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Passaggio a Bombay - Sue Gee

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Titolo originale: Coming Home

Copyright © 2013 Sue GeeThe right of Sue Gee to be identified as the Author of the Work

has been asserted by her in accordance with the Copy right,Designs and Patents Act 1988.

First published as an Ebook in 2013 by HEADLINE REVIEWAn imprint of HEADLINE PUBLISHING GROUP

Traduzione dall’inglese di Rosa Prencipe (Preludio-Parteterza, cap. 3) e Francesca Noto (Parte terza, cap. 4-

Ringraziamenti)

Prima edizione ebook: aprile 2014© 2014 Newton Compton editori s.r.l.

Roma, Casella postale 6214

ISBN 978-88-541-6616-5

www.newtoncompton.com

Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

Page 4: Passaggio a Bombay - Sue Gee

Sue Gee

Passaggio a Bombay

Newton Compton editori

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In memoria dei miei genitorie per mio fratello David

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Preludio

1947

Stava scrivendo la sua ultima lettera a casa nella caffetteria del Grand Hotel. Malgrado untendone schermasse la finestra dal sole mattutino, la stanza era chiazzata qua e là da punti diluce: sulle porcellane, sulle candide tovaglie e le bianche camicie inamidate dei camerieri;contro i pannelli di tek anneriti da anni di sigarette e fumo di pipa. Adesso, con gli avventori,in uniforme e in borghese, che scrollavano la cenere da una Player’s o pressavano unpizzico di tabacco, il fumo aleggiava sulla sala affollata, avanti e indietro tra i tavolini, sullospecchio ossidato dalla cornice dorata appeso alla parete, tra le lente pale del ventilatore dasoffitto.

« Cari genitori…» .Attraverso le porte a vetri riusciva a vedere tutto l’andirivieni nella hall di marmo e a

sentire, quando si aprivano e chiudevano, le urla per chiamare un facchino o un taxi per ilporto, dove le navi militari partivano dalle abbaglianti acque di Bombay , suonando la sirena,per portare a casa gli ultimi ufficiali britannici dell’esercito indiano. In meno di un’ora,sarebbe stata a bordo di una di quelle navi.

« Cari genitori, eccoci arrivati! Che viaggio…» .Fino a lì da Tulsipore, una località ai confini del Nepal, e anche della civiltà.Quando erano arrivati l’autunno prima, freschi sposi che avevano messo su casa in un

vecchio bungalow di legno, Will l’aveva portata nella giungla illuminata dalla luna,tenendola per mano mentre camminavano seguendo il sentiero. Enormi liane pendevanodagli alberi. Lei e Will avevano individuato le sagome degli uccelli appollaiati, la silhouettescura di una scimmia addormentata.

« Una volta ho visto una tigre che beveva qui» , le aveva detto, arrivati al lucente letto diun ruscello. « Sono rimasto sveglio tutta la notte su un albero per aspettarla. La creatura piùbella che avessi mai visto» . L’aveva attirata a sé. « Prima di conoscere te, naturalmente» .

« Non le hai sparato» , gli aveva detto al termine del bacio.« Spararle? Certo che no» .Ma una volta aveva sparato a una pantera, le aveva raccontato mentre tornavano alla

macchina. « Ma in quel caso era diverso… aggrediva le capre del villaggio, si aggirava neidintorni durante la notte. Mi chiesero di toglierla di mezzo, e dopo il capo villaggio scattòdelle belle foto, con la mia Brownie. Ho conservato la testa e la pelle: un giorno tornerà inInghilterra con noi» .

Quando lui andava a lavorare, partendo per le piantagioni di canna da zucchero al sorgeredel sole, lasciandola col cuoco, il factotum e il suo vecchio Labrador nero, lei si mettevacomoda su una poltrona verde di bambù all’ombra e il pomeriggio dormiva all’interno,ascoltando il cigolio del punkah[1] e sognando il ritorno del marito. « Siamo cosìinnamorati» , scriveva sul suo diario, « è mai possibile che sia successo a me? Finalmente?»

Ogni sera bevevano qualcosa in veranda e guardavano il sole tramontare dietro le lontanecime dell’Himalay a, la notte che calava così rapida, improvvisa… e poi quelle stelle,

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un’enorme colata argentea nell’inchiostro del cielo. Will le conosceva tutte, aveva guardatostelle, uccelli e animali per tutta la vita. Il factotum portava fuori la cena e restava insilenziosa attesa. Subito dopo cena andavano a letto… « Non riusciamo a toglierci le mani didosso!» , scriveva sul diario. Nel giro di un paio di mesi, era rimasta incinta.

« E poi è iniziato tutto quanto» , stava scrivendo in quel momento ai suoi genitori, nel suoangolo nella caffetteria. Gli ex ufficiali dell’esercito indiano avevano diritto al viaggio gratisper tornare a casa, ma le mogli dovevano pagare. E nessuna donna oltre il quarto mese digravidanza era ammessa a bordo. « Quando l’abbiamo saputo, ero già di tre mesi! Perciòabbiamo dovuto metterci in moto – una delle espressioni preferite di Will! – per comprare ilmio biglietto» .

C’era voluta una settimana di viaggi in treno: a Cawnpore, poi Delhi e infine Bombay. ACawnpore, quartier generale della piantagione Sutherland, avevano detto addio a tutti quellidel Club. « Qualcuno ha intenzione di restare dopo l’Indipendenza… ormai non riescono aimmaginare di vivere in Inghilterra. Ma Will è stato qui così tanto tempo, e non vede l’ora ditornare a casa. E io non vedo l’ora che lo conosciate!» .

Si interruppe per guardare dall’altro lato della sala fumosa. Lui dov’era?« Tu resta qui, tesoro» , le aveva detto, dopo aver dato la mancia al facchino. La stanza

accanto alla hall era stipata di valigie. I loro bauli erano già imbarcati nella stiva – zeppi finoall’orlo, e compresa la pantera! Poi se n’era andato, avviandosi a grandi passi verso lapiccola casa bianca sul molo, dove avrebbe dovuto comprare il biglietto per la moglie,secondo quanto gli avevano detto al quartier generale dell’esercito a Delhi. Ma ieri erachiuso… spero solo che adesso sia aperto, o resteremo bloccati!

Una grossa teiera sibilava sul bancone.« Altro tè, memsahib?» , chiese il vecchio cameriere apparso accanto a lei. Forse qualcuno

voleva il suo tavolo, ma lei non aveva intenzione di muoversi.« No, grazie» . Era rimasta ferma a un paio di frasi in hindi. Will ormai lo parlava con

disinvoltura da anni.« Tik hai?» , esclamava ogni volta che tornava a casa.« Tik hai» . Lei gli tendeva le braccia. « Tutto bene» .Il cameriere passò all’altro tavolo, la porta della hall si aprì e si chiuse, ufficiali entrarono

e uscirono. Ma Will non si vedeva. Naturale, stava risparmiando i soldi del taxi per quandosarebbero ripartiti insieme – una speciale ultima notte al Grand Hotel li aveva quasi mandatiin bancarotta! – ed era una bella scarpinata fino al porto. Pensò alla prima volta che l’avevavisto, diciotto mesi prima, appoggiata alla balaustra della nave sotto al tendone mentre vientravano a tutto vapore: i vivaci sari di cotone delle donne che vendevano chai echincaglieria lungo il muro, le palme polverose di Marine Drive che ondeggiavano nellacalda brezza di mare.

« Avevate così ragione a dirmi di venire qui» , scrisse ai genitori e, mentre girava il sottilefoglio azzurro di carta da lettere per posta aerea, vide se stessa con le altre ragazze delWVS, il servizio volontario femminile, Judy, Ann e quella poverina di Rhoda. Avevano risoper tutto il viaggio: le sigarette, le partite agli anelli che si giocavano sul ponte e i flirt con igiovani e prestanti ufficiali che tornavano da una licenza… gli uomini erano davverostupendi con l’uniforme kaki. Era partita per un’avventura alla fine della guerra, per lasciarsifinalmente alle spalle il proprio cuore infranto.

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L’India! L’India l’aveva salvata.Aveva salvato anche Will, da una noiosa compagnia di assicurazioni londinese. Quando

suo padre era morto nel ’34 – un infarto mentre faceva colazione in canonica – avevalasciato madre e sorella a Norfolk, fatto le valigie ed era partito per la propria avventura. Ilricco zio Arthur gli aveva dato una chance.

« E sai, la colsi al volo» , le aveva detto, parlandole di sé durante il loro primoappuntamento, come facevano gli uomini. Stavano bevendo qualcosa al Club di Delhi, leicon i riccioli che le spuntavano da sotto il berretto delle WVS, lui incredibilmente attraentein uniforme.

« Gli europei mi sono sembrati tipi terribilmente retrogradi» , aveva continuato – oh, ecome aveva continuato! – davanti alla sua birra ghiacciata. « Ma con i ragazzi hindi siamoandati subito d’accordo» .

Aveva imparato l’indostano in pochissimo tempo ed era stato subito promosso,trascorrendo dieci anni con i Sutherland: si recava nelle piantagioni del distretto,supervisionava gli agricoltori, acquistava la loro canna da zucchero. « In tutto avrò fattocirca ventimila chilometri a cavallo» , aveva detto accendendosi la pipa. « Avevo un supercavallo» . Poi era arrivata la guerra e si era arruolato nei Rajputana Rifles, uno dei migliorireggimenti dell’esercito indiano. « Uno dei migliori al mondo!» . Era diventato un maestrod’armi, promosso a maggiore e aveva combattuto in Nord Africa, era stato ferito a ElAlamein, per poco non aveva perso una gamba… « Ma parlami di te» , aveva detto allafine, come facevano sempre gli uomini, anche se si capiva bene, mentre si sporgevano inavanti e ti chiedevano se volevi un altro drink, che non erano affatto interessati a quello chefacevi.

Il che non importava, perché, in un modo o nell’altro, fino a quel momento lei aveva fattoben poco nella sua vita. Prima della guerra, be’, un sacco di fidanzati, naturalmente, e tral’uno e l’altro, aveva provato ogni genere di cosa: receptionist presso uno studio medico,assistente in un canile e poi in una casa di riposo, cosa che l’aveva infine portata a…

Oh, non poteva sopportare di pensare a quel periodo.Riguardo alla guerra, aveva fatto la sua parte, fornendo coordinate a un sacco di aerei

nella sala operativa della WAAF (Women’s Auxiliary Air Force). Ma, francamente, per leila guerra era stata divertirsi la sera con gli ufficiali. Fino a che uno di loro non le avevaspezzato il cuore.

« Be’» , aveva sorriso lei, appollaiata sul bordo della sedia. I camerieri correvano avanti eindietro tra le palme in vaso, i bicchieri tintinnavano sui vassoi d’ottone, la gente al barrideva fragorosamente. L’atmosfera era fantastica, tutti si lasciavano andare adesso che laguerra era finita finalmente.

« Allora?» , aveva chiesto lui, rivolgendole quello che era stato d’un tratto il sorriso piùdolce e autentico. Lei non era riuscita a ricambiare il suo sguardo, né a rivolgergli quellesue occhiatine civettuole, ma era rimasta a fissare le bollicine dell’acqua tonica chescoppiettavano nel bicchiere.

Accidenti, era lontana miglia e miglia.« Sarà meglio che finisca» , aveva scribacchiato. « Will sarà di ritorno a minuti!» . E

aveva pensato a tutti loro nella primavera inglese: suo padre a un capo del tavolo, che sispingeva gli occhiali sul naso, e sua madre, all’altro capo, che ascoltava le notizie della

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figlia.« Presto la bandiera inglese verrà calata in tutto il Paese… Will dice che è inevitabile e

pensa che sia giusto. Sono certa che papà stia seguendo tutto sui giornali» .Vivie sarebbe stata impegnata a preparare i toast e Hugo, dondolando le gambe, avrebbe

accarezzato il gatto sotto al tavolo, desideroso di tornare ai suoi trenini.« C’è solo la piccola faccenda del lavoro, naturalmente, ma lui è così competente,

sicuramente troverà qualcosa» .« Non voglio fare altro che occuparmi di te per il resto della mia vita. Sposami, sposami» ,

le aveva detto, mentre si divoravano di baci sul sedile posteriore di un taxi di Delhi.« Un tipo che ama stare all’aperto, naturalmente… parla di darsi all’agricoltura. Io adoro

le fattorie! A ogni modo, spedirò questa lettera uscendo. Ci vediamo presto!» .E la firmò con tutto il suo affetto, come sempre, ma non come Felicity, bensì col suo

nuovo nomignolo. « So che sarà difficile farci l’abitudine, ma Will una volta ha detto: “Flo,Flo, ti amo così tanto”, perciò temo che ormai sia deciso!» .

Leccò la busta. Non era neanche più Felicity Davies. « Mrs William Sutherland» , scrissesul retro. E solo « Grand Hotel, Bombay » , perché adesso non avevano un indirizzo.

Posò la lettera e guardò dall’altro lato della stanza. Nell’enorme specchio dalla cornicedorata si vide tra i camerieri frettolosi, tra tutti gli ufficiali e le mogli: una donna sullatrentina, da poco sposata, in attesa del primo figlio. La felicità e la gravidanza lailluminavano, lo sapeva, anche se per tutta la vita le avevano detto che era carina.

« Fai perdere la testa agli uomini, Junior» , le aveva detto lo stupendo Guy, cercando diportarsela a letto, come facevano tutti. Poi era tornato da sua moglie. Lei non sapevaneanche che fosse sposato. Ma adesso, adesso tutto quello faceva parte del passato e lei erauna persona diversa.

Era vero? Si guardò attraverso le volute di fumo e vide un ufficiale a un tavolo vicinoosservarla nello specchio. Era avvezza agli sguardi degli uomini, ma adesso distolse in frettagli occhi.

La Felicity civettuola, impetuosa, sventata ed emotiva era davvero sparita per sempre?Felicity Davies.Mrs William Sutherland.Flo.Poteva un nome nuovo trasformarti in una persona nuova? C’erano così tante cose che

voleva lasciarsi alle spalle. Basta lacrime. Basta sentirsi una perfetta idiota. Finalmenteavrebbe combinato qualcosa di buono.

E mentre pensava a quanto si era divertita, alle lettere che aveva scritto a casa, ai diariindiani – taccuino dopo taccuino acquistati nei bazar, adesso conservati nei suoi bauli –, ebbel’idea. Un giorno avrebbe scritto del tempo passato lì e di come aveva cambiato la sua vita.

Infilò la lettera nella borsa e spinse indietro la sedia. Il bambino scalciò. A quel punto laporta a vetri si aprì ed ecco finalmente entrare Will che si avviò tra i tavoli verso di lei.

« Tesoro. Ancora nessun addetto alla biglietteria… ho aspettato secoli. Ma a quanto parepossiamo comprarlo sulla nave, nell’ufficio del commissario di bordo. Me l’ha appena dettoun tizio» . La aiutò ad alzarsi. « Mi spiace così tanto averti fatta aspettare tutto questotempo» .

« Non importa» , disse lei e il suo cuore fece una capriola quando la baciò. « Ho passato iltempo scrivendo. E il bambino ha appena scalciato di nuovo» .

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Will disse che era magnifico, era così felice; poi pagò l’incredibile conto e andò aprendere le valigie, indicando al facchino quella di pelle verde che le aveva regalato per ilmatrimonio, e la propria, il vecchio zaino militare marrone.

Su entrambe erano impresse le loro iniziali; era stato lui a pensarci, come con tutto il resto.« Un organizzatore nato!» , aveva scritto a Vivie, parlandole di tutti i loro progetti

matrimoniali. « Sposarsi a Delhi dopo tre settimane di conoscenza… quasi non riesco acrederci! E sì, so che è la cosa giusta. Te lo assicuro» .

Lo seguì lungo il fresco pavimento di marmo.« Prego» , le disse, mentre un ragazzo in giacca bianca salutava sahib e memsahib, e

apriva la grande porta di legno che dava sulla strada. « Ecco» . Lei varcò la soglia, seguitada Will con le valigie, e uscì nel sole.

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Parte primaPioggia, galline, fango

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1Si trovava in fondo al nulla: uno squadrato casale di mattoni, a più di un chilometro dal

centro abitato lungo una stradina del Devon. Una vecchia piattaforma di legno per i bidonidel latte era in mezzo all’erba alta vicino al cancello, sul quale pendevano gli alberi. Al di làsi stendevano venticinque metri di fango.

« Bene, eccoci arrivati!» , disse Will, mentre il taxi, una spaziosa vecchia Austin,accostava sotto la pioggia battente. Aprì lo sportello dal lato passeggero e attraverso ifinestrini gocciolanti Flo lo guardò correre nelle pozzanghere verso il cancello, doveun’antica cassetta delle lettere era inchiodata sul palo. Il cancello sembrava vecchio epesante e Flo vide Will armeggiare con la serratura di ferro; ma poi lui riuscì a spostarlosulle pietre e lo spalancò. « Fatto!» , gridò. « Passi pure!» .

E rimase lì, sull’attenti, mentre il taxi avanzava sobbalzando. L’autista, entrato nello spiritodelle cose, diede due forti colpi di clacson, mentre Flo e i bambini salutavano come mattisul sedile posteriore. « Vi seguo!» , esclamò.

Accostò il cancello, nel caso Baba si fosse messa a correre fuori (bisognava sorvegliarlacome un falco, non si poteva mai dire) e per un momento, nel vento e nella pioggiascrosciante, alzò lo sguardo verso la casa.

Le foto che Fitz gli aveva mandato erano state scattate in primavera: fiori di melo, nuvoleveloci, un lillà in boccio vicino alla porta… questo genere di cose. La cugina Fitz aveva isoldi, era l’unica in famiglia ad averli, avendo ereditato una fortuna dallo zio Arthur. Comeuna santa, era venuta in suo soccorso.

« La comprerò io, Willie, e tu potrai affittarla da me! Cosa ne dici?» .Aveva detto che era vuota, il vecchio proprietario era morto e suo figlio stava vendendo

tutto; aveva detto che erano settanta acri e un sacco di potenziale per un’agricoltura mista.Tornato dall’India con una nuova moglie e un bambino, su nel Norfolk con sua madre eAgnes, in procinto di terminare la facoltà di agraria, era sembrato tutto promettente. Anzi,meraviglioso. A guardarla adesso, tutta grigia e sprangata… be’, bisognava pur cominciareda qualche parte. Si tirò giù il berretto e si mise a correre verso la casa, mentre il taxiaccostava davanti al portico. Flo si sporse dal finestrino e gridò: « Ce l’hai tu la chiave!» .

Proprio così. Corse, sguazzando nel fango. « Eccoci!» . Infilò la mano in tasca e la tiròfuori, un grosso affare di ferro, il tipo di chiave che Flo avrebbe definito romantico. « Eccofatto» , disse, mentre lei e i bambini scendevano dall’auto e correvano sul portico, conFreddie tra le braccia di Flo. Alle loro spalle, l’autista stava aprendo il portabagagli.

« State indietro, ragazzi» , ordinò Will. C’era a malapena spazio per tutti nel gelidoingresso, e Baba premette la schiena contro la parete, mentre Flo teneva stretto Freddie.Will spinse la chiave nella toppa, la girò e aprì la porta. « Dentro!» .

Entrarono. All’inizio era così buio che quasi non riuscivano a distinguere niente, solospoglie scale di legno più avanti e un po’ di luce da una finestra in alto. Tutte le porte alpiano di sotto erano chiuse e l’interno puzzava di chiuso, muffa, polvere e umidità. Eraterribilmente freddo. I bambini ammutolirono, i loro occhi sembravano enormi al buio. Glischizzi di pioggia arrivavano fin sul portico, dove l’autista stava depositando le loro ceste,borse e scatole.

« Credo sia tutto, signore» .

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« Molto bene. La ringrazio tanto» . Will prese il portafogli. « Le dispiace se resto qui con lafamiglia? Temo che dovrà fare da sé col cancello» .

« Non c’è problema, signore» .E l’auto andò via sobbalzando, con un ultimo colpo di clacson.Will portò la roba nell’ingresso. Due di quelle valigie erano tornate a casa insieme a loro

nel ’47, ciascuna con le iniziali impresse sopra. Nel gennaio 1950, sembrava incredibilevederle lì.

« Una nuova avventura» , aveva scritto a Fitz nel biglietto di Natale spedito dalla canonica,« e tutto grazie a te!» .

Flo, con Freddie ancora tra le braccia, aprì la porta della cucina. Will la seguì. Guardaronoil bianco lavello scheggiato, i fornelli spenti, sui quali pendeva un precario aeratore, untavolo e un paio di sedie polverosi. La loro roba sarebbe arrivata l’indomani con Pickfords:letti, seggiolone, passeggino, la sedia Windsor. Tutto quanto. Doveva essere per quel giorno,naturalmente, ma c’era stato un disguido.

Baba stava correndo in giro. Will mise un braccio attorno a Flo.« Presto sarà casa nostra» .« Lo so» . Gli rivolse un debole sorriso.« Forza, andiamo a dare un’occhiata al resto» .Iniziarono tutti insieme a fare il giro della casa. Baba li precedeva, correndo per prima in

ogni stanza: nel salotto dall’altro lato dell’ingresso, con le assi del pavimento nude, unfocolare e un vecchio divano rosso con le molle rotte; su per le echeggianti scale di legnoche portavano alle camere da letto, una grande, una piccola e l’altra minuscola.

« Come i tre orsi» , disse Flo in tono vivace.« Questa è la mia stanza!» , esclamò Baba, correndo sul pavimento nudo fino alla finestra.

L’acqua filtrava dall’intelaiatura e la parte scorrevole era rotta. Guardarono fuori attraversola pioggia e videro un vecchio caravan parcheggiato vicino al cancello, poi campi vuoti e,più oltre, le colline nebbiose. Will distinse un sentiero che portava, tra le alte siepi, verso altricampi. La sua terra, suppose, grazie a Fitz.

Per un momento ebbe la fugace visione dell’ultima proprietà terriera che aveva gestito:vide le infinite file di canne da zucchero di Cawnpore, alte e piumose, stendersi sotto il sole,e il bianco abbagliante dei dhotis[2] e i turbanti degli uomini che lavoravano scalzi lungo isentieri sterrati. Udì il suono delle roncole all’opera durante il raccolto.

« Tik hai?»« Tik hai, sahib» .« Will?» .Seguì la voce di Flo. « Ce la caveremo?» .Il pavimento del bagno era rivestito di linoleum verde pieno di crepe. Un lavandino

sporco, un water con un vecchio serbatoio. Tirò la catena e non successe niente. Tirò dinuovo.

« Prova i rubinetti» , disse a Flo, che andò ad aprirne uno della vasca. Non una goccia,niente di niente. Un ragno grande quanto un portauovo era appostato sullo scarico.

Freddie stava iniziando a frignare.« Ho fame» , disse Baba. « Muoio di fame!» .« Hanno chiuso il rubinetto generale» , disse Will. « Ecco perché. Vado a dare

un’occhiata» .

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« Ho fame!» .« Va bene, allora» , disse Flo prendendola per mano. « Questo è il momento per il picnic

della nonna, non credi?»« Direi proprio di sì» , rispose Baba.Ma dove le imparava tutte quelle cose? Occhi di falco, orecchie come… be’, adesso non

gli veniva in mente come cosa. Ma risero tutti e scesero insieme al piano di sotto. MentreFlo andava a caccia del cestino, Will si mise a cercare il rubinetto generale, trovandolo alsuo posto, ovvero sotto al lavello. Riaprire quell’affare fu un lavoraccio ma, alla fine…

« Fatto!» , gridò e, nel rialzarsi, batté la testa contro il lavello. Flo non tollerava cheimprecasse davanti ai bambini, perciò si limitò a fare un paio di profondi respiri e aprì ilrubinetto. L’acqua uscì a fiotti. Grazie a Dio. Certo, avrebbero dovuto bollirla.

Che sciocca sono stata, pensò Flo quella notte, mentre erano tutti distesi sul pavimentodella camera da letto, tremando per il freddo. Che sciocca. Cosa si era immaginata quandoWill aveva proposto di darsi all’agricoltura? Un cancello dipinto di bianco che portava a unaradura. Will che fumava la pipa appoggiandovisi. C’erano mucche, con qualcuno che lemungeva. Un vecchio cavallo da tiro. C’erano galline, con le uova da raccogliere, chefelicità. I bambini sarebbero stati bambini di campagna, abbronzati e sani. E lei li avrebbetenuti d’occhio mentre cuciva sotto gli alberi. C’era un alveare e il sole non mancava mai.

Doveva essere stata matta.« Will?» , bisbigliò al di sopra delle teste dei bambini. « Sei sveglio?» .Lui le strinse una mano. Erano distesi sul suo vecchio pastrano militare, allargato il più

possibile, così i bambini sarebbero stati al riparo degli spifferi che risalivano dalle fessuretra le assi: gli spifferi erano letali, gliel’aveva detto sua madre. « Tu il freddo non lo senti,ma il freddo sente te, tesoro» . Cosa avrebbero fatto laggiù, se uno di loro si fosseammalato? Erano ancora tutti vestiti, i bambini nel mezzo imbacuccati sotto al suo cappottoe alla giacca di Will, mentre loro due si erano messi addosso tutti i maglioni che avevano. Ei guanti. Flo si era avvolta la sciarpa di lana attorno alla massa di riccioli e Will aveva tenutosu il berretto.

« Che spasso!» , aveva detto Baba.Adesso erano stesi ad ascoltare il vento che fischiava attorno alla casa e la pioggia che

picchiava contro le finestre.« L’avresti detto che sarebbe stato divertente?» , bisbigliò Will.« Più o meno» .

Il mattino seguente la pioggia era cessata, ma c’erano pozzanghere ovunque e il cielo eraancora grigio. Il freddo in casa era terribile: avevano ancora addosso i cappotti, ma Willaveva trovato un pochino di carbone, sufficiente per qualche giorno, con un vecchio secchioarrugginito e una latta di paraffina. Una scatola di cartone piena a metà di ramoscelli umidie un mucchio di giornali erano nel ripostiglio. Mise i rametti ad asciugare sulle fotografiedel Devon County Show del 1949 e si accese la pipa. Poi, mentre Flo e i bambini facevanouna colazione a base di latte e panini con la marmellata, uscì a dare un’occhiata incortile.

Un fienile, una stalla, un locale per la mungitura, un recinto per il bestiame e un capannoper il trattore. Tutto era in pessimo stato: ferro arrugginito, tegole mancanti, legname

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marcescente, pavimenti pieni di crepe. Nella stalla, venti catene per il collo, gelide al tatto,penzolavano su venti mangiatoie. La pioggia gocciolava dalle grondaie, l’umidità rilucevasulle pareti di mattoni. Gli sarebbe toccato andarci due volte al giorno. Attraversò a grandipassi il cortile sul retro, dove il bestiame si sarebbe fermato una volta rientrato dai campi.

Vecchia paglia bagnata era sparsa qua e là sul cemento; come nella stalla, un canaleportava alla buca dei liquami, il cui puzzo si sentiva da lì. Era recintata e chiusa da unlucchetto arrugginito; ma anche così, avrebbe detto ai bambini che era zona vietata. Nondovevano neanche avvicinarsi. Alla larga, intesi?

Poi uscì nuovamente sul davanti, per controllare il fienile, dove erano ancoraammucchiate alcune vecchie balle, e il capanno del trattore, dentro al quale era alloggiatoun Massey -Harris del 1938, comprato con il prestito. Un ottimo acquisto, duravano persempre se te ne prendevi buona cura.

Attraverso la pioggia, sentì la porta sul retro aprirsi e Flo che portava fuori i bambini. Babaarrivò sguazzando nelle pozzanghere con gli stivali di gomma.

« Vuoi fare un giro?» , le chiese, vedendo i suoi occhi sgranarsi davanti all’imponentetrattore, con le enormi ruote ancora incrostate di fango, i fanali coperti di ragnatele el’abitacolo così alto. Li issò uno alla volta sul sedile dietro al fangoso pannello paravento.

« Via!» , urlò Baba con Freddie in grembo. Strinse forte il volante. « Via, via, si parte!» .Il sedile di ferro era rivestito di vecchia tela da sacchi sulla quale scivolavano.« Come vanno le cose?» , domandò a Flo. « Come ce la caviamo?»« Ce la caviamo» , rispose lei tremante.« Coraggio» .Lei annuì, assente. Dalla stradina giunse un colpo di clacson.« Pickfords!» .« Grazie a Dio» . Will corse al cancello.

Passarono il resto della mattinata a portare tutto in casa, a tenere i bambini fuori dai piedimentre il grande letto di ferro veniva portato a pezzi su per le scale per poi essere rimontato.Poi fu la volta del letto di Baba, della culla di Freddie e del vecchio letto da campo di Will,che sarebbe tornato utile per gli ospiti. Se mai ce ne fossero stati.

Furono portati dentro i cassettoni, l’armadio e le credenze, le cassapanche con labiancheria e i vestiti; tutti gli utensili di cucina. Tranne l’orologio a muro che era appesonello studio della canonica, erano tutti mobili prodotti in Gran Bretagna dopo la guerra,economici e laccati. Poi c’era la sedia Windsor che avevano comprato a un’asta.« Dobbiamo avere almeno una cosa bella» , aveva detto Flo, quando suo padre le avevamandato un assegno per il compleanno. Adesso era accanto alla cucina con i fornelli freddi:Will doveva farla funzionare. Tirò fuori i fiammiferi dalla tasca della giacca e pensò alpiacere di sedersi di sera su quella cara vecchia sedia a fumare la pipa al calduccio.

Ci vollero tre tentativi e quanto restava della paraffina prima che si accendesse. « Cisiamo!» , gridò. « Venite a vedere!» . Flo prese nuovamente in braccio Freddie e tutti sistrinsero attorno alla cucina, con i visi rischiarati dalle fiamme. Poi Will chiuse losportello.

« Credo che con questo sia tutto, signore» , disse il caposquadra dei Pickfords, portandodentro un lungo specchio avvolto in una coperta. « Dove vuole che lo mettiamo?»

« Flo? Dove vuoi lo specchio?»

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« In camera da letto» , gridò Flo, mentre guardava le scatole con i servizi di porcellana ele stoviglie in attesa di essere sistemate, chiedendosi quando sarebbe riuscita a mettere aletto i bimbi per un sonnellino.

« Ho fame» , disse Baba. « Muoio di fame!» .Hawkchurch era alla fine di quella strada; domani le sarebbe toccato andare fin laggiù.

Ma adesso…« Aspetta un minuto» .« Sto morendo di fame!» .Flo mise giù Freddie e andò a rovistare nelle scatole alla ricerca di biscotti. Li avrebbero

tenuti buoni per un po’, poi avrebbe dato loro un altro paio di vasetti di Cow & Gate.Quella sera avrebbero perfino potuto mangiarli caldi. Proprio mentre pensava a questo,

sentì che il fuoco iniziava a spegnersi.

L’intelaiatura delle finestre lasciava entrare la pioggia, così Flo andava in giro a infilareasciugamani nelle fessure. Non c’era elettricità, naturalmente: accendevano le lampade aolio tutte le sere. La cucina era un incubo, aveva bisogno di attenzione costante. Non c’eratempo per dedicarle attenzione costante: quella era riservata ai bambini, dentro e fuori.

« Sopravviviamo!» , scriveva ai genitori. « È tutto ciò che posso dire» . Imbucava lalettera, una mezza pagina scritta in fretta, nella cassetta fuori dal negozio di Hawkchurch,che fungeva anche da ufficio postale. La camminata di un chilometro e mezzo finì perdiventare una cosa consueta: imbacuccava i bambini con cappotti, calze pesanti, cappelli,stivali e guanti, tirava fuori il passeggino, con il seggiolino perché Baba vi salisse quando neaveva voglia, e Freddie addormentato o messo a sedere nella parteposteriore.

Arrancavano sul terreno accidentato fino al cancello, che lei apriva con fatica, vi facevapassare il passeggino e lo richiudeva, per poi avviarsi lungo la stradina in discesa. Il ritorno,in salita, era davvero un lavoraccio.

« We’re singing in the rain, just singing in the rain» , cantava ai bambini quando ne avevala forza. « What a glorious feeling – I’m happy again…» .

Non avevano un attimo di riposo. Si alzavano con i bambini alle sei, Will usciva subitodopo colazione e iniziava il martellare delle riparazioni. Poi metteva in moto il trattore eusciva nei campi per vedere cosa occorreva fare. In casa, Flo imparava a cavarsela. Illibro della Ostermilk le aveva insegnato una buona routine quando Baba era nata e lei eratotalmente all’oscuro di tutto. All’epoca viveva in canonica mentre Will andava al college ela suocera la sorvegliava come un falco. Instaurate una routine con il bambino, diceva laOstermilk. Prima poppata, bagnetto, fasce, sonnellino nel passeggino, cambio del pannolino.Seconda poppata, aria fresca nel passeggino, movimento, cambio…

Poi era arrivato Freddie. La Ostermilk non parlava di quando si hanno due bambini. Babasfilava i nastri dei suoi giacchetti, mentre Freddie strillava per la fame. Baba nascondeva lescarpine di lana. Si sedeva sul seggiolone e si rovesciava sulla testa la ciotola del semolino.Nel libro non si parlava della vita in una fattoria primitiva, senza elettricità, costretti a bolliretutta l’acqua per bere, invasi dal fango.

Un giorno, quando avesse avuto cinque minuti tutti per sé, Flo avrebbe scritto tutto quanto.E mentre la pioggia del Devon continuava a scrosciare implacabile, rivedeva se stessa treanni prima, in attesa di Will al Grand Hotel di Bombay. Un giorno, aveva pensato allora,

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avrebbe scritto dell’India, la grande esperienza della sua vita.Doveva farlo! Doveva ripescare i suoi diari e mettere tutto per iscritto…La pioggia gorgogliava nei canali di scolo, sui quali torreggiavano enormi siepi incolte.

Passando davanti a un cancello, si vedevano solo campi, e poi non c’era altro da vedere,essendo il bestiame al chiuso per l’inverno. Solo erba fradicia o terra arata, delimitata daalberi spogli: il tipo di vista che ti faceva sprofondare il cuore, se glielo permettevi.

« Happy again» , cantava Baba, appollaiata sul suo seggiolino. I bambini si stavanosenz’altro divertendo, e quella era la cosa importante. Se non altro, avevano spazio, dentro efuori, e nessuna suocera impicciona di cui Flo doveva preoccuparsi, visto che Baba correvada una stanza all’altra e Freddie la seguiva gattoni. La bambina costruiva torri di mattoncinie le faceva crollare sul pavimento, si arrampicava sulle vecchie balle di fieno e saltava giùurlando, senza che nessuno la sgridasse.

Mai Flo si era congedata da qualcuno con tale sollievo: con la mano aveva salutato dalfinestrino la suocera e Agnes, ferme fianco a fianco, coi loro terribili cappelli, sullabanchina a Norwich, ed era sprofondata sul sedile mentre il treno si allontanava sbuffando.« Grazie al cielo!» .

Will era parso un po’ ferito, erano sua madre e sua sorella, dopo tutto, e naturalmenteerano state davvero buone e gentili. Ma erano persone difficili, non si poteva dire ilcontrario: la suocera era una vecchia rigida, la classica vedova di un sacerdote, e Agnescosì… così come? Impacciata. Timida. Ma irritabile, collerica: non sapevi mai comepoteva reagire.

« Ma tu non sai niente di come si gestisce una fattoria, Willie» , aveva detto, quando lui leaveva parlato della propria idea. Willie! Nessun uomo dovrebbe essere chiamato Willie,mai. E versare acqua ghiacciata sulla sua grande idea… quello era stato davverospregevole.

Naturalmente Flo doveva esserle eternamente grata.« Mio fratello verrà per il weekend» , aveva detto mentre prendevano possesso del loro

alloggio con il WVS. Il sole pomeridiano di Delhi filtrava attraverso le stecche dellepersiane di legno sui loro letti e sulle valigie. Dalla strada brulicante giungevano le grida delbazar, un frenetico risuonare di campanelli di biciclette. « Te lo presenterò» , aveva dettoAgnes, appendendo la giacca.

E Will era entrato nella sala da pranzo con la sua camicia kaki, abbronzato e snello, conquei deliziosi baffi e i capelli scuri, quella risata. Non appena l’aveva visto, aveva capito.Avevano capito entrambi: il primo drink insieme non era stata che una conferma. Nonvoglio fare altro che occuparmi di te per il resto della mia vita… ma povera vecchiaAgnes… andare fin laggiù e tornarsene a casa da sola. Certo, era gelosa, doveva esserlo.

A ogni modo, si era sbagliata! Eccoli lì alla fattoria, impegnati a far funzionare le cose,malgrado tutto. Ma non potevi lasciarti sfuggire i bambini per un minuto. Il giorno prima sierano impantanati nel fango, incapaci di muoversi di un centimetro fino a che lei non eracorsa fuori a salvarli. Nel frattempo la cucina si era spenta, montagne di bucato da lavare…« eccetera eccetera» , aveva scritto ai genitori, « non posso fermarmi adesso!» .

Avrebbe dovuto procurarsi un aiuto: forse poteva mettere un annuncio sulla vetrinadell’ufficio postale. Era inutile metterlo sul « Lady » : nessuna con un po’ di buon sensosarebbe venuta laggiù adattandosi a un posto così arretrato. Doveva essere qualcuno delposto, una ragazza del Devon bella forte, abituata a tutto questo. Cercasi bambinaia per

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indaffarata moglie di un fattore. Mai, in tutta la sua vita, aveva pensato che un giorno losarebbe diventata.

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2« Le mucche sono arrivate, le mucche sono arrivate!» , strillò Baba, mentre due enormi

camion si fermavano davanti al cancello. Erano giorni che ne parlavano. Will corse giù,gridando: « Bene! Ottimo lavoro!» .

I camion varcarono il cancello e Flo e i bambini uscirono per guardarli avanzaresobbalzanti lungo il sentiero che portava ai campi. Di tanto in tanto risuonava un potentemuggito. Attraverso le stecche di legno scorgevano spiritati occhi scuri, fianchi incrostati ecorna.

« Hanno le corna!» .Freddie si dimenava tra le braccia di Flo.« Promettimi» , disse a Baba che saltellava su e giù, « promettimi che non ti ci avvicinerai

mai e poi mai da sola. Né in cortile – sta’ buono, Freddie – né nei campi, mai, mai, mai» .D’un tratto si sentì male. Cosa ne sapeva lei di bestiame? Cosa, francamente, ne sapevaWill? Certo, gli avevano insegnato a mungere e far partorire le mucche… cos’altrofacevano quelle bestie? Ma avere familiarità con un grosso animale domestico, gestire unamandria?

« Promesso?»« Promesso» .« Andiamo, allora» . Per quanto allarmata, Flo era anche eccitata e, al pari dei bambini,

voleva vedere cosa succedeva dopo. Si affrettarono ansimanti verso il secondo campo,santo cielo quanto pesava Freddie, e raggiunsero il cancello aperto mentre i camionprocedevano a scossoni.

« Aspettateci!» .« Restate qui!» , gridò Will, chiudendo il cancello con forza. Flo issò Freddie sul bordo

dello steccato, mentre Baba si arrampicava e vi restava aggrappata. Il vento sferzava ilcampo. Poi gli uomini balzarono a terra, uno con una cartelletta, e si misero a parlare conWill. Frammenti di conversazione, « Frisone… Dairy Shorthorn… cartellini» , giunsero finoa loro, insieme ai commenti sul tempo.

« Forza!» , esclamò Flo. « Qui si gela!» .Gli uomini guardarono verso di loro e sorrisero.« Gran giorno, vero?» .E nel giro di qualche minuto iniziarono a sollevare le barre di ferro e spalancarono i

portelloni. Perfino dal cancello si sentiva il grande movimento all’interno. Furono calate lerampe.

« Calma! State indietro!» .Pezzetti di paglia caddero sull’erba e poi la prima mucca iniziò a scendere.Baba si batté le mani davanti alla bocca.Col ventre gravido, un animale cornuto bianco e nero avanzò lentamente nella luce e

nell’aria fresca, sull’asse inclinato. Una volta a terra, si fermò a guardarsi intorno.« Poverina» , mormorò Flo, e tenne stretti i bambini mentre gli uomini stavano tutti intorno

con i loro bastoni. Un grosso sorriso si allargava sul viso di Will. Le mucche continuarono ascendere: dieci, undici, dodici, bianche e nere, marrone scuro, marrone chiaro e bianche.« Mi piace quella» , disse Baba. « Ti piace quella, mamma?»

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« Credo sia una Guernsey» , disse Flo, ricordando i libri aperti sul tavolo da pranzo nelNorfolk, quando tutto ciò che riguardava la vita nella fattoria era un sogno felice edemozionante.

« Andiamo, muovetevi!» , gridavano gli uomini, facendole uscire e distribuendole sulcampo. « Forza!» .

Tredici, quattordici, l’ultima di un bianco fangoso. E poi finì, con le mucche che siallontanavano lentamente dai camion, gli uomini che risalivano in cabina e Will che andavaa grandi passi verso il cancello.

« Adesso scendete, piccoli!» .Si fecero indietro con Flo mentre gli autisti passavano salutando e suonando il clacson. Will

richiuse il cancello e i camion vuoti andarono via sferraglianti, lasciandosi dietro una scia dipagliuzze nel fango.

« Fatto!» , disse Will. Mise un braccio attorno a Flo e la baciò. « Niente male, eh?»« Affatto» , rispose lei. E poi: « Sarai davvero in grado di farcela?»« Andrà tutto a meraviglia, vedrai» .E tutti si girarono nuovamente verso il cancello e osservarono la mandria, la loro mandria,

prendere le misure del posto, guardarsi attorno e iniziare a pascolare, mentre il sole facevacapolino e le ombre e le mucche si muovevano sulla vivida erba primaverile.

Era buio quando si alzò, la sveglia sul comò suonava alle cinque. Buio e freddo da morire.Si vestì e uscì a tentoni sul ballatoio senza fare rumore. Flo, ancora addormentata, nonsarebbe stata contenta se avesse svegliato i bambini. Di sotto, attizzò il fuoco nella cucina eriempì il bollitore, poi accese e tirò su lo stoppino della lanterna. Infine si mise la giacca egli stivali e uscì, con la lanterna che gli dondolava davanti.

Quando era asciutto, il terreno accidentato e le siepi, l’enorme sagoma del fienile e deifabbricati annessi, si stagliavano alla luce delle stelle e della luna che tramontava. Spesso,tuttavia, aveva piovuto, o pioveva ancora, e la lanterna era la sua compagna nell’oscurità esotto l’acqua mentre percorreva il sentiero che portava al pascolo.

Un tempo, la terra che conosceva era stata ricavata dalla giungla e lui ne supervisionavaotto chilometri quadrati, tutto il giorno in sella al vecchio Koly nos sotto al sole. Piantava latenda in un villaggio, preparandosi il mattino seguente a emettere le note spese deilavoratori, a distribuire rupie, ad ascoltare le infinite motivazioni. Questa settimana, sahib,sono in difficoltà. Gli sciacalli si mangiano il mio raccolto, il raccolto si sta seccando, i nilgailo stanno distruggendo, qualcuno ha rubato…

Ma adesso, adesso era a casa. L’Inghilterra, verde e zuppa di pioggia. E ogni mattina,qualunque fosse il tempo, gli uccelli si levavano e il canto dell’usignolo e del merlo, delfringuello e della dendroica non mancava mai di rallegrarlo, malgrado tutta la stanchezza.

Amava gli uccelli da una vita: i cinguettii della sua infanzia nel Norfolk, gli storni e ipiccioni che dal suo ufficio nell’agenzia assicurativa guardava levarsi in volo e calare sullefontane di Trafalgar Square. Il padre di Fitz lo aveva salvato da tutto questo: a ventidue annie improvvisamente orfano di padre, era partito a bordo di una nave della P&O.

« Certo, Willie caro, devi andare».E mentre gli uccelli dell’alba cantavano, e apriva il cancello del pascolo, vide di nuovo i

gracchianti corvi indiani e i perfidi avvoltoi, come puntolini in un cielo caliginoso.Le mucche venivano lentamente verso di lui.

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« Forza, allora, andiamo, andiamo» .Lasciava sempre il bastone accanto alla siepe; lo prese e attese che arrivassero in fila, una

dopo l’altra: Hatpeg e Daisy, Bluebell e Guernsey Noo. Erano state Flo e Baba a dare loro inomi, e Guernsey Noo era la più amata, come avrebbe detto Kipling.

« Forza! Forza!» .Diede un colpetto a Bluebell e la seguì fuori. Le anche enormi lo precedevano

dondolando, la pioggia cadeva obliqua, tutto era fangoso, bagnato e illuminato solo dallalanterna. Arrivati al cortile, alzò lo sguardo sulla casa, ancora buia e silenziosa. Non sisentivano altro che i passi lenti e costanti sul cemento mentre le mucche entravano nellastalla, uno scroscio di urina con la coda alzata, lo schizzo degli escrementi che scorrevanonel canale fino alla fossa dei liquami. Sistemò tutte davanti alle proprie mangiatoie e andò aprendere i secchi. Le cinque e mezza, e otto mucche da mungere prima di colazione.

Una volta aveva sparato a un gallo selvatico e a una pantera. Un tempo portava ghirlandeattorno al collo. Qui, tutto questo sembrava un sogno. C’erano delle foto da qualche parte,era ancora tutto da sistemare dopo il trasloco. Forse le aveva sua madre. Prese posto sullosgabello contro il fianco grigio-marrone di Hatpeg e cercò a tentoni i capezzoli sullemorbide e turgide mammelle.

« Bene. Si comincia» .

Fitz arrivò dal Dorset a bordo della sua meravigliosa automobile. Quando suonò il clacsonal cancello in una ventosa mattina di aprile, perfino dal portico ne videro la raffinatezza e ilsuperbo comfort: lo chassis lucente, i predellini.

« Che guidi lei stessa è un miracolo» , aveva detto Will quando lei aveva scritto del suoarrivo. Come ve la cavate? Sono ansiosa di vedere tutto quanto!

« Dovrebbe avere un autista, vuoi dire?»« Voglio dire che è straordinario che abbia imparato. Che si sia messa al volante» .Fitz – Francesca, ma non riusciva a dire il proprio nome quando era piccola, e Fitz era

rimasto – era figlia unica di genitori anziani. Era sempre stata delicata. L’eccitazione peruna festa di compleanno la faceva ammalare. La scuola le dava l’ansia. Un raffreddorefiniva sempre per colpirla ai bronchi. Tornava a casa presto dai balli. E andò avanti così.

Will sapeva tutto questo da sua madre, cugina di primo grado del padre di Fitz. Avevamostrato a Flo una fotografia dell’album della madre: la famiglia, nel 1910 circa, i genitorisottobraccio su una terrazza, la madre piccola e con i capelli bianchi, sir Arthur Sutherlandalto e con i baffi bianchi. Seduta ai loro piedi, Fitz con un vestitino e un sorriso audace.

Quello che la salvava era la musica. Suonava e insegnava, perfino. Avere dei giovanialunni che venivano a casa non era troppo gravoso; riusciva perfino ad andare da loro senzatroppa agitazione. Cosa incredibile, aveva imparato a guidare. E Mozart, Chopin, Schubert…il suono del pianoforte riempiva i salotti del Dorset. Poi, arrivata ai trent’anni, aveva trovatol’amore di una brava donna.

Questa era una cosa di cui Will aveva parlato a Flo una volta sola, discutendone al tempostesso con tatto e profondo disgusto. Una coppia di buffe vecchie lesbiche. Mai nessun altrovi aveva accennato e Flo aveva dovuto soffocare una risatina al pensiero della reazione disua suocera. Fitz viveva con la migliore amica, ecco cosa dicevano tutti quanti.

La migliore amica era Eleanor, un’aristocratica dai capelli chiarissimi che, a quantopareva, aveva lasciato il marito per Fitz. Non parlava mai di lui, ma aveva mantenuto il

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nome da sposata: lady Eleanor Forster. Da anni, le due convivevano felicemente, e moltocomodamente, in una casa bianca nei pressi di Lyme Regis. Fitz (ancora vittima di varimalanni) suonava, insegnava, chiamava il dottore e si occupava dei loro investimenti;Eleanor leggeva, faceva giardinaggio, dipingeva acquarelli: le stradine del Dorset, la costa.

Mentre era con la famiglia a Bournemouth subito dopo la nascita di Baba, Flo si era recatalaggiù con Will per le presentazioni ed era stata accolta a braccia aperte.

« Flo! Finalmente ci incontriamo! Willie, dammi un bacio!» .Adesso, mentre lui spalancava il cancello della fattoria e questa magnifica auto risaliva

lentamente su per il sentiero, Flo ripensò ai tappeti turchi e ai comodi divani, al pianoforte acoda, le cristalliere con l’argenteria e le preziose porcellane, il favo a colazione. Cosa maiavrebbe pensato Fitz del modo in cui vivevano lì? Poi si ricordò che se non fosse stato per leinon sarebbero stati affatto lì. Mentre Agnes aveva versato acqua fredda, Fitz avevaconsultato un’agenzia immobiliare, ne aveva visto il potenziale e l’aveva acquistata. Così, sudue piedi.

« Miei cari!» .Will, corso dietro all’auto, aprì lo sportello e lei emerse: alta, flessuosa, col migliore dei

tweed possibili e un cappello di feltro color prugna ornato da piume di fagiano.E mentre girava attorno al cofano lucente, si tolse il cappello e lo lanciò verso i bambini.

« Prendetelo!» . Flo fece un salto e lo acciuffò prima che atterrasse nel fango, Baba strillò eFreddie restò attonito. Ormai era in grado di stare in piedi e fare qualche passo, e rimase aguardare l’auto con la bocca aperta e gli occhi scuri sgranati.

« Flo! Mia cara!» .E poi fu tutto abbracci, baci ed esclamazioni.« Voglio vedere tutto! Chi vuole portarmi in giro?»« Io! Io!» .Il vento soffiava tra i lillà, e il sole e le nuvole creavano giochi di luce sul fango, sulla

vivida erba primaverile e le finestre rumorose. Fritz tirò degli stivali di gomma dalportabagagli incredibilmente capace e, tenendo per mano i bambini, entrambi con un belraffreddore, marciò verso il cortile. Le mostrarono la sala per la mungitura, la stalla e ilcapanno del trattore, l’abbeveratoio, il fienile e i recinti delle mucche.

« Ma dove sono i vitelli?»« Il mese prossimo» , rispose Will. « Dovremmo averne sei» .« Ma dove sono adesso?» , domandò Baba.« Sotto il cespuglio di uva spina» .« Dov’è il cespuglio di uva spina?»« Adesso non me lo ricordo. Forza, presenta tu Hatpeg e Molly a Fitz» .E mentre Flo era occupata a preparare il pranzo, uscirono tutti nei pascoli, camminando

lungo il sentiero, oltre quello che sarebbe stato il campo per le galline, oltre il vecchiocaravan vuoto. Le mucche sembravano essere lì da sempre: brucavano sotto il cielospazzato dal vento, andavano a passo lento verso l’abbeveratoio. Gli uccelli guizzavanodentro e fuori la siepe di biancospino e cantavano sul frassino e l’olmo.

« Ottimo lavoro, Willie» , disse Fitz mentre erano appoggiati al cancello. « Davvero unottimo lavoro» .

« Tutto grazie a te, Fitz» , rispose lui tirando fuori la pipa. « Sarai felice di sapere che hofatto preparare i primi campi arabili. Magari potrò mostrarteli dopo pranzo, sono più avanti

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lungo questo sentiero» .« E cosa stiamo seminando?»« Vieni a vedere il pollaio!» , disse Baba, tirando un’esile mano guantata, mentre Will si

apprestava a risponderle.« Mi state facendo girare in lungo e in largo» .Tornarono al prato vuoto davanti alla casa, dove un vecchio pollaio malconcio su ruote era

fermo sull’erba.« Dove l’hai trovato?»« Un annuncio sul giornale locale… l’hanno portato fin qui da Axminster la settimana

scorsa. Dovrò rimetterlo in sesto, ho già ordinato tre dozzine di galline da cova» .« Io voglio una gallina tutta mia» , disse Baba, pulendosi il naso con la manica.« Vorrei una gallina tutta mia» , la corresse Fitz, mentre tornavano verso la casa. « Le

buone maniere fanno l’uomo. Dov’è il tuo fazzoletto? Freddie, dammi la mano» .Il pranzo attorno al tavolo della cucina fu un successo e, agli occhi di Flo, un miracolo.

Aveva preparato un arrosto! Lo aveva cotto su quella maledetta cucina! Un miracolo, untrionfo. E incredibilmente costoso, naturalmente, avendo usato i coupon per la carne di unmese. Ma per una volta non importava. Fitz, abituata da una vita al meglio di ogni cosa,doveva avere quanto di meglio potevano fare alla fattoria. Dio sa se non glielo dovevano.

« Che bella visita! Grazie davvero a entrambi!» , diceva la lettera giunta due giorni dopo.« Ahimè, mi sono presa il raffreddore dei bambini e sto scrivendo a letto» .

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3Due settimane dopo, le tre dozzine di galline arrivarono alla fattoria. « Rhode Island Red» ,

disse Will a Flo, mentre le casse venivano aperte e i volatili liberati. Avevano un prato tuttoper loro, un enorme vecchio pollaio, trattato col creosoto e ripulito, dotato di trespoli, pagliafresca nei nidi e uova di porcellana bianca perché capissero esattamente cosa fare.Avevano una rampa davanti a ogni porticina. Erano tutti affascinati.

Ma le galline restavano sul loro prato? Deponevano le uova nel proprio nido?« Via!» , urlò Flo quando una mattina ne trovò una appollaiata sulla cappottina del

passeggino. Per poi ritrovarla, due giorni dopo, comodamente accovacciata all’interno.« Fuori! Esci immediatamente!» .

La prese e la fece volare via. Baba scoppiò in lacrime.« Non gettarla così!» .« Sono toste» , disse Flo, mentre il volatile correva starnazzante tra i lillà. Aveva scoperto

che era vero. Toste e implacabili. Quella gallina, sì, proprio quella, tornava al passegginonon appena lei voltava la schiena, e così Flo prese l’abitudine di controllare che non cifossero uova prima di metterci dentro i figli. C’erano galline in giro per il portico, tutte checorrevano a beccare gli avanzi. Will aveva un secchio in cui finivano bucce di patate, crosteavanzate, gusci d’uovo e torsoli di cavolo; i pennuti divennero ben pasciuti e più insistenti.

« Questa non ha un bell’aspetto» , disse Baba una mattina, stringendosi una gallina al petto.Era vero. Era più esile delle altre, aveva un’aria malandata. La misero in una scatola di

fronte alla cucina, con le sue ciotoline di acqua e grano, e il suo piccolo cardigan.« Tesoro, sei sicura…» .« Ha freddo» , disse Baba tutta felice mentre la imbacuccava.Ovviamente, la gallina apprezzò tutte le attenzioni e si riprese magnificamente. Ma

sarebbe tornata con le compagne?« Lei è la mia gallina» , disse Baba. La chiamò Brownie e la portava dappertutto.

Dappertutto. Flo la trovava nella culla di Freddie, nel letto di Baba, sotto le coperte accantoall’orsetto Squeaker.

« Non può stare di sopra! Non può!» .Baba scoppiò in lacrime. « Povera Brownie! Non essere arrabbiata con lei!» .Dabbasso, nel box per bambini, Freddie iniziò a ululare.« Cosa c’è adesso?» . Corsa al piano di sotto, Flo vide che gli si era incastrato un dito nelle

doppie ruote di un piccolo carro bestiame marrone, regalo di Fitz. Oh, santo cielo!« Va tutto bene, tesoro, la mamma è qui» . Lo tirò fuori dal box urlante, se lo mise in

grembo e, con delicatezza, liberò il ditino ormai gonfio. « Povero Freddie, è tutto passato» .Si portò il dito alle labbra e lo baciò. « Ecco fatto» . Strinse il bambino a sé e finalmente leurla cessarono.

« Brownie adesso starà al piano di sotto» , annunciò Baba, sistemandola sul logoro divanoaccanto a loro.

« Mi fa piacere saperlo. Dammi un bacio» .« Bacia Brownie» .Flo accostò le labbra alla fredda cresta rossa. Devo trovare qualcuno che mi dia una

mano, pensò nuovamente. Qualcuno avrebbe risposto a quell’annuncio.

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Josephine aveva sedici anni e si raccoglieva i capelli in un turbante. I piccoli lembisporgevano sul davanti e divennero uno spasso per Freddie, quando lei lo portava in giro.

« Tieni a posto quelle mani» , gli diceva pacatamente quando il bimbo glieli tirava. Ilturbante era fatto con qualunque cosa fosse a portata di mano: una vecchia sciarpa, a volteuna vecchia tovaglietta da tè. Ma non aveva importanza, era comunque indice del suoatteggiamento femminile nei confronti della giornata che l’attendeva. Arrivava con glistivali di gomma che si sfilava davanti alla porta per mettere un paio di pantofole, cheportava con sé in una sporta. Anche questa suscitava l’interesse di Freddie, che vi rovistavao, di tanto in tanto, vi metteva dentro delle cose.

« Santo cielo» , esclamava Josephine alla fine del pomeriggio. « Perché ci hai messodentro questa roba?» . Tirava fuori mattoncini, cucchiai, pezzi di biscotto.

Sotto il cappotto, portava un grembiule, vivace, fiorato e orlato con la fettuccia in sbieco.Nessuno la vedeva mai senza, anche se a volte cambiava il tipo di fiori.

« Che carino» , diceva Flo, che faceva il possibile per incoraggiarla, lodarla e tenerselastretta per i tre giorni alla settimana che potevano permettersela. Già qualche ora dopo cheJosephine aveva risposto all’annuncio, Flo non riusciva a capacitarsi di come avesse fattofino a quel momento senza di lei.

« Che carino, Jowafeen» , disse Baba.« E tu hai un bel nastro nei capelli stamattina» , rispose Josephine mentre appendeva il

cappotto. « Un vento terribile» , aggiunse, infilandosi le pantofole, e poi: « Oh, cielo!» . Simise a saltellare, si tolse una pantofola e la scosse. Ne cadde fuori il camioncino. « Mi faraimale, mi farai» , disse a Freddie.

« Non toccate le cose di Josephine» , intimò Flo ai bambini per l’ennesima volta.« Allora, Josephine, se tu potessi stendere il bucato mentre io rifaccio i letti…» .Josephine uscì con la cesta e il sacchetto delle mollette e i bambini le andarono dietro.

Pace, pace perfetta. Al piano di sopra, Flo rifece i letti, raccolse le camiciole, le salopette ei maglioni che Baba aveva disseminato nella stanza di Freddie mentre lei lo vestiva. Il solecadeva sulle assi del pavimento, sulle trapunte e gli orsetti; Flo andò alla finestra dellacamera di Baba e guardòfuori.

Will aveva finito di mungere e adesso era nei pascoli, e anche se non poteva vederlo, Flosapeva che era felice in giornate come quelle, proprio come lo era lei, nel vedere le pecoredi altre fattorie sparse qua e là sulle alture lontane, i campi verdeggianti, il bestiame chebrucava, le galline lasciate libere di beccare dappertutto… dappertutto! E accanto alla portasul retro, i lillà erano finalmente in fiore. La corda del bucato era dietro l’angolo; Flo sentì levoci dei bambini portate dal vento.

« Ecco una molletta! Ecco una molletta!» .Bene. Cosa doveva fare adesso? Pranzo per cinque.Sentì sbattere la porta. Josephine la stava chiamando dall’ingresso.« Cos’altro, Mrs Sutherland?» .I bambini salirono facendo rimbombare gli spogli gradini di legno.« Abbiamo fame! Moriamo di fame!» .Potevano due bambini essere più forti, sani e felici?« Vado a spalare il letame dalla stalla» , annunciò Baba dopo pranzo e se ne andò con

un’enorme scopa. « Torno domani sera» . Flo afferrò la macchina fotografica e la seguì.

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« Vado a guidare il trattore» , disse Baba il mattino seguente e si mise raggiante sullegambe di Will mentre uscivano dal cortile a bordo del trattore scoppiettante. « Questa è laleva del cambio» , spiegò al padre.

« La piccola Baba di papà» . La tenne stretta a sé mentre avanzavano lungo il sentiero.Aveva abbassato la capote adesso che la primavera era arrivata, e sbadigliò tra i fumi delgasolio.

« Sei sicuro che non sia troppo per te?» , gli aveva chiesto Flo a colazione. A voltesembrava così stanco.

« Certo che no» . Aveva fatto una scorpacciata di bacon razionato e delle loro uova –davvero ottime. Freddie stava picchiando col piatto sul seggiolone, Baba dava da mangiarepiccoli pezzi di toast a Brownie sotto al tavolo. Il bollitore fischiava sul fornello e il soleinondava la stanza. Aveva una famiglia che amava, ce l’avrebbe fatta. Ma, Dio, se gliavrebbe fatto comodo un aiuto.

Poi arrivò una lettera. Le lettere erano l’ancora di salvezza di Flo, la vista del furgonepostale davanti al cancello era la cosa che più la rallegrava al mondo: si infilava gli stivali,correva alla cassetta delle lettere e ne sollevava il vecchio coperchio di legno – spessosollevava anche uno dei bambini, se andavano con lei. « Presa!» , esclamava Freddie,tirando fuori lettere dal Norfolk (noia), da Bournemouth (gioia! Con un assegno di suo padreforse?) e da Fitz nel Dorset: Come stanno le galline? C’erano anche conti da pagare, unsacco, e copie del « Farmer and Stockbreeder» . Ma quel giorno la busta che Freddie leagitava davanti era indirizzata a Will in una grafia che lei non conosceva, con il timbropostale del Suffolk. Chi diavolo poteva essere?

« Buon Dio» , disse Will, tornato per uno spuntino di metà mattina, mentre apriva la busta.« È il vecchio Mike Geering. Un tizio che ho conosciuto in guerra. Cosa avrà da dirmi?» .

Quello che Mike Geering aveva da dire era che, da quando era tornato a casa, avevavenduto porta a porta i tappeti Ewbank. Non un grande spasso. Ho avuto il tuo indirizzo dalsegretario del reggimento. Mi chiedevo se per caso ti serviva un po’ d’aiuto.

« Cosa ne pensi?» , chiese Will, posando la lettera. « Potrebbe esserci dannatamenteutile» .

« Ma dove dormirebbe?»« Nel caravan?»« È lurido! Si gela!» .« È un tipo robusto» , disse Will rialzandosi. « Facciamo un tentativo» .E così, come avrebbe detto il padre di Flo, la cosa fu decisa. Sfregarono ben bene il

caravan e vi installarono un fornelletto a paraffina. Flo trovò un paio di sedie su un annuncioaffisso alla vetrina dell’ufficio postale. Montò un letto. Tre settimane dopo, in un pomeriggiodi sole, arrivò Mike, dopo aver preso l’autobus da Axminster fino a Hawkchurch e percorsoa piedi la stradina con lo zaino dell’esercito. Era un tipo bruno e asciutto sulla quarantina,con i baffi sottili e una vigorosa stretta di mano.

« Sono davvero felice di essere qui» , disse. « Cosa c’è bisogno di fare?» .

Le cose erano più facili: i due uomini si occupavano della mungitura, quella era la cosaprincipale, così come del lavoro nei campi e degli infiniti lavoretti che ci sono da fare in unafattoria. Ora, nei giorni in cui c’era Josephine, Flo cucinava per sei. Ogni domenica sera,

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scorreva la carta annonaria, mettendo da parte i buoni per la settimana che iniziava. Dueonce di burro, lardo o margarina a persona: cinque anni dopo la guerra ed era ancora panee pochissimo altro. Il pane, stava imparando a farlo. Che impresa. Le braccia le dolevano afuria di impastare.

« Mamma, guarda!» . Un pomeriggio entrarono e trovarono una gallina appollaiatacomodamente sulla ciotola dell’impasto messo a lievitare davanti alla cucina e coperto daun vecchio strofinaccio. « Via! Via di lì!» . E il disgraziato pennuto corse fuori,disseminando pezzetti di impasto con le zampe gialle.

Il tè era ancora razionato e loro ne bevevano a litri: a volte Flo usava le stesse foglie duevolte di seguito. « Ugh! Flo! Cos’è questa roba?» . Il caffè era caffè e cicoria. Grazioselattine patriottiche rosse, bianche e blu, ma una cosa rivoltante da bere. Tuttavia c’era soloquello per lo spuntino di metà mattina e tutti vi fecero l’abitudine. Basta uova in polvere,grazie a Dio: adesso avevano più uova di quante potessero mai servirgliene. Flo e i bambinile mettevano nelle scatole, « Piano! Attenti!» , e le portavano al macellaio di Hawkchurch,oppure Will le portava a Axminster nei giorni di mercato. Una bella entrata.

Avevano anche il latte, naturalmente, e i bambini vivevano di budini al latte: denti e ossabelli forti. E poi c’erano gli ortaggi: Will aveva piantato orzo, cavolo riccio, barbabietola dazucchero, cavolo navone, patate e bietola da foraggio, un nome che faceva ridere i bambinia crepapelle. Presto sarebbero stati abbastanza autosufficienti, pensava Flo mentresbucciava e affettava. Per essere una la cui vita prima della guerra era incentrata sugliuomini, i vestiti e lo shopping, non se la stava cavando troppomale.

« Cercavo davvero di essere seria» , aveva detto a Will, quando avevano iniziato aconoscersi meglio, ed era vero, anche se era stato un disastro. C’era un anno della sua vitache ancora le riusciva doloroso ricordare. « Ti amo così come sei» , le aveva detto Will,baciandola di nuovo. Oh, cosa ne sarebbe stato di lei se non si fossero incontrati? Un giornoavrebbe messo tutto nero su bianco.

Alla fine, comprò un quaderno alla bottega del villaggio. Era rosa cipria, un quadernoscolastico con le tabelline sul retro, e costava quattro penny e mezzo, che aveva preso daisoldi delle uova. Per tutto il tragitto di ritorno, spingendo il passeggino con Freddie issatocontro i cuscini e Baba seduta davanti, « Che spasso!» , pensò a cosa avrebbe scritto.

Quella sera, quando i bambini si furono addormentati, trovò una matita e iniziò, seduta altavolo in cucina, mentre Will, tornato dalla mungitura, sedeva con la pipa accanto al fuoco.

Mike, come faceva spesso, era andato al pub. Flo iniziò la sua storia, come solo lei potevaraccontarla, da quando era partita per l’India col cuore infranto, salpando a bordo di unanave militare, verso la fine della guerra.

Mi arruolai nel WVS e fummo mandate a tirare su il morale delle truppe! Pensavo chesarebbe stata un’avventura, che mi avrebbe aiutato a uscire dalla mia infelicità. Feci unsacco di amicizie a bordo ma perdemmo i contatti per via delle diverse assegnazioni. Poi,nel mio alloggio di Delhi, c’era una ragazza di nome Agnes, terribilmente impacciata etimida, anche se avrebbe potuto essere carina. Un giorno disse: « Verrà mio fratello questoweekend» . E non appena lo vidi, capii! Fu amore a prima vista!!

« Cosa scrivi?» , le chiese Will, scrollando la cenere dalla pipa e guardandola.

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« La nostra storia» , rispose Flo. Girò e premette la pagina lisciandola. « Come ci siamoconosciuti e innamorati» .

« Buon Dio» .Si stiracchiò, sbadigliò e si alzò in piedi. Il fuoco nella cucina si stava spegnendo

nuovamente: prese il secchio del carbone e versò quanto vi restava.« Che cosa dolce» , disse mentre usciva per andare a riempire il secchio.Flo girò la pagina e lesse quello che aveva scritto. Sembrava il compito di una scolaretta.

Non che avesse fatto faville a scuola né niente di particolarmente brillante in seguito, fino ache…

« Prima della guerra facevo pratica presso uno dei grossi ospedali di Londra» , scrisse.« Volevo essere una brava infermiera più di qualsiasi cosa al mondo, masfortunatamente…» .

Sfortunatamente non era riuscita a smettere di piangere. Desiderava tanto farcela, mal’aveva trovato così difficile.

« Immagino di aver avuto una vita protetta fino ad allora…» ·Si fermò, posò la matita e rimase seduta lì a tavola. L’orologio a muro ticchettava

costante, il carbone si assestò nella cucina. Lì, tutt’intorno a lei, c’era la sua nuova,inimmaginata vita. Una vecchia fattoria piena di spifferi, gelida perfino nelle sere estive. Ibambini dormivano al piano di sopra mentre suo marito lavorava come un mulo. E lei, alcentro di tutto quanto, finalmente aveva trovato il proprio posto.

Credo di aver avuto una specie di esaurimento.Non c’era stato niente che riuscisse a fare bene, a capire fino in fondo o a fare in tempo.

Tutta quell’anatomia… prendeva continuamente appunti a lezione, sedeva per ore a studiarlie poi, durante gli esami, andava nel panico. Sapeva le risposte, le sapeva, com’era possibileche avesse sbagliato? Tutte quelle malattie, la disinfezione: in corsia le cadevano le cose dimano e la caposala urlava. Arrotolava metri di bende e poi, quando era alle prese con unaferita vera, sbagliava a fasciarla.

Aveva fatto gli occhi dolci a un paio di giovani pazienti molto interessanti, non riusciva atrattenersi, era fatta così, ma, oh, che lavata di capo nell’ufficio della caposala.

In sala operatoria, era svenuta alla prima incisione. Erano destinate a diventare il fioredelle infermiere londinesi ma lei era un’inetta. Non riusciva a dormire. Piangeva dicontinuo.

Quando iniziò a piangere in corsia, la mandarono a casa.Persino adesso, ripensandoci, nonostante fossero passati anni e anni, Flo sentiva le tenebre

insinuarsi furtive. Riprese la matita.« Sento il buio calare furtivo su di me… mi spaventa, perfino adesso» .Will tornò dentro con il secchio.« Come andiamo?»« Oh» , Flo scosse in fretta la testa, « ho fatto abbastanza per oggi» .Will aveva realmente capito quanto era stata fragile, quanto del tutto inadeguata?« Flo? Mi sembri un po’ giù» .« Stavo solo facendo la sciocca» , disse, e chiuse il quaderno. La copertina, stampata in

nero su quel rosa cipria, raffigurava la Britannia con un elmo piumato, una mano posata suuno scudo con la Union Jack, nell’altra un tridente. Aveva lo sguardo rivolto verso unpaesaggio illuminato dal sole al tramonto. O stava sorgendo? “Il Supremo Quaderno degli

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Esercizi”, diceva, con gli spazi in cui scrivere Nome e Scuola. “Fatto in Gran Bretagna”.« Sarà meglio che scriva qualcosa di supremo» , disse, mentre Will versava il carbone

nella cucina. La vista dei tizzoni ardenti attraverso lo sportello aperto non mancava mai dirallegrarla. Tutti gli indumenti appesi allo stendibiancheria si agitarono un pochinonell’improvvisa ondata di calore.

« Cosa?»« Niente. Pensavo» .Quel paesaggio era una cosa buffa, tuttavia: non dolci colline inglesi, ma montagne

frastagliate. Immaginò che fosse la Scozia o qualcosa del genere, ma la riportòimmediatamente alle lontane cime scintillanti dell’Himalaya, alla sua felicità in amore.“Oh, fammi ricordare quello”, pensò. “Fammi essere una persona come si deve”.

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4La mattina era luminosa e fresca. Avanzando a bordo del trattore lungo il sentiero tra i

campi, Will guardava i passeri e le cinciarelle guizzare dentro e fuori le siepi di biancospino,la campagna rinverdire. Un sottile filo azzurro sbuffava dal fumaiolo sul cofano; quando sifermò e spense il motore, non sentì altro che un silenzio assordante e poi il flebile belaredelle capre, due capretti bianchi che aveva comprato d’impulso per poi pentirsene:l’ennesima cosa a cui pensare.

Scese e tirò giù dall’abitacolo il sacco del foraggio.« State indietro!» , disse loro mentre apriva la mezza porta. « Muovetevi!» .Riempì il trogolo e rigirò i giacigli. Poi iniziò il giro dei campi, che ispezionò uno dopo

l’altro percorrendo a grandi passi i sentieri. File su file di giovane mais, cavoli ricci ebarbabietole da zucchero venivano su bene, insieme alle rape e al cavolo navone: ottimocibo per gente affamata ancora alle prese con il razionamento, ottimo foraggio per glianimali, e tutto con un prezzo garantito dal ministero dell’Agricoltura e della Pesca. I fattorierano tenuti in gran conto in quel periodo: dopo la guerra, avrebbero reso il Paesenuovamente forte e sano.

Era incredibile se pensava alle condizioni in cui avevano trovato tutto: incolto e trascurato,soffocato dall’acetosella e dal lapazio. Aveva afferrato quel posto per le palle. Certo,gliel’aveva fatta scontare, inutile fingere il contrario. Nonostante l’aiuto di Mike, Will sentivail peso dell’età. Eppure, guarda qui. Guarda quegli acri di verde. Qualcosa di cui andarefiero. Per non parlare dei forti vitelli, e la Commissione per la commercializzazione del latteche aveva stabilito un buon prezzo per questo alimento. Per non parlare di due figli checrescevano sani e di una moglie affettuosa. Ce l’avevano fatta: contro ogni probabilità, lafattoria stava andando bene.

Il vento stava rinforzando quando Will iniziò il tragitto del ritorno. Sentì nuovamente ilamentosi versi delle capre, che infilavano la testa nella porta. Ti prendeva, il vento… tiandava dritto dentro, non importava quanti strati ti mettevi addosso, e quando arrivò altrattore, Will sentì nuovamente qualcosa che andava e veniva, una stretta al petto, poi unasensazione di nausea. Probabilmente solo la fine di un raffreddore, ma si fermò, appoggiòla mano sul cofano, respirò e respirò. Ecco, era passato.

« Ho deciso» , scrisse Flo seduta al tavolo in cucina, « di scrivere del presente. Succedonocosì tante cose! È talmente sciocco pensare al passato! E tutto sta diventando più sempliceadesso che Mike è qui… nonostante ci sia ancora più bucato da fare! E per quanto riguardale capre…» .

Quando stendevano fuori il bucato, le capre erano in attesa: non facevi in tempo a voltartiche avevano strappato dalla corda tovagliette e strofinacci.

Baba rideva a crepapelle guardandole saltellare via.« Freddie sta mettendo l’ultimo dei denti da latte, perciò abbiamo passato qualche notte

agitata, povero piccolino. Ma a parte questo…» .Alle sue spalle, le finestre sbatacchiavano. Alzò lo sguardo. Un acquazzone stava

spazzando il cortile e Will stava mettendo dentro il trattore. Dall’altra parte dell’ingresso, ibambini stavano giocando nel box, sistemato in un angolo del salotto, ancora senza

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moquette, polveroso e inondato di luce piovosa. Stavano giocando con i mattoncini. Era l’oradello spuntino e di stendere sulla cucina una montagna di bucato da asciugare.

Adesso, in estate, la fattoria sembrava avviata, con Mike che fumava la pipa sul gradinodel caravan alla fine della giornata, Josephine che apriva il cancello tre mattine a settimana,chiamando i bambini una volta arrivata sul portico. « Ciao, pulcini! Cosa si fa adesso?» .

Li portava a raccogliere le uova nel prato delle galline: Freddie si tirava dietro un enormecestino e Baba si teneva stretta Brownie. « Sei tutta mia» , le diceva, accarezzandole il capo.Alla mungitura della sera, Mike issava Baba sulla groppa ossuta di Guernsey Noo e lateneva per mano mentre avanzavano ondeggianti. Will teneva d’occhio Freddie chescorrazzava col suo bastone.

« Tutti sono felici in questi giorni, ma a parte Josephine non vediamo quasi nessuno!» ,scrisse Flo a casa. « Solo il camion del latte e il veterinario» .

Poi arrivò una lettera da Wimbledon. Quell’orribile appartamento! Flo sapeva a occhichiusi che aspetto doveva avere. Sua suocera e Agnes vi si erano trasferite in primaveralasciando quella deliziosa canonica nel Norfolk. Vivevano insieme, dandosi reciprocamentesui nervi e appendendo detestabili tende.

« Zia Agnes viene a trovarci» , disse Flo ai bambini. Naturalmente, non si ricordavano dilei.

Era giugno, tutto era maturo e aveva un profumo dolce: l’erba estiva, il fieno nei nidi dellegalline. Perfino l’odore del mucchio di letame nell’aia era buono… quella era la campagna,dopotutto. Flo preparò il letto da campo nella stanza di Freddie, trasferì la sua culla da Baba,stirò un asciugamano per gli ospiti, se così si poteva definire: non ricordava l’ultima voltache avessero comprato qualcosa di nuovo in quella casa.

Uscì e si fermò tra le galline dietro alla porta, guardando il sole che giocava su ogni cosa,il fango che si era seccato, i bambini che correvano in giro. Sembrava l’illustrazione di unlibro; se lei e Agnes non fossero andate d’accordo adesso, non l’avrebbero fatto mai: nonpoteva essere meglio di così, con un sacco di cose da fare e da mostrarle. « Non sai nientedi fattorie» un corno.

A quanto pareva, Agnes stava andando da loro per una ragione. « Ho qualcosa da dirti» ,scriveva nella lettera a Will. Che, come sempre, si concludeva con « Da’ il mio affetto aFlo» e, come sempre sembrava un po’ gelida e forzata.

“Smettila”, si disse mentre chiamava i bambini per lo spuntino. “Guarda quanto hai di cuiessere grata, e alla povera vecchia Agnes tocca vivere con quell’insopportabile madre”.

Will scese alla stazione di Axminster con il trattore e Agnes si infilò ridendo nell’abitacoloaccanto a lui. Era arrivata con un grazioso abito estivo e di ottimo umore, per una volta.

« Ho dovuto aggrapparmi con tutte le forze!» .I bambini corsero al trattore mentre lei scendeva sulla pedana.« Ma fatevi guardare! Come siete cresciuti! Flo… lascia che ti dia un bacio» .Erano partiti col piede giusto.Ma poi: « Ti ho portato un piccolo regalo, Flo» . Agnes le diede un libro in un sacchetto di

carta marrone. « Spero che ti sarà utile» .Flo lo tirò fuori. « Come gestire la tua casa senza aiuto» , lesse ad alta voce. « Perbacco.

Be’, grazie, Agnes. Certo, ho Josephine adesso, ma va bene lo stesso. Che gentile» .Diede un’occhiata ai contenuti: “In cosa consiste la gestione domestica”. “Segui uno

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schema”. “Pianifica la cucina”… Oh, ah, ah, ah. “Le pulizie settimanali”. “Altre puliziesettimanali”.

« Lo guarderò dopo» , disse.« So che non sei proprio il tipo della casalinga» , disse Agnes.Flo si morse il labbro.« Bada, sorellina» , fece Will dopo pranzo, mentre le mostrava la fattoria, « Flo sta

facendo davvero bene, sai?» .« Ne sono certa» , rispose Agnes dando una sbirciatina alla sala per la mungitura. « È

solo… be’, è stata un po’ viziata fino ad ora, no?»« Io non direi. Vieni a dare un’occhiata alle galline» .Agnes le guardò, tutte sparpagliate sul prato assolato. « Voglio dire, ha sempre potuto

contare sui soldi. Cos’hai detto che faceva il padre?»« Credo si occupi di biscotti» , rispose Will accendendosi la pipa.« Biscotti?» .La condusse lungo il sentiero e le fece vedere le capre.« Vuoi dire che è nel commercio?»« Ma insomma, sorellina, che cavolo di importanza ha?» .Finalmente lei la smise.E quella sera, finita la mungitura e messi a letto i bambini, Will versò a tutti un whisky , che

portarono fuori insieme alle sedie della cucina, e si sedettero vicino al lillà a guardare il soleche tramontava.

« Salute» , disse. « Allora, sorellina. Cosa c’è?»« Be’» , rispose Agnes, di nuovo molto dolce e arrossita fin giù sul collo, « è successa una

cosa» . Guardò nel bicchiere, che, secondo Flo, aveva bisogno di essere lavato. « Hoconosciuto un uomo terribilmente simpatico» .

« Lo sapevo!» , esclamò Flo. Cos’altro poteva essere? Cos’altro poteva voler dire lororiguardo alla sua vita a Wimbledon?

Agnes fece una risatina.« Be’, è assolutamente meraviglioso» , disse Will, alzandosi per baciarla. « Splendido!

Perfetto!» .Guardandoli, Flo pensò: “È carina. In fondo, è davvero attraente con quei capelli scuri e

ondulati, gli occhi luminosi. Ha perfino un bel seno… com’è che non me ne sono maiaccorta? E come mai nessun uomo l’ha mai notato?”. Qualcosa si era sbloccato, si reseconto, mentre Will tornava a sedersi sulla sedia traballante.

« Dài, parlaci di lui» .Si erano conosciuti in chiesa (“E dove, sennò”, pensò Flo, e si diede uno schiaffo mentale).

Si chiamava Neville, era in pensione, un ispettore delle tasse. Be’, si poteva essere piùnoiosi? (Altro schiaffo). Ma se era in pensione…

« È molto più grande di me» , confessò Agnes.« Quanto?»« Shh, tesoro» , disse Will, « non metterle fretta» .Neville, a quanto pareva, aveva sessant’anni. Agnes ne aveva trentotto. Quando

incassarono questo colpo, Will disse gentilmente: « Be’, purché ti renda felice, vecchiamia» .

Agnes abbassò nuovamente lo sguardo sul bicchiere unto. « Il fatto è» , disse adagio, « che

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ha il cuore malandato» . Pausa. « Non potremo avere figli» .Dal prato giungevano i versi delle galline che razzolavano al calare del sole. Le colombe

andavano a posarsi sugli alberi, dove tubavano sommessamente. « My toe bleeds, Betty, mytoe bleeds, Betty» , la filastrocca che Will aveva insegnato a Baba e Freddie per riconoscereil loro verso. Adesso, tutt’a un tratto, Flo, non sapendo cosa dire, sentiva solo: Non potremoavere figli, non potremo avere figli…

Che cosa tremenda. Assolutamente tremenda.Agnes alzò lo sguardo. « Cosa pensate che dovrei fare?» .Will si schiarì la voce. « Be’, io…» .« Lo ami?» , intervenne Flo. « Intendo, davvero?» .Agnes arrossì di nuovo. « Sì» , rispose timidamente. « Ci amiamo moltissimo» .« Bene, allora» , disse Will. « Ecco la risposta» .

Will andò a Londra per il matrimonio.Mike aspettava sul trattore; Will saltò su e si tenne forte. Continuò a salutarli con la mano

fino al cancello.« Non mi piace qui senza papà» , disse Baba, mentre calava uno stranissimo silenzio.« Neanche a me» , annuì Flo.I due giorni che seguirono parvero noiosamente vuoti, nonostante la presenza di Mike, con

Baba che gli correva dietro esclamando: « Ti voglio bene, Mike!» . E nonostante la sera Floavesse il tempo per scrivere, non era la stessa cosa, tutta sola seduta al tavolo in cucina.

Non sono brava a stare da sola, non lo sono mai stata. Dovrei approfittarne il più possibile,ma mi sembra tremendo e basta.

Altroché. L’orologio a parete della canonica ticchettava, cosa che di rado Flo aveva tempodi notare, tranne quando Will gli dava la corda ogni settimana. Adesso, invece di esserecostante e confortante, il suo suono era solo terribilmente rumoroso. Biasimevole, perfino,nel silenzio che la circondava.

Se tu fossi una persona completa, staresti benone da sola. Era vero? Le donne non volevanotutte quante sposarsi, in fondo?

Come diamine fanno le vedove? Sarei assolutamente disperata! E il solo pensarci era comeguardare dentro a un fosso. « Smettila» , si affrettò a scrivere. « Smettila di pensare a testessa. Sai cosa succede» .

Chiuse il quaderno. Era color carta da zucchero. “Il Quaderno degli Esercizi del Sapere”.Ah, ah, che grande studiosa era stata.

Senza speranze come infermiera, senza speranze a scuola, le diceva l’orologio col suoticchettio. Chiuse gli occhi. Le cose erano diverse adesso. Sono una moglie. Sono unamadre… cosa c’è di più importante? Ma il crepuscolo estivo era calato e si sentiva lostomaco in subbuglio.

Subito dopo tornò Will. « Tik hai? Tutto bene?»« Oh, grazie a Dio sei a casa!» .Le fotografie del matrimonio arrivarono in un grosso pacco marrone. Guardarono Agnes

e Neville che, fuori da una chiesa di pietra, si sorridevano con inconfondibile affetto. Agnesindossava un lungo abito color panna e un cappello che non era privo di eleganza – manero? Per un matrimonio?! – Neville, in abito da mattino e fiore all’occhiello, sembrava

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affascinante, gentile, felice. E vecchio.

Quella sera, mentre riportava il bestiame al pascolo, Will ebbe un altro di quelli cheJosephine chiamava mancamenti. La giornata era stata piuttosto normale; non glisembrava, come a volte gli capitava, di aver strafatto, nonostante fosse il giorno libero diMike e avesse lavorato quasi senza sosta dalle sei del mattino. Il tempo era bello, come pergran parte delle ultime settimane, e aveva messo tutti di buon umore. Quindi, cosa gliprendeva?

Si fermò all’improvviso e tutto, ancora una volta, prese a ondeggiare. Poi, qualcosa glirombò nelle orecchie e il mondo si fece nero; per un momento pensò che sarebbe svenuto esi appoggiò al bastone, incapace di muoversi. Le mucche continuarono a muoversi, ma luinon riusciva a vederle; si limitò a respirare nel buio… e poi passò. Raddrizzò la schiena,fece qualche altro profondo respiro e si asciugò la nuca. Se la sentiva terribilmenteappiccicosa. Davanti a lui, le mucche avanzavano ondeggianti verso il pascolo. Rimasefermo lì a guardarle mentre si allontanavano.

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5« Cari genitori» , scrisse Flo sulla Basildon Bond celeste. « Quanto vorrei che veniste a

trovarci!» . Ma le fattorie erano fuori questione per loro, perfino in piena estate, e mentrescriveva, Flo si immaginò il padre che apriva adagio la posta a colazione e tutti quanti sedutiattorno al tavolo: sua madre, ormai un esserino tanto fragile; Vivienne che versava il tè;Hugo, a casa per le vacanze estive, ansioso di tornarsene al suo Meccano. Sentiva quasil’odore dei toast. « Mandate Hugo» , scrisse. « È grande abbastanza per viaggiare affidato alcontrollore e Will può andare alla stazione di Axminster e portarlo qui col trattore! Glipiacerebbe tantissimo!» . Prese una busta dalla cartelletta della corrispondenza, il primoregalo di Will, vide che aveva finito i francobolli e li aggiunse alla lista della spesa.

“Mi mancano tutti quanti”, pensò quella mattina mentre andava a Hawkchurch. Ilpasseggino era vuoto, tutti e due i bambini correvano più avanti sul ciglio ombreggiato,fermandosi per frugare nel canale di scolo. E, mentre era ferma lì, annotò mentalmentequalcosa sul suo diario. Era quasi alla fine del Quaderno degli Esercizi del Sapere; l’avrebbefinito quella sera.

Oh, come le sembrava diverso quando Will era a casa.È tempo di altri cenni storici! Era ferma lì con il passeggino, sotto agli alberi, lontana

miglia e miglia. Mia sorella Vivienne è stata sfortunatissima con il matrimonio, che cosatriste. È sempre stata la più carina, la più gentile… una persona che per tutta la vita hosempre ammirato.

Da qualche parte c’era una dolcissima fotografia: Vivienne e Jonathan in giardino, lui altoe bello come il personaggio di un romanzo d’amore, lei con il vestito più affascinante che sipotesse immaginare, entrambi con un sorriso radioso. Doveva essereil 1938.

Ma lui si rivelò un mascalzone, la lasciò quando Hugo era piccolissimo, dicendo cheandava a fare fortuna nelle Indie Orientali Olandesi, e non tornò mai più. Le spezzò il cuore.Così tornò a vivere con i genitori…

Flo si interruppe, d’un tratto accortasi che tutto era diventato troppo silenzioso.« Bambini?» .La stradina si stendeva davanti a lei, piena di sole e ombra. Dov’erano?« Baba! Freddie!» .Si guardò attorno. Il bestiame pascolava dietro alla siepe, le rondini volavano basse nel

cielo. Un perfetto giorno d’estate, pervaso all’improvviso dal terrore.« Bambini! Dove siete?»« Eccoci!» , giunse una vocina, e il suo cuore martellante per poco non smise di battere

quando due piccole teste le balzarono davanti su dal canale ricoperto di erbacce. « Cistavamo nascondendo» , disse Baba mentre uscivano tutti sporchi di fango, i piedi e i sandalifradici. « Non potevi vederci!» .

« Certo che no» , disse Flo, ripulendo loro i capelli dalle spine. Li attirò a sé e li abbracciò.Non era stato che un minuto, e quanto era stata sciocca a farsi prendere dal panico…quanto potevano essersi allontanati, dopotutto?

Ma lungo tutta la stradina assolata, sentì le vecchie sensazioni divorarla.

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« È stata una lezione» , scrisse quella sera, seduta fuori su una sedia della cucina, colquaderno posato in grembo. « Devo restare concentrata, non sognare a occhi aperti comefacevo a scuola. Occuparmi dei bambini… questa è l’unica cosa nella mia vita che devofare bene» .

Alzò lo sguardo e vide Will camminare adagio verso di lei. “È invecchiato”, pensòall’improvviso. “Come ho fatto a non notarlo?”.

Hugo arrivò due settimane dopo: alto e bruno, con la valigia della nuova scuola. Sceseadagio dal trattore, tenendo stretta la valigia, e rimase lì, aspettando che qualcosaaccadesse.

« Hugo!» , esclamò Flo, corsa fuori con i bambini, dandogli un abbraccio. « Che bellovederti! Ti è piaciuto il giro sul trattore?»

« Moltissimo, grazie» . Pezzetti di paglia gli erano rimasti attaccati ai calzoni corti.« E il viaggio in treno? Com’è andato?»« È andato bene, grazie» .« Sembri così cresciuto! Ti ricordi di Baba e Freddie?»« Certo» . Ma aveva visto Freddie quando era solo un neonato. Rivolse un piccolo sorriso

educato ai bambini fermi accanto alla madre, Freddie col pollice saldamente in bocca. Floglielotolse.

« Immagino che avrai fame. Vieni a lavarti le mani e poi prenderemo il tè» .Lo portò di sopra e gli mostrò il bagno con il vecchio linoleum verde e il letto da campo

che aveva preparato per lui nella stanza di Freddie.« Tutti i maschi insieme!» , disse in tono vivace, quando vide che guardava la culla di

Freddie. Che imbecille doveva sembrare a un ragazzino di nove anni.« Grazie mille» . Hugo posò con cura la valigia.« Allora, dài, è l’ora del tè» .Tazze di latte fresco e montagne di pane e marmellata lo sciolsero un pochino. Li informò

che le sue materie preferite a scuola erano scienze e matematica.« Perbacco. Devi essere in gamba!» .Hugo arrossì. « Non proprio» .« Vieni a vedere la mungitura» , disse Baba quando furono tutti sazi. Lo prese per mano e

lo condusse attraverso il cortile, con Freddie che li seguiva a ruota.« Ehi, ciao, amico!» , lo apostrofò Will quando apparvero sulla soglia. « Sei venuto a dare

una mano?» .Il sole della sera, danzando con gli steli di fieno sparsi qua e là, filtrava obliquo dalla porta

e dai foratini in alto. L’aria era satura dell’odore di mucca, liquame, foraggio, latte.Rimasero tutti insieme a guardare i due uomini che andavano di mucca in mucca, i secchiche si riempivano e venivano portati alla latteria.

« È il latte che abbiamo preso con il tè?» , chiese all’improvviso Hugo mentre Will glipassava davanti con un secchio.

« Sì» .Hugo tossì. « Ci sono germi?»« Un sacco» , rispose Will allegramente. « Non fare quella faccia preoccupata, amico, ti

faranno un mondo di bene» .

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« Vieni a vedere i vitelli» , disse Baba, e aggiunse gentilmente: « Ti piacerà» . Gli feceriattraversare il cortile, con Freddie al seguito, ed entrarono dov’erano i recinti. I vitelli sitenevano a distanza sulla loro paglia, cozzando l’uno con l’altro. Poi si avvicinarono nervosisulle loro lunghe zampe, infilando gli ispidi musi umidi tra le sbarre di legno. Avevano occhienormi.

« Vogliono il latte» , spiegò Baba. « Diamo loro da mangiare con le mani, sai» .Hugo non capì, ma gli fu chiaro quando Will arrivò con un paio di secchi e una sacca di

bottiglie pulite.« Hanno ancora bisogno di succhiare» , disse e gli mostrò come intingere le dita nel latte e

porgerle a un vitello affamato. « Coraggio, provaci, non ti faranno male» . Hugo fece untentativo, ma rabbrividì per l’avida stretta delle viscide gengive sdentate. « Lo so, all’iniziosembra strano» . E quando Baba e Freddie, strillando, provarono a loro volta, Will immerseuna bottiglia e la riempì fino all’orlo. « Prova così» , disse, infilandovi sopra una tettarella digomma. Hugo fece come gli diceva e il vitello vuotò la bottiglia in pochi istanti.

« Faremo di te un fattore» .

Con il passare dei giorni, Hugo si ambientò. Dava da mangiare ai vitelli mattina e sera,faceva uscire le galline dopo colazione (e quando la gallina arrivò puntuale gli fu presentataanche Brownie), cercava le uova nel pomeriggio, portando il cestino con enorme cautela.Quando si mise a piovere, in soggiorno costruì un’elaborata città di mattoncini dotata, comespiegò a Flo, di un palazzo, un mercato, case e recinti per gli animali.

« Ti voglio bene» , gli disse Baba mentre andavano tutti in cucina. « Vieni a sedertiaccanto a me» .

Il giorno dopo era bello e Flo li portò nel fienile. Le balle di paglia, destinate ai giacigli,erano ammucchiate da una parte mentre il fieno da foraggio era sfuso, così Will e Mikepotevano prenderlo con i forconi. Vi si arrampicarono fino in cima e scivolarono giù,Freddie in braccio a Flo, e Baba in grembo a Hugo. Il fieno era tiepido, morbido esdrucciolevole, e dopo qualche giro fu come sfrecciare giù da uno scivolo – « Uiiiii!» –atterrando tra mille risate. Hugo aveva fieno nei capelli e sui vestiti.

« Ancora!» , disse Freddie, e tornarono ad arrampicarsi. Flo corse in casa a prendere lamacchina fotografica.

Dopo pranzo, Will fece fare loro un giro nel rimorchio mentre andava nei campi.Attraversarono sobbalzando, in mezzo a vecchi sacchi e paglia, il campo da fieno e quelloda orzo, di un giallo polveroso punteggiato qua e là da vivaci papaveri. La pienezzadell’estate rendeva gli alberi pesanti e scuri. Will si fermò e tirò fuori i bambini uno allavolta.

« Sei scuro come una bacca» , disse a Hugo mentre lo metteva a terra. « E scommettoche sei cresciuto» .

Li guardò camminare lungo i sentieri tra le coltivazioni, i bambini con i loro berretti estivisovrastati da fieno, erba e orzo, Hugo, in calzoncini e maglia blu, che si ergeva su di loro.Che bravo ragazzino, poveretto. Di certo non c’era molto da divertirsi in una casa piena diadulti. Tuttavia, aveva passato delle belle giornate; poteva tornarci ancora. “Se teniamobotta”, pensò, sbadigliando nel caldo.

L’ultima sera di Hugo, andarono tutti in soggiorno e misero su dei dischi. Will mise The

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Little White House (At the End of Honeymoon Lane) e i bambini corsero in giro sulpavimento. La stanza era ancora quasi priva di mobili, c’erano solo il malandato divano, ilbox in un angolo con la scatola dei giocattoli, e il tavolo per il grammofono.

C’è una casetta bianca, con una porticina verdealla fine di Honey moon Lane…

La canzone era molto veloce, i bambini sfrecciavano su e giù. Poi, tutto iniziò a rallentare.« Vieni qui» , disse Will, e prese Flo tra le braccia. Ballarono lentamente, guancia a

guancia, mentre il sole calante brillava attraverso le finestre polverose.Flo chiuse gli occhi. L’avevano comprato nel Norfolk, poco dopo essere tornati a casa.

Eravamo così innamorati. Lo siamo ancora…Will la strinse a sé, le accarezzò i riccioli ribelli, ascoltando solo la canzone, il rumore dei

loro passi sulle assi del pavimento. Poi vide Hugo che li guardava, fermo, con le braccialungo i fianchi, rigido e chiuso come quando era arrivato.

« Tutto bene, amico?»« Bene, grazie» .E si girò a guardare fuori dalla finestra, anche se non c’era molto da vedere da quella

parte, se non erba e alberi.Il disco lentamente si fermò.« Ora di andare a dormire» , disse Will, dando un bacio a Flo e sciogliendola

dall’abbraccio. « Ti aspetta una lunga giornata domani, vecchio mio» .« Non voglio che te ne vai» , fece Baba mentre salivano su per le scale.« È stato davvero uno spasso» , si congedò Hugo.

Si avvicinava il tempo del raccolto, ma non era solo il fieno che avrebbero tagliato o l’orzoche avrebbero venduto: un bel po’ delle grasse galline sarebbero finite dai macellai diAxminster.

« Sai quanto abbiamo fatto con le uova?» , disse Flo a colazione, mentre faceva i calcoli.« Cinque sterline da Pasqua! Non è ottimo?»

« Meraviglioso» , convenne Will, vuotando la tazza di tè. Ma la produzione era bassa inautunno e durante l’inverno si sarebbe quasi fermata. Era il momento di un abbattimentoselettivo, le aveva detto la sera prima.

Ecco Josephine che li salutava dal portico.« ‘Giorno a tutti!» .« Falle portare i bambini così potranno guardare» , disse Will a Flo, spingendo indietro la

sedia.« È una buona idea?»« È divertente. Sai cosa succede quando si tira il collo a una gallina?» , chiese a Baba che

stava finendo il suo toast. « Non sentono niente, ma continuano a correre in giro» . Sollevò igomiti. « Flap flap flap! Vieni a vedere» .

« È la gentilezza fatta persona» , scrisse più tardi Flo, quando i bambini se ne andarono conJosephine. « Ma a volte… si potrebbe definirlo un po’ insensibile. O duro, immagino. Comesi può gestire una fattoria se non si è duri? Per non parlare di combattere in una guerra» .Mise via il quaderno, ne aveva uno rosso adesso, e iniziò a sparecchiare la tavola.

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Giù al prato delle galline, Will sedeva su un secchio capovolto, i pennuti che chiocciavanoe zampettavano attorno a lui, dove aveva sparso il loro becchime. Non ci voleva neanche unminuto per torcere un collo: uno strillo quando le afferrava ed era finita prima ancora chese ne accorgessero. Ma poi…

« Guardate qui» , disse, quando Josephine e i bambini attraversarono il cancello. Torse ilcollo alla gallina che teneva in grembo e la gettò a terra. « Morta stecchita! Adessoguardate!» . E la gallina, col collo penzolante, iniziò a correre nell’erba come impazzita.

Josephine scoppiò a ridere mentre i bambini guardavano sbalorditi, e all’improvviso ilpennuto prese il volo. « Accidenti!» .

La gallina continuò a volare, col capo morto che dondolava da una parte all’altra, mentreloro battevano le mani davanti alla bocca, e poi finì: cadde a terra e giacque lì, in mezzo aisuoi simili ancora vivi che becchettavano. Will si chinò a raccoglierla e la gettò nel mucchioaccanto a sé.

« Avanti la prossima!» . Agguantò nel mucchio degli uccelli svolazzanti e se ne tirò uno sulgrembo. Quando si furono avvicinati, ne aveva già fatte fuori tre, ma una era riuscita ascappare. Ne acciuffò un’altra.

« Aspetta!» , disse Baba all’improvviso, quando la mano di Will si strinse attorno al collodella gallina.

« Quella è Brownie!» , urlò al di sopra degli starnazzi. Anche Josephine gridò. « MrSutherland!» . Corsero tutti sul prato. « Per amor del cielo, Mr Sutherland! È Brownie,quella!» .

Troppo tardi. La gallina gli giaceva floscia in grembo.« Oh, maledizione» , disse, alzandosi mentre Baba correva piangendo verso di lui.Posò il pennuto sull’erba.« Brownie!» . Baba si gettò a terra accanto alla gallina. La testa di Brownie si sollevò, per

poi afflosciarsi nuovamente.« Falla vivere! Falla tornare viva!» .« Tesoro, non posso, mi dispiace tanto. Sono proprio un dannato sciocco» .« Su, non prendertela, Baba» , disse Josephine, accorrendo con in braccio Freddie. « Non

scaldarti troppo» .« Brownie!» , singhiozzava Baba. L’erba era disseminata di escrementi e becchime, e un

mucchio di corpi morti era accanto al secchio. Sedeva lì, accarezzando la testa di Brownie,e mezzo occhio la fissava assente da sotto la palpebra cascante. Will si inginocchiò accantoa lei, facendo volare delle piume.

« È andata in cielo» , disse, mettendole attorno un braccio. « Le galline fanno una bellavita lassù» .

« Sei un dannato sciocco!» .

La giornata era rovinata.« Come hai potuto?» , disse Flo.« Come diavolo faccio a distinguere un dannato pennuto dall’altro?» . Uscì come una furia,

sbattendosi la porta della cucina alle spalle. Freddie iniziò a piangere. Baba corse di sopra.Flo prese Freddie e la seguì. Josephine, per una volta senza parole, continuò con il bucato ese ne andò senza salutare.

« Orribile» , scrisse Flo. Era tornata al piano di sotto dopo essere rimasta con Baba fino a

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che non si era addormentata. Orribile.« Per l’amor di Dio, smettila di scrivere su quel dannato quaderno» .Flo scoppiò in lacrime. Will non si mosse dalla sua sedia.

Quella notte, entrambi giacquero svegli in silenzio. “Come se fossimo estranei”, pensòcupa Flo, fissando nel buio. La lampada a olio sul tavolino del ballatoio faceva pochissimaluce; oltre il suo pallido chiarore, tutta la casa era buia come l’inchiostro, e, quella sera, icampi si stendevano infiniti sotto un cielo senza stelle. Solo lì, immersa nella campagnainglese, aveva conosciuto una simile oscurità: in India, tranne che durante i monsoni, il cielovellutato era punteggiato da milioni di stelle; perfino nella giungla, la luna aveva penetrato lafolta tettoia degli alberi, illuminando la liana, gli uccelli addormentati, un ruscello.

