se so-stituisco la parola uomo con la pa-rola donna evidentemente nascono dei problemi, gli uomini potrebbero essere immortali; invece per la donna il problema non si pone. Il pensie-ro delle donne si è reso conto che il modo in cui pensiamo il diritto, il lin-guaggio, il mito, la religione, la storia, insomma la cultura, apparentemente è astratto in relazione alla sessualità, ma in realtà è sempre inclinato al maschile ,dimenticandosi del sesso femminile. Sgalambro scrive: "Chiesero una vol-ta ad Anatol: perché non parli mai di donne? Perché io parlo solo di ciò che

esiste, perciò parlo ad esempio di Dio e non di donne. Esse sono una rappresentazione dell'uomo e, oltre que-sto nulla." Sembra una provocazione insosteni-bile. Ma alcuni decenni prima una pensatrice scrisse un libro intitola-to: Il secondo sesso. Don-ne non si nasce si diventa. Cosa voleva dire Simo-ne de Beauvoir con que-sto titolo? Due cose. La prima è che il sesso fem-minile viene dopo quel-lo maschile, è quindi secondo. Inoltre la sua

condizione non è determinata gene-ticamente ma culturalmente. Cioè, si diventa donne in virtù di un processo

formativo e tramite un modello edu-cativo che inizia nella famiglia, prose-gue nella scuola e infine nella società. Accade poiché le donne vengono con-cepite in un certo modo dall'immagi-nario dominante, cioè maschile.

L'oppressione. L'oppressione di quel modello colpisce, certo, anche gli uomini, ma essi tornano a casa e si consolano sfogando sulle donne ciò che hanno subito. Marx aveva già os-servato che nella famiglia, sin dall'ori-gine della divisione del lavoro, donne e figli erano schiavi. Simone de Beau-voir è una filosofa esistenzialista e il suo testo marca un modo di procedere nell'analisi della condizione femmini-le da cui il femminismo non potrà più discostarsi. Anche altre scrittrici por-teranno contributi fondamentali rico-noscendo ciò che è per lo più negato dai loro contemporanei maschi. Cioè, il fatto che esiste a sfavore del sesso femminile in ogni ambito delle attivi-tà umane una sorta di oscuramento. Come nasce questa condizione? A partire da una giustificazione per lo più considerata naturale. Per proce-dere in questa analisi non possiamo ritenere il linguaggio espressione sem-plicemente della realtà, dobbiamo inclinare verso una concezione con-venzionale del linguaggio. Un modo di fare filosofia che riparte con Kant, prosegue con Nietzsche che scrive: “Non esistono fatti ma solo interpre-tazioni, anche questo non è un fatto ma una interpretazione”, poi continua con Foucault, Derrida, Deleuze. Ciò significa che non possiamo concepire le categorie universali del linguaggio con cui pensiamo alla realtà come coincidenti con la stessa. Bisogna fal-sificare questo modo di procedere che ritiene reale quello che pensiamo. In-somma, mappa e territorio sono diver-si. I concetti non esistono, sono solo invenzioni dell'uomo. Così, quando parlano di natura le femministe sono dentro a una concezione nominale del linguaggio, ritengono, cioè, che è solo per convenzione e comunica-

Figura 4.1 e 4.2 - In grande al centro Ipazia (1885) di Char-les William Mitchell. Qui sopra Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre a Parigi in una foto degli anni Venti.

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

zione che gli uomini la concepisco-no così. Quindi per comprendersi se

la rappresentano in un certo modo, ma non si può dire che quel modo sia reale e vero. È un fattore culturale che fa cor-rispondere convenzionalmente la natura semplicemente a ciò che gli uomini si in-ventano. Un modo questo di esercitare il potere sul mondo sociale e naturale. Il mondo sociale ne viene così strutturato e organizzato, mentre quello naturale ne è rappresentato. Cosa sostiene Foucault

sul potere? Non è che il potere viene pri-ma, esso è costituito dai discorsi, dalle tecnologie, dai processi che il pensie-ro degli uomini pone in essere. Lì è il potere. Tra le persone, nelle relazioni che si stabiliscono, nei discorsi e nelle tecnologie. Il significato delle parole in fondo è l'uso che ne facciamo. Tale uso è determinato socialmente, il significato della parola medico è calata nella società perché tutti ne fanno un certo uso. Il lin-guaggio è in questo senso performativo, crea oggetti sociali. Prima non c'era ma dopo la cerimonia sposandosi c'è una nuova famiglia. Ma perché questo fun-zioni deve esserci un accordo sul modo

in cui le parole sono usate, sulle istitu-zioni che se ne occupano, sui percorsi da fare per essere questo o quello, per creare tutti gli oggetti sociali che danno forma alla cultura e alle istituzioni in cui siamo situati.

La cultura. Tale modo di concepire il potere porterà le femministe a ricono-scere un fatto, che i discorsi, i processi di pensiero, le tecnologie hanno una teoria e una pratica esercitate nella cultura qua-

si esclusivamente dal mondo maschile. Ciò significa che nella storia le donne sono state culturalmente tagliate fuori. Ora, dobbiamo afferrare bene cosa signi-fica dire che il discorso determina social-mente chi siamo. Un condizionamento che viene esplicato in modo semplice, naturale. Ad esempio, come concepia-mo la donna? Come madre, come figlia, come sorella, come compagna? Sempre tutte queste valenze infine la riportano alla dimensione principale con cui la si pensa. La figura che più conta è quella di madre a cui tutta la condizione fem-minile ruota intorno. Per questo moti-vo naturale le donne hanno un corpo difficile da trascendere. Insomma, l'im-manenza sembra il loro destino. Dare la vita biologicamente a partire dalle mestruazioni, dal concepimento, dall'al-lattamento, fino alla crescita dei figli e alle attività domestiche svolte in ambito familiare condiziona in modo totale la vita e il destino femminile. Il modo di vedere la sessualità imposto alla donna induce compiti che sembrano tanto na-

turali da essere condivisibili da tutti, an-che da loro. Questo atteggiamento stori-camente determina l'impossibilità per la vita femminile di trascendere il corpo, il privato, la famiglia e di par-tecipare all'ambito pubblico, sociale, politico. L'ambito privato e familiare è il confi-ne in cui le donne sono state storicamente recluse a causa di questa supposta e imposta immanenza naturale. Che la donna non può trascende-re significa anche che non può pensare. Così da subito il suo contributo culturale è totalmente compromesso, anche quando viene espres-so, perché è comunque con-siderato secondario, ininfluente. Insom-ma, disabituata a pensare che pensieri può produrre? Anche raffinati intellet-tuali pongono ancora questa obiezio-ne. Per questo le donne, soprattutto in passato, venivano sempre scoraggiate dal proseguire attività intellettuali. Eppure è capitato a volte che fratelli e compagni abbiano scippato loro le idee, se non le opere. Picasso alle sue donne, Brecht alle sue compagne, Fitzgerald a sua mo-glie. Forse, anche per questo le donne sono mosche bianche in quasi tutte le discipline. Il loro contributo politico, filosofico, letterario, artistico e storico è quasi inesistente. In tutte le categorie del sapere gli autori sono per la maggio-ranza uomini. Ma cosa hanno, o aveva-no, di meno le donne? Sostanzialmente l'impossibilità di studiare e di uscire dal recinto familiare e lavorativo. Le donne non potevano farsi una propria idea del mondo e se anche ce l'avevano non po-tevano esprimerla. Di conseguenza non hanno sviluppato una propria identità. Insomma, pensano il mondo a partire da un soggetto neutro maschile. Uomini e donne esprimono le opinioni in modo indistinguibile e neutro, cioè valido per tutti, tramite un soggetto la cui identità è strutturata culturalmente dagli uomi-ni. Ecco come mai le donne, secondo alcune femministe, sono solo una rap-

Figura 4.3 e 4.4 - Qui a fianco Adriana Cavarero filosofa e do-cente italiana; attualmente insegna filosofia politica all'Università degli studi di Verona. In alto Luce Irigaray, filosofa, psicoanalista e linguista belga. Attualmente è direttrice di ricerca al Cnrs di Parigi.

«Il modo di vedere la sessualità imposto alla donna induce compiti che sembrano tanto naturali da

essere condivisibili da tutti, anche da loro. Questo atteggiamento storicamente determina l'impossibilità

per la vita femminile di trascendere il corpo, il privato, la famiglia e di partecipare

all'ambito pubblico, sociale, politico»

Filosofia Psicologia sociale

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

presentazione dei maschi, perché sono state private di una propria elaborazione culturale.

Il femminismo. La prima a render-sene conto fu Mary Wollstonecraft una signora inglese che durante la Rivolu-zione francese scrisse “Rivendicazione dei diritti della donna”. Libro che per i benpensanti dell'epoca era scandaloso, almeno quanto la vita della sua autrice. Scrive la Wollstonecraft: “È ora di effet-tuare una rivoluzione nei modi di vive-re delle donne - è ora di restituire loro la dignità perduta - e di far sì che esse, come parte della specie umana, operi-no, riformando se stesse, per riformare il mondo.” Frasi così all'epoca erano considerate sovversive. Ma anche la sua vita era considerata scandalosa. Nata da

famiglia povera e con frequenti difficol-tà economiche riuscì nonostante tutto a farsi una cultura e cercò in ogni modo di diventare indipendente. Iniziò a lavorare creando una scuola per ragazze che pur-troppo fallì. Divenne allora governante di una famiglia dell'alta classe, esperien-za che le servirà per descrivere il com-portamento delle donne appartenenti alle classi agiate. Disgustata da tali atteg-giamenti, se ne andò dopo un solo anno trovando disponibilità di lavoro dall'edi-tore e libraio londinese Joseph Johnson con cui pubblicò nel 1787 “I pensieri nella educazione delle ragazze”, saggio a cui seguirà il suo primo romanzo, “Ma-ria”. Mary durante i moti rivoluzionari francesi va a Parigi dove non conosce le donne del fronte rivoluzionario, però incontra lo scrittore americano Gilbert

Imlay e con lui convive senza sposarsi, dal loro rapporto nasce una bambina, Fanny, suicida in giovane età. Tornata a Londra, i rapporti con il compagno era-no ormai compromessi, tenta il suicidio lanciandosi da un ponte sul Tamigi, ma viene salvata da un passante e riprende a lavorare mantenendo contatti con l'in-tellettualità inglese più avanzata. Nasce così una relazione con William Godwin autore di una “Ricerca sulla giustizia po-litica”. Testo in cui teorizza un completo anarchismo trovando gli organismi giuri-dici e sociali solo di ostacolo alla libertà di espressione delle facoltà umane. Na-sce dal loro rapporto Mary, futura autri-ce di Frankenstein e moglie del grande poeta Shelley. Bene, quella che a noi oggi pare una vita privata normale, allora era considerata infamante. Per

Luce Irigaray e la filosofia della differenzaLuce Irigaray (Blaton, 1930), laureatasi in filosofia, si trasferi-sce dal Belgio a Parigi, dove en-tra nell'associazione freudiana presieduta da Lacan. La sua tesi di laurea in psicoanalisi, “Specu-lum”, che verrà poi pubblicata, rinvia allo strumento ginecologi-co, ma anche all'aspetto teoreti-co della filosofia speculativa il cui gioco è lo specchio (speculum in latino) a rappresentarsi l'identità maschile attraverso il suo altro che è appunto la donna. Nella

sua tesi Luce Irigaray decostrui-sce il pensiero maschile a partire dalla psicoanalisi freudiana. In particolare si sofferma ad analizzare nella "Introduzione alla psicoanalisi" il paragrafo che riguarda la femminilità. Luce contesta quello che pensa Freud, cioè che l'unica energia, che è poi quella sessuata, la libido, sia neutra, cioè maschile. Il libro ha un grande successo. Ma ne segue an-che l'immediata estromissione della filosofa dall'As-sociazione presieduta da Lacan e il licenziamento dall'Università di Vincennes dove insegnava. Luce Irigaray nel testo mostra come la struttura spe-culare determini l'economia binaria fondata sulla lo-gica del medesimo. Cioè, come in uno specchio, l'uomo si riflette nelle sue auto rappresentazioni catturando in esse anche la donna, funzionalizzan-

dola ai suoi progetti e ai suoi bisogni. Il modello a economia binaria è oppositivo, duale e gerarchico. Essendo prevalentemente maschile, il sistema è il luogo di rappresentazione del maschile e del fem-minile a sé funzionale. L'altra non è veramente al-tra, ma lo è a partire da lui e per lui. Questa falsa uguaglianza porta la donna a soddi-sfare doveri maggiori e più impegnativi di quelli ma-schili. Luce segue la differenza di identità tra i sessi e l'uguaglianza dei diritti, ma questo passaggio lo propone solo in seguito ad un rinnovamento giu-ridico, che non deve più essere fondato sul diritto di proprietà e sulle cose, ma sull'identità personale e di genere. Scrive in “La democrazia comincia a due”: “La questione di sapere se l'appartenenza ad un genere sarebbe l'effetto di un destino biologico o di un condizionamento sociale non tiene conto del fatto che essere e divenire donna significa con-quistare una dimensione civile adeguata all'identità femminile, una cultura corrispondente ad un corpo proprio ed a una genealogia specifica, una sua ma-niera di amare e generare, di desiderare e di pen-sare. Il vicolo più cieco del femminismo è spingere a decondizionarsi dalla loro identità femminile per raggiungere un universale unico da condividere in un mondo al maschile o al neutro. Ma l'orizzonte di una comunità neutra asessuata è inquietante”.

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una donna viaggiare sempre da sola, scegliersi i compagni senza sposarli,

farci dei figli e vivere in piena autonomia era un fatto veramente eccezionale. Pos-siamo dire che con la Wollstonecraft na-sce il pensiero femminista. Ancora oggi tale pensiero è ben lungi dall'affermarsi in modo comunitario e pratico. I diritti teorizzati dalla Wollstonecraft predica-ti come universali sono tuttora di fatto riconosciuti solo ai maschi. L'autrice ri-volgeva il suo discorso solo alle lettrici della classe media che era più sensibile e politicizzata, non dava il minimo cre-dito alle donne dell'alta società, esse, secondo lei, pensavano solo a farsi belle e a riprodurre l'immagine della donna inferiore e subordinata, ma neanche per le donne più oppresse aveva qualche spe-ranza, perché, pur con tutti gli sforzi, era per loro impossibile uscire dalle condi-zioni di servitù in cui vivevano, né tanto meno aveva fiducia negli uomini, anche i più aperti. Critica anche il teorico ri-voluzionario Rousseau perché concepiva la donna necessariamente e per natura dipendente dagli uomini. Perciò l'autrice vede in modo tutt'altro che ottimista il futuro delle donne. Capisce chiaramen-te come la donna non sia condizionata dalla natura ma solo dall'organizzazione sociale degli uomini. Per questo rivolge i suoi libri da un lato alla classe degli uo-mini intellettuali e dall'altro alle donne della classe media, gli unici e le uniche che forse potevano comprenderla. Il suo discorso in sintesi è che se gli uomini vo-gliono una società migliore la otterranno solo se anche alle donne verrà consentita una formazione culturale e un'educazio-ne fino ad allora riservate esclusivamente ai maschi. Nei punti che esamina non si parla di diritto al voto, esso d'altronde non era ancora consentito neanche a tutti gli uomini, cosa che avverrà solo dalla seconda metà dell'Ottocento e un secolo dopo alle donne. Il suo pensiero considera l'educazione il catalizzatore che può infrangere l'immagine di ruolo accettata e praticata dalle stesse donne. Pare poco, ma considerando che allora le donne non potevano neanche uscire se non erano accompagnate, è evidente che nessun movimento politico sarebbe ini-ziato senza questa prima consapevolezza personale. Consapevolezza che vedremo via via nascere nelle protagoniste dei

romanzi di Jane Austen, eroine che scelgono e non si fanno più scegliere. Così la normalità attuale è in realtà il risultato del-la elaborazione di queste autrici che, ripresa succes-sivamente da altre, servirà ad organizzare, anche po-liticamente, l'emergente “movimento” delle don-ne. In Italia il problema che il femminismo con-temporaneo si trova ad affrontare è individuato in modo particolare nel soggetto. Nell'economia binaria attuata dalla gab-bia linguistica, una gabbia logica secondo Adriana Cavarero, in cui il pro-blema principale è che il soggetto è il maschio e l'oggetto è la donna. Adriana Cavarero è attiva all'interno dell'Università di Verona insieme a Luisa Muraro. Negli anni '80 costituiscono insieme un gruppo di ricerca deno-minato EffeEffe, la Fon-tana del Ferro, che poi si trasformò nella “Comunità filosofica femminile Diotima”, un gruppo formato da 11 donne che regolarmente si ritro-vano una volta al mese per raccontarsi. C'erano: Annarosa Buttarelli, Lara Cor-radi, Vita Cosentino, Ida Dominijanni, Francesca Doria, Luisa Muraro, Anna Maria Piussi, Diana Sartori, Wanda Tom-masi, Chiara Zamboni e Adriana Cavare-ro. Insieme queste donne daranno luogo a saggi fondamentali per il femminismo italiano, molti di questi furono pubbli-cati nella rivista del gruppo Diotima. Un percorso per un verso vicino a quello francese di Luce Irigaray, Luisa Muraro ne ha tradotto le opere più importanti in italiano, da cui però le italiane si disco-stano per il fatto di guardare meno alla teoria e di più alla prassi. La prima con-seguenza pratica di questa impostazione è che in Italia si formeranno gruppi di donne che regolarmente si ritrovano per confrontarsi.

la decostruzione del sogget-to. Un confronto filosoficamente com-plicato dal fatto che il secondo Nove-cento vede posizioni filosofiche in cui il soggetto è già messo sotto la lente decostruttiva da Derrida, Deleuze, Fou-cault. Autori che elaborano un pensiero che va al di là e contro la costruzione metafisica del soggetto. Il femminismo angloamericano parlerà più decisamente il linguaggio della filosofia della deco-struzione, del poststrutturalismo e del postmodernismo. In Italia, invece, pur essendo le femministe sensibili a questa impostazione, soprattutto grazie al con-tributo di Luce Irigaray, non si sentono del tutto allineate alle tematiche post-moderne. Il soggetto ha per loro un peso differente. Dunque, è un continente fra-stagliato e complesso a presentarsi nel cercare di definire un disegno organico della filosofia delle donne. Il soggetto inizia con la filosofia moderna, più esat-tamente con il cogito cartesiano. Nella filosofia precedente è assente un con-

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mary Wollstonecraft

Mary Wollstonecraft Godwin (Londra, 1759-1797), scrittrice e filosofa, è

considerata un'antesignana del femmi-nismo. È nota soprattutto per il suo libro “Rivendicazione dei diritti della donna” in cui, a differenza di quella che era opinione comune, sosteneva che per natura le don-ne non sono inferiori agli uomini, ma che a renderle in una condizione di inferiorità è la diversa educazione a loro riservata. Ebbe una vita breve, ma intensa. La sua infanzia fu condizionata dalla povertà della sua famiglia, ma grazie ai suoi studi per-sonali e al proprio lavoro riuscì a rendersi indipendente. Si sposò con il filosofo William Godwin, dal quale ebbe sua figlia Mary, famosa scrittrice e moglie del poeta Percy Bysshe Shelley.

