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PATTERNS OF CASE SYNCRETISM IN INDO-EUROPEAN LANGUAGES SILVIA LURAGHI Università di Torino

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PATTERNS OF CASE SYNCRETISM IN INDO-

EUROPEAN LANGUAGES

SILVIA LURAGHI

Università di Torino

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0. Introduzione• Il sistema dei casi del Proto Indo-Europeo è generalmente ricostruito come

un sistema formato da otto casi (nom., acc., voc., gen., dat., abl., loc., strum.).

• Nelle lingue indo-europee, tuttavia, si ritrovano sistemi di casi semplificati, nei quali funzioni precedentemente marcate da casi diversi sono confluite in un unico caso. Questo processo diacronico di semplificazione viene comunemente chiamato “sincretismo dei casi”.

• Il s. dei casi è concepito come la fusione funzionale di differenti morfemi, in seguito a una sovrapposizione provvisoria

• [ sincretismo funzionale ≠ sincretismo morfologico: il secondo ha causa immediata nell’erosione fonetica, e il risultato è identità fonologica di uno o più morfemi, i quali però mantengono la loro individualità funzionale. La completa fusione dei morfemi può (e non deve!) avvenire successivamente, se il sincretismo funzionale opera contemporaneamente al sincretismo morfologico. I morfemi coinvolti nel sincretismo funzionale non necessitano di essere foneticamente identici ].

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1.1 Condizioni del Sincretismo• Elementi funzionali, come ad esempio i casi, raramente sono usati

in modo completamente disambiguo, cioè per una sola funzione. Più spesso possono essere usati con un certo grado di libertà, che permette al parlante di scegliere tra differenti varianti formali al fine di comunicare lo stesso significato.

• I mezzi formali (es. i casi) coinvolti sono caratterizzati da parziale sinonimia: sono cioè considerati sinonimi in quei contesti dove possono essere sostituiti liberamente.

• La libera sovrapposizione di casi costituisce chiaramente una base per il sincretismo.

• Condizioni generali: a) il grado di sinonimia parziale deve essere abbastanza alto da far emergere la necessità di una riduzione della ridondanza; b) la fusione funzionale e la possibile fusione formale dei morfemi non deve far emergere ambiguità non accettabili all’interno del sistema.

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1.2 Valore dei casi• Condizione per la sovrapposizione: sinonimia parziale tra casi [vedi

1.1] (sinonimia riguardo il valore funzionale delle diverse desinenze dei casi).

• Desinenze dei casi: marcatori relazionali, portatori di informazioni semantiche e/o sintattiche all’interno della frase, riguardanti la relazione tra costituenti nominali e predicati o costituenti nominali tra loro. Es. il caso accusativo: a) relazione semantica di Paziente; b) posizione di secondo argomento di verbi a due o a tre posti;

• Quindi possiamo considerare i casi come portatori di un valore semantico e un valore sintattico.

• Poiché nella maggior parte delle lingue non c’è una corrispondenza di 1:1 tra morfemi di casi e relazioni semantiche o funzioni sintattiche, ciò che chiamiamo valore dei casi è un fatto riguardante la frequenza relativa.

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1.3 Due Modelli del Sincretismo dei casi

• La parziale sinonimia tra morfemi dei casi può riguardare sia il loro valore semantico che il loro valore sintattico [vedi 1.2]. Di conseguenza, il sincretismo dei casi può svilupparsi attraverso due linee: a) SINCRETISMO SEMANTICO, quando casi che marcano differenti relazioni semantiche si combinano, senza nessuna relazione con la funzione sintattica che hanno; b) SINCRETISMO SINTATTICO, quando casi che differiscono nel loro valore semantico, ma marcano costituenti sintattici nella stessa posizione, si fondono.

• Sistemi di casi in cui ha operato il s. semantico, comunicano attraverso i morfemi dei casi informazioni semantiche, lasciando che quelle sintattiche siano “portate” dai tratti lessicali (lexical features) dei verbi. Al contrario, in sistemi di casi basati sul s. sintattico, i casi danno informazioni sulla posizione sintattica di un costituente nominale, mentre sono i lexical features a sottolineare le relazioni semantiche tra costituenti.

