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(Provincia di Cosenza) Comune di GUARDIA PIEMONTESE Data : Marzo 2014 PIANO STRUTTURALE COMUNALE ELABORATO NR. : ai sensi della Legge Regionale nr. 19/2002 e ss. mm. ii DOCUMENTO PRELIMINARE Il Sindaco Vincenzo Rocchetti RELAZIONE GEOLOGICA SCALA 1:10.000 Ing. Mirko-Eugenio Caputo Dott. Agron. Sergio Caracciolo Dott. Geol. Salvatore Rota RESPONSABILE UFFICIO TECNICO COMUNALE Ing. Giuseppe Caruso Adottato con Delibera C.C. nr. ___ del __/__/____ GRUPPO DI PROGETTO

PIANO STRUTTURALE COMUNALE DOCUMENTO PRELIMINARE€¦ · IL PSC “Il Piano Strutturale Comunale (P.S.C.) definisce le strategie per il governo dell’intero territorio comunale,

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(Provincia di Cosenza)Comune di GUARDIA PIEMONTESE

Data : Marzo 2014

PIANO STRUTTURALE COMUNALE

ELABORATO NR. :

ai sensi della Legge Regionale nr. 19/2002 e ss. mm. iiDOCUMENTO PRELIMINARE

Il SindacoVincenzo Rocchetti

RELAZIONE GEOLOGICA

SCALA

1:10.000

Ing. Mirko-Eugenio Caputo

Dott. Agron. Sergio Caracciolo

Dott. Geol. Salvatore Rota

RESPONSABILE UFFICIO TECNICO COMUNALE

Ing. Giuseppe Caruso

Adottato con Delibera C.C. nr. ___ del __/__/____

GRUPPO DI PROGETTO

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“Studio Geologico del Piano Strutturale Comunale di Guardia Piemontese”

1

Sommario PREMESSA ....................................................................................................................................... 2 METODOLOGIA DI STUDIO ......................................................................................................... 4

DESCRIZIONE DEGLI ELABORATI CHE COMPONGONO IL PRESENTE STUDIO ......... 6

CARTOGRAFIA DI ANALISI ................................................................................................. 6

INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE .......................................................................... 8 INQUADRAMENTO DELL’ARCO CALABRO PELORITANO .............................................. 8 UNITÀ DI CETRARO ................................................................................................................... 9 ARGILLE A BLOCCHI ................................................................................................................ 9

UNITÀ DI VERBICARO .............................................................................................................. 9 FINESTRA TETTONICA DELLE TERME LUIGIANE ........................................................... 10 UNITÀ DEL FRIDO .................................................................................................................... 13 UNITÀ DI GIMIGLIANO ........................................................................................................... 13

UNITÀ DI BAGNI ....................................................................................................................... 14 UNITÀ DI POLIA-COPANELLO .............................................................................................. 16 UNITÀ DI STILO ........................................................................................................................ 17

UNITÀ MIOCENICHE ............................................................................................................... 17 ELEMENTI DI TETTONICA TERRITORIALE ............................................................................ 18

ELEMENTI SULL’ACCLIVITÀ DEL TERRITORIO .................................................................. 19 CARATTERISTICHE METEO-CLIMATICHE DELL’AREA ..................................................... 20 ASPETTI IDROGEOLOGICI GENERALI .................................................................................... 21

CARATTERISTICHE DEL RETICOLO IDROGRAFICO ........................................................ 21 CIRCOLAZIONE IDRICA SOTTERRANEA “COMPLESSI IDROGEOLOGICI” ................. 21

SORGENTI .................................................................................................................................. 22 IL RISCHIO IDRAULICO .......................................................................................................... 23

PROCESSI MORFOEVOLUTIVI .................................................................................................. 24

CLASSIFICAZIONI DEI DISSESTI FRANOSI ........................................................................ 24

AREALE DI PERICOLO (FASCE DI RISPETTO) ................................................................... 25 ANALISI DELLA SISMICITÀ RELATIVA IL COMUNE GUARDIA PIEMONTESE (CS) ....... 26

ANALISI DEGLI EVENTI SISMICI SUL TERRITORIO COMUNALE ................................. 26 SISMICITÀ STORICA E RECENTE ......................................................................................... 26 RISCHIO SISMICO ..................................................................................................................... 26

PIANO DELLE INDAGINI IN SITU ............................................................................................. 27 LITORALE ED EROSIONE MARINA ........................................................................................... 28

SINTESI DELLA FASE DI ANALISI DEL TERRITORIO .......................................................... 29 CLASSI DI FATTIBILITA’ ........................................................................................................ 32

CONCLUSIONI ............................................................................................................................... 37 CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE ............................................................................. 38 NORME DI ATTUAZIONE DI CARATTERE GEOLOGICO .................................................. 39

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“Studio Geologico del Piano Strutturale Comunale di Guardia Piemontese”

2

PREMESSA

Il Geologo dr. Salvatore Rota, iscritto all’Ordine dei Geologi della Calabria con il n° 888, veniva

incaricato, con determina n. 7 del 18.06.2008 dal Dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Guardia

Piemontese, di redigere lo studio geomorfologico e le indagini geognostiche di supporto allo

“Studio Geomorfologico del

Piano Strutturale Comunale di Guardia Piemontese e REU”

Con lo studio geologico si forniscono, contestualmente alla redazione del nuovo Piano Strutturale

Comunale (P.S.C.), gli elementi essenziali per la conoscenza delle componenti fisiche dell’ambiente per

una corretta pianificazione del territorio; questi derivano dall’analisi geologica e geomorfologica-

applicativa del territorio comunale di Guardia Piemontese (CS) (ai sensi dell’art. 20, comma 4, lettere

“a” e “b” della Legge Urbanistica Regionale n. 19/2002).

L’analisi del territorio in chiave geologica, consente di evidenziare le risorse ed i rischi dell’ambiente

fisico nell’ambiente geomorfologico ed idrogeologico dei luoghi e conseguentemente l’individuazione

delle condizioni di equilibrio tra lo sviluppo antropico e le potenzialità naturali del territorio.

In particolare, le peculiarità geologiche controllano i fenomeni franosi ed i processi di infiltrazione e

circolazione dell’acqua nel sottosuolo, condizionando l’uso del territorio in termini di insediabilità e di

tipologia di attività agricole.

IL PSC

“Il Piano Strutturale Comunale (P.S.C.) definisce le strategie per il governo

dell’intero territorio comunale, in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi

urbanistici della Regione e con gli strumenti di pianificazione provinciale

espressi dal Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.), dal Piano Territoriale di

Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) e dal Piano di Assetto Idrogeologico

(P.A.I.).”

Il primo comma dell’art. 20 della legge urbanistica definisce il Piano Strutturale Comunale

(PSC), lo strumento principale di pianificazione territoriale ed urbanistica a scala comunale che

sostituisce il Piano regolatore generale come strumento di governo del territorio nell’ambito

dell’intero comune.

Da tale definizione se ne deduce la prima sostanziale differenza con il vecchio Prg; il PSC viene

definito, infatti, come strumento strategico che rappresenta uno dei principi innovativi che

definiscono il nuovo strumento urbanistico.

Secondo un orientamento ampiamente diffuso nella dottrina urbanistica il Piano Strutturale

presenta, infatti, due distinti caratteri, uno strategico ed uno strutturale: Per componente strategica si intende quella parte del piano, a prevalente contenuto e natura

politico programmatica, che dichiara il valore delle risorse presenti nel territorio ed indica lo

scenario obiettivo di tutela e sviluppo urbano e territoriale che si intende perseguire con il

piano e che, in riferimento alla situazione presente, sviluppa obiettivi e strategie per

conseguirlo.

Per componente strutturale si intende l’organizzazione e l’assetto del territorio nelle sue forme

fisiche, materiali e funzionali prevalenti e conformanti stabilmente il territorio per realizzare gli

obiettivi strategici che si intendono perseguire. Costituisce il quadro di riferimento nel medio-

lungo periodo che raccoglie la descrizione fondativa della città e del territorio in tutte le sue

componenti.

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3

La componente strategica fa si che il PSC non sia un mero strumento di assetto del territorio ma uno

strumento a carattere complesso e plurisettoriale che, a partire dalle condizioni del territorio a carattere

fisico e funzionale e dalle risorse che esso ospita (componente strutturale), delinea strategie tanto di

governo dell’assetto fisico che dello sviluppo economico sociale, compatibili con l’assetto strutturale. Esso

delinea, dunque, prospettive e scenari di lungo periodo, indicando al contempo, mediante gli strumenti di

carattere operativo ed attuativo, il percorso possibile per costruire lo scenario previsto.

Altro aspetto di rilievo, che distingue il PSC dal vecchi Prg è che, mentre quest’ultimo si presenta come

un prodotto a carattere normativo prescrittivo, che fissa in maniera rigida le modalità d’uso del suolo

(funzioni da insediare, volumetrie previste, ecc…) il PSC, al contrario, deve intendersi come uno strumento

di carattere più flessibile. Le sue previsioni dell’assetto del territorio, infatti, non includono le specifiche

destinazioni d’uso tipiche del Prg, laddove esso distingueva anche le zone realmente edificabili da quelle

destinate a soddisfare gli standard relativi ai servizi pubblici (verde, parcheggi, istruzione, ecc..). Il Piano

strutturale comunale definisce, invece, delle destinazioni d’uso a carattere più generale, limitandosi ad

indicare le aree da destinare ad insediamenti produttivi, ad individuare “in linea generale le aree destinate

ad attrezzature pubbliche di maggiore rilevanza” e quelle a carattere “insediativo”.

All’interno di quest’ultima generale definizione, solo in un secondo momento, mediante la redazione

dei piani attuativi e l’attuazione delle misure perequative, si definiranno specifiche destinazioni d’uso

distinguendo le aree “edificabili” da quelle destinate a servizi ed attrezzature pubbliche.

In altri termini il PSC determina e fissa i criteri e le regole generali a cui dovranno rifarsi gli strumenti

attuativi ed operativi anche nell’applicazione dei principi perequativi; in questo senso esso è anche uno

strumento di orientamento e di indirizzo per la pianificazione successiva.

Lo studio è stato elaborato e redatto nel pieno rispetto delle seguenti Leggi e Decreti:

D.M. 11/03/1988; Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii

naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il

collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione

Legge Regionale N°7 del 27/04/1998; Regione Calabria – Disciplina per le costruzioni ricadenti in zone

sismiche. Snellimento delle procedure in attuazione dell'art. 20 della Legge 10 dicembre 1981, n.

741.

Legge 109 dell’11/02/94 e regolamento di attuazione (D.P.R 21/12/1999; N°554);

D.L. 112/1998 (Art.93 Ig) – Criteri Generali per l’individuazione delle Zone ad elevato rischio sismico;

Legge Regionale N° 19 del 16 Aprile 2002 “Norme per la tutela, salvaguardia, governo ed uso del territorio

- Legge urbanistica della Calabria;

Indirizzi P. A. I. (Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) della Regione Calabria (art.1 bis della

Legge 356/2000 - art. 7 della Legge 18/5 1989 n°183 – “PAI” ;

Ordinanza del PDCM n° 3274 del 20.03.2003 e s.m.i..

Deliberazione n. 47 del 10.02.2004 G.R. Calabria (aggiornamento della Classificazione sismica del

territorio);

D.M. 14.09.2005;

Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14.01.2008;

Circolare 2 febbraio 2009, n. 617 – Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove Norme Tecniche per le

costruzioni”.

Circolare Regione Calabria – Dipartimento n. 9, Settore 2 – Contenuto minimo dello studio geologico per la

redazione del Piano Strutturale Comunale o sue Varianti Generali.

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METODOLOGIA DI STUDIO

Lo studio si è articolato seguendo le direttive dettate dalle Linee Guida della pianificazione regionale in

attuazione della legge urbanistica della Calabria n.19 del 16/04/2002 (Norme per la tutela, governo ed uso del

territorio - Legge Urbanistica della Calabria), secondo le quali, lo sviluppo degli studi geologici di

pericolosità per il PSC deve consentire di costruire strumenti cartografici di sintesi in cui viene operata una

discriminazione delle aree del territorio in esame, diversamente caratterizzate sotto il profilo della pericolosità

geomorfologica e geologica in generale, in ottica morfodinamica principalmente, ma anche sismica, con

distinzione e graduazione delle condizioni che possono influenzare, le scelte dello strumento urbanistico.

La metodologia suggerita dalla Circolare della Regione Calabria – Dipartimento n. 9 – prot. N. 16701

del 27.07.2009 riguardo gli standard minimi relazione geologica, art. 13 legge 64/74, fa strettamente

riferimento a quanto sopra indicato, tracciando quindi, uno schema di lavoro, al quale il presente studio si

è attenuto:

- In una prima fase di studio (fase di analisi), basata sulla raccolta dati, integrata con osservazioni di

campagna, e predisposizione di apposita cartografia di base, in scala a 1:10.000 si è fornito, un

quadro sintetico preliminare dello stato del territorio.

- L’indagine geologica, in base al Testo Unico per le Costruzioni (NTC 2008) ha tenuto conto dello

sviluppo di un modello geologico dell’ area di studio in generale, orientato alla ricostruzione dei

caratteri stratigrafici-litologici-strutturali-idrogeologico e geomorfologici del territorio.

- Nella fase successiva (fase di diagnosi), attraverso la valutazione incrociata degli elementi

contenuti nella carta di sintesi con i fattori ambientali ed antropici propri del territorio in esame, e

insieme anche ad analisi derivanti dalla campagna di indagini geognostiche approntata, si è

affrontata la lettura del territorio anche sotto il profilo geologico-ambientale e delle vocazioni

d'uso e sostenibilità degli interventi, al fine di non compromettere gli equilibri che consentono una

tutela ambientale preventiva.

Con la fase propositiva si è prodotta una “ Carta preliminare di sintesi delle Pericolosità Geologica e di

Fattibilità delle Azioni di Piano” che costituisce lo strumento fondamentale, per la componente geologica, con

la formulazione delle proposte di fattibilità geologica tecnico-ambientale delle azioni di piano.

Tutto ciò che ha portato alla conoscenza dettagliata del territorio occitano-calabro e alla successiva

richiesta di approvazione del Documento Preliminare del P.S.C. come il rilevamento geologico e

geomorfologico, effettuato con il massimo dettaglio possibile, la raccolta e ricerca di tutti i dati sensibili

riguardo l’evoluzione geodinamica dell’intero contesto geologico cui si colloca il territorio in oggetto, la

sismicità storica che ha interessato Guardia Piemontese, i rischi da frana, fluviale e costiero cartografate PAI,

nonché le fenomenologie geomorfologiche significative, quali quelle gravitative ed erosive in senso lato,

insieme ad una minuziosa ricerca di tutte le indagini geognostiche effettuate sull’intero territorio, raccolte in

apposito volume di questo studio, ha consentito di pianificare la campagna di indagini.

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La mappa concettuale su cui è stato elaborato lo studio è elencata di seguito:

1. vaglio e acquisizione sulla Variante generale al P.R.G. e relative indagini geognostiche, redatto dai

Dott. Geol- Vincenzo Grosso Ciponte e Dott. Geol. Cinzia Tondi nell’anno 2003.

2. approfondendo il quadro delle conoscenze già disponibili, mediante un minuzioso e dettagliato

rilevamento geologico e geomorfologico di campagna, iniziato sin dalla data di affidamento dell’incarico, il

quale ha permesso di interloquire, con tutti i soggetti, già nella fase di concertazione;

3. redazione dello studio e della Cartografia per giungere all’approvazione del Documento Preliminare e

alla successiva conferenza di Pianificazione;

4. una serie di sopralluoghi postumi di campagna finalizzati ad accertare le anomalie geomorfologiche

soggette all’attuale dinamica evolutiva, che si esplicano attraverso stadi di quiescenza e di movimento a

seconda dei regimi di piovosità;

5. relazione strumentale delle analisi H/V, picchi spettrali, stratigrafia sismica passiva, Vs 30 a fit

vincolato della curva H/V e valutazione attraverso il criterio di Sesame per la zonazione in funzione delle

categorie di suolo di fondazione ai sensi della o.p.c.m. 3274. A ciò si sono aggiunte tutte le indagini

meccaniche già effettuate sul territorio reperite. Al riguardo è stato predisposto un ulteriore elaborato, in cui

sono state restituite, georeferenziate, tutte le indagini rinvenute.

6. esamina del territorio sotto l’aspetto climatologico e sotto quello della sismicità prestando particolare

attenzione alla individuazione di situazioni che rappresentano una debolezza del sistema, in quanto capaci di

determinare variazioni nella risposta sismica locale. La pericolosità geomorfologica, la pericolosità idraulica,

e, infine, la vulnerabilità idrogeologica dell’area sono state affrontate secondo gli indirizzi della Legge n. 19

del 16 aprile 2002.

7. sono state determinate, ai fini della comprensione dell’assetto geostatico, dalle indagini eseguite e

dalla raccolta dei dati geologico-geognostici accreditati, le condizioni geologico-stratigrafiche, tettonico-

strutturali, idrogeologiche e geotecniche di primo livello dei terreni;

8. i dati geotecnici ricavati hanno permesso di approfondire le conoscenze mediante verifiche di stabilità

su tratti di versanti significativi, sulla pianura costiera sono state determinate le condizioni che potenzialmente

potrebbero, in relazione alla giacenza della falda, causare possibilità di liquefazione;

9. sono state quindi suggerite le norme geologiche di attuazione, che rappresentano la traduzione in

termini pratici e di comune comprensione delle valutazioni in ordine alla effettiva fruibilità dei terreni, così

come sono state sintetizzate nella tavola di sintesi finale cfr. Tav. Geo 10 - Carta della Fattibilità delle Azioni

di Piano;

Infatti, sono stati individuati criteri di univoca interpretazione, così che, chiunque opererà nell’ambito

dello Strumento Urbanistico, possa applicarle senza eccezioni, per tutelare gli interessi superiori collettivi e

ambientali.

Tutte le carte tematiche di base, indicate dalla normativa su esposta, sono state elaborate alla scala

richiesta, cercando di ottenere il miglior grado di definizione e dettaglio.

In alcuni casi, per praticità di rappresentazione e consultazione, in una stessa carta sono stati raggruppati

più di un tematismo.

