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I tributi locali: soluzioni ed azioni per migliorare la gestione ed aumentare la riscossione Montesilvano, 7 novembre 2017 Pasquale Mirto

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I tributi locali: soluzioni ed azioni per migliorare la gestione ed

aumentare la riscossione

Montesilvano, 7 novembre 2017

Pasquale Mirto

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PARTE I

LA GESTIONE DELL’UFFICIO TRIBUTI

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Varie alternative

1) Gestione totalmente interna

2) Gestione mista: alcuni tributi a gestione diretta altri a gestione esterna

3) Gestione per processi: alcune fasi interne altre esterne

4) Gestione associata: Unioni o convenzioni

Due gli ingredienti:

a) Politica attenta e consapevole dell’importanza dei tributi locali

b) Adeguato personale, sia in termini di dotazione che in termini di

professionalità

P. Mirto - 2017 3

COME GESTIRE?

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Personalmente, sussistendo le condizioni, ritengo che la

gestione interna sia quella più efficiente, efficace ed

economica.

Tutto dipende però da una dotazione interna adeguata.

Alternativamente, in presenza di risorse scarse è possibile

una gestione associata, sia tramite semplice convenzione che

Unione

Io porto come esempio una gestione associata (prima come

convenzione tra comuni e poi come Unione) partita nel

«lontano» 1999.

P. Mirto - 2017 4

COME GESTIRE?

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Una strada già percorsa che ha mostrato risultati ottimi è quella della

gestione associata tra Comuni.

Si uniscono le debolezze (poco personale) per costituire un ufficio che può

raggiungere, con pochi investimenti, risultati ottimi.

È necessario:

a) Volontà politica

b) Almeno una persona altamente qualificata

c) Dotazioni informatiche sufficienti

Vediamo come fare

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La gestione associata

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FASE – 1- RACCOLTA DEI DATI

Data per acquisita la volontà politica di procedere alla gestione in forma associata, occorre realizzare uno studio di fattibilità, che presuppone la raccolta dei dati, ed in particolare:

Volume attività;

Personale impiegato;

Dotazioni informatiche;

Altri variabili, quali distanza dai comuni.

Se non c’è volontà politica è inutile spendere soldi per studi di fattibilità che saranno utilizzati impropriamente per giustificare la mancata adesione

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FASE 1- PREDISPOSIZIONE QUESTIONARIO

Primo passo: predisposizione questionario

Premessa:

Occorre garantire un servizio di supporto alla compilazione per garantire uniformità dei dati;

I dati non esprimono un giudizio su come è stato finora gestito l’ufficio tributi ma servono solo a fotografare la situazione.

Vediamo un esempio di questionario

Questionario rilevazione Tributi ver_2017.xls

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FASE 2 – PRIMA ANALISI DEI DATI

Raccolti i dati occorre fare un prima relazione illustrativa delle informazioni

raccolte

La relazione ci darà delle prime indicazioni sulla possibilità di effettuare la

fase successiva che è lo studio di fattibilità

Serve a confrontare lo stato di fatto presente nei comuni analizzati e a

verificare se ci sono gli elementi minimi per poter ipotizzare una gestione

associata

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FASE 2- ESEMPIO COMUNI MONTANI

Vediamo un esempio di situazione molto difficile, perché:

A) comuni molto piccoli;

B) comuni molto lontani

Questi sono due variabili decisive perché incidono sui costi e sull’organizzazione.

La situazione è favorevole quando almeno un comune è strutturato.

Comunque è sempre possibile gestire un servizio tributi in forma associata, quello che cambia è la modalità organizzativa

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FASE 2- ESEMPIO COMUNI MONTANI

Prima relazione su una comunità montana

Esempio Analisi Servizio Tributi Montagna.doc

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FASE 3 – Lo studio di fattibilità

Con lo studio di fattibilità si costruisce l’ipotetico ufficio associato.

Occorre quindi definire gli elementi portanti:

Locali

Apertura pubblico

Numero dipendenti

Strumentazione informativa

Catena di comando

Costi

Criteri di riparto

Rendicontazione

P. Mirto - 2017 11

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Stesura della convenzione

Lo studio di fattibilità dovrà tradursi poi in una CONVENZIONE

Esempio nostra convenzione

Convenzione Serivizo Tributi Unione.pdf

P. Mirto - 2017 12

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Parte II

Le esperienze consolidate

Il servizio Tributi

Dell’Unione Comuni Modenesi Area Nord

P. Mirto - 2017 13

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I comuni aderenti al Servizio Tributi

popolazione al 1° gennaio 2011

Comuni

Camposanto (dal 1° gennaio 2011) 3.218

Cavezzo 7.390

Concordia Sulla Secchia 9.059

Medolla 6.331

Mirandola 24.602

San Felice Sul Panaro 11.135

San Possidonio 3.828

San Prospero 5.888

TOTALE 71.451

Finale Emilia 16.072

Popolazione UCMAN 87.523

Superficie

territoriale

500 kmq

P. Mirto - 2017 Pagina 14

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Il Percorso 1 – evoluzione forma associativa

Il 30.01.1999 si costituisce il Servizio Tributi Intercomunale dell’Associazione

dei Comuni

Il personale è “comandato”

Il 21 novembre 2003 si costituisce l’UCMAN

Il 1° febbraio 2004 il personale viene trasferito all’Unione

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Il percorso 2- Le ragioni politiche

La necessità di perseguire maggiore equità fiscale nell’applicazione dei tributi comunali

La necessità di avere un controllo del territorio “uniforme” sul territorio dell’UCMAN

La necessità di raggiungere un più elevato grado di autonomia tributaria

La consapevolezza che la gestione associata non vuol dire delegare le funzioni ad un comune capofila o all’Unione, ma vuol dire svolgere le funzioni in modo unitario

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Il percorso 3- Le ragioni tecniche

Il riconoscimento dell’eccellenza Mirandola (nel 1998 era l’unico che

effettuava attività di recupero ICI)

La possibilità di elevare le competenze professionali dei dipendenti di tutti i

comuni

L’opportunità di partire fin da subito con l’attività di recupero dell’ICI,

utilizzando il modello Mirandola

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Recupero evasione 1 - Associazione

Comune Associazione (1999-2003) Media annuale

Cavezzo 589.184 117.837

Concordia 1.148.916 229.783

Medolla 708.871 141.774

Mirandola 2.803.311 560.662

S. Felice 1.192.983 238.597

S. Possidonio 510.233 102.047

S. Prospero 579.649 115.930

TOTALE 7.533.147 1.506.629

P. Mirto - 2017 Pagina 18

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Recupero evasione 2 – Anni 2004-

2011

P. Mirto - 2017

Comune TOTALE Media Annuale

Camposanto 225.690,00 225.690,00

Cavezzo 1.040.494,00 130.061,75

Concordia 1.141.743,00 142.717,88

Medolla 1.325.336,00 165.667,00

Mirandola 4.968.619,00 621.077,38

S. Felice 1.826.929,00 228.366,13

S. Possidonio 624.791,00 78.098,88

S. Prospero 1.116.026,00 139.503,25

TOTALE 12.269.626,00 1.533.703,25

Pagina 19

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Recupero evasione ICI -

IMU

Comune 2012 ICI 2013 ICI 2013 IMU 2014 ICI 2014 IMU Totale Media 12/14

Camposanto

75.433,00

92.076,00

12.488,00

51.899,00

156.248,00

388.144,00

129.381,33

Cavezzo

31.992,00

56.325,00

29.273,00

81.543,00

22.540,00

221.673,00

73.891,00

Concordia

103.881,00

62.698,00

106.897,00

210.116,00

94.383,00

577.975,00

192.658,33

Medolla

39.727,00

78.561,00

22.814,00

129.221,00

145.802,00

416.125,00

138.708,33

Mirandola

210.372,00

583.647,00

168.761,00

394.457,00

195.173,00

1.552.410,00

517.470,00

S.Felice

62.944,00

138.499,00

68.879,00

205.119,00

119.543,00

594.984,00

198.328,00

S.Possidonio

184.564,00

26.001,00

84.677,00

32.939,00

25.230,00

353.411,00

117.803,67

S.Prospero

69.760,00

54.305,00

17.756,00

50.757,00

48.622,00

241.200,00

80.400,00

778.673,00

1.092.112,00

511.545,00

1.156.051,00

807.541,00

4.345.922,00

1.448.640,67

P. Mirto - 2017 Pagina 20

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Recupero evasione 3

Comune Associazione (1999-2003) Unione (2004-2010) TOTALE

Media annuale

(12 anni)

Cavezzo

589.184

961.618

1.550.802

129.234

Concordia

1.148.916

946.047

2.094.962

174.580

Medolla

708.871

1.245.214

1.954.085

162.840

Mirandola

2.803.311

4.485.604

7.288.915

607.410

S. Felice

1.192.983

1.560.105

2.753.088

229.424

S.

Possidonio

510.233

501.220

1.011.453

84.288

S. Prospero

579.649

1.013.909

1.593.558

132.796

TOTALE

7.533.147

10.713.716

18.246.864

1.520.572

P. Mirto - 2017 Pagina 21

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Recupero Evasione

1999-2014 – 15 anni di attività

Recuperati complessivamente 24.148.695

Con una media annuale di 1.609.913

P. Mirto - 2017 22

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A decorrere dal 2012 abbiamo stime nazionali sul Tax gap IMU

Il tax gap IMU e definito come la differenza tra il gettito IMU teorico e il gettito IMU effettivo.

Per gettito IMU teorico si intende il gettito che dovrebbe affluire a legislazione fiscale vigente, mentre per

gettito IMU effettivo si intende il gettito IMU effettivamente riscosso dai Comuni. L’indicatore in termini

percentuali maggiormente utilizzato per identificare il tax gap e

dato dal rapporto tra la differenza come sopra definita e il gettito IMU teorico (propensione al gap).

Il calcolo del tax gap IMU viene effettuato considerando l’aliquota di base, o aliquota standard,

definita dal legislatore su base nazionale; pertanto sia il gettito IMU teorico sia il gettito IMU

effettivo sono valutati ad aliquota di base. La determinazione del gettito IMU teorico è basata sui dati

dell’archivio catastale, aggiornato all’ultima annualità disponibile (2015).

Le stime effettuate fanno riferimento a tutti gli immobili esclusi i terreni, le aree fabbricabili e i fabbricati

rurali strumentali che richiederebbero uno sforzo rilevante di omogeneizzazione delle basi imponibili (ad

esempio, per le aree fabbricabili la base imponibile e data dal valore di mercato in luogo della rendita

catastale).

Il gettito IMU effettivo standard e determinato per gli altri fabbricati attraverso una procedura di

standardizzazione del gettito effettivo, in considerazione della necessita di isolare il gettito ad aliquota di

base a partire dal gettito effettivamente riscosso, che incorpora non solo le differenti aliquote deliberate dai

Comuni, ma anche le varie forme di agevolazione fiscale.

Soltanto in assenza di sforzo fiscale e agevolazioni fiscali, ossia quando l’aliquota deliberata

coincide con l’aliquota di base, il gettito effettivo standard e equivalente al gettito effettivamente

riscosso.

P. Mirto - 2017 23

TAX GAP IMU

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L’evasione IMU in Italia

Nel 2012, il tax gap IMU è stimato di quasi 4,2 miliardi pari al 18,37% del gettito IMU teorico.

Nel 2013, il tax gap IMU sugli altri fabbricati è di quasi 5,5 miliardi, pari al 28,13%

del gettito IMU teorico.

Per il 2014, il tax gap IMU/TASI è stimato in circa 4,3 miliardi escludendo i terreni,

le aree fabbricabili e i fabbricati rurali, pari al 22,6% del gettito IMU e TASI teorico

Nel 2015, il tax gap IMU è stimato per un ammontare di circa 5,2 miliardi, pari al

26,9% del gettito IMU teorico.

La differenza tra la base imponibile IMU teorica e la

base imponibile IMU effettiva è di circa 680 miliardi.

P. Mirto - 2017 24

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P. Mirto - 2017 25

L’evasione IMU in Italia nel 2015

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P. Mirto - 2017 26

Tax gap IMU 2015 per provincia

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P. Mirto - 2017 27

Dinamica evasione

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Tax gap 2012

P. Mirto - 2017 Pagina 28

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Tax gap 2013

P. Mirto - 2017 Pagina 29

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Correlazione evasione e dimensione

comune

P. Mirto - 2017 Pagina 30

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L’organizzazione 1

La convenzione trasferisce all’Unione

la sola “gestione” dei tributi

La potestà attiva rimane in capo ai

comuni

La riscossione è “formalmente” in

capo ai comuni

P. Mirto - 2017 31

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L’organizzazione 2

Ufficio centrale presso il Comune di

Mirandola

Sportelli “Informatributi” presso ogni singolo

comune, aperti due giorni a settimana

P. Mirto - 2017 32

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L’organizzazione 3

Unico applicativo

Uniformità regolamenti, fatta salva l’autonomia

decisionale di ogni ente

Interpretazione unica ed uniforme della normativa

Gestione centralizzata contenzioso tributario

Gestione centralizzata acquisiti, gare, etc.

P. Mirto - 2017 33

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L’organizzazione 4

Problema del “funzionario responsabile d’imposta”

Il dirigente del Servizio svolge il duplice ruolo di:

A) funzionario responsabile d’imposta nominato dalle singole

giunte comunali, cui compete la firma degli atti di accertamento,

provvedimenti rimborsi, etc.

B) dirigente del servizio cui competono tutti gli altri atti

gestionali.

P. Mirto - 2017 34

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L’organizzazione 5

Gestione del Contenzioso tributario

Delibera singolo comune + Delega

Rappresentanza in giudizio del Dirigente

Sistema validato anche dalla Corte di Cassazione !

(Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-12-2016, n. 24947)

P. Mirto - 2017 35

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«Diversamente da quanto così sostenuto, deve ritenersi la validità della procura in oggetto, in quanto proveniente dal

soggetto legittimato (il Sindaco, costituitosi in giudizio nella sua qualità di rappresentante dell'ente impositore, e previa

delibera della Giunta Comunale), e rivolta ad un soggetto nominativamente indicato e dotato della qualifica soggettiva

idonea allo scopo.

Tale qualifica, in particolare, era agevolmente ed univocamente desumibile dalle risultanze di causa, attestanti il fatto che

il Mirto fosse: - il dirigente responsabile dell'ufficio tributi intercomunale; - il sottoscrittore degli avvisi di accertamento

opposti, in relazione ai quali rivestiva il ruolo di responsabile del procedimento; - il soggetto a favore del quale veniva

rilasciata, proprio in ragione delle suddette qualità, l'autorizzazione alla difesa in giudizio da parte della Delib. GC n. 83 del

2007 cit.; il difensore tecnico in giudizio, tale qualificato negli atti di causa, in quanto dirigente responsabile del servizio

tributi dell'Unione Comuni Modenesi Area Nord.

La qualità soggettiva del Mirto doveva essere, del resto, perfettamente nota al M. il quale aveva ricevuto gli avvisi di

accertamento proprio dall'Unione; con la quale aveva interagito - in persona del Mirto - nella procedura, poi rimasta senza

esito, di accertamento con adesione.

La procura in oggetto non poteva dunque ritenersi invalida per la mancata indicazione della qualifica professionale del

Mirto, posto che quest'ultima emergeva ampiamente dalle risultanze di causa, così da non potersi ingenerare alcun

ragionevole dubbio sulla individuazione del ruolo professionale ed organico rivestito dal difensore designato, nè sulla sua

legittimazione alle attività processuali da lui compiute.

Quanto all'ulteriore aspetto costituito dal fatto che il Mirto fosse dipendente non del Comune ma dell'Unione dei

Comuni Modenesi, rileva quanto disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 3, secondo cui "l'ente locale nei cui

confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell'ufficio tributi, ovvero per gli enti locali

privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio"; nonchè dal

D.Lgs. n. 267 del 2000,art. 30 (TUEL), il quale prevede la possibilità che gli enti locali stipulino tra loro apposite

convenzioni per il coordinamento di funzioni e servizi determinati; con la possibilità che tali convenzioni prevedano

(comma 4) "anche la costituzione di uffici comuni che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai

quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di

funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli

enti deleganti".

Nel caso di specie, non vi era alcun dubbio - per le indicate ragioni - che il Comune di Concordia sulla Secchia avesse

stipulato una convenzione di adesione all'Unione Comuni Modenesi, avvalendosi, per l'attività di accertamento Ici in

oggetto, del servizio tributi di quest'ultima e del personale dirigenziale distaccato (del quale faceva parte il Mirto.) presso di

esso»

P. Mirto - 2017 36

(Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-12-2016, n. 24947)

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L’organizzazione 6

Politica di incentivazione del personale mediante:

A) Accordo decentrato per l’incentivazione di tutto il personale col

riconoscimento di un fondo costituito dal 2,9% dell’accertato definitivo

(solo Ici purtroppo!);

B) Regolamento per il riconoscimento di un fondo costituito dal 70%

delle spese di lite liquidate in sentenze definitive da destinare al

personale che si occupa del contenzioso tributario.

P. Mirto - 2017 37

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I vantaggi della gestione associata

Vantaggi di tipo qualitativo: uniformità regolamenti, interpretazione delle norme,

aumento professionalità di tutti i dipendenti

Vantaggi di tipo economico: non è sempre facile. Sono intuitivi i vantaggi economici

nell’approvvigionamento di beni e servizi, come pure i più elevati livelli di recupero

dell’evasione, la gestione del contenzioso, la riduzione di spese per consulenza, etc.

Il vantaggio economico più rilevante è però la mancata erosione delle basi imponibili. Chi

non fa attività di recupero non solo perde le risorse dell’evasione ma si vede erodere

sempre di più la base imponibile a causa della disaffezione al pagamento spontaneo.

Peraltro, il danno economico derivante dalla mancata o insufficiente attività di contrasto

all’evasione non è quantificabile, anche se è sempre consistente.

In generale comunque una gestione ordinaria non ottimale crea perdita di risorse

finanziarie. Basti pensare alle certificazione delle perdite di gettito per i fabbricati D, per

le abitazioni principali, per i fabbricati ex rurali. Tutte queste certificazioni se non fatte

bene hanno determinato minori entrate

P. Mirto - 2017 38

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PARTE II LA RISCOSSIONE COATTIVA

P. Mirto - 2017 39

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La riscossione coattiva

Le entrate degli enti locali sono riscosse:

-o su base volontaria, ovvero con versamento spontaneo del contribuente,

mediante l’utilizzo di molteplici modalità di pagamento (F24, c/c postale,

bonifico, versamento in contanti, mav, carta di credito, etc.)-

RISCOSSIONE ORDINARIA – Più si agevola /favorisce la riscossione

ordinaria più la gestione complessiva diventa efficienza ovviamente

nel rispetto delle norme, il che vuol dire agevolare i pagamenti

(precompilato), ricordare le scadenze, sollecitare prima di riscuotere

coattivamente;

- o su base coattiva - RISCOSSIONE COATTIVA

Una volta accertato il mancato pagamento spontaneo si procede alla

riscossione coattiva, che può essere attuata sia mediante strumenti

«pubblici» sia mediante strumenti privatistici.

P. Mirto - 2017 40

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Le regole di governo della riscossione locale

Concentrando l’attenzione sulla fase «patologica» del processo di riscossione delle entrate, ovvero la riscossione coattiva, oggi l’ordinamento offre ai Comuni tre modalità di riscossione coattiva, nessuna delle quali esclude l’altra, potendo essere utilizzate alternativamente:

a) riscossione coattiva tramite ruolo, di cui al Dpr n. 602/1973;

b) riscossione coattiva tramite ingiunzione di pagamento, di cui

al Rd n. 639 del 1910;

c) riscossione coattiva tramite gli ordinari mezzi giudiziari

(Cass. Sez. Un. n. 20137/2006).

In alternativa alla riscossione coattiva l’ente può anche procedere

alla cessione dei crediti tributari, disciplinata dall’art. 76 della legge

342/2000

P. Mirto - 2017 41

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Strade per riscuotere coattivamente

----- l’ente locale può anche decidere non di agire mediante i particolare

strumenti «pubblici-autoritativi» individuati dal legislatore ma anche

seguendo la strada civilistica, ovvero quella seguita da qualsiasi persona

privata.

Cass. civ. Sez. Unite, 20-09-2006, n. 20317

«All'ente pubblico, in vero, quando non intenda avvalersi della facoltà,

attribuitale dall'ordinamento, d'attuare coattivamente le proprie pretese, non

è precluso di fare ricorso agli ordinari mezzi giudiziari, onde conseguire

altrimenti un titolo esecutivo, e di proporre, a tal fine, una domanda diretta

ad ottenere un provvedimento giurisdizionale di condanna del soggetto

obbligato al pagamento della somma pretesa, purché, tuttavia, ciò faccia

innanzi al giudice cui sia attribuita dall'ordinamento medesimo la cognizione

della controversia»

P. Mirto - 2017 42

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Cessione crediti tributari

Legge 342/2000 - Art. 76. (Cessione di crediti tributari da parte di enti locali e Camere di commercio)

1. Gli enti locali e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, per le entrate di cui

all'articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, possono cedere a

terzi a titolo oneroso i loro crediti tributari, compresi gli accessori per interessi, sanzioni e

penalità. I rapporti tra l'ente locale o la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura ed il

cessionario sono regolati in via convenzionale.