Filosofia Psicologia sociale

Anemosneuroscienze

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A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

cetto ben strutturato di soggetto. Non è quindi possibile pensare a Platone o alla metafisica di Aristotele liquidandoli nella stessa caduta del soggetto. Eppure, spesso, tutto viene azzerato con un solo e identico movimento, come se soggetto e metafisica fossero la stessa cosa. Eredi-tiamo questa impostazione da Nietzsche e Heidegger, i quali leggono come un

errore speculativo tutta la vicenda meta-fisica che giunge fino al loro e al nostro tempo. Dico nostro perché i “maestri del pensiero” francese rafforzeranno quella convinzione, cioè che il logo centrismo, incarnato nella figura del soggetto, me-riti globalmente il nome di metafisica. Per le filosofe in genere, d'altronde, tutta la storia della filosofia viene letta come l'affermazione di un pensiero metafisico patriarcale. Insomma, il pensiero me-tafisico è condannato poiché coincide con il pensiero patriarcale del soggetto. Così accade che le filosofe postmoderne statunitensi accusino le europee di me-tafisicità ed essenzialismo. Il fatto è che i postmoderni ritengono che il soggetto sia l'esito della struttura linguistica, non il contrario. Detto in soldoni, il fem-

minismo che segue di più i maestri del pensiero francese, ad esempio di quello statunitense, ritiene di essere anti me-tafisico, di conseguenza chi non è post qualcosa è accusato di essere appunto metafisico. Naturalmente all'interno di queste posizioni il linguaggio diviene sempre di più riferimento fondamentale e in queste analisi mostra la sua econo-

mia binaria. Rappresenta l'elaborazione di un sistema fallogocentrico che avanza per opposizioni. Il suo ordine simbolico è quello della sintassi del Padre. La forza della gabbia linguistica produce signifi-cati che sono posti in una rete domina-bile di concetti, cioè una struttura razio-nale. Una ragione questa che posiziona, incasella e controlla il significato di ogni parola. Nella filosofia cartesiana emerge in modo deciso la contrapposizione tra res cogitans e res extensa, pensiero e corpo, ma anche un soggetto direttamente pro-duttore del pensiero, della ragione. Un soggetto che si auto fonda, che ha una sua essenza, che non è fondato da altro, cogito ergo sum, che si genera autono-mamente. Quindi, ci ritroviamo nella condizione fallogocentrica e binaria per

cui il logos è attivo e il corpo passivo. Ora, la strategia possibile per le donne è innanzitutto quella di costruire un soggetto uguale e simmetrico a quello dell'uomo, pertanto astratto e universa-le, in cui sono comprese tutte le donne. Avremo così l'Uomo di tutti gli uomini e la Donna di tutte le donne. Questa pri-ma mossa delle femministe fa sì che gli individui (dovremmo dire le individue) continuino ad essere assorbiti (assorbi-te) dalla ipostatizzazione astratta di un soggetto, ma almeno è femminile. Que-sta mossa nell'immaginario femminile è importante, per dirla con Ida Dominjan-ni, perché la politica delle donne deve fondarsi a partire dal genere. Quindi il punto di partenza della lotta inizia da come sono concepite nell'ordine simbo-lico patriarcale. Partire dalla stessa con-dizione astratta che determina il venire meno della singolarità individuale è ne-cessario per decostruire l'ordine simbo-lico patriarcale. Nominando la Donna finalmente si dà possibilità di parola a un soggetto femminile che non è più solo oggetto, come da sempre è stato percepi-to nell'economia simbolica del linguag-gio maschile. Tale movimento consente alle donne di spostarsi dalla sfera passiva del lamento a quella più attiva dell'auto rappresentazione. La contraddizione in cui si incorre è che il costituirsi di que-sto spazio femminile distinto da quello maschile, trascina però una uguaglian-za tra singolarità evidentemente irreale. L'esperienza italiana si distinguerà per-ché si costituisce a partire da pratiche come quella dell'autocoscienza. Questa

Mary Wollstonecraft critica anche il teorico rivoluzionario Rousseau perché concepiva la donna

necessariamente e per natura dipendente dagli uomini. L'autrice capisce chiaramente come la donnanon sia condizionata dalla natura ma solo dall'organizzazione sociale degli uomini.

Figura 4.5 e 4.6 - A sinistra il filosofo francese René Descar-

te, detto Cartesio (1596-1650); tradizionalmente è fatta risalire a

lui l'individuazione del concetto moderno di "soggetto".

La decostruzione del soggetto avviene nel XX secolo, prima con

la svolta linguistica (che porterà alla filosofia analitica) e in tutto il

corso del Novecento per opera dei filosofi continentali, soprat-

tutto francesi. A destra Jacques Derrida (1930-2004).

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posizione incorre nelle accuse che ab-biamo già messo in evidenza, in par-

ticolare delle filosofe statunitensi. Tant'è che anche il problema del linguaggio in Italia non ha lo stesso rilievo che assume in altre geografie.

Il nuovo realismo. Potremmo dire che le filosofe italiane sono più vicine alle posizioni del nuovo realismo di Mauri-zio Ferraris piuttosto che a quelle del suo maestro Jaques Derrida. Nella pratica della autocoscienza le donne partono da sé, parlano delle proprie esperienze e si espongono facendo emergere il loro vis-suto anche inconscio. Il sé di ciascuna così entra nella pratica della relazione. La teoria nasce in modo da non essere distaccata e oggettiva, come accade nella filosofia tradizionale e anche in quella postmoderna. “È piuttosto una teoria nel cui linguaggio ne va del sé di chi parla. Tale linguaggio è appunto contestuale e relazionale... Esso mostra che la singola-

rità di ognuna, pur avendo bisogno della presenza delle sue simili per significar-si, si radica nella pratica della relazione piuttosto che nella categoria della somi-glianza... Il significante Donna cede così il passo a un ordine simbolico femminile che lega il sé di ognuna alla relazione con le altre secondo dinamiche di affidamen-to e di disparità.” Questo scrive Adriana Cavarero in “Le filosofe femministe”. Seppure è un movimento di empatia che porta alla vicinanza di tutte tramite quel nome comune di Donna in cui si sono ritrovate, nella pratica discorsiva emer-gono poi le singolarità, il sé di ciascuna prende la propria consistenza, emerge in uno spazio di affidamento e disparità. Si mette così in gioco la natura incon-scia dei propri desideri. La prospettiva psicoanalitica nell'ambito del pensiero femminile italiano prende due direzio-ni. Si considera importante la disparità che caratterizza la scena psicanalitica, cosa non altrettanto vera per l'analisi del

profondo junghiana dove troviamo gli archetipi, questa disparità non dà spazio all'uguaglianza e neanche a gerarchie sta-bili. Inoltre, emerge l'anticartesianesimo del discorso freudiano, che mostra l'il-lusoria auto fondazione cosciente e ra-zionale del soggetto. L'asse portante che si forma da queste pratiche è teorizzato da Luce Irigaray e pone un di più che è sempre riconosciuto all'altra, un di più asimmetrico che fa della disparità una misura dell'ordine simbolico e politico femminile. In questo modo affermativo si supera quel ruolo vittimario e negativo messo in evidenza dalla stessa autrice in genere presente nel pensiero femmini-sta. Il pensiero della differenza sessuale si costituirà nell'esperienza italiana in una rete che vede confrontarsi posizioni differen-ti. Voci che cer-cano una e l a b o -

un inquadramento storico-sociale del femminismo

Con il termine femminismo si intende quel movimento socio-culturale che ha per obiet-tivo una revisione dell'identità femminile in

contrapposizione alla visione stereotipata nell'ide-ologia tradizionale come si è andata configurando nel corso della storia sociale.Ovviamente, il punto di partenza è la messa in di-scussione della subordinazione della donna all'uo-mo, sia sul piano socio-culturale, sia sul piano na-turale, con la sconfessione di ruoli e atteggiamenti femminili che si presumono istintivi e connaturati alla natura della femminilità.Storicamente, le posizioni femministe devono in pri-mo luogo la loro origine, almeno ideale, alla nascita del concetto di diritto dell'individuo e di libertà nati e sviluppatisi in periodo illuminista, anche se ancora non da una prospettiva “femminista”, e sul piano della riflessione psicologica, sono stati gli approc-ci della psicoanalisi al campo dei contrasti legati all'incidenza della sessualità nella vita dei cittadini, seppure ancora all'interno di stereotipi.Il femminismo, poi, è andato incontro ad un pro-cesso di strutturazione politica, ovvero ha tentato di mettere in pratica quanto si andava teorizzando, ovvero la parità politica, sociale ed economica tra i sessi.

Agli albori della lotta per l'emancipazione femmi-nile si può porre Olympe de Gouges (1748-1793) che, con la "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina" del 1791 tenta di sensibilizzare la società a proposito del ruolo negato nello spazio pubblico alle donne.In quegli stessi anni, come citato nel testo dell'ar-ticolo, è attiva l'inglese Mary Wollstonecraft (1759-1797); si veda il box nelle pagine precedenti.Con la rivoluzione industriale sorgono nuove pro-blematiche. Per quanto riguarda il femminismo liberale possiamo citare i nomi di Elizabeth Cady Stanton (1815-1902) o Harriet Taylor (1808-1858). Mentre per un femminismo di impostazione socia-lista, si potranno citare Désirée Gay (1810-1891) e Marie-Reine Guindorf (1812-1837) fondatrici de «La Femme libre» (La donna libera).Saltando il troppo noto, anche se di capitale impor-tanza, movimento delle suffragette, nato per otte-nere il diritto di voto per le donne, largo sviluppo ha avuto la tematica femminista anche in tempi più re-centi, in particolare con le contestazioni degli anni Sessanta e Settanta.

Filosofia Psicologia sociale

razione del simbolico femminile per rompere la gabbia d'acciaio del linguaggio. In particola-re al centro della politi-ca del simbolico italia-na viene posto il tema della figura materna, la madre simbolica. In sintesi, alla madre sim-bolica si assegna l'origi-ne non solo materiale ma anche spirituale del nascituro. Così alla dua-lità tra il corpo, assegna-to alla madre, e l'ordine simbolico, preteso dal padre, si sostituisce una sola figura materna. Se pensiamo come la ge-nealogia femminile è sempre interrotta nei miti, nelle religio-ni, nella filosofia, Luisa Muraro indica il fatto che l'unica vera origine è la madre. Dio crea Eva da una costola di Adamo. Anche nella versione in cui Lilith è cre-ata insieme ad Adamo e a seguito delle sue lamentele viene cacciata e sostituita da Eva. Inoltre in contraddizione con se stessa prima la Bibbia indica che Dio fa l'uomo e la donna a sua somiglianza, poi, alcune righe dopo, dice che Dio si avvede che l'uomo da solo non può stare per cui da una sua costola crea la donna che è quindi simile all'uomo e solo di riflesso a Dio. Insomma, chi dà la vita ha sempre un'origine oscurata e subor-dinata a quella del maschio. Per questo diventa importante per il femminismo l'atto performativo coniato da John Au-stin nel libro “Come fare cose con le pa-role”. Abbiamo già visto che quando il prete dice “vi dichiaro marito e moglie” performa, dà forma, a una cosa che pri-ma non c'era, almeno in ambito sociale, un marito e una moglie. Ecco, questo è l'atto performativo. Allora si tratta di

costituire l'identità femminile mancante a partire da questo carattere del linguag-gio, performandola, ma c'è un proble-ma. La potenza del linguaggio dà forma e stabilità al mondo, cioè, crea proprio quegli stereotipi che a volte vogliamo su-perare. A forza di ripetersi il linguaggio ci ficca in testa l'identità, ci fa convinti che le cose stanno così e non altrimen-ti. L'identità diviene per questo stabile e ovvia. Si stabilisce in questo modo ciò che è dentro e ciò che è fuori. Ciò che è normale e quello che è anormale, si sta-bilisce il positivo e il negativo, si creano appunto degli stereotipi. La sua poten-za performativa costruisce le norme. In questo complesso gioco della gabbia lin-guistica il risultato è che la donna è stere-otipata ed è posta in uno spazio positivo e insieme negativo. Come sfuggire a que-sto meccanismo che il linguaggio macina nel costituire l'identità? Come possono elaborare le donne la propria identità usando il medesimo meccanismo? Sic-come l'identità è prodotta da un linguag-gio così strutturato si rimane bloccati, poiché l'unica sarebbe uscire da questo

linguaggio. Il femminismo, utilizzando la stessa struttura linguistica, rischia di cadere negli stessi difetti che denuncia, cioè di promuovere l'economia razzista e classista del linguaggio occidentale. Se pensiamo che ciò sia determinato natu-ralmente dimentichiamolo, perché ciò che è naturale non è altro che una con-venzione stabilita socialmente. ■

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Indicazioni bibliograficheAustin John, Come fare cose con le parole, Marietti, Torino, 1987Cavarero Adriana, Restaino Franco, Le filosofe femministe, Mondadori, Mi-lano, 2002De Beauvoir Simone, Il secondo sesso. Donne non si nasce si diventa, Il Saggia-tore, Milano, 2008Freud Sigmund, Il disagio della civiltà” Bollati Boringhieri, Torino, 1985 Illich Ivan Genere e sesso. Per una critica storica dell'uguaglianza, Neri Pozza,

Milano, 2013Rukeyser Muriel, Myth Wallstonecraft Mary, Rivendicazione dei diritti della donna, 1792Wallstonecraft Mary, I pensieri nella educazione delle ragazze, 1787Wallstonecraft Mary, Maria, 1798

Franco insalaco Autore di saggi filosofici e testi poetici. Organizza reading letterari e incontri culturali. Nel 2005 con il filosofo Pie-tro M. Toesca ha realizzato la “Festa Cantie-re della Poesia” promossa dal Comune di San Gimignano e dalla Provincia di Siena. È stato direttore del bimestrale filosofico «Éupolis. Rivista critica di ecologia territo-riale». Indirizzo web del Giardino Filosofico: http://giardinofilosofico.blogspot.it

Figura 4.7 - A fianco Emme-line Pankhurst nei primi anni del Novecento, arrestata in seguito ad una protesta vicino a Bucking-ham Palace a Londra.In alto immagini di contestazioni femministe negli anni Sessanta.

AnemosneuroscienzeA Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

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la passione politica

Politica e passione al femminiledi nilde iotti

IL PERSONAGGIO

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AnemosneuroscienzeA Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

la passione politicadi nilde iotti

Vita parlamentare. Nilde Iotti decise di di-mettersi dalla Camera dei Deputati inviando al Presidente Violante una

breve lettera. Ricordo ancora la frase più significativa che, con voce rotta dall'emozione, il Presidente lesse di

fronte ad un'Aula gremita, silenziosa e tesa: “mi auguro che lo spirito di uni-tà per cui mi sono sempre impegnata prevalga nei confronti dei pericoli che minacciano la vita nazionale”. Era il 18 novembre 1999 e Nilde sarebbe scom-parsa pochi giorni dopo. Tutti avver-tivamo che il suo forzato abbandono costituiva una grande perdita per noi e per il Paese che lei tanto amava. Seppur gravemente malata, Nilde ci invitava, ancora una volta, a condurre le nostre battaglie politiche nel rispetto reciproco e con l'intento di far sempre prevalere gli interessi della Nazione. Il dibattito che seguì alla sua richiesta di dimissioni rappresenta ancora oggi una delle pagi-ne più belle della vita dell'Assemblea. Intervennero decine di Colleghi e cia-scuno con la propria testimonianza of-frì uno spaccato dell'Italia repubblicana. La “gran signora della politica italiana” - come la definì il quotidiano francese “Le Monde” - aveva contribuito da pro-tagonista a forgiare la storia delle istitu-zioni del nostro Paese. Era stata “madre della Repubblica” (Anna Finocchiaro Fidelbo), “la tenace protagonista delle riforme del Regolamento della Came-ra dei Deputati” (Antonio Maccanico), “una avversaria dell'ostruzionismo ra-dicale, corretta e rispettosa dei diritti delle minoranze” (Marco Boato), “una straordinaria Presidente, autorevole e rispettata in Italia e all'estero” (Gior-gio La Malfa). Fu Beppe Pisanu, allora capogruppo di Forza Italia a ricordare che “i richiami più severi, i rimbrotti più aspri della Presidente Iotti si rivol-gevano sempre e immancabilmente alla sua parte politica. Quello era un suo modo di manifestare non solo il biso-gno di imparzialità, ma anche l'amore esigente che nutriva verso i suoi com-pagni di lotta”. In quell'occasione Pisa-

nu colse una caratteristica peculiare di Nilde: esigente e severa tanto verso se stessa quanto verso gli altri. Soprattut-to se gli altri e le altre erano iscritti al suo Gruppo Parlamentare. A noi chie-deva la costante consapevolezza delle responsabilità che il popolo sovrano ci aveva affidato. Un compito difficile e nobile che dovevamo assolvere come prescrive la Costituzione: con dignità e onore. A noi giovani deputate iscritte al Gruppo Comunista, Nilde dedicò un incontro informale che si svolse all'in-domani del suo terzo insediamento alla Presidenza della Camera dei Deputati (1987). Ci espresse le sue felicitazioni per l'ampio numero di elette e ci esortò a studiare e ad approfondire le materie di cui ci saremmo occupate, ci chiese di ascoltare le ragioni dei rappresentan-ti degli altri Gruppi e ci suggerì anche di indossare sempre abiti consoni al valore storico-simbolico del luogo: la Camera dei Deputati, uno dei Templi della democrazia. Noi capimmo che la “nostra” Presidente sarebbe sempre stata una Maestra. E lo fu per davve-ro. Nilde con noi era sempre dispo-nibile, pronta ad ascoltarci quando le presentavamo i problemi politico-par-lamentari che incontravamo nel corso del nostro lavoro, ad offrirci preziose indicazioni procedurali e a sostenere le nostre iniziative quando era necessario ricorrere al suo prestigio e al suo pote-re. Inflessibile nell'analisi dei problemi, franca nell'individuare i limiti delle no-stre azioni, soprattutto se queste erano condizionate da settarismi o da atteg-giamenti propagandistici, Nilde aiutò le Parlamentari e le donne italiane a conquistare leggi importantissime. La Presidente Iotti salvò la riforma per la decurtazione dei tempi necessari per lo scioglimento dei matrimoni (1987), la

Uno dei settori in cui la differenza di genere risulta particolarmente marcata è la politica. I posti chiave di dirigenza e amministrazione del Paese sono da sempre in mano ad una maggioranza di uomini. La "questione femminile" è da qualche anno al centro del dibattito e qualche cambiamento

si è registrato. Nilde Iotti fu esempio concreto, uno dei pochi della prima storia repubblicana, di come il ruolo delle donne può incidere sulla vita pubblica. Seguono due testimonianze al femminile della vicenda umana e politica di Nilde Iotti (Reggio Emilia, 1920 - Poli 1999).

di Elena Montecchi

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IL PERSONAGGIO

Un ritratto. “L'ho vista sempre così: la camicetta, il filo di perle coltivate, il fazzolettino gualcito

tra le mani che le serviva, penso, per scaricare la tensione”.Era piacevole parlare con Nilde Iotti: forse perché ritrovavo gli accenti delle mie parti, forse perchè nella sua vicen-da c'era qualcosa che appartiene alla mia generazione.È stata, per quasi vent'anni, la compa-gna di Palmiro Togliatti. “Ha dato - diceva - un senso alla mia vita”. Così ci viene incontro Nilde Iotti con le parole di Enzo Biagi che in pochi trat-ti la delinea nella innata eleganza del sorriso, della parola e in quel suo rivol-gersi agli altri nel riserbo e nel pudore.Elegante nel pensiero e nella politica.

6 dicembre 1987. Nilde Iotti, eletta Presidente della Camera dei Deputati per la terza volta consecutiva, il 6 di-cembre 1987 inaugura il nuovo Munici-pio di Bagnolo in Piano, piccolo comu-ne alla periferia nord di Reggio Emilia.Nilde prende la parola in sala del Con-siglio Comunale e subito dopo in Tea-tro, anzi in un teatro gremito all'invero-simile (come già piazza Garibaldi, che si attraversava a fatica, stretta da una folla festante e affettuosa). Presenti e sedute compostamente intere classi delle locali scuole, accompagnate dai loro insegnanti, benchè fosse domeni-ca. Risponde ai ragazzi e alle ragaz-ze che le rivolgono domande puntuali sulla scelta della politica, sul valore di quella scelta, sulle vicende nazionali ed internazionali...Nilde risponde a quei giovani con pa-role di un'attualità sconcertante, che ci richiamano alle radici stesse della no-stra democrazia, che leggono il nostro presente ventisei anni fa. Parole che invitano a riflettere su quanta parte di quelle premesse abbia trovato nel tem-po attuazione e su quanta parte inve-ce, sia rimasta inespressa, confinata nella dimensione del possibile.Nilde Iotti, grande donna reggiana, una di noi, è presente e attuale non solo per ciò che ha saputo rappresen-

tare per la storia del nostro Paese alla guida delle più alte cariche istituzionali, ma anche per come ha saputo inter-pretare in chiave moderna il ruolo delle donne nella società, nelle istituzioni, per il conseguimento e l'affermazione dei valori che fanno delle pari oppor-tunità una straordinaria conquista del nostro tempo.