Lì, quella sera, con le cose d’un tratto orribili, Flo sentì l’oscurità di quel paese, e dellafattoria silenziosa, più minacciosa di qualsiasi giungla. Se le cose fossero andate davveromale tra di loro…

« Will?»« Sono stanco» , disse lui freddamente, e si girò dall’altra parte.

Giunto il periodo del raccolto, si erano lasciati tutto alle spalle. C’era una grandeeccitazione; un grosso rimorchio era stato noleggiato, fissato al trattore e caricato di falci;Freddie correva tutt’intorno; gli uomini erano pronti a mettersi al lavoro: Will, Mike e l’uomodel rimorchio.

« Che sia una buona giornata per tutto» .Erano giorni che tenevano d’occhio il tempo.« Io!» , gridò Freddie, cercando disperatamente di arrampicarsi sulle ruote del rimorchio.

« Io vengo!» .Will lo issò, scalciante e urlante. « Potrai venire più tardi, vecchio mio. Vieni ad aiutarci

più tardi, va bene?» .E se ne andarono, lasciandolo che piangeva a dirotto. Il bollitore rimase sul fornello per

tutto il giorno, Josephine e Flo facevano a turno per avviarsi sul sentiero con thermos di tèappena fatto e panini – per lo spuntino di metà mattina (insieme a Freddie, che sarebberimasto a guardare per sempre), per pranzo, per il tè (con entrambi i bambini). Alla finedella giornata, tutto il fieno era stato falciato e messo fuori a seccare, e anche metàdell’orzo. L’aria era piena di polvere e pula, e gli steli raccolti in fascine lungo le siepi. Ibambini sedevano all’ombra insieme agli uomini, bevendo tè e parlando; tutti erano sudati,stanchi e di buon umore.

« Purché il tempo regga» .« C’è un coniglio!» .Poi arrivò l’ora della mungitura. Quando ebbe finito, Will tornò a casa e salì su per le

scale. Flo stava facendo il bagno ai bambini e pensò di non averlo mai sentito così lento.« Tutto bene?» , esclamò tra gli spruzzi.Will arrivò dal ballatoio e fece capolino nel bagno.« Ciao, ragazzi» .« Papà!» .Era insolito che si trovasse lassù all’ora del bagno.« Vado a stendermi un po’» . Flo guardò il suo viso tirato, pallido, perfino terreo, sotto

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l’abbronzatura. Sì, era invecchiato, ma non era solo quello.« Whisky ?» , gli chiese in tono leggero.« Tra un momento» .Ma quando, dopo aver calmato e messo a letto i bambini, Flo entrò piano in camera da

letto, lo trovò che dormiva profondamente, ancora con quella brutta cera grigiastra. Tirò letende, facendole sferragliare lungo il bastone d’ottone, ma lui non si mosse.

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6Stavano bruciando le stoppie. Flo portò i bambini a guardare le fiamme propagarsi lungo

le file, il fumo nero che si levava alto dissolvendosi nel cielo di ottobre.I giorni d’estate erano finiti: il vento soffiava le foglie nel cortile e pioveva di continuo.

Will e Mike stavano fuori sotto l’acqua, impegnati a raccogliere rape, cavolo navone ebietole da foraggio. Poi cominciò l’aratura: altre lunghe, lunghe giornate. Radunarono ilbestiame nella stalla, dove avrebbe passato l’inverno. Almeno questo significava smetterladi marciare nel fango ghiacciato, al buio, in un pascolo spazzato dal vento. E poi furonorimessi indietro gli orologi.

Spogliandosi, Flo guardò Will regolare le lancette dell’orologio che lo svegliava ognimattina: si sarebbe alzato per la mungitura un’ora prima, quando era buio pesto. Si infilò lacamicia da notte sulla testa, Accidenti, mi servirebbe una camicia da notte nuova! Poi, comeogni sera, si inginocchiarono a ciascun lato del letto per dire le loro preghiere.

« Caro Dio, mantieni i miei cari al sicuro e in salute» , disse Flo sommessamente.« Dio, benedici mamma, papà e tutta la famiglia» , diceva insieme ai bambini ogni sera,

nominando ciascuno. Doveva tenerli tutti ben presenti, una cosa a cui aggrapparsi tra unavisita e l’altra. E poi: « Dio, benedici gli animali» . Per questo poteva volerci un’infinità, seBaba iniziava con le mucche speciali. Per non parlare delle galline. « Tieni Brownie alsicuro in paradiso» .

A volte, quando pregava, le sembrava di scrivere sul suo diario. Un altro giorno felice!,oppure Dammi la forza!, quando tutto diventava troppo.

« Amen» , disse frettolosa, sentendo il gelo nella stanza, e si infilò a letto.Il globo di porcellana della lampada a olio sul comò emanava un delicato chiarore, simile

a una luna. Will si alzò in piedi e andò a spegnerlo.« Eccoci» , disse, mettendosi a letto accanto a lei. Si rannicchiarono l’uno contro l’altra.

« Ti amo, Flo» , le disse, come facevano ormai quasi ogni sera, e lei aspettò, speranzosa.Quasi ogni sera, si addormentavano nel giro di pochi istanti, Non facciamo quasi più l’amore,ma non importa… be’, non molto! Quando pensava alla loro luna di miele, due persone sullatrentina, affamate d’amore da così tanto tempo…

« Will?»« Scusa, tesoro. Non mi sento molto bene» .Non doveva averla sentita sospirare. « Dimmi» .« Sono spossato. Andrò dal dottore» .“Non riesco a ricordare l’ultima volta che ha messo piede all’ambulatorio”, pensò, mentre

lui sbadigliava e si girava dall’altra parte. “Ti prego, fa’ che stia bene”.

Il giorno seguente, dopo la mungitura, Will andò con il trattore a Axminster. Flo aspettòtutta la mattina il suo ritorno. Quando lo vide fermarsi nel cortile e scendere lentamente dalveicolo, rimase scioccata da quanto sembrava stanco.

« Il dottore dice che ho la pressione alta quanto un pagliaio» , disse entrando nella cucinafumante. « Mi ha fatto la ricetta per delle pillole» . Sprofondò sulla sedia Windsor. « Su conla vita, tesoro. Non essere così preoccupata» .

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Le pillole lo facevano sentire come morto. O forse si sarebbe sentito così in ogni caso. Eragià sfinito quando era nuovamente ora di alzarsi, al buio, e gli toccava camminare sullepozzanghere ghiacciate del cortile, con la stalla che sembrava un igloo. Lui e Mike a stentoparlavano, si limitavano ad appendere le lanterne e si mettevano all’opera, con le maniinfiammate dai geloni, il fiato che si condensava nell’aria davanti a loro. A volte unolasciava che l’altro dormisse un po’ di più, ma da soli l’intero giro durava un’eternità, e conle mucche al chiuso, oltre al lavoro nel locale per la mungitura, bisognava dar loro damangiare e spalare via il letame. A ogni modo, i bambini rendevano impossibile restare aletto, per quanto Flo cercasse di farli stare buoni. Se la sarebbe cavata. Se l’era semprecavata.

Poi, una mattina, mentre lui e Mike facevano rotolare giù dal rimorchio i bidoni del latte eli issavano sulla piattaforma vicina al cancello, si sentì attanagliare da un dolore al petto cosìforte che pensò: “Ci siamo”. Rimase fermo ad ansimare.

« Will?» .Col sudore che gli scorreva in rivoli, si appoggiò a un bidone gelato.« Starò bene tra un attimo» , disse alla fine.« Meglio che vai dentro» .Tornarono lentamente sul fango ghiacciato.« Mettiti a letto» , gli disse Flo non appena lo vide.Le scale gli parvero ergersi come l’Everest.« Andiamo, vecchio mio» . Mike lo sorresse con un braccio.« Papà a letto?» .Flo accese un fornello a paraffina e portò su lo scaldino. Will urlò quando quel coso venne

a contatto con i geloni che aveva ai piedi. Poi dormì per ore.

Quella sera, giù nella cucina illuminata dalla lampada, era seduto a sorbire la zuppa sullasua sedia vicino al fuoco, come un dannato vecchio. E adesso? E adesso?

« Whisky ?» , chiese Flo, gironzolandogli attorno.Non si poteva bere con le pillole, ma al diavolo. Il whisky doppio che gli portò gli diede

una sferzata di vita.« Brava ragazza. Dov’è il “Farmer and Stockbreeder”?» .Si accese la pipa e sfogliò gli annunci in fondo: “Cercasi direttore agricolo”. “Cercasi

operaio di caseificio”. “Vendesi allevamento di maiali”. Il bucato fumava sopra di lui: lesue camicie, quelle di Mike, le loro tute. Flo, seduta di fronte a lui, con in mano il propriowhisky, sembrava provata dalla stanchezza e dalla preoccupazione. Il fuoco nella cucina sistava spegnendo. Will gettò via la rivista e andò nella gelida carbonaia.

Non l’ho mai visto così. Come faremo?

Baba si svegliò durante la notte. Il fornello di paraffina era stato spento, ma una scheggiadi luce entrava dalla lampada sul ballatoio. Si mise in ascolto. Stava accadendo qualcosa.Sentì il rumore metallico della catena nel gabinetto e qualcuno che imprecava. Poi la portasi aprì e giunse un orribile gemito. Altri passi. Era la mamma. Baba scese dal letto e aprì laporta con unostrattone.

Papà era in vestaglia appoggiato contro la parete. Aveva i capelli arruffati e si teneva il

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petto. Sembrava impazzito, era spaventoso, e a quel punto la vide.« Torna a letto!» .« Cosa succede?»« Va tutto bene, tesoro» . Mamma era lì, con la faccia pallida. « Papà non si sente bene,

torna a letto» .« Vieni anche tu, mamma» .Allora Will le ringhiò: « Fa’ come ti è stato detto, dannazione!» .Baba scoppiò a piangere. Un lamento giunse dalla camera di Freddie.« Oh, Gesù Cristo!» . Will si incamminò barcollante sul corridoio e sbatté la porta della

loro stanza.« Mamma! Mamma!» .« Sono qui» , disse Flo. « Corri a letto, io arrivo subito» .Rimasero in piedi per metà notte.

Il mattino seguente, Will diede loro un abbraccio. « Mi dispiace. Si sistemerà tutto» . Mikesi stava occupando della mungitura – ho fatto una corsa fino al caravan e ho tempestato laporta di colpi, ancora in vestaglia! Dio, che diavolo di situazione. A colazione erano ancorain pigiama, la pioggia batteva contro le finestre della cucina, i bambini mogi e pallidi.« Forza, Baba, dammi un bacio. Papà ti chiede scusa» .

Lei annuì. « Povero papà» . Si lasciò baciare, con i baffi che le facevano il solletico.« Io bacio» , disse Freddie, tirandosi dietro la copertina.Andarono tutti di sopra a vestirsi.« Sarà meglio che vada là fuori» , disse Will.Flo non ribatté. Rimase con i bambini alla finestra di Freddie, da dove potevano vedere il

cortile travolto dalla pioggia. Le mucche uscivano in fila dal locale della mungitura,attraversavano il cortile sul retro nel fango e nella pioggia, per tornare nella stalla.

« Ecco Hatpeg!» .Mike e Will seguivano gli animali. Tenevano i colletti alzati per proteggersi dalla pioggia, e

i berretti tirati giù. Baba batté alla finestra e i due uomini alzarono lo sguardo e salutaronocon la mano.

« Papà adesso sta meglio» .Di sotto, la porta d’ingresso sbatté.« ‘Giorno a tutti!» , esclamò Josephine. « Buon Dio, che giornata schifosa» .

Will tornò dal dottore.« Ho pensato che ero spacciato» , gli disse, tirandosi su la canottiera mentre lo stetoscopio

si muoveva sul suo petto. La finestra sul giardino era rigata dalla pioggia.« Dovrà prendersela più comoda» . Il dottor MacDonald rimise lo stetoscopio nella sua

custodia e si sedette alla scrivania mentre Will si rivestiva. Scrisse un’altra prescrizione.« Queste si aggiungono alle pillole per la pressione… servono a renderle il sangue menodenso. Ma devo avvertirla, se non rallenta, potrebbe trovarsi nei guai» .

Will prese la ricetta e si infilò adagio la giacca. « Come diavolo farò?» .

« Non l’ho mai visto di così cattivo umore» , scrisse Flo la sera seguente. Pioveva come senon avesse intenzione di smettere mai, non c’era Josephine e i bambini chiusi in casa erano

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irritabili.« Cosa scrivi adesso?» , le chiese Will, tornato grondante dalla mungitura.« Oh, niente» . Flo chiuse il quaderno.« Non ho mai visto tante pagine coperte di niente» . Si sfilò gli stivali e li lanciò

nell’ingresso. « Cosa c’è per cena?»« Maccheroni al formaggio» . Flo si alzò. « Li preparo subito» .Will grugnì, si avvicinò alla cucina e vi versò dentro del carbone. « Speravo che fosse già

pronto. Muoio di fame» .Flo infilò la teglia nel forno. « Mi dispiace tanto, tesoro, non mi sono accorta di quanto

fosse tardi, mi dispiace davvero…» .« C’è un orologio sulla parete, per la miseria» . Si lasciò cadere sulla sua sedia. « Certo, se

stai scrivendo…» .« Oh, Will…» . Ma non proseguì.Non riesco neanche a preparare un pasto in orario, scrisse mentalmente sul diario, mentre

apparecchiava la tavola. Ma, Dio mio, non è successo poi così spesso.Si girò e vide Will appoggiato allo schienale, con gli occhi chiusi.« Will?»« Sta’ zitta» .Flo uscì nell’ingresso gelido e rimase lì tenendosi la testa tra le mani.

Alla fine fecero pace.« Sono stato un idiota» .« È tutto a posto, ti capisco» .« Sei un angelo» .Erano in salotto, il camino acceso, i bambini a letto. Passavano così tanto tempo in cucina

che stare lì dentro sembrava quasi una vacanza. Sedevano sul vecchio divano malconcio,cercando un posto tra le molle rotte. I bambini ci avevano saltato sopra fino a sfondarlo.

« Non ce la faremo» , disse Will, circondandola con un braccio.Per un momento Flo pensò che stesse parlando di loro, del loro matrimonio.« Vuoi dire…» .« Ecco. Non riesco ad andare avanti. E non so cosa accidenti fare. Scusa. Qualche

suggerimento?» .Flo non aveva la più pallida idea. Le sembrava di avere lo stomaco pieno d’acqua, con

tutte le vecchie sensazioni che vi ribollivano dentro. Perfino col camino acceso, con lei eWill di nuovo insieme… perché non riusciva a pensare? Perché non era in grado di aiutare?

L’inverno andò avanti e arrivò la neve. Magica, come poteva essere la prima fittanevicata; i bambini ammutoliti davanti alle finestre, il sole abbagliante del mattino seguente.Niente riusciva a scaldare la casa. E per quanto riguardava il caravan, avevano portato ilvecchio letto da campo in cucina e Mike dormiva lì.

« Non dormo su uno di questi affari dal ’45» . Batté gli stinchi contro l’intelaiatura di ferroe imprecò.

Baba andò a dormire indossando i guanti di leopardo delle nevi che Will aveva dato a Flo aTulsipore. Freddie mise il suo cappello di lana. Il latte gelò nella latteria e, a ogni modo, ilfurgone non riuscì a percorrere la stradina. Per giorni rimasero sepolti dalla neve, enormi

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ghiaccioli pendevano da ogni grondaia, e non si poteva fare altro che stringersi davanti allacucina accesa.

« Per lo meno così Will potrà riposarsi un pochino» , scrisse in fretta Flo. « Una volta finitala mungitura, fuori non si può fare altro» .

Insieme ai bambini preparò dei biglietti di Natale. Quando la neve si sciolse, li imbacuccòin tutto quello che avevano e li portò a Hawkchurch. L’acqua gorgogliava nei canali, la nevesciolta gocciolava dagli alberi. Spedirono i biglietti e fecero provviste, dopo giorni di toast alformaggio scadente. Flo usò le razioni natalizie extra per comprare qualcosa di buono:cioccolata e topini di zucchero.

Al loro ritorno, videro che Will e Mike avevano portato in casa un albero. Stava in unsecchio in salotto – Terra dappertutto! Uomini!! – e tutta la casa profumava di pino.

Il giorno seguente, Flo tirò fuori la scatola delle decorazioni.« La vedo male» , disse Mike, sentendo l’eccitazione, ma diede una mano ad appendere un

angelo.« In un modo o nell’altro, passeremo un bel Natale» , disse quella sera Will, versando un

whisky agli adulti. Per una volta avevano acceso il fuoco lì dentro, anche se scaldava amalapena. Vi si strinsero attorno, sollevando i bicchieri. « Poi ci penseremo» .

Gennaio fu orribile: ventoso e piovoso come quando erano arrivati un anno prima.Febbraio andò peggio. Una mattina, mentre si radeva dopo la mungitura, Will si tagliò con ilrasoio. « Dannato sciocco» . Prese un asciugamano bucherellato, si tamponò il taglio ediede una passata allo specchio appannato.

Era grigio come un elefante. Era tirato, grigio e malato. Stava prendendo altre pillole. Glidavano nausea e sonnolenza. Aveva trentotto anni, una moglie e due figli. Era tornatodall’India felice e sano come un pesce, si era inventato un nuovo lavoro, aveva fatto del suomeglio, e adesso…

« Oh, non lo so» , disse a voce alta.« Cos’è che non sai, tesoro?» , domandò Flo che passava davanti alla porta aperta. I letti

erano rifatti; infilò la testa dentro e vide la sua faccia smunta.« Un cavolo di niente. Non preoccuparti. Scendo tra un attimo» .Tolse l’asciugamano dal viso, vide il taglio ancora sanguinante e si sedette sul bordo della

vasca. Al piano di sotto i bambini bisticciavano e frignavano: chiusi dentro da giorni, eranoinsofferenti.

In cucina, bevve una tazza di tè riscaldato, si accese la pipa e diede una scorsa al giornaledel giorno prima, che Flo aveva portato dal villaggio. Non aveva più senso cercarvi annuncidi lavoro, aveva detto quando la ragazza aveva posato sul tavolo il nuovo « Farmer andStockbreeder» , nonostante controllasse sempre i prezzi, si informasse sulle fiere dellacontea. Adesso, con i bambini in salotto, dove Baba metteva su i dischi (che creaturina ingamba), riprese a sfogliarlo. Adesso che erano nell’anno nuovo, poteva esserci qualcosa.

« Flo, vieni a dare un’occhiata» .Le mostrò l’annuncio. La Rural Landowner Society, la Società rurale dei latifondisti,

cercava segretari regionali perché reclutassero nuovi membri, nel Leicestershire e nelleMidlands. Richiedevano provenienza dal mondo agricolo ed esperienza nelle vendite.“Salario e commissioni pagate. Gradita auto”.

Il vecchio Mike aveva esperienza nelle vendite, poveraccio. Will non aveva mai venduto

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niente in vita sua. Canna da zucchero, sì, ma era una cosa diversa, su una scala del tuttodiversa. Ma la formazione agricola, quella non gli mancava affatto, anche se non possedevaun’automobile. Autobus o cavallo di san Francesco: cosa c’era di male in questo? O unabicicletta.

« Cosa ne pensi?» .Dall’altro lato del corridoio si sentivano il gracchiare della musica e i bambini che

correvano su e giù per la stanza.

C’è una casetta bianca, con una porticina verdealla fine di Honey moon Lane…

« Penso che saresti perfetto» , rispose Flo.

I colloqui si tenevano a Londra, presso la sede della SRL. Will partì una fredda mattina dimarzo e Mike gli diede un passaggio fino ad Axminster. Andarono piano sulle stradebagnate, arrivando proprio quando il treno entrò sbuffando nella stazione.

« Buona fortuna, vecchio mio» .« Ne avrò bisogno» .Si strinsero la mano e poi Mike se ne tornò al trattore, parcheggiato nello spiazzo della

stazione. « Cosa farai se mi danno questo lavoro?» , gli aveva chiesto Will mentre erano inviaggio.

« Troverò qualcosa» .« Forse dovresti fare domanda anche tu» .Mike aveva scosso la testa. « Ho chiuso per sempre con la vendita. Mia sorella sta

avviando un allevamento di cincillà. Nel Suffolk» .« Buon Dio» .« Potrei darle una mano per un po’. Provaci tu, Will» .Ci avrebbe provato. Comprò il biglietto appena in tempo: la banchina era invasa dal

vapore, il capotreno stava fischiando, e attraversò di corsa l’atrio urlando.

Il giorno seguente aveva smesso di piovere e un sole annacquato illuminava i campifradici. I bambini uscirono coi loro stivali di gomma e andarono a saltare nelle pozzanghere.Flo lasciò la porta aperta così poteva tenerli d’occhio. Le galline bagnate si misero agironzolare nella cucina. « Fuori! Uscite!» . Ripulì lo sporco e le impronte e controllò l’oraper la millesima volta.

« Quando torna papà?» , chiese Baba all’ora di pranzo, con la bocca piena di semolino.« Domani. È andato da zia Agnes, te l’ho detto. E zio Neville» .« Perché?»« Non li vede da quando si sono sposati. Tesoro, per favore, non mangiare così» .« Perché stai guardando di nuovo l’ora?»« Non lo sto facendo» .

Non avevano detto niente ai bambini: perché scombussolarli quando poteva risolversi inuna bolla di sapone? A ogni modo, Freddie era troppo piccolo per capire. Ma da quandoWill era partito, Flo si sentiva le farfalle nello stomaco – Si direbbe che sono io quella che

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deve affrontare il colloquio!« Ascolta!» . Balzò in piedi, battendo un ginocchio contro il tavolo.« Cosa? Cosa?»« Ahi. Niente. Aspetta qui» .Corse alla porta e guardò fuori. Eccolo di nuovo, il campanello di una bicicletta: era il

fattorino del telegrafo col suo berretto che pedalava sul fango. Flo gli corse incontro, seguitada Baba, con ai piedi solo le calze – ma quando avrebbe obbedito, quella bambina? – eFreddie che gridava nel seggiolone.

« Telegramma» , disse il ragazzo. E poi: « La sua bambina è senza scarpe» .« Lo so. Grazie» .Firmò e aprì il telegramma. Poche parole.CE L’HO FATTA.

I bambini erano a letto. Will salì lentamente le scale. La stanza di Baba stava diventandobuia al calare del pallido sole primaverile. Faceva ancora molto freddo.

« Baba, voglio dirti qualcosa» . Si sedette sul letto accanto a lei e fece un respiro.« Abbiamo intenzione di vendere» .

« Cosa significa?»« Devo vendere Hatpeg» , le disse, e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. « Devo venderle

tutte quante. Sono un vecchio papà stanco, troppo vecchio per fare il fattore» . Si diede uncolpetto sul torace. « Il cuore fa un po’ di capricci. Non ce la faccio più» .

Lei lo guardò, si mise a sedere e tirò su Squeaker accanto a sé.« Dov’è Hatpeg?»« È ancora qui, ma andrà con Guernsey Noo e le altre in un’altra fattoria» .« Stai piangendo» .« No, non piango» . E a quel punto scoppiò in lacrime.Baba gli mise le braccia attorno al collo e lui la strinse forte.« Ho fatto del mio meglio» , disse alla fine.

Arrivò un giorno tremendo. Tre carri bestiame vennero a prendere tutte le mucche e ivitelli. Entrarono a marcia indietro nel cortile uno per volta, e Will, Mike e gli autisticircondarono gli animali. Flo e i bambini restarono in cucina a guardare dalla finestra; lemucche muggivano e, servendosi di bastoni, gli uomini le guidarono dal cortile sul retro,dove si trovavano sin dalla mungitura del mattino, poi su per le rampe fino al buio dei carri.Le bestie scalciavano e sobbalzavano, roteando gli occhi.

« Forza! Forza! Dentro!» .« Quella è Guernsey Noo!» , gridò Baba.« Povera Guernsey Noo» , disse Flo. « Povere creature» .L’ultimo veicolo era per i vitelli, più veloci delle mucche a saltare da un lato, a correre via

sulle lunghe zampe.« Laggiù… laggiù, svelti, prendetelo!» .Finalmente finirono, i camion se ne andarono rombando lungo la stradina e il cancello fu

richiuso. Will e Mike rimasero a guardare il cortile vuoto. C’erano paglia ed escrementiovunque. Poi andarono nella stalla per ripulirla un’ultima volta. Quando Baba e Freddieuscirono a giocare, sentirono il vigoroso e ripetuto sfregare delle ramazze, che passavano e

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ripassavano sul cemento.

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Parte secondaHoneymoon Lane

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1Erano fermi nella hall su un tappeto con motivi a spirale, circondati dai loro bagagli.« Casa!» , disse Freddie guardandosi attorno. Aveva gli occhi sgranati. « Casa!» .La pensione si chiamava Saunt’s Pump… chissà chi era il vecchio Saunt e dove aveva

messo la sua pompa, aveva chiesto Will, cercando di rallegrare gli altri, ma non ci fualcuna risposta.

« Casa!» . Eccolo lì, con la piccola salopette di velluto marrone, che stringeva la mano diFlo.

« Andiamo, amico» .Ma quando vide la faccia sfinita di Flo, sentì il proprio cuore sprofondare. La ragazza che

li aveva fatti entrare aveva detto che la proprietaria sarebbe arrivata di lì a poco; adesso,dall’altra parte dell’atrio, vedevano la stessa ragazza nella sala da pranzo fiocamenteilluminata che serviva la cena. Mollò un piatto davanti a un tremolante vecchietto checercava di infilarsi il tovagliolo nel colletto.

« Carne trita e purè di patate» , annunciò. L’uomo alzò speranzoso lo sguardo ma laragazza era già andata via. C’erano solo altre due persone, un tizio che sembrava uncommesso viaggiatore e una signora anziana con un libro.

« Ho fame» , disse Baba.« Shh» , fece Flo. « Mrs Come si chiama sarà qui tra un minuto. Will, suona, dài» .« Io suona» , disse Freddie.« Forza, allora» . Will lo issò e Freddie diede una serie di colpetti al campanello, che

produsse dei flebili tintinnii. Finalmente apparve una donna grossa che si spazzolava lebriciole dal cardigan.

« Sono davvero spiacente. Voi dovete essere i Sutherland» . Rivolse un grande sorriso aFreddie, ancora in braccio a Will. « Ma sei proprio un ometto, a suonare il campanello inquel modo!» .

Prese le chiavi alle sue spalle e sollevò un enorme registro sul bancone. « Una firma, MrSutherland, se non le dispiace. Sono Mrs Burnett, a proposito» . Sorrise di nuovo radiosa.

Subito dopo arrancavano su per le scale, coperte dalla stessa moquette a spirali.« E ancora e ancora» , sospirò Freddie.Avevano due camere sul davanti, con una porta comunicante. La stanza dei bambini

aveva il pavimento di linoleum e un tappeto patchwork. Baba aveva un lettino contro laparete e Freddie una vecchia culla malandata. Will e Flo avevano un cigolante lettomatrimoniale e lo stesso tipo di mobili semplici che possedevano alla fattoria. Sull’orrendocomò c’era un’enorme radio. C’era un tappeto di sbiadite rose centifolia. Si sentiva un lieveodore di topo?

Andarono alla finestra, Freddie in braccio a Will, e guardarono giù nella piazza buia. Aquell’ora, nella fattoria, le mucche sarebbero uscite in fila dal cortile e le prime stelleavrebbero fatto capolino nel cielo sopra ai campi. Adesso, in una fredda sera primaverile,distinsero un campanile e un mercato coperto e videro la gente che tornava frettolosa acasa sotto i lampioni. L’insegna della pensione dondolava nel vento.

« Casa» , disse nuovamente Freddie.« Adesso questa è casa, vecchio mio» .

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Il bambino seppellì il viso nel collo di Will.

Erano a Market Hampden, una vecchia cittadina del Leicestershire di una certaimportanza e fascino: era così che l’aveva descritta Fitz, citando la guida turistica. Charles eio ci siamo stati durante la guerra civile! Dove sarà il tuo ufficio, Willie?

Si trovava in una stradina dalle parti della piazza, a pochi minuti dalla pensione. Al primopiano c’era un’agenzia immobiliare e sopra una specie di sartoria. Will stava in una stanza inaffitto all’ultimo piano. « Alquanto antiquato e angusto» , scrisse a Fitz qualche giorno dopo,« ma in realtà è uno spasso. Atmosfera, carattere, questo genere di cose» . C’erano unagrande e vecchia scrivania, una poltrona girevole, un telefono – felicità, come avrebbedetto Flo. E anche una dannata grossa macchina da scrivere che avrebbe dovuto imparare ausare – « ma, a quanto pare, viene una ragazza un paio di giorni a settimana. Non vedol’ora!» .

Uno sconfinato schedario verde militare stava in un angolo, con un bollitore e delle tazzesu un vassoio. Una cartina delle contee delle Midlands era affissa alla parete, costellata dapuntine colorate.

Il primo giorno, il direttore di zona, che aveva visto al colloquio a Londra, gli spiegò irudimenti del mestiere.

« Sutherland. Charles Denning. Ottimo lavoro, è un piacere rivederla» .Denning era grosso e danaroso; a quanto pareva, mezzo Northamptonshire era suo. « Lei

era in India, ricordo. Zucchero, prima della guerra, dico bene?» . Attraversò la stanza peraprire la finestra a battenti. Entrò il sole e un forte odore di zuppa al pomodoro. « Vienedalla fabbrica Sy monds» . Socchiuse la finestra. « Zuppa in scatola e ortaggi. Ci si abituapresto all’odore, mi dicono. Bene, veniamo a noi» .

Passarono la mattinata a esaminare tutto quanto. Procedure di assunzione e tutti i benefitconcessi dalla società: consulenza sulla ristrutturazione di edifici abbandonati; sullameccanizzazione e l’ottimizzazione degli stipendi; sull’assicurazione, le tasse, gli schemipensionistici e le tasse di successione.

Le puntine sulla cartina mostravano i membri della SRL e i potenziali membri. Willosservò i nomi di fattorie e villaggi, si vide aprire i cancelli di altri pascoli e aie, camminaresu graziosi prati ed enormi tenute, senz’altro da fare se non parlare. Niente mungere néarare, né tantomeno sollevare bidoni del latte o balle di fieno. Si sentiva già meglio.

Sedersi a tavola e farsi portare da mangiare! I bambini guardavano gli altri ospiti nellasala da pranzo.

« Mamma! A quell’uomo cola il naso» .« Shh» .« È disgustoso!» .Altroché se lo era. Pover’uomo, solo al mondo, lo si capiva lontano un miglio, senza

nessuno che gli sistemasse il tovagliolo o che gli tagliasse il bacon stopposo. Uscendo dopo lacolazione, Baba rivolse alla sala un sorriso radioso.

« Arrivederci a tutti!» .« Che tesorino» .Mrs Burnett, doveva smetterla di chiamarla Mrs Cosa, alzò lo sguardo dal bancone quando

Flo scese dabbasso con i bambini nei loro guinzagli.

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« Si esce? Lasciate che vi apra la porta» .Il sole si riversò dentro.« Si va!» .Straordinario, dopo tutto quel tempo, andarsene in giro in una città. Con Freddie nel

passeggino, il guinzaglio di Baba avvolto attorno al polso, Flo guardò tutte le vetrine.« Cos’è quest’odore?»« Papà dice che c’è uno stabilimento di zuppe. Immagino che ci faremo l’abitudine» .Pomodoro? Zuppa al curry ? Camminarono lungo la strada. C’erano enormi cartelloni

pubblicitari.Due bambini, una femminuccia con le trecce e un maschietto, passeggiavano mano nella

mano su una stradina di campagna. Un enorme sole splendente aspettava i piccoli, con iloro berrettini fatti a maglia e le ottime scarpe resistenti. “Start-rite”, diceva la pubblicità,senza bisogno di aggiungere altro.

« Quelli siete voi due» , disse Flo.« Siamo noi!» .Da Boots, Flo acquistò una confezione di assorbenti. All’emporio di Hawkchurch, li

tenevano nascosti sotto al bancone, ma qui… davvero scioccante. E, come previsto…Alla cassa, Baba si alzò in punta di piedi e allungò una mano. « Cosa compri?» . Diede un

colpetto alla grossa e morbida confezione. « Cosa sono?»« Niente, adesso ce ne andiamo» . Flo infilò tutto nella borsa.« Cosa sono?» .Un cartello indicava la sala lettura al piano di sopra.« Saliamo!» .Nella sala c’erano tre o quattro tavoli carichi di libri. Flo diede un’occhiata. Forse, non

dovendo cucinare, poteva finalmente ricavare un’ora o due. Perfino ricominciare ascrivere… I quaderni erano ancora impacchettati sul fondo della sua valigia.

I bambini correvano in giro, Freddie alla finestra, Baba di nuovo in punta di piedi.« Voglio un libro!» .« Posso aiutarla?» . Una bibliotecaria zitella con un cardigan fulvo chiaro. Erano sempre

così. Un po’ come Agnes.Quanto era passato da quando aveva avuto tempo per cose del genere? Un’ora felice volò

via. Fece la tessera, prese due volumi illustrati per i bambini e l’ultimo di Monica Dickensper sé, e il libro di una certa Elizabeth Tay lor. A Game of Hide and Seek, una storiad’amore, proprio il suo genere. Un giorno scriverò la nostra storia d’amore anche sedovesse essere un’impresa, scrisse mentalmente nel suo diario, e tirò il guinzaglio di Babamentre si dirigeva all’uscita. Passò un uomo che spingeva un passeggino. Ma sul serio?

La cosa migliore era avere una radio in camera. Come la pubblicità delle Start-rite, avevaun enorme sole splendente sul rivestimento sudicio.

« Ascoltate questo» , disse dopo cena. I bambini avevano fatto il bagno e indossato ilpigiama. Si infilarono tutti nel lettone, una cosa speciale. Flo armeggiò con le manopole, edopo tanti ronzii, crepitii e voci straniere: « Eccolo!» . Servizio Nazionale.

« We’re much binding in the marsh![3]» , cantava il caro Dickie Murdoch.« Sembra divertente» , disse Will, tornato dalla sua sosta al bar.« Much binding in the marsh!» .

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Scoppiò a ridere. « Bello spettacolo! Cercherò una casetta laggiù» .Erano già sparsi in giro annunci di deliziose, e proibitive, villette. Dove sarebbero finiti?« Ora della nanna» , disse Flo ai bambini, mentre Dickie Murdoch e Kenneth Home

concludevano il loro divertente programma, lasciando lei e Will a ridere a crepapelle. « Èora di infilarsi sotto le coperte» .

« Non voglio andare a dormire adesso!» .Li tirarono fuori dal lettone e li portarono in braccio urlanti nella loro stanza.« Shh! Shh! Ci sono altre persone qui!» .« Dove? Io non vedo nessuno» .« Basta così, voi due. Adesso, guardate, ho messo una piccola luce da notte sul comò» .

Mrs Cosa glielo aveva concesso. « Mettetevi a letto. Forza, Freddie, tesoro, dentro» . Lo issònella culla e tirò su la sponda. Will spense la luce e Flo accese un fiammifero. Dopo unistante, il lumino nel suo piattino con l’acqua stava brillando nel buio. I bambini si fecerosilenziosi.

« Buonanotte, piccini miei. Dormite bene» .Tornarono senza far rumore nella loro stanza. « Finalmente a letto» , disse Will, mentre

accostavano la porta, lasciando un piccolo spiraglio per sicurezza. « Vieni qui» .Niente mucche da mungere, niente stanchezza, né quell’orribile pressione sanguigna. Lei

si mosse tra le sue braccia e si baciarono sulla trapunta piena di bozzi.« Dormono?»« Credo proprio di sì» .Fin qui, tutto assolutamente fantastico.

Poi arrivò il telegramma.« È morta» , disse Will pallido dopo averlo aperto a colazione.« Chi è morto? Cos’è successo?»« Shh» .Will spinse il foglio sulla tovaglia di lino. “MAMMA È MORTA NEL SONNO LA NOTTE

SCORSA. AGNES” . Nella sala si diffuse un mormorio. Perché era così raro che untelegramma recasse buone notizie?

« La nonna è andata in cielo» , disse Flo ai bambini, che la guardarono con aria assente. Astento l’avevano vista, non se la ricordavano. I suoi genitori avevano visto Freddie solo unavolta e Baba quando iniziava a fare i primi passi… Dio, che vita isolata avevano condotto.

« Will?» .Lui sedeva con la testa tra le mani.« Starò bene tra un minuto» . Poi si alzò e uscì in tutta fretta.« Papà sta piangendo?»« Forse. Povero papà» . Ripulì il mento di Freddie dall’uovo.« Mamma no piange» , le ordinò il bambino.« Non lo farò, tesoro» .Sapeva che non avrebbe versato una lacrima, anche se fosse andata al funerale, cosa che,

naturalmente, non poteva fare. Ci sarebbe andato Will e lei sarebbe rimasta con i bambini.Che vecchia irritante era stata. « Puoi chiamarmi Madre Beatrice» . Ugh, come in una di

quelle spaventose sette. Che brutto pensare che Baba era stata chiamata come lei. « Madobbiamo farlo» , aveva detto Will, proprio come aveva detto che dovevano chiamare

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Freddie come suo padre. « È l’unica cosa che possiamo fare per lei, tesoro» .Oh, be’. Povero Will. Era sua madre, dopotutto.

Ma dopo il funerale, tutti si ambientarono. La pensione era calda e confortevole. Certo,una mattina Freddie aveva guardato dal lettino con gli occhi sgranati Will che gettava fuoridalla finestra un topo finito nella trappola. Certo, il cibo era insipido, ma a quei tempi il ciboera insipido ovunque: un sacco di alimenti ancora razionati e il gusto di uova liofilizzate inogni dolce. E pensare che prima avevano tutte quelle galline e le uova fresche ognigiorno!

Ma la cosa migliore, a parte non doversi occupare delle faccende domestiche, era il fattoche sembravano rallegrare chiunque. Era bello per i due vecchi ospiti stabili avere unafamiglia giovane che scendeva per colazione ogni mattina: il traballante Mr Metcalfe, colnaso gocciolante, e la povera, vecchia brontolona Miss Forest. Erano finiti chissà come aquei tavoli, insieme ai commessi viaggiatori, e tutti alzavano gli occhi quando i bambinientravano correndo: finalmente avevano qualcosa di nuovo di cui parlare.

« Ciao, voi due» , diceva Miss Forest, guardando al di sopra del « Telegraph» .« Che vestito carino» , diceva Mr Metcalfe, ogni volta che Baba compariva con i vecchi

abiti della fattoria, che ormai non le stavano più.« La aiuto a tagliare il suo toast?» . Si sedeva accanto a lui e si metteva a tagliare. « Le

serve un fazzoletto!» . Lui ne tirava fuori uno con la zampa tremolante.« Vado, adesso» , diceva Will tutte le mattine, alzandosi da tavola.« Ciao ciao, papà!» .« Fate i bravi» .Dava un bacio a Freddie nel seggiolone e rivolgeva un cenno del capo agli altri

commensali. Sembrava così attivo e determinato, così vispo, quando lui e Flo si salutavanocon un bacio. « Buona giornata, tesoro» , gli diceva lei.

E con la tristezza del funerale alle spalle, per lo più le sue giornate erano buone.Aveva già arruolato due nuovi membri, prendendo l’autobus che dalla cittadina portava

lungo le strade di campagna, percorrendo con berretto e stivali di gomma le stradine pienedi pozzanghere del Leicestershire, Ruthland e Northamptonshire, tirando fuori la cartina perorientarsi. Le siepi in boccio… che meraviglia. Visitava vecchie fattorie che stavanorimettendosi in piedi, proprio come aveva fatto lui. C’era un sacco di cui parlare: sapevaesattamente quali fossero le loro difficoltà, cosa poteva offrire la SRL, e parlava la linguadei fattori quando discutevano della produzione di latte, delle sovvenzioni, della rotazionedelle colture. Grattando il capo di un enorme toro Ayrshire rinchiuso nella stalla, pensò agliossuti manzi bianchi che tiravano il loro carretto di canna lungo i sentieri polverosi, chefacevano girare la ruota del pozzo di un villaggio.

« Una volta ho messo due tori a tirare l’aratro» , disse al fattore quando presero a parlaredel passato. Le galline razzolavano attorno ai loro piedi.

« Manzi, vorrà dire» .« No, tori» , disse. « In India» . E gli disse di come due giovani tori fossero destinati al

macello fino a che non gli era venuta quell’idea folle. L’Ayrshire sbavava attraversol’anello all’ispido naso, sporgendosi oltre la mezza porta sotto la pioggia, mentre Will e ilfattore si stringevano la mano.

« Ne ho trovato un altro!» , disse a Flo quella sera.

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E adesso, alla ricerca di una casa!« Dobbiamo concentrarci» .Erano seduti con gli annunci nella saletta della pensione.« Oh, ti prego, non chiamarla saletta!» .« Tesoro, è una pensione, in quale altro modo si dovrebbe chiamare?»« Non lo so, è solo che suona così male» .Le passò una brochure. « Cosa ne pensi di questa?» .Guardarono la foto incollata di un cottage bianco col tetto di paglia: tre camere da letto, un

piccolo giardino avanti e sul retro, un villaggio simpatico.« Mi piace il tetto di paglia» .« Potrei coltivare degli ortaggi» .Flo ebbe una visione dei cavoli. Cavoli! Non nel giardino anteriore! Per non parlare dei

cavoletti di Bruxelles. Orribile.« Ho sempre voluto un orto» .Davvero? Davvero?« Ma possiamo permettercela?» , disse Flo guardando il prezzo.« Il fatto è che, naturalmente, adesso che mia madre non c’è più… abbiamo qualcosina in

più a disposizione» .Fitz era stata così generosa quando la fattoria era stata messa in vendita. « Ovviamente

tutti i profitti spettano a te» , aveva scritto. « Non hai mai mancato di pagarmi l’affitto e ionon ho mai pensato di guadagnarci. Prendi il resto! Prendilo!» .

Will l’aveva preso. Sufficiente per una caparra. Il denaro di sua madre rimpolpava ilgruzzolo.

« Possiamo sempre fare un’offerta» .« E questa, invece?» . Flo pescò un’incantevole casa georgiana, ottima posizione, quattro

camere, ampi giardini, frutteto. Il frutteto! Quello sì che sarebbe stato un sogno. Già vedevatutto: il tè sotto i meli, Will su una scala in autunno…

Will indicò gli zeri. « Spiacente, tesoro, è fuori questione» .Le mele caddero tristemente nell’erba alta.« Ma non potremmo solo darle un’occhiata?»« Non ha molto senso, no?» .Flo si morse il labbro. E poi un pensiero le attraversò la mente come un fulmine.« Will! Ho un’idea» .Lui si stava accendendo la pipa. « Di cosa si tratta?»« Mio padre potrebbe aiutarci a comprarla. So che lo farebbe» . Oh, quella casa,

quell’incantevole, deliziosa, magnifica casa! Il frutteto! Avrebbero potuto starci per sempre.Will gettò via il fiammifero.« Ascolta, Flo…» .« Ascolta cosa?»« Non voglio che ti metti a fare la sciocca riguardo a questa cosa» .« Cosa intendi?»« Sai cosa intendo. Non voglio accollarmi più debiti di quanti riesca a gestirne, e di sicuro

non voglio essere in debito con tuo padre» .« A lui non dispiacerebbe!» .« Non è quello il punto. E, a ogni modo, perché diavolo ci serve una casa vittoriana?» .

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Non c’era alcuna risposta a quella domanda.

« Allora» , disse un paio di giorni dopo. « La scuola. Com’è la situazione?» .Flo era ancora nervosa. Ma in questo caso non c’era da scegliere tra tetto di paglia e

frutteto: a Market Hampden esisteva un’unica scuola.« Una piccola scuola per signore» , aveva scritto a Vivie. « Gestita da tre sorelle zitelle. Un

posticino buffo, ma penso che Baba lo adorerà… ormai è ora che ci vada, quella piccolachiacchierona!» .

Erano in attesa di un posto. L’ideale, certo, erano due posti, e per una volta cinque minutiper se stessa, se ci fosse stato un nido. Ma non c’era.

« Ancora nessuna notizia» , rispose. « Provo a passarci un’altra volta» .Will si appoggiò allo schienale accanto a lei. « Buona idea. Ricordamelo: devo mettere

Freddie in lista per Mountford appena ci sistemiamo. Mi piacerebbe vederlo lì» .Mountford Park era la vecchia scuola elementare privata di Will nell’Hertfordshire – una

villa ricoperta di rampicanti in un magnifico parco –, le aveva mostrato le foto. Sembravastupenda.

« È così piccolo» , disse Flo.« Aspetta e avrà otto anni prima che tu te ne accorga» .Flo cercò di immaginarselo. Freddie non era come Baba, tutto sorrisi affettuosi e via.

Cercò di immaginarsi a doverglielo spiegare. Doverlo salutare. Non voleva un’altradiscussione, ma…

« Tesoro, non sono molto sicura…» .Will le mise un braccio attorno. « Lascia fare a me» .

« Oggi comincio la scuola!» , annunciò Baba a colazione, un giorno di settembre.« Ci vai subito?»« Mi spiace, ma non posso tagliarle il suo toast, Mr Metcalfe! Devo andare!» .La salutarono con la mano.C’erano tre Miss Beasley. C’era la Miss Beasley Sposa: era la più carina, anche se, al pari

delle altre due, poteva essere rigida. Poi c’era la Miss Beasley Media: semplice, ordinaria,non si poteva dire altro. Portava spesso un maglione verde. E poi, con gli occhiali dallamontatura di corno, c’era la Miss Beasley Sedere Grosso.

« Enorme!» , disse Will.C’erano due aule, entrambe al piano di sopra. Quella per i più piccoli aveva tavoli e sedie

e la vista sul giardino. Lungo tutta la parete c’era una fascia decorata con l’alfabeto. A diApe e B di Balena. E di Baba, naturalmente. L’aula dei grandi era sotto la supervisione diMiss Beasley Sposa e dava sulla strada. C’erano scrivanie lì dentro. Calamai! Unpianoforte! E alle pareti erano affisse tutte le tabelline!

Baba iniziò con i piccoli. Non appena fosse stata in grado di leggere, disse la Miss BeasleyMedia, sarebbe potuta andare nell’altra classe. Baba pregava per questo ogni sera. Alcuni diquei bambini avevano otto anni!

« Cosa farete oggi?» , le chiese Will mentre attraversavano la città mano nella mano.« Lettura» , rispose decisa Baba. « E scrittura. Ho un nuovo quaderno!» .All’ingresso della scuola la salutò con un bacio e la guardò salire su per le scale senza

neanche voltarsi indietro. « Ciao, tesoro!» , e andò via, togliendosi il cappello davanti a tutte

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le madri che arrivavano con i propri bambini. « ‘Giorno! Buongiorno!» .Nell’aula, Baba stava prendendo posto.« Buongiorno, bambini» .« Buon-gior-no-Miss-Beas-ley » .La Miss Beasley Sedere Grosso distribuì tutti i quaderni. Baba aprì il suo e appiattì la

pagina. Prese una matita dal vasetto di vetro. Eccoci.Su ciascuna pagina c’erano tre righe. Sulla prima c’era qualcosa da ricopiare: ganci a S o

biscotti. Oggi c’erano i biscotti. Le altre due righe era dove si scriveva: una per la minuscolae l’altra per la maiuscola. Questo quando si aveva il permesso di fare le lettere. Ma primabisognava diventare bravi con i ganci e i biscotti.

Nel frattempo, Freddie e Flo si stavano divertendo un mondo.« Mamma!» .Nell’istante in cui Will e Baba furono usciti, il bambino si mise a battere sul vassoio del

seggiolone, tutto raggiante. « Mamma, mamma, mamma!» .« Freddie, Freddie, Freddie!» . Flo finì il proprio toast con la marmellata, aiutò il figlio a

finire le sue uova e i pezzetti di pane tostato, e poi uscirono. Ogni giorno se ne andavano ingiro per la città, guardando questo e quello. Il martedì era giorno di mercato: appena svegli,sentivano lo sferragliare dei carri bestiame e i muggiti. I bambini correvano alla finestra.« Guarda! Quella è una Guernsey !» .

Adesso camminavano lungo le strade secondarie e l’odore degli animali si mescolava aquello della zuppa. All’interno del mercato, Flo e Freddie girovagavano mano nella manotra le file di gabbie.

« Maiali!» .Quello sì che era uno spettacolo. Enormi scrofe rosee e ispide giacevano su un fianco su

un mucchio di fieno, con i maialini rosa attaccati alle mammelle.« Succhia, succhia, grugnisci, grugnisci» , disse Flo.Freddie rideva a crepapelle. « Succhia, succhia, grugnisci, grugnisci!» .In una gabbia c’era un grosso cinghiale chiazzato di nero. Flo rimase a osservarlo. Da

chissà dove, le vennero in mente le parole British Saddleback. Insomma, chi l’avrebbe maidetto che avrebbe passato la sua vita da sposata a pensare alle razze suine. « Dimmi tu!» ,scrisse a Vivie.

« Sarai un fattore quando diventi grande?» , domandò un uomo in tuta da lavoro.« Io è un fattore» , rispose Freddie.Lame di luce filtravano dai buchi nel tetto, danzando con la polvere del fieno. Piccoli pezzi

di paglia ruotavano nell’aria, e qua e là un passero volava su una sporgenza cinguettando.Flo accostò la guancia a quella di Freddie.

« Il mio bambino» .

Oltre a reclutare nuovi membri, Will doveva mantenere soddisfatti i vecchi, naturalmente.A volte questo significava far visita a un acro e a una mucca, altre, come quell’oggi, aun’enorme tenuta.

Arrivò il treno per Leicester, nuvole di vapore illuminate dal sole mattutino. Salì a bordo,sentendo il calore sulla schiena, per la prima volta dopo secoli che prendeva un treno senzala famiglia. E tutt’a un tratto vide un giovane che si issava su un treno pieno all’inverosimile,

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la banchina affollata di famiglie indiane, il vapore che risaliva nel calore, il ragazzo del chaiche gridava col suo vassoio di bicchieri tintinnanti, quel fumoso odore di tè e spezie pungentidappertutto, il fischietto che suonava mentre si avviava al proprio scompartimento. Sipartiva!

Quando fu seduto comodamente a guardare una distesa di prati inglesi, illuminati dal solebritannico, quell’immagine del passato scomparve in fretta.

Durante il viaggio di ritorno nel pomeriggio, guardando fuori dal finestrino mentre il trenopassava sbuffante davanti a fattorie e villaggi, vide un posticino il cui aspetto gli piacque.

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2C’è una casetta bianca, con una porticina verdealla fine di Honeymoon Lane…

Cantavano sul sedile posteriore del taxi, i bagagli stipati nel cofano, tutti in predaall’eccitazione. Poi, arrivarono a destinazione.

Mattoni rossi, tetto di tegole, un portico. Due camere sotto, due sopra, con la cucina sulretro. Ma un giardino enorme che, attraverso un’apertura nella siepe, portava a un frutteto.Un frutteto! « Ho pensato che potremmo tenere delle oche» , disse Will, mentre i bambinicorrevano in giro. C’erano un garage in fondo al sentiero, grande abbastanza per un’auto suldavanti, se ne avessero avuta una, e una piattaforma sul retro, se ci avessero messo untramezzo.

Sul davanti, il giardino era piccolo e recintato da un muretto, e dava su una stradina. Asinistra c’era il Crown – « Sembra un bel posto» – mentre da destra si arrivava alla stradaprincipale, con delle case popolari un paio di campi più in là, e un ponte pedonale sul canalericoperto di lenticchie d’acqua. E sul davanti c’era una piccola zona recintata, anch’essa diloro proprietà.

« Ecco dove farò l’orto!» .La prima cosa che Flo fece con l’assegno per l’inaugurazione della casa mandatole dal

padre fu far imbiancare il villino. La porta d’ingresso e le finestre le volle nere. « Un villinobianco e nero in una stradina tranquilla» , scrisse a Vivie, su una nuova carta intestata. TileCottage, Melcote Magna, Leicestershire. « Grazioso, adesso che l’abbiamo sistemato» .

Freddie alzava la cornetta nello studio di Will, dall’altra parte del minuscolo corridoio, difronte alla sala da pranzo. Faceva numeri a caso: a volte senza risultato, a volte rispondevaqualcuno. « Pronto? Pronto-oo?» . Non avevano mai avuto un telefono tutto loro. I primigiorni, Will lo lasciò fare, prima di cacciarlo via per il riposino. Ma, essenzialmente, disse aFlo, il telefono era per il lavoro, non per le chiacchiere mondane. Certo, lei poteva usarlo sene aveva necessità. Ma…

« Parla Will Sutherland, la chiamavo solo per darle il mio nuovo numero… Sì, splendido,grazie. Ci siamo appena sistemati» .

Dal deposito uscì di tutto. Di nuovo il buon vecchio Pickfords, col furgone fatto entrare aforza nella stretta stradina. Arrivarono le lunghe sedie di rattan verde sulle quali sistendevano in giardino a Tulsipore. « Meglio metterle nel garage» . Arrivarono il tavoloallungabile per la sala da pranzo e il tavolino con gli elefanti che aveva comprato a Flocome dono di nozze. Quattro grandi teste di elefante, con le zanne d’avorio, che reggevano ilripiano di legno scolpito. Erano anni che non lo vedeva, che oggetto stupendo. Nonsembrava un po’ strano, in un villino di campagna?

« Dove lo vuole questo, signore?»« Flo? Tesoro? Dove pensi che debba andare?»« In quell’angolo. Troverò una lampada adatta. Vado a preparare qualcosa per pranzo» .Si tornava a cucinare! E infiniti tè per gli uomini, naturalmente, che giravano fuori e

dentro casa con le tute da lavoro. Tanto valeva essere alla fattoria durante il raccolto!

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Gli operai presero il loro tè con i panini sul camion, la famiglia si strinse attorno al tavoloin cucina a mangiare pane e formaggio e zuppa di pomodoro in scatola Symonds…

« Il gusto è meglio dell’odore, non credete?» , disse Will.Nessuno fu d’accordo.Un colpo alla porta. « Pronto a ricominciare, signore?» .Arrivarono le casse di roba che non vedevano da anni. Il barometro!« Il vetro va di sopra» , disse Will, sistemandolo su una sedia.Poi, impacchettati separatamente, fu la volta dei vecchi enormi ritratti. Il nonno, in giacca

e cravatta vittoriani, e basette nere come la pece, con la mano posata sul capo di un belloSpaniel. La nonna, in cuffietta bianca e scialle a motivi cachemire. Non aveva conosciutonessuno dei due, essendo i suoi genitori sulla quarantina quando lui era nato. Sposati perdodici anni prima di mettere su famiglia! Forse non si erano impegnati abbastanza.

Non come lui e Flo.Una volta aveva visto il suo diario della luna di miele, quello del 1946: 23 settembre! 24

settembre! 25 settembre!« Dove vanno questi?» , domandò Flo, infilandosi nel corridoio ingombro. Fissò la nonna

con la cuffia. Un’altra barbosa Sutherland.« Fuori in garage per adesso» , rispose Will, vedendo la sua faccia, e quando i bambini

arrivarono correndo, si concentrò su un’altra cassa.« Attenti! State indietro!» .Tutta la roba dell’India. Piccoli oggetti in una scatola. L’elefante e la piccola civetta di

avorio. « Lasciamelo prendere!» . « No, io!» . Poi fu la volta della fila di elefanti chemarciavano su un ponte di avorio su un fiume d’ebano. Li posò sulla mensola del caminetto.Adesso marciavano attraverso il Leicestershire.

« Di cos’è che ha più paura un elefante?» .Nessuno lo sapeva.« Dei topi. E sapete perché?» .Scossero la testa.« Perché» , Will alzò un braccio e lo dondolò da destra a sinistra davanti a loro, « perché

quando un elefante cammina sull’erba secca e alta dell’India, abbassa la grossa proboscideper vedere se c’è qualcosa di interessante da annusare. Così» . Agitò la mano, sbuffando colnaso. « E se laggiù c’è un topolino, quello vede un bel buco scuro e ci si infila! Fin dentro latesta dell’elefante!» . Scosse la testa energicamente ed emise un ruggito sbuffante. « El’elefante non riesce più a farlo uscire!» .

« Ugh! Ugh!» .« Cosa succede?»« Immagino che impazzisca» .Ecco una scatola di libri, non molti, non era mai stato un grande lettore, non ne aveva mai

avuto il tempo, ma ripescò i volumi dell’Enciclopedia dei bambini di Arthur Mee. Magari airagazzi sarebbero piaciuti, un giorno. Rovistò ancora nella scatola, qualcosa era scivolato daun lato, una foto, forse. La tirò fuori. Buon Dio. Non una fotografia, ma la sua poesia,l’unica cosa che avesse mai scritto, e pubblicata sul « Times of India» .

« Devi farla incorniciare» , aveva detto Flo quando gliel’aveva mostrata. E lui l’avevafatto, giù al bazar, una semplice cosetta di legno. La prese e vi soffiò via la polvere.

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Via da Burma, via da Burma,sulla strada lunga e polverosa,col bue, col vaporettoa migliaia giunsero e portarono il loro fardello.

L’invasione giapponese del 1942. C’erano illustrazioni con la didascalia: “Trasporto a dorsodi mulo sulle colline”. “Distribuzione aerea di viveri”. E poi “Fine del viaggio”. E c’erano lesue iniziali in fondo.

« Flo? Flo? Indovina cos’ho appena trovato» .Ma lei era in cucina che continuava a ripetere: « Sapete chi l’ha scritta questa, piccoli?» .I bambini, però, stavano giocando con gli elefanti.Will lasciò perdere. E adesso questa cos’era? Qualcosa in una scatola, avvolta nella carta

marrone. Ah!« Indovinate cos’è» .Lo tirò fuori. Dio, era pesante. Lo posò sul tavolo, un grosso affare voluminoso, e fece

frusciare la carta con entusiasmo. Gli elefanti furono abbandonati.« Cosa? Cos’è?»« È una grossa pantera cattiva!» . Strappò via la carta dalla testa e i bambini urlarono.« Mamma!» .« Adesso cosa c’è?» . Flo arrivò dalla cucina. Vitrei occhi verdi la guardavano minacciosi

dall’altra parte della stanza, una bocca ringhiante che scopriva lunghi denti aguzzi. « Oh,santo cielo» .

« Mamma!» .« Va tutto bene, Freddie, è imbalsamata, non può farti del male. Guarda che buffe

orecchie» .Le orecchie terminavano con un ciuffo, il pelo era liscio e, incredibilmente, di un colore

ancora bello. Che bella bestia. La accarezzarono, tremanti di paura e coraggio.« È stato papà a spararle» , disse Will, e infilò la mano nella scatola per prenderne la

pelliccia. « Era una grossa pantera cattiva, terrorizzava la gente del villaggio» . C’era unafotografia da qualche parte, tutti quanti sotto il sole, lui pieno di ghirlande, sorridente e colfucile in mano, circondato dagli uomini del villaggio vestiti di bianco. Posò la pelliccia sulpavimento.

Freddie si avvicinò guardingo e accarezzò la morbida coda. « Ci voleva. Adesso non puòpiù fare male a nessuno» .

Il giorno seguente, Will praticò dei fori nella parete della sala da pranzo. Vi infilò un paiodi tasselli a espansione e relative viti. Poi appese la vecchia pantera al suo supporto di legno:adesso guardava minacciosa la stanza da sopra al caminetto. Ci stava proprio bene, se lodisse da solo.

Nel giro di uno o due mesi, era come se vivessero lì da sempre. E a Melcote c’eranopersone con cui poter parlare! Con cui fare amicizia!

Flo stava scrivendo una lettera a casa.

C’è il proprietario di Manor Farm. Donald Gibson… incredibilmente bello! Sua moglie è

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un po’ aggressiva, mi è parso, ma hanno tre figli maschi e ci hanno invitati a bere qualcosasubito dopo il nostro arrivo. Donald è già un membro della SRL, sapeva tutto di Will. Casastupenda, in fondo a un viale. Quando siamo tornati qui, devo dire che sembrava, be’, nonproprio angusto, ma comunque piccolo. Ma è così bello che Baba e Freddie abbianofinalmente altri bambini con cui giocare, e il giardino compensa tutto quanto.

Will è stato in una fattoria dove allevano oche (!!).Al cocktail abbiamo conosciuto anche un tipo simpatico che lavora per la Sy monds, anche

se non l’avevamo mai visto a Market Hampden. Roddy By att. È anche parecchio carino!Will ha detto che ha riconosciuto la moglie perché la vede davanti alla scuola: vivace etremendamentegraziosa.

A ogni modo, hanno una bambina che sono certa farà amicizia con Baba. Una creaturinabuffa, solo un po’ solitaria. E, udite udite, c’è un agente letterario! Lui e sua moglie vivonoappena fuori il villaggio, in un altro minuscolo villino. Tutti un po’ bohémien…

Posò la penna. Metà mattina, Freddie faceva un pisolino, sfinito da tutta l’eccitazione, Babaa scuola… « e la cosa migliore è che facciamo i turni per portare i bambini a scuola! Nondovrò portarla da Market Hampden in autobus tutti i giorni, grazie a Dio» .

Dall’altra parte del corridoio, Will era nel suo studio. Flo lo sentiva attraverso due portechiuse mentre parlava incessantemente al telefono – « Parla Will Sutherland!Buongiorno!» – o picchiettava sulla Remington, portata insieme alla poltroncina girevole daMarket Hampden. La SRL gli aveva dato un anticipo per le attrezzature dell’ufficio ed erastato consegnato un affare immenso.

« Cosa diavolo è quello?»« Una Gestetner. È una fotocopiatrice. Uno batte a macchina le proprie cose su una

matrice e la aggancia quassù… e l’inchiostro va qui dentro…» . Aveva tirato fuori unabottiglia nera da una scatola. Roba scura e oleosa.

Flo aveva rapidamente battuto in ritirata. Vita d’ufficio: non l’aveva mai capita. Né avevavoluto farlo. Ed era così strano avere Will a una scrivania, in casa, dopo tutta quella vitaall’aperto nel Devon. Certo, faceva i suoi giri per cercare nuovi membri: era una cosa cheadorava.

Il sole si riversava dalle finestre non lavate: un’altra cosa per la quale avrebbe dovutoorganizzarsi. Polvere ovunque e ancora le assi del pavimento spoglie.

« Quello che mi serve è un aiuto in casa, naturalmente» , continuò a scrivere a Vivie.« Non so quanto sarà facile trovarlo» .

Il disgraziato regalo che Agnes le aveva portato alla fattoria era emerso da una scatola easpettava, insieme a Mrs Beeton, di trovare posto su una mensola in cucina. Come mandareavanti la casa senza aiuto.

Il bucato è un compito considerato con particolare orrore da tante donne, tuttavia non deveessere necessariamente così brutto. Durante la guerra, quando il sapone era talmente scarsoche non si poteva sprecare nel catino del bucato, era senz’altro più pesante, ma conl’avvento del detersivo liquido, ci si può deliziare con una bella acqua piena di schiuma.

Lo richiuse di scatto con un sussulto. « Ma dico io, Vivie – deliziarsi! Col bucato! Io midelizierei con un bel bagno, o…» . O cosa? Cos’è che voleva? Voleva dedicarsi al suo libro.

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Un giorno tirerò di nuovo fuori i miei quaderni e sbatterò le ciglia a quell’agente letterario!Flo posò la penna. Era una pazzia pensare una cosa del genere? Che un agente prendesse

in considerazione la sua opera? Quando lei non aveva neanche iniziato, non come si deve,ma solo appuntato qualcosa nei momenti rubati alla fattoria. “Forse non posso farlo”, pensò,mentre il sole entrava obliquo dal vetro polveroso e Will continuava a battere a macchina.Non ho mai fatto niente…

Scosse la testa. Non faceva bene pensare a quel modo.« Pale hands, I loved beside the Shali-ma-ar» , cantava Will nel suo ufficio, chiudendo con

forza un cassetto. E poi, « Flo? A che punto è il pranzo?»« Quasi pronto» , si affrettò a rispondere, e mentre firmava la lettera con tanto affetto,

come sempre, e mentre lui girava sulla sua poltroncina cantando a squarciagola le piùtormentose canzoni d’amore indiane, Flo si ritrovò nuovamente ad aspettare inquell’affollata caffetteria del Grand Hotel per imbarcarsi sulla nave militare diretta a casa einiziare la sua nuova vita. Mrs William Sutherland. Avrebbe combinato qualcosa,finalmente.

Allora fallo, si disse. Sii coraggiosa.

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3Capitolo UnoMary Marshall era una graziosa giovane donna dal cuore infranto. Partì per l’India subito

dopo la guerra, essendo in servizio nella WAAF (prima era stata infermiera in un ospedaledi Londra). Aveva fornito le coordinate a tanti aerei nella sala di controllo, intercettando leoperazioni nemiche, e la sera usciva con un sacco di begli ufficiali! Purtroppo si erainnamorata perdutamente di uno di loro: anche se lui sembrava altrettanto preso, finita laguerra le aveva detto che dovevano dirsi addio!! Lei ne ebbe il cuore spezzato…

L’estate in campagna e il lavoro di Will in giardino stavano dando i loro frutti. Le moscheentravano ronzando e restavano attaccate sulla carta moschicida appesa al soffitto incucina. Le vespe sciamavano davanti alla finestra aperta e affogavano nel barattolo diacqua e marmellata che Flo aveva messo sul davanzale. Freddie ne era affascinato: se lometteva su una sedia vicino al lavello, le avrebbe guardate per secoli.

Ma adesso Mary stava iniziando una nuova vita! Era sul ponte insieme ad altre giovanicreature, e guardava il mare. Il mare scintillante? …e guardava il mare scintillante. Moltomeglio. Lo scintillante mare azzurro. Perfetto.

« Mam-ma!» , un richiamo dal giardino, dove Freddie si era svegliato dal sonnellino sotto imeli. Ogni pomeriggio lo sistemava con cuscino e trapunta sulla sdraio di rattan.

Santo cielo, il tempo era volato! E c’era Will, che aprì ancora una volta la porta dellostudio. « Flo? Posso avere una tazza di tè?» .

Flo mise via la penna.Si chiese se quello che aveva scritto andava bene, mentre metteva su il bollitore e usciva

in giardino. Jenny Lewis, la moglie dell’agente letterario, l’aveva nuovamente invitata per iltè. Che caos c’era lì! Bambini dappertutto, un altro in arrivo, e Michael nel suo ufficio…proprio come Will, ma più intellettuale, naturalmente. Dalla porta aperta riusciva a vederepile di manoscritti.

« Mamma!» . Eccolo, tutto caldo di sonno, nell’ombra screziata (che bella espressione,doveva usarla da qualche parte) sotto gli alberi di mele.

« Ciao, tesoro mio, hai dormito bene?» .

La domenica Will e Baba andavano in chiesa. Attraversavano a piedi il villaggio, manonella mano. Superavano il ponte della ferrovia e proseguivano lungo la strada.

« ‘Giorno! Buongiorno!» . C’erano i Gibson, che facevano scricchiolare la ghiaia mentreuscivano dal loro vialetto. Daphne, con un cappellino davvero tremendo, il genere di cosache avrebbe suscitato i commenti di Flo. « Donald, vecchio mio, come vanno le cose?»

« Benone, grazie» . Donald dava il braccio a Daphne.Era tempo di invitarli a bere qualcosa. C’era sempre così tanto da fare.Sul sentiero che attraversava il Green, con le campane che suonavano e il sole nel cielo,

Baba saltellava accanto a lui. La porta sul lato ovest era spalancata.« Ok, tesoro, adesso cammina bene» .Entravano mentre le vecchiette prendevano posto, e Will cercò di accaparrarsi la stessa

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panca di ogni settimana, sulla sinistra, vicino all’altare. Si sedettero, guardarono i fiori,salutarono con la testa i nuovi arrivati mentre l’organo suonava dolcemente.

A volte, mentre sedevano lì, riandava con la mente ai santuari indiani a margine dellestrade: non i grandi templi e le moschee di Bombay e Delhi, ma le semplici statuine –bambole, a dire il vero – erette sull’erba, con un mazzo di fiori penduli o un piattino di latte.Krishna col suo flauto. Hanuman, il dio scimmia. Pensava alle donne che eseguivano ilpuja, l’adorazione, sotto il vecchio banyan nel villaggio vicino al suo primo bungalow. Unavolta le aveva derise, con uno dei suoi uomini, ed era stato rimproverato.

« Dove credi che sia Dio, sahib?»« Be’, io credo che Egli sia dappertutto» .« Allora forse Egli è in un albero, sahib» .Si era sentito alquanto mortificato.Adesso l’organo suonava una nuova melodia. La funzione stava iniziando, e si alzarono in

piedi mentre il sacerdote usciva dalla sagrestia e si fermava davanti a loro. Jeremy Scott:sembrava una brava persona. Il primo inno fu: Ogni cosa luminosa e bella (Cecil FrancesAlexander – Hymns for Children) – il preferito di Baba.

Ogni cosa saggia e meravigliosa,il Signore Iddio l’ha creata.

Dolce vocina. La chiesa era piena, il sole filtrava dalle finestre di vetro colorato.

La montagna dalla cima porpora,il fiume che scorre via…

Alle sue spalle, un tizio buffo cantava a squarciagola: ce n’erano sempre un paio, di solitouna vecchietta che gorgheggiava un po’ troppo forte. Dava sui nervi, proprio come queltizio. Will si ritrovò a comporre una canzoncina mentre il muggito andava avanti. L’avrebbecantata a Baba più tardi.

Poi, quando tutti si riversarono fuori, Baba consegnò il suo libro degli inni all’aiutosagrestano. « Grazie!» .

Scott era sul portico e salutava tutti.« ‘Giorno, padre. Grazie davvero. Gran bel sermone. Forza, dài, Baba, si torna a casa» .Un saltello qua, un saltello là.« Cosa ne pensi di questa?» , le chiese quando, arrivati al Green,

si schiarì la voce. « “Io canto molto forte e faccio baccano: sto chiedendo a Dio di darmi unvolano”. Chi è?»

« L’uomo dietro di noi! Cantala di nuovo» .La cantarono insieme, dondolando le mani. « “Io canto molto forte e faccio

BACCANO!”» .Poi arrivarono a casa, con un meraviglioso profumino di pranzo e Freddie che allineava i

suoi omini di patata sul davanzale della finestra.

L’evento più emozionante, come lo definì Will in seguito, fu l’Incoronazione del 2 giugno

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1953: l’intero villaggio iniziò a prepararsi settimane prima, antenne televisive chespuntavano ovunque. Non poteva permettersi un televisore, ma comprò una bandiera e unaradio di seconda mano a Market Hampden, e tutta la famiglia si alzò in piedi all’innonazionale. Poi, quando la pioggia del mattino cessò, li portò tutti alla festa al Green.

« Andiamo, ragazzi. Flo, sei pronta?» .Lei si stava mettendo il rossetto, chiedendosi chi avrebbero incontrato. Sarebbero stati tutti

vecchi e bambini?No: mentre passavano sul ponte pedonale, videro arrivare i Gibson, con i bambini che li

seguivano disordinatamente. Roddy e Rosie Byatt erano già sul posto, lei con un bell’abitorosa, intenta a versare il tè, e la piccola e silenziosa Nancy che, scorta Baba, la salutava conla mano. Metri di bandierine fradicie gocciolavano tra i fili del telegrafo; le vecchietteavevano tolto i teloni dai tavoli disposti sull’erba bagnata. I bambini del villaggio, con icappellini di carta, si accalcarono sulle sedie della scuola in attesa di panini e succod’arancia.

« Un vestito delizioso» , disse Flo a Rosie, prendendo la sua tazza.« Mia cara, l’ho messo insieme un paio di giorni fa, è un motivo che uso sempre» . E poi:

« Ma lei non era bellissima?»« Noi abbiamo seguito tutto alla radio» , rispose Flo. « Ma sono certa che lo fosse» . Sorrise

a Roddy, che stava sull’erba un po’ in disparte. Di solito lo vedeva solo di sfuggita quandoveniva a prendere Baba per la scuola o la riportava a casa, alzando una mano dal volante insegno di saluto, come faceva malinconica la piccola Nancy sul sedile posteriore. Accantoallo schietto Donald Gibson, che dava una pacca sulla schiena a Will e salutava Rosie conun cordiale: « Salve, Mrs Wy att!» , be’, lui sembrava in qualche modo più discreto.

« Come stai, Roddy?» , gli chiese raggiungendolo e accettando un dolcetto glassato da unasignora anzianotta. « Immagino che tu abbia guardato tutto in televisione» .

Lui annuì educatamente e disse che era stato fantastico.« Bello avere una giornata libera, direi!» , disse Flo, notando quanto sembrasse stanco. Lui

le rivolse un piccolo sorriso e disse che sì, era proprio vero. Ha l’aria stanca, annotòmentalmente sul diario. Un viso così dolce, ma… La tremenda Sy monds Soups – com’è cheun tipo come lui era finito a lavorare in quel posto? Certo, un sacco di gente era statacostretta a fare lavori strani dopo laguerra.

« Nancy deve venire da noi per il tè un giorno di questi» , disse Flo in tono vivace.« Sarebbe ora. Lei e Baba vanno così d’accordo» .

« Baba va d’accordo con tutti» , disse Roddy , guardandola indossare il cappellino di carta esorridere alla tavolata. « Nancy è un pochino timida, temo, ma sono certo che lepiacerebbe molto» . Si schiarì la voce. « Troverà parecchio da fare al villaggio,immagino» .

Flo apprezzò il suo tentativo di fare conversazione. Non la guardava, ma faceva leosservazioni giuste. Be’, cosa c’era di male in questo? Niente che potesse definire concertezza, e poi era passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui aveva parlato da sola conun uomo. Forse anche lei sembrava un po’ a disagio, mentre rispondeva che sì, adoravaquel vivace villaggio, grazie.

« In realtà sto scrivendo un libro» , si sentì dire all’improvviso. « Be’, un romanzo, a dire laverità» . Fece una risatina.

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« Davvero? È notevole. Di cosa tratta?»« Si basa sul periodo che abbiamo passato in India» , rispose Flo, e poi, quando lui

mormorò: « Che cosa interessante» , vide che stava guardando oltre la sua testa, dove Rosiee i Gibson stavano chiacchierando con Will.

« Purtroppo non leggo più quanto ero solito fare» , disse, mentre andava verso di loro. Flolo seguì, dicendo che capiva bene che non ne avesse il tempo, proprio come Will, che nonapriva mai un libro se poteva evitarlo, a parte John Masters[4] e autori simili. Flo si reseconto che stava parlando a raffica, non sapendo se fosse bello o brutto essere ritenutaintelligente, o studiosa – una scrittrice, addirittura! –, non esattamente una cosa a cui fosseabituata.

Ma era comunque un piccolo sollievo. “Oh, combinerò qualcosa di buono”, pensò, mentrele bandierine danzavano nel vento.

Ma, naturalmente, ci fu a stento un attimo per scrivere dopo quel giorno.« Ricordate che vi ho parlato delle oche quando ci siamo trasferiti qui» , scrisse nella

lettera a casa. « Be’, sono qui finalmente!» .Arrivarono sul retro di un furgone un sabato mattina. Come quando guardi i piccoli

annunci sul giornale! Will dice che a cercare con attenzione, ci si poteva trovare anche unelefante!

« Da questa parte!» , gridò Will mentre spalancava il cancello.I bambini saltellavano su e giù. Rimasero con Flo sul lungo sentiero mentre l’autista

procedeva lentamente a marcia indietro su per la stradina.« Così, così, bene!» .Il motore si spense, l’autista venne fuori e andò sul retro. Il portellone si aprì e fu calata la

rampa di legno.« Dove le vuole, signore?»« Pensavo nel frutteto» .All’interno c’erano un paio di vecchie scatole.« Vedo le loro teste!» .L’autista capovolse le scatole. Uscirono, pit pat, zampettando giù per la rampa, come le

ochette del racconto di Tom Kitten. Cinque oche cenerine e un grosso papero. Honk. Honkhonk. Si guardarono attorno coi loro occhietti.

« Sono assolutamente enormi, Will» .Dopo qualche istante, stavano tutti guidando quelle benedette creature in fondo al giardino,

attraverso l’apertura nella siepe.« Ma guarda che meraviglia!» .Come con tutto il resto, nel giro di un paio di giorni, fu come se le avessero avute da

sempre. Impedivano all’erba di crescere troppo e i loro escrementi le conferivano un colorverde smeraldo. Erano enormi, ma i bambini vi fecero l’abitudine, tenendosi alla larga solodal papero, che era inequivocabilmente aggressivo. Durante il pomeriggio, dormivano sottoi meli, la testa sotto l’ala e un occhio guardingo. Adorabili. In primavera ci sarebbero statigli anatroccoli. Sarebbe stato divertente. Forse. Nel frattempo, Baba prese per sé una delleoche e la chiamò la sua Grey Fluffy Zampe Gialle.

« Oche?» , scrisse Vivie. « Sul serio, Flo, non so come fai. E come riuscirai mai a venire

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quaggiù? Devi venire per il compleanno di papà, oche o no!» .

Un paio di sabati più tardi, Nancy By att arrivò all’ora del tè. « Stiamo facendo una casettaper i vermi» , la informò Baba, prendendola per mano sulla soglia. Rosie ebbe un piccolo egrazioso brivido e disse che avrebbe lasciato che se ne occupassero loro.

Will fece capolino dalla porta dell’ufficio. « Fermati a bere una tazza di tè quando vieni ariprenderla» , le disse, mentre il sole del pomeriggio entrava obliquo dal portico e leilluminava i morbidi capelli castani. Ma Rosie disse che stava andando a Leicester, grazie, afare un po’ di shopping come si deve, per una volta. Sarebbe venuto Roddy a prendere labambina.

« Ciao, Nancy !» , la salutò e, dopo pochi istanti, era di nuovo in auto. « Arrivederci!Grazie davvero!» . E partì, con un allegro colpetto di clacson.

Nancy si tenne stretta la bambola mentre Baba le faceva fare il giro del giardino.« Che dolce ragazza» , disse Will.« Quale ragazza?» , domandò Flo, e Will rise, dicendo che parlava di Nancy,

naturalmente. Sarebbe stato nell’orto, se aveva bisogno di lui, aggiunse. Flo andò in cucina alavare le cose del pranzo, tenendo d’occhio le bambine dalla finestra aperta. Vide Baba chemostrava a Nancy la scatola di cartone con le porte e le finestre ritagliate e Freddie cheraccoglieva altri vermi con un cucchiaio.

« Stiamo facendo dei grembiuli per loro» , disse Baba, passandole pezzetti di stoffa rossa.Nancy si scostò i capelli chiari con aria dubbiosa.« I vermi non mi piacciono proprio» .E per quanto riguardava le oche…« Non devi aver paura» , disse Freddie risoluto brandendo un bastone, quando un paio di

oche arrivarono dall’apertura nella siepe. Nancy, però, si ritrasse. « Via!» , gridò Freddie.Uscì Papero, stiracchiando il lungo collo e sibilando. « Scappa!» .

Nancy si girò e corse via.« Una di loro è mia» , spiegò Baba correndole dietro. « Quella è Grey Fluffy Zampe

Gialle, non ti farà male» . La prese per mano. « Puoi accarezzarla, se vuoi» .Nancy fece un sorriso incerto e si tenne a distanza. « Sei al sicuro adesso!» , esclamò

Freddie, spingendo le oche attraverso la siepe. Il sole scaldava il giardino, la casa dei vermifu abbandonata. E adesso?

« Ci sono!» , disse Baba. E mentre Freddie pedalava in bicicletta su e giù per il sentiero, leie Nancy andarono a prendere dentro il servizio da tè delle bambole. Poi portarono fuoriSqueaker e lo fecero sedere accanto alla bambola di Nancy, che ormai si era ambientata, estava versando acqua da una teiera di plastica e servendo biscotti a forma di margherita.

« Ti sei divertita?» , chiese Roddy a Nancy quando venne a riprenderla. La bambinaannuì, col viso pallido sporco di marmellata.

« Mi piace qui» .Lui sorrise. « Mi fa piacere» .« Resta a bere qualcosa, vecchio mio» .Roddy esitò. Guardò l’ora e disse che Rosie sarebbe tornata da un minuto all’altro.« Non voglio andare a casa» , disse Nancy. Era la classica cosa che dicevano sempre i

bambini quando si stavano divertendo a casa di un amico ma, tutt’a un tratto, era tornato ilsuo visetto ansioso. Flo la guardò mentre Roddy faceva una risata un po’ forzata e le diceva

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di andare. C’era qualcosa che non andava. E perché Roddy non poteva semplicementerilassarsi e restare per un drink?

« Magari un’altra volta» , rispose, e tutti andarono all’ingresso.« Porta Rosie!» , disse Will.« Torna presto» , fece Baba, salutando Nancy con un bacio.« Ciao, Nancy !» , esclamò Freddie, dondolandosi sul cancello. Il sole stava tramontando e

la stradina era piena di ombre. Guardò i due incamminarsi lentamente sul Green verso ilvillaggio. « Ciao, Nancy !» .

« Mia cara, dovete venire!» , disse Rosie By att, imbattendosi in Flo e Freddie nel negoziodel villaggio. « Venite domani dopo la scuola» . Si sporse teatralmente in avanti, mettendo inmostra il seno in un altro grazioso abito, mentre Freddie occhieggiava i vasetti di caramelle.« Abbiamo dei gattini!» , bisbigliò. « Appena arrivati!» .

E fu così che il giorno seguente, dopo il riposino, Flo e Freddie attraversarono il villaggioper andare a casa dei By att. Baba e Nancy erano già lì, Roddy era andato a prenderle ascuola. Dov’era lui adesso? Si sarebbe unito a loro per il tè?

Rosie scosse la testa e accompagnò fuori i bambini. « Mostra loro i gattini, tesoro» .Corsero nel giardino fiorito verso un capanno. « Non fate troppo rumore!» , esclamò.« Siate gentili con Tabitha!» . E portò Flo in cucina, dov’era apparecchiato un delizioso tè.« Roddy è andato a fare una passeggiata» , spiegò, mentre riempiva il bollitore.

« Will è un gran camminatore» , disse Flo. « Roddy dove va?»« Per i campi o lungo il canale. Ha bisogno di un po’ di tempo per sé dopo il lavoro; si

stanca terribilmente» .« Sembrava un pochino stanco alla festa per l’Incoronazione» . Flo si guardò attorno. Tutto

brillava come uno specchio, non c’era un solo giocattolo in giro. Pensò alla confusione dellaloro cucina e pensò a Roddy, un bell’uomo sulla quarantina, sfinito dal lavoro in unafabbrica di zuppe.

« È terribilmente sensibile, purtroppo» . Rosie scaldò la teiera. « Non ne parla mai, ma laverità è che la guerra lo ha segnato. Ha ancora gli incubi. Ha bisogno di stare parecchio dasolo. Non dirgli che te l’ho detto» .

Flo disse che neanche sognava di farlo.« Immagino che Will sia uguale» , disse. « Su, accomodati» .Flo si sedette davanti alla tovaglia immacolata e disse che, in realtà, Will non aveva incubi

e che da quando si erano trasferiti lì la sua salute era migliore di quanto fosse stata negliultimi anni. Niente più dolori al petto, niente più notti insonni. Era tranquillo e felice, lo eranotutti.

Se c’era qualcuno un po’ sotto pressione, ma questo a Rosie non lo disse, si trattava di lei: ditanto in tanto si svegliava col cuore martellante dopo qualche sogno strano, soprattutto neigiorni in cui si era ricavata un po’ di tempo per la scrittura, chissà perché. Ma accadeva solooccasionalmente, e una volta che il giorno andava avanti se ne dimenticava. In agosto,disse, sarebbero andati a trovare la sua famiglia, la prima vacanza dopo anni, perl’ottantesimo compleanno del padre.

« Beata te» , disse Rosie, posando la teiera sulla tavola. « Melcote è un posto carino, certo,ma bisogna allontanarsi. Io divento un po’ irrequieta, tra una cosa e l’altra!» . Fece unarisatina. « Non si può pensare alla casa in eterno, no? Una volta che Freddie andrà a scuola,

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sarà lo stesso anche per te» .« In realtà» , disse Flo, per la seconda volta in un mese, « in realtà sto scrivendo un libro» .

Anche se, a dire la verità, non in quel preciso momento.« Un libro? Santo cielo! E di cosa parla?»« Si basa sul nostro periodo in India» . Suonava davvero interessante e convincente.

« Forse Roddy te ne ha parlato» , aggiunse, ma Rosie scosse la testa.« Neanche una parola. Be’, li conosci gli uomini!» .« Ora di settembre potrò dedicarmici completamente» , proseguì Flo, desiderosa in

qualche modo di mettere un po’ di distanza tra sé e l’inquieta Rosie, la cui unica figliasembrava una creaturina tanto triste. E mentre Rosie ripeteva: « Beata te» , e andava sullaporta a chiamare i bambini, Flo pensò alla sala da pranzo silenziosa, a tirare fuori le propriecarte e mettersi a scrivere. Farsi un nome, magari, presentata alle feste. Questa è FelicitySutherland, la nostra scrittrice…

« Mamma!» , la chiamò Baba con urgenza mentre correva dentro. « Mamma, uno è tuttobianco!» .

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4Il giardiniere dei Gibson sarebbe venuto a dar da mangiare alle oche. Mrs Cosa della

chiesa disse che sarebbe stato un piacere occuparsi di Snowy .« Non possiamo lasciarlo!» .« Starà benone, tesoro» .« È solo un gatto» .« È il nostro gatto. È solo un micino!» .Alla fine partirono.Un viaggio così lungo fino a Bournemouth!« Un giorno avremo un’auto» , disse Will, mentre erano fermi sulla banchina della

stazione di Leicester. Strinse la mano di Flo. « Tik hai?»« Tik hai» , rispose Flo, ricambiando la stretta.« “Toilette per signore”» , leggeva Baba, « “Ufficio del capostazione”» .« Non metterti a gironzolare» , disse Will, tenendola d’occhio. « Datemi la mano adesso,

tutti e due… ecco che arriva il treno!» .Strillando, si fecero indietro con un balzo mentre il treno entrava rumoroso nella stazione e

frenava sbuffando. Due sagome scure si sporsero dalla cabina illuminata dal fuoco,spingendosi indietro il berretto. Freddie era in preda alla gioia.

Will controllava le carrozze.« Da questa parte, da questa parte! Date la mano alla mamma! Saliamo!» .Finalmente si sistemarono.« Cosa stanno dicendo le ruote?» , domandò ai bambini mentre il treno prendeva velocità.

Erano anni che non salivano su un treno. « Ascoltate: potete far dire loro tutto quello che vipare» . I bambini si misero in ascolto: ciuff ciuff ciuff. « Uova e prosciutto» , fece loro.« Uova e prosciutto» .

« Oh, sì!» .Prese di nuovo la mano di Flo, mentre cantavano.« Felice, tesoro?»« Molto. Eccitata quasi quanto i bambini» .Tenevano la faccia premuta contro i finestrini sporchi. La periferia della città, i campi

illuminati dal sole passavano veloci come lampi.

« Ciao! Ciao, ciao, ciao!» .C’era Vivienne, con un grazioso vestito di cotone, fresca di parrucchiere, e la porta

d’ingresso spalancata. Ecco di nuovo l’amata casa.« Ecco Hugo!» .Si riversarono fuori dal taxi. Flo corse su per il vialetto.« Vivie!» . Non si erano mai abbracciate così forte. « Hugo! Ciao, tesoro» . Lui si fece

timidamente avanti. « Dammi un bacio. Sei così alto adesso! E così bello!» .Hugo arrossì fino alla radice dei capelli scuri. Dietro di lui, i genitori stavano arrivando

lentamente lungo il corridoio in ombra. Flo scoppiò in lacrime.

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Pemberton Road: alberata, larga e tranquilla. I filobus percorrevano la strada principaleverso il centro della città; qui, passavano solo poche auto.

« Perché questa casa è così grande?»« È in stile edoardiano» , spiegò Hugo, che sapeva tutto.« Cos’è “stile edoardiano”?»« Viene dopo quello vittoriano. La regina Vittoria è stata la nostra monarca più longeva» .« Adesso c’è la regina Elisabetta» .Erano di sopra nella sua stanza, proprio all’ultimo piano. Su un tavolo messo contro la

parete c’era una ferrovia in miniatura. Hugo premette un interruttore e una locomotivacolor panna con quattro carrozze marroni iniziò a muoversi ronzando sui binari. C’era unastazione, con piccoli personaggi sulla banchina. C’erano un semaforo e una galleria copertad’erba. Le mucche pascolavano nei campi. Freddie non staccava gli occhi dalla locomotivae le correva dietro.

« Io vuole una stazione così!» .« È un Hornby » , disse Hugo. « Faccio la collezione da un sacco di tempo» .Su un altro tavolo c’era una grande scatola di cartone.« Quello è il mio Meccano» .Mucchi di aste verdi e piatte dotate di buchi e mucchi di dadi e bulloni. Ruote con

pneumatici di gomma. Hugo mostrò loro le cose che aveva creato: la migliore era una grucon una puleggia, così andava su e giù. Manovrò la pala in modo che raccogliesse dadi ebulloni.

« E ho costruito un porta-messaggi» .Li condusse fuori sul ballatoio. Due lunghe corde su una puleggia sospesa sulla balaustra:

ne tirò una. Risalì rumorosamente un vassoio verde del Meccano. Non l’avevano notatomentre andavano su per le infinite scale. Dentro c’era un foglio. Lo spiegò.

« Cosa dice? Posso leggerlo?» .Hugo lo consegnò a Baba.« “Spero che tu venga in spiaggia con noi questo pomeriggio”» , lesse Baba. « “Con

affetto, zio Will”. È papà!» .« Sei molto brava a leggere» .« Lo so. Chi altri ti manda messaggi?»« La mamma e il nonno, quando hanno tempo. A volte me li mando da solo» .Sbirciarono in basso attraverso la balaustra, giù nel grande atrio scuro. C’erano due

vecchie poltrone di pelle negli angoli, con cuscini di velluto marrone. Tra di esse c’era unenorme gong di ottone, che Freddie e Baba avevano il permesso di suonare all’ora di pranzoe a quella di cena. Videro la cima della testa di zia Vivienne quando uscì dalla cucina.

« Bambiniii!» , li chiamò. « Ora di pranzo! Chi suona il gong oggi?» .Corsero giù per le scale.« Attenti!» .« Mio turno!» , ansimò Freddie arrivati giù in fondo.Al di là della sala da pranzo, c’era il giardino d’inverno, dove il nonno coltivava l’uva. Ne

tagliava i grappoli con lunghe forbici d’argento.« Eccoti qua, Freddie» . Gli passò un succoso grappolo nero. Freddie non sapeva dove

mettere i semini, così li sputò nel fazzoletto.La camera da letto del nonno era al pianterreno, lungo il corridoio, dopo la cucina. Aveva

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il proprio gabinetto personale lì accanto. Nella sua camera teneva una grande scatola dilatta dell’Incoronazione, piena di caramelle. Baba e Freddie si appollaiarono sul letto escartarono mentine a strisce.

« Possiamo mangiarle solo la domenica» .« Non lo dirò a nessuno» .Dalla finestra della camera si vedeva fuori in giardino, dove c’erano un tavolo da ping

pong, i meli del nonno e le sedie a sdraio. Adesso erano occupate dalla mamma e zia Vivie,impegnate a chiacchierare. Si sentivano dei bambini piccoli piangere nella casa accanto,una Casa per madri nubili. Piangevano di continuo.

« C’è Whoopoo!» .Eccolo lì, il gatto più grosso del mondo, accanto alla scatola di cereali Sunny Jim, sulla

mensola della cucina. Era il suo posto preferito. Ogni volta che passava un adulto, sfregavala fronte con la sua, era impossibile farne a meno. Hugo sollevò Baba e Freddie, cosìpotevano farlo anche loro.

« Fa il solletico! Fallo di nuovo!» .« Ti voglio bene, Whoopoo» .Lo adoravano tutti.Tutti entravano in cucina ma per lo più erano la mamma e zia Vivie, che parlavano e

parlavano mentre preparavano i pasti. C’era una ragazza che veniva a pulire.« Attenti, paperotti» .Tirò fuori scopa, straccio e secchio da un ripostiglio e finse di spazzarli via. Loro

sfrecciarono in salotto e si misero a pestare sul pianoforte. Plin plon plin. Quando la sera ziaVivie suonava, sembrava una magia.

« Basta così, ragazzi» , disse Will. « Farete impazzire la nonna» . Andò allo stereo.« Mettevi seduti e ascoltate questo» . Tirò fuori un disco dalla copertina di carta marrone eabbassò la puntina. « Questo non l’ho mai sentito» .

C’era una vecchia signora che inghiottì una mosca.Non so perché inghiottì una mosca,forse morirà…

Scoppiò a ridere fragorosamente. « Flo! Tesoro! Vieni a sentire!» .Ma lei era di sopra che parlava con la nonna, nella sua camera da letto. Venne invece

Hugo. Si sedette sul divano e Baba gli si arrampicò in grembo. Freddie stava rimbalzandosul pouf di velluto. Quando la vecchia signora ebbe inghiottito un cavallo e finalmente tiratole cuoia, come disse Will, si sbellicarono dallerisate.

Arrivò il nonno. Will si alzò in piedi all’istante.« Papà. Venga a sedersi» .Il nonno attraversò lentamente la stanza e il sole si rifletté sui suoi occhiali. Presto sarebbe

stato il suo compleanno. Avrebbe compiuto ottant’anni. Ottanta! Freddie e Baba cercavanodi contare gli anni prima di andare a dormire. Continuavano praticamente all’infinito.

Durante il pomeriggio, scendevano tutti in spiaggia. Tutti tranne il nonno e la nonna, che

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riposavano, in stanze diverse.« Sono andata su quella spiaggia milioni di volte» , disse zia Vivienne, mentre tutti erano

pronti a uscire.« Ma non con me da anni e anni» , osservò Flo, prendendola sottobraccio. Baba diede

secchiello e paletta a Hugo e mise la mano nella sua. Lui le diede una piccola stretta. Infondo a Pemberton Road presero un filobus. Il mezzo procedeva oscillando sulle rotaie,mentre dai cavi in alto sprizzavano scintille.

« Biglietti, prego!» , disse Freddie. Infilò in tasca il proprio.« Sei penny al primo che vede il mare» , fece Will.Allungarono tutti quanti il collo.Il filobus attraversò la città e finì la corsa sul lungomare. Ecco il mare, che riluceva sotto il

sole. Balzarono giù dal bus.« Tenetemi la mano! Non si va in giro, intesi?» .Si incamminarono verso la spiaggia.« Ho la sabbia nei sandali» .« Forza, fatevi spogliare» .C’erano così tante cose da togliere. Cardigan, vestito con i bottoni sulla schiena, camiciola,

mutandoni di lana. Era stata la nonna a farli, di lana giallo limone e l’elastico in vita. Freddieaveva solo camicia, maglia e pantaloncini, e nessuno gli faceva indossare mutande di lana.Lui le portava di cotone bianco.

« Che tipo di mutande hai, Hugo?»« Santo cielo!» , esclamò Flo, ma tutti stavano ridendo.« Questa me la ricorderò» , disse Will.Finalmente indossarono il costume.« Tu non vieni, mamma?»« Non oggi» . Diceva sempre così. Lei e zia Vivie si misero comode sulle sdraio e

iniziarono a parlare. Stavano ancora parlando!« Bene, allora» , disse Will. « Pronto, Hugo, vecchio mio? Si va in acqua!» .Corsero verso la riva.

Il penultimo giorno era il compleanno del nonno. A colazione aprì i suoi regali.C’era la nonna! Sedeva sorridente in vestaglia all’altro capo del tavolo e mangiava

pezzettini di pane tostato. Baba e Freddie avevano fatto dei biglietti segreti, ricoperti di baci.Quello di Baba era una casa, col fumo che usciva dal comignolo e i fiori sul davanti.Freddie aveva disegnato una locomotiva, con un sacco di anelli di vapore. Il nonno li esposeinsieme agli altri.

« Splendido. È davvero una bella locomotiva, Freddie» .« E la mia casa?»« È molto bella anche quella. Grazie» .Presto il tavolo della colazione si coprì di carta da regalo e nastrini. Il nonno aveva

ricevuto un nuovo pennello da barba con la ciotolina, una cravatta, una bottiglia di whisky euna scatola di cioccolatini da parte di Hugo.

« Black Magic, i miei preferiti. E questo cos’è?»« È da parte di nostra e di Whoopoo!» .L’avevano comprato in gran segreto, in un negozio sul lungomare. Il nonno lo scartò, così

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lentamente, cercando di indovinare, che tutti restarono col fiato sospeso.« Un gabbiano! Ho sempre voluto un gabbiano. Lo metterò nella mia stanza» .Dopo colazione, tutti dovettero andare a lavarsi i denti e cambiarsi. Stava arrivando un

fotografo! Flo infilò a Baba uno scamiciato e le abbottonò i bottoni sulla schiena.« Mamma? Dov’è il papà di Hugo?» .Ci fu una pausa. « Vive all’estero al momento» .« Cos’è “all’estero”?»« Paesi stranieri. Posti che non sono inglesi. Come l’India. Dov’è la tua spazzola?»« Quando tornerà?»« Oh, Baba, basta così adesso. Resta ferma mentre ti sistemo i capelli» .« Il vestito mi prude» .« Non badarci. Allora, forza, Freddie, vediamo come sei messo» .Finalmente furono tutti pronti. Scesero impettiti giù per le scale, ammirandosi a vicenda, e

uscirono in giardino. Che faticaccia, mettere tutti in posa. Hugo teneva l’enorme e pesanteWhoopoo. Era un gatto buonissimo.

« Così è perfetto. Se poteste guardare da questa parte, signore. State fermi, bambini. Moltobene. Adesso – sorridete!» .

Gli uccelli cantavano sugli alberi di mele, i bambini nella Casa accanto continuavano apiangere. Il fotografo usciva e tornava sotto il suo drappo nero, « Ancora un’altra, adesso,perfetto» , e il sole del mattino splendeva su di loro. Da lontano, in fondo alla strada, giunseil ronzio di un filobus che si fermava, per poi ripartire col medesimo ronzio.

« Un grosso sorriso adesso! L’ultima!» .« Meraviglioso!» , disse Will quando tutto finì. Insieme a Hugo riportò le sedie in casa.

« Sarà una cosa da conservare gelosamente» .

L’ultima strimpellata al pianoforte, l’ultima volta a guardare la locomotiva girare in tondosul binario.

« Ti voglio bene, Hugo» .« Grazie» .« Tu me ne vuoi?»« Oh, Baba, lascia in pace quel poverino» .Le ultime caramelle dalla scatola del nonno, l’ultimo fronte contro fronte con Whoopoo.« Non voglio andare via!» .L’atrio era pieno di bagagli. Suonarono alla porta, era il taxi. Baci, abbracci e un sacco di

lacrime. Hugo sarebbe tornato presto in collegio. Lui non pianse.« Andiamo, adesso, o perderemo il treno» .Tutti sulla porta per salutarli con la mano.« Arrivederci! Arrivederci!» .« Tornate presto!» .« Ciao, Hugo!» .« Seduta!» .Poi il taxi si immise nella larga strada silenziosa e si allontanò, sotto gli alti alberi, dentro e

fuori l’ombra che proiettavano.

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5Frizzanti giornate di settembre. « Il vetro sta calando» , disse Will, dando un colpetto al

barometro nell’ingresso. « L’aria è gelida» , osservò Flo, mettendo ai bambini uno strato inpiù e distribuendo cucchiai di olio di fegato di merluzzo, seguiti da sciroppo alla rosa canina,per togliere il gusto del pesce. « Ecco! Forza, adesso mettete il cappotto» .

Freddie stava iniziando la scuola! La prima settimana, Flo accompagnò entrambi,correndo alla fermata sul Green, issandoli sull’autobus e tenendo la mano del figlio mentreprocedevano a scossoni verso la città.

« Sono nella classe dei grandi, adesso» , disse Baba, sistemandosi il berretto. « Lì ci sono letabelline…» .

Freddie guardava fuori dal finestrino con gli occhi sgranati.« Ti divertirai un sacco» , fece Flo.« …e i calamai» .Ogni mattina, indugiava in fondo alle scale mentre i bambini gli passavano accanto

rumorosamente.« Non correte!» , esclamava una Miss Beasley in cima alle scale. « Ciao, Freddie –

coraggio, sali!» .

« Noi siamo i bambini della Start-rite» , gli disse Baba, quando lui si aggrappò a Flo.C’erano altri bambini nuovi, ma quel trimestre erano gli unici fratello e sorella. « Dammi lamano» .

« Mamma!» .« Mamma sarà qui alle tre» , gli disse Flo. « Va’, tesoro» .Alla fine Freddie la lasciò andare e si avviò con passo pesante su per le scale.« Ciao!» , esclamò Flo, e corse via prima che uno di loro due si mettesse a piangere. Al

cancello, si imbatté in Rosie Byatt: « Hai tempo per un caffè?»« Mi piacerebbe» , disse Flo, « ma vado di fretta» . Perché aveva fretta? Aveva un libro da

scrivere!

Dal primo momento che mise piede a terra, Mary seppe che avrebbe amato l’India. Chepanorami! Che profumi! Era tutto così vivido. La prima cosa che dovette fare fu prendereun treno per Delhi e presentarsi a rapporto presso la sede del WVS. Una volta lì, le vennepresentata la ragazza con la quale avrebbe condiviso la stanza. Era una creatura piuttostoscialba, di nome…

Flo posò la penna. Come poteva chiamare Agnes? Adesso che ci pensava, Mary era unnome tremendamente noioso, anche se stava bene con Marshall. E se invece… trovato!

Dal primo momento che mise piede a terra, Miranda seppe che avrebbe amato l’India.Ovvio che sarebbe stato così! E come poteva non vivere una meravigliosa, romantica

avventura con un nome del genere? E il punto era proprio il romanticismo: voleva renderela storia d’amore tra lei e Will il più emozionante possibile.

