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Università Telematica Pegaso Fondamenti della psicologia dell’educazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 IL CAMPO DI APPLICAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 LA DINAMICA INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO ------------------------------------------------------------ 6
3 IL RUOLO DELL’EMPATIA DELLA RELAZIONE EDUCATIVA --------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
Università Telematica Pegaso Fondamenti della psicologia dell’educazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Il campo di applicazione
Educazione, dal latino educere, significa trarre, condurre fuori, dunque, far emergere dalla
PERSONA la propria INDIVIDUALITA’.
Fino al XVIII secolo, la cultura tradizionale considerava il periodo dell'infanzia e della
fanciullezza uno stato di adulto incompleto.
Il modello educativo che ne discendeva consisteva prevalentemente nell'indirizzare
qualsiasi intervento verso l’acquisizione del comportamento dell'adulto. Grande importanza era
assegnata alla conoscenza delle norme del buon vivere sociale, all'esercizio della disciplina, a quello
del pensiero astratto tramite lo studio della logica e del latino.
La psicologia dell’educazione, nata agli inizi del XX secolo, è una branca della psicologia
che studia sia i processi di apprendimento, che coinvolgono l'individuo e il suo sviluppo, sia i
processi d’insegnamento nelle scuole.
La psicologia dell’educazione degli inizi costituisce il suo nucleo di interesse attorno ai
temi dell'apprendimento e delle leggi che lo governano; essa mette a punto indagini sperimentali
allo scopo di studiare l'intelligenza e le attitudini individuali.
Focalizza la sua ricerca sui sistemi di misura e sulle procedure in grado di dare ragione delle
capacità e delle differenze individuali che determinano il risultato conseguito dai singoli individui
in vari compiti, dalle performance più semplici a quelle più complesse.
Un esempio può rendere chiaro il legame esistente tra la ricerca psicologica e il campo
educativo. Si tratta dell’organizzazione, in Europa, della prima ricerca scientifica sull'educazione
grazie a Alfred Binet (1905) il quale mette a punto, insieme a Simon, una Scala di misura
dell'Intelligenza.
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La finalità di tale strumento sono dichiaratamente applicative:
- discriminare con accuratezza i bambini normodotati da quelli con disturbi o lacune, così
da articolare programmi di recupero mirati all'educazione di questi ultimi, che tengano conto delle
differenze individuali.
Binet introduce il concetto di età mentale. Aveva osservato che vi è un possibile incremento
delle capacità mentali associato all’età. L’idea alla base del test creato da Binet era che un bambino
di 6 anni di intelligenza media è in grado di risolvere problemi idonei a quella fascia d’età, ma non
quelli adeguati ad un bambino di 7 anni.
Se il bambino ha un’EM (età mentale) superiore a quella cronologica è più intelligente dei
bambini della sua stessa età, se l’EM è inferiore avrà dei deficit intellettivi.
La speranza di Binet era quella di poter rettificare o smentire, attraverso uno strumento
esatto, i giudizi spesso affrettati e superficiali degli insegnanti quando definiscono gli allievi poco
intelligenti e di conseguenza poco educabili, spingendoli a ricercare in altre direzioni le vere ragioni
del profitto insufficiente.
La Scala d’Intelligenza di Binet e Simon, però, invece di fornire elementi scientifici per
fissare obiettivi educativi di recupero e di sostegno e per adeguare i programmi alle esigenze dei
diversi alunni, è stato preminentemente utilizzato come strumento per verificare il possesso di
capacità intellettive.
Piuttosto che garantire la flessibilità in funzione delle differenze, la Scala finisce con il
collocare ogni singolo soggetto in una gerarchia di valutazione metrica e con il far risalire eventuali
disuguaglianze sociali ad una presunta disuguaglianza psicologica e intellettiva, avallando di fatto
pregiudizi sociali, economici ed etnici.
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Negli anni ’80, negli USA, il QI (quoziente intellettivo) viene proposto anche come strumento
orientativo per il percorso scolastico degli studenti, tanto da pensare alla formazione di una elite
cognitiva per la quale costruire specifici programmi anche a discapito degli altri studenti.
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2 La dinamica insegnamento/apprendimento
La tematica centrale della psicologia dell’educazione è, oggi, quella della dinamica
insegnamento – apprendimento.
