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Come diceva un famoso umorista, l’edito- riale è quella parte di una pubblicazione che si scrive per ultima, si stampa per prima e che non legge quasi nessuno. Quello del numero del notiziario 2012 mi è stato ispirato dalla lettura del dossier pubblicato nel Gennaio di quest’anno da WWF e FAI, dal titolo emblematico, “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompa- re”. La lettura del dossier ci presenta una immagine del territorio italiano molto drammatica, quasi sulla soglia del non ritorno. Ogni giorno 75 ettari di terra (un ettaro corrisponde a 10.000 metri quadri) scompaiono, venendo inglobate nel tessu- to urbano, e se non ci sarà un inversione di tendenza altri 600.000 ettari scompari- ranno nei prossimi vent’anni. Pochi giorni prima della pubblicazione di questo nuovo notiziario è stato presentato in Regione Lombardia, dal Centro di Ricer- ca sui Consumi di Suolo fondato da Le- gambiente e Inu, il Rapporto 2012: tra il 1999 e il 2009 nella sola provincia di Milano si è costruito su un’area di 7.323 ettari, pari a metà della città capoluogo. Ogni giorno si sono consumati 20.000 mq di territorio, prevalentemente agricolo. Il responsabile scientifico del Rapporto, docente del Politecnico di Milano, ha pun- tato il dito contro gli enti locali: ”Ad oggi tutta la materia o quasi è affidata ai Co- muni: 8092 enti ognuno dei quali, spesso debole e scoordinato con gli altri, decide a modo suo”. (www.consumosuolo.org) C’è un chiaro conflitto di interessi dove chi consuma viene premiato e dove gli oneri di urbanizzazione fanno molto comodo alle casse. Il contenuto di questo numero propone molti spunti di riflessione sul consumo del suolo, ma anche articoli di carattere scientifico e storico-naturalistico. Auguro quindi a tutti una buona lettura. Edoardo Manfredini Responsabile del Comitato Groane per Il WWF Editoriale Notiziario destinato agli attivisti e simpatizzanti del Comitato Groane per il WWF Numero 4 - Maggio 2012 Maggio 2012 Numero 4 Panda delle Groane Sommario Editoriale Pg. 1 Prima indagine conosci- tiva dell’Avifauna dell’O- asi urbana del Fosso del Ronchetto di Seve- so (MB) Pg. 2 La natura che sorpren- de Pg. 3-4 Chiro...cosa? Chirottero! Pg. 5 Mirmecofauna dell’Oasi “Il Caloggio” Pg. 6-7 La polveriera del Calog- gio Pg. 8 Il Castellazzo: un antico borgo agricolo da salva- guardare Pg. 09 - 10 Parco Brianza Centrale: marcia avanti! (con qualche passo indie- tro…) Pg. 11 - 12 Dal Castellazzo all’Oasi del Caloggio lungo la roggia che porterà l’ac- qua a EXPO 2015 Pg. 13 - 14 Redazione Pg. 16 Il Bosco delle Querce di Seveso: una nuova mi- naccia! Pg. 15 http://www.stopalconsumoditerritorio.it/

Notiziario WWFGroane maggio 2012

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Notiziario WWF Groane n. 4 maggio 2012

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Come diceva un famoso umorista, l’edito-riale è quella parte di una pubblicazione che si scrive per ultima, si stampa per prima e che non legge quasi nessuno. Quello del numero del notiziario 2012 mi è stato ispirato dalla lettura del dossier pubblicato nel Gennaio di quest’anno da WWF e FAI, dal titolo emblematico, “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompa-re”. La lettura del dossier ci presenta una immagine del territorio italiano molto drammatica, quasi sulla soglia del non ritorno. Ogni giorno 75 ettari di terra (un ettaro corrisponde a 10.000 metri quadri) scompaiono, venendo inglobate nel tessu-to urbano, e se non ci sarà un inversione di tendenza altri 600.000 ettari scompari-ranno nei prossimi vent’anni. Pochi giorni prima della pubblicazione di questo nuovo notiziario è stato presentato in Regione Lombardia, dal Centro di Ricer-ca sui Consumi di Suolo fondato da Le-gambiente e Inu, il Rapporto 2012: tra il 1999 e il 2009 nella sola provincia di Milano si è costruito su un’area di 7.323

ettari, pari a metà della città capoluogo. Ogni giorno si sono consumati 20.000 mq di territorio, prevalentemente agricolo. Il responsabile scientifico del Rapporto, docente del Politecnico di Milano, ha pun-tato il dito contro gli enti locali: ”Ad oggi tutta la materia o quasi è affidata ai Co-muni: 8092 enti ognuno dei quali, spesso debole e scoordinato con gli altri, decide a modo suo”. (www.consumosuolo.org) C’è un chiaro conflitto di interessi dove chi consuma viene premiato e dove gli oneri di urbanizzazione fanno molto comodo alle casse. Il contenuto di questo numero propone molti spunti di riflessione sul consumo del suolo, ma anche articoli di carattere scientifico e storico-naturalistico. Auguro quindi a tutti una buona lettura.

Edoardo Manfredini

Responsabile del Comitato Groane per Il WWF

Editoriale

Notiziario destinato agli attivisti e simpatizzanti del Comitato Groane per il WWF Numero 4 - Maggio 2012

Maggio 2012

Numero 4 Panda delle Groane

Sommario

Editoriale Pg. 1

Prima indagine conosci-tiva dell’Avifauna dell’O-asi urbana del Fosso del Ronchetto di Seve-so (MB)

Pg.2

La natura che sorpren-de

Pg.3-4

Chiro...cosa? Chirottero! Pg.5

Mirmecofauna dell’Oasi “Il Caloggio”

Pg.6-7

La polveriera del Calog-gio

Pg.8

Il Castellazzo: un antico borgo agricolo da salva-guardare

Pg. 09 -

10

Parco Brianza Centrale: marcia avanti! (con qualche passo indie-tro…)

Pg.11 -

12

Dal Castellazzo all’Oasi del Caloggio lungo la roggia che porterà l’ac-qua a EXPO 2015

Pg.13 -

14

Redazione Pg.16

Il Bosco delle Querce di Seveso: una nuova mi-naccia!

Pg.15

http://www.stopalconsumoditerritorio.it/

L’oasi urbana del Fosso del Ronchetto interessa una pic-colo formazione forestale di circa 8 ettari, formata preva-lentemente da latifoglie e agrifoglie, nel comune di Seveso. Sebbene sia di piccolo dimensioni, ospita comunque am-bienti molto diversificati. La fascia boscata è formata da piante di alto fusto, con predominanza di Robinia (Rubinia pseudoacacia) e la presenza di Castagni (Castanea sativa), Farnie (Quercus peduncolata), Carpini bianchi (Carpinus betulus) e specie arbustive tra cui il Nocciolo (Corylus avel-lana), il Prugnolo (Prunus spinosa) e la Rosa canina (Rosa canina).

Nell’area sono presenti anche alcune piccole zone umide, realizzate con il progetto ERSAF del 2010 per la salvaguar-dia degli anfibi.