• Sistemi apparentemente simili possono funzionare in modi assai differenti, in relazione allo specifico modello di sincretismo che hanno seguito.

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• [Ci sono prove di s. semantico anche in lingue basate sul s. sintattico, e viceversa.

• Es.: in Latino [vedi 3.2.1], il s. sintattico di ablativo, locativo e strumentale può essere ricondotto al precedente s. semantico; la fusione di abl. e strum. deve essere avvenuta in uno stadio precedente rispetto alla fusione tra i due casi appena menzionati con il loc. Infatti, in Latino Classico ritroviamo la -ā- per l’abl./strum. che non ha ancora assorbito il loc.

• Es.: il sincretismo di abl., loc. e strum. in Greco omerico è attestato dalla desinenza -phi-. Tuttavia tale fenomeno era contrario al modello dominante operante in Greco, nel quale era causa di una forte opacità semantica. Di conseguenza la terminazione -phi- fu sempre meno usata fino ad essere eliminata. (non c’è accordo tra gli studiosi sul valore del Miceneo -pi. Hettrich (1985) ha proposto che il Miceneo -pi marcasse solamente le relazioni di abl. e strum. La funzione del loc. sarebbe stata assunta in uno stadio successivo, parallelamente allo sviluppo dell’abl. Latino).].

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1.4 lexical Features• Quando lo stesso marcatore viene usato per funzioni che dovrebbero

essere distinte, ci devono essere altre condizioni che permettono di risolvere l’ambiguità dovuta alla mancanza di distinzione formale. Tale funzione è supportata dai lexical features dei nomi e dei verbi.

• Tale funzione di disambiguazione dei lexical features gioca un ruolo molto importante sia nella determinazione delle relazioni semantiche che in quella della funzioni sintattiche.

• 1) Funzioni dei lexical features nell’assegnazione di relazioni semantiche: sicuramente certi elementi del lessico sono maggiormente predisposti di altri ad accettare determinate assegnazioni semantiche ( es. i toponimi sono sicuramente più adatti dei nomi di persona a ricevere l’assegnazione semantica di locativi! Es. hèn Phlégrāi Gìgantes éstēsan theoîs, “(la guerra) che i Giganti combatterono nei Campi Flegrei contro gli dèi”. I lexical features spiegano inoltre l’esistenza del loc. Ø, come nell’Ittito takan “sulla terra”.)

• Ne consegue che alcuni casi sono spesso associati a specifiche classi lessicali di parole o, più precisamente, a specifici lexical features.

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• Questo fatto crea i presupposti per una riduzione del sistema dei casi, ogni volta che l’occorrenza di un lexical feature può da solo bastare per marcare un sintagma nominale assegnandogli una specifica relazione semantica.

• 2) A livello sintattico: allo stesso modo, ci sono certi elementi lessicali più adatti di altri ad ottenere una certa funzione sintattica. Es. i toponimi, essendo adatti ad avere la funzione di loc., generalmente assumono la posizione di satelliti più che di argomenti veri e propri di un predicato (discorso simile per il caso strum.).

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• La distinzione essere animato/inanimato sembra avere particolare rilevanza tra i lexical features di un nome, e sembra cruciale nel determinare la sovrapposizione di casi.

• Nelle lingue indo-europee tale distinzione riguarda soprattutto la posizione del caso dativo, che ha la proprietà sintattica di indicare il terzo argomento di un verbo a tre posti, opponendosi particolarmente al secondo argomento (Brugmann-Delbrück).

• Inoltre, anche I lexical features dei verbi contribuiscono alla disambiguazione della relazione semantica portata da un costituente nominale, in accordo col suo ruolo sintattico. Tutto ciò si basa sul fatto che I predicati sono portatori di informazioni sulla loro struttura predicativa, riguardo cioè il numero di argomenti e le relazioni semantiche che a questi argomenti devono essere assegnate.