In favore delle donne. Nilde Iotti è straordinaria non tanto perché nel cor-so della sua vita politica ha dato una testimonianza di appartenenza ad una parte, ma per il ruolo generale che ha saputo rivestire e per l'aspetto simbo-lico che ha incarnato per tante donne. Era dotata di grande capacità di ela-borazione politica, cui fa fede il contri-buto fondamentale alla “Costituente” (giovanissima, insieme ad altre cinque donne elette fu nella commissione dei settantacinque incaricata di redigere la Costituzione, insieme tra gli altri a due insigni costituenti reggiani: Giuseppe Dossetti e Meuccio Ruini).Ebbe probabilmente una vita non fa-cile per una donna del suo periodo e dovette affrontare una serie di pregiu-dizi, anche sul piano personale, non di poco conto. Ma aprì la strada alla liber-tà di scelta delle donne.Cito dal discorso di insediamento alla Camera il 20 giugno 1979: “io stessa, non ve lo nascondo, vivo in modo em-blematico questo momento, avverten-do in esso un significato profondo che supera la mia persona e investe milioni di donne che, attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci, si sono aperte la stra-da verso la loro emancipazione...”Anche se la carica non le permetteva più di intervenire con l'ampiezza e l'in-cisività di prima in favore delle donne, non smise di mettere in primo piano le loro priorità politiche e di dare visibili-tà alle loro iniziative. Così ogni anno celebrava l'otto marzo alla Camera in modi sempre diversi per dare lustro e importanza alla data.Nel 1987 quando Craxi fu costretto a dimettersi, la Presidente convocò, im-mediatamente prima delle dimissioni, la Commissione Giustizia per approva-

re la riforma del divorzio, che altrimenti chissà quando avrebbe potuto essere approvata.E ancora nel 1988 aderì alla manife-stazione nazionale per la legge sulla violenza sessuale ed incontrò e sup-portò le pensionate che chiedevano la revisione delle norme sui ticket sanita-ri.Nel 1989 insieme con altre due donne presidenti (una tedesca e una irlande-se) propose una conferenza delle par-lamentari europee sui temi dell'eman-cipazione femminile, mentre nel 1990 firmò, assieme ad altre parlamentari, un progetto di legge sui tempi di vita che modificava il rapporto donne-lavo-ro-società.Fu un gesto controcorrente: mai un Presidente aveva firmato un progetto di legge che poi avrebbe dovuto esa-minare. Lei disse che lo aveva fatto perchè riteneva giusta e rivoluziona-ria quella proposta che costringeva le istituzioni a fare i conti con la vita con-creta delle donne e a riconoscere che milioni di loro avevano imposto grandi cambiamenti agli assetti sociali e della produzione.Aiutò sempre le donne della società ci-vile a far sentire la loro voce nell'istitu-zione, come nel 1991, quando, duran-te la guerra del Golfo, trasmise a tutte le deputate l'appello di 1300 donne di Torino “Io donna contro la guerra”, per-chè solidalizzassero anche loro.Non stupisce perciò quanto la popola-rità di Nilde in quegli anni divenne am-pia, tanto ampia che anche un gruppo di suore, incontrandola per caso in un museo di Milano, le corse incontro per salutarla, abbracciarla e ringraziarla di aver svolto per tanto tempo e nei di-versi ruoli ricoperti il compito di rappre-sentare le donne. Compito che svolse sempre ricercando il dialogo con le altre, non solo con le cattoliche, attra-verso la fermezza delle proprie idee e con numerose scelte coraggiose e pre-corritrici dei tempi.

Fondazione Nilde Iotti. Oggi la Fon-dazione Nilde Iotti, promossa dalla fi-glia Marisa Malagoli Togliatti, da Livia

di Paola Casali*

nilde, un ritratto dal vivoTESTIMONIANZE

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Deputata Iotti si schierò in Aula con un intervento decisivo per l'approva-

zione della legge contro il reato di violen-za sessuale. Poi intervenne con fermezza e con forza argomentativa per contra-stare Emma Bonino, che proponeva di cancellare le norme inserite nelle riforme elettorali (1993) che agevolavano l'acces-

so percentuale delle donne nelle liste dei partiti. Nilde credeva fermamente nel fatto che le donne nelle istituzioni pote-vano apportare modifiche decisive per la vita delle nostre cittadine. Ma alle elette chiedeva di valutare consapevolmente il contesto istituzionale, sociale e culturale nel quale dovevano maturare le decisio-ni programmatiche e le leggi. Contestava chiunque ipotizzasse di adottare facili scorciatoie demagogiche che - sostene-va - avrebbero condotto ad un nulla di fatto, generando così un ulteriore “senti-mento di sfiducia verso la capacità della politica di risolvere i problemi concreti delle donne”. D'altro canto tutta la vita parlamentare di Nilde Iotti fu contraddi-stinta da un grande senso delle “nobili” mediazioni quale risultato di uno spirito di ricerca delle maggioranze necessarie per approvare leggi di riforma e di cam-biamento.

L'Italia in Europa. Nel 1976 Nilde fu eletta Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati. Grazie anche a quel ruolo pre-

stigioso e impegnativo, prese slancio la sua riflessione culturale e politica sulla necessità di riformare la seconda parte della Costituzione. L'Italia degli anni '70 del Novecento si presentava come un Pa-ese moderno e contraddittorio. L'insedia-mento delle Regioni (1970), i nuovi po-teri riconosciuti ai corpi intermedi della

società (sindacati, organizzazioni pro-fessionali, di categoria, rappresentan-ze di base locali) e il consolidamento delle nuove forme di rappresentanza europee indicavano una precisa stra-da da percorrere: quella dell'adegua-mento costituzionale della politica (articolo 49 sui partiti), della forma di Stato e della forma di Governo. Forte anche della sua esperienza al Parlamento Europeo (1969/1979) che la vide tra i protagonisti italiani sia nella battaglia per il voto a suffragio universale sia nella svolta europeista del PCI, Nilde seppe collocare i no-stri problemi istituzionali nel conte-sto internazionale che stava maturan-do. L'elezione diretta dei membri del Parlamento (1979) avrebbe consen-tito “all'istituzione europea di legit-timarsi su base democratica e popo-lare” e avrebbe cambiato per sempre

il rapporto e il confronto tra gli Stati membri. Il suo lavoro internazionale decennale le offrì anche l'opportunità di conoscere e confrontarsi con grandi personalità della politica europea: Simo-ne Veil, Francois Mitterand, Olof Palme, Helmut Khol, Margaret Tatcher. Quei confronti, accompagnati dalle appro-fondite conoscenze dei sistemi politico-istituzionali dei principali Paesi europei, furono decisivi per individuare lucida-mente la doppia sfida sulla quale l'Italia doveva cimentarsi: le riforme “interne” per assecondare lo sviluppo democrati-co e moderno del Paese e per rafforza-re l'Italia nella competizione “fraterna” con gli altri Paesi. L'Italia della seconda metà degli anni '70 e degli anni '80 visse nell'incubo del terrorismo che non riu-scì, comunque, a prostrare il popolo e a mettere in crisi il sistema istituzionale. Lo Stato resse a quell'urto, ma ciò che allora iniziò ad incrinarsi fu l'uso della leva del-la spesa pubblica quale principale agente regolativo nella società e nei conflitti tra i poteri centrali e quelli regionali/locali. Nilde riteneva indispensabile che la nostra classe dirigente alzasse lo sguar-

Anemosneuroscienze

Turco e dalle Istituzioni locali della Regione Emilia Romagna, si propone di coinvolgere le personalità impor-tanti che l'hanno conosciuta e stima-ta, compresi uomini e donne che, pur non riconoscendosi nella storia della sinistra, hanno come punto di riferi-mento la nostra Costituzione e cre-dono nel contributo che le donne possono dare alla crescita culturale del nostro paese.Non so quale potreb-be essere il pensiero di Nilde Iotti sull’odier-no dibattito che si è aperto sulla necessità di riformare la secon-da parte della Carta Costituzionale. Credo che mettere le mani su quella che è definita la più bella Costituzione del mondo, debba in-durre a riflessioni, con-siderazioni, prudenze e assoluta umiltà. Il dono dei Padri costituenti (e dell’onorevole Iotti) ha permesso all’Italia di crescere civilmente, economicamente, socialmente. Già nel 1994 don Giuseppe Dossetti gridò alto il suo monito in tale senso.A me, ora in questa sede e nel con-cludere, spetta il gradito compito di rivolgere il mio grazie a Nilde per la preziosa testimonianza di vita che ci ha lasciato.

* Paola Casali è moglie, madre, inse-gnante e donna che crede e svolge un impegno politico e sociale, specie nella dimensione locale a favore della sua co-munità.Ha partecipato in vari ruoli all'affermazio-ne delle pari opportunità, quale convinta ed attiva assertrice. È stata, per una vita, donna di scuola, "magistra" nel vero sen-so del termine. È stata inoltre, consigliera provinciale, e in quella veste, ha promos-so varie iniziative a favore dei diritti non riconosciuti alle donne, all'identità di ge-nere, alla presenza delle donne nei vari consessi istituzionali della nostra organiz-zazione sociale. Ora, dopo essere stata consigliere ed assessore, è Sindaco del Comune di Bagnolo in Piano, carica che ricopre dal giugno 2009.

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do e riuscisse a vedere lontano. L'Italia stava correndo in Europa e nel mondo,

ma la sua corsa era zavorrata da istituzio-ni fragili e da una spesa pubblica irrazio-nale. L'Italia era quella che Nilde dipinse in un'intervista ad un quotidiano belga: “il mio Paese si è guadagnato il suo ruolo nel mondo. Anche a prezzo di grandi sa-crifici degli italiani in Patria e all'estero. Ricordo coloro che dal dopoguerra fino alla fine degli anni '60 dal Sud dell'Italia si sono recati al Nord per cercare un po-sto di lavoro. E ricordo con commozio-ne quelli che sono emigrati all'estero alla ricerca di una vita migliore e che talora hanno trovato la morte, come accadde nell'immane tragedia di Marcinelle. Ai fi-gli di queste centinaia di vittime che oggi sono anche cittadini del Belgio io dico che l'Italia non ha dimenticato i loro padri. L'Italia del dopoguerra era in gi-nocchio, costretta a fornire braccia per le miniere in cambio di carbone. La nuova Europa che sta nascendo vedrà l'apporto decisivo dell'Italia democratica, forte del suo sviluppo economico e consapevole del suo passato”. L'intento di Nilde, so-prattutto durante la sua Presidenza, fu quello di far sì che gli eletti conoscessero a fondo anche la vita e le attività degli altri Parlamenti europei. Promosse in-contri di studio, seminari tematici bilate-rali, visite e scambi di esperienze. Al fine di consentirci la migliore comprensione dei documenti internazionali ci solleci-tò a studiare le lingue straniere, facendo organizzare dall'Amministrazione della Camera dei corsi di lingue che iniziava-no alle 7 del mattino per non interferire con l'attività parlamentare quotidiana. Il 27 novembre 1990 la Presidente svolse l'intervento di apertura della Conferen-za dei Parlamentari d'Europa. Lei volle ospitare a Roma quell'evento storico, che anticipò di poco il Trattato di Maa-stricht, in memoria dei Trattati di Roma. I suoi riferimenti alle riforme costituenti per una nuova Europa furono sommersi da applausi convinti e sinceri. Il suo sa-luto alla delegazione tedesca, che per la prima volta rappresentava la Germania unificata, fu emozionante. Nilde eviden-ziò che il tema del futuro funzionamen-to democratico delle istituzioni europee era all'ordine del giorno. E doveva essere affrontato celermente perchè occorre-va individuare il miglior meccanismo “rispettoso dei valori e delle regole che

ispirano le democrazie nazionali e che rischierebbero di subire lesioni gravi se non si riformerà la struttura istituziona-le della Comunità”. Per lei l'accordo di Maastricht doveva essere accompagnato da nuovi processi decisionali per evitare i rischi dell'inaridimento delle democrazie europee e nazionali.

Riforme istituzionali. Non a caso, nel suo primo intervento svolto dopo l'elezione a Presidente della Camera (1979), la Iotti individuò due aspetti rile-vanti per il suo futuro impegno: “affron-tare quelle parti della Costituzione che il tempo e l'esperienza hanno dimostrato essere inadeguate” e “tutelare in primo luogo i diritti delle minoranze ma anche il diritto della maggioranza di legiferare”. Indubbiamente la Presidente fu coerente su entrambi i piani. Ma ottenne risultati diversi. Infatti laddove si esercitò il suo potere, la Presidenza della Giunta per il Regolamento della Camera, si ottennero grandi riforme. Non si può dire altrettan-to nel campo delle riforme istituzionali. Le riforme del Regolamento della Came-ra sono tuttora vigenti e costituiscono un sapiente equilibrio tra le prerogative delle minoranze e i poteri delle maggio-ranze. Il cosiddetto “lodo Iotti” (1981) impose il contingentamento dei tempi per i Gruppi che intraprendevano la stra-da dell'ostruzionismo. L'occasione con-creta per quella storica riforma fu offerta dall'ostruzionismo che il Gruppo Radi-cale mise in atto per bloccare i provve-dimenti governativi contro il terrorismo.

Altre importanti riforme regolamentari fecero seguito a questa: la sessione par-lamentare dedicata alle manovre finan-ziarie e ai documenti di bilancio dello Stato che doveva concludersi entro il 31 dicembre di ogni anno, anche per evitare le incertezze economiche derivanti dagli esercizi provvisori; l'abolizione del voto segreto quale strumento ordinario di vo-

tazione che consentiva comportamenti politici opachi e non verificabili. Queste decisioni costarono a Nilde Iotti attac-chi, anche personali, e polemiche. Diver-si partiti, compreso il PCI, dissentirono pubblicamente. Il PCI fu protagonista di un confronto aspro nei suoi confronti quando la Presidente - dopo aver con-sentito tempi adeguati per l'ostruzioni-smo che i partiti di opposizione misero in atto contro il decreto sulla scala mo-bile (1984, Governo Craxi) - decise di fissare la data e l'ora per il voto di fiducia sul Decreto. Assunse sulla sua persona la totale responsabilità di consentire al Go-verno di legiferare. Anche perchè il testo presentato rientrava pienamente “nei limiti fissati dalla Costituzione”. Nilde compì un gesto doveroso ma politica-mente difficile, perchè quella scelta la isolò momentaneamente dal suo partito e dal suo carismatico segretario, Enrico Berlinguer. Molti anni dopo quell'episo-dio le chiedemmo di raccontarci i retro-scena della vicenda. Lei non si sottrasse e fu come al solito sobria e serena. Per descrivere il suo stato d'animo di allora utilizzò un'espressione dialettale consue-ta tra gli anziani contadini reggiani: “io

IL PERSONAGGIO

E ricordo con commozione quelli che sono emigrati

all'estero alla ricerca di una vita migliore e che talora hanno

trovato la morte, come accadde

nell'immane tragedia di Marcinelle.

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Anemosneuroscienze

sono come la radice di un rovere”. Con quella unica frase ci aveva fornito l'enne-sima lezione di vita.

Riforme costituzionali. Molto meno fortunato fu il suo impegno per le riforme costituzionali. In questo caso le responsabilità delle mancate riforme

sono da ripar-tire tra tutte le forze po-litiche e tra i

diversi attori sociali: or-ganizzazioni sindacali, datoriali e professionali. Inoltre anche il mondo accademico e intellet-tuale, nonchè la gran-de stampa, sono stati protagonisti e maestri per intralciare, svilire e indebolire i tentativi di cambiamento della Co-stituzione. Tutti porta-no il peso di non aver voluto, chi con maggio-ri e chi con minori re-sponsabilità, intrapren-dere e sostenere la via della radicale trasformazione della vita politica e istituzionale italiana. Perciò i fallimenti delle Commissioni Bicamera-li Bozzi, Ciriaco De Mita-Iotti e, infine, Massimo D'Alema non sono ascrivibili solo ai mancati accordi politico-parla-mentari che, peraltro e nel corso del tem-po, si sono trasfigurati nell'immaginario collettivo come “inciuci” o, peggio, in-telligenza con il nemico. I problemi di ieri e, purtroppo, anche di oggi restano immutati ed essi sono a mio parere il frutto dell'intreccio tra conservatorismi

spacciati per la difesa dei valori costitu-zionali, rendite di posizione gattoparde-sche e miopi calcoli di effimeri interessi di parte. A ciò va aggiunto che la cancel-lazione della memoria recente agevola la rimozione dell'opera di intellettuali al servizio delle riforme economico-isti-tuzionali, caduti per mano dei terroristi. Tra questi ricordo Ezio Tarantelli e Ro-berto Ruffilli. E tra le tante rimozioni giova sottolineare quella che impedisce di leggere correttamente il biennio parla-

mentare 1992/1994 che, ben prima del-la cosiddetta discesa in campo di nuovi protagonisti politici come Silvio Berlu-sconi e Forza Italia, poteva concludersi con la riforma organica della seconda parte della Costituzione. Invece, come effettivamente accadde, il Parlamento riuscì a riformare le leggi elettorali locali e nazionali e a fornire al nuovo sistema locale alcune modifiche. Atti politici cer-tamente rilevanti, ma molto frammenta-ti e disomogenei.

L'Italia oggi. La crisi economica odierna accompagnata da una signifi-cativa incertezza politica e istituzionale renderebbe necessaria, invece, una let-tura precisa del ventennio trascorso, ciò anche al fine di individuare con nettezza se sussistono ancora le ragioni che nel passato hanno impedito quello spirito parlamentare unitario invocato dalla Iot-ti. In assenza di tale spirito, come ha ri-cordato il Presidente Napolitano nel suo severissimo intervento di reinsediamento (2013), l'Italia faticherà a ritrovare il sen-so generale della sua direzione di marcia per uscire dalla crisi. Nel 1992 Nilde Iotti sostenne che “se falliremo, la storia del nostro Paese, ed anche la nostra storia, sarà più difficile e sofferta”. Nel 1998 Nilde intervenne, di nuovo, per tentare di rinsaldare l'esile filo che teneva anco-

ra in vita la Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema. Lei ripropose i temi sui quali spese l'ultima parte della sua vita pubblica: la ricer-ca di nuovi equilibri tra la forma dello Stato e la forma di Governo. All'Ita-lia serviva un rapporto di-verso tra i poteri, a partire da quelli del Presidente del Consiglio e dell'Ese-cutivo nei confronti delle Camere e della comunità nazionale. L'idea del raf-forzamento dei poteri del Governo nasceva anche dal fatto che le nuove isti-tuzioni regionali e locali rischiavano di disperdere il loro enorme potenziale di governo democratico nel costante, permanente e rissoso conflitto di e tra

i poteri. Le rivendicazioni legittime di poteri e autonomie territoriali dovevano essere bilanciate da vincoli di responsa-bilità nazionali e internazionali che tutti i soggetti istituzionali dovevano onorare. La profonda conoscenza che Nilde aveva della storia italiana le consentiva di ve-dere lucidamente una sofferenza strut-turale della nostra Nazione, frutto di un complesso processo di unificazione risorgimentale: un debole senso identita-rio nazionale che si manifestava anche nell'altrettanto debole riconoscimen-

A Il tema del numeroLug-Set 2013 | anno III - numero 10

Figura 5.1 e 5.2 - A fianco un'immagine dell'immigrazione interna italiana negli anni Sessanta. In basso Palmiro Togliatti, leader del PCI fino al 1964. Dal 1944 al 1945 ricoprì la carica di vice Presidente del Consiglio e dal 1945 al 1946 quella di Ministro di Grazia e Giustizia. Fu il compagno di Nilde Iotti.