Questo significa che focalizza l’attenzione su quei fattori legati all'ambiente di
apprendimento che rendono più o meno facile l’istruzione, la motivazione, il benessere
dell'individuo o del gruppo impegnato nel processo educativo.
Il ricercatore statunitense Ausubel ha fornito un importante contributo nel campo
dell’apprendimento. Egli formula la concezione di apprendimento è significativo che si verifica
quando il soggetto, assimilando quanto appreso nelle proprie strutture cognitive, conferisce ad
esso un significato.
Ausubel la differenza tra apprendimento significativo e apprendimento meccanico, fornendo
una concezione di intelligenza come "capacità funzionale molteplice e plurideterminata”.
Ausubel distingue due diverse dimensioni fondamentali dell’apprendimento:
- la prima si riferisce alle modalità di acquisizione dell’informazione cioè ai canali
attraverso i quali una nuova unità di contenuto perviene all’individuo.
Questa prima dimensione contrappone due distinti canali di apprendimento:
a. l’apprendimento per ricezione, in cui l’informazione già strutturata viene trasmessa
all’individuo direttamente da altri e quindi recepita in modo passivo;
b. l’apprendimento per scoperta, nel quale il soggetto viene a diretto contatto con una
nuova informazione in modo attivo e totalmente autonomo;
- la seconda dimensione concerne, invece, le modalità di assimilazione dell’informazione
acquisita, cioè le forme in cui una nuova unità di contenuto viene incorporata all’interno
delle precedenti conoscenze dell’individuo e delle sue strutture di pensiero.
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Si distinguono, anche in questo caso, due forme contrapposte di apprendimento:
- l’apprendimento significativo, in cui la nuova acquisizione viene efficacemente
collegata con l’insieme delle strutture di conoscenza già in possesso dell’individuo,
eventualmente procedendo ad una loro più articolata riorganizzazione; la nuova
acquisizione si integra in tal modo nella sua struttura cognitiva;
- l’apprendimento meccanico, in cui la nuova acquisizione non trova alcun collegamento
con la struttura cognitiva, viene assimilata isolatamente, con l’inevitabile conseguenza di
dover ricorrere a procedimenti meramente ripetitivi per memorizzarla.
La complessità dell’esperienza didattica è dovuta alla convergenza in essa di più soggetti
(alunni- docenti) ed elementi (discipline – metodologie – strumenti ).
La psicologia dell'educazione contemporanea cerca di comprendere meglio come
l’individuo apprende, perché apprende, come i processi evolutivi si verificano, come le differenze
individuali influenzano l’apprendimento e lo sviluppo, come i diversi esiti dell’apprendimento
possono essere misurati accuratamente.
La psicologia dell’educazione punta l’attenzione dei suoi studi e delle sue ricerche sui
fattori endogeni e/o esogeni che facilitano e/o ostacolano i processi di apprendimento.
I principali fattori sono:
- la motivazione
- il Q. I.
- la personalità e il concetto di sé
- gli stili di apprendimento
- le conoscenze pregresse
- la condizione sociale
- gli stimoli ambientali
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- l’empatia dei docenti.
Tale analisi implica e presuppone una conoscenza dello sviluppo cognitivo e affettivo del
bambino, ma non solo, altrimenti si potrebbe ridurre buona parte della psicologia dell'educazione
alla psicologia dello sviluppo e la stessa prassi educativa sarebbe destituita di rilievo psicologico se
non si ritenesse che essa influenzi in maniera consistente i processi mentali e le abilità dello
studente.
E’ quindi fondamentale analizzare che cosa e come si insegna, che cosa e come si apprende,
le interazioni complesse che si stabiliscono tra insegnamento e apprendimento, non solo per quei
fattori legati alla comunicazione del docente, cioè a tutte le variabili relative all'interazione verbale
e non verbale che stabilisce con gli allievi, ma anche per quei fattori che più da vicino riguardano la
costruzione e l'acquisizione di conoscenze e competenze da parte degli alunni.
Il focus è quindi lo studio:
- di quei fattori che dipendono dalla comunicazione dell'insegnante e dalla relazione che è
capace di stabilire con i suoi alunni;
- dei modi in cui lo studente costruisce le sue conoscenze in funzione delle sollecitazioni
cognitive, culturali e sociali offerte dal processo di insegnamento.