Per riassumere: i lexical features sono cruciali nel determinare la struttura di un qualsiasi sistema di casi. Sono inoltre utili per comprendere sia il funzionamento sincronico di un sistema di casi, sia per il suo sviluppo diacronico.

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2.1 Il Sistema dei casi del Proto-Indo Europeo

• La ricostruzione classica di tale sistema (Szemerényi 1985) non può costituire la base per un’ esposizione di ogni specifico sistema di casi attestato nelle diverse lingue indo-europee: a) limitate distinzioni tra morfemi di alcuni casi in tutte le lingue ie. (es. abl. sing.); morfemi etimologicamente connessi ma che hanno diversi statuti nelle diverse lingue; ma b) scoperta di un caso directive in antico Ittita indicante goal con i verbi di movimento (desinenza -a attestata in avverbi in altre lingue ie.)

1. Il Proto-Indo Europeo ha forse un numero maggiore di casi di quanto si pensi ancora oggi?

2. Sincretismo dei casi o sincretismo morfologico (es. del directive in Ittita)?

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• Le lingue ie. potrebbero aver ereditato dalla proto-lingua un repertorio di marcatori relazionali (particelle più o meno indipendenti) parzialmente integrate al paradigma di flessione. Queste particelle, qualunque fosse il loro statuto morfologico, nel tardo Proto-Indo Europeo si sarebbero integrate nelle varie funzioni che oggi assegniamo a ogni ricostruzione di una desinenza di un dato caso, sulla base della comparazione dei sistemi dei casi delle varie lingue ie.

• In più, già il Proto-Indo Europeo poteva forse possedere un certo grado di sovrapposizione semantica o sintattica tra questi morfemi, che nelle diverse lingue ie. si è tradotto nella costruzione di differenti paradigmi di flessione.

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2.2 Altri fenomeni diacronici

• Sincretismo dei casi: 1) diminuzione del grado di ridondanza del sistema; 2) aumento del grado di opacità all’interno del sistema, superato con la rispecificazione di categorie precedentemente espresse attraverso i casi, usando marcatori di relazione di diverso tipo: aumento dell’uso delle preposizioni (senza stravolgere l’uso dei casi, almeno nella prime fasi).

• Nelle lingue ie. Il sincretismo dei casi è stato concomitante al cambiamento tipologico dell’ordine delle parole, da OV a VO, e da un tipo sintetico ad uno analitico. Cambiamenti di questo tipo sono incompatibili con ricchi sistemi di casi, dunque non tutte le riduzioni nei vari sistemi di casi delle lingue ie. sono attribuibili all’operato del sincretismo dei casi.

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2.3 Possibile sovrapposizione dell’Acc. e del Directive

• Posizione del directive nell’antico Ittita in relazione al resto delle lingue ie.:

Nelle lingue ie. antiche possibilità di usare l’acc. per indicare il goal con i verbi di movimento: possibilità di vedere il sincretismo funzionale di uno specifico caso directive con l’acc. dell’oggetto diretto come istanza del sincretismo sintattico.

Quando usati con verbi a due argomenti, i due casi assumono simile posizione sintattica (di secondo argomento). La differenza fondamentale tra i due casi si trova nella classe semantica dei predicati a due posti, che assumono il caso directive come marcatore del loro secondo argomento (es. verbi di movimento). Il sincretismo sintattico tra il directive e l’acc. potrebbe essere avvenuto perché i lexical features del verbo potevano da sole essere sufficienti per indicare la relazione semantica sottolineata dal sintagma nominale che stava nella posizione di secondo argomento.

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3. Sincretismo dei casi in alcune lingue ie.

• Sincretismo semantico:Greco antico: genitivo, ablativo genitivo dativo, locativo, strumentale dativo

Ittita: dativo, locativo dativo/locativo dativo/locativo, directive dativo/locativo ablativo, strumentale allomorfi con la stessa funzione.