E dopo tutte quelle lacrime versate durante la guerra a causa dello stupendo Guy – perfino

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adesso, pensava a lui qualche volta – Miranda non avrebbe mai pensato di potersiinnamorare di nuovo. Di sicuro non aveva idea che la ragazza con la quale divideva lastanza…

Astrid? Astrid era orrendo, ma forse avrebbe evidenziato il contrasto con la graziosaMiranda. Per ora l’avrebbe lasciato così.

Freddie impiegò circa una settimana per ambientarsi, dopo di che amò andare a scuola.Amava i fagioli nel barattolo di vetro, i ganci a forma di S, ritagliare. Amava tracciareun’enorme F di Freddie sui suoi disegni.

« Vediamo che è mancino» , disse la Miss Beasley Sposa la seconda settimana, quandoWill andò a riprenderli.

« Come mia sorella» , rifletté Will, mentre i bambini uscivano in massa. « Temo che se lasia vista brutta a quei tempi. La costringevano a usare la destra e non le faceva affatto bene.Spero…» .

« Non si preoccupi, Mr Sutherland. Ne teniamo semplicemente conto» .« Meraviglioso. Le sono davvero grato. Venite, bambini» .

L’autunno piombò sul villaggio. Quando le giornate si accorciarono e gli orologi tornaronoindietro – oppure è avanti? Non riesco mai a ricordarmelo! – i bambini smisero di giocare ingiardino dopo la scuola. Restavano nella cucina illuminata dalla lampada, a mangiare panee burro con il latte, e ad ascoltare Children’sHour.

« La cosa migliore che abbiamo fatto, comprare quella radio» , disse Will, entrando aprendere dell’altro tè. « Ah, Jennings and Darbishire. Ottimo» . Prese una sedia e si sedette.« Mi ricorda la mia scuola» , disse ai bambini, mentre Jennings si preparava a una corsacampestre. « Un giorno ci andrai, Freddie, vecchio mio. Davvero un bel posto» .

Freddie faceva correre una locomotiva di legno avanti e indietro sul tavolo.« Ha appena iniziato dalle Beasley» , disse Flo mentre pelava carote nel lavandino. Un

altro pasto, un altro pasto. Mise le carote a bollire. Tutti sostenevano che una pentola apressione era quello che ci voleva.

« Meglio andare a vedere le oche» , fece Will, mentre Jennings ansimava al traguardo tragli applausi educati e la sigla di chiusura diceva a tutti che erano giunti alla fine.

« Vengo anch’io!» . Freddie balzò giù dal tavolo.« Hai la torcia? Bravo ragazzo» .« Aspettami!» .Uscirono nel buio.Le oche dormivano in un vecchio capanno in fondo al frutteto. Un’altra cosa che Will

aveva trovato sul giornale locale. Erano già dentro quando Freddie proiettò la torciasull’erba e, al rumore dei passi, si misero a starnazzare.

« Al sicuro da Mr Volpe» .Sbirciarono dentro facendosi luce con la torcia. Tutte le teste si alzarono. Il capanno

puzzava di creosoto, paglia ed escrementi. Papero si alzò sulle zampe.« Aiuto!» .Will chiuse la porta e mise il chiavistello. « Buonanotte, amico» .« Buonanotte, Papero! Buonanotte Grey Fluffy Zampe Gialle!» .

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« Guarda quelle stelle!» .Rimasero nell’oscurità ghiacciata a guardare in alto.« Quello è Orione» , spiegò Will. « Quella è la sua cintura, vedi? Quelle tre stelle nel

mezzo? E quella è l’Orsa Maggiore» .« Dove? Dov’è l’Orsa?» .La luce si riversava dalle finestre della cucina quando uscirono dal frutteto, attraversando

nuovamente l’apertura nella siepe.« Quando ero in India» , disse Will dondolando la torcia, « c’erano le stelle più

meravigliose che avessi mai visto. Mi sedevo sulla veranda del mio bungalow con il miowhisky e, sai, la notte laggiù calava all’improvviso, whoosh, come una grossa coperta. Tutt’aun tratto era buio, proprio così. E io me ne stavo a guardare in alto la Via Lattea. Qualchevolta, in lontananza, sentivo uno sciacallo» .

Si mise a fare il verso dello sciacallo mentre correvano in casa.

Durante i fine settimana, tutto rallentava. Facevano colazione in vestaglia, guardavanofuori il giardino congelato e le oche che avanzavano caute sotto i meli spogli. La loro acquaera gelata nelle ciotole. Will usciva con un bollitore.

« Ciao, bambini, ovunque voi siate» . Uncle Mac, il presentatore di Children’s Hour ,teneva un Club del sabato mattina; scrissero per avere i distintivi. Cose eccitanti uscivanodalle scatole dei cornflakes: animaletti di plastica, occhiali rossi e verdi che facevanovedere tutto in 3D. Flo aveva trovato un set di formine per biscotti al negozio del villaggio,così si sedevano al tavolo in cucina e creavano conigli e anatre. Poi li glassavano e limangiavano con il tè.

« Chi li ha fatti questi? Tu? Splendido. Posso averne un altro?» .La domenica, dopo che Baba e Will erano tornati dalla chiesa, mangiavano in sala da

pranzo, sotto l’occhio attento della pantera. Will affilava il coltello da scalco su unaffilacoltelli. « Attenti!» . Tutti si facevano indietro sulle loro sedie mentre la lama facevaavanti e indietro.

« Questo set da scalco era di mio padre» . C’era uno stemma sull’ingiallito manico diavorio: un gatto seduto di profilo. « Lo stemma della nostra famiglia» , disse loro.

« Ogni santa cosa in questa casa viene dalla tua famiglia» , commentò Flo.« Solo perché i miei genitori sono morti» , le ricordò, mentre continuava ad affilare. Un

po’ scontrosa oggi? Forse aveva bisogno di una pausa, come lui. « Allora: chi vuole cosa?» .Dall’altro lato della stradina, nell’orto, i cavolini di Bruxelles stavano ingiallendo, coperti

dalla brina; si vedevano attraverso il cancello.« Ecco Snowy!» .« Può essere lo stemma della nostra famiglia?» .

Will era nel suo studio. Il telefono squillava, la macchina da scrivere ticchettava. LaGestetner emetteva senza sosta copie di moduli di ammissione, consulenze assicurative.Roba tremendamente noiosa. Flo andò di sopra, rifece i letti, tirò fuori il bucato dalla cesta elo portò di sotto, lavò le cose della colazione e rimase in cucina con la montagna di bucatosul pavimento davanti a sé. Eccoci qui.

In India, un dhobi portava via tutto quanto – « Molto bene, memsahib» – e lo riconsegnavapiegato e stirato magnificamente.

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Doveva scriverlo nel romanzo.« Se avete una lavatrice automatica» , diceva quel dannato libro di Agnes, « seguite le

istruzioni della ditta costruttrice» . Oh, ah ah ah. « Altrimenti, se usate una lavatrice manualeo un bollitore, o semplicemente il lavello della cucina o il catino del bagno, il lavoro è resopiù facile e, anche più gratificante, se seguite un buon metodo. Il primo passo è raccoglieretutto quello che va lavato e poi smistare i capi. Fatelo preferibilmente la sera…» .

Be’, lei non lo aveva fatto di sera. Quando finalmente i bambini erano andati a dormire, leera rimasto solo il tempo di preparare la cena. Ed ecco Snowy, tornato dai suoi girimattutini, che si stava mettendo comodo tra camicie e calzini. Lo tirò fuori e lo baciò.

E poi, per un momento, d’un tratto ebbe voglia di scuoterlo. Forte. Che pensiero orribile. Ilcuore prese a martellarle alla sola idea. Lo portò alla sua cesta e gli diede un altro bacio.« Cuccia, tesoro» . Orsù.

« Mettete le cose di lana in un mucchio, la seta, il ray on e il cotone delicato poco sporco inun altro. Separate i fazzoletti…» .

Si sentì sopraffare da un’ondata di stanchezza. Non possedeva una lavatrice automatica lacui ditta costruttrice le diceva cosa fare. Aveva quello che doveva essere un bollitore per ilbucato, che brutto termine, il lavello della cucina, che adoperava fin troppo, e unostrizzatoio.

Freddie adorava lo strizzatoio: infilava i capi sgocciolanti, si infradiciava e girava lamanovella. E tutto usciva dall’altra parte, piatto come una frittella.

Per lo meno adesso non lo avrebbe avuto tra i piedi tutto il giorno.Che pensiero orrendo. Nessuno dovrebbe pensare questo dei propri figli. Soprattutto di

Freddie.Ma mentre stava lì, con quel gran mucchio di roba da lavare sul pavimento, tutt’a un tratto

si vide scuoterlo – tirarlo su e scuoterlo fino a fargli battere i denti. Si portò le mani allafaccia.

La porta dell’ufficio si aprì.« È possibile avere un goccetto di caffè?» .Flo stava tremando tutta.« Flo?»« Caffè» , disse lentamente. « Arriva subito» .« Proprio quello che ci vuole» .

Le cose andarono un po’ meglio dopo pranzo. Lo consumarono insieme in sala da pranzo,dal momento che il bucato era appeso allo stendino in cucina e sulla barra del forno. Cel’aveva fatta: aveva lavato e aveva strizzato. Aveva preparato il pranzo in orario.

« Tesoro mio. Cosa abbiamo qui?»« Niente di troppo entusiasmante, temo» .Ma chiacchierarono amabilmente davanti alla loro zuppa e al formaggio scadente, dopo di

che Will andò a rispondere a una telefonata. Finalmente non c’era niente da fare fino alritorno dei bambini, tranne rigovernare, tornare in sala da pranzo, prendere i quaderni dallacredenza e mettersi all’opera.

Finalmente. Dov’era arrivata?Miranda Marshall stava sul ponte e guardava la scintillante acqua azzurra…Accantonò quel brutto momento in cucina. Adesso riusciva a rivedere tutto: le palme sulla

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riva, tutte le care amiche del WVS appoggiate alla balaustra accanto a lei, Judy che siaccendeva una sigaretta, Ann che diceva: « Diamine, sarà uno spasso!» . Se solo fosseriuscita a finire il primo capitolo, avrebbe potuto mostrarlo a Michael Lewis. Immaginò iltelefono che squillava. « Parla Felicity Sutherland?» . Certo, avrebbe scritto così sulla paginadel titolo. « Felicity , Flo, ho letto il tuo capitolo. È davvero molto buono…» .

Lo era? Lo era sul serio? Lo rilesse daccapo. Erano necessarie tutte quelle maiuscole? Nondoveva dare più descrizioni dell’India, non limitarsi a dire che era pittoresca? Nonostante lofosse, certo. Assolutamente pittoresca.

Un improvviso rovescio di pioggia batté contro la finestra. Stava già facendo buio. Accesela luce e si vide di sfuggita nel vetro nero e bagnato.

Dio, che scena. Niente trucco, molto stanca e molto distratta. Lontana miglia e miglia.Perfino un po’ folle. Deglutì. Non doveva essere così lontana. Non doveva essere folle.Aveva una famiglia di cui occuparsi, la cosa migliore che le fosse mai accaduta. Dovevaconcentrarsi su di loro.

E, a quella parola, un’oscura e nauseante sensazione prese a diffondersi dentro di lei,qualcosa che era tutto il giorno che montava. Scuotere il suo amato bambino: come potevasolo pensare una cosa del genere? Concentrati! Tutte quelle ramanzine a scuola, quando siperdeva a guardare fuori dalla finestra dell’aula. Pensando a cosa? A tutto fuorché alcompito che aveva davanti, alla lezione. Tutti quei tremendi rimproveri della caposala,quando non faceva altro che piangere. Aveva desiderato così tanto riuscire…

Un’auto stava entrando nel vialetto. Un colpo di clacson! Erano tornati! Oh, grazie a Dio.Corse alla porta d’ingresso.

Ormai Will era diventato pratico del mestiere. Se qualcuno gli telefonava per avereinformazioni (controlli programmati, un prestito per una nuova latteria, i diritti legali di unoperaio in un cottage vincolato, affitto scaduto, questo genere di cose), sapeva più o menotutto a menadito. Sapeva dove cercare, a ogni modo. « Ti richiamo tra un paio di minuti,vecchio mio» . « Glielo cerco immediatamente, signore» . Da una fattoria in rovina a unagrande tenuta: conosceva i trucchi del mestiere, sapeva come fare tutti felici. Il rapporto deldirettore di zona era stato eccellente.

La cosa migliore, naturalmente, era aver riacquistato la salute. Non andava dal medico daquando erano arrivati lì, tranne che per registrare tutta la famiglia all’ambulatorio dall’altraparte del villaggio. « Non potrebbe andare meglio» , scrisse a Fitz. « Certo, ti sarò semprericonoscente per avermi dato un punto di partenza. Non lo dimenticherò mai» . Sedeva alloscrittoio di suo padre e picchiettava sulla macchina da scrivere lettere e moduli. Tre conteedi cui occuparsi, ciascuna con la propria fiera – quella era una cosa da attendere con ansia– dove la SRL aveva sempre un padiglione. Leicestershire, Northamptonshire, Rutland.

Rutland, la più piccola contea inglese, era la sua preferita: Inghilterra allo stato puro, ivillaggi con i nomi più graziosi. Thistleton, Edith Weston. Ruscelli e ponti di pietra ovunque,prati e laghetti per le anatre. E tutti i cottage col tetto di paglia che Flo poteva desiderare,notò, mentre scendeva dal treno a Oakham alla fine di quella settimana.

Attraversò il mercato, superando chioschi e magazzini, e vide il tetto a timpano dellascuola più avanti. Riusciva a sentire le urla provenienti dai campi da gioco poco più in là.Forse quello era il posto per Freddie, un giorno: l’avrebbe adorato. Nel frattempo, dovevametterlo in lista per Mountford Park, avrebbe dovuto farlo anni prima. “Fallo quando torni a

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casa, Sutherland”, si disse, “basta tergiversare”.Guardò l’orologio. Un’ora al suo primo appuntamento: appena il tempo per un panino e

una pinta in quello che sembrava un gran bel pub.

Nel silenzio del pomeriggio, l’orologio scandiva il tempo ticchettando. Flo si sedette altavolo, il manoscritto davanti a sé, e il cuore prese a martellarle. Eccola, con tutto queltempo a disposizione, finalmente. Non c’era niente che le impedisse di scrivere, eppure nonriusciva a sollevare la penna.

“Fallo”, si disse. “Dimostra chi sei”. Lo stomaco le si serrò.Miranda aveva sempre avuto un mucchio di ragazzi. Adesso non vedeva l’ora di tirare su il

morale delle truppe!Quelle erano le ultime righe che aveva scritto, e quanto suonavano ridicole. E quanto

sembrava sciocca e volubile Miranda. Prese la penna e le cancellò. Adesso la pagina eratutta scarabocchiata. Prese un altro foglio e il suo biancore la fissò minaccioso. Continua,diceva. Va’ avanti, patetica creatura.

Un’ora o poco più prima che i bambini tornassero a casa. Si prese la testa tra le mani.

Will passò un bel pomeriggio. Netherton Farm era a una fermata d’autobus dalla città, maci arrivò con un po’ di anticipo, camminando di buon passo lungo la stradina e godendosi,come sempre, il fango sugli stivali e l’odore dell’aria di campagna: terra, concime ebestiame. Soprattutto adesso che non doveva occuparsi di tutto quanto. Certo, facevadannatamente freddo. Quando entrò nell’aia, accompagnato dal selvaggio abbaiare di uncane alla catena, vide un mucchio di rape svedesi luccicanti di brina contro la parete delfienile. Le pecore le adoravano, era un perfetto cibo invernale. Avrebbe iniziato con questola chiacchierata e fatto i complimenti al tizio: lisciali e falli firmare, era così che si faceva.

Rivolse qualche parola al cane che abbaiava come un forsennato e si avviò verso la portadel casale. La luce era accesa in cucina: con un po’ di fortuna, a un certo punto ci sarebbestato un pezzetto di torta. Orsù, allora, diamoci da fare. Bussò e si schiarì la voce.

« Mr Dixon? Will Sutherland, SRL… ci siamo parlati al telefono» . Tese la mano al tiziocon una vecchia maglia blu e gli diede una bella stretta decisa. « Come sta?» .

Un’oretta dopo, ce l’aveva nel sacco.

« Amore!» . La baciò nel minuscolo ingresso. « Bimbi a nanna?» . Lei era in vestaglia e,per qualche ragione, non sembrava molto in forma. Will mollò la valigetta e la seguì incucina. « Com’è stata la tua giornata? Sarai contenta di sapere che mi sono guadagnato duenuove iscrizioni» .

Lei non rispose.« Tutto bene?» .Flo annuì e tirò fuori una pirofila dal forno. « Temo ci siano solo questi avanzi» .« Non importa, purché sia caldo. Ciao, Snowy, vecchio mio» . Si avvicinò alla cesta, diede

una carezza alla morbida testa bianca e tirò fuori la sua sedia. La cucina sembrava un po’caotica, ma era sempre così bello essere a casa. « Meraviglioso» , disse, quando Flo gli posòil piatto davanti. Diede un colpetto sulla sedia accanto a sé. « Vieni a sederti. Dimmi cosahai fatto» .

« Oh, Will…» . Flo rimase impalata, pallida come non mai.

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« Cosa? Cosa succede?» . Dal piatto di cavolo giallastro e carne trita grigio chiaro silevavano piccole volute di fumo. « Brutta giornata? I bambini hanno fatto i capricci?»

« No. Solo, sai… il mio libro» .« Oh» . Will allungò la mano verso la mostarda: forse avrebbe aggiustato un tantino il

sapore. « Pensavo che adesso avessi un po’ più di tempo per quello» .« È così, ma…» .« Tesoro, per amor del cielo, siediti. Non riesco a mangiare mentre te ne stai in piedi

così» .Flo iniziò a piangere. « Me ne vado a letto, scusa» .E se ne andò, lasciandolo da solo con il gatto e la penosa cena, dopo quella che era stata,

francamente, una giornata parecchio lunga.Donne. Quel dannato libro. Un minuto e poi sarebbe andato di sopra.

Flo si svegliò e si ritrovò seduta. Con la schiena dritta, al buio. Qualcosa di terribile stavaper accadere. Cosa? Cos’era? Aveva sognato: frammenti di sogno turbinavano attorno a lei.Freddie stava gridando. E lei era malata, era malata e nessuno lo sapeva.

« Aiuto… aiuto» . Sentiva qualcuno respirare, un respiro veloce e leggero… era lei, era leie la sensazione di terrore la inghiottì. Si trovava sull’orlo di qualcosa di terribile… afferrò lecoperte, ansante.

« Flo?» . Accanto a lei, Will si mosse e si rigirò. Poi si mise a sedere. « Che diavolo stasuccedendo?»

« Sto per morire» , ansimò lei. « Sto per morire…» .« Per l’amore di Dio» . Will cercò a tentoni la lampada sul comodino e si girò a guardarla.

Tremava come una foglia, il viso terreo e madido di sudore, i capelli arruffati come quellidi una pazza. Will spinse via le coperte.

« Vado a chiamare il dottore» .« Non lasciarmi» .Cosa diavolo doveva fare?« Aiutami! Aiutami…» . Flo iniziò a gemere.« Smettila! Sveglierai i bambini!» .« Aiutami…» .La prese tra le braccia. « Tesoro, tesoro mio. Va tutto bene, sono qui, non succederà

niente…» .Flo tremava e singhiozzava contro di lui.« Non riesco a farlo, non ci riesco, non ci riesco!» .« Che cosa?»« Qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, qualsiasi cosa… sto per morire…» .Will continuò a tenerla stretta. Finalmente, Flo si calmò.« Lascia che chiami il dottore» , le disse piano. « Forza, lo faremo insieme» .La aiutò a infilarsi la vestaglia e indossò la propria. Cristo, faceva freddo. Scesero

lentamente le scale e andarono nel suo ufficio. Prese il telefono. Flo ricominciò a piangere.

Le prime luci dell’alba. Un’ambulanza arrivò di corsa lungo la strada principale, rallentò esvoltò adagio nel vialetto.

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6« Mamma!» . Freddie, con indosso il pigiama con le anatre, scese barcollante le scale.

« Dov’è mamma?» .Avevano sentito tutto? Will, con le spalle rivolte alla porta d’ingresso, sentì l’ambulanza

svoltare nella strada principale e prendere velocità. Avevano visto tutto dalla finestra?« Dov’è andata mamma?» . Baba venne dietro al fratello, con i capelli tutti arruffati.

Come quelli di Flo… quei capelli ritti, quell’espressione folle e smarrita, quell’urlo mentrechiudevano i portelli. Chiuse gli occhi.

« Mam-ma!» .« Va tutto bene, piccolini» . Fece un profondo respiro, andò da loro e tese le braccia.

« Papà è qui, non temete» . Si inginocchiò e li strinse forte. Signore onnipotente, chesituazione. « La mamma non sta molto bene» , disse loro, tenendoli stretti. « È andata inospedale per un pochino, tutto qui» .

Si rialzò. « Coraggio. Andiamo a portare la colazione a Snowy» .

In qualche modo riuscì a mandarli a scuola. Grazie a Dio per il sistema dei passaggi:Roddy By att quell’oggi. La Ford si fermò davanti al cancello e ne uscì il lungo corpo snellodi Roddy che andò ad aprire lo sportello posteriore. Tipo simpatico. Ancora non loconosceva molto bene, ma…

« Li riprendi tu?» , gli chiese Will, accompagnando i bambini sul vialetto. « Salite, ragazzi,da bravi!» .

Erano pallidi e silenziosi, si capiva che avevano pianto. Entrarono in auto senza una parola.Will abbassò la voce mentre Roddy chiudeva lo sportello. « Abbiamo avuto una specie diemergenza, purtroppo» .

« Oh» . Roddy si girò a guardarlo. Nella luce del primo mattino, il bel viso che Flo avevaspesso in mente sembrava teso. Si trattava forse di choc post-traumatico? Potevano volercianni per superarlo.

« Flo è all’ospedale, purtroppo» . Avrebbe potuto mentire, dire che si trattava diappendicite o qualcosa del genere, ma non aveva senso menare il can per l’aia in unmomento del genere. Inoltre, prima o poi, si sarebbe venuto a sapere. « Ha avuto uncollasso nervoso» , disse piano. « Non so bene perché. Ma abbiamo passato una notted’inferno» .

Roddy lo ascoltò, sconvolto. Gli offrì una sigaretta e ne accese una per sé. Era dispiaciuto;capiva. Aspirò una profonda boccata. Queste cose succedevano. E, sì, avrebbe ripreso lui ibambini.

« Possono venire a casa nostra» , disse, spegnendo la sigaretta sotto il tacco. « Così avraiun po’ di tempo extra. So che Rosie sarebbe felice di poter dare una mano» .

« È davvero gentile da parte tua. Meglio non dire niente a scuola» .« Certo, no. Buona fortuna» .E si strinsero la mano, mentre l’odore di tabacco aleggiava nell’aria, il pallido sole

novembrino saliva su nel cielo e i bambini pallidi in volto sedevano silenziosi nell’auto.

Will si riprese. Era come se la loro casa fosse stata colpita da una bomba: andò di stanza

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vuota in stanza vuota, raccogliendo vestiti da terra, infilandoli nei comò, sistemando lecoperte sui letti. Il loro letto era un disastro; le lenzuola attorcigliate, odore di sudoreovunque. Spalancò la finestra, lasciò entrare l’aria fredda, raccolse la biancheria di Flo dallasedia – reggiseno, corsetto rosa sbiadito, vecchie mutande bucate e collant – e ne fece unmucchietto che infilò nella cesta del bucato. Per poco non pianse quando appese la suagonna a una gruccia.

Doveva aver covato per tutto il giorno, in qualche modo era riuscita a mettere a letto ibambini, aveva preparato quella terribile cena, si era spogliata e infilata la vestaglia,cercando di darsi un tono quando lui era tornato a casa. Adesso, quella vecchia gonna ditweed – “la mia gonna da lavoro” – pendeva floscia dalla gruccia. La indossava quasi ognigiorno, dovevano essere anni che non aveva un vestito nuovo, cosa a cui lui quasi nonfaceva più caso. All’improvviso quella gonna gli parve logora come Flo. Anche dopo levacanze. Dio, sembravano anni luce prima.

Scese lentamente al piano di sotto. La cucina, dov’era sempre lei, sembrava desolatasenza la sua presenza. I cornflakes, intoccati, erano ormai mollicci nelle ciotole, lalocomotiva di Freddie era tutta sola sul tavolo, vecchie tovagliette da tè pendevano dallasbarra. Le camicie di Will erano appese allo stendibiancheria, in attesa di essere stirate. Chilo avrebbe fatto?

Chi avrebbe fatto tutto, fino a quando lei non fosse tornata a casa?

Si trovava in prigione: la portarono lungo un corridoio senza fine. Una a ciascun lato, latenevano stretta. Lei si girava e contorceva, cercando di scrollarsele di dosso.

« È solo per sorreggerla, cara. Siamo quasi arrivati» .Enormi finestre inondavano di luce il corridoio. Persone in vestaglia passavano accanto a

loro strisciando i piedi. Un grasso donnone stava mormorando qualcosa al pavimento, unuomo impalato teneva la testa gettata all’indietro e la bocca spalancata, un enorme buconero.

« No» , disse Flo. « No, no, no…» .« Va tutto bene, cara» .Guardò fuori da una finestra, via dall’abisso oscuro di quella bocca. Il vento sferzava i

rami degli alberi spogli di una tenuta che si estendeva a perdita d’occhio. Flo si sentìtravolgere dalla paura. Quegli alberi… loro sapevano… loro sapevano! Iniziò a urlare.

La stretta sulle sue braccia divenne più salda. Cerco di divincolarsi e lottare.« Loro sanno! Loro possono vedere!» .« Coraggio, su. Siamo arrivate» .Girarono un angolo. Più avanti c’era un’enorme doppia porta. Qualcosa tintinnò: una delle

carceriere stava armeggiando con un mazzo di chiavi. Aprì la porta.« Dentro!» . Spinse Flo oltre la soglia e richiuse a chiave.

Arrivati a scuola, avevano dimenticato tutto quanto. « Ciao, Baba! Ciao, Freddie! Venitedentro!» . Salirono di corsa le scale insieme agli altri, appesero i loro cappotti ai pioli, con iguantini cuciti che spuntavano dalle maniche, e il berretto di Baba appollaiato in cima. Simisero in fila per entrare ciascuno nella propria aula e la giornata ebbe inizio.

C’è una verde collina lontana

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senza una cinta muraria,dove fu crocifisso il buon Signore,

che morì per salvare tutti noi…

Adesso era questo l’inno preferito di Baba. Ne amava la triste melodia, la collina lontana,così verde e erbosa.

La Miss Beasley Sposa rallentava sull’ultimo verso, premendo sul pedale alto perconferirgli ulteriore significato. Poi tutti chinavano la testa, ancora fermi attorno al piano, edicevano: « Amen» . Infine ciascuno andava a sedersi al proprio posto.

Baba era tra Eddie Gibson e Nancy By att, perché venivano accompagnati insieme. Dopola scuola, quell’oggi, lei e Freddie sarebbero andati a casa di Nancy per il tè, e papà sarebbeandato a riprenderli direttamente lì. Per un momento, mentre pensava a questo, Babaricordò e avvertì un piccolo e bizzarro tuffo allo stomaco. “Fa’ che la mamma sia a casaper allora”, disse a Dio. “Per favore”, aggiunse. La Miss Beasley Sposa, davanti alla classe,disse a tutti di prendere il libro di matematica. Trenta coperchi si alzarono e trenta coperchisi riabbassarono, bang bangbang.

« Piano, bambini!» . Stava scrivendo una tabellina alla lavagna. Erano arrivati al sei!« Ripetete con me» , disse, come ogni mattina, indicando con la bacchetta. « Poi potretericopiarla» .

« Sei per uno sei, sei per due dodici…» .Il suono della loro litania riempiva la stanza, confortante come lo sciroppo al cinorrodo.

C’erano punti in cui quasi si gridava, come alla fine degli inni.« Sei per cinque trenta!» .La settimana seguente l’avrebbero saputa a memoria. Baba conosceva a mente così tante

cose che non sapeva se ci fosse ancora spazio.A pranzo, giù nella rumorosa mensa, Freddie si ricordò della mamma. Spinse ai bordi del

piatto il purè di patate e le rape.« Coraggio, mangia!» , disse la Miss Beasley Sedere Grosso avvicinandosi a lui.« Non ho fame» , rispose Freddie.« Assaggiane solo un pochino, su, da bravo. Così diventerai grande e forte come il tuo

papà» .« Voglio la mamma» .Si inginocchiò accanto a lui, enorme. “E” di Elefante. Dietro gli spessi occhiali, i piccoli

occhi marroni erano gentili.« Vedrai presto la tua mamma» , gli disse. « Ti sta aspettando a casa, vero?» .Freddie annuì incerto.

« Voi due verrete a prendere il tè da noi oggi» , disse Mr By att a Freddie e Baba alla finedel pomeriggio. « Grazie» , rispose Baba mentre saliva in auto. Scivolò accanto a Nancy ele prese la mano. « Ci sarà Tabitha?»

« C’è sempre» , disse Nancy .Accompagnarono Eddie Gibson, che doveva fare i compiti a casa per l’esame di

ammissione, e attraversarono in auto il villaggio. Stava già facendo buio.« Poveri piccoli» , disse Mrs By att, mentre entravano in casa. « Ho saputo della vostra

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mamma, adesso andate a lavarvi le mani e mettetevi seduti per il tè. Nancy, tu puoi tirarefuori i biscotti» . Lei era sorridente e simpatica, ma ogni cosa era così ordinata. Mr By attportò di sopra il proprio tè. Aveva mal di testa. Sedettero tranquilli a tavola, mangiando illoro pane e burro.

« Cosa avete fatto a scuola oggi?» .Nessuno se lo ricordava.Dopo il tè, Baba e Nancy giocarono con la bambola di quest’ultima. Inclinandole la testa,

gli occhi dalle ciglia rigide si aprivano e chiudevano. Freddie andò alla finestra e rimase aguardare il buio all’esterno.

« C’è papà!» , disse a un tratto.Poi fu tutto un ciao, piccolini, e grazie infinite, mettete guanti e cappotti, ecco fatto, si va,

grazie ancora. Camminarono mano nella mano lungo la strada fredda.« La mamma è a casa?»« Non ancora?»« Andiamo a trovarla?»« Non ancora» .Le luci del Crown erano accese, così come quelle di casa loro, e illuminavano la siepe

ghiacciata. Non appena aprirono il cancello del giardino, le oche si agitarono, comesempre.

« Allora» , disse Will quando furono tutti nella cucina calda e accogliente. « Il piano èquesto…» .

Zia Agnes sarebbe venuta a occuparsi di loro! Neanche se la ricordavano. Ma quando ilgiorno dopo Mrs Gibson li riaccompagnò a casa dopo la scuola, ecco che era lì, con indossoun grembiule. Adesso Baba iniziava a ricordarsela. Avrebbe dormito nel letto di mamma epapà, mentre papà avrebbe dormito in ufficio, nel vecchio letto da campo che aveva usatoMike nella cucina della fattoria. Will lo tirò fuori dal garage, sbattendo uno stinco eimprecando.

« Sedetevi, da bravi» , disse zia Agnes, mentre preparava loro la cena. Aveva capelli eocchi scuri, come Freddie. « Che tesoro di bimbo sei» , gli disse, mentre era seduto e facevail bravo.

« Io sono un tesoro di bimba?»« Certo che lo sei» .« Hai dei figli?»« No» . Il cucchiaio di legno rimestava nel purè di patate. « Ma abbiamo un gatto molto

carino. Si chiama Tinkerbell» .« Com’è?»« Color tartaruga. Molto soffice. Ma la cosa migliore di tutte» , aggiunse, mentre metteva

cucchiaiate di purè nei loro piatti, « è che ho voi due» . Versò un mestolo di stufato.« Che profumo succulento!» . E mentre Baba lo diceva, la parola le balzò nella mente

così. A lettere maiuscole.SUCCULENTO.Zia Agnes rise. « Che parola lunga» .« La mamma a volte dice “succulento”» .« Sì?» . Posò i piatti davanti a loro. « Dove sono i vostri tovaglioli?» . Non lo sapevano.

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« Non importa. Forza, si mangia» .« Posso fare un vulcano?»« Cosa vuoi dire?» .Freddie glielo mostrò: fece un mucchietto con il purè, vi premette un foro al centro e

versò lo stufato con il cucchiaio. Piccoli rivoli di sugo presero a scorrere lungo i lati.« Va bene, tesoro, adesso mangialo» .« Lo adoro» , disse Baba, rimpinzandosi. « Ti piace cucinare, zia Agnes?»« Amo cucinare» .« Alla mamma non piace» .ALLA MAMMA NON PIACE.

« Temo si tratti di un esaurimento nervoso» . Il dottor Gillespie – uno psichiatra, unostrizzacervelli, suppose Will – si appoggiò allo schienale della sua sedia e si tolse gli occhiali.La cartella di Flo era sulla scrivania tra di loro. « Mi dispiace molto» .

Will si schiarì la voce. « Be’, be’, io…» . Non sapeva cosa dire. Malattia mentale: nonaveva mai avuto niente a che farci, tranne in guerra, naturalmente. All’epoca la gentecrollava. La sua mente andò per un momento a Roddy By att, al suo viso teso e stanco.

« Immagino che questo sia un bello choc per lei» .« Sì. Sì, lo è. Certo, mia moglie è sempre stata ipersensibile… ha dovuto lasciare la pratica

infermieristica prima della guerra. Ma questo…» .Guardò fuori dalla finestra. Quel posto era lontano chilometri da qualsiasi dannata cosa,

quei terreni vuoti si estendevano senza fine: aveva impiegato venti minuti per arrivare fin lìdalla fermata dell’autobus. E prima ancora un’ora di viaggio. Quei grossi edifici grigi:sembrava una specie di manicomio vittoriano. Probabilmente lo era, non che vi si fosse maineanche avvicinato prima. Pensare alla povera Flo lì dentro…

« Cosa pensa?» . Si girò nuovamente verso lo psichiatra. « Che tipo di… cure fornite qui?»« Le abbiamo somministrato un sedativo. Sono certo che la troverà molto più calma.

Penso che la terremo sotto osservazione per un po’. Se non ci sono miglioramenti, a volteusiamo la terapia elettroconvulsivante, la TEC. Come sa, può avere effetti gravi» .

Will non lo sapeva, non ne aveva mai sentito parlare. Sembrava una specie di sprone perbestiame. Gesù. La sua Flo.

« Pensa che potrà tornare a casa per Natale?» .Una pausa. « Francamente, ne dubito. Ma vedremo» . Si alzò in piedi: un uomo alto e

allampanato con un bel completo, il classico tipo universitario. Non il genere di Will, maindubbiamente sapeva il fatto suo. « Sono certo che le farà piacere vederla» .

Il colloquio era terminato. Una giovane infermiera lo accompagnò lungo un corridoioinfinito. Medici in camice bianco passavano veloci accanto a loro. Arrivarono alla più altadoppia porta che Will avesse mai visto nella sua vita. La vernice scura era scrostata.L’infermiera tirò fuori un mazzo di chiavi.

« Non mi dica che le rinchiudete» . Will era inorridito.« È per la sicurezza delle pazienti» .Rimase in disparte mentre la ragazza apriva un lucchetto e spalancava la porta. Deglutì.

Quante donne c’erano lì dentro? Quante?Il reparto si estendeva all’infinito, letto dopo letto dopo letto, la luce del pomeriggio

invernale sempre più fioca e neon sul soffitto, come quando era nell’esercito. Qualche

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infermiera stanca era impegnata nel proprio compito, vuotando e sciacquando padelle,distribuendo medicinali da un carrello. Le pazienti erano per lo più in vestaglia, per quelloche poteva vedere. Qualcuna dormiva profondamente, altre erano accasciate sulle sedieaccanto al letto. Altre ancora vagavano, camminavano su e giù, torcendosi le mani,agitandole verso il nulla, coprendosi la faccia, singhiozzando, gridando.

« È laggiù, Mr Sutherland» .Guardò verso dove gli veniva indicato e vide una donna imbottita di farmaci su una sedia,

quattro o cinque letti più in là. I suoi capelli sembravano senza vita; lei stessa sembravasenza vita, con lo sguardo fisso sul linoleum verde del pavimento.

« Flo?» . Le si avvicinò lentamente. « Tesoro?» .Lei alzò la testa; era pallida e slavata, aveva gli occhi gonfi.« Will…» . Le venne fuori come un sussurro.« Tesoro mio. Eccomi» . Will le si inginocchiò accanto e le prese la mano. Fu quasi sul

punto di dire: “Papà è qui”. « Come andiamo?»« Tutto. Bene» . Parlò così piano, così lentamente, che lui riuscì a sentirla a malapena.« I bambini ti mandano il loro amore» , disse Will, baciandole la guancia terrea. Flo annuì

adagio. « È venuta Agnes a occuparsi di loro. Solo fino a quando non torni a casa» . Lei siaccigliò, scosse la testa, come se dentro vi fosse qualcosa di pesante. « Andrà tutto bene» ,le disse. « Benissimo. Solo, mi manchi da morire, naturalmente» .

Stava nevicando! Era quasi Natale e stava nevicando! Erano alla finestra della lorocamera, in pigiama, e guardavano il turbinio dei fiocchi che si posavano. Ben presto UpperGreen fu completamente coperto.

« Se guardi in alto» , disse Freddie, premendo il viso contro il vetro, « sembra di salirelassù in mezzo ai fiocchi» .

Baba ci provò. Le dava una sensazione buffa, sembrava di non poter mai più scendere.Venne zia Agnes a vestirli per la colazione. Niente scuola, nessun bisogno di fare in fretta, lastanza illuminata dalla neve.

« Si scende!» .Aveva preparato un porridge caldo. Papà si stava togliendo gli stivali, aveva dato da

mangiare alle oche. « Non ne sono entusiaste» , disse, mettendo gli stivali accanto alla stufa.« Credo che se ne staranno dentro, oggi» .

Non fu così. Le oche uscirono dal loro capanno e si guardarono attorno. Piegarono il capoper brucare, senza però riuscirvi: l’erba era tutta nascosta. Starnazzarono e siincamminarono ondeggianti verso un altro pezzetto di prato. Poi rimasero lì ferme, sotto laneve che continuava a cadere.

« Sembra una cartolina di Natale» , disse zia Agnes. Aveva comprato loro un calendariodell’Avvento: facevano a turno per aprire le porticine. Una campana, un rametto diagrifoglio, un regalo tutto incartato con un fiocco rosso. Per la vigilia di Natale, le porteerano doppie. Freddie aveva calcolato che sarebbe toccato a lui aprirle.

« Devo tornare a casa per Natale, Willie» , disse Agnes a Will quella sera. « Se i trenipartono. Non posso lasciare ancora a lungo il povero Neville» .

« Certo che non puoi» . Si stava accendendo la pipa e aveva accanto a sé un buonbicchiere di whisky . « Sei stata meravigliosa, sorella. Un angelo» .

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Erano in sala da pranzo, seduti al tavolo allungabile, dal quale, da ragazza, Agnes si eraalzata così tante volte per correre di sopra, piangendo a dirotto. Povera ragazza, la loromadre ce l’aveva sempre con lei per qualche motivo.

« I bambini sono stati felicissimi di averti» , le disse, pressando il tabacco.E lei aveva adorato ogni minuto del suo soggiorno, Will lo vedeva bene: vestirli e

spogliarli, preparare ottimi pranzetti… aveva mangiato benone anche lui. Era stata alleprese con quel bollitore per il bucato, aveva fatto loro il bagno. L’aveva sentita ridere dicuore lassù. L’aveva sentita mettersi in ginocchio mentre dicevano le loro preghiere,iniziando lei per prima.

« Dio, benedici papà e mantienilo forte. Dio, benedici la mamma e aiutala a stare megliopresto…» .

Will aveva detto loro che Flo aveva un brutto mal di pancia: cos’altro poteva mai dire?« Immagino che tutti quegli anni come direttrice scolastica ti siano serviti» , disse,

aspirando una boccata.« Vice direttrice. Ma adesso cosa succederà?» .Will non lo sapeva. Non lo sapeva proprio. Come poteva fare tutto da solo, il lavoro, le

visite a Flo? Come avrebbero fatto a passare un Natale senza di lei? Chissà quando sarebbetornata a casa.

« Sai una cosa?» , disse a un tratto Agnes. « Ho un’idea» .

Avrebbero passato il Natale con zia Agnes e zio Neville! A Wimbledon… non c’erano maistati! Baba iniziò immediatamente a fare i bagagli. Ripescò un cardigan per Squeaker e gliraccontò tutto quanto. Avrebbero portato anche il calendario dell’Avvento, e papà sarebberimasto a casa con Snowy e le oche, e avrebbe fatto visita alla mamma in ospedale.

Fuori, in strada, sentì qualcuno che spalava la neve. Andò alla finestra della camera daletto. La lampada a olio stava sciogliendo tutti i ghirigori ghiacciati sul vetro; minuscolifiocchi continuavano a cadere sulle siepi imbiancate dell’orto e sul Green più oltre. Tuttoera così tranquillo e silenzioso. Non c’era nessuno fuori, tranne l’uomo del Crown, al lavorocon la sua pala. Sembrava l’unico suono al mondo, così forte in tutto quel silenzio, e Baba sisentì come Dio, che guardava dall’alto tutto quello che aveva creato. Egli avrebbe fattotornare la mamma a casa.

« Mr Sutherland? Parla il dottor Gillespie. Mi spiace disturbarla, niente di cui preoccuparsi,ma vorremmo sottoporre Mrs Sutherland a una seduta di TEC. Abbiamo bisogno del suoconsenso, naturalmente… mi chiedevo se le era possibile venire a firmare i documenti.Una volta che le strade saranno sgombre, certo. Al momento siamo messi maluccioquaggiù» .

Will mise giù il telefono e si appoggiò allo schienale della poltroncina girevole. La stanzaera ancora piena della meravigliosa luce della neve, così gioiosa da indurre a pensare chenon sarebbe accaduto mai più niente di brutto. Ed ecco quell’orribile, infernale faccenda.

Piccoli fiocchi bianchi fluttuarono dolcemente davanti alla finestra. Will restò seduto lì,incapace di muoversi.

La cosa migliore del posto in cui viveva zia Agnes era il cavallo del lattaio. Scendeva instrada tutte le mattine, clop clop clop, e portava i paraocchi. Non appena si svegliavano,

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aspettavano di sentirlo, lassù, insieme, nella fredda camera degli ospiti.« Eccolo!» . Corsero alla finestra e batterono sul vetro. Zia Agnes aveva ordinato una

fornitura extra appositamente per loro.« Aspettaci!» . Si precipitavano giù dalle scale. « Apri la porta! Svelta!» .Zia Agnes aveva ancora i bigodini.« Non potete uscire in pigiama! Restate qui!» .Ma erano già sul sentiero ghiacciato. Il lattaio svoltò al cancello.« Vi prenderete un malanno, vedrete» .La strada era vuota, non c’era nessuno alle prime luci del mattino, solo il caro, vecchio

cavallo, che aspettava paziente la sua zolletta di zucchero.« Per favore, zia Agnes!» .Lei scese sul vialetto in vestaglia, con le tasche piene di zollette. « Siete viziati da morire» .« Ci piace essere viziati» .« Stendete il palmo» , disse il lattaio, e il grande naso del cavallo venne giù, tutto ispido e

bagnato. Sgranocchiò le zollette in un secondo.« Tutto finito» . Rimasero lì tremanti, accarezzandogli la guancia irsuta.« Adesso venite dentro! Non ho mai conosciuto nessuno come voi!» .Zio Neville stava venendo giù per le scale per fare colazione. Non era anziano come il

nonno, ma aveva un’aria vecchiotta. Era magro, aveva i capelli radi, tenuti a posto dallaBry lcreem. Anche papà la usava, ma lui aveva più capelli, quindi non si notava molto. Ilpomeriggio in cui erano arrivati, aveva mostrato loro la cesta di Tinkerbell. Lei era laseconda miglior cosa.

E l’indomani sarebbe arrivato l’albero di Natale! Zia Agnes aveva una scatola di lucinecolorate.

« La mamma aveva delle lucine come quelle» .LA MAMMA AVEVA DELLE LUCINE COME QUELLE.

La condussero fuori dal reparto e lungo i corridoi, lentamente, lentamente, lentamente,fino a una grande stanza. C’era uno stranissimo odore.

« Ecco fatto, bene, ci siamo» .La porta si chiuse alle loro spalle; all’improvviso si trovò insieme a un sacco di persone.C’era un grande letto piatto al centro della stanza, con degli affari a un’estremità.

Strumenti.« Dunque, Mrs Sutherland, il dottor Gillespie le ha spiegato cosa faremo oggi» .Lei non riusciva a ricordare. Glielo ripeterono. La aiutarono a salire sul letto e la fecero

distendere.« Cosa… cosa…» .« Va tutto bene, chiuda gli occhi adesso…» .Le stavano applicando qualcosa alla testa. Alzò le mani, cercando di strapparselo via.« Toglietelo, toglietelo…» .Ci fu una sorta di rumore sfrigolante, un odore disgustoso. Poi, il mondo esplose.

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7Arrivò la primavera. Arrivò la primavera finalmente, e Flo tornò a casa. Era ancora solo

marzo, con un vento burrascoso, ma quando usciva il sole, ogni cosa danzava.« Mamma…» .Will la riportò a casa in taxi: al diavolo i soldi. Pagò il conducente, la aiutò a scendere,

prese la sua valigetta chiara con una mano e diede a lei l’altro braccio. Era diventata cosìesile. Aprì il cancello e le oche si fecero immediatamente sentire. « Te le ricordi?» . Leiannuì. Avanzarono adagio lungo il vialetto. I bambini stavano battendo alla finestra dellasala da pranzo. Smisero e corsero alla porta. Agnes restò indietro.

« Mamma…» . Tesero incerti le mani.« Ciao» . Flo si guardò intorno. Che bizzarra casetta.Si incamminarono lentamente; non riusciva a guardarli. Poi le abbracciarono le gambe e

premettero la testa contro di lei.« Va bene, su, bambini, lasciate entrare la mamma. Forza, Freddie, lasciala andare» .In cucina, ogni cosa splendeva. Lavello pulito, tovagliette pulite, giunchiglie in un vaso. Il

pranzo era nel forno.Agnes tossì.« Ciao, Flo» .« Ciao» .« Di’ ciao a Snowy » .« Ciao, Snowy» .Flo si mise seduta. I bambini tirarono fuori il gatto dalla cesta.« Vuole stare sulle tue gambe» .Snowy balzò via all’improvviso, guadagnando la porta sul retro. Agnes lo lasciò uscire. Le

oche ricominciarono.« Il pranzo è quasi pronto, Flo» . Agnes fece un risolino. « Solo una torta rustica,

purtroppo» .« Noi amiamo le torte rustiche» .« Agnes è stata un’ottima sostituta» , disse Will.« Oh, be’…» . Un’altra risatina.Flo si prese la testa tra le mani. « Grazie» , disse al tavolo. « È bello essere a casa» , disse

alle forchette e ai coltelli.« Flo? Ti senti bene?» .Lei annuì. « Solo un po’… sai…» .SOLO UN PO’… SAI…« Pranza a letto, su un vassoio» , disse Baba.

Will portò di sopra il vassoio e glielo posò sul grembo.« Tesoro mio» . Nuvole veloci passavano davanti alla finestra, luci e ombre guizzavano

nella stanza. Will sentì che tutto tornava a prendere vita, malgrado lei sembrasse così pallidae patita, sorretta dai cuscini.

« Resta qui fino a che ne hai voglia» , le disse. « Agnes non se ne andrà fino a domani» .Povera vecchia Agnes… il letto da campo quella sera e, Dio, sarebbe stato felice quando

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tutto quanto fosse finito e tornato alla normalità. Rimase lì a guardare Flo che non facevaniente, ascoltando i rumori del pranzo al piano di sotto. Avrebbe fatto bene anche a luimangiare un po’.

« Mangia, tesoro, devi rimetterti in forze» .Flo sollevò la forchetta e prese un boccone. Ultimamente niente aveva un gran sapore,

anche se dicevano che la situazione sarebbe migliorata.« E le tue pillole?» , chiese a un tratto Will. « Non dovresti prenderle ai pasti?» . Rovistò tra

le sue camicie da notte e le trovò. Poi andò a prendere un bicchiere in bagno e la guardòbuttarle giù.

« Odio prendere le pillole» .« Lo so. Smetterai presto» . Will posò i flaconi sul comodino. Dio, aveva fame. « Va bene,

allora» , disse. « Mangia tutto, io torno presto» .E andò di sotto, lasciando la porta socchiusa.Flo mangiò un altro boccone. Qualsiasi fossero gli ingredienti che aveva usato Agnes, un

sapore ce l’aveva. Quello schifoso cibo di ospedale… ne mangiò ancora un po’ e poi posò laforchetta. Bastava così. Spinse via il vassoio, tornò ad appoggiarsi ai cuscini, guardando lenuvole cambiare forma nel luminoso cielo primaverile. Filarono veloci colline e vallate, equalcosa che somigliava a un alligatore. Qualcosa con un grugno e zampe anteriori, maniente di cui avere paura. Adesso, tutto dentro di lei eraspento.

Il giorno seguente, Will accompagnò Agnes al treno. La ringraziò per la milionesimavolta. Proprio non sapeva come avrebbe fatto a…

« Spero solo che Flo non pensi che mi sono intromessa» .« Certo che no» .La baciò e la salutò con la mano mentre partiva da Market Hampden. In qualche modo se

la sarebbero cavata. E adesso era finita. Flo era a casa e, a Dio piacendo, era finita.Percorse a ritroso il ponte pedonale. Vedeva la loro stradina, la metà superiore del loro

cottage, così fresco, bianco e accogliente. Era stata Flo a occuparsene: in un batter d’occhio,aveva messo al lavoro gli imbianchini sulle scale. Si sarebbe ripresa, Will ne era certo.

« Dov’è mamma?» , domandò Freddie nell’istante in cui tornò da scuola. Mollò la cartellae corse in cucina.

« Sono qui» , disse Flo, portando adagio il tè in tavola.Freddie le mise le braccia attorno alla vita e la strinse, mentre Baba correva fuori in

giardino.« Grey Fluffy ! Grey Fluffy ! Sono a casa!» .« Resta ferma» , ordinò Eddie, e poi, mentre Flo si districava dall’abbraccio, dito dopo dito,

per andare alla ghiacciaia a prendere il latte: « Guardami. Guardami, mamma» .Flo non ci riusciva. Non riusciva a guardarlo, e non riusciva a guardare Baba, che era

tornata di corsa con la ciotola per bere e aveva aperto il rubinetto esterno.« Aveva sete!» , stava urlando, al di sopra dell’acqua scrosciante.« Mamma» , fece Freddie.« Smettila» , disse seccamente Flo. « Basta così. Baba, è l’ora del tè» .Aveva preparato i panini, versato il latte. Cos’altro doveva fare?

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« Devo portare il tè a papà?» , domandò Baba.« Se ti va» .Lentamente, si alzò e riempì il bollitore. Poi tornò a sedersi e passò loro le cose.

« Raccontatemi della scuola» , disse, perché era previsto che lo facesse. Sentì se stessa chediceva: « Davvero? Che cosa carina» , e Freddie: « Ma non era carina» . « Non staiascoltando, mamma» , rincarò la dose Baba.

« Non lo sto facendo?» , chiese alla tovaglia. A quel punto, Will entrò a prendere una tazzadi tè e i bambini andarono via mogi.

« Tik hai?» , le chiese, preparandosi il tè da solo.« Immagino di sì» , disse Flo al piatto vuoto, e sentì Will sospirare.

« Guardami» , disse Freddie al momento del bagno, mentre lei gli passava la spugna.« Guardami!» .

Lei lo guardò e vide la sua faccia preoccupata. « Cosa c’è?» , gli chiese. Ma Freddie non losapeva.

Quando rimboccò loro le coperte per la notte e si chinò per baciarlo, lui le si aggrappò alcollo così forte da farle male. Quello riusciva a sentirlo.

« Lasciami» , disse, e mentre lo diceva, un’ondata di qualcosa senza nome la travolse,qualcosa di spaventoso che non riusciva a ricordare. « Lasciami!» , urlò, e Will arrivò dicorsa su per le scale.

« Tutto bene, bambini, basta così» .Will spense la luce e i bambini restarono a letto immobili mentre lui la accompagnava in

camera da letto, chiudendo la porta.

E poi, alquanto all’improvviso, la situazione cambiò. Fu come mettere il piede su unacrepa del pavimento: un minuto lei era morta, quello dopo…

« Sto meglio» , disse a Will piena di meraviglia, quando lui le portò il tè mattutino. Il soleera dietro le tende, le galline facevano sentire i loro richiami da chissà dove, lungo lastradina qualcuno stava passando a cavallo. Flo sentì tutte queste cose e le piacque il lorosuono.

« Tesoro mio» . Will aprì le tende e la guardò. « Sei tornata» , disse. Lei lo guardò dritto infaccia e sorrise.

Forse doveva succedere, si disse Flo uno o due giorni dopo. Forse tutto stava montando daanni, fino a che non era esploso e lei era caduta a pezzi. Adesso, piano, piano, li stavarimettendo insieme. « Tutti i cavalli del re e tutti gli uomini del re» , cantava Freddie nelbagno, decisamente rinfrancato. « Non riuscirono a rimettere Humpty insieme!» , urlavaBaba, schizzando acqua a tutto spiano.

Ma lei adesso doveva rimettere insieme i propri pezzi, tornare a essere una persona.

Era nella stanza dei giochi: la metà posteriore del garage che Will aveva diviso da untramezzo. Aveva trovato un vecchio tappeto sul giornale locale, cinque sterline per unconsunto affare blu che copriva il cemento alla perfezione. Un tavolino che ai Gibson nonserviva vi aveva trovato un angolino. Dall’altro lato c’erano le cose che non avrebbero maiportato in casa, lo schedario, i ritratti, la vecchia cassapanca di quercia, velate da coperte

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come fossero un sudario. Se le guardava, se pensava “sudario”, si sentiva strana, perciò nonle guardava e continuò a riordinare le cose dei bambini.

Stava iniziando a piovere adesso, le gocce picchiettavano sul tetto di lamiera ondulata, maera uno di quei veloci acquazzoni di aprile. Flo si girò a guardare il giardino, vide il verdesmeraldo dell’erba del frutteto, nutrita dalle incessanti deiezioni delle oche, vide Paperoavanzare adagio sull’erba e fermarsi sotto agli alberi.

Gli alberi erano in fiore, c’erano uova nel capanno delle oche: adesso i pennuti vipassavano più tempo, a covare sui nidi soffici di fieno. Presto avremo paperotti dappertutto!,annotò mentalmente sul suo diario. E nel momento in cui lo faceva, seppe di aver superatouno spartiacque. Si era lasciata alle spalle la malattia e l’orrore, e la vita la richiamava a sé.Forse doveva comprare un nuovo quaderno. Ma non tornerò al mio romanzo, disse al diario,e corse alla porta sul retro sotto la pioggia, sull’erba fradicia. Non adesso. Vi avevo ripostocosì tante speranze, ma…

Nel raggiungere la cucina, quelle terribili sensazioni di fallimento tornarono ad affacciarsi.E non l’aveva neanche mostrato a nessuno. Chiuse gli occhi, ferma in cucina, con l’odore dicarbone e stuoino, e gli aromi dell’umida e ventosa primavera sulla soglia. « Ti prego, Dio,fammi stare bene» , mormorò. A quanto pareva, tutti avevano pregato per lei, perfino inchiesa. Che cosa orribile. « E ti ricorderò nelle mie preghiere, Flo» , aveva scritto Agnesl’altro giorno. Non voleva che Agnes pregasse per lei. Non riusciva a spiegarlo: non volevae basta.

Un rumore nell’ingresso: aprì gli occhi ed ecco Will che usciva dall’ufficio.« Tesoro. Come procede il pranzo?» .

« Non dirlo mai ai bambini» , gli sussurrò quel pomeriggio, mentre giacevano l’una nellebraccia dell’altro nel letto cigolante. Nessuno dei due riusciva a ricordare da quanto temponon lo facevano: sembrava essere di nuovo in India, in luna di miele addirittura, con il soleche entrava obliquo dagli scuri, il punkah che si muoveva lentamente sopra di loro, ilfactotum addormentato sulla brandina in veranda, tutto silenzioso nell’intenso calore delpomeriggio. E niente bambini per i quali doversi alzare. Adesso avevano un’altra mezz’oraprima che rientrassero a casa, e forse ancora un’altra…

« Mia Flo» .Lei si mise a sedere, facendo scivolare il lenzuolo dal corpo, e guardò l’amato viso di Will.

« Promettimelo» , disse. « Prometti. Non voglio che vengano mai a saperlo» .Will le prese la mano e se la portò alle labbra. Promise.

Ormai era tornati tutti alla normalità. La pioggia cessò, i boccioli cadevano sull’erbabrillante. « La cosa più emozionante sono i pulcini!» , scrisse Flo a Vivie.

Povera Vivie, quanto era stata in pena per tutto quel terribile periodo. Ma non posso venirelassù, tesoro, non posso lasciare mamma e papà. E c’era un nuovo sviluppo: ospiti paganti.Ho mille cose da fare! E ho i preparativi per la gita scolastica di Hugo: vanno a sciare inAustria! Perciò, ti prego, continua a stare sempre meglio…

Stava bene, stava bene. E adesso…« Una sta per schiudersi! Si sta schiudendo!» .Le sere erano ancora piuttosto fredde. Will portò una grossa scatola di legno piena di

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pulcini e la sistemò accanto alla stufa. Sopra vi mise una lastra di vetro con dei buchi. Unaltro piccolo acquisto trovato negli annunci, sotto la voce “Pollame”. Mentre cenavano,sentivano il tap tap di tredici becchi contro il vetro. La cucina odorava di fieno, gli ultimiraggi di sole si affacciavano polverosi alla finestra. Tap-tap. Tap-tap-tap.

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8Era Natale. L’ultimo giorno di scuola, i bambini tornarono a casa stringendo biglietti

scintillanti, con l’interno ricoperto di baci. Will era andato in chiesa. Flo dispose i bigliettisulla mensola del caminetto in sala da pranzo, insieme a quelli della famiglia e deiconoscenti del villaggio. I Gibson davano un rinfresco il ventitré e, per la prima volta, ibambini avrebbero avuto una babysitter: una simpatica ragazza del villaggio.

Flo guardò il corsivo dell’invito: “A Casa” , su un cartoncino spesso, pieno di dettagliscintillanti. Cosa diamine avrebbe indossato? E la gente avrebbe fatto domande… avrebbericordato? “Come stai adesso, Flo?”. Era una cosa che tutti avevano voluto sapere, la primavolta che era andata in giro nel villaggio. Flo non sapeva cosa fosse peggio: il fatto che glielochiedessero o che tacessero, come se fosse qualcosa di troppo brutto per parlarne. Silimitava a rispondere che stava molto meglio, grazie, in maniera tale che non chiedesseroaltro.

Poi arrivò uno strillo improvviso dalla cucina. Biglietti e inviti caddero sul focolare quandoFlo si girò di scatto.

« Cosa? Cosa c’è?» .Baba stava saltellando su e giù davanti alla porta aperta della dispensa. All’interno, un’oca

penzolava, grossa e floscia, da un gancio, il lungo collo grigio legato con uno spago allespalle, gli occhi semichiusi. Il becco giallo era aperto, le zampe gialle ciondolavano.

« Quella è Grey Fluffy ! Quella è Grey Fluffy !» . Baba scoppiò in un pianto dirotto.« Oh, tesoro. Io non credo che sia…» .« È lei! È lei!» .Freddie rimase fermo e silenzioso accanto allo sportello della stufa.Flo prese Baba tra le braccia. « Tesoro, tesoro» .« Lui l’ha uccisa! L’ha uccisa!» .« Sono sicura che non fosse sua intenzione, voleva solo un’oca per Natale, si assomigliano

tutte…» .« Lei era diversa!» .Una chiave risuonò nella toppa della porta d’ingresso. Giunse un piccolo fischio. « Tik

hai?»« No, nessun dannato tik hai» , sbottò Flo mentre lui entrava. « Ma insomma, Will…» .Baba seppellì il viso nella spalla di sua madre. Freddie andò a rifugiarsi sotto al tavolo. Will

guardò la porta aperta della dispensa e capì.« Non dirmi…» .« Era lei» , singhiozzò Baba. « La mia oca» .Niente di quello che disse riuscì a consolarla.

La conseguenza fu che i preparativi per il rinfresco dai Gibson non furono allegri comeera previsto che fossero. Il pensiero aveva turbato Flo per giorni. A Casa. Era davanti allospecchio del bagno della loro piccola casa, provandosi abiti antiquati. Una cosa erarinnovare un vestito estivo servendosi della macchina da cucire – tutte lo facevano – ma lecose invernali… non si poteva ammodernare una giacca o un vestito di lana. Lei, per lo

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meno, non ne era in grado. Prese dall’armadio un vecchio scamiciato. Dov’era la cintura?Fece scorrere la mano lungo le grucce. Dio, che cosa deprimente, e, oh, quanto avevaamato i vestiti un tempo!

Vestiti, uomini, make-up… quelli erano altri tempi. Bei ragazzi che la guardavano dai loroletti in ospedale o nelle case di cura, mentre lei scrollava il termometro con mossettecivettuole. La portavano a bere qualcosa appena stavano meglio, come gli ufficiali che lainvitavano a cena dopo una lunga giornata nella sala operativa, alla WAAF. Ridevano acrepapelle mentre si mettevano in ghingheri, strillando quando un collant di quelli razionatisi smagliava. « Oh, no! Oh, santo cielo!» , e correvano a mettervi del sapone per fermare lasmagliatura, mentre sentivano il clacson che suonava fuori in strada.

E l’India, poi… tutte quelle pezze di ottimo cotone srotolate sul tavolo della sala da pranzo,il durzi con le sue spille e le forbici, innumerevoli abiti graziosi realizzati per pochissimo.

Adesso, nella camera da letto di un villino, anni luce dopo, sollevando quel vecchio abitodavanti a sé, si sbottonò la gonna da casa e si sfilò il maglione dalla testa. Ed eccola, inreggiseno e corsetto, e una ciambella attorno ai fianchi: aveva messo su troppo pesomangiando per rimettersi in sesto. Di solito andava troppo di fretta per contemplarsi allospecchio e adesso quell’immagine la fece rabbrividire.

Aveva ballato? Aveva cantato, preparandosi per andare a una festa?Oh, andiamo, si disse, entrando nello stanco abito blu e infilando nei passanti la logora

cintura. Di certo troverai un modo per abbellirlo. E si mise a rovistare in un cassetto nelquale trovò una stola che non ricordava più di avere, a scacchi celesti e panna. Era stata leia comprarla? Un regalo di Vivie? Dopo quel terribile periodo aveva dimenticato così tantecose. Eppure… era carina.

Si infilò l’unico paio di scarpe con i tacchi che aveva e si avvolse nella stola.

Attraversarono in silenzio il villaggio al buio, i loro passi risuonavano sul terrenoghiacciato. Sul Green, c’era un enorme albero di Natale e il vento faceva dondolare i fili dilucine colorate.

« Mi hai perdonato?» , le chiese Will mentre arrivavano al vialetto dei Gibson. « So che èstata una cosa orribile. Povera, piccola Baba» .

« Oh, Will» .Stavano arrivando altre persone, una torcia oscillò. D’un tratto le venne la nausea per

l’agitazione. « Adesso non pensiamoci più» , disse e accettò il suo braccio.« Amore mio» . Le strinse la mano. « Ci divertiremo un sacco» .Si incamminarono verso la casa facendo scricchiolare la ghiaia sotto le scarpe. Sotto il

portico, a ciascun lato della porta laccata, erano appese delle lampade da carrozza. La lucesi riversava all’esterno ogni volta che gli ospiti venivano ricevuti; perfino sui gradinid’ingresso si sentiva l’odore dei ciocchi, dei sempreverdi, delle spezie.

« Meraviglioso» , disse Will, togliendosi il cappello. « Semplicemente meraviglioso» .C’era un bell’albero nell’ingresso, dove Daphne Gibson, in un lungo abito insignificante, il

cane accanto a sé, ordinava bruscamente ai suoi ragazzi di portare di sopra i cappotti degliospiti. Videro il grosso e schietto Donald servire il punch vicino al grande caminetto insalotto, mentre salutava tutti da dietro la zuppiera.

« Tieni, Nick, adesso vai» , disse Daphne al figlio maggiore. « Will, è un piacere vederti. Eanche te, Flo. Come stai?» .

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Non significava niente, si disse Flo, sfilandosi il vecchio cappotto e rispondendo che stavabene, grazie. A nessuno importava davvero come stesse e lei non era obbligata a dirlo. Manon appena si ritrovò lì, senza il cappotto, sistemandosi la stola, iniziò a sentirsi lo stomaco insubbuglio. Come aveva potuto pensare di essere all’altezza della situazione? Accanto aisinuosi abiti da sera con la vita stretta, circondata da drappeggi e stole, che figura avrebbefatto?

Ed ecco Michael Lewis; si stava sciogliendo dal collo elegante quello che sembrava unfoulard da cantante d’opera e porgeva il cappotto scuro di buona fattura a un altro piccolo eazzimato Gibson. Pensare che aveva riposto in lui tutte le sue speranze, scrivendo elettrizzataa Vivie: « Un agente letterario!» . E guarda cos’era successo l’ultima volta che aveva avutoil tempo perscrivere.

« Ciao, Michael» , mormorò, mentre lui le passava accanto, solo per vedere com’era. Luisi voltò e la guardò perplesso.

« Sono Flo Sutherland» , disse con un risolino. Lui aggrottò la fronte e poi disse: « Oh, sì,certo. È un piacere vederti. Come vanno le cose?» .

Ma a lui non importava come andavano le cose – perché avrebbe dovuto? – e, nel giro diqualche istante, mentre Flo rispondeva che andavano bene, grazie, si era dileguato.

Will le posò una mano sul gomito. « Pronta, tesoro?»« Ho solo bisogno di incipriarmi il naso» . Fece un profondo respiro. « Daphne, potresti

mostrarmi dove…» .« Certo. Lì, in fondo al corridoio, e un altro al piano di sopra. Ti accompagnerà Eddie, non

è vero, Eddie?»« Va bene così, grazie, lo troverò da sola» . Superò in tutta fretta lo scodinzolante

Labrador, rifugiandosi alla toilette. Davanti allo specchio, tirò fuori la cipria compatta conmano tremante. Tremante! Come si era ridotta? Era andata così bene, di nuovo in giro…ma adesso era diverso. In giro si poteva salutare con un cenno della mano, chiacchierare inmodo superficiale, tornare a casa e chiudere la porta. Si guardò allo specchio, e si videcome doveva averla vista Michael Lewis: l’ennesima casalinga con velleità da scrittrice e leborse sotto gli occhi. Non si poteva negare che quell’orrendo periodo l’aveva invecchiata.

Pensò ai bambini al caldo sotto le coperte, alla babysitter al piano di sotto, una giovanecreatura senza alcuna esperienza. Baba si era trovata bene con lei, naturalmente,chiacchierando e mostrandole cose, ma Freddie si era tenuto in disparte. Cosa sarebbesuccesso se, svegliandosi, avesse avuto paura? Era stato così scombussolato, cosìappiccicoso quando era ritornata a casa… come poteva essere certo, se si fosse svegliato,che lei sarebbe tornata?

« Mamma e papà vanno a una festa» , gli aveva detto il giorno prima, e i suoi grandi occhimarroni si erano incupiti.

« Mamma non andare» .Qualcuno aveva girato la maniglia del bagno, tossendo educatamente. Flo tirò lo

sciacquone e, mentre l’acqua defluiva turbinando nella tazza, vide se stessa scorrere via allostesso modo. Non sarebbe stato bello? Via, via, senza mai più dover affrontare anima viva.

Chiuse di scatto la cipria e aprì la porta.« Mi scusi tanto» , disse in tono vivace, quando la moglie del vicario, la vecchia e scialba

Marjorie Whatnot, si fece indietro per lasciarla passare.

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« Come stai, Flo?»« Oh, assolutamente bene, grazie» , rispose Flo con la sua piccola risata. « Ci vediamo tra

un attimo!» . E si diresse alla festa.Will era già in piena attività, il bicchiere in mano, ridendo fragorosamente per qualcosa

che aveva appena detto (Flo lo aveva capito immediatamente) mentre un gruppo disignorotti di campagna rideva insieme a lui. Il vapore si levava dalla zuppiera del punch, ilfuoco scoppiettava, le lampade da parete con i paralumi in cartapecora illuminavano lescene di caccia appese ovunque, risplendendo sulle pile di « Field» e « Country Life» .

« Flo! Tesoro!» . Will stese un braccio. « Mia moglie» , disse ai suoi interlocutori, cheannuirono e sorrisero. « Lascia che ti prenda da bere» .

E una volta che ebbe buttato giù un po’ di quel punch, Flo si riprese. Dio solo sa cosa ciaveva messo dentro Donald ma, dopo il primo bicchiere, pensò: “Posso farcela. Almenoper un’ora, posso farcela”. Ben presto la sala affollata fu satura di spezie e fumo disigaretta: vide Michael Lewis piegarsi per accendere una sigaretta a Rosie By att, cheindossava uno stupendo abito dalla gonna ampia di taffetà verde smeraldo, una stola di setanera sulle spalle nude. Flo la guardò aspirare a fondo, la testa all’indietro, quelle incantevolispalle sollevate. E dov’era Roddy , e dov’era la stanca Jenny Lewis?

Si guardò attorno, sorseggiando il secondo bicchiere, ascoltando distrattamente i discorsisulle battute di caccia e la Guardia Nazionale, di cui un sacco di ospiti sembravano fareparte. « Dovremmo fartici entrare, Will, vecchio mio» . Le mogli dei signorotti dicampagna formavano un gruppo a sé stante e chiacchieravano rumorosamente vicino alfuoco. Jenny non si vedeva da nessuna parte, probabilmente era a casa con il nuovobambino.

Un altro! Vide Roddy Byatt dall’altra parte della stanza, intento ad ascoltare quella chedoveva essere la sorella di Daphne: un’altra tizia dai modi spicci, che probabilmente non lafiniva più di parlare di caccia. Lo vide lanciare un’occhiata a sua moglie, che chiacchieravacon Michael.

Poi, Donald Gibson si avvicinò a Rosie e le diede un buffetto sulla spalla. Quando lei si giròa salutarlo e gli tese il bicchiere con un piccolo e allegro cenno del capo, Flo pensò: “Nonposso permettere che quel tremendo incontro con Michael nell’ingresso sia l’ultima voltache ci parliamo stasera. Devo andare oltre, fargli vedere che sono tornata a vivere. Non sisa mai”, bevve qualche altro sorso, “un giorno potrei rimettermi a scrivere. Un giornopotrebbe essere entusiasta di rappresentarmi”.

E fece per andare verso di lui.« Michael! Ho pensato di venire a fare due chiacchiere» .Rosie, con un nuovo bicchiere in mano, stava ridendo tra la folla attorno alla zuppiera del

punch. Michael abbassò lo sguardo su Flo.« Come sta Jenny ?» , gli chiese in tono vivace. « Come va il mondo letterario?» .Michael aspirò una boccata di fumo. « Penso che siano entrambi in buona forma, grazie.

Sono spesso a Londra ultimamente» .« Davvero? Che cosa affascinante. Con tutti i tuoi famosi autori, immagino!» . Gli scoccò

un’occhiatina maliziosa da sopra il bordo del bicchiere.Lui le rivolse un mezzo sorriso e Flo vide il suo sguardo guizzare dall’altro lato della stanza.

« E tu, Flo? Mi è dispiaciuto sapere che sei stata male» .« Oh, sto molto meglio adesso, grazie. Ho messo in pausa il mio romanzo, ma un giorno ci

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tornerò, lo so. È ambientato in India, te l’avevo detto? Magari quando lo riprendo, potreimostrarti i primi capitoli!» . E vuotò il bicchiere, dandogli un’altra occhiatina. Era guarita.Che spasso!« Sì, certo» , disse lui in tono piatto, aggiungendo: « È stato un piacere parlare con te… miscuseresti un minuto…» .

Senza neanche offrirle un secondo drink si dileguò nella calca.Flo restò lì col suo bicchiere vuoto e si sentì come se l’avessero presa a calci. Snobbata non

una volta sola ma due. Snobbata quando si stava appena riprendendo, sforzandosi di fare delproprio meglio… e per una volta parlando con un uomo attraente! E lui… e lui…

“Sciocca”, si disse. “Dannata, dannata sciocca”.Dov’era Will? Sentì la sua risata da qualche parte, si girò per cercarlo ma ebbe un

tremendo capogiro e seppe di non riuscire a muoversi. Si tirò la stola di lana, bloccata eimpotente.

« Flo, mia cara» . Tutt’a un tratto Roddy Byatt era davanti a lei. « Posso portarti dabere?» .

Lei scosse la testa che le girava. « No, no, non devo, grazie» . La sua voce sembravastrana e distante. Alzò lo sguardo su di lui e vide un’espressione così dolce. « Oh, cielo» ,disse lentamente, « temo di… temo…» .

« Lo so. Le feste sono difficili a volte, vero?»« Un tempo le amavo» , rifletté Flo. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Si morse il

labbro.« Sono certo che eri fantastica. Ti sei ripresa meravigliosamente, so che deve essere stato

un inferno» .« Oh, Roddy» . Flo deglutì a fatica. « Ti prego, non essere gentile, o mi sentirò un’idiota

totale» .Eppure in quel momento non desiderava altro che gentilezza.Roddy le offrì una sigaretta; lei scosse la testa. « Andiamo a sederci?» , le chiese. « Vado

a chiamare Will?» .Flo lo guardò e, attraverso la propria infelicità, vide le ombre scure sotto i suoi occhi, i

segni della tensione su un viso tanto delicato.« Credo che anche tu abbia affrontato un bell’inferno» , disse adagio. Sembrava la prima

cosa vera che avesse detto in tutta la serata e, per un momento, si guardarono con le difeseabbassate: semplicemente un riconoscimento della verità. Poi le difese vennero rialzate eRoddy si accese la sigaretta, affrettandosi a dire: « Oh, queste cose vanno e vengono» .

A quel punto, Will era già accanto a loro, con un braccio attorno a Flo, dicendo: « Tesoromio» , e « Roddy , amico, che piacere vederti. Come va la vita?» .

Tornarono a casa camminando adagio, a braccetto sotto il cielo stellato. Su un trattoghiacciato, il tacco di Flo slittò, rischiando di farla cadere, ma Will la sorresse.

« Attenta, attenta» .Alle loro spalle sentivano ancora gli sportelli delle auto chiudersi e voci che esclamavano:

« Buonanotte! Buon Natale! Splendida festa!» .« Allora, amore, ti sei divertita?» .Flo non riusciva a pensare che al viso gentile di Roddy .Will la guardò. « Tutto bene?»

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« Solo ancora un po’ brilla» .Lui le mise un braccio attorno. « Presto sarai sotto le coperte» .E Flo gli appoggiò la testa sulla spalla, vedendo la figura alta di Roddy, e i suoi occhi

tormentati, mentre le luci della loro casa brillavano nel buio davanti a loro.

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9A colazione, un sabato agli inizi di gennaio, Will spinse indietro la sedia e si alzò. « Bene» ,

annunciò, « esco per un po’» . Di solito non faceva altro che andare e venire, nessuno cifaceva caso, ma qualcosa fece sì che i bambini alzassero gli occhi dalle loro uova sode.

« Dove vai?»« A parlare con un tizio per un cane» .« Avremo un cane? Possiamo venire?»« È solo un modo di dire» , intervenne Flo. « Freddie, hai dell’uovo sul tuo maglione» .Il bambino abbassò lo sguardo.All’ora di pranzo, dalla stradina giunse un colpo di clacson. Poi un’auto accostò al cancello.

Freddie e Baba, che giocavano di sopra, non ci badarono. Il clacson si fece risentire.Udirono Flo che scendeva nell’ingresso. Eccolo di nuovo.

« Santo cielo» , disse Baba. Andò alla finestra.« C’è papà nell’auto» , fece sbalordita. « Papà sta guidando!» .Si precipitarono giù per le scale.« Cosa ne pensate di questa?» , domandò Will aprendo gli sportelli verdi davanti alla

famiglia stupita e tremante. « Saltate su!» .Si affrettarono a entrare in auto, accolti dall’odore di pelle e petrolio. « Bene» , disse Will,

tornando dietro al volante, « andiamo a fare un giro» .Non guidava un’auto dai tempi della guerra, ma aveva guidato spesso il trattore, così li

portò in giro per il villaggio, salutando con un colpo di clacson tutti quelli che conoscevano.« Bip-bip!» , rispose Rosie Byatt, che camminava per strada con un cappotto dal grazioso

collo di pelliccia. Che creatura incantevole.« È fantastica, Will» , disse Flo accanto a lui.« È una Ford Popular» , spiegò loro, frenando all’improvviso quando un gatto attraversò la

strada come un razzo. « Una familiare perfetta» . Segnalò con un luminoso indicatore giallola svolta a destra. « Bisogna iscriversi al registro automobilistico» .

« Mi viene da vomitare» , disse Freddie sul sedile posteriore.Flo aprì un finestrino. L’aria gelida entrò dentro.« Anzi, sto per vomitare» , aggiunse qualche minuto dopo.« Oh, per amore del cielo» . Dove poteva fermarsi? Trovò una piccola piazzola appena in

tempo. « Fuori! Svelto!» .Freddie vomitò sul marciapiedi e Flo lo consolò lungo tutto il tragitto verso casa, tenendolo

in grembo sul sedile davanti. Quando tornarono, lo portò dritto in casa per ripulirlo e dargliun bicchiere d’acqua. « Povero Freddie» . Il bambino era livido.

Baba rimase nell’auto mentre Will usciva per andare ad aprire le porte del garage. Fecemarcia indietro, avanzò, rifece marcia indietro. Papero arrivò ancheggiante dal giardino.

« Non investirlo!» .« Non ho intenzione di farlo!» .Alla fine, riuscirono a entrare.« Cosa ne pensi?» , le chiese quando spense il motore.« Bravo, papà» . Gli diede una pacca.BRAVO, PAPÀ.

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« Mi sento triste» , disse Nancy mentre stavano giocando a casa sua. Era un sabatopomeriggio ed erano in camera sua. Fuori il sole splendeva nel cielo spazzato dal vento, tuttoera sereno e bello. « Mi sento triste» .

Baba abbottonò sulla schiena i bottoni del vestito della sua bambola e la mise dritta.« Perché?» .Nancy era seduta sul suo letto, col suo grazioso copriletto. « Mi sento triste e basta.

Spesso» . Iniziò a piangere.Baba disse alla bambola di restare lì e andò da lei. Salì sul letto e le mise un braccio

attorno. « Cosa c’è? Cosa succede?» .Nancy non smetteva di piangere. « Non lo so, non lo so» .« Dio ti ama» , disse Baba, accarezzandole teneramente i capelli. « La tua mamma e il tuo

papà ti amano» .« Lo so, lo so» .« Non c’è niente per cui essere tristi, no?» . Rovistò nella tasca e tirò fuori un fazzoletto.

« Tieni. Soffiati il naso. Va tutto bene, davvero. E io sono tua amica» .Nancy si soffiò il naso. Baba la portò in bagno perché si lavasse il viso con l’acqua fredda.

Nessuno sembrava aver sentito o essersi preoccupato per tutto quel piangere: Mr By att erauscito a fare due passi, e Mrs By att era… dov’era?

« Mrs Byatt?» . Baba si fermò in cima alle scale e chiamò, mentre Nancy si asciugava gliocchi. « Mrs Byatt?» .

Forse era uscita anche lei, lasciandole tutte sole. Nessuno l’avrebbe mai fatto. Poi sentì ilsuono metallico del telefono e la bella Mrs By att uscì dal salotto.

« Ciao, Baba, mi stavi chiamando?»« Mi scusi, è solo…» . Si fermò. Per qualche ragione non riuscì a dirle che Baba era triste

senza averne alcun motivo. Non pensava che avrebbe capito. « Mi chiedevo solo dovefosse» .

MI CHIEDEVO SOLO DOVE FOSSE.« Sono proprio qui» , rispose la madre di Nancy. Sembrava più carina che mai, tutta rosea

e con lo sguardo luminoso. « Il tè è quasi pronto, tesoro. Dillo a Nancy , vuoi?» .

Inizio estate, piccole mele sode sui rami. Will, con un aumento dello stipendio, finalmenteacconsentì ad ampliare la villetta. Flo lo riempì di baci. Fitz dava una mano, un mutuoavrebbe fatto il resto. « E quest’anno dovete proprio venire quaggiù» , scrisse Fitz,accludendo il suo meraviglioso assegno. « Soprattutto adesso che hai l’auto!» . Will incassòl’assegno, scrisse per ringraziarla profusamente, disse che insisteva perché fosse un prestito.Anche se, a essere sinceri, in aggiunta al mutuo…

I lavori ebbero inizio e furono invasi da betoniere e operai. Freddie era al settimo cielo.Rumori di ogni tipo per tutto il giorno, dalla mattina quando si svegliavano fino a quandotornavano da scuola, con Will che bofonchiava nel suo ufficio cercando di lavorare, eSnowy che si nascondeva sotto una siepe. Alla fine di luglio fu tutto finito tranne le urla: duestanze nuove di zecca, una sopra e l’altra sotto, che odoravano di rustici pavimenti di legno efresca malta rosa. I bambini vi correvano come matti.

« Smettetela di fare rumore!» .Vivie mandò un vecchio tappeto con il treno, quasi la prima cosa in casa che non

proveniva dalla canonica.

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E dalla stanza dei giochi furono tirati fuori lo scrittoio, la vecchia cassa di quercia, i ritratti,nelle loro pesanti cornici di stucco dorato. Una domenica pomeriggio, Roddy By att venne adare una mano ad appenderli.

« Mi preoccupa» , disse Flo quando se ne fu andato, senza fermarsi per il tè, grazie.« Deve esserci davvero qualcosa che non va. Pensi che siano felici?» .

All’improvviso, desiderò non aver detto niente. Pensò a quello sguardo nudo, quell’esplicitomomento di complicità tra lei e Roddy alla festa di Natale dei Gibson. Si erano compresi avicenda. E per quanto breve, parlare di lui adesso sembrava un tradimento.

Will disse che era impossibile essere meno che felici con quella Rosie By att accanto,stress post-traumatico o meno.

« Quelli sono i vostri bisnonni» , disse ai bambini, indicando i ritratti, quando tornarono dicorsa per il tè. Li osservarono per circa mezzo minuto.

E adesso, finalmente…« Abbiamo le nostre stanze!» .Tutto quel nuovo spazio! « Tutti sono in preda all’eccitazione» , scrisse Flo a Vivie. « E

adesso che abbiamo l’auto (!!), andremo nel Dorset e staremo dalla cugina di Will, Fitz.Vive con un’altra donna, sono certa di avertelo detto. Diremo ai bambini che sono amicheintime, ma, in realtà, non è orribile? Tuttavia, sono entrambe terribilmente adorabili» .

Di-di-di-di fro-fro-fronte alle anatrec’è il posto in cui mi rilasso…E tra i miei fiori dopo le ore laboriosesono felice di scorgere un amico…

Fitz, cantando al pianoforte, concluse la canzone in modo enfatico.« Ancora!» , disse Freddie, battendo da un lato, e Fitz ricominciò, con lui e Baba che

cantavano a squarciagola. La musica si diffondeva dalle porte finestra aperte sul terrazzo,dove Eleanor, Will e Flo sedevano davanti a quanto restava del tè. Il sole del pomeriggio eracaldo, bollente addirittura, nonostante con la brezza marina la notte potesse essere davverofresca. Da lontano giungevano i versi dei gabbiani del porto di Ly me Regis, dove lafamiglia aveva trascorso la giornata a nuotare e a pranzare in un pub.

« Ancora!» .« Date un po’ di tregua alla povera Fitz» , esclamò Will, spazzolandosi i resti della torta di

frutta.Ma a Fitz non dispiaceva. « Che ne dite di questa?» , e girò le pagine dello spartito,

attaccando una nuova melodia.

Noi uomini dovremmo unirci,dovremmo unircie metterci in riga!

Cantava in tono vivace, con solo un impercettibile tremolio nella sua voce ancora giovane.

Tutti uniti,come uccelli della stessa specie,

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INSIEME nella pioggia e nel sole!

Fuori, sul terrazzo, ridevano. Perfino l’aristocratica Eleanor si stava rilassando. Eleanor erabellissima, su questo non c’erano dubbi. I capelli le erano diventati bianchi prima ancora dicompiere trent’anni e adesso, sulla cinquantina, la sua pelle bianca e rosea era morbidasotto la chioma candida, tenuta su da un fermaglio di tartaruga. Incuteva anche un po’ disoggezione, e non solo ai bambini. Era acuta in un modo in cui nessuno di loro lo era; avevaun’ottima educazione e parlava di Bach, Chopin e degli Impressionisti come se li conoscessedi persona. E, naturalmente, pensava con la propria testa: decenni prima, aveva lasciato suomarito, lord Lacey , dopo solo due anni di matrimonio, per vivere con Fitz.

Fece per versare altro tè dalla teiera d’argento e quando Flo e Will rifiutarono, dicendo distare benissimo così, grazie, si offrì di mostrare loro il giardino. Così si avviarono sul foltoprato, ammirando le rose, il gazebo dei mirtilli, il confine erboso, mentre il sole calava e icanti attorno al pianoforte continuavano allegramente. C’erano un bel po’ di termini latini daricordare. Flo aveva gli occhi appannati e Will guardò furtivo l’orologio. Quasi tempo di uncicchetto.

Lo presero alle sei in punto, fuori sul terrazzo, dove il servizio da tè era stato portato via daNana, che si occupava di Fitz da quando era piccola e adesso viveva con sua sorella in unbungalow color panna costruito appositamente per loro in fondo all’enorme giardino. Anchela casa era color panna, grande, luminosa e moderna, ma piena dei vecchi tappeti e oggettidi antiquariato che Flo ricordava dalla sua prima visita lì, quando Baba era una bambina.

Tutto profumava di fiori e lucido per mobili, tutto brillava. Naturalmente, avevano aiuti abizzeffe.

Flo portò i bambini di sopra per il bagno, notando le due camere da letto separate mentrepassavano lungo il ballatoio. « A quanto pare, non dormono veramente insieme, grazie alcielo» , scrisse il giorno seguente a Vivie, sigillando con cura la busta. O forse sì, quandonon avevano ospiti… non poteva sopportare dipensarci.

« È così bello avervi tutti qui, Willie» , disse Fitz, appoggiandosi allo schienale, mentreEleanor dirigeva i lavori per la cena. « E Flo ha un aspetto magnifico, dopo quel terribileperiodo» .

« Ce lo siamo lasciati alle spalle, grazie a Dio» .Per tutta la settimana il tempo fu magnifico, la mattina specialmente, con il sole nella

stanza della colazione che si rifletteva sul cristallo del vasetto di marmellata e facevabrillare il miele nel favo.

« Amiamo stare qui» , disse Baba, gustando tutto.Il penultimo giorno scrissero cartoline a Agnes e Neville e andarono alla ricerca di regali

nei negozi sul lungomare. I gabbiani volteggiavano sul Cobb, i cani correvano su e giù. Eraventoso e luminoso, le nuvole solcavano veloci il cielo. Trovarono un cofanetto di conchiglieper Eleanor e un piccolo germano reale di porcellana per Fitz. Lei lo mise in cima alpianoforte e cantarono insieme un’ultima volta.

Di-di-di-di fro-fro-fronte alle anatrec’è il posto in cui mi rilasso…

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La conoscevano a memoria, la cantavano nella vasca, la cantarono mentre andavano via,muniti di pasticche per il mal d’auto, sbracciandosi dal finestrino per salutare. Poiscoppiarono a piangere.

« Non voglio tornare a casa» .« E Snowy ?» .Snowy era in una pensione per gatti, ma adesso neanche il pensiero della sua espressione

quando sarebbero andati a riprenderlo riusciva a risollevare loro il morale.« Sapete una cosa?» , disse Will, sentendosi rilassato come non gli capitava da un’eternità –

che meravigliosa piccola vacanza – « Vi racconterò una storia» .« Sull’India» , dissero Baba e Freddie all’unisono.L’India illuminata dal sole era sempre lì, sempre dietro alle loro vite.

Un televisore! Stava nell’angolo del nuovo e grande salotto e per gran parte del tempo nontrasmetteva niente, solo uno strano affare che somigliava a un abete. Will spiegò che sitrattava dell’antenna. Attorno a essa giravano cerchi sfocati. Poi apparve una specie discacchiera e, accanto, una bambina dai capelli lunghi tenuti indietro da un cerchietto.

« Ti assomiglia, Baba» .« No, non è vero» .Ormai Baba andava alla Rookery e, all’età di nove anni, era in grado di difendersi bene.

Questo non le impediva di essere affascinata da Rag, Tag e Bobtail che saltellavano nel lorogiardino.

La sera c’erano noiosi programmi da adulti: il Telegiornale, che parlava di un postochiamato Suez, e Will che si infervorava per Quel Dannato Nasser.

QUEL DANNATO NASSER.Con tutto questo, la radio divenne sempre più marginale, anche se tutti erano ancora

affezionati a Uncle Mac. A volte la domenica, dopo pranzo, Will metteva su The BrainTrust, con Julian Huxley, Jacob Bronowsky e Isaiah Berlin che rispondevano in modobrillante alle domande di tutti. In rarissime occasioni, avevano come ospite MarghanitaLaski, una donna che Flo trovava così terrificante da cercare rifugio nel bucato.

Aveva finalmente comprato una pentola a pressione, che avrebbe dovuto renderle le cosemolto più facili. L’idea era che tutto cuocesse insieme, ed era così, ma nel frattempoc’erano la frenetica fuga di vapore, la corsa per regolare la valvola, lo scottarsi le mani.

“Cucinare per la Famiglia”, si intitolava un capitolo del temuto libro. C’erano sezioniriguardanti i “Valori Nutrizionali” e la “Scelta Oculata dei Negozi”. Quest’ultimo era valsopiù di una risata, un miglio in fondo a una stradina nel profondo Devon. Anche qui c’era solol’emporio del villaggio e Market Hampden; per fare la spesa si serviva dell’autobus, a menoche non la accompagnasse Will in auto.

« Imparerai a guidare, mamma?»« No» , rispose Will.« Perché?»« Non riuscirei mai a prenderci la mano» , disse Flo. Tutte quelle tremende marce e solo il

pensiero di mettere il piede sul pedale sbagliato e quell’arnese che filava via insieme a te.« So che non ce la farei» .

« Stabilite dei Giorni di Forno» , istruiva il libro. « E Quelli di Fornelli. Disponete di unRepertorio di Ricette Sperimentate» .

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The Brain Trust era finito e Will esclamò: « Chi viene a fare una passeggiata?» .Le passeggiate domenicali erano spesso lungo il canale. Verdi lenticchie d’acqua

galleggiavano sulla superficie e l’alzaia non finiva mai. Una volta videro un serpented’acqua fare capolino tra le alghe, e un’altra un topo d’acqua che nuotava agile, come Rattyde Il vento tra i salici. « Venite!» , disse Will mentre osservavano l’acqua. « Si va!» .

SI VA!

Flo mise a sedere i bambini e li introdusse ai fatti della vita. Doveva farlo prima cheFreddie andasse a scuola. Dio solo sa cosa gli altri ragazzi gli avrebbero detto: un sacco digenitori erano negati per questo. Aveva preso un libricino alla biblioteca di Boots e, unsabato pomeriggio, li aveva fatti sedere sul divano. Lesse loro dei brani, mostrando poi leillustrazioni.

« Questo si fa nell’ora di scienze» , disse Freddie dopo un po’. Non si parlava che di api,fiori e impollinazione.

Flo cercò allora di parlare loro di Papero e delle altre oche. « Avete presente quandosbatte le ali e le rincorre…» .

« Lo fa sempre con me!» .Finalmente smisero di girarci intorno e andarono dritti al sodo. Ma non con il libro, che si

dimostrò alquanto inutile. « Quando la mamma e il papà vogliono fare un bambino, sistendono insieme in un modo speciale…» .

« In che modo?» .Dio, quello era difficile. Flo prese un foglio e una matita.« Allora» , disse, aprendo bene sulle ginocchia Come sei iniziato. « Questo è l’utero» .

Disegnò una pera capovolta. « Ecco le ovaie» . I bambini seguivano la matita mentre losperma andava su e l’uovo scendeva, incontrandosi.

« Ma come fa lo sperma a entrare lì dentro?» .MA COME FA LO SPERMA A ENTRARE LÌ DENTRO?Non c’era altro modo che dirlo esplicitamente.« Vuoi dire… vuoi dire che lui lo mette davvero dentro alla mamma?»« Sì. Ed è una bellissima, bellissima sensazione. Per tutti e due» . Se non altro, poteva far

capire loro questo. Quanto era stupendo, la cosa migliore del mondo. Sentì Will che aprivala porta dell’ufficio, dopo la sua sessione lavorativa del sabato. Forse quella sera potevanomettere i bambini a letto prima.

Will fece capolino dalla porta. « Cosa stiamo combinando?»« La mamma ci sta dicendo come siamo iniziati» .« Be’, tu sai dove sei iniziata» , disse a Baba, ridendo. « Sei iniziata in India. Poco prima

dell’Indipendenza» . E fece la sua voce indiana. « “Allo scoccare della mezzanotte, mentreil mondo è addormentato, l’India si aprirà alla vita e alla libertà…”» .

« E io dove sono iniziato?» , domandò Freddie, scivolando giù dal divano. Ma papà stavadicendo che tipo meraviglioso fosse Nehru, e poi lui e la mamma si misero a ridere e a direquando fossero felici allora, e nessuno lo sentì.

Poi accadde una cosa terribile. Era autunno, il vento spazzava le foglie in giardino, le ocheavevano bisogno di più cibo per ingrassare in vista dell’inverno, le giornate erano sempre

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più corte. I bambini stavano cenando in cucina, sotto lo sguardo di Flo che vigilava sulle lorobuone maniere a tavola.

« Metà di quello che pensate è corretto» , disse, mentre si rimpinzavano di patate al forno.« Baba, non sei un ippopotamo» .

Ridacchiarono e il telefono iniziò a squillare. Squillava di continuo; Will a malapena se nestaccava quando era a casa.

« Via i gomiti dal tavolo, Freddie, dritto con la schiena. Quando andrai in collegio dovraicomportarti bene a tavola» .

Oh, come se la sarebbe cavata, così lontano?« Papà dice che è un tè pomposo» .La porta dell’ufficio si aprì. Will entrò lentamente in cucina. Non appena Flo vide la sua

faccia bianca…« Cosa? Cos’è successo?» .I bambini lo guardarono.« Vieni qui» , disse alla moglie. E: « Restate lì» , ai bambini.Flo lo seguì in ufficio. Will si chiuse la porta alle spalle e rimase lì fermo.« Roddy Byatt si è sparato. Nei pressi del canale» .« No» . Flo sprofondò nella poltroncina girevole. « No, non può essere vero» .

Rosie Byatt aveva una relazione con Donald Gibson. A quanto pareva, andava avanti daparecchio. Roddy By att soffriva di una tremenda depressione, peggiore di quanto chiunquepensasse. Da molto prima della relazione, sembrava. Forse era per quello che Rosie…

Nel villaggio si venne a sapere tutto.

Era stato il vicario a fare le telefonate. Il giorno del funerale, con i lenti rintocchi dellacampana della chiesa, uno per ciascuno dei quarantadue anni della vita di Roddy By att, erafermo all’ingresso ovest per accogliere il corteo funebre, il viso tirato, la tonaca che sigonfiava nel vento autunnale. Nancy era stata mandata dai nonni. Rosie arrivò tutta in neroe con la veletta, cosa che nessuno vedeva da anni. Non rivolse la parola a nessuno e nessunoparlò con lei.

Roddie poteva essere sepolto nel camposanto? Il suicidio non era la cosa peggiore che sipotesse commettere? I cattolici non credevano che si finisse dritti all’inferno?

Il vicario aveva detto che poteva essere seppellito ai margini e così fu. I corvigracchiavano tra gli olmi spogli e il cielo era grigio scuro mentre la semplice bara di legnoveniva calata nella fossa.

« Proprio così» , disse Will mentre faceva lentamente ritorno a casa insieme a Flo. « È unbrav’uomo, il vecchio Scott» .

Flo non riusciva a parlare. Le foglie danzavano crudeli sulla strada davanti a lei.A Natale, Rosie e Nancy se n’erano ormai andate.

Passò molto tempo prima che la gente superasse la cosa. Il pensiero del gentile e belRoddy By att che camminava lungo il canale con la sua pistola, che aveva proseguito fino ache non era sceso il crepuscolo, e le alghe verdi sull’acqua si erano scurite, e si era puntatola pistola alla nuca…

Non riuscivano a toglierselo dalla mente. In chiesa si recitarono preghiere. La neve si

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accumulò sulle tombe, sulla sua tomba. Era terribile, terribile.« Cos’è successo davvero? Cos’ha fatto veramente?» .COS’HA FATTO VERAMENTE?« Te lo dirò quando sarai molto più grande. Adesso basta così» .La preoccupazione maggiore di Will era che l’accaduto non turbasse Flo.« Va tutto bene, tesoro?»« È solo che non riesco a smettere di pensare…» .Nessuno ci riusciva. Ma la neve si sciolse, i bucaneve bordarono le stradine, uscì un pallido

sole. Dovevano lasciarselo alle spalle.

Flo era sveglia e fissava il buio.Flo, mia cara. Ti sei ripresa magnificamente. So che deve essere stato un inferno.Credo che anche tu abbia attraversato un bell’inferno.Quello scambio di battute continuava a ripetersi, mentre si guardavano. Lei vide il suo

dolce sorriso gentile, gli occhi cupi di dolore.Queste cose vanno e vengono…“Roddy ”, disse a se stessa, mentre Will le dormiva accanto, e continuò a vederlo

camminare da solo con la sua pistola.Alla Rookery, Baba arrancava con la matematica e il tennis. Si fece una nuova amica,

Priscilla, e, quando arrivò la primavera, girovagavano insieme per la campagna. Da solenei campi, senza nessuno che creasse problemi. Priscilla era quasi l’unica cosa che a Babapiacesse della nuova scuola. Le piacevano l’uniforme verde, gli alberi di biancospinoattorno ai campi da tennis, ma la matematica! Le frazioni!« Sono tremende» , diceva Flo. « Me lo ricordo» .

Will cercava di aiutarla e arrivavano le lacrime. Tra quelle lacrime, Baba pensò a Nancy ,che era semplicemente scomparsa.

« Posso scriverle?» .Nessuno sapeva dove fosse.« Cerca di non pensarci» , disse Flo accarezzandole i capelli. Anche lei stava ancora

sforzandosi di non pensare a Roddy .E quel miserabile di Michael Lewis? Aveva una relazione con una ragazza di Londra. Era

venuto a galla anche questo. E adesso aveva lasciato Jenny, e il bambino, e i pannolini, ifigli e il disordine, per mettere su bottega a Soho, vivendo nel peccato fino a che non avesseavuto il divorzio. Non ci furono preghiere per lui in chiesa; non la frequentava mai, a ognimodo.

» Non è scioccante?» , scrisse Flo a Vivie.Le aveva detto anche di Roddy . Aveva dovuto farlo. Ma non voglio parlarne mai più.

Baba chiuse l’orribile libro di matematica. L’unica cosa in cui era brava era lagrammatica inglese. Mentre due terzi moltiplicato per un sesto non significava proprioniente, subordinate, congiunzioni e pronomi relativi le entravano nella mente e vi restavanoper sempre.

E poi c’era la storia delle parole.« Mamma? Vedo le parole davanti a me» .« Davvero, tesoro?» .

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DAVVERO, TESORO?« Freddie, tu vedi comparire le parole davanti a te?» .Freddie non lo sapeva.Stava crescendo in fretta, era forte e sano, in una nuova fase della sua esistenza. Aveva

otto anni, portava i calzoncini con i bottoni. Sapeva tutte le tabelline al contrario ed era ilresponsabile della Tabella delle Scienze. A casa era un po’ a corto di amici: adesso Flo eWill lo scoraggiavano dal frequentare i Gibson. E non c’era più Nancy che veniva a giocarecon Baba, a scappare via dalle oche o seduta in silenzio mentre andavano a scuola in auto.Non riusciva a venirne fuori.

« In autunno andrai in collegio, vecchio mio» , gli disse un giorno Will dopo la chiesa. « Tidivertirai un sacco» .

Non riusciva proprio a immaginarselo.

E poi, come un fulmine a ciel sereno, arrivò una lettera per Will da parte della sedecentrale della SRL.

« Il vice segretario sta per lasciare il posto» , disse a Flo. « Vogliono che io facciadomanda» .

« Cosa comporterebbe?»« Andare via di qui, immagino. Lavorare a Londra» . Ficcò di nuovo il foglio nella busta.

« Be’, farò un tentativo, va bene? Probabilmente non avrò il posto, probabilmente un saccodi persone faranno la stessa cosa» . Tornò in ufficio.

Flo sparecchiò la tavola della colazione con la testa tra le nuvole. Mentre rigovernava, nonvide le oche che brucavano nel frutteto, né il lungo garage con l’annessa stanza dei giochiaccanto al giardino, né Snowy, che si aggirava furtivo. Vide se stessa, alla fattoria, tutta solaalla fattoria, con i bambini e Mike, mentre Will era a Londra per il colloquio. Sentì ilcampanello della bicicletta del fattorino che avanzava sobbalzando sul terreno fangoso, videse stessa correre fuori e strappare la busta del telegramma. “Ce l’ho fatta”.

Will avrebbe ottenuto il posto, lo sapeva.

Fine estate, le rondini si radunavano su cavi del telegrafo. Erano lì ogni sera, in tutto ilvillaggio e lungo la loro stradina, cinguettando e lisciandosi le penne mentre il soletramontava, preparandosi per il lungo, lunghissimo viaggio in Africa. Come riuscivano adarrivare in volo fin laggiù? Come facevano?

Freddie restava lì sotto e guardava in alto. Il sole calava, il cielo era un’esplosione di oro ecremisi, il cupo nero-blu degli uccelli in controluce lungo tutto il cavo.