2. L'ente locale e la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono tenuti a garantire

l'esistenza dei crediti al tempo della cessione, ma non rispondono dell'insolvenza dei debitori. I

privilegi e le garanzie di qualunque tipo che assistono i crediti oggetto della cessione conservano la

loro validità e il loro grado di favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione.

3. Le cessioni di cui al comma 1:

a) non sono soggette all'articolo 1264 del codice civile; (.. La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando

questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata )

b) danno luogo a successione a titolo particolare nei diritti ceduti.

4. Nei procedimenti civili di cognizione e di esecuzione, pendenti alla data della cessione, si applica

l'articolo 111, commi primo e quarto, del codice di procedura civile. Nei giudizi instaurati

successivamente a tale data, la legittimazione passiva spetta in ogni caso all'ente locale.

5. Le cessioni di cui al comma 1 sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo e da ogni

altra imposta indiretta

P. Mirto - 2017 43

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Disegno di legge n. 2263 - Senato

(Misure per il recupero dei crediti insoluti nella pubblica amministrazione )

1. Al fine di assicurare l’interesse finanziario dei comuni, delle città metropolitane, delle province e delle loro

associazioni, unioni e società partecipate, e per garantire competitività, certezza e trasparenza delle procedure di

esternalizzazione di taluni servizi di tali enti, nonché per migliorare e semplificare le procedure di recupero crediti dei

predetti enti e di assoggettarle a regole pubblicistiche, tutte le obbligazioni pecuniarie di modesta entità certe,

liquide ed esigibili, compresi gli accessori per interessi, sanzioni e penalità, con esclusione di quelle di natura

contributiva, degli enti possono essere affidate in gestione a società di recupero stragiudiziale per conto di terzi,

di cui all’articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e

successive modificazioni, che siano in possesso di certificazioni di professionalità e qualità e che aderiscano ad

appositi codici di condotta.

2. L’affidamento a società di recupero stragiudiziale per conto di terzi avviene nel rispetto della disciplina di settore e

delle procedure di evidenza pubblica, secondo le seguenti modalità e i seguenti princìpi:

a) le prestazioni rese da tali società hanno la natura esclusiva di servizio e non possono presupporre alcun

trasferimento di pubbliche funzioni;

b) i rapporti tra gli enti e le società di recupero crediti, di cui all’articolo 115 del citato testo unico di cui al regio decreto

n. 773 del 1931, e successive modificazioni, sono regolati da appositi contratti

c) il gettito delle entrate derivante dal recupero dei crediti confluisce direttamente nelle casse degli enti

impositori;

d) le società di recupero crediti prestano adeguata garanzia a favore dell’ente a tutela del corretto svolgimento del

servizio;

e) l’ente locale committente colloca nel proprio bilancio un’apposita voce di spesa per i contratti di affidamento del

servizio, che tenga conto della natura dei crediti, della loro anzianità e delle concrete possibilità di realizzo.

3. Al fine di assicurare un’idonea copertura finanziaria degli oneri derivanti dai contratti di affidamento, gli enti

affidatari possono addebitare al soggetto debitore le spese sostenute per il recupero del credito, purché tali

spese siano rispondenti a princìpi di trasparenza, di equità e di proporzionalità.

4. La mancata o parziale riscossione degli importi eventualmente richiesti al debitore a titolo di risarcimento dei costi

di recupero non può in alcun modo influire sulle somme dovute alla società di recupero crediti a titolo di compenso

pattuito in sede di conferimento dell’incarico.

P. Mirto - 2017 44

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La scelta organizzativa

Le modalità di organizzazione della riscossione delle entrate comunali/provinciali dipendono

da una molteplicità di fattori,

esterni: quadro normativo, soggetti abilitati alla riscossione;

interni: organizzazione, personale sufficiente / qualificato, capacità di

controllo di ciò che è affidato all’esterno (Equitalia, concessionario,

affidatario servizi di supporto, ma anche società in house).

L’esigenza di investire sulla professionalità del personale è peraltro

fotografata nella legge delega n. 23/2014: «individuare, nel rispetto dei vincoli

di finanza pubblica, idonee iniziative per rafforzare all'interno degli enti locali

le strutture e le competenze specialistiche necessarie per la gestione

diretta della riscossione, ovvero per il controllo delle strutture esterne

affidatarie».

P. Mirto - 2017 45

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Il contesto di riferimento

Il quadro normativo di riferimento è alquanto sconcertante.

La normativa prevede strumenti (ruolo ed ingiunzione) più veloci e più

semplificati per il recupero dei crediti comunali, rispetto agli ordinari

mezzi giudiziari (ma anche più limitati rispetti agli strumenti ordinari,

vedi pignorabilità abitazione principale)

continue proroghe in attesa di una riforma che stenta a concretizzarsi

quote inesigibili congelate da decenni, ma via via erose dal

depotenziamento degli strumenti di controllo, oltre che dal carattere

ormai preistorico del credito;

due strumenti (ruolo ed ingiunzione) non paritari sotto il profilo dei

poteri coercitivi;

regole incerte per l’ingiunzione di pagamento (aggio ed altre somme

ripetibili dal debitore);

anomalia delle «ex concessionarie» non scorporate: assenza di

regole e di tutele per gli enti locali: riscuotono con ingiunzione ma

dubitano dell’applicabilità delle regole relative all’inesigibilità

P. Mirto - 2017 46

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La riforma: un obiettivo del legislatore (art. 10, legge n. 23/2014)

Assicurare certezza, efficienza ed efficacia nell'esercizio dei poteri di riscossione, rivedendo la normativa vigente e coordinandola in un testo unico di riferimento che recepisca, attraverso la revisione della disciplina dell'ingiunzione di pagamento prevista dal R.D. n. 639/1910, le procedure e gli istituti previsti per la gestione dei ruoli di cui al DPR n. 602/1973, adattandoli alle peculiarità della riscossione locale

P. Mirto - 2017 47

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Le priorità per una rapida riforma

La necessità di provvedere in tempi rapidi alla riforma della riscossione

locale deriva, da un lato, dall’ampliamento del numero di enti/soggetti

che utilizzano, a vario titolo, l’ingiunzione di pagamento e, dall’altro lato,

dall’obbligo di avere un quadro normativo certo, con oneri a carico dei

contribuenti certi e trasparenti.

Dalle informazioni fornite da Equitalia nell’audizione del 20 settembre

2016, emerge un progressivo aumento dei Comuni che hanno deciso di

utilizzare strumenti e soggetti diversi per la riscossione: rispetto ai 6.161

Comuni che nel 2011 utilizzavano il soggetto pubblico nazionale

(affidamento di almeno un flusso di riscossione), nel 2015 il numero

scende a 3.622 con una situazione territorialmente molto diversificata.

Nel 2016 erano 3.354 Comuni

Sono tre le criticità che necessitano di una rapida soluzione e che

vedremo meglio dopo: aggio, notifica, ufficiale della riscossione.

P. Mirto - 2017

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Aspettative

AUDIZIONE ANCI SU DL 193/2016

È indubbio che occorra una riforma organica, perché una riscossione

efficace ed efficiente, oltre che rispettosa dei diritti dei cittadini, non

dipende solo dal soggetto che riscuote, ma dagli strumenti

apprestati dalla legislazione per concretizzare l’effettiva

riscossione. Una riforma organica è altresì uno strumento

essenziale per migliorare la complessiva capacità di riscossione

attraverso – in primo luogo – la crescita della compliance e l’aumento

delle quote riscosse spontaneamente.

La priorità è quindi una migliore regolamentazione degli strumenti e

delle procedure, perché solo tramite questa si realizza una parità di

trattamento tra i diversi livelli di governo, e – a fronte di un debito nei

confronti della Pubblica Amministrazione – si ha la certezza di una

effettiva parità di trattamento dei cittadini-contribuenti,

indipendentemente dal soggetto deputato alla riscossione e

dallo strumento utilizzato.

49 P. Mirto - 2017

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SOLUZIONI

Occorre tener conto delle particolarità del mondo Comuni, non solo in termini di popolazione ma anche in termini di organizzazione/storia (scarsità personale, professionalizzazione, scelte operate nel passato, eccetera).

Partendo da questa premessa occorre ripensare la riscossione degli enti locali, per permettere a tutti di effettuarla in modo efficiente ed efficace, sia tramite Agenzia entrate-riscossione, sia tramite affidamenti a concessionari privati, sia tramite altre soluzioni, ma tutte con l’obiettivo, bene evidenziato nell’Audizione Anci, di garantire trasparenza e parità di trattamento, perché alla fine il conto finale da pagare deve essere lo stesso, sia che a chiederlo sia l’AdER sia che a chiederlo sia un concessionario privato o il Comune stesso.

50 P. Mirto - 2017

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Infine…..

È condivisibile la soluzione a regime contenuta nel Dl 193/2016, con la possibilità di

utilizzare sia il ruolo che l’ingiunzione, perché si soddisfano tutti i fabbisogni comunali.

Per un Comune di 500 abitanti è impensabile non solo gestire direttamente, ma anche fare

una gara, e quindi AdER rappresenta la soluzione più efficiente.

Per Comune più strutturato che ha attuato un percorso di compliance con i proprio debitori,

potrebbe essere ottimale gestire internamente tutto il processo, così come avverrà per

l’Agenzia delle Entrate, in base anche alle indicazione contenute nel Rapporto FMI “un

unico ente con un insieme di responsabilità dell’intero processo in termini di assistenza,

accertamento fiscale, controlli e riscossione coattiva è ottimale per favorire una gamma

completa di approcci coordinati per la gestione della compliance agli obblighi fiscali”.

Infine va valorizzata l’esperienza delle centrali di committenza, che in alcuni regioni hanno

prodotto risultanti difficilmente raggiungibili dal singolo Comune (Gara Intercenter Emilia

Romagna).

51 P. Mirto - 2017

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La legge n. 23/2014

L’art. 10. Revisione del contenzioso tributario e della riscossione degli enti

locali

Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1,

norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente,

assicurando la terzietà dell'organo giudicante, nonché per l'accrescimento

dell'efficienza nell'esercizio dei poteri di riscossione delle entrate,

secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

… criteri tutti (o quasi) pienamente condivisibili, ma che oggi rappresentano

lettera morta!

Vediamoli

P. Mirto - 2017 52

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La legge n. 23/2014

c) riordino della disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali,

nel rispetto della loro autonomia, al fine di:

1) assicurare certezza, efficienza ed efficacia nell'esercizio dei poteri di

riscossione, rivedendo la normativa vigente e coordinandola in un testo unico

di riferimento che recepisca, attraverso la revisione della disciplina

dell'ingiunzione di pagamento prevista dal testo unico di cui al regio decreto

14 aprile 1910, n. 639, le procedure e gli istituti previsti per la gestione dei

ruoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.

602, adattandoli alle peculiarità della riscossione locale;

P. Mirto - 2017 53

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La legge n. 23/2014

2) prevedere gli adattamenti e le innovazioni normative e procedurali più idonei ad assicurare la semplificazione delle procedure di

recupero dei crediti di modesta entità, nonché dispositivi, adottabili facoltativamente dagli enti locali, di definizione agevolata dei crediti

già avviati alla riscossione coattiva, con particolare riguardo ai crediti di minore entità unitaria; (nota: deroga principio indisponibilità)

3) assicurare competitività, certezza e trasparenza nei casi di esternalizzazione delle funzioni in materia di accertamento e di riscossione,

nonché adeguati strumenti di garanzia dell'effettività e della tempestività dell'acquisizione diretta da parte degli enti locali delle entrate

riscosse, attraverso la revisione dei requisiti per l'iscrizione all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e

successive modificazioni, l'emanazione di linee guida per la redazione di capitolati di gara e per la formulazione dei contratti di affidamento

o di servizio, l'introduzione di adeguati strumenti di controllo, anche ispettivo, la pubblicizzazione, anche on-line, dei contratti stipulati e

l'allineamento degli oneri e dei costi in una misura massima stabilita

con riferimento all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.

112 , e successive modificazioni, o con riferimento ad altro congruo

parametro;

4) prevedere l'affidamento dei predetti servizi nel rispetto della normativa europea, nonché l'adeguata valorizzazione e messa a

disposizione delle autonomie locali delle competenze tecniche, organizzative e specialistiche in materia di entrate degli ent i locali

accumulate presso le società iscritte all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive

modificazioni, nonché presso le aziende del gruppo Equitalia, anche attraverso un riassetto organizzativo del gruppo stesso che tenda

ad una razionale riallocazione delle risorse umane a disposizione;

P. Mirto - 2017 54

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La legge n. 23/2014

5) definire, anche con il coinvolgimento dei comuni e delle regioni, un quadro di

iniziative volto a rafforzare, in termini organizzativi, all'interno degli enti locali,

le strutture e le competenze specialistiche utili ad accrescere le capacità

complessive di gestione dei propri tributi, nonché di accertamento e recupero

delle somme evase; individuare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, idonee

iniziative per rafforzare all'interno degli enti locali le strutture e le competenze

specialistiche necessarie per la gestione diretta della riscossione, ovvero per il

controllo delle strutture esterne affidatarie, anche definendo le modalità e i

tempi per la gestione associata di tali funzioni; riordinare la disciplina delle

aziende pubbliche locali preposte alla riscossione e alla gestione delle entrate in

regime di affidamento diretto;

6) assoggettare le attività di riscossione coattiva a regole pubblicistiche, a garanzia

dei contribuenti, prevedendo, in particolare, che gli enti locali possano riscuotere i

tributi e o con società interamente partecipate ovvero avvalendosi, in via

transitoria e nelle more della riorganizzazione interna degli enti stessi, delle società

del gruppo Equitalia, subordinatamente alla trasmissione a queste ultime di

informazioni idonee all'identificazione della natura e delle ragioni del credito, con la

relativa documentazione;

P. Mirto - 2017 55

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La legge n. 23/2014

7) prevedere un codice deontologico dei soggetti affidatari dei servizi di riscossione e degli ufficiali della

riscossione, da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;

8) prevedere specifiche cause di incompatibilità per i rappresentanti legali, amministratori o componenti degli

organi di controllo interni dei soggetti affidatari dei servizi;

d) rafforzamento, costante aggiornamento, piena informatizzazione e condivisione tra gli uffici competenti dei

meccanismi di monitoraggio e analisi statistica circa l'andamento, in pendenza di giudizio, e circa gli esiti del

contenzioso tributario, al fine di assicurare la tempestività, l'omogeneità e l'efficacia delle scelte

dell'amministrazione finanziaria in merito alla gestione delle controversie, nonché al fine di verificare la necessità

di eventuali revisioni degli orientamenti interpretativi dell'amministrazione stessa, ovvero di interventi di modifica

della normativa tributaria vigente;

e) contemperamento delle esigenze di efficacia della riscossione con i diritti del contribuente, in

particolare per i profili attinenti alla tutela dell'abitazione, allo svolgimento dell'attività professionale e

imprenditoriale, alla salvaguardia del contribuente in situazioni di grave difficoltà economica, con

particolare riferimento alla disciplina della pignorabilità dei beni e della rateizzazione del debito.

P. Mirto - 2017 56

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Fatte queste lunghe premesse occorre decidere, ma per

farlo occorre conoscere

Per decidere la modalità di riscossione delle proprie entrate occorre

conoscere le alternative:

1) AdeR

2) Concessionario iscritto art. 53 del D.lgs. N. 446/97

3) Affidatario servizi di supporto alla riscossione diretta

4) Riscossione diretta (problema ufficiale della riscossione)

5) Società in house

6) Ufficio associato tra comuni

7) Utilizzo strumenti privatistici

8) Cessione credito

9) ……….

Ma qual è lo strumento di riscossione più efficace

P. Mirto - 2017 57

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Ma è più efficiente il ruolo o l’ingiunzione di

pagamento?

In realtà si tratta di strumenti simili che permettono le stesse azioni cautelari ed

esecutive, sicché la differenza tra l’uno e l’altro, in teoria è solo «psicologica»: fa

più paura un cartella di Equitalia o un’ingiunzione, magari notificata con busta

verde?

Equitalia ha l’accesso all’Anagrafe dei rapporti finanziari dei debitori, ma utilizza

con molta cautela tale strumento. L’accesso dovrebbe essere consentito anche ai

Comuni ma è previsto un Dm mai emanato. Tuttavia il Comune può presentare

istanza al Presidente del Tribunale di accesso all’Anagrafe dei rapporti

finanziari ai sensi dell’art. 492-bis c.p.c. Una volta ottenuta l’autorizzazione

questa, unitamente all’istanza, deve essere inviata alla Direzione regionale dell’AE

che fornisce l’elenco degli istituti di credito e degli altri intermediari finanziari con i

quali il debitore intrattiene rapporti (nell’Archivio dei rapporti finanziari non

sono presenti dati relativi a saldi, giacenza media o singoli movimenti).

Quindi, alla fine la vera differenza sta nelle modalità di svolgimento. È evidente

che se ci si ferma alla notifica della cartella/ingiunzione si ha un risultato, mentre

se si fanno anche gli step successivi, ad iniziare dalle misure cautelari e dal

pignoramento presso terzi, si ha un altro risultato.

P. Mirto - 2017 58

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Equitalia

Proroghe continue, peraltro semestrali. Questo non ha aiutato obbiettivamente l’operato di Equitalia. Dal 2017, tuttavia, la situazione è destinata (forse) finalmente a stabilizzarsi.

Sistema di riscossione mediamente inefficiente. Equitalia ha ruoli da riscuotere per oltre 800 miliardi, ha un tasso medio di riscossione nell’anno del circa 3% ed arriva al 20% dopo 10 anni di affidamento del ruolo (dati risposta inter. Par. 5-00491- Zanetti).

Ovviamente si tratti di dati medi; considerando le singole tipologie di entrate, ve ne sono alcune con tassi di riscossione più alti (ICI) ed altre più basse (contravvenzioni strada). Occorre poi considerare che nel dato complessivo di Equitalia vi è un’alta incidenza di credito di elevato valore (80% costituito da crediti superiore a 500.000 mila euro: Int. Par.Zanetti)

P. Mirto - 2017 59

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«Attualmente, poco meno di 100 operatori possono gestire per conto

dei Comuni la riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di

loro pertinenza, seguendo schemi disomogenei, individuati di volta in

volta in sede di gara e che prevedono, peraltro, forme di

remunerazione assai variegate e mediamente più gravose per l’Ente

creditore e per il cittadino rispetto agli oneri di riscossione previsti

per la riscossione dei carichi affidati a Equitalia: dall’analisi dei bandi

di gara pubblicati nel 2016 è emerso che, nell’ipotesi di affidamento

della sola riscossione coattiva, gli operatori privati applicano aggi

che oscillano, in media, dal 6 al 20%, a fronte di quanto attualmente

previsto dalla legge per la riscossione a mezzo ruolo, che stabilisce

nel 6 % delle somme riscosse la misura massima dell’onere di

riscossione.»

P. Mirto - 2017 60

Confronto costi AdER – Audizione Ruffini 12/10/2017

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Audizione Ruffini

Gli Enti che dal 1° luglio 2017 hanno deliberato l’affidamento dell’attività di

riscossione spontanea e coattiva delle loro entrate sono, al momento, oltre

700 di cui circa 500 amministrazioni comunali

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Delibera affidamento ADER

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Ingiunzioni di pagamento

Se i numeri di Equitalia sono «deludenti», almeno sono noti.

Nulla si sa delle riscossione realizzate con ingiunzioni di pagamento.

Si tratta di numeri, a volte neanche paragonabili, in quanto derivano da esperienze specifiche, che risentono di modelli organizzativi differenziati (società riscossione in house, riscossione diretta in capo al comune, concessionario, affidatario di servizi di supporto).

Le stime iniziali sono sempre ottimistiche rispetto ai dati reali, e questo non favorisce la diffusione delle informazioni

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Obbligo di controllo degli affidamenti esterni

La riscossione coattiva diretta richiede professionalità adeguate (vedi art. 10 della legge

23/2014);

L’affidamento a concessionari privati richiede un adeguato contratto e non esime dal

puntuale controllo dell’operato del concessionario (vedi ultime vicende legate ai

concessionari privati).