Il presente studio e’ in una fase preliminare, quindi le os-servazioni sugli uccelli presenti nell’area è ancora parziale e conseguenza di sporadiche osservazioni effettuate dagli attivisti durante le giornate di manutenzione dell’Oasi op-pure in occasione di visite. Non consente quindi di avere un quadro preciso della comunità ornitica presente, ma vuol essere un punto di partenza per una più approfondita conoscenza.

Allo stato attuale le specie censite sono circa una cin-quantina.

Prima indagine conoscitiva dell’Avifauna dell’Oasi urbana del Fosso del Ronchetto di Seveso (MB)

Pagina 2 Numero 4

Pettirosso

Accipitriformes

Sparviere (Accipiter nisus)

Falconiformes

Gheppio (Falco tinnunculus)

Galliformes

Fagiano comune (Phasianus colchicus)

Columbiformes

Piccione (Columba livia) Colombaccio (Columbia palumbus)

Tortora dal collare (Streptopelia decaocto)

Tortora (Streptopelia turtur)

Cuculiformes

Cuculo(Cuculus canorus)

Apodiformes

Rondone(Apus apus)

Piciformes

Picchio verde (Picus virdis) Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major)

Passeriformes

Rondine (Hirundo rustica) Balestruccio (Delichon urbicum)

Ballerina bianca (Motacilla alba) Scricciolo (Troglodytes troglodytes)

Passera scopaiola (Prunella modularis)

Pettirosso (Erithacus rubecula)

Usignolo (Luscinia megarhynchos) Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros)

Codirosso (Phoenicurus phoenicurus)

Merlo (Turdus merula)

Tordo bottaccio (Turdus philomelos)

Capinera (Sylvia atricapilla)

Lui piccolo (Philloscopus collybita) Lui grosso (Philloscopus trochilus)

Regolo (Regulus regulus) Pigliamosche (Muscicapa striata)

Balia nera (Ficedula hipoleuca) Codibugnolo (Aegithalos caudatus)

Cincia bigia (Parus palustris) Cinciarella (Parus caerulus)

Cinciallegra (Parus major) Picchio muratore (Sitta europaea) Rampichino (Certhia brachydactyla) Gazza (Pica pica)

Cornacchia grigia (Corvus corone) Storno (Sturnus vulgaris)

Passera europea (Passer domesticus)

Passera mattugia (Passer montanus)

Fringuello (Fringilla coelebs) Verzellino (Serinus serinus)

Verdone (Carduelis chloris) Cardellino (Carduelis carduelis)

Lucherino (Carduelis spinus)

Picchio rosso maggiore Regolo Codirosso

In una piacevole mattina della prima settimana di marzo, è capitato di rivisitare una piccola area naturale che si trova relegata tra torrente Seveso, nuovi complessi residenziali e strade molto trafficate. Un luogo che risulta poco o nulla frequentato, nonostante le sorprese che è in grado di offrire agli occhi anche ine-sperti di quanti sanno cogliere le bellezze della natura, tra un degrado che ferisce anche il più indifferente. Ci troviamo nel comune di Barlassina, al confine con la frazione di Camnago di Lentate sul Seveso, tra prati incolti e un bosco perlopiù a robinia, ma non mancano diverse specie di arbusti con semi e bacche, alimento prezioso per gli uccelli.

In una continua lotta per la sopravvivenza, tra rifiuti di va-rio genere riversati dall'uomo nel torrente e poi da quest'ul-timo depositati lungo le sponde, come a liberarsi di un far-dello, è comune osservare, tra febbraio e aprile, il Galan-thus nivalis. Meglio noto come bucaneve per la sua fioritu-ra precoce, nel linguaggio dei fiori è simbolo di vita e spe-ranza (un racconto inglese narra che Eva scacciata dal paradiso terrestre fu presa dallo sconforto nel trovarsi su una terra buia e gelida, ma ben presto l’apparire di un bu-caneve le diede nuova forza e speranza). Percorrendo le rive del Seveso, ingratamente ridotto a luri-de acque, il nostro elenco floristico subito si arricchisce con la Scilla bifolia (le corolle vanno dall'azzurro al violetto

ma non manca la rara varietà bianca), Anemone nemoro-sa, Leucojum vernum, Vinca sp., Chelidonium majus ed altro ancora.

E' difficile comprendere come quei fiori, dai colori pastello e dall'aspetto così fragile, riescano a sopravvivere in quel-l'ambiente che, al sollevare il nostro sguardo da terra, ci

rivela tutta la sua drammaticità: un canale fognario che conduce al torrente, sponde verticali in cemento, alberi abbattuti, sacchetti in plastica sparsi ovunque ecc. ecc.

La natura che sorprende

Pagina 3 Numero 4

Tra il robinieto si scorgono nuovi capannoni nella ex zona militare

Prato fiorito a bucaneve, scille, campanellini…...tra i rifiuti

Scilla bifolia anche nella rara veste bianca

Un canale fognario conduce al torrente

Bunker in cemento su un terreno eroso dalle luride acque del Seveso

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Sulla sponda opposta un bunker in cemento fa “bella mo-stra” di sé, ricordandoci quelli che erano i confini dell'ex parco militare, poi trasformato in un'area ad uso civile ed industriale dopo decenni di abbandono da parte dell'uomo, cancellando in breve tempo lo spazio che la natura stava riconquistando.

In uno spazio di pochi ettari e in un paio d'ore è stato an-che possibile osservare ben 11 specie di uccelli, precisa-mente: Scricciolo, Cinciallegra, Cincia bigia, Cornacchia grigia, Colombaccio, una coppia di Germani reali che impa-vida sguazzava nelle acque del Seveso, Picchio rosso mag-giore, Fringuello, Codibugnolo, Merlo e in alto nel cielo una poiana che veniva mobbata da una Cornacchia grigia.

Forse fino a quando sarà possibile osservare il bucaneve si potrà ancora ben sperare per questo luogo, dove in un passato non molto lontano le limpide acque del torrente davano vita ad un paesaggio riccamente diversificato in fauna e flora.

Ma ad ovest vi è una nuova minaccia per i delicati fiori del sottobosco. Nuove costruzioni edilizie hanno ridotto ulteriormente la piccola area naturale, delimitati da una lunga siepe di piante alloctone che non rispettano i confini dati, piantu-mate senza ragionevoli criteri di scelta e di luogo, a ridosso di un bosco che stenta a sopravvivere.

Una coppia di Germani si leva in volo da un alveo posto all’incuria

Bucanevi a simboleggiare la speranza Filari di piante alloctone e rifiuti: una nuova minaccia per l’area naturale

Sentiero nel bosco

È una calda sera d’estate. Mauro e Lucia, seduti al tavolo del soggiorno, stanno sorseggiando una bibita fresca e consultando le guide turistiche per programmare il loro prossimo viaggio. Dai vicini boschi delle Groane giungono alle loro orecchie i suoni della natura: il canto dell’allocco, il concerto delle raganelle, il frinire dei grilli. D’un tratto una piccola ombra si staglia sul tavolo: qualco-sa è entrato dalla finestra aperta ed è volato sopra le loro teste. Lucia alza lo sguardo e lancia un urlo: “Cos’è quella cosa che vola? Mauro prendi la scopa e caccialo subito fuori!”. Mauro sorride: “Ma è solo un chirottero! Vedrai che se spe-

gniamo la luce e u-sciamo dalla stanza se ne va da solo.” Lucia lo guarda un po’ perplessa, con la testa un po’ piegata di lato: “Un chiro … cosa? E come fa a trovare l’u-scita se gli spegniamo le luci?”