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DESCRIZIONE DEGLI ELABORATI CHE COMPONGONO IL PRESENTE STUDIO

In questa fase preliminare sono state prodotte le seguenti carte tematiche di lettura del territorio,

insieme ad una carta di sintesi preliminare di “ Pericolosità geologica e di fattibilità delle azioni di Piano”

La presente relazione accompagna gli elaborati di seguito elencati:

CARTOGRAFIA DI ANALISI

TAV. G O1 Carta di Inquadramento Generale Geologico e Strutturale (scala 1:10.000)

Tale carta è stata predisposta a partire dalla Carta Geologica della Calabria (Sc. 1:25.000),

dall'analisi delle foto aeree e rilievi di campagna; per quanto concerne la nomenclatura e le

procedure di rilevamento si è fatto riferimento alla normativa ufficiale secondo la “Guida al

rilevamento ed all'informatizzazione della carta geologica d'Italia” CNR e SGN.

TAV. G O2 Carta Geomorfologica (scala 1:10.000)

Tale carta è stata redatta mediante fotointerpretazione con approfondite verifiche sul terreno.

Rappresenta analiticamente le forme di erosione e di accumulo presenti; è stata interpretata la

genesi in funzione dei processi geomorfologici attuali e passati e valutato lo stato di attività.

In particolare, si è fatto riferimento alla legenda per la carta geomorfologica ad indirizzo

applicativo, predisposta dal Gruppo Nazionale Geografìa Fisica e Geomorfologia (Proposta di

legenda geomorfologica ad indirizzo applicativo” a cura di G.B. Pellegrini, A.) Particolare cura si

è rivolta nel rilevamento dei fenomeni franosi reali (in conformità alla Carta dei dissesti con

elementi morfologici del PAI) o potenziali, che verranno schedati, in fase di stesura definitiva della

relazione, utilizzando la scheda tecnica per il censimento dei movimenti franosi usata per la

redazione del PAI.

TAV. G O3 Carta Idrogeologica e del Sistema Idrografico ( scala 1:10.000):

Tale carta, contiene indicazioni circa il sistema idrografico, idraulico ed idrogeologico per tutto il

territorio ritenuto significativo.

In particolare, in tale fase di studio, per la parte idrografica ed idraulica:

Si è riportata la rete idrografica principale e secondaria, evidenziando le acque pubbliche.

Per gli aspetti idrogeologici si sono cartografate:

I terreni e le rocce classificati secondo un “range” di permeabilità superficiale, valutando, ove

possibile, intervalli numerici ed indicando la permeabilità primaria e secondaria (per

fratturazione);

- le sorgenti più rilevanti presenti nel territorio comunale,censite e classificate per tipologia,

le sorgenti captate per uso idropotabile, linee di spartiacque superficiale, e le direzioni di

deflusso superficiale,

- le fasce di tutela assoluta e di rispetto e di protezione delle opere di captazione delle

sorgenti (d.lgs 152/99);

TAV. G O4 Carta Clivometrica (Scala 1:10.000)

Nella redazione della carta sono state distinte le seguenti classi di pendenza:

- 0-10%, 10-20%, 20-35%, 35-50%, >50% -

Ulteriori suddivisioni di pendenza non sono risultati utili per le fasi di analisi del territorio,

considerando l’intensa fatturazione e alterazione delle pareti rocciose che affiorano all’interno del

territorio comunale.

Le zone urbanizzate, dove l’edificazione ha obliterato ormai la morfologia originaria del territorio,

sono state rappresentate con le pendenze attualmente stimabili.

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TAV. G O5 Carta dei Vincoli PAI - (Scala 1:10.000)

In tale carta si sono riportate, in questa fase di studio preliminare e che sarà oggetto, pertanto, di

eventuali integrazioni nella fase di studio definitivo :

le perimetrazioni delle aree a rischio idrogeologico;

TAV G O6 Carta delle unità di paesaggio - (Scala 1:10.000)

Per la costruzione della carta dei suoli, si sono usate cartografie tematiche di base che considerano i

diversi elementi conoscitivi che caratterizzano le differenti situazioni interne ed esterne al suolo.

Dalla sovrapposizione ragionata di adeguate carte tematiche di base si è pervenuti alla Carta delle

Unità di Paesaggio (La procedura è quella illustrata da Pirola e Vianello).

Le carte geotematiche di base necessarie realizzate sono:

- Carta geolitologica,

- Carta dei dissesti,

- Carta del reticolo idrografico,

- Carta delle pendenze,

- Carta altimetrica.

TAV. G O7 Carta Indagini Eseguite e reperite ( Scala 1:5.000)

Nella carta tematica vengono riportate l’ubicazione delle indagini dirette e indirette eseguite in

questa fase di analisi del territorio al fine di una caratterizzazione tecnica di massima dei vari

litotipi affioranti, insieme all’ubicazione di indagini già eseguite nel territorio comunale per altri

studi e fornitici, per consulto, da parte dell’Amministrazione Comunale.

TAV G 10 Carta preliminare di sintesi delle Pericolosità Geologiche di Fattibilità delle

Azioni di Piano (Scala 1:10.000): derivante dalla perimetrazione delle aree a maggiore criticità

individuate dall’analisi del territorio, operando una suddivisione tra aree a criticità escludenti e aree

con criticità con limitazioni nei processi di pianificazione territoriale, così come richiamati nelle

Linee Guida della Legge Urbanistica vigente.

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INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE

INQUADRAMENTO DELL’ARCO CALABRO PELORITANO

La Calabria è un settore del Mediterraneo occidentale che presenta uno straordinario assortimento

di strutture tettoniche e configurazioni geodinamiche. Parte di essa rappresenta un frammento cristallino-

metamorfico di Catena Alpina che si è completamente distaccato dall’Orogene Alpino, dal quale dista

attualmente un migliaio di chilometri e costituisce un elemento di discontinuità tra i litotipi sedimentari

dell’Appennino meridionale e delle Maghrebidi Siciliane.

Questo tratto di catena che congiunge l’Appennino meridionale allungato in senso NO-SE con le

Maghrebidi Siciliane collocate da Est ad Ovest è conosciuto come Arco Calabro Peloritano (ACP), (fig. 1).

(Fig. 1) Mappa geologica schematica dell’area del Mediterraneo centrale (da TANSI et al., 2007)

(Fig. 2) Schema riepilogativo dei rapporti geometrici tra le unità tettonostratigrafiche dell’Arco Calabro-

Peloritano (settore meridionale; Aspromonte-Serre; settore settentrionale Catena Costiera e Sila settentrionale ) e del

confine Calabro- Lucano (da BONARDI et alii, 1982; modificato).

La catena è costituita falde geometricamente sovrapposte l’una sull’altra, diverse per età, litologia

e provenienza paleogeografica, ma che seguono sempre lo stesso ordine.

Procedendo secondo l’ordine geometrico dal basso verso l’alto si farà riferimento alle Unità:

1. Unità di Cetraro: corrispondente al Trias metamorfico;

2. Unità di Verbicaro carbonatica: corrispondente al Complesso Panormide;

3. Unità interne: rappresentano nella catena le falde poste ai livelli strutturali più alti e sono

costituite da elementi di varia composizione, crosta continentale, copertura di crosta oceanica

(ofiolitifere o meno), elementi di crosta profonda. Le Unità sono “affette” da metamorfismo di vario

grado.

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Con il termine Unità Interne, in toto o in parte a seconda degli affioramenti, vengono comprese le

seguenti Unità: Unità del Frido, Unità Diamante-Terranova, Unità Malvito, Unità Bagni, Unità Castagna,

Unità Polia-Copanello, Unità Stilo, Unità Gimigliano (AMODIO-MORELLI et al., 1976).

L’edificio a falde è suddiviso da OGNIBEN (1973) in tre elementi tettono-stratigrafici: il

Complesso Calabride, il Complesso Liguride e il Complesso Panormide. Ciascun complesso comprende

diverse unità tettono-metamorfiche (fig. 2).

UNITÀ DI CETRARO

È l'unità tettonica più bassa nell'area studiata, non se ne conosce la base e non affiora nel territorio

comunale e negli areali limitrofi esaminati. Corrisponde, in parte, al « Trias metamorfico » di Quitzow

(1935) ed affiora nella zona di Cetraro, pochi chilometri a nord del territorio occitano,

Sono state distinte nell'Unità di Cetraro due formazioni, l'inferiore filladica, la superiore

carbonatico evaporitica. Il passaggio verticale tra le due è graduale e in genere ben visibile. Nella zona del

Porto di Cetraro è possibile riconoscere interdigitazioni eteropiche tra la formazione filladica e la

formazione carbonatico-evaporitica.

ARGILLE A BLOCCHI

Trasgressiva sull'Unità di Cetraro, e tettonicamente sottoposta all'Unità di Verbicaro e alle coltri

della catena alpina, nell'area a nord del territorio occitano e al di fuori dei limiti comunali, affiora una

formazione argillosa del tutto esente da metamorfismo. Gli affioramenti sono numerosi e marcano spesso il

contatto tra l’Unità di Cetraro e le unità della catena alpina. Le migliori esposizioni si hanno lungo la cresta

tra il paese di Cetraro e la Timpa la Motta, e presso Acquappesa in località Scannello.

Lo spessore massimo della formazione non supera i 20 metri.

UNITÀ DI VERBICARO

L'Unità di Verbicaro è la più alta tra le coltri dell'Appennino calcareo, ed affiora estesamente dai

monti di Maratea alla Linea di Sangineto. A sud di questa linea si rinvengono in Catena Costiera

affioramenti di limitata estensione in Finestre Tettoniche che si aprono nella Catena Alpina.

Nell’area di studio i terreni dell’Unità di Verbicaro affiorano nel rilievo di S. Maria la Serra

(Cetraro), nei piccoli rilievi della Timpa la Motta (Cetraro) e nell'incisione del F. Bagni presso le Terme

Luigiane (Acquappesa e Guardia Piemontese). Negli affioramenti analizzati la ricristallizzazione

metamorfica è molto spinta, e non sono stati rinvenuti fossili.

La parte più bassa dell'unità è ben esposta nelle cave della Timpa la Motta ed è stata analizzata per

meglio comprendere la potenza delle coltri che affiorano nel territorio comunale studiato. La sezione di

Monte la Serra (Cetraro) è stata analizzata come antitetica alla Forra del Bagni rappresentando una finestra

tettonica, sullo stile di Monte Cucuzzo, affiorante su di un alto-strutturale. La sezione più completa

dell’Unità di Verbicaro affiora nell'incisione del F. Bagni, che ci interessa direttamente essendo tale areale

ricadente nel territorio occitano.

Timpa la Motta - Qui si osserva una successione di alcune decine di metri di spessore di dolomie

da microcristalline a saccaroidi, grigie e nere, in strati e straterelli, subordinatamente in banchi. Tra gli strati

sono spesso presenti esili letti di marne dolomitizzate di color bruno e grigio-piombo.

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S. Maria la Serra – è stato acquisito un profilo (Dietrich, 1976) eseguito lungo la spalla sud-

orientale del rilievo fino alla cima, e di lì lungo la cresta occidentale fino a q. 550 circa:

(Fig. 3) Sezione geologica lungo la finestra tettonica di S.Maria la Serra (da Dietrich, 1976).

Dal basso verso l'alto si distinguono:

1. calcari e calcari dolomitici grigio scuri e neri, raramente bruni, in strati e straterelli, talora con

accenni di laminazione interna. Spessore: un centinaio di metri. Nella parte più bassa prevalgono i

termini dolomitici (simili a quelli della Timpa la Motta), e sono presenti anche brecce grossolane a

clasti e matrice di dolomia;

2. calcari grigi e giallognoli, in strati e straterelli, con subordinati sottili letti di marne giallastre

dolomitizzate. Spessore: 70-80 metri.

3. alternanza di metapeliti giallo-verdognole e di calcari a grana fine (circa 15 metri). Alla base banco

di conglomerato intra- formazionale. Le metapeliti sono molto alterate.

Per analogie litologiche con le formazioni rilevate nella Forra del Bagni gli intervalli l e 2 sono da riferire al

Lias medio e inferiore, l'intervallo 3 al Lias superiore.

FINESTRA TETTONICA DELLE TERME LUIGIANE

Nella Forra del Bagni, come detto, affiora la sezione più rappresentativa dell’Unità di Verbicaro,

compresa tra i territori comunali di Guardia Piemontese e Acquappesa. Gli affioramenti si estendono sia in

destra che in sinistra idrografica del F. Bagni e caratterizzano la forra e gli acclivi versanti dallo sgorgo

delle sorgenti termali sino alla località Inchisitura.

Dal basso in alto si succedono:

1. calcari, calcari dolomitici e dolomie con frequenti livelli (max 5 m) di brecce .

Spessore: 40-50 metri.

I clasti della breccia, delle dimensioni variabili da alcuni centimetri ad oltre mezzo metro, sono costituiti

prevalentemente da dolomie, subordinatamente da calcari ricristallizzati;

2. calcari con rari sottili livelli di marne dolomitizzate giallastre, con occasionali livelli di

conglomerati intraformazionali.

Spessore: 50-60 metri;

3. metapeliti giallo-verdognole, con sottili intercalazioni di calcari a grana fine.

Spessore 10 metri.;

4. breccia intraformazionale.

Spessore 5-15 metri.

L'origine di questa breccia è certamente dovuta a fenomeni di slumping;

5. calcari con selce contenenti a luoghi veli fillosilicatici.

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Spessore: 200 metri.

A circa 50 metri dalla base è presente un intervallo di una decina di metri di spessore mostrante pieghe

da slumping. Nella parte più alta i calcari assumono un tipico aspetto saccaroide;

6. breccia calcarea a frammenti angolosi di selce.

Spessore: 10-15 metri.

I clasti sono fatti a spese dei sottostanti calcari con selce.

Nel rilevamento di campagna non sono stati rinvenuti fossili. Per analogie litologiche con le

sequenze note nella parte settentrionale della Catena Costiera si attribuiscono gli intervalli 1. e 2. al Lias

medio e in parte, forse, al Lias inf.; l'intervallo 3. al Lias superiore; l'intervallo 4. al Dogger inf; l'intervallo 5. al

Dogger-Cretacico (in particolare al Maastrichtiano i calcari saccaroidi); l'intervallo 6. al Paleocene.

Mancano nella zona studiata le calcareniti con letti pelitici dell'Eocene-Aquitaniano, nonché il

flysch argilloso-arenaceo, e la sequenza è meccanicamente troncata dal ricoprimento dell'Unità del Frido.

La disposizione dell’Unità tettonica di Verbicaro è illustrata nella fig. 4 dove è indicato l’assetto

strutturale delle varie unità affioranti lungo la Forra del Bagni tra Cozzo Moleo e località Bielotta, poco a

nord del centro storico di Guardia Piemontese. Si può notare, nel profilo tettonico, come l’Unità di

Verbicaro manchi di continuità laterale con classica teminazione a «pinch out» in corrispondenza del

versante degradante da Cozzo Moleo verso la Forra del Torrente Bagni.

Si evidenzia che l’Unità di Verbicaro, in questa porzione di territorio, affiora in un’incisione come

rappresentato nelle fig. 4, mentre più a nord, nei pressi di Cetraro, la stessa caratterizza alti strutturali come

Timpa la Motta e S. Maria la Serra. Questa peculiarità tettonica è dovuta all’immersione dei

sovrascorrimenti che determinano uno schema strutturale di finestre tettoniche immergenti mediamente

verso sud. Altra ipotesi strutturale, come mostrato in fig 5, è un modello transtensivo che determina

l’affioramento dei litotipi carbonatici che caratterizzano la Forra del Bagni. Secondo gli Autori (Lanzafame

e Zuffa, 1976) la messa in posto dell’Unità di Verbicaro è dovuta ad una tettonica transcorrente con

vergenza dei sovrascorrimenti verso W (fig 6),

Inoltre i litotipi carbonatici sono sede di fenomeni carsici con la presenza di cavità (Grotte del

Milogno) di cui si parlerà in modo esaustivo nel capitolo dei Geositi.

(Fig. 4) Sezione geologica lungo la finestra tettonica Del Fiume Bagni (da Dietrich, 1976). 1 Filladi (Unità di Cetraro); 2 Dolomie (Unità di Cetraro); 3 Argille a Blocchi (Unità di Cetraro), non presenti

nella sezione; 4 Calcari (Unità di Verbicaro); 5 Conglomerati (Unità di Verbicaro); 6 Argilloscisti (Unità del

Frido); 7 Serpentiniti (Unità di Gimigliano), non presenti nella sezione; 8 Metabasalti (Unità di Gimigliano); 9

Calcescisti (Unità di Gimigliano); 10 Filladi (Unità di Gimigliano); 11 Filladi (Unità di Bagni); 12 Dolomie e

Quarziti (Unità di Bagni); 13 Calcari straterellati (Unità di Bagni); 14 Peliti (Unità di Bagni); 15 Anfiboliti

(Unità di Polia Copanello); 16 Gneiss (Unità di Polia Copanello).

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(Figg. 5-6) Sezioni geologiche della Forra del F. Bagni

(Fig. 8) Sezione geologica della Carta Geologica Ufficiale

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UNITÀ DEL FRIDO

L'Unità del Frido è stata distinta per la prima volta da Grandjacquet (1961b) col nome di « flysch à

quarzites ». Circa l'età dei terreni del Frido si assegna una età cretacica inferiore. Sono state rinvenute rare

globotruncane, che portano al Cretacico superiore almeno una parte della formazione.

Nella zona rilevata l'Unità del Frido si presenta in genere con spessori modesti, inferiori al centinaio

di metri, e gli affioramenti sono per lo più mediocri perché coperti da detrito o da vegetazione. Nella

finestra delle Terme Luigiane raggiunge uno spessore di un'ottantina di metri, ma è per lo più mal esposto.

La parte più bassa affiora a nord delle Terme Luigiane, presso la quota 301 mt s.l.m., e presso gli

stabilimenti vecchi delle Terme, in sinistra idrografica del F. Bagni. Consta di metaconglomerati a matrice

quarzitica, dello spessore di circa 10 metri. I clasti, delle dimensioni fino al decimetro, sono costituiti

essenzialmente da quarziti, in via del tutto subordinata da filladi.