Nell’affidamento esterno è importante:

La durata del contratto: non servono a nulla contratti di uno/due anni, perché il

concessionario riuscirà a notificare solo l’ingiunzione ma non ad effettuare gli step

successivi;

Definire la fase del «divorzio»: trasmissione all’ente degli accertamenti notificati e

non pagati, delle ingiunzioni emesse e non pagate, delle misure cautelari ed

esecutive pendenti, dei ricorsi pendenti, etc, anche per evitare che il

concessionario incassi scaduto il termine della concessione (con Equitalia tali

problemi non ci sono perché, anche quando cesserà di riscuotere per i Comuni la

normativa prevede che debba comunque portare a termine la riscossione dei ruoli

già consegnati: art.1, comma 686, legge 190/2014,

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Problema aggio

Non c’è alcuna norma espressa che vieta ai Comuni di pretendere il rimborso

degli oneri sostenuti per la riscossione, ma anzi c’è un principio immanente

nell’ordinamento che pone a carico del debitore il rimborso delle spese sostenute:

per i ruoli coattivi , lo prevede espressamente l’art. 17 del D.lgs. N. 112/1999:

Per le procedure ordinarie civilistiche c’è l’art. 614 c.p.c.;

Per le ingiunzioni di pagamento non è previsto nulla, ma l’art. 10 della legge

n. 23/2014 prevede «l'allineamento degli oneri e dei costi in una misura

massima stabilita con riferimento all'articolo 17 del decreto legislativo

13 aprile 1999, n. 112 , e successive modificazioni, o con riferimento ad

altro congruo parametro». La norma prevede «l’allineamento», e non

quindi la previsione di costi simili a quelli di Equitalia.

Tuttavia, l’art. 52 del D.lgs. N. 446/1997 prevede che « l'affidamento di cui alla

precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente»

Il Consiglio di Stato, con sentenza 12 giugno 2012, n. 3413, ha ritenuto che la

norma in questione va così interpretata: “il legislatore ha voluto cioè chiarire

che l'affidare il servizio a terzi, ovvero a propria società in house, non deve

determinare un aumento degli oneri per il debitore rispetto a quanto

deriverebbe dalla diretta gestione della procedura da parte degli uffici

comunali”.

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Problema aggio

L’aggio ha la funzione di coprire i costi sostenuti per la riscossione coattiva, e quindi

non deve servire a conseguire entrate maggiori dei costi.

Guardando alla riscossione locale, essendo tanti i soggetti che riscuotono e tante le

modalità organizzative attuate, si verifica una situazione molto variegata.

Analizzando il problema sotto la doppia angolazione Comune/debitore, vi sono

esperienze in cui:

il costo sostenuto dall’ente è pari all’aggio applicato da Equitalia ma nulla viene

ripetuto dal debitore, fatta eccezione, di norma, per le spese di notifica

il costo sostenuto dall’ente è pari all’aggio applicato da Equitalia ed è utilizzato un

meccanismo analogo a quello del ruolo, con addebito dell’intero importo in caso di

pagamento dell’ingiunzione oltre i 60 giorni dalla notifica

il costo sostenuto dall’ente è superiore all’aggio di Equitalia: in alcuni enti è

addebitato almeno in parte al debitore, in altri resta totalmente a carico del Comune

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Proposta di ANCI

Oggi:

- per una cartella di 100 euro è richiesto un aggio di 6 euro

- per una cartella di 100.000 euro è richiesto un aggio di 6.000 euro

Eppure le spese sostenute per la stampa e l’invio sono le stesse.

Anci propone, per l’ingiunzione di pagamento riformata, la ripetizione di:

a) una quota denominata “oneri di riscossione a carico del debitore”, pari al 3% delle somme

ingiunte in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della ingiunzione,

fino ad un massimo di 300 euro, ovvero pari al 6% delle somme ingiunte in caso di

pagamento oltre detto termine, fino a un massimo di 600 euro;

b) una quota denominata “spese esecutive”, correlata all’attivazione di procedure esecutive e

cautelari a carico del debitore nella misura fissata con decreto non regolamentare del MEF, che

individua anche le tipologie di spesa oggetto del rimborso. Nelle more dell’adozione del

provvedimento con specifico riferimento alla riscossione degli enti locali, si applicano le misure e le

tipologie di spesa di cui al decreto ministeriale 21.11.2000;

c) una quota a carico del debitore correlata alla notifica della ingiunzione e degli altri atti della

riscossione da determinarsi con il decreto di cui alla lettera b)

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Sistema Equitalia

Soluzione più «tranquilla» per i Comuni, in quanto determina una sorta di

deresponsabilizzazione dell’entrata portata a ruolo. Se non si incassa la responsabilità è di

Equitalia.

In realtà, c’è un coinvolgimento diretto da parte dei funzionari comunali:

a) Nel concedere le rateizzazioni, se l’ente si è riservato tale facoltà (Art. 26 del Dlgs n. 46

del 1999);

b) Nel vagliare le richieste di annullamento avanzate dal debitore (commi 537-543, legge

n. 228/2012);

c) Nel controllo delle domande di discarico per inesigibilità (se mai saranno presentate)

d) Opportunità di non far prescrivere il credito discaricato mantenendolo «in vita» con una

successiva ingiunzione, ma ciò presuppone un controllo puntale e soprattutto che

Equitalia non abbia fatto prescrivere il credito

e) Possibilità di «subire» condoni (commi 618-624 legge 147/2013) ed annullamenti di

ruolo (fino a 2000 euro per i ruoli ante 2000 – commi 527.528 legge 228/2012)

f) Limitazioni alle attività di controllo delle quote inesigibile (di norma il 5% delle

comunicazione e comunque per importi superiori a 300 euro)

g) Ritardo incomprensibile nella trasmissione delle comunicazioni di inesigibilità (nel

2018 comunicazioni relative al 2013 e poi decrescendo: nel 2031 comunicazioni relative

al 2000!!!!), tuttavia il DL 193/2016 ha prorogato i termini di altri due anni

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Soluzione ingiunzione pagamento

La riscossione coattiva diretta richiede professionalità adeguate,

L’affidamento a concessionari privati richiede un adeguato contratto e non esime

dal puntuale controllo dell’operato del concessionario (vedi ultime vicende legate

ai concessionari privati).

Nell’affidamento esterno è importante: La durata del contratto: non servono a nulla contratti di uno/due anni, perché il

concessionario riuscirà a notificare solo l’ingiunzione ma non ad effettuare le fasi

successive;

Definire la fase del «divorzio»: trasmissione all’ente degli accertamenti notificati e non

pagati, delle ingiunzioni emesse e non pagate, delle misure cautelari ed esecutive

pendenti, dei ricorsi pendenti, etc, anche per evitare che il concessionario incassi

scaduto il termine della concessione (con Equitalia tali problemi non ci sono perché,

anche quando cesserà di riscuotere per i Comuni la normativa prevede che debba

comunque portare a termine la riscossione dei ruoli già consegnati: art.1, comma 686,

legge 190/2014);

Assicurare la proprietà pubblica dei dati prodotti durante la concessione (banca dati),

assicurando il costante travaso nel sistema informativo del Comune.

È INNEGABILE L’ESIGENZA DI TUTELARE I COMUNI CON SCHEMI DI CONTRATTO

TIPO O CON LA COSTITUZIONI DI CENTRALI DI COMMITTENZA

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Andamento riscossioni Equitalia RISPOSTA INTER. 5-00491 Zanetti - (COMMISSIONE VI – 11 LUGLIO 2013)

«È infatti evidente come, a seguito del decorso di un decennio dall’affidamento del carico

all’agente della riscossione, il dato del riscosso tenda strutturalmente ad attestarsi intorno al

20 per cento. Ne consegue che anche l’andamento delle riscossioni relative agli anni di più

recente affidamento, ancorché sicuramente influenzato dal peggioramento del quadro

economico di riferimento, potrà essere valutato nella sua effettività solo allorquando, nei

prossimi anni, si sarà ormai consolidato».

carico iniziale Sgravi

Carico netto

sgravi Riscosso % riscossione

2000 54,7 13,7 41 8,2 20,0%

2001 47 24,2 22,8 4,5 19,7%

2002 33,5 13,6 19,9 3,6 18,1%

2003 50,5 28,9 21,6 4,3 19,9%

2004 34,7 7,3 27,4 4,5 16,4%

2005 51,2 12,7 38,5 5,1 13,2%

2006 79,7 26,7 53 8,4 15,8%

2007 71,6 20,4 51,2 6,5 12,7%

2008 60,7 9,8 50,9 6,5 12,8%

2009 76 14 62 5,9 9,5%

2010 81,2 9,8 71,4 5,6 7,8%

2011 82,6 7,1 75,5 3,9 5,2%

2012 84,3 4,8 79,5 2,2 2,8%

totali/media 807,7 193 614,7 69,2 13,4%

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Andamento riscossioni Equitalia

Se lo sgravio del ruolo è l’indicatore dell’attendibilità delle poste iscritte a ruolo, la tabella sotto

evidenzia come i Comuni siano i soggetti che meglio degli altri effettuano iscrizioni veritiere.

Il tasso di sgravio/annullamento delle poste comunali è il 9.7% del totale originariamente

iscritto, contro un tasso del 25,5% dell’Agenzia delle entrare ed il 38,5% dell’Inail.

Peraltro, il tasso comunale è influenzato dalla Tarsu, che era riscossa in via ordinaria con ruolo

e che per tale motivo era costantemente soggetta a sgravi dipendenti da variazioni ordinarie

(cambi di residenza/attività), e quindi non di errori nella formazione del ruolo. Al netto dei ruoli

Tarsu il tasso di sgravio risulterebbe ancora più basso.

Equitalia- Carichi (risposta interr. 5-00491 Zanetti)

P. Mirto - 2017

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Andamento riscossioni Equitalia

71 P. Mirto - 2017

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Ma cosa fa Equitalia per recuperare quanto non

versato spontaneamente?

Dati riferiti periodo gennaio-settembre 2013

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Preavvisi di fermo

amministrativo

Iscrizioni di fermo

amministrativo

Iscrizioni ipotecarie

Pignoramenti mobiliari

Pignoramenti presso

terzi

Pignoramenti immobiliari e beni mobili

registrati

Istanze di insinuazione in procedure concorsuali

391.358 63.491 19.320 9.653 134.897 4.486 43.003

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Rateizzazione (cumulativa su più crediti)

Art. 19 (Dilazione del pagamento) del Dpr 602/1973

1. L'agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea

situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a

ruolo, con esclusione dei diritti di notifica, fino ad un massimo di settantadue rate mensili…..

1-bis. In caso di comprovato peggioramento della situazione di cui al comma 1, la dilazione

concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue

mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.

1-ter. Il debitore può chiedere che il piano di rateazione di cui ai commi 1 e 1-bis preveda, in

luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno.

1-quinquies. La rateazione prevista dai commi 1 e 1-bis, ove il debitore si trovi, per ragioni

estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla

congiuntura economica, può essere aumentata fino a centoventi rate mensili. Ai fini della

concessione di tale maggiore rateazione, si intende per comprovata e grave situazione di

difficoltà quella in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

a) accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario

secondo un piano di rateazione ordinario;

b) solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile ai sensi del

presente comma.

…….. C’è sempre la possibilità per l’ente locale di riservarsi la decisione sulle

rateizzazione di Equitalia (art. 26 del dlgs 46/1999)

P. Mirto - 2017 73

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Le modalità di riscossione- La normativa di riferimento è l’art. 52 del D.lgs. N. 446/1997

I regolamenti, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti

criteri:

a) l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate previste negli articoli 24,

25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le

entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia

di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:

1) i soggetti iscritti nell’albo di cui all’ articolo 53, comma 1;

2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali

devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare

la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all’ articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto

legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, mediante convenzione, a condizione: che l’ente titolare del

capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte

più importante della propria attività con l’ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell’ambito territoriale di

pertinenza dell’ente che la controlla;

4) le società di cui all’ articolo 113, comma 5, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000,

iscritte nell’albo di cui all’ articolo 53, comma 1, del presente decreto, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e

dei princìpi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a condizione che l’affidamento dei servizi di

accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica; (182) (189)

c) l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;

d) il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dal

funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

[6. La riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni viene effettuata con la

procedura di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai concessionari del servizio di riscossione di cui al D.P.R. 28

gennaio 1988, n. 43, ovvero con quella indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in proprio dall'ente locale o

affidata agli altri soggetti menzionati alla lettera b) del comma 4.

(184) - Comma abrogato dall'art. 1, comma 224, lett. b), L. 24 dicembre 2007, n. 244, a decorrere dal 1° gennaio 2008.

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Norma di riferimento per la riscossione coattiva

.Art. 36, comma 2 del DL n. 248/2007

La riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali

continua a potere essere effettuata con:

a) la procedura dell'ingiunzione di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639,

seguendo anche le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del

Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto

compatibili, nel caso in cui la riscossione coattiva è svolta in proprio dall'ente

locale o è affidata ai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b), del

decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

b) la procedura del ruolo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29

settembre 1973, n. 602, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della

riscossione di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203,

convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248

Questo comma è stato abrogato per errore dal Dl n. 70/2011 e poi è stata

abrogato la norma di abrogazione!

P. Mirto - 2017 75

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Norma di riferimento per la riscossione coattiva

Art. 7 comma 2, d.l. 70/2011

“gg-quater) a decorrere dalla data di cui alla lettera gg-ter)[31 dicembre 2012 30/06/2017], i comuni effettuano la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie:

1) sulla base dell'ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, che costituisce titolo esecutivo, nonché secondo le disposizioni del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, comunque nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare;

(… si potrebbe dedurre che anche per le entrate patrimoniali l’ingiunzione

rappresenti un titolo esecutivo che autorizza la successiva fase esecutiva)

P. Mirto - 2017 76

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Dl 209/2002- art .4 2-sexies. I comuni e i concessionari iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto

legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 , di seguito denominati «concessionari», procedono

alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall'ingiunzione prevista dal testo unico di

cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 , secondo le disposizioni contenute nel titolo II

del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 , in quanto

compatibili .

2-septies. Ai fini di cui al comma 2-sexies il sindaco o il concessionario procede alla

nomina di uno o più funzionari responsabili per la riscossione, che esercitano le funzioni

demandate agli ufficiali della riscossione e ai quali sono altresì demandate le funzioni già

attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del citato testo unico di cui al regio

decreto n. 639 del 1910 . I funzionari responsabili sono nominati fra le persone la cui

idoneità allo svolgimento delle funzioni è stata conseguita con le modalità previste

dall'articolo 42 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 .

2-octies. Ai soli fini della riscossione coattiva, i comuni e i concessionari possono

esercitare le facoltà previste dall'articolo 18 del citato decreto legislativo n. 112 del 1999

nei limiti e con le modalità stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,

sentito il Garante per la protezione dei dati personali

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Accesso a banche dati

D.lgs. N. 112/99 - Art. 18. Accesso dei concessionari agli uffici pubblici

In vigore dal 4 ottobre 2005 1. Ai soli fini della riscossione mediante ruolo, i concessionari

sono autorizzati ad accedere, gratuitamente ed anche in via telematica, a tutti i dati

rilevanti a tali fini, anche se detenuti da uffici pubblici, con facoltà di prendere visione e di

estrarre copia degli atti riguardanti i beni dei debitori iscritti a ruolo e i coobbligati, nonché

di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni.

2. Ai medesimi fini i concessionari sono altresì autorizzati ad accedere alle informazioni

disponibili presso il sistema informativo del Ministero delle finanze e presso i sistemi

informativi degli altri soggetti creditori, salve le esigenze di riservatezza e segreto

opponibili in base a disposizioni di legge o di regolamento.

3. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero delle finanze , sentito il garante

per la protezione dei dati personali, sono stabiliti i casi, i limiti e le modalità di esercizio

delle facoltà indicate nei commi 1 e 2 e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori

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DPR 602/73 – Titolo II –art.45-86 – procedure semplificate

Capo I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 45 (Riscossione coattiva) Art. 46 (Delega ad altro concessionario) Art. 47 (Gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche) Art. 47-bis (Gratuità di altre attività e misura dell'imposta di registro sui trasferimenti coattivi di beni mobili) Art. 48 (Tasse e diritti per atti giudiziari) Art. 48-bis (Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni) Capo II ESPROPRIAZIONE FORZATA Sezione I Disposizioni generali Art. 49 (Espropriazione forzata) Art. 50 (Termine per l'inizio dell'esecuzione) Art. 51 (Surroga del concessionario in procedimenti esecutivi già iniziati) Art. 52 (Procedimento di vendita) Art. 53 (Cessazione dell'efficacia del pignoramento e cancellazione della trascrizione) Art. 54 (Intervento dei creditori) Art. 55 (Divieto per il concessionario di acquisto dei beni pignorati) Art. 56 (Deposito degli atti e del prezzo) Art. 57 (Opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi) Art. 58 (Opposizione di terzi) Art. 59 (Risarcimento dei danni) Art. 60 (Sospensione dell'esecuzione) Art. 61 (Estinzione del procedimento per pagamento del debito) Sezione II Disposizioni particolari in materia di espropriazione mobiliare Art. 62 (Disposizioni particolari sui beni pignorabili) Art. 63 (Astensione dal pignoramento) Art. 64 (Custodia dei beni pignorati)

Art. 65 (Notifica del verbale di pignoramento) Art. 66 (Avviso di vendita dei beni pignorati) Art. 67 (Incanto anticipato) Art. 68 (Prezzo base del primo incanto) Art. 69 (Secondo incanto) Art. 70 (Beni invenduti) Art. 71 (Intervento degli istituti vendite giudiziarie) Sezione III Disposizioni particolari in materia di espropriazione presso terzi Art. 72 (Pignoramento di fitti o pigioni) Art. 72-bis (Pignoramento dei crediti verso terzi) Art. 72-ter (Limiti di pignorabilità) Art. 73 (Pignoramento di cose del debitore in possesso di terzi) Art. 74 (Vendita e assegnazione dei crediti pignorati) Art. 75 (Pignoramenti presso pubbliche amministrazioni) Art. 75-bis (Dichiarazione stragiudiziale del terzo) Sezione IV Disposizioni particolari in materia di espropriazione immobiliare Art. 76 (Espropriazione immobiliare) Art. 77 (Iscrizione di ipoteca) Art. 78 (Avviso di vendita) Art. 79 (Prezzo base e cauzione) Art. 80 (Pubblicazione e notificazione dell'avviso di vendita) Art. 81 (Secondo e terzo incanto) Art. 82 (Versamento del prezzo) Art. 83 (Progetto di distribuzione) Art. 84 (Distribuzione della somma ricavata) Art. 85 (Assegnazione dell'immobile allo Stato) Capo III DISPOSIZIONI PARTICOLARI IN MATERIA DI ESPROPRIAZIONE DI BENI MOBILI REGISTRATI Art. 86 (Fermo di beni mobili registrati)

P. Mirto - 2017 79

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DPR 602/73 – Titolo II –art.45-86 – procedure semplificate

la maggior parte delle funzioni svolte dal giudice dell’esecuzione sono affidate

all’ente che procede alla riscossione (questo implica una specifica professionalità);

le funzioni demandate all’ufficiale giudiziario sono svolte dall’ufficiale della

riscossione (solo quelle esecutive e non anche le cautelari);

L’agente della riscossione gode dell’esenzione dei tributi e diritti per trascrizioni,

iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche;

tasse e diritti per atti giudiziari sono ridotti della metà e recuperati nei confronti del

debitore;

importanti agevolazione sui tempi da seguire nel pignoramento;

procedura di espropriazione immobiliare più incisiva ed economica;

la possibilità di utilizzare lo strumento del fermo amministrativo e dell’ipoteca quale

misura cautelare (senza ufficiale riscossione)

Pignoramento presso terzi dei crediti diretta (senza ufficiale riscossione)

P. Mirto - 2017 80

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Cosa scegliere tra ingiunzione e ruolo Dipende dall’organizzazione del servizio e dalle professionalità esistenti.

1) personale numericamente scarso o poco preparato:

A) esternalizzazione riscossione Equitalia

B) esternalizzazione riscossione società privata iscritta albo

C) altre forme miste (società pubblica, società mista)

Passare da Equitalia a riscossore privato non esime dal controllo puntuale sull’operato

del concessionario (vedi esperienza di alcune società iscritte all’albo poi finite in

malora)

In caso di riscossore privato pretendere incasso su c/c intestati all’ente.

Importante durata contratto (1 anno non serve a nulla)

2) personale adeguato e preparato:-> Possibile Riscossione interna tramite ingiunzione,

ma occorre non fermarsi alla notifica dell’ingiunzione di pagamento. Occorre essere in

grado di fare le fasi successive, a partire dal fermo e pignoramento presso terzi.