Mauro alza lo sguardo e osserva quel piccolo esserino ala-to che svolazza qua e là, un po’ disorientato: “Un chirottero … un pipistrello! Vedi, adesso è spaventato perché non capisce bene dove è finito. Se noi lo lasciamo tranquillo tra pochi minuti troverà da solo la finestra per uscire, anche al buio. I pipistrelli, infatti, sono animali notturni e si orienta-no mediante l’ecolocalizzazione. In pratica emettono dei suoni che, quando raggiungono un oggetto, rimbalzano su di esso e producono un'eco. In base alla quantità e alla direzione dell’eco sono in grado di individuare gli ostacoli, le prede e anche le vie d’uscita.” Lucia guarda a sua volta il piccolo pipistrello e, ancora un po’ intimorita, si strin-ge al braccio di Mauro: “Un pipistrello? Ma non è pericoloso?” Mauro ride: “Ma no! Le storie dei pipistrelli che succhiano il san-gue o che si attaccano ai capelli sono solo leggende metropolita-ne. Al contrario, i pipistrelli sono molto utili! Pensa che ogni notte, un solo piccolo pipistrello può mangiare fino a 2000 – 3000 insetti. E la maggior parte di quegli insetti sono zanzare!” Lucia è ancora un po’ perplessa: “Ma i pipistrelli vivono nelle grotte! Che ci fanno qui da noi, nel Parco delle Groa-ne?” Mauro prende un piccolo manuale dalla libreria lì vicino : “Non tutti i pipistrelli vivono nelle grotte. Ci sono anche quelli che stanno nei boschi e che passano il giorno nelle cavità degli alberi. E ci sono anche quelli che vivono in cit-tà, rifugiandosi nelle cantine, nei solai o nei sottotetti. Sul libro dei mammiferi del Parco delle Groane c’è scritto che qui vivono quattro specie di pipistrelli: il Pipistrello di Savi, il Vespertilio maggiore, il Pipistrello albolimbato e il Pipi-strello nano. Sono tutte specie di piccole dimensioni e so-

no tutte protette dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europe-a.” Lucia si volta e guarda ammirata Mauro: “Ma tu come fai a sapere tutte queste cose sui pipistrelli?” Mauro prende per mano Lucia: “Vieni, ti faccio vedere!” Esce dal soggiorno, spegnendo la luce, ed entra nello stu-dio, dove accende il computer: “Quest’anno è stato dichia-rato Anno Internazionale dei Pipistrelli. Su internet c’è un sito interessantissimo, www.yearofthebat.org, che racconta tutto di questi mammiferi.” Mano a mano che sfogliano le pagine del sito, leggono notizie e guardano foto, Lucia si mostra sempre più affasci-nata e interessata: “Non avevo mai visto un pipistrello pri-ma di stasera. Non sono brutti. Anzi, sai che mi sono sim-patici! Avevo un po’ paura di loro perché mi avevano rac-contato un sacco di storie. Ma adesso che ho letto qualco-sa su questi animali devo dire che mi affascinano. Sono così particolari! Ma sono in pericolo?” Mauro consulta il sito: “Purtroppo si. Molte specie di pipi-strelli, in tutto il mondo, sono minacciate a causa della perdita dell’habitat, del disturbo antropico, dell’inquina-mento e delle malattie, come la sindrome del naso bianco, una malattia fungina che colpisce i pipistrelli in letargo e che ha già causato la morte di più un milione di pipistrelli negli Stati Uniti e in Canada. Anche qui da noi, purtroppo, i pipistrelli non se la passano bene, soprattutto a causa del-l’inquinamento e dell’uso dei pesticidi, che uccidono gli insetti di cui si nutrono, e a causa della perdita dell’habitat e dei loro rifugi, anche nelle città.” Lucia si alza e si avvia verso la porta dello studio: “Poverini! Chissà se il nostro piccolo amico ha trovato l’u-scita?” Mauro spegne il computer e raggiunge Lucia nel soggiorno: “Visto … non c’è più! Te l’avevo detto che sarebbe uscito da solo. Adesso sarà a caccia di zanzare.” Lucia esce sul terrazzo: “Si … guarda ce ne sono anche altri. Girano tutti intorno a quei lampioni. Forse perché la luce attira gli insetti di cui si nutrono. Chissà dove si rifu-giano durante il giorno? Ma, visto che molte specie di pipi-strelli sono in pericolo, noi non possiamo fare niente per loro?” Mauro si avvicina: “Certo! Possiamo costruire una bat-box. È una specie di casetta di legno da appendere sul muro di casa. Serve come rifugio per i pipistrelli.” Lucia si volta sorridente: “Si dai. Facciamone due. Non vedo l’ora di ospitare qualche piccolo pipistrello!” Nel Parco delle Groane continua il concerto della natura nel bosco.

La luna piena, alta nel cielo, illumina il terrazzo con la sua pallida luce. Mauro e Lucia si abbracciano e osservano l’andiri-vieni dei pipistrelli in caccia. Loro non lo sanno ma da questa sera hanno un’amica in più.

Chiro … cosa? Chirottero!

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Mirmecofauna dell’Oasi “Il Caloggio”

Le formiche appartengono all'ordine degli Imenotteri acule-ati (lo stesso di vespe, api e bombi) e sono insetti eusocia-li, cioè con il livello più alto di organizzazione sociale che si realizza in certi animali. All'interno del formicaio vi è una classe riproduttiva costi-tuita da una o più regine a seconda della specie, dai ma-schi utili solo per la riproduzione in determinati periodi dell'anno (sciamatura) e una lavorativa, costituita da fem-mine sterili, dette "operaie". Queste ultime a seconda della specie possono differire per dimensioni e compiti. In Italia solo poche specie sono provviste di soldati, come il genere Pheidole e alcune specie di Camponotus . Passiamo ora alle formiche presenti nell'oasi il Caloggio. Per censire le specie presenti ci siamo avvalsi di due meto-di principali: 1) il campionamento di esemplari ritrovati durante 8 uscite sul campo in varie ore e condizioni meteo-rologiche; 2) l'osservazione di resti alimentari lasciati da animali mirmecofagi come il Picchio verde . Iniziamo con le formiche appartenenti alla sottofamiglia Myrmicinae. Nell'area si trovano alcune specie del genere Myrmica come Myrmica scabrinodis, Myrmica ruginodis e Myrmica sabuleti.