Qualcosa gli rodeva dentro.Anche loro erano in partenza: stavano volando via.Tornò indietro attraverso il cancello del giardino e fece il giro della casa. Di lato c’era una

grande S di ferro, inchiodata ai mattoni, che teneva insieme il vecchio muro. Chiuse gliocchi e vi appoggiò la testa.

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Parte terza Luci spente

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1Ry ehurst era un posto carino, una vecchia città commerciale del Surrey alle pendici

erbose delle North Downs.« Splendido posto per una famiglia» , disse Will. « Ottime scuole, bei negozi e una casa

fantastica» .Bea – “Non chiamarmi Baba! Non farlo!” – contò le scale. Diciassette la prima rampa,

cinque fino al ballatoio del primo piano. Lì c’era il bagno, con il gabinetto a parte, giàstracolmo di « Reader’s Digest» . La camera dei suoi genitori si affacciava sul giardino sulretro; accanto c’era una grande stanza e, oltre, una più piccola. Era quella di Freddie, ma luinon c’era.

Poi c’erano le scale per andare all’ultimo piano: quindici. La parete era rivestita di vecchiacarta da parati scura, con un motivo di rami di ciliegio. In cima c’era uno stanzino(« Probabilmente un tempo la stanza della domestica» , aveva detto Flo) dove erano stategettate alla rinfusa tutte le cose del trasloco: bauli, casse, scatole di chissà cosa. E c’eraSnowy , rinchiuso con la sua ciotola e la cesta, e le zampe impiastricciate di burro.

« Quando avrà finito di leccarselo, ormai si sarà ambientato» .Bea lo sentì miagolare. Povero Snowy .« Arrivo tra un minuto!» .A sinistra c’era un’altra stanza vuota. “Quella può essere la stanza dei giochi”. E qui,

proprio davanti a lei, c’era la sua stanza: una mansarda! Proprio in cima e lontana da tutti.Andò alla finestra e guardò fuori.

Sotto di lei si susseguiva un giardino dopo l’altro: prati, aiuole, capanni, piccoli alberi, tuttirecintati lungo i lati e con un muretto in fondo, dove i giardini della strada seguente avevanoinizio.

« Potrei tenerci un maiale, quaggiù» , aveva detto Will a Agnes al telefono.« Non essere così sciocco, Willie!» .Ogni cosa sembrava minuscola dopo tutto quello spazio a Melcote: nessun frutteto, niente

oche né ortaggi sul Green. Nessun viottolo, né campi al di là. Ma era carino in un mododiverso, pensò Bea, sporgendosi nel sole settembrino. Riusciva appena a distinguere ilcampanile della chiesa e rimase ad ascoltare mentre l’orologio suonava le undici. Sabatomattina, Will a casa, intento a martellare chiodi nei muri.

La sua uniforme scolastica era appesa a un gancio sulla porta; il letto dipinto di bianco eracontro una parete. C’era una rientranza e Fitz aveva mandato una piccola scrivania. Avevadue cassetti, un piano cernierato e delle caselle. Era lì che avrebbe fatto i suoi compiti. Aquanto pareva, ne avrebbe avuti parecchi.

La stanza dei giochi lì accanto dava sulla strada. Dall’altro lato c’erano molte più case,disposte lungo una stradina dietro a un muro di mattoni e alberi. Traffico. Si trovavano suuna strada principale. « Una nuova esperienza!» , aveva detto quando erano arrivati, e Willaveva riso. « Questo è lo spirito giusto!» .

La strada portava a Ryehurst da un lato e in direzione di Croydon dall’altro. Si chiamavaCroy don Road e non finiva mai.

« Cos’ha Croy don che non va?» , aveva chiesto Will a Flo vedendo la sua faccia.« Andrà tutto bene, mamma» , aveva detto Bea, abbracciandola.

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« Brava ragazza» . Adesso Will avrebbe dovuto fare la spola con Londra, ogni santogiorno. « Prendi il treno a Ryehurst, cambi a Redstone, cambi ancora a East Croydon earrivi a Victoria alle 8:30. Rifai lo stesso tragitto per tornare» .

« Una nuova esperienza!» , aveva ripetuto Bea, ma stavolta Will non aveva riso.« Sarà un affaraccio farci l’abitudine. Tuttavia, s’ha da fare. Magari mi divertirò, una volta

in ufficio» .« Questo è lo spirito» .Si allontanò dalla finestra, udendo i richiami di Snowy .« Eccomi, tesorino» . Sembrava proprio sua madre. Nella piccola stanza che puzzava di

chiuso, lo accarezzò e lo baciò. « Vedrai, andrà tutto bene» . Adesso sembrava suo padre.Uscì di nuovo, affrettandosi a chiudere la porta quando il gatto tentò la fuga, e scese

adagio le scale. Lì al piano di sopra la carta da parati con le ciliegie rendeva tutto così scuro.Probabilmente un tempo era stata vivace e allegra, ma: « Risaliva a primadell’inondazione» , aveva detto Will. Lo sentiva, al piano di sotto, piantare chiodi perappendere la pantera.

« Passamela, passamela, piano adesso, così. Ecco! Che ne dici?»« Perfetto, tesoro. Dove mettiamo la pelle?»« Davanti al fuoco, pensavo» .Guardando la carta cupa, Bea vide all’improvviso che un uccello saltellava qua e là tra i

rami di ciliegio. Non l’aveva notato. Guardò quello più vicino, qualcosa tra un merlo e untordo, immobile e con gli occhietti vivaci. L’uccello ricambiò il suo sguardo.

« Ciao» , disse Baba, adesso che lo aveva trovato.CIAO.

Anche Freddie aveva un nuovo nome. Avrebbe potuto frequentare la St Peter, la scuolaprivata a pochi passi dalla chiesa. Avrebbe potuto cantare nel coro, giocare a cricket controle altre scuole locali e tornare a casa ogni pomeriggio, come Bea. Come lei, avrebbe potutofarsi amici nei dintorni, incontrarsi con loro durante le vacanze.

« Mountford Park è la mia vecchia scuola» , aveva detto Will. « La adorerà» .E adesso era Sutherland, dal momento in cui era arrivato. “Freddie” era semplicemente

svanito, come se non fosse mai esistito. Anche lui aveva una nuova casa: ce n’erano quattronella scuola, ribattezzate come i punti cardinali. Lui era nella Est. Aveva un numero nellaEst, il quattordici, e se mai gli fosse capitato di perdere i nuovi mocassini neri nella mischiadello spogliatoio dopo le partite, sulle suole erano applicate delle piccole cifre di bronzo: E14. Anche le targhette che Flo aveva cucito sghembe su ogni suo capo di vestiario prima dilasciare Melcote e riposto nella vecchia cassapanca indiana di Will recavano questainformazione: F. Sutherland, E 14. Era stampigliato sulla cassa e sul suo bauletto, stipato dibiscotti di avena.

Si trovava in un dormitorio, una lunga, lunghissima stanza con alte finestre quadrate e ventiletti di ferro, dipinta di bianco. Bisognava rifare il letto con gli angoli da ospedale. Non erapermesso parlare dopo le luci spente. Se eri nuovo, il capitano del dormitorio ti facevamischiare venti diverse dosi di dentifricio con un po’ d’acqua in un bicchiere che poi dovevibere. Se vomitavi, venivi deriso. Freddie era stato malissimo.

Il quartier generale dei latifondisti rurali era in una strada poco distante da Piccadilly .

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Londra! Camminando sotto i platani di Green Park, che lentamente viravano sul giallo el’oro, Will sentiva l’incessante strepito del traffico. Mentre attraversava Piccadilly,scansando taxi, autobus e costose auto sportive, tossendo nelle esalazioni della benzina,mentre saliva le strette scale fino al suo ufficio, pensò a se stesso venticinque anni prima,rinchiuso nell’agenzia assicurativa, che dava su Trafalgar Square, sulle luci, le fontane, ipiccioni che volavano liberamente, mentre all’interno la gente apriva e chiudeva schedari, edi sotto le macchine da scrivere ticchettavano senza sosta.

L’India! L’India lo aveva salvato. E adesso…Ecco che si ricominciava.Certo, adesso era diverso. Una famiglia da mantenere, per prima cosa… la cosa

principale. Questo dava senso a tutto quanto. E lui aveva fatto davvero bene, era indubbio:una promozione, un gran bell’aumento di stipendio. Non poteva andare avanti in eternocome segretario regionale; tanto per cominciare non sarebbe stato in grado di pagare lerette scolastiche e perfino adesso la cara Fitz li stava aiutando. Qui aveva la possibilità di faraccadere le cose tramite l’organizzazione, di mostrare un po’ i muscoli.

« ‘Giorno, Sutherland» .« ‘Giorno, signore» .Quello era James Marshall, il segretario, che camminava lungo il corridoio diretto al

proprio ufficio. Sempre il primo ad arrivare, col suo appartamento in città. E una casa incampagna, naturalmente.

Will avrebbe lavorato alle sue dipendenze. E non c’era dubbio, pensò, mentre entrava nelsuo ufficio e salutava la sua segretaria e la sua dattilografa, che avere il proprio superioresul posto, qualcuno che ti alitava sul collo, per così dire, era un paio di manichedannatamente diverso. Tutto era dannatamente diverso. Posò la valigetta e appese ilcappotto.

« Caffè, Mr Sutherland?»« Sarebbe magnifico» .

Bea e Flo uscirono insieme per andare a scuola. Bea dondolava la nuova tracolla e Flospingeva a mano la bicicletta. « Ho comprato una bicicletta!» , scrisse a Vivie, subito dopo illoro arrivo.

Will l’aveva trovata sul « Surrey Mirror» . Era un grosso affare verde, con un cestino e uncampanello arrugginito, e mai Flo aveva immaginato che avrebbe ripreso ad andare inbicicletta, ma…

Non riuscirei a farne a meno! Abitavano a quasi due chilometri dalla città e la biciclettaera un enorme aiuto con la spesa. E poi poteva inforcarla per tornare a casa una voltalasciata Bea a casa.

« Come ti ci trovi, tesoro?»« Mi piace» .Percorrevano Rushbrook Road, la bicicletta che ticchettava, la ferrovia schermata dagli

alberi, le foglie che iniziavano a cadere. Arrivate alla stazione, aspettarono il verde delsemaforo sulla trafficata strada principale: un’altra direzione, lungo Ryehurst Hill, versoLondra.

« Andiamo» .Attraversarono e svoltarono in Summers Road, dove si trovava la scuola. Qui erano tutte

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belle e solide case edoardiane dotate di grandi giardini, con le colline che sorgevano allespalle. I locali della scuola, qualche centinaio di metri più avanti, si trovavano in due casedel genere, collegate da un moderno corridoio di vetro. La direttrice si chiamava MissMacArthur.

« Chissà perché si chiama Micklegate» , disse Flo, in prossimità dei cancelli.« È scozzese. Significa “piccolo cancello”. Ciao, mamma» .« Ciao, tesoro. Ci vediamo nel pomeriggio» .E mentre suonava la campanella e Bea – « Oh, non riesco a farci l’abitudine, Vivie!

Continuiamo a chiamarla Baba e lei si arrabbia tanto» – si affrettava sul sentiero verso laporta d’ingresso aperta insieme alle altre ragazze, Flo girò la bicicletta e salì in sella.« Ciao!» , disse di nuovo, suonando il campanello, ma Bea era già sparita.

Pedalò lentamente verso casa. Aprì la porta d’ingresso.Un assoluto silenzio la accolse. Niente Will nel suo ufficio, che parlava di continuo al

telefono, imprecava contro la vecchia Gestetner sporca d’inchiostro e chiedeva quandofosse possibile avere una tazza di caffè. Nessun pranzetto in piacevole compagnia. Nienteoche che starnazzavano nel frutteto.

La giornata si prospettava noiosa.Niente Freddie che tornava a casa da scuola con Baba, correndo dentro per buttarle le

braccia attorno alla vita. Oh, come se la stava cavando, in quel posto così lontano?Lo avevano accompagnato alla stazione di Londra con la sua cassapanca, il bauletto e il

completo di flanella grigia, il visetto pallido. Uno dei professori sulla banchina aveva fattoloro una buona impressione: giovane e di bell’aspetto. « Non si preoccupi, Mrs Sutherland.Lo terrò d’occhio» . Mr Ward. Flo pensò che avesse proprio il nome adatto: ward, “tutore”.Tanto gentile.

Entrò in cucina.« Snowy ?» .Un piccolo suono le rispose. Eccolo lì che si stiracchiava e sbadigliava.« Ciao, tesorino. Come va?» .Snowy se la stava cavando molto meglio di lei, questo era certo. Si era leccato tutto il

burro dalle zampe, aveva esplorato il giardino. Aveva infilato il naso dentro ogni porta dellacasa, trovato una bella cucina Rayburn, l’unica cosa che li legava ai giorni felici di Melcote,e si era ambientato. L’avrebbe scritto a Freddie, nella sua lettera settimanale. Avevano ilpermesso di scrivere a casa solo una volta alla settimana.

Cari mamma e papà,spero che stiate entrambi molto bene. Io sto molto bene. Sto imparando il latino. Venerdì

abbiamo visto la partita contro quelli di Southbrook. Abbiamo vinto. Non vedo l’ora dirivedervi tutti. Come sta Snowy? Con tantissimo affetto, Freddie.

Nella prima lettera c’erano state dozzine di baci alla fine. Adesso ce n’era solo qualcuno, onessuno. Tutte le loro lettere venivano lette. Dovevano averglielo detto.

« Oh, Snowy » . Flo si inginocchiò accanto a lui e gli accarezzò le orecchie. Il soleautunnale splendeva debolmente attraverso i vetri polverosi delle finestre, ancora senzatende. Lì Snowy non aveva un posto dove accucciarsi e lasciare che il sole del mattino gli

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scaldasse le orecchie, come nella sala da pranzo della villetta. E questa finestra laterale nondava sul verde, su un viottolo, ma su un passaggio di cemento. Flo si rialzò irrigidita, andòalla finestra del giardino, superando un mucchio di scatole ancora da aprire. Cosa c’era lìdentro?

« Oh, Snowy » , disse di nuovo, e poi il telefono squillò. Corse in sala da pranzo.« Pronto? Vivie! Oh, cara, che bello, mi sentivo un po’…» .Parlarono per una ventina di minuti, cosa che sarebbe stata impossibile a Melcote, a meno

che Will non fosse in trasferta. Venne a sapere tutto di Hugo, che iniziava a studiare per ildiploma, e degli ospiti paganti, scambiò qualche parola con i genitori e riattaccò sentendosicento volte meglio.

La scuola era enorme. Semplicemente immensa. Quando si tornava dai campi da gioco,sembrava che non finisse mai. Mucchi di comignoli. Ricoperta di rampicanti che stavanodiventando rossi. Un paio di professori abitavano lì sul posto: il bravo Mr Ward, peresempio, che insegnava geografia e sembrava averlo in simpatia. All’interno c’erano idormitori. Le aule. Gli spogliatoi. L’infermeria. L’ufficio del preside, ovvero Mr Campbell-Davies.

L’ufficio del vicepreside, cioè Mr Landsowne, molto alto, con basette e baffi bianchi. Se dibuon umore, aveva un sorriso ammiccante, ma era lui che si occupava di tutte le punizionicorporali. Ce n’erano di diversi tipi: il bastone, la ciabatta, la scarpa da ginnastica. A volte unrighello sulle mani.

A Freddie non era toccato ancora nulla. Com’era, essere picchiati?Un’altra novità: aveva fame. Era affamato dal momento in cui si svegliava a quello in cui

andava a dormire. La colazione consisteva in porridge e pane tostato, con un uovo ladomenica, e un biscotto d’avena preso dal bauletto dopo la chiesa. Il pranzo era pranzo:pasticcio del pastore, stufato di castrato o qualcosa del genere: quello era un vero pasto,seguito da un budino. Ma dopo non avevano altro che una tazza di latte e due fette di pane emarmellata, alle quattro del pomeriggio, prima dei compiti. Erano in movimento tutto ilgiorno: lezioni, campanelle, intervalli, giri di corsa e divieto di bighellonare, pranzo, altrecorse, lezioni, partite – « Andiamo! Passare! Passare! Muoversi, Sutherland!» – poi nellospogliatoio, pane, burro e marmellata, i compiti e infine ora di andare a letto.

Moriva di fame. Aveva nostalgia di casa e moriva di fame.E poi, le lezioni… alla fine di ciascuna, andavi dal professore perché firmasse il tuo

cartellino: quello era per dimostrare che lavoravi come si deve. Altrimenti, non lo firmavaed eri nei guai.

Freddie aveva un quaderno per ogni materia, tutti impilati nel suo banco, col suo nomesopra: “F. Sutherland, E 14, Aritmetica”. “F. Sutherland, E 14, Storia.” “F. Sutherland, E 14,Latino”. E così via, e il latino, con Mr Landsowne era il peggiore. A volte il professore eradivertente e simpatico. A volte incuteva terrore e i suoi occhi marroni scintillavano sopra ibaffi bianchi.

« Amo, amas, amat» , cantilenavano. « Io amo, tu ami, egli, ella o esso ama» . Era tuttoscritto alla lavagna e loro lo ricopiarono. « Amo, amas, amat. Tutti amiamo il gatto» ,bisbigliò Bell Minor accanto a lui. Freddie ridacchiò. Un pezzo di gesso sfrecciò sibilandonell’aria. Lo colpì dritto all’orecchio e Freddie mandò un gridolino. « La prossima volta saràil cancellino, Sutherland. Intesi?»

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« Sì, signore» . Si sfregò l’orecchio dolorante. Per un momento ebbe voglia di piangere,ma riuscì a trattenersi.

A parte il gesso, le prime lezioni non furono così male. Ma poi divenne tutto più difficile eci furono le verifiche. Coniugazioni e declinazioni. Casi. Avevano fatto sostantivi e verbi etutta quella serie di cose dalle signorine Beasley, ma qui, in latino, non riusciva a capirciniente. Anche la roba che, in teoria, doveva essere facile.

« Cosa significa sum, Sutherland? Coraggio» .« Uhm. È un sostantivo, signore?»« Un sostantivo?» .L’intera classe si sbellicò per il modo in cui Mr Landsowne l’aveva detto. Freddie divenne

paonazzo.« Non è un sostantivo, Sutherland, è la prima persona singolare del verbo essere. Significa

“io sono”. E cosa sei tu, ottuso, ottuso ragazzo?» .Freddie non lo sapeva, non riusciva a pensare, era rosso porpora e lottava per non

piangere.

« Mamma» , pianse contro il cuscino quella notte. « Mamma» .« È quel Sutherland?»« È quel pappamolle di Sutherland?» .Erano accanto a lui nel buio.« Vuole la sua mammina?»« È un pappamolle cocco di mamma?» .Presero a pungolarlo e a colpirlo. Gli tirarono via il cuscino.« Smettetela! Ridatemelo!» .Balzò giù dal letto, con il naso che gli colava. Si udì rumore di passi nel corridoio. Il

cuscino e gli altri ragazzi tornarono a letto in un battibaleno, immobili e dritti comebacchette.

« Sutherland» . La luce si accese di colpo. « Cosa ci fai fuori dal letto?»« Io… io…chiedo scusa, signore» .« Ritorna subito a letto» .« Sì, signore» .Si affrettò a rimettersi a letto, tirando su col naso.« Non starai piangendo, vero?»« No, signore» .« Non c’è niente da piangere» . Mr Newsome andò verso di lui. « Dov’è il tuo cuscino?» .Freddie non riusciva a parlare. Pensava di sapere chi glielo aveva preso, ma l’avrebbero

ucciso se l’avesse detto. Mr Newsome rimase fermo in mezzo al dormitorio.« D’accordo, ragazzi» , disse stancamente. « Chi ha preso il cuscino di Sutherland?» . Lo

fece sembrare buffo; ci furono suoni smorzati. Diede anche l’impressione che Sutherlandfosse un pivello e un pappamolle, come se chiunque potesse togliergli il cuscino quando neaveva voglia. « Conto fino a cinque, altrimenti tutto il dormitorio sarà in punizione domani.Uno, due…» .

« Me, signore» .Un profondo sospiro. « Si dice io, Collins. Forza, restituiscilo. E chiedi scusa» .Collins uscì dal letto e andò da Freddie. Lasciò cadere il cuscino sul copriletto. « Scusa,

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Sutherland» .Freddie annuì.« Il primo che dice un’altra parola domani mattina andrà da Mr Landsowne» . Mr

Newsome spense di nuovo la luce. « Buonanotte» .« Buonanotte, signore» , si propagò come un’onda nel dormitorio.Poi ci fu il silenzio.Freddie strinse il cuscino tra le braccia. Non osò nemmeno sussurrare il nome della

madre, ma la attirò a sé e la abbracciò, e pensò a lei, accoccolata vicino al fuoco in salotto,intenta a rammendare qualcosa con la scatola del cucito che lui e Baba le avevano regalato,senza farlo troppo bene ma facendolo comunque, mentre papà era fuori a dare damangiare alle oche.

Poi ricordò.

« Buongiorno, signori» .James Marshall posò una cartellina sul lucido tavolo di mogano. Accanto a lui, Miss Bell,

la sua segretaria, distribuì l’ordine del giorno e tirò fuori il blocco degli appunti. Will lestrizzò l’occhio e lei arrossì. Di mezza età, nubile, la segretaria perfetta. Un pochino sola,forse?

« Bene» , disse Marshall. « Cominciamo con le Politiche Agricole. Come tutti sapete, è inprocinto…» .

E la riunione ebbe inizio. Sussidi, quote, meccanismi di supporto dei prezzi. E ancora eancora. Non c’erano dubbi, Will aveva parecchie cose da imparare.

All’ora di pranzo fu felice di uscire un po’ da quel posto. Prese la valigetta e pranzò nellapiccola caffetteria dietro l’angolo alla quale si era affezionato, dietro Swan & Edgar,leggendo un sacco di scartoffie. Tariffe di importazione. Roba tremenda. Poi uscì perandare a St James Park.

Oh, così andava meglio. Si incamminò verso il lago: le anatre solcavano l’acqua eavanzavano ondeggianti lungo l’argine, starnazzando. Certo, non poteva pranzare da solo tuttii giorni, non voleva farlo e non stava bene. E, nel complesso, sembravano un bel gruppo,avrebbe fatto amicizia. Ma, per adesso…

Si appoggiò alla balaustra, desiderando avere qualche briciola da gettare giù. « Quackquack» , disse piano, e pensò alle oche, al vecchio Papero, che zampettavano su quellameravigliosa erba verde sotto i meli. Ormai erano tutte andate, vendute a un tizio di SuttonBassett, e aveva anche dovuto ricacciare indietro le lacrime quando le aveva date via.

Aveva fatto la cosa giusta?Un po’ tardi per chiederselo, Sutherland.

Flo si svegliò di soprassalto, dal più profondo dei sonni. Mio Dio, che ore erano?Guardò la sveglia sul tavolino: le 15:10! Aveva dimenticato di regolarla… oh, come aveva

potuto? Raggomitolato accanto a lei sul copriletto, Snowy continuò a dormire. Lo fecesloggiare e saltò giù dal letto. Niente tè pronto e si sentiva come se qualcuno l’avesse colpitacon un martello in testa. Aveva pensato che un sonnellino potesse farle bene.

Salì faticosamente in sella alla bicicletta e pedalò nella fresca aria autunnale,raggiungendo i cancelli della scuola con tutte le altre madri al suono della campanella. Leragazze uscirono con le loro giacche e i cappelli; Bea chiacchierava come se fosse lì da

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sempre.« Com’è andata la tua giornata?» , le chiese Flo, con il sottofondo della bicicletta.« La matematica è dura» . Bea iniziò a parlare a raffica di algebra e cose alla sesta

potenza.« Papà sarà in grado di aiutarti» , disse Flo mentre entravano nella tranquilla Rushbrook

Road.« Se non è troppo stanco» .SE NON È TROPPO STANCO.

Bisognava fare una corsa tremenda cambiando a East Croydon. E la folla! Sciami dipersone, bombette e valigette, tutti che guardavano l’ora, spingendo e sgomitando peraccaparrarsi il posto preferito: scena alquanto pietosa, a essere sinceri, ma nessuno volevarestare in piedi nel corridoio.

A ogni modo, lui ce l’aveva fatta: sedeva al centro dello scompartimento, e lanciavaun’occhiata ai compagni di viaggio mentre andavano via. Qualche faccia familiare?Ragazze carine? Di solito c’erano alcune giovani segretarie che facevano le pendolari,rallegrando un po’ il tragitto con le loro chiacchiere, incipriandosi il naso. Non quell’oggi.Schiacciato nel suo sedile, guardando fuori dal finestrino la campagna buia, le luci deipiccoli paesi, scambiò due chiacchiere con il tipo accanto a lui. Venne fuori che viveva aDorking e lavorava per una grossa società contabile di Londra. Faceva il pendolare daventisette anni.

« Buon Dio» . Dovevano avere la stessa età. « Buon Dio» , ripeté, e l’uomo sorrise e chiusegli occhi, non poteva dargli torto. Anche Will chiuse gli occhi e si ritrovò per un momentosui treni dell’India: i corridoi gremiti, la gente che viaggiava perfino sul tetto, il vapore che silevava nel cielo ardente. Vide il fumo alzarsi dai villaggi, i bambini che salutavano con lamano, i buoi che tiravano un carretto di legno pieno di canna da zucchero. Le ruote deltreno sferragliavano sotto di lui: era lì, come se non fosse mai partito, giovane, prestante epronto a tutto, in sella al vecchio Koly nos, cavalcando per chilometri.

« Redstone! Redstone! Coincidenza per Ry ehurst e tutte le stazioni fino a Guildford!» .Si svegliò di soprassalto e afferrò la valigetta. Le porte si aprirono e si chiusero e Will era

di nuovo giù dal treno. Scese i gradini di cemento e andò a raggiungere l’altra folla sullabanchina dove era in attesa il treno per Ry ehurst. Allontanò l’India dalla mente e guardòl’orologio. Le sei e quarantacinque: ormai Freddie doveva essere a letto. Sembrava che tuttostesse andando a meraviglia. Grazie a Dio per questo… dava un senso a tutto quanto. Willrimase in piedi nel corridoio, stiracchiandosi le gambe per quell’ultimo tratto, guardando leluci di Redstone e poi le sagome scure delle colline.

Luci spente. Mr Newsome si aggirava nel corridoio.« Mamma» , singhiozzò Freddie nel suo cuscino, più piano che poteva.

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2C’erano le uscite. Per Freddie questo significava una settimana di vorticosa trepidazione e

così tanta eccitazione nervosa il giorno stesso che a stento toccava cibo a colazione, perquanto affamato. Significava un sabato mattina di soliti compiti ma poi l’insolito radunonell’atrio mentre un’auto dopo l’altra si fermava sulla ghiaia.

« Tesoro! Perbacco, stai benissimo» .Entravano le madri con i cappellini e i ragazzi si ritraevano in virile imbarazzo,

concedendo bruscamente un bacio, stringendo la mano ai padri, seguendoli all’auto.« Abbiamo trovato un posto fantastico per pranzare» .Uno dopo l’altro se ne andavano, e quei ragazzi, come Freddie, i cui genitori vivevano a

una certa distanza, restavano ansiosi ad aspettare.« Ancora niente, Sutherland? Va’ a dare due calci al pallone insieme a Fletcher» .Andavano fuori, correvano su e giù nel freddo, fermandosi ogni volta che un’auto si

avvicinava ai cancelli.Per Will, Flo e Bea le uscite significavano alzarsi presto quanto gli altri giorni; una

tremenda seccatura per Will e uno sforzo enorme per Flo, che aveva passato il giornoprima a preparare nuove provviste per il bauletto. Facevano un’abbondante colazione che lisostenesse per il viaggio e poi: « In macchina!» , e salivano tutti a bordo.

« Hai la cartina?» .Flo chiuse gli occhi. Leggere le cartine era un inferno e si perdevano ogni volta.« Eccola qui» .« Perfetto» . Si accese la freccia gialla, tic tic tic, mentre Will si immetteva sulla strada.

« Si parte!» .Il viaggio era lungo più di centocinquanta chilometri. Dovevano andare fino a Londra,

attraversarla, arrivare nell’Hertfordshire, dove il padre di Will, oh, tanto tempo prima,aveva avuto una parrocchia prima dei tempi del Norfolk.

« Un periodo meraviglioso, scuola eccellente. Mi fece entrare a Shrewsbury… non chemi sia divertito tanto» . Will guardò nello specchietto. « Tutto bene là dietro, Bea?»

« Bene, grazie» . Stava guardando fuori dal finestrino, assegnando voti a tutte le case. Aquelle che le piacevano di più faceva un piccolo saluto con la mano, come la regina.

Arrivarono a Londra.« Il traffico sta aumentando. Cosa succede dopo Wandsworth?» .Flo non lo sapeva. Prese dal vano portaoggetti una caramella alla menta e gliela diede.

Will la mise subito in bocca.Poi: « È questo Hammersmith Bridge?» .Flo pensava di sì. Si accodarono al traffico; i gabbiani stridevano.« Allora. Destra o sinistra?» .Lei non ne aveva idea.« Sarà meglio fermarsi a chiedere» .Fermarsi a chiedere era sempre un’impresa: mettere la freccia, rallentare, abbassare

freneticamente il finestrino non appena era in arrivo qualcuno dall’aria affidabile…« Mi scusi!» . Will si sporse dal lato di Flo. « Dico a lei! Mi scusi!» .L’interpellato dall’aria affidabile parve sorpreso.

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« Mi spiace disturbarla, ma ci chiedevamo…» .Finalmente stavano attraversando graziose strade di campagna, con gli alberi nei colori

autunnali e case davvero belle a cui Bea poteva fare ciao con la mano, e un laghetto dianatre quae là.

« Conosco questo tratto come le mie tasche» , disse Will e, a quel punto, comparvero inlontananza i cancelli della scuola. « Finalmente ce l’abbiamo fatta»

« Ottimo lavoro, caro» . Flo gli diede un buffetto sulla mano.« Non c’è voluto niente. Sapete cosa vi dico? Perché non lo portiamo allo zoo?» .

Lo zoo era a una cinquantina di chilometri dalla scuola, sulla B486, il numero di una stradache nessuno di loro dimenticò mai.

« Quale hai detto che era?» , sbottò Will, mentre Freddie sedeva terreo accanto a lui, ilfinestrino completamente abbassato e tutti infreddoliti.

« La B486» , dissero in coro Flo e Bea dal sedile posteriore.Flo si sporse in avanti e accarezzò la spalla del figlio.« Tutto bene, tesoro?» .Freddie rispose con un impercettibile cenno del capo mentre Will vedeva il cartello,

metteva il piede sul freno, poi sull’acceleratore e di nuovo sul freno. Freddie si portò le manialla bocca.

« Sarà divertente, una volta arrivati» .Quando furono a destinazione, ed ebbero pagato una fortuna all’ingresso, Flo spalancò lo

sportello e corse per andare ad aprire quello di Freddie, appena in tempo. Il bambinovomitò sul-l’erba.

« Povero caro, la mamma è qui» . Gli pulì il viso con la salvietta che aveva portatoappositamente, gli diede dell’acqua e se lo mise in grembo. « La prossima volta ti darò unapasticca per il mal d’auto» .

« Povero amico mio» , disse Will, tirando fuori il cestino da picnic. « Sei stato bravo a nonfarlo in macchina. Adesso, ecco qui, ti sentirai meglio quando metterai qualcosa sotto identi» .

« Devo andare al gabinetto» .« Gabinetto?» . Flo guardò Bea oltre la testa di Freddie. « Mai, mai dire “gabinetto”. Si

dice toilette» .« WC» , li corresse Will in tono allegro. « Ce li porto io. Forza, ragazzi. Faremo una

spedizione» .Leoni e tigri ruggivano in lontananza. Padre e figli si avviarono e Flo si mise la testa tra le

mani. Dal cestino, al loro ritorno, aveva tirato fuori uova sode con minuscole porzioni di saleavvolte in fazzolettini, panini al prosciutto e lattuga, il thermos. Nella lattuga c’erano deigranelli di terra.

« Mi dispiace… ero sicura di averla lavata. Freddie, tesoro, bevi un po’ di orzata al limone,ti tirerà su» .

Will vuotò una tazza di caffè. « Così va meglio. Li sentite i leoni marini?» .Li sentivano. Fece un’imitazione e tutti risero.

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« Sapevo che sarebbe stata una buona idea» , disse, spezzando una tavoletta di cioccolatacon le nocciole. « Dannatamente costosa, eppure… ottimo lavoro, Sutherland. Adesso, chivuole vedere cosa? Freddie? Questa è la tua giornata speciale, vecchio mio» .

Freddie abbassò lo sguardo sul plaid di tartan. « Posso restare con la mamma?»« Dopo che abbiamo fatto tutta questa strada? Immagino di sì. Coraggio, Bea, andiamo a

fare un giro. Dammi la mano» .Si avviarono verso gli strilli e i ruggiti.« Prima i pinguini? Forse è l’ora del pasto. Accidenti, questo sì che è uno spasso» . Si stava

rannuvolando. Le strinse la mano. « Sei ben coperta?»« Sì, grazie» .Un grosso ruggito risuonò in lontananza.« Ti ho mai raccontato la mia storia della tigre di Tulsipore?»« Penso di sì» . Si voltò indietro a guardare gli altri. Freddie e Flo stavano risalendo in auto.« Ough! Ough! Ough!» , fece Will, imitando un leone marino. La gente si girò. Bea tirò

via la mano.

Circa un’ora dopo, dopo i pinguini, la terrificante tigre, la stupenda giraffa, i leoni di maree il cucciolo di elefante – « La mamma lo adorerebbe» – fecero ritorno all’auto, sotto ilcielo che si andava scurendo.

« E adesso cosa c’è?» .Si fermarono. Dal finestrino aperto sentivano Freddie gemere. Will si accigliò.« Resta qui» .Ma mentre si avviava sull’erba, Bea vide Flo che gli faceva cenno di stare indietro. Poi,

tornò ad abbracciare Freddie. Will, con la faccia scura, tornò indietro a grandi passi.« Non lo so. Dannazione, non lo so» .E rimasero lì in silenzio, mentre gli orribili gemiti di Freddie continuavano senza sosta. Bea

guardò Will e poi distolse gli occhi. Aveva un aspetto spaventoso. Bea non sapeva cosa direné cosa fare. Così si limitò a deglutire e a non fare niente. I resti del picnic erano ancorasulla coperta. Andarono a sedersi. « Non lo so» , disse di nuovo Will e svitò il tappo delthermos. « Ugh!» . Sputò il caffè freddo. Iniziò a piovere.

« Bene, basta così. Andiamo» .Gettarono gli avanzi nel cestino, arrotolarono la coperta, piena di briciole, e corsero

all’auto. Will aprì velocemente il portabagagli, buttandovi tutto dentro. Flo e Freddie,abbracciati sul sedile posteriore, fecero un gran balzo quando lui richiuse con forza ilportellone.

Il pianto cessò bruscamente. Bea si affrettò a salire davanti. Will fece il giro ed entrò inauto, sbattendo lo sportello.

« Cosa succede?»« Il povero Freddie ha nostalgia di casa, tutto qui» , rispose Flo, asciugandogli il viso con il

fazzoletto. « Ecco fatto, tesoro, meglio adesso?» .Will chiuse gli occhi. « Non lo so» , disse per la centesima volta. Guardò nello specchietto.

« Presto ti ambienterai, vecchio mio. È sempre un po’ difficile all’inizio. Meglio tornare,adesso… vuoi venire davanti?» .

Bea si girò. Freddie scosse la testa.« Staremo bene col finestrino aperto» , disse Flo. « Se solo potessi evitare di frenare e

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ripartire così tanto» .« Frenare e ripartire?» . Accese il motore. « Non sono neanche capace di guidare,

maledizione» . Uscì dal parcheggio. « Sta seduta bene, Baba» .« Bea» , mormorò lei.« Sta’ zitta!» .Partirono. Bea chiuse gli occhi, sentendo Freddie che tirava su col naso sul sedile

posteriore e i dolci versi confortanti di Flo.« Ho fatto del mio meglio» , disse Will quella sera, dopo essere finalmente tornati a casa.Avevano lasciato Freddie, silenzioso, il viso pallido e macchiato di lacrime, con il

simpatico Mr Ward che spuntava i nomi di tutti quelli che rientravano.« So com’è, Mrs Sutherland. Non si preoccupi, starà benone, non è vero, Sutherland?» .Freddie aveva abbozzato un sorriso.« Bene» .Freddie e Mr Ward erano andati via insieme, nella rumorosa calca di ragazzi diretta nella

sala da pranzo per il latte e il pane con la marmellata.« Sembra buono» , aveva detto Will, mentre correvano all’auto sotto la pioggia.« Dice che non mangiano altro fino a colazione» , aveva ribattuto Flo, cercando di stargli

dietro. « Non ti è sembrato magro?»« Magro?» .Adesso erano le sei passate, buio e bagnato. Bea era mezza addormentata sul sedile

posteriore.« Ho fatto del mio meglio» , ripeté Will, spegnendo il motore. « Si ambienterà, vedrai» .SI AMBIENTERÀ, VEDRAI.

C’erano le Prove Scritte. Quelle parole apparivano a Bea come animali rabbiosi: le ProveScritte ringhiavano, si nascondevano in agguato, erano spaventose e impossibili. Insieme aquelle, le comparivano davanti le parole ESAME DI AMMISSIONE, come accadeva contutte le parole, ma più grandi e scure.

ESAME DI AMMISSIONE.« Ragionamento non verbale» , disse Miss Walters, distribuendo i fogli. Guardò l’orologio

sulla parete. « Avete trenta minuti» .La classe di Bea si era esercitata con il ragionamento non verbale per tutto l’anno. Alla

Rookery nessuno ne aveva mai neanche accennato. Verbale fin dentro le ossa, Bea fissò ilfoglio che aveva davanti.

Nelle seguenti domande, ci sono tre o quattro forme nelle caselle sulla sinistra e poi unospazio seguito da un’altra forma nella casella. Ciascuna casella sulla sinistra contiene unacoppia di lettere che sono il codice della forma in quella casella. Dovete ricavare il codiceche fa riferimento alle forme sulla sinistra e poi scegliere quale coppia di lettere dovrebbeessere assegnata alla forma sulla sinistra. Ci sono cinque possibili risposte, ma solo una ècorretta e deve essere segnata sul foglio delle risposte.

Di cosa stavano parlando? Di cosa diamine stavano parlando?« Se vi bloccate su una domanda, passate a quella successiva» , disse Miss Walters, seduta

alla cattedra accanto alla lavagna.

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Bea passò oltre.Una fila di formine nere che facevano delle cose. Un cerchio dentro a una casella in

equilibrio su un quadrato e poi rovesciato da un lato. Un triangolo senza casella posato su uncerchio e poi caduto giù. E così via. C’erano delle frecce.

Una di queste cinque forme è collegata alla forma che precede la freccia allo stessomodo in cui le due forme nella casella sono collegate l’una all’altra. Scegliete quale esegnatela sul foglio delle risposte.

L’orologio sulla parete ticchettava, il vento di novembre scuoteva le finestre. Tutt’intorno alei, le ragazze erano chine sui fogli, spuntando e cerchiando risposte. Bea puntò la matita suuna casella.

Tornò a casa da scuola insieme a Flo, accompagnate dal rumore della bicicletta. Il ventofaceva volare le foglie.

« Cosa avete fatto?»« Ragionamento non verbale» .« Che roba è?»« Bisogna capire in che modo delle cose sono collegate ad altre cose. Credo» .« E in che modo lo sono?»« Non lo so» .

« Non ci riesco» , disse all’uccello sul ramo di ciliegio. Lui ascoltava attento, proprio comefaceva Squeaker. « Non so di cosa parlino» , aggiunse. In mezzo alle vecchie foglie scure,l’uccello la guardava con i suoi occhietti scuri.

Cari mamma e papà,spero che stiate tutti e due bene. Grazie per la super gita. È stato bello allo zoo. Stiamo

lavorando per gli esami della fine del trimestre. Il tempo è stato molto freddo. Abbiamoperso contro Belfield la settimana scorsa, ma abbiamo vinto contro Markham. Sono ancoranella Quarta Squadra.

Aspetto con ansia di rivedervi presto.Con affetto, Freddie.P.S. Per favore, mandate il mio affetto a Bea e Snowy .

Era lì sullo zerbino quando Flo tornò in bicicletta da Micklegate. Aveva salutato comesempre Bea con un bacio.

« Buona fortuna, tesoro, e cerca di non preoccuparti. Presto sarà Natale!» .« Mancano settimane a Natale» .« Non sei costretta a passare» . La baciò di nuovo.« Voglio passarlo. Tutte lo passeranno» .« Ma se non passi, puoi andare alla Dolphin House… probabilmente ci andrai

comunque» .« Ecco Fiona!» . E se ne andò, così graziosa con quel berretto di feltro grigio, ma tanto

pallida. Oh, la scuola era tremenda, tremenda. Flo passò a zigzag tra le altre madri. Che

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persone compiaciute erano. Suonò il campanello della bicicletta in modo aggressivo.Ed ecco quella artefatta, pietosa, piccola lettera, scritta così bene, dalla grammatica e

punteggiatura perfette, ma con la tristezza in ogni rigo. Si sedette al tavolo della colazionenon ancora sparecchiato e la rilesse. « È stato bello allo zoo» . Al diavolo lo zoo. Ricordò ilsuo pianto in macchina, mentre lei lo teneva stretto. « Cosa c’è, tesoro? Dillo alla mamma» .Era tutto, tutto: non era riuscito a dire altro.

Versò quanto restava del tè gelato; immaginò la stanza dei compiti, tutti i ragazzi chescrivevano la loro lettera settimanale dopo la funzione nella cappella, aspettando ansiosi ilpranzo della domenica. Freddie era magro, come aveva fatto Will a non notarlo? Li videtutti quanti intingere le penne nuove di zecca nei calamai, vide il professore in piedi allalavagna.

« Per prima cosa, sperate che i vostri genitori stiano bene. Sempre. Poi ringraziateli per laloro ultima lettera. Questa settimana li ringrazierete per la giornata fuori. Dite qualcosa aproposito, ricordatevelo! Sì, Harris?»

« Signore, come si scrive “riconoscente”?»« Bravo ragazzo» .Il grattare del gesso sulla lavagna.Oh, povero piccolo Freddie, cosa poteva fare per lui? Sparecchiò la tavola, andò in salotto

e aprì lo scrittoio. Lì, tra un mucchio di liste e la confusione c’era il suo set da scrittura,regalo di nozze, ormai così consunto, la cerniera rotta, i francobolli che spuntavano fuori.« Per la mia amata Flo» , aveva scritto Will, sulla carta del reggimento. RAJPUTANARIFLES era stampato in cima in lucide lettere nere. « Delhi, 1946» . Flo conservava ancoraquel piccolo biglietto all’interno dell’astuccio.

Il traffico scorreva. Si sentì fare un enorme sospiro e tirò fuori la carta da lettera.

Mio caro Freddie, ti ringrazio tanto per la tua lettera. Quanto sei bravo con l’ortografia! Ela tua scrittura è semplicemente bellissima…

La domenica, prima della chiesa, Harris, il capitano del dormitorio effettuava un’ispezionedegli armadietti. Bisognava mettere tutto quanto in fila: necessaire, pantofole, spazzola epettine. Bibbia. Libro della biblioteca. Prima delle luci spente, si doveva leggere un capitolodella Bibbia e poi si poteva passare al libro della biblioteca, che sceglievano il mercoledìpomeriggio.

Freddie guardò gli scaffali della biblioteca. Un sacco di libri erano di storia: i professoriinsistevano sempre su gente come Rosemary Sutcliffe e G.A. Henty, ma lui volevaqualcosa sul genere dei libri che leggevano a Melcote, qualcosa che parlasse di campagna,come la gallina Speckledy che portava le uova nel suo cestino o Walter il papero dellafattoria Blackberry, che starnazzava con la sciarpa al collo. Certo, adesso era troppo grandeper queste cose.

The Bumper Book for Boys, The Boys’ Book of Adventure , così come Biggles, andavanovia in un lampo. Poi trovò qualcosa: Down the Bright Stream. Lo aprì, ne girò le pagine.C’erano illustrazioni di vecchissimi gnomi che veleggiavano su una barchetta. Gli fecepensare un po’ al canale di Melcote. Lo portò al banco e se lo fece timbrare. Lo conservònell’armadietto, agognando ogni giorno di leggerlo.

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« Sutherland, il tuo necessaire è sopra alla Bibbia» , disse Harris. « Non lo sai che mainiente dovrebbe stare sopra a una Bibbia?» .

Lo sapeva e tolse l’astuccio. Come ci era finito?« Cosa stai leggendo?» . Harris tirò fuori gli gnomi. « Dodder e Sneezewort?

Cloudberry?[5]»« È un bel libro» , rispose Freddie arrossendo.Harris girò le pagine e ne lesse un pezzetto. Una risata di scherno si propagò in tutto il

dormitorio.Freddie arrossì profondamente e si accorse che stava assumendo un’espressione buffa.

« Lo stai facendo sembrare sciocco» , disse. « E invece è proprio un bel libro» .Harris continuò a leggere. « È da smidollati» , ribatté, e lo rimise nell’armadietto. « Ehi,

questo cos’è?» . Tirò fuori l’immagine di un piccolo koala aggrappato al dorso della madrecon un sorriso felice. Sotto, legato da un nastro blu, c’era un minuscolo calendario.

« L’ho preso da Woollies!» , aveva scritto Flo. « Puoi spuntare i giorni, tesoro…» .Lui l’aveva fatto. Ne mancavano ventitré e non c’erano più uscite.« Un cucciolo di koala!» . Harris lo fece dondolare per il nastro. « Con la sua

mammina!» .Freddie fece per strapparglielo. « Dammelo!» .Finì roteando in aria e Collins lo acchiappò.« È mio! Me l’ha mandato mia madre!» .« Gliel’ha mandato mammina!» .Freddie gli sferrò un calcio allo stinco. Immediatamente gli furono tutti addosso. Poi, entrò

Mr Newsome.

Flo era in piedi su una sedia, impegnata a drappeggiare nastri di raso verde con pallined’argento tra le fauci aperte della pantera. Le sue zanne gialle erano perfette. Fecescivolare il nastro sulla lingua di stucco rosa e tra i molari posteriori e scese per controllarese entrambe le palline fossero alla stessa altezza. Allungò la mano e tirò in basso quella didestra. Ecco!

Al piano di sopra, Freddie e Baba erano ancora in pigiama. Oh, grazie a Dio, il ragazzo eraa casa. L’avrebbe rimpinzato di cibo e fatto ripartire robusto e in forma. Riportò la sedia insala da pranzo e rimase lì, pensando a dove mettere l’albero.

Freddie e Bea sedevano sul tappeto nella stanza vuota, ancora senza un mobile, solo ilgrammofono e qualche vecchio giocattolo.

“Yes, we have no bananas”… il disco rallentò e la puntina scivolò gracchiante.« Rimettilo» , disse Freddie, stringendosi nella vestaglia. Si mise a sedere vicino alla

finestra, guardando gli alberi invernali dall’altro lato della strada, mentre Bea girava ancorauna volta lamanovella.

« Sono così felice che tu sia tornato» , gli disse.« Anch’io» . Lassù, all’ultimo piano della casa, era freddo come a scuola, ma non aveva

importanza. C’erano tre intere settimane prima di doverci tornare.« Raccontami com’è» , disse Bea, dopo che ebbero cantato insieme sulle note di No

Bananas per la milionesima volta. Sollevò la puntina.

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« Ci sono diversi tipi di punizioni, ma a me è toccato solo il bastone» . Sentì il viso iniziare airrigidirsi e distese le labbra più che poteva.

Bea aggrottò la fronte. « Non fare così. Com’è stato?»« Brutto. Le hanno date a tutti, per aver fatto a botte nel dormitorio» .« Povero Freddie» . Si mise le braccia attorno alle ginocchia, osservandolo. Poi, dopo un

po’, disse: « Sembra uno dei dischi di zia Agnes» . Amavano i suoi dischi. « Una specie diStanley Holloway . “Ci sono diversi tipi di punizioni, ma a me è toccato il bastone”» . Bea sialzò e la cantò, inventandosi la melodia.

La cantarono insieme, marciando giù per le scale.

L’albero, con le sue belle lucine colorate, stava davanti alle porte-finestre, con tutti i regaliimpilati sotto. Candele rosse di zucchero d’orzo, applicate ai rami con piccoli sostegni dimetallo, sporgevano sbilenche verso il pavimento.

« Mai, mai, mai lasciare una candela incustodita» , disse Flo, mentre i bambiniosservavano l’albero.

« Cavolo, potrebbe mandare a fuoco l’intera casa» , rincarò la dose Will, portando dentroun paio di cicchetti. Quattro giorni di ferie, quattro giorni senza fare la spola… Dio, se lomeritava. Porse un bicchiere a Flo.

« Tesoro mio. È tutto splendido» .Lei gli diede un bacio. « Amo il Natale» .« Ma le candele non possiamo proprio accenderle?» , chiese Bea.« Non ce n’è bisogno» , rispose Will, mentre lui e Flo facevano tintinnare i bicchieri.

« Avete le lucine colorate. E non lasciate mai incustodite neanche quelle, intesi? Non civuole niente perché salti un fusibile e l’albero vada in fiamme» . Sorseggiò il suo whisky.« L’intera casa andrebbe a fuoco» , ripeté.

La mattina di Natale, Freddie portò la sua calza su in camera di Bea e le aprirono insiemeal buio, tirando fuori i pacchettini avvolti in carta di giornale: confezioni di Polo, taccuini diWoollies, cioccolata alla rosa Fry ’s, noci e un’arancia, proprio sul fondo. Frugarono ancora,per vedere se c’era altro. Poi succhiarono le Polo insieme, rintanati nel letto di Bea.

Dopo colazione, Will mise il volatile nel forno, decisamente un’impresa, e poi tutti siscambiarono i regali. Finalmente! Tirò fuori dalla valigetta una cartellina e scrisse incolonna quello che tutti avevano ricevuto e da chi, così potevano scrivere le loro lettere diringraziamento senza commettere spiacevolierrori.

« A Will, da parte di Flo» , disse ad alta voce mentre scriveva. « Una scatola dicioccolatini Black Magic» .

« Tesoro, non c’è bisogno che tu scriva anche questo» .Niente poté fermarlo. Alzò lo sguardo dalla cartellina. « Freddie, smettila di fare quelle

smorfie» .« Scusa» , disse Freddie, coprendosi la bocca. La maggior parte delle volte neanche si

accorgeva di farle.La sorpresa fu il regalo che Will fece a Flo. Lo prese da sotto l’albero, qualcosa di grosso e

morbido, avvolto – caro Will – nella carta di Wollies, lucida e brutta. Pazienza.« Cos’è questo?» . Lo scartò lentamente, facendo frusciare la carta.

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« Mamma, dài!» .Will brandiva la penna a sfera. « A Flo, da parte di Will…» .Venne fuori una soffice vestaglia di un verde azzurrino. Per una volta, perfino il colore era

azzeccato.« Tesoro!» .« Ti piace?»« La adoro!» . Se la infilò, addosso al nuovo cardigan rosso.Bea e Freddie la accarezzarono.« Stai benissimo, mamma» .Una pioggia di baci.Poi i bambini andarono a rovistare sotto l’albero, tirando fuori il pacco in carta marrone di

zia Agnes, arrivato tre giorni prima di Natale e che aveva suscitato la loro eccitazione.Lessero le etichette e distribuirono quattro pacchetti.

« A Will, da parte di Agnes» , disse Will con la sua cartellina. « Conserva quello spago» ,aggiunse, mentre Flo faceva per prendere le forbici.

« Sul serio, non penso che ci sia bisogno di scriverlo» , disse Flo, mentre Will scartava unpullover fatto ai ferri color verde bile, picchiettato di giallo bile. « Non te lo dimenticheraitanto in fretta» .

« Fa del suo meglio. Povera, vecchia Agnes» .« Non è più povera adesso che ha Neville. Allora, Freddie, tu cos’hai avuto?»« Un libro» , rispose lui in tono piatto.« Un librone!» .Freddie fece spallucce, mentre strappava la carta. E poi…Un orso in maglione rosso e con un’allegra sciarpa a scacchi gialli gli sorrideva gioioso,

sospeso sotto un enorme pallone verde, su un sedile dotato di motore, elica e grossi piedimolleggiati.

« Rupert! Un annuario di Rupert!» .Dovettero praticamente strapparglielo di mano, quando fu l’ora della chiesa.Will portò entrambi, mentre Flo preparava i cavolini e sorvegliava l’oca: un compito

altrettanto sgradevole non le veniva in mente. Un affare grande e grosso. Tutto quel ripieno.Controllò più volte il tempo di rosolatura. « Non pensare neanche di irrorarla» , aveva dettoWill mentre radunava i bambini. « Lo faccio io quando torno. Bene, ragazzi, si va!» .

La chiesa era bellissima, con le campane che suonavano, un grosso albero, agrifoglio atutte le finestre e la culla con la minuscola luce che splendeva in un angolo, proprio come aMelcote. Cantarono Udite! L’araldo! a squarciagola e poi tornarono a casa per il pranzo diNatale, affamati come lupi.

« Meraviglioso» , disse Will. Bea aveva trovato la monetina nel pudding e poi avevanofatto girare la scatola di cioccolatini. « Meraviglioso» , ripeté Will, divorando un creminoall’arancia. « Non sarei riuscito a fare di meglio» . Lui e Flo si alzarono e si abbracciarono,con le luci dell’albero che splendevano dolcemente, accese perfino a pranzo. Era Natale,dopotutto.

Freddie si alzò dalla sua sedia. Dov’era Snowy ? Lo trovò in salotto, steso sulla pelle dipantera davanti al fuoco. Si piegò ad accarezzarlo e gli augurò buon Natale. Poi si tirò su.

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Era piacevole e caldo lì dentro, con allegri biglietti sulla mensola del caminetto, appoggiatiagli elefanti di avorio. Uno attirò la sua attenzione. Un fagiano stava attraversando uncampo pieno di neve, le piume lucide e brillanti sullo sfondo della campagna bianca eazzurrina, il cancello del campo bordato di neve, il cielo sfocato.

Osservò il biglietto, lo prese e lo aprì. « I miei migliori auguri a tutti voi, Mike» .Mike li aveva aiutati alla fattoria: non riusciva a ricordarselo, ma non era quello il punto. Il

punto era il modo in cui quell’illustrazione lo fece sentire quando, dopo aver rimesso a postoil biglietto, stette lì a guardarlo. Lo fece struggere di desiderio, così dolorosamente chedesiderò non averlo mai visto. C’era la campagna, c’era tutto quello che avevano lasciato.

« Lo rivoglio» , sussurrò. La luce del fuoco tremolò. Restò lì a fare una delle sue smorfie,una orribile, ne era consapevole, ma non importava: nessuno poteva vederlo. Chiuse gliocchi e desiderò essere in quel campo, in quella neve.

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3All’età di undici anni, fallito l’esame di ammissione su tutta la linea, non una volta ma due,

Bea ebbe il permesso di andare e tornare da scuola per conto proprio. Flo la accompagnòper l’ultima volta, quando a settembre iniziò il trimestre. Quella sensazione di farfalle nellostomaco, tipica del ritorno a scuola, era tangibile in entrambe mentre percorrevanoRushbrook Road.

« Prometti che guarderai sempre in tutti e due i sensi» , disse a Bea, che le camminavaaccanto con la sua nuova (di seconda mano) giacca grigia.

« Prometto» .« E mai, mai attraversare la strada principale tranne quando il semaforo è rosso» .« L’ho detto, mamma. Smettila di agitarti» .I camion rombavano lungo Ryehurst Hill.« Lasciami qui. Puoi guardarmi attraversare, così saprai che sto bene» .Flo deglutì. « Va’ allora. Ciao, tesoro» .« Ciao!» . E andò via in un lampo, voltandosi a salutare dopo aver attraversato la strada.

« Visto?» , gridò, mentre scattava il verde e il traffico riprendeva a muoversi.Le auto delle altre madri svoltarono in Summers Road… tutte quelle donne al volante.

Come diamine facevano? Una ragazza sul sedile posteriore salutò Bea, che ricambiòvivace. Poi, continuò la sua corsa, senza voltarsi indietro.

E adesso? Flo pedalò lentamente verso casa.Dopo un anno che si erano trasferiti lì, ancora non conosceva quasi nessuno. Oh, c’era un

sacco di gente che conosceva di vista, gente da salutare mentre andava in città, o dopo lachiesa – quando ci andava, cioè non spesso. Era stata a un paio di tè a casa delle altremadri, quando Bea dopo la scuola giocava con una delle sue amiche, e aveva ricambiato,naturalmente. Ma, in qualche modo, non riusciva a entrare in sintonia. Non riusciva astringere legami.

C’era sempre la faccenda del « Dove vivete?» , e sempre quella reazione silenziosa,impercettibile ma chiara come la luce del sole: « Croydon Road» . « Oh. Lì» .

Aprì la porta sull’ingresso vuoto.L’India – oh, l’amata India – era ovunque davanti a lei. Il tavolo con gli elefanti

nell’angolo, la pantera sulla parete, con le orecchie ancora piumose e il ringhio non cosìsgradevole: ormai li conosceva così bene. C’erano le fotografie: Will in uniforme, Will conle collane di fiori che sorrideva al sole mentre la pantera e il fucile erano stesi nell’erbarovente davanti a lui, attorniato dai cari indiani vestiti di bianco e riconoscenti. La panteraera stata una bestia orribile da viva.

Ero davvero un bell’animale quando ero viva, si sentì scrivere Flo sul suo inesistente diario.Oh, quel diario! Cosa diavolo c’era da scriverci adesso?

Si avvicinò alla foto di Will con l’uniforme dell’esercito: quella divina camicia e giaccakaki, quel dolce sorriso affettuoso. Un uomo così caro, davvero. « Per sempre» , avevascritto in un angolo. « Per sempre. Will» . Quello risaliva a subito dopo essersi dichiarato.

Flo rimase davanti alla fotografia e i ricordi tornarono come un fiume in piena. Si vide sulponte, mentre il vaporetto entrava lentamente nel porto di Bombay, nella calda brezza

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marina, circondata da tutte le sue care amiche del WVS. Che spasso erano state quelleragazze!

La cara Rhoda, che si struggeva per il suo uomo ancora a Burma e che, durante il viaggioe l’interminabile attesa, continuava a chiedere dalla sua cuccetta: « Per quanto ancora, oh,Signore, per quanto ancora?» . La cara Ann, che faceva avanti e indietro sul ponte col suoabito di lino e il rossetto rosso, una G&T in mano. « Faremo una vita meravigliosa, aspetta evedrai» .

La dolce e buffa Jenny. « Ce l’hai una sigaretta, eh, Ann? Mi sa che le ho finite tutte» .Giochi sul ponte, mare scintillante e cena al tavolo del capitano. Tutte che si sbellicavano dirisate per un nonnulla.

Dov’erano finite? La cara Rhoda era morta di crepacuore quando il tizio di Burma l’avevalasciata. Dicevano che non era possibile, ma lei era morta lo stesso. Anna mandava gliauguri di Natale da Hong Kong. Judy e le sue sigarette erano del tutto sparite all’orizzonte.

E adesso. Per sempre Will era fuori casa dalla mattina alla sera e spesso intrattabilequando c’era. Vivie, l’unica donna con la quale poteva davvero parlare e ridere, era lontanachilometri e chilometri, con le sue partite di bridge e gli ospiti paganti, per non parlare dellacura dei genitori e di Hugo.

“Ed eccomi qui”, pensò Flo, “attanagliata dal vuoto della casa, con un’altra dannatagiornata che si apre come uno sbadiglio davanti a me, senza una sola persona con cui abbiavoglia di prendere un caffè, o un tè, o rivedere, se devo dire la verità, e non devo neancheandare a riprendere Bea a scuola”.

Bene. Quello significava una mezz’ora in più a letto con Snowy .« C’è sempre un risvolto positivo» , disse mentre vagava fuori dalla cucina, e scoppiò a

piangere.

La cosa buffa, una volta che l’intero dormitorio si prese le bastonate, fu che le cosemigliorarono un po’. Adesso lui era uno di loro e le prepotenze lasciarono il posto allecanzonature, cose di cui si poteva ridere. Il cocco di mamma divenne il vecchio scioccoSutherland quando lasciava cadere una palla o si avvicinava troppo al becco Bunsen nellaboratorio, strinandosi le sopracciglia.

« Attento!» .« Che stupido» .« Vecchio sciocco Sutherland» , disse Collins al suono della campanella. « Tutto bene?» .Ma l’aver fatto amicizia non gli evitava di stare male per l’agitazione prima di alcune

lezioni. Né di consumarsi gli occhi a furia di piangere al termine delle vacanze. Su nella suastanza con la madre, che lo teneva stretto mentre singhiozzava.

« Non voglio tornarci! Odio quel posto!» .Sentì la porta del salotto sbattere al piano di sotto.« Digli di non farmici tornare. Digli che lo odio!» .« Oh, Freddie caro» .Alla fine riuscì a smettere di piangere e Flo lo baciò e scese adagio di sotto, dove aprì la

porta del salotto. Freddie sentì il padre che chiedeva: « Cosa succede?» , e poi il mormoriodelle loro voci, la madre che cercava di dire qualcosa, il padre che brontolava rabbioso.

« Non è mio figlio…» , disse, e poi la porta venne chiusa.Freddie rigirò il cuscino bagnato e restò disteso e incupito.

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Non è mio figlio…Di cosa parlava? Certo che era suo figlio.

Flo riempì il bauletto dei dolciumi fino all’orlo, ma potevano attingervi solo la domenica,perciò il resto della settimana moriva di fame. Tutti quanti morivano di fame. Freddieviveva solo in vista delle uscite e della prospettiva di un picnic, o di un pranzo decente, mapoi passava tutta la giornata a piangere e non toccavacibo.

« Freddie, per amor del cielo» . Will gettò via il tovagliolo. « Questa dovrebbe essereun’occasione speciale» . Attorno a loro, nel Duck Garden, le altre famiglie si rimpinzavano.Ma perfino il nome del ristorante, tutto tovaglie candide e bicchieri lucenti, era sufficiente ascombussolarlo.

« Gli fa pensare a Melcote» , disse Bea, quando Freddie corse via dalla sala e Flo siaffrettò a seguirlo. « Gli ricorda le oche» . Posò coltello e forchetta e abbassò lo sguardosulla tovaglia.

Will fece un enorme sospiro.« Ho fatto del mio meglio» , disse. « Non posso fare altro» .Bea non sapeva cosa dire. Mangiarono in silenzio, aspettando gli altri.« Cosa ne dici di una coppa di gelato?» , chiese quando riapparvero, Freddie pallido e

sporco di lacrime, Flo che lo teneva per mano. « Ti tirerebbe un po’ su, vecchio mio?» .Aiutò, anche se dovette finirlo Will.« Una meraviglia. Ne vuoi un assaggio, Flo?» .

« Cari mamma e papà, grazie mille per la gita e sopratuto soprattutto per la coppa digelato…» .

« Sapevo che gli sarebbe piaciuta» , disse Will ridendo. « Il professore deve aver lasciatoapposta l’errore di ortografia. Hanno senso dell’umorismo, quei tizi» .

« Will, penso davvero…» .« Cosa?» .Flo fece un profondo respiro. « Dovrebbe tornare a casa» , disse. « Potrebbe andare alla St

Peter’s. Tutti dicono che è un’ottima scuola…» .La faccia di Will si scurì e Flo sentì il suo stomaco fare una capriola. « Non essere

ridicola. È la mia vecchia scuola, la adoravo. Starà benone alla fine» .

« A volte sembra essere mentalmente paralizzato» , aveva scritto Mr Landsowne in fondoalla pagella di fine anno. Sembrava una cosa orribile. Will aggrottò la fronte e gliela lesse.

« Cosa diamine vuole dire?» .Freddie abbassò gli occhi sul tappeto della sala da pranzo. « Non lo so. Scusa, papà» . Sentì

che il viso aveva un piccolo spasmo e serrò i pugni. Lo spasmo si intensificò. Spalancò labocca per fermarlo.

« Cosa stai facendo?»« Niente. Scusa» . Le porte-finestre erano aperte sul giardino estivo. Vedeva Snowy,

impegnato a leccarsi sotto un cespuglio. « Adesso posso andare?»« Oh, Freddie» . Will fece uno dei suoi sospironi. « Non lo so» , disse e fece il giro dello

scrittoio. « Vieni qui» .

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Freddie avanzò cautamente.« Santo cielo… non avrai paura di me?» . Stese in fuori le braccia. « Siamo amici, vecchio

mio. Siamo sempre stati amici. Vieni a dare un abbraccio a papà» .Freddie si lasciò abbracciare. Si appoggiò alla ruvida giacca di tweed di Will, che odorava

di fumo di pipa e cuoio delle toppe che la mamma gli aveva cucito sui gomiti, sbuffandomentre faceva passare il grosso ago.

« Lo sai che ti voglio bene, vero?» , mormorò Will sopra di lui. Freddie annuì. « E anche tuvuoi bene al tuo vecchio papà, sì?» . Freddie annuì di nuovo. Sentiva che stava per mettersi apiangere ma, ti prego, ti prego, no, aveva pianto abbastanza, stava facendo impazzire tutti.Tirò su col naso e Will lo baciò. « Corri, su. Va’ a vedere cosa combinano mamma e Bea.Penso di aver sentito l’odore del pranzo, con un po’ di fortuna» .

Rieccolo, nuovamente lì, a iniziare il secondo anno, sentendosi male e guardando il libro dilatino mentre Mr Landsowne entrava nell’aula.

« Buongiorno, ragazzi» .« Buongiorno, Mr Landsowne» .Dodici sedie di legno strisciarono all’indietro quando tutti si alzarono in piedi.« Seduti» .Quell’oggi c’era una prova scritta. Erano arrivati alla quarta declinazione. La prima era

stata piuttosto facile, a dire la verità: terra, terra, terram, terrae, terrae, terra. Poteva farcelachiunque. Poi il plurale, declamato con entusiasmo: terrae, terrae, terras, terrarum, terris,terris!

Terra significava Terra, faceva parte della parola “Mediterraneo”, il mare che giravaattorno alla Terra. A una porzione della terra, a ogni modo. Europa meridionale. NordAfrica. Il simpatico Mr Ward stava facendo fare loro il giro di tutti i mari in geografia, lamateria preferita di Freddie. Coloravano cartine, tracciavano i contorni dei Paesi,imparavano fiumi, capitali e coltivazioni. Era interessante. E Mr Ward non era maiarrabbiato. Quella era la cosa più importante.

Ma adesso. La quarta declinazione: un sacco di sostantivi. Poteva capitare uno qualsiasi diquelli che avevano imparato. Si sentiva lo stomaco annodato e non avevano neanchecominciato.

« Aprite i quaderni» . Li aprirono. « Declinate al singolare e al plurale tutti i casi delsostantivo genu. Che significa, Richardson?»

« È una specie di animale, signore?»« Un animale?» .Si poteva dire che Richardson fosse un preferito di Mr Landsowne: dietro alla cattedra, il

professore aveva un sorriso paziente.« Sì, signore» , disse Richardson con audacia. « Quello della canzone» .« Ah. Intendi Sono uno gnu» . Mr Landsowne lo disse con un’enfasi così incredibilmente

buffa, proprio come Michael Flanders, che tutti scoppiarono a ridere. « “Sono uno gnu”» ,ripeté, rendendolo ancora più buffo, e poi, mentre tutti si sbellicavano: « Va bene, ragazzi,calmatevi. Grazie per il tuo contributo, Richardson, e no, genu non è una specie di animale,è… cos’è, Sutherland?» .

Freddie piangeva ancora per il troppo ridere. Mr Landsowne poteva essere così simpatico,

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quello era il fatto.« Allora?»« Oh, accidenti, signore» . Che cos’era? Non vedeva altro che gnu, le loro lunghe facce

ossute e gli occhi scintillanti. « Mi dispiace, signore» .Mr Landsowne tirò un sospiro artificioso. Scosse la testa. « Harris?»« Significa ginocchio, signore» .« Significa ginocchio. Grazie. E qual è l’ablativo plurale?»« Genibus, signore» , rispose Harris senza un briciolo di esitazione.« Bravo ragazzo. E significa, Bell Minor?»« Per mezzo, con o dalle ginocchia, signore» .Un mormorio si diffuse nell’aula.« Basta così» , disse il professore, e capirono che diceva sul serio. « Singolare e plurale, in

due colonne separate» . Intinsero le penne e iniziarono.

Riuscì a farcela, li sapeva quasi tutti, e mentre mettevano via il latino per tirare fuori illibro di religione, tirò un grosso sospiro di sollievo. Religione era facile. Conosceva metàdelle storie dell’Antico Testamento prima ancora di andare in quella scuola: Giacobbe eEsaù, Giacobbe e l’Angelo, Caino e Abele, Abramo e Isacco. « Mio fratello è un uomopeloso» , diceva di tanto in tanto suo padre, senza un motivo particolare. Era Giacobbe cheparlava di Esaù.

Dovevano imparare i nomi di tutti i libri dell’Antico Testamento, in ordine. Genesi, Esodo,Levitico… poi tutti i libri del Nuovo Testamento, i Vangeli, tutte le Epistole e gli Atti degliApostoli. Le Epistole erano state scritte da san Paolo: ne aveva scritte un mucchio.Dovevano imparare versetti a memoria e recitarli. Quell’oggi erano tratti dai Corinzi 2.

A causa della prova di latino, la sera prima si era preparato in modo frettoloso; a ognimodo la fame era tale che niente sembrava avere molto senso. E poi il latino era piùimportante, perché c’era Mr Landsowne. La settimana prima aveva recitato male i suoiversetti ed era stato sgridato, ma adesso, mentre il reverendo Arthur Wells entravazoppicando, pensò: andrà benone, più o meno li so.

« Buongiorno, ragazzi» .« Buongiorno, Mr Wells» .« Seduti» .Si misero seduti. Mr Wells mise la propria Bibbia sulla cattedra e giunse le mani. Lo

vedevano ogni domenica, con la morbida tonaca bianca; adesso, con la giacca di tweed e ilmaglione fulvo, assomigliava agli altri professori, tranne che per il collare. In generale, nonera malaccio – dicevano che avesse la sciatica, per questo a volte zoppicava, e che potevaarrabbiarsi sul serio, ma Freddie non l’aveva mai visto infuriato. Adesso si stava dilungandosu san Paolo, di come, dopo la conversione, si era recato da Gerusalemme a Roma. Lamente di Freddie iniziò a vagare. Stava morendo di fame: presto sarebbe arrivatol’intervallo, e la mezza pinta di latte col tappo d’argento.

« Allora, ragazzi. Ricordatemi cosa vi avevo chiesto di imparare a memoria» .« Corinzi 2, signore» , risposero tutti in coro. « Capitolo VI, versi 1-6» .« Molto bene. Allora. Vorrei che recitaste i versi a turno» . Mr Wells fece scorrere lo

sguardo sui ragazzi. « Ballanty ne, comincia tu, poi Sutherland, Collins…» .Freddie deglutì. Questo significava che a lui toccava il verso 2, quello davvero brutto,

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proprio quello che aveva saltato la sera prima pensando, oh, lo faccio dopo, ma non l’avevafatto, non l’aveva fatto.

« Bene, allora» . Mr Wells stava andando verso i banchi con la Bibbia aperta in mano.Avrebbe potuto controllare ogni virgola.

« In piedi, Ballantyne. Comincia» .Ballanty ne si alzò in piedi dietro al banco e si schiarì la voce. « “Allora noi, come

collaboratori di Dio”» , disse con voce chiara, « “vi esortiamo a… a… non ricevere lagrazia di Dio invano”» .

« Ottimo. Sutherland?» .Freddie si alzò in piedi, con le ginocchia che quasi battevano l’una contro l’altra. « “Poiché

egli dice”» , esordì, fermandosi poi bruscamente. « “Poiché egli dice…”»« “Poiché Egli dice, ti ho esaudito…”» , suggerì Mr Wells.« “Poiché Egli dice, ti ho esaudito…”» . Freddie sentì la propria voce nel silenzio attorno a

sé, sentì Mr Wells avvicinarsi, zoppicando in modo vistoso. Fissò gli occhi sulla lavagna.« “Poiché Egli dice, ti ho esaudito”» , disse di nuovo e si fermò, restando impalato.

Non andava bene, non valeva la pena neanche tentare. « Mi dispiace, signore» .« Non hai studiato» , disse Mr Wells, adesso proprio accanto a lui. « Semplicemente non

hai studiato» .« Mi dispiace, signore» . Stava per girarsi e guardarlo, sperando che proseguisse con

Collins, ma un colpo della Bibbia di Mr Wells lo colpì all’improvviso alla tempia e Freddiecadde sul banco.

« Per la seconda settimana di seguito, non hai studiato!» . Giunse un secondo, potentecolpo, così forte da strappargli un grido di dolore. Si portò una mano all’orecchio cherimbombava e poi appoggiò la testa sulla scrivania. Riusciva a malapena a respirare. Sentìfiocamente Collins, e poi gli altri, riprendere la recita dei versetti.

« “Poiché Egli disse, ti ho esaudito al momento favorevole… ecco ora il giorno dellasalvezza…”» .

Luci baluginarono davanti ai suoi occhi, e l’orecchio continuò a rimbombare. Sentì caldo efreddo, caldo e freddo e poi ebbe una nausea tremenda.

« “con grande pazienza, nelle afflizioni… con benevolenza, con lo Spirito Santo, conamore sincero…”» .

Era finita. Alzò la testa. La stanza girava senza fermarsi.« Sutherland? Trascriverai questi versi stasera e ti sentirò di nuovo la prossima settimana.

Scriverai cinquanta volte: “Imparerò i miei compiti a memoria”. È chiaro?»« Sì, signore» . Rimise la testa sul banco.« Su con la schiena» .« Signore…» .« Su con la schiena» .Si mise a sedere diritto, mentre Mr Wells zoppicava su e giù, sparando domande su san

Paolo, fino a che non suonò la campanella dell’intervallo.« Stai bene?» , bisbigliò Collins mentre tutti si riversavano nell’atrio.« Non proprio» .« Wells è un porco. Ti porto in infermeria?» .Freddie fece di sì con la testa. Andarono lentamente su per le scale. L’infermiera mise il

gentile naso a becco fuori dagli armadietti.

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« Bene, bene, cosa abbiamo qui?» .Collins spiegò l’accaduto. L’infermiera scosse la testa e prese Freddie per mano. « Vieni

con me, Sutherland, devi riposare un po’. Va’ adesso, Collins, non c’è bisogno di restarequi» .

Freddie rimase in infermeria per tutto il pomeriggio, una scodella per vomitare accanto asé e solo uno spiraglio di luce nella stanza.

Stare a Londra comportava una cosa fantastica, ovvero avere una segretaria. Una verasegretaria efficiente tutta per sé.

« Buongiorno, Miss Fisher!» .« Buongiorno, Mr Sutherland» . Si alzò dalla scrivania nell’ufficio adiacente, sempre lì

prima di lui. « Caffè?»« Sarebbe meraviglioso» . Will appese cappello e cappotto e le rivolse un sorriso.

« Quando è pronta» .Miss Fisher si sedette davanti a lui, mentre Will si accendeva la pipa, pronta a iniziare,

armata di taccuino a spirale e matita. Donna di bell’aspetto, doveva essere stata carina untempo. Buffo come alcune di queste ragazze perdessero il treno: Will era sicuro cheavrebbe potuto rendere felice un uomo.

« Finiremo le lettere, poi vorrei passare l’intero pomeriggio sul Grande Piano, se non ledispiace» .

« Certamente» .Miss Fisher aveva tutto lì accanto, in un dannato scatolone d’archivio. Si sarebbero divertiti.

Il Piano era stato messo in atto con enorme successo l’anno prima. Bisognava avere unaguida per una cosa del genere, sondare il terreno. L’SRL doveva avere un’esposizione sua,aveva proposto: non solamente presentarsi alle esibizioni reali o a quelle delle contee, maavere qualcosa di istituito da loro stessi, qualcosa di grandioso per farsi conosceresul serio.

« Proporrei di chiamarla “Fiera Campestre Sportiva SRL”» , aveva detto a una riunione, eun mormorio si era diffuso attorno al tavolo di mogano.

« Un po’ troppo lungo» , aveva osservato Roger Harlow, che si occupava di Boschi eForeste.

« Ma spiega esattamente di cosa si tratta» , aveva detto James Marshall, a capotavola.Will aveva detto che aveva pensato di chiamarla “Pesca, Pelli e Cuoio”. « Ho pensato che

suonasse bene» .Nessuno aveva pensato che suonasse nel modo desiderato. Alla fine avevano deciso per

Fiera Campestre SRL. Miss Bell l’aveva messo a verbale.« Diventerà Fiera SRL prima che te ne accorga» , aveva detto Marshall. « Se va in porto» .« Andrà in porto» , aveva replicato Will. « Ne sono certo» .E così era stato. I clienti erano accorsi in massa. La sua idea era di allestirla annualmente

nella tenuta di un’imponente villa. L’avrebbero portata in giro per il paese, da Longleat aChatsworth, da Castle Howard a Blenheim Palace. Harewood House. Ripley Manor.Ovunque.

David Bone, dipartimento Beni Culturali, aveva proposto di tenere la prima fiera di provain un posto chiamato Hetherington Hall, su nel Peak District. Sembrava perfetto. Tenutastupenda, paurose tasse di successione, casa che cadeva a pezzi: serviva qualcosa che

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attraesse nuovi visitatori. Avrebbero passato in rassegna tutte le possibilità: cani da penna,tiro al piattello, tiro al bersaglio, tiro con l’arco, falconeria.

« Prova il Falco» , aveva detto Will alla fine della riunione.« Fantastico» , era stato il commento di David Bone.E così era iniziata, con tre giorni su nel Peak District il giugno precedente, tempo stupendo

e un enorme successo su tutta la linea. Era valsa tutta la spesa, il doppio rispetto alleprevisioni, e una pacca sulla schiena di Sutherland.

« Davvero un ottimo lavoro» , aveva detto Marshall alla fine. « Davvero splendido» .Ci sarebbe stato un aumento, con un po’ di fortuna.E adesso stavano pianificando la fiera successiva, con Miss Fisher che avrebbe tirato fuori

lo scatolone dopo pranzo e una telefonata da fare a sir John Kavanagh, di Bickland Hall, giùa Dartmoor, più ansioso che mai di aggiudicarsi la Fiera SRL l’estateseguente.

« È in linea, Mr Sutherland» .« Grandioso» .

Stavano trascorrendo le vacanze di metà trimestre a Wimbledon con zia Agnes. E zioNeville, naturalmente. E Tinkerbell, il loro soffice gatto color tartaruga, la cui coda unavolta aveva preso fuoco per via di una favilla del caminetto. Ogni volta che andavano lì,Bea e Freddie speravano che accadesse di nuovo.

« È ora di pranzo!» , chiamò zia Agnes. « Venite a lavarvi lemani» .

Se le lavarono nel bagno al piano di sotto, sfregandosi ben bene col sapone. Zio Nevilletossì fuori dalla porta.

« Svelto!» , bisbigliò Bea. « Deve fare pipì» .DEVE FARE PIPÌ.Zio Neville doveva fare spesso pipì per via delle pillole che prendeva per il cuore. Loro

uscirono e lui entrò. Attraversarono l’atrio buio per andare in sala da pranzo. Era luminosolì, con la vista sul giardino d’inverno.

« C’è un profumino» , disse Freddie mentre prendeva posto.Zia Agnes sollevò il coperchio del piatto da portata e un profumo meraviglioso si diffuse a

tavola. Pollo in casseruola, con una salsa succulenta, purè di patate, piselli e carote. Freddiestava assolutamente morendo di fame nell’attesa che zio Neville fosse servito per primo,perché era zio Neville, poi toccava a Bea, perché era una ragazza. Sentì che stava iniziandoa fare una smorfia, dilatando la bocca in maniera esagerata, e la coprì con una mano.Nessuno parve accorgersene.

Finalmente tutti poterono rimpinzarsi.« Questa sì che è fame» .« Come si mangia nella tua scuola, Freddie?» , domandò zio Neville.Freddie scosse la testa. Non voleva dire quanto si mangiasse male, perché così sarebbe

stato sleale nei confronti del padre, che non era presente, e poi zio Neville contribuiva allaretta. Aveva sentito una volta suo padre imprecare per un conto e borbottare: « Grazie a Dioper il vecchio Neville» .

« Non troppo male» , disse, finendo prima di tutti data la gran fame.« Mi dai l’impressione di un ragazzo che ha bisogno di essere nutrito» , disse zia Agnes.

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« Vuoi fare il bis?»« Sì, per favore!» .Tutti risero.Dopo pranzo, zio Neville salì adagio di sopra per riposare e zia Agnes si occupò di

rigovernare. Bea e Freddie andarono in salotto.« Tinkerbell!» .Si piegarono ad accarezzarla, spostandola speranzosi verso il fuoco.Poi ascoltarono il dischi al grammofono: Kathleen Ferrier con la sua incredibile voce

sdolcinata che cantava “Blow the wind southerly, southerly, southerly…”, mentre Beafissava sentimentalmente nello specchio, guardandosi piangere; e la tremenda storia diStanley Holloway di come il giovane Albert fosse stato portato allo zoo dai genitori e finitoin pasto a un leone.

Letteralmente divorato!Entrò zia Agnes. Freddie si alzò in piedi. Bisognava sempre alzarsi quando nella stanza

entrava una signora, lo dicevano a scuola. « Vuoi il mio posto, zia Agnes?»« No, grazie, tesoro, sto bene qui» . E si accomodò col lavoro a maglia su quello che

chiamava sofà, anche se la mamma diceva che non bisognava mai e poi mai chiamarlocosì, era il divano ebasta.

Le braci rilucevano nel fuoco. Tinkerbell si rigirò, la gente passava per la strada, dove ognimattina davano lo zucchero al cavallo del lattaio. La scuola era lontana milioni di miglia. Avolte gli capitava perfino di dimenticarsene.

Ma le vacanze giunsero alla fine.« Salve, Sutherland, come andiamo?» . Il simpatico Mr Ward arruffò i capelli di Freddie

mentre passava nell’atrio.« Bene, grazie, signore» .« Ottimo. Devi venire a prendere il tè con me un giorno. Porta un amico» .« Grazie, signore!» .Poi Mr Ward si allontanò a grandi passi, verso la Stanza delle Mappe, mentre la

campanella segnava la fine dell’intervallo e Freddie seguiva tutti gli altri nell’aula dimatematica.

« Mr Ward mi ha invitato per il tè» , disse sottovoce a Collins, suo compagno di banco,mentre Mr Freeman scriveva decimali sulla lavagna. « Ha detto di portare un amico» .

Collins non era malaccio, ultimamente; a volte, durante l’intervallo, passeggiavano su e giùinsieme, parlando di Rupert Bear e di tutti i suoi amici di Nutwood: Algy e Podgy Pig, eRastus Mouse. « Vuoi venire?»

« Forse» .Si concentrarono sulla lavagna e, ricopiato quanto vi era scritto, si misero d’impegno a

fare le somme. Poi fu la volta di francese. Ma durante l’intervallo del pranzo, quando eranofuori sul prato, Freddie ripeté l’invito a Collins. Era una giornata incantevole, le nuvolesospinte dal vento passavano veloci sulla scuola e il sole creava giochi di luce sull’erba. Lavilletta di Mr Ward era a poca distanza dall’edificio principale, un posto carino, con lefinestre dipinte di bianco. Freddie aveva sentito parlare deisuoi tè.

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« No, non è vero» .« Cosa vuoi dire?»« Tu non sai cosa succede lì dentro» .« Cosa vuoi dire?» , ripeté Freddie, confuso. Cosa poteva succedere con dei panini alla

marmellata e fette di torta? Avrebbe voluto tanto un buon tè.Collins chiamò Harris, che dava calci a una palla con Bell Minor. Si avvicinarono

entrambi.Quando gli dissero del simpatico Mr Ward, Freddie sentì la bocca spalancarglisi. Non

riusciva a crederci.« Volete dire…» .Harris rise. « Succede tutte le volte. Ma il tè è buono, ne vale quasi la pena» . Poi disse a

Freddie qualcosa di semplicemente disgustoso e aggiunse: « Nessun tè ne vale la pena,comunque» .

Freddie lo guardò. Poi guardò il sole e le ombre che filavano sull’erba fangosa e gli vennela nausea. Era come se quel posto fosse cambiato completamente. Be’, non solo la scuola.Tutto quanto.

« Siete… siete tutti…» .« La maggior parte. Fa il giro dei ragazzi» .« Be’, con me non farà nessun giro» , disse Freddie, e tutti risero. Poi la campanella suonò.« Perché non me l’hai detto?» , domandò a Collins mentre rientravano.Collins fece spallucce. « Non mi piace pensarci, suppongo. Vorrei che non fosse

successo» .« L’hai detto ai tuoi genitori?» .L’altro scosse la testa. « Non penso che mi crederebbero. A loro piace, a tutti i genitori

piace» . Poi si mise a correre, oltrepassando la soglia verso cui tutti stavano sciamando.Quella notte, a letto, Freddie ripensò a tutto quanto. Era quello uno dei Fatti della Vita? La

mamma non ne aveva parlato affatto. Pensò al gentile Mr Ward che il primo giornoaccoglieva i ragazzi nuovi sulla banchina, facendo conoscenza con loro, arruffandogli icapelli. Pensò a Harris, Collins e Bell Minor, tutti quanti, che andavano alla villetta per il tè,bussavano alla porta ed entravano, trovando la tavola imbandita, e mangiavano fino ascoppiare.

« Vieni a sederti sulle mie ginocchia, Bell Minor. Immagino che a volte ti manchi casa,vero?»

« Sì, signore» .« Ma certo, capita a tutti qualche volta, ricordo com’è. Ma, sai, se mai ti dovessi sentire un

po’ giù, puoi sempre venire qui a parlare con me» .« Grazie, signore» . Gli occhi gli si stavano riempiendo di lacrime.« Potete andare adesso, Collins e Harris. Bell Minor e io faremo una piccola

chiacchierata» .Se n’erano andati, dicendo grazie, signore, grazie tante, chiudendosi la porta d’ingresso alle

spalle.E poi…« È bello? Ti piace questa sensazione?» .E poi…Era disgustoso, era orribile. E spaventoso.

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Freddie era disteso al buio. Più o meno capiva perché non era una cosa da dire ai genitori,ma lui poteva dirlo alla mamma, e lei l’avrebbe detto a papà. Lui avrebbe fatto qualcosa.

« Quella vecchia checca» , disse Will, dopo l’uscita successiva, e scoppiò in una risatafragorosa. « Dovrebbe essere licenziato» .

« Non è divertente, non è affatto divertente, Will. Sul serio. Devi scrivere a Campbell-Davies» . Flo rabbrividì. Freddie, il suo tesoro, il suo bambino. Solo il pensiero. E lei ci eracascata in pieno! Non si preoccupi, Mrs Sutherland, lo terrò d’occhio.

« Scrivi stasera» , disse.« Vedremo» , rispose Will, porgendole la tazza per avere dell’altro tè. « Bisogna andarci

cauti. Non voglio agitare troppo le acque. Sono cose che succedono» .Flo lo guardò al di sopra della teiera. « A te è successo?» .Will lasciò cadere un paio di zollette. « Adesso non me lo ricordo» .

Tornando a casa da scuola, Bea si raccontava delle storie. Iniziava solo dopo averattraversato al semaforo di Ry ehurst Hill e una volta in Rushbrook Road volava via con lamente. Spesso riprendeva quella iniziata a letto la sera prima, addormentandosi mentrescendeva dal ripido pendio di una collina verso una fattoria a valle. La fattoria era nelloShropshire, un luogo reso vivido da Malcom Saville e The Lone Pine, il Pino Solitario, chestava leggendo a scuola durante l’intervallo.

Adesso, tornando lentamente a casa, disse ciao al cane da pastore dello Shropshire nell’aiae si affacciò alla porta di una stalla, salutando il suo pony dal manto ruvido. Il vento soffiavadalle colline spoglie e le pavoncelle lanciavano i loro richiami. Stava per piovere. Aprì lapesante porta che dava nella cucina della fattoria, dove qualcuno aveva apparecchiato unsostanzioso tè. Sentiva le mucche dirigersi in fila verso i campi mentre beveva un bicchieredi latte cremoso e mangiava pane appena sfornato e fette di prosciutto tagliate da quello chependeva dal soffitto.

Poi cosa succedeva?Se qualcuno le avesse chiesto di cosa parlavano quelle storie, Bea non avrebbe saputo

rispondere. Non c’erano altri personaggi, solo lei, e diverse case in campagna. Lasensazione che le dava – la sensazione di abbandono, di beatitudine alla vista di ciascunposto, un legame forte quanto una corda con ciascuno di essi: ecco perché lo faceva. Nonera per far succedere le cose, riguardava il trovarsi lì e basta.

Eppure c’era sempre qualcosa da continuare, e adesso, alla fine di Rushbrook Road, con iltraffico di Croydon Road che scorreva rumoroso, fece dietrofront e tornò lentamenteindietro, dondolando lo zaino, sentendo il verso delle pavoncelle e vedendo le grandi nuvolenere di pioggia muoversi pigre sulle colline.

« Dove diamine sei stata?» , le chiese Flo, quando finalmente suonò il campanello. Trevolte, lo squillo di famiglia. « Iniziavo a preoccuparmi sul serio» . Aveva regolato la svegliaper il pisolino, così poteva scendere di sotto e preparare tutto. Poi si era messa ad aspettarementre Bea bighellonava lungo la strada del ritorno.

« Scusa. Scusa, mamma. Muoio di fame, cosa c’è per il tè?» .Mangiarono insieme, a ciascun lato del caminetto. Flo seduta sul divano e Bea in una

poltrona di fronte, con un vassoio su uno dei tavolini indiani accanto a sé.« Com’è andata oggi, tesoro?»

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« Bene, grazie» . Mise sul vassoio un sandwich alla banana e prese il suo libro. A scuolaera Malcom Saville, a casa Piccole donne crescono, con Jo sposata al bel professore e Megche spendeva troppo in vestiti, e lei e suo marito avevano il loro primo litigio.

« Sempre col naso in un libro» , disse Flo, versando il tè. « Non potremmo avere una veraconversazione?»

« Scusa. Scusa, mamma» . Mise via il libro. « Com’è stata la tua giornata?»« Oh…» . Flo si sentì fare un enorme sospiro. « Tutto normale, direi. Sono andata in città

stamattina, ho visto Mrs Cosa» .Bea allungò la mano sui biscotti allo zenzero. « Quale Mrs Cosa?» .Risero entrambe. « Mrs Comesichiama» , disse Flo. « Sai, quella donna con gli occhiali in

Rushbrook Road» .« Mrs Mason» .« Mrs Mason. Mrs Mason ha comprato una bacinella. Dio, che donna orribile. Oh, guarda,

ecco Snowy» .« Snowy! Vieni qui!» .Il gatto venne e si piazzò sulla pelle della pantera. Bea si sporse per accarezzarlo e non

tornò al suo libro. L’odioso vuoto della giornata di Flo iniziò a sbiadire.

« E come è stata la tua giornata, tesoro?» , chiese a Will mentre cenavano tutti insieme,senza i compiti di Bea in giro. Niente matematica quella sera, grazie a Dio, e ilragionamento non verbale bandito per sempre.

« Splendida» . Will si rimpinzò di scurissimo pasticcio del pastore. Flo non l’aveva fattobruciare, perciò doveva trattarsi di un’eccessiva rosolatura del sugo. A volte era quasi nero.« Ci stiamo dando da fare per la prossima fiera» , disse. « Giù a Dartmore. Bickland Hall…bellissimo posto, a quanto pare. Andrò laggiù la settimana prossima in ricognizione. Hoparlato con sir John questo pomeriggio» .

« Metà di quello che pensi è giusto, tesoro» , disse Flo a Bea, mentre quest’ultima prendevaun enorme boccone, e poi: « Che meraviglia, Will. Sono così felice» . Gli faceva un granbene andarsene in giro.

« E quello che ho pensato» , disse ancora Will, spazzolandosi gli acquosi piselli in scatola,« è che potremmo andare tutti quanti laggiù per la Fiera, fare una piccola vacanza estiva.Cosa ne pensi? Non è così lontano dalla vecchia Fitz… potremmo andare da lei alla fine» .

« E andare a trovare la mia famiglia strada facendo» , disse Flo.« Anche quello, perché no?» .Will era proprio di buon umore.« Potremmo stare in un caravan, magari» .« Un caravan?»« O in tenda. Potremmo accamparci nella tenuta Bickland»« Accamparci?» .Bea scoppiò a ridere. « Ma insomma. Voi due» .« Cosa avevi in mente?» , domandò Will mentre Flo sparecchiava.Quello che Flo aveva in mente era una graziosa piccola locanda, con le travi a vista sul

soffitto, senza dover cucinare per due settimane, e una romantica camera da letto che davasu uno stupendo giardino. E lo disse mentre portava una pirofila con del biancomangiare allampone.

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« Vedremo» , fece Will, e la cosa finì lì. Dopo cena andò a guardare il telegiornale,mentre Flo lavava i capelli a Bea in bagno.

« Povera mamma» , disse Bea mentre la madre le faceva lo shampoo. « Tutte quelle cosecarine che desideri» .

« I o non sono una povera mamma» , ribatté Flo, sfregandole i capelli. « Piegatiall’indietro, altrimenti ti va negli occhi. Non chiamarmi mai e poi mai “povera mamma”» .

Mentre saliva per andare a letto, Bea diede la buonanotte all’uccello. « Non ho superatol’esame di ammissione» , mormorò. « Tutti dicono che non importa» .

L’uccello sedeva impassibile sul proprio ramo. « Penso che devo essere stupida» .PENSO CHE DEVO ESSERE STUPIDA.L’uccello l’ascoltò in silenzio, come sempre. Le dava lo stesso tipo di sensazione delle sue

storie: era qualcosa di saldo e vero. Si sporse in avanti e baciò la sua testa di fredda carta daparati.

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4Estate del 1959: la tenda nel bagagliaio, Snowy nella pensione per gatti, e innumerevoli

storie dell’India. « Vi ho mai raccontato di quando ho usato i tori per arare i campi? Stavanofinendo al macello, ma ho avuto un’idea meravigliosa…» . E intanto guidavano versoBournemouth.

« Vivie!» .Era sulla soglia, avvolta in un delizioso abito con la cintura in vita e un paio di orecchini

attaccati ai lobi con delle clip, e somigliava a Vivien Leigh più che mai. « Miei cari!» . Teseloro le braccia, allargandole in un gesto d’invito. « Entrate!» .

Entrarono in casa con le loro valigie, ed ecco la nonna e il nonno, che si alzavanolentamente dalle loro sedie nella serra, dove pendevano grandi grappoli d’uva.

« Sembrate essere cresciuti, voi due» , commentò il nonno.I segni di matita sulla parete della cucina, a casa, erano saliti sempre di più.« Più alti della nonna!» . Bea la abbracciò: quanto le sembrava piccola e fragile, nel suo

vestito blu e con quei suoi occhiali dalla montatura di corno.« Quanti anni hai ora, Freddie? Ventuno?» .Lui scoppiò a ridere. « Ne ho dieci, nonno» .« Dieci? Oh, sei quasi grande abbastanza per arruolarti, allora!» .« Dov’è Hugo?» . Bea si era sentita lo stomaco pieno di farfalle per giorni. Ora le

sembrava stretto in un nodo.« Credo che stia aiutando il papà a portare su i bagagli» .La mamma e Vivie erano sparite in cucina: riuscivano a sentirle mentre chiacchieravano

e ridevano.« E dov’è Whoopoo?» .Se ne stava sulla mensola della cucina, come sempre, accanto alla scatola dei Kellogg’s

Corn Flakes. Sunny Jim, invece, sembrava essere scomparso. Bea non era ancoraabbastanza alta da poter raggiungere Whoopoo e premere la fronte contro la sua; cercò disollevare Freddie, ma lo lasciò andare subito dopo. Sembrava magro, ma in realtà pesavauna tonnellata.

« Come andiamo?» . Era entrato Will, tutto sorrisi e allegria travolgente, e dietro di luic’era Hugo, più alto di qualsiasi mensola della cucina e così bello che Bea rischiò di perderei sensi. Aveva diciotto anni, ormai, e aveva finito la scuola. Diciotto anni!

« Hugo!» .« Ciao, zia Flo» . Arrossì, attraversò la cucina e la baciò. « È bello rivederti» .« È bello rivedere anche te, tesoro. Cielo, sei bellissimo» .CIELO, SEI BELLISSIMO.Lui arrossì fino alla radice dei capelli ricci e scuri. « Grazie» .« Ciao, Baba» .Lei lasciò che la chiamasse così. Non aveva importanza come la chiamava, qualsiasi

nome sarebbe andato bene. E comunque, quando lo disse, lei si sentì stringere di nuovo lostomaco. Era come se la conoscesse fin dentro l’anima.

« Ciao» , mormorò, e poi non seppe più cosa dire. « Come stai?» , gli chiese infine.« Bene, grazie» . E poi andò ad aiutare Freddie a salire su una sedia ed entrambi

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strofinarono la fronte contro quella pelosa di Whoopoo, e scoppiarono a ridere. Lo feceanche Will.

« Fantastico. Come procede il pranzo? Serve una mano?» .Freddie scese dalla sedia. « Posso suonare io il gong?» .

Quando il pranzo finì, sembrò come se fossero stati sempre lì. C’erano le stesse vecchiesedie in giardino, dove Flo e Vivie si sedettero a chiacchierare per tutto il pomeriggio, e ibambini della casa accanto continuarono a piangere, come sempre, anche se dovevanoessere altri, ormai. Il nonno e la nonna andarono a riposare, il papà si mise a fumare la pipae si addormentò nella serra, Bea e Freddie salirono di sopra per dare un’occhiata allaferrovia di Hugo, che era ancora lì, in soffitta. Hugo mostrò gli interruttori a Freddie.

« Me lo ricordo» , affermò lui. « Grazie» .Poi Hugo disse che sarebbe stato meglio se fosse sceso a lavare i piatti.« Ti aiuto io» , si offrì Bea, non più tanto bloccata con il pranzo sullo stomaco, e loro due

scesero al piano di sotto, da soli.« Ho un sistema» , spiegò Hugo, aprendo i rubinetti. « Prima lavo i bicchieri, in acqua

saponata molto calda» . Lei iniziò a passarglieli con cautela. « Poi insapono i piatti, lisciacquo e li metto ad asciugare. E infine lavo l’argenteria, in acqua pulita» .

Mentre lo aiutava, gli passava le stoviglie e lo osservava, Bea capì che avrebbe semprelavato i piatti in quel modo, e avrebbe sempre amato la vista dei bicchieri scintillantiappoggiati su uno strofinaccio ad asciugare, e delle stoviglie di porcellana pulite sistemateattentamente una dopo l’altra ad asciugare sullo scolapiatti di legno. Asciugarono insiemetutta l’argenteria, appoggiando le varie posate su un vassoio, a gruppi di forchette e cucchiai,prima quelle grandi e poi quelle da dessert, e infine i cucchiai da portata.

Hugo raccolse il vassoio e lo portò in camera da pranzo. Insieme, sistemarono tutto nellascatola delle posate, rivestita di panno beige, ogni minuscolo cucchiaino da caffè nel suominuscolo e apposito spazio.

« Lo fai ogni giorno?» , gli chiese Bea, mentre lui richiudeva la scatola. A casa avevanosemplicemente un cassetto nella credenza, e sebbene ci fossero delle partizioni al suointerno, spesso le posate erano tutte in disordine.

« Solo nei giorni di festa» , spiegò Hugo. « Nei giorni di scuola, se ne occupa mia madre» .Era così buffo sentir definire la zia Vivie “mia madre”. « Ma naturalmente, ora ho finito lascuola» . Le sorride, e lei si sentì nuovamente le farfalle nello stomaco.

« E cosa farai, adesso?» , gli domandò, come se fosse a un cocktail party, o qualcosa disimile. Tanta gente dava dei cocktail party a Ry ehurst, e anche se Will e Flo non ciandavano mai, lei sapeva che se ne parlava moltissimo. A Ryehurst c’erano quasi soltantonoiosi contabili, diceva la mamma.

« Andrò all’università» , rispose Hugo. « Mi iscriverò alla facoltà di Fisica di Bristol.Vogliamo andare a vedere come se la sta cavando Freddie?» .

Poi lui e Freddie passarono tutto il pomeriggio a giocare con i trenini, e Will si unì a loro,con tanto di buffi versi a imitare sbuffi e fischi di locomotive. Bea notò subito che Freddienon avrebbe voluto.

« Ciao, vecchio mio. Ti va una caramella?» .Il bambino sorrise timidamente. « Grazie, nonno» .Il nonno batté il palmo della mano sulla trapunta e Freddie si sedette sul letto, mentre lui

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apriva la scatola di latta delle caramelle. C’era un disegno della regina Elisabetta, sopra alcoperchio, sorridente e con la corona. Freddie lanciò un’occhiata all’interno.

« Ce ne sono alcune alla menta» , spiegò il nonno, scuotendo leggermente la scatola.« Eccone una, mi pare» .

Freddie preferiva quelle semplici, ma prese quella alla menta e la scartò con attenzione.Era così bello, lì dentro: una piccola stanza lungo il corridoio che usciva dalla sala, con lafinestra che dava sul giardino e tanti libri vicino al letto. Un letto singolo: il nonno nondormiva di sopra con la nonna, per qualche motivo.

« Come va la scuola?» , chiese il nonno, mentre succhiavano le loro caramelle.« Bene, grazie» .« E quali sono le tue materie preferite?»« Mi piace la geografia» . Non più così tanto, ora che sapeva di Mr Ward.« E la materia che ti piace di meno?»« Latino» . E mentre lo diceva, gli tornò in mente un viso, perfino con la bocca piena di

caramelle, e allora abbassò lo sguardo e continuò a succhiare più forte che poté. « Ma sonopiuttosto bravo in matematica» , borbottò.

« Come Hugo» , commentò il nonno. « Ed è anche un ragazzo intelligente» . E poi, mentreFreddie stringeva i pugni, continuò: « Probabilmente non ti va di parlare di scuola durante levacanze. Io non lo facevo mai» . Si allungò a battergli una pacca affettuosa sulle spalle.« Me lo ricordo bene» , continuò. « Ero distratto anch’io, in classe. Ma questo, ovviamente,accadeva prima che i dinosauri andassero a spasso sulla Terra» .