Ai metaconglomerati segue un'alternanza di metarenarie, metasiltiti, metapeliti e subordinatamente

calcari cristallini. Le metarenarie sono rappresentate da quarziti verdastre in strati e banchi, con spesse vene

riempite di quarzo. Queste quarziti, molto caratteristiche, hanno fatto assegnare all’Unità del Frido il nome

di « flysch à quarzites ». Si riconoscono clasti per lo più di quarzo, molto subordinatamente di feldspati,

clorite e miche bianche. Sono presenti anche clasti di tormalina e minerali opachi di ferro.

UNITÀ DI GIMIGLIANO

Nella regione rilevata l’Unità di Gimigliano è costituita da ultrabasiti (serpentiniti) seguite da una

sequenza di metabasiti potente alcune centinaia di metri, stratigraficamente ricoperte da una successione in

origine calcareo-argilloso-radiolaritica, con frequenti torbiditi.

La storia metamorfica dell'Unità di Gimigliano è riassumibile in un primo evento di alta pressione e

bassa temperatura, seguito da un evento in facies di scisti verdi. Sia il primo che il secondo agirono non

dappertutto con la stessa intensità.

Nella zona rilevata le ofioliti sono rappresentate quasi esclusivamente da metavulcaniti (località

Intavolata), dove sono spesso conservate molto bene strutture primarie, che presentano uno spessore

massimo di 150-200 metri. Rocce ultrabasiche più o meno trasformate sono presenti solo in qualche piccola

lente, nord, nella valle dell'Aron e in località Acquicella. Metagabbri, che pure sono stati riconosciuti in

altre zone della Calabria nella stessa unità tettonica, sono assenti nell'area rilevata. Per la descrizione è stata

adottata la nomenclatura usata da D. Dietrich (1976), con qualche modifica.

I tipi litologici più comuni sono rappresentati da alternanze irregolari, dello spessore da qualche

metro ad oltre 10 metri, di lave massicce, lave a pillows, pillow-brecce e ialoclastiti. Quantitativamente

prevalgono le lave massicce. Si tratta di metabasalti verdi o viola, generalmente porfirici, che possono

mostrare una ben sviluppata scistosità.

I diabasi massicci sono spesso alternati con pillow-lavas. In due località, nella parete sotto località

Intavolata e lungo la vecchia SS 18, tra il km 315.600 e 315.650 sono conservate in modo splendido

strutture a pillows. Sono da segnalare altre località con strutture a pillows molto belle:

nel versante NW del Cozzo Moleo, a quota 520 mt s l m;

nel versante SE delle Coste di Natale, lungo la cresta ad E del Cozzo Cucurvo.

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Lave a pillows sono osservabili anche in altri affioramenti, ma le strutture sono mal conservate o

sono comunque di più difficile riconoscimento. I pillows sono sempre appiattiti (eventi tettonici) ed hanno

spesso un evidente bordo verde scuro tipico indicatore di pillows molto tettonizzati. Associate alle pillow-

lavas si trovano meta pillow-brecce e metaialoclastiti. Nella zona rilevata il più chiaro esempio di tale

associazione è riconoscibile lungo la vecchia SS 18, proseguendo dal Km 315,600 verso sud. Si alternano

intervalli a pillow-lavas dello spessore variabile da qualche metro a decine di metri con intervalli a pillow

brecce, con matrice ialoclastitica, dello stesso spessore.

Come è stato detto in precedenza le rocce ultrabasiche di questa unità non affiorano e sono molto

rare nel versante orientale della Catena Costiera. Si segnalano le « serpentiniti » della valle dell'Aron (nel

territorio comunale di Cetraro) con molte vene di calcite, sono riconducibili ad un'originaria roccia

ultrabasica trasformata per carbonatizzazione e tettonizzazione (Piccarreta & Zirpoli, 1969b).

La copertura metasedimentaria delle ofioliti consta di un'alternanza di calcari cristallini grigi e

verdastri, spesso tipo « cipollino » in strati e straterelli, e di quarziti e scisti policromi.

Nella carta redatta a scala 1:10.000 sono stati distinti un membro calcareo e un membro calcareo-

siliceo. È da precisare, però, che esiste una grande variabilità laterale, e questa distinzione è fondata sul

prevalere o meno dei litotipi calcarei rispetto a quelli silicei. Lo spessore massimo totale è di circa 120

metri. I migliori affioramenti sono lungo la strada Cetraro-Fagnano Castello, lungo la vecchia SS 18 tra il

Cimitero di Acquappesa e Intavolata, e presso S. Filippo.

UNITÀ DI BAGNI

L'Unità del F. Bagni è stata istituita da Dietrich & Scandone nel 1972. Nella zona studiata il

basamento paleozoico dell'Unità del F. Bagni è costituito da scisti filladici con clasti di feldspati e quarzo,

da filladi, localmente grafitiche, quarziti e subordinatamente microconglomerati a ciottoli di quarzo.

Lo spessore complessivo è di l80 metri circa e comprende un porzione metamorfica basale:.

1. Scisti filladici con clasti di feldspati e quarzo. Si tratta di scisti grigi, talora brunastri sulle vecchie

superfici quando contengono carbonati. La grana è molto minuta, mal risolvibile ad occhio nudo. Sono

comunque ben evidenti dei piccoli clasti nerastri;

2. Filladi a lenti feldspatiche. Sono filladi grigio-brunastre con a luoghi una struttura pseudo

occhiadina conferita da lenti feldspatiche dello spessore da 1 mm a mezzo centimetro e della lunghezza fino a

parecchi centimetri, appiattite e orientate secondo la scistosità principale, in una matrice di fondo scura

prevalentemente fillosilicatica;

3. Filladi. Si tratta di filladi minute grigio­brunastre e grigio-verdastre, spesso macchiettate da sostanze

ferrugginose ossidate, che sono fittamente pieghettate. Spesso si osservano vene subparallele alla scistosità

principale, riempite da quarzo;

4. Filladi grafitiche. Assomigliano alle filladi precedentemente descritte, ma sono molto ricche di

grafite. Quest'ultima forma letti oscuri in alternanze millimetriche con i letti quarzosi;

5. Quarziti a clasti di quarzo e feldspato. Si tratta di quarziti grigio-verdi, rese scistose dalla presenza

di sottili letti fillosilicatici. La grana è molto minuta, ma a volte si possono riconoscere elementi clastici nerastri

(feldspati) di dimensioni millimetriche. Sono frequenti vene di quarzo;

6. Microconglomerato a ciottoli di quarzo. Si tratta di rocce grigio-verdastre con scarsa scistosità

principale, traversate da numerose vene quarzose. Si riconoscono ciottoli di quarzo biancastro ben arrotondati

delle dimensioni da qualche millimetro al centimetro.

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La copertura mesozoica delle filladi dell’Unità del F. Bagni è costituita dal basso in alto da:

a) Verrucano conglomerati e quarziti di tipo Verrucano (Spessore max. 10 m) Si rinviene in piccoli

affioramenti, per lo più lentiformi e lo spessore massimo osservato non supera i dieci metri. Il Verrucano consta di

un'alternanza irregolare di conglomerati, microconglomerati, quarziti, quarziti micacee, quarziti carbonatiche e

metasiltiti, con frequenti passaggi graduali da un litotipo all'altro. Questi litotipi mostrano spesso un tipico colore

rosso-violaceo, dato sia dalla matrice ricca in ematite, sia dai clasti di quarzo, frequentemente di color rosa. I migliori

affioramenti di Verrucano sono sulla spiaggia a sud del promontorio di Palmentello (nel territorio comunale di

Acquappesa), dove si notano conglomerati con ciottoli fino ad 8 centimetri di diametro di quarzo biancastro; lungo la

stradina forestale che porta dalla località Castagnola alla località Terreno Bianco; in località Ceraselle, all'incirca a

quota 600 mt s.l.m., si notano, venendo dalla Castagnola, due lenti costituite da conglomerati a ciottoli di quarzo rosa.

A quota 575 mt s.l.m. è ben osservabile che le filladi sono seguite da metasiltiti rosse, che passano gradualmente a

microconglomerati e conglomerati a ciottoli di quarzo, contenenti anche ciottoli delle filladi sottostanti;

b) Dolomie e quarziti cartografate assieme al Verrucano, per ragioni di scala (Spessore max. 10 m). Il

Verrucano passa superiormente a dolomie grige e nerastre, saccaroidi, mal stratificate o massicce, spesso intensamente

brecciate, talora con lenti di quarziti. Lo spessore massimo non supera i dieci metri. I migliori affioramenti sono sulla

spiaggia al piede settentrionale del promontorio del Palmentello, in corrispondenza del secondo tornante della vecchia

strada Guardia Marina-Guardia Piemontese, e in contrada Scarpa a WNW del Cozzo del Greco;

c) Calcari straterellati (Spessore max. 80 m). Alle dolomie segue una successione di circa ottanta metri di

spessore di calcari grigio­chiari, a volte con patine giallastre e rosate, straterellati, spesso addirittura lastroidi,

raramente in strati più spessi. Si tratta di calcari a grana fine, con frequente laminazione parallela e a luoghi sono

presenti anche microbrecce gradate. Occasionalmente si riconoscono liste di selce. I migliori affioramenti sono a tetto

delle dolomie del Palmentello, lungo la vecchia SS 18 a NE dello Scoglio della Regina, in località Castagnola e

Ceraselle;

d) Alternanza di calcari e radiolariti (Spessore max. 30-40 m) I calcari straterellati passano con gradualità ad

un'alternanza di calcari grigio-chiari in strati e banchi, subordinatamente in straterelli. Nei calcari sono frequenti liste e

noduli di selce. Nella parte più alta della successione la silicizzazione è molto spinta, e gli strati calcarei possono

essere interamente sostituiti da letti di selce. Buoni affioramenti sono al promontorio del Palmentello, alla Serra

Scopazza, al Cozzo del Greco.

I migliori affioramenti del basamento dell'Unità del F. Bagni si trovano:

lungo la strada dalla Marina di Guardia Piemontese alle Terme Luigiane, si osserva un'alternanza di

scisti filladici quarziti e filladi grafitiche. Proseguendo fino alla curva prima del ponte a quota 73 mt

s.l.m., sono ancora ben esposti scisti filladici con intercalazioni di quarziti. È riconoscibile anche un

banco di microconglomerati a ciottoli di quarzo, dello spessore di 50 centimetri;

lungo la strada Terme Luigiane-località Castagnola. Si osservano soprattutto i termini più filladici

della successione, ben visibili in un affioramento parzialmente in frana a quota 325 mt s.l.m., prima che

la strada attraversi il burrone;

lungo la strada forestale che dalla Castagnola conduce alla località Terreno Bianco. Si osservano

tutti i tipi menzionati, ed in particolare filladi a lenti feldspatiche. Queste ultime sono ben esposte in

località Castagnola sotto la casa quota 429 mt s.l.m., e in località Ceraselle, dove la strada segue per un

certo tratto la mulattiera, ad ovest del burrone, a quota 530 mt s.l.m. circa. Proseguendo sulla strada si

hanno ancora buoni affioramenti in località Mancarelle.

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UNITÀ DI POLIA-COPANELLO

L'unità corrisponde pro parte alla « formazione diorito-kinzigitica » di Novarese (1931). Sul finire

degli anni settanta Bonardi et al. (1977) propongono nella carta geologica dell'Arco Calabro-Peloritano il

nome di Unità di Polia­Copanello, essendo presenti nella regione compresa tra queste due località delle

Serre settentrionali tutti i tipi petrografici caratteristici dell'unità in questione.

In questa fase di rilevamento non sono state distinte quelle che, secondo letteratura, dovrebbero

seguire all’Unità di Bagni nel Complesso Calabride:

i. Unità di Castagna (Dubois 1966b) è costituita da “augen” gneiss, anfiboliti e marmi intrusi da corpi

granitici tardo ercinici. Le associazioni mineralogiche indicano un metamorfismo crescente dal basso

verso l’alto fornendo un chiaro indizio di un rovesciamento dell’intera Unità (Colonna & Piccarreta

1976). Secondo tali autori gli eventi alpini hanno determinato deformazioni cataclastico-milonitiche

accompagnate da retrocessioni metamorfiche.

ii. Unità di Monte Gariglione (Dietrich et al. 1977) o Unità di Polia-Copanello (Amodio Morelli et al. 1976)

è formata da gneiss, migmatiti, metabasiti, marmi. Lo spessore raggiunto è dell’ordine delle diverse

centinaia di metri.. Questa Unità rappresenta la parte più profonda dell’edificio alpino e quindi di crosta

profonda coperta da livelli via via più superficiali.

Le due unità sovradescritte in questo lavoro vengono accorpate sotto il nome di Unità di Polia-

Copanello in quanto il limite tra le due unità non è stato cartografato e i litotipi dell’Unità di Castagna s.s.

sono stati riconosciuti come tali in piccoli affioramenti. A parere dello scrivente la mancata individuazione

di tale unità, così come risulta dalla bibliografia analizzata, appare come anomala visto che nelle immediate

vicinanze (appennino paolano) essa affiora e caratterizza ampie porzioni della Catena Costiera. L’Unità di

Castagna, così come ultimamente interpretata, rappresenta una fascia milonitica che caratterizza i litotipi

granito-gneissici dell’Unità di Polia Copanello nella parte bassa a contatto (tettonico?) con l’Unità di Bagni

e associata in letteratura alle pseudotachiliti.

Nella zona rilevata « Unità di Polia Copanello » affiora estesamente e con spessori massimi di oltre

300 metri. I litotipi fondamentali sono rappresentati da metamorfiti di alto grado, in particolare gneiss

(kinzigitici e stronaliti nell'accezione di Schmid 1967), con intercalazioni di rocce basiche ed ultra­ basiche.

I litotipi di natura metamorfica e magmatica sono affetti da un'alterazione (weathering) profonda

decine di metri. Ciò rende impossibile un rilevamento dei singoli litotipi. Sono stati pertanto distinti solo

gneiss “kinzigitici s.l.” e rocce basiche ed ultrabasiche, riunite sotto il termine « anfiboliti », rappresentando

queste il litotipo prevalente. Esse formano spesso intercalazioni lentiformi negli gneiss kinzigitici.

Prevalentemente nella parte bassa dell'Unità di Polia Copanello si rinvengono vene e lenti discontinue,

dello spessore di alcuni centimetri. La fascia di contatto tra l’Unità di Polia Copanello e le unità alpine

sottostanti è caratterizzata esclusivamente da filloniti, fortemente foliate, dello spessore di qualche metro

(tre metri circa sulla collina di Guardia Piemontese, dove è particolarmente ben esposta).

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UNITÀ DI STILO

Nella regione studiata si rinvengono affioramenti di modeste dimensioni di graniti per lo più biancastri

(toponimi locali, come Terreno Bianco, prendono il nome da questi graniti) a struttura granulare media, più

raramente grossolana, contenenti talvolta plaghe irregolari di dimensioni metriche ricche di K-feldspato

rosa. A luoghi sono presenti dicchi di porfiriti. I migliori affioramenti sono:

in località Pietrabianca, abbastanza ben esposti nell’impluvio del F. Bagni a N al di fuori del

territorio comunale. Qui sono contenute plaghe abbastanza sviluppate ricche di K-feldspato rosa;

in località Terreno Bianco, lungo la strada Cetraro-Fagnano Castello. Nel taglio della strada è

visibile anche un dicco di porfiriti.

Gli affioramenti sono scarsi e per di più la roccia è spesso profondamente alterata con la caratteristici

filoni di porfiriti molto alterati che attraversano i graniti anch’essi di solito profondamente alterati.

L'attribuzione dei graniti descritti all'Unità di Stilo (definita da Dietrich et al., 1977) è dubitativa, perché

mancano gli altri litotipi caratteristici di questa unità (paragneiss e filladi, spesso cornubianitiche, ricoperte

in trasgressione da carbonati mesozoici non toccati dal metamorfismo alpino). L'attribuzione è basata sulla

marcata somiglianza con i graniti dell'unità di Stilo (Lorenzoni & Paglionico, 1970, Lorenzoni & Zanettin

Lorenzoni, 1975), sulla posizione geometrica (i graniti giacciono sull'unità di Gimigliano, sull'Unità del F.

Bagni e sull'Unità di Polia Copanello), e sulla mancanza di tracce di metamorfismo alpino.

UNITÀ MIOCENICHE

Le unità della catena alpina e le unità appenniniche sono coperte in trasgressione da depositi

clastici, prevalentemente conglomeratici, del Miocene superiore.

L'affioramento più esteso è nella parte meridionale del territorio comunale, a sud di Guardia

Piemontese, dove i depositi clastici poggiano sugli gneiss dell'Unità di Polia Copanello. La parte più bassa

della successione è costituita da conglomerati a matrice sabbiosa grossolana giallastra e rossastra. Nei

conglomerati si riconosce un accenno di suddivisione in banchi, talora reso più evidente da intercalazioni

lentiformi di sabbioni rossi e giallastri, irregolarmente cementati. I clasti dei conglomerati (diametro da

qualche centimetro ad oltre un metro) sono costituiti prevalentemente da gneiss dell'Unità di Polia

Copanello e da graniti, verosimilmente dell'Unità di Stilo. Subordinatamente si trovano elementi derivanti

dalle altre unità della catena alpina. Andando verso l'alto i conglomerati diventano più ricchi di matrice, e la

stratificazione appare più distinta. Nelle parti meno grossolane si riconoscono gusci di ostree in frammenti.

Lo spessore dei conglomerati è di 40 metri circa.

Superiormente si passa ad un'alternanza irregolare di conglomerati, arenarie, sabbie e sabbie

argillose, di colore variabile dal grigio al rossastro. Nelle sabbie e nelle arenarie è frequente la laminazione

obliqua a grande scala. Non è raro trovare ciottoli e blocchi di rocce cristalline, delle dimensioni anche di

parecchi decimetri, completamente isolati nelle arenarie. Nelle sabbie argillose sono stati rinvenuto rari

foraminiferi bentonici mal conservati. L'intervallo descritto misura circa 60 metri di spessore, ed è molto

ben esposto nel taglio della superstrada delle Terme in località Serra Fornaio.