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to da parte dei cittadini dell'autore-volezza delle istituzioni statali e degli

spazi pubblici. La storica forza del muni-cipalismo, peraltro pressochè circoscritta all'Italia del Centro-Nord, rappresentava per Nilde un elemento importante per rafforzare lo spirito di comunità ma era del tutto insufficiente per affrontare le sfide contemporanee. L'Italia moderna necessitava di una intelaiatura istituzio-nale chiara ed efficace perché “nell'Eu-ropa dell'euro noi dobbiamo portare una Nazione il più possibile omogenea e unita”. Nilde non condivideva tutte le proposte elaborate dalla Commissione D'Alema ed elencò i temi specifici sui quali auspicava correzioni. Ma sosten-ne il valore complessivo della proposta perchè aveva il pregio di disegnare un quadro chiaro. “Siamo qui per decidere norme e istituzioni destinate a durare negli anni, rivolte alle generazioni fu-ture, al modo in cui esse realizzeranno il loro diritto ad avere istituzioni demo-

cratiche efficienti, capaci di interpretare, per un ragionevole periodo, l'inevitabile evoluzione dei tempi: stiamo decidendo dell'Italia che si affaccia al XXI secolo. Lo sviluppo del rapporto democratico tra lo Stato e i cittadini è indispensabile anche per impedire nuove forme di auto-crazia: del potere militare, della moneta, del sapere tecnologico, dell'informazio-ne. Se abbandonassimo il sentiero delle riforme, continuerebbe una fase di insta-bilità e incertezza politica. Oggi noi non possiamo tornare indietro riaprendo una stagione in cui i poteri di veto rendono debole la politica per indebolire lo Sta-to”. E fu proprio per i poteri di veto del centro-destra e per la debole resistenza delle forze di centro-sinistra che anche quella Bicamerale si arenò. Nilde inter-venne con il suo stile oratorio chiaro e solenne: lei era tanto innovatrice quanto rispettosa dei riti e degli obblighi parla-mentari. Perfino quelli più duri e fatico-si, quali erano le numerose nottate in

bianco trascorse in aula per difendere il Governo Prodi dall'ostruzionismo della destra. Nilde non si rinchiuse mai in una torre d'avorio. Conosceva la gente del nostro Paese e la gente l'amava. Soprat-tutto le donne che la percepivano come un simbolo a portata di mano. Migliaia di donne e di ragazze giovani, giovanis-sime, insieme a tanti uomini sfidarono il freddo dicembrino fermi, immobili in attesa di poter entrare nel Palazzo Mon-tecitorio per rivolgerle l'ultimo saluto. Tante ragazze depositarono i loro fiori, altri si fecero il segno della Croce, altri ancora la salutarono con un pugno chiu-so. George Bush Senior disse che la Iotti era “una marxista civile”. Questo rozzo commento da cow-boy esprimeva lo stu-pore di chi aveva incontrato un'elegante statista democratica e di sinistra. Imma-gino quale moto di incredulità avrebbe travolto l'allora Presidente americano, se avesse saputo che Nilde ogni vigilia di Natale cucinava i tortelli di zucca. Le zucche le venivano fornite da una fami-glia contadina reggiana. Il mio compito era quello di trasportarle a Roma. Nilde intratteneva con la “signora delle zuc-che” una fitta corrispondenza epistola-re ricca di valutazioni sulla consistenza della polpa e sui modi migliori per arric-chire il ripieno dei tortelli: la quantità di amaretti, della scorza di limone o della noce moscata. E a me piace ricordare che Nilde, la grande Signora della Repubbli-ca, una donna che ha fatto la storia, ama-va anche cucinare i tortelli di zucca.■

le donne della repubblica italiana

Non sono molte le donne che nella storia repubblicana hanno rag-giunto posti chiave nell'amministrazione della cosa pubblica in Ita-lia. Si ricordi, d'altra parte, che il voto è stato esteso alle donne

solo dopo la caduta del fascismo, fatto che considerato secondo i para-metri di oggi ha dell'incredibile.Tra le donne che si ricordano della storia repubblicana, rientra certa-mente Lina Merlin (1887-1979). Angelina Merlin fu partigiana, membro dell'Assemblea Costituente e prima donna a essere eletta al Senato del-la Repubblica nelle file del Partito Socialista. Il suo nome è legato alla famosa legge - detta appunto Legge Merlin - del 1958. Tale disposizione legislativa disponeva la chiusura del-le case di tolleranza e l'introduzione di una serie di reati intesi a contrasta-re lo sfruttamento della prostituzione. Considerandone pure gli effetti nega-tivi visti con i parametri odierni, si ten-ga presente che la ratio del legislato-re allora era, per così dire, in buona fede perchè mirava a reprimere lo sfruttamento delle donne, più che la prostituzione in sé.Altra personalità femminile della sto-ria italiana è certamente Rita Levi Montalcini. Già vincitrice del Premio Nobel per importanti studi sul cervel-lo, Rita Levi Montalcini esercitò fino alla fine il suo ruolo di Senatrice a vita con un convinto senso civico. È scomparsa di recente.

IL PERSONAGGIO

Elena Montecchi. È nata e vive a Reggio Emilia. Eletta Consigliera Comunale, è stata Assessore nella sua città fino al 1986. De-putata dal 1986 al 2006, ha fatto parte della Commissione Affari Costituzionali, dell'Ufficio di Presidenza e della Giunta per il Regolamen-to della Camera dei Deputati. Componente di diversi comitati parlamentari bilaterali europei ed extra-europei, ha svolto un'intensa attività nel “Gruppo di contatto” italiano ed europeo durante la guerra in Afghanistan. Dal 1996 al 1998 è stata Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro. Dal 1998 al 2001 è stata Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai Rapporti con il Parla-mento. Dal 2006 al 2008 è stata Sottosegreta-rio al Ministero dei Beni Culturali. Nel 2009 Giorgio Napolitano l'ha nominata Commissario presso l'Autorità di Garanzia e Controllo dell'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici. Nel 1998 con Tiziano Treu e Massimo Anto-nello ha collaborato alla scrittura del libro “La riforma del mercato del lavoro” a cura di Mar-co Biagi (UTET Edizioni). Nel 2005 ha scritto il libro “Le bimbe di Kabul. Diario di un viaggio in Afghanistan” (Aliberti Editore).

Anemosneuroscienze

43

A Il tema del numero Anemosneuroscienze

alTri approFondimenTi

pagina 44 Effetto Mozart ed epilessia

pagina 50 Franz Liszt alla Salpètriere

pagina 52 Cellule staminali in neurologia

AIl tema del numero

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10Neurologia Musicoterapia

44

Studio clinico in relazione agli aspetti neurofisiologici e riabilitativi legati all’ascolto della Sonata KV 448 in pazienti con Sindrome di Lennox-Gastaut

eFFeTTo moZarT ed epileSSia

45

AnemosneuroscienzeLug-Set 2013 | anno III - numero 10

i benefici della musica. Fin dalle origini della specie umana, la musica ha rivestito un ruolo inspiegabilmente importante. I reperti archeologici testimonia-

no che, già nella Preistoria, l’uomo si serviva dei suoni per comunicare con i propri simili e con la natura. In un passo della Bibbia si narra dell’uso della musi-ca come agente terapeutico, presumibil-mente in un soggetto con epilessia:

quando dunque lo spirito sovraumano inve-stiva Saul, Davide prendeva in mano la ce-tra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui. (Samuele, 1, 16-23)

I Greci, che attribuivano alla musica un ruolo determinante nelle loro teorie co-smogoniche e metafisiche, utilizzarono il suono nella prevenzione e nella cura di malattie fisiche e mentali.Secondo Aristotele, la musica assolve-va una funzione catartica, permettendo all’animo di purificarsi dagli istinti e dai sentimenti negativi:

Essendo adunche stata approvata la divisio-

ne delle armonie [...], cioè che una parte di lei sia morale, una attiva, e una astrattiva, e ancora che la natura d’esse armonie, abbia in ciascuna parte una propria virtù, però dico la musica non dovere essere usata por cagio-ne d’una sola utilità, ma di più anzi dico lei deve essere usata per fine di erudizione, e di purgamento. [...] Nel terzo fine è lo intratte-nersi nell’ozio, e relassare l’animo, e quietarsi dalli negozi. (Aristotele, Trattato dei governi, Libro V, Cap. VII)

Il filosofo greco suddivideva le armonie, individuandone alcune connotate da ef-fetti positivi sull’anima e sul corpo. Nonostante siano passati secoli, si indaga ancora su tali effetti.

Effetto Mozart. Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno provato i benefici esercitati dall’ascolto della musica di W. A. Mozart sul cervello.Si parla infatti di Effetto Mozart, intendendo con tale definizione un cambiamento dell’attività neuro-fisiologica ed un incremento delle performance cerebrali, associati all’ascolto della musica del celebre

compositore.Le caratteristiche peculiari che rende-rebbero la musica mozartiana capace di esercitare tali influenze sul cervello sarebbero quelle di una periodicità a lungo termine (20-60 sec) e della costan-te ripetizione di sequenze variate. Tali analogie con i meccanismi della codifica cerebrale, come ad esempio con i CAP o i fusi del sonno, farebbero entrare in ri-sonanza le strutture cerebrali, altamente organizzate, ottenendo un miglioramen-to di tutte le funzioni sub-ottimali. La musica di Mozart agirebbe quindi come

di Federica Sanfilippo App 3

parole chiave. Effetto Mozart, epilessia, Sindrome di Lennox-Gastaut, musicoterapia, musica, Mozart

abstract. L’Effetto Mozart si estrinsecherebbe in un incremento delle performance e del ragio-namento spazio-temporale. Ne è stata documentata anche un’efficacia terapeutica nell’epilessia, evidenziabile in una riduzione della durata e della frequenza delle crisi epilettiche. Si è pertanto tentato di valutare l’efficacia riabilitativa legata all’ascolto della Sonata K.448 di Mozart in pazienti affetti da Sindrome di Lennox-Gastaut, una rara forma di epilessia refrattaria. Lo studio clinico ha mostrato complessivamente risultati degni di nota, in vari ambiti: l’ascolto della Sonata K. 448 si è dimostrato utile nel ridurre la frequenza e la durata delle crisi; si è evidenziata una modesta riduzio-ne delle cadute e della perdita della continenza sfinterica; è diminuita la durata dello stato confusio-nale post-critico e sono migliorate la durata e la qualità del sonno; alcuni aspetti comportamentali si sono modificati ed i pazienti si sono rivelati più sereni, meno oppositivi, nervosi ed agitati. Si è inoltre rilevato un miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, che hanno autonomamente deciso di continuare il trattamento dopo la conclusione dello studio.

Figura 6.1 - Nella foto a destra il compositore, pianista, organi-sta e violinista austriaco Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791).

La sua produzione musicale comprende sinfonie, musica sacra, da camera e opere di vario genere.

46

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

esercizio di eccitazione per l’encefalo, favorendo la riorganizzazione dei pat-

tern cerebrali e promuovendo il flusso di potenziali, responsabile delle funzioni superiori.La composizione più studiata a tal pro-posito è la Sonata in Re Maggiore per due pianoforti K. 448. Gli effetti legati all’ascolto della suddetta composizione sarebbero molteplici, tra i quali:• incremento delle performance nel ra-gionamento spazio-temporale; • potenziamento delle capacità di piani-ficazione e monitoraggio;

• velocizzazione delle risposte;• effetti positivi sul sonno, sull’ansia e sull’umore;• riduzione della rigidità muscolare;• normalizzazione delle risposte cardio-vascolari;• efficacia antiemetica;• decremento dei livelli di cortisolo, beta endorfina, acido lattico e noradrenalina;• incremento dei livelli di IgA;• facilitazione della neurogenesi e della rigenerazione neuronale;• modifiche del pattern EEG Influenza sull’attività ictale, con riduzione della

frequenza e della durata delle crisi (effet-ti a breve ed a lungo termine).Uno studio di Bodner et al. ha appro-fondito l’aspetto organico dell’effetto Mozart, utilizzando la risonanza magne-tica funzionale (fRMN). Si sono viste significative differenze nella modifica del flusso sanguigno encefalico indotte dalla Sonata K.448 di Mozart, rispetto a quella indotte dalla musica di Beetho-ven e da una composizione popolare per pianoforte del 1930. Nel primo caso si è avuta infatti una attivazione del flusso a livello della corteccia prefrontale dorso-

Neurologia Musicoterapia

Tabella 1 - QoL paziente prima e dopo il trattamentoVa

lori

QoL

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

Pazienti

C.A. F.B. F.P. L.V. T.A.

QoL iniziale

QoL finale

Tabella 2 - Aspetti comportamentali: aggressività e nervosismo

Mai Raramente Qualche volta Spesso

Frequenza di presentazione dell’aspetto

Paz

ient

i

C.A.

F.B.

F.P.

L.V.

T.A.

1 2 3 4

Prima delle 4 settimane

Dopo le 4 settimane

Anemosneuroscienze

47

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

laterale (DCP), della cortec-cia occipitale, del cervelletto e dell’area 47 di Brodmann (a livello della corteccia fron-tale). Si tratta di aree fonda-mentali nel ragionamento spazio-temporale. Pertanto si può dedurre che tutta la mu-sica attiva la corteccia uditiva, ma solo quella di Mozart at-tiva anche le aree del cervello coinvolte nella coordinazio-ne motoria fine, nella visione e nell’elaborazione delle più alte funzioni cerebrali.

Studio clinico. Presso il Policlinico Universitario di Catania è stato svolto uno studio clinico per approfon-dire la relazione tra Effetto Mozart ed epilessia. In parti-colare, si è tentato di valutare l’effetto benefico della mu-sica mozartiana su pazienti affetti da una forma di ence-falopatia epilettica refratta-ria, la Sindrome di Lennox-Gastaut, caratterizzata da una tipica triade sintomatologica, comprendente: - crisi epilettiche generaliz-zate (crisi toniche, crisi ato-niche, assenze atipiche, crisi miocloniche);

- quadro elettroencefalogra-fico tipico, con presenza di complessi punta-onda lenti a 2-2,5 Hz di ampio voltaggio, diffusi, irregolari, sincroni e asincroni, con disorganizza-zione dell’attività di base; - rallentamento o arresto dello sviluppo psicomoto-rio, con conseguente ritardo mentale. Nella sindrome sono spes-so presenti anche disturbi comportamentali, instabili-tà dell’umore, disturbi della personalità, atteggiamenti psicotici, aggressività, apatia, tendenza all’isolamento.Nello studio si è tentato di valutare l’efficacia riabilitati-va dell’ascolto della Sonata K. 448 in termini di riduzio-ne del numero di crisi, della loro durata e delle compli-canze correlate, indagando anche l’influenza sui distur-bi comportamentali e sullo stato emotivo generale, oltre che sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. Per i 5 pazienti reclutati, tutti in età giovane-adulta (25-35 aa), affetti da LGS con attivi-tà ictale sostenuta a frequen-za plurisettimanale ed in te- ►

Tabella 3 - Aspetti comportamentali: calma e serenità

Mai Raramente Qualche volta SpessoFrequenza di presentazione dell’aspetto

Paz

ient

i

C.A.

F.B.

F.P.

L.V.

T.A.

1 2 3 4

Prima delle 4 settimane

Dopo le 4 settimane

Tabella 4 - Frequenza delle crisi toniche

1

234

5678

9

10

0

11

121314

151617

Num

ero

med

io d

i cris

i set

timan

ali

I sett II sett III sett IV sett

15

11

10

8

6

2 2

1

5

1

0

4

0

33

1 2 3 4 5

PAZIENTE

VALORI MEDI CRISI TONICHE SETTIMANALI

MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

2345

4

154,545

1,75

1122

2,75

Settimane di trattamento

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

48

rapia farmacologica stabile, lo studio si è articolato in un colloquio iniziale,

un trattamento riabilitativo domiciliare di quattro settimane ed un colloquio fi-nale. Nel colloquio iniziale è stato sommini-strato un questionario anamnestico, ap-positamente strutturato in varie sezioni, seguito dall’esecuzione di un video-EEG, con registrazione dell’attività di base, se-guita da registrazione in contemporanea all’ascolto del I Tempo della Sonata KV 448 di Mozart. Il trattamento riabilitati-vo domiciliare si è svolto per le quattro settimane successive all’incontro, con la cooperazione dei familiari. I pazienti hanno ascoltato l’intera Sonata K. 448 per 2 volte al giorno, al mattino e alla

sera. Durante tale periodo i genitori e/o gli assistenti hanno compilato dettaglia-tamente un diario delle crisi. Nel col-loquio finale è stato somministrato un questionario conclusivo, seguito da una registrazione EEG con e senza musica.

Risultati. Lo studio clinico ha mostra-to complessivamente risultati degni di nota in vari ambiti. Si è rilevato un miglioramento della qua-lità di vita dei pazienti e delle loro fami-glie, come si evidenzia dalla Tab.1. Per-tanto i genitori hanno autonomamente deciso di continuare il trattamento dopo la conclusione dello studio.Alcuni aspetti comportamentali si sono modificati ed i pazienti si sono rivelati

più sereni, calmi, meno oppositivi, ner-vosi e agitati (Tab. 2 e 3); si è documen-tato un miglioramento del tono generale dell’umore, con maggiore partecipazio-ne e collaborazione dei pazienti, nonchè minore tendenza all’isolamento.L’ascolto della Sonata K. 448 si è dimo-strato utile nel ridurre la frequenza e la duratata delle crisi toniche, atoniche e delle crisi tonico-cloniche generalizzate, come evidenziabile dalle Tabelle 4, 5, 6 e 7.Tra gli effetti sul pattern EEG si è do-cumentata una riduzione degli artefatti muscolari durante e dopo l’ascolto della musica, associata ad un leggero rallenta-mento della frequenza cardiaca durante l’ascolto.