Freddie rise e alzò lo sguardo. Attraverso la finestra aperta, riusciva a sentire gli uccelliche cantavano, tra i rami dei meli, e i bambini, che piangevano nelle loro carrozzine, nelgiardino della casa.

« Di chi sono i bambini della casa qui accanto?» , chiese.Il nonno scosse la testa. « Una volta ho tentato di contarli, ma è come contare le pecore, e

sai come sono i bambini: hanno tutti la stessa voce. Come le pecore» . Gli tese la scatola dilatta. « Prendine un’altra, e non dirlo a nessuno» .

Freddie prese una caramella normale, e continuarono a starsene lì, piacevolmente seduti asucchiare caramelle. Non fu molto dopo che il bambino si rese conto che il nonno nonaveva risposto, in realtà, alla sua domanda. Fu la zia Vivie, all’ora del tè, a dire che le madridi quei bambini erano tutte disgraziate.

Dopodiché, cominciarono i viaggi al mare sull’autobus, e tutti commentavano quanto fossediventato bravo Freddie a nuotare.

« Ma, tesoro, ti si contano le costole» , commentò la zia Vivie. « Non ti danno abbastanzada mangiare?» .

Lui sorrise vagamente stringendosi nelle spalle, mentre si strofinava i capelli umidi con untelo, girandosi per non farsi vedere in faccia.

Mangiavano il gelato sul lungomare, e guardavano le scatole piene di conchiglie neinegozi. E ci furono molte passeggiate con Will e talvolta con Hugo tra le dune, con la stessasabbia piena di aghi di pino che entrava nei sandali, e lo stesso dolce e pesante profumo dipini, mentre si vedeva da lontano uno scorcio di mare di un intenso azzurro.

La mamma e la zia Vivie non li seguivano nelle passeggiate: si sedevano sulle loro sdraioe non facevano che chiacchierare. Tiravano fuori le confezioni di cipria di Elizabeth Arden

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e si incipriavano il naso, per poi passare sulle labbra il loro rossetto di un rosso vivace.Chiacchieravano di continuo anche a casa, mentre preparavano i picnic per la spiaggia e lecene, e non smettevano mai di ridere. Le loro conversazioni erano punteggiate da tutta unaserie di « Che buffo!» e « Santo cielo! Mai sentito niente del genere?» e « No! Che spasso!Che cosa buffa!» .

Cantavano anche tanto: la zia Vivie amava West Side Story. Ne suonava tutte le canzoninel salotto, dopo cena.

E la nonna restava sveglia con loro! A volte, soltanto perché a Bea piaceva, indossava lasua stola di pelliccia, anche se in realtà era per uscire. Sembrava una specie di volpe, lungae sottile e lucente, con feroci occhi di vetro e tante deliziose piccole frange e code chescendevano verso il basso.

« È stato il nonno a sparare a quella bestia?» , chiese una volta Freddie, seduto sul pouf.Lei scoppiò a ridere. « No, tesoro. L’ho comprata da Bourne & Hollingsworth» .A volte ascoltavano dei dischi, con un nuovo cantante di nome Tom Lehrer che cantava

canzoni apparentemente volgari, e Will che rideva più che mai. Giocavano al giocodell’oca, imparando a perdere con il sorriso sulle labbra, ma in realtà strillando a pienipolmoni. E l’ultima sera rimasero svegli fino a tardi.

« È ora di andare a letto, per voi due» , disse alla fine Will.« Ma noi non vogliamo andare a letto» .Lui li scacciò facendoli salire lungo l’enorme scalinata, salutando un’ospite che scendeva.« Che bella ragazza» , commentò, correndo ad aprire la porta d’ingresso. « Mi chiedo dove

se ne vada» .« Purtroppo, domani dovrai partire» , gli ricordò il nonno, dal salotto, ed entrambi risero.E il giorno seguente, tutti i bagagli tornarono al piano di sotto, e Flo si scosse la sabbia dai

sandali, e Bea si lasciò i capelli morbidi e sciolti sulle spalle e restò in un angolo della sala,aspettando di salutare Hugo.

Lui tornò dopo aver aiutato Will a caricare i bagagli in macchina.« Ciao, Bea, che ci fai lì nascosta?» . Le sorrise, e lei sentì le ginocchia tremare, e poi tutti

scesero le scale e attraversarono la sala, e cominciò l’interminabile danza degli abbracci edei baci, con la mamma in lacrime.

« Arrivederci, mia cara» . Lei e la zia Vivie continuavano ad abbracciarsi senza sosta.Poi Hugo si fece avanti e posò una mano sulla spalla di Bea, piegandosi a baciarla. « È

stato fantastico averti qui» .« Sì, anche per me averti qui» , mormorò lei, stupidamente, perché ovviamente lui stava

sempre lì. Poi si girò e corse lungo il vialetto mentre Will la chiamava: « Bea! Inmacchina!» , cominciando a suonare il clacson.

Mentre entravano nel Devon, dopo un picnic, « Uno dei migliori di Vivie, se lo chiedete ame» , tutti iniziarono a parlare della fattoria. Freddie non la ricordava per niente, ma glisembrava di sì, dopo tutte quelle storie: le capre che strappavano via gli strofinacci dallostenditoio, la gallina nella carrozzina, il papà che aveva torto per sbaglio il collo a Brownie.E le mucche con metà del posteriore a penzoloni, dopo che avevano avuto un vitello.Bluebell. Guernsey Noo.

« D’accordo, Bea, basta così» .« Possiamo tornarci? Possiamo andare a vederla? Ti prego, possiamo?» .

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Will non rispose. E poi: « Non abbiamo tempo. Flo? Hai la cartina?» .Oltrepassarono il fiume Axe, dove i pescatori se ne stavano completamente immobili e le

rondini sfioravano la superficie dell’acqua.« Come le rondini a Melcote» , commentò Bea, e poi guardò fuori dal finestrino e ripensò

a Hugo. Non aveva mai smesso di farlo, in realtà, da quando erano partiti. Se lui avevadiciotto anni, ora, e lei ne aveva quasi dodici, significava che quando ne avesse avutidiciassette, lui ne avrebbe compiuti ventitré. Avrebbe finito gli studi di fisica e sarebbe statopronto a cominciare la sua vita indipendente. Ci si poteva sposare a diciassette anni?

Alle sei del pomeriggio – « Dio, che viaggio faticoso» – arrivarono a Bovey -on-the-Moor– « Delizioso paesino» – e non appena ne uscirono, videro dei tendoni bianchi in lontananza.

« Guardate! È Bickland! Ci sono riusciti!» .« C’è un’insegna!» .C’era davvero: un’insegna di tutto rispetto, con la scritta “Fiera di campagna della Società

rurale dei latifondisti”, al lato della strada, con una grande freccia.Per quanto fossero tutti stanchi, cominciarono a sentirsi eccitati. Will ne aveva parlato per

settimane: della sua grande idea, di quanto fossero andate bene le prove nelNorthumberland; di quanto fosse una cosa seria, che avrebbe fatto finire la Società ruraledei latifondisti sulle mappe per sempre. C’era tanto da vedere e da fare. Cani da caccia,cani da pastore. Falchi, attrezzatura da pesca, tiro a segno agli uccelli di creta, e tanto altroancora. Il pranzo sotto un tendone. Il tè alla fragola. E i bambini avrebbero potuto vendere iprogrammi, se volevano; sarebbe stato divertente. Non restava che montare la tenda.

Flo aveva fatto del suo meglio per dimenticarsela. Mentre procedevano oltre diverse altreinsegne e attraversavano gli alti cancelli di ferro con una bandiera della Società rurale deilatifondisti in cima, continuò a tentare di dimenticarla. Sistemò la cartina nel cassetto delcruscotto – oh, grazie a Dio! – e sospirò profondamente.

« Che succede, mamma?»CHE SUCCEDE, MAMMA?« Niente» .« Che posto stupendo» , stava dicendo Will, in quel momento. « Lo vedete, bambini?

Sapevo che sarebbe stato meraviglioso dalla prima volta che l’ho visto» .Sbirciarono fuori dai finestrini, verso gli alberi coronati dalle loro chiome estive di un

verde scuro e intenso, verso la brughiera che scorreva accanto a loro, verso il fiume chescintillava mentre il sole volgeva al tramonto. Le tende bianche erano disseminate ovunque,e da lontano si intravedeva la Bickland Hall: mura di pietra grigia, alte finestre, un enormeportone. Un paio di Labrador neri stavano bevendo da una ciotola, all’esterno. Che stupore,immaginare di vivere lì!

« E c’è anche il campeggio!» .Flo chiuse gli occhi. Si diressero da quella parte, sobbalzando sull’erba.

« Avanti, Freddie, vecchio mio. Questo è un lavoro da uomini» . Dal bagagliaio uscì fuorila grossa tenda dell’esercito, chiusa nella sua sacca, insieme ai pali e ai picchetti. « Dov’è iltelone da mettere a terra?» . Lo trovarono, pieno di vecchia sabbia. « L’ultima volta che l’hotirata su, ero nel deserto» . E a quel punto, dal bagagliaio venne fuori anche la cassetta degliattrezzi.

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« Bea, tu e la mamma potete gonfiare i materassini. Forza e coraggio!» .Will e Freddie tirarono fuori la tenda dal suo contenitore e la allargarono sull’erba. Bea

soffiò nel tubo del materassino e li guardò armeggiare con le funi. Se Hugo fosse stato lì,avrebbe tirato su tutto in un attimo: era così pratico e intelligente! Bastava pensare al suometodo per lavare i piatti. E a tutto quel Meccano che aveva ancora in soffitta. Gru epulegge.

Infine, la tenda fu montata. Tutto intorno a loro, altra gente stava montando le proprietende, o cucinando la cena su fornelletti Primus. Il profumo di salsicce si spandeva nell’aria.I cani correvano in giro.

A distanza di sicurezza, Flo e Bea avevano soffiato nei materassini fin quasi a spomparsi,ma quelli se ne stavano ancora mezzi sgonfi sull’erba.

« Mamma, sul serio, non sono per niente gonfi» .« Lasciali perdere e aiutami con questo fornelletto» .Osservarono l’aggeggio, giocherellando perplesse con vari pezzetti di metallo.« Non lo accendete!» , ammonì Will, da dentro la tenda. « Lo accenderò io!» .Flo non aveva intenzione di accenderlo. Le sembrava terrificante.« Sto morendo di fame» .« Dov’è la merenda?» . Will uscì strisciando dalla tenda. Poi si alzò in piedi, un po’ troppo

rapidamente. Il palo della tenda lo centrò dritto in fronte.« Oh, dannato inferno!» .OH, DANNATO INFERNO.

Alla fine si sistemarono. « Finalmente, ho visto una promessa avverarsi» , commentò Will,sentendosi molto meglio, come del resto tutti gli altri, con un bel po’ di cibo caldo nellostomaco. « Non c’è niente di meglio di una buona frittura» .

Era andato fino alla costruzione per far sapere a sir John che era arrivato. E avevagonfiato i materassini. « Penso che così possa andare. Sì, ce lo faremo bastare» .Sembravano ancora un po’ molli. Bea e Flo erano andate a lavare i piatti ai lavandinicomuni, vicino ai gabinetti.

« Non si dice gabinetti. Si dice toilette» .« Lo so, lo so» . Alla fine, si erano tutti raggomitolati nei loro sacchi a pelo, svestendosi alla

luce di una lampada Tilley appesa al palo centrale della tenda.« Qualunque cosa accada» , affermò Will, spegnendola, « se piove, non toccate la tela» .Tutti allungarono immediatamente una mano a toccarla.« Perché?»« Perché farà entrare la pioggia nella tenda. Finché non la toccherete, saremo a posto» .Scivolò oltre Bea e Freddie, verso Flo. Si scambiarono tutti la buonanotte, al buio. Poi

rimasero sdraiati sui loro cuscini bitorzoluti, ad ascoltare gli altri campeggiatori cheridevano, ancora in piedi. Dopo un po’, si sentì soltanto Will che russava. Era un rumoreassordante, che riempiva completamente la tenda.

« Mamma! Non riuscirò mai a dormire!» .« Tappati le orecchie» .Quando si risvegliarono, era notte fonda. La pioggia batteva forte contro la tenda.« Ho toccato la tela!» .« Idiota» .

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La pioggia cominciò a scivolare all’interno, e non smise più.

Ma il giorno dopo, il cielo era di un azzurro pulito, e c’era il sole. « Grazie a Dio!» . Dopoaver consumato la colazione, più o meno uguale alla cena della sera prima, si avviarono tral’erba bagnata per raggiungere la fiera. Una lunga coda di veicoli si snodava già oltre icancelli. C’erano tante Land Rover. E poi tutto ebbe inizio.

Prima di tutto, si fermarono di fronte alla tenda della Società rurale dei latifondisti. JamesMarshall era già lì, con sir John e il segretario regionale del Devon, che Will aveva fattointervenire fin dall’inizio. Alec Anderson, davvero un brav’uomo. Ci fu un giro generale dipresentazioni.

« Mia moglie Flo, e i miei bambini, Bea e Freddie» .Seguirono sorrisi, strette di mano e gentilezze. « Non dite mai “Piacere di conoscerla”» ,

avevano spiegato i genitori ai bambini. « I grandi dicono: “Come va?”, e voi doveterispondere allo stesso modo: “Come va?”» . Lo fecero, ancora e poi ancora.

La tenda ospitava dei tavoli montati su cavalletti, pieni di volantini e locandine, con dietroragazze sorridenti che indossavano pantaloni da cavallerizza e fasce di velluto tra i capelli.

« Allora, chi vuole vendere i programmi?» .Bea si offrì di farlo. Le fu messa al collo una tracolla e le fu consegnata una scatola di

latta con degli spiccioli, che veniva chiamata cassa. Altre persone si erano messe in fila perfare quel lavoro, ma lei era la più giovane.

« Come te la cavi in matematica?» , le domandò con gentilezza sir John.« Non molto bene, temo» .« Non importa, sono sicuro che ce la farai» . Le sorrise, e lei fu certa che sarebbe andato

tutto bene. La cosa più divertente di quella faccenda era proprio sorridere alla gente edessere gentile. « Vuole un programma, signore?» « Signora, posso offrirle unprogramma?» .

Da quel momento in avanti, Will sarebbe stato occupato tutto il giorno. Li avrebbeincontrati a pranzo nella tenda dei rinfreschi.

« Divertitevi tutti, e ci rivediamo all’una, d’accordo? Non vi allontanate troppo. Statesempre vicini alla mamma, in modo che non vi perda di vista, va bene? Bea? Hai capito?Ah, ecco David Bone. David, vecchio mio! Vieni a conoscere la mia famiglia!» .

David Bone, l’impiegato dei Beni Culturali che era stato così d’aiuto fin dal principio, siavvicinò sorridendo. Era alto e snello e molto attraente, notò Flo, cosa che Will non avevamenzionato. Si strinsero la mano e si scambiarono di nuovo i soliti: « Come va?» . Era anchelui nel campeggio? No, si era sistemato in un grazioso bed & breakfast. Purtroppo, suamoglie si era ammalata proprio due giorni prima, altrimenti sarebbe stata lì anche lei,naturalmente.

« Vedo che sarai molto impegnata» , commentò, sorridendo a Bea con la sua vaschetta diprogrammi ben impilati.

« Posso offrirgliene uno?» , domandò lei, e tutti scoppiarono a ridere. Che c’era di tantobuffo? Comunque, David ne comprò subito uno, anche se Bea comprese, più tardi, cheovviamente ne aveva già avuto uno gratis.

« Molto bene, allora» , esclamò Will, mentre altra gente entrava nella tenda: possibilinuovi associati che cominciarono a prendere volantini e a chiedere informazioni. « Andatepure!» .

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E loro andarono, Bea con il suo vestito estivo e il cardigan leggero sulle spalle, e l’erbabagnata che le entrava nei sandali, e il suo vassoio di programmi ben dritto davanti a sé; Floe Freddie, anche loro con i piedi bagnati, che si tenevano per mano mentre curiosavano ingiro.

I piccioni d’argilla venivano lanciati in aria in fondo al terreno della fiera, accanto alpoligono di tiro. Il sole si stava levando nel cielo, l’erba cominciava ad asciugarsi e tuttierano di buon umore. Allungarono il collo per veder esplodere i piccioni d’argilla, eosservarono giovani fattori e allevatori che si allenavano a sparare, per poi fermarsi sullariva del bellissimo fiume, all’ombra, a guardare i pescatori che tiravano su dall’acqua delletrote boccheggianti.

Poi venne l’ora del pranzo, con altre lunghe file, e Will che non si vedeva da nessunaparte, finché finalmente non arrivò dicendo che stava andando tutto a meraviglia. La tendadella birra era lì accanto, piena di coltivatori, allevatori e proprietari terrieri ben vestiti,mentre i cani si affollavano ansimando sull’erba, all’esterno.

« Vi state divertendo?»« Sì, grazie, papà» .« Io ho venduto trenta programmi» .« Splendido. Hai messo al sicuro tutti i soldi? E tu, tesoro, come stai? Va tutto bene?» .Flo annuì. Non le sarebbe dispiaciuto riposare un po’ nella tenda senza nessuno intorno, ma

decise che finché il sole era alto, avrebbe resistito.« È tutto stupendo, caro. Ottimo lavoro» .« Vado a prendere altri programmi» , dichiarò Bea, pulendosi le labbra con un tovagliolo

di carta. “Non una salvietta!”.« Ciao» , la salutò David Bone, che era nella tenda della Società rurale dei latifondisti

quando lei vi entrò. « Come sta andando?»« Tutto bene, grazie» .« Ottimo. Che delizioso vestito» .« Grazie!» , esclamò lei, sorridendogli ampiamente.GRAZIE!Andò avanti così per tre giorni interi. Cani da caccia. Cani da pastore. Tiro con l’arco.

Falconeria. Furetti. La seconda sera, furono invitati nella sala grande per un aperitivo, allesei del pomeriggio. Tutti si cambiarono, indossando i loro vestiti non stirati più eleganti. Flomise il suo abito a righe bianche e rosse che aveva dai tempi di Melcote, ma si sarebbedovuta accontentare.

« Mia cara. Sei bellissima» .Lei si mise il rossetto e tirò fuori il profumo. L’odore umido all’interno della tenda divenne

all’istante celestiale.« Come si chiama?» , volle sapere Bea, annusandolo con voluttà.« Non devi mai dire a nessuno il nome del tuo profumo, tesoro. Altrimenti, ti copieranno» .

Con i piedi dalle unghie dipinte infilati in un paio di sandali aperti sul davanti, Flo si sentivapronta a tutto.

« Molto bene, dunque» . Will si fermò davanti all’ingresso della tenda, sciogliendone ilacci. Li legò di nuovo quando furono usciti tutti. « Andiamo!» .

All’interno, la casa era meravigliosa: un’ampia sala di pietra, una splendida scalinatadisseminata di ritratti. « Non è meglio della nostra» , sussurrò Will, mentre sembravano non

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finire più di salire. Il party era in un salone del primo piano, dove delle belle ragazze, nonpiù in pantaloni da cavallerizza, offrivano calici disposti su eleganti vassoi. Champagne! Earanciata per i bambini: Bea e Freddie erano gli unici. Rimasero in piedi a sorseggiareeducatamente le loro bevande, mentre sir John e Lady Helena si aggiravano con eleganzaper la sala e gli invitati salutavano Will, tra « Congratulazioni!» e « È riuscito perfino adavere la meglio sul tempo!» . Lui era raggiante, e sorrideva da un orecchio all’altro.

Flo lo seguiva da presso. Tutte le donne erano in abiti da sera, e il vestito a righe di Melcotesembrava improvvisamente inadeguato. I suoi sandali aperti, da cui spuntava qualche filod’erba, sembravano consumati e di seconda mano.

« E lei è la moglie di Will, giusto?» , continuava a ripetere la gente, e lei continuava arispondere di sì, sorridendo e domandandosi cosa dire. Sembrava che si conoscessero tutti, eFlo si sentiva la nuova arrivata, un pesce fuor d’acqua anche lì. Inoltre, sembrava chefossero gli unici della SRL a stare nel campeggio. Cercò di farlo sembrare divertente. Tentòdi sbattere le ciglia a uno o due degli uomini, i cui nomi aveva sentito ripetere per secoli –James Marshall, Roger Harlow della Commissione Forestale – ma le loro mogli si fecerovedere quasi subito. E alcune di loro, a quanto pareva, lavoravano: avevano governanti,gestivano attività. Facevano parte di comitati di vario genere.

Flo non aveva mai desiderato di far parte di un comitato in vita sua. Prese un altrobicchiere, ascoltò educatamente, sorseggiandolo, mentre parlavano di Beagle e di gruppi divolontariato e di protezione delle siepi. « Affascinante» , commentò. « Davveroaffascinante» . Dopo un po’, si rese conto che era ubriaca.

Furono serviti dei vassoi di vol-au-vent. Attraverso il brusio che riempiva la sala, si udironoi rintocchi severi di una pendola. Flo prese due vol-au-vent e cercò di contare i colpi.

« Erano otto oppure nove?» , domandò alla sala. Nessuno le rispose. Si girò per controllareBea e Freddie e rischiò di cadere, così si aggrappò al braccio più vicino.

« Va tutto bene?» .Era David Bone. Proprio lui, una persona così importante per Will, e lei stava per fare una

figura ignobile. Santo cielo, quanto era bello.« Sì, sto bene, grazie» , riuscì a mormorare, con una lieve e argentina risata. « Un party

meraviglioso. Temo di aver bevuto un sorso di troppo, tuttavia. E mi domandavo dovefossero i bambini» .

Si guardarono entrambi intorno. Lei dovette farlo con molta cautela. E poi li videro, inpiedi accanto a una delle alte bifore, mentre il sole ormai al tramonto accendeva di riflessi icapelli chiari di Bea e illuminava la migliore camicia bianca di Freddie.

« Sono due bambini meravigliosi» , affermò David Bone.« Sarà meglio che li porti a dormire, ora» .Ma non appena pronunciò quelle parole, e lui si fu girato per andare a parlare con

qualcuno degli ospiti importanti, Will tornò al suo fianco, affermando che sir John li avevainvitati a cena, loro e pochi altri, per qualcosa di semplice, ma davvero fantastico.

Flo chiuse gli occhi, sentendo la stanza rotearle intorno.« Non credo di potercela fare» , ammise a mezza voce, riaprendoli con estrema cautela.

Cenare e cercare di sembrare intelligente, in quella situazione? E per di più ubriaca?« Spiegagli che non mi sento bene» , soggiunse, e le tornarono in mente i giorni di Melcote,quando lui aveva dovuto ripeterlo molte volte.

La sua espressione si fece delusa. « Oh, tesoro, ti prego. È così importante, per me» .

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« Ma i bambini…» .David Bone era di nuovo con loro. « Adesso vado» , affermò. « Ottimo lavoro davvero,

Will» .E, prima che lei potesse dire nulla, Will gli chiese il favore di riaccompagnare i bambini

alla tenda, e disse che sarebbe stato davvero un aiuto prezioso, mentre già richiamava Bea euno stanchissimo Freddie. In un attimo, era già stato deciso tutto.

Attraversarono il prato immerso nell’ombra, in direzione del campeggio. I colombisvolazzavano verso i rami degli alberi, mentre il sole tramontava, e gli ultimi visitatoriuscivano in macchina dal parcheggio. L’aria era tiepida e immobile.

« Vi state divertendo?» , chiese loro David Bone, mentre uscivano dall’enorme portonedella casa, ritrovandosi nel cortile.

« Moltissimo, grazie» .Si fermarono ad accarezzare uno dei Labrador che si era alzato a salutarli, scodinzolando.

« Abbiamo un cane così, a casa» , raccontò lui, e poi continuarono a camminare, mentre loascoltavano parlare di quel cane, che si chiamava Giorgio Secondo. « Sono certo chepossiate immaginare perché» .

« E ha dei figli?» , domandò Bea, prendendo la mano che lui le tendeva, mentre una LandRover passava lentamente davanti a loro.

Due maschi, rispose lui, mentre le stringeva delicatamente la mano. « Vanno in collegio,proprio come Freddie. Ti piace la scuola, Freddie?»

« Sì, signore» . Freddie sbadigliò di nuovo. Di colpo si rese conto che non aveva fattosmorfie da quando erano lì.

E si ritrovarono di nuovo nel campeggio, con quel profumo delizioso di salsicce e fumoche si sollevava nell’aria, e poi rientrarono nella tenda che il papà aveva usato durante laguerra, come Bea raccontò a Mr Bone, e lui rise, lasciando andare la sua mano.

« Molto bene, vecchio mio» , disse poi a Freddie, aprendo il lembo di tela per farli entrare.« Sarà meglio che tu entri per primo, stanco come sei. Hai bisogno di aiuto? Hai il tuospazzolino?»

« Sono a posto, grazie» . Il bambino entrò nella tenda, perfettamente ordinata, come Willvoleva che la tenessero, proprio come se fossero nel dormitorio a scuola. Forse le smorfieerano andate via per sempre, ormai.

« Vuoi fare due passi con me, Bea? Intanto che Freddie si spoglia?»« Okay» . Aveva visto il fratello spogliarsi un milione di volte, ma forse non avrebbe

dovuto farlo, forse se si avevano due figli in collegio si sapeva esattamente come dovevanoandare queste cose.

« Torniamo subito!» , esclamò Mr Bone, rivolto alla tenda. Poi le tese la mano e lacondusse verso la riva del fiume, dove gli ultimi pescatori stavano raccogliendo le loro cose.« Qui è un po’ più fresco» , commentò lui. « Raccontami della scuola. In quale materiariesci meglio?» .

E lei gli parlò dell’inglese, che era la sua materia preferita, e di come le piacesse leggeredurante la ricreazione, ma non delle storie che si raccontava sempre.

« Intelligente, oltre che bella» , commentò lui, stringendole nuovamente la mano. L’ariafresca si levò dalla superficie scintillante del fiume, mentre l’ultimo dei pescatori risalival’argine. « Farai girare la testa ai ragazzi, quando sarai grande, lo sai?» .

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Bea non sapeva cosa dire. Le tornò in mente Hugo, ma la sua immagine svanì subito dopo.C’erano soltanto il fiume che scorreva placidamente e gli uccelli che battevano le ali tra irami degli alberi.

« Sarà meglio tornare indietro» , mormorò piano Mr Bone. E poi: « Posso darti il baciodella buonanotte?» .

POSSO DARTI IL BACIO DELLA BUONANOTTE?Quelle parole fluttuarono davanti a lei nell’aria ormai buia.Lui si piegò verso di lei, mentre la ragazzina sollevava il viso per ricevere un bacio sulla

guancia, come quelli che le davano ogni sera i suoi genitori. O che aveva ricevuto da Hugo,nel salutarlo. Ma Mr Bone non le posò un bacio sulla guancia. La attirò a sé e la baciò sullabocca, dove nessuno l’aveva mai baciata prima, e poi sembrò morderle le labbra, piuttostoforte, insinuando la lingua tra loro.

Di colpo, tutto finì. Lei si portò una mano alle labbra e lui scoppiò a ridere e mormorò:« Perdonami, Bea, ma sei irresistibile» . Poi la condusse lontano dalla riva, di nuovo verso ilcampeggio, mormorando: « Non dirlo a tuo padre, d’accordo. Fai la brava. Mi sono lasciatoandare per un attimo, laggiù» .

Lei non sapeva cosa pensare. Non era neanche certa di cosa fosse in realtà accaduto.Tornarono indietro, in mezzo alla gente che cucinava, giocava a palla o andava verso igabinetti. Le toilette. Adesso aveva bisogno di andarci anche lei.

« Buonanotte, Freddie!» , esclamò Mr Bone, dall’esterno della tenda, ma non ci fu risposta:quando sbirciarono all’interno, lo trovarono profondamente addormentato. « Buonanotte,Bea» , soggiunse lui, accarezzandole i capelli. Poi si girò e si allontanò, tornando a sembrarecome tutti gli altri adulti.

La mattina seguente, quando si svegliò, Flo era ancora addormentata e Will e Freddiestavano facendo bollire l’acqua sul fornelletto da campo. Lei restò sdraiata nel suo sacco apelo, sentendosi strana. Aveva il mal di pancia e si sentiva vagamente bagnata “lì sotto”,come aveva detto la zia Agnes, una volta che stava facendo il bagno a Wimbledon. Portòuna mano verso il basso, la ritirò e diede un’occhiata.

« Mamma» , bisbigliò, verso la forma addormentata. « Mamma!» .« Che c’è, adesso?»« Mi è venuta la maledizione» .

E ovviamente non c’erano A.I., come li chiamava Flo. Dovettero arrivare fino al tendonedel pronto soccorso per prenderli. L’infermiera della St John Ambulance diede a Beaun’aspirina e un sorso d’acqua, e poi lei e la mamma tornarono lentamente alla tenda,tenendosi per mano, e la mamma mise il pacchetto di A.I. nella sua valigia e Bea si sdraiòdi nuovo per un po’.

« Mi riposerò un po’ anch’io» , commentò Flo, sdraiandosi sul grande sacco a pelo a duepiazze. Si sentiva ancora confusa, dopo la sbronza della sera prima. « Povera cara» ,mormorò, lanciando uno sguardo a Bea. « Ti senti strana?»

« L’aspirina mi sta aiutando» . Restò sdraiata sul sacco a pelo, con il terreno duro sotto dilei. I materassini si erano sgonfiati del tutto. « Mamma?»

« Sì, tesoro» .« Mamma, non dirlo a papà, ma Mr Bone mi ha baciato» .

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MR BONE MI HA BACIATO.Ogni volta che ci pensava, si sentiva così strana. Provò a immaginare Hugo che la baciava

in quel modo. Le sarebbe piaciuto, allora? Ma a lui sicuramente no. Nessuna personaperbene si sarebbe mai sognata di mettere la lingua in bocca a qualcuno.

Tra loro calò il silenzio, poi Flo si mise seduta. « Che intendi?» .Bea cercò di spiegarsi. « Però non dirlo a papà» , ripeté ancora. « Mi ha chiesto

espressamente di non dirglielo. Lo sto dicendo soltanto a te» .« Tesoro…» , cominciò Flo, e poi si interruppe. « Penso che sia meglio se per il momento

te ne dimentichi» , affermò infine, mentre si sentiva girare la testa. « Ne parleremo un’altravolta. Adesso cerca di dormire un po’» .

E Bea si girò e si addormentò.

« Will» , mormorò Flo quella sera, quando entrambi i ragazzi si furono addormentati, eloro due si ritrovarono nel sacco a pelo a due piazze, scomodissimo, mentre lui sbadigliavaforsennatamente, esausto ma felice. « Will, devo dirti una cosa» .

E glielo disse.Will restò in silenzio, per la prima volta da giorni. E poi: « Quel vecchio pervertito» ,

ringhiò. « Ci parlerò io» .Pochi secondi più tardi stava russando.

La mattina dopo, il cielo era nuvolo e minacciava pioggia. Dovettero fare i bagagli esmontare la tenda velocemente, altrimenti si sarebbe scatenato l’inferno.

« La nostra ultima colazione all’aperto» , commentò Will, prendendo una fetta di panefritto.

« Grazie a Dio» , soggiunse Flo.« Ma è stato divertente, no?» , ribatté lui, guardandosi intorno. « A voi è piaciuto, ragazzi?»« Sì, grazie, papà» .« Molto bene, allora» . Sgranocchiò l’ultimo pezzo di crosta. « Forza, finiamo di caricare i

bagagli e andiamo da Fitz. Ai vostri posti!» .Ci volle un’ora perché caricassero tutto in macchina, e fu un miracolo che non si mettesse

a piovere.Will chiuse il bagagliaio. Le prime gocce pesanti iniziarono a cadere.« In macchina!» .Entrarono di corsa. Bea si rannicchiò in un angolo del sedile, osservando la pioggia.Freddie si sistemò accanto a lei. « Giochiamo a Io vedo?»Ci giocarono senza molto entusiasmo, mentre pioveva a catinelle e i tergicristalli si

muovevano avanti e indietro e Will raccontava la storia di quando Koly nos una volta erafinito nelle sabbie mobili. Ne era dovuto saltare fuori in tutta fretta. E aveva dovuto tirare etirare…

Arrivarono a casa di Fitz giusto in tempo per il tè, correndo sotto la pioggia perraggiungere la porta, dove lei li stava aspettando, proprio come Vivie.

« Ciao! Ciao! Willie! Come è andata?» .Ci furono baci e abbracci, e una tavola apparecchiata con dolcetti, marmellata di fragole

e grumosa crema Dorset. Eleanor versò il tè dalla grande teiera d’argento in delicate tazze

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di porcellana.« Raccontaci tutto» .E Will raccontò loro ogni cosa, mentre fuori la pioggia continuava a cadere sul giardino, e

Flo teneva d’occhio Bea, troppo pallida, e Freddie, che era affamato e stava prendendo unterzo dolcetto. Aveva messo su peso, quell’estate, era cresciuto. Grazie a Dio. Quanto a lei,non desiderava altro che lasciarsi sprofondare in un morbido letto pulito e dormire per unasettimana.

« Possiamo scendere a suonare il piano?»« Verrò a suonarlo con voi» , disse Fitz, alzandosi lentamente, e poi sedendosi di nuovo.

« Oh, la mia povera, vecchia schiena. Devo averla affaticata, ieri, potando le rose» .Will sbuffò, soffocando il verso in un colpo di tosse.

« Tesoro?» , esordì Flo, mentre si preparavano per la notte in una stanza da letto davverodeliziosa. « Davvero non avevamo tempo di tornare alla fattoria? I bambini ne sarebberostati così felici. E anche a me sarebbe piaciuto rivederla» .

Will si sfilò la camicia, facendola passare sopra la testa. « A dire il vero» , ammiselentamente, « mi avrebbe spezzato il cuore» .

Restarono da Fitz ed Eleanor per tre giorni, andando al Cobb quando tornò a splendere ilsole, per fare una nuotata o una gita in barca. Non era divertente come sulla sabbia diBournemouth: lì la spiaggia era fatta di duri ciottoli grigi. Will portò Freddie a pescare imaccarelli in una piccola barca che dondolò e beccheggiò per tutto il pomeriggio. Ilbambino non fece che vomitare dalla fiancata.

« Siamo stati sfortunati, vecchio mio» , commentò Will, quando infine tornarono a riva.Sollevò due grassi pesci scintillanti. « Questi li daremo a Fitz per la cena, eh?»

Freddie, per tutta risposta, si vomitò addosso.« Flo? Flo!» .

Altre canzoni da salotto, altri “Di-di-di-di fro-fronte alle anatre” a pieni polmoni. E altromiele a colazione e drink sul terrazzo. L’ultimo giorno, ripartirono la mattina presto.

« In macchina!» .Li salutarono a lungo, agitando le mani.« Bene. Hai la cartina?»« Quando andiamo a prendere Snowy?» .

Il telefono stava squillando, quando infine arrivarono a destinazione e rientraronostancamente in casa.

« Rispondo io» , disse Will, entrando nella sala da pranzo.Ne uscì dopo qualche minuto, con un’espressione in qualche modo diversa.« Era Agnes. Il povero vecchio Neville è morto» .

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5« Mio zio è morto durante le vacanze» , raccontò Bea nello spogliatoio, fissando le sue

nuove scarpe con i lacci. Quella storia la faceva sembrare importante? Gli zii eranoimportanti? Non ricordava molto dello zio Neville, a parte il fatto che aveva spento il fuocoche stava bruciando la coda a Tinkerbell, e che sembrava sempre malaticcio. Ma lui e la ziaAgnes si erano amati tanto, e ora lei era tutta sola.

« Mi spiace tanto» , disse Fiona Barton, sedendosi sulla panca e infilandosi le scarpe daginnastica. « Sei stata al suo fune-rale?» .

Bea scosse la testa. Non era mai stata a un funerale: i bambini non ci andavano. Will ciera andato da solo, proprio come era andato al loro matrimonio. Flo era rimasta a casa perbadare a lei e a Freddie, al tempo, ed era dovuta rimanere con loro anche questa volta.Comunque, a lei non piaceva molto la zia Agnes, questo si sapeva. Non ci sarebbe volutaandare comunque.

« Io sono stata al funerale di mio nonno» , raccontò Fiona, mentre entravano in palestra.« Ho visto la bara» .

« Oh, cielo» .E poi Miss Billington cominciò a soffiare nel suo fischietto, le ragazze corsero a sedersi sui

tappetini, e la ginnastica cominciò.

Povera Agnes. Poveretta. Stando accanto a lei al funerale e ascoltando la sua vocetremante che cantava coraggiosamente gli inni, Will si era sentito più triste di quanto non sisentisse da anni. Gli erano tornati in mente il funerale di sua madre, e il Norfolk, e tutte lelacrime e le incertezze di quella povera ragazza. Non aveva avuto una bella vita, a pensarcisu.

Tornati a casa, mentre la aiutava con lo sherry e parlava con il vicario, con Brian, ilfratello di Neville, che aveva visto l’ultima volta al matrimonio, con Jean, la sua graziosamoglie, e con il gruppetto di amici che si erano riuniti in chiesa, capì che Neville l’avevasalvata. Eccolo lì, in posa in quella foto, seduto sul bordo della scrivania che un tempo erastata della loro madre, con il suo sorriso gentile. Cosa ne sarebbe stato di Agnes, adesso?

« Non preoccuparti, sorellina, io ci sarò sempre per te» , la rassicurò quella sera, quandoBrian e Jean furono ripartiti per Chichester e loro due si ritrovarono ai due lati delcaminetto, con il gatto accucciato nel focolare in mezzo a loro. Perlomeno c’era il gatto.

« Lo so, Willie» .Era seduta nella poltrona di Neville, senza sferruzzare o cucire. Se ne stava

semplicemente seduta lì, pallida in volto. E smagrita. Aveva perso tantissimo peso, peraccudire il povero Neville fino alla fine.

« Hai qualche idea per il futuro?» . Quelle parole suonarono imbarazzanti perfino a lui,quando le pronunciò.

Mentre Bea tornava da scuola, profondamente concentrata su una delle sue storie,accadde qualcosa. Stava camminando come al solito, immaginando di essere nella fattoriacoperta d’edera, in mezzo ai campi spogli per l’inverno, quando improvvisamente si rese

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conto di non essere più lì. Né nella fattoria, né a Rushbook Road, né in qualsiasi altro luogo.Tutto divenne vuoto.

Si fermò, sentendo il proprio respiro affannato. E poi tutto finì: era tornata. Che strano.Una o due macchine la superarono, un treno passò sferragliando verso Redstone. Era tutto

normale. Bea scosse la testa. Quando raggiunse l’incrocio con Croydon Road, aveva giàdimenticato quell’episodio.

Sinistra, destra, sinistra: la strada era molto trafficata, e lei guardava sempre bene in ognidirezione, prima di attraversarla. Non c’era nessuno, così attraversò correndo. A Snowy nonera permesso uscire in strada, mai, per sicurezza. Lei aprì il cancello del giardino e suonòtre volte il campanello. Poi lo suonò ancora. Infine, Flo le aprì.

« Scusami, tesoro, stavo riposando. Come è andata oggi?» .

Il primo semestre era sempre il peggiore, perché si cominciava una nuova classe e tutti siaspettavano che gli alunni ricordassero quello che avevano imparato l’anno prima.Ovviamente, se non si superavano gli esami di fine anno, si ripeteva la classe precedente,cosa che era successa a Bell Minor, ed era davvero una cosa terribile, ma fino a quelmomento, Freddie se l’era cavata. Adesso era al sesto anno. Gli mancavano soltanto dueanni, era quasi uno degli anziani, anche se ancora non era un capoclasse. Si potevadiventare prefetti soltanto all’ultimo anno.

I nuovi arrivati sembravano tutti piccoli, adesso, quando si presentavano a colazione congli occhi rossi. Ricordava bene di aver pianto anche lui così. Adesso lo faceva soltantoquando era a casa. Cercava di evitarlo, ma quando si avvicinava l’inizio del semestre, nonriusciva a farne a meno, mentre era a letto e contava i giorni rimasti.

« Mamma? Mamma, puoi venire?» .Lentamente, lei saliva le scale per raggiungere la sua stanza.« Cosa c’è, tesoro?»« Non voglio tornare in collegio» . Cominciava a piangere. « Davvero, non voglio» .E poi scoppiava in singhiozzi, con la porta chiusa e le braccia di sua madre intorno a lui.

Andava avanti così per notti e notti.

Bea parlava a bassa voce all’uccellino, mentre Freddie singhiozzava accanto a lei.« Che posso fare?» , gli chiedeva. « Che posso fare?» .CHE POSSO FARE?L’uccellino non lo sapeva. Se ne stava appollaiato sul suo ramo, ad ascoltare. Lei saliva in

camera. I singhiozzi continuavano senza sosta.

Will aveva letto la sua pagella all’inizio delle vacanze. « Ascolta, Freddie. “Sta lavorandomolto bene, sembra molto meno ansioso e contribuisce validamente alla sua formazione”.Se Lansdowne ha detto questo, vuol dire che lo pensa» . Si era frugato in una tasca e avevatirato fuori mezza corona. « Ottimo lavoro, vecchio mio. Davvero fantastico» .

Freddie aveva fatto una smorfia. Non era proprio riuscito a trattenersi, aprendo la boccafino a stirare le labbra e strizzando gli occhi. Aveva allungato le dita al massimo, per poistringerle apugno.

« Oh, non ricominciare» .

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« Scusa» .La mamma diceva che si trattava di un tic nervoso, e che crescendo sarebbe sparito. Ma

quando? La cosa più importante era non farlo a scuola. Non appena capiva che stava perfarlo, per esempio prima di un esame, o quando si sentiva semplicemente spaventato,serrava le labbra e le copriva con una mano.

« Togli quella mano dalla bocca, Sutherland, non stai nascondendo niente là dentro,vero?»

Gli altri scoppiavano a ridere.« No, signore» .La brezza autunnale soffiava attraverso i campi. C’erano gli elenchi delle partite con tutte

le altre scuole affissi nell’atrio, come sempre: la cosa migliore di quelle occasioni era il tèche veniva servito quando finivano. La maggior parte delle volte, restava comunqueaffamato. I nuovi gli sciamavano intorno. Li avrebbe messi in guardia da Mr Ward.

Per molto tempo non era riuscito a guardare Mr Ward, nell’aula di geografia, sebbeneadorasse le carte geografiche e imparare i nomi delle capitali, dei fiumi e dei mari. Glipiaceva scoprire le attività produttive delle varie nazioni, e le varie vie commerciali.Quando avevano studiato l’India, con le sue coltivazioni di cotone, tè e zucchero, gli eravenuta in mente casa, insieme a tutte le storie dei suoi genitori. Aveva immaginato lagiungla, con le scimmie schiamazzanti e il canto degli uccelli, e la tigre di Tulsipore cheusciva di notte per bere nel nullah alla luce della luna, e suo padre su un albero, silenzioso eattento.

Aveva visto i vecchi corvi antipatici in ogni città, Lucknow, Delhi, Calcutta, Bombay, e liconosceva tutti, sapeva esattamente dove si trovavano. Era stato il migliore, nella verificasull’India, molto più degli altri.

Mamma, papà, indovinate un po’?Un’altra cosa piacevole di quel semestre era stata che, una volta che si era abituato alla

nuova classe e alle materie più difficili, aveva trovato un bel gruppo di amici. E la cosabuffa era stata che Collins era diventato il suo migliore amico, quando all’inizio si eracomportato così male con lui, tormentandolo nel dormitorio e rubandogli il cuscino quandopiangeva. Nei voti, tra loro era un testa a testa: lui era più bravo in geografia e francese,mentre Collins se la cavava meglio in matematica e in latino, ma alla fine erano più o menoalla pari. Erano entrambi nella seconda squadra di cricket, e sapevano che non sarebberomai stati in prima. Era stato Collins ad accompagnarlo dalla direttrice quando Mr Wells loaveva picchiato con la sua Bibbia, e gli aveva chiesto come stava quando era uscitodall’infermeria.

Ma, soprattutto, entrambi adoravano Rupert. Entrambi ricevettero un annuario, a Natale.Quando fecero un giro in cortile, durante la ricreazione – « Sutherland! Via le mani dalle

tasche!» – parlarono di Nutwood e di tutti gli amici di Rupert, e delle loro avventurepreferite. Alcune erano così divertenti!

« Rupert e la Noce!» .« Davvero» , disse Freddie, proprio come avrebbe detto la mamma.La campanella suonò, e lui e Collins tornarono indietro, seguendo tutti gli altri studenti che

sciamavano nelle classi.« Ci vediamo all’ora di pranzo» .« A dopo, Sutherland» .

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Ovviamente, adesso aveva diversi amici sul treno, dopo tutto quel tempo. Robert Pike, unavvocato, Andrew Hall, un contabile. Come ripeteva sempre Flo, erano gli unici mestieriche si facevano e che si sarebbero sempre fatti a Ry ehurst. Comunque, erano moltosimpatici, ma in realtà erano le ragazze a rendere il viaggio davvero piacevole. Erano tuttesegretarie, per quello che ne sapeva, tutte allegre e tutte simpatiche. E anche carine, per lamaggior parte.

Quando saliva sulla pensilina, la mattina, erano tutte lì a salutare, e quando il treno perRedstone si accostava alla banchina, lui si affrettava a salire e a occupare unoscompartimento tutto per loro. Era diventato una specie di scherzo.

« Bravo, Sutherland!» .Quando il treno arrivava a Victoria, e tutti scendevano, lui si sentiva decisamente di buon

umore, negli ultimi tempi. Le cose erano migliorate, questo era certo, e lui si eraambientato in ufficio, e a volte gli sembrava di aver lavorato lì da sempre. Naturalmente,fare il pendolare era davvero stancante. Tornando a casa, di solito si addormentava, ecomunque crollava subito dopo cena; un paio di volte si domandò se non fosse il caso difarsi visitare da un medico: non diventava più giovane, man mano che passava il tempo, ela pressione gli saliva ancora, ogni tanto, se ne rendeva conto.

Ma tutto sommato, tra i ragazzi ben ambientati a scuola, Bea alla Dolphin House e Fitz chedava di nuovo una mano con le bollette, e Flo in vacanza, le cose non andavano affattomale.

L’unica faccenda che non aveva affrontato era stata quella di David Bone.In qualche modo… proprio come con quel miserabile di Ward, in qualche modo non ci

era riuscito.

“E ora?”, si domandò Flo, mentre un altro giorno cominciava. Freddie era di nuovo incollegio, povero piccolo. Will era al lavoro, e non c’era niente che lei potesse dirgli perconvincerlo a portare via il figlio da quella scuola.

« Proprio ora che comincia ad andare così bene? Non essere ridicola, tesoro» .Bea era a scuola, e quando era a casa non faceva che leggere.E ora?Le lettere si sparsero sul tappeto. Ancora avvolta nella sua vestaglia morbida e azzurra, lei

si piegò a raccoglierle. Una era di Vivie, deliziosa. Parlava solo di Hugo e di Bristol, adesso.Le altre erano pubblicità: la Fiera Autunnale del Partito Conservatore, un volantino dellaCroce Rossa. La rivista della parrocchia. Gettò tutto nel vecchio baule di legno di quercia.Agnes le mandava la rivista della parrocchia, lo aveva detto a Will durante la lorotelefonata domenicale. Pensava di dedicarsi a una mensa dei poveri. « Devo tenermioccupata!» . Flo cercava di non pensare a lei, alla sua nuova vita da vedova, a quellefastidiose telefonate.

« Pensi che potremo invitarla a Natale?» .Avrebbero dovuto, sì. Ma non riusciva a sopportare quell’idea.Stilò la lista della spesa, andò in giro per la città in bicicletta e fece i suoi acquisti. Poi tornò

a casa e mise tutto via: il merluzzo di MacFisheries, le verdure in scatola, la crème caramelche faceva Green’s e che tutti adoravano. Green’s le stava salvando la vita. Dei biscotti datè per Bea, che era sempre affamata quando tornava da scuola. E un nuovo taccuino presoda Woollies, per tenere d’occhio il lattaio.

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Si preparò una tazza di caffè e la portò nello studio. Snowy fece capolino dalla porta.« Ciao, tesoro» . Batté il palmo della mano sul cuscino del divano. « Vieni qui» .Il gatto saltò su e lei sorseggiò il caffè, cercando di ricordare quante bottiglie di latte

avevano ricevuto il giorno prima. Prese la penna e scrisse « Martedì» sul taccuino.Qualcosa si agitò, dentro di lei. Controllava i lattai da sempre, anche a Melcote, quando le

cince andavano a beccare i tappi di alluminio per bere la panna, perciò perché quel giorno,in quel momento, scrivere « Martedì» le aveva messo addosso quella strana sensazione?

Flo si appoggiò allo schienale del divano e fissò lo scrittoio. Tutti i suoi vecchi quaderni,tutti i suoi vecchi taccuini erano lì, tenuti insieme da un nastro. Non li guardava da anni, nonli aveva più sfogliati da quel terribile periodo. Quando aveva traslocato lì, si era limitata aficcarli tutti dentro il cassetto centrale, chiudendolo a chiave.

Ora si alzò e andò ad aprirlo.

« Mamma? Mamma, possiamo mettere da parte i tappi delle bottiglie di latte per i caniguida? Li stanno raccogliendo a scuola. Cento tappi valgono una sterlina!» .

« D’accordo, tesoro. Cercherò di ricordarmelo» .Snowy era disteso sulla vecchia pelle di pantera. Era lungo poco meno di un metro, dalla

punta del naso alla punta della coda: Freddie l’aveva misurato.« E, mamma, continuo a dimenticarmi di dirtelo. A volte mi capitano delle cose strane» .Flo posò la tazza di tè e guardò la figlia.« Che tipo di cose strane?»« Non lo so di preciso. Me ne è capitata una oggi, all’ora di pranzo. L’attimo prima è tutto

normale, e quello successivo è come se fossi sparita. Tutto diventa vuoto» .TUTTO DIVENTA VUOTO.« Vuoto? Non nero?»« No, vuoto, credo. E poi torno» .E POI TORNO.Flo scosse la testa. Prima Freddie con i suoi tic. E ora questo.« Probabilmente è perché ti è cominciata la maledizione» , rispose infine. « Tutto tende a

cambiare, a quel punto» .« Presto mi servirà un reggiseno» .« Infatti. Sarà meglio che ti prenda le misure. Potremmo andare a fare un po’ di acquisti

insieme, che ne dici?» .Bea annuì, prendendo un altro pasticcino dal vassoio. « Cosa hai fatto, oggi, mamma?»« Ho comprato un quaderno nuovo» , rispose Flo.Era di un rosso brillante. Non vedeva l’ora di cominciarlo.

« A volte, non sono davvero qui. Pensi che sia strano?» , chiese Bea all’uccellino sul ramo,quella mattina.

« Diventa tutto vuoto» , continuò. « È come se qualcosa si cancellasse, nella mia testa.L’ho raccontato a mia madre, ma lei dice che passerà, crescendo. Lo dice sempre ditutto» .

L’uccellino la guardò, con quella sua aria pensierosa.« Forse sono soltanto stanca» , commentò. « Come mia madre. Lei è sempre stanca» .LEI È SEMPRE STANCA.

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Mr Lansdowne aveva i suoi favoriti, tutti lo sapevano. Ce n’erano uno o due in ogni classe:ragazzi con cui scherzava, o che provocava, o a cui dava il massimo dei voti in latino, ognitanto, anche se non erano perfetti. Quando tutti gli insegnanti uscivano dalla cappella, ognimattina, con Mr Campbell-Davies, il preside, davanti a tutti, seguito da Mr Lansdowne, cosìalto e bello con i suoi capelli e i suoi baffi candidi, ammiccava o sorrideva sempre, mentrel’organo suonava e tutti si alzavano in piedi: a Winterton, che era capoclasse, ora, ed erasempre stato tra i suoi preferiti; a Mortimer, del penultimo anno, che aveva i capelli ricci edera un asso del cricket; e anche a qualcuno dei più piccoli. Quell’anno, sembrava averpuntato uno sgobbone di nome Finch.

« Buongiorno, Finch! Come andiamo?»« Molto bene, signore, grazie» .Talvolta ai favoriti venivano assegnati compiti speciali: spazzare il pavimento della classe,

pulire gli spogliatoi, e qualche caramella in più la domenica, quando venivano distribuite. Avolte avevano il privilegio di essere invitati nella stanza di Mr Lansdowne per un tè.Naturalmente, non succedeva niente, in quel caso, non certo come con Mr Ward, c’eranosoltanto panini tostati accanto al fuoco, ma in verità Mr Lansdowne infliggeva anche le suepunizioni, lì dentro. Quindi, chi ci andava era sempre nervoso, anche se era un favorito.Freddie lo sapeva, perché quell’anno il favorito nella sua classe era Collins. Prima era statoRichardson, ma ora era Collins.

Il fatto era che Collins era davvero bello. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, ed eraalto e slanciato. In più, il suo sorriso era molto piacevole. Sapeva anche essere moltosimpatico: a volte li faceva piegare in due dalle risate. Ed era un ottimo studente; magarinon era il massimo in tutte le materie, ma era molto affidabile, o per lo meno era questoche aveva detto Mr Campbell-Davies l’anno prima, nel Giorno dei Premi, mentre gliassegnava la coppa del Miglior Studente Completo. Era facile immaginare perché piacevaa tutti gli insegnanti, e naturalmente a Mr Ward era piaciuto molto, sebbene Collins fossesempre riuscito a evitare di tornare nel suo cottage al campus.

« Mi scusi, signore, ho dei compiti arretrati. Mi scusi, signore, ho gli allenamenti di cricket.Grazie mille, signore, ma temo di non potere» .

Dopo un po’, Mr Ward si era arreso. Del resto, adesso aveva un nuovo gruppo tra cuiscegliere.

Fu poco dopo l’inizio della scuola che arrivò la punizione peggiore. E la cosa più terribile fuche capitò a Collins.

Ormai si erano tutti praticamente abituati alla nuova classe: i nervi dell’inizio del semestresi erano calmati, e non ci sarebbero state verifiche fino a metà del periodo. In latino stavanostudiando il congiuntivo e il piuccheperfetto e quel giorno Mr Lansdowne sembrava diottimo umore.

« Buongiorno, classe» .« Buongiorno, Mr Lansdowne» .« Avete avuto una buona colazione?» .Il fatto era che poteva essere la persona più gentile del mondo. Le madri pensavano tutte

che fosse meraviglioso, e a casa il papà diceva sempre che era un brav’uomo.Ammiccava, raccontava aneddoti divertenti, e i suoi baffoni bianchi facevano pensare aqualche animale pacifico. Tutti sapevano che le sue punizioni erano severe, ma dopo

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stringeva sempre la mano all’alunno e si comportava gentilmente.« Non lo facciamo succedere più, d’accordo, Sutherland?»« No, signore» . Lui aveva inghiottito le lacrime, si era girato ed era uscito, tenendo le

spalle dritte. Era successo l’anno prima, dopo che aveva sbagliato due verifiche di fila, e daallora non aveva più ricevuto punizioni da lui, anzi, se la stava cavando piuttosto bene, ingenerale, a evitare le punizioni.

Soltanto quella scarpa da ginnastica, fino a quel momento, da parte di Mr Mosley .Ora Mr Lansdowne era alla lavagna e stava scrivendo il congiuntivo attivo di audire,

ovvero “sentire”.« Notate la doppia esse, ragazzi» . Il gesso scricchiolava mentre lui scriveva audivissem,

audivisses, e tutto il resto, e sibilò leggermente nel dire « doppia esse» , in modo che loro loricordassero. Sembrò un po’ un serpente.

E Collins, che quando voleva sapeva essere il buffone della classe, fu preso da qualcosa.Tutti erano di buon umore, e lui unì le mani e fece un movimento serpentino. Ballanty neridacchiò.

« Smettetela» . Mr Lansdowne non si girò neanche, si spostò appena lungo la lavagna, e ilserpente di Collins si voltò e lo seguì. Fisher soffocò a stento una risata. « Serpentello» ,sussurrò Collins, e si portarono tutti le mani alla bocca. Era quel genere di risatine che non siriusciva più a far smettere, una volta cominciate. Freddie si sentiva avvampare in viso. MrLansdowne si spostò sulla sinistra: e così fece anche il Serpentello. Poi tornò a destra… enella stessa direzione si mosse il Serpentello, con la testa che andava su e giù e la lingua difuori, pronta a sibilare. Harrisesplose.

Mr Lansdowne si girò di scatto. La lingua di Collins tornò tra le labbra veloce come ilfulmine, ma non abbastanza. Gli occhi dell’insegnante si strinsero, proprio come quelli di unserpente, avrebbe considerato Freddie molto tempo dopo… ma ora era a stento in grado diformulare il seppur minimo pensiero. Tutti si gelarono.

« Ti stai prendendo gioco di me, Collins?»« No, signore» . Arrossì fino alla radice dei suoi lisci capelli biondi.« Io invece penso di sì» . L’insegnante scese dalla pedana, con lo sguardo molto scuro.

« Mi deludi molto, Collins. Pensavo che fossi migliore degli altri. Sembra invece che tu siaun ragazzo molto maleducato» .

« Signore, io…» .« Basta così! Tirare fuori la lingua? Come osi?» .Tutti rimasero seduti rigidi e dritti come fusi. Freddie sentì il cuore cominciare a pulsare

forte nel petto. Sapeva che stava per fare una smorfia, ne era certo: sentiva ogni muscolodella bocca caricarsi, pronto a tendersi come in un urlo silenzioso, e serrò forte le labbra,così forte da affondarvi quasi i denti.

« Verrai nella mia stanza alle cinque in punto di questo pomeriggio. E ci sarete anchevoialtri, siamo intesi? Adesso copiate quello che ho scritto. Non voglio sentire un’altraparola» .

Le foglie stormivano fuori dalla finestra. Dal viale venne il rumore delle casse di latte peril pranzo che venivano scaricate e portate dentro, tintinnando. Le penne picchiettarono suicalamai. E quei suoni sembrarono assordanti, nel silenzio della stanza.

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Raramente una giornata era sembrata così lunga. Tutti continuavano a sbirciare versoCollins, che era pallido e silenzioso, anche se continuava a ripetere che sarebbe andato tuttobene, e che Lansdowne si sarebbe probabilmente calmato, dopo il tè. Alle cinque menocinque, esonerati dai compiti da Mr Whistler su richiesta di Mr Lansdowne, tutti gli alunnidella classe attraversarono in fila il corridoio e scesero le scale. « Buona fortuna, Collins» ,sussurrò Richardson, vice capoclasse, ora, e poi lui bussò alla porta.

« Avanti» .All’interno, Mr Lansdowne era in piedi davanti al focolare, con il bastone in mano. Tutto

sembrava piacevole, lì dentro: le poltrone, le stampe con scene di caccia appese alle pareti,la scrivania piena di libri e compiti da correggere. Mr Lansdowne non sembrava affatto dibuon umore, però. Freddie deglutì.

« Chiudi la porta, Ballanty ne» .Il battente si chiuse con un orribile scatto.Poi tutti furono fatti sistemare in cerchio nella stanza, che non era molto grande, tanto che

si ritrovarono stretti l’uno all’altro, e ogni alunno poté sentire il palmo sudato della mano dichi gli era accanto. In qualche modo, tutti sapevano che sarebbe statobrutto.

« Lì, Collins» , ordinò Mr Lansdowne a bassa voce, indicando un punto del tappeto. Collinsobbedì, pallido come un cencio. « Assumi la posizione» . Lui obbedì di nuovo, piegandosi inavanti. Tutti gli avevano suggerito di prendere qualche giornale in cucina e infilarselo neipantaloni, ma Collins aveva detto che il vecchio Lansdowne se ne sarebbe accorto e chesarebbe finito ancora di più nei guai. Ora lo videro serrare le labbra e stringere le ditacontro le ginocchia.

Poi Mr Lansdowne avanzò lentamente verso l’altro lato della stanza, passandosi il bastonelungo il palmo della mano e piegandolo. Frustò l’aria, facendolo fischiare. Poi si girò. Ecorse.

Corse contro Collins, con il bastone sollevato in alto, e poi, con un terribile fischio, loabbatté su di lui così forte da farlo urlare. Non fu un grido o uno strillo, ma un vero e propriourlo, e Freddie chiuse gli occhi. Strinse i pugni per evitare a tutti i costi di fare la smorfia chesentiva di non riuscire a trattenere. Poté sentire Mr Lansdowne tornare di corsa dall’altraparte della stanza, riaprì gli occhi, lo vide girarsi e tornare addosso a Collins. Era teso, sudatoe terribile, e nessuno in quel momento osava guardarlo. Il bastone calò di nuovo, e Collinsurlò ancora più forte. Accadde altre quattro volte. Poi tutto finì.

Non c’era un solo alunno che non stesse tremando. Collins era in ginocchio, e quasi crollòa terra, continuando a urlare. Mr Lansdowne aveva la fronte madida di sudore e tremavadalla testa ai piedi.

« Potete andare» .La sua voce risultò quasi inudibile, al di sopra delle orribili urla che Collins continuava a

lasciarsi sfuggire. Freddie lo vide accasciarsi sul pavimento, singhiozzandoincontrollabilmente. Vide Mr Lansdowne fissare lo sguardo su di lui, sudando, tremando eansimando in un modo orribile, perché, Freddie se ne rese conto di colpo, quelli erano segniinequivocabili di eccitazione. Quella situazione gli piaceva, lo faceva godere. Gli piacevapicchiare gli studenti, e in particolar modo Collins. Ripose il bastone accanto al fuoco, con lemani che ancora tremavano.

« Ho detto che potete andare» .

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Freddie e Richardson raggiunsero Collins per aiutarlo a rialzarsi. Nessuno aveva maipianto così, in tutto il tempo che erano stati in quella scuola. Non riusciva più a smettere. Glipassarono le braccia intorno alle spalle e lo aiutarono a uscire dalla stanza, con tutti gli altriche li seguirono in fila.

« Povero Collins, povero Collins» .All’esterno, tutti mormorarono quelle parole, più e più volte. Le grida e i singhiozzi erano

terribili, incontrollabili, isterici, in un orribile miscuglio di lacrime, muco e sudore. Qualcheporta cominciò ad aprirsi. La direttrice comparve in cima alle scale, Mr Whistler uscìdall’aula studio e aggrottò la fronte. Lui era giovane, era lì da poco. Si diceva che uscissecon Miss Young, la vice direttrice.

« Che succede?»« Signore, signore, Mr Lansdowne, signore…» .« Portategli un bicchiere d’acqua» . Mr Whistler passò un braccio intorno alle spalle di

Collins e lo condusse alla panca all’esterno dell’aula studio. « Siediti, figliolo, è tutto finito» .Collins si sedette e poi saltò su di nuovo, urlando. Poi videro il sangue.« Signora direttrice!» .Lei scese di corsa, accompagnando Collins su per le scale, ancora piangente.Poi tutti entrarono nell’aula studio.

Miranda Marshall non era mai voluta andare in India, ma quando capitò l’occasione, allafine della guerra, ne fu entusiasta! Il suo cuore era stato spezzato da un’appassionata storiad’amore, e ora finalmente poteva ricominciare…

Flo sedeva alla scrivania, e scriveva fluidamente e senza sforzo. Questa volta potevaconcentrarsi, questa volta ce l’avrebbe fatta. Due giorni prima si era sentita così nervosa dacredere di non esserne più in grado.

Dopo tutti quegli anni, come poteva sperare di ricominciare? Aveva sfogliato i vecchiquaderni portati da Melcote, tutti i suoi diari del Devon. Come era riuscita a scrivere unasola parola, allora, con le galline che giravano per la cucina e i bambini sempre acombinare guai, e Will e Mike che avevano bisogno di un buon pasto sostanzioso due volte algiorno? Si era quasi persa, a rileggere tutto. Cielo, se erano stati felici: a volte fin troppoimpegnati e stanchi, ma felici. Finché Will non aveva avuto problemi di pressione,ovviamente.

Quando aveva riletto il romanzo, le aveva dato sensazioni orribili.“Non posso farlo, non posso farlo!”.Quello era stato l’inizio. Il momento peggiore. Non ne parlavano mai, adesso, e lei non ci

pensava quasi più, in realtà.Ma adesso… se avesse ricominciato a scrivere, sarebbe tutto tornato a galla?Aveva chiuso i quaderni e lo scrittoio ed era andata a preparare il tè. Bea sarebbe tornata

a casa da un momento all’altro; forse era meglio lasciar perdere.Ma quel giorno, quella mattina, quando aveva pensato “ci proverò solo una volta”, era

andato tutto a meraviglia. L’inizio era migliore, se ne era resa conto all’istante, e i ricordidell’India le erano tornati in mente come un fiume in piena: li stava praticamente vivendo.

Il caldo era intenso: non aveva mai provato nulla di simile. E i rumori! Mentre si

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allontanavano dal porto di Bombay, con tutte le sue alte e verdi palme, poterono sentiregente che gridava, clacson che risuonavano nel traffico intenso, camion dell’esercito chesferragliavano, e le urla dei mercanti nel bazaar…

Le macchine passavano su Croydon Road. L’orologio sulla cappa del camino batté l’una.Santo cielo, era già passata l’intera mattinata?

« E cosa hai fatto stamattina, cara?» . Will le passò il piatto per farselo riempire di nuovo.Fuori pioveva forte, ma in casa si stava bene, con il carbone che scoppiettava nella stufaRay burn, le tende di tela leggera tirate e The Archers ormai finito.

« Be’, a dire il vero» , rispose Flo, sentendosi meglio di quanto non si fosse sentita per anni,« ho scritto un po’» .

Lui aggrottò la fronte. « Sicura che sia una buona idea?»« È stato piacevole, davvero» . Raccolse le ultime cucchiaiate di pasticcio dalla teglia.

« Mi sono divertita molto» .« Perché non dovrebbe essere una buona idea?» , intervenne Bea, inclinando leggermente

il piatto per finire il sugo.« Inclina sempre il piatto verso l’esterno, tesoro» .« Perché?»« Non stare sempre a discutere su tutto!» , scattò Will, e lei deglutì. Stava per scatenarsi un

litigio, se lo sentiva.« Comunque» , riprese allegramente Flo, « ho fatto la crème caramel» .Ma se di solito Will avrebbe risposto con un “Oh, mia cara” o un “Fantastico”, questa volta

restò in silenzio. Bea aiutò la mamma a portare via i piatti sporchi.« Perché è arrabbiato?» , sussurrò, nel tinello.Flo scosse il capo. « Non è arrabbiato. Non preoccuparti» .Le diede le scodelle per il dolce e prese la crème caramel che ondeggiava nel suo

contenitore. Si udirono un improvviso stridio di freni, dalla strada, e poi un terribile strillo.« Che diavolo è stato?» .Portarono tutto in cucina.E poi: « Dov’è Snowy ?» .Tutti andarono a controllare. Non era nella sua cesta. Bea corse in salotto. Non era

accanto al fuoco. Attraversò di slancio il corridoio, spalancando la porta sull’esterno, verso ilbuio e lapioggia.

« Bea!» .Lei corse al cancello. Era lì, bianco e immobile, fradicio, nel canale di scolo. Le

macchine passavano veloci sulla strada.« È lui?» . Erano entrambi alle sue spalle. E poi lo videro. Flo scoppiò in lacrime.« Lo prendo io» . Will uscì dal cancello.« Fai attenzione! Potrebbe non essere morto» .« So quello che faccio» .Con le mani premute contro le labbra, lo guardarono piegarsi e raccogliere la lunga

sagoma bianca mentre le macchine sfrecciavano accanto a lui, con la pioggia chescintillava alla luce dei fari. Will portò il gatto in casa, chiudendosi la porta alle spalle con un

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colpo di tacco. « È vivo» . Poi entrò in salotto e si piegò davanti al fuoco. « Piano, piano» .Gli occhi di Snowy erano spalancati e neri, e aveva la bocca aperta. Ne usciva un filo di

sangue, mentre il gatto ansimava penosamente.« La macchina non si è fermata!» . Bea si inginocchiò, accarezzando la testolina bianca e

fradicia. « Sono andati via senza fermarsi!» .« È buio» , commentò Will. « E sta piovendo a catinelle. Scusate il commento, ma Snowy

doveva saperlo che quando piove il gatto non si muove…» .« Will!» .« Papà!» .« Scusatemi. Ma sapete cosa voglio dire: se si investe un gatto sotto la pioggia non ci si

ferma… o si rischia di provocare un incidente» .« Ma è Snowy!» .« Lo so. Poverino. Vado a chiamare il veterinario. Sempre che sia aperto. Dov’è il

numero?» .Flo recuperò la rubrica, e Will andò in camera da pranzo.« Pronto? Pronto? Sono Will Sutherland. Mi scusi se la disturbo, ma c’è stato un

incidente…» .Flo e Bea restarono accanto a Snowy, accarezzandolo piano mentre Will spiegava tutto al

veterinario. La sua pelliccia fradicia cominciava ad asciugarsi, ma aveva ancora le pupilledilatate per il dolore. Poi chiuse gli occhi e morì.

Bea era distesa a letto, nel buio della sua stanza. “Il mio gatto è morto, ieri sera”, si sentìpronunciare, la mattina dopo mentre entrava in classe con le amiche. “L’ha investito unamacchina”.

Come poteva già mettersi a pensare a come raccontarlo? Il corpo di Snowy era ancoranella sua cesta, la mamma stava versando fiumi di lacrime. Perché lei non piangeva?

Rivisse ancora una volta quel momento: la corsa fuori, la vista di quel corpicino biancosotto la pioggia. Non aveva sentito niente, in quel momento? Ma certo, certo che l’avevasentito.

Eppure adesso… dopo pochissimo tempo, le sembrava già un fatto lontano, come unastoria raccontata da qualcun altro: non uno dei suoi racconti segreti, una storia da raccontareagli altri. Mettersi al centro degli eventi: quella era la cosa peggiore di tutte.

“C’è qualcosa che non va in me”, pensò vagamente, ascoltando Will che chiudeva achiave le porte al piano di sotto e seguiva Flo a letto.

Avrebbe dovuto saperlo che, quando piove, il gatto non si muove.Come aveva potuto fare quella stupida battuta? Come aveva potuto, mentre Snowy era lì

che rantolava accanto al fuoco, prossimo a morire? Anche in lui doveva esserci qualcosache non andava.

“La mamma è l’unica persona vera in questa casa”, pensò, sentendola soffiarsi il naso inbagno, e mormorare, mentre Will la raggiungeva: « Niente sarà più lo stesso» .

« Mia cara. Gli faremo un piccolo funerale» .La mamma lo rendeva umano, era lei che rendeva tutto giusto, per tutti loro. Era quella la

sua vita.“Il suo corpo si è irrigidito quasi subito”, disse tra sé Bea, nel buio, mentre mentalmente

prendeva posto in classe.

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« Caro Freddie, temo di doverti dare una notizia molto triste…» . Si fermò e posò la penna.No, non poteva farlo. Se Freddie aveva avuto una brutta giornata, quella poteva essere lagoccia capace di far traboccare il vaso, e il suo umore ne avrebbe potuto risentireterribilmente. Chi poteva sapere cosa succedeva realmente, quando lui era lontano?

Il traffico scorreva, l’orologio sul camino batté la mezza. Era quasi ora di pranzo, e quasiogni giorno, da quando erano a Ryehurst, lei e Snowy erano andati di sopra insieme, dopopranzo. Il gatto faceva le fusa, lei sbadigliava e scivolava in un sonno profondo e senzasogni…

Ma ora non sarebbe stato più lo stesso.Bene, avrebbe smesso di farlo. Povero Snowy. Forse era un segno. Avrebbe assunto una

signora per fare le faccende di casa la mattina; avrebbe risparmiato qualche soldo in più daaltre spese, per farlo. Sarebbe andata a fare le solite compere e poi… poi si sarebbe sedutaa scrivere.

Agnes venne a trovarli. Poveretta. Si era rimpicciolita, e sotto al suo orribile cappello, isuoi occhi scuri sembravano quasi neri. Sotto agli occhi, su quel pallido e triste viso, siallungavano ombre scure.

Will era andato a prenderla alla stazione di Redstone. Flo la abbracciò all’ingresso.Avrebbe fatto uno sforzo, lo avrebbe fatto davvero.

« Mi dispiace tanto» .Agnes si strinse leggermente nelle spalle. « Oh, be’. Eccoci qui» .Flo prese il suo cappotto e quell’orribile cappello.« Vieni a bere qualcosa» , la invitò Will. « Vieni accanto al fuoco» . Poi alzò la voce,

guardando verso il piano di sopra. « Bea! Bea! La zia Agnes è qui!» .Bea scese le scale di corsa. « Ciao, zia Agnes» .Un altro abbraccio, più affettuoso da entrambe le parti. E poi si sedettero in salotto, a bere

sherry e a mangiare Twiglets, e tutti fecero ancora le loro condoglianze ad Agnes, cherispose che forse era meglio così. « Povero Neville, era tanto ammalato» .

Flo andò a finire di cucinare il pranzo.« Porta con te un altro bicchiere di sherry , cara» . Will glielo riempì fino all’orlo.Lui e Bea restarono accanto al fuoco ad ascoltare il racconto del lungo viaggio di Agnes

da Wimbledon e considerarono se ora non fosse meglio che si trasferisse lì. Forse dovevatraslocare in un appartamento.

« Che ne pensi, Willie?» .Lui si versò un altro bicchiere di sherry. Non lo sapeva. Una parte di lui avrebbe voluto

dirle: “Vieni a stare più vicina a noi, sorellina, perché no? Vieni a far parte della nostrafamiglia. Ne saremmo felici”. Ma un’altra parte di lui, ben più grande, sapeva che nonavrebbe funzionato, che non ne sarebbero stati affatto felici. Lei e Flo, quel giorno, stavanofacendo del loro meglio, ma non erano assolutamente fatte per stare vicine. Forse sisarebbe potuta trasferire a Chichester, vicino al fratello di Neville e a sua moglie. Avrebbepotuto suggerirle quella soluzione, più tardi.

« Non penso che a Tinkerbell piacerebbe un appartamento» , commentò Bea,sorseggiando la sua aranciata. « A lei piace stare in giardino, vero?» .

Agnes prese un sorso di sherry . « Allora per adesso resterò dove sono. Per Tinkerbell» .Poi finirono i Twiglets e parlarono di Snowy, e di quanto fosse stato brutto vederlo morire,

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e Flo li chiamò a tavola in sala da pranzo, dove Will affilò il coltello – « Attente allaschiena!» – e cominciò a tagliare vigorosamente l’agnello.

« Sei così bava a cucinare, zia Agnes» , commentò Bea, passando la salsiera.« E anche la mamma, naturalmente» . Agnes era rossa in viso per il secondo sherry che

aveva bevuto.« Ah, ah» , rise Flo, altrettanto rossa in viso, e di buon umore per i diversi giorni di ottima

ispirazione che aveva avuto per il romanzo. « Non mi dispiacerebbe non dover cucinaremai più, francamente» .

Agnes ridacchiò nervosamente. « Non parli sul serio, vero, Flo?»« Oh, sì, invece» .Era il tipo di dialogo che a Bournemouth, fatto tra Flo e Vivie, avrebbe fatto scoppiare tutti

a ridere. Invece, in quel caso, anche se si trattava soltanto di una sciocchezza, era il primomomento sgradevole tra loro due, e sembrò una dichiarazione di guerra.

« Be’, comunque» , intervenne Will, appoggiando nel piatto di Agnes grosse fette diagnello, « ecco qui, sorellina, questo ti rimetterà in forze» .

Alla fine trascorsero il pranzo a parlare della scuola: Freddie che andava molto bene e siera ambientato a meraviglia, e quei terribili esami che Bea si era ormai lasciata alle spalle,grazie a Dio. Nell’ultimo semestre, aveva vinto il premio per il tema migliore.

« L’inglese è la mia materia preferita, in effetti» .« Cosa scrivi?»« Ci danno diversi argomenti. A volte è una descrizione, per esempio “Un giorno

d’autunno”, altre volte invece sono argomenti da sviluppare, come “Il posto della donna è incasa”» .

E tutti concordarono che era esattamente così.Naturalmente, intervenne Agnes, ora si stava dando da fare anche fuori casa, visto che

non aveva più Neville per cui cucinare. Disponeva i fiori in chiesa, per esempio, anche sec’erano persone che sapevano farlo molto meglio di lei, ovviamente. E poi si era unita a ungruppo di preghiera.

« E tu, Flo?» , le domandò, con una punta di asprezza nella voce. « Cosa fai tutto il giorno,quando Bea è a scuola?» .

Flo inspirò profondamente. « Sto scrivendo un libro» , rispose infine.Will si schiarì la gola.« Un libro! Santo cielo, pensavo che avessi smesso» .Will tossì più forte.« Tutto bene, papà?»« E questo di cosa parla?»« Sempre dell’India» .Agnes si lasciò sfuggire una risatina priva di allegria. « Spero che tu non ci abbia messo

anche me» .« Non esattamente» .

Miranda condivideva il suo alloggio a Bombay con una ragazza piuttosto comune di nomeAnnette. Era abbastanza simpatica, ma non avevano molto in comune. Miranda avevaavuto moltissime relazioni amorose, e anche quando il suo cuore era stato spezzato, durantela guerra, per lo meno le era accaduto qualcosa! Quando faceva l’infermiera, i pazienti la

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guardavano di continuo, e lei usciva con diversi giovani medici. Annette era stata vicedirettrice in una scuola. Poi aveva lavorato al Great Ormond Street Hospital, ma…

« Pensi che potremmo invitare Agnes a Natale?»« Dobbiamo proprio?»« Tesoro, sarà tutta sola» .« Lo so, lo so. È solo che non ce la faccio» .Bea notò l’espressione del padre farsi più tesa.« Che cosa le dirò domenica?»« Non lo so. Mi dispiace» .Quella domenica, quando le telefonò dopo la messa, chiuse la porta della sala da pranzo.

Quando ne uscì, dichiarò: « Andrà dalla famiglia di Neville, da Brian e Jean» .« Grazie a Dio» .

Erano arrivate le vacanze di Natale, e Freddie era finalmente tornato a casa.« Dov’è Snowy?» .Quando glielo dissero, si fece molto silenzioso. Bea lo portò in giardino e gli mostrò la

tomba, sotto una pianta di rose.« Perché non me l’ha detto nessuno?» , chiese infine.« La mamma ha detto che avrebbe potuto farti stare troppo male» .Lì fuori si gelava. Tornarono in casa, e salirono nella stanza dei giochi, all’ultimo piano. Si

sedettero sul pavimento.« Quante punizioni hai avuto?» .Lui le contò sulla punta delle dita. « Sono stato picchiato con il bastone solo due volte. Tre

volte con la scarpa da ginnastica. E con la pantofola» .« Ma per cosa sei stato punito?» .Lui cercò di pensarci su. « Non lo so, veramente. Per aver fatto baccano. Per aver

dimenticato delle date di storia. Per non aver studiato bene le lezioni» .« Povero Freddie» .« Parecchie volte me la sono cavata per un soffio» , rifletté, e lei si mise a ridere.

Parlarne con Bea faceva sembrare tutto così lontano, e le sue risate lo rendevano quasidivertente.

Ma non le disse di Collins e di Mr Lansdowne. In qualche modo, non ci riuscì.

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6Alla Dolphin House davano moltissimi compiti. Ogni mattina, quando usciva da casa, la

cartella di Bea quasi gemeva sotto il peso di libri e quaderni. Adesso seguivano anche unavera e propria lezione di scienze, con un laboratorio, un becco Bunsen e un tavolo per ledissezioni, al livello A. Ma Bea sapeva che non avrebbe mai preso il massimo dei voti nellematerie scientifiche.

Era bravissima in inglese, ma pessima in tutto il resto. Ora poteva scegliere anche delleattività extrascolastiche: a lei sarebbe piaciuto frequentare le lezioni di pianoforte, ma Flodisse che la dizione era più importante, e così scelse quella, in una piccola aula con unastufa a gas, il mercoledì pomeriggio. Mrs Roberts insegnava loro come parlare in modoelegante ed eloquente. Le allieve si alzavano una dopo l’altra e recitavano malinconichepoesie:

Non suonate campane per me, oh padre, oh madre,non versate lacrime…

« Splendido, Bea» .Era il momento più bello della settimana.Per il resto, era piuttosto faticosa e dura, ma fuori dalla classe, nessuno parlava mai della

scuola. Nei bagni, a ricreazione, a pranzo, non si parlava d’altro che di pop. E del « NewMusical Express» , anche se nessuna di loro lo chiamava così, ovviamente: era l’« NME» ,che usciva ogni sabato, lo stesso giorno in cui andava in onda Juke Box Jury. Chi sarebbestato al numero uno? Era l’unica cosa che interessava a tutte. Insieme alle sottogonne rigideper ballare il twist. Perfino a casa potevano sentire il pop, ora. A Natale, Will avevacomprato un giradischi!

« A tutti da Will» , aveva detto, scribacchiando sul suo portablocco, mentre Bea e Freddiescartavano sorpresi il regalo. « Un giradischi Dansette» . Aveva messo giù la penna.« “Grazie, papà”» .

« Grazie, papà!» .A scuola parlavano anche dei ragazzi. Non che ne vedessero mai qualcuno. Una volta

all’anno, i ragazzi dell’ultimo anno della scuola primaria avevano un ballo con le ragazzedella stessa età: a quanto pareva, erano gli unici ragazzi di Ryehurst, e Bea li vedeva spessosull’autobus, con le loro giacche nere e i loro pantaloni lunghi e grigi. Freddie portavaancora i calzoni corti! Alcuni dei più grandi avevano i capelli pettinati all’indietro. Ma nonaveva mai parlato con nessuno di loro, e comunque la corsa in autobus era breve, ecomunque…

I ragazzi erano per quelle più grandi. E comunque… c’era Hugo. Rispetto a lui, i ragazzisull’autobus sembravano marmocchi.

Ogni mattina, salutava Flo con un bacio e si avviava lungo la strada principale. Aspettaval’autobus alla fermata. Quando il 406 arrivava, a volte si sedeva accanto a Carolyn Joyce,che veniva da Buckhurst. Ma se era in ritardo, perché magari era rimasta a letto dieciminuti più del dovuto, mentre Flo la chiamava in vestaglia dal piano di sotto – « Bea! Bea!»

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– faceva il viaggio da sola. Scendeva dopo tre fermate, attraversava la strada e risaliva lacollina fino alla scuola.

Si trovava nel “quartiere della strada alberata”: così lo chiamavano gli agenti immobiliari,e così lo chiamava anche Will, con la sua buffa enfasi. Le case erano grandi e con la portadoppia, e altrettanto grandi erano i giardini di fronte alle case, e si respirava un’atmosfera ditranquillità e ricchezza. Le macchine sfilavano rapide accanto a lei: le mamme chesapevano guidare. A volte, se pioveva, si fermavano a darle un passaggio. Lei saliva abordo portandosi dietro la cartella, mormorando un « Grazie mille» e ripetendolo quandosmontava. Alla fine dei suoi anni a Micklegate le avrebbero dato la Coppa della Cortesia.

In cima alla collina, le ragazze attraversavano con calma i grandi cancelli e procedevanolungo il vialetto alberato che conduceva alla scuola, con i loro cappelli di feltro grigio e legiacche blu.

Si affollarono tutte nel guardaroba. « Only the Lonely» , cantava Rosemary Reed,appendendo il suo cappello.

« Dum-dum-dum-dum-ah-doo-wah» , cantavano tutte, facendo il coro.

La sua pagella, alla fine dell’anno, diceva che stava sviluppando qualità da leader. Will glidiede un’altra mezza corona.

« Stai andando benissimo, vecchio mio» .E non appena tornò a scuola, e lui iniziò il penultimo anno, fu nominato vice capoclasse,

cosa che non avrebbe mai creduto possibile.« Grazie, signore. Grazie davvero» .Il preside gli appuntò l’emblema sulla giacca.E ormai gli sembrava di avere tutto sotto controllo; in realtà, sembrava che tutti i suoi

compagni avessero trovato finalmente il loro posto. Sapeva perfettamente in quali materieandava meglio: geografia, francese, scienze, soprattutto inglese e matematica. Perfino conil suo latino un po’ zoppicante, sapeva che avrebbe superato gli esami. Era bravo nella corsacampestre, proprio come lo era stato Will. E questo gli permetteva, ovviamente, di usciredalla scuola, ritrovandosi in campagna, a risalire sbuffando le colline e a scendere versoboschi pieni di sentieri fangosi; si sentiva pieno di energia, quando finiva.

E poi c’era il suo gruppo, come i Bash Street Kids di The Beano, ovvero Ballanty ne, Harrise Richardson, ed era ancora amico di Bell Minor, che adesso era riuscito a passare gliesami, e insieme ridevano e scherzavano, sapendo tuttavia quando era il momento dismettere, sempre attenti a quello che succedeva intornoa loro.

« Psst!» .In un lampo, erano tutti di nuovo al banco.« Occhio!» .Seduti sul letto con i libri davanti, come se il burro non potesse sciogliersi in bocca. « Ero

qui seduto a letto a leggere la Bibbia, signore, quando tutto a un tratto mi è volato via dallamano e ha colpito la lampadina» . Quella era una delle storie di Will, di quando anche luiera stato lì.

L’unica cosa brutta, ovviamente, era la mancanza di Collins.Non era tornato.

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Le pagine si stavano ammucchiando sempre di più. Al diavolo i quaderni: ora stavausando un grande blocco bianco, che, per qualche motivo, la faceva sentire molto di più unavera scrittrice. E non doveva più occuparsi della casa senza aiuto! Aveva una persona chela aiutava, adesso. E aveva tolto quel maledetto libro dalla cucina, ficcandolo nella libreriadello studio. Ecco! Via!

E ora, nei due giorni alla settimana in cui veniva la domestica, e che gioia era averla lì,dritta dritta dal « Surrey Mirror» alla porta di casa sua, Flo apriva lo scrittoio e si sedeva alavorare. Il rumore dell’aspirapolvere e la signora che si muoveva in giro per casa, l’odoredella cera per pavimenti il martedì, e quello caldo e piacevole del ferro da stiro il giovedì…tutto questo svaniva, come le macchine che passavano e le foglie che cadevano dagli alberilungo la strada. Bastavano pochi istanti, e lei era lì.

Il pomeriggio riposava, mentre suo marito, tornato a gestire una coltivazione di canna dazucchero dopo la guerra, andava al lavoro. Si erano spostati al confine con il Nepal, e ora leiaspettava un bambino!! Lui tornò a casa in tempo per bere qualcosa sulla veranda, che illoro domestico portò su un piccolo vassoio di ottone. La prese tra le braccia. « Mia cara…» .

Qualcuno bussò alla porta.« Ho finito, Mrs Sutherland» .Lei si costrinse a tornare a Ryehurst. Il martedì e il giovedì erano perfetti, la casa tutta in

ordine, i panni stirati ben piegati e sistemati, e soltanto la cena di cui occuparsi. E Bea,naturalmente, che tornava a casa alle quattro.

« Cosa c’è per merenda?»« Vai a dare un’occhiata in dispensa, arriverò tra un minuto» .Tornò alla scrivania, per vergare qualche altra riga.« Mamma? Mamma, non ho trovato niente» . Bea attraversò il corridoio, con il cappello di

feltro grigio ancora in testa. « Ho controllato in tutte le scatole e ho trovato soltanto unbiscotto allo zenzero» .

« Oh, tesoro, ma deve esserci qualcosa di più. Fammi dare un’occhiata» .« Sto morendo di fame» .A volte era Will a morire di fame. E in quel caso non era divertente. La chiave nella toppa

alle sei e quarantacinque. E il solito fischio bitonale.

Era l’uomo più bello che avesse mai visto! Lo aveva pensato la prima volta che lo avevavisto, in quell’afoso pomeriggio a Delhi, e lo pensava anche adesso, mentre si accoccolavanel suo abbraccio e il sole tramontava, e le ombre si allungavano.

E ora era lì, e voleva cenare.« Che ne dici di un toast di fagioli? E un uovo» .« Qualunque cosa» . Will si stava versando un whisky. « Ho avuto una giornata infernale.

Ti va un bicchierino?»« Grazie, tesoro. La cena sarà pronta in un attimo» .Lui borbottò, si portò il bicchiere nello studio e vide lo scrittoio aperto e i fogli

ammonticchiati.Non di nuovo. Ogni maledetto giorno.

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« Non capisco, dannazione» .« Mamma?» . Bea era sulle scale. « Quanto manca alla cena?»« Pochi minuti!» .Forse si lasciava un po’ andare, nei giorni in cui veniva la domestica. Perdeva di vista la

palla, come avrebbe detto Will. E come disse, in effetti, mentre mangiava il suo toast difagioli in cucina, esausto.

« Non avrai scritto tutto il santo giorno?» .Lei ridacchiò. « No, no, certo che no. Soltanto per qualche ora» .Lui scosse la testa. « Finché non diventa… sai, no?»« No, non è così. Davvero» .« Non diventa cosa?» , domandò Bea, bucando il tuorlo del suo uovo con la punta del

coltello.NON DIVENTA COSA?« Niente, tesoro. Non far gocciolare l’uovo sulla tovaglia» .Povero Will, così affamato. Si sentiva in colpa. Venerdì preparò una torta di meringhe al

limone di Green’s.« Così va meglio» .

« In macchina!» . Era appena l’alba di un giorno d’estate, Flo indossava un vestito a fiori,Will aveva una giacca di lino e aveva infilato la sua mazza da cricket nel bagagliaio. « Haila cartina?»

« Tesoro, non abbiamo bisogno della cartina» .« Sempre meglio averla» .Lei gli offrì delle mentine, durante il viaggio. E infine…« Ottimo lavoro, tesoro. È stato un viaggio fantastico» .I cancelli della scuola erano aperti, altre macchine sfilavano al loro interno. Il sole

splendeva alto, l’erba era stata tagliata di fresco, i ragazzi indossavano magliette bianche eprotezioni da cricket, e già erano sul campo. Quando parcheggiarono e uscirono dallamacchina, sentirono subito il rumore delle palle, le grida di “Bravo!”, il profumo dell’erba ei genitori che si salutavano, tutti di buon umore, soprattutto i padri. Era la Giornata delleFamiglie del 1961, ed erano stati organizzati una partita tra i padri degli studenti e un tèspeciale.

« Tesoro!» .Eccolo lì; stava venendo loro incontro, timidamente, con gli occhi castani che scintillavano

di felicità.« Freddie, vecchio mio!» . Lui e Will si strinsero la mano, poi il ragazzo baciò

educatamente Flo e fece un cenno a Bea.« Ciao» .« Ciao, Freddie» .Ed ecco arrivare un ammiccante Mr Lansdowne, a lunghi passi decisi.« Sutherland. È meraviglioso rivederti» .Flo arrossì sotto al suo cappellino a fiori. « Sono lieta di rivederla, Mr Lansdowne. Siamo

stati molto fortunati con il tempo, non è vero?»« C’è sempre il sole, per la Giornata delle Famiglie. Will, come sta?»« Molto bene, grazie. È bello rivederla» .

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Si strinsero calorosamente la mano. Poi Mr Campbell-Davies, il preside, si avvicinò, conle falde della giacca che sventolavano dietro di lui. Ci furono altre strette di mano, mentretutti gli altri genitori si aggiravano nei dintorni e i colombi tubavano tra i rami dei castagni.

Prima avrebbero pranzato in città, al ristorante The Duck, con le sue tovaglie di linocandido e i suoi bicchieri scintillanti. Un dolce, concesso solo una volta a semestre, e nientelacrime da parte di Freddie. Aveva smesso da tempo di piangere quando andava via dicasa, ormai.

« Allora, vecchio mio, come va?»« Tutto bene, grazie» .Non diceva mai altro, del resto. Will aprì il tovagliolo.« Qualche salvataggio per il rotto della cuffia?» , gli sussurrò Bea, mentre il cameriere si

avvicinava per prendere la loro ordinazione.Lui scosse la testa e sorride, e poi tacquero entrambi, mentre Will leggeva il menu e

ordinava. « Cosa volete, cari? Il pollo?» . Si tolse gli occhiali. « Mia moglie prenderà ilpollo» , disse al cameriere, a voce così alta che la famiglia al tavolo accanto si voltò aguardarlo. Poi inforcò nuovamente gli occhiali e tornò a guardare il menu. « E voi,ragazzi…» .

Dopo pranzo, tornarono a scuola, e quando ebbero digerito con una passeggiata il pollo conle patate arrosto e il gelato con le cialde, e Will ebbe parlato con un milione di insegnanti egenitori, e Flo ebbe parlato con una Mrs Cosetta o due – « Tesoro, mi spiace, non riesco maia ricordarmi i loro nomi» – e Freddie si fu allontanato con i suoi amici e Bea si fusemplicemente guardata in giro, una campanella cominciò a suonare, e fu il momento dellapartita.

« Bene!» , esclamò Will, galvanizzato, andando a prendere la sua mazza.« Devo andare alla toilette» , sussurrò Bea, e lei e Flo si allontanarono verso l’edificio

coperto d’edera, entrando nelle sale riecheggianti. Da qualche parte veniva il tintinnio dellestoviglie di porcellana che venivano preparate per il tè. Era lì che Freddie viveva: era lì chesi iscriveva alle partite, che entrava nelle aule per le lezioni, e che saliva la grande scalinataper raggiungere il dormitorio. Le aule sembravano piuttosto spettrali, ora, vuote com’erano,con soltanto qualche mamma in abito a fiori e cappello estivo che dava una sbirciataall’interno, prima di recarsi alla toilette ed esclamare: « Mia cara!» , e « Dove hai compratoquel vestito?» e « Le vacanze sono un inferno!» . Bea e Flo si guardarono e risero.

Nel campo da cricket, scoprirono che tutti si stavano già scaldando. Era l’unico momentodell’anno in cui Will giocava a cricket. Correva veloce, e in India aveva lottato molto, ebevuto latte di bufala per rinforzarsi, ed era anche un ottimo camminatore, ovviamente.« Farò del mio meglio» , disse, camminando avanti e indietro e facendo ondeggiare lamazza.

« Tra pochi minuti sicuramente colpirà qualcuno» .Si sedettero all’ombra.Poi tutti i padri si divisero in squadre e tutti i ragazzi si sedettero in fila sugli spalti per

assistere alla partita e i loro ex insegnanti fecero lo stesso. Mr Campbell-Davies fece unbreve discorso, ribadendo quanto fosse bello aver rivisto tutti quanti e come quella giornatafosse uno dei momenti più importanti dell’anno, insieme a quella della consegna dei Premi,e dicendo che era certo che i padri si sarebbero distinti. « Poco ma sicuro!» , affermò Will.Un’educata risata si levò dagli astanti.

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Ma in realtà non andò troppo male. Il padre di Harris, il dottor Harris, capitanava lasquadra di Will, mentre a capo dell’altra c’era il padre di uno dei ragazzi dell’ultimo anno.Fu una partita molto civile, e Will non fu l’unico padre a gridare qualche “Accidenti!” ditroppo, e in effetti era più in forma di molti altri; quando correva, non diventava paonazzo involto, come alcuni degli altri.

Ben presto, Bea smise di interessarsi alla partita e si sdraiò nell’erba, ascoltandosemplicemente il suono secco delle mazze che colpivano la palla e le grida dei vari padri,mentre le madri chiacchieravano tutto intorno a lei. Si coprì le orecchie quando sentì Flosbagliare il nome dell’ennesima signora e ripetere ancora una volta « Affascinante…» , inrisposta a tutto quello che dicevano le altre.

Perché i suoi genitori erano così diversi? Ascoltando le altre signore che parlavano dei loromariti e figli, aveva l’impressione che nelle loro famiglie succedessero tante cose, cheavessero tanti amici e tante cose da fare. Naturalmente, molte di quelle famiglie vivevanonei dintorni e si sarebbero dovute conoscere un minimo con la sua, e tuttavia…

A casa loro venivano ben pochi ospiti. Era così che sembrava, alla fine: una o due personedella parrocchia, o della Società rurale dei latifondisti, che ogni tanto passavano, comeJonathan Gibbs, il segretario regionale del Surrey, che era alto e attraente, quindi allamamma non dispiaceva che venisse, anche se a quanto pareva, era uno che viveva nelpeccato. Will vedeva persone in ufficio tutto il giorno, e anche quando andava in giro perfattorie, fiere e cose del genere. Quando tornava a casa, si addormentava sul divano. Beaaveva tutte le sue amiche a scuola, ma raramente le invitava a casa. Non si sentiva di poterdire liberamente a Lizzie Moore, o a Rosemary Reed, o a chiunque delle altre di venire aprendere un tè da lei, così, d’impulso; non l’aveva mai fatto. Con tutte quelle scatole dibiscotti vuote.

Quanto a Freddie, quando tornava a Ry ehurst durante le vacanze, non conosceva nessuno.Erano soltanto loro due. Se andava a sentire qualche disco a casa di Lizzie o di Rosemary, sisentiva in colpa a lasciarlo solo, anche se lui non sembrava dispiacersene. L’unica ospiteregolare, a casa loro, era la zia Agnes, e di solito erano visite spiacevoli.

Le mazze da cricket risuonavano seccamente, i padri sbuffavano e ansimavano correndoe le madri continuavano a esclamare: « Bravo!» .

Si risollevò a sedere.E accadde di nuovo: la partita a cricket, i colombi, i castagni e tutte le chiacchiere intorno

a lei svanirono, e Bea si ritrovò nel nulla, come se qualcosa nella sua mente si fossesemplicemente spento. Un battito di ciglia. Vuoto. Niente. Poi…

« Tesoro? Ti senti bene?» .« Ho soltanto avuto uno dei miei momenti strani, tutto qui» . Scosse la testa. « Ora sto

bene» .ORA STO BENE, dissero le parole, nel caldo cielo estivo.

La partita finì alle quattro e mezzo, con la vittoria della squadra del dottor Harris – quelladi Will! – e tutti si spostarono nell’enorme sala da pranzo per il tè, dove i tavoli erano statiapparecchiati con tovaglie di lino e vasi di fiori estivi, sistemati da Mrs Campbell-Davies edalla direttrice. C’erano sandwich ai cetrioli, con uova e crescione, piccoli semifreddi,fragole con la panna. Bea notò che Freddie e suoi amici divorarono tutto di gusto, nonostantel’abbondante pranzo. Intorno a loro, le madri parlavano con gli insegnanti dei loro figli, e di

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come stavano andando, e i padri parlavano del cricket, o del lavoro, o della crisi dei missilidi Cuba, che teneva Will incollato al televisore ogni sera.

Poi Mr Campbell-Davies e Mr Lansdowne cominciarono ad aggirarsi per la sala e acommentare quanto fosse stata meravigliosa la giornata, e tutti capirono che era ora diandare.

« Arrivederci, caro» . Flo attirò a sé Freddie, e lui si scostò, come facevano tutti gli altriragazzi quando le loro madri tentavano di baciarli in pubblico. « Ci vediamo presto» , glisussurrò lei, e Freddie annuì, desiderando di poterla stringere forte.

« Ciao, Freddie» .« Ciao, Bea» .« A presto, vecchio mio. Te la stai cavando egregiamente» .« Grazie, papà» .Restò sul vialetto insieme ai suoi amici, come Rupert e i suoi compagni a Nutwood,

agitando a lungo la mano per salutarli mentre si allontanavano in macchina.« Te l’avevo detto, che si sarebbe ambientato» .

Come vice capoclasse, aveva delle mansioni da svolgere, dopo la partita, e si costrinse areprimere tutti i vecchi sentimenti che lo coglievano quando veniva il momento dei saluti.Andò a controllare nelle aule che nessuno avesse spostato le sedie o dimenticato qualcosa:era incredibile come i genitori si comportassero in quel luogo come se fossero a casa loro.Qualcuno aveva aperto una finestra nell’aula, e il profumo dell’erba appena tagliataproveniente da fuori si mischiava a quello solito della polvere e del gesso. Andò a chiuderla,vedendo gli insegnanti che chiacchieravano tra loro, tutti di buon umore.

Si girò, vide un fazzoletto sotto a uno dei banchi e lo raccolse. Era piccolo e a fiori, comequelli che la zia Vivie mandava a sua madre per il suo compleanno. « Un’altra cosa dastirare!» , diceva sempre lei, infilandoselo nella manica, o versandovi sopra qualche gocciadi profumo, per le occasioni speciali. « Non rivelare mai a nessuno il nome del tuoprofumo…» .

Freddie restò in piedi nella tiepida quiete dell’aula illuminata dal sole ormai al tramonto, esi premette il fazzolettino contro il volto. Era suo? Poteva sentire il suo profumo, ricordaretutto il suo amore e il suo colore?

Il cotone a fiori non aveva alcun profumo. Sapeva forse vagamente di polvere. Mamentre i ragazzi passavano nel corridoio riecheggiante, lì fuori, e mentre lui pensava:“Questo non ha niente a che fare con me”, e si metteva in tasca il fazzoletto per portarloalla direttrice, di colpo si rese conto di qualcosa, nel modo più orribile. Nella stanza calda disole, quel pensiero lo fece gelare, ma di colpo tutto sulla sua famiglia e sui suoi anni lontanoda loro ebbe senso.

« Non è mio figlio…» .Così aveva detto Will, nello studio illuminato dal caminetto acceso, sbattendosi la porta alle

spalle in mezzo a tutte quelle lacrime.Lui era rimasto disteso nel suo letto al buio, al piano di sopra, domandandosi cosa avesse

voluto dire. Adesso lo sapeva.

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Parte quartaIl sentiero di gesso

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1Era fatta! Era finito! Flo era seduta allo scrittoio a numerare le pagine e a rileggere tutto.

Andava bene! Molto meglio del suo primo tentativo a Melcote: questo sembrava un veroromanzo. Ora doveva soltanto farlo battere a macchina.

« Ho bisogno di una brava dattilografa» , si disse a voce alta, girando le pagine degliannunci degli animali e degli articoli in vendita nel « Surrey Mirror» , e cercando le offertedi lavoro. E poi ne trovò una. Pochi minuti dopo era al telefono, ad annunciare con sommafelicità a Miss Mabel Hunt (sessantacinque parole al minuto): « Ho scritto un libro. Parla delnostro periodo trascorso in India» .