IL PRIMO PASSO E’ DOTARSI DI UN REGOLAMENTO SULLA RISCOSSIONE

COATTIVA - Esempio

P. Mirto - 2017 81

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Esempio regolamento riscossione coattiva

REGOLAMENTO PER LA RISCOSSIONE COATTIVA ENTRATE

MIRANDOLA 2015.doc

P. Mirto - 2017 82

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L’ingiunzione fiscale

La norma di riferimento è il centenario R.D. 14 aprile 1910 n. 639 (testo unico delle disposizioni di legge

relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici)

La norma è applicabile per la riscossione coattiva di tutte le entrate dei Comuni/Provincia, e non solo per

quelle di natura tributaria

Cassazione 2 agosto 1995 n. 8642

“lo stato e gli altri enti pubblici possono avvalersi dello speciale strumento ingiunzionale previsto dal r.d. 14

aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello stato, non solo per la riscossione dei

tributi o, in genere, delle entrate di diritto pubblico, ma anche per le entrate di diritto privato, ove si tratti

di crediti certi, liquidi ed esigibili...”

L’ingiunzione assolve alla stessa identica funzione della cartella di pagamento (da qui anche il rinvio al DPR

602/1973)

Cassazione SS.UU. 10958/2005 (che contiene anche un’analisi della disciplina della riscossione coattiva):

«l'ingiunzione svolge la stessa funzione che svolge la cartella in quanto atto prodromico per

l'esecuzione forzata. In questa situazione, ed in considerazione dell'evoluzione che ha avuto il sistema

processuale tributario nel suo insieme, ogni contestazione che concerne il rapporto tributario ed i suoi

elementi costitutivi deve essere assegnata alla Commissione Tributaria, che dal 1996 ha anche il potere di

sospendere l'esecutività dell'atto.

Alla giurisdizione del giudice ordinario appartengono solo gli atti che saranno posti in essere durante la

successiva espropriazione forzata, atti che non propongono questioni di natura tributaria, ma riguardano le

situazioni giuridiche tutelabili dinanzi al giudice dell'esecuzione»

P. Mirto - 2017 83

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Cassazione SS.UU. 10958/2005

1. «… il sistema di riscossione a mezzo ruolo è stato notevolmente allargato ed è divenuto abbastanza

generale, mentre il decreto del 1910 non è stato abrogato direttamente ed espressamente, ma sono

state abrogate le norme che tale decreto richiamavano. Significativamente, comunque, è stata

abrogata ogni norma incompatibile con la nuova legge dettata in tema di riscossione a mezzo ruolo

2. c) nel 1997, l'articolo 52 del D.Lgs. n,446/1997 ha previsto che "'la riscossione coattiva dei tributi e

delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni viene effettuata con la procedura di cui al

decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, se affidata ai concessionari del

servizio di riscossione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, ovvero

con quella indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, se svolta in proprio dall'ente locale o

affidata agli altri soggetti menzionati alla lettera b) del comma 4'". In questo modo, il R.D. del 1910 è

tornato di attualità;

3. d) nel 1999, il D.Lgs. n. 46/1999 ha introdotto in materia di riscossione una riforma molto importante

con la quale è stato ulteriormente allargato il meccanismo del ruolo, e con la quale è stata precisata

meglio la disciplina delle opposizioni in sede di procedimenti espropriativi posti in essere dal

Concessionario della riscossione.

4. … Si può ritenere che con questa riforma il ruolo è divenuto ancor di più il mezzo generale di

riscossione delle entrate dello Stato e degli Enti pubblici, anche se per gli Enti locali il legislatore

non ha posto un obbligo di utilizzazione del ruolo, ma solo una facoltà - Infatti, l'articolo 17,

comma 2, del citato D.Lgs. n. 46/1999 ha stabilito che "'Può essere effettuata mediante ruolo

affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province,

anche autonome, dei comuni e degli altri enti localì";

5. e) ora, mentre la disciplina relativa alla riscossione attuata mediante ruolo ha avuto una evoluzione

significativa e positiva, anche sul piano delle maggiori garanzie apprestate per il contribuente ….. la

normativa del 1910 è rimasta sempre la stessa per cui esiste la necessità di una interpretazione

che valga a raccordare le norme emanate in un tempo molto lontano ed in un contesto storico e

giuridico molto diverso ai principi fondamentali nuovi, espressi soprattutto con riferimento a

strumenti di tutela prima non previsti;

P. Mirto - 2017 84

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Cos’è?

Art. 2 del RD n.639/1910

«Il procedimento di coazione comincia con la ingiunzione, la quale consiste

nell'ordine, emesso dal competente ufficio dell'ente creditore, di pagare entro

trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la somma dovuta».

Si tratta quindi di un sorta di decreto ingiuntivo emesso unilateralmente

dall’ente creditore preordinato, in caso di mancato pagamento,

all’espropriazione forzata dei beni del debitore.

P. Mirto - 2017 85

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Titolo esecutivo

La riscossione dei tributi prevede la notifica di un atto di accertamento che esso stesso un titolo esecutivo

In generale l’azione esecutiva presuppone l’esistenza di un titolo esecutivo, definito dall’art. 474 c.p.c. Il titolo

esecutivo assolve alla funzione sia di accertamento del credito che di prova della sua esistenza. In altre parole

deve dimostrare che il credito ingiunto è certo, liquido ed esigibile.

L’art. 474 c.p.c. prevede, in generale, che sono titoli esecutivi le sentenze ed i provvedimenti e gli altri atti ai

quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva.

L’ingiunzione di pagamento svolge anche la funzione di precetto (di cui all’art. 480 c.p.c.) che è l’intimazione

ad adempiere all’obbligo risultante dal titolo esecutivo. È fase preliminare all’esecuzione forzata.

Quindi quando l’ente è titolare di un credito cristalizzato in un accertamento tributario definitivo oppure in una

sentenza passata in giudicato, che come detto sono titoli esecutivi, per procedere all’esecuzione forzata deve

notificare l’ingiunzione di pagamento che è una sorta di titolo esecutivo speciale

comprensivo di precetto.

Cassazione n. 19669/2006 precisa quanto segue «Questa Corte ha più volte esattamente affermato che

l'ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910, presuppone un credito che sorga da fatti oggettivi e sia liquidato su

parametri normativi o amministrativi predeterminati che consentano, quando la somma pretesa sia esigibile, la

immediata riscossione di essa con il detto atto ingiunzionale, costituente contestualmente precetto e titolo

esecutivo (cfr. con la Cass. 15 giugno 2000, citata dalla sentenza impugnata, Casa. 25 agosto 2004 n. 16855

e 22 dicembre 1992 n. 13587)».

P. Mirto - 2017 86

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Titolo esecutivo/esecutorio

L’ingiunzione è anche atto esecutorio (*)

(*) Art. 21-ter Esecutorietà – Legge 241/90

Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono

imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il

provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da

parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche

amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle

ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.

2. Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si

applicano le disposizioni per l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato.

L'esecutività di un atto consiste nella capacità e/o nella forza a questo assegnata di

modificare unilateralmente la sfera giuridica del destinatario.

L'esecutorietà consiste, invece, nella capacità specifica del provvedimento di essere

portato ad effetto attraverso le procedure costrittive demandate all’autorità pubblica

P. Mirto - 2017 87

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Natura ingiunzione

Quindi l’ingiunzione è un ATTO «particolare» potendosi

definire come atto amministrativo (in quanto emanato

dalla PA) che assolve sia alle funzioni di titolo esecutivo

che di precetto perché contiene l’avvertimento al debitore

che in caso di mancato pagamento del debito ingiunto, che

è certo (nella sua esistenza), liquido (determinato nel suo

ammontare) ed esigibile (non sottoposto a condizione o

termine), si procederà all’avvio dell’esecuzione forzata.

P. Mirto - 2017 88

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Elementi essenziali

L’ingiunzione deve contenere:

Le norme di riferimento

L’indicazione del debitore

La motivazione della pretesa di pagamento

Intimazione/ordina ad effettuare il pagamento

Termine di 30/60 giorni per pagarla

l’avvertenza, se in difetto, si procederà ad esecuzione forzata

L’indicazione del responsabile del procedimento

L’Indicazione del soggetto cui chiedere l’autotutela

L’indicazione in merito all’impugnazione (soggetto-termine)

L’ufficio emittente e l’ufficio cui chiedere informazioni

Il visto di esecutorietà

La sottoscrizione dell’atto

P. Mirto - 2017 89

Page 90: Presentazione di PowerPoint - Anci · 2018-03-28 · 2) Gestione mista: alcuni tributi a gestione diretta altri a gestione esterna 3) Gestione per processi: alcune fasi interne altre

Elementi essenziali Per gli accertamenti tributari vale quanto previsto dalla 296/2006, in merito agli elementi essenziali.

Per le ingiunzioni, oltre alle scarne indicazioni di cui al 639/1910 vale quanto previsto dall’art. 7 dello Statuto

del Contribuente.

Art. 7. (Chiarezza e motivazione degli atti)

1. Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7

agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti

di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella

motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama.

2. Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente

indicare:

a) l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o

comunicato e il responsabile del procedimento;

b) l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel

merito dell'atto in sede di autotutela;

c) le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in

caso di atti impugnabili.

3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero,

in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.

4. La natura tributaria dell'atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne

ricorrano i presupposti.

P. Mirto - 2017 90

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Chi firma?

L’art. 2 del 639 prevede che «La ingiunzione è vidimata e resa esecutoria dal pretore

nella cui giurisdizione risiede l'ufficio che la emette»

Questa norma è stata abrogata dall’art. 229 del D.lgs. N.51/1998 il quale prevede che

«Il potere del pretore di rendere esecutivi atti emanati da autorità amministrative è

soppresso e gli atti sono esecutivi di diritto».

Pertanto la sottoscrizione spetta al funzionario/dirigente cui è attribuita la funzione

della riscossione coattiva, variamente articolata negli enti (funzionario responsabile

Imu, dirigente pubblica istruzione, etc…. ). Il riferimento è il peg/bilancio, ovvero si

guarda il soggetto cui è stata attribuita la competenza della riscossione coattiva.

Occorre però considerare che la riscossione ordinaria può essere di competenza di un

soggetto (responsabile servizio) mentre la competenza della riscossione coattiva può

essere in capo ad altro soggetto (ragioneria).

Poi vi sono casi in cui i due ruoli coincidono, come nel caso del funzionario Imu.

Nel caso dell’ingiunzione occorre attestare che si tratti di un credito certo, liquido ed

esigibile, ovvero occorre apporre il visto di esecutività/esecutorietà, e ciò non può

essere fatto dal responsabile della riscossione coattiva. Quindi occorre una doppia

firma.

Il visto di esecutività/esecutorietà potrà essere anche non apposto nell’atto ingiuntivo

se questo richiama l’attestazione comunque effettuata dal responsabile dell’entrata,

ovvero se questo firma una sorta di lista di carico dei crediti ingiunti (similmente a

quanto avviene con il ruolo coattivo).

Ovviamente se affida ad un concessionario privato, la firma spetterà a tale soggetto

P. Mirto - 2017 91

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Termine di pagamento dell’ingiunzione

Tema abbastanza controverso.

L’art. 2 del 639 prevede espressamente il termine di 30 giorni.

Tuttavia ricordiamoci che il termine per impugnare l’ingiunzione innanzi le CTP è di 60 giorni,

Art. 21 del d.lgs. N. 546/1992 «Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro

sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato. La notificazione della cartella di

pagamento vale anche come notificazione del ruolo».

Tra i due termini, per i crediti di natura tributaria, prevalgono quelli del processo tributario in

quanto norma successiva.

Il termine di 60 giorni è preferibile anche per motivi di logicità, perché non pare accettabile che il

debitore debba pagare nei 30 giorni e poi possa impugnare nei 60, perché si precluderebbe di

fatto l’accesso agli strumenti cautelari previsti dal 546.

La soluzione pare quindi essere quella di ritenere applicabile il termine di 60 giorni per i

crediti tributari, mentre quello di 30 giorni per i crediti diversi

P. Mirto - 2017 92

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Esempio di ingiunzione

Atto ingiunzione.pdf

P. Mirto - 2017 93

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PARTE II

REDAZIONE E NOTIFICA ATTI TRIBUTARI

P. Mirto - 2017 94

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L’atto di accertamento

L’atto di accertamento deve soddisfare tre requisiti:

A) deve essere notificato nel rispetto dei termini

decadenziali

B) deve essere formato secondo lo schema legale

C) deve essere validamente portato a conoscenza

del destinatario

P. Mirto - 2017 95

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Ma cos’è un atto di accertamento?

L’avviso di accertamento non è altro che un provvedimento amministrativo e quindi su di esso si possono richiamare tutte le regole generali sui provvedimenti amministrativi: autoritarietà, efficacia, struttura, validità , effetti, motivazione, ecc….. Anche se vi sono deroghe alla 241/1990.

Come tutti i provvedimenti amministrativi, l’avviso di accertamento deve assolvere ad una funzione che, nel caso di specie, è quella di estrinsecare un potere espressamente riconosciuto dalla legge: esso determina essenzialmente il quantum posto a carico del contribuente.

In generale, si ritiene che l’accertamento tributario rientri nella categoria degli “accertamenti costitutivi” e come tale sia un atto vincolato, nel senso che l’ente è obbligato ad emanarlo ogniqualvolta è accertata la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per la sua emanazione.

Danno erariale………

P. Mirto - 2017 96

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CdC Calabria, sent. 195/2016

«La mancata riscossione delle imposte, infatti, configura una rinuncia consapevole a un credito pecuniario che

incide negativamente sull’assetto patrimoniale dell’Ente, causandogli un disavanzo nelle entrate che si ripercuote

inevitabilmente sull’attuazione dei servizi. Un danno cui non corrisponde nessuna utilità per l’ente stesso o per la

collettività, ma, nella fattispecie, solo un vantaggio personale di pochissimi soggetti.

Ritiene il Collegio che tale danno debba essere imputato alla condotta gravemente colposa dell’odierna

convenuta.

La sig.ra Z. .. era responsabile dell’attività di riscossione dell’entrate tributarie, atteso che il servizio tributi è

uno di quelli in cui si articola l’intera area finanziaria.

Tanto premesso, la sig. Z aveva, come primo obbligo si servizio, quello di procedere al corretto

accertamento dei tributi evasi e alla redazione dei relativi ruoli di riscossione, onde consentire la esatta

formazione dei flussi finanziari in entrata.

Né è condiviso l’assunto difensivo secondo il quale in mancanza di una dichiarazione da parte del

proprietario o del soggetto passivo dell’imposta, l’ente è esonerato dallo svolgere attività di verifica e

accertamento»

P. Mirto - 2017 97

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Le fasi

Le fasi principali del procedimento amministrativo sono:

• la fase preparatoria, in cui si verifica la sussistenza dei presupposti richiesti per l’emanazione dell’atto, ed ovviamente cambiano da tributo a tributo;

• la fase dispositiva, in cui si pone in essere il provvedimento amministrativo;

• la fase integrativa dell’efficacia, in cui si munisce l’atto del requisito dell’efficacia.

L’atto di accertamento è il provvedimento centrale di un procedimento amministrativo composto da atti di diversa natura che possono essere sussidiari o ausiliari all’atto di accertamento avendo una funzione preparatoria o integrativa dell’efficacia.

P. Mirto - 2017 98

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Il questionario

Il comma 693 della legge n. 147/2013 dispone che ai fini della verifica del

corretto assolvimento degli obblighi tributari, il funzionario responsabile può

inviare questionari al contribuente, richiedere dati e notizie a uffici pubblici

ovvero a enti di gestione di servizi pubblici, in esenzione da spese e diritti, e

disporre l'accesso ai locali ed aree assoggettabili a tributo, mediante personale

debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni.

Il successivo comma 694 stabilisce che in caso di mancata collaborazione del

contribuente o altro impedimento alla diretta rilevazione, l'accertamento può

essere effettuato in base a presunzioni semplici di cui all'articolo 2729 del cod.

civ..

Comma 698: «In caso di mancata, incompleta o infedele risposta al

questionario di cui al comma 693, entro il termine di sessanta giorni dalla

notifica dello stesso, si applica la sanzione da euro 100 a euro 500».

P. Mirto - 2017 99

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La fase preparatoria e l’intreccio con l’attività di

segnalazione all’AE

La fase preparatoria consiste essenzialmente nello scovare gli evasori!

L’attività varia da tributo a tributo comunale

- Ici/Imu

- imposta di pubblicità

- tarsu

- tosap/cosap

L’attività si realizza anche tramite l’utilizzo delle banche dati, essenziali per le

segnalazioni all’agenzia delle entrate

Ma quali banche dati possiede il Comune?

P. Mirto - 2017 100

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Le banche dati comunali

•I Comuni dispongono dell’accesso ad una molteplicità di banche

dati, che spesso permettono l’effettuazione di segnalazioni “a

tavolino”, ovvero senza la necessità di reperire ulteriori

informazioni oltre a quelle rinvenibili nelle proprie banche dati.

•Naturalmente, la qualità delle banche dati non è sempre

ottimale. Si possono avere banche dati affidabili, in quanto aventi

anche funzione certificativa, come l’anagrafe della popolazione,

e banche dati meno affidabili, in quanto non sempre aggiornate,

come le banche dati ICI/IMU o quelle relative alla TARI.

•Le banche dati possono essere strutturate, come quelle relative

ai tributi comunali, il cui aggiornamento avviene tramite appositi

software, oppure possono essere dei semplici contenitori, nei

quali i dati vengono semplicemente archiviati senza

preoccuparsi, ad esempio, di creare delle chiavi di ricerca.

P. Mirto - 2017 101

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La fruibilità delle b.d.

•Altro fattore importante è quello della fruibilità delle banche dati da parte di soggetti diversi da quelli deputati

alla loro tenuta, oltre alla possibilità di utilizzarle per incroci con altre banche dati. Su tale fronte negli ultimi

anni c’è stato un significativo miglioramento. Molti Comuni, negli ultimi anni hanno iniziato, mediante apposite

sezioni degli applicativi IMU o TARI, ad utilizzare i dati forniti da Punto Fisco, relativi alle utenze (elettricità,

gas, acqua) ed ai contratti di locazione. In altre realtà più evolute si sono implementati sistemi informativi

territoriali, i cosiddetti SIT, che collegano svariate informazioni relative agli immobili, come i dati forniti

dall’Agenzia delle Entrate/Territorio (Docfa, visure catastali, planimetrie), i dati relativi ai permessi di costruire,

alle licenze commerciali ed altro ancora.

•Altri strumenti più evoluti permettono anche di integrare le banche dati degli oggetti (gli immobili) con i

soggetti, arrivando a fornire informazioni estremamente variegate e dettagliate sui soggetti (reddito dichiarato,

immobili posseduti, posizioni attive in Camera di commercio, tributi comunali pagati, rette scolastiche, e via

dicendo).

•Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei Comuni, risulta difficile reperire informazioni aggiuntive rispetto a

quelle possedute dal proprio ufficio. Ciò deriva dal fatto che spesso ogni servizio comunale utilizza un

proprio applicativo informatico e ciò rende difficile l’incrocio tra banche dati gestite da software diversi.

P. Mirto - 2017 102

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Le banche dati tributarie

Il Comune dispone di innumerevoli banche dati, più o meno

strutturate. Tra queste ricoprono un ruolo importante le banche dati

tributarie, quali quelle relative all’ICI/IMU/TASI, alla TARI, alla

TOSAP/COSAP e all’imposta di pubblicità.

Un ruolo importante riveste la banca dati ICI/IMU/TASI, che contiene

informazioni di dettaglio relative agli oggetti imponibili (fabbricati,

aree fabbricabili e terreni agricoli) ed ai soggetti passivi (il titolare di

diritti reali, il concessionario di aree demaniali ed i locatario

finanziario), oltre ad informazioni ulteriori connesse al sistema delle

riduzioni (quali la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo

professionale) e delle esenzioni (qualifica di ente non commerciale).

P. Mirto - 2017 103

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IMU

•Queste informazioni sono utili e facilmente utilizzabili ai fini

dell’effettuazione di una segnalazione qualificata nei diversi ambiti

segnalabili. Spesso, poi, è la stessa attività di controllo dell’evasione

dell’IMU che fornisce da sola informazioni sufficienti non solo a notificare un

atto di accertamento comunale, ma anche a predisporre una segnalazione

qualificata in tutti gli ambiti segnalabili.

•Per entrare nel pratico, particolare attenzione andrà posta alle aree

fabbricabili, perché queste danno luogo a segnalazioni estremamente

importanti dal punto di vista del ritorno economico per il Comune, oltre ad

essere facili da effettuare.

•Siccome ai fini erariali non rileva il possesso di un’area fabbricabile (non è

produttiva di reddito) ma solo la cessione di questa, che può dar luogo a

plusvalenza, ovvero a redditi diversi da assoggettare, il Comune dovrà

intercettare le cessioni, a qualsiasi titolo avvenute, che comunque devono

essere oggetto anche di dichiarazione IMU.