Neurologia Musicoterapia

Tabella 5 - Frequenza delle crisi atoniche

PAZIENTE

VALORI MEDI CRISI ATONICHE SETTIMANALI

MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

2345

1

7,50,501

0,5

6,50,25

00,5

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0I sett II sett III sett IV sett

Num

ero

med

io d

i cris

i set

timan

ali

1 2 3 4 5

11

0

8 8

6

4

0010

4

2

1 1

Settimane di trattamento

Tabella 6 - Frequenza delle crisi toniche-cloniche generalizzate

PAZIENTE

VALORI MEDI CRISI TCGSETTIMANALI

MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

2345

1,5

56

2,53

0,75

3,54,251,251,75

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0I sett II sett III sett IV sett

Num

ero

med

io d

i cris

i set

timan

ali

1 2 3 4 5

11

0

5

4

3

2

0

2 2

Settimane di trattamento

1 1

3

49

AnemosneuroscienzeLug-Set 2013 | anno III - numero 10

Sono inoltre migliorate la durata e la qualità del sonno, le cadute e la perdita della continenza sfinte-rica si sono verificate con minore frequenza ed è diminuita la durata dello stato confusionale post-criti-co. Alla luce dei risultati ottenuti, i pazienti con Sindrome di Lennox-Gastaut hanno beneficiato dell’Ef-fetto Mozart. Oltre ai dati sulla riduzione della frequenza e della durata delle crisi, il miglioramento della qualità di vita dei pazienti rappresenta uno dei traguardi più significativi.Nonostante il mancato reperto di dati elettroencefalografici suffi-cientemente dimostrativi, dovuti alle notevoli difficoltà riscontrate nella registrazione, i risultati ot-tenuti dai questionari fanno ben

sperare. Le eventuali modifiche del pattern elettroencefalografico saranno approfondite in ulteriori studi, in pazienti con un attività elettrica cerebrale meno critica, che permetta un’analisi adeguata. Per la significatività dei dati rile-vati, l’ascolto della Sonata K. 448 del geniale Mozart potrebbe essere suggerito come terapia aggiuntiva in pazienti con epilessia.In particolare però, per i pazienti affetti da malattie o sindromi rare, quali la LGS, costretti a convivere con un presente sempre più invali-dante, l’Effetto Mozart fa intrave-dere un orizzonte riabilitativo che, in associazione alle comuni terapie farmacologiche o chirurgiche, per-metterebbe loro di vivere il futuro con maggiori speranze.■■

Bodner M, Muftuler LT, Nalcioglu O, Shaw GL (2001). FMRI study relevant to the Mozart effect: brain areas involved in spatial-temporal reasoning. Neurol Res. Oct, 23(7), 683-90.Campbell D (1997). The Mozart effect: Tapping the Power of Music to Heal the Body, Strengthen the Mind, and Unlock the Creative Spirit. New York: Avon Books.Charnetski CJ, Brennan FX Jr, Harrison JF (1998). Effect of mu-sic and auditory stimuli on secretory immunoglobulin A (IgA). Percept Mot Skills, 87(3 Pt 2), 1163-70. Ezzone S, Baker C, Rosselet R, Terepka E (1998). Music as an adjunct to antiemetic therapy. Oncol Nurs Forum, 25(9), 1551-6.Fukui H, Toyoshima K (2008). Music facilitate the neurogenesis, rege-neration and repair of neurons. Med Hypotheses, 71(5), 765-9.Gumeniuk VA, Batova NIa, Mel'nikova TS, Glazachev OS, Golubeva NK, Klimina NV, Hubner P (1998). Systems analysis of colour music corrective effect. Vestn Ross Akad Med Nauk, (2), 18-25.Günther W, Müller N, Trapp W, Haag C, Putz A, Straube A (1996). Quantitative EEG analysis during motor function and music perception in Tourette's syndrome. Eur Arch Psychiatry Clin Neuro-sci, 246(4), 197-202.Ho C, Mason O, Spence C (2007). An investigation into the temporal dimension of the Mozart effect: evidence from the attentional blink task. Acta Psychol (Amst), 125(1), 117-28.Hughes JR (2002). The Mozart Effect: Additional Data. Epilepsy Behav, 3(2), 182-184.Hughes JR, Daaboul Y, Fino JJ, Shaw GL (1998). The "Mozart effect" on epileptiform activity. Clin Electroencephalogr, 29(3), 109-19.Hughes JR, Fino JJ (2000). The Mozart Effect: distinctive aspects of the music--a clue to brain coding?. Clin Electroencephalogr, 31(2), 94-103.Iwaki T, Hayashi M, Hori T (1997). Changes in alpha band EEG activity in the frontal area after stimulation with music of different affective content. Percept Mot Skills, 84(2), 515-26.Jausovec N, Habe K (2003). The "Mozart effect": an electroencephalo-graphic analysis employing the methods of induced event-related desynchro-nization/ synchronization and event-related coherence. Brain Topogr, 16(2), 73- 84.Jausovec N, Jausovec K, Gerlic I (2006). The influence of Mozart's music on brain activity in the process of learning. Clin Neurophysiol, 117(12), 2703-14.Jenkins JS (2001), The Mozart effect. J R Soc Med, 94(4), 170-2.Johnson JK, Cotman CW, Tasaki CS, Shaw GL (1998). Enhan-cement of spatial- temporal reasoning after a Mozart listening condition in Alzheimer's disease: a case study. Neurol Res, 20(8), 666-72.Levin IaI (1997). "Music of the Brain" in the treatment of insomnia patients. Zh Nevrol Psikhiatr Im S S Korsakova, 97(4), 39-43.Nakamura S, Sadato N, Oohashi T, Nishina E, Fuwamoto Y, Yonekura Y (1999). Analysis of music-brain interaction with simulta-neous measurement of regional cerebral blood flow and electroencephalogram beta rhythm in human subjects. Neurosci Lett, 275(3), 222-6.Palmer C, Drake C (1997). Monitoring and planning capacities in the acquisition of music performance skills. Can J Exp Psychol, 51(4), 369-84.Petsche H (1996). Approaches to verbal, visual and musical creativity by EEG coherence analysis. Int J Psychophysiol, 24(1-2), 145-59.Petsche H, Von Stein A, Filg O (1996). EEG aspect of mentally playing an instrument. Brain Res Cogn, 3(2), 115-23.Rauscher FH, Robinson KD, Jens JJ (1998). Improved maze lear-ning through early music exposure in rats. Neurol Res, 20(5), 427-32.Rauscher FH, Shaw GL, Ky KN (1995). Listening to Mozart enhances spatial- temporal reasoning: towards a neurophysiological basis. Neurosci Lett, 185(1), 44-7.Rauscher FH, Shaw GL, Levine LJ, Wright EL, Dennis WR, Newcomb RL (1997). Music training causes long-term enhancement of preschool children's spatial- temporal reasoning. Neurol Res, 19(1), 2-8.Sarnthein J, VonStein A, Rappelsberger P, Petsche H, Rauscher FH, Shaw GL (1997). Persistent patterns of brain activity: an EEG coherence study of the positive effect of music on spatial-temporal reasoning. Neurol Res, 19(2), 107-16.

Indicazioni bibliografiche

Federica Sanfilippo. Medico chirurgo, musicista, musicoterapeuta, docente di Musica applicata alla Medicina. Da anni svolge attività di ricerca sull’Effetto Mozart, in particolare in pazienti affetti da varie forme di epilessia.

Tabella 7 - Durata media delle crisi

PAZIENTE

VALORI MEDI CRISI TCGSETTIMANALI

MESE PRECEDENTE

FINE TRATTAMENTO

1

2345

20

90303040

10

40252025

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

01 3 4

Dur

ata

med

ia d

elle

cris

i

52

Prima delle 4 settimane Dopo le 4 settimane

Pazienti

50

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10Storia della musica Musicoterapia

FranZ liSZT alla SalpèTriere

parole chiave. Musi-coterapia, Franz Liszt, malattie mentali

abstract. Nel 1833 il compositore e pianista Franz Liszt viene invi-tato alla Salpètriere per sperimentare gli effetti terapeutici del suo vir-tuosismo pianistico su una paziente alienata, che aveva già mostrato in precedenza una certa predisposizione alla mu-sica. L'esperimento rivela risultati sorprendenti e mostra come la musica riesca ad influenzare il comportamento della donna.

di Monica Maccaferri 2App

effetti della musico-terapia. Mitiviè, Pariset e Leuret erano presenti quan-do, nell’agosto 1833, il già famoso compositore Franz

Liszt, allora ventiduenne, venne invitato alla Salpètriere per sperimentare gli effetti del suo virtuosismo pianistico su un’alie-nata di 52 anni che aveva dimostrato una predisposizione alla musica. Come sap-piamo dallo stesso Esquirol, Liszt venne invitato alla Salpètriere da Francoise Leu-ret, cioè da uno degli alienisti che si era battuto con maggior convinzione - e con atteggiamento critico verso lo scetticismo del maestro - per introdurre la musicotera-pia all’interno dei grandi ospizi. La strategia curativa di Leuret puntava sul coinvolgimento attivo dell’alienato: “En-tendre de la musique serait peut-étre sans efficacité; mail enfaire, preter son attention à ce qu’on exécute, c’est là ue diversion dont l’efficacité est incontestabile”1.

Già a partire dal 1824, Esquirol aveva spe-rimentato su larga scala gli effetti terapeu-tici della musica indirizzandosi, oltre che al singolo paziente, anche alla massa degli "alienati". A tale scopo, aveva invitato frequentemente alla Salpètriere musicisti della capitale, accompagnati da qualche loro allievo di conservatorio: in questi piccoli concerti, che si svolgevano la do-menica, venivano impiegati strumenti a fiato, l’arpa, il piano e il violino, il tutto spesso accompagnato da qualche esibizio-ne vocale. Circa ottanta "alienate" formavano il pubblico di queste esecuzioni, alle quali presenziavano anche Esquirol e un suo assistente, il dottor Chambeyron, mentre gli estranei venivano rigorosamente esclu-si. L’insuccesso di tali tentativi, secondo Leuret, dipese dalla posizione passiva del-le "alienate" durante le esecuzioni. “La musique et la folie - egli affermava - peuvent longtemps marcher ensamble

1 F. Leuret, Du traitement moral de la folie, Paris, J.B.Baillière, 1840, pp. 304-305

Note

51

AnemosneuroscienzeLug-Set 2013 | anno III - numero 10

sans que l’une nuise à l’autre. Mais si, au contraire, il s’agit d’un aliéné triste, bien apathique, la musique, s’il en fait, sera en quelque sorte le cointrepoison de ses idées folles, il y aura lutte, et, si la mu-sique l’emporte, les idée folles seront re-poussées et vaincues”. Occorre insomma fare musica; non è sufficiente ascoltarla. Leuret invita quin-di Liszt alla Salpètriere per mettere alla prova il suo nuovo punto di vista sulla musicoterapia.

l'esperienza di liszt alla Sal-pètriere. “Quéneau è entrata alla Sal-pètriere nel 1781 all’età di 10 anni. Era di buona costituzione e di mediocre grassezza; aveva la faccia più sviluppata del cranio. La parte superiore della testa era depressa, l’occipitale piccolo, la fron-te schiacciata e sfuggente all’indietro… La fisionomia è stupida ed esprime assai bene la sua predisposizione all’accatto-naggio. Sta sempre all’aperto, qualunque sia il tempo; tende la mano a tutti per ave-re qualche moneta con cui comprare del cibo. Essa ha infatti un grande appetito. Bisogna vestirla; quando cerca di parlare, fa sentire un grido rauco oppure una sor-ta di grugnito articolato ed intermittente che ripete finché non è stata capita. Ca-pisce dai gesti ciò che le si vuole dire, a patto che non ci si allontani dai bisogni più elementari della vita. È riconoscente nei confronti dell’inserviente che la accu-disce, o delle persone da cui riceve dena-

ro e cibo. Esprime ricono-scenza baciandosi le dita e sollevando gli occhi al cie-lo. Se le si rivolge la parola lentamente e ad alta voce, capisce. Di solito dolce, va in collera quando non può soddisfare la sua ghiottone-ria: si strappa le vesti, all’in-fuori della camicia, che tie-

ne addosso per pudore, avendo cura di coprirsi il seno con le mani. Non ha mai potuto apprendere nessun mestiere.Questa "folle" è tuttavia musicista. Se vede danzare salta a tempo; se sente can-tare ripete con voce roca non le parole ma le arie; ne conosce un gran numero. Un allievo della Salpètriere suona il violino: Quéneau segue l’aria e con un’attenzio-ne curiosa cerca il luogo da cui proviene, e si avvicina a poco a poco al musicista. Guerry improvvisa un’aria: Quéneau la segue, la tiene a mente e la ripete su ri-chiesta. Guerry comincia un’aria e Qué-neau la prosegue fino alla fine. Desprès, allievo interno all’ospizio, canta un’aria complicata: Quéneau raddoppia l’atten-zione, fissa gli occhi sull’allievo, contrae i lineamenti e riesce a mettersi all’unisono con il cantante. Dei frutti che le piaccio-no sono messi alla sua portata, ed essa manifesta con sguardi e con gesti il de-siderio di prenderli; ma nel momento in cui è pronta a impadronirsene, Dèspres batte il tempo e canta: subito Quéneau batte il tempo e abbandona i frutti, che afferra con avidità non appena il canto è cessato. Viene suonato il flauto, Quéneau è tutta orecchi. At-tenta, ripete le arie seguite. Il 25 ago-sto 1833, il signor Liszt, su invito di Leuret, accettò vo-lentieri di prestarsi

alle esperienze seguenti, che furono fatte, presente il dottor Mitivié, nel gabinetto di Pariset, medico della divisione degli alienati della Salpètriere. Liszt improvvi-sa parecchie arie: Quéneau le afferra ma, provando difficoltà a ripeterle, poiché la sua voce non può elevarsi al tono sul qua-le ha cantato Liszt, i suoi tratti esprimono lo sforzo della contrarietà. Liszt suona il pianoforte; Quéneau è immobile, gli occhi attenti sulle dita del grande artista, oppure entra in una sorta di movimento convulsivo, si torce in diverse direzioni, si morde i pugni, batte il piede, leva gli occhi al cielo, e fa degli sforzi per mettersi all’unisono. Il passaggio dai suoni gravi ai suoni acuti provoca un’improvvisa con-trazione di tutti i muscoli di Quéneau, come se fosse stata colpita da una scarica elettrica. Quest’ultima esperienza, ripetu-ta più di venti volte, ha sempre avuto lo stesso risultato. Il dottor Leuret trascina Quéneau fuori dal gabinetto e le mostra delle albicocche. Subito Liszt suona il pia-noforte. Quéneau si volta vivacemente e, per tutto il tempo in cui lo strumento si fa sentire, il suo sguardo è fisso sul musi-cista, e ritorna alle albicocche appena la musica è finita. Malgrado questa singola-re capacità musicale, il cranio di Quéneau non presenta affatto il rigonfiamento che Gall ha segnalato come indicatore dell’or-gano della musica”.Il 15 gennaio del 1837, all’età di 66 anni, Quéneau è deceduta a causa di una pol-monite acuta.■

Indicazioni bibliografiche

Monica Maccaferri. Laureata in Musicologia. Diplomata in Musico-terapia ad Assisi. Qualifica regionale di Musicoterapista. Diploma-ta in pianoforte e in Didattica della musica. Direttore del Centro Comunale di Musicoterapia "M. Uboldi" di Novellara. Direttore del Centro Polifunzionale "Esacordo" a Reggio Emilia. Direttore artistico del gruppo di drammatizzazione teatrale "Il Diapason". Membro del Consiglio direttivo dell'Associazione "Lo Schiaccianoci" di Novella-ra. Membro del Comitato direttivo e socio fondatore del R.E.M.M. (Registro Europeo dei Musicoterapisti e Musicoterapeuti). Docente presso l'Università degli Studi di Parma, Facoltà di Medicina e Chi-rurgia, Corso di Laurea in Logopedia. Docente presso la scuola di Musicoterapia Forifo di Roma. Docente presso la Libera Università di Neuroscienze del Centro Studi Anemos di Reggio Emilia. Docen-te a corsi di formazione in Musicoterapia. Autrice di diversi articoli scientifici di Musicoterapia.

Figura 7.1 e 7.2 - A fianco il compositore e pianista ungherese Franz Liszt (1811-1886). A sinistra il gruppo ospedaliero parigino de la Pitié-Salpètriere, progettato nel 1656 dall'architetto Libéral Bruant su richiesta di Luigi XIV.

F. Leuret, Du traitement moral de la folie, Paris, J.B.Baillière, 1840, pp. 304-305 J.E.D. Esquirol, Des Maladies mentales (trad. di Francesco Fonte-Basso)

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cellule staminali

I progressi nella terapia con cellule staminali in alcune fra le più importanti malattie neurologiche

in neurologia

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Anemosneuroscienze

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parole chiave. Cellule staminali, malattie neurologiche, ricer-ca

abstract. Per definizione una cellula staminale è una cellula non specializzata con capacità di proliferare e di differenziarsi ver-so più tipologie cellulari specializzate.La terapia con cellule staminali oggi è un’area emergente ed ecci-tante di ricerca con enormi potenzialità, specie nel trattamento di molte malattie neurologiche, tuttora incurabili.Tuttavia, per conoscere lo “stato dell’arte” sulle cellule staminali e per capire meglio le loro possibili applicazioni nella terapia delle malattie neurologiche, è necessario conoscere le informazioni es-senziali sulle loro sorgenti di derivazione.

di Mario Baratti

classificazione. La più semplice definizio-ne di cellula staminale è: “cellula non specia-lizzata con capacità di

proliferare e di differenziarsi verso più tipologie cellulari specializzate”.La sua classificazione, semplicemente, può essere ricondotta a due principali categorie:1. cellule staminali pluripotenti che hanno la capacità di dar origine a cellu-le specializzate delle tre linee germinali, endoderma, mesoderma ed ectoderma;2. cellule staminali multipotenti che hanno, invece, la capacità di dar origine a cellule specializzate ma in un nume-ro limitato di linee cellulari, molto più limitato rispetto le cellule pluripotenti, in base soprattutto alla provenienza delle linee cellulari da cui sono state ri-cavate le cellule staminali stesse.

Per conoscere a grandi linee lo “stato dell’arte” sulle cellule staminali e per capire meglio le loro possibili applica-zioni nella terapia delle malattie neu-rologiche, si devono riassumere le in-formazioni essenziali sulle sorgenti di derivazione di queste cellule:- cellule staminali umane pluripotenti: cellule staminali umane da embrione (hESCs) - cellule staminali umane plu-ripotenti indotte (hiPSCs)- cellule staminali multipotenti: cellule staminali umane neurali (hNSCs)- altre cellule staminali multipotenti con potenziale neurogenico: cellule della cresta neurale (NCSCs) - cellule della cresta neurale epidermale (hEPI-

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NCSCs) - cellule staminali dalla pol-pa dentale (hDPSCs) - cellule stami-nali dalla glia del sistema olfattorio

(OECs)- cellule staminali umane mesenchimali (hMSCs)- cellule staminali umane ematopoieti-che (HSCs)

Da questa suddivisione, che all’apparen-za può sembrare complessa e che neces-sita di qualche ulteriore precisazione, si ricavano più sigle: sono acronimi inter-nazionali, utili per accedere alle varie fonti di informazione su quella partico-lare linea cellulare e su tutti gli studi, le modalità di conservazione e di stoccag-gio ad esse inerenti.

cellule staminali umane da embrione (hESCs). Dopo gli studi pionieristici di Enest McCulloch, James Till e Joseph Altman, intorno agli anni ’60, si arriva nel 1998 a James Thomson che, con i suoi collaboratori, deriva la prima linea di cellule staminali dall’em-brione umano (per la precisione dalla massa cellulare interna della blastocisti) presso l’Università del Wisconsin.Per le loro proprietà, queste cellule rap-presentano un’ottima sorgente di cellule adatte per la cell-replacement teraphy, in altre parole “sostituzione di cellule nervose danneggiate o morte”. Per il trat-tamento di malattie neurologiche è indi-spensabile ricavare un'efficiente e rigida differenziazione delle staminali embrio-nali umane nei fenotipi nervosi “specia-lizzati”. In effetti, si sono ottenute diffe-renziazioni verso neuroni dopaminergici (per applicazione nella malattia di Par-

kinson), neuroni spinali (per le lesioni midollari) e cellule gliali di supporto.Purtroppo vi sono ancora problemi di applicazione a causa di limiti che andrò ad elencarvi: un non com-pleto controllo della proli-ferazione cellulare e della loro differenziazione al fine di evitare la formazione di tumori, costituti da tali cel-lule, inoltre il fenotipo è ancora instabile e vi è una ridotta sopravvivenza delle cellule trapiantate nei siti di intervento medico. Un altro punto è il rischio che tali cel-lule “portino appresso” una contaminazione xenogenica del donatore, cioè non sap-piamo se quell’embrione ab-bia in sé malattie genetiche. Per proseguire su questa strada bisognerà coltivare queste cellule in laboratori autorizzati, controllati, di altissimo profilo scientifico. Sotto quale controllo? Su questo particolare approc-cio alle cellule staminali vi sono tuttora diverse controversie etiche irrisolte (o, almeno, affrontate dai diversi Stati in modo diverso, con leggi diverse ecc.). Un dato importante per la ricerca futura: la FDA, nel 2010, ha autorizzato definitivamente trials clinici.

cellule staminali umane pluri-potenti indotte (hiPSCs). Sono cellule staminali ricavate da fibroblasti

umani dell’adulto dopo aver ottenuto una over-expression di quattro fattori genetici di trascrizione (Oct 3/4, Sox-2, Klf4 e c-Myc) a cui si deve aggiungere una proteina homebox chiamata Nanog, oppure Lin 28, che impedisce alle stami-nali di differenziarsi, anche se quest’ulti-ma non è risultata indispensabile.Questo risultato si è ottenuto dagli studi degli scienziati giapponesi K. Takahashi e S. Yamanaka nel 2007. Altri ricercatori,

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Figura 8.1 - Dopo gli studi pionieristici di Enest McCulloch, James Till (a sinistra nell'immagine) e Joseph Altman (qui a fianco, immagine singola), intorno agli anni ’60, si arriva nel 1998 a James Thomson (sotto in grande) che, con i suoi collaboratori, deriva la prima linea di cellule stami-nali dall’embrione umano (per la precisione dalla massa cellulare interna della blastocisti) presso l’Universi-tà del Wisconsin.