Queste formiche prevalente-mente terricole si distinguo-no per il colore spesso rosso più o meno intenso e per l'aggressività con la quale attaccano eventuali invasori. I loro attacchi all'uomo si fanno sentire anche per un paio di giorni e causano ar-rossamenti dolorosi della parte colpita. Sono formiche prevalente-mente carnivore cacciatrici che spesso attaccano in gruppo altri formicai vicini. Alcune specie come Myrmi-ca ruginodis è anche nota per essere parassitizzata da

una rara specie di farfalla, la Maculinea alcon, presente anche nel Parco delle Groane nelle zone di brughiera con fioriture di Gentiana pneumonanthe . Altra specie presente nell'oa-si è la Tetramorium caespi-tum, specie molto comune dalle nostre parti. Specie piccola ma di corporatura robusta, si adatta a vivere anche nelle fessure del ce-mento o delle abitazioni nu-trendosi di qualsiasi cosa commestibile riescano a trovare, e se non riescono a tra-sportare prede troppo grosse come animali morti queste vengono sepolte da detriti e sassolini per poi essere smi-nuzzate con tutta calma. Nell'oasi sono presenti altre specie appartenenti al genere

Leptothorax. Queste minu-scole formiche prevalente-mente di colore gial-lo passano quasi sempre inosservate alla vista for-mando colonie molto piccole che contano al massimo 200-300 unità, vivendo in posti inaccessibili alla vista come anfratti nella corteccia di grossi alberi e vecchie galle senza prediligere nes-

suna in particolare. Sono formiche facili da riconoscere ma difficili ad essere attribuite ad una specie precisa, infatti in italia ci sono cir-ca 30 specie appartenenti a questo genere e relativi sotto-generi. Durante le nostre uscite abbiamo trovato almeno 4 specie appartenenti a tale genere. Nella sottofamiglia Dolicho-derinae troviamo una specie molto interessante della quale si sa ancora molto poco: la Dolichoderus qua-dripunctatus. Questa piccola formica dalla colorazione particolare si riconosce da vicino per i quattro puntini bianchi sull'addome e per la forma allungata. Molto veloce e schiva forma colonie anche poliginiche, cioè formate da più regine che coabitano lo stesso for-micaio che nel caso di colo-nie mature di molti anni d'e-tà sarà scavato nel legno di alberi morti a molti metri da terra. E’ una specie pretta-mente arboricola che difficilmente scende a terra. Formicai giovani o regine solitarie si trovano spesso nelle galle vuote. Predatrice di piccoli insetti come afidi e piccoli ditteri che caccia sugli alberi si nutre anche di melata pro-dotta da emitteri e afidi, se disturbata durante la caccia si appiattisce immobilizzandosi per molto tempo confidando nel suo mimetismo. Passiamo ora alla famiglia formicinae, una delle piu nume-rose insieme alle Myrmicinae. Il genere più comune nell'Oasi è Lasius con alte concentra-zioni di Lasius emarginatus, la classica formica rossa e nera che si trova spesso nelle nostre case ma molto legata ai boschi maturi con presenza di Quercia e Robi-nia. Vive nel legno marcio e sotto la corteccia di piante morte o scavando nidi nel terreno, di solito sempre proteggendo le entrate sotto sassi e legni.

Myrmica sabuleti

Tetramorium caespitum

Leptothorax nylanderi

Dolichoderus quadripunctatus

Lasius emarginatus

Maculinea alcon

D. quadripunctatus - regina

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Altre specie del genere ritrovate nell'Oasi sono Lasius ni-ger, Lasius paralienus e Lasius umbratus, tutte con com-portamento simile . Un'altra formica interessantissima sempre appartenente al genere Lasius (Dendrolasius) è il Lasius fuliginosus. Questa formica anche se imparentata con le prece-denti è molto diversa sia nel comportamento che nella morfologia. E’ infatti molto più grossa e massiccia ed ha un modo di costruire il proprio formicaio davvero particolare. Questa è una delle poche formiche italiane in grado di produrre una sostanza molto simile al cartone come quello prodotto dai suoi parenti stretti, cioè api e calabroni. Tale sostanza viene prodotta impastando il legno, in questo modo produce formicai di notevoli dimensioni all'interno di alberi cavi raggiungendo anche l'altezza di un metro e più. Questi nidi di cartone sono facilmente riconoscibili oltre per l'unicità della costruzione anche per il forte odore pro-dotto dalle formiche che ricorda vagamente quello del li-mone. Altra caratteristica comportamentale di questa formica è il modo che ha la regina di fondare la sua colonia. Essa dopo la sciamatura, che avviene tra maggio e giugno, deve cer-care in brevissimo tempo un nido di Lasius umbratus. Una volta trovato un formicaio questa deve entrarci e raggiun-gere la regina per ucciderla ed usurpare la sua colonia. Per poter accedere senza essere attaccata dalle operaie di guardia ne uccide alcune e se le strofina addosso per po-ter assumere il loro odore. Passando quindi indisturbata, una volta uccisa la regina, prende il suo posto iniziando ad essere accudita dalle ignare operaie orfane.

Con il passare del tempo e con la morte delle Lasius umbratus adottive verranno sostituite dalle nuove nate figlie della nuova regina . Lasius fuliginosus è abba-stanza comune e la si nota facilmente formare lunghe file in salita e discesa dagli alberi dove alleva molte spe-cie di afidi per prelevare il

liquido zuccherino prodotto da questi. Molte formiche, co-me il genere Formica, il genere Lasius e il genere Campo-notus, sono vere e proprie allevatrici di afidi che proteggo-no a volte addirittura riparandoli all'interno del formicaio e che poi "mungono" per ottenere il prezioso liquido. Un'altro genere di formiche molto appariscenti ed interes-santi è Camponotus, nelle quali troviamo la formica più grande d'europa, la Camponotus ligniperda. La sua presen-za in oasi non è stata ancora accertata ma comunque pos-sibile in quanto trovata poco più a Nord, nei pressi di Ceria-no laghetto. Nell'oasi sono presenti altre specie più piccole di Camponotus, come Camponotus fallax , Camponotus piceus e Camponotus gestori. Queste specie sono assai simili tra di loro e per riconoscerle con certezza è necessa-

rio l'utilizzo di un microscopio. Forse la specie di Camponotus più interessante è la Cam-ponotus truncatus, specie unica nel suo genere per la par-ticolarissima struttura facciale dei soldati. E’ infatti una specie altamente polimorfa, cioè vi è la presenza di caste di operaie e soldati adibiti alla difesa del formicaio. La particolarità della specie è il modo di difesa messo in atto dai soldati. Essi infatti hanno una testa particolar-mente grossa e squadrata che utilizzano per tappare tutti gli ingressi del nido ren-dendolo inaccessibile ai pre-datori, come piccole vespe o altre formiche . Forma colonie discrete di 400-500 unità e si nutre sugli alberi di melata prodotta dagli afidi. In mancanza è in gra-do di cacciare piccoli insetti, utilizzando la notevole rapidi-tà per afferrarli e sminuzzarli. Per concludere accenniamo alla presenza di due specie di formiche aventi spesso una simbiosi tra loro. Si tratta delle Crematogaster scutellaris e le Camponotus lateralis. La prima comunissima formica nera con la testa molto rossa e addome a forma di cuore portato eretto in caso di attac-co, la seconda più grossa e dimorfa con variazione di sta-tura tra operaie, ma con la stessa colorazione. Infatti Cam-ponotus lateralis spesso sfrutta le grandi colonie di Crema-togaster scutellaris per protezione e difesa, in quanto pur essendo più grossa è priva di difese valide, al contrario della prima dotata di potenti mandibole ed efficace pungi-glione, oltre ad una elevata aggressività verso un pericolo. Elenco delle specie censite nell'Oasi il Caloggio nel periodo