Ne deriva che la formazione necessaria per gli insegnanti deve comprendere tre elementi
fondamentali:
- la conoscenza delle teorie dell’apprendimento, in quanto è importante che il docente
espliciti a quale concezione di apprendimento si ispira nella sua attività quotidiana, a
quali prospettive teoriche si riferiscono le sue scelte educative, progettuali e
metodologiche.
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- Un secondo aspetto riguarda le questioni con cui l’insegnante deve confrontarsi nel
momento in cui costruisce l’ambiente di apprendimento per i propri studenti. Al riguardo
è di fondamentale importanza la motivazione ad apprendere.
- Un terzo aspetto concerne l’organizzazione della classe: l’insegnante deve tener
presente il contesto del gruppo all’interno del quale si svolgono le attività di
insegnamento-apprendimento.
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3 Il ruolo dell’empatia della relazione educativa
Quando ci occupiamo di insegnamento e apprendimento c'è un problema che non ci
abbandona mai che riguarda la modalità con cui avviene l'incontro tra due menti: quella
dell'insegnante e quella del bambino. Le nostre interazioni con gli altri sono profondamente
influenzate dalle teorie sullo sviluppo emotivo e sull’empatia.
Le Scienze dell’educazione, in particolare la Pedagogia e la Psicologia, hanno messo in
evidenza la radice emotiva del comportamento e dell’identità umana, opponendosi al dualismo
attuato dal pensiero greco-cristiano fra sentimento e ragione, considerati come elementi
inconciliabili fra loro.
L’educazione per molti anni è stata un trasferimento di informazioni dal docente al discente;
nella maggior parte dei casi le lezioni si fondavano sul trasferimento di pure e semplici nozioni mai
messe in discussione dagli alunni. In questo contesto la dimensione emotiva individuale non veniva
presa in considerazione né si pensava lontanamente ad un insegnamento personalizzato o
individualizzato che negli ultimi anni è diventato un fattore didattico necessario e fondamentale
nelle dinamiche educative.
La nozione di intelligenza emotiva, già descritta da Howard Gardner nelle due forme,
intrapersonale e interpersonale, è stata sviluppata nei suoi molteplici componenti e conseguenze
pratiche dallo psicologo statunitense Daniel Goleman, il quale distingue due principali
sottocategorie:
- le competenze personali, riferite alla capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita
emozionale;
- le competenze sociali, relative alla maniera con cui comprendiamo gli altri e ci
rapportiamo ad essi
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L’empatia è un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di comprensione
dell'altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio
morale. Essa implica anche la capacità di mettersi nei panni degli altri, di comprendere a fondo i
loro pensieri e sentimenti.
Per il docente, nei primi anni di scolarità, è molto importante captare le spie emozionali dei
bambini, cogliere i segnali non verbali, quali indicatori di stati d’animo, e intuire il valore che
rivestono le diverse esperienze di vita.
La comprensione empatica è decisamente più profonda di quella intellettuale e richiede una
sensibilità molto fine.
Il primo a parlare di empatia è stato Carl Rogers secondo il quale “L’empatia è l’atto con il
quale un soggetto esce da se stesso per comprendere qualcun altro senza, tuttavia, provare
realmente le medesime emozioni dell’altro”.(1)
Per Carl Rogers, la relazione educativa si compie come relazione di aiuto, cioè come un
rapporto in cui una persona si attiva per facilitare la crescita e la maturità dell’altro.
Rogers sostiene una pedagogia non direttiva, fondata sulla motivazione e sulla libertà di
apprendimento, in cui l’educatore svolge il compito del facilitatore che deve innanzitutto costruire
un rapporto di fiducia e sicurezza emotiva, da cui scaturirà il processo di trasformazione, di
educazione e formazione della persona.
Si tratta, dunque, della capacità di penetrare nell’universo soggettivo altrui pur mantenendo
la possibilità di essere obiettivi.
Per Rogers la comprensione empatica ha una posizione centrale all’interno della relazione
educativa, in quanto consente innanzitutto di "difendere e incrementare il potenziale di umanità
dell'alunno".
Da tali riflessioni deriva la concezione dell’empatia come strumento di conoscenza.
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L’empatia consente, infatti, di focalizzare l’attenzione sul mondo interiore dell’altro,
intuendo cosa si agiti in lui, quali sentimenti possa provare in una determinata situazione e cosa
realmente senta al di là di quello che esprime verbalmente.