Anemosneuroscienze

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cinesi ed americani, vi stanno lavoran-do con pubblicazioni uscite nel 2011 e 2012.Queste cellule sembra abbiano le stesse potenzialità delle hESCs in termini di morfologia, profilo genetico e potenzia-lità di differenziazione. Esse presentano alcuni vantaggi: posso-no essere utilizzate “in vitro” come mo-delli cellulari per capire, nell’intimo, i meccanismi fisiopatologici alla base del-le neurodegenerazioni, in tutti i casi non vi è un donatore ma sono trapianti auto-loghi per cui, almeno teoricamente, non vi dovrebbe essere la necessità di terapia immunosoppressiva e non dovrebbero sussistere problematiche etiche (derivano da cellule somatiche con le stesse proce-

dure di altri trapianti).Vi sono, purtroppo, però ancora dei li-miti, innanzitutto se sono derivate dai fibroblasti dello stesso paziente. I fibro-blasti possono portare in sé meccanismi genetici alterati (come sono quelli alla base della malattia neurodegenerativa che si vuol trattare), sono cellule modifi-cate con una manipolazione di più fatto-ri di trascrizione genetica alla base della crescita cellulare, quindi è sempre aperto il rischio di tumore. Recenti studi hanno dimostrato su queste cellule un'aberran-te riprogrammazione del DNA e anoma-lie strutturali cromosomiche («Nature», 2011). Infine, per “forzare” i fattori di crescita sono stati utilizzati vettori virali che, a loro volta, hanno generato integra-zioni cromosomiche multiple e processi mutageni da inserzione di materiale ge-netico virale.

cellule staminali umane neu-rali (hNSCs). Sono cellule multipo-tenti, quindi sono adatte solo per trattare malattie neurologiche, in quanto deriva-no dai precursori dei neuroni e della glia e possono determinare tutte le linee in cui si differenziano, specializzandosi, le cellule del Sistema Nervoso Centrale. Sono tratte dal cervello fetale, neonatale

o adulto o direttamente dalla differenzia-zione di cellule staminali pluripotenti.Sono coltivate in vitro in aggregati de-nominati neurosfere, in cui vi è una miscela di cellule neurali umane e non, loro progenitrici, in presenza di fattori di crescita com bFGF e EGF. Un approc-cio alternativo è quello di espandere le cellule hNSCs intervenendo su fattori di trascrizione come il già citato c-Myc op-pure TERT oppure ancora v-Myc, sup-portando la proliferazione cellulare con fattori di crescita.Queste cellule hanno basso rischio di formare un tumore rispetto alle stamina-li pluripotenti.Sono già utilizzate in clinical trials in-glesi in pazienti con esiti di stroke («Cell

Transplantation», 2012).

altre cellule staminali multipo-tenti con potenziale neuroge-nico. Analizziamo di seguito le cellule della cresta neurale (NCSCs), le cellule della cresta neurale epidermale (hEPI-NCSCs) e le cellule staminali dalla pol-pa dentale (hDPSCs). Le cellule NCSCs si determinano, in natura, durante l’embriogenesi dei ver-tebrati entro i margini dorsali o nei ri-piegamenti neurali viciniori. All’inizio sono integrate nel neuroepitelio e sono morfologicamente indistinguibili dalle altre cellule neurali epiteliali. Dopo i processi di induzione naturali, le cellule NCSCs si differenziano ulteriormente da epiteliali in mesenchimali ed iniziano a migrare in parecchie e differenti sedi di sviluppo embrionale dove contribui-scono a costituire diverse linee cellulari: cartilagine, osso, connettivo, sistema en-docrino, neuroni e glia.Quindi le cellule NCSCs costituiscono, in natura, un momento di transizione nell’ambito embriogenetico, sono vere e proprie cellule progenitrici, ma con una più limitata capacità di autoriprodursi e differenziarsi rispetto alle vere e proprie cellule staminali. Nonostante ciò, conti-

nuano ad attrarre l’interesse degli scien-ziati («Cell Research», 2012).I loro vantaggi: non necessitano di tera-pia immunosoppressiva né di manipo-lazioni geniche, non ci sono problemi etici (derivano dallo stesso donatore-pa-ziente). Inoltre, possono essere ritrovate in diversi tessuti adulti, anche accessibili, come derma, follicoli piliferi, cuore, cor-nea, intestino, polpa dentaria.Le cellule hEPI-NCSCs sono cellule sta-minali multipotenti umane derivate dal-la cresta neurale embrionale epidermica-dermica e localizzate nei bulbi piliferi. Il più importante scienziato in questo campo è Sieber-Baum, che ha pubblica-to diversi lavori scientifici dal 2004 ad oggi («Brain Research Bulletin», 2010).La cute è il tessuto più accessibile del corpo e per questa ragione è una candi-data ottimale ad essere utilizzata per te-rapie autologhe cell-replacement e nella medicina rigenerativa. Sono cellule che possono determinare tutte le maggiori linee cellulari della cresta neurale: osso, cartilagine, miofibroblasti, melanociti e neuroni. Ci sono studi su animali nei quali tali tipologie di cellule, trapianta-te nel midollo spinale leso da trauma, si possono differenziare in neuroni gaba-ergici ed in oligodendrociti mielinizzati senza determinare tumore o teratoma, grazie ad una over-expression di fattori neurotrofici ed angiogenici contenu-ti nelle cellule stesse. Inoltre, possono essere mantenute isolate, purificate “in vitro” con mantenimento della loro ri-producibilità ed espansibilità in milioni di cellule. Sono tutti grandi vantaggi per il futuro del loro impiego («The Journal of Investigative Dermatology», 2010).Le cellule hDPSCs hanno le stesse carat-teristiche delle precedenti e sono tratte dalla polpa dentale. Sono state sperimen-tate in diverse patologie di vari modelli animali, specie nelle lesioni midollari e nelle lesioni ischemiche cerebrali. Han-no dimostrato la capacità di trasformarsi in motoneuroni oppure di migliorare le funzioni sensitivo-motorie degli arti («Stem Cells Translational Medicine», 2012), grazie alla presenza, in queste cellule, di fattori secreti come fattore stromale 1 (SDF-1) o fattori neurotrofi-ci come NGF, BDNF, GDNF e VEGF («Cytotherapy», 2009).

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Le cellule staminali umane da embrione per le loro proprietà rappresentano un’ottima sorgente di cellule adatte per la cell-replacement teraphy, in altre parole “sostituzione di cellule nervose danneggiate o morte”

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cellule staminali dalla glia del sistema olfattorio (OECs). Queste cellule sono

sviluppate traendole dagli assoni sia dei nervi olfattivi, perifericamente, che del bulbo olfattorio oltre che dalla mucosa nasale. Sappiamo che il bulbo olfattorio è in sinapsi con il Sistema Nervoso Centrale. Poiché queste cellule si trovano in aree ac-cessibili del corpo e possono essere rimosse senza particolare “cruenza”, costituiscono una sorgente non em-brionale di grande prospettiva ed at-trazione («Experimental Neurology», 2011).Numerose sperimentazioni scientifi-che stanno dimostrando che queste cellule, trapiantate nel midollo spi-nale demielinizzato, possono “riatti-vare” la conduzione in assoni rimi-linizzati e migliorare la componente motoria. I precisi meccanismi fisiopato-logici sottesi non sono ancora stati pie-namente compresi; tali cellule necessita-no di fattori trofici di crescita (ottenuti in colture ad hoc). Un recente lavoro pubblicato nel 2012 su «Cell Transplan-tation», che esamina casi affetti da scle-rosi laterale amiotrofica oppure sclerosi multipla, ha dimostrato scarso beneficio con trapianto di tali cellule. In modo di-verso succede sui modelli animali, dove facilita la crescita degli assoni. È in fase 1 di ricerca in Cina.

cellule staminali umane me-senchimali (hMSCs). È una sor-gente alternativa di cellule multipotenti, che possono autorinnovarsi, derivate dal midollo osseo, dal sangue periferico, dal tessuto adiposo e dal sangue del cordone ombelicale. Sono cellule stromali no-nemopoietiche, caratterizzate dall’alta capacità di riprodursi in colture cellu-lari, di esprimere al meglio gli antigeni di superficie e di differenziarsi in vitro in molte linee cellulari mesenchimali: osseo, connettivo ed adiposo. Secondo alcuni lavori possono anche generare neuroni che producono acetilcolina o dopamina («Cellular and Molecular Biology Letters», 2009).Inoltre, un’altra caratteristica di queste cellule è quella di secernere più cito-chine, fattori di crescita con proprietà antinfiammatorie, di immunomodula-

zione ed antiapoptotiche, come il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), fattore di crescita epatico (HGF), fattore di crescita simil-insulina (IGF-1). In animali da esperimento ma anche in pazienti, si sono ottenuti benefici nelle lesioni cerebrali su base ischemica. Il meccanismo è sconosciuto anche perché, sia trapiantate in situ oppure rilasciate per via venosa o arteriosa (carotidea), si è assistito ad uno scarso attecchimento delle cellule nella sede del danno. Il be-neficio clinico può quindi dipendere dai fattori neurotrofici prima menzionati, che attivano processi di neurogenesi ed angiogenesi.Un’altra caratteristica di queste cellule, e lo si è documentato in modelli animali, è la loro capacità migratoria quindi, di “raggiungere” la sede del danno. La le-sione può infatti rilasciare chemochine, citochine e fattori di crescita che attiva-no gli antigeni di superficie recettoriale di queste cellule. Le cellule, una volta

raggiunta la sede lesionata, aderiscono e trasmigrano attraverso l’endotelio nel tessuto, in modo similare ai leucociti del sistema immunitario e, quindi, par-tecipano ai processi di infiammazione-riparazione («Stem Cells and Develop-ment», 2013).Altri vantaggi: derivano da sorgente autologa, non necessitano di terapie immunosoppresive, sono di facile re-perimento ed espansibilità, non sono avversate da problematiche di natura etica.

cellule staminali umane ema-topoietiche (HSCs). Un’altra sede dove reperire cellule staminali è il mi-dollo osseo. Le cellule qui presenti sono funzionalmente capaci di autorinnovarsi e di differenziarsi in tutti i tipi di cellule mature del sangue. Possono essere ottenute anche dal san-gue del cordone ombelicale e dal sangue circolante (specie quando queste cellule sono indotte a mobilizzarsi dal midollo nel sangue in un paziente sottoposto a forte stress, esempio uno stroke). Tale mobilizzazione amplifica il reclutamen-to di queste cellule da parte del cervello danneggiato. Le sorgenti sono comun-que diverse per quantità di cellule gene-rate (a vantaggio del midollo osseo: la procedura più cruenta clinicamente).Recenti lavori sostengono l’ipotesi che queste cellule svolgano un ruolo signi-ficativo nel regolare il mantenimento dell’omeostasi e la riparazione del tes-suto cerebrale. Non solo nello stroke, ma anche nelle patologie traumatiche

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Figura 8.2 - In alto cellule staminali embrionali di topo. Le cellule staminali sono cellule non specializzate con ca-pacità di proliferare e di differenziarsi verso più tipologie cellulari specializ-zate.

Figura 8.3 - Qui a fianco Shin-ya Yamanaka, un medico giappo-nese, professore all'Università di Kyoto, specializzato sulle cellule

staminali pluripotenti indotte e bio-logia dello sviluppo. I suoi lavori,

insieme a K. Takahashi, hanno ottenuto risultati con cellule stami-

nali umane pluripotenti indotte (per dettagli vedi il testo).

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AnemosneuroscienzeLug-Set 2013 | anno III - numero 10

del midollo e nell’Alzheimer (1 e 2 trials «PLoS One», 2011). Hanno gli stessi vantaggi delle cellule (hMSCs).

cellule staminali e malattie neurologiche. Voglio concludere queste annotazioni sulle cellule stami-nali e malattie neurologiche con alcune considerazioni che contengono anche future speranze e prospettive.Le malattie neurologiche rappresentano un ampio settore di condizioni patologi-che acute e croniche nelle quali vengono distrutti neuroni e cellule gliali nel cer-vello e nel midollo spinale.La neurodegenerazione acuta è sottesa da un evento come lo stroke, il trauma o le lesioni infiammatorie che determinano morte o danno di neuroni o cellule gliali entro una determinata area di tessuto per un periodo di tempo “contenuto”, il più delle volte per ridotto afflusso ematico.La neurodegenerazione cronica, invece, si sviluppa in un periodo di tempo molto lungo, a volte anni o decenni, determina perdita di particolari tipologie di neu-roni, sottotipi di neuroni o comunque neuroni “superspecializzati”, che produ-cono diversi neurotrasmettitori, come la dopamina nella malattia di Parkinson, a livello della Sostanza Nera, oppure una degenerazione più diffusa, con coinvol-gimento di più neurotrasmettitori, con accumulo di placche di beta-amiloide e tau-tangles nei neuroni della corteccia e dell’ippocampo, come nella malattia di Alzheimer. Sono malattie correlate all’età, per cui destinate ad aumentare nel tempo, ad

eziologia sconosciuta, progressive, per le quali non esiste una terapia medica riso-lutiva, tanto meno chirurgica.

Recentemente, si è posta sempre più attenzione alle terapie con cellule sta-minali (lo abbiamo visto nei paragrafi precedenti) e questo ha determinato più aspettative:- Il trapianto di cellule specializzate là dove servono.- Lo studio di modelli in vitro e in mo-delli animali, non solo per le applicazio-ni terapeutiche ma anche a scopo cono-scitivo: come possa avvenire il processo patologico di neurodegenerazione.Se non possono determinare un cell-replacement, almeno le cellule staminali possono supportare i processi troficirimodulano il processo infiammatorio.

Conclusione. La terapia con cellule staminali è un’area emergente ed ecci-tante di ricerca con enormi potenzialità, specie nel trattamento di molte malattie neurologiche, tuttora incurabili, come la malattia di Parkinson, la malattia di Al-zheimer e lo stroke («Stem Cell Rev and Rep», 2013).Tuttavia molti aspetti sono ancora insolu-ti affinchè la terapia con cellule staminali sia efficace, fattibile e sicura in futuro.Innanzitutto, ogni malattia neurologica è distinta l’una dall’altra per manifestazio-ni cliniche, sedi lesionali, tipo di lesione, eziologia, ecc. Per cui, andranno mirate sia la tipologia di cellula staminale, sia il tipo di intervento (trapianto o altro).Poi andrà stabilito quale sorgente di cel-lule staminali sia la migliore per ciascun

trattamento (meccanismo d’azione di ogni sorgente di cellule, controllo della proliferazione, differenziazione, soprav-vivenza a lungo termine, integrazione con le cellule originali e “sopravvissute” al danno lesionale, quantità di cellule staminali da immettere...).Infine la sicurezza di estrazione delle cel-lule stesse, conservazione (dove, chi con-trolla, come distribuirle ai Centri Specia-lizzati riconosciuti di eccellenza).Sono necessari ulteriori studi.Tuttavia, un articolo molto famoso, uscito qualche anno fa, di un autore fra i maggiori parkinsonologi del mondo, il dott. Andrew Lees, inglese, riportava il titolo: “Cellule staminali: mito o re-altà?”. Possiamo ora affermare con una certa sicurezza: le cellule staminali sono una realtà, talmente attuale se si tiene presente che il Presidente degli USA, Ba-rack Obama, il 9 marzo 2009 ha rimos-so, con un ordine esecutivo, i limiti al finanziamento pubblico alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.■

Indicazioni bibliografiche

Hotspots of aberrant epigenomic reprogramming in hu-man induced pluripotent stem cellsR.Lister et al«Nature», 471 (7336),68-73, 2011

In vivo and in vitro characterization of angiogenic effect of CTX0E03 human neural stem cellsC.Hicks et al«Cell Transplantation», 2012

Neural crest stem cells: discovery, properties and potential for therapyAchilleos et al«Cell Research» 22(2), 288-304, 2012

Olfactory ensheathing glia for nervous system repairA. Ramon-Cueto«Experimental Neurology» 229 (1), 1, 2011

The differentiation of human placenta-derived mesenchy-mal stem cells into dopaminergic cells in vitroL.Chen et al«Cellular and Molecular Biology Letters», 14 (3), 528-536, 2009

Mobilisation of hematopoietic CD34+ precursor cells in patients with acute stroke is safe-results of an open-labeled non randomized phase I/II trialS.Boy et al«PLoS One», 6 (8), 2011

Progress in Stem Cell Therapy for Major Human Neu-rological DisordersP.L. Martinez-Morales et al.«Stem Cell Rev and Rep» 17 may 2013

Mario Baratti. Neurologo. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Uni-versità di Parma con 110/110 e lode. Specializzato in Neurologia presso l’Università di Parma con 50/50 e lode. Specializzato in Neurofisiologia Clinica pres-so l’Università di Pavia con 50/50 e lode. Dirigente Medico di 1° livello dal 1985 al 1999 presso la Divisione Neurologica dell’ Ospedale di Reggio Emilia; dal 1999 presso l’U.O. di Neurologia dell’Ospedale “Ramazzini" di Carpi (MO). AUSL Modena. TitoIare del Modulo professionale: Malattia di Parkinson e Disordini del Movimento. Ha pubblicato numerosi lavori scientifici in Riviste Nazionali e Internazionali. Ha rela-zionato in Convegni Nazionali (convegno Nazionale della SNO, della LIMPE). Ha tenuto lezioni in sedi universitarie. Ha te-nuto corsi di aggiornamento. Gli argomenti riguardano prevalentemente le malattie del Sistema Extrapiramidale, malattie del Si-stema Cerebrovascolare. Malattie Degene-rative, Depressione, Cefalee: totale articoli, relazioni, comunicazioni e posters=131. Ha organizzato 21 Convegni sulla Malattia di Parkinson, tra i quali il Congresso Na-zionale di Parkinson Italia (aprile 2009). Ha fondato le Associazioni “laiche” di malati di Parkinson a Reggio Emilia prima, poi a Carpi. Fa parte del Comitato Nazionale Tecnico-Scientifico del Progetto Parkinson Italia. Ha ottenuto Board di Perfezionamento sul-le malattie Cerebrovascolari presso la Cli-nica Neurologica di Perugia; Board di Per-fezionamento sulla malattia di Parkinson presso la Clinica Neurologica di Bologna; Board di Perfezionamento sulle Cefalee dall’ANIRCEF; Board di Perfezionamento sull’Epilessia presso la Clinica Neurologica di Bologna.Da Luglio 2009 Responsabile dell’Unità Ictus dell’Unità Operativa di Neurologia dell’Ospedale di Carpi e Socio Fondatore di ALICEe (Associazione laica di lotta con-tro l’Ictus cerebrale).

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Rassegna di notizie tra neuroscienzeBrevi

Se ci limitassimo all’anatomia del loro cervello, dovremmo dire che non ci vedono. Parliamo dei bambini che nascono con lesioni dovute ad

emorragie o malformazioni che colpiscono la corteccia occipitale, l’area deputata alla visione. Nonostante ab-biano questi danni congeniti, i ricercatori hanno notato che questi bambini rispondono agli stimoli come se ci vedessero: evitano gli ostacoli improvvisi, si spostano alla percezione dell’oggetto, si voltano verso la parte cieca. Un vero e proprio mistero che un team italia-no ha finalmente svelato, aprendo nuove prospettive di cura per bambini e adulti con danni alle funzioni visive.“Abbiamo scoperto che nei bambini con lesioni alla nascita la corteccia sana compensa la parte cerebrale lesionata. - spiegano il professor Giovanni Cioni e la professoressa Maria Concetta Morrone, docenti pres-so l’Università di Pisa e ricercatori presso l’IRCCS Fon-dazione Stella Maris per la Neuropsichiatria dell’infan-zia e l’adolescenza - Lo studio che abbiamo realizzato dimostra l’estrema plasticità del cervello del bambino e quindi la sua formidabile capacità di riorganizzarsi anche dopo una lesione molto grande e potenzialmente invalidante”.La ricerca è stata pubblicata sulla rivista «Cortex» e por-ta le firme di Francesca Tinelli, Guido Marco Cicchi-ni, Roberto Arrighi, Michela Tosetti, Giovanni Cioni e Maria Concetta Morrone. Lo studio ha permesso di evidenziare i meccanismi con cui alcuni soggetti riesco-no a correggere l’emianopsia, ovvero la perdita di metà del campo visivo, acquisendo la possibilità di utilizzare i

segnali visivi provenienti dal campo cieco senza averne una percezione cosciente.“Abbiamo seguito alcuni bambini con questo tipo di lesioni alla nascita nel corso degli anni, sottoponendoli ad imaging funzionale. - ha spiegato la professoressa Morrone - Con l’uso di queste avanzate tecnologie ab-biamo potuto comprendere il meccanismo con cui il loro cervello compensa la mancanza di questa funzione visiva. La parte buona della corteccia assume anche le funzioni di quella danneggiata, andando a colmare il danno che si trova nell’altro emisfero. È la prova di quanto sia plastico il cervello del bambino e quindi sia capace di riorganizzarsi per far fronte alle difficoltà”.Aggiunge il professor Cioni: “Questo avviene solo nei bambini con una lesione congenita. Nel gruppo dei bambini che hanno avuto danni di questo tipo suc-cessivamente e quindi non alla nascita, non abbiamo assistito a questa riorganizzazione e nemmeno negli adulti. La ricerca evidenzia chiaramente tre elementi fondamentali: il cervello è plastico; l’ambiente insegna ed è quindi il “farmaco del cervello” e in base a quanto scoperta possiamo studiare terapie ad hoc”.Lo studio porterà quindi a nuove cure? “È una speran-za molto concreta. - aggiunge il professor Cioni - Com-prendendo meglio i meccanismi possiamo intensificare gli stimoli sulla plasticità cerebrale e approntare inter-venti terapeutici anche per tutti quei bambini con danni non congeniti e per gli adulti. Certo siamo appena agli inizi ma abbiamo una prima e importante risposta pre-liminare”.