L'affioramento della Pietrabianca è costituito quasi esclusivamente da conglomerati. Nel taglio

della superstrada delle Terme si riconosce un contatto molto interessante tra depositi miocenici e graniti

dell'Unità di Stilo dove si osserva chiaramente l'appoggio trasgressivo dei primi sui secondi.

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ELEMENTI DI TETTONICA TERRITORIALE

La tettonica è estremamente complessa nei suoi particolari, ma può essere ricondotta a quella che

ha interessato il basamento cristallino. Quest’ultimo è stato interessato da movimenti secondo faglie a

gradinata ad andamento NNE-SSO e NO-SE. Questo sistema principale è attraversato, a sua volta, da

numerose faglie trasversali, disposte ad angolo retto rispetto al precedente sistema, oppure disposte

obliquamente. Tutto ciò ha creato dei piccoli e complessi semi-graben che caratterizzano l’intero versante

compreso nel territorio comunale.

Nello specifico anche nel territorio comunale di Guardia Piemontese sono rintracciabili i segni di

questa intensa attività tettonica, post-miocenica, con la presenza di lineazioni più o meno marcate che

hanno controllato l’evoluzione della morfologia del territorio

Dal punto di vista geomorfologico questo complesso sistema di faglie si individua dalla presenza di

valli troncate e faccette triangolari ( vedi ad esempio scarpata litorale), e dal parallelismo delle creste.

Anche all’interno del territorio comunale si può distinguere un sistema di faglie che presenta

maggiore sviluppo lineare e rientrante, nell’andamento NNE-SSO / NO-SE dell’assetto tettonico generale

dell’area e che può considerarsi, pertanto, a maggiore rischio di riattivazione , in caso di scuotimento

sismico, rispetto a linee di faglia meno estese e ad andamento obliquo rispetto al sistema principale

precedente.

(Fig. 9) Mappa tettonica del settore nord occidentale della Calabria (VAN DIJK J.P. et al., 2000)

L’ analisi delle strutture macroscopiche, ovvero dei sistemi di faglia cartografabili (CARTA

GEOLOGICA 1:10.000), mostra una distribuzione azimutale delle strutture lungo alcune direzioni

preferenziali perciò, in definitiva, si identificano tre sistemi di faglie principali.

Il più importante sistema ha direzione N-S, ed è caratterizzato dalle faglie responsabili della

formazione della Catena Costiera

Un secondo sistema, con direzione NW-SE, si identifica con le faglie che ribassano verso N

l’edificio della Catena Costiera e determinano un ampliamento verso W del bacino di sedimentazione

(LANZAFAME & TORTORICI, 1981).

Il terzo sistema di faglia con direzione NE-SW è morfologicamente meno evidente e trova la sua

massima espressione nella Linea di Sangineto (AMODIO-MORELLI et al., 1976) che borda a NW il

Graben del Crati.

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ELEMENTI SULL’ACCLIVITÀ DEL TERRITORIO

Allo scopo di fornire un elaborato cartografico capace di avere una visione generale sull’assetto

morfologico del territorio riguardo le condizioni di giacitura degli elementi morfologici elementari, è stata

redatta una carta dell’acclività del territorio, sulla base dell’impianto altimetrico descritto dalla cartografia

in scala 1:5.000 fornita dall’Amministrazione Comunale, in cui i singoli elementi sono individuati per

mezzo di procedure morfologiche che evidenziano tratti di territorio di pendenza e forma costante o varianti

entro un intervallo prestabilito.

Le classi di pendenza contigue sono definite in % e coprono il campo da 0 al 50% secondo la

suddivisone seguente: 0-10%, 10-20%, 20-35%,35-50%,>50%.

Tale impostazione, seppur non consente una valutazione puntuale della pendenza dei vari siti, ma

piuttosto una valutazione media della pendenza per area, riesce a dare sufficiente informazione sulla

morfologia superficiale evidenziando le conformazioni più tipiche del territorio: dossi, creste, dorsale

principali, spianate morfologiche e forme vallive di origine fluviale. Le aree ad acclività accentuata

costituiscono la nota dominante dei fianchi vallivi delle principali incisioni fluviali e numerose incisioni

torrentizie che esistono nell’ambito del territorio analizzato.

L’accostamento di fasce con valori di pendenza molto diversa è da porre in relazione con

l’idrografia superficiale, con la qualità dei tipi litologici presenti, con la franosità e in alcuni casi con la

tettonica e i processi dovuti al ruscellamento superficiale, nonché all’azione antropica che hanno contribuito

ad alterare la morfologia originaria. Tranne che per le prime classi, le cui pendenze rientrano tra le

percentuali di inclinazione dei versanti che non richiedono particolari prescrizioni, per le restanti aree a

pendenza più elevata, si evidenziano le seguenti osservazioni:

terreni con pendenza tra il 20 e il 35%

E’ opportuno che gli interventi si effettuino per comparti, da realizzarsi con ripianamenti del pendio

previsti in fase di progettazione; i fronti di scavo dovranno essere tutelati da strutture di contenimento

opportunamente dimensionate

terreni con pendenza tra il 35-50 %

All’interno di questa classe ricadono tutti i fianchi delle incisioni torrentizie e delle principali dorsali

che costituiscono le strutture morfologiche più evidenti del territorio esaminato. In questa classe di

pendenza si possono osservare fenomeni di rapida erosione e cedimenti gravitativi.

Per i materiali pseudocoerenti e semicoerenti ( depositi sabbioso-conglomeratici, argillosi, coltre di

alterazione), non si definiscono, in genere, condizioni permanenti di equilibrio stabile presentando,

quest’ultimi, un grado alto di pericolosità.

Si individua invece una pericolosità moderatamente alta in corrispondenza dei versanti dove affiorano

le formazioni rocciose igneo-meatomorfiche e/o calcaree Questi ultimi versanti possono diventare idonee

alla utilizzazione urbanistica, previa la realizzazione di supplementi di indagine per acquisire una maggiore

conoscenza sulla stabilità globale dell’area e del suo intorno

Terreni con pendenze superiori al 50% , associati

All’interno di questa classe ricadono versanti molto ripidi ( in genere ammassi rocciosi

con giacitura sfavorevole degli strati e rilevante fatturazione), e con uno grado di

instabilità potenziale troppo elevato per potere prevedere l’utilizzazione urbanistica di

essi

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CARATTERISTICHE METEO-CLIMATICHE DELL’AREA

I caratteri climatici della regione calabra sono fortemente influenzati dalla presenza di una orografia

geometricamente organizzata in modo tale da produrre un marcato effetto sulle masse di aria umida

provenienti nella maggior parte dei casi da N-W o S-E.

La presenza di catene montuose, a sviluppo prevalentemente lineare, che si innalzano rapidamente

dal livello del mare fino a quote medie di 1000-1500 mt, provoca la rapida ascensione delle masse d’aria

umide che precipitano in piogge, di intensità più o meno proporzionale alla quota ( Critelli- Gabriele, 1991)

Le perturbazioni provenienti da NW, che interessano la fascia tirrenica e, più in particolare la

Catena Costiera, si manifestano nel periodo autunno-primavera, non generando, generalmente, piogge

persistenti e molto intense; il clima è tipicamente mediterraneo, con inverni piuttosto miti ed astati calde.

L’area di studio rientra in tale fascia meteo-climatica, con temperature medie annue comprese tra 12°-14°.

Fig 10 Piovosità medie annue in Calabria

Fig 11 Evento alluvionale del 07/02/2010

I dati di piovosità medi annui analizzati sono quelli riportati nella pubblicazione “ Le precipitazioni

in Calabria 1921-1980” ( Caloiero at al. 1990) CNR_IRPI Cosenza.

Come si osserva dai dati consultati, i massimi valori di piovosità si registrano nei mesi di ottobre,

novembre, dicembre, gennaio,febbraio e marzo, mentre i minimi sono, prevalentemente, distribuiti in

giugno, luglio e agosto.

Nel mese di settembre si assiste ad una impennata dei millimetri di pioggia, a testimonianza

dell’inizio in questo mese della stagione delle piogge.

Pertanto, con un regime pluviometrico caratterizzato da un semestre notevolmente piovoso

alternato da un semestre con scarse precipitazioni , le incisioni torrentizie finiscono con l’assumere le

caratteristiche di un regime di fiumara che ha rilevanza per l’attività erosiva che le loro acque sviluppano

nel territorio di studio.

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ASPETTI IDROGEOLOGICI GENERALI

CARATTERISTICHE DEL RETICOLO IDROGRAFICO

Il Torrente Bagni e il torrente Lavandaia, rappresentano i principali assi di drenaggio superficiale.

Il Torrente Bagni, in particolare, occupa, nel suo intero sviluppo, una superficie di 94.20 kmq, una

lunghezza di 9.8 km con una pendenza del 6.34 % mentre il torrente Lavandaia una superficie totale di

34.31 kmq, per una lunghezza totale di 11.1 km e una pendenza del 5.76 % ( fonte- Caloiero-1975 )

Lo sviluppo lineare del reticolo idrografico è in gran parte condizionato dai lineamenti morfologici

e strettamente dipendente dal grado di erodibilità dei terreni attraversati.

I corsi d’acqua sono caratterizzati da un bacino imbrifero di superficie modesta formato da vallate

nella quale confluiscono valli contigue a breve sviluppo e di ampiezza assai piccola.

Questi presentano carattere torrentizio con regime strettamente legato alle precipitazioni stagionali;

Il reticolo idrografico si presenta gerarchizzato con rami fino al terzo ordine.

La portata idrica superficiale è maggiore in corrispondenza degli affioramenti dei termini a bassa

permeabilità dove i corsi d’acqua determinano strette incisioni a V, diminuisce in corrispondenza delle

litologie a permeabilità elevata che ricoprono le antiche superfici terrazzate; spesso alla diminuizione

repentina della pendenza del profilo ispometrico del corso d’acqua è associato un interramento del deflusso

superficiale e conseguentemente una apparente diminuizione della portata liquida.

Rischio Idraulico

Lungo i corsi d’acqua principali dei torrenti Lavandaia e Bagni si individuano alcuni tratti definiti

dal PAI di attenzione, per rischio idraulico di esondazione e normate, quindi, secondo gli artt. 21-24 delle

Norme di Attuazione del PAI

Inoltre, dai sopralluoghi effettuati, si sono evidenziati altri punti di crisi per quanto riguarda il

rischio idraulico ( cfr. elab G 04 Carta Idrogeologica ).

CIRCOLAZIONE IDRICA SOTTERRANEA “COMPLESSI IDROGEOLOGICI”

Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, in generale, essa avviene secondo modalità

diverse, dipendenti dalle proprietà idrogeologiche dei depositi e, nelle formazioni lapidee, dal maggiore o

minore stato di alterazione e spessore della coltre superficiale, dalla morfologia del terreno e, qualora

presenti, dai rapporti geometrici degli acquiferi adiacenti.

Gran parte del territorio è costituito da rocce scistoso-gneissiche le cui caratteristiche

idrogeologiche variano in relazione al grado di alterazione e degradazione; la coltre di alterazione presenta

uno spessore notevole ed elevata permeabilità e funge da acquifero alimentatore di falde che vengono a

giorno a quote più basse, in corrispondenza dell’affioramento del livello di base impermeabile costituito

dalla roccia integra. Generalmente, alle zone meno acclivi corrispondono affioramenti di formazioni

conglomeratiche rossastre permeabili, mentre nei tratti più ripidi affiorano di preferenza gli scisti e gneiss a

bassa permeabilità. Questa successione di permeabilità diverse, fa sì che le parti meno acclivi, a quote più

elevate, funzionino come zone di alimentazione di falde freatiche che poi vengono a giorno più a valle,

quando la superficie topografica taglia il livello impermeabile di base, di norma formato dagli scisti o da

zone e lenti argillificate. In sintesi, per quanto riguarda i complessi idrogeologici principali, semplificando

la situazione reale ed accorpando le formazioni simili riguardo i parametri idrogeologici generali, nel

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territorio di Guardia Piemontese si possono distinguere aree in cui affiora la formazione scistosa gneissica

(spesso alterata e fratturata nella porzione più superficiale), di particolare interesse idrogeologico, in

corrispondenza dei versanti più acclivi, sormontate da depositi sabbioso-conglometatici bruno- rossastri a

permeabilità maggiore, caratterizzanti le fasce del territorio sud-occidentale.

SORGENTI

Sono state cartografate le sorgenti più rilevanti presenti nel territorio comunale, censite e

classificate per tipologia, secondo la classificazione qualitativa di Civita ( 1972 ). La mancanza di dati sulla

portata delle sorgenti non ci ha consentito di poter effettuare alcuna classificazioni quantitativa delle stesse.

Sono state indicate le tre sorgenti captate per uso idropotabile:

Gruppo Mt. Rossino quota dagli 800 ai 1000 mt , portata 7.0-10 l/s

Gruppo Donna Acerba quota 600 mt, portata 3.0-5.0 l/s

Gruppo Mt. Pistuolo quota 800 mt, portata 4.0-6.0 l/s

Considerazioni sulla vulnerabilità degli acquiferi delle sorgenti captate

Per vulnerabilità dall’inquinamento si intende la facilità con cui le sostanze contaminanti si possono

introdurre , propagare e persistere in un determinato acquifero.

La vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere ai fluidi inquinanti dipende essenzialmente

dalle caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche , idrodinamiche degli acquiferi. Trattandosi di acquiferi

non confinati a permeabilità mista la capacità di penetrazione degli inquinanti può essere molto variabile in

relazione alle modalità della circolazione idrica. Lo strato insaturo superficiale a permeabilità elevata per

porosità presenta capacità di attenuazione tendenzialmente basa, e la circolazione del sottostante strato

permeabile per fatturazione facilita la propagazione di eventuali sostanze inquinanti in falda. Lo spessore

della zona di aerazione è sufficiente a garantire il completo svilupparsi, nella fase di percolazione delle

acque verso la falda, dei fenomeni di depurazione naturale. Ne risulta che, relativamente alle litologie degli

acquiferi considerati e alle caratteristiche idrogeologiche che ne derivano questi si presentano in equilibrio

naturale in quanto dotati di una sufficiente capacità di autodepurazione, ma molto sensibili ad altri fattori

inquinanti quali quelli che potrebbero derivare da attività antropica all’interno dei bacini di alimentazione

degli acquiferi.

Relativamente ai fattori suddetti sono state delimitate, ai sensi dell’art. 21 del dlgs 152/99, le zone

di tutela assoluta e di rispetto delle opere di captazione, nonché le relative zone di protezione.

La zona di tutela assoluta , costituita dall’area immediatamente circostante la captazione , dovrà

avere una estensione di almeno 10 mt di raggio dal punto di captazione, dovrà essere adeguatamente

protetta e adibita esclusivamente ad opere di captazione e ad infrastrutture di servizio.

La zona di rispetto, costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta, dovrà

avere un estensione di 200 mt di raggio dal punto di captazione, in modo da tutelare qualitativamente e

quantitativamente le risorse idriche captate, in relazione alle tipologie delle opere di presa e alla situazione

locale di vulnerabilità e rischio della risorsa.

Ai sensi del dlgs 152/99, “ le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni

delle regioni, per assicurare la protezione del patrimonio idrico.”

In assenza di legiferazioni regionali in tal senso , le zone di protezione delle opere di captazione sono

state delimitate in base ad osservazioni idrogeologiche qualitative, e coincidenti pertanto, con il sistema

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acquifero, cioè un dominio all’interno del quale le influenze di captazioni possono propagarsi liberamente, ma i

cui limiti sono di ostacolo a dei trasferimenti di influenza ( Albinetti-Margatt, 1971 cfr Tav.G 04 ).

IL RISCHIO IDRAULICO

Nelle aree a rischio idraulico valgono le prescrizioni richiamate nelle “Norme di Attuazione “ del PAI

– Capitolo - Rischio Idraulico – nonché le “Linee Guida sulle verifiche di compatibilità idraulica delle

infrastrutture interferenti con in corsi d’acqua, sugli interventi di manutenzione, sulle procedure per la

classificazione delle aree di attenzione e l’aggiornamento delle aree a rischio d’inondazione” (PAI Calabria).

Per quanto riguarda il rischio idraulico, inoltre nella fase di analisi si sono evidenziati elementi

puntuali di particolare crisi e che necessitano di interventi urgenti di mitigazione del rischio (Tav G 04).

I punti di crisi sul Torrente Bagni risultano indicati nel fosso d’impluvio nei pressi dei ponti nella

località della marina di Guardia Piemontese, ed uno più a monte in corrispondenza delle Terme dove è

presente un’altra struttura di attraversamento. L’asta fluviale presenta evidente stato di dissesto, con pareti

in frana, nella zona della plaga di frana litoide, il cui corso di deflusso risulta convogliato e/o incanalato

fino alla foce.

I punti di crisi sul Torrente Lavandaia risultano costituiti anch’essi da strutture di

attraversamento nella porzione terminale dell’asta idraulica.

Tali aree necessitano, pertanto, di urgenti interventi di bonifica idraulico- forestale, rappresentando

un punto di manifesta crisi in caso di eventi pluviometrici eccezionali. Interventi di mitigazione del rischio

idraulico quali, manutenzione ordinaria, interventi di idraulica forestale interventi di rinaturamento.

Gli interventi menzionati sono richiesti comunque lungo tutti i tratti di corsi d’acqua al fine del

migliore e più efficiente deflusso idrico possibile delle acque meteoriche.

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PROCESSI MORFOEVOLUTIVI

CLASSIFICAZIONI DEI DISSESTI FRANOSI

È stato condotto un rilevamento geologico-morfologico dei versanti supportato dall’esame delle

foto aeree per l’individuazione delle aree potenzialmente instabili.

Per l’analisi morfologica effettuata sono stati consultati, oltre all’Elab. 15.1 TAV. 078-061 Guardia

Piemontese- (Scala 1:10000); anche gli elabb PAI “Carta Inventario Frane Relativo Alle Infrastrutture”.

Tramite tale analisi sono stati individuati i principali dissesti presenti nel territorio.

I principali elementi morfologici potenzialmente legati a fenomeni destabilizzanti sono riportati

schematicamente nella TAV. G 02 “Carta Geomorfologica - Scala 1:10.000, i dissesti individuati sono

stati classificati e riportati su base topografica adoperando la “ Legenda geomorfologica ” derivata dalla

letteratura Tecnica Scientifica del settore opportunamente adattata.