Le competenze concernenti l’empatia sono riferite ai seguenti aspetti:
- il riconoscimento e la comprensione di emozioni, stati d'animo e sentimenti nell'alunno;
- l’aiuto all'alunno per un'espressione e regolazione adeguata dei principali stati affettivi;
- la capacità di autoanalisi delle proprie dimensioni emotive nella relazione educativa e
didattica.
Si tratta della capacità di individuare stati emozionali, cogliere segnali verbali e non verbali
senza lasciarsi guidare da pregiudizi o propri schemi di attribuzione di significato.
Per poter conoscere a fondo i sentimenti degli altri è necessario innanzitutto conoscere i
propri. Essere consapevoli delle proprie emozioni permette, infatti, di controllare i propri
comportamenti e di conseguenza capire meglio gli altri.
Ciò implica la capacità di identificare i bisogni e i desideri personali, di riconoscere quali
cose, persone o situazioni generano le diverse emozioni, come queste si manifestano, come si
esprimono e le conseguenze che ne derivano.
Il docente deve possedere competenza emotiva, concetto che presuppone la presenza di:
- conoscenze (delle proprie e altrui emozioni, delle regole di espressione delle emozioni, del
linguaggio emotivo)
- abilità di comportamento (la capacità di regolare le proprie emozioni).
L’insegnante è innanzitutto un facilitatore delle relazioni e le sue modalità di gestire le
situazioni e il gruppo assumono una notevole rilevanza al fine di motivare gli alunni ad
apprendere, cercando di soddisfare i loro bisogni individuali.
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A tal fine è opportuno: conoscere le principali dinamiche che si instaurano all'interno di un
gruppo (comunicazione, leadership, gestione dei conflitti, ruoli formali e informali) e facilitare la
comunicazione fra i componenti del gruppo.
La competenza emotiva si esprime, dunque, in tre dimensioni:
• ESPRESSIONE EMOZIONALE → utilizzare i gesti per esprimere messaggi
emotivi non verbali, dimostrare coinvolgimento empatico, manifestare emozioni
sociali, essere consapevoli che è possibile controllare l’espressione manifesta di
emozioni socialmente disapprovate.
• COMPRENSIONE EMOZIONALE → discernere i propri stati emotivi, discernere
gli stati emotivi altrui, utilizzare il vocabolario emotivo.
• REGOLAZIONE EMOZIONALE → fronteggiare le emozioni negative e quelle
positive o le situazioni che le suscitano, “sovraregolare” strategicamente l’esperienza e
l’espressione delle emozioni.
La relazione educativa tra insegnante e alunno deve essere incontro e scambio,
partecipazione ed alleanza. L’insegnante affettivo nell’azione educativa deve percorrere l’itinerario
del dialogo, della reciprocità e dell’integrazione comunicativa.
La relazione educativa si costruisce giorno per giorno, a partire dal reciproco sentire e si
consolida grazie alla condivisione di un vissuto, intermediario di scambi e di attività con gli alunni.
E’ molto importante che tra insegnante e bambino si crei un rapporto di fiducia e di stima, che si
consolidi un dialogo diretto.
La capacità di ascolto attivo, la capacità di comprensione delle dinamiche di gruppo e la
disponibilità a mettersi in gioco devono essere piene competenze del docente. In particolare
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l’ascolto attivo è relazione di scambio e di comprensione dell’alunno nella sua unicità e
irripetitibilità.
Alcune forme di disagio, stati d’ansia e disorganizzazione, problemi di autostima e
insicurezza, dipendono dalle prime esperienze di apprendimento e devono assolutamente essere
prese in considerazione dal docente. I processi di apprendimento, inoltre, hanno luogo
prevalentemente nell’ambito di un contesto relazionale, pertanto la qualità delle interazioni
comunicative influenza la peculiarità delle esperienze di apprendimento.
La relazione educativa docente/alunno è una relazione orientata ad uno scopo:
l’apprendimento. E’ compito del docente adottare le strategie più opportune per ascoltare,
conoscere, motivare, guidare gli alunni.
Nell’ambito del rapporto didattico, occorre porre l’accento sul fatto che non tutti gli allievi
hanno le stesse esigenze, i medesimi bisogni e tempi di apprendimento.
L’insegnante dovrebbe avere un occhio di riguardo per gli allievi più emotivi o con
difficoltà di apprendimento e dovrebbe tenere conto del fatto che la maggior parte dei bambini non
potrà soddisfare gli standard di rendimento raggiunti da coloro che sono particolarmente dotati. La
sensibilità nei confronti specifici di ogni singolo alunno richiede la capacità di riconoscere il
cambiamento di interessi e di esigenze dell’allievo, in rapporto ai diversi momenti e ai passaggi del
suo sviluppo.