Svelato il mistero della

riorganizzazione cerebrale

Si aprono nuove prospettive di cure per i soggetti con danni alle funzioni visive

Anemosneuroscienze

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Spazio Dibattito

Anemosneuroscienze

Entrano nella sfera di interes-se delle Neuroscienze campi del sapere apparentemente molto diversi perché qual-siasi attività umana, istintiva

o razionale, biologica o culturale passa at-traverso l’attivazione del cervello. Le stra-tegie che questo utilizza per la conoscen-za e la manipolazione del mondo sono sempre le stesse, ma vengono espresse con intensità diversa da individuo a indi-viduo in base a istanze educative, morali, a norme etico sociali, a fattori ambien-

tali o cultu-rali che sono a c q u i s i t i nell’infanzia e restano in gran parte inconsci: è il nostro esse-re, che pos-siamo cono-scere solo a t t r a v e r s o lo specchio dell’Altro. È questa va-riazione che

caratterizza la nostra singolarità. Se siamo anche indi-vidui sociali è grazie ad una caratteristi-ca necessaria e costante che interagisce con la nostra soggettività: la capacità di mettersi in rapporto con l’Altro, altra persona, altra cultura e anche altro sesso. È su questo che poggia l’equilibrio della società, se sia giusta o ingiustadistribui-sca privilegi o sia equa. Quando abbiamo affrontato il tema maschile-femminile che è alla base della nostra impostazione culturale maschilista, gerarchica, perfor-mante, abbiamo enfatizzato il narcisi-smo, l’individualismo, il cinismo, l’omo-logazione come derive pericolose che vanno a frenare l’emancipazione della

donna allo stesso modo di come frena-no l’integrazione e il riconoscimento di ciò che è Altro da noi, riproponendo luoghi comuni che speravamo superati. Se vogliamo provare a contrastare questa tendenza dobbiamo ripartire dai giovani e dall’educazione perchè è soprattutto nell’infanzia che strutturiamo il nostro modo di essere nel mondo e indoviamo nel nostro inconscio i valori, ma anche i pregiudizi che ci porteremo dietro tutta la vita. L’educazione è fondamentale per avere una visione positiva dell’Altro, per il processo di mentalizzazione (la capaci-tà di mettersi nei panni dell’Altro e capire il suo punto di vista), per capire le altre culture e vedere, attraverso il confronto e le differenze, le incongruità delle nostre idee e porre freno ai desideri capriccio-si, al razzismo e alla visione vergognosa della donna come oggetto. Nel cercare esempi positivi ci siamo imbattuti, nel mondo dell’associazionismo, su Intercul-tura che prendiamo come esempio per valorizzare anche tutte le altre organizza-zioni che favoriscono gli scambi tra gio-vani di paesi e culture diverse, favorendo un rapporto diverso con l’Altro basato sulla conoscenza e il rispetto reciproco, sulla curiosità e su una globalizzazione di valori condivisi e non di interessi econo-mici. Questi giovani, che a 16 anni hanno il coraggio e la forza di rimanere un anno lontani da casa, di essere loro i diversi ca-pendo così cosa vuol dire essere l’Altro, la minoranza, sono gli ambasciatori della nostra cultura all’estero, ma sono soprat-tutto i testimoni di un senso diverso da dare alla vita e alla società. Sono anche testimoni delle Neuroscienze più di tanti studiosi che utilizzano la loro intelligenza per andare in cattedra e non per cercare di far cambiare rotta a questo folle mon-do. Per questo questa rivista si apre alla loro testimonianza diretta. (m.r.)

inconTro con la diFFerenZaDifferenze di genere e intercultura

Anemosneuroscienze

59

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Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

Evalita Pastora (Indonesia)

In Italia c’è l’idea che essendo la bicicletta così utilizzata in Cina, lo sia in tutto l’Oriente. Io vengo dall’Indonesia e quando arrivai a Reg-

gio, nell’autunno scorso, non sapevo andare in bici-cletta. Vedendo come gli altri ragazzi la utilizzavano per spostarsi in ogni luogo e capendo quanto po-teva essere divertente e bello vedere Reggio Emilia in quel modo, ho desiderato per tutto inverno di imparare anch’io a usarla. Ma è stato impossibile farlo prima di primavera perchè io non riuscivo a muovere i piedi senza scivolare. Era un giorno di pieno sole, a marzo, quando mia sorella di Reggio mi ha chiesto di andare a scuola con la bicicletta. Ero contenta ed emozionata, era da tanto tempo che lo desideravo, era la prima volta che provavo a salirvi sopra, stavo cercando di pedalare e …. sono caduta. Ho riprovato, ma anche la seconda e la terza volta non sono riuscita. Quel giorno siamo arrivate a scuola in ritardo e io ero molto delusa, ma poi ho riprovato, ho insistito e alla fine sono riuscita. Ora posso godermi la vostra bella città attraversan-dola in bicicletta con gli amici, ed è bellissimo. Sì! La mia esperienza in Italia è stata simile a quella in bicicletta. Quando sono arrivata in Italia con In-tercultura, sapevo già che avrei dovuto affrontare un ambiente completamente nuovo per me. Avevo visto tante cose per televisione, me lo aveva raccon-tato una mia amica che aveva fatto una esperienza simile, ma queste conoscenze non mi hanno aiutata molto. Non conoscevo l’italiano e avevo difficoltà a comunicare, ho faticato a crearmi amici nei primi mesi, non ci capivamo. Dovevo affrontare la scuola ed è difficile farlo in una lingua che non conosci ancora. Dovevo mangiare cibi con gusti a me del tutto nuovi. Dovevo adattarmi in tutti i sensi e nei primi mesi è stato molto difficile, mi sono demo-ralizzata, posso dire che sono caduta, come in bi-cicletta. Poco alla volta ho imparato a conoscere la nuova lingua e tramite questa ho potuto finalmente stringere amicizie. Piano piano ho cercato di capire i miei errori e mi si è aperto un mondo nuovo. Alla fine basta essere coraggiosi. Adesso io posso dire che sono completamente a mio agio nella bella città di Reggio Emilia, con la mia famiglia che mi ha tan-to aiutato, con i miei pazzi compagni di classe che ho imparato a conoscere e con i quali sono tanto felice. Tutta questa cosa è simile a quando tu impari ad andare in bicicletta: sicuramente ora posso se-dermi e rilassarmi per ripensare a tutta l’esperienza che ho fatto e posso andare in centro in bicicletta e godermi tutto quel bel panorama. Lo so che tra un po’ la mia esperienza terminerà, mi dispiace-rà tanto. Quando però sarò tornata a casa, questa esperienza mi aiuterà molto perché so che anche là avrò sempre bisogno di pedalare, per cercare nuove esperienze.

Cogliamo l'occasio-ne per ringraziare a nome di tutti

l'Assessore qui presente oggi e il comune di Reggio Emilia che permette ogni anno questo emozionante incontro prima dell’inizio della nostra esperienza con i programmi di Inter-cultura.Noi ragazzi di Reggio Emilia ci siamo preparati corpo e mente al volo che ci porterà da qui ad altri Paesi lontani, se non lonta-nissimi. Fare “esperienze” apporta un accrescimento interiore, il che è sicura-mente uno dei punti saldi d’Intercultura. Ma cosa spinge a fare la valigia e volare via? Forse fuggiamo da qualcosa? O forse siamo semplicemente ac-cesi come fuochi e pronti a vive-re davvero, frantumando il vetro dell'abitudine che ci separa da un mondo intero? Non sempre si è mossi da un desiderio di cono-scenza, bensì da una mancanza e da un senso di incompletezza da cui scaturiscono poi paura e curiosità. Paradossalmente ca-piamo che per migliorare il no-stro interno bisogna guardare all’esterno ed al diverso. Ci sia-mo resi conto che i cambiamenti sono inevitabili ed anzi necessari se si vuole gustare una vita appie-no. Siamo pronti a lanciarci sotto un cielo di sorprese, entusiasmo, novità, stranezze, nuovi punti interrogativi e nuove risposte.

Ci è stato detto di non illuderci e di predisporci alle delusioni, agli ostacoli, alle cadute e alle riprese, e crediamo che forse la teoria dei 20 secondi potrà esserci di gran-de aiuto. E’ stato calcolato che

a volte per compiere scelte che potranno influenzare profonda-mente la nostra vita sono neces-sari 20 secondi di puro coraggio.Ci vogliono meno di 20 secondi per intervenire in un discorso tra persone che non si conoscono; bastano pochi istanti per tro-vare il coraggio d’invitare una persona che ci piace ad uscire, circa 20 secondi per alzarsi dal divano ed andare a correre, solo 20 per decidere di stravolgere in meglio la nostra vita. Il tempo? Essenziale! Saremo confusi, ti-midi, impauriti, frastornati, ma starà a noi affrontare quei 20 secondi che ci permetteranno di conoscere nuove persone, di va-lorizzare posti e momenti anche se non sappiamo cosa ci attenda e siamo adesso adrenalina pura! Una canzone dice: "Seguo i miei passi in bilico, / inseguendo quel-lo che non ho, / cos'è? dov'è? non parto non lo so. / Scrivo sul mio corpo lettere, / quello che ho vissuto fino a qui, / cos'è? dov'è? quel che è stato lo so già."Saremo tutti come piccoli Gul-

Francesca Dossi e Sofia Bonilauri a nome di tutti i ragazzi presenti la Sala del Tricolore di Reggio Emilia il 22/05/2013, prima della par-tenza

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AnemosneuroscienzeLug-Set 2013 | anno III - numero 10

Intercultura è una ONLUS nata per co-struire il dialogo interculturale attraverso gli scambi scolastici: promuove e orga-nizza scambi ed esperienze intercultura-li, inviando ogni anno circa 1800 ragazzi delle scuole secondarie a vivere e stu-diare all’estero ed accogliendo nel nostro paese un migliaio di giovani di ogni na-zione che scelgono di trascorrere un pe-riodo di vita in famiglia e nelle scuole. Quello che accomuna questi studenti di 16/17 anni è la curiosità per il mondo, la voglia di scoprire ed imparare, mettersi in gioco per aprire la mente e il cuore a nuovi usi, a cibi diversi e a modi di parla-re o di guardarsi negli occhi non proprio “reggiani”.Le famiglie che decidono di ospitare lo fanno con il desiderio di conoscere un po’ di più il mondo attraverso un’esperienza interculturale che si snoda nel quotidia-no.Intercultura inoltre organizza semina-ri, conferenze, corsi di formazione, per presidi, insegnanti, volontari, sul tema degli scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo.Intercultura rappresenta in Italia l'AFS (AFS Intercultural Programs) e l'EFIL (European Federation for Intercultural Learning). Grazie a queste affiliazioni, ha statuto consultivo all'UNESCO e al Consiglio d'Europa e collabora a diversi progetti dell’Unione Europea. Ha rappor-ti con i nostri Ministeri degli Esteri, della Pubblica Istruzione e della Solidarietà Sociale.Da Reggio Emilia, i primi studenti sono partiti con Intercultura per gli Stati Uniti nel lontano 1958. Il Centro Locale della città è nato 30 anni dopo, nel 1988, quando i primi volonta-ri si sono attivati in modo strutturato per dare ad un numero sempre maggiore di studenti, italiani e stranieri, la possibilità di vivere una esperienza interculturale.Ora, il Centro Locale di Reggio Emilia vanta più di 20 volontari attivi, negli ultimi 3 anni ha ospitato in territorio reggiano più di 30 ragazzi stranieri provenienti da tutto il mondo ed ha inviato all’estero cir-ca 100 studenti delle scuole secondarie di Reggio Emilia e provincia.

interculturaliver, c'imbatteremo in tutto ciò che a noi è ignoto e verremo descritti con occhi estranei, saremo come i giganti con strani oggetti in tasca o come esseri piccoli e vulnerabili? Starà a noi mettere in discussione i

nostri pregiudizi, le nostre convin-zioni e la nostra tradizione, proprio come Gulliver potremo portare a casa nuove strepitose virtù lascian-do spazio nella nostra mente a nuo-vi incastri. Ma soprattutto potremo guadagnare un paio d'occhi di scorta da indossare quando orgoglio e pre-giudizio ci accecheranno. Quando Gulliver rimpatriò non riuscì più a sopportare l'odore dei suoi conna-zionali, dopo aver scoperto bontà e

serenità singolari dei cavalli razionali nella sua ultima tappa e dopo aver stravolto le sue antiche convinzioni da tipico English man. Noi ci augu-riamo di continuare a sentire sempre e solo il profumo della nostra Italia

così come dei Paesi che ci accoglieranno e sappiamo che forse una parte del nostro essere italiani rimar-rà per sempre laggiù così come un pezzo di quella terra potrà av-vinghiarsi per sempre al nostro cuore e ai nostri ricordi. Augu-riamo a tutti le miglio-ri esperienze citando la frase di un film:“Se sei abbastanza co-raggioso da lasciarti dietro tutto ciò che è famigliare o confor-tevole, e che può es-sere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi

rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che in-terna. Se sei realmente intenzionato a considerare tutto quello che ti capita durante questo lungo viaggio come un indizio. Se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come inse-gnanti e se sei preparato soprattutto ad amare e perdonare alcune realtà di te stesso veramente scomode, al-lora la verità non ti sarà preclusa.”Allora sia buon viaggio!

Mi sono ritrovato a Berlino al Museumsinsel all’ora di chiu-sura. Cercando di affrettarmi

verso l’uscita, ascolto una melodia dif-fusa in tutte le sale che accompagna i visitatori. Coinvolgendomi nella musica e meravigliandomi di una tale accortez-za, molto germanica, riconosco le pri-me note. Si tratta della “promenade” di “Quadri di un’esposizione” dello sfortu-nato Modesto Mussorgsky.Perché un’importante museo berlinese usa questa musica per accompagnare (in modo inusuale) la sua chiusura?Mi vengono così in mente la vita e l’ope-ra musicale di questo musicista, poco ri-cordato al di fuori dell’immortale “Bo-ris Goudonov”.Perché sfortunato? Innanzitutto perché visse pochissimo (soltanto 42 anni). Poi perchè morì di delirium tremens, conseguenza di un terribile alcolismo, in un ospedale militare mentre si cercava di svezzarlo. E, infine, perché soffriva di epilessia.

La vita. Figlio di una famiglia dell'al-ta nobiltà, Modest nasce nel 1839 a Ka-revo (provincia di Pskov) vicino a San Pietriburgo. Molto velocemente diventa ufficiale del “Preobajinski”, uno dei più aristocratici battaglioni dell’esercito.Ama istintivamente la musica, ma è asso-lutamente autodidatta. In Russia, infatti, non esisteva l’educazione musicale, fino a quando nel 1859-62 Anton Rubinstein fu chiamato a San Pietroburgo dalla vici-na Germania. Inoltre un carattere assolu-tamente nazionalistico permeava in que-gli anni le coscienze dell’Intellighenzia.Così il giovane Modest si ritrovò, insieme al “mentore/despota” Balakiref, associa-to al cosiddetto “Gruppo dei Cinque”:

musicisti reazionari e nazionalisti che si contrapponevano a coloro che volevano introdurre la cultura musicale germanica e, più in generale, l'intera cultura occiden-tale in Russia.

Il Gruppo dei Cinque. Il Grup-po, oltre al già citato “capo Balakirev” e a Mussorgsky, comprendeva: Cesar Cui, Rimsky-Korsakov e Borodin poi dive-nuto medico. L’unico uomo di genio era però lo sfortunato Modest, destinato a lasciare ad imperitura memoria pagine musicali indimenticabili.Quando nel 1861 lo zar Alessandro II abolì la schiavitù e il “servaggio”, la fa-miglia del nostro andò in rovina e Mo-dest dovette lasciare l’elegante esercito e il dandismo per un più sobrio impiego da burocrate nella Forestale.Iniziò cosi il suo progressivo declino fi-sico, dai 20 anni in poi, aggravato dalla comparsa di una brutta epilessia. Era

quasi sempre ubriaco e le sue opere non godettero mai del favore del pub-blico.A ciò si univa un pesante dilettantismo camuffato da pedanteria pretestuosa, forse di marca slava (Della Corte). Si definiva amante del popolo e parte di esso, anche se i suoi modi altezzosi non dovettero aiutarlo nelle sue relazioni sociali. Non si sposò e non gli si cono-scono amori femminili particolarmen-te importanti.

"Quadri di un'esposizione". Durante il suo ritiro in campagna pres-so il fratello, imposto dalle scadenti

condizioni economiche, compose le sue opere più belle. “Quadri di un’esposizione” si riferisce ad una visita presso una mostra di acquerel-li postuma dell’amico pittore Victor

Hartmann nel giugno 1874.La sua volontà di tradurre in musica le emozioni provocate dai quadri ebbe un risultato sconvolgente. Si tratta di una musica al di fuori dei canoni classici che non riflette alcuna “norma di scuola”. Al-lora il gruppo dei Cinque si era già sciolto e la pressione di Balakirev non esisteva più. Sono soprattutto i timbri e la novità di un “percorso” in musica che sorpren-dono ancora oggi l’ascoltatore moderno.L’opera nasce come “suite” per pianofor-te, ma le intrinseche potenzialità orche-strali furono immediatamente presenti a Maurice Ravel che nel 1922 ne fece una versione orchestrale di immenso valo-re. L’opera è oggi conosciuta in tutto il mondo in questa forma.Modest Petrovich riposa a San Pietro-burgo, al cimitero Tchvin. Si dice che una delle ultime sue frasi sia stata: “Tutto è finito, il dolore sono io”. ■

Rapporto tra musica e cervello

un russo sfortunato: modest petrovich mussorgsky

Guida all’ascolto di “Quadri di un’esposizione” suite per pianoforte

di Lorenzo Genitori*

*Neurochirurgo, coordinatore regionale Toscana per la neurochirurgia ad indirizzo pediatrico

Lug-Set 2013 | anno III - numero 10

62

Figura 9.1 - Il compositore Modest Petrovich Mussorgsky (1839-1881).

MusicalMente

Poesie, nuove proposte

Claudio Bedocchi vive a Reggio

nell’Emilia dove è nato nel 1963.

Dal 1990 collabora con il Centro

di Poesia Cultura e Arte della

sua città. Qui negli ultimi anni

ha promosso manifestazioni

poetiche come “Di mondi di versi”,

“CittàPoesia 2007” e “CittàPoesia

2009”. Ha partecipato a Slam

Poetry a Bologna, Roma e Trieste.