P. Mirto - 2017 104

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IMU

•Si parte dalle più semplici, ovvero da compravendite effettuate per valori

diversi da quelli utilizzati per corrispondere l’IMU, il più delle volte

corrispondenti ai valori venali deliberati dal Comune stesso, oppure da quelli

risultanti da atti di accertamento definitivi emessi ai fini IMU.

•Se il Comune vuole effettuare un controllo sistematico si potrà partire

dall’elenco dei certificati di destinazione urbanistica rilasciati dal Comune

stesso, posto che qualsiasi atto di trasferimento delle aree deve avere in

allegato il suddetto certificato. Per essere sicuri che l’area oggetto di

certificazione sia stata effettivamente oggetto di transazione occorre

interrogare la conservatoria dei registri immobiliari, dal Portale dei Comuni

fornito dall’Agenzia delle entrate/territorio. L’interrogazione, effettuata per

immobile, indicherà i soggetti che hanno compravenduto l’area.

Successivamente, interrogando Punto Fisco, sezione atti del registro, si otterrà

anche il valore dichiarato al fisco erariale e ciò consentirà di effettuare il

confronto con i valori dichiarati ai fini IMU.

P. Mirto - 2017 105

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Conferimento area gravata mutuo

•Ci sono poi fenomeni evasivi un po’ più articolati che richiedono l’acquisizione di ulteriori

informazioni, come il caso del conferimento in società di aree fabbricabili gravate da mutuo.

L’ipotesi si verifica allorquando un soggetto che possiede un’area fabbricabile, poniamo di

valore pari a 1.100, la vuole “vendere” ad una società evitando la tassazione. Il meccanismo,

molto diffuso, prevede questi passaggi:

•il possessore accende un mutuo pari a 1000;

•il possessore successivamente conferisce l’area gravata dal mutuo alla società; trattandosi di

conferimento in natura occorre una perizia redatta da un perito nominato dal Tribunale (e la

perizia è scaricabile dal Comune mediante l’accesso alla banca dati della Camera di

Commercio);

•il perito dirà che l’area vale 1.100, ma essendo gravata da un mutuo che verrà trasferito alla

società pari a 1.000, il valore del conferimento in natura sarà di 100.

•In realtà il possessore ricava dalla cessione dell’area 1.100, ovvero 100 come quota della

società per il conferimento e 1.000 dalla banca, perché avrà incassato il mutuo che sarà però

pagato dalla società. Quest’ipotesi evasiva è rilevante sia ai fini dell’imposta di registro che ai

fini della plusvalenza, perché chi ha operato in tal modo raramente ha anche effettuato il

cosiddetto affrancamento del valore dell’area fabbricabile.

P. Mirto - 2017 106

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Altre informazioni utili

•Dalla banca dati ICI/IMU sono però ricavabili molteplici informazioni utili all’effettuazione

di tante altre tipologie di segnalazioni. Di seguito alcuni esempi:

•soggetti che possiedono numerosi fabbricati che non sono stati dichiarati ai fini

dell’Irpef (quadro RB);

•immobili per i quali il Comune ha attivato la revisione della rendita catastale ai sensi

dell’art. 1, comma 336 della legge n. 311 del 2004;

•svolgimento di attività diversa da quella dichiarata al fisco erariale, come nel caso di

fabbricati dichiarati rurali ma utilizzati per altri fini, come nel caso di ristorante

mascherato da agriturismo;

•attività bed e breakfast che invece di essere svolta nell’abitazione principale è svolta in

una vera e propria struttura ricettiva e quindi concretizza un’attività d’impresa;

•immobili che accedono ad aliquote agevolate IMU perché locati, ma non risulta alcun

contratto di locazione registrato;

P. Mirto - 2017 107

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Ancora….

•immobili che godono dell’esenzione IMU per lo svolgimento di una delle attività elencate nella lett. i) dell’art. 7

del D.lgs. n. 504 del 1992 ma che sono utilizzati fittiziamente da enti non commerciali. Il fenomeno risulta

molto diffuso con le ASD (associazione sportive dilettantistiche) che risultano create per nascondere

l’esercizio di una vera e propria attività commerciale, come nel caso di scuole di ballo e palestre, che non

rispettano evidentemente i requisiti previsti dal Dm n. 200 del 2012;

•fabbricato dichiarato come abitazione principale ma in realtà, pur in presenza della residenza anagrafica (per

non perdere la possibilità di portare in detrazione gli interessi del mutuo) dato in locazione a terzi, con

anche il canone di locazione non dichiarato;

•cessione di terreni con sovrastanti fabbricati collabenti (accatastati in categoria F/2); in questi casi il reale

oggetto di compravendita è la possibilità edificatoria che scaturisce dal recupero della cubatura esistente e

quindi il contratto dovrebbe essere inquadrato tra quelli di cessione di aree edificabili;

•cessioni di fabbricati per i quali è stato già rilasciato il permesso di demolizione e ricostruzione; l’ipotesi è

frequente nei casi di compravendita di vecchi fabbricati dotati di ampi giardini con potenzialità

edificatoria residua. Anche in questo caso l’oggetto reale della compravendita non è il fabbricato ma la

capacità edificatoria e quindi va inquadrato come cessione di area fabbricabile. L’individuazione della

fattispecie evasiva si attua mediante una verifica dei permessi di demolizione rilasciati dal Comune.

P. Mirto - 2017 108

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La bd Tari

•Anche la banca dati TARI può fornire informazioni rilevanti ai fini dell’effettuazione di una

segnalazione qualificata.

•La banca dati contiene informazioni sui soggetti che occupano, a qualsiasi titolo, locali, compresa la

destinazione dei locali stessi, rilevante ai fini dell’attribuzione della categoria di contribuenza.

•La banca dati TARI offre da sola informazioni sufficienti ad effettuare segnalazioni relative a contratti

di locazione in nero, oppure a finti comodati.

•Inoltre, vi sono informazioni utili ai fini del controllo degli studi di settore, per i quali è rilevante sia la

superficie dichiarata (corrispondenza tra superficie dichiarata al fisco erariale e quella dichiarata al fisco

comunale) sia il tipo di attività svolta (ad esempio, esercizio commerciale con o senza somministrazione

di alimenti e bevande in loco).

•Una verifica da effettuare spesso è quella della “sopravvivenza” dell’impresa; capita, infatti, che

alcune imprese, pur continuando a svolgere l’attività ed a pagare la TARI, risultano poi cancellate dalla

Camera di commercio.

P. Mirto - 2017 109

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Bd Tosap

•La banca dati TOSAP/COSAP contiene informazioni sui soggetti che occupano il

suolo pubblico, in modo permanente o temporaneo. Anche questa banca dati può

fornire informazioni utili per le segnalazioni qualificate.

•La prima verifica da effettuare riguarda sicuramente gli ambulanti, che spesso

svolgono l’attività commerciale in modo completamente abusivo. In questo caso la

verifica andrà fatta considerando sia l’iscrizione in Camera di Commercio sia la

presentazione di dichiarazioni fiscali.

•La banca dati fornisce, poi, informazioni relative a possibili soggetti che effettuano

attività d’impresa in nero, come nel caso di ditte di traslochi o di impresi edili;

in tale ipotesi, la domanda di occupazione del suolo pubblico viene presentata dal

proprietario o dal condominio e non direttamente dalle ditte.

•Infine, i soggetti che occupano spazi esterni (bar, ristoranti, gelaterie) potrebbero

non aver dichiarato queste superfici rilevanti ai fini degli studi di settore, anche se

regolarmente concessionate dal Comune.

P. Mirto - 2017 110

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Bd ICP/Dpa

•La banca dati ICP/DPA, ovvero la banca dati dei soggetti che effettuano

pubblicità, permanente e temporanea, o che chiedono l’affissione di manifesti

pubblicitari, è rilevante soprattutto per l’individuazione di soggetti in nero, di

qualsiasi tipo. Si pensi alla “maga” che pubblicizza la sua attività e non ha

mai dichiarato alcun reddito al fisco comunale. I controlli relativi alle

pubblicità/affissioni in nero sono rilevanti anche per il fisco erariale, posto che

chi effettua un attività in nero si pubblicizza spesso in nero. Molti sono i

Comuni che hanno effettuato segnalazioni con riferimento a soggetti che

pagavano regolarmente l’imposta ma erano comunque sconosciuti al fisco

erariale.

•Inoltre, dai manifesti pubblicitari affissi emerge la reale attività svolta

dai soggetti. Classico è l’esempio della palestra che, inquadrata come

associazione sportiva dilettantistica, pubblicizza i propri corsi a pagamento.

P. Mirto - 2017 111

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Bd non tributarie Oltre alle banche dati tributarie, il Comune dispone di altre molteplici informazioni

contenute in banche dati tenute a vario titolo, alcune delle quali sono state già

richiamate negli esempi fatti.

Informazioni utili per effettuare o arricchire una segnalazione qualificata possono

essere ricavate, ad esempio, dalle banche dati relative a:

•utenti servizi scolastici (nido, mensa, trasporto scolastico);

•utenti servizi sociali/assistenza domiciliare;

•elenco permessi di costruire;

•elenco permessi di demolizione;

•elenco certificati di destinazione urbanistica;

•elenco abusi edilizi (che determinano la revoca dei benefici fiscali eventualmente

ottenuti);

•elenco associazioni;

•licenze commerciali;

•iscritti strutture sportive comunali;

•iscritti biblioteca comunale;

•autorizzazioni accesso ZTL;

•violazioni al codice della strada;

•Le informazioni presenti in queste banche dati possono essere utili per svariate

segnalazioni qualificate. Ad esempio, le autorizzazioni all’accesso in zona a traffico

limitato (ZTL) sono state utilizzate da diversi Comuni per intercettare fittizie residenze

all’estero.

P. Mirto - 2017 112

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Le bd esterne – Punto fisco

Un vero e proprio patrimonio informativo, utile prima di tutto per un

efficace controllo dell’evasione dei tributi comunali, è costituito

dalle banche dati esterne, cui il Comune può accedere.

Molto importante è l’anagrafe tributaria, ovvero il portale Siatel-

Punto Fisco, che contiene informazioni puntuali sui redditi di tutti i

contribuenti d’Italia, accessibile in modo analitico per i contribuenti

residenti nel proprio Comune, fatta eccezione, per ragioni di

riservatezza, per il quadro relativo agli oneri deducibili, ed in modo

sintetico per tutti gli altri contribuenti.

Per ogni contribuente sono presenti anche informazioni relative agli

atti di registro e alle attività esercitate.

P. Mirto - 2017 113

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Punto fisco

Siatel-Punto Fisco poi fornisce informazioni massive, che necessitano

comunque di un software per essere lette, su:

contratti energia elettrica, gas, acqua, con informazioni relative alla data di

attivazione ed al consumo annuo;

contratti di locazione (telematici e manuali), con informazioni sulla durata, sul

canone concordato, ed in alcuni casi anche degli indentificativi catastali;

dichiarazioni di successione, utili soprattutto per la gestione dell’IMU, visto

che il Comune non compartecipa sulle imposte di successione;

bonifici bancari per le ristrutturazioni.

P. Mirto - 2017 114

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SISTER

•Altro portale molto importante è SISTER, che non solo fornisce dati ai Comuni ma

è anche il sistema attraverso il quale Comuni e Agenzia delle entrate collaborano;

su tale portale si caricano, ad esempio, le segnalazioni dei Comuni relative ad

accatastamenti non corretti (ex art. 34-quinquies del Dl n. 4 del 2006), a fabbricati

non accatastati (ex art. 1, comma 336 del Dl. n. 311 del 2014) e alla verifica delle

domande di ruralità (ex art. 4 del Dm 26 luglio 2012).

•Dalla banca dati Sister è possibile effettuare visure catastali dei fabbricati e dei

terreni, non solo con riferimento al proprio Comune ma anche su scala nazionale.

Dal 2015 è possibile vedere anche la planimetria dei fabbricati, anche se solo

attraverso interrogazioni puntuali.

•È possibile poi accedere alla conservatoria dei registri immobiliari, con possibilità

di interrogazioni, anche in questo caso, su base nazionale. Dal 2015 sono

scaricabili non solo le note di trascrizione ma anche gli atti notarili così come

redatti dai notai.

P. Mirto - 2017 115

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TELEMACO

•La banca dati Telemaco fornisce informazioni presenti in Camera di Commercio, con

possibilità di interrogazioni su base nazionale. Oltre alle visure camerali Telemaco

fornisce altre informazioni rilevanti, quali i bilanci depositati ed i verbali dei consigli

di amministrazione relativi ad operazioni straordinarie, quali conferimenti e fusioni.

Dall’analisi dei bilanci, ad esempio, il Comune può verificare la presenza di

finanziamenti infruttiferi dei soci che associati alla dichiarazione di redditi

insignificanti danno luogo ad una segnalazione qualificata, visto che il finanziamento

infruttifero rappresenta, da un lato, il modo per reinvestire in azienda i ricavi dell’attività

svolta “in nero” e, dall’altro lato, permettono di effettuare una segnalazione sul socio

prestatore, perché non in grado di giustificare l’esborso di denaro.

•I verbali dei consigli di amministrazione permettono di intercettare facilmente i

conferimenti di aree fabbricabili gravate di mutuo, di cui si è già detto, anche perché

al verbale è allegata la perizia di stima dell’area conferita. Una sola segnalazione di

questo tipo ha permesso al Comune di Maranello (Mo) di ottenere nel 2011 un

riconoscimento di circa 400 mila euro.

P. Mirto - 2017 116

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ACI/Pra -- INPS

La banca dati ACI/PRA contiene informazioni relative alle auto ed agli

intestatari delle stesse. Per le auto in leasing è visibile il soggetto locatario e

ciò spesso permette di intercettare auto utilizzate per fini personali ma con

contratto di leasing in capo alla società di cui si è soci. Le informazioni circa

gli autoveicoli posseduti sono rilevanti soprattutto ai fini delle segnalazioni

rientranti nell’ambito “Beni indicanti capacità contributiva”.

Infine, la banca dati INPS consente di verificare la posizione contributiva dei

soggetti.

P. Mirto - 2017 117

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Vediamo ora le fasi

successive dell’atto di

accertamento

P. Mirto - 2017 118

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L’efficacia

L’efficacia è l’idoneità dell’atto a produrre effetti giuridici. L’efficacia si distingue

dalla “perfezione” dell’atto: l’atto è perfetto quando è concluso l’iter

proceduraledimentale previsto per la sua giuridica esistenza.

L’atto perfetto può tuttavia non essere efficace. Gli atti di comunicazione

servono appunto a conferire efficacia ai provvedimenti già perfetti.

La comunicazione non è tuttavia requisito di validità dell’atto ma solo di efficacia

dell’atto comunicato. Rispetto a quest’ultimo, la comunicazione quindi si pone

come atto autonomo con la conseguenza che eventuali vizi della

comunicazione non costituiscono anche vizi dell’atto comunicato e si potrà

procedere alla rinnovazione della comunicazione senza procedere a

rimuovere l’atto comunicato, sempreché non sia decorso il termine

decadenziale previsto per l’emanazione dell’atto.

La comunicazione dell’atto amministrativo avviene normalmente mediante

notificazione.

P. Mirto - 2017 119

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L’atto di accertamento – il mini t.u.

L’attività di controllo è retta principalmente dalle disposizioni recate dalla legge

n. 296 del 2006.

In particolare, l’art. 1, comma 161 dispone che gli enti locali, relativamente ai

tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni

incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché

all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti,

notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso

di ricevimento, un apposito avviso motivato.

Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena

di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui

la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni

amministrative tributarie (omessa 5+1).

P. Mirto - 2017 120

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Contenuto dell’atto

gli avvisi devono contenere, altresì, l'indicazione dell'ufficio presso il quale è

possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato,

del responsabile del procedimento, dell'organo o dell'autorità amministrativa

presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in

sede di autotutela,

del termine e dell'organo giurisdizionale cui è possibile ricorrere,

nonché il termine di sessanta giorni entro cui effettuare il relativo pagamento,

la sottoscrizione del funzionario designato dall'ente locale per la gestione del

tributo.

Il regolamento comunale, infine, dovrà stabilire l’importo minimo degli atti di

accertamento (ed anche gli interessi)

P. Mirto - 2017 121

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Contenuto dell’atto

L’art. 1, comma 162, contiene prescrizioni in merito al contenuto degli atti di

accertamento, stabilendo che questi:

devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni

giuridiche che li hanno determinati;

se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto

dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama,

salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (problema

delibere)

P. Mirto - 2017 122

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Allegazione delibere

Cass. civ. Sez. V, Sent., 19-10-2016, n. 21154

«Va affermata, in proposito, la sufficienza della motivazione dell'atto

impositivo che faccia riferimento ad elementi extratestuali che il

contribuente sia comunque in grado di conoscere (Cass 9582/13) con

riaffermazione, nella specie, del principio secondo cui "in tema di imposta

comunale sugli immobili (ICI), l'obbligo di allegazione all'avviso di

accertamento, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212,art. 7, degli atti cui si

faccia riferimento nella motivazione riguarda necessariamente, come

precisato dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32,art. 1, gli atti non conosciuti

e non altrimenti conoscibili dal contribuente, ma non gli atti generali

come le delibere del consiglio comunale (nella specie, delibera

relativa ai criteri di stima dei terreni edificabili) che essendo soggette

a pubblicità legale, si presumono conoscibili" (Cass. 9601/12)».

P. Mirto - 2017 123

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Il funzionario responsabile d’imposta

Il comma 692 della legge n. 147/2013 prevede per la IUC la designazione da parte del funzionario responsabile a cui sono

attribuiti tutti i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, compreso quello di sottoscrivere i provvedimenti

afferenti a tali attività, nonché la rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso.

La disposizione conferma la novità introdotta con la disciplina Tares, ovvero il potere del funzionario di rappresentare in

giudizio l’ente per le controversie relative al tributo.

Tale disposizione, difatti, rappresenta una deroga all’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, a mente del quale «l'ente

locale nei cui confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell'ufficio tributi, ovvero, per gli

enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio».

Ciò, vuol dire che a decorrere dal 1° gennaio 2014 al funzionario compete la sottoscrizione degli atti innanzi alle

commissioni tributarie provinciali e regionali, ivi compresa la facoltà di delega, anche a difensori abilitati del comune, ove

presente l’avvocatura comunale, o a difensori esterni, ivi compresa la delega all’avvocato cassazionista in caso di ricorso per

cassazione, e ciò anche se il funzionario responsabile è figura diversa dal dirigente dell’ufficio tributi. Naturalmente, la novella

si applica anche ai ricorsi ricevuti nel 2014 su atti di accertamento notificati negli anni precedenti, e tale ipotesi si verifica per

ora solo con riferimento ad eventuali atti di accertamento Imu, Tari e Tasi.

P. Mirto - 2017 124

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Contenzioso: dubbio Imu

il comma 703 della 147/2013 dispone che «L'istituzione della IUC lascia salva

la disciplina per l'applicazione dell'IMU».

Per l’IMU l’art. 9, comma 7, del d.lgs. n. 23 del 2011, rinvia espressamente

all’art. 11, comma 4, del d.lgs. n. 504 del 1992, il quale dispone che «Con

delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti

le funzioni e i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale

dell'imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i

provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi».

P. Mirto - 2017 125

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La sottoscrizione degli atti

Al funzionario responsabile compete la sottoscrizione degli atti di accertamento.

La firma può essere autografa oppure, in base a quanto disposto dall’art. l,

comma 87, della legge n. 549 del 1995, può essere sostituita dall’indicazione

stampa. Al riguardo, Corte di Cassazione, ordinanza 23 settembre 2008, n.

23975, rileva che «la firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi

regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento è sostituita

dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che

gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati. Il nominativo

del funzionario responsabile per l'emanazione degli atti in questione, nonché la

fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello

dirigenziale».

P. Mirto - 2017 126

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Le nuove sanzioni (decorrono dal 1/1/2016 - c. 133 legge n.

208/2015)

• Sanzioni applicabili in sede di accertamento

• Sanzioni per omesso versamento (art. 13, D.lgs. n. 471/1997)

• 30% per omessi, parziali versamenti

• 30% per tardivi versamenti oltre i 90 giorni scadenza

• 15% per tardivi versamenti entro i 90 giorni dalla scadenza

• 1% per ogni giorno di ritardo per versamenti effettuati entro 15 giorni dalla scadenza

• Sanzioni per infedele dichiarazione: min. 50% max 100%, minimo 50 euro

• Sanzioni per omessa dichiarazione: min. 100% max 100%, minimo 50 euro

• New - Sanzione per tardiva dichiarazione non oltre i 30 giorni: sanzione ridotta a metà- min 50% max 100%

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Obbligo di aumento per recidiva

Art 16 D Lgs 158/2015: Modifiche al D Lgs 472/1997

Art. 7. Criteri di determinazione della sanzione

• 1. Nella determinazione della sanzione si ha riguardo alla gravità della violazione desunta anche dalla condotta

dell'agente, all'opera da lui svolta per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze, nonché alla sua personalità e

alle condizioni economiche e sociali.