Secondo le nomenclature maggiormente utilizzate [ DIKAU et al.,1996; UNESCO,1993;VARNES

e CRUDEN,1994; SERVIZIO GEOLOGICO D’ITALIA – C.N.R.(G.N.D.C.I.),1996 ], i movimenti franosi

maggiormente rilevati e riconosciuti possono essere distinti in :

Scorrimenti (Slides) , frane che si verificano per superamento della resistenza di taglio dei materiali

rocciosi lungo una o più superfici di neoformazione, o preesistenti (contatto stratigrafico o tettonico,

contatto tra materiali di copertura e substrato, contatto tra la porzione alterata e quella integra di un

ammasso roccioso, ecc); il corpo di frana può scomporsi in diversi blocchi limitati da fessure trasversali e

longitudinali. Tali fenomeni, dopo una fase iniziale estremamente rapida, con spostamenti evidenti, possono

portare al progressivo collasso del pendio. Tra gli scorrimenti si possono distinguere due tipi: rotazionali (o

scoscendimenti) e traslativi (o scivolamenti).

Gli scorrimenti rotazionali (Rock slump) sono movimenti di rotazione che avvengono intorno ad un punto

esterno al versante e al di sopra del baricentro della massa in movimento. La forma delle superfici di

scorrimento è, di solito, arcuata e con la concavità verso l’alto; l’andamento abbastanza regolare della

superficie consente di prevedere il suo andamento anche all’interno dell’ammasso roccioso.

Negli scorrimenti traslativi (rock-slide) lo scivolamento avviene lungo una superficie di discontinuità poco

scabrosa e preesistente, quali piani di scistosità, o una superficie di contatto tra la roccia in posto integra e

la porzione alterata o degradata.

Colamenti: frane che avvengono per spostamento lento e continuo, con impercettibili deformazioni

plastiche e differenziali del versante; la zona di distacco è in genere appena accennata o manca del tutto.

Nei colamenti di detrito poggiante su roccia lapidea si nota, invece, una nicchia di distacco precisa e

tondeggiante, alla cui base scaturisce sovente acqua sotterranea, che è la causa determinante e prioritaria in

tali tipi di dissesti.

Aree indicate come “zone franose profonde”, caratterizzate da complessi di frane non delimitabili

singolarmente e che interessano significative aree di un versante.

In tale tipologia di dissesto generalizzato si individua comunque, dai sopralluoghi effettuati nel territorio

comunale, all’interno del complesso igneo-metamorfico e delle varie formazioni calcaree individuate, una

prevalenza del “fenomeno franoso da crollo” ( a cui è stata attribuita una specifica simbologia) .

Tali frane sono caratterizzate dallo spostamento di materiali in caduta libera e dal successivo movimento e

salti e rimbalzi dei frammenti di roccia. Generalmente tali fenomeni si verificano in versanti interessati da

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preesistenti discontinuità strutturali ( faglie e piani di stratificazioni) lungo le quali avvengono i distacchi;

questi fenomeni sono improvvisi e la velocità di spostamento del materiale è da elevata a molto elevata.

L’evoluzione spazio-temporale di tale fenomenologia è generalmente “retogressivo” nel senso che

l’ampliamento dell’area in frana avviene in senso opposto a quello del movimento per arretramento della

scarpata principale, in conseguenza a successivi fenomeni di crollo e/o ribaltamento.

Aree indicate come “franose superficiali”, caratterizzati da porzioni di versante interessate da movimenti

superficiali diffusi e, in genere, di piccole dimensioni;

Aree interessate da “deformazioni superficiali lente”, zone in cui sono riconoscibili fenomeni di creep

superficiale che interessano il suolo e/o coltri di copertura

Aree con stabilità precaria, indicate nella carta geomorfologia come “versante irregolare”, “deflusso

selvaggio”, “scarpata d’erosione ”.

Le aree, comunque, maggiormente dissestate e/o in condizione al limite della stabilità

corrispondono, per buona parte agli spessori eluvio-colluviali che ricoprono in maniera estesa le litologie

rilevate e brecce di faglia mioceniche che discordano sulle formazioni cristalline sottostanti.

Altri fenomeni di dissesto piuttosto diffusi lambiscono il territorio comunale in sinistra orografica del

Torrente Bagni e in destra orografica del Torrente Lavandaia.

AREALE DI PERICOLO (FASCE DI RISPETTO)

Intorno a ciascuna frana o zona franosa cartografata ( attiva o quiescente), in questa fase di studio, è

stata delimitato un’areale di pericolo con estensione, in genere, pari a 20 mt, in linea con la metodologia

adottata per la stesura del PAI.

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ANALISI DELLA SISMICITÀ RELATIVA IL COMUNE GUARDIA PIEMONTESE (CS)

ANALISI DEGLI EVENTI SISMICI SUL TERRITORIO COMUNALE

Alla base della caratterizzazione di un’area dal punto di vista sismico, vi è la raccolta dei dati

riguardanti gli eventi che si sono verificati nel corso dei secoli nel territorio in esame e per i quali è stato

quantificato il valore dell’intensità macrosismica sia per l’area epicentrale che per le varie località in cui tali

eventi sono stati avvertiti.

Si riportano i dati relativi all’ambito territoriale di interesse, estrapolati dai seguenti lavori:

- Carta della macrozonazione sismica del territorio nazionale, con individuazione delle zone

sismogenetiche, realizzata dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti

- Mappa delle massime intensità macrosismiche osservate nei comuni italiani,1990 Dipartimento

della Protezione Civile

- Catalogo dei “ Forti Terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1990 (Boschi el alii-1997)

- “ I Terremoti delle due Calabrie “ ( Lucio d’Orsi )

- 8 settembre 1905- terremoto in Calabria ( Guerra- Savagno 2006 )

SISMICITÀ STORICA E RECENTE

La Calabria centrale e meridionale è stata, nei secoli scorsi, ripetutamente colpita da forti terremoti, tanto

da apparire oggi in molti sismolologici come la zona a più elevata pericolosità sismica di tutta la Penisola. Si

tratta di terremoti aventi quasi sempre magnitudo superiore a 6.0, accaduti in una regione di dimensioni

abbastanza limitate e in un arco cronologico di poco più di tre secoli.

Di seguito vengono illustrati i dati riguardanti il territorio comunale di Guardia Piemontese e si

riportano gli eventi sismici verificatesi in tale zona nell’intervallo di tempo intercorso dall’anno 1000 ad oggi.

I dati riportati di seguito relativi al territorio sono estrapolati dal “Catalogo dei Forti Terremoti in Italia

dal 461 a. C. al 1990”; si riportano la data, l’orario, le coordinate geografiche, l’area epicentrale, l’intensità (I0)

all’epicentro, l’intensità locale ( I ) degli eventi con intensità superiore al VI grado,.risentiti nel territorio di

Guardia Piemontese.

Figg. 12 -13 Storia sismica di Guardia Piemontese

RISCHIO SISMICO

Ai sensi della Classificazione Sismica Del Territorio Nazionale (Ordinanza del Presidente del

Consiglio dei Ministri N° 3274,marzo 2003), il Comune di GUARDIA PIEMONTESE viene classificato

zona sismica di n°2 a cui corrisponde un’Accelerazione con probabilità di superamento pari al 10% in 50

anni ( 0,15<ag<0,25 g)

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Le condizioni morfologiche locali, la sovrapposizione di unità litostratigrafiche a differente rigidità,

la presenza di lineamenti tettonici a consistente sviluppo lineare e rientranti in una tettonica a maggiore

rischio di riattivazione in caso di scuotimento sismico, la frequenza di pareti subverticali e di posizioni di

creste strette, determinano, sotto il profilo geomorfologico, elementi di vulnerabilità sismica. Inoltre, le

caratteristiche aggregative del patrimonio edilizio di Guardia Piemontese, sono fattori che determinano una

amplificazione della risposta sismica locale, topografica per il centro storico, stratigrafico per l’agglomerato

lungo la costa (NTC’08).

In relazione alla pericolosità sismica e di elementi di esposizione al rischio sismico, risulta

necessario, pertanto, l’adeguamento sismico dell’edificato esistente e messa in sicurezza degli edifici, in

special modo lungo tutte scarpate di faglia cartografate, in cui sono prevedibili possibili spostamenti relativi

dei terreni di fondazione in caso di scuotimento sismico, e in tutte le altre situazioni a maggiore pericolosità

sismica locale individuate.

Per le aree insediate e infrastutturate, resta fissato il principio che la riduzione del rischio sismico

dovrà essere uno degli elementi da considerare all’interno di ogni strumento di pianificazione.

Pertanto, per ogni strumento subordinato e attuativo, lo studio di pericolosità sismica,

eventualmente approfondito nella misura necessaria e soggetto alle prescrizioni relative alla localizzazione

delle aree di espansione e delle infrastrutture di cui al punto 5.7.2 delle Linee Guida della Legge

Urbanistica vigente, dovrà essere accompagnato da uno studio di vulnerabilità edilizia-urbana e delle

infrastrutture e della mobilità, ai fini dell’identificazione dei rischi.

PIANO DELLE INDAGINI IN SITU

E’ stata redatta la campagna di indagini geognostiche nel territorio comunale di Guardia

Piemontese (CS) per la raccolta dei dati atti a definire le proprietà fisico-meccaniche dei principali tipi

litologici, le loro caratteristiche stratigrafiche, di resistenza, nonché il grado di elasticità e di addensamento

dei terreni indagati.

Il piano consiste nell’esecuzione di prove, volte ad indagare il sottosuolo, in modo indiretto con

tecnica sismica passiva a stazione sismica alla quale si rimanda per i dettagli.

Ci si è avvalsi dei dati di sondaggi, diretti e indiretti, già eseguiti nel territorio comunale di Guardia

Piemontese per altri studi da parte dell’Amministrazione Comunale.

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LITORALE ED EROSIONE MARINA

Il tratto in corrispondenza dell’abitato di Guardia Piemontese è caratterizzato negli anni da un forte

fenomeno erosivo che ha compromesso parte della spiaggia emersa è ha messo a rischi diverse abitazioni, la

strada comunale e il rilevato ferroviario. I primi fenomeni erosivi sono iniziati intorno agli anni ’70. I

motivi antropici principalmente responsabili sono sicuramente, la progressiva urbanizzazione di zone legate

alla dinamica costiera del paraggio, la regimazione dei principali corsi d’acqua e i prelievi di sedimenti ed

emungimento delle falde costiere.

Attualmente nel litorale in esame sono presenti delle barriere frangiflutti la cui costruzione risale al

periodo precedente al 1985 che hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale nella dinamica

del litorale. Lo scopo delle opere è stato quello di proteggere il retrostante abitato di Marina di Guardia

Piemontese. Nello stesso tempo hanno favorito l’accrescimento della spiaggia sia planimetricamente sia

altimetricamente, perdendo la funzione di frangiflutti e divenendo in pratica difese radenti. La linea di costa

a Sud e a Nord dell’abitato è ricca di scogliere che proteggono la spiaggia interna e il rilevato ferroviario.

Da rilevare che lo Scoglio della Regina posto subito a Sud del promontorio di Palmentello un tempo

direttamente collegato alla terra ferma e ora posto su fondali di circa 3,00 m.

Nella zona posta subito a Sud delle tre scogliere a ridosso del centro abitato negli anni ’90 è stata

posta in opera una barriera soffolta di circa 250 ml posta a quota -1,50 m a protezione del rilevato

ferroviario. L’azione delle mareggiate ha progressivamente deformato l’iniziale sezione trapezioidale, mai

rifiorita per cui, allo stato attuale i massi costituenti la barriera sono sparsi e hanno intrappolato un cospicuo

volume di sabbia.

Facendo riferimento alla cartografia tematica del Piano Stralcio della Regione Calabria, si riportano

di seguito delle Carte Tematiche che sintetizzano la carta di sintesi dell’erosione costiera, la carta della

indagine conoscitiva degli studi e delle opere di difesa costiera e la carta dei vincoli.

Figg. 14 -15 Mappature costiere di fenomeni erosivi e rischi allegati

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SINTESI DELLA FASE DI ANALISI DEL TERRITORIO

In riferimento a quanto riportato nelle sovra citate linee guida riguardo a quanto concerne il rischio

idrogeologico al punto 5.7.1 si esplica“Il PSC disciplinerà l’uso del territorio anche con riferimento alla

pericolosità e rischio idrogeologico (art. 20- c3). A tal fine provvederà alla identificazione della

pericolosità e del rischio idrogeologico, e più in generale di pericolosità e rischi connessi ai processi

geomorfici significativi in relazione alle esigenze poste esplicitamente dal comma 3 dell’art 20.”

Pertanto, si adottano le seguenti prescrizioni dettate nelle linee guida che si riportano integralmente:

Prescrizioni relative alle localizzazioni delle aree di espansione e delle infrastrutture

Le localizzazioni delle aree di espansione e delle infrastrutture osserveranno i seguenti:

Fattori escludenti

- Aree interessate da fenomeni di instabilità dei versanti

- Aree soggette a crolli di massi;

- Aree interessate da distacco e rotolamento di blocchi;

- Aree di frana attiva;

- Aree di frane quiescenti;

- Aree di franosità superficiale attiva diffusa;

- Aree di erosione accelerata;

- Aree interessate da trasporto di massa e flussi di detrito;

- Aree interessate da carsismo;

- Aree potenzialmente instabilità di grado elevato;

- Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R4-R3-);

- Aree interessate da vulnerabilità idrogeologica:

- Aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile (aree di tutela assoluta, di rispetto, di

protezione);

- Aree ad elevata vulnerabilità degli acquiferi sfruttati ad uso idropotabile definite nell’ambito dello studio

o nei piani di tutela di cui al d.lgs.258/2000.

- Aree di interesse scientifico-naturalistico dal punto di vista geologico, geomorfologico, paleontologico

(geositi);

- Aree vulnerabili dal punto di vista idraulico;

- Aree ripetutamente allagate;

- Aree interessate da fenomeni di erosione fluviale;

- Aree potenzialmente inondabili individuate con criteri geomorfologici;

- Aree potenzialmente interessate da flussi di detrito;

- Aree di attenzione se confermate a rischio;

- Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R4, R3).

- Aree soggette a erosione costiera;

- Aree a pericolosità geologica da elevata a molto elevate definite con gli studi di settore.

Fattori limitanti

- Aree potenzialmente instabili a grado medio basso;

- Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio ( R2-R1).

- Aree interessate da vulnerabilità idrogeologica:

- Zone interessate da centri di pericolo;

-Aree con emergenze idriche diffuse;

- Aree a bassa soggiacenza della falda o con presenza di falde sospese;

-Aree vulnerabili dal punto di vista idraulico:

- Aree classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R2, R1);

-Aree di interesse scientifico-naturalistico dal punto di vista geologico, geomorfologico, paleontologico

(geotopi, geositi);

-Aree, con caratteristiche geomeccaniche e geotecniche scadenti o pessime;

-Aree a maggiore pericolosità sismica locale;

- Aree a pericolosità geologica media definite con gli studi di settore.

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La sintesi di tutta la fase di analisi del territorio di esame ha portato alla stesure della

“CARTA PRELIMINARE DI PERICOLOSITA’ GEOLOGICA E DI FATTIBILITA’ DI PIANO”

Tale carta contiene tutti gli elementi più significativi evidenziati nella fase di analisi, a cui si

associano fattori preclusivi o limitativi ai fini delle scelte di piano.

- Intorno a ciascuna frana o zona franosa cartografata ( attiva o quiescente) è stata delimitato un

areale di pericolo con estensione pari, in genere, a 20 mt, in linea con la metodologia adottata per la

stesura del PAI.

- Per le frane con rischio associato dal PAI ma senza indicazione di fascia di rispetto, per

omogeneità di condizioni al contorno, è stato attribuito all’areale di pericolo lo stesso rischio

individuato dal PAI all’interno della zona in dissesto.

- Per quanto riguarda le frane cartografate in questa fase di studio sia non che classificate dal PAI, le

osservazioni riguardo gli immediati intorni dei perimetri di frana hanno tenuto conto della

fenomenologia e dello stato dei dissesti. Per le fenomenologie dei dissesti la cui propagazione nel loro

intorno è generalmente più controllabile per evidenze morfologiche di attenuazione dei fenomeni, alle

fasce di rispetto corrispondenti è stato attribuita, una pericolosità moderatamente-alta con una

fattibilità quindi, che necessita comunque sempre, prima di qualsiasi di ammissione d’opera, di attente

e puntuali analisi di approfondimento, al fine di individuare anche, sempre, gli interventi più idonei

(opere di ingegneria naturalistica, regimazione e canalizzazione delle acque superficiali e profonde..)

per la non propagazione dei fenomeni di dissesto circostanti. Per quanto riguarda invece quelle

tipologie gravitative con condizioni al contorno meno controllabili è chiaro che l’areale è classificato

con pericolosità maggiore.

- La fase di analisi del territorio in esame ha evidenziato, pertanto, i seguenti fattori escludenti per la

localizzazione delle aree di espansione e di infrastrutture:

Le aree in frana classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R4-R3) e che

dovranno essere normate dagli artt.16-17- delle Norme di Attuazione del PAI.

le aree di frana e le zone franose, non classificati dal PAI e cartografati in questa fase di

studio.

Le aree potenzialmente instabili di grado elevato, rappresentate dalle zone

eccessivamente acclivi, in rapporto al substrato roccioso, al suo stato fisico e alle

condizioni di giacitura degli strati ( in generale: zone con acclività > 35% quando

associate a coperture detritiche e/o argillose, zone con acclività > 50% con ammassi

rocciosi con giacitura sfavorevole degli strati e rilevante fratturazione).

Aree soggette a crolli di detriti e/o massi.

Le aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile (aree di tutela assoluta, di

rispetto, ai sensi del dlgs 152/1999 su definito).

Aree potenzialmente inondabili.

Le aree perimetrate dal PAI come aree di attenzione per rischio di inondazione e che

risultano disciplinate dagli artt:.21-24 delle “Norme di Attuazione del PAI”.