Che fortuna! Miss Hunt viveva in una strada nelle vicinanze, ad appena cinque minuti dibicicletta da casa. Flo ci andò la mattina dopo, con il manoscritto nel cesto della bicicletta,subito dopo la colazione. Era una giornata serena e soleggiata, l’erba dei prati fitta e verde,le pale dipinte di bianco di un mulino a vento che lo facevano sembrare un’illustrazione,contro il cielo estivo.

Mentre pedalava lungo la strada sterrata, vide una fila di piccole case modeste, congraziosi giardini sul davanti, e riuscì a sentire Miss Hunt da una finestra aperta, chedattilografava a tutta velocità. E non appena la vide, con il suo vestito sobrio e gli occhiali,Flo capì di essersi affidata a una professionista.

Ci avrebbe messo gran parte dell’estate, spiegò Miss Hunt, sfogliando le pagine delmanoscritto nel suo minuscolo soggiorno. In parte per il fatto di dover decifrare la – ehm –grafia, in parte perché aveva già altri impegni. Il libro di uno storico locale, moltointeressante.

« Il mio romanzo ha parecchia storia al suo interno» , spiegò Flo. « Be’, storia personale,ecco. È ambientato subito dopo la guerra. Nel periodo che condusse all’indipendenzadell’India. Mio marito era nell’esercito indiano» . Miss Hunt continuò a sfogliare qualchepagina. Le parole “amore”, “bacio” e “per sempre” erano ripetute parecchie volte. La suatariffa era piuttosto competitiva, spiegò la dattilografa, ma Flo rischiò di avere uncapogiro.

« Due e sessanta a pagina?» . Era più di quanto pagava all’ora per la sua domestica.« Devo pensarci» , soggiunse, più fermamente che poteva, sapendo che in qualche modosarebbe riuscita a trovare una soluzione. Suo padre l’avrebbe trovata.

E poi inforcò di nuovo la bicicletta e tornò a casa, facendo calcoli su calcoli, mentre leallodole cantavano tra i campi.

Le vacanze estive. Freddie a casa, un pranzo per tre persone ogni giorno. Quasi tutte lemattine, lui e Bea se ne stavano nello studio, una sulla poltrona e l’altro sul divano, dai duelati del focolare spento, ad ascoltare dischi sul Dansette.

« Questo è Cliff Richard and the Shadows» , gli spiegò lei, mentre il 45 giri scivolava sulpiatto. Spendeva tutti i suoi risparmi in quella musica, al Rhy thm, il negozio di dischi, ognisabato mattina. Fall in Love with You, I Love You, Please Don’t Tease … Freddie ascoltavadiligentemente.

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« A cosa pensi?» . Sembrava così distante, negli ultimi tempi.« A niente» . Ma quella nuova, strana consapevolezza gli si agitava dentro.« Smettila di fare quelle facce» .Talvolta, Flo li faceva uscire e li mandava a comprare qualcosa per pranzo nei negozi

sotto al ponte della ferrovia. Oh, che meraviglia i bastoncini di pesce! Ecco, bastavametterli a tavola, e il pranzo era pronto. Pronto, pronto, pronto.

Come stava procedendo Mabel Hunt?Dopo pranzo, lei andava di sopra a riposare e Bea e Freddie se ne andavano in città.« Sei diventato terribilmente silenzioso» , commentò Bea, mentre uscivano.« Scusa» .Ma non riusciva a pensare a niente da dirle, adesso. Non era nei guai. La sua pagella, tutto

sommato, era stata ottima. “Un anno eccellente nella maggior parte delle materie, unottimo corridore e un ragazzo utile e ricco di buonsenso da avere in questa scuola”.

« Fantastico» , aveva detto Will. « Sapevo che ti saresti ambientato» .« Grazie» . Sapeva che sarebbe sembrato brusco, ma stava cercando di non usare la

parola “papà”, ora che sapeva. “Mamma” era diverso, non riusciva semplicemente aimpedirselo.

Bea, comunque, non era così interessata a sentirlo parlare, mentre camminavano lungo lastrada. Lei pensava alla recita della scuola. Si era ambientata bene alla Dolphin House: eramolto brava in inglese, se la cavava con il francese, andava piuttosto male in parecchiealtre materie, ma aveva una voce deliziosa, secondo la sua insegnante di musica, ed erabrava a recitare.

Ogni anno, Mrs Roberts, l’insegnante di dizione, organizzava una recita di Shakespeare incortile, con le allieve del penultimo e dell’ultimo anno. Quella volta si era trattato di Labisbetica domata, con due prefetti, Jessica Connolly e Patricia Banks, nel ruolo di Petruccioe Caterina. Mrs Lambourne, l’insegnante di musica, aveva detto che Bea avrebbe potutosostenere il provino per La dodicesima notte, l’anno successivo, per la parte di Feste. Quelpersonaggio cantava delle meravigliose e tristi canzoni.

« Mai sentito nominare» , aveva detto Will. « Ma del resto, suppongo che neanche luiabbia mai sentito nominare me» .

Lei e Freddie erano arrivati ad High Street. Ed ecco Julia Charters, che dava un’occhiataalla vetrina del Rhy thm. Bea corse avanti.

« È la tua migliore amica?» , le domandò Freddie, quando infine la sorella uscì dalnegozio.

« Julia? No, ne ho molte altre. E chi è il tuo migliore amico?»Lui esitò. « Era Collins, ma ha lasciato la scuola» .« Perché?»« Non lo so» . C’erano altri argomenti di cui non poteva parlare.L’orologio della città batté le quattro e mezzo. Ma erano ancora soltanto le tre e mezzo.

Andarono da Woollies, e poi ad Abbey Street, entrando nella libreria, che era moltovecchia, con delle travi sul soffitto e il pavimento coperto di assi nude, e offrivaun’atmosfera piacevole. C’erano quasi soltanto libri per adulti, ma non mancava una sezioneper bambini, sul retro, e i due si fermarono a guardare i libri di Enid Bly ton: Rupert, Annadai capelli rossi, I ragazzi della ferrovia, Down the Bright Stream.

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« Questo me lo ricordo» , commentò Freddie, prendendo l’ultimo libro. « Sono finito neiguai perché lo stavo leggendo nel dormitorio, all’inizio del primo anno» . Lo sfogliòlentamente, sentendo cominciare una smorfia delle sue.

« Non dovresti fare ancora quelle smorfie» .« Lo so» . Ma ormai faceva parte di lui, era andato avanti per anni, più a lungo della nuova

consapevolezza che aveva su di sé. Le smorfie erano quasi delle amiche, o qualcosa di piùdentro di lui, che lo incitavano ad andare avanti. Forza, tendi quei muscoli finché non fannomale, ecco, così, non va meglio? E ora fallo dinuovo.

« Tu non hai cose che non riesci a impedirti di fare?» , domandò a Bea, chiudendo il libromentre l’orologio della città batteva le quattro.

« A volte, la mia mente si svuota» , rispose lei. « A volte, è come se non fossi qui. Non somai quando può succedere. E poi finisce» .

« E la mamma cosa ne pensa?»« Dice che passerà crescendo» .« È quello che dice anche a me» .Uscirono dalla libreria dove tutti parlavano piano, e tornarono a casa, attraversando

nuovamente la piccola città, per l’ora del tè. Era stato uno dei soliti, noiosi giorni di vacanza,ma quando tornarono e suonarono tre volte il campanello, Flo ci mise un’eternità arispondere.

« Non può essere ancora addormentata» .Suonarono di nuovo, premendo il viso contro il vetro smerigliato della porta.« Eccola!» .E lei aprì la porta, con aria triste e indifferente.« Entrate» , mormorò, lentamente, e poi raccontò loro ogni cosa.

« Oh, no! Non il nonno. Volevo tanto bene al nonno» .« Anch’io» .Era morto serenamente nel sonno.« Il modo in cui vorrei andarmene anch’io» , commentò Will a cena. Poi posò una mano

su quella di Flo. « Mia cara» .Lei restò lì, seduta con il mento tra le mani.

Dopo cena, Freddie uscì a fare due passi da solo. Non si allontanò molto, arrivò soltantofino al piccolo prato in fondo alla strada, dove c’era un enorme cedro. Salì un paio digradini, attraversò l’erba e si sedette sulla panca sotto l’albero.

« Nonno» , disse a voce alta.Pensò alla scatola di metallo delle caramelle, al profumo del pane tostato a colazione, ai

grappoli d’uva nella serra, alla sua eterna gentilezza condita di allegre strizzatine d’occhio.Ero distratto anch’io, in classe. Ma questo, ovviamente, accadeva prima che i dinosauri

andassero a spasso sulla Terra.Sopra di lui, i rami del cedro si sollevavano e riabbassavano. Quanto era strano pensare

che qualcuno a cui aveva voluto tanto bene non avesse realmente alcun legame con lui. Gliera sembrato che fossero legati, l’aveva pensato di tutti, ma in fondo era stato con loro pertutto quel tempo. Eppure, nessuno era davvero un suo parente. Il nonno era stato soltanto un

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amicogentile.

La brezza della sera faceva muovere le foglie dell’albero. Freddie pensò ai meli delnonno, al grande giardino dietro la casa, dove si potevano sentire i bambini piangere, dallaCasa della Mamma e del Bambino, lì accanto. « Di chi sono quei bambini?» , aveva chiesto,e il nonno non gli aveva risposto. Non esattamente. Perché anche lui era stato uno di loro,non era forse così? Un bambino che era stato abbandonato.

Adottato.Quindi, da qualche parte nel mondo c’erano i suoi veri genitori, e probabilmente vivevano

separati. Non c’erano padri, nella Casa della Mamma e del Bambino, era quello il punto: lemadri erano sole, e non potevano tenere con sé i loro bambini, perché erano “disgraziate”.Da qualche parte, la sua vera madre forse stava pensando a lui, tutta sola.

Deglutì a vuoto. Era un pensiero quasi troppo triste per considerarlo. E per tutto queltempo, i suoi genitori avevano mantenuto quella finzione, per non farlo stare male, perfargli credere che lui fosse figlio loro, ma nel loro cuore, in realtà, preferivano allontanarlo.Lo avevano mandato via in modo da poter stare con Bea, soltanto loro tre, vicini.

Ma allora perché l’avevano adottato?Si alzò, camminando su e giù sotto l’albero. C’era soltanto una persona a cui avrebbe

voluto parlare di quella storia, e non poteva. Non poteva andare a casa e dire: « Mamma, soche non sono davvero tuo figlio» . Questo le avrebbe spezzato il cuore.

Avrebbe dovuto tenersi dentro quel peso per sempre.

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2Suo padre aveva lasciato a lei e a Vivie una ricca eredità. Caro, caro papà. Stavano

ancora aspettando l’autenticazione del testamento, ovviamente, ma le cose sarebberoandate meglio, da quel momento in poi: avrebbe potuto contribuire un minimo alla rettadelle scuole; finalmente avrebbe potuto comprare un nuovo tappeto per il corridoio. Esoprattutto, non si sarebbe dovuta preoccupare di pagare a Mabel Hunt quella notevolesomma.

« Ecco qui, Mrs Sutherland» .Ecco qui! I fogli erano ordinatamente riposti in una scatola, con una brutta copia per la

correzione, e il suo manoscritto era anch’esso ordinatamente riposto. La parcella era incima a tutto.

« E, mi dica… le è piaciuto?»« Scorre piuttosto piacevolmente» , commentò Mabel Hunt.Se lo sarebbe fatto bastare. Mise tutto nelle sue buste di tela e infilò la parcella in borsa.

« Le salderò il conto molto presto» , affermò, sentendosi infine una vera scrittrice, con tantodi dattilografa e correzioni da fare.

Tutta quella carta sembrava pesare una tonnellata, nel cesto della bicicletta. Tornò a casalentamente, portando tutto dentro – santo cielo, quanto pesava – e aprì lo scrittoio. Chiamò ladomestica, che stava tirando fuori l’asse da stiro, « Non starò via a lungo!» , e uscì di nuovo,inforcando la bicicletta e pedalando fino in città. Aveva visto una pubblicità sul« Telegraph» : ora sapeva cosa fare.

Nella deliziosa vecchia libreria – si domandò perché non ci venisse più spesso, visto che iragazzi non facevano che ripetere quanto fosse bella – un commesso alzò lo sguardo dalregistratore di cassa.

« Posso aiutarla?»« Sì, grazie» , rispose fermamente Flo. « Vorrei una copia dell’Annuario degli scrittori e

degli artisti» .

Will tornò a casa, girò la chiave nella toppa e lanciò il suo solito fischio. I giorni siaccorciavano già; presto avrebbero dovuto riaccendere il fuoco.

La casa era terribilmente silenziosa.« Tik hai?» .Dallo studio venne un piccolo ansito sorpreso. Lui fece capolino all’interno.Flo alzò lo sguardo dallo scrittoio. « Non possono essere già le sette!» .C’erano pagine sparse ovunque: sul divano, in piccoli mucchi sul pavimento, impilate sullo

scrittoio.« Che diamine stai combinando?»« Sto facendo le correzioni» .« Cosa?»« Correggo il libro. L’ho ripreso dalla dattilografa» .Lui aggrottò la fronte. « Bene, ottimo, ma dov’è la cena? E, già che ci siamo, dov’è Bea?»« È a cena da Lizzie Moore: ha telefonato per invitarla, e le ho dato il permesso. Lascia

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che ti versi un bicchierino, tesoro, la cena sarà pronta in un attimo» .Cosa poteva preparargli? Corse alla mensola dei liquori, mentre lui lasciava cadere la

valigetta e andava ad appendere il cap-potto.

« È stata una giornata infernale» .« Mi spiace, tesoro, mi spiace tanto. Ecco qui» . Gli passò il bicchiere e tolse i mucchi di

fogli dal divano. « Ecco, siediti qui, sarà pronto tra due minuti» .Bastoncini di pesce? Non dopo una giornata infernale. Lanciò uno sguardo nella dispensa.

Tutti quei barattoli. Ecco: un pasticcio di carne e rognoni di Fray Bentos. A lui piacevamolto; e bastava una ventina di minuti a portarlo in tavola. Trovò un apriscatole, armeggiòcon il barattolo e mise il pasticcio in forno. Pochi minuti dopo, mentre pelava le patate, ilsuo profumo si sparse per la casa.

« Mia cara» .

Se l’era cavata, questa volta. Ma la correzione del romanzo le stava prendendo tutto iltempo: non se l’aspettava. Le ci erano voluti due giorni soltanto per rileggerlo tutto,perdendosi, completamente, nella storia: la guerra, il suo cuore infranto (oh, Guy!),l’eccitazione del viaggio in India, l’amore, quella vero e ricambiato, per la prima volta nellavita.

E ora? Aveva ancora tantissimo lavoro da fare, solo adesso si era resa conto di quantastrada avesse davanti. L’Annuario degli scrittori e degli artisti conteneva i nomi e gli indirizzidi tutti gli agenti letterari e degli editori del Paese. Dava consigli su come presentare unmanoscritto. Ogni giorno cambiava idea su qualcosa: un capitolo doveva finire in un punto enon in un altro; una scena aveva bisogno di una descrizione più dettagliata, un’altra dovevaessere ridotta… Continuava a segnare i fogli con una matita, indicando cosa dovesse andaredove. Era un lavoro a tempo pieno!

« Tik hai?»« Sarà pronto tra due minuti!» .Avrebbe dovuto farlo battere a macchina da capo!

« Mia madre non fa che scrivere» , raccontò Bea all’uccellino che la ascoltava. « Credoche le importi più del suo libro che di noi» .

CREDO CHE LE IMPORTI PIÙ DEL SUO LIBRO CHE DI NOI.Dai rami scuri del ciliegio, l’uccellino la fissò. Era davvero ridicolo, alla sua età, parlare

ancora con lui. Come le smorfie di Freddie, avrebbe dovuto perdere quelle abitudini infantilida tanto tempo, ormai.

« Perde la nozione del tempo» , continuò. « E non so neanche se serva a qualcosa» .

La sera scendeva sempre più presto, gli orologi tornarono indietro. Sembravano le sette, einvece erano le sei, tutti avevano una fame da lupi e Will tornava a casa al buio e al freddo.Poi venne la resa dei conti.

Era andata piuttosto bene, nell’ultima settimana: la cena sempre in orario, aveva fatto laspesa; e venerdì sera aveva perfino preparato il curry !

« Mia cara!» .« Perché ci metti sempre la marmellata?»

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« Ci va» .« Ne sei sicuro?» .Ma andare avanti così… andare avanti così, quando il sesto capitolo probabilmente doveva

essere del tutto…Bea la chiamò al telefono. Era andata a prendere il tè da Julia Charters e le avevano

chiesto di restare a cena.« Mrs Charters mi riaccompagnerà a casa in macchina. Non è un problema, vero?» .In verità, non lo era. Avrebbe avuto un’ora in più da dedicare al libro.

Dopo il matrimonio, andarono a vivere per un po’ a Lucknow, una splendida vecchiacittadina dove un tempo c’era stato un terribile massacro…

Chiave nella toppa, niente fischi, la porta chiusa con un tonfo violento. Flo ebbe un sussulto.E a quel punto si rese conto della pioggia: stava scrosciando forte, fuori.

« Will?» .Non ci fu risposta. Sentì il tonfo della valigetta gettata a terra, e passi rapidi e pesanti verso

l’attaccapanni, e poi il rumore di una stampella staccata da un gancio e lasciata cadere.« Tesoro?» . Raggiunse la porta e lo vide girarsi con la stampella in mano, i calzoni

gocciolanti e il volto rabbuiato. « Che succede?»« È stato un vero giorno di merda. E non dirmi che la cena non è pronta» .Lei deglutì.« Santo Dio, Flo!» .Entrò in sala da pranzo, aprendo di scatto la credenza dei liquori. Facendo tintinnare le

bottiglie. Borbottando.« Dov’è il whisky?» .Dov’era il whisky? Forse era finito e avrebbe dovuto comprarlo? Ma era sempre stato lui a

comprarlo.« Non è lì?»« No, non c’è, dannazione» .Uscì dallo studio, la oltrepassò e si diresse a lunghi passi nervosi nello studio. Il sesto

capitolo, nella sua nuova forma, era disposto sul divano. Lui lo gettò sul pavimento.« Will!» .« Preparami qualcosa per cena» . Si sedette stancamente. Alcune pagine erano ancora sui

cuscini.« Will, sei seduto su…» .« Preparami la cena!» .Lei volò in cucina e ruppe delle uova in una ciotola, con le mani che tremavano. Se avesse

messo del formaggio in una omelette, l’avrebbe resa più sostanziosa. Aprì il frigo.Niente formaggio.Controllò meglio. C’era una confezione di formaggini Dairy lea, con due porzioni rimaste.

Si potevano cucinare? Poteva fare una prova. E c’era un pomodoro!« Ecco qui!» . Portò tutto su un vassoio.« Grazie» . Will era seduto accanto al fuoco. « Cos’è?»« Una omelette con formaggio e pomodoro» .« Una omelette?» . La punzecchiò con la forchetta. Il formaggino fuso scivolò fuori dai

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bordi. Ne prese un boccone.« E tu cosa mangi?»« Niente. Non ho fame» .Lui scosse la testa, mentre Flo se ne stava lì, in piedi, con le pagine del romanzo sparse ai

suoi piedi. Si piegò a raccoglierle.« Lavoro tutta la settimana» , cominciò lui, lentamente. « Su e giù da quel dannato treno,

d’estate e d’inverno, stanco, esausto, con la pressione che probabilmente mi sta salendo dinuovo alle stelle, e Marshall che dice che l’ultima fiera ha sforato il budget e che dobbiamoripensare tutto quanto… torno a casa e non c’è neanche una cena degna di questo nome.Hai tutto il santo giorno, qui, e non riesci a pensare ad altro che a quel maledettolibro» .

Flo si alzò in piedi. « Hai finito?»« No, non ho finito, dannazione!» . Sollevò il vassoio; per un attimo, lei fu certa che lo

avrebbe lanciato. « Non ne posso più» , dichiarò. « Torno a casa sotto la maledetta pioggia,senza riuscire a pensare ad altro che a un bicchiere di whisky e a una buona cena, e tu mimetti davanti una diavolo di omelette. Che, francamente, sa di concime. Che ti stasuccedendo, Flo? È chiederti troppo?» .

Fu quell’ultima frase a farla crollare; scoppiò in lacrime. Era vero, era vero, che diavolo siera messa in testa? Era lui che faceva tutto, era sempre stato lui.

« Mi dispiace» , singhiozzò. « Hai ragione, è tutta colpa mia. Mi dispiace tanto» .Lui sbuffò e si alzò in piedi. « Vado a farmi un bagno» , affermò, salendo lentamente al

piano di sopra.Flo restò lì a piangere, fissando i mucchi di fogli sparsi intorno a lei. Fuori, la pioggia

continuava a cadere.

L’autunno stava finendo, faceva freddo e tirava vento. Sul campo di lacrosse, Bearabbrividì, ferma in porta, dove veniva sempre messa perché era totalmente incapace. Eraun gioco assurdo: guardando chi ci sapeva giocare, le sembrava rapido e aggraziato, mentrele ragazze correvano sul campo con la loro racchetta, sollevandola per far finire al volonella rete in cima la palla che veniva lanciata e… ecco! Presa! Poi continuavano a correre.« Passa! Passa!» , strillava Miss Miller a bordo campo, facendola volare verso la successivaragazza con un lancio lungo e profondo.

Ma lei… lei non riusciva a imparare, si passava di continuo la racchetta da una manoall’altra, prendendo la palla con la sinistra e lanciandola con la destra: la faceva sentirecome Freddie, che era nato mancino, anche se ormai non ci pensava più nessuno, perché siera abituato perfettamente a essere destrorso, ormai.

« Passa! Passa!» .Finalmente la partita si concluse e tutte tornarono a scuola, camminando tra gli alberi

mentre calava il buio, lei insieme a Rosemary Reed, calpestando rametti bagnati eannusando il sentore della terra umida tutto intorno a loro. Immaginò che quello sportdovesse farle bene, in qualche modo.

E aveva avuto la parte di Feste! Tutte quelle deliziose canzoni da cantare…E quindi venne di nuovo il momento di salire sull’autobus affollato, con tutti quei ragazzi

della Grammar School, ma senza guardarli mai, per poi scendere alla sua fermatasalutando le amiche: « Ciao! Ci vediamo domani!» . Attraversò la strada, oltrepassò il

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cedro, camminando più veloce nel freddo, verso casa, verso la luce che trapelava dalcorridoio, attraverso il vetro smerigliato della porta, e verso un tè davanti al camino.Sempre se c’era del tè in casa.

Suonò tre volte il campanello.Avanti.Tre volte!Infine venne ad aprire.Oh, Dio.« Che succede? Mamma, che succede?» .Ma Flo non riuscì a parlare. Bea si chiuse la porta alle spalle e la seguì nello studio, dove il

tè era pronto e il fuoco stava ruggendo violentemente nel camino. Ruggiva, letteralmente.« Mamma? Cosa c’è?» .Flo aprì la bocca per parlare. E invece cominciò a piangere forte. Pianse e singhiozzò e

continuò senza riuscire a smettere…« Smettila! Smettila! Cosa è successo?» .E alla fine…« L’ho bruciato» .« Cosa?»« Il mio libro… vi avevo trascurati tutti… l’ho buttato nel fuoco…» . Si lasciò cadere sul

divano e pianse così forte che sicuramente avrebbero cominciato a sentirla dalla strada.Accanto a lei, le fiamme alimentate dalla carta scoppiettavano ruggendo nel camino. Deiframmenti anneriti volteggiavano nel focolare.

« Oh, mamma… ssh, ssh. Lo potrai riscrivere. So che ci riuscirai» .« No, mai» , mormorò Flo. Si appoggiò allo schienale del divano, esausta, coprendosi gli

occhi. « Quella era la mia versione migliore. So che lo era. Non lo scriverò mai più» .Bea si sedette sulla poltrona. Il tè era accanto a lei, sul piccolo tavolo indiano

deliziosamente intarsiato: c’erano anche un sandwich tagliato in quattro, un bicchiere dilatte, una tortina al cioccolato Mr Kipling e una confezione di yogurt al lampone Ski, il suopreferito.

« Grazie. Povera mamma» .Già mentre pronunciava quelle parole, sapeva cosa avrebbe risposto…« Io NON sono una povera mamma!» .Riprese a piangere forte. Bea si alzò e andò a sedersi accanto a lei, abbracciandola.« Mamma cara, ti voglio bene, mi dispiace» .Ma anche se era vero, anche se lo pensava veramente, provò di nuovo quella sensazione,

quella piccola e gelida punta di ghiaccio, quella distanza e quella freddezza. Qualcuno stavasoffrendo. E con ciò?

« C’è qualcosa di sbagliato in me» , raccontò Bea all’uccellino. « Non provo sentimenti.Non come dovrei» .

Quanto erano scuri i frutti intorno a lui, e quanto era scuro anche lui, a parte il suo freddoocchio giallo.

« Non c’è nessun altro con cui possa parlare» , spiegò ancora. « Non così. A volte misembra di non avere un cuore. Osservo le cose come se fossero lontanissime da me» .

L’uccellino la ascoltò gravemente.

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« Non sono sempre stata così» , soggiunse.NON SONO SEMPRE STATA COSÌ.

Oh, quanto erano tornati lunghi i giorni. L’autunno aveva lasciato il posto all’inverno, efaceva buio prima di rendersene conto. Bea tornava con i compiti da fare e saliva incamera a farli subito dopo il tè. Da Vivie le arrivavano lettere che, anche se non ci avrebbepotuto mettere la mano sul fuoco, le sembravano piuttosto formali e fredde. Stavainvecchiando e si stava allontanando da lei: era naturale, ma faceva male ugualmente.

Quanto a Will: per la maggior parte del tempo era esausto. Esausto e distante. Arrivava acasa per cena, si metteva davanti alla televisione e cominciava a russare pochi minuti dopo.La giornata finiva, e non c’era altro, a dimostrarlo, se non una pila di piatti da lavare, chetalvolta lasciava lì per tutta la notte. Orribile.

Ogni mattina, la sveglia trillava nell’oscurità. Ogni mattina, Will la spegneva e scendeva afare il tè, e lei se ne restava distesa a pensare: “Non un altro giorno”.

E poi entrava lui con il vassoio e le tazze che tintinnavano.« Flo?» . Non più “Mia cara”. Posava la tazza accanto a lei.« Grazie» . E poi lei si costringeva a mettersi a sedere, a bere il tè, ad alzarsi dal letto e a

mettersi la vestaglia, per scendere a preparare la maledetta colazione, salutare Will echiamare la figlia dal fondo delle scale.

« Bea! Bea!» .La luce del giorno che arrivava mentre lei usciva per andare a scuola.« A dopo, tesoro!» .Restava lì in corridoio, con la sua vestaglia azzurra. E ora?E ora niente.“Sto affondando”, pensava. E poi, con un brivido di terrore: “Oh, no. No, non di nuovo”.A volte, nelle giornate in cui non c’era la domestica, se ne tornava direttamente a letto.

Quando ne aveva le forze, si metteva a leggere: Somerset Maugham, H.E. Bates. Oh, sesoltanto fosse stata in grado di scrivere così! Oppure dormiva fino all’ora di pranzo,immersa in lunghi e complicati sogni. Quando si svegliava, si afferrava ai frammenti cheriusciva a ricordare: erano la prova che era ancora viva. Una volta era a una festa, con tuttigli invitati che ridevano e chiacchieravano intorno a lei, mentre lei era lì, in piedi da sola.Qualcuno la raggiungeva, alto e gentile…

Si svegliò di soprassalto, sentendo il dolce Roddy By att – ecco chi era! – che le dicevapiuttosto chiaramente: « Flo, mia cara, come stai questi giorni?»

« Non molto bene, temo» , mormorò alla stanza vuota, mentre se ne stava sdraiata, con letende tirate contro quel grigio giorno di novembre, ripensando, per la prima volta da anni, auna lunga e disperata passeggiata lungo il canale, con la luce del giorno invernale chesvaniva rapidamente.

Il Natale stava arrivando, e Flo sembrava come morta, per la metà del tempo. Il Natale, ela povera vecchia Agnes da sola a Wimbledon, senza che mai nessuno la invitasse. Ognidomenica, Will le telefonava dopo la messa.

« Come va?»« Abbastanza bene, grazie, Willie» . L’allegria nella sua voce era forzata e spettrale.« Dobbiamo invitarla» , disse a Flo, mentre affilava il coltello per il pranzo della domenica

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con insolito vigore.« Oh, Dio» .« Povera zia Agnes» , intervenne Bea, seduta con la schiena rigidamente dritta.Will mise giù il coltello. « Vuoi che la ospitiamo qui per Natale?»« No» , ribatté Flo, come sempre. Adesso, preparare il pranzo anche solo per loro tre era

quasi più di quanto riuscisse a sopportare, mentre pelava lentamente le patate nel tinello, etutto, dentro di lei, sembrava pesante come piombo.

« D’accordo» . Will tagliò un paio di fette di agnello troppo cotto e passò a Bea il suo piatto.« Ma dovremo comunque invitarla, prima o poi» . Si piegò per fare altre fette. « So che è unpo’ stressante» .

« È peggiorata» , commentò Flo, servendo le patate a Bea.Will sapeva che era la verità. Se Agnes prima di sposarsi era stata timida, ora, da vedova,

era nervosa e irritabile. Lagnosa, era la parola giusta da usare. Contraddiceva ogni discorso,o in qualche modo lo faceva sembrare sbagliato: « No, Willie, è stato nel 1949» . « Riposareil pomeriggio? Santo cielo!» . « La gara di corsa? Oh, immagino sia meglio di niente» .« Delle palline di grasso per le cince? Oh, no, io ho sempre dato loro del cocco» .

Ma alla fine… Smise di affettare l’agnello e si sedette pesantemente a tavola.« È mia sorella» .« D’accordo, d’accordo» .« E vive da sola» .« Ho detto d’accordo! Invitala pure» .In mezzo a loro, Bea si allungò a prendere la salsiera. Avrebbe potuto rovesciarla sulla

tavola, ovviamente. Almeno avrebbero smesso di discutere.ALMENO AVREBBERO SMESSO DI DISCUTERE.

Agnes venne a trovarli due settimane più tardi. Fu terribile. Parlò del viaggio, e dellachiesa. Il vicario aveva fatto questo, il curato quest’altro, il gruppo di preghiera si riunivaogni mercoledì: la sua voce querula andò avanti senza mai fermarsi.

Dopo pranzo, Will portò Bea a osservare gli uccelli ad Abbey Park, mentre Flo lavava ipiatti. “È quasi finita!” si disse, nel piccolo tinello pieno di vapore. Mancava soltanto il tè. Ein un certo strano modo, quella giornata l’aveva scossa dalla sua depressione: l’irritazione,per lo meno, la faceva sentire viva.

Ma poi…« E il tuo libro, Flo?» , le chiese improvvisamente Agnes, senza preavviso, mentre

sedevano di fronte al caminetto con le tazze di tè e qualche fetta di torta Battenberg. « Comeprocede?» .

Tutti si gelarono.« Ha smesso di scrivere» , rispose infine Will, prendendo la zuccheriera.« Smesso? E perché?»« Era un po’ troppo faticoso per me» , aggiunse Flo, sentendo lo stomaco contrarsi. « Mi

stancavo troppo» .« Tu sei sempre stanca» , commentò Agnes.

Will la accompagnò in macchina alla stazione, la salutò e tornò a casa. Era finita: grazie aDio. Per almeno qualche settimana, aveva adempiuto al suo dovere. E Flo aveva fatto uno

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sforzo, nonostante il suo brutto momento, alla fine.« Ehilà-àà?» .Trovò Flo e Bea accanto al fuoco.« Mia cara. Sei stata perfetta, è andato tutto benissimo» .« È stato agghiacciante» .« A me piace la zia Agnes» , intervenne Bea. « Io e Freddie ci divertivamo, da lei» .« Lo so, lo so, avrebbe dovuto avere dei figli suoi. Allora, chi vuole un bicchierino?»« Io andrei a preparare la cena» , disse Bea, alzandosi.« Tesoro, sarebbe meraviglioso» , affermò Flo, e a Will sembrò che fosse di nuovo lei,

almeno un po’. Dio, era così bello, ora che erano di nuovo loro tre e basta. Povera Agnes.Andò alla credenza dei liquori e prese un vassoio, mentre Bea andava a dare un’occhiata indispensa.

« Alla salute, tesoro. Come andiamo?» .Flo prese il suo bicchiere e fissò il fuoco. « Non molto bene» , ammise. « Non molto bene,

onestamente» .Will si sedette accanto a lei. « Sono stato un bruto. Non avrei mai voluto che tu bruciassi

quel dannato libro. Ma lo sai… dopo Melcote… dopo quel terribile periodo…» .« Oh, Will» .Lui le passò un braccio intorno alle spalle e lei gli si accoccolò contro. Ora sembrava tutto

più giusto.« Natale sta arrivando» , le disse lui, con dolcezza. « La prossima settimana sistemerò

l’albero» .L’oscurità delle ultime settimane iniziò a diradarsi: riusciva a sentirlo, lì accanto al fuoco,

di nuovo vicina a lui, mentre tutto sembrava tornare lentamente alla normalità. O per lomeno, alla normalità che poteva esserci senza il libro.

« Parlava di te» , mormorò lentamente. « Dell’India e di noi» .« Lo so, lo so. È stato così dolce, da parte tua» .« No, non dolce, per l’amor del cielo. Solo che…» .Come poteva spiegarlo?« Mi farò perdonare» , mormorò lui, e poi Bea tornò in salotto facendo sapere loro che

aveva trovato soltanto una scatola di sardine, e allora scoppiarono a ridere.

E poi, a Capodanno, arrivò la notizia più incredibile. Will ricevette una lettera da MrLandsowne.

« Freddie! Freddie, vecchio mio, vieni qui!» .Lui corse su per le scale. « Cosa è successo? Qualcosa di male?»« No, niente di male, anzi, non potrebbe andare meglio di così. Indovina?» .Lui non sapeva cosa dire.Will lo condusse in camera da pranzo e prese la lettera dal tavolo.« Ti hanno fatto capoclasse!» .Per un attimo, il ragazzo restò immobile senza dire nulla, incapace di crederci.« Non è possibile» , disse infine. « Mancano pochi mesi alla fine della scuola» .« Lo so, lo so» . Will agitò la lettera. « Ma senti qui… “L’alunno Harris è stato colpito da

una febbre ghiandolare e probabilmente non tornerà a scuola fino a dopo Pasqua. Saremmolieti di scegliere al suo posto il giovane Sutherland: è un ottimo elemento e sono certo che se

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la caverà benissimo. Spero di averla rallegrata con questa notizia”» .Posò di nuovo la lettera. « Direi che sono molto contento. E tu?» .« Parlava di te» , mormorò lentamente. « Dell’India e di noi» .Freddie lanciò uno sguardo nel giardino avvolto dall’inverno. Si immaginò a condurre gli

altri ragazzi in cappella, a leggere le lezioni, a farsi presentare ai nuovi genitori, mentre ilsuo nome sarebbe stato inscritto a lettere d’oro all’ingresso, una volta lasciata la scuola…

Ce l’aveva fatta, era arrivato da qualche parte, alla fine: un bambino adottato che avevaavuto successo.

« Sono molto contento» , dichiarò infine.

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3La primavera a Ryehurst. Non aveva niente a che vedere con la primavera a Melcote,

naturalmente; c’erano meli in fiore ovunque, gli anatroccoli uscivano dall’uovo con i loroteneri richiami, l’erba era di un verde brillante, eppure… Will aveva piantato un ribesaccanto al cancello e ora era pieno di fiori. C’erano narcisi e forsy thia in giardino, e unmerlo che si annidava in mezzo all’edera.

« Bea, guarda!» .« Delizioso» . Rientrò. Pochi minuti dopo, la voce di Elvis si fece sentire dolcemente dalla

finestra. Flo pensava che fosse bellissimo, ma il preferito di Will era Frank Ifield. Avevaanche lui un certo sex appeal.

« I remember you-hoo!» , intonò, rientrando in casa, il sabato mattina, per mettersi allascrivania e lavorare un po’, e per scrivere una lettera a Freddie. Lui e Flo erano in ottimirapporti, negli ultimi giorni.

« Ecco» . Lei portò il caffè e glielo posò accanto.« Mia cara» .Le finestre aperte, il sole che entrava nella stanza, tutto perfetto.

Flo sedeva allo scrittoio, del tutto svuotata. Niente scrittura, niente correzioni, era tuttofinito. Soltanto le lettere alla famiglia, appunti inutili scritti su foglietti e lasciati nelle caselledello scrittoio; soltanto bollette e ricette che non avrebbe mai provato, e il suo vecchio setcon la penna e il calamaio.

Nella casa vuota, stava leggendo l’ultima lettera di Vivie. Le sembrava ancora così stranopensare a lei e agli altri, laggiù senza più suo padre.

« La mamma non si alza quasi più dal letto, e vivo in attesa di sentirmi con Hugo. Hasuperato brillantemente i suoi ultimi esami, come immaginavamo. E da quel che ho capito,ha una nuova fidanzata! Non che ne abbia mai conosciuta una…» .

Flo scrisse una lettera speciale per sua madre, immaginandola nel suo letto, con la cartada parati a rose della sua stanza intorno e la sua trapunta di raso.

« Freddie sta andando benissimo, è diventato capoclasse. Siamo così felici per lui» .Posò la penna. Era davvero felice di qualcosa, ormai? Tutti gli altri stavano andando avanti

senza di lei: le sembrava che stesse andando proprio così. Oh, cosa aveva fatto, lo scorsoautunno? Un atto impulsivo, folle, appassionato… ecco cos’era stato. Un gesto di passione: esembrava piuttosto incredibile, e meraviglioso, a modo suo.

Brucia! Al diavolo!Ma poi… quanto dolore aveva provato… e di fronte a Bea! Terribile. Non avevano più

parlato, da allora. Bea non parlava di molte cose, ultimamente, a parte del pop e della suarecita.

Quanto al caro Freddie, stava crescendo, di colpo, e non faceva più tutte quelle smorfie diun tempo, al massimo si schiariva la gola in modo molto adulto, di quando in quando, e lasua voce stava diventando sempre più profonda. E lui era sempre meno affettuoso.Ovviamente, era un fatto naturale, ma oh, quanto le mancavano i suoi abbracci e i suoibaci. Perlomeno, ora non piangeva più quando doveva tornare a scuola, e comunque eraquasi finita.

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« Comincerà a frequentare la St Luke’s, in autunno, ed è appena a mezz’ora di macchinada qui. Non dovrà più lasciarci per tanto tempo! È una scuola per i figli dei pastori, comeMountford Park. Lui, naturalmente, è un nipote di pastore, non un figlio, ma avremocomunque uno sconto sulla retta!» .

L’aveva solo immaginato, o Freddie si era davvero chiuso in un profondo silenzio, quandoWill aveva cominciato a dire che quella era l’ultima volta che doveva andare via di casa?Aveva continuato a parlare a lungo di suo padre e della Chiesa, quasi come Agnes, eFreddie non aveva praticamente reagito. Non gli piaceva più parlare della famiglia?

« Comunque, cara mamma, ora devo andare. Ti scriverò presto!» .Scrisse l’indirizzo sulla busta e vi incollò un francobollo, per poi mettere la lettera nella

vecchia scatola di legno di quercia in cui riponeva le lettere da spedire.E ora?Lunghi giorni vuoti senza passione e senza scopo. Era così che le sembrava, ancora.Pranzava. Saliva le scale e andava a letto, dove si addormentava profondamente, come

dopo l’amore.« Flo, mia cara» , diceva Roddy By att, in uno dei suoi sogni. Stava camminando lungo la

riva fitta di canne del fiume, che scorreva cupo e freddo. Lo vedeva davanti a sé, checamminava con addosso il suo cappotto invernale, e il fucile al suo fianco. Poi si girò aguardarla, e lei vide il suo volto terreo.

« Flo, mia cara» . E sollevò il fucile: Flo si svegliò di soprassalto.

Era quasi Pasqua, il tempo era eccellente, la cioccolata era stata messa via per laQuaresima. Era un argomento di cui parlare con Agnes quando Will la chiamava ognisettimana dopo la messa, insieme al fatto che il merlo andava e veniva dall’edera con ilbecco pieno di vermiciattoli: le sarebbe piaciuto saperlo.

« Come andiamo?» .E per una volta, c’era una novità da parte sua.« Partirà per un viaggio in Terra Santa» , raccontò Will a Flo e Bea, mentre si sedevano a

tavola per il pranzo. « Per Pasqua, con delle persone della sua parrocchia» . Prese il coltelloe cominciò ad affilarlo. « Le farà sicuramente bene» .

Pasqua, deliziosa Pasqua. A Melcote, il tavolo della colazione era pieno di primule e uovasode tinte con la cocciniglia e decorate con buffe facce a matita, opera di Flo. La Pasquaera come un acquerello, tutto era tinto della pallida luce del sole primaverile, ed era ilmomento più felice dell’anno.

Ma prima c’era il Venerdì Santo.« Non posso andare in chiesa di Venerdì Santo» , disse Flo, come diceva ogni anno. « È

troppo orribile e triste» .« Oh, tesoro, ti prego» .Lei scosse la testa, e Will smise di insistere. Era tornata di nuovo piuttosto silenziosa, e lui

non sapeva spiegarselo.Così, andarono soltanto in tre, Will, Bea e Freddie, che era tornato a casa per le vacanze e

ormai sembrava un vero ometto in tutto ciò che faceva: si era perfino offerto di tagliarel’arrosto! « No, grazie, vecchio mio» . Si incamminarono verso la chiesa nel pomeriggio delVenerdì Santo, mentre le campane facevano sentire i loro lenti rintocchi.

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Gesù era morto alle tre del pomeriggio; la messa iniziò alle due. Entrarono silenziosi e serinella penombra della chiesa, sul cui altare brillavano le candele accese. Si inginocchiaronoepregarono.

Come sempre, in quegli ultimi tempi, ci volle un po’ a Bea per concentrarsi. Quando ebbescacciato l’immagine di se stessa che cantava nel cortile della scuola, alla fine delsuccessivo semestre, incantando tutti i genitori intervenuti per assistere alla recita, ebbeappena il tempo di cominciare: “Buon Dio, in questo tragico giorno, penso alle sofferenze diTuo Figlio…”, prima che tutti tornassero di nuovo in piedi.

“E non sto pensando affatto alle sofferenze di Cristo”, pensò, mentre Mr Barber cominciòa intonare la musica dietro al crocifisso. “Questa messa dovrebbe essere così triste che lamamma non sopporta neanche di entrare in chiesa, e io non riesco a pensare ad altro che ame stessa, come al solito”. Accanto a lei, Freddie si schiarì la gola in quel modo fastidiosoche aveva sviluppato. Ovunque fossero, in casa o in città, per esempio da Woollies,sapevano sempre dov’era. Forse si trattava di un altro tic nervoso. Cosa aveva da esserenervoso, adesso?

Si alzarono in piedi per il primo inno. E poi, mentre l’organo risuonava e iniziavano acantare, Bea sentì un grosso nodo che cominciava a chiuderle la gola.

C’è una verde collina lontanasenza una cinta muraria…

Era tornata nella classe della Miss Beasley s, con tutte le allieve assiepate intorno al piano ela stanza che sapeva di gesso e narcisi in vaso, e lei cantava quel dolce inno, immaginandola collina coperta d’erba, così bella e triste, e, oh, così lontana.

La voce di Freddie era piuttosto ferma e profonda, ora, mentre cantava accanto a lei.

Non possiamo sapere, non possiamo direquali sofferenze abbia dovuto patire…

Le si riempirono gli occhi di lacrime: non per le sofferenze di Cristo, ma per la bambinache era stata un tempo. “Ero buona, quando ero piccola, vero?”, si domandò. “Cosa mi èsuccesso?”.

E mentre le voci di Freddie e di suo padre si levavano più alte, chinò il capo, e le lacrimepiovvero sul suo messale. Pensò all’incidente di Snowy, investito da una macchina quellasera sotto la pioggia, e come una parte di lei fosse stata tanto triste, mentre un’altra volevasoltanto raccontarlo alle amiche a scuola. Era stato Freddie quello che ci era stato davveromale: aveva quasi del tutto perso la parola, quando era tornato a casa e glielo avevano detto.Lei aveva pensato solo a darsi importanza, quando avevano saputo dello zio Neville: “Miozio è morto durante le vacanze”. Come se quell’evento la rendesse speciale.

Ma soprattutto pensò a sua madre, mentre singhiozzava e si disperava davanti al camino,dove le ultime pagine annerite del suo libro si erano ridotte in cenere.

Non scriverò mai più.Bea aveva tentato di confortarla – Io non sono una povera mamma! – ma in realtà, nel suo

cuore, era rimasta semplicemente a osservarla, fredda come il ghiaccio.

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« Sei diventata terribilmente silenziosa» , commentò Freddie, rivolto a Bea, dopo pranzo.Stavano lavando i piatti nel tinello, come facevano sempre quando lui era a casa. « Perchéti sei messa a piangere, in chiesa?» .

Bea scosse il capo. « A volte mi sembra di non essere una brava persona» .MI SEMBRA DI NON ESSERE UNA BRAVA PERSONA.Lui asciugò con attenzione le forchette da pesce. « Sì che lo sei. Io non so cosa farei, se

non ci fossi tu, certe volte» .« Dici davvero?»« Certo. Durante le vacanze, intendo» . E mentre la guardava sciacquare i piatti, pensò che

quella sarebbe potuta essere la parte peggiore, un giorno, rivelarle che in realtà non eranodavvero fratello e sorella, e che i loro genitori avevano nascosto la verità anche a lei.

Un pesciolino d’argento corse via dall’asciugatoio di legno.« Ti voglio bene, Freddie. Fred, voglio dire» .Lui si schiarì la gola. « Anch’io» .

E poi, non appena le vacanze di Pasqua furono finite e Freddie fu tornato a Mountford perl’ultima volta, accadde qualcos’altro.

« Agnes ha conosciuto un uomo!» .« Davvero?» .Era un vicario, ovviamente. Un vedovo scozzese con una parrocchia a Dumfries, quindi

non nel bel mezzo del nulla, alle Ebridi o chissà dove. Semplicemente appena dopo ilconfine, e in una città dove arrivavano molti treni. E ovviamente la madre di Will e Agnesera stata a sua volta mezza scozzese, quindi avevano qualcosa in comune. Si eranoconosciuti durante il viaggio in Terra Santa, nel corso del quale molti gruppi provenienti daparrocchie diverse si erano ritrovati nello stesso hotel poco fuori Gerusalemme. Cenavanotutti insieme, ed era stato amore a prima vista.

« Ma davvero?»« Così ha detto» .« Be’, grazie a Dio» .« Passami la salsa, per favore. Mi chiedo quando potremo conoscerlo» .« Dobbiamo proprio? Non possono semplicemente sposarsi e andarsene a vivere in

Scozia?»« Mamma, ti prego» .

La recita scolastica: improvvisamente era diventata tutta la sua vita. Le fece dimenticarele partite di lacrosse e perfino la matematica. Mentre il grande giorno si avvicinava sempredi più, le prove si tenevano in ogni momento libero, e poi arrivarono i costumi da Londra inscatole enormi, e tutte si misero a provarli, lasciandosi andare a reazioni isteriche, e JuliaCharter, che recitava nella parte di sir Toby Belch, si infilò un cuscino sotto al farsetto persembrare davvero grassa.

« Sembri incinta!» .Bea seguiva speciali lezioni di canto con Mrs Hemming, l’insegnante di musica,

doposcuola, nella sala da ballo vuota, mentre il sole marezzava il vecchio parquetconsumato, il piano suonava e lei si immaginava con il suo pubblico invisibile.

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Vieni, deh, vieni, o Morte,e d’un triste cipresso all’ombra duraio trovi sepolturae rifugio alla mia cattiva sorte…

« Eccellente» , diceva Mrs Hemming. « Allunga quelle vocali un po’ più gentilmente, Bea.Ecco, così, molto meglio» .

E poi arrivò il trucco! Scatole e scatole di trucchi!« Verrai a vedermi, vero, mamma?» .C’erano le altre madri. Ma doveva farlo.« Non devi venire per forza, se non te la senti» .« Ma certo che verrò. E anche papà. Sei così brava, tesoro» .

Bea era vestita da giullare, in piedi all’angolo del cortile, accanto al vaso pieno di gerani, ela sua voce risuonava verso il pubblico silenzioso.

Mentre il trio suonava gentilmente nell’angolo accanto al prato, e tutti gli occhi, infine,erano puntati su di lei, dimenticò ogni senso di colpa, non provò più vergogna per averdesiderato di mettersi in mostra, e dimenticò anche di essere vuota e fredda. Era lì, dovedoveva essere, e li stava incantando tutti.

E non un solo fiore profumatosulla mia bara nera sia gettato…

Anche se non aveva finito, tutti cominciarono ad applaudire a metà della recita.L’ultima settimana del semestre. Si radunarono tutte in palestra. C’era un palco, nella

grande sala, che veniva usato per le recite interne in autunno, e che adesso serviva per lacerimonia della consegna dei premi. Le finestre erano aperte sui giardini, e il profumo dellerose e dell’erba appena tagliata entrava prepotente all’interno, mentre tutti gli insegnantierano riuniti sul palco, con i loro abiti più eleganti addosso, e tutte le allieve volevano saperequale Casa fosse arrivata prima e chi avesse vinto cosa.

Miss Hawthorne era salita sul palco, avvolta dal suo abito di lino.« Buon pomeriggio, ragazze. Sedetevi, per favore» .Tutte si sedettero. E poi la cerimonia cominciò: gli annunci e gli applausi, mentre le allieve

salivano una dopo l’altra sul palco, si inchinavano e ringraziavano, per poi scendere concautela i gradini di legno, serrando al petto il libro o la coppa che avevano ricevuto. Beatrattenne il fiato. C’era anche una Coppa della Recitazione. Avrebbe potuto… sarebberiuscita…?

Andò a Vanessa Grant. Be’, era ovvio; era stata perfetta nel ruolo di Orsino. Non avevaimportanza, avrebbe avuto un’altra possibilità l’anno successivo, e comunque forse soltantole allieve dell’ultimo anno venivano premiate.

Applaudì insieme a tutte le altre, mentre Rosemary Reed mormorava: « Che sfortuna, tusei stata bravissima» , accanto a lei. Ma poi, di colpo, mentre alzava lo sguardo verso ilpalco, e la polvere si muoveva lenta in mezzo ai raggi di sole che entravano nella sala,accadde di nuovo: qualcosa si spense nel suo cervello, e a Bea sembrò di svanire.

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4Autunno. Una nuova uniforme scolastica, perché era cresciuto così in fretta, e una nuova

penna stilografica, e tutto il resto. Ma ora l’uniforme era un’altra, un abito grigio con ipantaloni lunghi, e la scuola diversa.

Will lo avrebbe accompagnato in macchina, loro due soltanto, gli uomini di casa. Unnuovo inizio, e tutti i dispiaceri di Mountford ormai alle spalle. Gli aveva comprato unamacchina fotografica, per ricordare quel magico momento: una nuova, splendida vita stavaper cominciare. A Will faceva pensare a quando lui era partito per l’India, in un certosenso: fuori dalla sicurezza della famiglia, e finalmente libero di esplorare il vasto mondo.

Fred, un po’ pallido, aveva tutti i bagagli pronti in corridoio.« Ciao, mamma» . Questa volta, la sua voce non era ferma; si schiarì la gola.« Arrivederci, tesoro. Ti voglio tanto bene. E stai benissimo!» .« Ciao, Bea» .« Hai una voce così buffa! Ciao, Freddie, Fred. Ci vediamo presto» .« In macchina!» .Avevano una nuova automobile, ora, una Morris Traveller. Non consumava molta benzina

e andava benissimo: li portò a Brockwood, davanti alla St Luke’s, in un attimo.« Eccoci!» .C’era un insegnante in attesa sulle scale, mentre tutti i ragazzi arrivavano.Ci erano già stati una volta, durante le vacanze estive, avevano pranzato a Brockwood e poi

avevano conosciuto il preside e si erano dati un’occhiata intorno. Per quel che aveva vistoFred, non c’era niente di nuovo: alti cancelli, pietra grigia, edera. Ma l’edificio era costruitointorno a un cortile interno con un monumento in memoria della guerra al centro: inqualche modo, lo faceva sembrare un luogo più da grandi. Lui e Will tirarono fuori dalbagagliaio le sue valigie e le portarono su per le scale. Poi ci fu tutta la solita sfilza diconvenevoli con l’insegnante, tutta la serie di “Splendido” e “Fantastico” e le strette di manodel caso.

« Arrivederci, Freddie, vecchio mio. Cioè, Fred» .« Ciao» . Ed eccolo lì, di nuovo lasciato a se stesso. Deglutì, mentre altri ragazzi lo

oltrepassavano entrando nell’edificio. « Grazie ancora per la macchina fotografica» . Nonlo avrebbe chiamato “papà”. Non lo avrebbe fatto.

Stavano lavorando sodo, in quel semestre: era l’autunno del 1962, l’ultimo anno, per lei. Unanno da prendere sul serio. E lei lo faceva, ci stava davvero provando. Seduta alla scrivania,la sera, svolgeva gli esercizi di grammatica e comprensione, e scriveva temi e saggi comese fosse nata per farli. Prendeva sempre il massimo dei voti, e in quella materia continuavaad andare benissimo. Nient’altro le riusciva così bene, a parte la religione, che in qualchemodo le scorreva nel sangue, come per Freddie. O Fred, come si voleva far chiamareadesso. Otto materie insieme. Non c’era matematica, e neanche fisica o chimica, soltantobiologia.

« Gli organi riproduttivi» , scrisse Miss Leaming alla lavagna. « Del coniglio» , aggiunsecon decisione. Le ragazze cercarono di soffocare qualche risatina di troppo. Miss Leamingera una donna alta e magra, che si diceva appartenesse alla Confraternita di Plymouth;

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molto severa, apparentemente. Per lei era dura spiegare proprio la riproduzione.« Grazie, Miss Leaming» . Si alzarono mentre la campanella suonava.« Grazie a voi, ragazze. Passate un buon fine settimana» .Oh, i fine settimana. In qualche modo, Bea sembrava trascorrerli spesso con Will. Non

c’era niente da fare il sabato sera, una volta che Juke Box Jury era finito, la cena era finita,e Flo se ne andava lentamente di sopra.

« Mamma» , aveva detto Bea, alla fine dell’ultimo semestre, mentre bevevano il tè, dopola scuola. « Mamma, sai quella specie di vuoti che mi capitano a volte?»

« Vuoti?»« Sì, quando è come se non fossi qui» .« Io non ci sono spesso, qui» , aveva commentato Flo, versandosi un’altra tazza di tè.« Mamma! Sto cercando di dirti qualcosa. Ne ho avuto uno piuttosto forte, alla cerimonia

della consegna dei premi. Ho avuto un vuoto totale» .Flo l’aveva fissata. « Hai la maledizione?»« No. Non dovrebbe venirmi prima della prossima settimana» .Lei aveva scosso la testa. « Forse il dottor Hughes dovrebbe visitarti» .Ma alla fine non l’aveva fatto, e poi, per tutta l’estate, le era capitato solo una o due volte,

mentre era fuori a passeggiare con Will, e ascoltava le sue storie. « Mi ricordo unavolta…» . Gli teneva compagnia perché si sentiva obbligata a farlo: Flo non andava mai conlui, mai.

« Già sali di sopra?» , le chiese in quel momento, mentre lei sbadigliava, dopo la cena.« Se vuoi, vai pure. Io salirò tra un po’» . Andò in salotto e accese il televisore. « Bea? Vienia vedere un po’ di televisione con me?» .

Si sedettero sul divano, e lui cercò di prenderle una mano.« Mia cara» .MIA CARA.Si scostò.« Arden House…» .La domestica del dottor Finlay sollevò la cornetta di un vecchio telefono. L’affascinante

dottor Finlay, il vecchio, decrepito dottor Cameron, Janet la domestica: un dramma tra lecolline scozzesi.

« Mi chiedo come se la stia passando la zia Agnes con il suo vicario scozzese. A quanto hocapito, ci sono altre vedove che gli hanno messo gli occhi addosso» .

« Oh, cielo. Povera zia Agnes» .Il dottor Cameron e il dottor Finlay discutevano su una diagnosi, Janet intanto preparava la

cena.Era così che doveva essere un fine settimana?

Nel giro di una settimana, Fred capì che sarebbe andato tutto bene. Tanto per cominciare,la mensa era ottima: consumavano pasti completi tre volte al giorno. Porridge e uova conpane tostato e marmellata per colazione; carne, verdure e pudding a pranzo, tuttomeravigliosamente caldo; salsicce e patate al forno per cena, con della frutta fresca. Nelgiro di due settimane, dovette chiedere alla direttrice di allargargli i pantaloni lunghi e grigi(due paia) in vita.

Dormiva anche meglio, senza i morsi della fame, e non aveva neanche troppo di cui

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preoccuparsi per il fatto di essere nuovo. Alcuni compagni gli erano piaciuti subito, e a loroera piaciuto lui: conoscevano tutti i comportamenti e le regole degli anni precedenti, econtinuavano semplicemente a seguirli.

Quanto allo studio, non gli risultò difficile. Non ottenne subito il massimo dei voti, comealtri allievi, ma riuscì fin dall’inizio a cavarsela bene in tutte le materie. E c’erano tante altrecose da fare, a parte lo studio: tanta vita sociale, la Combined Cadet Force e tutto lo sport,ovviamente. C’era anche una piscinacoperta.

« Cari mamma e papà» – come altro avrebbe potuto cominciare una lettera? – « speroche stiate entrambi bene. Mi sto ambientando bene, qui, e mi piace molto…» . Era bellopoter scrivere la verità, per una volta. « Ci sono quattro case: io sono nei Wellington. Laprossima settimana sosterrò le prove per entrare nella squadra di corsa campestre, e misono iscritto alla Società Fotografica…» .

Naturalmente, c’era una cosa che non avevano mai fatto a Mountford: i servizi per gliallievi più anziani.

« Dov’è la mia divisa? Sutherland! Dov’è la mia divisa?»« È qui, Collingwood. E ti ho anche lucidato gli stivali» .Collingwood era più grande, ed era capoclasse, oltre che capitano della squadra di rugby.

Alto, con i capelli scuri e pieno di sé, con un nome che somigliava abbastanza a quello diCollins da far provare una fitta di nostalgia a Fred quando l’aveva sentito per la prima volta.Collins: chissà dov’era, adesso? Ma non aveva perso troppo tempo a domandarselo: c’eranotroppe cose a cui stare dietro. Doveva pulire le scarpe da rugby di Collingwood e lucidare leparti metalliche della sua divisa da Cadetto. E doveva sedersi sull’asse del gabinetto, inbagno, per scaldarla, nelle gelide mattine d’inverno, prima che Collingwood ci potesseappoggiare il suo didietro da capoclasse.

« Okay , Sutherland. Puoi andare» .I prefetti potevano picchiare le matricole, se volevano, ma fino a quel momento, Fred era

riuscito a evitarlo. Non era più stato picchiato da nessuno, studenti o insegnanti che fossero.Trascorreva i mercoledì pomeriggio fuori con la sua macchina fotografica a fare foto. O“scatti”, come li chiamava sempre Will. Si poteva rendere interessante qualsiasi cosa, se cisi provava abbastanza. Imparò a sviluppare i negativi, con Mr Simmonds chesupervisionava il lavoro nella camera oscura, piena di bacinelle di plastica e agenti chimici.Piegarsi in avanti con le pinzette, immergere la pellicola ancora vuota e vederlatrasformarsi in una vera fotografia in bianco e nero, per poi appenderla ad asciugare conpiccole mollette su un filo: era un’attività che assorbiva completamente. Affascinante,come avrebbe detto Flo.

Tutto sommato, la vita sembrava sorridergli.Rigirandosi nel suo nuovo letto, nel dormitorio della scuola, ripensò a tutte le brutture di

Mountford Park, ai morsi della fame, alla paura, alle punizioni corporali. Alla punizione diCollins. I suoi genitori l’avevano portato via, quindi doveva aver raccontato loro quanto eraaccaduto. Ma Will l’aveva lasciato lì, anche se tutti continuavano a ripetere che era troppomagro, anche se Flo gli aveva raccontato di Mr Ward e delle cose disgustose cheaccadevano nel suo piccolo e delizioso cottage nel campus.

Ma del resto, Will non era il suo vero padre. Perché se ne sarebbe dovuto preoccupare?

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« Mamma? Stai bene?» . Era sabato pomeriggio, Will era uscito a fare bird-watching conHarold Beamish della parrocchia, Lizzie era a Londra con i suoi genitori e Flo a letto, comesempre.

« Sono solo un po’ stanca» . Batté con il palmo contro la trapunta. « Vieni a stare un po’con me. Negli ultimi giorni, quasi non ti ho visto. Cosa hai fatto di bello?»

« Non molto» . Bea si infilò nel letto e tirò su la trapunta, dopodiché prese il libro sulcomodino di Flo. « Somerset Maugham… lo leggi sempre» . Il libro era una grossaantologia di tre romanzi rilegati in tela rossa: Schiavo d’amore, La luna e sei soldi e Il velodipinto.

« Qual è il migliore?»« Il velo dipinto, credo, ma sono tutti molto belli: ti conquistano completamente. Sono così

vividi! Mi piacerebbe tanto saper scrivere così. E H.E. Bates…» . C’era un suo romanzo,sotto all’antologia di Somerset Maugham, coperto da un leggero velo di polvere. « Delledeliziose storie di campagna» , commentòFlo.

« Mamma, pensi che tornerai mai a…» .« No» , dichiarò lei. « Non lo farò. Non ci pensiamo neanche» . Accarezzò la mano di

Bea. « Ora sei tu, mia cara, che devi salire sul palco» .Bea posò il libro. Voleva davvero salire sul palco? Non sapeva cosa voleva fare, in realtà.

Restò sdraiata a guardare la stanza, e tutto ciò che aveva sempre conosciuto, per tutta lavita: il comò di Will, con i tre drappi indiani ricamati sopra; la consolle di legno laccato diFlo, con i suoi tre specchi, in modo da potersi guardare da ogni angolazione, senza smetteremai.

Al piano di sotto, la cassetta delle lettere scattò.« Probabilmente è la rivista della parrocchia» .Probabilmente, sì, ma valeva comunque la pena di andare a dare un’occhiata.E… sì, era una lettera! Per lei! La aprì rapidamente, tirando fuori un invito con un biglietto

allegato.« Cara Bea, spero che tu stia bene e che la scuola proceda anche meglio. Spero tu possa

venire… ci saranno anche dei ragazzi!» .Lizzie stava organizzando un party per il suo sedicesimo compleanno.

Fred tornò a casa a metà semestre. Sembrava essere cresciuto di una buona quindicina dicentimetri.

« Tesoro! Sembri quasi un diciassettenne!» .Era meraviglioso averlo di nuovo a casa. Quel dolce e timido sorriso, che prendeva forza

sempre di più, man mano che passava la settimana.« Papà?» . Doveva chiamarlo così. Quella parola gli si strozzava in gola, ma doveva farlo.« Dimmi, vecchio mio» .« Sai, lo stanzino…?»« Sì, certo» .« Pensi che potremmo trasformarlo in una camera oscura? Per le mie foto?»« E perché no?» .

Naturalmente, uno dei ragazzi alla festa sarebbe stato l’altezzoso fratello maggiore di

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Lizzie, James. Di solito era a scuola, ma lei sarebbe riuscita a farlo tornare a casa per il finesettimana, certo che sì, e probabilmente avrebbe portato anche qualche suo amico. Nessunadelle sue compagne riusciva a parlare d’altro, a scuola.

Cosa avrebbe indossato?Flo la accompagnò in città. « È ora che tu abbia una paghetta per comprarti dei vestiti,

tesoro» .Davvero? Le si stava aprendo davanti un’incredibile rosa di nuove possibilità. Flo si sedette

su una poltroncina, da Penny ’s Boutique, mentre Bea provava qualcosa. In realtà, avrebbepreferito essere da sola, o con un’amica, ma poi come avrebbe pagato? Non potevasemplicemente avere quella paghetta e…

« Mi piace fare acquisti con te, tesoro» .Per una volta era riuscita a uscire, per comprare dei vestiti con Bea, loro due da sole,

madre e figlia, con in mente ragazzi e feste. Finalmente un minimo di divertimento.« Che ne pensi?» .Bea uscì dal camerino e si fermò davanti a lei. Flo fece fatica a riconoscerla. Indossava

un elegante abitino nero con due file di grandi bottoni bianchi sul davanti. Era un capocomune, o era quella la moda del momento?

Bea fece un giro completo, sui piedi avvolti dalle calze, di fronte allo specchio intero. « Miserviranno delle scarpe. Con i tacchi, intendo» , commentò, alzandosi sulle punte.

« Tesoro, sei troppo giovane per portare i tacchi. Ti faranno male alle ossa del bacino» .Tornarono a casa con il vestito e le scarpe alte.« Will? Tesoro, vieni a dare un’occhiata» .« Oh, mamma! Non voglio che mi veda» .« Perché?» .Come succedeva spesso a sua madre, semplicemente non riusciva a spiegarsi.La sera della festa, pioveva forte. Will la accompagnò in macchina a casa di Lizzie. Non

era affatto come la loro: si trovava su una lunga strada dietro a Micklegate, dove le caseerano semplicemente enormi, con giardini immensi e campi da tennis intorno.

« Eccola» .« Santo cielo» . Lui si accostò, sbirciando fuori mentre i tergicristalli andavano avanti e

indietro. « Bene. Divertiti, cara. Verrò a prenderti alle nove e mezzo» .« Alle dieci, papà. Per favore. Nessun altro andrà via alle nove e mezzo» .« D’accordo, alle dieci. Ciao, tesoro» . Si sporse a baciarla; lei aveva già aperto lo

sportello. L’ombrello di Flo si aprì in un attimo. « Ciao!» , la salutò ancora, ma lei era giàcorsa via sotto la pioggia, su quei suoi tacchi alti.

« Oh, d’accordo» , mormorò lui, mentre si allontanava.In casa, Mark Wy nter cantava Venus in Blue Jeans sull’enorme impianto stereo, e il padre

di Lizzie offriva bevande frizzanti a tutti, nel grande salone. Era semplicemente succo difrutta con soda, ma sembrava davvero elegante, servito nei calici da champagne. Beasistemò l’ombrello di Flo nel portaombrelli.

« Limonata, per me. Grazie mille» .« E tu chi sei?» , le chiese Mr Moore.« Sono Bea» . Ridacchiò. « Sono stata qui tante volte… mi conosce bene!» .« Bea? Santo cielo. Non ti avrei mai riconosciuta. Stai benissimo, cara» .« Grazie. Dov’è Lizzie?» .

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Lizzie era con suo fratello nell’enorme salone, con tanto di trucco e orecchini. Il parquetcopriva il pavimento del corridoio, proseguendo nella sala e facendola sembrare ancora piùgrande. Il campanello continuava a suonare senza tregua. Bea sorseggiò la sua limonata eandò a fare gli auguri all’amica.

« Grazie, Bea. Conosci già James, vero?»« Sì, certo. Ciao» .« Ciao, Bea» .Non lo vedeva dalla precedente estate, e ora sembrava del tutto diverso: ancora più alto, e

con una voce ancora più profonda, e ancora meno avvicinabile. Provò comunque aparlargli.

Cerca di fare in modo che il tuo ragazzo ti parli di sé. Era questo che suggeriva EvelynHome su « Woman» , che Flo definiva dozzinale, ma che ancora leggeva, di tanto in tanto,quando la loro domestica lo dimenticava in casa.

« Che materie hai scelto quest’anno?»« Fisica, chimica e matematica» , spiegò James, guardandola dall’alto della sua incredibile

statura. Proprio come Hugo!« Questo è Alex» , le disse, mentre un ragazzo in completo scuro li raggiungeva.E poi si allontanò, e lei e Alex rimasero lì da soli. Adesso sarebbe dovuto ricominciare

tutto da capo. In verità era piuttosto carino, biondo e con un sorriso simpatico, e con un granbel paio di occhi azzurri. Sì, proprio carino. Iniziò a chiedergli di lui, poi lo stereo iniziò asuonare Let’s Twist Again e pochi secondi dopo tutti stavano ballando. Era impossibile farealtrimenti, quella canzone era rimasta in cima alle classifiche per mesi, e perfino Mr Mooresi mise a ondeggiare, trascinando Mrs Moore sulla pista da ballo, anche se Bea vide subitoche Lizzie avrebbe preferito di no.

Poi fu la volta di Cliff, con Do You Wanna Dance, un’altra canzone che non permetteva distare fermi, e lei e Alex presero a ballare vicini, senza effettivamente guardarsi negli occhi,ma sorridendo quando i loro sguardi si incrociavano, e subito dopo partì Hit the Road Jack.Lizzie doveva aver passato secoli a scegliere quelle canzoni e a metterle nel giusto ordine, eora finalmente il ghiaccio era rotto, e tutti insieme cantavano in coro « Hit the road, Jack!» ,divertendosi un mondo. Poi vuotarono qualche altro bicchiere per placare la sete, e Alex ledisse che non ricordava che materie aveva scelto a scuola, e questo fece scoppiare Bea aridere.

A un certo punto, tutte le luci si abbassarono, e tornò Cliff, che cantava appassionatamenteThe Young Ones: faceva sembrare davvero che li conoscesse tutti, uno a uno, e che capissecome desideravano che le cose finalmente accadessero. E prima che potesse rendersenepienamente conto, Alex la prese tra le braccia e si ritrovarono a ballare stretti l’uno all’altra,e poi arrivò When the Girl in Your Arms Is the Girl in Your Heart, così lenta e romantica, cheBea cantava sempre a Freddie, e di colpo lui la baciò.

Per un attimo, sembrò come quell’orribile bacio che aveva ricevuto anni prima da DavidBone, sulla riva del fiume quella sera alla fiera della Società rurale dei latifondisti, maora… ora stava baciando un ragazzo della sua età, così bello per giunta. Alex forse pensavache lei sapesse baciare in quel modo, proprio come lui, e ovviamente non era così, ma inqualche modo lo seguì, e poi iniziò a piacerle e continuò, finché la musica non si fermò eloro due si separarono, sorridendosi e distogliendo lo sguardo.

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Cara Vivie,Bea ha un ragazzo! E stanno ancora insieme dopo due o tre mesi! Naturalmente: (a) non

si vedono molto, perché lui è a scuola e non vive neanche a Ry ehurst, è soltanto un amicodel fratello di una compagna di classe di Bea; (b) sia io che Will riteniamo che sia ancoratroppo giovane per avere un fidanzato. C’è una canzone pop che continua a sentire, una diquelle che ti restano in mente: si chiama Sweet Sixteen. Ma lei neanche li ha, sedici anni,ancora!

Comunque, l’abbiamo conosciuto, anche se solo per due minuti (!) quando l’ha portata alcinema durante un periodo di vacanza, e devo dire che è davvero bello! Posso capireperché Bea se ne sia innamorata. E anche se non si vedono molto, si scrivono di continuo:vedo l’espressione sul suo viso quando torna da scuola e spera di aver ricevuto una sualettera, e la vedo illuminarsi quando ne riceve una. Naturalmente, deve concentrarsi sullostudio, ma come dice lei stessa, non si può certo ripassare tutto il tempo!

Comunque, mia cara, buon anno! 1963… come accidenti ci siamo arrivati, fin qui? Speroche sia un anno meraviglioso per tutti voi, e di rivederti presto! Grazie ancora per quelmeraviglioso kit da bagno. Ho sguazzato nella vasca per tutto il periodo di Natale!

Ti voglio bene, la tua Flo.P.S. Ci è dispiaciuto tanto per Whoopoo. Era una gatta così dolce.

Chiuse la busta, e vi incollò il francobollo. Ecco. Scritta a gran velocità… era incredibilequanto fosse piena di energie, negli ultimi giorni. Forse era il fatto di vedere Bea così felicee molto meno cupa, e soprattutto più presente. E finalmente avevano davvero qualcosa incomune: se c’era una cosa di cui lei sapeva tutto, era sicuramente l’amore.

Restò seduta allo scrittoio. Era un pomeriggio di gennaio, e qualche fiocco di nevevolteggiava fuori dalla finestra. La neve le alleggeriva sempre il cuore. Bea scriveva al suoAlex al piano di sopra, e Fred lavorava nella sua camera oscura. Si sentiva molto più felice,in quegli ultimi tempi.

Ora, un nuovo anno cominciava, e lei doveva fare qualcosa. Seduta allo scrittoio, con lapenna in mano, prese un foglio bianco di Basildon Bond. Sentiva muoversi nuovamentequalcosa, dentro di lei. A Will non sarebbe dispiaciuto, se avesse scritto soltanto un po’: anzi,sarebbe stato lieto di vederla allegra e di buon umore come Bea, invece che sempredepressa e a letto. I ragazzi erano cresciuti, non avevano più molto bisogno di lei, ed eranoperfettamente capaci di prepararsi il pranzo da soli, una volta ogni tanto. O il tè. Peresempio, quel giorno stesso.

Stava succedendo qualcosa. La penna scivolò sulla pagina bianca. Senza parlare dell’Indiao dell’amore, ma del ritorno a casa. A casa con un nuovo marito, in attesa di un bambino.Per cominciare una nuova vita lì, in Inghilterra.

Prese un profondo respiro.

Nel gennaio del 1950, Miranda Marshall e suo marito, che era stato un ufficialedell’esercito indiano, si trasferirono con i loro due figli piccoli in una vecchia, cadentefattoria del Devon. Era in cima a un sentiero lungo un miglio, e nel bel mezzo del nulla…

Ce l’aveva. Ce l’aveva! I bambini da piccoli: l’argomento perfetto. E che aggettivo

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romantico le sembrava “cadente”. Ry ehurst scomparve, intorno a lei.

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5Quando arrivò l’estate, Bea ebbe la sua pagella, con il massimo dei voti in lingua e

letteratura inglese, e risultati molto meno esaltanti in tutte le altre materie. Fu bocciata inlatino. E quando tornò a scuola, in autunno, Miss Weaver le spiegò che avrebbe dovutoripeterlo, se voleva studiare inglese all’università. Era quello che desiderava?

« Mia madre pensa che dovrei frequentare una scuola di recitazione» , aveva scritto adAlex quando le era arrivata la pagella. « Quanto avrei voluto che mi vedessi in Sogno di unanotte di mezza estate» .

Avrebbe voluto tante cose.Era seduta nella biblioteca, dove si tenevano le lezioni di inglese, il sole pallido di dicembre

che penetrava dalle finestre, china su Paradiso perduto. Miss Weaver stava parlando delladottrina del libero arbitrio. Cercò di concentrarsi.

A casa, nella scrivania di Fitz, c’era ancora un mucchietto di lettere di Alex in una dellecaselle. L’aveva portata fuori, aveva conosciuto i suoi genitori – « Tesoro, è assolutamentedivino!» – l’aveva baciata fino a restare entrambi senza fiato, le aveva scritto dalla suascuola nel Sussex. Lei passava rapidamente oltre i suoi racconti sul rugby e il cricket,soffermandosi sulle parole « Con tutto il mio amore» , alla fine. Gli aveva scritto di averrecitato nella parte di Lisandro e aveva concluso la lettera con le parole « Con tutto il mioamore, Bea» , scrivendole con molta attenzione, in modo che lui potesse sentire quanto citeneva.

Poi, poco dopo aver ricevuto la pagella, proprio quando non vedeva l’ora di riabbracciarlo,le lettere avevano smesso di arrivare. Così, senza alcun preavviso. Ogni mattina correva acontrollare la posta, e trovava soltanto volantini pubblicitari, o una lettera della zia Vivie odella zia Agnes, che ora era felice con il suo vicario scozzese.

Ma da Alex, più nulla.« Tesoro, non fare quella faccia, sono certa che domani arriverà qualcosa» .« Tesoro, probabilmente si sta prendendo una piccola vacanza dopo gli esami» .Niente. Neanche una lettera, per tutta l’estate. Neanche per il suo compleanno. Era finita,

lo sapeva. Scoppiò a piangere, seduta sul letto, e Flo entrò nella sua stanza in camicia danotte e le disse che le dispiaceva tanto per come era andata, ma che le sarebbe passata,senza dubbio.

« Tesoro, avresti dovuto vedere me, quando Guy mi spezzò il cuore, durante la guerra.Pensavo che non mi sarei ripresa mai più» . La strinse tra le braccia mentre leisinghiozzava, ricordando quanto fosse stato orribile. Era stato suo padre a suggerirle dipartire per l’India. Vai pure, cara, prendi un respiro profondo e goditi l’avventura. Sii forte!

« E poi ho conosciuto papà» , continuò, accarezzandole i capelli, « e mi sono innamoratadavvero. Di qualcuno che mi amava con tutto il suo cuore. Succederà anche a te, tesoro, nesono certa» .

C’erano stati tanti cambiamenti, da quando si era unito alla Società rurale dei latifondisti.La Politica Agricola Comunitaria era finalmente entrata in vigore: a tutti gli effetti,facevano parte dell’Europa, ora. E maggiori guadagni per gli agricoltori dovevano essere

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per forza una buona cosa. Ma molti di loro si stavano espandendo in maniera quasipreoccupante.

Non era soltanto il fatto di allevare galline in batteria; si trattava di siepi sradicate peraumentare i raccolti, di fertilizzanti chimici, di nuove razze di animali: tutto era controllato inun modo che lui non avrebbe mai immaginato, quando viveva in Devon tanti anni prima.

E ovviamente, la natura ne subiva le conseguenze, in modo orribile. C’erano meno siepi incui nidificare, gli uccelli e le farfalle morivano per colpa dei pesticidi sulle coltivazioni dicui si erano sempre cibati. Era spaventoso.

« Dobbiamo stare al passo con i tempi» , continuava a ripetere James Marshall nella saladelle riunioni.

« Sì, ma dobbiamo anche vigilare. Abbiamo già saputo di qualche fattoria che ha fallito:l’espansione è eccessiva, e troppo rapida» .

Will aveva visto le cose procedere così per tutta l’estate. E aveva notato situazioni che nongli erano piaciute per niente. Vitelli ammassati tutti insieme in stalle totalmente prive diluce. E quanto ai poveri, vecchi maiali, c’erano scrofe incastrate in spazi così ristretti da nonpotersi neanche voltare. Allungate sul cemento, con una dozzina di maialini da allattare,sistemate in file e file dentro a stalle enormi. Questo significava ovviamente che si potevanoallevare più maiali per metro quadrato di spazio, e che la produttività era maggiore… manon significava per forza che fosse giusto.

« Vorrei sollevare la questione degli spazi per l’allevamento dei maiali» , affermò, in unariunione, poco prima di Natale. Parlò di un allevamento di maiali nel Suffolk, che stavaguadagnando una fortuna. Fino a quel momento.

E a quale costo.Ma nessuno sembrò preoccuparsene molto.

Le vacanze erano quasi finite.« Dove è finito quest’ultimo anno?» , domandò Flo a tutti, durante il cenone di Capodanno.

« Cosa è successo al 1963?»« È stato un anno piacevole» , commentò Will, affettando quel che restava del tacchino, e

un prosciutto. « Bea è entrata nell’ultimo anno di scuola, Fred si è ambientato perfettamentealla St Luke’s. Il nostro caro Hugo è partito per il servizio militare» . Le passò il piatto. « E lafiera della Società rurale dei latifondisti ha polverizzato ogni record» .

“E io ho avuto una delusione d’amore”, pensò Bea. A parte quello, era stato un anofantastico. Si morse le labbra.

« Tutto bene, tesoro?» . Flo le passò il piatto e Bea annuì. La sua piccola coraggiosa.C’erano tanti altri pesci nel mare. E Fred era così ben inserito a scuola, finalmente. Grazie aDio.

E soprattutto, lei aveva finito il suo romanzo! Era per questo che quell’anno era volato viacosì in fretta; svanito in unlampo.

Le pagine si ammucchiavano sullo scrittoio: tre capitoli per il Devono, uno per MarketHampden, quattro per Melcote. Non aveva scritto nulla di Ry ehurst: che ci sarebbe stato dadire? Ma aveva riportato in quegli scritti tutte le piccole cose che i bambini avevano fatto odetto, ed era stato così bello. Per loro non avrebbe significato nulla, al momento,naturalmente, ma un

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giorno…« Cosa stai facendo, ora?» , le aveva chiesto Will, un sabato, in primavera, rientrando in

casa dopo aver falciato il prato per la prima volta.« Sto… sto soltanto scrivendo un piccolo libro sui bambini. Sul periodo in cui li abbiamo

visti crescere» .« Che idea deliziosa» .Non si era lamentato per niente. Ma, del resto, non si era lasciata distrarre troppo da quel

suo nuovo lavoro.« Perché non possiamo semplicemente vivere di pillole?» , domandò in quel momento,

mentre lo guardava finire le ultime briciole di tacchino e si chiedeva cosa avrebbepreparato il giorno dopo. Il prosciutto sarebbe bastato per due pasti? « Perché?» .

Ma non c’era una risposta a quella domanda.

« Mi piacerebbe tanto che una volta leggessi il mio libro!» , scrisse Flo a Vivie, un paio disettimane più tardi, quando i ragazzi furono tornati a scuola e lei ebbe di nuovo la casa tuttaper sé. « Quando l’avrò fatto battere a macchina. E, sinceramente… so che parla soltantodella nostra famigliola, ma vorrei che mi dicessi se secondo te potrebbe piacere a unpubblico più ampio. Pensi che alla gente piacerebbe leggere di una famiglia che cominciauna nuova vita dopo la guerra?» .

Stranamente, non ci fu risposta a quella lettera. Dovevano esserci molti ospiti nelle stanze.Tutti quei letti da rifare, tutte quelle persone da accogliere. Poi, una sera, mentre stavapreparando la cena e Bea era incollata a Top of the Pops, sentì il telefono squillare.

« Puoi rispondere tu, tesoro?» , chiamò. Probabilmente era per Bea, che stava sempre altelefono, facendo impazzire Will. « Bea!» .

« Sì, vado!» .Si alzò dal divano e corse in camera da pranzo, dove il telefono continuava a squillare.« Bea? Ciao, Bea, sono Hugo» .Lei rischiò di far cadere la cornetta.« Hugo! Cielo… Come stai?»« Tutto bene, grazie. La zia Flo è lì?»« Sì, sì, certo. Te la chiamo subito» . Corse nel tinello. « Mamma! È Hugo!» .Flo abbassò la fiamma sotto le patate. Bea tornò in salotto. Ora il meraviglioso Pete

Murray stava annunciando i primi posti della classifica, ma per una volta li ascoltòdistrattamente. Hugo! E in che modo aveva pronunciato il suo nome…

« Tesoro? Tesoro, puoi spegnere la televisione per un attimo?» .Lei abbassò il volume, vedendo sua madre fare capolino dalla porta aperta. Nello stesso

momento, sentì la chiave infilarsi nella toppa, e Will entrò in casa.« Vivie è molto malata» , spiegò infine Flo, mentre in televisione i primi in classifica

cantavano le loro canzoni senza volume. Lo disse a Bea e lo ripeté a Will, quando entrò insalotto con la sua valigetta. Si portò le mani al viso.

« È in ospedale da più di una settimana. Devo andare da lei» .

Hugo la andò a prendere alla stazione. Pioveva forte.« Grazie mille per essere venuta, zia Flo» . Prese la sua valigia e aprì l’ombrello mentre

attraversavano il parcheggio. Era così calmo e pacato, perfino in un momento come quello.

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« Come sta?»« Non molto bene, temo» .Flo si sentì sommergere dall’ansia. I medici gli avevano detto che si trattava di una rara

malattia del sangue. L’avevano detto anche a Vivie?« Andiamo subito da lei» .Lui uscì dalla rotatoria e pochi minuti più tardi si ritrovarono in un ampio e silenzioso viale

alberato. La clinica le sembrò stranamente familiare, perfino nella semioscurità deltramonto. Poi ricordò.

« È qui che sei nato!» .« Santo cielo» . Lui le donò il suo lento sorriso e parcheggiò.Una porta a vetri dava su una veranda, un’altra conduceva alla reception, sul cui bancone

faceva bella mostra di sé una stella di Natale. Dissero i loro nomi, e la giovane donna dietroal bancone sembrò esitare.

« Non credo che Mrs Leiden possa ricevere visite» .« Riceverà senz’altro me» , ribatté Flo. « Sono sua sorella. In che stanza è?»« La numero sei, al primo piano. Lo farò sapere alla sua infermiera» . Alzò il telefono.« Sali pure, zia Flo» , la esortò Hugo. « Io ti aspetterò qui» . Si sedette su una poltrona di

cuoio e prese una rivista.Un edificio pieno di persone non le era mai sembrato così silenzioso. Quella quiete

assoluta era quasi spettrale. Flo procedette lungo il corridoio coperto da una spessamoquette, controllando i numeri delle stanze infissi sulle solide porte color panna. Lanumero sei: bussò ed entrò.

Vivie, con un’infermiera seduta al suo capezzale, era distesa in un letto bianco, dallatrapunta altrettanto bianca e dalle lenzuola candide. I suoi capelli sempre perfettamentearricciati erano sparsi sul cuscino, lisci e smorti, e il suo volto aveva un malsano coloritogrigiastro. Aveva gli occhi chiusi, e una flebo era sospesa sopra di lei, con l’ago che sparivanella sua mano altrettanto grigiastra. L’infermiera si alzò e indicò un pulsante. « Se habisogno di me, può chiamarmi con quello» , spiegò a bassa voce, e poi, in tono ancora piùbasso: « È arrivata appena in tempo» .

Flo si lasciò scivolare sulla sedia. « Vivie?» , bisbigliò. Non ci fu risposta. Si alzò e si piegòsul letto. « Tesoro, sono qui» .

Il petto di Vivie si sollevò e riabbassò.« Tesoro» , ripeté Flo. Le prese la mano senza flebo tra le sue. Niente le era mai sembrato

più fragile. « Sono qui» , sussurrò piano. « Proprio accanto a te» .Un lievissimo sorriso. Poi un bisbiglio. « Hugo…» .« È al piano di sotto. Andrò a chiamarlo» .Ma Hugo disse che l’avrebbe salutata il giorno dopo, e che non voleva farla stancare.« Verrà a trovarti domani, tesoro» .Non ci fu risposta.« Vivie?» . La pioggia batteva contro la finestra, come se sapesse già tutto. Il respiro di

Vivie era lungo e lento: ogni volta che inspirava, Flo tratteneva il respiro, in attesa. Poiespirava, e Flo insieme a lei.

« Tesoro? Puoi sentirmi?» . Le strinse la mano sottile e iniziò a parlare: di Hugo, che laaspettava di sotto, e di quanto lui le volesse bene, e di quanto tutti le volessero bene. Diquanto forte stesse piovendo, e se avesse aperto i suoi begli occhi, se ne sarebbe accorta

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anche lei. E di…Vivie aprì gli occhi. Erano velati e confusi.« Tesoro» . Flo si alzò, piegandosi su di lei così che potesse vederla. « Sono qui» .Lo sguardo di Vivie si schiarì appena. Poi sorrise. E dopo un attimo, mormorò qualcosa.« Mi serve un figlio» .« Un figlio?»Dovevano essere le medicine che le davano.« No. Un filo» , sussurrò lentamente lei. « Per tornare indietro» .Per un attimo, Flo non riuscì a parlare. E poi: « Tesoro, sarò io il tuo filo» . Le accarezzò la

guancia incavata e i capelli lisci. « Tornerai indietro» .Ci fu di nuovo quel lievissimo sorriso. Poi, mentre Flo lasciava andare la sua mano,

sussurrò qualcos’altro.« Cosa hai detto?» .Lei borbottò qualcosa che riguardava le famiglie.« Per favore, dimmelo ancora, tesoro, non ho capito…» . E si piegò sul letto, su di lei.« Le famiglie» , mormorò Vivie. « Tutte le famiglie scompaiono, e diventano una» .Poi chiuse gli occhi, e il suo respiro rallentò ulteriormente.Flo attese, ma la sorella non parlò più. Chiamò l’infermiera premendo il pulsante. Poi andò

da Hugo, ma non riuscì a convincerlo a venire. Quando tornò nella stanza, era finita.

Forse fu il dolore inconsolabile di sua madre a sciogliere il ghiaccio che dimorava dentroBea. Non completamente, ma…

« Sapete cosa ha detto, prima di morire?» . Flo era seduta a tavola, di fronte alla cena, laprima sera del suo ritorno. « Ha detto che aveva bisogno di un filo, per riportarla indietro.Pensavo che avesse detto “figlio”» . Si morse un labbro. « E poi… poi ha detto che tutte lefamiglie spariscono, e diventano una. Come se… come se già sapesse tutto» . A quel punto,ricominciò apiangere.

Will posò una mano sulle sue. « Mia cara. Che… che cosa bella da dire» .« Niente la riporterà indietro! Non c’era un figlio, né un filo, a salvarla!» .« Oh, mamma, ti prego. Ti voglio tanto bene» .Aveva voluto bene anche alla zia: non erano mai state molto vicine, ma le erano sempre

piaciuti il suo fascino, la sua vitalità, il modo in cui li accoglieva a braccia aperte, il modo incui faceva ridere Flo, mentre chiacchierava con lei per ore, o suonava il piano o cantava lecanzoni dei musical. E poi era la madre di Hugo. Ora lui doveva stare malissimo.

“Vorrei tanto che Fred fosse qui”, pensò, salendo in camera una sera. Flo era andata aletto presto come sempre, e singhiozzava nel suo cuscino. Ora, con un senso di nausea equasi di claustrofobia, riusciva a sentire suo padre che chiudeva a chiave le porte, al pianodi sotto. Tutte. Ogni notte. Come se i ladri fossero mai entrati in casa di qualcuno, aRy ehurst.

C’era qualcosa che non andava, tra lei e Will. Quando lui entrava in una stanza, lei neusciva. Quando era lei a entrare in una stanza dove era lui, il suo affettuoso « Mia cara!Vieni a sederti qui con me!» la faceva rabbrividire. Se Fred fosse stato lì, avrebbe almenoavuto qualcuno con cui condividere tutto. E lui l’avrebbe aiutata a confortare la mamma.Avrebbero riso insieme di Will, ironizzando sulle sue reazioni e sui suoi malumori.

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Si fermò a metà delle scale. Tra i rami c’era ancora l’uccellino. Le ciliegie eranodiventate sempre più pallide, ma lui era ancora lì, scuro e vivido. Non gli parlava più datanto tempo, l’aveva completamente dimenticato, finché aveva avuto Alex a cui pensare, ecomunque… ora le sembrava tutto piuttosto ridicolo. Un uccello dipinto sulla carta da parati.

Eppure…Aveva custodito tutti i suoi segreti. In qualche modo, lei si era confidata con quel disegno

per così tanto tempo da dargli vita.« Mia madre è così triste» , sussurrò piano.MIA MADRE È COSÌ TRISTE.L’uccellino la ascoltò, serio. Lei lo sfiorò, e le sembrò che le parole gli affondassero

dentro. In lei non erano affondate molto.

Forse avrebbe dovuto riscrivere a Hugo: aveva risposto alla sua formale lettera dicondoglianze – cosa si doveva dire in una lettera del genere? – con una altrettanto fredda eformale.

« Cara Bea, grazie infinite per la tua lettera così gentile…» .Era come se avesse scritto a un’estranea, ma del resto non si vedevano da così tanto

tempo. Forse avrebbe potuto scrivergli qualcosa di più affettuoso, ora, soltanto per capirecome se la stesse passando.

Sentì i passi pesanti di suo padre salire le scale e fermarsi sulla soglia della sua stanza.« Bea? Spegni quella luce!» .Avrebbe compiuto diciassette anni, al suo prossimo compleanno. Si alzò a sedere di scatto,

irritata, e in quel momento una delle sue assenze la colpì, forte. Fu solo un attimo, ma bastòa scuoterla. E poi: « Sto finendo il mio tema!» , esclamò, e lo sentì brontolare in risposta,mentre si dirigeva verso il bagno.

Come viveva adesso Hugo, in quella grande casa? Certo, avevano ancora la loromeravigliosa domestica; e gli ospiti delle stanze, e gli amici del bridge di Vivie, chesicuramente andavano a trovarlo, ma comunque… Secondo lei, doveva sentirsi molto solo,e sicuramente non era il modo giusto di vivere per un giovanotto. Lavorava per la filiale diuna grossa compagnia londinese che operava nel campo delle comunicazioni radio: erapiacevole? E dov’erano le ragazze? Forse non avrebbe dovuto chiederglielo: probabilmentele faceva entrare di nascosto e si chiudeva con loro in soffitta. Forse stava con un’ospite, echi avrebbe potuto biasimarlo?

In un pomeriggio di primavera, Flo prese ancora una volta il suo manoscritto e sfogliò lepagine scritte a penna. Una o due righe attirarono la sua attenzione. Il suo caro Freddie, aMelcote: « Qualcuno vuole venire fuori a vedermi vomitare?» , « Sto solo affrontando unrinoceronte» . Perfino in quel momento di terribile tristezza, quelle frasi la fecero sorridere.Un giorno, forse, avrebbero fatto ridere anche lui.

Cosa doveva fare con quel libro? Che ne avrebbe pensato Vivie? Lei era sempre stata cosìimpegnata, così ammirevole: abbandonata da quel maledetto uomo e comunque pronta adandare avanti.

« Vivie? Tu che ne pensi?» .Le tende si mossero, spinte dalla brezza estiva. Le odiava, profondamente, ma che si

poteva fare, quando si abitava su una strada trafficata?

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« Fallo battere a macchina» , aveva detto Vivie. « Fallo battere a macchina, e scopri chesensazione ti dà» .

Dopo l’improvvisa dipartita di Vivie, arrivò la brutta notizia da Agnes. Poverina, gli sistrinse il cuore nel petto a sentire la sua voce desolata al telefono.

« È tutto finito, Willie. Un’altra me l’ha portato via» .« Oh, sorellina, mi dispiace tanto» .Will aveva pensato che era troppo bello per durare. Un uomo solo, un vedovo di

bell’aspetto: c’erano sempre fin troppe vedove e zitelle pronte ad accaparrarsi un tipo così.Soprattutto se si trattava di un vicario, sempre in mezzo alla gente: sicuramente era pieno didonne che ronzavano intorno alla canonica, preparandogli manicaretti e invitandolo aprendere il tè. Quell’uomo avrebbe potuto mantenersi intorno un gran numero di donne,tenendosi aperta qualsiasi possibilità e intanto alimentando le speranze della povera Agnes.

« Quel Barbablù scozzese» , disse, ma non riuscì a strapparle una risata.« Mi spiace tanto» , ripeté. « Cara sorellina, devo venire da te e portare il fucile?

Presentarmi in chiesa e appellarmi alla giusta causa?» .La sentì soffiarsi rumorosamente il naso.« Spero solo di non essermi resa troppo ridicola» .« Ma certo che no. Certo che no: ti stai comportando benissimo» .Lei tirò su con il naso e se lo soffiò di nuovo. « Dovrò tornare a vivere da sola, ora,

immagino» .« Oh, sorellina» . Quelle parole gli fecero sanguinare il cuore, come avrebbe detto Flo.

« Sai che sono qui. Ci siamo tutti. Sei sempre la benvenuta» .Se soltanto fosse stato vero.All’ora del tè, telefonò a Fitz e le raccontò tutto.« Oh, cielo, povera Agnes. So cosa significa avere il cuore spezzato» .Davvero lo sapeva?« Pensavo che tu ed Eleanor foste… ehm… be’, sai, piuttosto felici» . Era ancora difficile,

per lui, riconoscere quel loro rapporto.« Oh, certo che lo siamo, Willie. Stavo parlando di tanti anni fa» .Bene, bene. La vecchia Fitz riusciva sempre a stupirlo. Doveva essere successo mentre lui

era in India. Anche se non riusciva francamente a immaginare cosa potesse esseresuccesso.

« Tutto sommato» , disse a Flo, quella sera, « credo proprio che quest’anno sia statopiuttosto tremendo, finora, vero?» . Le prese una mano. « Come stai, mia cara? Ti senti unpo’ meglio?»

« Un pochino» , rispose lei. Stavano sorseggiando un drink in giardino, con l’erba tagliatagiusto il giorno prima, e tutto scintillante e fresco. Un merlo con un verme nel becco volònell’edera sul muro in fondo, e sparì tra le foglie.

« Guarda» , commentò Will. « Deve essere la seconda generazione» .« Il mio libro» , tentò cautamente Flo. « Avrei tanto voluto che Vivie lo leggesse» .« Lo immagino» .Lei prese un respiro profondo. « L’ho portato a una dattilografa perché lo battesse a

macchina» .

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« Ottima idea» .Davvero, non riusciva mai a prevedere le sue reazioni.

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6Fred tornò a casa da scuola e scoprì di non conoscere nessuno. Davvero nessuno.

Naturalmente, ci era abituato: per anni, era tornato da Mountford Park e aveva trascorsotutte le sue vacanze soltanto in compagnia di Bea. Man mano che lei allargava la suacerchia di conoscenze, tendeva a uscire di più, ma comunque continuavano a trascorreremolte ore ad ascoltare dischi insieme, ai due lati del caminetto, mentre Bea fantasticava suCliff o Bobby Vee.

« Take good care of my ba-a-by» , cantava, e lui immaginava che la canzone parlasse diun vero bambino, che qualcuno aveva abbandonato.

« Ma no, Fred. Certo che non parla di questo!» .Fu sul punto di rivelarle tutto, allora, riguardo al suo segreto, ma non ci riuscì, e poi fu

felice di non averlo fatto. Era molto meglio che lei non lo sapesse. Quando Bea uscì dalsalotto per andare ad aiutare la madre con il pranzo, lui mise uno dei dischi di musicaclassica di Will, un’offerta speciale del « Reader’s Digest» . Restò ad ascoltare le sinfonie diBeethoven con gli occhi chiusi, provando emozioni che non si era reso conto di avere dentrodi sé.

« Abbassa il volume! È un’ora che ti stiamo chiamando» .Dopo pranzo, Bea era uscita con un’altra amica e lui salì nello stanzino che era diventato la

sua camera oscura, e trascorse ore a sviluppare i negativi. Erano fotografie di uccelli o dipaesaggi, scattate durante le passeggiate con Will o da solo durante la settimana: con chialtro sarebbe potuto uscire?

L’estate prima, non ci aveva fatto troppo caso: erano state solo le prime vacanze estivedalla St Luke’s, e gli era sembrato tutto molto simile a quando tornava a casa da Mountford.Ma adesso… adesso aveva quindici anni, e niente da fare per mesi.

« Fred!» . Bea era uscita di corsa ad accoglierlo al cancello mentre la macchina siaccostava, con tutte le valigie nel bagagliaio, insieme all’attrezzatura da cricket. « Cielo,sono così felice di rivederti!» .

« Fred! Fred, tesoro mio!» . Flo gli era corsa incontro in corridoio, mentre entravano tuttidalla porta d’ingresso. « Sei cresciuto ancora! Fatti abbracciare» .

Non era più così triste per la zia Vivie, e diceva che stava lavorando di nuovo al suo libro,proprio come avrebbe voluto sua sorella. « Sto pensando di farlo pubblicare!» .

Si erano seduti tutti in sala da pranzo per un banchetto di bentornato, con le finestre apertesul giardino, il canto allegro degli uccelli da fuori e tutti di buon umore.

Naturalmente, era stato splendido essere a casa, per un giorno o due, mentre tutti ridevanoa sentire Will che continuava a parlare delle fiere e degli allevamenti di maiali, e di cometutto ciò gli ricordasse dell’India o della guerra. « Non credo di avervi mai raccontato diquando…» . Ed era bello anche lavare i piatti con Bea, strofinando via i resti dell’arrostodella domenica, e cantando a turno le note de Il lago dei cigni o de La bella e la bestia,un’altra offerta speciale del « Reader’s Digest» .

« Adesso si è fissato con i gospel. Oh, Fred, quanto mi sei mancato» .« Anche tu mi sei mancata» . E di nuovo pensava, mentre fissava i coltelli e le forchette

che aveva in mano, e li asciugava con attenzione: “Come potrò mai dirglielo?”.

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Ma dopo un paio di giorni, si era ritrovato di nuovo solo: Will era a Londra, oppure in giroper fiere e fattorie, Flo scriveva o si riposava e Bea stava tutto il tempo al telefono,oppure…

« Vado da Rosie!» .Rosemary Reed era Rosie, ormai, e si era tagliata i capelli corti, come una certa Mary

Quant, a quanto pareva. Fred incontrava raramente le amiche della sorella, tranne qualchevolta in città; Bea non le invitava mai a casa. Andava da loro, per ascoltare la musica pop, oper le feste del sabato sera, e lui finiva a guardare la televisione con Will.

« È bello riaverti a casa, vecchio mio» . Sbadigliò e si addormentò.Fred si alzò silenziosamente e tornò nello stanzino.Aveva davanti lunghe e vuote settimane di vacanza, ancora.“Non è il mio posto, questo”, pensò, aprendo un flacone di liquido per lo sviluppo dei

negativi e chiudendo le imposte. I raggi del sole ormai al tramonto proiettavano minuscolipunti di luce nel blu scuro della stanza, come stelle. Lui restò lì in piedi senza fare nulla, perqualche secondo.

« Non appartengo a questo posto» , mormorò, con la voce rotta. Gli fece un effettosconvolgente, sentire la verità detta a voce alta.

Caro Hugo,grazie infinite per la tua bella lettera. È così meraviglioso essere di nuovo in contatto, ma è

passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti, che sembra quasi di scrivere aun amico di penna!

A volte, mi sembra quasi di non ricordare più il tuo viso!

In realtà, non era vero. Lo ricordava perfettamente: i suoi capelli ricci e neri, le suebellissime sopracciglia, quel suo sorriso calmo e dolce. E la sua voce. Come aveva fatto aperdere tutto quel tempo con Alex, mentre c’era Hugo, così bello e intelligente, e di certosemplicemente in attesa che lei fosse abbastanzagrande?

Udì dei passi sulle scale.« Bea? Che stai facendo?» . Fred entrò in camera, annoiato come al solito.Lei si girò a guardarlo, così alto e snello, ora, con la maglietta e i pantaloni estivi che

indossava. Forse un po’ fuori moda? « È nella tipica fase di transizione» , aveva detto lamamma. « Sarà un ragazzo bellissimo» .