• 2. La personalità del trasgressore è desunta anche dai suoi precedenti fiscali.

• 3. Salvo quanto previsto al comma 4, la sanzione è aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni

precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita ai sensi degli articoli 13, 16 e 17 o in

dipendenza di adesione all'accertamento di mediazione e di conciliazione. Sono considerate della stessa indole le

violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei

motivi che le determinano o per le modalità dell'azione, presentano profili di sostanziale identità .

• 4. Qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l'entità del tributo cui la violazione si

riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo.

• 4-bis. Salvo quanto diversamente disposto da singole leggi di riferimento, in caso di presentazione di una

dichiarazione o di una denuncia entro trenta giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione è ridotta della metà modifiche

• 1) nel comma 3, le parole: “La sanzione può essere” sono sostituite dalle seguenti: “Salvo quanto previsto al comma 4, la sanzione è” e

dopo le parole: “all'accertamento” sono inserite le seguenti: “di mediazione e di conciliazione”;

• 2) nel comma 4, la parola: “eccezionali” è soppressa;

• 3) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: “4-bis. Salvo quanto diversamente disposto da singole leggi di riferimento, in caso di

presentazione di una dichiarazione o di una denuncia entro trenta giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione è ridotta della

metà.”;

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Relazione illustrativa

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Compensazione obbligatoria

opera tra rimborsi dovuti ai contribuenti per tributi (qualsiasi) e accertamenti a carico dei

contribuenti (qualsiasi)--- attenzione agli obbligati in solido Tari

• Art. 23. Sospensione dei rimborsi e compensazione

• 1. Nei casi in cui l'autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un

credito nei confronti dell'amministrazione finanziaria, il pagamento può essere

sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o

provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La

sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all'atto o alla decisione

della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo.

• 2. In presenza di provvedimento definitivo, l'ufficio competente per il rimborso

pronuncia la compensazione del debito.

3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, che devono essere notificati all'autore della

violazione e ai soggetti obbligati in solido, sono impugnabili avanti alla commissione

tributaria, che può disporne la sospensione ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo

31 dicembre 1992, n. 546.

• 4. Se non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie, è ammessa azione avanti al

tribunale, cui è rimesso il potere di sospensione • Modifiche: all'articolo 23, comma 1, le parole: “, ancorché non definitivo” sono sostituite dalle seguenti: “o provvedimento

con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi”; inoltre le parole: “della somma risultante dall'atto o

dalla” sono sostituite dalle seguenti: “di tutti gli importi dovuti in base all'atto o alla”

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Compensazione da regolamento

Legge 296/2006

167. Gli enti locali disciplinano le modalità con le quali i contribuenti possono

compensare le somme a credito con quelle dovute al comune a titolo di

tributi locali.

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Le sanzioni Il procedimento di irrogazione della sanzione è disciplinato dagli articoli 16 e 17 del d.lgs. n. 472 del 1997. Il

primo articolo disciplina l’atto di irrogazione della sanzione come atto autonomo e separato da quello con

cui si contesa l’imposta. Il secondo articolo invece disciplina l’atto di irrogazione immediato, con il quale il

comune contesta con un unico atto sia l’imposta che le sanzioni.

L’art. 16 prevede la notifica dell’atto di contestazione con indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al

trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che l’ente ritiene di seguire per la

determinazione delle sanzioni e della loro entità nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole

violazioni. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal trasgressore,

questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto

essenziale.

Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono

definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque

non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

L’art. 17, disciplinante l’atto di irrogazione immediata, così come modificato dall’art. 23, comma 29, d.l. n. 98

del 2011, prevede ora che «In deroga alle previsioni dell'articolo 16, le sanzioni collegate al tributo cui si

riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle

disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale

all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità».

A decorrere dal 1° ottobre 2011 è quindi introdotto l’obbligo di emissione di un unico atto, contenente sia

la contestazione relativa all’imposta che alla sanzioni. L’atto di irrogazione delle sole sanzioni, di cui all’art.

16, sarà utilizzabile solo quando il comune dovrà applicare le sole sanzioni, come nel caso di violazioni di

carattere formale o per la mancata risposta a questionari

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Dubbio – art. 17 del d.lgs. N.472/1997

3. Possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per

omesso o ritardato pagamento dei tributi, ancorché risultante da liquidazioni eseguite ai sensi degli

articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,

concernente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e ai sensi degli

articoli 54-bis e 60, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,

recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. Per le sanzioni indicate nel periodo

precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell'articolo 16,

comma 3

Applicabile anche ai tributi locali???

La legge n. 296/2006 prevede che il titolo esecutivo (cartella o ingiunzione) deve essere

notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è

divenuto definito l’atto di accertamento. Da qui si potrebbe ricavare che l’iscrizione a ruolo deve

essere sempre preceduta dall’emissione di un atto di accertamento.

Sul punto esiste anche copiosa giurisprudenza in tema di tassa rifiuti

P. Mirto - 2017 133

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Le sanzioni

Nella comminazione delle sanzioni il comune dovrà

anche attenersi - in forza del rinvio operato dall’art.

16, del d.lgs. n. 473 del 1997 – alla disciplina

generale sulle sanzioni amministrative per la

violazione delle norme tributarie, e quindi al d.gs. n.

472 del 1997 che reca “disposizioni generali in

materia di sanzioni amministrative per le violazioni

di norme tributarie”.

P. Mirto - 2017 134

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Le sanzioni

In particolare, tra l’altro, occorre tener conto:

del principio di legalità enunciato dall’art. 3, in base al quale nessuno può

essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore

prima della commissione della violazione;

del principio del favor rei in base al quale salvo diversa previsione di legge,

nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una

legge posteriore, non costituisce violazione punibile e se la legge in vigore al

momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono

sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il

provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo;

delle cause di non punibilità, di cui si dirà infra;

del principio dell’intrasmissibilità della sanzione agli eredi, che opera anche nel

caso di accertamento definitivo.

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La disapplicazione delle sanzioni

La possibilità di disporre la disapplicazione delle sanzioni è prevista in diverse disposizioni normative. In particolare:

l’art. 10 dello Statuto del Contribuente (legge n. 212 del 2000) prevede al comma 2 che «Non sono irrogate sanzioni

né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti

dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo

comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori

dell'amministrazione stessa» ed al comma 3 che «Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione

dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si

traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione

di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria»;

l’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, prevede al comma 2 «Non è punibile l'autore della violazione quando essa è

determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si

riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il

pagamento» ed al comma 3 che «Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore»;

l’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, prevede che «La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non

penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e

sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce».

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La disapplicazione delle sanzioni

L’elemento comune alle disposizioni citate che legittimano la disapplicazione delle

sanzioni è l’accertamento che la condotta del contribuente è imputabile a

“obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione

delle disposizioni alle quali si riferiscono”.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha da tempo individuato degli indici che

concretizzano la condizione richiesta dalla normativa. In particolare, Cassazione

23 marzo 2012, n. 4685, precisa, con riferimento all’art. 6 del d.lgs. n. 472 del

1997 ed all’art. 10 della legge n. 212 del 2000, quanto segue: «Questa Corte (cfr.

Corte Cass. 28.11.2007 n. 24670; id. 21 marzo 2008, n. 7765; id. 11.9.2009 n.

19638) è ripetutamente intervenuta a definire l'ambito di applicazione delle norme

richiamate enunciando i seguenti principi di diritto:

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La disapplicazione delle sanzioni- Cass. 13-09-2017, n. 21233

Ritiene questa la Corte che: "In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, per

incertezza normativa obiettiva, quale causa di esenzione del contribuente da responsabilità, deve intendersi la

situazione che si crea per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto, tra i quali, in primo luogo, ma non

esclusivamente, la produzione delle norme, il cui accertamento è rimesso all'esclusiva valutazione del giudice.

Ne consegue che detta incertezza è ravvisabile, allorchè risultino difficoltà di individuazione delle disposizioni

normative dovute al difetto di esplicite previsioni di legge, ovvero oscurità o ambiguità del testo normativo".

(Cass. n. 4685 del 2012, Cass. n. 14142 del 2013).

Nella specie, all'epoca dei fatti di causa riferiti all'anno di imposta 2006, con termine per l'obbligo di

presentazione della dichiarazione ICI fino al giugno 2007, la giurisprudenza prevalente si era già espressa nel

senso della edificabilità dell'area, inserita nel P.R.G., anche in assenza di strumenti attuativi (Cass. n. 17045

del 2004; v. anche Cass. n. 4381 del 2002, Cass. n. 17513 del 2002, n. 17762 del 2002 sul concetto di

edificabilità di un terreno in tema di INVIM). Ed il legislatore, con una esplicita norma di interpretazione

autentica, ossia il D.L. n. 203 del 2005,art. 11 quaterdecies, comma 16 conv. nella L. n. 248 del 2005 , aveva

già chiarito i dubbi sulla portata e l'ambito di applicazione della norma di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2,

comma 1, lett. b) in tema di definizione di aree fabbricabili, di presupposto impositivo e base imponibile ICI. La

disposizione normativa è stata successivamente "ribadita" dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, che ha

esteso la rilevanza della sola previsione dello strumento urbanistico generale quale condizione rilevante ai fini

della qualificabilità dei terreni come edificabili, ai fini ICI anche ai fini IVA, dell'imposta di registro e delle

imposte sui redditi, con indicazione dello specifico momento al quale fare riferimento per ritenere integrato il

requisito della edificabilità del terreno.

3.Ne consegue che non si potevano ritenere sussistenti obiettive incertezze normative, nè dubbi

determinati dalla mancanza di orientamenti giurisprudenziali, ovvero dal loro contrasto con la prassi

amministrativa.

Il contribuente era, pertanto, in grado di conoscere la portata e l'ambito d'applicazione della norma di cui

all'art. 2, comma 1, lett. b) cit. e, di conseguenza, di adempiere in modo corretto ai propri obblighi in

materia di ICI per l'anno di imposta in questione.

P. Mirto - 2017 138

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Chi disapplica le sanzioni?

In merito al soggetto autorizzato alla disapplicazione delle sanzioni, alcune sentenze sembrano ipotizzare che tale

potere sia esclusivamente in capo al giudice. Da ultimo, Cassazione, sentenza 26 marzo 2014, n. 7080 rileva che

«Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4683 del 2012; n. 4522 del 2013), l'incertezza

normativa obiettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria,

postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto o sui destinatari della stessa norma

tributaria, ossia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione dal giudice, unico

soggetto dell'ordinamento investito dal potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata opzione

ermeneutica».

In realtà, pare potersi affermare che sicuramente spetta al giudice vagliare in sede contenziosa la sussistenza delle

condizioni prescritte dalla normativa per la disapplicazione delle sanzioni e spetta pure disapplicarle ai sensi dell’art. 8

del d.lgs. n. 546 del 1992, ma ciò non esclude affatto che il comune possa, sempre ricorrendone le condizioni, disporre

autonomamente, ma motivatamente, la disapplicazione delle sanzioni ai sensi del d.lgs. n. 472 del 1997 o dello Statuto

del Contribuente. Diversamente ragionando si dovrebbe arrivare all’assurda conclusione che per ottenere il

riconoscimento della disapplicazione delle sanzioni il contribuente sia sempre e comunque tenuto a presentare

ricorso. Inoltre, non si capirebbe la necessità di disciplinare la disapplicazione delle sanzioni anche con il

d.lgs. n. 472 del 1997 e con lo Statuto del Contribuente; sarebbe stata sufficiente la previsione di cui all’art. 8

del d.lgs. n. 546 del 1992.

P. Mirto - 2017 139

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Interessi- legge 296/2006

165. La misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente

impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di

interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per

giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella

stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a

decorrere dalla data dell'eseguito versamento.

166. Il pagamento dei tributi locali deve essere effettuato con arrotondamento

all'euro per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi, ovvero per

eccesso se superiore a detto importo.

P. Mirto - 2017 140

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Notifica entro termine decadenza

Gli atti di accertamento devono essere notificati a pena di decadenza.

Disciplina

Art. 2964 (inapplicabilità regole prescrizione)- Quando un diritto deve

esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si

applicano le norme relative all’interruzione della prescrizione. Del pari non

si applicano le norme che si riferiscono alla sospensione salvo che sia

disposto altrimenti.

Art. 2966 (cause che impediscono la decadenza) – La decadenza non è

impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal

contratto.

P. Mirto - 2017 141

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Decadenza – computo termini

Si applicano le norme sulla prescrizione

Art. 2962 (compimento della prescrizione) – In tutti i casi contemplati dal presente codice

e dalle altre leggi, la prescrizione si verifica quanto è compiuto l’ultimo giorno del termine.

Art. 2963 (computo dei termini di prescrizione)

I termini di prescrizione contemplati dal presente codice e dalle altre leggi si computano

secondo il calendario comune.

Non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la

prescrizione si verifica con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale.

Se il termine scade il giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo.

La prescrizione a mesi si verifica nel mese di scadenza e nel giorno di questo

corrispondente al giorni del mese iniziale.

Se nel mese di scadenza manca tale giorno, il termine si compie con l’ultimo giorno dello

stesso.

P. Mirto - 2017 142

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Obbligo contraddittorio?

La legge 241/90 (sui procedimenti amministrativi in generale) contiene

norme «potenzialmente» applicabili agli atti tributari ma che sono difatti

assorbite o superate dalle discipline dei singoli tributi (che sono norme

speciali) ed in parte recepite dallo Statuto del contribuente.

Sono espressamente inapplicabili le norme concernenti:

La partecipazione al procedimento amministrativo, a mente dell’art.

13, sicché l’ente né non ha l’obbligo di informare il contribuente

dell’avvio di un procedimento che lo riguarda né questi ha diritto di

intervenire;

L’accesso ai documenti amministrativi (escluso dall’art. 24). Il CdS,

sez. IV, sent. 5144/2008) ha ritenuto che il divieto di accesso è

temporaneamente limitato alla fase in cui il procedimento è in corso, non

rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione

del procedimento a seguito della notifica dell’atto.

P. Mirto - 2017 143

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Evoluzione giurisprudenziale

Secondo Cassazione SS.UU. N. 19667/2014, l'esclusione dell'applicazione

ai procedimenti tributari delle norme sulla partecipazione, prevista dall’art.

13 della legge 241/1999, va inteso nel senso che il diritto alla

partecipazione è disciplinato dallo Statuto del contribuente, ed in

particolare dall’art. 12, c. 7, che si renderebbe applicabile a tutti i tipi di

accertamento, anche a quelli «a tavolino» ovvero non preceduti da una

verifica o ispezione fiscale.

In realtà l’art. 12, comma 7 si occupa solo degli accertamenti basati sulle

verifiche presso il contribuente, sicché la tesi della Cassazione appare

all’evidenza «esagerata» e non conforme a norma. Si può non

concordare con l’art. 13 della 241 ma non si può arrivare a fornire

un’interpretazione che di fatto determina un’illegittima abrogazione per via

giurisprudenziale.

P. Mirto - 2017 144

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La questione è stata rimessa nuovamente alle sezioni unite

Con ordinanza n.527 del 2015 la questione è stata nuovamente posta

all’attenzione delle sezioni unite.

In tale ordinanza i giudici sembrano più propensi a consolidare un

orientamento di senso contrario già formatosi in seno alla stessa

cassazione (sent. 16354/12, n. 15583/14, n. 7598/2014, n. 13588/14),

che esclude la sussistenza del diritto al contraddittorio del contribuente

prima della notifica di un avviso di accertamento, essendo l’art. 12,

comma 7 dello Statuto applicabile solo nel caso di accessi, ispezioni e

verifiche fiscali nei locali del contribuente ed essendo tale norma

finalizzata a tutelare il contribuente dall’accesso dell’amministrazione

presso i suoi locali.

Peraltro, la Corte ricorda, che in base al diritto comunitario, ma anche

in base alla stessa legge 241/1990 la violazione del principio del

contraddittorio preventivo non comporta l’automatica annullabilità

dell’atto di accertamento, perché è comunque necessaria la

dimostrazione che la partecipazione al procedimento avrebbe

portato ad un risultato diverso.

P. Mirto - 2017 145

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Cass. SS.UU. n.24823 del 9.12.2015

Principio di diritto

"Differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato

della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad

adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di

specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio

endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto.

Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo

dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena

l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali

siffatto obbligo risulti specificamente sancito;

mentre in tema di tributi "armonizzati", avendo luogo la diretta applicazione del

diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio

endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche

in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purchè, in giudizio, il contribuente

assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far

valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che

l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato

contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in

relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà

processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta

tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto".

P. Mirto - 2017 146

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La notifica

La funzione della notifica è quella di realizzare la conoscenza legale

dell’avviso, ovvero di dare certezza giuridica che l’atto è conosciuto dal

soggetto destinatario.

Esistono varie norme che disciplinano, anche in modo significativamente

diverso, il procedimento di notifica. Per i tributi locali esistono varie ed

alternative modalità di notifica, ed in particolare:

P. Mirto - 2017 147

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Modalità di notifica

notifica con raccomandata (bianca) con avviso di ricevimento per posta

ordinaria effettuata direttamente dall'ufficio, ai sensi dell’art. 1, comma 161

della legge n. 296 del 2006;

notifica mediante messo notificatore nominato dal dirigente dell’ufficio

tributi, di cui all’art. 1, commi 158-160 della legge n. 296 del 2006;

notifica mediante messo comunale;

notifica mediante atto giudiziario, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 890 del

1982;

notifica mediante ufficiale giudiziario, a mano, ai sensi degli articoli da 137

al 151 del codice di procedura civile;

P. Mirto - 2017 148

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Notifica ricorso tramite agenzia privata: notifica inesistente non sanata con la costituzione in

giudizio .

Detta impostazione di principio è confermata da Cass .SS.UU. 13452/2017 e 13453/2017.

I giudici di legittimità analizzano anche l’articolo1, comma 57, lettera b) della legge n. 124/2017

che disposto l’abrogazione del citato articolo 4 del Dlgs 261/1999, con decorrenza 10

settembre 2017, norme che riservava alle Poste la notifica degli atti giudiziari.

La Cassazione puntualizza che la citata soppressione, riconosciuta con decorrenza 10

settembre 2017, non ha alcuna efficacia retroattiva, nel caso in esame, in quanto deve

escludersi natura interpretativa alla norma dettata dall’articolo 1, comma 57, lettera b) della

legge 124/2017.

Non da ultimo, i giudici di cassazione rilevano che la normativa, di cui alla più volte richiamata

legge 124/2017 (articolo 1, comma 58), ha sancito che, entro novanta giorni dalla sua entrata in

vigore (cioè dal 29 agosto 2017), l’Autorità nazionale per le garanzie nelle comunicazioni

(Agcom) dovrà determinare puntuali requisiti e obblighi (affidabilità, onorabilità e

professionalità) ai fini del successivo rilascio, ai soggetti che ne risulteranno in possesso, di

nuove licenze individuali, atte a dare concreta attuazione all’apertura e conseguente

liberalizzazione del mercato delle prestazioni di natura postale.

In assenza, allo stato attuale, di determinazioni tali da far ritenere superate le regole

finora vigenti in tema di universalità del servizio postale riconosciuto all’ente Poste

italiane, deve trovare conferma il manifestato e consolidato orientamento

giurisprudenziale in materia.

P. Mirto - 2017 149

Notifica Agenzie private - Cass. 11-10-2017, n. 23887

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In tema di notificazione, quando il legislatore prescrive, per l'esecuzione di una notificazione il ricorso alla

"raccomandata con avviso di ricevimento", non può che fare riferimento al cosiddetto servizio postale

universale fornito dall'Ente Poste su tutto il territorio nazionale, con la conseguenza che, qualora tale

adempimento sia affidato ad un'agenzia privata di recapito, esso non è conforme alla formalità prescritta dall'art.

140 c.p.c., e, pertanto, non è idoneo al perfezionamento del procedimento notificatorio, sia che trattasi di

raccomandata riconducibile nell'ambito dei servizi inerenti le notificazioni degli atti giudiziari a mezzo posta di cui

alla L. n. 890 del 1982, sia alla raccomandata diretta a mezzo del servizio postale ai sensi del D.Lgs. n. 546 del

1992, art. 16, comma 3, ove la notifica sia effettuata nei confronti del contribuente o società privata.

Se trattasi, invece, di notifica effettuata nei confronti del Ministero delle Finanze o ente locale, prevedendosi la

possibilità di consegna diretta dell'atto all'impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copiatale procedura

non è prevista per le noti fiche ai privati) la notifica a mezzo posta privata è equiparabile alla consegna

diretta con l'ulteriore precisazione che la notifica di considera eseguita non nel momento della

spedizione, ma nel momento della ricezione, equiparandosi la società privata ad un incaricato alla

notifica dell'atto.