Insieme ai fattori escludenti su indicati si evidenziano anche, nella pianificazione territoriale, i fattori

vincolanti riportati nell’apposito elaborato preliminare redatto, che per maggiore chiarezza e facilità di

lettura della Carta di fattibilità non sono stati su di essa trasposti e a cui si rimanda per la precisa

ubicazione cartografica ( cfr. TAV G 8 Carta dei Vincoli).

La fase di analisi del territorio in esame ha evidenziato, i seguenti fattori che determinano consistenti

limitazioni per la localizzazione delle aree di espansione e di infrastrutture:

Le aree in frana classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R2-R1), che andranno

disciplinate, in ogni caso, secondo l’art. 18 delle Norme di Attuazione del PAI.

Areali di pericolo intorno ai perimetri di frana non classificati dal PAI e cartografati in questa fase

di studio.

Aree di cresta rocciosa, cocuzzolo o dorsale stretta, aree di bordo o ciglio di scarpata.

Aree di fondovalle con alluvioni incoerenti.

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Fasce di brusche variazioni litologiche o aree di contatto tra litotipi aventi caratteristiche

meccaniche molto diverse.

Fasce a cavallo di faglie, a rischio maggiore di riattivazione nell’ambito della tettonica generale

del territorio di analisi.

Aree potenzialmente instabili, a grado medio (versanti irregolari, versanti rocciosi con acclività

compresa tra il 35-50%, aree di frane inattive, aree con deflusso selvaggio).

L’analisi del territorio ha individuato ancora i seguenti fattori di criticità che impongono una

limitazione d’uso, seppur modesta, per la localizzazione delle aree di espansione e di infrastrutture:

fasce a cavallo di faglie, valutate a minore rischio di attivazione;

aree a contatto tra litotipi a caratteristiche meccaniche diverse;

aree con pendenze, seppur nel complesso moderate;

aree con affioramenti di prodotti di dilavamento e/o soliflussione che obliterano la roccia in posto;

aree con assetti stratigrafici rappresentati da depositi argillosi, con spessori variabili, poggianti sui

calcari di base.

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CLASSI DI FATTIBILITA’

La ”CARTA DELLE PERICOLOSITÀ GEOLOGICHE CON LA FATTIBILITÀ DELLE AZIONI DI

PIANO” seguendo le direttive dettate dalle Linee Guida della pianificazione regionale in attuazione della

legge urbanistica della Calabria n.19 del 16/04/2002 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio

(Legge Urbanistica della Calabria), è mirata a dimostrare la fattibilità geologica, tenendo conto delle

valutazioni critiche della pericolosità dei singoli fenomeni, degli scenari di rischio conseguenti e della

componente geologico-ambientale.

La classificazione fornisce indicazioni generali in ordine alle destinazioni d'uso, alle cautele generali da

adottare per gli interventi, agli studi ed alle indagini da effettuare per gli approfondimenti del caso, alle

opere di riduzione del rischio ed alla necessità di controllo dei fenomeni in atto.

In tale ottica sono state individuate quattro classi di fattibilità:

●Classe 2 - Fattibilità con modeste limitazioni

Aree con condizioni di pericolosità moderata, con modeste condizioni limitative alla modifica delle

destinazioni d'uso dei terreni.

Risultano zone idonee all’utilizzazione urbanistica previ accorgimenti e interventi di sistemazione e

bonifica, in generale, di non rilevante incidenza tecnico-economica, precisabili in fase esecutiva sulla base

di approfondimenti di carattere geologico-tecnico-ambientale.

Presentano, in generale, un grado di pericolosità medio-basso legato, prevalentemente, ad una

variabilità litologica e granulometrica, verticale e orizzontale dei terreni e a pendenze, seppur nel complesso

moderate.

Lo studio geologico-tecnico di dettaglio dovrà verificare essenzialmente: la posizione della falda, i

cedimenti del terreno in relazione ai carichi trasmessi dalle strutture, la diversa rigidità dei terreni, il piano

di fondazione più adatto da adottare, nonché le strutture più adeguate alla morfologia dei versanti.

Rientrano in questa classe:

-fasce a cavallo di faglie, valutati a minore rischio di attivazione nell’ambito della tettonica

generale del territorio

-fasce a cavallo di litotipi a caratteristiche tecniche diverse

-aree con versanti, in generale, moderatamente inclinati

-aree con affioramenti di prodotti di dilavamento e/o soliflussione che obliterano la formazione in posto

-aree con assetti stratigrafici rappresentati da depositi argillosi, con spessori variabili, poggianti sui

calcari di base.

●Classe 3 - Fattibilità con consistenti limitazioni La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni alla modifica

delle destinazioni d'uso dei terreni per l'entità e la natura dei rischi individuati. Queste zone presentano un

grado medio-alto di pericolosità geologica e sismica.

Limitatamente alle aree per cui permangono interessi giustificati per la trasformazione urbanistica, l’utilizzo

è subordinato alla realizzazione di supplementi di indagini di approfondimento; tali zone possono rendersi,

pertanto, idonee all’utilizzazione urbanistica soltanto previa la realizzazione di supplementi di analisi di

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approfondimento, per acquisire una maggiore conoscenza geologico-tecnica dell'area e del suo intorno, ove

necessario mediante campagne geognostiche, prove in situ e di laboratorio, nonché mediante studi tematici

specifici di varia natura (idrogeologici, idraulico-forestali, ambientali, pedologici, ecc.). Ciò dovrà

consentire di precisare e caratterizzare il modello geologico-tecnico-ambientale per area, e quindi l’idoneità

del sito in funzione delle opere da realizzare. Inoltre, per gli ambiti territoriali di questa classe a rischio

geomorfologico dovranno essere previsti interventi di rinaturalizzazione, attraverso tecniche di interventi di

ingegneria naturalistica per una migliore valorizzazione del paesaggio.

Nelle fasce a cavallo di brusche variazioni litologiche, in particolare, e lungo lineamenti tettonici

valutati a maggiore rischio di attivazione, le indagini di approfondimento dovranno puntualmente verificare

le caratteristiche tecniche e il diverso comportamento meccanico, in condizioni sismiche, dei terreni;

pertanto il loro utilizzo urbanistico è subordinato a studi geologico-tecnici di dettaglio. In prossimità di cigli

e/o bordi di scarpate gli studi di approfondimento dovranno verificare anche lo stato di alterazione e/o

fatturazione dei terreni in prospettiva di possibili ribaltamenti e/o distacchi di blocchi rocciosi in condizioni

sismiche, con conseguente arretramento dell’orlo di scarpata.

Si consiglia di adottare per questa classe, comunque, indici urbanistici ridotti con fabbricati che non

incidono in maniera rilevante sul terreno di fondazione.

Gli interventi sul costruito dovranno essere volti ad opere di miglioramento sismico e

consolidamento statico.

Rientrano in questa classe:

-tutte le aree in frana classificate PAI e confermate pericolose o a rischio (R2-R1), soggette in ogni

caso, sempre anche alla disciplina dell’art 18 delle NA & MS.

-areali di pericolo intorno ai perimetri di frana non classificati dal PAI e cartografati in questa fase

di studio.

-fasce a cavallo di faglie, valutati a rischio maggiore di attivazione nell’ambito della tettonica

generale del territorio.

-fasce di brusca variazione litologica o aree di contatto tra litotipi aventi caratteristiche meccaniche

molto diverse.

-aree potenzialmente instabili a grado medio (versanti irregolari, versanti rocciosi con acclività

compresa tra il 35-50%, aree di frane inattive, aree a deflusso selvaggio).

-aree di cresta rocciosa, cocuzzolo o dorsale stretta, aree di bordo o ciglio di scarpata.

-aree di fondovalle con alluvioni incoerenti.

●Classe 4 - Fattibilità con gravi limitazioni

L'alto rischio comporta gravi limitazioni per la modifica delle destinazioni d'uso delle particelle.

Dovrà essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione

idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti e dei manufatti.

Per gli edifici esistenti sono consentiti esclusivamente interventi così come definiti dall'art. 31,

lettere a) b) e) della L. 457/1978, nonché interventi di adeguamento sismico. Eventuali opere pubbliche e di

interesse pubblico dovranno essere valutate puntualmente. A tal fine, alle istanze per l'approvazione da

parte dell'autorità comunale, dovrà essere allegata apposita relazione geologica che dimostri la

compatibilità degli interventi previsti con la situazione di grave rischio geologico.

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In ogni caso, e particolarmente con riferimento alla pericolosità sismica, dovranno essere attivate le

procedure per la identificazione dei rischi e per la individuazione degli interventi di mitigazione competenti

a livello di Piano.

Rientrano in questa classe:

-Aree in frana classificate PAI e confermate pericolose o a rischio ( R4-R3) soggette comunque, in

ogni caso, sempre anche alla disciplina degli artt. 16 e 17 delle NA & MS.

-Aree in frana e zone franose non classificate dal PAI e cartografate in questa fase di studio.

-Aree potenzialmente instabili di grado elevato, rappresentabili dalle zone eccessivamente acclivi,

in rapporto al substrato roccioso, al suo stato fisico a alle condizioni di giacitura degli strati (in

generale: zone con acclività >35%, quando associate a coperture detritiche e/o argillose, zone con

acclività >50%, con ammassi rocciosi con giacitura sfavorevole degli strati e intensa fatturazione).

- Aree soggette a crolli di detriti e/o massi;

-Aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile (zona di tutela assoluta, zona di rispetto)

-Aree potenzialmente inondabili

-Aree a rischio idraulico definite dal PAI di ” attenzione “.

Si dovranno fornire indicazioni in merito alle opere di sistemazione idrogeologica e, per i nuclei

abitati esistenti, sarà valutata la necessità di predisporre sistemi di monitoraggio geologico che permettano

di tenere sotto controllo l'evoluzione dei fenomeni in atto. Nelle aree, in particolare in cui si possono

verificare cadute di massi e/o detriti e nelle aree in frana per crollo si rendono necessari interventi di

controllo di detti fenomeni (opere di paramassi, reti metalliche, cementazione fratture….) a garanzia della

sicurezza delle strutture edificate e/o reti viarie esistenti, considerato altresì la difficoltà a definire, alla scala

di studio l’esatta area di influenza di tali fenomenologie.

Fermo restando la disciplina delle Norme di Attuazione e Misure di Salvaguardia del PAI della

Regione Calabria e il quadro di pericolosità e rischio definito da tale Strumento sovraordinato, che il PSC

ha fatto proprie e alle quali integralmente si rimanda, le indicazioni inerenti alle classi di fattibilità di cui

sopra sono correlate anche alle seguenti disposizioni:

Nelle zone ricadenti nella classe 2 (Pericolosità moderata)

Gli studi geologici di dettaglio dovranno , in generale, verificare le specifiche problematiche legate

ai diversi fattori limitativi rientranti in tale classe di fattibilità.

Per le aree in pendenza gli interventi si dovranno effettuare per comparti, da realizzarsi con

ripianamenti del pendio previsti in fase di progettazione; i fronti di scavo dovranno essere tutelati da

strutture di contenimento opportunamente dimensionate; riguardo alla indicazioni relative alle fasce

dove il loro utilizzo presuppone sbancamenti che possono condizionare la scelta delle tipologie

costruttive, è da evidenziare che le modificazioni alla geometria dei profili naturali attuali dovranno

essere adeguate all’entità dell’inclinazione attuale dei versanti: i fronti scavo dovranno quindi essere di

altezza limitata e con la riprofilatura di gradoni e la realizzazione di strutture di contenimento adeguate,

tenendo conto delle diverse spinte agenti dai terreni di terrapieno, fermo restando l’obbligo di eseguire,

in sede di progettazione di opere. le verifiche di stabilità così come prescritte dalle Normative vigenti

(D.M. 11.3.1988, NTC’08)

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Bisognerà, inoltre, porre particolare attenzione alla gestione dei fronti aperti nei versanti, dal punto di

vista delle alterazione o modificazione della circolazione delle acque superficiali e sotterranee, per la

cui regimazione sarà necessario prevedere tutte le opere di canalizzazione e opere di raccolta e

convogliamento.

Nelle aree corrispondenti ad assetti stratigrafici dati da depositi argillosi che ricoprono i depositi

calcarei di base, bisognerà verificare puntualmente, attraverso prove in situ e/o prove dirette e analisi di

laboratorio, lo spessore della copertura argillosa, che risulta molto variabile da zona a zona, la

compressibilità del terreno in funzione dei cariche e quindi il piano di posa e il tipo di fondazione più

adatto (superficiale, superficiale rigido. profonda…) da adottare. Inoltre, si renderanno necessarie tutte

le opere di drenaggio e convoglio delle acque superficiali , che in tali litologie risulta indispensabile e

prioritario a qualsiasi trasformazione dei luoghi.

In corrispondenza di lineamenti tettonici, seppur valutati a minore rischio di riattivazione perché

rientranti in un sistema di fagliatura secondaria nell’ambito della tettonica dell’area di analisi, gli studi e

le indagini di dettaglio dovranno essere , comunque, molto puntuali ed articolati, al fine di individuare

dei piani di posa dei manufatti ( che dovranno essere posti sempre a distanza di assoluta sicurezza dalla

linea di faglia stessa) in ogni caso, omogenei dal punto di vista della rigidità dei terreni .

le stesse prescrizioni di indagini di approfondimento valgono anche per tutte le fasce a contatto tra

litotipi a comportamento meccanico( cfr. TAV. B1.3 Carta Litotecnica ) diverso e che non sono stati

inseriti nella classe di fattibilità 3.

in corrispondenza degli affioramenti di prodotti di dilavamento e/o di soliflussione ( a ) (che non sono

stati inseriti nelle classi di fattibilità 3 o 4), che presentano spessore variabile e che ricoprono e

obliterano la formazione in posto, gli studi di dettaglio dovranno individuare, principalmente, lo

spessore di tali coperture, e le loro caratteristiche geotecniche puntuali considerato che si presentano

generalmente poco costipati e con consistenti variazioni granulomertiche, sia orizzontali che verticali,

valutando caso per caso la loro asportazione e/o la loro idoneità , quali piani di posa di fondazione di

manufatti.

Nelle zone ricadenti nella classe 3 ( Pericolosità moderata - alta)

Limitatamente alle aree per cui permangono interessi giustificati per la trasformazione urbanistica,

l’utilizzo e quindi qualsiasi ammissione di opere, è subordinato alla realizzazione di supplementi di

indagine per acquisire una maggiore conoscenza geologico-tecnica dell'area e del suo intorno, ove

necessario mediante campagne geognostiche, prove in situ e di laboratorio, nonché mediante studi tematici

specifici di varia natura (idrogeologici, ambientali, pedologici, ecc.). Ciò dovrà consentire di precisare e

caratterizzare il modello geologico-tecnico-ambientale per area, e, in caso di sostenibilità degli interventi, le

condizioni di sostenibilità. Inoltre, per gli ambiti territoriali di questa classe a rischio geomorfologico

dovranno essere previsti interventi di rinaturalizzazione, attraverso tecniche di interventi di ingegneria

naturalistica per una migliore valorizzazione del paesaggio.

Le indagini suppletive dovranno, in particolare, verificare:

Il diverso grado di rigidità e il diverso comportamento meccanico, in condizioni sismiche dei

terreni, in tutte le condizioni a maggiore vulnerabilità sismica e in particolare nelle aree di brusca variazione

litologica di contatto tra litotipi aventi caratteristiche meccaniche molto diverse e lungo le fasce a cavallo di

faglie valutate a maggiore rischio di riattivazione, dove si posso verificare in caso di riattivazione delle

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stesse, spostamenti relativi dei terreni di fondazione; tutto ciò al fine di verificare l’ammissibilità di opere

in tali ambiti a maggiore rischio sismico.

In prossimità di cigli e/o bordi di scarpate gli studi di maggiore approfondimento dovranno

verificare anche lo stato di alterazione e/o fatturazione dei terreni, in prospettiva di possibili ribaltamenti e/o

distacchi di blocchi rocciosi in condizioni sismiche, con conseguente arretramento dell’orlo di scarpata; gli

edifici siano ubicati, in ogni caso, a distanza di assoluta sicurezza da orli di terrazzi, pareti o scarpate, e da

eventuali cigli di distacco.

Per i versanti, in particolare con acclività accentuate, gli studi di approfondimento dovranno

prevedere dettagliate e globali verifiche di stabilità degli stessi, così come prescritte dalle Normative vigenti

(D.M. 11.3.1988, NTC’08), prima e dopo gli eventuali interventi di progetto.

Le aree a rischio medio e moderato (R2 ed R1) e le aree in frana associate sono soggette

comunque, in ogni caso, sempre prima di qualsiasi ammissione di opere, oltre a tutti gli approfondimenti su

esposti, anche alla disciplina dell’art. 18 delle NA & MS che prevede che “ la realizzazione di opere, scavi

e riporti di qualsiasi natura deve essere programmata sulla base di opportuni rilievi e indagini

geognostiche, di valutazione della stabilità globale dell’area e delle opere nelle condizioni “ ante”,” post”

e in corso d’opera”.

In vicinanza di qualsiasi forma di dissesto individuata e cartografata in questa fase di analisi

qualsiasi ammissione di opere necessita comunque sempre, prima, di attente e puntuali analisi di

approfondimento e supplementi di indagini della zona, al fine di progettare anche, gli interventi più idonei

(opere di ingegneria naturalistica, regimazione e canalizzazione delle acque superficiali e profonde……)

per la non propagazione dei fenomeni di dissesto circostanti.

Nelle zone ricadenti nella classe 4 (Pericolosità molto alta)

Non possono essere definite e prescritte, ovvero dichiarate ammissibili, trasformazioni fisiche ed opere che

non consistano in interventi finalizzati alla bonifica ed alla messa in sicurezza geomorfologica ed idraulica

dei siti, ovvero in opere di protezione idrogeologica.

Nelle aree, in particolare in cui si possono verificare cadute di massi e/o detriti e nelle aree in frana

per crollo, si rendono necessari interventi di controllo di detti fenomeni (opere di paramassi, reti metalliche,

cementazione fratture….) a garanzia della sicurezza delle strutture edificate e/o reti viarie esistenti,

considerato altresì la difficoltà a definire, alla scala di studio, l’area di influenza di tali fenomenologie.