26/01/2012 al 20/04/2012 Ponera: Ponera coarctata Myrmica: Myrmica ruginodis, Myrmica sabuleti, Myrmica scabrinodis Aphaenogaster: Aphaenogaster subterranea Crematogaster: Crematogaster scutellaris Solenopsis: Solenopsis fugax Leptothorax: L. recedens, L. affinis, L. exylis, L. exylis levi-ceps, L. nylanderi, L. parvulus, L. unifasciatus Tetramorium: T. caespitum, T. semilaeve Dolichoderus: D. quadripunctatus Tapinoma: T. erraticum , T. nigerrimum ? Plagiolepis: P. pygmaea Camponotus (Camponotus): C. ligniperda ? Camponotus (Myrmentoma): C. fallax, C. gestroi ? , C. pi-ceus, C. lateralis Camponotus (Colobopsis): C. truncatus Lasius (Lasius): L. alienus, L. emarginatus, L. niger Lasius (chtonolasius ): L . distingundus ? , L. umbratus Lasius (Dendrolasius): L. fuliginosus Formica (Raptiformica): F. sanguinea Formica (Serviformica): F. cunicolaria, F. fusca Polyergus: P. rufescens

Lasius fuliginosus

Camponotus ligniperda

Camponotus truncatus

L’intervento umano ha sempre modificato il paesaggio, ma sino a non molti anni fa spesso anziché degradarlo addirit-tura lo migliorava. Questo è successo con l’edificazione di ville con giardini sontuosi o castelli, ma anche con opere della vita e del lavoro di tutti i giorni. Prendiamo come e-sempio la polveriera del Caloggio, realizzata agli inizi del Novecento per stoccare la produzione di munizioni di una fabbrica del territorio, la Leon Beaux. Per erigere gli alti terrapieni necessari a contenere gli effetti di una acciden-tale esplosione nei depositi venne cavato il terreno attor-no, dando origine ad un ameno laghetto utile anche come riserva d'acqua in caso d'incendio. Gli stessi terrapieni ben presto si rinverdirono, trasformandosi in boscose collinette emergenti sul piatto territorio circostante.

Questo complesso era estremamente funzionale e sicuro, compatibile con il contesto agricolo ed ambientale circo-stante. Anni dopo l'utilizzo industriale è venuto meno e chi transita lungo il sentiero delle sette cascate non immagina neanche lontanamente la vera origine di questo luogo.

É una delle sorprese naturalistiche che si possono scoprire lungo il sentiero. Oggi i proprietari vorrebbero, insieme alla nostra sezione WWF, recuperarla dal punto di vista ecologi-co e storico. C’è una notevole naturalità dell’area, una macchia boschiva ricopre le tre collinette cioè i terrapieni che dividevano le due casematte-deposito. Le casematte fatiscenti e pericolose sono state abbattute e le macerie rimosse hanno lasciato lo spazio a delle suggestive radure erbose. Il bosco, vasto quasi 10.000 mq, è composto in

prevalenza da robinie (Robinia pseudoacacia) ma abbon-dano anche i ciliegi selvatici (Prunus avium). Questi esem-plari, fra i più grossi presenti nelle Groane, regalano delle spettacolari fioriture primaverili. E’ presente anche qual-che quercia (Quercus robur) disseminatasi dalla vicina brughiera. Ma durante il sopralluogo è stato sorprendente rinvenire un bell’esemplare di orniello (Fraxinus ornus), specie quasi assente allo stato selvatico nella pianura pa-dana poichè amante di suoli sassosi aridi e assolati. Pro-babilmente sui pendii della terra di riporto dei terrapieni ha trovato un surrogato al suo ambiente originario. Grossi pioppi neri (Populus nigra), salici (Salix alba) e salici arbu-stivi ai margini della zona umida completano l'elenco delle specie arboree presenti. La zona umida ha risentito della costruzione del canale scolmatore delle piene di nordovest che ne ha interrato una parte; l'acqua è presente solo in alcuni periodi dell'anno. É difficoltosa da raggiungere a causa di dense macchie di rovo che la circondano e, se questo ha contribuito alla sua salvaguardia, non ha ancora permesso di eseguire una indagine sulla flora e la fauna presente. É comunque un’area molto suggestiva, si vedono numerosi giunchi, carici ed erbe palustri che senz'altro nasconderanno qualche bella sorpresa naturalistica.

Sinora abbiamo parlato delle bellezze del sito ma dobbia-mo anche segnalare la cattiva frequentazione delle zone circostanti. Poiché recintata per la maggior parte ed inac-cessibile per le pareti scoscese dei terrapieni, l’area è pro-tetta da accesso diretto ma molti incivili la utilizzano per gettare rifiuti. E appunto da una radicale pulizia dai rifiuti inizierà il nostro intervento per rendere l’area gradevole e accogliente in occasione di visite guidate. Il progetto che intendiamo portare avanti consiste nella piantumazione di una siepe che dovrà cingere il perimetro della ex-polveriera. Per la sua realizzazione verranno impiegati biancospini e rose canine che svolgeranno un valido ruolo naturalistico e costituiranno una efficace barriera antintru-sione, salvaguardando l'area boschiva dai malintenzionati che scaricano rifiuti. La lunghezza della siepe sarà di ben 300 metri e dovranno essere utilizzate almeno 300 piante, perciò vorremmo dedicare le prossime feste dell’albero a questo progetto. Si spera che la presenza dei volontari nell'area e la fruibilità conseguente allontani anche le for-me di degrado sociale dalla zona, rendendo sempre più sicuro il sentiero delle sette cascate.

La polveriera del Caloggio

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Ingresso alla polveriera

Zona umida nell’area della polveriera

Il Castellazzo è un'antico borgo agricolo che rientra nell'area del comune di Bollate, a nord di Milano, e oggi frazione del comune stesso.

Il borgo è un grande complesso agricolo, tipicamente lombardo, suddiviso in varie corti: Corte Grande, Corte del Fabbro, Corte Nuova e Case Nuove, composte oltre che da abitazioni, da cascine e rustici.

Già i l toponimo con cui è giunto noi “castellazzo” (“castelasc” in dialetto) la dice lunga sulla vetustà dell'insedimento: infatti questo toponimo afferisce generalmente a località un tempo sedi di fortificazioni, anche castrum romani, o castelli successivamente abbandonati.

Ed in effetti un presidio romano (castrum) ben poteva essere colì posto a controllo delle strada che da Milano conduceva a Varese. L'area in questione rientra successivamente nella Pieve di Bollate che viene menzionata per la prima volta in un atto di vendita del 926, afferente a terreni appartenenti alla pieve stessa. Successivamente, nel 1039, una pergamena relativa ad una donazione colloca la pieve nei confini del Contado della Martesana, antica designazione medievale di cui si hanno notizie dal 931, che comprendeva la regione a NE di Milano fra Brianza, il lago di Lecco e l'Adda.