P. Mirto - 2017 150

Notifica agenzie private – Cass 2922/2015

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La raccomandata semplice

La principale modalità di notificazione degli avvisi di accertamento è

costituita dalla raccomandata per posta ordinaria con avviso di

ricevimento, effettuata direttamente dall'ufficio, con l’avvertenza che le

norme che regolano tale modalità di notifica non sono costituite da quelle

di cui alla legge n. 890 del 1982, che prevede sì l'utilizzo del servizio

postale, ma per il tramite dell'ufficiale giudiziario.

Occorre utilizzare il servizio postale universale (Poste italiane) e non un

agenzia privata di recapito (Cass 2922/2015; 26704/2014).

Le norme di riferimento sono quelle proprie del servizio postale ordinario,

così come già rilevato da Cassazione 6 giugno 2012, n. 9111: «In tema di

notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con

avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l'avviso di

liquidazione o di accertamento senza intermediazione dell'ufficiale

giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale

ordinario per la consegna dei plichi raccomandati»

P. Mirto - 2017 151

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La raccomandata semplice

La normativa applicabile, in caso di notifica mediante raccomandata semplice è il decreto 9 aprile 2011 del Ministero delle Comunicazioni.

Se la raccomandata è regolarmente ricevuta ed il destinatario firma la ricevuta, la notificazione è perfezionata, con l’ulteriore precisazione che la ricevuta di ritorno non deve sottostare a particolari formalità, se non quelle previste dal decreto ministeriale.

Secondo Cassazione n. 22572/2012, gli atti dell’ufficiale postale sono assistiti dalla speciale efficacia probatoria prevista dall'art. 2700 c.c., attesa la natura di "atto pubblico" spettante all'avviso di ricevimento della raccomandata, con la conseguente imprescindibile necessità che la prova del contrario sia fornita mediante querela di falso (e non con atto di verificazione).

P. Mirto - 2017 152

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Consegna a soggetto diverso

Per quanto riguarda l’ipotesi di consegna a soggetto diverso dal destinatario,

l’art. 39 del d.m. 9 aprile 2011, prevede che «Sono abilitati a ricevere gli invii di

posta presso il domicilio del destinatario anche i componenti del nucleo

familiare, i conviventi ed i collaboratori familiari dello stesso e, se vi è servizio di

portierato, il portiere». (vi sono differenze rispetto all’art. 139 c.p.c. ed all’art. 7

della legge 890/1982)

Nel caso di consegna a imprese e società commerciali munite di personalità

giuridica, l’art. 40 del d.m. 9 aprile 2011, prescrive che «Gli invii postali diretti a

imprese, o comunque indirizzati presso imprese, sono consegnati, all'indirizzo

indicato, al titolare delle stesse o al personale incaricato».

P. Mirto - 2017 153

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Rifiuto del destinatario

Se il destinatario rifiuta di ricevere il plico (art. 33) “la prova della consegna è

fornita dall'operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio”.

E' ovvio che in tale caso la notifica si è regolarmente perfezionata. Aggiunge

altresì l'art. 38 che “l'invio rifiutato dal destinatario è restituito al mittente,

accompagnato da conforme attestazione dell'operatore postale quale

incaricato di pubblico servizio”.

P. Mirto - 2017 154

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Assenza del destinatario

In caso di assenza del destinatario l'agente postale, ai sensi dell’art. 34, è

tenuto a tentare per non più di due volte la consegna.

Nel caso in cui la consegna non riesca, l'agente postale depositerà il plico

presso l'ufficio postale lasciando al destinatario un avviso della cosiddetta

“giacenza”.

Ai sensi del successivo art. 49 la posta non recapitata rimane in giacenza

presso l'ufficio di distribuzione per il tempo di trenta giorni a decorrere dal

mancato recapito.

Se la raccomandata non viene ritirata dal destinatario essa viene restituita

al mittente. Anche in questo caso la notifica è regolarmente avvenuta

P. Mirto - 2017 155

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Compiuta giacenza= notifica? Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 02-02-2016, n. 2047

Peraltro il regolamento del servizio di recapito adottato con D.M. 1 ottobre 2008,

contenente la disciplina del servizio postale ordinario, si limita a prevedere che gli

"invii a firma" (tra cui le raccomandate) che non sia stato possibile recapitare per

assenza del destinatario o di altra persona abilitata al ritiro vengano consegnati

presso l'ufficio postale di distribuzione (art. 24), ove i medesimi rimangono in

giacenza per trenta giorni a decorrere dal giorno successivo al rilascio dell'avviso

di giacenza (art. 25);

nessuna disposizione di detto regolamento contiene - nè, in considerazione

dell'oggetto del regolamento, avrebbe ragione di contenere - una regola

(analoga a quella dettata in materia di notifiche effettuate a mezzo posta dalla L.

n. 890 del 2002, art. 8, comma 4) sul momento in cui si debba ritenere

pervenuto al destinatario un atto che l'agente postale abbia depositato in

giacenza presso l'ufficio postale a causa della impossibilità di recapitarlo

per l'assenza del medesimo destinatario o di altra persona abilitata.

P. Mirto - 2017 156

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Compiuta giacenza= notifica? Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 02-02-2016, n. 2047

Per converso non appare convincente la soluzione, adottata nella sentenza gravata, di ancorare il momento del

perfezionamento della notifica al ritiro dell'atto presso l'Ufficio postale; ciò non solo perchè in tal modo si rimetterebbe al

destinatario la scelta del momento da cui far decorrere il termine di impugnazione dell'atto notificato, ma soprattutto perchè il

"bilanciamento tra l'interesse del notificante e quello del notificatario" a cui fa riferimento lo stralcio sopra trascritto della sentenza

della Corte costituzionale n. 346/98 non consente di comprimere l'interesse del notificatore al punto da consentire al destinatario

dell'atto di impedire gli affetti della notifica L. n. 890 del 2002, ex art. 14, omettendo di recarsi a ritirare l'atto presso l'ufficio postale.

Si ritiene quindi, in definitiva, che il suddetto bilanciamento debba rinvenirsi facendo applicazione - non diretta ma analogica -

della regola dettata nella L. n. 890 del 2002, art. 8, comma 4, secondo cui "La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni

dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore"; peraltro,

poichè il citato regolamento del servizio di recapito adottato non prevede la spedizione di una raccomandata contenete l'avviso di

giacenza, ma soltanto, all'art. 25, il "rilascio dell'avviso di giacenza", la regola da applicare per individuare la data di

perfezionamento della notifica L. n. 890 del 2002, ex art. 14, in caso di mancato recapito della raccomandata all'indirizzo del

destinatario, è quella che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell'avviso di

giacenza (o, nel caso o in cui l'agente postale abbia, ancorchè non tenuto, trasmesso l'avviso di giacenza tramite raccomandata,

dalla data di spedizione di quest'ultima), ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore

P. Mirto - 2017 157

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Conferma validità notifica per compiuta giacenza

«le osservazioni sopra svolte consentono di affermare che la notifica

degli avvisi di accertamento, essendo stata effettuata nel 2005

(richiesta il 15.12.2005, con successivo avviso del 23.12.2005 e

compiuta giacenza maturata il 10.2.2006) è avvenuta entro il

quinquennio e, quindi, la eccepita prescrizione non è maturata

neppure con riferimento alla più risalente delle

annualità non versate (2000)»

P. Mirto - 2017 158

Civile Ord. Sez. 5 Num. 25952 Anno 2017

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Indirizzo non corretto

Nel caso di indirizzo inesistente, inesatto o insufficiente, gli invii sono restituiti

al mittente e la notifica non è perfezionata.

Se l’indirizzo è inesatto o insufficiente il plico viene “ugualmente recapitato

quando risulta possibile individuare il destinatario effettivo in modo certo e

senza particolari difficoltà, altrimenti viene trattato come quello recante un

indirizzo inesistente”. La notifica risulterà perfezionata (malgrado l'inesattezza

o l'incompletezza dell'indirizzo) solo qualora il piego venga effettivamente

recapitato.

P. Mirto - 2017 159

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Destinatario trasferito o irreperibile

Se il destinatario risulti trasferito ad altro indirizzo o irreperibile l’art. 35

prevede che “Qualora il destinatario risulti trasferito, gli invii vengono

inoltrati al nuovo indirizzo, se individuabile, altrimenti vengono trattati

come quelli recanti un indirizzo inesistente.

Gli invii restituiti al mittente perché non è stato possibile eseguirne il

recapito, recano indicazione del motivo del mancato recapito:

destinatario sconosciuto, trasferito, irreperibile, indirizzo inesatto,

indirizzo insufficiente”.

Anche in tale ipotesi, se l’atto non viene consegnato la notifica si dà come

non avvenuta.

P. Mirto - 2017 160

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Momento in cui si perfeziona la notifica

Per quanto riguarda il momento di perfezionamento della notifica, rilevante

ai fini del rispetto dei termini di decadenza previsti per l’attività di

accertamento, in base alla pronuncia della Corte Costituzionale 26

novembre 2002, n. 477, e successivamente per quanto disposto dalla

legge n. 263 del 2005, sussiste la scissione degli effetti della notificazione

per il notificante ed il notificato:

per il primo (mittente) la notifica sarà perfezionata nel momento in cui l'atto

venga consegnato per la notifica all'ufficio postale;

per il secondo (destinatario) la notifica risulterà perfezionata quando questi

avrà avuto legale conoscenza dell'atto

P. Mirto - 2017 161

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Notifica di più atti in un’unica busta

Cassazione, ordinanza 8 giugno 2012, n. 9323, rileva, invece, che «a

parte il fatto che, per la notifica degli avvisi di accertamento e di

liquidazione, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, prevede

esclusivamente il ricorso al servizio postale, con invio di lettera

raccomandata con avviso di ricevimento, con conseguente esclusione

dell'applicabilità dell'art. 137 c.p.c., e segg. - non si verifica alcuna

violazione nel caso in cui più avvisi siano notificati al contribuente in

unico plico, ricorrendo un vizio di nullità della notifica soltanto

qualora più atti aventi più destinatari, anche con unico indirizzo,

vengano inclusi in unico plico (Cass. n. 17134 del 2007)».

P. Mirto - 2017 162

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Nullità ed inesistenza della notificazione

Art. 160 c.p.c. - La notificazione è nulla solo se

a) non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale va

consegnata la copia;

b) vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data.

La notificazione è inesistente quanto:

A) è eseguita da un soggetto che non ne ha il potere;

B) è effettuata verso un soggetto che non abbia alcun collegamento con il

destinatario (Cass. 22642/2007; 621/2007);

C) è eseguita con modalità assolutamente difformi da quelle previste dalla

legge (pec?, poste private, fax).

P. Mirto - 2017 163

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Sanatoria difetto notifica

Cassazione 26 marzo 2014, n. 7078, ad avviso della quale «alla luce della

nota giurisprudenza di questa Corte, peraltro consolidatasi in tema di atti

impositivi, ma per eadem ratio applicabile a tutti gli atti impugnabili indicati

il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 per cui la natura sostanziale e

non processuale degli atti in parola non osta all'applicazione di taluni

istituti appartenenti al diritto processuale, compreso quello ex art. 156

c.p.c.della sanatoria degli eventuali vizi di notificazione del provvedimento

a seguito di proposizione del ricorso contro lo stesso e cioè per

raggiungimento dello scopo (cfr., con riferimento agli atti impositivi, Cass.

sez. trib. n. 6613 del 2013; Cass. sez. trib. n. 2272 del 2011)».

P. Mirto - 2017 164

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Sanatoria nullità ed inesistenza

La sanatoria per raggiungimento dello scopo, ovvero la conoscenza dell’atto,

che si verifica con l’impugnazione dello stesso, si verifica non solo per le

notifiche nulle ma anche per quelle inesistenti (anche se la giurisprudenza sul

punto non è del tutto pacifica).

Ma

P. Mirto - 2017 165

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Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-08-2015, n. 16610

Non v'è, invero, alcuna ragione per discostarsi dal consolidato principio di

questa Corte, secondo cui 'la notificazione è una mera condizione di efficacia e

non un elemento dell'atto di imposizione fiscale, sicchè la sua nullità è sanata,

a norma dell'art 156 c.p.c., comma 2, per effetto del raggiungimento dello

scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la

conoscenza dell'atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla

tempestiva impugnazione, ad opera di quest'ultimo, dell'atto invalidamente

notificato" (Cass. 5057/2015);

nè a diversa conclusione può giungersi ipotizzando una inesistenza della

notifica.. , al riguardo, proprio con riferimento alla supposta inesistenza, è stato

condivisibilmente precisato che, costituendo (come detto) la notificazione

dell'atto amministrativo d'imposizione tributaria una condizione integrativa

dell'efficacia della decisione assunta dall'Ufficio finanziario e non un requisito di

giuridica esistenza e perfezionamento dell'atto, sia il vizio di nullità della

notifica sia quello di inesistenza della stessa sono irrilevanti, ove l'atto, come

desumibile nel caso di specie dalla proposta rituale impugnazione, abbia

raggiunto Io scopo (Cass. 654/2014; Cass. 13852/2010).

P. Mirto - 2017 166

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Messo ufficio tributi . L.296/2006

158. Per la notifica degli atti di accertamento dei tributi locali e di quelli afferenti le procedure esecutive di cui al testo unico delle

disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, e

successive modificazioni, nonché degli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni e delle province, ferme

restando le disposizioni vigenti, il dirigente dell'ufficio competente, con provvedimento formale, può nominare uno o più

messi notificatori.

159. I messi notificatori possono essere nominati tra i dipendenti dell'amministrazione comunale o provinciale, tra i dipendenti

dei soggetti ai quali l'ente locale ha affidato, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei tributi e

delle altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive

modificazioni, nonché tra soggetti che, per qualifica professionale, esperienza, capacità ed affidabilità, forniscono idonea garanzia

del corretto svolgimento delle funzioni assegnate, previa, in ogni caso, la partecipazione ad apposito corso di formazione e

qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale, ed il superamento di un esame di idoneità.

160. Il messo notificatore esercita le sue funzioni nel territorio dell'ente locale che lo ha nominato, sulla base della direzione e

del coordinamento diretto dell'ente ovvero degli affidatari del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle

altre entrate ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive

modificazioni. Il messo notificatore non può farsi sostituire né rappresentare da altri soggetti.

P. Mirto - 2017 167

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Spese postali AG

La notifica dell’AG ha un costo «eventuale» per l’ente molto elevato, perché la

raccomandata in media (dipende dal formato) costa € 6,60, poi se:

1. il destinatario è assente le Poste inviano un avviso di deposito (CAD) con

raccomandata AR applicando la tariffa di Euro 5,45;

2. Se il plico è consegnato a persona diversa dal destinatario, anche se

abilitato per legge al ritiro della posta in luogo del destinatario, viene inviata

una raccomandata con la quale l’agente postale dà notizia al destinatario

dell’avvenuta consegna (comunicazione di avvenuta notifica CAN)

applicando la tariffa di Euro 4,50 (*)

(*) Art. 36, c. 2-quater DL n. 248/2007. All'articolo 7 della legge 20 novembre 1982, n.

890, dopo il quinto comma, è aggiunto il seguente:

«Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente

postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo

di lettera raccomandata»

P. Mirto - 2017 168

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Ripetibilità spese postali

Per gli atti tributari il DM 12/09/2012

1. Sono ripetibili le spese per i compensi di notifica degli atti impositivi e degli atti di

contestazione e di irrogazione delle sanzioni, stabiliti in applicazione della legge 20

novembre 1982, n. 890, quelle derivanti dall'esecuzione degli articoli 137 e seguenti del

codice di procedura civile, ai sensi dell'art. 60 del decreto del Presidente della

Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonche' le spese derivanti dall'applicazione

delle altre modalita' di notifica previste da specifiche disposizioni normative

2. L'ammontare delle spese di cui all'art. 1, ripetibile nei confronti del destinatario

dell'atto notificato, e' fissato nella misura unitaria di euro 5,18 per le notifiche

effettuate mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento e nella misura

di euro 8,75 per le notifiche effettuate ai sensi dell'art. 60 del Presidente della

Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 14 della legge 20 novembre 1982,

n. 890.

……..

(in realtà si tratta di DM che riguarda gli atti dell’amministrazione finanziaria……….. Per

gli enti territoriali……

P. Mirto - 2017 169

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Notifica via pec. Dl 193/2016 6. All'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è aggiunto, in fine, il

seguente comma:

«In deroga all'articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle

norme relative alle singole leggi d'imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la

notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o

costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato

può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di

cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica

certificata, all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta

elettronica certificata (INI-PEC). All'ufficio è consentita la consultazione telematica e l'estrazione, anche in

forma massiva, di tali indirizzi. Se la casella di posta elettronica risulta satura, l'ufficio effettua un

secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale

tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure se l'indirizzo di posta elettronica del destinatario

non risulta valido o attivo, la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell'atto

nell'area riservata del sito internet di Infocamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a

quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l'ufficio inoltre dà

notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori

adempimenti a proprio carico.

P. Mirto - 2017 170

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Notifica via pec. Dl 193/2016 Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata

per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la

ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l'avvenuta spedizione del

messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella

ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all'ufficio o, nei

casi di cui al periodo precedente, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell'avviso

nel sito internet di Infocamere Scpa. Nelle more della piena operatività dell'anagrafe nazionale della

popolazione residente, per i soggetti diversi da quelli obbligati ad avere l'indirizzo di posta elettronica

certificata da inserire nell'INI-PEC, la notificazione può essere eseguita da chi ne faccia richiesta,

all'indirizzo di posta elettronica certificata di cui sono intestatari, all'indirizzo di posta elettronica certificata di

uno dei soggetti di cui all'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero del

coniuge, di un parente o affine entro il quarto grado di cui all'articolo 63, secondo comma, secondo periodo,

del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, specificamente incaricati a ricevere le

notifiche per conto degli interessati, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia

delle entrate. Nelle ipotesi di cui al periodo precedente, l'indirizzo dichiarato nella richiesta ha effetto, ai fini

delle notificazioni, dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l'ufficio attesta la ricezione della richiesta

stessa. Se la casella di posta elettronica del contribuente che ha effettuato la richiesta risulta satura, l'ufficio

effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni al primo invio. Se anche a seguito di

tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure nei casi in cui l'indirizzo di posta elettronica

del contribuente non risulta valido o attivo, si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e

degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni del presente

articolo diverse dal presente comma e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con

esclusione dell'articolo 149-bis del codice di procedura civile».

P. Mirto - 2017 171

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APPLICABILE AI COMUNI??

7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano alle notificazioni degli avvisi

e degli altri atti che per legge devono essere notificati ai contribuenti

effettuate a decorrere dal 1° luglio 2017. Resta ferma per gli avvisi e gli altri

atti che per legge devono essere notificati fino al 30 giugno 2017 la disciplina

vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del

presente decreto.

Due possibili letture

A) norma che regola l’entrata in vigore di quanto disposto dal c. 6;

B) norma autonoma, che vale per tutti i tributi in generale

P. Mirto - 2017 172

Notifica via pec. Dl 193/2016, art. 7-quater, commi 6 e 7

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PARTE III

STRUMENTI DEFLATTIVI DEL CONTENZIOSO

P. Mirto - 2017 173

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La finalità

Con l’introduzione degli strumenti deflativi del contenzioso il legislatore, da un

lato, ha inteso modificare il rapporto tra fisco e contribuente, improntandolo

più verso i principi della collaborazione e della trasparenza e, dall’altro lato,

ha mirato ad una maggiore efficacia dell’accertamento tributario, con la

previsione di istituti che hanno l’obiettivo di ridurre o prevenire il

contenzioso tributario, oltre a realizzare una riscossione delle somme

accertate in tempi più rapidi, garantendo comunque al contribuente

l’applicazione di sanzioni più favorevoli.

Anche il reclamo/mediazione va considerato come uno strumento deflattivo

che si svolge durante una fase pre-processuale di durata non superiore a 90

giorni.

In particolare il reclamo/mediazione rientra tra gli strumenti di

annullamento/rettifica esperibili in autotutela (vedi nota Ifel del 18 dicembre

2015, di approfondimento delle novità sul contenzioso tributario)

174 P. Mirto - 2017

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Strumenti deflattivi del contenzioso

Alcuni strumenti sono

di natura amministrativa, da attivare entro il termine per proporre ricorso, come l’acquiescenza (di cui all’art. 15 del D.lgs. N. 218/1997, per l’erario, e singole leggi d’imposta per i tributi comunali), l’accertamento con adesione (di cui al D.lgs. N. 218/97), la definizione agevolata delle sanzioni (art. 17, della 472/1997) e l’esercizio dell’autotutela

altri sono di natura giudiziale, come la conciliazione giudiziale

altri ancora sono preventivi, come il diritto di interpello.