Per gli edifici esistenti saranno consentiti esclusivamente interventi così come definiti dall’art.31,

lettere a) b) della L.457/1978, nonché interventi di adeguamento sismico eventuali opere pubbliche o di

interesse pubblico dovranno essere valutate puntualmente. A tal fine, alle istanze per l’approvazione de

parte dell’autorità comunale, dovrà essere allegata apposita relazione geologica che dimostri la

compatibilità degli interventi previsti con la natura di grave rischio geologico

Si richiamano, inoltre, gli art. 16-17 21-24 delle” Norme di Attuazione del PAI” per la disciplina

di tutte quelle aree rientranti in tale classe da rischi dettati dal PAI.

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CONCLUSIONI

La legge urbanistica regionale riconosce che “la pianificazione territoriale ed urbanistica si fonda

sul principio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni. A tal fine le scelte operate

sono elaborate sulla base della conoscenza, sistematicamente acquisita, dei caratteri fisici, morfologici ed

ambientali del territorio, delle risorse (…)”.

La legge regionale 19/02 richiede esplicitamente agli strumenti di pianificazione, con livelli

differenziati, nell’ottica della pianificazione per lo sviluppo sostenibile, di farsi carico, tra l’altro, dei

problemi di pericolosità e rischi geologici del territorio, e contribuire alla prevenzione e alla riduzione e

mitigazione degli stessi, nonché di farsi carico delle risorse naturali, nell’ottica di promuoverne la

protezione e tutela ma anche“ un uso appropriato” ai fini dello sviluppo

Nell’analisi fisico-ambientale si dovrà perciò fare riferimento, a mio avviso, ad un numero ampio di

fattori, comunque sufficienti ad una prima individuazione degli essenziali vincoli e potenzialità del

territorio, che possa assumere il significato di conoscenza delle condizioni materiali sulle quali innestare le

proposte e dall’altra le condizioni a cui rapportare il grado di compatibilità della proposta stessa. Il quadro

conoscitivo di base deve sicuramente contemplare l’analisi delle pericolosità geologiche che assumono

rilevanza nel territorio in esame (idrogeologiche, geomorfologiche, sismiche, ecc.) e ricomporre un basilare

livello di informazione sulle georisorse (agricole, idriche, energetiche, litominerarie e geositi).

È evidente che le attività riguardanti la definizione del quadro delle peculiarità geologiche

necessarie all’inquadramento delle pericolosità di base geologiche , e le elaborazioni cartografiche che

illustrano tali attività, ai fini della pianificazione territoriale, possono e devono avere estensione e

approfondimenti diversi in relazione al livello della pianificazione e alla specificità degli strumenti.

Nel campo sismico, solo recentemente (NTC’08) è stata prodotta un censimento di pericolosità

sismica espressa in termini di accelerazione, ancora inadeguata per il nostro territorio regionale, e che,

comunque, prescinde dagli effetti locali - da indagare con attività di microzonazione di sicura rilevanza per

un territorio geomorfologicamente molto tormentato come quello occitano. La normativa sismica ha

regolato di volta in volta le azioni sismiche di progetto, ma è noto che si è operato in assenza di dati

accelerometrici sia in campo aperto che su edifici, a cui la comunità scientifica internazionale attribuisce

molta importanza.

Il territorio comunale di Guardia Piemontese (CS) occupa una superficie totale di 21 kmq ed è

compreso tra la costa sul livello del mare fino alle vette di Serra Nicolino situate a una altezza di circa 1250

m s.l.m. Il versante occitano è compreso in una fascia delimitata a settentrione dall’incisione del Torrente

Bagni e a mezzogiorno dal Torrente Lavandaia.

La geologia è costituita prevalentemente da formazioni metamorfiche, paragneiss, scisti e filladi,

che caratterizzano la dorsale con direzione NE-SW, all’estremità della quale è localizzato lo storico nucleo

urbano di Guardia Piemontese (La Guardia) a quota 514 m circa s.l.m., e con aree, specialmente nella zona

marginale del territorio (da località Serrafornaio al Timpone della Scala), in cui assumono rilevanza i

sedimenti terziari appartenenti al periodo del Miocene medio-sup., costituite da conglomerati poligenici,

calcari arenaci, argille siltose, calcari evaporatici (insieme ai conglomerati pleistocenici di copertura, di

origine continentale). Un’importante fascia cataclastica (con direzione N- S) caratterizza la “falesia” della

fascia costiera assimilabile ad una scarpata di faglia litorale con ripe di erosione per trasgressione.

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I depositi litorali sono di natura colluviale con numerose conoidi detritiche e dune eoliche a

caratterizzare l’agglomerato urbano della Marina di Guardia Piemontese. La spiaggia, caratterizzata da

depositi incoerenti e delimitata da barriere frangiflutti parallele alla riva, è in dinamica erosiva in quanto i

prelievi sono maggiori degli apporti nonostante le foci del Torrente Bagni e del Lavandaia.La morfologia

generale è strettamente legata a processi erosivi sia di tipo areale che lineare, condizionati nel loro esplicarsi

dalle caratteristiche litologiche e strutturali dei litotipi. Si tratta di morfologie modellate a rilievi delimitati

da impluvi che tendono ad approfondirsi in relazione all’azione incisiva dei corsi d’acqua. Le litologie che

caratterizzano il territorio ed in particolare il loro grado di alterazione e fratturazione, condizionano

notevolmente la stabilità globale di queste aree che sono soggette, quindi, ad una rapida e continua

evoluzione geomorfologica.

In particolare, nelle aree in cui si rinvengono le coperture di dilavamento e soliflussione eocenici

(prodotti dallo smantellamento e alterazione dei pendii limitrofi), ma anche all’interno delle litologie

argilloso-scagliose, dislocate in fasce più o meno estese in tutto il territorio, e nelle aree di affioramento

delle brecce tettoniche, occupanti una fascia alquanto estesa, si rilevano fenomeni gravitativi che

evidenziano la precarietà di numerosi pendii. Questa instabilità è strettamente dipendente dai fenomeni

erosivi prodotti dalle acque di ruscellamento, dagli spessori della coltre di alterazione (che per azione delle

acque non regimentate, tendono a scivolare sul bed-rock sottostante ) e dalle fasce di deformazione

tettonica (fasce di fratturazione) in corrispondenza delle discontinuità strutturali.

La recente legge urbanistica della nostra regione, introduce di fatto questo tipo di pianificazione,

inserendo in tutti gli strumenti di pianificazione, dal QTR al PTCP, agli strumenti di pianificazione

comunale, l’obbligo di farsi carico di pericolosità e rischi geologici ma anche dell’utilizzo corretto e della

tutela delle risorse.

CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE

Nessuna trasformazione del territorio può prescindere dalla conoscenza e dall’accettazione delle

limitazioni naturali che ne diminuiscono la potenziale trasformabilità.

Per questo dalla presenza nel territorio comunale di aree “fragili” derivano alcune condizioni alla

trasformazione.

Infatti, sono fragili dal punto di vista geomorfologico tutte quelle aree in cui sono stati individuati

processi morfodinamici attivi o dei quali non è certa l’inattività, come pure le aree acclivi e nelle quali

affiorano litotipi con caratteristiche geotecniche “sfavorevoli” alla stabilità, spesso caratterizzate da

processi morfologici minori.

Ma possono anche essere fragili quelle aree, all’aspetto esenti da fenomeni di disequilibrio, ma che

la mano dell’uomo, con la sua visione antropocentrica, potrebbe trasformare in modo sconsiderato.

In generale, al fine di tutelare le aree in equilibrio e favorire il recupero della stabilità nelle aree

fragili, cui corrispondono livelli alti di pericolosità geomorfologica, si definiscono le seguenti direttive che

hanno valore di Norme di Attuazione di carattere geologico e andranno inserite nel REU.

Il soggetto attuatore, in base a quanto riscontrato sulla tavola della Fattibilità, troverà ogni utile

indicazione per realizzare il tutto nel rispetto delle Norme e degli interessi ambientali da tutelare.

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NORME DI ATTUAZIONE DI CARATTERE GEOLOGICO

Art. 1

Le norme di carattere geologico sono regolamentate in ragione dei seguenti fattori fondamentali:

le classi, in termini di fattibilità d’uso, a cui appartiene la porzione di territorio interessato

dall’intervento in progetto;

la tipologia dell’opera in progetto, classificata in base all’incidenza dell’assetto geologico del

territorio.

Gli accertamenti e i contributi geologici prescritti, si articoleranno, sempre e comunque, in tre fasi

fondamentali:

1. fase progettuale;

2. fase realizzativa;

3. fase di fine lavori-collaudo-consegna.

Il soggetto attuatore, pubblico o privato, riscontrerà, sulla tavola della fattibilità, in quale zone

ricade il terreno sul quale intende intervenire e individuare la classe e di conseguenza il paragrafo delle

norme geologiche.

Gli accertamenti geologici, in tutti i casi, dovranno essere compendiati in apposite relazioni

geologiche, il cui contenuto dovrà fornire, a seconda delle classi di fattibilità nelle quali è stato articolato il

territorio comunale, i seguenti contenuti minimi:

1- Un’ampia e dettagliata sintesi del contesto geologico, strutturale, geomorfologico, idrogeologico

dell’area e di un suo congruo intorno;

2- Una valutazione affidabile in merito alla difesa del suolo;

3- Una cartografia redatta sulla base di un rilevamento di campagna, a cura di un professionista

abilitato e in scala non maggiore di 1:1.000, che riguarderà le entità geologico-geomorfologiche.

Art. 2

Fattibilità con limitazioni (SottoClasse 2a) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

La classe di fattibilità comprende le aree della piana costiera alluvionale, in prossimità e a valle di

Viale Aldo Moro, e comprese tra Via Toscana e Via Venezia da Nord verso Sud. Le acclività sono

mediamente irrilevanti, sono assenti fenomeni geomorfologici sia in atto che potenziali.

Gli interventi urbanistici ed edilizi in riferimento al D.M. 14.01.2008 "Nuove Norme Tecniche

sulle Costruzioni e all'OPCM 3274 del 20.03.2003 e ss.mm.ii.", dovranno essere preceduti da uno studio

geologico e da indagini. Tutto ciò per definire con dettaglio il modello geologico, geomorfologico e

geotecnico del sottosuolo, in riferimento alla tipologia fondazionale da adottare, con valutazione delle

condizioni di stabilità ante, in e post operam. Gli interventi urbanistici ed edilizi dovranno sempre essere

accompagnati da interventi di regolazione e disciplina delle acque superficiali e da un'attenta analisi sulla

pericolosità sismica di base in quanto i depositi alluvionali possono presentare inversioni delle velocità

delle onde di taglio e presentare contrasti di impedenza con fenomeni di possibili risonanze.

In queste aree sono presenti condizioni che possono generare effetti di amplificazione o effetti

cosismici in quanto caratterizzate da depositi di alluvioni incoerenti che determinano amplificazione diffusa

del moto del suolo dovuta alla differenza di risposta sismica tra substrato e copertura alluvionale e

cedimenti dovuti a perticolari caratteristiche meccaniche dei terreni. La presenza, negli strati superficiali, di

depositi sabbiosi sciolti monogranulari interessati da scarsa soggiacenza della falda acquifera superficiale

determina cedimenti diffusi del terreno per fenomeni di liquefazione.

Lo studio geologico deve tendere all’accertamento dei seguenti aspetti e contenere:

Natura, origine, caratteristiche geotecniche e idrogeologiche dei materiali dei terrazzi fluviomarini,

al fine di accertare, prima di qualsiasi intervento modificatorio, le condizioni di equilibrio

ambientale.

Un’adeguata documentazione cartografica, sia dell’assetto geologico (litostratigrafico, strutturale,

tettonico, idrogeologico) che di quello geologico-tecnico (stratigrafie, sezioni geotecniche,

geomeccaniche).

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Per interventi modesti senza aumento di carico urbanistico, purchè mantengono ottima fruibilità e agevole

comprensione, tali elaborati cartografici possono essere pluritematici.

Fermo restando la piena responsabilità del professionista incaricato, un’adeguata caratterizzazione

geotecnica desunta, a seconda del tipo d’intervento, oltre che da eventuali spaccati significativi,

anche da prospezioni con sondaggi meccanici e geofisici, prove geotecniche e geomeccaniche, in

sito e in laboratorio, allo scopo di definire con dettaglio la modellazione del sottosuolo, oltre alle

necessarie verifiche di stabilità del versante. Laddove disponibili ed esaustivi potranno essere

acquisiti i risultati di precedenti studi e indagini depositati presso Enti Pubblici o in possesso dello

stesso Professionista che ne dovrà certificare la provenienza e la corrispondenza con il contesto

dell’ intervento.

Per opere pubbliche, edifici strategici, edifici rilevanti e edifici ordinari (volumi 5.000 mc) di cui

al Regolamento Regionale 12 novembre 1994 e s.m.i., che comportino modificazioni rilevanti

all’equilibrio geomorfologico, con la dichiarazione dell’ultimazione dei lavori, dovrà essere

consegnata, all’ufficio tecnico una succinta relazione di fine lavori, in cui si attesta anche con

un’essenziale documentazione fotografica, l’osservanza delle prescrizioni di cui al D.M.

14/01/2008.

Art. 3

Fattibilità con limitazioni di natura idraulica (SottoClasse 2b) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

Le aree disciplinate dal rischio inondazione rappresentano in mancanza di studi di dettaglio ai

commi 1 e 2 dell'art .24 delle NAMS dell'ABR, ai fini della tutela preventiva, areali con le stesse

prescrizioni vigente per le aree a RISCHIO R4.

Gli areali così identificati sulla base della cartografia disponibile sono stati rappresentati con margini di

sicurezza eccedenti le reali superfici vincolate al fine di tarare in una fase successiva e su cartografia

appropriata tali regioni. I soggetti interessati possono effettuare di loro iniziativa studi volti alla

classificazione della pericolosità delle aree d’attenzione di cui all’art. 9 comma b delle NAMS

dell’Autorita’ di Bacino regionale. Tali studi verranno presi in considerazione dal Comune e dall’ABR solo

se rispondenti ai requisiti minimi stabiliti dal PAI e indicati nelle specifiche tecniche e nelle linee guida

predisposte. Per le aree perimetrate all’interno del rischio idraulico il modello geologico dovrà essere

corredato da uno studio idraulico di dettaglio dell’asta torrentizia considerata, che accerti l’eventuale

sofferenza idraulica per deflusso ostacolato, con conseguente possibilità di esondazione. Saranno escluse da

questa categoria le aree esterne ad argini ritenute insormontabili rispetto a piene con tempo di ritorno

T=200 anni.

Le aree vincolate da una perimetrazione rossa rientrano nelle specifiche delle norme tecniche di

attuazione “Zone di Attenzione” così come cartografate dall’Autorità di Bacino;

Le aree vincolate da una perimetrazione viola sono vincolate dallo strumento urbanistico comunale

e si attueranno le limitazioni idrauliche sopradette.

Art. 4

Fattibilità con modeste limitazioni (SottoClasse 2c) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

Fanno parte di questa sottoclasse le aree delle antiche conoidi sulla piana costiera, oggi densamente

urbanizzate, e reincise in conseguenza del confinamento dei corsi d'acqua, e ormai rese fossili dall'attività

antropica.

L'uso urbanistico nel perimetro di tali siti è condizionato, oltre che alle prescritte indagini

geologico-tecniche di cui al D.M. 14.01.2008, da un'attenta analisi sulla pericolosità sismica di base. Vale

quanto detto agli Artt. 2-3 con l'aggravio che, sulla scorta dei dati desunti dalle indagini sismiche eseguite,

questi areali presentano un'inversione delle velocita' delle onde di taglio Vs. Inoltre per gli areali posti alla

base dei versanti dovra' essere accertata l'assenza di erosione al piede dei pendii e di tutti fenomeni di

instabilità sia in atto che potenziale.

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Per le aree perimetrate all'interno del rischio idraulico il modello geologico dovrà essere corredato

da uno studio idraulico di dettaglio dell'asta torrentizia considerata, così come prescritto nell’Art.3, che

accerti l'eventuale sofferenza idraulica per deflusso ostacolato, con conseguente possibilità di esondazione.

Saranno escluse da questa categoria le aree esterne ad argini ritenute insormontabili rispetto a piene con

tempo di ritorno T=500 anni.

Per nuove opere ricadenti all’interno delle paleo-conoidi nelle quali è stato riscontrato un rischio

idrogeologico, la relazione del professionista dovrà contenere, oltre quanto specificato all’Art. 2, e i

normali elaborati geologici di cui alle vigenti normative, un’analisi storica dei fenomeni alluvionali

verificatesi nel passato o anche di semplici fenomeni di flussi idrici non catastrofici. Lo studio

dovrà verificare lo stato di manutenzione delle opere idrauliche presenti sull’asta torrentizia nel

tratto di conoide a monte dell’opera, la loro funzionalità, la presenza in alveo di vegetazione e/o

materiale trasportato ed eventualmente in grado di essere rimosso o in grado di formare fenomeni di

tappo. Laddove non presenti opere di difesa, si deve verificare la presenza di sponde in erosione.

Per opere pubbliche, edifici strategici, edifici rilevanti e edifici ordinari (volumi 5.000 mc) di cui

al Regolamento Regionale 12 novembre 1994 e s.m.i., che comportino modificazioni rilevanti

all’equilibrio geomorfologico, con la dichiarazione dell’ultimazione dei lavori, dovrà essere

consegnata, all’ufficio tecnico una succinta relazione di fine lavori, in cui si attesta anche con

un’essenziale documentazione fotografica, l’osservanza delle prescrizioni di cui al D.M.

14/01/2008.

Art. 5

Fattibilità con persistenti limitazioni (SottoClasse 3a) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

Lo studio geologico, in tali aree con condizionamento d’ordine geologico eliminabile con interventi di

media difficoltà e onerosità, deve tendere all’accertamento di:

3a - Natura, origine, caratteristiche geotecniche e idrogeologiche dei materiali sciolti e dei complessi

litoidi, al fine di accertare e comparare, prima di qualsiasi intervento modificatorio, le condizioni di

equilibrio attuali e future.

3b – Giacitura, assetto strutturale, stato di alterazione del substrato roccioso al fine di garantire l’attuale

equilibrio del versante a seguito degli interventi previsti, e se, e con quale accorgimenti, siano

correttamente eseguibili gli interventi modificatori dell’assetto geologico.