• Sincretismo sintattico:Latino: ablativo, strumentale, locativo ablativo

Antico Tedesco: ablativo, strumentale, locativo, dativo dativo

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3.1 Sincretismo semantico

3.1.1 Genitivo e ablativoLa principale funzione del gen. consiste nel marcare

dipendenza (nominale).Gen. soggettivo/oggettivo: es. greco phóbos tôn polemíōn

= I nemici spaventano qualcuno / qualcuno spaventa i nemici.

Dipende, quindi, da chi si considera come “origine” (source) della paura, che coincide, in senso metaforico, con la causa della stessa. Queste due ultime relazioni semantiche sono marcate dall’abl.

Quindi, in Greco, il gen. marcava relazioni semantiche che erano altrove marcate dall’abl.

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3.1.2 Dativo e locativo

Il dat. ie. indica prossimità a qualcuno, sia in senso concreto che in senso traslato.

Un esempio di dat. “locale” si può ritrovare nel dat. di possesso (meglio esemplificato in quelle lingue che mantengono la distinzione morfologica tra dat. e loc.). Affinità lessicale del dat. con il loc.: il loc. utilizzato più spesso per toponimi o, più in generale, per costituenti nominali con referenti inanimati; dunque i due casi presentano distribuzione complementare, con la distinzione animato/inanimato che gioca il ruolo di tratto discriminante.

Questa distribuzione complementare provoca un alto grado di ridondanza nel sistema, nel quale il dat. può essere concepito come la controparte animata del loc. Di conseguenza la fusione tra i due casi non è causa di ambiguità.

Sincretismo di dat. e loc. ben attestato in Ittita; in Greco antico, anche se attestato morfologicamente, l’uso del dat. senza preposizioni per indicare il loc. era molto ristretto solo ai toponimi.

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3.1.3 Dativo/locativo e directive

[il dat. ie. può essere usato con verbi che esprimono movimento o verbi che non lo esprimono, mentre il loc. era raramente usato con quelli di movimento [vedi 3.1.2] ]

Il dat. dell’Antico Ittita, che si era precedentemente fuso con il loc., portava il significato di locazione, e quello di goal con referenti animati. Marcava comunque solamente locativi stativi con ref. inanimati, mentre il goal era marcato dal directive.

Dal Medio Ittita: sincretismo funzionale di dat./loc. con il directive (la desinenza di quest’ultimo era diventata sempre più marginale, fino a diventare marca di arcaismo)

Tale fusione livellò la situazione per ref. sia animati che inanimati.

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3.1.4 Locativo e strumentale

Ci sono prove, in varie lingue, del fatto che, per attanti che coprono sia la relazione di locativo che di strumento, c’è possibilità di interscambio in determinati contesti. In un gran numero di lingue la locazione può essere concepita come un mezzo e, allo stesso modo un mezzo può essere visto come locazione.

Es.: to travel by car / to travel in a car en hóplois mákhesthai / sýn hóplois mákhesthai

Interscambiabilità deriva dal fatto che sia la relazione di locazione che quella strumentale sono supportate da attanti che sono concomitanti per lo sviluppo dell’azione o del processo espresso dal predicato.

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3.1.5 Dativo/locativo e strumentale

La sovrapposizione funzionale del dat./loc. con lo strum. fu permesso, in Greco antico, dalla più lontana differenziazione del dat. e del loc. attraverso l’uso delle preposizioni.

Poiché gli strumenti sono generalmente oggetti inanimati, lo strum. del Proto-Indo Europeo doveva essere essenzialmente limitato a elementi inanimati. Poi, sempre in rispetto al caso dat., lo strum. poteva prendere il posto del loc., con il tratto [+animato] per evitare le ambiguità.

3.1.6 Ablativo e strumentale

Entrambi i casi coprono la relazione di un fattore condizionante rispetto all’azione o al processo espresso dal predicato. Alcuni di questi fattori possono essere concepiti sia come cause, come nel caso dell’abl., o come un mezzo materiale, come nel caso dello strum.

Dal Medio Ittita: abl. inizia a prendere sempre più la funzione dello strum.; i due casi erano ancora usati come allomorfi del secondo fino agli ultimi documenti scritti.