Nel 2011 è tornato a ruolo attoriali

con “Freedumb”, per la regia di

Marco Zarattini. Ha pubblicato

“Sinapsi di parole”, “Inter-urbane”,

“Amor Rebelde”. Gli ultimi due titoli

sono diventati anche spettacoli

tra poesia e teatro.

O la borsa o la vita

Perché qui dimora il tarlo

Si va avanti ad abbatter barriere

senza vedere i letti dei fiumi

e l’acque melmose si prendono vite

tacite, a decine, a migliaia

Si libera il mondo con le bombe

che sarà tutto futuro da costruire

per chi potrà portare il costo

dello sfacelo in filigrana posto.

[...]

Claudio Bedocchi

Jeux sans frontières

Moneta di Cnosso, Creta (IV secolo

a.C.). Sul lato opposto la moneta

rappresenta un’effige di Hera.

ww

w.new

magazine.it

Euro 8,00

Claudio B

edocchiJeux sans frontières

IN COPERTINA

POESIA

2

ANEM

OS

ANEMOS

Claudio Bedocchi vive a Reggio

nell’Emilia dove è nato nel 1963.

Dal 1990 collabora con il Centro

di Poesia Cultura e Arte della

sua città. Qui negli ultimi anni

ha promosso manifestazioni

poetiche come “Di mondi di versi”,

“CittàPoesia 2007” e “CittàPoesia

2009”. Ha partecipato a Slam

Poetry a Bologna, Roma e Trieste.

Nel 2011 è tornato a ruolo attoriali

con “Freedumb”, per la regia di

Marco Zarattini. Ha pubblicato

“Sinapsi di parole”, “Inter-urbane”,

“Amor Rebelde”. Gli ultimi due titoli

sono diventati anche spettacoli

tra poesia e teatro.

O la borsa o la vitaPerché qui dimora il tarloSi va avanti ad abbatter barriere

senza vedere i letti dei fiumie l’acque melmose si prendono vite

tacite, a decine, a migliaia Si libera il mondo con le bombe

che sarà tutto futuro da costruire

per chi potrà portare il costodello sfacelo in filigrana posto.[...]

Claudio BedocchiJeux sans frontières

Moneta di Cnosso, Creta (IV secolo

a.C.). Sul lato opposto la moneta

rappresenta un’effige di Hera.

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POESIA

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ANEMOS

ANEMOS

Claudio Bedocchi vive a Reggionell’Emilia dove è nato nel 1963.Dal 1990 collabora con il Centrodi Poesia Cultura e Arte della sua città. Qui negli ultimi anni ha promosso manifestazioni poetiche come “Di mondi di versi”,“CittàPoesia 2007” e “CittàPoesia2009”. Ha partecipato a SlamPoetry a Bologna, Roma e Trieste.Nel 2011 è tornato a ruolo attorialicon “Freedumb”, per la regia diMarco Zarattini. Ha pubblicato“Sinapsi di parole”, “Inter-urbane”,“Amor Rebelde”. Gli ultimi due titolisono diventati anche spettacoli tra poesia e teatro.

O la borsa o la vitaPerché qui dimora il tarloSi va avanti ad abbatter barrieresenza vedere i letti dei fiumie l’acque melmose si prendono vitetacite, a decine, a migliaia Si libera il mondo con le bombeche sarà tutto futuro da costruireper chi potrà portare il costodello sfacelo in filigrana posto.[...]

Claudio BedocchiJeux sans frontières

Moneta di Cnosso, Creta (IV secoloa.C.). Sul lato opposto la monetarappresenta un’effige di Hera.

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ANEMOS

Claudio Bedocchi vive a Reggio

nell’Emilia dove è nato nel 1963.

Dal 1990 collabora con il Centro

di Poesia Cultura e Arte della

sua città. Qui negli ultimi anni

ha promosso manifestazioni

poetiche come “Di mondi di versi”,

“CittàPoesia 2007” e “CittàPoesia

2009”. Ha partecipato a Slam

Poetry a Bologna, Roma e Trieste.

Nel 2011 è tornato a ruolo attoriali

con “Freedumb”, per la regia di

Marco Zarattini. Ha pubblicato

“Sinapsi di parole”, “Inter-urbane”,

“Amor Rebelde”. Gli ultimi due titoli

sono diventati anche spettacoli

tra poesia e teatro.

O la borsa o la vita

Perché qui dimora il tarlo

Si va avanti ad abbatter barriere

senza vedere i letti dei fiumi

e l’acque melmose si prendono vite

tacite, a decine, a migliaia

Si libera il mondo con le bombe

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Prezzo di copertina

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O la borsa o la vitaPerché qui dimora il tarlo

Si va avanti ad abbatter barrieresenza vedere i letti dei fiumi

e l’acque melmose si prendono vitetacite, a decine, a migliaia.

Si libera il mondo con le bombeche sarà tutto futuro da costruire

per chi potrà portare il costodello sfacelo in filigrana posto.

[...]

Franco Insalaco è nato a Roma.

Dal 2002 al 2009 è stato redattore

e poi direttore del bimestrale

filosofico “éupolis. Rivista critica

di ecologia territoriale”, fondato

dal filosofo Pietro M. Toesca.

Con lui nel 2006 organizza

la “Festa Cantiere della Poesia”,

promossa dal Comune di San

Gimignano e dalla Provincia

di Siena, cui partecipano poeti

italiani e stranieri. Organizza

reading letterari e incontri

culturali in collaborazione

con scuole, Comuni e associazioni.

È autore di poesie e saggi filosofici.

Ha pubblicato, fra gli altri, con

Nuovi Quaderni, Diabasis, Clueb,

Leonardo Publishing. Dal 2012

è presidente dell’Associazione

culturale “Giardino filosofico

e inventario poetico”.

giardinofilosofico.blogspot.it

Dell’istituzione

Se trascendi allora esci fuori e

rischi rimanere senza potere -

l’orso che pesca le tasse non paga

intanto che sbava e dà al salmone

la caccia remando possente contro

corrente e se multa arriverà

insieme alla carne cruda forse

l’ingoierà e anche io seppure la

scaldo a fuoco lento ho bruciate

le inevitabili pene che un

solerte im-piegato ha spedite

a piagare di noi le misere vite.

Franco Insalaco

Tracce

Labirinto formato da pietre

tondeggianti, scoperto nel 1838

sull’isola disabitata di Wier

(Golfo di Finlandia).

Karl Enrst von Baer, accademico

ed esploratore che ha ritrovato

il labirinto e ne ha disegnato

la forma così come la vediamo

nell’illustrazione sopra riportata,

scrive : “L’uomo è così incline

a lasciare una traccia della sua

esistenza, in particolare quando

si ritrova da solo, che se non può

scrivere sulle roccie almeno

traccia il suo - Sono stato qui -

con frammenti di roccia,

senza curarsi se il suo successore

potrà indovinare chi sia stato

il costruttore”.

“On labyrinth-shaped stone

layouts in the Russian North”

Karl Ernst von Baer, 1842.

ww

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Franco InsalacoTracce

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POESIA

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ANEMOS

Franco Insalaco è nato a Roma.

Dal 2002 al 2009 è stato redattore

e poi direttore del bimestrale

filosofico “éupolis. Rivista critica

di ecologia territoriale”, fondato

dal filosofo Pietro M. Toesca.

Con lui nel 2006 organizza

la “Festa Cantiere della Poesia”,

promossa dal Comune di San

Gimignano e dalla Provincia

di Siena, cui partecipano poeti

italiani e stranieri. Organizza

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culturali in collaborazione

con scuole, Comuni e associazioni.

È autore di poesie e saggi filosofici.

Ha pubblicato, fra gli altri, con

Nuovi Quaderni, Diabasis, Clueb,

Leonardo Publishing. Dal 2012

è presidente dell’Associazione

culturale “Giardino filosofico

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Dell’istituzioneSe trascendi allora esci fuori e

rischi rimanere senza potere -

l’orso che pesca le tasse non paga

intanto che sbava e dà al salmone

la caccia remando possente contro

corrente e se multa arriverà

insieme alla carne cruda forse

l’ingoierà e anche io seppure la

scaldo a fuoco lento ho bruciate

le inevitabili pene che un

solerte im-piegato ha spedite

a piagare di noi le misere vite.

Franco InsalacoTracce

Labirinto formato da pietre

tondeggianti, scoperto nel 1838

sull’isola disabitata di Wier

(Golfo di Finlandia).Karl Enrst von Baer, accademico

ed esploratore che ha ritrovato

il labirinto e ne ha disegnato

la forma così come la vediamo

nell’illustrazione sopra riportata,

scrive : “L’uomo è così incline

a lasciare una traccia della sua

esistenza, in particolare quando

si ritrova da solo, che se non può

scrivere sulle roccie almeno

traccia il suo - Sono stato qui -

con frammenti di roccia,

senza curarsi se il suo successore

potrà indovinare chi sia stato

il costruttore”.“On labyrinth-shaped stone

layouts in the Russian North”

Karl Ernst von Baer, 1842.

www.newmagazine.itEuro 8,00

Franco InsalacoTracce

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ANEMOS

ANEMOS

Franco Insalaco è nato a Roma.Dal 2002 al 2009 è stato redattore e poi direttore del bimestrale filosofico “éupolis. Rivista critica di ecologia territoriale”, fondatodal filosofo Pietro M. Toesca.Con lui nel 2006 organizza la “Festa Cantiere della Poesia”,promossa dal Comune di SanGimignano e dalla Provincia di Siena, cui partecipano poeti italiani e stranieri. Organizzareading letterari e incontri culturali in collaborazione con scuole, Comuni e associazioni. È autore di poesie e saggi filosofici.Ha pubblicato, fra gli altri, conNuovi Quaderni, Diabasis, Clueb,Leonardo Publishing. Dal 2012 è presidente dell’Associazioneculturale “Giardino filosoficoe inventario poetico”.

giardinofilosofico.blogspot.it

Dell’istituzioneSe trascendi allora esci fuori erischi rimanere senza potere -l’orso che pesca le tasse non pagaintanto che sbava e dà al salmone la caccia remando possente controcorrente e se multa arriveràinsieme alla carne cruda forsel’ingoierà e anche io seppure la scaldo a fuoco lento ho bruciatele inevitabili pene che unsolerte im-piegato ha speditea piagare di noi le misere vite.

Franco InsalacoTracce

Labirinto formato da pietretondeggianti, scoperto nel 1838sull’isola disabitata di Wier(Golfo di Finlandia).Karl Enrst von Baer, accademicoed esploratore che ha ritrovato il labirinto e ne ha disegnatola forma così come la vediamonell’illustrazione sopra riportata,scrive : “L’uomo è così incline a lasciare una traccia della suaesistenza, in particolare quandosi ritrova da solo, che se non puòscrivere sulle roccie almenotraccia il suo - Sono stato qui - con frammenti di roccia, senza curarsi se il suo successorepotrà indovinare chi sia statoil costruttore”.

“On labyrinth-shaped stonelayouts in the Russian North”Karl Ernst von Baer, 1842.

www.newmagazine.it

Euro 8,00

Franco Insalaco

Tracce

IN COPERTINA

POESIA

1

ANEMOS

ANEMOS

Franco Insalaco è nato a Roma.

Dal 2002 al 2009 è stato redattore

e poi direttore del bimestrale

filosofico “éupolis. Rivista critica

di ecologia territoriale”, fondato

dal filosofo Pietro M. Toesca.

Con lui nel 2006 organizza

la “Festa Cantiere della Poesia”,

promossa dal Comune di San

Gimignano e dalla Provincia

di Siena, cui partecipano poeti

italiani e stranieri. Organizza

reading letterari e incontri

culturali in collaborazione

con scuole, Comuni e associazioni.

È autore di poesie e saggi filosofici.

Ha pubblicato, fra gli altri, con

Nuovi Quaderni, Diabasis, Clueb,

Leonardo Publishing. Dal 2012

è presidente dell’Associazione

culturale “Giardino filosofico

e inventario poetico”.

giardinofilosofico.blogspot.it

Dell’istituzione

Se trascendi allora esci fuori e

rischi rimanere senza potere -

l’orso che pesca le tasse non paga

intanto che sbava e dà al salmone

la caccia remando possente contro

corrente e se multa arriverà

insieme alla carne cruda forse

l’ingoierà e anche io seppure la

scaldo a fuoco lento ho bruciate

le inevitabili pene che un

solerte im-piegato ha spedite

a piagare di noi le misere vite.

Franco Insalaco

Tracce

Labirinto formato da pietre

tondeggianti, scoperto nel 1838

sull’isola disabitata di Wier

(Golfo di Finlandia).

Karl Enrst von Baer, accademico

ed esploratore che ha ritrovato

il labirinto e ne ha disegnato

la forma così come la vediamo

nell’illustrazione sopra riportata,

scrive : “L’uomo è così incline

a lasciare una traccia della sua

esistenza, in particolare quando

si ritrova da solo, che se non può

scrivere sulle roccie almeno

traccia il suo - Sono stato qui -

con frammenti di roccia,

senza curarsi se il suo successore

potrà indovinare chi sia stato

il costruttore”.

“On labyrinth-shaped stone

layouts in the Russian North”

Karl Ernst von Baer, 1842.

www.newmagazine.it

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1

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Franco InsalacoTracce

Prezzo di copertina

8,00 €

Dell’istituzioneSe trascendi allora esci fuori erischi rimanere senza potere -

l’orso che pesca le tasse non pagaintanto che sbava e dà al salmonela caccia remando possente contro

corrente e se multa arriveràinsieme alla carne cruda forse

l’ingoierà e anche io seppure lascaldo a fuoco lento ho bruciate

le inevitabili pene che unsolerte impiegato ha spedite

a piagare di noi le misere vite.

Marco Ruini è Medico-Chirurgo

specialista in Neurologia e

Neurochirurgia. Direttore del

Centro di Neuroscienze Anemos

e della rivista “Anemos”,

trimestrale di scienze cognitive,

psicologia clinica e filosofia della

mente. Nella collana “Anemos

narrativa” sono stati pubblicati

i romanzi “Eremita” (2010),

“La partenza” (2010)

e “Il testamento” (2011).

Proiettarsi all’indietro

Proiettarsi all’indietro

vedere alle spalle,

ruzzolare a valle

e vedere ciò che non è

o meglio, non può essere

senza l’alito del pensiero

o un improbabile intervento divino,

senza la voglia di capire

o la necessità di creare.

[...]

Incisione rupreste situata

nelle vicinanze del villaggio

di Mogor, Galizia (Spagna).

ww

w.new

magazine.it

Euro 8,00

IN COPERTINA

Marco Ruini

Ancorati a una nuvolaPOESIA

3

Ancorati a una nuvolaM

arco Ruini

ANEMOS

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OS

Marco Ruini è Medico-Chirurgo

specialista in Neurologia eNeurochirurgia. Direttore del

Centro di Neuroscienze Anemos

e della rivista “Anemos”, trimestrale di scienze cognitive,

psicologia clinica e filosofia della

mente. Nella collana “Anemos

narrativa” sono stati pubblicati

i romanzi “Eremita” (2010),

“La partenza” (2010) e “Il testamento” (2011).

Proiettarsi all’indietroProiettarsi all’indietrovedere alle spalle,ruzzolare a vallee vedere ciò che non èo meglio, non può esseresenza l’alito del pensieroo un improbabile intervento divino,

senza la voglia di capire o la necessità di creare.[...]

Incisione rupreste situatanelle vicinanze del villaggio

di Mogor, Galizia (Spagna).

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ANEMOS

Marco Ruini è Medico-Chirurgospecialista in Neurologia eNeurochirurgia. Direttore delCentro di Neuroscienze Anemos e della rivista “Anemos”, trimestrale di scienze cognitive,psicologia clinica e filosofia dellamente. Nella collana “Anemos narrativa” sono stati pubblicati i romanzi “Eremita” (2010),“La partenza” (2010) e “Il testamento” (2011).

Proiettarsi all’indietroProiettarsi all’indietrovedere alle spalle,ruzzolare a vallee vedere ciò che non èo meglio, non può esseresenza l’alito del pensieroo un improbabile intervento divino,senza la voglia di capire o la necessità di creare.[...]

Incisione rupreste situatanelle vicinanze del villaggio di Mogor, Galizia (Spagna).

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Marco Ruini è Medico-Chirurgo

specialista in Neurologia e

Neurochirurgia. Direttore del

Centro di Neuroscienze Anemos

e della rivista “Anemos”,

trimestrale di scienze cognitive,

psicologia clinica e filosofia della

mente. Nella collana “Anemos

narrativa” sono stati pubblicati

i romanzi “Eremita” (2010),

“La partenza” (2010)

e “Il testamento” (2011).

Proiettarsi all’indietro

Proiettarsi all’indietro

vedere alle spalle,

ruzzolare a valle

e vedere ciò che non è

o meglio, non può essere

senza l’alito del pensiero

o un improbabile intervento divino,

senza la voglia di capire

o la necessità di creare.

[...]

Incisione rupreste situata

nelle vicinanze del villaggio

di Mogor, Galizia (Spagna).

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8,00 €

Proiettarsi all’indietroProiettarsi all’indietro

vedere alle spalle,ruzzolare a valle

e vedere ciò che non èo meglio, non può esseresenza l’alito del pensiero

o un improbabile intervento divino,senza la voglia di capireo la necessità di creare.

[...]

Dove potete trovarli? Prenotandoli in libreria oppure richiedendoli direttamente all'editore Via dei Mille 69 - 38122 Trento - e-mail: [email protected]

Oppure Presso Centro di Neuroscienze Anemos Via Meuccio Ruini, 6 | 42124 Reggio Emilia tel. 0522 922052 | Fax 0522 517538

Libri Anemos ♦ New Magazine Edizioni

L’Associazione culturale e di volontariato Anemos, fondata nel marzo 2009, nasce per coordinare e ampliare le attività di volontariato sociale di un gruppo di amici

di Novellara (RE), nonchè le attività culturali del Centro di Neuroscienze Anemos, l’attività editoriale scientifica in collaborazione con la casa editrice New Magazine Edizioni e con la casa editrice La Clessidra. Tra i vari campi d’attività accennati:

♦ Libera Università di Neuroscienze Anemos: organizza convegni, seminari e corsi multidisciplinari sul tema delle neuroscienze in collaborazione con La Clessidra Editrice (vedi testo sotto).

♦ “Libri Anemos”. Attività editoriale con la Casa Editrice New Magazine con una collana di Neuroscienze e una collana di Narrativa

♦ Biblioteca di Neuroscienze Anemos

♦ Promozione e valorizzazione di giovani artisti

♦ Programmi di volontariato sociale nei paesi in via di sviluppo e in Italia

www.associazioneanemos.org

Nell’autunno del 2010 è nato il progetto «Neuroscienze Anemos», trimestrale di neuroscienze, scienze cognitive, psicologia clinica e filosofia della mente.

Il periodico di divulgazione scientifica, distribuito gratuitamente nelle biblioteche pubbliche della provincia di Reggio Emilia e Mantova e in altri circuiti distributivi, si sviluppa in stretta correlazione con La Clessidra Editrice, giovane casa editrice Reggiana (con sede a Reggiolo, RE) nata in un contesto di associazionismo cultura-le nel 2004 e costituitasi come casa editrice nel 2006.

Editrice La Clessidra è specializzata in editoria periodica locale e settoriale. La giovane casa editrice raduna intorno a sé un attivo gruppo di intellettuali, colla-

boratori abituali e occasionali, che agiscono oltre la sfera dell'editoria.

Sotto questo aspetto, le attività promosse dall'editore contribuiscono ad alimenta-re il dibattito sulla contemporaneità, non solo presentando e divulgando la pro-

pria attività e quella di altri operatori culturali, ma anche promuovendo convegni e seminari (riguardanti l'ambito scientifico e le scienze umane), divulgando l'attività di artisti, scrittori, studiosi di varie discipline.

www.clessidraeditrice.ithttps://www.facebook.com/LaClessidraEditrice

La Clessidra Editrice

L'Associazione AnemosPresidente: dr. Marco Ruini

Le Clessidra Editrice. Redazione editrice e della rivista: via XXV aprile, 33 - 42046 Reggiolo (RE) tel. 0522 210183

Direzione editoriale: Davide Donadio, Tommy Manfredini

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