Il borgo sicuramente fortificato del Castellazzo divenne comune nell'epoca della grande crisi del sistema feudale, attorno all'anno Mille e tale lo ritroveremo sin dopo la metà del 1700.

Nel 1300 il luogo viene indicato anche come “Villafranca di Castelazzo”, nel 1540 si hanno attestazioni certe sulla presenza nel borgo, all'interno del “castello”, di una chiesina dedicata a santa Maria Nascente in san Guglielmo che, nel 1573, diviene parrocchia, demolita nel 1610, a seguito della costruzione di un nuovo edificio di culto. Infatti una lapide posta all'interno della chiesa stessa ci informa che già nel 1588 il marchese Guido Cusani, appartenente ad una delle più importanti famiglie del patriziato milanese, che possedeva tutta l'area agricola ed anche un palazzo in situ, aveva provveduto ad edificarne una nuova.

Successivamente, per vicende di sfortuna della famiglia Cusani, l'area passò a Galeazzo Arconati, discendente di una antica famiglia de Capitanei originaria del magentino e già citata a partire dal XI secolo: a lui si deve la trasfomazione dell'originaria “casa da nobile” dei Cusani in “villa di delizia” e proprietario anche di una famosissima collezione d'opere comprendente tra l'altro il “Codice Atlantico” di Leonardo da Vinci, donato poi all'Ambrosiana, Nell'atto d'acquisto del 1610, vengono indicate espressamente, “le case del Castellazzo”. Nel 1648 troviamo anche registrati, grazie alle opere di ampliamento di Luigi Maria Arconati, il “Castellazzino” e la “Corte delli Massari”. E il caso d'aggiungere, che anche al maestoso complesso di Villa Arconati (esempio di barocchetto lombardo, oggi monumento nazionale) viene normalmente attribuito analogo toponimo del “ castellazzo” pur rivelando la villa una storia diversa rispetto alle origini del borgo agricolo.

Nell'estimo del 1771 voluto da Maria Teresa d'Austria troviamo il borgo inserito ancora nell'elenco dei comuni, con 240 abitanti.

Nel 1772 l'area passa al marchese Carlo Galeazzo Busca. Nel 1773 risultano quattro case da “Fittabili o siano Massari” e 65 case da “Piggionanti o siano Coloni”; nel

Il Castellazzo di Bollate: un antico borgo agricolo da salvaguardare

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Chronicum parrocchiale l'anno seguente risultano presenti 226 persone suddivise in 47 famiglie

Nel 1809 il comune venne soppresso ed aggregato a Garbagnate; con il nuovo dominio austriaco tornò ad essere comune per, ancora una volta, venire soppresso nel 1841 ed aggregato a Bollate.

Nel 1865 diviene proprietà dei Sormani, antico ceppo vassallatico già indicato prima del X secolo e presenti definitivamente a Milano dal 1300: nel borgo all'inizio del Novecento sono presenti oltre 500 persone tra contadini, artigiani, fabbri e addetti alle fornaci.

Nel 1962 venne aperta una scuola elematare nel borgo e ci è caro riportare la testimoninza della prima giovane maestrina inviata colà: Isidora Bozzolan, ospitata nella casa del fattore. Alla morte dell'ultima proprietaria, Donna Beatrice Crivelli, gli eredi vendettero tutto a diverse

immobiliari la cui unica preoccupazione fu (è?) di realizzare imponenti colate di cemento in un territorio unico alle porte di Milano.

Dal 1985 solo la tenacia, l'attacamento alla propria terra, l'amore per il Castellazzo degli ultimi abitanti, sostenuti anche da varie associazioni di volontariato, ha consentito, sinora, di arginare e tamponare gli appetiti distruttivi delle nuove proprietà, interessata ad uno sfruttamento massiccio dell'area ed ai conseguenti lautissimi guadagni viste le ipotesi di costruzioni ed annessi lussuosi progettati.

E' auspicabile che sempre più si formi una corrente di pensiero diffusa nelle Groane a sostegno e salvaguardia, pur con l'indispensabile rivitalizzazione dell'area, di un borgo agricolo autonomo che ci racconta visivamente una parte basilare della nostra storia, delle nostre campagne.

Copertina del filmato realizzato nel 1998 in videocassetta ed ora riproposto su supporto dvd

Su “Panda delle Groane” del 2010 avevamo presentato il Plis "Brianza Centrale", nato nel 2001 nel Comune di Sere-gno per tutelare le aree inedificate a contorno dell'abitato. Numerose associazioni ambientaliste della zona, tra cui il WWF Groane, riunite nel coordinamento "Insieme in rete per uno sviluppo sostenibile" e successivamente anche in un apposito "Comitato per l'ampliamento del Parco Brianza Centrale", hanno portato avanti varie iniziative per l'esten-sione di questo parco ad un'ampia fetta di territorio com-presa nei comuni di Carate Brianza, Albiate, Sovico, Ma-cherio, Lissone, Desio e Cesano Maderno. Nel febbraio 2009 era stato firmato un protocollo d'intesa tra i comuni di Albiate, Sovico e Macherio per l'istituzione di un nuovo PLIS, confinante con il "Brianza Centrale", che però pur-troppo non aveva avuto seguito.

Ora possiamo finalmente registrare un successo: anche la nuova amministrazione del comune di Desio ha deciso di tutelare le aree non edificate a contorno della città (per un totale di 350 ha), che dovrebbero confluire a nord nel Plis "Brianza Centrale" e a sud nel Parco del Grugnotorto, at-tuando così anche l'auspicato collegamento tra i due par-chi. La grande area a verde, di 1600 ha, potrebbe anche riunirsi in un unico grande parco.

Ciò è tanto più confortante in quanto il PGT elaborato dalla precedente amministrazione di Desio prevedeva invece sulle aree ora tutelate operazioni speculative, che hanno anche attirato l'attenzione della magistratura.

Questo risultato si deve alla forza di convinzione delle idee portate avanti e diffuse capillarmente dalle associazioni ambientaliste in tutti questi anni, che hanno generato nel-l'opinione pubblica la consapevolezza di quanto ormai il territorio sia una risorsa preziosa che non va più sprecata.

Purtroppo però questa consapevolezza non sempre è suffi-ciente a bloccare le manovre speculative mosse dagli ap-petiti economici.

A Macherio la zona delle Torrette è in pericolo. Qui opera l'"Associazione Torret-te Bini Dosso Boscone" - che insieme al WWF Groane co-stituisce l'anima del Comita-to per l'ampliamento del Parco Brianza Centrale -, che da diversi anni si batte per l'inclusione delle aree delle Torrette e dei contigui terri-tori di Bini (comune di Lisso-ne), Dosso (Albiate) e Bosco-ne (Sovico) nel PLIS. Recen-temente l'amministrazione comunale di Macherio sui terreni agricoli che fanno da sfondo all'Oratorio di S. Margherita in zona Torrette ha lo-calizzato un ambito di trasformazione residenziale che, se realizzato, costituirebbe una ferita mortale per il paesaggio dell'intero contesto. Inoltre ha richiesto a Pedemontana una drastica riduzione sia qualitativa che planimetrica (pari all'incirca al 70% del totale) del Progetto Locale n°24 delle compensazioni ambientali che interessa quest'area.