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3.2 Sincretismo Sintattico• Il Latino e le lingue del gruppo Germanico ci permettono di

analizzare due istanza del sincretismo sintattico: 1) i casi che sono confluiti in un unico caso in queste lingue sono stati provvisoriamente marcatori di differenti relazioni semantiche; 2) la fusione è avvenuta sulla base della posizione sintattica assegnata ai casi, in relazione al predicato.

• Il tipo di sinonimia coinvolta era stata causata dalla sovrapposizione sintattica: tutti i casi, che generalmente avevano la posizione di satelliti, negli atti linguistici concreti si sono fusi.

• Il s. sintattico provoca opacità semantica all’interno del sistema dei casi. L’opacità semantica di conseguenza ha intaccato la relazione delle preposizioni con i casi. Tale opacità è riscontrabile nell’uso idiosincratico di casi e preposizioni, che infine spinge un caso a diventare il caso non marcato all’interno dei sintagmi preposizionali.

• Il Latino e le lingue germaniche presentano due varianti del s. sintattico, che differiscono per il destino del dativo all’interno del sistema dei casi.

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3.2.1 Il Latino

L’abl. latino è l’output del loc., dell’abl., e dello strum. È possibile osservarlo coprire queste tre funzioni senza preposizioni, limitatamente a un numero di occorrenze in cui l’opacità semantica è contestualmente o lessicalmente risolvibile. Altrove è possibile trovare anche casi di abl. senza preposizione funzionante da strum.

Il carico funzionale supportato dal caso abl., anche senza preposizioni, gli ha impedito di diventare il caso non marcato all’interno dei sintagmi preposizionali

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3.2.2 Il gruppo Germanico

Nelle lingue germaniche il caso dativo si è unito al loc., all’abl., e allo strum.

La differenza tra il Latino e le lingue germaniche deriva dalla doppia natura sintattica del dativo.

Sintatticamente, il dat. può essere concepito come: a) il terzo argomento dei predicati a tre posti, e opposto quindi ai casi dei satelliti (abl., loc., e strum.) come in Latino, oppure, b) il caso di un complemento del verbo opposto all’accusativo, come nelle lingue Germaniche

Mentre il Latino attua una distinzione tra argomenti e satelliti, le lingue germaniche attuano una differenziazione tra argomenti centrali e altri possibili attanti.

Avendo intrapreso questa seconda strada, il gruppo G. ha sempre più fatto uso di preposizioni per accompagnare il dat. nel marcare i satelliti, mentre senza preposizioni il dat. funziona da vero dat. argomentale.

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Qui sta la differenza tra il dat. germanico e l’abl. latino: quando usato senza preposizioni, veniva usato nella sua funzione originaria. La funzione di satelliti veniva trasferito a sintagmi preposizionali, all’interno dei quali il dat. diventava il caso non marcato.

Il ramo germanico della famiglia indo-europea è quello in cui la tendenza al passaggio da un modello sintetico ad uno analitico ha avuto maggior rilevanza, dunque non costituisce l’elemento ideale per lo studio del sincretismo dei casi.

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4. Conclusioni

a) Il sincretismo funzionale deriva da una parziale sinonimia tra i casi;b) Tale sinonimia può avere origine dalla sovrapposizione sia semantica che

sintattica dei casi;c) Le istanze del s. semantico sono portate avanti da similarità nelle

relazioni semantiche instaurate tra sintagmi nominali marcati da specifiche terminazioni di casi;

d) Il s. sintattico è portato avanti dalla similarità della posizione sintattica che un sintagma nominale, marcato da una specifica terminazione di un caso, generalmente assume in relazione al predicato;

e) I lexical features, e il contrasto animato/inanimato in particolare, giocano un ruolo chiave nel sincretismo dei casi, per il fatto che contribuiscono a determinare il grado di accettabilità delle ambiguità;

f) Il s. sintattico incrementa l’opacità semantica all’interno del sistema dei casi e causa un sempre maggiore uso di preposizioni.