L’attenzione del docente deve essere rivolta, non solo alla personalità psicologica di ogni
singolo discente, ma anche alle dinamiche interne al gruppo-classe.
Il bambino è un soggetto che interagisce con i suoi simili, per cui la sua comunicazione
diventa significativa solo se messa in relazione all’ambiente in cui si verifica e alle persone presenti.
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Per instaurare una relazione affettiva con i propri alunni, il docente non deve mai perdere di
vista le caratteristiche del gruppo-classe o del gruppo - sezione nel quale lavora e le dinamiche
complesse, a volte contraddittorie, che si vengono a determinare.
La gestione della sezione (scuola materna) e della classe (scuola primaria e secondaria)
comprende tutte le strategie e gli strumenti che un insegnante deve porre in atto per promuovere il
coinvolgimento e la cooperazione dell’allievo nelle attività educative e didattiche, al fine di creare
un produttivo ambiente di lavoro.
A tal fine è opportuno: conoscere le principali dinamiche che si instaurano all'interno di un
gruppo (comunicazione, leadership, gestione dei conflitti, ruoli formali e informali) e facilitare la
comunicazione fra i componenti del gruppo.
La sezione e la classe sono sostanzialmente formate da due strutture: una esterna, centrata
sul compito e una interna, centrata sulle relazioni. Queste due strutture possono coalizzarsi in
funzione di uno stesso scopo oppure entrare in collisione, rendendo la vita scolastica un contesto
connotato da notevoli difficoltà operative.
La parte esterna del gruppo rappresenta, a tutti gli effetti, la funzione istituzionale: per gli
alunni, nel momento in cui entrano in una scuola, è necessario adeguarsi a una serie di regole e di
norme in vista del raggiungimento di performance significative di apprendimento.
Il gruppo presenta una propria struttura interna: componenti socio-emotivo-relazionali
piuttosto forti e non sempre consapevoli da parte degli stessi alunni. Nel momento in cui si forma il
gruppo- classe, si strutturano processi di immedesimazione reciproca da parte dei singoli
componenti che determinano un condensato di emozioni, di spontaneità, di intrecci relazionali e
comunicazionali.
Compito dell’insegnante, anche dal punto di vista didattico, è creare sintonizzazione fra le
componenti socio-affettive e quelle dell’apprendimento, favorendo il sostegno reciproco tra gli
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alunni, in particolare fra quelli che non hanno raggiunto determinate capacità e gli altri, mediante
l’interazione positiva e la collaborazione.
Nella scelta dei metodi e delle strategie di lavoro occorre prediligere una metodologia di
tipo attivo, motivazionalmente ancorata alle basi emotive e relazionali di ciascun alunno, favorendo
e sviluppando l'ascolto e i lavori di gruppo, seguiti da momenti di condivisione e confronto verbale
dei propri vissuti e delle proprie esperienze.
All’interno del gruppo classe / sezione, l’alfabetizzazione emotiva può essere efficacemente
utilizzata per elaborare conflitti, ridurre tensioni, contenere comportamenti aggressivi, rasserenare il
clima generale, migliorare le relazioni tra insegnanti e allievi e favorire rapporti di cooperazione,
fiducia e solidarietà. In un “clima” emotivo sereno e connotato da supporto affettivo sarà più
semplice per ogni bambino esprimersi e crescere in armonia con se stesso e con gli altri.
(1) Carl Rogers “La terapia centrata sul cliente”, Martinelli, 1970
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Bibliografia
F. Carugati, P. Selleri , Psicologia dell’educazione, Il Mulino, 2005
C. Fiorilli, Gli insegnanti pensano l’intelligenza, Milano, Unicopli, 2009
D. Francescato, A. Putton, S. Cudini, Stare bene insieme a scuola, Carocci, 2012
D. Goleman, L’intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 2010
C. Pontecorvo (a cura di), Manuale di psicologia dell’educazione, Il Mulino, 1999
C. Pontecorvo, Psicologia dell’educazione. Obiettivi e valutazione nel processo
educativo. Giunti, , 1999
C. Rogers “La terapia centrata sul cliente”, Martinelli, 1970