3c – La puntuale caratterizzazione geologico tecnica del sottosuolo, direttamente interessato

dall’intervento, allargata ad un suo funzionale intorno, in ragione del tipo d’intervento previsto

mediante puntuali indagini geognostiche e geofisiche con prove in sito e/o laboratorio, ovvero per

esplicita, motivata e documentata assunzione di responsabilità del professionista incaricato, desumibile

non solo dal rilevamento diretto e dai dati geognostici disponibili in sito o reperiti attraverso indagini

eseguite precedentemente nell’area, finalizzate a fornire i parametri quantitative a completamento delle

indicazioni geologiche generali, ai fini della distinta progettazione delle fondazioni di strutture portanti,

o di sostegno, connesse all’intervento da realizzare.

3d - La verifica di stabilità del versante per un congruo tratto a monte e a valle dell’intervento, lungo

una o più sezioni rappresentative, desunti da calcoli ed elaborazioni con relazione allegata.

3e – Per nuovi fabbricati e strutture anche non residenziali e per modificazioni dell’assetto della

superficie del terreno, che comportino scavi e sbancamenti eccedenti i 3,0 mt di altezza, con la

dichiarazione di ultimazione dei lavori, dovrà essere consegnata all’Ufficio Tecnico, una relazione

geologica di fine lavori, in cui il professionista attesti la completa osservanza delle norme di cui al D.M.

14/01/2008, con allegata un’adeguata documentazione fotografica dell’esecuzione dei lavori.

Sono comprese in questa classe di fattibilita', le aree dissestate in modo lieve, le aree soggette a

fenomeni di rilasci tensionali, frane quiescienti, frane stabilizzate, frane inattive classificate a Rischio

R1 e R2 PAI e frane PSC ad esse assimilate(cosi' come comunicato al Comune di Guardia con nota n.

080001832 del 11.06.2008 dall'ABR (Pericolosita' IP3 e rischio associato R2).

L'utilizzo di queste zone sarà pertanto subordinato alla realizzazione di indagini che acquisiscono una

migliore conoscenza geologico-tecnica dell'area e del suo intorno, mediante campagne geognostiche,

prove in situ e in laboratorio nonché studi specifici di varia natura (idrogeologici, idraulici, ambientali

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ecc). Cio' dovrà consentire di precisare le idonee destinazioni d'uso, volumetrie ammissibili, tipologie

costruttive più opportune, nonche' opere di sistemazione e bonifica ai fini della prevenzione

idrogeologica e sismica, con la valutazione della stabilità del versante.

Inoltre dalla zonazione macrosismica effettuata, queste aree localmente interessate da fenomeni di

instabilita' di versante sia recenti che quiescienti, sono soggette in caso di terremoti ad accentuazioni

dei fenomeni geomorfologici.

Art. 6

Fattibilità con persistenti limitazioni (SottoClasse 3b) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

Aree esterne alle perimetrazioni precedenti o isolate sono interessate da delimitazioni di pericolosita'

idrogeologica, soggette quindi alla disciplina dell'uso del suolo dagli articoli 16-17-18 delle NAMS e

di quanto prescritto nelle Norme di Attuazione di carattere geologico. Pertanto, tale area, qualora

utilizzata, è soggetta alla determinazione da parte di un geologo abilitato, per la valutazione della

pericolosita' secondo quanto stabilito al punto 3.2.3.1 delle Linee Guida per la valutazione e zonazione

delle pericolosita' e rischio di frana pubblicata sul BUR Calabria n.20 del 31.10.2001.

Lo studio di compatibilita' geomorfologica e sismica dovra' essere rivolto verso fenomeni quali

cedimenti diffusi del terreno e instabilità dei versanti lungo i pendii sia statiche che in concomitanza di

stress dinamici in relazione alle scadenti caratteristiche meccaniche dei terreni. Inoltre per le aree da

urbanizzare è fatto obbligo, cosi' come previsto dalle NTC 08, alla determinazione delle amplificazioni

del moto del suolo connessa con la focalizzazione delle onde sismiche lungo i versanti e di tutti i

fenomeni connessi alla differente risposta sismica tra substrato e copertura.Sono comprese in questa

sottoclasse aree di cresta rocciosa, cocuzzoli o dorsali strette, aree di bordo e cigli di scarpate (altezza

superiori ai 10 metri) in cui le verifiche di sicurezza lungo i versanti devono essere verificate nei

confronti sia degli arretramenti di scarpate a valle che da ribaltamenti e/o distacchi di blocchi rocciosi a

monte per un'estensione minima determinata dall'areale perimetrato dalla sottoclasse SC3c.

Art. 7

Fattibilità con persistenti limitazioni (SottoClasse 3c) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

Queste aree comprendono versanti con elevato stato di pericolosità geologica contigui alle

Sottoclassi 2c, 3a, 3b. In tali vale quanto detto all’Art. 4 e la concomitante presenza di zone con acclività

dei versanti medio-alta e in cui è presente un impatto antropico, la presenza di creste e scarpate a ridosso

degli areali a fattibilità 2b-3a/b, i notevoli spessori delle coltri di alterazioni del substrato cristallino-

metamorfico e la vicinanza dei fenomeni erosivi delle incisioni, rendono necessaria l'estensione per tali

areali di versanti di definire gli spessori delle coperture sia eluviali che colluviali, l'eventuale presenza

d'acqua al loro interno e al contatto con il substrato roccioso. Questi areali determinano una pericolosità che

si estende nelle contigue classi sopradette e rappresentano "areali di pendii significativi ed omogenei" cui

devono essere estesi gli studi e le analisi della modellazione e caratterizzazione geologica dei versanti. I dati

ottenuti dagli studi geologici necessari alle verifiche di stabilita' dei versanti e della relativa messa in

sicurezza comportano una modellazione e caratterizzazione geologico-tecnica che certifichi come tali areali

siano in equilibrio geomorfologico

Per gli areali in cui sono possibili nuove realizzazioni di infrastrutture urbanistiche sono richieste

verifiche di dettaglio con accurate indagini geognostiche di tipo diretto, indagini geofisiche e monitoraggio

geotecnico corredato da uno studio di compatibilità geomorfologica che accerti la fattibilità dell'intervento.

L’oggetto di atti di pianificazione territoriale di interesse pubblico, non altrimenti localizzabili, sarà

subordinato all'attuazione preventiva di interventi di consolidamento, bonifica, protezione e sistemazione

ambientale Gli interventi, definiti sulla base di idonei studi di compatibilità geomorfologica, idrogeologici e

geotecnici, atti a documentare la dinamica complessiva dei versante e l’areale potenzialmente coinvolgibile,

dovranno essere tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree adiacenti, da non limitare la

possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni franosi, da consentire la

manutenzione delle opere di messa in sicurezza. Nelle regioni in cui tale sottoclasse è contigua alla Casse 4

e il cui limite è rappresentato da un impluvio, qualsiasi intervento di mitigazione del rischio e/o di

regimentazione idraulica dovrà operare sia in sinistra che in destra idraulica.

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Art. 8

Aree di pregio naturalistico dei "Complesso Mt. Rossino - Acqua di Pietra", "Mt. Pistuolo",

"Serra Specio" e "Forra del F. Bagni"(SottoClasse 3d) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

In questa sottoclasse è compreso l'ampio areale a vocazione prettamente naturalistica forestale di

Mt. Rossino e dei versanti occitani di Serra Nicolino. L'area è stata integrata fino alle propaggini nord-

orientali del territorio comunale fino ai versanti di Acqua di Pietra. Sono stati inseriti anche i versanti

occidentali di Serra Specio e quelli meridionali di Mt. Pistuolo.Tali zone risultano strategiche dal punto di

vista idrogeologico in quanto rappresentano gli areali di ricarica dei maggiori acquiferi presenti sul

territorio comunale. Fa eccezione la Forra del Fiume Bagni che rappresenta un corridoio ambientale-

idrotermale in cui sono presenti le rinomate “Grotte del Milogno”. La delimitazione di queste zone

comprende areali ZPS, aree di interesse naturalistico, depositi legati a fenomeni geomorfologici ed incisioni

peculiari per cui sono classificati ed identificati come riserve naturali in cui nella fase di 3° livello saranno

identificati i percorsi dei geositi.

Art. 9

Aree Piana Costiera Guardia Marina (SottoClasse 3e) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

Sono comprese in questa classe di fattibilità le aree della Marina di Guardia, tra la linea ferroviaria e

l'areale delimitato con pericolo di erosione costiera. Gli interventi urbanistici ed edilizi dovranno fare

riferimento al D.M. 14.01.2008 "Nuove norme Tecniche sulle Costruzioni e all'OPCM 3274 del

20.03.2003 e ss.mm.ii." dovranno essere preceduti da uno studio geologico e da indagini geognostiche

e geofisiche. Tutto ciò per poter definire con dettaglio il modello geologico - strutturale e geotecnico

del sottosuolo in riferimento alla tipologia fondazionale da adottare, con valutazione delle pericolosità

presenti, così come normati dalle prescrizioni geologiche e accompagnate dai dettami per il Piano di

Protezione Civile in caso di "Maremoti".

Art. 10

Fattibilità con gravi limitazioni (Classe 4) (rif. Carta della Fattibilità Tav. G8)

In questa classe, con condizionamento elevato di ordine geologico, in cui sussistono, per l’alta

propensione al dissesto, motivi di allarme, sono privilegiati opere di sistemazione idrogeologica, di tutela

del territorio e di difesa del suolo e interventi pubblici di riassetto e messa in sicurezza del patrimonio

urbanistico esistente. Tali aree potranno essere oggetto di atti di pianificazione territoriale per previsioni

edificatorie e opere infrastrutturali di interesse pubblico, non altrimenti localizzabili, subordinando

l'attuazione delle stesse alla preventiva esecuzione di interventi di consolidamento, bonifica, protezione e

sistemazione. Gli interventi, definiti sulla base di idonei studi di compatibilità geomorfologica,

idrogeologici e geotecnici, che documentano la dinamica complessiva del versante e l’areale

potenzialmente coinvolgibile, dovranno essere tali da non pregiudicare le condizioni di stabilità nelle aree

adiacenti, da non limitare la possibilità di realizzare interventi definitivi di stabilizzazione dei fenomeni

franosi, da consentire la manutenzione delle opere di messa in sicurezza.

Sono comprese in questa classe di edificabilità tutte le aree dissestate con rischio da frana Pai

associato R3 ed R4 nonché le aree con rischio idraulico di esondazione (aree, punti e zone di attenzione,

quelle in frana PSC, le aree in erosione accelerata PSC, oltre a tutti i versanti con pendenza superiore al 35

%. Le aree ricadenti in questa classe sono quelle in cui alle condizioni di pericolosità geologica, si

associano fattori preclusivi. Infatti in queste aree sussistono condizioni per l'elevata propensione al dissesto,

sia per le scadenti caratteristiche geotecniche della coltre di alterazione che per la degradazione dei litotipi

presenti, generalmente poco resistenti ai fenomeni erosivi. In questa classe sono privilegiate opere di

sistemazione idrogeologica, di tutela del territorio e di difesa del suolo, tramite consolidamenti con tecniche

di ingegneria naturalistica, regolazione delle acque superficiali e sotterranee, sistemi di monitoraggio per il

controllo dell'evoluzione dei fenomeni in atto.

Per gli edifici esistenti sono consentite esclusivamente le opere relative ad interventi di demolizione

senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo senza

aumento di superficie e volume e senza aumento del carico urbanistico, così come previsto dalla normativa

sismica vigente per gli interventi di adeguamento sismico.

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Per eventuali opere infrastrutturali di interesse pubblico, non altrimenti localizzabili e/o nuove

realizzazioni di infrastrutture urbanistiche sono richieste verifiche di dettaglio con accurate indagini

geognostiche sia di tipo diretto che di indagini geofisiche. Il tutto corredato da uno studio di compatibilità

geomorfologica che accerti, con il più approfondito livello di modellazione geologica, la fattibilità

dell'intervento.

Nelle aree di spiaggia attuale è possibile solo l'installazione di strutture mobili temporanee stagionali

per il tempo libero a condizione che sia comunque garantita l'incolumità pubblica, fermo restando la

necessità di acquisire il parere dell'Autorità competente.

Lo studio suddetto deve tendere all’accertamento di ciò e dovrà contenere:

natura, origine, caratterizzazione geotecnica dei materiali alterati di copertura e la caratterizzazione

geomeccanica dei complessi litoidi, al fine di accertare, prima di qualsiasi intervento modificatorio,

le condizioni di equilibrio;

programmazione delle indagini geognostiche e conseguente caratterizzazione geologico-geotecnica

del sottosuolo, da eseguirsi obbligatoriamente in fase pre-progettuale, formulata e dimensionata in

base alle accertate problematiche di ordine geologico della zona in esame, e alle caratteristiche

dell’impatto geologico presunto, in relazione allo specifico intervento previsto;

giacitura, assetto strutturale, stato di alterazione del substrato roccioso al fine di garantire l’attuale

equilibrio del versante a seguito degli interventi previsti e se, e con quale accorgimento, siano

correttamente eseguibili gli interventi modificatori dell’assetto geologico, tali da fornire il massimo

e più affidabile livello di indicazioni geologiche e geologico-tecniche;

verifiche di stabilità del versante, ipotizzando più superfici di scorrimento, per un congruo tratto a

monte e a valle dell’intervento, lungo più sezioni rappresentative, documentate da calcoli ed

elaborazioni specificatamente applicabili.

uno studio che verifichi, in caso di qualunque intervento che modifichi l’assetto originario del

reticolo idrografico minore, la funzionalità del sistema drenante nelle condizioni attuali e con le

modifiche previste. L’indagine dovrà essere estesa all’area scolante attraverso un rilievo di

dettaglio del reticolo idrografico minore, in modo da definire i rapporti gerarchici tra le varie linee

di drenaggio delle acque superficiali. Anche eventuali tombamenti, di ogni dimensione e lunghezza,

in aree urbane o agricole, dovranno essere opportunamente dimensionati e supportati da apposito

progetto, che dimostri la funzionalità dell’opera;

alla dichiarazione di fine lavori deve essere allegata una succinta relazione geologica, in cui il

geologo professionista incaricato, regolarmente iscritto all’Ordine, attesti, in seguito a suo diretto

controllo, la completa osservanza delle norme di cui al D.M. 14/01/2008 nonché la puntuale

attuazione delle indicazioni dello studio di compatibilità geomorfologica.

Art. 11

Fondi agricoli

Al fine di favorire la protezione del suolo dall’erosione, i proprietari dei terreni declivi, in assenza di

sistemazione, devono provvedere alla realizzazione di solchi acquei temporanei, individuando eventuali

percorsi preferenziali delle acque piovane, raccogliendo la stessa nell’appezzamento considerato,

minimizzando gli effetti negativi, così da mantenere una velocità tale da non pregiudicare la funzione del

solco stesso, convogliandola in fossi e alvei naturali, ai bordi dei campi ove esistenti, altrimenti allontanata

in modo razionale e disciplinato.

Qualora i fenomeni erosivi del suolo siano presenti nonostante l’applicazione di tali accorgimenti, la

condizionalità è da ritenersi rispettata.

Sono da incentivare il mantenimento, la manutenzione ed il ripristino delle opere di sistemazione

idraulico-agraria di presidio, tipiche degli assetti agricoli storici quali: muretti, terrazzamenti, gradonamenti,

canalizzazione delle acque selvagge, drenaggi, ecc.

Sarebbe inoltre opportuno che si obbligasse l’utenza, nella misura maggiore possibile, all’allacciamento alla

pubblica fognatura o, in mancanza di essa, per insediamenti sparsi o isolati, alla predisposizione di singoli

impianti di depurazione.

Page 46: PIANO STRUTTURALE COMUNALE DOCUMENTO PRELIMINARE€¦ · IL PSC “Il Piano Strutturale Comunale (P.S.C.) definisce le strategie per il governo dell’intero territorio comunale,

“Studio Geologico del Piano Strutturale Comunale di Guardia Piemontese”

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Art. 12

Ricerca e Sfruttamento acque sotterranee L’esecuzione dei lavori di perforazione di nuovi pozzi idrici o di captazione di nuove sorgenti sia ad

uso domestico che produttivi (agricolo o industriale), è soggetta ad autorizzazione in attuazione delle

normative vigenti.

La richiesta e la successiva autorizzazione rilasciata dall’ente competente (Amministrazione

Provinciale) dovranno essere trasmesse “per conoscenza” al Comune corredate dalla relativa

documentazione tecnica completa. Al fine di rendere possibile azioni preventive e di tutela degli acquiferi

destinati ad uso potabile, i progetti per la ricerca e la realizzazione di nuove fonti di approvvigionamento

idrico, dovranno essere accompagnati dall’esecuzione di un adeguato studio geologico-idrogeologico

dell’area finalizzato a definire le condizioni di vulnerabilità della risorsa idrica considerata.

Sotto il profilo metodologico e di contenuto, detto studio dovrà contenere quantomeno la descrizione

e la rappresentazione:

delle caratteristiche geolitologiche ed idrogeologiche necessarie a descrivere l’acquifero

considerato e il suo grado di vulnerabilità;

dei fattori antropici o naturali presenti anche al di fuori delle zone di rispetto che possono

influenzare la qualità dell’acqua che si intende utilizzare.

Art. 13

Fognature e Condotte interrate Come prescritto dal D.M. LL.PP. 12 dicembre 1985 “Norme tecniche relative alle tubazioni”, per la

realizzazione di fognature e di condotte di adduzione e/o distribuzione di acqua ad uso potabile, agricolo,

industriale e idroelettrico dovrà essere eseguito uno specifico studio geologico e geotecnico.

Tale studio dovrà accertare, anche in caso di condotte di adduzione e/o distribuzione di modesta

entità, sia in termini di lunghezza che di dimensione della tubazione, e quindi che prevedano scavi di ridotta

profondità, se gli stessi risultano compatibili con la sicurezza statica degli eventuali manufatti circostanti.

I contenuti dello studio geologico accerteranno quanto stabilito per la classe di Fattibilità entro cui

essi si ubicano.

COSENZA , MARZO 2014

IL GEOLOGO

DOTT. SALVATORE ROTA