Per questi motivi presso gli spazi circostanti la località Tor-rette è stata indetta una giornata di mobilitazione, a cui naturalmente ha aderito anche il WWF Groane, insieme a

Parco Brianza Centrale: marcia avanti! (con qualche passo indietro...)

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Desio — Zona San Giuseppe

Macherio — Filare Torrette

Macherio — Oratorio Torrette

Seregno — Area del Parco Meredo dove è previsto il parcheggio

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numerose associazioni, che si terrà sabato 9 giugno 2012. Per informazioni a riguardo consultare il blog del Comitato all’indirizzo http://brianzacentrale.blogspot.com/

Ma anche laddove il PLIS esiste già non si possono certo dormire sonni tranquilli…

A Seregno a tre famiglie espropriate da Pedemontana è stato concesso di costruire in zona Porada, all'interno del Plis Brianza Centrale, e le case sono già a buon punto.

Questo perché le cifre di rimborso per l'esproprio non con-sentono di acquistare al prezzo di mercato aree edificabili: così viene concesso agli espropriati di costruire anche do-ve non sarebbe consentito dalle norme in vigore e il rispar-mio di Pedemontana nel risarcire i cittadini va a scapito della collettività che perde altre aree a verde, oltre natural-mente a quelle già perse per un'opera così devastante!

Sempre a Seregno altre aree verranno con tutta probabilità sottratte al verde (anche queste all'interno del PLIS) per

costruire un inutile parcheggio nel Parco del Meredo e la nuova rimessa della Metrotramvia per Milano.

Naturalmente siamo a favore di un potenziamento del tra-sporto pubblico, ma pensiamo che fossero praticabili altre soluzioni, come il riutilizzo della vecchia rimessa a Desio o la collocazione in aree industriali dismesse, senza consu-mare altro territorio. Prossimamente il WWF Groane, insie-me ad altre associazioni, presenterà delle osservazioni in questo senso, ma le possibilità che siano accolte purtrop-po sono scarse.

Seregno — Area dove è previsto il deposito della Metrotramvia

Grande Parco Brianza Centrale Grugnotorto

Dopo giorni di pioggia finalmente una giornata senza preci-pitazioni. Nel cielo ancora qualche nuvola e all'ombra fa fresco. Le montagne sono imbiancate di neve. Il Console del TCI M. Poggi accoglie i visitatori, una quarantina, nel piazzale della Fametta. La chiesetta è aperta e si può sali-re nella massiccia torre campanaria, probabile nucleo ori-ginario della costruzione con funzione militare, e visitare all’interno un affresco con la “Sacra Famiglia". Il nome del luogo sarebbe legato alla peste. Secondo una leggenda, poco attendibile quanto curiosa, qui si raccoglievano i so-pravvissuti della terribile malattia che manifestavano i se-gni della guarigione con la ripresa dell'appetito, appunto la fametta. Dalla Fametta al canale secondario. Ci si avvia verso la ferrovia, dove scorre il canale secondario del Villoresi che distribuisce le sue acque in direzione di Bollate. Si supera dapprima un torrentello che raccoglie gli scoli dei campi e confluisce nel Nirone, oltre il canale. Le acque locali non si mescolano a quelle provenienti dal Villoresi. La separazio-ne avviene attraverso dei sifoni. Dalle acque di questo torrentello Minora preleva, per una breve osservazione, due tipi di bivalve, di cui uno grande come una palla da tennis. Entrambe derivano dai pesci importati a scopo piscatorio, nelle cui branchie avviene la prima fase dello sviluppo.

Lungo il sentiero delle sette cascate. Giunti al canale se-condario si segue uno stradello che serve agli addetti per i controlli periodici. Oggi è decisamente infangato. Il canale ha assunto nel tempo caratteri di naturalità con vegetazione ripariale che tuttavia costituisce un ostacolo alla corrente. In origine era dimensionato per fornire 3000 l/sec (litri al secondo) alle coltivazioni locali. Nel tempo l'urbanizzazione ha ridotto le aree agricole. Di conseguen-za la richiesta di acqua per irrigazioni arriva ad un massi-mo di 700 l/sec circa. Il canale dovrà presto conferire acqua alla zona dell'EXPO che richiede da sola 2000 l/sec. Pertanto la portanza do-vrà prossimamente tornare a 2700 l/sec. Non saranno quindi necessarie opere radicali di ristrutturazione, ma solo lavori "leggeri ". Si pensa che il fondo sarà drenato e le

sponde ripristinate ove necessario. Sul sito del CT Villoresi si legge che le opere di prossima realizzazione terranno conto delle esigenze naturali e paesaggistiche. Niente ce-mentificazioni quindi… speriamo. Il canale sarà affiancato da una pista ciclopedonale che avrà un suo percorso auto-nomo. Permetterà di completare l'anello Ticino, Villoresi, Expo, Naviglio, Darsena e, attraverso le altre piste del Villo-resi e del Parco delle Groane, darà continuità a una viabili-tà ciclistica molto più ampia.

I manufatti originari. Proseguendo si incontrano manufatti che a un osservatore inconsapevole potrebbero apparire di scarso rilievo. Costituiscono invece degli interessanti e-sempi di archeologia tecnologica di fine '800. Il responsa-bile del Villoresi spiega che sono coetanei della costruzio-ne del canale e ne illustra nei dettagli le caratteristiche.

Dal Castellazzo all’Oasi del Caloggio lungo la roggia che porterà l’acqua a EXPO 2015 (21 aprile 2012 – La passeggiata è organizzata nell’ambito della “Settimana delle Groane”.

Fanno da guide: M. Poggi Console del T. C. I. con la collaborazione dei tecnici del Consorzio Est Ticino Villoresi e di M. Minora del WWF)

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Mappa con il percorso della passeggiata

Un ponticello sulla prima delle 7 cascate

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Tutta l'opera del Villoresi è stata grandiosa quanto oggi misconosciuta. Sicuramente merita una maggior attenzio-ne. Nei pressi di un laghetto un primo ponticello in beola pog-gia su una pila intermedia in mattoni e con cordoli rilevati per tenere in carreggiata le ruote dei carri. Manca di alcuni elementi. Poco più a valle un ponte identico è invece in perfette condizioni.