« A dire il vero» , gli rispose, « stavo scrivendo a Hugo» .« Di nuovo?»« Sì, di nuovo» . Era come avere un vero fidanzato, un ragazzo molto più grande e

interessante di quelli che di solito incontrava nelle feste: perfino più di James, il fratelloaltezzoso di Lizzie, che raramente ormai le rivolgeva la parola. Del resto, negli ultimi tempinon era quasi mai a casa: era sempre a Londra insieme ai suoi amici.

« Ti va di fare due passi, dopo pranzo?»« Vado da Lizzie» .« Oh» . Si aggirò per la stanza, poi guardò fuori dalla finestra, osservando il giardino. Lo

sentì sospirare. Povero Fred.« Mi dispiace» .

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« Non fa niente» . Tornò indietro, si fermò a osservare i fogli e i libri sulla sua scrivania.Metà erano lettere per Hugo, l’altra metà compiti e appunti di scuola. « Tutti si stannoiscrivendo all’università» , aveva scritto nella sua ultima lettera, « e io ho inserito York comeprima scelta» . Sembrava così sicura e volitiva, e invece sarebbe stato lo stesso se avessechiuso gli occhi e avesse scelto a caso da una lista.

« Dove pensate che dovrei andare?» , aveva chiesto ai suoi genitori, e nessuno dei due erariuscito a darle un consiglio. Quella di York era stata un’idea di Mrs Weaver.

Fred raccolse un libro. Lei voltò la lettera.« Non sbirciare» .« Non stavo sbirciando» . Sfogliò il libro: Poesia e prosa dell’inizio del XX secolo.

Sembrava davvero noioso. O stupido. « Charlotte Mew. Mai sentita. Ma, come direbbepapà, immagino che neanche lei abbia mai sentito parlare di me» . Continuò a sfogliare lepagine. « Di che parla?» .

Bea lanciò uno sguardo al libro. « The Changeling… oh, è una bella poesia, l’abbiamo fattanel corso di dizione qualche anno fa. Ne so diversi brani a memoria» . Si alzò in mezzo allastanza e assunse un atteggiamento tragico. Lui si sedette sul letto. Da qualche parte,qualcuno accese un tosaerba.

Non suonate campane per me, oh padre, oh madre,non versate lacrime…Ecco le mie sorelle, il mio fratellinoche gioca nel luogo chiamato Paradiso.

Bea distese drammaticamente le braccia.

Vostri figli, loro, vostri per sempre;ma io, così selvaggio,la vostra disgrazia, con quella strana faccia scura,vostro figlio, se non per metà, mai sono stato!

Lei si portò una mano al petto e si fermò. Fred si sentì improvvisamente gelare.« Vai avanti…» .« Oh, ma è lunghissima. Parla di un bambino che si sente fuori posto nella sua famiglia

senza sapere perché, e poi una notte viene portato via dal popolo delle fate, che viene areclamarlo» . E poi continuò a recitare, a ritmo drammaticamente incalzante.

Per tutta la notte danzarono nella pioggia,intorno e intorno in una catena.Cercando di farmi urlare…

A quel punto abbassò la voce a un sussurro. « E poi lo portano via. E così finisce: “Nontornerò mai più”» . Tornò ad allargare le braccia. « Ecco. Povero bambino scambiato» .Poi vide la sua espressione. « Fred? Cosa c’è?» .

Lui si morse un labbro e per un attimo Bea pensò che fosse sul punto di fare una delle sue

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orribili smorfie. Se ne era quasi dimenticata. Poi lui la fissò dritta negli occhi.« Non lo sai?» , domandò, e la sua voce sembrava molto strana.« Sapere cosa? Di che stai parlando?» .DI CHE STAI PARLANDO?Gli occhi di Fred si riempirono di lacrime. Erano anni che non lo vedeva piangere, e corse

subito a inginocchiarsi accanto a lui, sullo scendiletto.« Fred, ti prego. Che succede?» .Lui prese un respiro profondo. Poi si alzò rapidamente e affermò: « Niente» , in tono

orribilmente strozzato, e infine: « Vado a fare un giro» .E corse giù per le scale, oltrepassando la domestica che saliva con secchi e detersivi, e lo

studio dove Flo stava revisionando la bozza del suo romanzo. Un attimo dopo, uscì sbattendolaporta.

Fred non sbatteva mai le porte. Mai. Non alzava mai la voce, né si arrabbiava, e di certoerano anni che non piangeva. Era silenzioso, sorridente ed educato e…

Non del tutto naturale, pensò Bea in quel momento, mentre la domestica armeggiava nelbagno al piano di sotto. Di sicuro, non le somigliava.

Aprì il cancello e si fermò per un attimo sull’asfalto in ombra. Dove andare?Non in città; era stanco della città. Lasciò passare una macchina e attraversò di corsa la

strada, girando su Rushbook Road e percorrendola a lunghi passi, oltre la ferrovia e finoall’incrocio con Ryehurst Hill. Si fermò al semaforo. A sinistra, la strada proseguiva versola noiosa città, con la libreria e il parco e nient’altro, a meno che non si volesse passare tuttoil tempo al Rhy thm. E lui non lo faceva. Perciò attraversò, raggiungendo Summers Road,che conduceva oltre Micklegate, la vecchia scuola di Bea, che lui, sempre lontano dallafamiglia, non aveva mai visitato.

Adesso era chiusa per le vacanze, e lui continuò a camminare. Era una strada piacevole,piena di case di lusso, sotto il crinale delle colline. Era silenziosa, adesso, senza le alunnedella scuola ad affollarla, anche se ovviamente non avrebbe saputo cosa dire a quelleragazze. Rallentò lievemente, avvicinandosi ai campi da tennis, dove probabilmenteavrebbe potuto conoscere qualcuno, se avesse voluto. Se fosse stato capace di giocare bene,e non era così. Neanche Bea sapeva giocare bene, e mentre ascoltava il ritmico rumoredelle palle lanciate da una parte all’altra dei campi da tennis, accompagnate daesclamazioni come « Che sfortuna!» o « Bel colpo!» , lanciò un’occhiata ai giocatori checorrevano nei loro completi candidi, e si rese conto che a Ryehurst succedevano tante cosedi cui lui non sapeva niente, dove tutti si conoscevano, giocavano a tennis, davano cocktail ecene come Will e Flo non avevano mai fatto.

« Quando eravamo in India…» .A volte sembrava che l’India fosse l’unico posto importante del mondo. L’India era ciò

che teneva in vita Will, con tutte le sue storie; l’India era l’argomento centrale del romanzoche Flo aveva scritto per anni, per poi gettarlo nel fuoco e disperarsene. O almeno, così gliaveva raccontato Bea. E non si erano mai ambientati davvero a Ry ehurst; e ormai eratroppo tardi per farlo. Will avrebbe fatto amicizia con chiunque, ma Flo non era il tipo darelazioni sociali.

« Sono tutti contabili!» , diceva sempre, come se non si potesse cadere più in basso.

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Fred non aveva la minima idea di cosa ci fosse di male nel fare il contabile, sapeva soloche non voleva diventarlo. Non sapeva cosa voleva fare, o chi voleva essere: sapevasoltanto che in quella splendida mattina d’estate era solo, frustrato e disperato.

« Povero bambino scambiato» , aveva detto Bea con leggerezza.Era stato sul punto di rivelarle tutto… ma poi cosa sarebbe successo? Lo avrebbe

sicuramente guardato con orrore. Tutto sarebbe cambiato. Nessuno, in famiglia, si sarebbepiù sentito a proprio agio con gli altri. I suoi genitori – i suoi genitori adottivi – erano riusciti amantenere così bene quella facciata per tutti quegli anni… e lui avrebbe semplicementefatto crollare tutto.

Aveva rallentato il passo e si fermò a riprendere fiato fuori da un edificio pieno diappartamenti.

« Ti sei perso?» , gli chiese un uomo che doveva essere il portiere, mentre sistemava laghiaia.

« In un certo senso» , ribatté sarcasticamente Fred, e poi soggiunse: « No, è tutto a posto,grazie» .

Quasi di fronte all’edificio, una gradevole strada a tre corsie saliva verso le pendici dellecolline. Gli uccelli cantavano a pieni polmoni. Fred attraversò e cominciò a camminare.

Flo aveva finito di rileggere la bozza del suo nuovo libro per la terza e ultima volta. Ecco.Adesso era pronto, ne era certa. E sicuramente era un libro che la gente avrebbe

apprezzato: la vita di campagna negli anni Cinquanta, la cara, vecchia fattoria, quel deliziosovillaggio e tutti quei piccoli aneddoti e quelle buffe frasi. Erano stati dei bambini cosìamabili.

Dunque, era giunto il momento. Prese dallo scaffale l’Annuario degli scrittori e degli artistie scorse con l’indice la lista degli editori. Avrebbe dovuto tentare a caso? O forse avrebbeprima dovuto inviarlo a un agente? Forse, ah ah, avrebbe dovuto spedirlo a quel maledettoMichael Lewis, con i suoi occhialetti sulla punta del naso e il suo ufficio a Londra?

Per un folle attimo, seduta lì allo scrittoio in quella mattina d’estate, Flo pensò: “Lo farò.Dopo tutti questi anni, gliela farò vedere io”. E il suo vecchio spirito tornò a bruciare. Quelloche durante la guerra tanti giovani ufficiali avevano trovato irresistibile… oh, sì!

Bea stava scendendo di corsa le scale. Ovviamente, avrebbe voluto il pranzo. Cosa potevapreparare?

« Ti sei divertita, questa mattina, tesoro?» , le domandò, mentre andava a controllare ladispensa. Sarebbe stato bene che il giorno dopo andasse a fare la spesa. « Dov’è Fred?»

« Non l’hai sentito uscire?» .Flo scosse la testa. Non aveva sentito niente.

La via, che riconobbe dopo un po’ come privata, si chiamava Pilgrims Way, ma la stradavera e propria era lunga e ampia e correva sulle pendici delle colline, da ovest verso est,probabilmente in direzione di Canterbury. Una ringhiera ne segnava la fine, e lui la aggirò,incamminandosi sul sentiero.

Era un luogo piacevole. La terra era secca e dura, anche se di tanto in tanto riusciva ascorgere impronte di zoccoli e mucchietti di letame. C’era anche un cartello su cui sileggeva “Bridleway ”. Uno o due viandanti passeggiavano in compagnia dei loro cani, epoté udire un pony nitrire dal centro di un campo. Se chiudeva gli occhi, poteva

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immaginare di essere davvero in campagna.Li chiuse, e ascoltò il canto degli uccelli. Grazie agli insegnamenti di Will, sapeva

distinguerne parecchi: il pettirosso e il tordo e il fringuello, e il merlo, naturalmente, maquello avrebbe saputo riconoscerlo chiunque. Inspirò il profumo della terra, dei cavalli edell’erba scaldata dal sole sulle colline, che si sollevavano alte dietro a una macchiad’alberi. Poi, da qualche parte, gli giunse un suono dolce e familiare. Riaprì gli occhi.Galline. Dovevano essere nel giardino di qualcuno. E di colpo, senza poter fare nulla perimpedirlo, si ritrovò a Melcote, con le galline che chiocciavano nel villaggio, per far saperea tutto il mondo che avevano deposto un uovo.

Quel ricordo gli risultò terribilmente doloroso. Lì era stato tutto meraviglioso, tutti eranosempre a casa e c’era sempre qualcuno con cui giocare. I figli dei Gibson, che facevanopipì sulle ortiche. La piccola e timida Nancy By att, che veniva a giocare con Bea, e avevatanta paura delle oche. Ma la cosa più bella, ovviamente, era che allora non conosceva laverità. Non aveva ancora capito.

Deglutì a vuoto. Davanti a lui, tra gli alberi, c’era un’altra piccola ringhiera, che salivaaccanto a dei gradini intagliati nel gesso, prima delle colline vere e proprie. Coney Hill, oralo ricordava, sebbene fosse salito soltanto fino in cima a Ry ehurst Hill, per un picnic di unavacanza di metà semestre, anni prima. Superò i gradini e iniziò a risalire il fianco dell’altura.

« Ma dove è andato? Dove?»« Sono sicura che tornerà presto, mamma, non agitarti tanto» .« Non mi sto agitando, sono solo preoccupata. Non è da lui, andarsene in questo modo» .« Sono certa che sta bene» , ribatté Bea, e Flo salì al piano di sopra per riposare. « Io vado

da Lizzie» .« Di nuovo?»« Di nuovo» .

Risalì il fianco della collina, sotto al sole. L’erba era corta e aveva un profumo caldo enaturale. Il terreno era gessoso: era quel tipo di informazione che Mr Parris della CombinedCadet Force avrebbe sempre dato quando ci si fermava da qualche parte perun’esercitazione, in modo che tutti sapessero quanto c’era da sapere sul terreno cheavrebbero avuto sotto ai piedi. Mazzetti di piccoli fiori azzurri, probabilmente campanule,crescevano fitti nei dintorni, le farfalle volavano ovunque. Se Will fosse stato lì, le avrebbericonosciute tutte: « Quella è una maniola, vecchio mio. E sono piuttosto certo che quello siaun argo bronzeo» .

Faceva molto caldo. Davanti a lui, la vegetazione era stata sfoltita parecchio, e un largosentiero conduceva su fino a una sorta di monumento alla memoria, fatto di marmo rosalucidato. Risalì gli ultimi metri di terreno erboso e poi si ritrovò a camminare sul gessogrigiastro, le suole delle scarpe che scricchiolavano su piccoli frammenti di pietrasbriciolata. Iniziava a sudare, e si fermò di fronte al monumento, ansimando.

Molto più in basso, riusciva a vedere le propaggini della città, la distesa di Abbey Park, conil suo lago scintillante, e, in lontananza, la linea indistinta di quelle che dovevano essere leSouth Downs. Un piccolo aereo attraversò il cielo, con un suono lieve e pacifico: lassù intutto quell’azzurro, senza alcuna preoccupazione, a dare un’occhiata al mondo di sotto.Doveva essere meraviglioso. Si fece scudo agli occhi con una mano e lo guardò

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allontanarsi.Aveva ripreso fiato, anche se adesso si sentiva la gola secca per la sete, e risalì il sentiero

di gesso finché non fu in cima alla collina. Da lì, fissò il terreno circostante. Quando erastata l’ultima volta che era salito lassù? Ricordava quella breve vacanza da Mountford,all’inizio dei suoi anni lì, e ricordava di essersi seduto sulla cima di una collina per gustareuno dei picnic di Flo – sandwich di lattuga con pezzetti di qualcos’altro a imbottirli e uovasode avvolte in piccoli cartocci – ma lei non era venuta, era rimasta a casa come al solito.« Non me la cavo a camminare molto, tesoro. Vai pure e divertiti» . Quindi erano andati intre, lui, Bea e Will che aveva fatto loro un’interminabile lezione di storia naturale e avevaraccontato dei grandi gusci di lumache di epoca romana che si trovavano da quelle parti.

Gli sembravano ricordi di un’altra vita, ormai. Era il periodo in cui non riusciva a smetteredi piangere, quando si avvicinava il momento di tornare a scuola – soprattutto a metàsemestre, non si aveva il tempo di fare niente, praticamente, prima di doverci tornare – incui chiamava sua madre in camera da letto e singhiozzava per notti intere. Eppure, ognivolta veniva rimandato a scuola, un semestre dopo l’altro.

Era stato prima che capisse perché succedeva.Non è mio figlio…E poi ricordò che in quel picnic Will aveva preso il binocolo e aveva osservato la città sotto

di loro.« Sì, riesco a vedere la nostra casa! Perfettamente. Date un’occhiata, ragazzi» .Lui aveva guardato nel binocolo, che gli era sembrato così pesante, al tempo, e aveva

visto l’orizzonte ondeggiare finché… sì, era riuscito a vedere la sua casa, e avevaimmaginato la mamma che riposava, nel silenzio e nella penombra.

Si tirò su a sedere e tornò a guardare il panorama. Da lassù, si vedeva l’intera città: e sì,anche senza binocolo, riusciva a individuare la strada principale che conduceva a Redstonee, più in là, Croy don Road: se si sforzava e si faceva ombra agli occhi, gli sembrava di potervedere la sua casa, decisamente lontana. Bea e Flo probabilmente stavano pranzando, ora,domandandosi dove fosse finito.

Non tornerò mai più.Era come il changeling, il bambino scambiato, che guardava il luogo che un tempo era

stato casa sua, rapito dalle fate in una buia notte di pioggia, e riportato al luogo a cui davveroapparteneva.

E dov’era quel luogo?Avrebbe dovuto cercare i suoi veri genitori, un giorno? Ma come si faceva?Si rialzò in piedi. Si girò e prese a camminare lungo l’ampia cresta della collina, e si

diresse a ovest, verso dove, da quel che ricordava dalle sue mappe della Combined CadetForce, doveva trovarsi Box Hill, con Dorking alle sue pendici e, più avanti, Brockwood e laSt Luke’s, dove adesso gli sembrava di vivere finalmente bene.

Il terreno tiepido di sole sotto ai suoi piedi. Era meraviglioso, lassù. Tutto sapeva di estate,era fresco e vivo, e quella lunga passeggiata cominciò a calmarlo. Salutò una o due personecon il binocolo che venivano dalla direzione opposta, e poi, d’improvviso, un coniglio scattòcorrendo lungo il versante della collina, per poi infilarsi in un buco. Doveva esserci un cane,nei dintorni.

E infatti riuscì a scorgere, poco più avanti, una famiglia fermarsi e chiamare: « Qui, bello!Qui!» , mentre un Labrador nero inseguiva il coniglio. C’era una scaletta, in una siepe,

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prima della successiva altura, e la famiglia si fermò lì e attese, continuando a chiamarlo.« Tinder!» .

Fred li osservò mentre si avvicinavano: i genitori sulla cinquantina, dall’aspetto abbastanzapiacevole, e un ragazzo della sua età, alto e biondo, che scoppiò a ridere quando infine ilcane tornò ansimando verso di loro. Tutti lo coccolarono, e poi dovettero aiutarlo aoltrepassare la siepe: « Ecco! Così! Vai!» . Ormai, Fred era quasi arrivato lui stesso allapiccola scalinata.

« Buongiorno!» , esclamò il padre, mentre il cane finalmente passava dall’altra parte.Aveva uno zaino di tela in spalla. « Mi sembri accaldato» , soggiunse. « Posso offrirtiqualcosa da bere?»

« Oh, grazie, sarebbe fantastico» .Dallo zaino venne fuori un thermos d’acqua deliziosamente fredda e lui ne bevve più

bicchieri di seguito.« Grazie infinite» . Ripulì il bordo del bicchiere di plastica e lo restituì. « Mi ha salvato la

vita» , continuò, e l’uomo sorrise, rimettendo tutto nello zaino, dopodiché lui e sua moglieoltrepassarono la siepe, seguendo il Labrador, che già si era allontanato, correndo nell’erbascaldata dal sole. Il ragazzo biondo accennò alla scaletta, come a dire “Dopo di te”, in ungesto educato da scuola privata.

« Prego» , disse Fred. « Eri qui prima di me» . E lo seguì, saltando giù dietro di lui. Igenitori si avviarono e loro due si ritrovarono vicini, due ragazzi a zonzo per le colline in unamattina d’estate, pressoché coetanei e simili sotto molti aspetti. Fred se ne rese conto quasisubito, mentre si lasciavano alle spalle la siepe: quel ragazzo doveva essere uno studente acasa per le vacanze, proprio come lui, e in compagnia dei genitori perché non conoscevapraticamente nessun altro.

« Hai proprio un bel cane» , commentò.« È tutto matto» , rispose il ragazzo. « È molto che cammini?»« Sono salito da Pilgrims Way » . E poi, come se dovesse giustificare il fatto di essere lì da

solo, senza amici e senza neanche una macchina fotografica o un binocolo al collo per farcapire che era lì per uno scopo, soggiunse: « Negli ultimi tempi non sopporto molto la miafamiglia» . E ridacchiò.

L’altro gli sorrise. « Posso capirti, credimi. Dov’è che vivi?»« Oh, dall’altra parte della città» , rispose Fred. « Su Croy don Road» . Sapeva che Bea e

sua madre credevano che tutti disprezzassero Croy don Road, ma quel ragazzo nonsembrava averne mai sentito parlare. « E tu?»

« Viviamo nella brughiera» , rispose lui, assottigliando lo sguardo mentre fissava il cielo.La sagoma di un rapace si stagliava contro l’azzurro sopra di loro, planando sopra la collina.

« Gheppio o sparviero?» , si domandò Fred.« Secondo me è un gheppio» . Il ragazzo continuava a fissare il cielo. « A proposito, mi

chiamo Piper» .« Sutherland» , si presentò a sua volta Fred. Si era presentato così da quando aveva otto

anni. Chissà qual era il suo vero cognome?

Flo si svegliò nella casa vuota. Un pomeriggio d’estate, le tende tirate contro la finestraaperta, tutto così silenzioso e immobile. Sbadigliò, e lanciò un’occhiata alla sveglia sulcomodino. Un quarto alle quattro: perfetto. Restò distesa per altri cinque minuti, nel

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momento migliore della giornata: Bea e Fred fuori, almeno un paio d’ore prima di doverpensare alla cena, e senza doversene preoccupare più di tanto, visto che Will era fuori perqualche giorno, in un allevamento di maiali dello Shropshire. Non aveva niente da fare, aparte farsi una tazza di tè e tornare a letto. E la bozza del romanzo era pronta! Che pensieropiacevole.

Prese il libro che stava leggendo. The Darling Buds of May: per quante volte lo rileggesse,la faceva sempre ridere. H.E. Bates era uno scrittore geniale; lo apprezzava perfino Will,che non leggeva altro che Wodehouse e il « Telegraph» , e a volte, se era dell’umore giusto,qualche vecchio libro di John Masters. Dunque, dove era arrivata?

Due pensieri le attraversarono la mente, mente ritrovava il segno.Il primo fu che doveva spedire il suo libro all’editore di H.E. Bates. Ma certo, era

esattamente ciò che doveva fare! Se gli piaceva lui – e a chi non sarebbe piaciuto? –avrebbe sicuramente trovato interessante la sua piccola storia di vita di campagna. Controllòil nome sulla costa del libro.

Il secondo, che le sovvenne nel silenzio assoluto della casa, fu che non sapeva ancora dovefosse Fred. Bea era da Lizzie come sempre, probabilmente interessata a quel suo bellissimofratello, anche se negli ultimi tempi non faceva che scrivere a Hugo, ma Fred…

« Mamma, ha sbattuto la porta, uscendo. Come hai fatto a non sentirlo?» .Sbattuto la porta? Fred?« Mi conosci, tesoro, lo sai che quando scrivo…» .Quando scriveva, sarebbe potuto anche cadere il cielo, e non se ne sarebbe accorta.Posò il libro. Dove poteva essere Fred? Perché era uscito sbattendo la porta?« Non ti agitare, mamma, sono certa che sta bene. C’è qualcosa per pranzo, a parte i

bastoncini di pesce?» .Non c’era nient’altro. La dispensa era di nuovo vuota, e lei, completamente assorbita dal

suo romanzo, da editori e agenti, non aveva neanche sentito il suo caro Fred…Oh, Dio, dove poteva essere? Certo, aveva quindici anni, ormai, sapeva badare a se stesso,

ma…Era semplicemente il fatto di non saperlo. Guardò di nuovo l’orologio. Pensò a tutti gli anni

di separazione forzata, ai suoi singhiozzi disperati durante le vacanze, agli anni in cuil’avevano comunque rimandato laggiù, magro e pallido e spaventato, e a quanto eraperfetto adesso, così sicuro di sé e felice.

Invece, a quanto pareva, non lo era affatto.Dov’era?Le quattro e mezzo. Si alzò dal letto. E pensò: “Se ti è successo qualcosa, morirò”.

« Vuoi venire a pranzo da noi?» , gli chiese Mrs Piper, mentre scendevano verso le pendicidella collina.

« Oh. Cielo. Non vorrei disturbare, signora» . Sentiva i morsi della fame, ma potevaaccettare? O glielo stavano chiedendo soltanto per educazione?

Erano lì sul sentiero, all’ombra, il cane che annusava un fosso e un paio di persone acavallo che salivano verso di loro. “Scuola di Equitazione Coney Hill”, diceva un cartello suun cancello aperto, e tutti loro si fecero da parte mentre i cavalli ne uscirono al trotto, con iloro cavalieri che si sollevavano il berretto in segno di saluto. Più avanti, dalla stradaprincipale si sentiva il rumore del traffico: erano piuttosto lontani da Ry ehurst, ora.

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« Sarebbe davvero un piacere averti a pranzo, per noi» , lo rassicurò Mrs Piper.Stava dicendo la verità? Cercò di immaginarsi nell’atto di portare a casa una persona che

aveva appena conosciuto, con Flo persa nel suo libro, o chiusa in camera a dormire, ladispensa vuota e Will, sempre che fosse stato in casa, così cordiale ed esuberante daimpedire a chiunque di intervenire nel discorso.

« Dài, vieni» , disse Piper, e lui sorrise e ripeté « Oh. Cielo» , e tutti risero.« Grazie davvero. Accetto volentieri» .E Mr Piper mise il guinzaglio al cane, mentre si avvicinavano alla strada trafficata che

portava a Ryehurst da una parte e a Dorking e a Brockwood dall’altra. Era stato da quelleparti soltanto in macchina, quando andava e veniva da St Luke’s. Ora, quandoattraversarono frettolosamente la strada, approfittando di un momento in cui era vuota, potévedere finalmente la brughiera, per la prima volta.

Un mulino a vento si stagliava all’orizzonte, e dei golfisti camminavano in lontananza. Ilterreno era in gran parte coperto di ginestre, ma c’erano dei piccoli stagni, qua e là, chescintillavano sotto il sole.

« Noi viviamo laggiù» , disse Mr Piper, lasciando di nuovo libero il cane, che corse via atesta bassa, annusando il terreno e dirigendosi verso una fila di alberi. Mentre siavvicinavano, Fred vide che nascondevano una strada sterrata, e alcune grandi case, piùavanti.

« La nostra è la terza» , spiegò Piper, mentre raggiungevano l’ombra degli alberi. « Dio,che fame! Hai fame anche tu?»

« Decisamente. Siete stati così gentili a invitarmi» .Ed era tutto così bello, lì, con l’ombra degli alberi che marezzava il viottolo di soffice

terriccio, e un altro cavallo che si avvicinò lentamente a loro, per poi trottare via sollevandonuvole di polvere sotto gli zoccoli. Equitazione. Un altro mondo di Ryehurst di cui lui nonsapeva nulla.

Mr e Mrs Piper stavano aprendo il cancello di legno della loro proprietà, più simile aquello che si sarebbe potuto trovare in un campo che altro, lasciando che il cane entrasse esi lanciasse a bere dalla sua ciotola sul patio.

« Che casa deliziosa» . Gli sembrò di imitare Bea o Flo, con quelle parole, ma era laverità: mura di pietra coperte d’edera, il patio sul davanti e un giardino che la circondavacompletamente.

Di colpo, si sentì a casa, e capì subito perché. Quell’edificio gli ricordava la casa dei nonni.E mentre il cane si sdraiava nella sua cesta, Fred restò in piedi nell’ampio e arioso ingresso,con tante porte che si aprivano su altre stanze, quasi aspettandosi di sentire il grande gong diottone che tanto gli piaceva suonare, e invece vedendo un tavolo pieno di libri e di carte, epoco oltre una scala illuminata da un grande lucernario che faceva piovere ovunque la lucefolgorante del sole estivo.

« Il pranzo sarà pronto tra dieci minuti» , avvertì Mrs Piper. « Richard, perché non mostria…» . Si interruppe e sorrise. « Non sappiamo neanche il tuo nome» , soggiunse poi, e Fredricambiò il sorriso e si presentò, e di colpo si sentì così felice e vivo che fu sul punto dispiegare loro che quello non era il suo vero nome, ma si fermò in tempo.

« Vuoi fare una telefonata a casa?» , gli domandò lei, accennando al telefono sul tavolopieno di carte. « Così puoi far sapere ai tuoi dove sei» .

Fred scosse la testa. Per loro sicuramente non aveva alcuna importanza; Bea doveva

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essere dalla sua amica Lizzie e Flo avrebbe dormito per tutto il pomeriggio. E poi, gli davafastidio chiamare a casa, alla sua età: “Ciao, mamma, ho quindici anni e sono uscito dasolo. E per una volta mi sto divertendo”.

Non tornerò mai più.

« Ma dov’è?» , domandò Flo, quando Bea finalmente tornò a casa, suonando tre volte esaltellando in giro per il patio, cantando Yesterday a mezza voce.

« Santo cielo, Bea, sono già le cinque e non sappiamo neanche dov’è. Smettila di cantarequella dannata canzone. Vieni a sederti e dimmi di nuovo perché ha sbattuto la porta» .

« Davvero, non lo so» . Entrarono nello studio. « Stavo soltanto recitando una poesia» .« Una poesia?» , chiese Flo. « Che poesia?»

Non suonate campane per me, oh padre, oh madre,non versate lacrime…Ecco le mie sorelle, il mio fratellinoche gioca nel luogo chiamato Paradiso.

Bea, in piedi al centro della stanza, ripeté quei versi adorando come sempre il suono dellasua voce.

Flo scoppiò a piangere.Si sentirono dei passi sul vialetto, e poi lo scatto del cancello.Il campanello suonò tre volte.« Eccolo» , esclamò Bea. « Te l’avevo detto che sta bene» . E poi, mentre Flo scattava in

piedi: « Davvero, mamma, è ora che abbiamo anche noi le nostre chiavi» .Flo corse all’ingresso e spalancò la porta. Era lì, nel sole del pomeriggio, suo figlio, il suo

tesoro.« Cosa c’è?» , le chiese lui, vedendola in lacrime. Cosa diavolo era successo, ora? Un altro

libro ridotto in cenere?Lei lo attirò a sé. « Tesoro mio» , mormorò, affondando il viso nella sua camicia sudata.

« Grazie a Dio sei a casa» .Oh, perché si scostava?

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7Era possibile che un singolo giorno potesse cambiare tutta una vita? Così era sembrato a

Fred, quell’estate. Aveva un amico. Aveva qualcuno con cui fare qualcosa. E soprattutto,aveva la casa dei Piper, così diversa dalla sua che sembrava un altro mondo.

« Vado dai Piper» , diceva dopo colazione, con Flo ancora in vestaglia e Bea immersanella sua rivista preferita. Spingeva indietro la sedia.

« E quando ti rivedremo da queste parti, tesoro?»« Non lo so» . E spariva prima che chiunque potesse aggiungere altro.Prendeva l’autobus verso la brughiera, che attraversava la città superando il mercato, e

Boots, e MacFisheries, dove Flo comprava il merluzzo per le loro zuppe, e Budgens, doveandava a comprare i bastoncini di pesce e i piselli in scatola che costituivano molti dei loropranzi. E poi saliva di sopra per riposare.

Mrs Piper non dormiva, il pomeriggio. Come suo marito, era piena di energia, alta egentile. E come lui, era un’insegnante, e come la zia Agnes, a lei piaceva davvero cucinare.Lì finiva la somiglianza, come avrebbe detto Will, ridendo di qualche signora in chiesa. IPiper non ci andavano, in chiesa: erano quaccheri.

Non leggevano il « Telegraph» , e neanche il « Times» : era il « Guardian» ad arrivare acasa loro ogni mattina, un giornale che lui aveva visto soltanto in edicola, e comunque nonveniva letto molto. Alla fine dell’estate sarebbero andati in Francia, dove nessun Sutherlandera mai stato.

Lui non era mai stato all’estero! Will era vissuto per tredici anni in India, per non parlaredi tutti i posti dove era stato durante la guerra, tra la Palestina e il Nord Africa. Perfino Floera stata abbastanza avventurosa da andarsene in India. Ma lui e Bea erano patetici, aconfronto. Bournemouth. Dorset. Le sue escursioni con la Combined Cadet Force e quelleche faceva per scattare foto lo conducevano in vari posti, ma a parte i suoi anni aMountford Park, era tutto lì.

Un giorno avrebbe girato il mondo. Un giorno avrebbe trovato i suoi veri genitori: suamadre, in ogni caso. Era piuttosto certo che i bambini dati in adozione non avesserorealmente un padre. Ma per il momento…

Per il momento, l’autobus si era lasciato la città alle spalle, e tutto ciò che poteva vedereintorno erano le morbide curve delle colline, alla sua destra, e poco dopo, sulla sinistra, lavasta distesa della brughiera. Saltò giù alla sua fermata e si allontanò sul sentiero, annusandoil profumo delle ginestre nel sole del mattino, con la macchina fotografica che battevacontro il suo petto. Anche a Richard piaceva la fotografia, ed era molto portato per lescienze naturali, proprio come lui, anche se, Fred lo aveva capito già dopo uno o dueincontri, al contrario di lui Richard era davvero intelligente. Ma non sembrava avere alcunaimportanza, perché era così simpatico.

E conosceva la vita nei collegi: le case, la corsa campestre e tutto il resto. Avevanomoltissimo in comune, anche se la sua scuola era diversa, era una scuola quacchera, aKent, senza case e con una cosa che si chiamava Meeting, invece della messa nellacappella. Gli sembrava a posto, ma pensava anche quanto era strano che genitori come iPiper mandassero il loro figlio in un collegio.

« È perché sono figlio unico» , spiegò Richard, durante una delle loro passeggiate. « Hanno

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pensato che fosse meglio per me, invece di restare a casa con loro tutto il tempo. Ancheperché spesso devono restare a scuola fino a tardi» .

« Non volevano che fossi solo» , commentò Fred, pensando a Flo e al disprezzo cheprovava per le madri che lavoravano.

« Infatti» , concordò Richard, mentre camminavano lungo Pilgrims Way, con Tinder checorreva davanti a loro annusando tutto e scodinzolando allegramente. Era bellissimo avereun cane con cui andare a passeggio. Si fermarono per dare una mela a un pony solitario nelsuo pascolo, poi risalirono lungo il sentiero di gesso sul fianco della collina e osservarono lacittadina dall’alto, perdendo lo sguardo fino all’orizzonte pieno di luce. Le parole e i discorsi,tra loro, venivano fuori spontanei e naturali, ed era stato così fin dall’inizio. A volte,considerava adesso Fred, mentre si avvicinava al filare d’alberi e al tratturo polveroso, eraquasi come essere di nuovo con Collins.

Ovviamente, c’erano cose di cui non parlavano. Delle ragazze, per esempio.« Com’è tua sorella?» , gli chiese Richard una volta.Doveva essere così strano, essere figlio unico. Cosa poteva dirgli?« È simpatica. Sai è… be’, come tutte le ragazze. Pensa solo ai ragazzi e alla musica pop» .Ma non parlarono a lungo di lei, e cambiarono argomento passando al rock, che a Richard

piaceva tantissimo. Fred apprezzava di più la musica classica: Beethoven, Tchaikovsky . Tuttii dischi di Will, concerti con gli applausi scroscianti alla fine della riproduzione.

Invece a Richard piaceva parlare dei Rolling Stones e di Bob Dy lan, e disse di volerglisuonare qualcosa. Bea, e l’idea che la circondava, quella delle ragazze, così diverse da loro,svanì dalla loro mente. Era una sorta di assioma, tra loro, che le ragazze fossero su un altropianeta, che non ne conoscessero praticamente nessuna, visto che erano sempre e solo statiin compagnia di altri ragazzi, per tutta la vita. Non avrebbero mai saputo cosa dire a unaragazza, non in quel senso.

Ma c’erano anche altre cose di cui non parlavano, mentre richiamavano il cane epasseggiavano tra i campi. Fred aveva tenuto per sé il suo segreto, profondamente nascostodentro di lui.

« Raccontaci della tua famiglia, Fred» , lo esortò Mrs Piper. O meglio, Mary, mentre MrPiper era David. Insistevano nel farsi chiamare per nome, ma lui non ci riusciva. E comeavrebbe potuto parlare loro dei suoi genitori? Di Will, sempre eccessivamente cordiale, edei suoi latifondisti, delle sue fiere di campagna, della caccia e delle pecore, della chiesache frequentava, dei suoi anni in India di cui non la finiva mai di parlare? E di Flo, e dei suoiromanzi, e dei suoi vecchi amori e dei suoi pomeriggi passati a dormire? A loro, personeche insegnavano storia e matematica, Mr Piper in una scuola a Dorking e Mrs Piper allasecondaria moderna di Abbey Park?

« La secondaria moderna?» , aveva sentito borbottare a Flo. « quaccheri?» .La domenica, si riunivano nel loro Meeting, a cui partecipavano in silenzio.« Ma in cosa credi, effettivamente?» .A quanto sembrava, credevano nella pace. Mr Piper era perfino stato in prigione, durante

la guerra, come obiettore di coscienza. E Fred riusciva già a immaginare la faccia cheavrebbe fatto Will se glielo avesse detto.

Ma i quaccheri credevano anche nell’uguaglianza tra tutti gli uomini: Mrs Piper aveva

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avuto una prozia suffragetta. Fred non sapeva neanche cosa fosse, una suffragetta, finchélei non glielo aveva spiegato, con la sua solita gentilezza e concludendo con un « Come sai» ,anche se in realtà non era così.

Quando parlavano, sembravano più o meno come i suoi genitori, ma semplicemente nonlo erano. E comunque, quelle persone, con i loro drink, il loro tavolo a forma di elefante e latesta di pantera impagliata appesa al muro, non erano i suoi veri genitori.

« Be’» , rispose, cenando con loro in giardino, quando Mrs Piper tornò a chiedergli dellasua famiglia. « Oh, be’, ecco…» . E si bloccò.

Tutti scoppiarono a ridere. Ma il modo in cui ridevano i Piper era così caloroso ecomprensivo che non li si poteva immaginare capaci di disprezzare qualcosa. Per un attimo,pensò perfino di raccontare loro la verità.

« Ancora un po’ di insalata?»« Sì, grazie» .« E un’altra fetta di pane?»« Oh, magari, per favore» .Il pane era fatto in casa, croccante e scuro, e diverso da qualsiasi altro pane avesse mai

mangiato. L’insalata veniva dal loro orto. Fred ripensò ai piselli in scatola, o, se eranoparticolarmente fortunati, erano carote in scatola. Naturalmente, a Melcote avevanomangiato le verdure del loro orto, ma quando si erano trasferiti, era cambiato tutto. Tantecose erano sparite. Come quella vecchia e buffa pentola a pressione che fischiava eborbottava ogni domenica, con Will che gridava: « Piano! Piano!» .

Allora sembravano una vera famiglia.« Qualcosa non va? Sei così silenzioso…» .« Scusatemi» . Si piegò ad accarezzare la testa di Tinder.« Non c’è nulla di cui scusarsi. È tutto a posto?»« Sì, grazie» .E poi Mr Piper disse che gli sembrava di vedere un pipistrello, proprio il tipo di cosa che

avrebbe detto Will, e tutti seguirono il suo sguardo e parlarono di pipistrelli, stringendo gliocchi verso la semioscurità della sera.

Il giardino era meraviglioso, girava tutto intorno alla casa e c’erano un orto, una serra,meli e susini sul retro. Aveva un piacevole aspetto disordinato e vissuto. C’erano anche uncotogno e alberi di cui non aveva mai sentito parlare, anche se avrebbe saputo direparecchie cose del fico sacro, con le donne dei villaggi che vi lasciavano sotto delle offerte,tributando il puja al suo spirito perché le rendesse fertili. Le piccole mele cotogne gialle,che a maturazione sarebbero diventate enormi, sembravano uscite fuori da una fiaba o dauna leggenda, adesso che scintillavano come lanterne, mentre la luna cominciava a salirenel cielo.

« Vi dirò una cosa» , dichiarò, alzandosi per aiutare a sparecchiare la tavola. « Questacasa mi ricorda tanto quella dei miei nonni. Credo che sia dello stesso periodo» , soggiunse,posando le stoviglie su un vassoio e rendendosi conto che stava cercando di suonarecredibile.

« Dove vivono?» , gli chiese Mr Piper.« A Bournemouth» , rispose lui, « ma mio nonno purtroppo è morto. Così come mia zia.

Andremo lì a trovare la nonna, il mese prossimo. Ci andiamo piuttosto spesso, in estate» .

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« In macchina!» .Agosto, e stavano partendo per quella che, sembravano saperlo tutti, probabilmente

sarebbe stata la loro ultima vacanza in famiglia.« Hugo» , mormorò Bea, tra sé e sé.Ma Hugo aveva altro a cui pensare.« Scommetto che ha la ragazza» , commentò Will.« Tesoro, non essere così insensibile» , lo rimproverò Flo, notando l’espressione sul viso di

Bea.« Io? Insensibile?» . Aveva due settimane di ferie, e ne aveva assolutamente bisogno.

L’ultima fiera della Società rurale dei latifondisti a Castle Blakeney l’aveva quasi esaurito.Sarebbero andati a trovare la nonna, che sarebbe rimasta sola mentre Hugo partiva per

l’Italia. Con chi? Nessuno lo sapeva.« È uno che la sa lunga, il vecchio Hugo» .« Smettila!» .« Cosa dovrei smettere?» .La nonna aveva una persona che veniva a prepararle ogni giorno un buon pranzo, oltre

alla loro domestica, ovviamente.« Povera nonna. Sicuramente sarà felice di rivederci» .Avrebbero trascorso due giorni lì, e poi sarebbero andati nel Dorset, anche se non da Fitz.« Sarei felice di ospitarvi, Willie, ma non mi sento molto bene» .Era troppo per lei, lo capiva: quattro persone, di cui due adolescenti. Probabilmente stava

diventando un po’ troppo anche per lui, se doveva essere sincero. Aveva fatto vedere a Flouna pubblicità sul « Telegraph» , per poi affittare un appartamento in un residence per tuttala famiglia: un bel posto sulla scogliera, con una bella passeggiata per raggiungere il mare,più in basso.

Ma prima andarono a Bournemouth. Quanto sembrava strano: quella casa enorme senza ilnonno che coglieva grappoli d’uva nella serra, e senza Vivie che veniva loro incontro sullaporta a braccia aperte, e senza la grossa e nera Whoopoo accucciata sulla mensola dellacucina, pronta a strofinare la testolina pelosa contro quella di chi le si avvicinava. E senzaHugo, pensò tristemente Bea, portando dentro la sua valigia.

C’erano soltanto la domestica, che aveva aperto la porta con un grembiule allacciato invita identico a quello della loro domestica, e la nonna, piccola e fragile, con gli occhiali sullapunta del naso, avvolta dalla trapunta, nella sua camera da letto con la carta da parati afiori. I gradini coperti dalla moquette conducevano al suo bagno personale, anche quellocon il pavimento coperto di tappeti. Come sempre, a Bea sembrava un lusso, ma ora la casaera così triste e inutile, senza Hugo. Perché era dovuto andare in Italia proprio mentre lorovenivano in visita?

« Come stai, nonna?»« Ora che ti vedo, tesoro, molto meglio. Come sei diventata bella» .« Grazie» . Ma a che serviva essere bella, se poi era sempre sola? « Come sta Hugo?» ,

domandò, fingendo allegra indifferenza. Anche da lontano, non si doveva mai sembraretroppo interessati.

« Lavora sodo, anche troppo… Ma riesce sempre a ritagliarsi del tempo per una ragazza ol’altra. Ormai anche tu devi avere tanti ragazzi intorno» .

« Più o meno» . Si sentì stringere lo stomaco. Ragazze? Lui non le aveva mai parlato di

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ragazze. “Uno che la sa lunga, il vecchio Hugo”. Ah, gli uomini, quanto erano orribili!« E c’è una persona speciale nel tuo cuore?» , le chiese in quel momento la nonna.C’È UNA PERSONA SPECIALE?« No» . Bea si alzò e andò a guardare fuori dalla finestra aperta. In giardino, Will e Fred

stavano portando le sdraio fuori dalla serra. Si sentivano ancora i bambini piangere, dallacasa accanto, la Casa della Mamma e del Bambino. Vide Fred fermarsi e restare in ascoltoper qualche attimo, poi si chiuse le dita nella sedia e gridò.

« Queste sdraio sono una trappola» , commentò Will. « Tutto bene, vecchio mio?»« Eccomi qui!» , trillò Flo, dalla porta aperta della camera da letto. Entrò con il vassoio del

pranzo.« Tesoro, è così gentile, da parte tua» , disse la nonna, anche se Bea riusciva già a vedere

che si trattava soltanto di una zuppa in scatola e di un pezzo di formaggio. Edam, per laprecisione. Flo conosceva solo tre tipi di formaggio: Edam, Cheddar e Dairy lea. Ma avevaposato una tovaglietta candida sul vassoio, e vi aveva aggiunto una rosa in un deliziosopiccolo vaso. In quel genere di cose era bravissima.

« Vi lascio tranquille» , affermò Bea. « Vado a occuparmi del nostro pranzo, d’accordo?»« Sarebbe meraviglioso» .

Per due giorni, non fece altro che cucinare per la nonna e lavare i piatti nella grandecucina dove Hugo le aveva insegnato a farlo. E vedere Flo prendere la foto di Vivie emordersi le labbra. E guardare la grande fotografia di famiglia che avevano scattatoall’ottantesimo compleanno del nonno, con Hugo che teneva in braccio Whoopoo e tuttisorridevano in giardino. E le foto del nonno e di Hugo da piccolo, che tornava a casa dascuola o giocava a ping pong in giardino.

« Che uomo orribile è stato» , commentò Flo, parlando del bellissimo marito di Vivie.C’era una foto di loro due insieme, appena sposati e apparentemente molto felici. Poi luil’aveva abbandonata. Nessuno aveva mai saputo perché.

« Lasciar crescere un ragazzo senza padre, che cosa orribile» , commentò Will, e poi:« Tutto bene, Fred, vecchio mio?»

« Sì, grazie» .Per due giorni, la nonna scese in giardino a prendere il tè, per poi tornare in camera e

farsi servire la cena su un altro piccolo vassoio. Per due giorni, sentirono i vecchi dischisullo stereo, come There Was an Old Lady who Swallowed a Fly, ma le risate di Willsembravano un po’ vuote perfino a lui.

« Comunque» , commentò, mentre lui e Fred caricavano di nuovo i bagagli in macchina,« abbiamo fatto il nostro dovere, e questo è l’importante. Povera nonnina» .

Lei scese faticosamente le scale, in vestaglia, e li baciò tutti nel salotto pieno di sole.« Arrivederci, mio caro Fred. È stato così bello rivederti» .Fred uscì ad aspettare in corridoio. Se la casa dei Piper gli ricordava quella, con la grande

scalinata che si sollevava davanti a lui, ora poteva vedere soltanto il passato: la famigliariunita, e loro che camminavano insieme tra i pini, o nuotavano e correvano sulla spiaggia,coperti di Nivea; che lanciavano i dadi giocando al gioco dell’oca, o guardavano il treninoHornby su in soffitta, mentre girava in tondo nel suo infinito viaggio sempre uguale. O chesuonavano il gong per annunciare il pranzo.

È il mio turno!

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Vi si avvicinò, sollevò la bacchetta con la sferetta di cuoio in cima e toccò piano l’ottone.Risuonò in corridoio, quel suono così amato e familiare, così profondo e pieno, e gli sembròcome di ritrovare qualcuno che aveva conosciuto da sempre. Poi, lentamente, svanì.

« In macchina!» .Nel Dorset non fece che piovere. Ogni volta che smetteva, Will proponeva di andare a

fare una passeggiata, ma c’era sempre qualcuno che si rifiutava: Flo che leggeva a letto,oppure Bea che se ne stava in poltrona nella sala degli ospiti e canticchiava una delle suedannate canzoni pop.

« Ma cosa le prende?» , domandò Will a Fred, l’unico che di solito riusciva a convincere auscire. Osservavano gli uccelli marini e i pescherecci con il binocolo, scattavano foto,scendevano lungo la scogliera e passeggiavano sulla spiaggia sassosa, dove icontrabbandieri un tempo nascondevano la loro merce nelle grotte.

« Penso che sia innamorata di Hugo» .« Oh, santo cielo» .E perfino con Fred era difficile parlare, in quegli ultimi tempi. Qualche commento su

cormorani e urie, e finiva lì. Non che volesse parlare di chissà quale altro argomento, maprovava una strana sensazione, in compagnia di Fred. Non avrebbe saputo definirla, mac’era qualcosa di diverso dal solito.

« Va tutto bene, vecchio mio? È stata un’estate piacevole, per te?»« Sì, molto piacevole, grazie» .« Immagino che tu sia felice di aver conosciuto quel tuo nuovo amico» .« Sì, molto felice» .E così finiva, anche se sembrava aver trascorso metà delle vacanze estive con la sua

nuova famiglia.« Come sono i Piper?»« Molto gentili» .A quel punto, si arrese. Una o due volte al giorno andavano a nuotare, ma il mare era

agitato e la bandiera rossa spesso sventolava per avvertire della presenza di correntipericolose. Tornarono lentamente su per il sentiero, riparandosi la testa con i teli da spiaggiamentre ricominciava a piovere. E quando rientrarono, Bea era sparita.

« Penso sia uscita a fare una passeggiata» .« Ma…» . Will era esasperato. Quella era una vacanza di famiglia: che cosa faceva tutta

sola in giro? Francamente, cominciava a sentirsi offeso.

Bea camminava lungo il ciglio della scogliera, tra sole, vento e pioggia. Quando cominciòa piovere forte, corse a rifugiarsi in un riparo di cemento, pieno di mozziconi di sigaretta escritte sulle pareti: nomi e cuori, parolacce e disegni osceni. Li fissò, ricordando MissLeaming e gli organi riproduttivi dei conigli, ma il ricordo non la fece ridere. Niente di tuttociò sembrava avere a che fare con lei. La pioggia smise di cadere, e lei tornò apasseggiare, inspirando il profumo del terriccio umido e quello salmastro del mare. Igabbiani si libravano sopra di lei, lanciando i loro rauchi richiami.

Caro Hugo, mi è dispiaciuto così tanto di non poterti vedere, la settimana scorsa. Orasiamo qui nel Dorset, senza niente da fare! Vorrei tanto che tu fossi qui. So che sei molto più

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grande di me, e devo sembrarti una bambina, ma ora ho diciassette anni, nel caso tu non loricordassi, e non sono più una bambina…

In realtà, non era niente. Era così che si sentiva, bloccata senza sapere chi fosse.« Frequentare l’università, immagino» , le disse Eleanor, con quella sua voce delicata,

quando andarono a cena da loro.« Se supererò gli esami» .« Mia cara, ma certo che li supererai. Sono certa che andrai benissimo» .« Stai dritta con la schiena, Bea» , scattò improvvisamente Will. « Non stare così curva

quando sei seduta» .« Scusami» . Si raddrizzò, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Aveva diciassette anni e

suo padre riusciva ancora a farla piangere. Non avrebbe versato quelle lacrime. No,assolutamente no. Distolse lo sguardo, con gli occhi lucidi.

« Per quale università hai fatto domanda?» , chiese gentilmente Fitz.Lei non riuscì a rispondere.« Credo a York» , replicò Fred al suo posto.Tutti ammirarono la sua piacevole voce roca e profonda.« Immagino che non vorrete più cantare quelle buffe e vecchie canzoni con me» ,

commentò Fitz, passando a tutti i fagiolini.Fred sorrise. « Io forse sì» . Si servì una generosa porzione di verdure. « Bea? Ne vuoi?» .Lei prese il piatto. Le sue lacrime vi caddero dentro. Tutti lo notarono, e lei si alzò e uscì di

corsa dalla stanza.« Santo cielo, cosa le prende adesso?» .SANTO CIELO, COSA LE PRENDE ADESSO?Al piano di sopra, si gettò piangendo sul letto di Fitz. Non sapeva cosa le stesse prendendo,

non più di quanto lo sapessero loro, era soltanto… scombussolata. E voleva che tuttocambiasse.

« Hugo» , singhiozzò nel cuscino. Lui sarebbe riuscito a sistemare tutto. Lui l’avrebbe presatra le braccia, ed era tutto ciò che desiderava…

Dopo un po’, smise di piangere. Poteva sentire l’acciottolio delle stoviglie in cucina, suamadre che la chiamava in fondo alle scale, per poi tornare dagli altri. Dal salotto veniva ilsuono del pianoforte, insieme alla dolce, vecchia voce di Fitz.

Di-di-di-di fro-fro-fronte alle anatrec’è il posto in cui mi rilasso…E tra i miei fiori dopo le ore laboriosesono felice di scorgere un amico…

Riusciva a sentire Will che cantava, di-di-fro, mentre gli altri ridevano. Come potevatornare al piano di sotto?

« Bea?» . Un lieve bussare alla porta e poi Fred fece capolino all’interno, soltanto con lapunta del naso, e lo arricciò, facendola ridere. « Stai bene?»

« Oh, Fred» .Lui entrò. Si sedettero sul bordo del letto.« È solo che…» . Allargò le braccia. « …non lo so, è un po’ tutto» , concluse.

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Lui annuì. « Lo so. È così anche per me» .Bea lo guardò. « Che intendi?» .Fred inspirò profondamente, come aveva fatto tante settimane prima, nella sua stanza da

letto a casa, come se fosse sul punto di dirle qualcosa di molto importante. « Non lo sai?» , leaveva chiesto, allora. E poi era corso via sbattendo la porta.

« Fred?» .Lui scosse la testa. « Niente. Non importa» . E poi: « Forza, torna giù, adesso, papà è

piuttosto di buon umore» .Bea si lavò la faccia nel catino di Fitz, dietro a un delizioso paravento in un angolo, verde

scuro e decorato di foglie e fiori stilizzati. Quella casa era piena di oggetti meravigliosi, e leied Eleanor erano così serene e felici, insieme, anche se tutti dicevano che in realtà era unacosa orribile.

Gli ultimi giorni delle vacanze.« Ti avevo detto che ho mandato il mio libro a un editore?»« Sì, mi pare di sì» . Lui era seduto sulla valigia e le dava le spalle. Flo si inginocchiò ad

armeggiare con le chiusure. Ecco fatto! Si rialzarono.« Sei cresciuto ancora!» .Fred cercò di sorridere. Era più alto. Ed era a pezzi.« Vieni ad abbracciarmi» .Lui aggirò la valigia e la abbracciò, lì, al centro della camera da letto dei suoi genitori,

mentre le nuvole si accavallavano nel cielo fuori dalla finestra e le prime foglie secchevorticavano in giardino. Flo gli posò il capo sulla spalla. Oh, quanto erapiacevole!

« Il mio bambino» , sussurrò, per la milionesima volta, e come sempre, lo sentì ritrarsileggermente. In un attimo, l’abbraccio si sciolse. « Fred?»

« Mmm?» . Era già quasi sulla porta.« Tesoro?» . Avrebbe dovuto dirgli qualcosa? E cosa, del resto? Stava crescendo, stava

diventando un giovane uomo, le sue erano reazioni naturali, eppure…« A volte, mi domando…» , cominciò. « A volte mi sento…» .Ma la domestica stava passando l’aspirapolvere sul pianerottolo, e lui le sorrise e scosse la

testa, senza riuscire a percepire cosa Flo si domandasse e sentisse, e poi se ne andò nella suacamera oscura a lavorare, con la porta chiusa per non far entrarela luce.

Era andato a salutare i Piper e aveva fatto un’ultima passeggiata sul sentiero di gesso cherisaliva la collina, con Tinder che li precedeva come sempre. Come sempre, si fermaronoaccanto al monumento, ansanti, e guardarono la cittadina sotto di loro. L’aria era umida, ele foglie degli alberi ai piedi della collina cominciavano a ingiallire. L’orizzonte era velato difoschia, ma le strade e le case si vedevano ancora bene, con la distesa della brughiera piùavanti.

« Tutte quelle vite diverse» , commentò Fred.« Ognuna con il suo piccolo dramma» , soggiunse Richard, freddamente, come se stesse

citando una frase non sua. Lo stava facendo, probabilmente, per non cadere in un cliché.« La tua famiglia non ce l’ha, quel dramma» .

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« Ma certo che sì. Nel passato, comunque» . Si soffiò il naso. « Mio padre in carceredurante la guerra. Quelle cose lì» . Tornò a infilare il fazzoletto nella tasca della giacca. « Etu, Fred? Non ho ancora conosciuto la tua famiglia. Hanno per caso due teste, o qualcosa disimile?»

« No, una sola» , rispose lui. Tinder era tornato di corsa da loro. Fred gli posò una manosulla liscia testa nera. « Un giorno devi venire a conoscerli» .

« Continui a dirlo da un bel po’» .Restarono lì, due ragazzi e un cane, in una scena che in qualche modo sarebbe potuta

essere fuori dal tempo, a guardarla dall’esterno. Fred si ritrovava a guardare le cosedall’esterno sempre di più, negli ultimi tempi. Gli venne in mente un ricordo.

Tutte le famiglie scompaiono e diventano una.Erano state le ultime parole della zia Vivie prima di morire. Lo raccontò a Richard, un po’

perché voleva chiudere l’argomento della famiglia, un po’ per impressionarlo. Era unafrase misteriosa. « Secondo te, cosa voleva dire?» .

Richard scosse la testa. « Forse che tutti veniamo spazzati via dalla grande marea dellastoria» , commentò dopo un attimo, di colpo sembrando un preside.

E forse un giorno lo sarebbe diventato sul serio, ma in fondo era facile pensare chesarebbe potuto diventare tutto ciò che voleva, intelligente com’era. Quello sarebbe stato illoro penultimo anno di scuola superiore.

Lui aveva già cominciato il ripasso.« Sei un secchione» , l’aveva preso in giro Fred, notando la pila di libri sulla sua scrivania,

un fine settimana.« E tu un fannullone» , gli aveva risposto Richard, mentre frugava tra i suoi dischi. « Senti

questo» .E aveva ascoltato quel blues, come lo chiamava Richard, guardando il poster sopra la sua

scrivania. “Bandiamo la bomba”. A Pasqua, lui e i suoi parenti erano stati a una marcia peril disarmo nucleare. E ci sarebbero tornati l’anno successivo.

« Andiamo» , disse in quel momento, e si girarono, risalendo il lungo sentiero di gesso finoin cima, un cane e due ragazzi, uno dei quali con qualcosa da nascondere.

“Te lo dirò, un giorno?”, si domandò Fred, scalciando frammenti di gesso biancastro.“Riuscirò a rivelarti che non sono ciò che sembro?”.

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8Fred era tornato a scuola, e le sue lettere ricominciarono ad arrivare. Parlavano di rugby.

Della Combined Cadet Force. Di fotografia. I soliti argomenti. Bea si domandava cosacercasse sua madre in quelle lettere, leggendole e rileggendole all’infinito. E poi arrivò unalettera di Hugo.

Cara Bea, grazie per la tua cartolina. Mi è dispiaciuto tanto non poterti incontrare quandosiete venuti a trovare la nonna…

Gli era dispiaciuto tanto! Le era mancata! E si era divertito tanto a girare per i laghiitaliani… con chi? E ora era tornato al lavoro e stava facendo qualcosa di fantastico nelcampo delle comunicazioni elettroniche, qualunque cosa fossero, con la possibilità di andarea lavorare all’estero.

Quindi, non ci saranno molte opportunità di vederci, al momento, temo, ma spero che ciriusciremo, prima o poi. In bocca al lupo per il tuo ultimo anno. So che sarà impegnativo,ma sono certo che andrà tutto bene. Ti prego di abbracciare tutti da parte mia, e unabbraccio speciale per te, naturalmente!

Hugo

La rilesse di nuovo, la baciò e se la strinse al petto. Se la portò alla finestra, guardandofuori verso il giardino, dove Will stava tosando per l’ultima volta il prato. Su e giù, su e giù,noia, noia, noia. Ma sapeva cosa doveva fare, ora.

Avrebbe studiato e si sarebbe impegnata al massimo, così non avrebbe tradito la fiduciache Hugo aveva riposto in lei. E poi, anche se ovviamente sarebbe potuta andareall’università, se avesse voluto, non ci sarebbe andata. Se Hugo fosse andato a lavorareall’estero, non l’avrebbe aspettata, non per altri tre anni. Nessuno l’avrebbe mai fatto. Ma leisarebbe stata libera di seguirlo! E poteva già immaginare la loro vita insieme, dopo unmatrimonio lampo, lei nei panni della giovane moglie in qualche meraviglioso e caldoPaese straniero, mentre sorseggiava una bevanda ghiacciata all’ombra ed era fiera di lui.

In giardino, Will stava tornando indietro verso la casa, nell’ultimo passaggio. Alzò losguardo e la vide, e sollevò una mano a salutarla, sorridendo. Lei ricambiò distrattamente ilsorriso, già a mille miglia di distanza da lì, e così felice.

A cosa la faceva pensare, tutto ciò?A sua madre e all’India, era questa la verità. Drink ghiacciati all’ombra del loro

meraviglioso giardino a Tulsipore…E aspettavo te, tesoro mio! È lì che sei stata concepita.Forse, nel profondo, era come sua madre? Con tutti quei suoi racconti sulle relazioni e i

ragazzi che aveva avuto, finché non aveva trovato l’Amore Vero?No, era diverso. Di certo lo era. Lei non voleva diventare una donna che aveva trascorso

la sua intera esistenza a scrivere del suo passato, dormendo nel presente. Non sarebbe statacosì! Avrebbe avuto una vita completamente diversa, e già la sentiva scorrere dentro di lei,

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piena di propositi ed entusiasmo.« Caro Hugo, che splendida e lunga lettera!» .Si sedette alla sua scrivania.“All I have to do is dream”, cantavano gli Everly Brothers sul giradischi.Dream, dream…Posò la testa sulle braccia piegate, e il suo cervello ebbe di nuovo un blackout.

« Non mi sento molto bene» , confessò all’uccellino sulla carta da parati. « Tutto sispegne» , gli disse ancora. « A volte, è come se sparissi» .

È COME SE SPARISSI.L’uccellino pensava che nessuno potesse fare una cosa del genere.

La lettera successiva arrivò da York. Volevano incontrarla per un colloquio. Rischiò dipiombare giù dalla sedia per lo stupore.

« Ottimo, tesoro. Verrò con te» .Bea fissò sua madre, ancora in vestaglia. Non riusciva a immaginarlo: né il colloquio, né

sua madre che partiva con lei. Sembrava quasi una follia. Sua madre era lì, che sbadigliavatutto il tempo e le preparava lo stesso toast ogni mattina, e scriveva o cucinava sempre lestesse cose: non riusciva a immaginarla in un campus universitario. Non ricordava neancheperché aveva scelto York come prima preferenza… e comunque non ci sarebbe andata.

Però era bello aver ricevuto quella lettera. Rispose, dunque, dicendo che sarebbe statalieta di andare.

E poi successe una cosa, e tutto cambiò.

Era ottobre: era sul campo di lacrosse, in un pomeriggio freddo e grigio. Aveva piovuto, eil terreno era fangoso. Si rischiava di scivolare e cadere facilmente, correndo da una reteall’altra, con la racchetta sollevata in alto.

« Passa! Passa!» .Bea non stava correndo. Era così inutile che la mettevano sempre in porta, ed era inutile

anche lì, mentre si lanciava avanti per difendere la rete, mentre Mary Cheever, molto piùalta di tutte le altre, le correva incontro e lanciava la palla dritta in porta.

« Goal!» .« Svegliati, Bea Sutherland!» , strillò Miss Miller.« Mi scusi» .« Scusarti non ti farà vincere la partita» .Restò lì a tremare mentre le altre tornavano a correre, in attesa che quell’ora finisse. Il

vento soffiava sull’erba umida, le grida delle ragazze le arrivavano a tratti. Tutto andava eveniva: ci era abituata, ormai, ma in qualche modo le sembrava più forte, quella volta.Forse era il freddo. Il fischietto risuonò acuto dal bordo del campo. Il suo cervello si svuotò,e lei lo seguì. Sollevò una mano. Non si mosse. Sbatté le palpebre. Bang.

Quando si riprese, era sdraiata sull’erba umida, e intorno alcune ragazze la guardavanodall’alto. Sembravano terrorizzate. Tentò di parlare, ma aveva la lingua incollata ai denti, ele sembrava secca e gonfia. Le faceva male la testa, come se qualcuno l’avesse stretta inuna morsa. Tentò di muovere le gambe. Sembravano di piombo. Aveva i pantaloncini

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fradici: l’erba era così bagnata?Aprì di nuovo la bocca, con una strana sensazione tutto intorno alla lingua, dove sarebbero

dovuti essere i denti…« Va tutto bene» , la rassicurò Miss Miller, togliendosi la felpa. Gliela distese addosso, e

Lizzie e Rosie fecero rapidamente la stessa cosa. « Va tutto bene, Bea, hai soltanto…» .Soltanto cosa? Si era bagnata, ne era certa. E sentiva il sapore del sangue. Lentamente, si

portò una mano alla bocca.« Ragazze, tornate subito dentro. Mary Cheever, corri avanti, tu che sei la più veloce.

Vanessa, vai con lei. Dite di chiamare un’ambulanza, e chiedete delle coperte alladirettrice. Presto!» .

Era tardo pomeriggio, il cielo sopra Piccadilly si stava già oscurando, e aveva ancora lascrivania piena di carte. Era riuscito a far approvare i nuovi allevamenti di maiali, alla fine:il prossimo anno li avrebbero mostrati alla Roy al. “Bravo, Sutherland: puoi darti una bellapacca sulla spalla, per questo”. Sarebbe stata la principessa Alexandra a inaugurarli:fantastico.

Nel frattempo…Nel frattempo, aveva cinquantadue anni, e c’erano giornate in cui era così esausto da

sentirsene sulle spalle settanta. Giornate di dodici ore, se si contavano i viaggi, in cuilavorava per la maggior parte del tempo a pieno ritmo. Era diverso, in primavera e inestate: c’erano le fiere, le fattorie, tanta gente con cui chiacchierare. Ma ora che l’inverno siavvicinava, a volte gli sembrava di essere un mulo attaccato alla macina.

« Non so…» , mormorava allo specchio ogni mattina, radendosi. E se lo disse in quelmomento, mentre prendeva la lettera successiva, mentre il telefono sulla scrivania di MissFisher prendeva a squillare. « Non lo so davvero» .

« Mr Sutherland?» . La donna fece capolino dalla partizione di vetro. « C’è sua moglie altelefono» .

Flo, che lo chiamava in ufficio? Inaudito. Sollevò la cornetta.« Mia cara. Che succede?» .La ascoltò, e si sentì scivolare via ogni traccia di colorito dal viso.

« Adesso decolliamo» , disse l’infermiere dell’elicottero, avvolgendo Bea in una coperta.« Si parte» , annunciò l’altro, prendendo i comandi. « Mai volato prima d’ora?» .Lei sorrise debolmente. Era stordita da tutto ciò che era accaduto, dallo strano viaggio a

scossoni nel bosco che diventava sempre più buio, con la luce della torcia davanti a lei.Distesa sulla schiena, con la direttrice e Miss Miller che camminavano ai suoi fianchi, le erasembrato di veder comparire le prime stelle. Ma forse era tutto dentro la sua testa. A quantosembrava, c’erano tante cose nella sua testa. Le martellava forte. Poi avevano sentito tutti ilrichiamo di un gufo, e si erano messi a parlarne, a chiedersi se fosse un barbagianni o unacivetta. Poteva essere un allocco, secondo la direttrice.

« Una volta ho visto un gufo» , aveva detto l’infermiere dietro di lei. « Da bambino. Non lodimenticherò mai, era grande e bianco. Splendido» .

« Mio padre sa tante cose sugli uccelli» , aveva mormorato Bea, e poi aveva chiuso gliocchi, perché non riusciva più a tenerli aperti, anche se aveva paura di quello che avrebbepotuto vedere nel buio dietro le palpebre. Ma era tutto a posto. C’era soltanto il buio.

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Per tutto il viaggio di ritorno in treno, non fece che pensare a lei. La rivide sulle sueginocchia, sul vecchio trattore della fattoria, mentre si muoveva ondeggiando sul sentieroche conduceva verso i campi, dietro alle capre che belavano, sbuffando fumo grigiastro daltubo di scappamento, in un pomeriggio d’estate. La rivide mentre correva nel cortile dellafattoria, chiacchierando senza sosta dall’alba al tramonto, a cavallo di Guersey Noo mentretornava a casa per la mungitura, e poi mentre teneva per mano Freddie mentre entravanonella stalla. E la rivide avvolgere quella povera gallina sanguinante in un maglione,sistemandola in una scatola in cucina, piangendo, quando lui le aveva tirato per sbaglio ilcollo.

È andata in cielo, tesoro.Sei un dannato sciocco!Si rivide seduto sul bordo del suo letto in una fredda sera di primavera, per dirle che era

tutto finito, che avrebbe dovuto vendere e che il povero Hatpeg sarebbe dovuto andare via,e ricordò il modo in cui lei gli aveva gettato le braccia al collo.

Povero papà.La sentì cantare All things bright and beautiful in chiesa accanto a lui, facendo dondolare la

sua mano e saltellando mentre tornavano indietro in mezzo ai campi; la rivide correre ingiardino, e attraverso tutta la sua vita, finché…

Quando era finito tutto?Ma quella è Grey Fluffy Zampegialle! Quella è Grey Fluffy…Mentre saltava su e giù davanti alla dispensa aperta, vedendo l’oca che pendeva grassa e

pesante, in tempo per Natale. Che c’era di male a servire a tavola la propria oca, perrisparmiare?

« Stupido, dannato uccello» , ringhiò a voce alta, per poi tossicchiare, quando la donna difronte a lui nello scompartimento alzò lo sguardo. La carrozza era quasi vuota, non essendoancora l’ora di punta, ma era uscito dall’ufficio appena aveva saputo quello che erasuccesso, recuperando il cappotto e la valigetta e correndo giù per le scale e nel traffico diPiccadilly .

« Taxi!» . Al diavolo il risparmio.La sua piccola Bea.Quando entrava in una stanza, lei ne usciva. Non aveva senso negarlo.« Vieni e chiudi la porta, mia cara» .Ma non voleva.« Oh, non lo so, dannazione» , borbottò di nuovo, ricordando un gatto bianco allungato nel

rigagnolo, morente sotto la pioggia.Scusate il commento, ma Snowy doveva saperlo che quando piove il gatto non si muove…Papà!Era stato allora? Era possibile riconoscere il preciso istante in cui un figlio cominciava ad

allontanarsi?« Sgarbato zoticone» , borbottò, e la donna di fronte a lui si alzò e uscì in corridoio. Lui si

appoggiò all’indietro, chiuse gli occhi e lasciò che il treno continuasse a procederesferragliando, ricordando il gioco che facevano un tempo con i bambini quandoviaggiavano così, prima di avere una macchina.

“Che stanno dicendo ora le ruote?”. Potevano dire praticamente qualsiasi cosa sidesiderasse: uova-e-bacon, uova-e-bacon, piccolo-amico, piccolo-amico…

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Epi-lettica, epi-lettica. Era questo che sentiva, adesso. Tentò di trasformarlo in la-mia-dolce-Bea, la-mia-dolce-Bea, ma non ci riuscì.

E quando pensò all’ospedale…Si prese la testa tra le mani.

L’avrebbero tenuta in osservazione per una notte. « Le troverò un letto» , disse il medico diturno, aprendo le tende del paravento. « Vogliamo soltanto controllare che sia tutto aposto» .

« Capisco» , mormorò Flo. Sembrava distrutta.« Povera mamma» , sussurrò Bea, ed entrambe sorrisero, dicendolo all’unisono: « Io non

sono una povera mamma!» .« Mi sembri allegra» , commentò un’infermiera, raggiungendola con un bicchiere di carta

pieno d’acqua e una pillola su un piattino. « Meglio così. Questo è fenobarbitone, penso cheil dottore te ne abbia parlato. Calma tutto. Immagino che le vada una buona tazza di tè» ,soggiunse, rivolta a Flo.

« Sarebbe meraviglioso» .Quando si allontanò, Bea tornò a sdraiarsi nel letto e lei e Flo si guardarono. Era

stranamente silenzioso, lì dentro. Si sarebbe pensato che il pronto soccorso fosse un postocaotico e spaventosamente drammatico, come in Dr Kildare, ma i medici avevano spiegatoche di mercoledì era sempre tranquillo. Questo le aveva fatte ridere, bizzarramente.

« Oh, cara» . Flo le prese una mano. « Povera cara» .« Stavi dormendo, quando hanno telefonato?»« Temo di sì» .Era profondamente immersa nel sonno, e il telefono l’aveva raggiunta nel suo sogno, dove

qualcuno la stava chiamando con quegli squilli infiniti, cercando di svegliarla. Durante laguerra? A Melcote?

« Roddy ?» , aveva risposto lei. « Sei tu?» . No, era Freddie. Freddie! « Dove sei?» , avevachiesto. « Dimmi dove sei!» . Poi si era svegliata nel panico e aveva afferrato la cornetta,sentendo Mrs Hawthorne che si presentava con il suo tono calmo e severo da preside.

« Non ho mai visto due persone così allegre» , commentò l’infermiera, mentre lororidevano, tornando nella corsia con due tazze di tè su un vassoio. Aveva messo quattrobustine di zucchero in ogni piattino.

« Quattro?» , domandò vagamente Flo.« Fa bene, in caso di shock. Sarebbe sorpresa di sapere quanto può fare bene del buon tè

caldo e dolce. Glielo farò scoprire non appena avremo trovato un letto» .Bea cominciò a sorseggiare la bevanda calda, e sentì il tè bruciarle sulle ferite tutto intorno

alla lingua.« Cosa ricordi?» , le aveva chiesto il dottore, ma lei non ricordava nulla, soltanto di essere

stata sul campo, e poi di essere sparita. Bang. Era giunta in ospedale con addosso ancora ladivisa da lacrosse, infangata e bagnata. « Avrei dovuto portare una camicia da notte» ,aveva mormorato Flo. « Ci avrei dovuto pensare» . Ma le avevano dato un camiceospedaliero e avevano detto loro di non preoccuparsi.

« Papà sta arrivando» , spiegò in quel momento Flo, posando la sua tazza. « Non so a cheora riuscirà a essere qui» .

« Oh, mamma. Dovevi proprio dirglielo?»

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« Tesoro, ma certo che dovevo. Non ti preoccupare» . Si piegò in avanti e la baciò. « Loterrò lontano» .

Bea le passò la sua tazza di tè. Si sentiva un sapore amaro in bocca, e aveva sonno. « L’haitenuto lontano per tutta la vita» , mormorò. « Hai fatto tutto tu» . Chiuse gli occhi. « Tuttequelle mentine» .

Non poté farci niente: camminando lungo quel corridoio che sembrava infinito, perraggiungere il reparto – pediatria, gli avevano detto all’entrata – tutto gli tornò orribilmentein mente: le porte chiuse a chiave, le donne che vagavano incerte, Flo afflosciata su quellasedia. Non l’aveva neanche riconosciuta.

Dio, che cosa avevano passato.Si rivide mentre la riportava a casa, mesi dopo, fuori da quell’orrendo posto, tenendole la

mano in taxi mentre lei guardava fuori dal finestrino, verso gli alberi e i campi avvoltidall’inverno, senza dire una parola.

“Riprenditi”, si disse in quel momento, per poi fermarsi e prendere un profondo respiro. Aquel punto, vide le porte dipinte di bianco del reparto, con un orsacchiotto sorridente efasciato dipinto sul vetro.

« Sto cercando mia figlia» , spiegò alla ragazza dietro al bancone dell’accettazione.« Beatrice Sutherland» . Meglio dare il nome completo.

Ed eccola, a metà della corsia, sulla destra, dopo una serie di bambini dall’aria malata incompagnia delle loro madri. Flo era accanto a lei.

« Mia cara!» , esclamò, avanzando a lunghi passi verso di lei.« Ssh!» . Flo si portò un dito alle labbra.Lui rallentò, fermandosi ai piedi del letto. I capelli chiari di Bea erano sparsi sul cuscino, e

aveva il volto delicato e pallido. Dormiva.« Tesoro mio» , sussurrò, con la voce che si spezzava. Avrebbe voluto dirle: “Il papà è

qui”. Avrebbe voluto dirle che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbe preso cura di leiper sempre. Ma sapeva che questo l’avrebbe soltanto allontanata, e comunque non si fidavaabbastanza della sua voce, in quel momento. Fissò il lenzuolo bianco dell’ospedale, e lelacrime iniziarono a piovervi sopra, inarrestabili. Flo si alzò in piedi. Lui prese il fazzoletto esi soffiò il naso, mentre la moglie gli sussurrava: « Sssh, caro» . Poi il carrello della cena sifece avanti sferragliando lungo la corsia e Bea aprì gli occhi.

« Ciao, papà» , lo salutò, con l’ombra di un sorriso sulle labbra.Lui non riuscì a dire nulla. Si avvicinò al lato del letto e le prese una mano tra le sue. Lei

non si ritrasse.Quando se ne furono andati, quando la corsia restò immersa nel buio e nel silenzio, a parte

la lampada accesa sulla scrivania dell’infermiera, Bea restò distesa e cercò di pensare. « Lodirete a Fred?» , aveva chiesto ai genitori, ma loro avevano risposto che probabilmente nonglielo avrebbero detto per non farlo preoccupare. Lo avrebbe saputo al ritorno a casa, ametà semestre, quando ne avrebbero capito qualcosa di più anche loro. Will aveva dettoche avrebbe avvertito Agnes.

« Lo dirai a Hugo?» , aveva domandato Bea alla madre. « Gli telefonerai?»« Sì, tesoro, se è quello che vuoi» .Ora se ne stava sdraiata a immaginare quella scena: il telefono che squillava nella grande

sala, la sua espressione preoccupata. Quelle meravigliose sopracciglia scure, la sua voce

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lenta e misurata. « Falle avere tutto il mio affetto» , avrebbe detto, e poi: « No, dille che stoarrivando» . E avrebbe infilato qualcosa in una borsa per partire.

Da qualche parte, nella corsia, un bambino stava piangendo. Bea vide l’infermiera alzarsiin piedi. Era così buffo trovarsi in un reparto di pediatria, pieno di bambole e orsacchiotti,ma era l’unico letto che avevano trovato.

« Mamma» , singhiozzava il piccolo. L’infermiera cercò di consolarlo, ma il bambino nonsmetteva di piangere, e Bea ripensò a Fred, al tempo in cui piangeva nel dormitorio dellascuola e cercava di non farsi sentire; e poi piangeva anche durante le vacanze, notte doponotte. Era difficile immaginarlo adesso: era così alto e controllato, eppure… eppure, glistava succedendo qualcosa.

E qualcosa stava succedendo anche a lei, qualcosa che le era cresciuto dentro per anni.Un battito di palpebre e lei non era più lì. E poi tornava indietro. Si chiamava “piccolomale”, così aveva detto il dottore del pronto soccorso. Ma quello che le era accaduto quelgiorno era un attacco di grande male. A volte non succedeva mai più, ma avevano preferitotenerla d’occhio, per quella notte.

Il bambino smise di piangere. Bea si girò lentamente sul cuscino, come per fare unesperimento. Stava per avere un altro attacco? La lingua le faceva ancora male, ma il maldi testa era passato. Il fenobarbitone calmava tutto: probabilmente non ne avrebbe avuto unaltro. Ma se non quella notte, quando? E se ne avesse avuto uno il giorno seguente, quandoHugo fosse stato lì?

Forse era la pillola che le avevano dato, o forse quell’orribile attacco convulsivo avevamesso fine a qualcosa, ma in quel momento lo capì: lui non sarebbe venuto. Non avrebbefatto i bagagli correndo alla stazione. Non l’avrebbe fatto e basta. Al massimo, le avrebbemandato una cartolina mentre andava al lavoro.

E intanto… sarebbe dovuta stare in guardia. Tutto il tempo. Se le fosse successo mentreattraversava una strada…

“La mia vita cambierà”, si disse, mente l’infermiera tornava alla sua scrivania illuminata,e il silenzio avvolgeva di nuovo il reparto.

LA MIA VITA CAMBIERÀ.

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9La luce della lampada si rifletteva sulla pelle di pantera e sugli acquerelli sopra il divano:

un lago indiano, con le cupole distanti di un palazzo; gli enormi cancelli di una città indiana,con persone e buoi che li affollavano, e gli avvoltoi che si libravano nel cielo afoso. Dipintidi epoca edoardiana, della prozia Comesichiamava, una vecchia ed energica ascendentedei Sutherland…

« Sarà meglio che lo dica a Fitz» , mormorò Will.Flo sorseggiò lentamente il suo whisky. « C’è mai stato qualcosa del genere, nella tua

famiglia?» , gli chiese infine.Lui scosse la testa. « No, mai. E nella tua?»« No, assolutamente. Certo…» . Esitò. « Certo, io ho avuto quel periodo orribile, ma non

credo che abbia niente a che vedere con…» .Lui si alzò dalla poltrona e andò a sedersi accanto a lei.« Oh, Will» . Flo posò il suo bicchiere.Lui la attirò a sé. « Sei il mio tesoro» . Fu sul punto di rivelarle come si era sentito, quel

giorno, quando aveva attraversato il corridoio dell’ospedale per raggiungere il reparto,ricordando ogni cosa di quel periodo. Ma restò in silenzio. Perché angosciarla, perchéritirare fuori tutto?

« Ricordi la nostra luna di miele?» , le domandò. « Ricordi quanto l’abbiamo concepita conamore, quella bambina?»

« Oh, Will» , ripeté lei.Le fiamme danzavano nel focolare. Il traffico scorreva, all’esterno. Restarono lì seduti a

parlare. Parlarono dei loro caldi pomeriggi d’amore, del sole che filtrava attraverso lepersiane; delle spedizioni nella giungla con quel cane affezionato, e poi di quando eranotornati in patria sulla nave militare, mentre lei attendeva il loro primo figlio, e degli uominiche gettavano la camicia in mare mentre la sirena suonava; e tutti ad aspettarli aSouthampton, i genitori di Flo e Vivie e il piccolo Hugo, che già allora era così serio…

« E poi abbiamo avuto Fred» , commentò Will, ricordando il Norfolk, e quando vivevanocon sua madre e Agnes nella casa del pastore, e lui andava al college di agraria, studiandotutto quello che c’era da sapere su raccolti, bestiame e macchinari, e poi una mattina eraentrato nell’aula esclamando: « Abbiamo un maschietto! Nato la notte scorsa! Èbellissimo!» . E tutti erano stati felicissimi: erano lì, tutti insieme, a ricominciare una vitadopo la guerra. Alcuni di loro venivano dall’India, ovviamente.

« Dobbiamo dirlo a Fred» , mormorò.Flo stava per rispondergli che Fred si comportava in modo terribilmente irritante, negli

ultimi tempi, ma si trattenne. Avevano sopportato già abbastanza per quel giorno, avevanogià troppo a cui pensare. E Will sembrava distrutto; doveva pensare alla cena. Cosa c’era incasa?

« Ti amo» , gli disse, girandosi a baciarlo.« Ti amerò per sempre» , sussurrò lui, e poi sgranò gli occhi, di colpo: « Ho lasciato la

dannata valigetta sul treno» .

Avrebbero voluto dire tutto a Fred quando fosse tornato a casa per le vacanze di metà

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semestre, ma non c’era: era partito per un campeggio della Combined Cadet Force nelBerkshire, tra marce, mappe, corsi di orientamento e di sopravvivenza e tende montate sottola pioggia.

Arrivò una lettera dall’ospedale che chiedeva a Bea di tornare per degli accertamenti. Erarimasta a casa per il resto della settimana, sdraiata sul divano e con i pasti serviti lì su unvassoio, e aveva continuato a prendere le sue medicine e a ricevere lettere di auguri dipronta guarigione da parte di parenti e amici: erano arrivate da Fitz, dalla zia Agnes, conun’orribile poesia all’interno, da Hugo, che le mandava tutto il suo affetto; da tutte le suecompagne di classe, con le loro firme a riempire ogni centimetro di spazio del foglio. E poiera tornata a scuola, e le era stato detto di non sforzarsi troppo, e che presto sarebbe statameglio.

E ora: « Dobbiamo farlo, tesoro. È meglio sapere tutto quello che possiamo» .Era la prima volta che andavano a Londra insieme, e Flo aveva sempre immaginato quel

viaggio come un evento divertente, con tanti acquisti da Fenwicks o da Debenhams, da faredopo gli esami finali di Bea. Magari con un bel pranzo insieme.

E invece… « Eccoci» , disse il tassista che li aveva fatti salire a bordo a Victoria Station,fermandosi nel piazzale di un giardino. L’ospedale specializzato nelle malattie nervose. Unao due persone stavano salendo rigidamente i gradini che immettevano nell’edificio.Un’infermiera uscì accompagnando un ragazzo con le stampelle. Faceva freddo e tiravavento.

« Taxi!» .Flo e Bea uscirono dalla vettura e il giovane tremante fu aiutato a entrarvi. Le due si

avventurarono oltre l’enorme ingresso dell’edificio. All’interno, una donna in camiceospedaliero camminava tremante nella sala d’aspetto, con accanto un uomo dall’ariadisperata, probabilmente suo marito. Fece una smorfia, gesticolò e cominciò a urlare.

Flo deglutì a vuoto.« Va tutto bene, mamma» , la rassicurò Bea.Furono indirizzate al loro reparto. Si sedettero e attesero sfogliando vecchi numeri di

« Woman» . Nessuna di quelle persone ne sapeva niente, pensò Flo, lasciando perdere gliallegri incoraggiamenti della rivista a cucinare e coordinare gli accessori.

« Beatrice Sutherland?» . Un’infermiera con una cartellina in mano uscì da una portabasculante di legno scuro.

Le gambe di Flo sembravano essersi trasformate in gelatina, quando si alzarono. « Faremoin un attimo» , sussurrò a Bea, e la figlia annuì, pallida quasi quanto il ragazzo nel taxi.« Mano nella mano» , continuò Flo, e oltrepassarono la porta tenendosi così, conl’infermiera che sorrideva come se quello che stava per succedere non fosse nulla.

Quello che successe fu che a Flo venne chiesto di sedersi su una sedia di plastica dura sottouna finestra, e a Bea di sdraiarsi su un lettino. C’erano strani macchinari ovunque, el’infermiera iniziò a strofinare sul cuoio capelluto della ragazza un unguento denso edall’odore pungente, mentre il dottore in camice bianco spiegava che le avrebbe applicatosemplicemente degli elettrodi, prendendo delle misurazioni attraverso l’apparecchioaccanto a loro.

Li applicò uno dopo l’altro, sopra la sua testa, e mentre Bea sollevava una mano e lechiedevano di rimetterla giù, qualcosa iniziò ad agitarsi nell’animo di Flo.

Era una cosa a cui si era imposta di non pensare per anni, e che credeva di aver perfino

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dimenticato, ma in quel momento la ricordò: ricordò di essersi sdraiata su un lettino, conaddosso soltanto la camicia da notte, e di essere rimasta distesa, addirittura tenuta ferma,mentre qualcuno le attaccava qualcosa in testa e qualcun altro premeva un interruttore.

« Scusatemi» . Si alzò dalla sedia. « Tesoro» , disse a Bea, « torno tra un attimo…» . Eoltrepassò i macchinari, il medico e l’infermiera, uscendo dalla porta basculante ecominciando a correre: fuori dal reparto, fuori dalla sala d’ingresso riecheggiante, con ipazienti che vagavano come anime in pena, e fermandosi ansante sul marciapiede,all’esterno.

Le persone continuarono a muoversi intorno a lei. Qualcuno la guardò, e tra di essi unasignora di mezza età con uno strano cappello. Ma in fondo, c’era tanta gente strana cheandava e veniva, da quelle parti. Nessuno si fermò.

Dall’altra parte della strada c’era il giardino, con i cancelli di ferro aperti. Flo si affrettò adattraversare, scossa: un taxi frenò di colpo, il conducente gridò imprecando. « Mi scusi» ,mormorò lei, rivolta al cancello aperto. « Mi dispiace tanto» .

Dei piccioni beccavano qualche briciola di pane tra l’erba, e un giardiniere stavaspazzando via le foglie secche dai vialetti. Flo si sedette su una panchina tra gli alberi spoglie tentò di calmarsi.

Era finita. Era successo tanto tempo prima e non sarebbe accaduto mai più.Ma da qualche parte, nel profondo del suo essere, era ancora tutto lì.

Stavano marciando sul sentiero: a testa bassa sotto la pioggia battente, con lo zainoinzuppato che pesava una tonnellata. Destra-sinistra, destra-sinistra, ancora cinque miglia dapercorrere. Perché mai aveva pensato che fosse una buona idea iscriversi a quelcampeggio? In parte perché i Piper sarebbero partiti, durante le vacanze di metà semestre,per partecipare a un campeggio di quaccheri, e per Fred quello era stato un modo didimostrare che non se ne sarebbe stato fermo a girarsi i pollici, a metà semestre, anche sequando l’aveva raccontato a Richard, mentre scendevano dalla collina con il cane alla finedella loro ultima passeggiata insieme, si era sentito subito in imbarazzo; le uniche marce acui lui aveva partecipato erano state quelle per il disarmo nucleare.

« Perlomeno, ti terrai in forma» , aveva commentato Richard, agganciando il guinzaglio alcollare di Tinder. « E magari potresti venire con noi ad Aldermaston, il prossimo anno» .

« Già, forse sì» . Poteva immaginare cosa sarebbe successo a casa, se l’avesse chiesto.Comunque, ora era lì, con Tom Hall, che gli stava simpatico, a marciare in silenzio al suo

fianco sotto la pioggia.« Destra-sinistra, destra-sinistra!» .Mr Parris, o meglio, il sergente maggiore Parris, marciava accanto a loro, adesso, e

l’unica cosa che si poteva dire a favore di quell’attività era che ti faceva smettere dipensare.

Il risultato degli accertamenti arrivò un sabato mattina, in una lettera indirizzata ai suoigenitori.

« Allora» , esordì Will, a colazione, e Flo, in vestaglia, soggiunse sorridendo: « Per lomeno, ora sappiamo di cosa si tratta» .

« Infatti» . Prese un coltello pulito, e Bea vide che gli tremava la mano: lievemente, matremava. « Allora» , ripeté.

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Lei gli avrebbe voluto dire che era tutto a posto, proprio come aveva tentato di rassicurarela madre in ospedale, anche se era lei a dover sopportare quella situazione, in realtà, eanche se sua madre era fuggita dall’ambulatorio, ed era stata via per tantissimo tempo, unfatto per il quale non aveva ancora dato spiegazioni. « Non so cosa mi sia preso, tesoro» .

Aveva visto l’ansia di Will, il tremito delle sue dita mentre apriva la busta, il suo sguardocorrucciato mentre ne leggeva il contenuto, ma non riuscì a dire nulla, non riuscì arassicurarlo, in parte perché lei stessa era preoccupata, ora che tutto sembrava dipendereda quella lettera… ma non era soltanto per quel motivo.

Se suo padre parlava, lei ascoltava, o fingeva di farlo. Era quello che facevano tutti, infamiglia, era così che andavano le cose. Se si arrabbiava, lei piangeva. Se le sfiorava lamano, lei la ritraeva. Soltanto in ospedale era andata diversamente: era debole e ammalata,e lui sembrava così devastato. Ma ora…

« Santo cielo» , esclamò Flo. « Non tenerci sulle spine» .« Non è così brutto» , rispose lui, lentamente, posando la lettera sul tavolo. « Niente

affatto» .« Cosa dice?» , domandò Bea, e poi: « Posso leggerla?» .Aveva diciassette anni, si trattava della sua malattia, ma aveva avuto comunque bisogno di

tutto il suo coraggio per chiederglielo.« Certo» . Gliela passò, sopra al tostapane e alle briciole sparse sul tavolo. « La mia

piccola Bea» , soggiunse, ma lei lo ignorò e cominciò a leggere rapidamente.Non era epilettica. Non nel pieno senso del termine. Aveva sofferto del piccolo male, ma

non c’erano sintomi che potessero far pensare alla probabilità di una nuova crisi convulsivanel futuro. Avrebbe dovuto continuare a prendere il fenobarbitone, forse per un paio d’anni.Avrebbe dovuto evitare l’alcol. Non si sarebbe dovuta stancare troppo. E non avrebbe potutoguidare per almeno tre anni, e poi avrebbe avuto bisogno di una patente speciale.

Lizzie stava già prendendo lezioni di guida. Avrebbe avuto una Mini, per il suo diciottesimocompleanno. Fino a quel momento, la notizia non le aveva fatto né caldo né freddo, erastata soltanto l’ennesima trovata da ricchi di cui parlare. Ma ora le sembrava terribile. Posòla lettera. Flo la raccolse.

« Oh, be’» , commentò, leggendola rapidamente. « Chi se ne importa della guida? Tiscarrozzeranno i tuoi fidanzati» .

« Ma certo» , soggiunse Will, spingendo avanti la sua tazza per avere dell’altro tè, con lamano più ferma, ora. « Io ho scarrozzato la mamma in giro per tutta la vita» .

« Sì, mi ha portato ovunque. Anche sulla luna» , disse Flo, mentre un raggio di soleinvernale entrava dalla finestra che dava sul giardino.

« Mia cara» .Bea si alzò. Entrambi le chiesero immediatamente se si sentisse bene.« Sto bene» , mormorò lei. « Voglio soltanto…» .Cosa? Salì le scale per andare in camera sua. L’uccellino sulla carta da parati non la notò,

e lei non lo notò a sua volta. Apparteneva a un’altra persona. Si sdraiò sul letto, con ilflacone di vetro scuro delle pillole sul comodino.

Sapeva di essersela cavata a buon mercato: che se fosse stata attenta, la sua vita nonsarebbe stata davvero diversa, e che sarebbe andata avanti senza problemi. Ma qualcosaera cambiato: aveva visto uno scorcio di qualcosa di più serio, che non avrebbe altrimentimai immaginato.

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Malattia. Oscurità. Si era salvata, ma si sentiva diversa: di poco, forse, ma non potevanegarlo. Il sole invernale salì nel cielo e raggiunse la sua stanza. Stava cambiando.

Poi arrivò il colloquio.« Tesoro, cosa indosserai?» , le aveva chiesto Flo, desiderando di portarla a fare acquisti, e

di poter fare qualcosa di bello insieme, madre e figlia. Andarono alla Penny ’s Boutique escelsero un delizioso tailleur, con una gonna che secondo Will era troppo corta, ma almenonon era una minigonna. Non che gli dispiacessero le minigonne, anzi, pensava fosserocarine. Ma non per un colloquio.

« D’accordo, tesoro, d’accordo, d’accordo» .« Ho detto qualcosa di sbagliato?» .Era successo la sera prima, mentre tutti erano abbastanza eccitati per quell’evento e Will

era tornato alla sua solita parlantina esagerata. Aveva picchiettato la punta dell’indice sulbarometro. « La pressione sta salendo!» . Aveva augurato buona fortuna a Bea e detto a Floche il suo nuovo cappellino era meraviglioso. Poi erano andati a letto e lui era andato achiudere tutte le porte.

« Pensi davvero che questo cappello vada bene?» , domandò Flo, mentre il treno entravanella stazione di York.

« Sì, va benissimo, mamma» . Bea tirò giù i loro bagagli e rimise in borsa la sua copia diQuattro quartetti, che Miss Weaver aveva fatto leggere a tutte le sue alunne, sebbene nonfosse in programma, dicendo che dovevano essere in grado di dimostrare che sapevanoqualcosa di poesia moderna.

« E hai preso le tue pillole, vero?» , continuò Flo. Si sarebbero fermate per una notte in unBed & Breakfast che Will aveva trovato grazie al segretario regionale dello Yorkshire. Perquel che la riguardava, sarebbe stata la parte migliore di quel viaggio.

« Certo» , rassicurò la madre.« Sei nervosa?» . Flo non aveva idea di come potesse svolgersi un colloquio universitario.

Non riusciva semplicemente a immaginarselo.« Oh, mamma. Smettila, ti prego» .Scesero sulla banchina con i loro bagagli.

Il campus era arioso e molto moderno, e pieno di studenti che indossavano cappotti di lanagrezza e polo pesanti, con la sciarpa a strisce di York avvolta intorno al collo. Alcuni deiragazzi portavano i capelli lunghi.

« Sembrano beatnik» , commentò Flo, rabbrividendo. Una giovane professoressa dall’ariacordiale le accompagnò in giro. Notò altre madri con i loro figli all’ultimo anno di scuola, enessuna indossava un cappellino come lei. La professoressa non portava un filo di trucco.Alcune delle altre madri sembravano delle intellettuali. Così le avrebbero chiamate lei eVivie. Tesoro, quella è un’intellettuale. Farà fuggire gli uomini a miglia didistanza!

Il colloquio era fissato per le due e mezzo. Pranzarono nella mensa degli studenti, dove sisentivano le canzoni dei Beatles. « Come fanno a sopportare un volume così alto?» . Floriusciva a stento a sentire la propria voce. Poi si diressero verso l’edificio del dipartimento diinglese, oltrepassando un cartello che segnalava la direzione per raggiungere un teatro.

Bea lasciò Flo e il suo cappellino su una panca del corridoio del primo piano.

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« Non sparire» .« Te lo prometto. In bocca al lupo, tesoro. Penserò a te per tutto il tempo» . Poi tirò fuori il

« Telegraph» e Bea si allontanò, con quel suo delizioso tailleur, oltrepassando poster diWordsworth, Shakespeare e altri scrittori di cui non aveva mai sentito parlare. Chi era AllenGinsberg? E Ted Hughes?

Sì, aveva i nervi a fior di pelle. Ma si sentiva anche così eccitata. Quel posto era eccitante.Bussò alla porta.

« Prego, entri pure» .Il professore era giovane, come l’altra che aveva accompagnato lei e sua madre nel

campus. Indossava un paio di jeans e una felpa informe, oltre a un paio di occhiali BuddyHolly, e le rivolse un sorriso amichevole mentre si presentava, alzandosi in piedi dietro auna scrivania piena di carte.

« Mark Foster. Prego, si accomodi» .Per quello che riuscì a ricordare dopo, quando tutto le sembrò come un sogno, fu molto

gentile con lei.Le chiese del Re Lear, e se ne avesse visto la rappresentazione con Paul Scofield, l’anno

prima a Stratford. Non sembrò prendersela quando lei rispose che non l’aveva vista. Poi lechiese di spiegare una poesia di George Herbert e sembrò pensare che lei sapesse di cosastava parlando. Infine le domandò cosa altro stesse leggendo in quel periodo, di autorimoderni, proprio come Miss Weaver aveva previsto, e lei aveva parlato dei Quattroquartetti.

« Non sono sicura di averli compresi appieno, ma comunque mi dicono qualcosa» .Mark Foster rispose che a molte persone Eliot faceva quell’effetto, quando cominciavano

a leggerlo, e che era un chiaro segno della sua forza poetica. Le chiese se ci fosse statoqualcosa in particolare che l’aveva colpita, e Bea citò i versi che parlavano del tempo edella campana che seppelliva il giorno, mentre la nuvola scura portava via il sole. Lui annuì.

« Cosa significano, per lei, questi versi?» .Bea esitò, seduta su una bassa sedia moderna, mentre le nuvole si inseguivano rapide fuori

dalla finestra dello studio. Infine rispose: « Forse è perché sono stata ammalata, per un po’:è stato come se avessi avuto una sorta di illuminazione. Non so come spiegarlo» .

Lui la guardò. « E ora sta meglio?»« Sì, sto bene» , rispose lei, e poi, di colpo: « E vorrei davvero venire a studiare qui» .E VORREI DAVVERO VENIRE A STUDIARE QUI.Quelle parole rimasero sospese nell’aria, oltre la finestra. Era la verità: aveva rovinato

tutto, dicendo che era stata male? Avrebbero pensato che non era abbastanza forte perstudiare lì?

Il professore annuì. « Buono a sapersi» .BUONO A SAPERSI.Poi si alzò in piedi e disse che era stato un piacere conoscerla, e che si sarebbero fatti

sentire presto, e prima ancora che se ne rendesse conto era di nuovo in corridoio, con legambe che sembravano di gelatina mentre si avviava verso la panca dove sua madre lastava aspettando, come fuori da una sala operatoria.

« Tesoro! Come è andata?» . Flo si alzò di scatto. « Hai avuto paura? Ti è sembrato didimenticare tutto, quando ti ha fatto una domanda? A me succedeva sempre, a scuola» .

« Mamma, ti prego. Penso che sia andato tutto bene» . Scesero le scale di cemento e

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uscirono nuovamente nel campus. Ed ecco di nuovo quel cartello con l’indicazione per ilteatro. « Possiamo dare un’occhiata?» .

Una locandina che pubblicizzava un’opera intitolata Il guardiano era appesa all’esternodell’edificio.

« Chi mai potrebbe voler vedere un’opera che parla di un guardiano?» . Flo desiderava contutta se stessa una buona tazza di tè. Quanto ancora avrebbero dovuto vagare lì intorno?Lanciarono uno sguardo all’interno. Degli studenti stavano provando sul palco, vestiticompletamente di nero. Richiusero la porta.

« Potresti davvero stare bene qui, tesoro» , commentò Flo, mentre tornavano indietroverso la portineria, dove avevano lasciato i bagagli. « Ti piace così tanto recitare… potrestidiventare una star. Basta che non esci con un beatnik, ti chiedo soltantoquesto» .

La lettera arrivò dal dipartimento delle Ammissioni due giorni più tardi. Le offriva unposto, se avesse ottenuto due B.

« Soltanto due B!» , esclamò Flo, che perlomeno conosceva la differenza tra A e B. « Deviessergli piaciuta tantissimo, tesoro» .

« Naturalmente» , commentò Will, quella sera. « Splendido» , aggiunse, pensando alleborse di studio e se Fitz o Agnes avrebbero potuto dare loro una mano.

“Posso farcela”, si disse Bea, mentre camminava verso la scuola, facendo ondeggiare laborsa mentre le macchine le passavano accanto. “Posso farcela senza problemi, se studieròabbastanza”.

Continuò a camminare, oltrepassando le tranquille e solide case e poi i cancelli aperti dellascuola. E lo studio, che le era sempre sembrato una costrizione, qualcosa da fare più infretta possibile prima di telefonare a un’amica e organizzare una festa, adesso le sembravail suo migliore amico.

Agnes aveva cominciato a viaggiare spesso. Andò con il suo gruppo di preghiera aCanterbury, e poi a Winchester. E poi a Wells, e a Notre Dame, in un’occasione speciale.Inviò cartoline da ognuno di quei luoghi. E poi tornò.