La derivazione del canale secondario per EXPO 2015. Il canale secondario prosegue verso sud fino a lambire l'oasi del WWF lungo la via Caloggio. L'acqua che dovrà rifornire la zona dell'Expo (canali e laghetti) sarà deviata un centi-naio di metri più a nord dell'oasi. A tal fine un piccolo cana-le terziario dovrà essere decisamente allargato. La brughiera. Si passa a fianco di un piccola zona di bru-ghiera. M. Minora spiega che questo paesaggio non è pro-priamente naturale, ma caratteristico delle Groane. La sua origine si perde nella notte dei tempi, probabilmente quan-do i primi agricoltori utilizzarono il fuoco per creare la radu-re da coltivare. Oggi il suo mantenimento è problematico. Se non si contengono in qualche modo le piante colonizza-trici, evolve in pochi decenni in bosco per opera prima del-la betulle, poi del pioppo tremulo e infine della farnia, che va a costituire il bosco maturo. Lungo il canale si erano notati grandi pioppi ibridi, numero-si pruni serotini, ma anche padi che si stanno diffondendo spontaneamente. Fra i fiori, oltre alla comune pervinca (Vinca minor) anche la Vinca major. Una piccola polveriera abbandonata. Nell'ultimo tratto del sentiero, poco a nord dello scolmatore del Seveso, guarda-no a ritroso, si vede una bella successione di cascatelle. Il dislivello dalla Fametta al Caloggio è di circa 20 metri, su-perati da una serie di cascate, da cui il nome “Sentiero delle 7 cascate”. La presenza dello scolmatore, che ha una ventina di anni e che dovrebbe essere prossimamente ampliato per far fron-te alle frequenti esondazioni del Seveso, impone una de-viazione del percorso che un tempo collegava il Castellazzo a Bollate. Proprio a nord del ponte che lo attraversa una

cancellata cela i resti di una polveriera, attiva fino a una cinquantina di anni fa. Restano alcune piazzuole infossate dove sorgevano delle casematte. Gli avvallamenti, durante i periodi di pioggia sono soggetti ad allagamenti. Stante il fatto che l'area è compresa nel parco naturale delle Groa-ne, che l'area non è facilmente raggiungibile dai passanti e ancor meno utilizzabile per scopi agricoli, la natura vi re-gna sovrana. Alcuni ciliegi sono forse fra i più grandi del parco. L'arrivo all'oasi. Oltrepassato lo scolmatore del Seveso ci si affianca al Nirone. Il sentiero è qui delimitato da una lunga siepe di biancospino in piena fioritura. Da un grande piop-po sulla rive del Nirone, si leva in volo un airone cenerino. Assieme al martin pescatore e alla nitticora è un abituale frequentatore delle acque del torrente, fra le più limpide della zona. Purtroppo non è rimasto molto tempo da dedicare all'oasi, il pullman attende i visitatori al parcheggio di Via Verdi. Molte domande sulle risorgive che caratterizzano la zona restano purtroppo senza risposta. Ci si ferma solo il tempo per osservare un tronco di pioppo completamente trafora-to dai picchi, i cui segni sono frequentissimi nell'oasi. Du-rante la camminata stessa si era sentito in lontananza il suo tamburellare, oltre al canto del cuculo. Sarà possibile visitare l'oasi e le risorgive con maggior cal-ma durante le giornate previste in calendario.

Punto di prelievo delle acque destinate ad EXPO 2015

Nella mappa si vede tutto il percorso che l'acqua, proveniente dal Villore-si e quindi dal Ticino, farà verso la zona Expo per poi attraversare il Parco

di Trenno ed il Parco delle Cave fino a raggiungere il Naviglio Grande e quindi la Darsena milanese.

Un buon tratto di canale dovrà essere scavato per l'occasione. La rete dei canali, sarà affiancata da piste ciclabili e da impianti di albe-

rature e andrà a costituire il cosiddetto anello verde - azzurro

Questa volta la minaccia non arriva da un veleno chimico bensì da un'autostrada: l'Autostrada Pedemontana Lom-barda è un colossale progetto, nato a fine anni '50, con lo scopo di collegare sei province: Bergamo, Lecco, Milano, Monza, Como e Varese.

Nel 2006, l'approvazione da parte del CIPE del progetto preliminare del tracciato ha messo nuovamente in pericolo la vita tranquilla di Seveso e molti altri posti. Nonostante il progetto sia stato creato nel 1956, vent'anni prima del disastro Icmesa, il tracciato della Pedemontana non è mai stato modificato nel corso degli anni: a Seveso, l'autostrada si snoderà attraverso le ex zone A e B, deva-stando il Bosco delle Querce e smuovendo il terreno anco-ra contaminato della zona B. Molte associazioni hanno fatto notare che Pedemontana metterà in pericolo il fragile ecosistema, ricreato dopo il 1976, poiché il tracciato passerà molto vicino alle due va-sche riempite con le scorie dell'incidente della diossina. Fino al 2008 era vigente una legge regionale speciale con-tro qualsiasi attività edificatoria o trasformazione del suolo nell'area colpita, ma è stata abrogata. Ad oggi, nel gennaio 2012, i lavori non sono ancora iniziati a Seveso, a causa di un contenzioso legale fra due impre-se appaltatrici incaricate da Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.a.

Tuttavia, il progetto esecutivo è stato solo rinviato mentre, in altri posti, i cantieri hanno già cominciato la loro opera di distruzione. Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.a. dichiara sul sito ufficiale che i lavori saranno conclusi entro il 2015, in tem-po per l'Expo di Milano. Dopo oltre 35 anni trascorsi dal disastro, dopo molti docu-menti stilati e parole spese, Seveso è, ancora una volta, minacciata dalla negligenza dell'uomo.

N.d.R. E’ di questi giorni la notizia che forse sarà ridotto l’impatto di Pedemontana sul sito. Staremo a vedere……

Il Bosco delle Querce di Seveso: una nuova minaccia! (da Tesi di Martina Pasquale “The Icmesa disaster” - Anno Accademico 2010/2011)

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I fusti “perduti”

Zona “A”

La vasca di Seveso

Sede WWF Groane: via Canova n. 45 (casa delle associazioni), 20024 Garbagnate Milanese (MI) Apertura 1° martedì del mese (riunione soci) dalle ore 21.00 alle ore 23.00

E-mail: [email protected] Tel.: 340.4539547 Sito Internet: http://web.tiscali.it/wwfgroane/index.html

Notiziario destinato agli attivisti e simpatizzanti del Comitato Groane per il WWF Numero 4 - Maggio 2012

Hanno contribuito: Chiara Ballabio, Maurizio Borghi, Mirco Cappelli, Zeno Celotto, Ivonne Clot, Valerio Fregati (foto pg.2), Mirko Galuppi, Alberto Isnenghi, Edoardo Manfredini, Mattia Menchetti (foto pg.6-7), Maurizio Minora, Martina Pasquale, Maurizio Valota, Cristina Volontè.

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L’ANGOLO DEI RICORDI

ANNO 1993 — Prima giornata ecologica al Caloggio

Giornate nell’Oasi “Il Caloggio” - Anno 2012 (mattino dalle ore 9.30 — pomeriggio dalle ore 14.30

a Bollate in via Caloggio traversa via Verdi)

DOMENICA 20 maggio Festa Oasi WWF

DOMENICA 24 giugno Manutenzione sentieri e rimboschimenti

DOMENICA 22 luglio Manutenzione sentieri e rimboschimenti

DOMENICA 16 settembre Manutenzione sentieri e rimboschimenti

DOMENICA 21 ottobre Biodiversamente

DOMENICA 18 novembre Festa dell’albero