« Dobbiamo invitarla» , tentò Will, abbassando la cornetta dopo la solita telefonata delladomenica. Era sfiancante. Il modo in cui continuava a parlare senza sosta. E poi il suopovero gatto era morto. Ma erano passati mesi, e non l’avevano mai invitata a Natale, mai,neanche una volta. L’aveva passato sempre dalla famiglia del povero Neville, per tuttiquegli anni.

« Dobbiamo davvero» , ribadì, mentre affilava il coltello. « È ora che facciamo il nostrodovere» .

« Non ce la faccio» , ribatté Flo. « Non ce la faccio a sentirla parlare per ore di nulla, agirare per la cucina, a dirmi come dovrei preparare la salsa. A chiedermi perché maidebba riposare il pomeriggio. E poi tutti quei regali agghiaccianti» .

Lui iniziò a tagliare l’agnello. « I ragazzi possono aiutarci. Tu puoi darci una mano, vero,Bea?» .

Lei annuì. Poteva fare qualunque cosa, ormai. « E anche Fred» .« Oh, non vedo l’ora che sia di nuovo qui» . Flo prese il suo piatto. Ora che Bea stava bene,

non doveva più preoccuparsi per lei, finché continuava a prendere le sue medicine; poteva

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concentrarsi su Fred, recuperare il suo rapporto con lui. Era questo che desiderava più diogni altra cosa.

« Potrebbe venire per Natale e andarsene subito dopo Santo Stefano» .Will aveva servito a Bea il suo piatto e stava tagliando delle fette di agnello per sé. Era

sempre molto affamato, dopo la messa. « Potremmo portarla a fare delle passeggiate,mentre tu riposi, mia cara» .

« E penserò io al tè, mamma» .Flo scosse via le briciole dal suo tovagliolo. Si sentì fremere qualcosa dentro. « Io non

ospiterò. Agnes. Per Natale. Punto» .Will gettò il coltello sul piatto, con violenza. Bea sussultò.« Allora dobbiamo invitarla prima, dannazione. Sono stato abbastanza chiaro?» .SONO STATO ABBASTANZA CHIARO?“Torna a casa, Fred”, pensò Bea. “Ho bisogno di te. Torna a casa”.

Agnes arrivò il sabato seguente, magra come un chiodo e iperattiva. Era quella la zia chele era stata tanto cara quando era piccola? Che lavorava a maglia, cucinava e correva lorodietro in strada in bigodini quando andavano a dare da mangiare al cavallo del lattaio? Cheaveva accudito il povero zio Neville senza mai una lamentela, amandolo e venendo amatada lui?

« Come stai, zia Agnes?»« Oh, molto bene, grazie» . Si tolse il suo orrendo cappellino. « Sono stata molto occupata,

naturalmente. Non ci si annoia mai, nella nostra parrocchia. E tu, Bea? Niente più bruttiattacchi, spero. È stato proprio strano, non era mai successo a nessuno nella nostra famiglia.Comunque, sono certa che non capiterà più, se farai attenzione» .

Si era portata dietro i regali di Natale: erano in salotto, sotto alla pantera, in una borsariempita a dismisura. Bea, in un attimo di panico all’ultimo momento, era andata da Boots,dopo la scuola, il giorno prima, e aveva avvolto un flacone di profumo alla lavanda diYardley nella scintillante carta da pacchi di Woollies che Will comprava in gran quantitàogni anno.

Sorseggiando il suo sherry, Agnes raccontò loro a lungo di quando sarebbe andata da Jeane Brian, e di chi di loro sarebbe andato a prenderla alla stazione di Chichester, e come sisarebbe svolto tutto quanto. « Naturalmente» , soggiunse, « aprirò i vostri regali il giornodella vigilia, così non dovrò portarli con me intreno» .

L’idea che lo facesse, la semplice idea che qualcuno dovesse aprire i suoi regali di Nataleda solo, fece stringere improvvisamente il cuore a Bea, al punto che non seppe più doveguardare. Adesso la zia non aveva più neanche Tinkerbell a guardarla scartare i regali.

« Il pranzo è pronto!» , esclamò Flo, entrando finalmente in sala.Si spostarono tutti in camera da pranzo, e parlarono degli uccelli che Will aveva

fotografato. Poi Bea rispose a una pletora di domande sull’università, e se davvero fossesicura di volerci andare, e perché York, e perché inglese, e cosa fosse esattamente unalaurea, comunque. Poi Agnes chiese di Fred.

“Oh, Fred”, pensò ancora Bea. Quando fosse tornato a casa, gli avrebbe raccontato quellavisita per filo e per segno, davanti ai piatti da lavare. Ripensò al suo lento sorriso, risentì lasua risata. Avrebbe capito tutto.

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« E come sta la tua famiglia, Flo?» , domandò Agnes mentre prendevano il caffè,nuovamente in salotto, dove finirono di parlare di Fred e del suo campeggio e del suointeresse per la fotografia e del suo penultimo anno di scuola.

« Be’» , rispose Flo, passandole una tazzina, « ormai non è rimasto molto della miafamiglia, come sai» .

« Mi è dispiaciuto molto per tua sorella» .« Sì, sì, è stato molto triste» .« Di cosa è morta, avevi detto?» .Flo inspirò profondamente. Era come un ago, un ago grosso e lungo che continuava ad

affondare e ferire.« Importa, in fondo?» domandò, prima di potersi trattenere.Sentendo il suo tono Bea si bloccò.« Mia cara» , intervenne Will, e poi tacque.Agnes era rossa in viso e offesa. « Stavo soltanto chiedendo» .« Be’, non farlo» , ribatté Flo, con il cuore che batteva forte. E poi accadde.« Mamma…» , tentò Bea, mentre l’espressione di Will cominciava a incupirsi.Agnes posò la tazzina. « Ma certo» , dichiarò. « Non vuoi parlare della tua famiglia. È

comprensibile» .« Che cosa stai insinuando?»« Oh, lo sai bene. Tuo padre era un commerciante. Immagino debba essere imbarazzante,

per te» .Flo spalancò la bocca.« Guardami» , disse Will, mentre Bea le posava una mano sul braccio.« Insomma, immagino sia stato piacevole essere così ricchi, ma comunque… Biscotti.

Non è esattamente…» .« Zia Agnes…» .Flo scattò in piedi. Puntò dritta alla libreria, prese il primo volume che vide e lo lanciò.

Come gestire la casa senza aiuto volò nell’aria e piombò nel caffè di Agnes.Uno schizzo e poi la rabbia esplose. Tutti si alzarono in piedi.« Mai più» , urlò Flo, quasi folle. « Mai, mai, mai più!» . Poi uscì di corsa dalla stanza, e

tutto tremò quando sbatté la porta.Un gelido silenzio la seguì.

« Non dire nulla» , scattò Flo, quando Bea salì al piano di sopra e la raggiunse. « Non farloe basta» .

« Non dire nulla» , ripeté anche a Will, quando lui tornò dalla stazione e salì le scale comese portasse sulle spalle una dozzina di sacchi pieni. Lui urlò. Poi chiuse la porta. Andò nellastanza di Fred e chiuse anche quella porta.

Al piano di sotto, dopo aver lavato i piatti e rimesso tutto in ordine, Bea restò in piedi alcentro della cucina, torcendo tra le mani uno strofinaccio. Non si stupiva di aver avuto unacrisi convulsiva.

NON MI STUPISCE DI AVER AVUTO UNA CRISI CONVULSIVA.

« Mi dispiace» , disse Flo quella sera, quando Will si alzò in piedi dopo aver pregato. Lui sisfilò le pantofole e sedette pesantemente sul letto.

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« È mia sorella» , mormorò, per l’ennesima volta.« E io sono tua moglie» .« È sola» .« Lo so. E tuttavia…» . Allungò una mano verso di lui. Ma lui non la prese. Si infilò sotto le

coperte e spense la luce sul suo comodino. Dopo un attimo, anche lei spense la propria.Restarono distesi nel buio.

E poi Fred tornò a casa. Grazie al cielo, oh, grazie al cielo. A metà mattinata era lì: erasceso dall’autobus proveniente da Leatherhead, alto e sorridente come sempre, e i suoibagagli affollavano di nuovo l’ingresso, dove Flo, ancora con i nervi a fior di pelle, ma dibuon umore, aveva appeso le decorazioni natalizie. Le vecchie palle argentate appese ainastri verdi e rossi pendevano dalle fauci della pantera, e un ramo di agrifoglio adornavaogni cornice.

« Tesoro!» . Era corsa alla porta, quando lui aveva suonato tre volte il campanello.« Abbracciami» .

E lui l’aveva abbracciata. La casa sapeva di vernice, di pesce preparato per il pranzo edell’aroma degli aghi dell’albero di Natale. Non poteva negarlo: era meraviglioso essere dinuovo lì.

« Vieni, raccontami tutto» , continuò lei, prendendolo per mano. « Vieni a sederti davantial fuoco. Voglio sapere tutti i dettagli» .

« Fred!» . Bea scese di corsa le scale. « Ho così tanto da raccontarti» , esclamò, e dadietro la madre, gli fece sapere, in labiale: « È stato terribile» .

Lui rise. « Arrivo subito. Sto scoppiando» . E così dicendo, si allontanò verso il bagno delpiano di sotto, mentre sentiva Will che borbottava: « Mah, non so» , come sempre, evedendo la sua poesia incorniciata sulla parete. Tutte le solite vecchie cose.

Fuori da Burma, fuori da Burma,sulla strada verso il mare,con il carro, con la nave,a migliaia vollero andare…

Era Bea l’esperta di poesie, in famiglia, ma mentre lui si lavava le mani e li leggevaun’altra volta, si rese conto che quei versi che avevano sempre fatto parte dello sfondo, lìdentro, in realtà gli piacevano, e che se c’era qualcosa che poteva collegare la sua casa aquella dei Piper, poteva essere quella poesia, con le sue immagini di rifugiati che siriversavano fuori dai confini, pieni di aspettative e di speranze.

Guarderemo presto il riso,così verde nella pioggia…

Era bella. Qualcosa di cui andare fieri, in un certo senso. E poi, come sempre, mentretornava verso lo studio, dove Flo e Bea lo aspettavano con il vassoio indiano del caffè, luitornò ad alzare un muro dentro di lui. Ora basta. Era felice di essere tornato a casa, ma nonpoteva abbassare la guardia. Non si potevano amare persone che si sarebbero dovutelasciare, un giorno.

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Il fuoco scoppiettava nel camino, la casa era silenziosa e natalizia, Flo riposava al piano disopra e lui si era tolto l’uniforme scolastica. Tutto era come era sempre stato, con loro dueche se ne stavano nello studio pieno di elefanti d’avorio e vecchi dipinti dell’India.

« Ho avuto una crisi» , raccontò Bea.Lui aggrottò la fronte. « Che intendi?»« Ti ricordi le mie strane assenze?»« Più o meno. Raccontami» .Lei gli disse tutto: del grande lampo nella sua testa, nel campo di lacrosse; dell’elicottero

che l’aveva portata via dal bosco avvolto nel buio; dell’ospedale, di Will che entrava nelreparto urlando: « Mia cara!» , e poi di Londra, degli accertamenti, di Flo che scappavadall’ambulatorio…

« Non so davvero che cosa le sia preso» , commentò. « Pensavo che fosse finita giù per loscarico del gabinetto, o qualcosa del genere, ma è stata via per chissà quanto tempo.Comunque… poi sono andata a fare il colloquio a York» .

« Cosa? No, aspetta un attimo. E quegli accertamenti?» .Lei inspirò profondamente. « Sto bene» , disse con calma, gettando qualche altro pezzo di

carbone nel fuoco. « Dovrò stare attenta, ma andrà tutto bene» .« Che significa?»« Non posso bere e non posso guidare. Non ancora, perlomeno. E devo prendere delle

medicine e andare a letto presto la sera» .« Non sembra poi così male» . Restò lì, nella poltrona di Will, tentando di accettare tutte

quelle novità.« Ma… a-ha!» , e sembrò di nuovo lei, quella di sempre. « Andrò a York!» . E poi, dopo

averlo sconvolto in quel modo – davvero, non sapeva cosa dire e come reagire – lo feceridere a crepapelle imitando la faccia di Flo mentre visitavano il campus, inorridita da tuttoma tentando con tutte le sue forze di non farlo vedere.

« E poi è venuta la zia Agnes» .Quando ebbe finito di raccontargli quell’ultimo episodio, l’ultimo semestre era

praticamente svanito alle sue spalle.« Biscotti? E che c’è di tanto sbagliato nei biscotti?» .Non si era mai domandato, in realtà, da dove fossero venuti la bella casa di Bournemouth

e tutto il suo lusso.« Dio solo lo sa» , ribatté Bea. « Comunque tra la mamma e il papà non è ancora tutto

appianato» . L’orologio batté le quattro, in mezzo alle cartoline natalizie. Era ora di portare iltè a Flo. « Ma ora che sei a casa, tutto si sistemerà» . Bea si piegò in avanti, dall’altra partedel caminetto. « Davvero, Fred, non saprei come fare, senza di te. Che cosa farei, se nonavessi un fratello?»

« Non dire sciocchezze» . E fissò le fiamme, in silenzio.

Nel fine settimana, Will tornò, e non fece altro che ripetere: « È splendido riaverti a casa,vecchio mio» e « Cosa hai fatto di bello?» e « Come è andato il campeggio» e poi« Diamo un’occhiata alle tue foto» e « Queste sono perfette» .

« Non riesco a dire una parola» , commentò Flo. « Non può parlare nessuno» .« Che intendi?» .Quasi non si parlarono. Poi lunedì lui tornò in ufficio, e la casa ridivenne silenziosa.

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« Dove vai, ora?» , gli chiese Flo, mentre Fred si infilava la giacca, dopo pranzo.« Dai Piper» .« Di già?» . Quella risposta le provocò un moto di irritazione. « Ma sei appena tornato a

casa» .« Sono stato qui per tutto il fine settimana» .« Sì, ma…» .Ma cosa? Ma dov’erano quelle lunghe e meravigliose chiacchierate che avrebbero dovuto

fare? Forse si stava comportando in modo irragionevole? Aveva parlato con Bea, ascoltatoWill, era stato nella sua camera oscura, aveva fatto tutto, a quanto pareva, tranne stare unpo’ con lei. E chi erano quei dannati Piper, comunque?

« Che hanno di tanto speciale?» , domandò, mentre lui si avviava verso la porta, e desideròsubito di non averglielo chiesto, perché quella domanda era sembrata così petulante e acida.

Lui esitò. Poi rispose: « È solo che… insomma, lo sai. Il fatto di avere un amico» , spiegò,e poi se ne andò, senza neanche darle un bacio di saluto.

Be’, era normale che volesse avere un amico, certo. Bea ne aveva tante, di amiche, edera sempre da Julia, oppure da Rosie Reed, che era uno schianto, ultimamente, quando la siincontrava in città, con tutto quell’eyeliner nero intorno agli occhi e le calze nere, come unadi quelle ragazze beatnik di York.

Sarebbe diventata così, Bea, se ci fosse andata?« Oh, mio Dio» . Flo restò immobile nell’ingresso, e di colpo si vide totalmente sola.Ripensò all’orribile scena con quella vecchia acida di Agnes, che aveva osato chiederle

della morte di sua sorella, e aveva osato mettere se stessa e la sua orribile vita bigotta al disopra del suo amato padre, l’uomo più gentile del mondo. E ripensò al modo in cui Will siera allontanato da lei, da quel momento, facendo svanire nel nulla tutto l’amore che leaveva dato dopo la malattia di Bea. Si rivide mentre fuggiva dall’ospedale, a Londra, nelgiardino spoglio, con quegli orribili ricordi tornati a tormentarla; e nel campus di York,mentre le sembrava di essere uscita da un’altra epoca, da un altro mondo, quasi, mentretutti quei ragazzi colti e intelligenti le passavano accanto. Immaginò Bea ormai cresciuta, ediventata una persona con cui non sarebbe stata più capace di ridere o scambiare un gestod’affetto, e soprattutto immaginò Fred, per il quale un tempo era stata tutto…

Il campanello stava suonando.Il campanello stava suonando ed era quasi Natale. Fiori da Hugo. Vino da Fitz. Qualche

offerta speciale di Will. Aprì, prendendo il pacchetto da un ragazzo in cappotto di lana chefaceva le consegne natalizie.

Cos’era? Lanciò uno sguardo al francobollo.Era il suo libro. Il manoscritto battuto a macchina.« Gentile Mrs Sutherland…» .Nello studio, dove aveva scritto quelle parole che le erano venute direttamente dal cuore,

aprì velocemente il pacco.« Ci spiace comunicarle che non riteniamo che Boccioli in fiore sia adatto alla

pubblicazione nel nostro catalogo» .

« Che hai?» , le domandò Fred, tornato da una passeggiata nella brughiera con Tinder checorreva dietro a ogni cavaliere al galoppo, e da un pomeriggio sereno, tranquillo epiacevole trascorso ad ascoltare John Mayall and the Bluesbreakers in camera di Richard,

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con tanto di merenda a base di torta di frutta fatta in casa, servita in cucina. « Cosa èsuccesso?»

« Oh, Fred… È solo… solo il mio stupido libro, tutto qui» . Tornò ad appoggiare la frontesulle braccia piegate sul tavolo della cucina e scoppiò di nuovo a piangere.

Doveva essere andata più o meno così, anni prima con Bea: era tornata a casa da scuola eaveva trovato l’ultimo libro a bruciare nel caminetto e sua madre fuori di sé. Cosa avevadetto, allora? E cosa poteva dire lui, adesso?

« Mi dispiace tanto» , mormorò, più gentilmente che poté, restandole accanto. Le posò unamano sulla spalla, e lei continuò a singhiozzare.

« Non è soltanto questo… sei tu…» .« Io?» .Restò ad ascoltarla, mentre lei buttava tutto fuori: si stava allontanando da lei, non avevano

più niente da dirsi, ovviamente era tutto nella natura delle cose, ma lei lo amava così tantoe…

« A volte mi sembra quasi che tu non sia mio figlio» , mormorò, e a quelle parole, unamarea di terrore e oscurità gli salì dentro, e lui comprese che non sarebbe riuscito a evitarequello che stava per succedere, e il suo cuore cominciò a martellare dentro al petto.

« Mamma» , mormorò.E poi riprese: « Mamma, guardami» .E poi glielo disse.

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10Come si poteva spiegare che un’idea così bizzarra, così incredibile così… così folle,

davvero, avesse preso piede in quel modo nella sua mente? Come si poteva ripeterlo peranni, conviverci contro ogni forma di razionalità e buonsenso? Ogni bambino veniva forsemandato in collegio e allontanato dalla famiglia perché era stato adottato? I Piper avevanoforse mandato Richard alla scuola dei quaccheri perché non lo volevano? Era assurdo: unavolta tirato tutto fuori, una volta pronunciate quelle parole, se ne rendeva conto, era chiaro.E tuttavia, quanto profonda era stata quella convinzione, quanto l’avevano tormentato queipensieri. E quanto ancora lo tormentavano.

« Dimostramelo» , disse. « Dimostrami che non è vero» .Erano nello studio e lei stava cercando qualcosa nello scrittoio. Perfino davanti al fuoco,

lui sentiva freddo e stava tremando.« So che deve essere qui» , esclamò Flo. « Lo so per certo» . Era tutto ficcato in quel

casellario: bollette, certificati di vaccinazione, il libretto del lattaio, le lettere di Vivie e deisuoi genitori, e anche le goffe lettere di Fred da Mountford, accumulate negli anni.

« Cari mamma e papà…» .Continuò a cercare, a spostare carte. La brutta copia di Boccioli in fiore era appoggiata sul

panno verde del tavolo, e raccontava i suoi primi anni alla fattoria, e tutte le buffe cose cheaveva detto a Melcote… non gli bastava, come prova?

« Sto solo affrontando un rinoceronte…» .« So di averli messi qui» . I documenti più preziosi del mondo, senza i quali non si era

nulla… dove altro avrebbe potuto metterli? Lo scrittoio era coperto di carte, e lei si girò aguardarlo, seduto rigidamente nella poltrona di Will, come un estraneo, quasi, come unospite in visita. Ora che capiva cosa aveva pensato, creduto, sofferto in tutti quegli anni, inqualche modo le sembrava diverso. Avevano vissuto con qualcuno che non conoscevanoaffatto.

« Ma tesoro» , mormorò, angosciata. « Tesoro, ti giuro…» .Doveva esserci qualcosa che poteva fare, qualcosa per fargli capire, per fargli sapere che

era la verità. Per cancellare quella terribile espressione dal suo viso.Un elefante d’avorio sbucava con il dorso dalle cartoline di Natale. Con un improvviso

lampo di energia e ispirazione, lei attraversò la stanza. Era a capo di quel gregge: lo afferrò,e le cartoline si sparsero svolazzando sul pavimento.

« Te lo giuro» , affermò con fervore, fermandosi davanti a lui. « Ti giuro su questoelefante d’avorio che tu sei mio figlio, e figlio di tuo padre. Sei nato nel Norfolk il 12 apriledel 1949, Frederick William Sutherland, e da qualche parte, in questa maledetta casa, c’è uncertificato che lo dimostra» . E poi baciò la liscia curva d’avorio della testa dell’elefante.

« Lui lo sa» , continuò, come se stesse parlando a Freddie nella sua culla, a Freddieaccoccolato tra le sue braccia. « Gli elefanti sanno tutto, e non dimenticano mai» .

Lui si alzò e cominciò a ridere. Sembrava proprio come Bea, lì nel mezzo di queldramma, a recitare, declamare, godendosi ogni istante di quella farsa.

Crescerò, ma non invecchierò mai…

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Non tornerò mai più.

Quello era il changeling, il bambino scambiato, sotto la pioggia e in mezzo ai boschi con ilpopolo delle fate, e incapace di tornare a casa. Ma lui stava tornando: stava tornando, losentiva, ora, mentre Flo baciava ancora la testa di quello stupido, vecchio elefante, e poiglielo tendeva, con la sua zanna mancante. Nessuno avrebbe fatto cose del genere, se nonuna vera madre.

« Ti voglio bene» , sussurrò Flo, vedendo la sua espressione che cominciava ad addolcirsi,sentendolo ridere, e avvertendo la propria tristezza, e la solitudine e la rabbia e l’angosciasvanire, mentre Fred la raggiungeva, prendeva l’elefante, la abbracciava e le diceva che levoleva bene anche lui.

« I certificati di nascita?» , domandò Will quella sera, lasciando cadere la valigettaall’ingresso. « Sono nella cassaforte. E perché diavolo ti servono?» .

« Adottato?» , esclamò Bea, tornata a casa da Rosie, e appollaiata sul suo letto, accanto alui. « Ma sei matto?» . Era rimasta lì ad ascoltarlo, cercando di capire quel discorso. Tutti isuoi vecchi libri erano sulla mensola sopra al letto, con le coppe ottenute nelle gare di nuotoe il suo stemma da capoclasse.

« Rupert e il changeling» , declamò lei, dopo un attimo.Scoppiarono a ridere, e risero tanto da cadere giù dal letto.

« Adottato?» , borbottò Will, ascoltando Flo che non smetteva più di parlare, accanto a lui.Restò sdraiato contro i cuscini, incapace di muoversi. « Ma come è possibile? Come hapotuto pensare…?»

« I bambini» , commentò Flo. « Possono arrivare a pensare qualsiasi cosa» . E poi: « Nonavremmo… non avresti mai dovuto mandarlo in collegio. Semmai, sarebbe dovuta andareBea» .

« Ma è una ragazza!» .« A lei sarebbe piaciuto moltissimo. Ha un carattere diverso» .Will tacque. « Oh, non lo so, dannazione» , borbottò infine.Ma poi le prese la mano.

Natale. Natale e una sorpresa per Will, seduto accanto all’albero con il suo solito taccuino.Ancora. Ma dài, papà. Erano tutti di buon umore, adesso, ed erano andati in chiesa tuttiinsieme, per una volta. « Quest’anno devo venire» , aveva detto Flo, anche se era statoterribile alzarsi presto e uscire in tempo. Ma aveva dovuto farlo. Aveva preso a braccettoFred mentre risalivano il sentiero e le campane suonavano. Libri. Editori. Che importava,ora?

« Allora» , esordì Will, mentre gli veniva messo un grosso pacco sulle ginocchia, dopopranzo. « Cosa abbiamo qui?» . Prese la sua biro. « A papà, da Bea e Fred» . Tutti loosservarono mentre strappava la carta. « Una cosa da Boots» , disse allegramente, e poi:« Un registratore! E cosa dovrei farci?»

« Parlaci» , suggerì Flo. « Così ci darai un po’ di tregua» .« Serve per le tue passeggiate di birdwatching» , spiegò Bea. « E per le tue storie indiane.

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Io e Fred abbiamo pensato che ci piacerebbe averne una registrazione, non è vero, Fred?»« Per quando sarò morto e sepolto, intendete dire» .« No, non intendevamo quello» .Lui aprì la scatola e lo tirò fuori. Era un bell’oggettino, con tanto di microfono e cassetta

già all’interno.« E poi ti abbiamo anche preso una confezione di cassette» , soggiunse Fred, recuperando

un altro pacchetto da sotto l’albero.« Bene, bene. Che fantastica idea» . Will riprese la penna. « Un registratore. Una

confezione extra di cassette. Miei cari, grazie tante. È stato davvero un bel pensiero» .Non erano così sicuri che gli fosse piaciuto.« Che ne pensi?» , sussurrò Bea, quando il padre si addormentò sul divano, dopo che la

regina ebbe fatto il suo discorso diNatale.

« Vedrai» , rispose Flo. « Diventerà il suo migliore amico prima che tu te ne accorga» .

Prima che se ne accorgessero, arrivò il momento di tornare a scuola. « Devo raccontartiuna cosa» , disse Fred a Richard, mentre facevano la loro ultima passeggiata con il cane.Gennaio, un nuovo anno, un gelido pomeriggio. Gelido ma meraviglioso: adesso tuttosembrava di nuovo pieno di vita. E così glielo disse, mentre camminavano lungo il crinale diConey Hill, osservando il lungo sentiero di gesso sotto di loro, dove diverse altre personerichiamavano fischiando i loro cani, o prendevano il binocolo e si guardavano intorno.

« Lo sapevo, che c’era qualcosa che non andava» .« In un certo senso, mi avete salvato» . Fred si tirò su il bavero della giacca e incassò la

testa tra le spalle, per difendersi dal vento pungente.« E come?» . Il tono asciutto di Richard era un antidoto contro tutte le emozioni delle

ultime settimane: era difficile immaginare scene drammatiche o strappalacrime, in casadei Piper. E anche immaginarli a ridere a crepapelle, se era per questo.

« L’avete fatto e basta» , ribatté Fred. Non sapeva spiegare come si era sentito ad averequalcuno da cui andare, a riavere di nuovo un vero amico. « Siete una famigliameravigliosa, tutto qui» .

« Grazie» . Richard affondò le mani nelle tasche. « E ora come sembra la tua, difamiglia?» , gli domandò. « Ora che sai che è davvero la tua famiglia» . Ancora una volta,gli sembrò di trovarsi davanti un preside, come se quel ragazzo fosse molto più grande dellasua età. E forse era davvero così, in un certo senso.

« Mi sembra a posto» , rispose Fred. E poi: « Sembrano di nuovo loro» . Non sapeva comealtro spiegarlo. Tutti quei pensieri dolorosi su quanto fossero diversi dai colti e liberali Piper– la coloniale giovialità di suo padre, le sue grandi penne, il « Telegraph» e le sue infinitestorie indiane; la fragilità di sua madre, tutto quel suo scrivere che non portava mai a niente,tutte quelle ore passate a letto – non avevano più senso, ora. I suoi erano quello che erano, eandava bene così.

« Mia sorella è stata male» , raccontò, mentre raggiungevano le scalette in mezzo allasiepe. « Immagino che siano successe parecchie cose, ultimamente, ecco» .

« Potrò conoscerla, un giorno?»« Forse sì. Non fa che vedere amiche e andare alle loro feste, ma ultimamente mi sembra

più seria» .

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« Non mi dispiacerebbe conoscere una ragazza festaiola» , commentò Richard, e poiscoppiarono entrambi a ridere, sollevando Tinder oltre la siepe e lasciandolo correre avanti.

« Ora l’ho capito» , disse Bea all’uccellino sul muro. Era davanti a lui per quella che, losapeva, sarebbe stata l’ultima volta. Lui la fissò con il suo occhietto giallo e sbiadito. Cosaaveva capito?

« Tutta quella freddezza» , sussurrò lei, mormorando tra i rami scuri di ciliegio. « Tuttaquella distanza e quel gelo che provavo… so da dove sono cominciati» .

E da dove, le chiese lui, e Bea scoppiò a piangere.« Quando Fred era lontano» , spiegò. « Quando era così disperato e triste. Lo sentivo

piangere, e non potevo farci niente. Niente! E così…» .Quanto era scuro e immobile, quanto era serio.« E così ho chiuso fuori tutto. Ho allontanato da me i sentimenti che provavo per le

persone. E ora… Ora sto tornando a vivere» , gli disse, sentendo sua madre che saliva lescale per andare a letto e, giù di sotto, suo padre che chiudeva a chiave la porta dello studio.

ORA STO TORNANDO A VIVERE.

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11Era tornata la primavera, e lui era tornato a correre con la sua squadra della scuola, in

pantaloncini e canottiera tra i campi e i ruscelli, per poi cantare sotto la doccia con tutti glialtri, preparandosi alle lezioni del lunedì e sentendosi in forma e pieno di energia. Dieciesami: aveva stilato una lista di tutto ciò che doveva fare.

E poi fu chiamato nello studio del preside.« Entra pure, Sutherland. Accomodati» . Mr Bradbury si schiarì la gola. « Temo di avere

una piccola brutta notizia da comunicarti» .« Prego, signore?» .Pensò subito a suo padre: doveva aver avuto un attacco di cuore. Ma quella sarebbe stata

una gran brutta notizia: se ne rese conto subito, mentre il sole del mattino filtrava dalle tendealle finestre e la campanella annunciava la pausa del pranzo, e allora seppe che era mortasua nonna.

« Ha telefonato tua madre. Credo che sia stato un trapasso molto sereno. Ma vorrebberoche tornassi a casa per il funerale. Naturalmente, ho accordato il mio permesso» .

« Grazie, signore» .« Portati dietro i libri: considera le materie che devi studiare per gli esami» . Bradbury si

alzò in piedi. Con uno sforzo evidente, gli chiese se fosse stato molto vicino a sua nonna, elui, alzandosi a sua volta, rispose che in realtà no, non erano mai stati molto legati, e che erastato molto affezionato a suo nonno,piuttosto.

« Ma è un evento molto triste per mia madre, naturalmente» .« Naturalmente. Ti prego di portarle le mie condoglianze» . Con un cenno del capo,

Bradbury fece capire che il colloquio era terminato, e il mondo delle donne, delle madri,delle figlie e dei sentimenti venne di nuovo bandito, mentre Fred chiudeva delicatamente laporta.

Andarono a Bournemouth, percorrendo in macchina la strada che tante volte avevanofatto da piccoli: buoni, là dietro, bambini; sei penny a chi vede per primo il mare. I viaggi inautobus, i gelati sul lungomare. E tutti quei momenti felici in casa dei nonni, con Vivie chespalancava la porta quando arrivavano e li accoglieva a braccia aperte. Ciao! Entrate,entrate!

Ora la porta era aperta e c’era Hugo ad accoglierli: vestito di nero, con una cravattaaltrettanto nera, e tragicamente bello. Bea avanzò lentamente sul vialetto, nel suo nuovovestito nero, seguendo i genitori.

« Hugo, vecchio mio» .« Ciao, zio Will. Zia Flo. Mi dispiace tanto» . Quel suo lento, dolce sorriso, quella voce

meravigliosa. « Ciao, Bea» . Si piegò a baciarla sulla guancia.« Ciao» . Aveva avuto le farfalle nello stomaco, pensando a quel momento, per tutto il

viaggio, mentre continuava a guardarsi di nascosto nello specchietto retrovisore, finché Willnon le aveva chiesto cosa stesse guardando. I capelli biondi sembravano belli, sul nero?« Ciao» , ripeté, con lo sguardo rivolto al pavimento dell’ingresso, mentre Fred, per la prima

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volta in abito scuro, li seguiva con i bagagli. Tutto era così silenzioso e riecheggiante, intornoa loro!

Hugo stava salutando Fred e chiedeva a Will come fosse andato il viaggio, per poi offrireloro un caffè, che la domestica stava già facendo in cucina. Avrebbe anche preparato ilpranzo.

« Il funerale sarà alle undici» .« Povero Hugo… hai dovuto organizzare tutto da solo» .« È tutto a posto, zia Flo» . Le rivolse il più dolce dei sorrisi. « Me la cavo piuttosto bene,

quando si tratta di organizzarequalcosa» .

“Te la cavi bene in tutto”, pensò Bea, mentre salivano a rinfrescarsi e prepararsi, e siritrovavano nel salotto. “Non ti arrabbi mai? Non sei triste, ora? Neanche un po’?”.

Forse per il fatto che si trattava di una ristretta cerimonia familiare, con soltanto un paio divecchie amiche della nonna, anziane, avvolte nelle loro stole di pelliccia, ma il funerale nonfu affatto terribile come Bea immaginava che dovesse essere. La cosa più triste fu vedereFlo piangere. Era l’unica. Cantarono gli inni preferiti della nonna, Il signore è il mio pastoree Luce gentile, e il servizio seguì la Bibbia di re Giacomo. « Grazie al cielo» , commentò poiWill. Odiava la nuova Bibbia. Bea si inginocchiò accanto alla madre per recitare il Padrenostro, sentendo la voce profonda e calma di Hugo, dall’altro lato di Fred.

Ci credeva ancora? E lei?“Non penso”, considerò, rialzandosi, e quella le sembrò un’altra pietra miliare della sua

esistenza, un altro passo che la allontanava dall’infanzia, quando tornava a casa dalla chiesacon Will, che non saltava mai una messa. Adesso stava seguendo la cerimonia funebre, conil suo messale rilegato in legno d’olivo della Terra Santa, come la povera zia Agnesricordava sempre.

« Ti preghiamo umilmente, o Padre, di elevarci dalla morte del peccato per risvegliarcialla vita dei giusti…» .

Il vicario stava leggendo le ultime parole della messa e tutti mormorarono « Amen» . Poila porta della chiesa fu aperta, e un soffio di fresca aria primaverile si riversò all’interno.Will, Fred, Hugo e uno degli uomini delle pompe funebri si fecero silenziosamente avanti,sollevarono la bara della nonna e la portarono lentamente fuori, lungo il sentiero checonduceva al cimitero. Bea prese sua madre sottobraccio e ora, sì, poteva dedicarle dellevere emozioni, mentre le accarezzava la mano inguantata di bianco e camminavalentamente dietro agli altri, per raggiungere il punto in cui già erano stati sepolti il nonno eVivie.

Il vento di marzo soffiava sull’erba tenera e sui narcisi, e i rami scuri e pesanti del tasso simuovevano lenti. C’erano i loro nomi, sulla lapide, con lo spazio per quello della nonna. Oraerano di nuovo tutti insieme, ed erano svaniti, come fanno tutte le famiglie. Era così cheaveva detto Vivie, quando era morta. Ed erano parte di ogni famiglia che fosse mai esistita.

Tornati a casa, Hugo versò a tutti dello sherry, e della limonata per Bea. Si sedettero dinuovo in salotto, mentre il profumo del pranzo si diffondeva piacevole dalla cucina, e fucome ai vecchi tempi… tranne che in realtà non era affatto così.

« Bene, bene» , esordì Will, « credo che sia andato tutto alla perfezione» . Prese il suo

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bicchiere. « Grazie, vecchio mio» .Bea si sedette accanto a Flo, accarezzandole di nuovo la mano, e ascoltarono Hugo che

chiedeva a Will del lavoro, e a Fred della scuola e degli esami del penultimo anno. Eraaffascinante, educato e attento, era diventato l’uomo della casa in cui era cresciuto senzapadre, figlio unico che si mandava messaggi da solo in una cassetta di Meccano, semprebuono e intelligente. E in qualche modo, era riuscito perfino in quel momento a non parlareper niente di sé.

« E tu, Bea?» , domandò, mentre Flo si distendeva sul divano e chiudeva gli occhi. « Tisenti meglio?»

« Sto bene, ti ringrazio» , rispose lei, pensando a come fosse rimasta sveglia in quel lettod’ospedale a pensare a lui che lasciava tutto per correre al suo fianco, e poi comprendendoche non sarebbe mai accaduto. Gli disse che sarebbe andata a studiare a York, e di colpo sirese conto che quel fatto l’aveva messa in qualche modo in comunicazione con lui; adessoHugo sembrava improvvisamente vederla come una persona interessante, non più soltantocome l’affezionata cuginetta di sempre, e iniziò a chiederle tutti i dettagli. « Ovviamente,dovrò passare gli esami» , spiegò. « Basteranno due B» .

« E di sicuro le otterrai» , commentò Hugo, regalandole il suo meraviglioso sorriso.« Grazie» . E in quel sorriso lei rivide ogni suo sogno, ogni suo desiderio romantico: il loro

meraviglioso matrimonio, la loro vita insieme. “Sei sempre stato il mio unico amore”,pensò, e poi, mentre il gong risuonava in corridoio, e tutti si alzavano: “Potrei amarti ancora,è questa la verità”.

E Fred, alle sue spalle, mentre si raddrizzava la cravatta e ascoltava le note riecheggiantidel gong che cominciavano a svanire nell’aria, pensò: “Appartengo a questo posto, non sonomai stato un estraneo, questa è la mia vera famiglia”.

Perfino in un giorno triste come quello, era una sensazione così bella…

Nel giro di un mese, Hugo telefonò per far sapere che avrebbe venduto la casa. E c’eraun’altra novità: stava per sposarsi.

« Si sposa?» , esclamò Bea, quando Flo glielo disse, al suo ritorno dalla scuola. « Sisposa?»

« Tesoro, siediti. Sei impallidita di colpo. Dove hai le pillole?» .Lei scosse la testa. Non aveva niente a che fare con le sue pillole. Lentamente appese il

cappello e il cappotto, e lentamente si diresse in sala da pranzo. Era un meraviglioso giornodi primavera, le finestre sul giardino erano aperte per la prima volta da tanto tempo e l’erbanuova brillava sotto al sole.

« Tesoro?» . Flo entrò nella stanza con il vassoio del tè. « Oh, la mia povera Bea» . Posò latazza davanti a lei. « Non avevo capito quanto…» .

« Non importa. Era soltanto una sciocchezza» .Sorseggiò il tè bollente. Come aveva fatto a innamorarsi di nuovo di lui? Non lo conosceva

neanche, non realmente… nessuno di loro lo conosceva davvero.« Venderà quella casa così bella» , riprese, guardando la madre. « La casa in cui sei

cresciuta. Dove…» . Come poteva esprimere quello che sentiva? Non sopportava di pensareche sarebbe stata venduta. « È casa nostra» , dichiarò infine.

« Non più» , ribatté Flo.

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« Si sposa?» , esclamò Will, dopo il suo ritorno, quella sera. « Splendido. Proprio quello dicui ha bisogno. Digli di venire a farci conoscere la sua fidanzata» .

Ma lui non lo fece. Il matrimonio fu giusto una formalità, soltanto loro due e i testimonidavanti all’impiegato del municipio, e poi, come spiegò al telefono con la sua voce calma eprofonda, partirono per New York, dove a lui era stato offerto un meraviglioso nuovolavoro. La casa era stata venduta a una compagnia edile, che ne avrebbe ricavato degliappartamenti.

Appartamenti?

Flo fissò il pianale chiuso dello scrittoio. Non c’era più nessuno a cui mandare delle lettere,ormai, né libri né diari da scrivere. Will chiacchierava al microfono del suo registratore,raccontando storie delle fiere a cui era stato, e quelle della guerra e dell’India, ma per lei…cosa c’era per lei, mentre i giorni trascorrevano? La vitalità di quei primi anni, quandosuccedeva qualcosa ogni minuto; il fiume di vita dentro di lei, che necessitava di esserescritto e ricordato, ormai era svanito, proprio come la casa della sua famiglia.

Al piano di sopra, l’aspirapolvere ronzava dolcemente dentro e fuori dalle stanze. Nelcassetto c’era il suo manoscritto. « Non preoccupatevi dei rifiuti» , diceva l’Annuario degliscrittori e degli artisti. Libri che adesso sono dei bestseller sono stati rifiutati anche più diventi volte. Continuate a tentare!

Aveva il fegato di affrontare altre venti lettere di rifiuto?No, non ce l’aveva. Non si sentiva più come si era sentita a Natale, quando Fred le era

stato restituito e nient’altro sembrava più importare. “Libri! Editori! Che importa?”, avevapensato allegramente, mentre lei la accompagnava a braccetto in chiesa e le campanesuonavano.

Ma come la povera Bea con Hugo, in realtà le importava ancora. Come poteva esserediversamente? Scrivere, e il pensiero di scrivere, l’avevano sostenuta per quasi vent’anni.

“E ti hanno fatto stare male”, si disse, voltando le spalle allo scrittoio. “Lascia stare. Lasciastare, per ora”.

Un grande senso di calma la invase. Ma poi tornò indietro. Certo che aveva ancoraqualcuno a cui scrivere. E così si sedette, tirò giù lo scrittoio e prese la sua vecchia scatoladella carta dalettera.

« Mio caro Fred, oggi qui è una splendida giornata di sole! Gli uccelli cantano a pienipolmoni! Tu come stai?» .

Fred vide il suo volto sorridente dietro a ciascuna riga che leggeva: lo aveva sempre fatto.Per anni, a Mountford, aveva atteso con ansia quelle lettere, finché non era diventato un po’matto. Era così che la pensava ora, di quello che era successo. Poi le aveva lette con unasorta di orribile doppio sentimento, amando tutte le novità che lei gli raccontava della casa edella famiglia, ma continuando a ripetersi che quelle non erano davvero la sua casa, la suafamiglia.

Il vento di aprile soffiava nel cortile della scuola. Nel prossimo fine settimana, la SocietàFotografica sarebbe andata a fare un’escursione, l’ultima prima degli esami estivi. Potevaraccontarlo a Flo. Ovviamente, era più il genere di racconto che sarebbe piaciuto a Will,che non faceva che chiacchierare dei suoi uccelli e delle sue foto, e ora anche del suo

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registratore: “Che meraviglia, vecchio mio. Devo farti sentire le mie ultime registrazioni”.Fred non credeva che Flo sapesse neanche come prendere in mano la sua macchina

fotografica, e di sicuro non era mai stata nella sua camera oscura. Ma sapeva che sarebbestata felicissima di leggere degli amici con cui sarebbe andato fuori, dell’ostello doveavrebbero alloggiato, con il suo ruscello e i suoi narcisi, e poi avrebbe potuto trovare unabella cartolina da mandarle, o qualcosa del genere, per risollevarle l’animo dopo la dipartitadella nonna, e la vendita della casa. Non riusciva a crederci neanche lui. Aveva amato quelgong, per ciò che loriguardava.

Salirono sul treno sotto al sole caldo. Non avevano zaini sulle spalle, né tende da montare ein cui rabbrividire nel cuore della notte: Fred pensò che probabilmente avrebbe lasciato laCombined Cadet Force, alla fine dell’anno. Avevano soltanto un borsone con il necessarioper la notte e le macchine fotografiche, accuratamente impacchettate, e si allinearono sullabanchina, dove Mr Simmonds stava segnando le presenze sul suo registro. Qualcuno, aquanto sembrava, una volta era riuscito a eludere la sorveglianza, rimanendo sul treno escendendo a Windsor per incontrare una ragazza. E ovviamente, era stato espulso, alritorno.

Ma Fred non vedeva l’ora di partire, e di ritrovarsi in campagna. Avrebbe scattato foto dipaesaggi, usando il teleobiettivo, e di piante. E per un attimo, guardando fuori dal finestrinodel treno, rivide davanti agli occhi la tavola naturale delle Miss Beasley, e il modo di farcrescere una pianta di fagioli in un vasodi vetro.

« Perché stai ridendo?» , gli domandò Tom Hall, seduto di fronte a lui.« Niente» .Quando arrivarono, raccolsero i bagagli e scesero dal treno. La stazione era piuttosto

affollata: era venerdì pomeriggio, e tanta gente tornava a casa per il fine settimana, o avevadeciso di fare una scampagnata primaverile. « Aspettate qui fuori, ragazzi: il pullmandovrebbe già essere qui» . Si raggrupparono all’entrata della stazione.

Da un’apertura nel tetto di tegole, un raggio di sole penetrava nella sala in penombra,facendo scintillare danzanti granelli di polvere quasi come in una chiesa. Quella lucecolpiva la testa delle altre persone in attesa, degli altri ragazzi, della gente che usciva nelparcheggio di fronte; e in particolare, colpiva i capelli biondi di una ragazza snella, avvoltain un lungo cappotto scuro, troppo caldo per la stagione, che procedeva dietro ai suoigenitori, una bella signora vestita con quella che Flo avrebbe chiamato una deliziosagiacchetta, e un alto signore in abito di tweed ecappello.

C’era qualcosa che colpiva, in quella ragazza: forse il suo corpo snello, o la sua fragilità…sì, era quella la parola giusta, era pallida e dolce, ma fragile, pensò Fred, e di colpo la suaimmaginazione prese a galoppare a briglia sciolta, mentre tentava di capire chi fosse, e chigli ricordasse, mentre si girava verso sua madre. Qualcuno che non vedeva da anni. E poicapì.

« Nancy » , mormorò. « La piccola Nancy By att» .

« D’accordo, ragazzi, seguitemi» .

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« Signore? Mi scusi, può aspettare soltanto un momento? C’è una persona che…» .Lasciò cadere la borsa e corse dietro ai tre, che si stavano avviando, sotto il sole

primaverile, alla loro macchina. Nancy procedeva ancora dietro ai genitori: lui la chiamòper nome, e lei si girò.

« Ciao» , la salutò, raggiungendola e fermandosi davanti a lei. Santo cielo, quanto eracarina, mentre si scostava i capelli dal viso e aggrottava leggermente la fronte. « Scusami» ,soggiunse, arrossendo. « Non so se ti ricordi di me… dai tempi di Melcote. Sono FredSutherland… Freddie. Eravamo insieme dalle Miss Beasley, andavamo insieme inmacchina…» .

L’espressione perplessa si sciolse in una di pura sorpresa.« Venivi spesso da noi a giocare con mia sorella» .« Baba!» , esclamò lei, e il suo visetto si illuminò. « Mi piaceva tanto venire a casa vostra.

Tile Cottage» .« Sì, esatto» .« Avevate le oche. Mi terrorizzavano» .« Sì, c’era Gander» , ricordò lui. « Era feroce» .E scoppiarono entrambi a ridere, per poi commentare che non conoscevano più nessuno a

Melcote Magna, ormai, e che era così bello essersi rivisti.I genitori di Nancy si erano fermati accanto alla macchina, e la madre li stava guardando.

Dall’altra parte del parcheggio, gli altri studenti stavano salendo sul pullman, che in quelmomento accese il motore.

« Sutherland!» .« Devo andare» , disse lui, rapidamente. « Vivi qui? Puoi darmi il tuo numero di

telefono?»« Tesoro?» . Sua madre li stava raggiungendo. Poi lo osservò, perplessa. « Chi è questo bel

giovanotto?» .“Mrs By att”, pensò, mentre si presentava e la vedeva sgranare gli occhi. “Mi ricordo di

lei”. E c’era qualcosa…? Si spremette le meningi. Non era successo qualcosa di terribile?Un coro di « Perché stiamo aspettando? Perché stiamo aspettando?» giunse dal pullman.« Sutherland!» . Mr Simmonds stava accennando educatamente con il capo verso di loro,

ma Fred poteva vedere chiaramente che era seccato.« Devo andare» , ripeté. « Sono alla St Luke’s, a Brockwood. Scrivimi. Ti prego!» .« Molto bene!» , commentò Mrs By att, e a risentire quel tono affascinante e languido, lui

rivide suo padre che si accostava con la macchina alla loro casa, andando a scuola, escherzava con lei, mentre la piccola e pallida Nancy saliva sul sedile posteriore e prendevaper mano Baba, senza spiccicare una sola parola. « Chi potrebbe resistere a un simileinvito?» , commentò Mrs By att, e Nancy si morse il labbro inferiore e arrossì, proprio comeFred.

« I tuoi cari genitori» , continuò lei, e forse pensò di aver capito male, e forse non c’erastato niente di così terribile, e loro si erano soltanto trasferiti. Ma quello che ora li stavaraggiungendo non era il Mr By att che ricordava, lui era stato alto e magro e…

« Come stanno? Dove sono?» . Rosie, ora ricordò che era quello il nome con cui lachiamavano i suoi, al tempo. « Tuo padre era un uomo fantastico!» , continuò lei, con unarisatina.

Il pullman suonò il clacson, spostandosi lentamente verso la strada, con Mr Simmonds

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sullo scalino. Fred si mise a correre, si girò e agitò una mano. « Scrivimi!» , le ripetésoltanto in labiale, e poi il vecchio Simmonds, decisamente irritato, lo fece salire sulpullman, e tutti i ragazzi scoppiarono fastidiosamente a ridere.

« Sutherland, vecchio volpone! Chi è quella?»« Piantatela!» , sbottò lui, sedendosi accanto a Hall.

La lettera arrivò poco prima delle vacanze di Pasqua. Seppe che l’aveva scritta lei nonappena vide la busta, in attesa nel casellario accanto a una lettera di Will. Quest’ultimaparlava unicamente dell’organizzazione della fine del semestre: se non gli dispiacevatornare a casa da solo, visto che probabilmente ci sarebbe stata una fiera e lui sarebbepotuto essere via…

Se la infilò in tasca e tirò fuori la lettera di Nancy, allontanandosi da tutti gli altri studentiche vagavano per il cortile durante la pausa del pranzo. Si sistemò vicino ai nidi dei grilli, unesperimento dei ragazzi del primo anno, mentre il sole danzava sull’erba falciata di fresco, eaprì la busta.

Caro Fred,è stata una così bella sorpresa rivederti. Non riesco ancora a crederci: tutti quei bei ricordi

d’infanzia non fanno che tornarmi in mente. Ti prego, abbraccia Baba per me, era una cosìcara amica. Non credo che siamo neanche riuscite a dirci addio.

Perché? Perché era andata così?

Dopo la morte di mio padre, siamo andati a vivere dai nonni a Rugby, ma poi mia madresi è risposata e ora viviamo a Cookham Hatch, non lontano da dove ci siamo incontrati.Durante la settimana, risiedo nel collegio di High Wy combe, i miei mi erano venuti aprendere per tornare a casa, quel venerdì. Quest’estate avrò gli esami finali. Suppongo siacosì anche per Baba. Purtroppo, sono stata parecchio ammalata, quindi non so come andrà.Com’è la St Luke’s? Mi auguro che non avrai problemi con i tuoi esami di fine corso!

Comunque, spero che questa lettera ti arrivi, e un giorno sarei felicissima di rivedere sia teche Baba. Dove vivete, adesso? Mia madre mi ha detto di mandare i suoi saluti affettuosi aituoi genitori.

Con affetto, NancyP.S. Il cognome di mia madre ora è Winterton, ma io ho mantenuto il mio cognome.P.P.S. Potresti scrivermi a scuola, se preferisci: ecco l’indirizzo.P.P.P.S. Hai ancora delle oche?!

La rilesse ancora, uscendo dal cortile e inoltrandosi nel bosco. Alle sue spalle si sentivaancora il rumore secco delle mazze che colpivano la palla, ma lì tra gli alberi riusciva adavvertire i versi delle oche e il loro scalpiccio sull’erba smeraldina, e riuscì a vedere unabambina pallida che sua madre, sempre sorridente, lasciava a giocare da loro, e che siritraeva spaventata dai grossi uccelli bianchi, serrando al petto la sua bambola, mentre lui leinseguiva coraggiosamente con un bastone. E si rivide dondolare sul cancello del giardinomentre alla fine del pomeriggio lei tornava a casa, e le ombre scendevano sul vialetto.

Ciao, Nancy!

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Ora era tornata.

« Nancy !» , esclamò Bea, mentre prendevano il tè in giardino. « Non riesco a crederci.Cosa significa che è stata male? Dammi il suo indirizzo» .

« I By att» , commentò piano Flo, e non aggiunse altro.« Nancy By att?» , domandò Will, che era tornato a casa prima del previsto dalla fiera, e

stava cenando con loro, agitando la salsa per versarla sull’insalata di lattuga, pomodori eprosciutto in scatola che aveva preparato Flo. « Santo cielo» .

« È successo qualcosa» , dichiarò Fred. « Suo padre è morto. Ricordo qualcosa» .« Anch’io» , aggiunse Bea. « Ricordo voi due tristissimi e che non dicevate nulla» .« Si è sparato» , spiegò infine Will, aprendo il tappo della salsa per l’insalata, e poi, mentre

Bea spalancava la bocca per la sorpresa e Flo piegava di lato la testa, continuò: « Be’, eragiusto che lo sapessero anche loro, non credi? Non sono più bambini. È stata una cosascioccante» , soggiunse, tagliando il prosciutto. « Non mi sorprende che Rosie si siarisposata, però. Era una donna bellissima» .

Flo posò il coltello e la forchetta. Fred e Bea si scambiarono uno sguardo. La mente diFred vorticava. Si era sparato? Aveva lasciato sola quella povera bambina?

« Tutto quello che posso dire» , esplose Flo, rivolta a Will, e parlando lentamente e condecisione, « è che tu sei la persona più incredibile del mondo» .

Lui spalancò la bocca, e poi la richiuse.Conclusero la cena in silenzio.

Era distesa nel letto, sveglia, mentre lui le russava accanto. Si girò, si rigirò, abbracciò ilcuscino. Infine si addormentò.

« Flo, mia cara» , disse Roddy By att. « Ti ricordi di me?» .Stava calando la sera. Camminavano lungo il canale, fitto di lenticchie d’acqua.« Sì» , rispose lei, voltandosi a guardarlo, e si sentì illuminare tutta. « Oh, certo che sì!» .« È successa una cosa stranissima» , continuò lui. « Nancy è tornata da me. Guarda,

eccola» .Indicò verso l’acqua scura, e lei vide la bambina dal faccino pallido, con i capelli biondi

sparsi tra le lenticchie d’acqua, che nuotava lentamente verso di loro.« Ma, Roddy » , mormorò lei. « È al sicuro?» .E poi si udì un suono orribile, come un colpo di pistola che le esplodeva nella testa, e si

svegliò urlando.« Che succede?» . Will era sveglio, seduto sul letto accanto a lei. « Cristo santo, che

succede, ora?» .E a entrambi tornò in mente una orribile notte di tanti anni prima, mentre Flo singhiozzava

con il viso tra le mani e non riusciva a raccontargli che era stato soltanto un sogno, soltantoun incubo sui By att, ma se lui, se lui non avesse…

« A volte sei così brutale» , singhiozzò. « È stato orribile, quello che è successo, lo saianche tu, eppure l’hai fatto sembrare come… come…» .

Lui la attirò a sé. « Mi dispiace» , mormorò, ed era sincero. Si distese con Flo tra lebraccia, fissando l’oscurità della stanza. A volte parlava senza pensare, si comportava comeuna bestia senza discernimento. Non lo stupiva che Bea lo evitasse. Quanto a Fred… avevadavvero pensato, per tutti quegli anni, che era stato mandato in collegio perché non lo

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amavano? Perché non era davvero uno di loro? Lo trovava ancora incredibile.« Non lo so» , mormorò, per la milionesima volta. Accarezzò i capelli di Flo. « Forse è

stata colpa dell’esercito» , aggiunse. « O forse della guerra. Sono stato costretto acomportarmi in modo molto duro e cinico, a quel tempo» . Era andata così, e aveva dovutocontinuare a farlo: in India, durante la guerra, e poi per tornare a casa e ricominciare tuttoda capo. Due volte. « Ma nel profondo…» , sussurrò piano, lentamente.

Flo scosse la testa e inspirò profondamente. « Lo so» . L’aveva detto a tutti loro, sempre.« Lo so» .

Restarono distesi in silenzio.« Penso che sia quello che chiamano un meccanismo di protezione» , mormorò lui, infine,

e accese la luce, e Flo riprese a sorridere, mentre Will raddrizzava i cuscini e sistemava lecoperte e le lenzuola meglio che poteva.

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12Estate, estate, estate. Su per le colline di gesso, l’erba era alta e scintillante, gli alberi

coperti di foglie e le farfalle danzavano sui declivi illuminati dal sole, dove le piccole erustiche campanule fiorivano.

Tempo di esami. Alla St Luke’s, la sala grande era piena di banchi e sedie. I ragazzientravano in fila.

Fred pensò: “Posso farcela, so che posso”. Il primo esame era quello di francese: superòl’orale con il suo « Comment s’appelle-vous?» , e « Je m’appelle Frederick» , un nome chenon usava né pensava spesso, ma che gli fece ricordare per un attimo da dove veniva, daquel nonno che non aveva mai conosciuto, morto a colazione nella sua casa da pastore tantianni prima.

« Et quel âge avez-vous?»« J’ai seize ans» .Due anni più giovane di Nancy. Aveva importanza? Avere diciotto anni, o quasi, rendeva

troppo vecchia una ragazza? Bea non avrebbe guardato due volte un sedicenne, lo sapeva, eaveva ancora gli occhi puntati su James, il fratello maggiore di Lizzie, ora che Hugo eradiventato irraggiungibile, anche se lei continuava a dirgli di stare zitto, quando sollevaval’argomento.

« Che ne pensi?» , aveva chiesto a Richard a metà semestre, mentre camminavano sulsentiero della collina, sotto al sole.

Richard ci aveva pensato su, osservando Tinder che inseguiva come sempre i conigli.Aveva detto che probabilmente lui non aveva alcuna speranza con la sorella di Fred, non daquel che aveva sentito dire. « Ma forse… forse per te e Nancy è differente» .

Fred pensava che fosse così. Quando avevi conosciuto qualcuno così tanti anni prima, equando nel rivedersi sembrava che qualcosa fosse… be’, speciale, sì, era differente. Le suelettere erano tutte insieme nell’armadietto di Fred, e lei diceva che aveva conservato quelleche lui le aveva spedito. Finiti gli esami, sarebbe andato a trovarla.

« Posate le penne» .Lo fecero.

Calde giornate di giugno, le finestre della classe spalancate per far entrare il profumodell’erba e delle rose, le serrande abbassate, gli avvisi sparsi in tutta la scuola. “Esami incorso: si prega di non disturbare”.

« Fai del tuo meglio, tesoro. Nessuno può fare più di così. Hai preso le tue pillole?» .Bea tolse il cappuccio alla penna. Si sentiva stanca e confusa: aveva studiato fino a tardi

ogni sera, finché Will non le diceva di spegnere quella dannata luce, e che si sarebbeammalata di nuovo, se non fosse stata attenta. Quella sera sarebbe andata a letto presto,sapeva di doverlo fare, ma ora…

L’esame di inglese era stato il primo. Aveva risposto alle venti domande in un lampo.« Posate le penne» .Concentrati. Concentrati.« Potete cominciare» .

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E lei cominciò. Sarebbe andata a York.

Serate estive: le feste erano ricominciate. Una o due amiche avevano un vero fidanzato,ora, come Rosie Reed, con il suo ey eliner nero. Lo aveva conosciuto durante le vacanze,era un ragazzo apatico di nome Julian. La festa di fine anno scolastico a casa di Lizziesarebbe stata grandiosa. Avrebbero fatto tardi, tardissimo, e ci sarebbe stato anche un DJ.Sentì i suoi genitori che ne parlavano: se doveva andarci, se si stava riposando abbastanzadopo gli esami.

« Porta con te le tue pillole, tesoro, non si sa mai» .« Prendi questo» , le disse Will, consegnandole una piccola busta marrone. Aveva scritto

le iniziali “S.V.” sul retro. Bea le guardò. Era grande più o meno quanto una busta diChristian Aid.

« Cos’è?»« I soldi della verginità» , rispose lui, e scoppiò a ridere.I SOLDI DELLA VERGINITÀ.All’interno c’era una banconota da dieci sterline. « Così potrai prenderti un taxi, se dovesse

servire» .« Oh, papà» . Lo fissò, appena tornato dal barbiere, i capelli troppo corti, come sempre,

per risparmiare qualche spicciolo, in piedi lì nel corridoio nella sua vecchia giacca di tweed.E in mezzo ai sentimenti che provava per lui, non poté impedirsi di scoppiare a ridere a suavolta.

« È meraviglioso vederti sorridere, mia cara» , commentò lui. « E non si sa mai» ,soggiunse, mentre Bea faceva scivolare la piccola busta marrone nella borsa. « Meglioessere prudenti» . Poi le passò le chiavi. Finalmente, dopo tanta attesa, aveva le chiavi dicasa. « Mi raccomando, non perderle» .

La accompagnò in macchina da Lizzie. Il sole stava scendendo dietro le colline, ed eranostate appese file di lampadine tra gli alberi, negli enormi giardini del quartiere.

« Stai benissimo. Divertiti, tesoro» .« Grazie, papà» .Lui le accarezzò una mano. Bea glielo lasciò fare. E poi Will se ne andò, con una nuvola di

gas di scarico che sbuffava fuori dal tubo di scappamento, e un colpetto di clacsonall’angolo, per salutarla.

« Ciao, Bea!» .« Ciao a tutti!» .Il mangianastri era sul tavolo del giardino, attaccato a una prolunga che correva tra l’erba.

I l DJ si rivelò un cugino dai capelli ricci che veniva da Londra e si chiamava Jeremy.Aveva un mucchio di LP. Un tavolo appoggiato su due cavalletti era coperto da una lungatovaglia bianca, e la madre di Lizzie vi stava appoggiando sopra dei vassoi con pollo freddoe insalata di patate, mentre suo padre serviva i drink, dell’acqua tonica con uno spruzzo digin, anzi, un po’ più di uno spruzzo, e bevande analcoliche per chi ne voleva. Nessuno, inverità, eccetto Bea. Tutte le ragazze indossavano lunghi abiti scuri, come lei, e tutte avevanoey eliner e mascara nero sugli occhi, così tanto da riuscire a stento a tenerli aperti.

La musica risuonava per tutto il giardino, mentre il sole scompariva all’orizzonte. Gliinvitati danzavano sotto alle file di lampadine: Rosie e Julian, Caroly n Joyce e un ragazzodel liceo che Bea aveva visto qualche volta sull’autobus. Quello era un nuovo sviluppo:

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doveva essersi impegnata così tanto nel ripasso da non rendersi neanche conto che quei dueavevano cominciato a parlarsi. Lizzie e Julia per il momento si stavano accontentando diballare tra loro, dondolando allegramente, mentre Marianne Faithfull cantava, raccontandodi come se ne stava a guardare i bambini giocare, e le lacrime andavano via.

Dov’era James?Si aggirò per il giardino, con la sua limonata in mano. L’ultima grande festa era stata

quella in cui aveva conosciuto Alex: sembravano passati anni luce, e lei era una personadiversa, in quel periodo, soltanto una ragazzina che ogni tanto aveva delle assenze, e a cuinon importava niente della scuola. Non una persona che doveva prendere di continuo dellepillole; non una studentessa seria che non vedeva l’ora di conoscere i risultati degli esami.Chissà: ora che era sul punto di lasciare la scuola, ora che sembrava così sofisticata, forse ilvecchio e altezzoso James l’avrebbe degnata di qualcosa di più che un rapido sguardo.

Ma dov’era?Il giardino era così immenso, la musica si affievoliva alle sue spalle mentre lei continuava

a camminare lungo il sentiero, mentre il terreno scendeva leggermente oltre il tronco di ungrosso abete, e quasi non riusciva a vedere nulla, lì sotto.

Poi vide quello che stava succedendo. E si fermò.Due ragazzi si stavano baciando tra le ombre. Bea restò lì inchiodata a guardarli, con il

cuore che batteva forte nel petto. Si abbracciavano stretti, con gli occhi chiusi, e non lasmettevano più di baciarsi, come aveva fatto un tempo lei con Alex, come avrebbedesiderato fare con Hugo. Una leggera brezza estiva soffiava sul giardino, e le file di lucidondolavano, illuminando l’erba di giallo, rosa e violetto. L’angolo in ombra sotto al grandeabete fu improvvisamente illuminato da un lampo di luce color smeraldo, e poi tutto tornòbuio. Ma in quel breve istante, Bea aveva sentito i ragazzi mormorare tra loro, ed erariuscita a guardarli in faccia, mentre si separavano.

Uno non l’aveva mai visto prima. L’altro era James.« Tutto bene?» , le domandò il padre di Lizzie, mentre lei tornava lentamente verso il

centro della festa. « Sembra quasi che tu abbia visto un fantasma» .

I fine settimana d’estate: il tè in giardino, nei lunghi pomeriggi assolati.« Guarda, cara» .« Cosa?» .Lui le passò il « Surrey Mirror» . « Una cosetta che potrebbe interessarti» .Flo abbassò lo sguardo sulla pagina ripiegata. Will aveva cerchiato una pubblicità, come

aveva sempre fatto per tutto il tempo della loro vita insieme: per i pollai, i ripari per le oche,le macchine, le biciclette… qualunque cosa. E ora, di cosa si trattava?

“Corso di scrittura creativa a Buckhurst. Rinomato autore locale offre lezioni e consiglinell’arte della scrittura: romanzi brevi, romanzi, memorie. Classi con pochi studenti. Tè”.

Sotto all’annuncio c’era un numero di telefono.« Che ne dici?»« Ci penserò» , rispose lei. Buckhurst era ad appena un paio di miglia, forse tre, da lì, in

autobus, verso Dorking. In bicicletta, sarebbe stato un viaggio non da poco.Will le tese la tazza per farsela riempire, facendola tintinnare appena. « Credo che ti

farebbe bene, mia cara. Comunque, pensaci su con calma» . Se ne restò lì, a guardare ilgiardino, mentre un merlo cominciò a cantare, da qualche parte. Il suono perfetto

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dell’estate. Le aiuole erano piene di verghe d’oro, violacciocche e rose tardive, piante chenel corso degli anni era stato lui a piantare. Era una bella vista, un bel giardino anchepiuttosto grande, per trovarsi lungo una grossa strada, anche se alla fine non aveva maipotuto avere un maiale, naturalmente.

Non dire sciocchezze, Willie!Povera vecchia Agnes. Poveretta. L’avrebbe chiamata dopo la messa, il giorno dopo:

doveva continuare a farlo, anche se lei e Flo…Be’, del resto era così che andava in tutte le famiglie. Poi avrebbe telefonato anche a Fitz:

così si sarebbe sollevato l’umore.Willie! Che bello risentirti!Sbadigliò e posò la tazza. Flo portò via il vassoio.« Riposati un po’, tesoro» , gli suggerì lei. « Ne hai bisogno» .« Sì, forse lo farò» . Si tolse gli occhiali e si sistemò più comodamente sulla sedia. « Non

divento certo più giovane» , ammise, chiudendo gli occhi. « A volte questo vecchio cuorenon va benissimo» .

Lei restò in piedi a guardarlo attentamente, ancora con il vassoio tra le mani.Dannatamente esausto: così si sarebbe definito lui, e lei stessa lo pensò, in quel momento.Lo avrebbe portato dal medico, avrebbe preso un appuntamento lunedì e lo avrebbecostretto ad andarci. E mentre portava via il vassoio del tè, oltrepassando la portafinestra,sentì un piccolo brivido correrle lungo la schiena, e si girò a guardarlo ancora; aveva giàreclinato la testa sul petto, e aveva i capelli ormai così grigi.

« Oh, Will» , mormorò a voce alta, nella stanza piena di ombre. « Oh, tesoro mio» .Ma più tardi, quando ebbero bevuto il loro aperitivo e lei stava preparando la cena, giusto

qualcosa di semplice e leggero, e grazie a Dio esistevano la carne fredda e le insalateestive, lo sentì parlare con il suo registratore, seduto al tavolo della sala da pranzo, con ilmicrofono davanti a lui.

« Prova, prova, prova. Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove e dieci. Passo echiudo» .

Sembrava proprio l’ufficiale dell’esercito indiano di cui si era innamorata, così tantotempo prima: severo e organizzato, uno-due-tre, muoversi! Ma sotto a quella scorza dura…

Voglio prendermi cura di te per il resto della mia vita.Uscì dal piccolo tinello buio, un posto in cui non avrebbe mai immaginato che sarebbe

finita a cucinare, e si fermò in corridoio ad ascoltare.« Questa storia riguarda il nostro ritorno dall’India» , affermò Will, in tono severo,

parlando nel microfono. « E la chiamerò La nave militare verso casa» . Flo lo sentì schiarirsila gola e poi andare avanti.

« Si stava arrivando all’Indipendenza, nel 1947, e la bandiera britannica stava sparendo inogni luogo. Era giusto, naturalmente: avevamo fatto la nostra parte, anche se ero triste alpensiero di dovermene andare, e non posso fingere che non fosse così. In ogni caso, io e Floci eravamo sposati nel settembre del ’46, e dopo la luna di miele a Lucknow, vivevamo sullimitare della piantagione di zucchero Sutherland a Tulsipore, sul confine con il Nepal, e amiglia e miglia di distanza da qualsiasi altro posto» .

Tutto intorno a loro si estendeva la giungla, dove Will la portava a fare spedizioni, lungo isentieri di terra battuta, mentre intorno si sentiva il rumore dell’acqua. Molto prima che sisposassero, prima della guerra, lui era rimasto per tutta la notte su un albero, per attendere

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che una tigre venisse a bere al nullah, al ruscello; alla fine l’aveva vista, sotto la luce dellaluna. Aveva registrato quella storia, Flo lo sapeva, proprio come lei aveva scritto, più e piùvolte, degli altissimi picchi innevati dell’Himalay a, in lontananza, e di come ogni sera sullaveranda loro due osservavano il sole che tramontava dietro quelle montagne, e la nottecalare in fretta, mentre il cielo si riempiva immediatamente delle stelle più scintillanti chelei avesse mai visto.

« Al tempo, ogni soldato smobilitato in India aveva il diritto di un viaggio gratis per tornarea casa» , raccontò ancora Will al microfono. « Ma non volevano donne incinte di più diquattro mesi, sulle navi militari. E a marzo di quell’anno, Flo era arrivata quasi al terzo mesedi gravidanza. Quindi dovetti lavorare molto, perché naturalmente avevo dovuto organizzareil suo viaggio, pagarle il biglietto…» .

Lei restò immobile accanto all’appendiabiti ad ascoltarlo attraverso la porta aperta. Erivide tutto con gli occhi della mente: il treno per Cawnpore, e poi il viaggio fino a Delhi, epoi Bombay, le palme che scintillavano sotto il sole, la nave militare attraccata nell’acquaaccecante di riflessi lucenti. Il giorno dopo, Will si era recato in un piccolo edificio biancosul molo, mentre lei lo aveva atteso nella caffetteria del Grand Hotel, scrivendo l’ultimalettera da spedire a casa.

« Ma il piccolo edificio bianco era chiuso» , continuò Will. « Niente biglietti, nienteufficiali per l’imbarco, niente di niente. Quindi dissi a Flo: “Non preoccuparti, saliamo abordo e sistemerò tutto”» .

Con la guancia affondata contro il cappotto invernale di Will, lei lo sentì ridacchiare.« E così portammo i bagagli a bordo, e io andai dal commissario di boro e gli dissi: “Senta,

sono il maggiore Sutherland e vorrei pagare il biglietto per mia moglie”. E lui rispose: “Be’,a dire il vero, figliolo, non sono affari miei, devi andare a cercare l’aiutante di bordo”» .

Adesso stava ridendo apertamente, e anche lei rideva, da sola accanto all’appendiabiti.Quella folle storia era andata avanti per ore, e alla fine erano tornati a casa senza pagare unpenny .

« Mi venne detto: “Quando sarai a casa, ti arriverà una lettera dall’Ufficio dell’Esercito”» ,raccontò Will, riprendendo fiato. « E sapete cosa? Ancora non si sono fatti vivi!» . Riprese aridere senza freno. Poi spense il registratore e se ne restò seduto in silenzio, e Flo seppe chestava ascoltando il merlo che cantava la sua dolce canzone estiva.

Le vacanze estive. Fred era di nuovo sul treno: sarebbe sceso a Windsor e avrebbe presol’autobus.

« Non ci incontriamo qui» , gli aveva scritto Nancy, da casa. « Mia madre rovinerà tutto!Baba verrà? Bea, voglio dire» .

Ma Bea non sarebbe andata: era stato lui stesso a chiederle di non farlo, la prima volta, elei gli aveva rivolto uno sguardo divertito, ma visto che Fred non le chiedeva quasi mainulla, aveva acconsentito e si era raccomandata di divertirsi e di portare i suoi saluti aNancy. L’aveva sentita borbottare qualcosa a mezza bocca riguardo a Rupert, e poiridacchiare, ma non aveva chiesto ulteriori spiegazioni: ormai per lui quelle cose eranosepolte nel passato.

Il treno si fermò; lui scese con la sua borsa di tela in cui aveva messo l’occorrente per unpicnic: era una giornata così bella, e aveva pensato che dovevano assolutamente sfruttarlaal massimo. Un autobus della Green Line attendeva fuori dalla stazione e lui pensò al

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momento in cui l’aveva rivista, a come l’aveva riconosciuta subito, e a tutte le allusionidivertite dei suoicompagni.

« Ehi, Sutherland! Sei un rubacuori! È proprio carina!» .Salì sul pullman e controllò la destinazione, sentendosi improvvisamente nervoso. Si era

costruito un monte di speranze su quella storia: dopo tutte quelle lettere, sarebbe statocapace di parlare con lei, incontrandola faccia a faccia? Cosa si doveva dire a una ragazza?Era stato diverso, quando si erano ritrovati, entrambi sorpresi e felici di rivedersi, ma ora…

L’autobus procedeva borbottando lungo strade fiancheggiate da lunghe file di alberi pienidi foglie. Il bestiame pascolava nei campi, frustando pigramente l’aria con la coda perscacciare le mosche e spostandosi all’ombra. Non ricordava la fattoria, aveva soltantosentito dei racconti al riguardo, ma ogni volta che vedeva delle mucche nei campi si sentivasmuovere qualcosa dentro, proprio come quando sentiva il chiocciare delle galline, o comequando, una o due volte, gli era capitato di oltrepassare una casa con delle oche in una dellesue passeggiate per scattare foto. In quelle occasioni, gli sembrava di tornareimprovvisamente a Melcote, quando giocava con i bambini dei Gibson, ascoltava musicanel garage trasformato in stanza dei giochi mentre la pioggia picchiava sul tetto, dormivasotto i meli in una delle lunghe sedie di bambù che venivano dall’India, oppuresemplicemente correva allegramente in giro.

Si stavano fermando, e il conducente dell’autobus lo avvertì, come Fred gli aveva chiestodi fare. E ora il suo stomaco era davvero annodato, mentre si alzava e lanciava uno sguardofuori dal finestrino.

Nancy era lì, davanti alla fermata, vestita di una gonna estiva che la brezza facevamuovere leggermente, insieme ai suoi capelli biondi, mentre lei controllava i finestrini delpullman. Fred scese i gradini.

« Ciao» , la salutò, imbarazzato, mettendosi la sacca in spalla.« Ciao» , rispose Nancy, e poi lui notò che era nervosa anche lei, e che quell’incontro…

appuntamento, anzi, sembrava proprio un appuntamento, era davvero importante perentrambi.

Bea, con il suo nuovo cappotto di lana grezza, camminava rapidamente lungo la banchinadi King’s Cross, con Flo al suo fianco. Erano in ritardo, in terribile ritardo.

« Sei sicura di aver preso tutto, tesoro?» . Flo lanciò uno sguardo al numero della carrozzasul biglietto, cercando di starle dietro.

« Assolutamente» .« Comprese le pillole?»« Oh, mamma, ti prego» .« So che non vuoi che te lo chieda, ma devo esserne certa» .« Lo so, lo so. È tutto a posto. E comunque, le ho prese» .Ecco la loro carrozza, e c’erano altri studenti che stavano salendo a bordo, un paio dei

quali con le sciarpe dell’Università di York, quindi dovevano essere già al secondo o al terzoanno.

« Bene» . Bea sollevò la valigia, facendola salire sul treno. « Ciao, mamma» .« Chiamami, stasera, per farmi sapere che sei arrivata» .« Certo, lo farò» . E mentre la guardava, provò a immaginare come sarebbe stata la sua

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vita, da quel momento in avanti: né lei, né Fred, soltanto loro due, soli per la prima voltadopo tanti anni. « Ti voglio bene, mamma» .

TI VOGLIO BENE, MAMMA.E poi si abbracciarono forte.La gente le oltrepassava, salendo sul treno, e una o due persone stavano correndo sulla

banchina, ormai: era ora di andare.« Tesoro mio» , mormorò Flo. « Vai, ora, sali» .Lei salì sul treno, portando la valigia verso il posto d’angolo che Will aveva prenotato

settimane prima, e la sollevò per sistemarla sulla rastrelliera, in alto. Appena in tempo. Iltreno fischiò, le porte si chiusero e lei premette il viso contro il finestrino.

« Buona fortuna, tesoro!» , le disse Flo, in labiale, ed entrambe si salutarono agitando lamano, mentre il treno prendeva a muoversi.

Di nuovo a scuola. Aveva superato gli esami, e anche bene: non quanto Richard, ma nonera possibile, lui era a un altro livello. Non che avesse importanza: Fred aveva il suo, dilivello, e gli stava bene.

« Ciao, papà. Grazie per il passaggio» .« Arrivederci, vecchio mio. E in bocca al lupo per tutto» .Fred portò le valigie oltre l’ingresso, attraversando poi il cortile.« Ehi, Sutherland! Come è andata l’estate?»« Piuttosto bene» , rispose lui, mentre ripensava alla foto che teneva nel portafogli, e

sentiva un ampio sorriso crescergli dentro fino a sbocciargli sulle labbra.

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Parte quintaLa figlia della mezzanotte

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1Fine novembre del 1982. Tardo pomeriggio, e ha iniziato improvvisamente a piovere, con

la gente che corre al riparo in ogni luogo del campus, dalle aule alla mensa, dove Bea è incompagnia del professore ospite di questa settimana. Stanno tenendo un nuovo corso, per glistudenti dei primi anni, in Letteratura postcoloniale: sta avendo molto successo, sia tra glialtri professori, sia tra gli studenti che possono frequentarlo come corso opzionale.

« Non è il mio corso» , spiega Bea al professore, mentre procedono verso un tavolo. « Iosono soltanto tra gli assistenti. Ma mi interessa molto» .

« E come mai?» , le domanda lui, mentre si siedono. È un uomo affascinante, uno scrittoredi romanzi indiano, nato a Madras e cresciuto a Londra. La sua voce conserva ancora unleggero accento dell’India: è molto attraente.

Gli studenti fradici entrano di corsa, l’aria è piena di fumo di sigaretta. Bea sposta unposacenere ancora fumante sul tavolo accanto.

« Mio padre è vissuto in India» , spiega infine. « Negli anni ’40 e ’50» . Una parte di lei sidomanda se dovrebbe parlarne. Ma lui la osserva con aria incuriosita, da dietro i suoiocchialetti dalla montatura di metallo.

« Con quale mansione?» .Sta lasciando raffreddare il caffè; Bea gira il proprio tè. Non può bere caffè, in questi

ultimi tempi. Come il fumo di sigaretta, rischia di farla vomitare. « Era un coltivatore dicanna da zucchero, e poi durante la guerra si è arruolato nell’esercito indiano. Haconosciuto mia madre poco dopo, lei era un’infermiera volontaria» . Prende un sorso di tè.« È stato amore a prima vista, a quanto pare. O così hanno sempre raccontato» .

Lui le sorride. « E dopo l’indipendenza dell’India, sono tornati a casa?» .E in quell’accento gentile, di colpo a Bea sembra di riconoscere l’eco della voce di Nehru,

nel grande discorso alla nazione che Will talvolta imitava, dicendo che era statomeraviglioso.

Al tocco della mezzanotte, mentre il mondo dorme, l’India si risveglierà alla vita e allalibertà…

« Poco prima. Nella primavera del 1947. Ma mia madre era incinta, allora, e io sono natain agosto, due settimane dopo la dichiarazione di indipendenza» . Nuovamente esita,abbassando lo sguardo sul pianale di plastica del tavolo. « Spero che non le sembri sciocco,ma immagino che questo faccia di me una dei figli della mezzanotte. Quasi. Sono stataconcepita in India. Ho mancato l’Indipendenza di un paio di settimane e con in mezzo uncontinente. E immagino di… be’…» . Alza lo sguardo. « Di essere sull’altra faccia dellamedaglia. È questo che ho capito, quando abbiamo organizzato questo corso» .

Lui la ascolta con attenzione. « L’altra faccia della mezzanotte, si potrebbe dire. Non misembra affatto sciocco. Ma…» . Prende una delle bustine di carta dalla coppa davanti a loroe versa lo zucchero nel suo caffè. Poi le lancia uno sguardo sarcastico. « I coltivatori dicanna da zucchero avevano parecchio di cui rispondere, come sa. Non così tanto in India,forse, e non nel periodo in cui c’è stato suo padre, ma nei Caraibi» . Mescola il caffè e iniziaa berlo. « La voglia di dolce dei nobili del Settecento. Sappiamo come è stata soddisfatta» .

Lei lo sa. La mensa si riempie di studenti, e diventa sempre più rumorosa. Deve alzare lavoce, mentre gli chiede di raccontarle qualcosa della sua lezione, aggiungendo che il suo

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romanzo le è piaciuto molto.« Grazie, molto gentile. Parlerò di Rushdie, ovviamente. I figli della mezzanotte. Ma anche

di un saggio. Imaginary Homelands. Lo conosce?»« È nella lezione di oggi pomeriggio» . E poi si sorridono ampiamente: due persone al

lavoro, che sanno ciò che fanno. « Insieme al saggio sui suoi romanzi, quello del “CriticalQuarterly ”» .

« Molto bene. Grazie» . E sembra davvero soddisfatto, un uomo modesto, nonostante ipremi ottenuti. « Rushdie è il gigante, qui» , commenta piano. « Il mio lavoro è molto menoambizioso: formalmente, intendo. Be’, lo sa, del resto. Sto soltanto cercando di fare quelloche molte altre persone stanno iniziando a fare: dare una voce alla gente che non ha avutovoce in capitolo nella storia coloniale. I braccianti che lavoravano nelle piantagioni di tè e dicanna da zucchero, quelli che tiravano i risciò. Leggerò qualche passo del mio romanzo eparlerò di alcune idee di fondo. Se dovessi dirle di più, si annoierebbe, poi» . Bea scuote latesta, e lui guarda l’orologio. « Andiamo?»

« Sì, andiamo» . Vuotano le loro tazze e si alzano dal tavolo. Lui raccoglie la valigetta.« Mi interessano molto le persone come suo padre» , spiega, mentre si spostano tra i tavoli

per raggiungere le porte di vetro smerigliato. La pioggia è diventata un rovescio violento, ela gente corre per il campus con la giacca sulla testa. All’esterno, lui apre l’ombrello. « Sesopravviviamo a questo monsone, potremmo andare a bere qualcosa insieme, più tardi.Potrebbe dirmi qualcosa in più su di lui» .

« È morto» , ribatte lei, di colpo, anche se non era quello che voleva dire, e dopo mesi,ancora le sembra impossibile. Lui la guarda con un improvviso lampo di preoccupazionenegli occhi, coprendola con l’ombrello, e le dice che gli dispiace, e che perdere il padre èuna cosa terribile.

« Non vedrà mio figlio» . Non voleva dire neanche questo, ma quest’uomo è così gentile, edunque si lascia andare. E poi, mentre lui ammette di non essersene reso conto, e che glidispiace tanto, con tutti i sentimenti contrastanti che sicuramente si ritroverà a provare, unsinghiozzo le sale improvvisamente alla gola.

« Oh, mia cara…» .Lei deglutisce con forza e cerca di sorridere. « Va tutto bene, va tutto bene… venga» .

Rapidamente, lo accompagna attraverso il campus. « Piangere al lavoro» , commenta,mentre raggiungono l’aula ben illuminata. Gli studenti senza ombrelli si affrettano a entrare.« Non va affatto bene» . E ora è la voce di sua madre, quella che sente, mentre lui lesorride dolcemente.

« Ti stai affaticando troppo, mia cara» .TI STAI AFFATICANDO TROPPO, MIA CARA.

I riflessi delle fiamme danzano sopra il caminetto e la pelle di pantera. Il serico pelo nerosi sta diradando, e gli artigli si stanno ingiallendo; qua e là, la pelliccia è indurita da qualchemacchia accumulata con il passare degli anni. Le macchie del caffè spruzzato dalla tazza diAgnes quando quel maledetto libro era volato verso di lei ancora sono visibili su una zampa.Flo non aveva avuto le forze di ripulirla al tempo, e di sicuro non le ha adesso. Ma cosaimporta?

La lettera di condoglianze di Agnes, piena di errori di ortografia, è incastrata insieme allealtre nello scrittoio. « Povero Willie. Non sarebe potuto andare avanti… O pregato per

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te…» .Ma lei non vuole le preghiere di Agnes!Non vuole nulla, vorrebbe soltanto riaverlo indietro.Senza tregua, mentre sorseggia il suo whisky, ed è terribile versarsi il whisky e berlo da

soli, ripensa agli ultimi lunghi mesi in ospedale. « Devo prepararmi» , aveva detto, prima disottoporsi alla seconda operazione al cuore. Un’altra valvola. « Mi chiedo che razza dimaiale useranno, stavolta. Magari un Gloucester Spot? Che ne dici?» .

Sei lunghi mesi in due corsie, e lei era rimasta lì per la maggior parte del tempo,dormendo in un orribile appartamento dell’ospedale e restando accanto a lui per tutto ilgiorno, tenendogli la mano.

« Che piccioncini, voi due» , dicevano le infermiere.« Quando potrò tornare a casa?» , chiedeva lui, di continuo. Poi aveva smesso di chiederlo.« Mi sta crescendo la coda?» , aveva detto a Fred, che era tornato a casa in aereo per stare

con loro, alla fine.« Non penso, papà» .Si era fermato ai piedi del letto. Dei tubicini erano infilati nella sua mano bianca e magra,

e altri venivano fuori da sotto il copriletto. « Immagino che non sia un pensiero poi cosìperegrino» , aveva detto loro, mentre si allontanavano dalla corsia, lasciando riposare Will.

« Mi fa pensare alla coda della pantera» , aveva ribattuto Bea, e tutti avevano risotristemente.

Will era morto due giorni più tardi, da solo, durante la notte, mentre lei e una Bea troppopallida – Non sarai mica incinta? – dormivano in quell’orribile appartamento, ed erano statesvegliate alle tre del mattino.

« Oh, Dio» , mormora ora, nello studio vuoto, rivolta alla sua poltrona dall’altra parte delfocolare, e al bruciatore a gas che lui usava sempre per ravvivare il fuoco. Flo ne ha paura,come ha paura di tante altre cose. Delle rate da pagare. Delle bollette del gas. Di vivere dasola.

Bea la chiama ogni sera. Fred le scrive ogni settimana da Bombay. Non è ancora riuscitaad abituarsi a chiamarla Mumbai.

« Il cerchio si chiude» , aveva detto lui, quando aveva riferito loro di aver accettato quelnuovo lavoro, lasciando un grande ospedale di Londra per uno che si trovava nei quartieripoveri della città indiana.

È un radiologo. Uno dei suoi figli è un radiologo! Sua moglie, la piccola Nancy, adessocosì forte e sicura, è l’amministratrice dell’ospedale!

« Fantastico, vecchio mio» . Will gli aveva stretto la mano e aveva dato un bacio a Nancy.Oh, che coppia meravigliosa erano, quei due. Non aveva mai visto due persone più felici diloro. E quando lei e Will erano andati a fare una passeggiata, dopo pranzo, lui le aveva dettoche la carriera di Fred era iniziata lì, nella camera oscura. « Gli ho comprato la primamacchina fotografica, l’ho aiutato a sistemare tutto. Bravo, Sutherland, ottimo lavoro» .

Sì, bravo, tesoro.Ma quando si era coricata per riposare nel pomeriggio, aveva ripensato a Fred in quello

stanzino, chiuso lì dentro al buio per tutte le vacanze estive. A rimuginare quegli orribilipensieri.

Lo giuro. Giuro su questo elefante d’avorio che sei mio figlio, e figlio di tuo padre…E lui era scoppiato a ridere: quanto doveva essergli sembrata pazza! E infine l’aveva

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abbracciata. Poi aveva ritrovato Nancy, e sicuramente doveva essere stato il destino a farlirincontrare. E tuttavia…

Era davvero riuscito a dimenticare tutto? Se trascorri anni della tua infanzia e adolescenzaa soffrire come aveva fatto lui… c’era forse una parte di lui che non era ancora tornatadavvero a casa? Che era rimasta distante? Era per questo che alla fine era partito?

A volte se lo domanda.Il telefono sta squillando. Deve essere Bea, tornata a casa dal lavoro. Una dei suoi figli è

una professoressa! In un politecnico, qualunque cosa sia. Ma è anche ora che si fermi.« Crescere un bambino è un lavoro a tempo pieno, tesoro» , continua a ripeterle, ma Bea silimita a ridere.

Si alza faticosamente in piedi, raggiungendo la sala da pranzo, con il bicchiere in mano.« Pronto? Ciao, mamma. Come è andata oggi?»« Come vuoi che sia andata?» . Deve smetterla di rispondere così, deve sembrare una

cosa così brutta, a sentirla, ma cos’altro potrebbe dire? « E a te come è andata, tesoro?» .La ascolta, sentendo la stanchezza in quella voce delicatamente modulata. Sarebbe dovuta

essere un’attrice! Sarebbe dovuta salire sul palco! Ascolta racconti incomprensibili dimoduli e lezioni, e libri di cui non ha mai sentito parlare. E Bea dovrebbe fare attenzione,ora: sono anni che non deve più prendere medicine, ormai, ma comunque è incinta… non sisa mai.

« È meglio che pensi alla cena, tesoro. Vai pure. Steven cucina per te, stasera?» . Èincredibile pensare a un uomo che cucina, ma ora è così che funziona, a quanto pare.

« No, non stasera» , risponde Bea.E Flo capisce che Steven non è lì, che anche lui è ancora al lavoro. E si domanda, senza

poterselo impedire, se quel matrimonio durerà, con tutta quell’assenza tra loro, e unbambino in arrivo. Che cambierà tutto.

Bea reprime uno sbadiglio. « Vai, adesso!» , le ripete Flo. « E grazie per la telefonata. Cisentiamo domani» .

« D’accordo, a domani. Ciao, mamma» .E ora? Dovrebbe prepararsi la cena, immagina. Tutti non fanno che ripeterle che

dovrebbe mangiare, tenersi in forze. Ma una cena da sola… oh, perché non si puòsemplicemente vivere di pillole?

Ancora un bicchierino. Torna nello studio e se ne versa un altro.Alla salute, mia cara.« Alla salute» , dice lei ad alta voce, e beve un sorso – oh, ora va meglio – restandosene lì

in piedi per un attimo, tra gli acquerelli indiani, gli elefanti d’avorio che marciano sullacappa del camino, lo scrittoio di mogano lucido e vetro scintillante… ora ha un’altradomestica, ed è piuttosto brava.

Tutte le ore e gli anni che ha trascorso seduta a quello scrittoio.Lentamente, vi si avvicina, e apre la scrivania. Dio, che disordine. Lascia andare il

pianale. Tutte quelle lettere di condoglianze, tutte quelle carte incastrate nel casellario.Perfino i certificati medici dei ragazzi sono ancora lì. E perfino un libretto di razioni!

Un foglio sporge dalla cerniera lampo rotta della sua vecchia valigetta per la carta dalettera, il primo regalo in assoluto di Will. Riesce a vedere la scritta “FUCILIRAJPUTANA”, stampata in nero sulla carta. Quanto era bello nella sua uniforme.

Gli uomini sono così belli, in uniforme! Non facevano che ripeterlo tutte, sulla nave

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militare, Anna con il suo rossetto scarlatto, la deliziosa Judy con le sue sigarette scadenti, lapovera, dolce Rhoda, che era morta di crepacuore. Gli uomini sono così belli, in uniforme!

Qualcosa si agita dentro di lei. Potrebbe forse essere una frase iniziale? Senza il puntoesclamativo. Questo l’aveva imparato nel corso di scrittura creativa a Buckhurst. A evitarlicome la peste.

Dei fogli bianchi sono sparsi sopra a tutto quel disordine. Flo beve un altro sorso del suowhisky , poi scosta la sedia e si siede.

E prende la penna.

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2Londra, 2009. Un pomeriggio d’autunno. Bea è nel suo studio, in cima alla sua nuova casa.

Si è trasferita qualche mese fa, ma ci sono ancora scatoloni ovunque, sebbene i mobili sianostati già sistemati da qualche giorno: il vecchio baule di quercia in soggiorno, lo scrittoio e iritratti nel salotto del piano di sopra. In cucina, il vecchio orologio di suo padre ticchetta condecisione.

Fred e Nancy hanno messo la pantera nel loro corridoio. Oltre a quella, hanno preso glielefanti d’avorio, che marciano ora sulla cappa del camino dell’appartamento di Londrache hanno comprato quando lui è andato in pensione, tornando in Inghilterra. Non hadimenticato di portare con sé gli album fotografici che Will gli aveva lasciato, mentre a leisono andate le cassette con le storie che aveva registrato.

Vi ho mai raccontato quella…Sì, papà.Sarebbe carino che qualcuno mostrasse un po’ di interesse, per una volta…Adesso lei se ne sta interessando. Apre scatoloni, osserva oggetti che non aveva più visto

da anni, o che non si era mai data la briga di guardare davvero, ammucchiati nella soffittadella sua vecchia casa dopo la morte di sua madre, quindici anni prima. È così che vaquando si crescono i figli, si lavora e si va avanti nella vita. Pensi che lo farai, un giorno ol’altro. Che un giorno recupererai tutte quelle cose.

Lassù c’è solo il cielo, insieme alle cime degli alberi, sebbene anche di sabato pomeriggiosi possano sentire le sirene che ululano dalla strada più in basso. Le sente, adesso, così comesente la musica rap che suo figlio sta ascoltando, nella sua stanza al piano di sotto. Siappoggia allo schienale della sedia e guarda fuori dalla finestra, osservando i piccioni che silibrano nel vento, mentre un aereo si muove lento sotto le nuvole. Si allontana? Oppure staper atterrare, tornando a casa? Fred e Nancy non facevano che prendere aerei, una volta,partendo e ritornando ogni anno. Lui la chiamava sempre, quando tornavano a casa.

« Mia cara! Come va?» .Lo fa ancora, e ancora ridono insieme, quando la saluta così.Ormai sono rimasti soltanto loro due: tutti gli altri se ne sono andati. Il papà. La mamma,

che ha continuato a scrivere fino all’ultimo, e che ha continuato a ripetere a Bea che esserevedova era un inferno.

In effetti, non piace molto neanche a lei.Anche Hugo è morto, il suo primo amore, che era tornato da New York per il funerale di

Will. Certo che verrò. Era come un padre, per me. E la povera e solitaria Agnes, tutta sola,che sarebbe potuta essere la migliore delle madri, aveva lasciato a entrambi una cospicuaeredità.

Fitz ed Eleanor sono morte: per prima Eleanor, e Fitz, nonostante tutti i suoi acciacchi, erariuscita a superare gli ottant’anni.

Di-di-di-di fro-fro-fronte alle anatrec’è il posto in cui mi rilasso…

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Lei e Fred la cantano ancora, di tanto in tanto.Gli aerei attraversano il cielo, gli alberi si scuote nel vento d’autunno. Anche Steven è

andato: l’amore della sua vita, morto troppo giovane, come Hugo, come tanti della suagenerazione.

Bene, cosa abbiamo qui?Scatole di lettere: dai suoi nonni, quelli materni, da parte di sua madre.« Nella busta c’è un assegno di compleanno…» . Dall’altra nonna, che non ricorda, a suo

padre in India. « Caro Willie…» . Da Will a Flo: lettere d’amore precedenti al loromatrimonio in India, lettere d’amore seguite al matrimonio, ogni volta che erano lontani.

« Vorrei soltanto che tu tornassi a casa…» . La busta ha un francobollo di MarketHampden, ed è indirizzata a un ospedale di Northampton.

Perché Flo era lì, in realtà?Che altro c’è nella scatola? Il messale di Will, riportato dalla Palestina da suo padre dopo

la prima guerra mondiale, e usato per così tanti anni che la copertina di legno d’olivo si eradel tutto staccata. Flo l’aveva fatta rilegare, e aveva scritto all’interno una piccola nota:« Per William, con affetto dalla nonna» .

Bea prende le forbici e le fa passare sul nastro adesivo che chiude un’altra grossa scatoladi cartone. All’interno c’è un mucchio di vecchi quaderni, le copertine di un vivido rosso o diun blu sbiadito. Uno, di un rosa pastello polveroso, ha un disegno della Britannia sul davanti,seduta con il tridente, lo scudo e l’elmo, e intenta a vigilare sulle colline. “Fatto in GranBretagna”, dice la scritta al di sotto del disegno. All’interno, sua madre aveva scrittorapidamente, a matita: « Gennaio 1950. Viviamo in una fattoria! Nel bel mezzo delDevon!» .

Sotto ai diari ci sono dei manoscritti: a mucchi. E pagine di annotazioni, legate insieme dapunti arrugginiti, e quelli che Flo avrebbe chiamato appunti sparsi di questo e quello.Controlla l’ultima pagina dell’ultimo diario: proseguono fino a tre giorni prima della suamorte.

Bea resta seduta lì a lungo, circondata da tutte quelle carte. È stanca, e ancora adesso devefare attenzione. Talvolta, le capita ancora di provare delle brevi assenze. E allora chiude gliocchi per un po’, lasciandosi andare, mentre il vento autunnale fa tremare l’infisso dellafinestra. Poi apre l’ultima scatola. All’interno trova le decine e decine di audiocassetteregistrate da Will, chiuse nelle loro confezioni, ognuna con la sua etichetta scritta a penna.

Arare con i tori. Lotte indiane. Fertilizzanti artificiali. Taglio e irrigazione. La tigre diTulsipore.

Prova, prova…Fred! Bea, mia cara! Venite a sentire!Il cieco Punkah Wallah. Induismo. Animismo. La nave militare per tornare a casa.In fondo alla scatola ci sono due foto incorniciate e avvolte in fogli di giornale ingialliti. Le

tira fuori, soffiando via la polvere e tossendo.Quella foto di Will con l’uniforme dell’esercito indiano. Trentenne, guarda dritto verso

l’obiettivo con una nube di luce alle spalle. Una foto d’epoca, era così che le facevano,allora. E sorride, del suo sorriso più bello. Forse l’aveva regalata a Flo nel giorno del loromatrimonio. Aveva scritto in basso, con una penna stilografica: « Tuo per sempre, Will» .

La musica al piano di sotto viene abbassata e si sente un urlo.« Mamma?»

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« Non disturbarmi!» .Poi toglie dalla carta di giornale l’altra cornice. È la poesia di guerra di Will, quella appesa

nel bagno del piano di sotto a Ry ehurst. L’ha vista ogni giorno della sua vita e la conosce amemoria.

Fuori da Burma, fuori da Burma,sulla strada verso il mare…

Conosce ogni schizzo a china che la circonda, anche se ha dimenticato le didascalie:“Carovana di muli sulle colline”. “Indigeni che fanno le guide”. “Cibo gettato dagli aerei”.“Fiumi in piena”.

« Mamma!» .« Arrivo!» .Ma non si muove. Resta lì seduta, mentre il cielo autunnale si scurisce sempre di più, in

mezzo a tutto ciò che la circonda. E guarda quegli oggetti. Li guarda e basta.Cosa dovrebbe farsene?COSA DOVREBBE FARSENE?

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I rifugiati di Burma

Fuori da Burma, fuori da Burma,sulla strada verso il mare,con il carro, con la nave,a migliaia vollero andare…Se ne andarono, lasciandocase e averi, oltre il confinea piedi in India e in Cina,seguendo la strada sino alla fine.Alle loro spalle, eserciti ingraticombattevano nel sole.Il Giappone vittoriosometteva in fuga i rifugiati.Torneremo, questo è certocon gli aerei su nel cielo.Combatteremo rispondendoa ogni colpo inferto.Guarderemo presto il risocosì verde nella pioggia,sarà gioia e sarà amore,né più guerra, né dolore.

(W. S., Tempi indiani, 1942)

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Ringraziamenti

Due grandi editor hanno fatto molto per dare forma a questo romanzo. CharlotteMendelsohn è riuscita a riportare in carreggiata una prima bozza decisamente ribelle. Inseguito, l’esperienza, gli interventi, la pazienza e la sensibilità di Mary -Anne Harrington sonostati preziosi. Le ringrazio entrambe moltissimo.

Grazie anche alla mia agente, Laura Longrigg, che ha continuato a crederci e mi haincoraggiato più di quanto immagini. E a Peter Gorb, che mi ha salvato da un terribilesolecismo, o, come avrebbe detto Will Sutherland, da un orrendo sbaglio. Il mio grazie piùsentito va anche a mio fratello, che ha letto due lunghe bozze, apprezzandole entrambe.

Infine, vorrei ringraziare mio figlio, Jamie Mayer, che è stato male durante lalunghissima scrittura di questo romanzo, e la cui forza, la cui generosità e il cui genialeumorismo non fanno che spingermi a dedicarlo indiscutibilmente a lui.

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[1] Grande ventaglio basculante usato in India e fatto con una foglia di palma o una strisciadi stoffa appese al soffitto (n.d.t.).

[2] Veste tradizionale maschile, usata in India, Pakistan e Bangladesh (n.d.t.).

[3] Siamo rimasti impantanati nella palude (n.d.t.).

[4] Ufficiale dell’esercito anglo-indiano e scrittore (n.d.t.).

[5] Nomi di gnomi, che in italiano corrispondono a varietà di fiori: Cuscuta, Millefoglio eLampone artico (n.d.t.).

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Indice

CoverCollanaColophonFrontespizioPreludioParte prima Pioggia, galline, fango

123456

Parte seconda Honeymoon Lane123456789

Parte terza Luci spente123456

Parte quarta Il sentiero di gesso1234567

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89101112

Parte quinta La figlia della mezzanotte12

I rifugiati di BurmaRingraziamenti