…….dall’1.1.2016 reclamo/mediazione che ha natura amministrativa (effetti forse minori di quelli ipotizzati)

175 P. Mirto - 2017

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Acquiescenza

P. Mirto - 2017 176

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Acquiescenza

Per i tributi comunali le singole leggi d’imposta prevedono l’acquiescenza

Per la IUC (Imu, Tari, Tasi) il comma 669 della legge 147/2013 prevede

quanto segue:

«Le sanzioni di cui ai commi 696, 697 e 698 sono ridotte ad un terzo se,

entro il termine per la proposizione del ricorso, interviene acquiescenza del

contribuente, con pagamento del tributo, se dovuto, della sanzione e degli

interessi».

Cass. 12006/2015 «evidente è la ratio deflativa dell'istituto, che consente,

da un lato, all'erario, di incassare in breve termine gli importi dovuti evitando

contenzioso o riscossione dei detti importi tramite ruolo, e, dall'altro, al

contribuente, che ritiene non sussistano valide ragioni per contrastare

l'accertamento notificatogli, di versare solo in parte le sanzioni irrogategli».

177 P. Mirto - 2017

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Acquiescenza

Se il contribuente non impugna e non paga le sanzioni vanno

corrisposte per intero.

Se il contribuente paga oltre i 60 giorni con le sanzioni ridotte, il

Comune deve pretendere gli altri 2/3 di sanzioni

La riduzione ad 1/3 delle sanzioni non opera nel caso di

accertamenti per omesso, parziale o tardivo versamento, per i quali

si applica la sanzione del 30%. Prima si discuteva di tale possibilità,

ma i dubbi (pochi in verità) sono stari risolti proprio dal comma 699

che non richiama il comma 695 che disciplina le sanzioni per

omesso versamento

178 P. Mirto - 2017

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Acquiescenza sanzioni questionario

Il Comune può notificare ai contribuenti questionari.

In caso di mancata o incompleta risposta al questionario si applicano

le sanzioni da un minimo di 100 euro ad un massimo di 500 euro.

In passato (es. Tares) non era prevista la possibilità di definire

queste sanzioni, ora il comma 699 ne prevede la riduzione ad 1/3 in

caso di acquiescenza

179 P. Mirto - 2017

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Accertamento con

adesione

P. Mirto - 2017 180

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Accertamento con adesione

L’accertamento con adesione è sicuramente lo strumento deflativo più utilizzato dai

contribuenti sia perché comporta l’applicazione delle sanzioni nella misura di un terzo

del minimo previsto dalla legge, e non di quelle irrogate, sia perché la normativa

attribuisce al contribuente ulteriori novanta giorni per impugnare l’atto.

L’istituto dell’accertamento con adesione è applicabile ai tributi comunali in virtù:

- dell’art. 59, c. 1, lett. m) del D.Lgs. n. 446/1997 che ne prevedeva l’applicazione solo

per l’Ici;

- dell’art. 50 della legge n. 449/1997 che ne prevede l’applicazione per tutti i tributi

comunali.

Con l’introduzione del reclamo/mediazione forse è venuta meno la necessità

dell’accertamento con adesione, considerato che con questo, dalla notifica del ricorso

alla data del deposito di questo presso la segreteria della CTP possono passare anche

301 giorni.

Si tratta di due istituti diversi, che possono convivere, ma che si sovrappongono

Qualche ente ha già proceduto alla sua abrogazione

181 P. Mirto - 2017

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La disciplina comunale

Il D.Lgs. n. 218/1997 disciplina l’istituto per i tributi erariali, prevedendo in particolare

due procedimenti: a) per le imposte sui redditi e per l’Iva; b) per gli altri tributi indiretti.

Nulla è detto per i tributi comunali, per cui l’ente locale non è tenuto a seguire una

procedura piuttosto che l’altra.

Il regolamento comunale potrà disciplinare una propria procedura che tenga conto,

anche alternativamente, di quanto previsto dalle due procedure codificate dal 218.

In altre parole, il Comune potrà effettuare un rinvio passivo alla normativa statale, così

recependo però automaticamente tutte le sue successive modifiche, oppure può

disciplinarlo modificando la normativa statale;

A) limitando i tributi cui si applica;

B) limitandolo ad alcune tipologie di atti (es. aree fabbricabili);

C) modificando la disciplina procedurale (cfr. Ris. 25/98)

Se il Comune non approvato apposito regolamento, allora l’eventuale istanza

presentata dal contribuente è priva di effetti (soprattutto con riferimento

all’ulteriore termine di 90 giorni)

182 P. Mirto - 2017

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Particolarità

L’accertamento definito con adesione: 1. non è soggetto ad impugnazione; 2. non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio; 3. comporta l’applicazione della sanzione nella misura di un terzo

del minimo previsto dalla legge; 4. quando è perfezionato fa perdere efficacia all’accertamento

originario. La normativa non limita l’applicabilità dell’istituto a determinati casi specifici; ciononostante si ritiene che si possa ricorrere a tale istituto: - quando sussiste materia suscettibile di valutazione discrezionale (es. valore aree fabbricabili); - impossibilità di quantificare l’oggetto dell’imposizione (es. fabbricato non accatastato e poi demolito); Conseguentemente si ritiene che non possa essere definito con l’accertamento con adesione un atto contenente una mera liquidazioni dell’imposta (es. omesso versamento) o un atto con il quale si contesta l’omessa denuncia di un fabbricato iscritto in catasto con rendita; in questi casi, manca una “materia concordabile”.

183 P. Mirto - 2017

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Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-03-2016, n. 5138

«Perciò, una volta definito l'accertamento con adesione, mediante la

fissazione anche del "quantum debeatur", alla parte contribuente non

resta che eseguire l'accordo, versando quanto da esso risulta, essendo

per legge esclusa la possibilità d'impugnare l'accordo stesso (conf. Cass.

n. 18962/2005 e n. 10086/2009, nonchè a "contrariis" n. 15170/2006).

Resta, dunque, esclusa ogni possibilità di ripensamento del contribuente

dopo la definizione del contesto tributario mediante adesione, in qualsiasi

forma esso sia manifestato ivi compresa la proposizione al fisco di una

domanda di restituzione di somme»

184 P. Mirto - 2017

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Procedura

Il ricorso all’accertamento con adesione può avvenire su iniziativa del comune o del contribuente.

Il comune può inviare al contribuente un “invito a comparire” nel quale sono indicati:

• i periodi d’imposta suscettibili di accertamento;

• il luogo ed il giorno per definire l’accertamento con

adesione;

• gli elementi su cui si basa la pretesa tributaria.

185 P. Mirto - 2017

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Procedura su istanza contribuente

Il contribuente cui è stato notificato l’avviso può presentare istanza di accertamento con

adesione. La presentazione dell’istanza produce l’effetto di sospendere per novanta giorni

sia i termini per pagare che per impugnare. L’eventuale successiva proposizione del ricorso

equivale a rinuncia all’accertamento con adesione.

Ricevuta l’istanza di accertamento con adesione il comune deve invitare il contribuente a

comparire (ma potrebbe non farlo).

Se si perviene ad un accordo, l’ente redige l’atto di accertamento con adesione, in duplice

copia, sottoscritta dal funzionario responsabile dell’imposta e dal contribuente (o dal suo

procuratore speciale o generale); l’atto deve contenere la motivazione che ha portato

all’adesione, la liquidazione dell’imposta, sanzioni ed interessi. Il procedimento si

perfeziona con il versamento entro 20 giorni dalla sottoscrizione, o in caso di

pagamento rateale della prima rata, unitamente alla garanzia.

Entro 10 giorni dal pagamento il contribuente invia all’ente locale la quietanza del pagamento

e l’eventuale garanzia ed il comune rilascia copia dell’atto di accertamento con adesione, che

quindi si perfeziona esclusivamente con il pagamento.

Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate

trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute

superano i cinquantamila euro.

Le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre.

Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno

successivo al termine di versamento della prima rata.

186 P. Mirto - 2017

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Modifiche D.lgs. n.159/2015 – art. 3

Co.2. In caso di rateazione ai sensi dell'articolo 8 del d.lgs. 218/1997, il mancato pagamento

di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva

comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l'iscrizione a ruolo dei residui importi

dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all'articolo 13

del d.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a

titolo di imposta.

Co. 3. E' esclusa la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:

a) insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni

caso, a diecimila euro;

b) tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

…..

5. Nei casi previsti dal comma 3, nonché in caso di tardivo pagamento di una rata diversa

dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si procede all'iscrizione a

ruolo dell'eventuale frazione non pagata, della sanzione di cui all'articolo 13 del d.lgs. n.

471/1997, commisurata all'importo non pagato o pagato in ritardo, e dei relativi interessi.

6. L'iscrizione a ruolo di cui al comma 5 non è eseguita se il contribuente si avvale del

ravvedimento di cui all'articolo 13 del d.lgs. n. 472/1997, entro il termine di pagamento della

rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90

giorni dalla scadenza.”.

187 P. Mirto - 2017

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Problemi

Spesso l’istanza è presentata ai soli fini dilatatori. Per giurisprudenza costante di

legittimità, ma anche costituzionale, il termine di 90 giorni spetta anche in caso di

rigetto espresso da parte del Comune a concordare.

Secondo la Cassazione (contrariamente a quanto sostenuto dall’AE) il termine di

90 giorni non si cumula con la sospensione feriale – Cass. Sez. VI - 5, Ord., 05-06-

2015, n. 11632

«La giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere inapplicabile la

sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali. In

questa direzione, superando l'orientamento espresso da Cass. n. 2682/11, si è ormai

stabilmente affermato che la sospensione del termine per l'impugnazione degli atti

d'imposizione tributaria prevista dal D.Lgs. N. 218 del 1997, art. 6, comma 3, è volta a

garantire un concreto spatium deliberandi in vista dell'accertamento con adesione (il cui

esperimento resta, appunto, consentito) e va riferita al relativo procedimento, che

ha natura amministrativa (cfr. Cass. n. 28051 del 2009)»

Tuttavia l’art. 7-quater del Dl n. 193 del 2016, comma 18 prevede che “I

termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione

si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell'attività

giurisdizionale”,

188 P. Mirto - 2017

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Problemi

Cassazione 10-06-2015, n. 12006 : «Nel caso di specie è pacifico (v. anche

sentenza della CTR) che, a fronte di accertamento notificatole in data 16-9-2004,

la società contribuente ha presentato in data 11-11-2004 istanza di

accertamento con adesione, non andata poi a buon fine; di conseguenza,

per quanto sopra precisato, la contribuente ha perso, attesa appunto la

presentazione dell'istanza e l'esito negativo della stessa, sia la possibilità di

ottenere la riduzione delle sanzioni, prevista dal D.Lgs. N. 218 del 1997 art. 2,

comma 5 solo a seguito di definizione positiva, sia la possibilità di far ricorso

all'acquiescenza di cui al D.Lgs. N. 218 del 1997 , art. 15, espressamente

condizionata proprio alla rinuncia a formulare istanza di accertamento con

adesione; la presentazione dell'istanza di accertamento con adesione non

consente, infine, alla contribuente di potere beneficiare della definizione

agevolata delle sanzioni di cui al D.Lgs. N. 472 del 1997 , art. 17 comma 2,

concernente le sanzioni in generale, atteso che, in ordine alle "sanzioni per le

violazioni concernenti i tributi oggetti dell'adesione commesse nel periodo di

imposta", vi è la specifica previsione di cui al D.Lgs. N. 218 del 1997 , art. 2

comma 5 e art. 15, comma 1.

Alla stregua di quanto sopra, pertanto, erroneamente la CTR, in presenza di

accertamento con adesione non andato a buon fine, ha ritenuto illegittima la

pretesa dell'Ufficio sol perchè la definizione agevolata era stata richiesta entro il

termine compresa in esso la sospensione di cui al D.Lgs. N. 218 del 1997 , art.

6, per proporre il ricorso

189 P. Mirto - 2017

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Definizione agevolata

delle sanzioni

P. Mirto - 2017 190

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Definizione agevolata sanzioni

Con l'istituto della cd. definizione agevolata delle sanzioni ("definizione in via

breve"), disciplinato dal D.Lgs. N. 472 del 1997, art. 17, comma 2, viene

consentito al contribuente di estinguere l'obbligazione sanzionatoria nascente

dalla violazione commessa, pagando, entro un determinato termine, una

somma a titolo di sanzione amministrativa di ammontare pari ad un terzo

delle sanzioni irrogate; siffatta definizione agevolata è riferita solo alle

sanzioni (v. in tal senso anche circolare n. 180/98) e comporta quindi

l'estinzione dell'eventuale controversia solo limitatamente ai profili

sanzionatori derivanti dalla violazione delle norme tributarie, ferma

restando la contestabilità in sede giudiziale degli aspetti legati al

pagamento dell'imposta da cui scaturisce la sanzione; chiara anche in

tale ipotesi è la ratio dell'istituto, che consente all'Erario di incassare in tempi

rapidi seppur in misura ridotta) le sanzioni irrogate ed al contribuente, che

ritiene di essere nel giusto senza tuttavia averne la certezza, di bloccare le

sanzioni ridotte versando il corrispondente ammontare, e, nello stesso

termine di legge, proporre eventuale ricorso alla Commissione tributaria.

191 P. Mirto - 2017

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Dubbi

avviso pagato con sanzione ridotta ed imposta nei 60 giorni e poi impugnato;

Ammissibilità del ricorso ? (Si, secondo Cassazione);

Dubbio su perfezionamento definizione delle sanzioni; il problema si pone in

caso di accoglimento del ricorso: il Comune rimborsa la sola imposta o anche

le sanzioni?

Comunque sia, è certo che in caso di rigetto del ricorso, il contribuente deve

corrispondere le sanzioni per intero, e quindi l’ente dovrà recuperare i 2/3 di

sanzioni non versate.

192 P. Mirto - 2017

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Annullamento e

rettifica

P. Mirto - 2017 193

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Annullamento/rettifica

L’autotutela è il potere di ritiro degli atti di accertamento ritenuti illegittimi che

si esercita o su istanza di parte o in sede di riesame d’ufficio.

L’atto di ritiro compete all’organo che ha emanato l’atto e quindi al

funzionario responsabile del tributo (principio del contrarius acutus).

L’autotutela può portare all’annullamento totale dell’atto o alla sua parziale

rettifica, con efficacia ex tunc .

Va anche premesso che la richiesta di autotutela avanzata dal contribuente

non garantisce alcuna certezza in ordine all’esito del procedimento, non

essendoci alcun obbligo di provvedere, né sospende i termini per impugnare,

a differenza dell’istituito dell’accertamento con adesione, che se adottato dal

comune garantisce comunque un ulteriore periodo di novanta giorni per la

proposizione del ricorso.

Si ricorda che il Comune non può sospendere i termini di impugnazione degli

atti, i quali essendo termini processuali non sono disponibili.

194 P. Mirto - 2017

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Annullamento/rettifica

L’autotutela nell’ambito del procedimento tributario trova il suo primo

riconoscimento normativo nell’abrogato art. 68 del d.p.r. n. 287 del 1992, ora

sostituito dall’art. 23 del d.p.r. n. 107 del 2001.

L’ingresso nel campo dei tributi comunali è segnato dall’art. 2-quater del

decreto legge 30 settembre 1994, n. 564 che obbliga i comuni ad indicare,

“secondo i rispettivi ordinamenti”, gli organi competenti per l’esercizio del

potere di annullamento.

195 P. Mirto - 2017

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Il d.lgs. 159/2015, in vigore dal 22/10/2015

Art. 11. Autotutela

All'articolo 2- quater del DL 564/1994, convertito, con modificazioni, dalla

legge n. 656/1994, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 1-quinquies sono aggiunti i seguenti:

“1-sexies. Nei casi di annullamento o revoca parziali dell'atto il contribuente può

avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l'atto

oggetto di annullamento o revoca alle medesime condizioni esistenti alla data di

notifica dell'atto purché rinunci al ricorso. In tale ultimo caso le spese del

giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute (nota: evita

estinzione giudizio).

1-septies. Le disposizioni del comma 1-sexies non si applicano alla definizione

agevolata prevista dall'articolo 17, comma 2, del DL 472/1997.

1-octies. L'annullamento o la revoca parziali non sono impugnabili

autonomamente.”. (nota: risolve annosa questione di cui si dirà)

196 P. Mirto - 2017

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Quando ricorrere all’autotutela

In assenza di espressa regolamentazione comunale - peraltro

non necessaria, essendo solo prevista l’indicazione dell’organo

competente all’esercizio del potere di annullamento, obbligo

peraltro successivamente confermato dall’art. 1, comma 162

della legge n. 296 del 2006 – al fine di comprendere i confini che

regolano il potere in questione si potrà far riferimento al decreto

del Ministero delle finanze, 11 febbraio 1997, n. 37, che

disciplina l’esercizio del potere di autotutela da parte degli organi

dell’Amministrazione finanziaria.

197 P. Mirto - 2017

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Quando ricorrere all’autotutela

In particolare l’art. 2 stabilisce che l’amministrazione finanziaria può

procedere, in tutto o in parte, all'annullamento o alla rinuncia

all'imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in

pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui

sussista illegittimità dell'atto o dell'imposizione, quali tra l'altro: • errore di persona;

• evidente errore logico o di calcolo;

• errore sul presupposto dell'imposta;

• doppia imposizione;

• mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;

• mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i

termini di decadenza;

• sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi

agevolativi, precedentemente negati;

• errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile

dall'Amministrazione.

198 P. Mirto - 2017

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Limiti all’esercizio dell’autotutela

Per quanto riguarda i limiti all’esercizio del potere di autotutela lo stesso art. 2 citato

prevede al comma 2 che non si procede all'annullamento d'ufficio per motivi sui quali

sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione

finanziaria (1). A tale limite va anche aggiunta l’intervenuta prescrizione, in quanto al

comune è preclusa la possibilità di rinunciare alla prescrizione (2).

(1) La sentenza passata in giudicato preclude l’esercizio della autotutela soltanto ove

vi sia una pronuncia sul merito del rapporto tributario, mentre non è di ostacolo la

sentenza che si sia arrestata su ragioni pregiudiziali (irricevibilità, difetto di

giurisdizione, inammissibilità, improcedibilità), ovvero una sentenza passata in

giudicato su questioni di rito.

(2) Peraltro, occorre rammentare che l’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990

dispone che «E' nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi

essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in

violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti

dalla legge».

199 P. Mirto - 2017

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Modifiche alla 241/90

L’art. Art. 21-nonies - Annullamento d'ufficio – non prevede un termine

preciso entro il quale effettuare l’annullamento (si faceva riferimento ad un

termine ragionevole.

Dal 29/8/2015 (modificato dall’art. 6 legge 124/2015) è previsto che «Il

provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell‘articolo 21-octies,

esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere

annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un

termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal

momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione

di vantaggi economici… >>.

Il termine in questione non pare applicabile agli atti di accertamento tributario

200 P. Mirto - 2017

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Rettifiche = annullamento parziale

Va anche precisato, con riferimento ad annualità per le quali il potere di

accertamento sia già decaduto, che nell’esercizio dell’autotutela rientra

solo il potere di rettificare al ribasso la pretesa impositiva, ma non quella

di sostituire gli atti con un nuova e più ampia pretesa, giacché in tal

modo si violerebbe la normativa che impone l’esercizio del potere di

accertamento entro determinati confini temporali tracciati a pena di

decadenza.

L’annullamento dell’atto di accertamento, anche in pendenza di

giudizio, non preclude il potere di emissione di un nuovo atto purché

siano rispettati i termini decadenziali dell’accertamento.

Il comune potrebbe riemettere un atto anche a seguito di sentenza di

annullamento di un precedente atto: l’unico limite è il rispetto del termine

decadenziale.

201 P. Mirto - 2017

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Impugnazione atto rettifica

Per quanto riguarda gli atti di annullamento parziale di atti di accertamento, con i

quali appunto si accolgono in parte le ragioni del contribuente, si ritiene, proprio

perché l’atto in rettifica non è un nuovo atto ma si limita ad annullare una parte del

provvedimento originario, quindi con efficacia ex tunc, che tale atto non sia

autonomamente impugnabile, anche per carenza di interesse ad agire, in quanto

laddove si dovesse pervenire al suo annullamento per via giudiziale ritornerebbe in

vita l’avviso originario, con la pretesa piena. Conferma Cassazione, ordinanza 18

maggio 2011, n. 10958.

Come visto l’art. 11, comma 1-octies del D.lgs n. 159/2015,

risolve il problema, disponendo che «L'annullamento o

la revoca parziali non sono impugnabili

autonomamente».

202 P. Mirto - 2017

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L’impugnazione del diniego di autotutela

In passato la giurisprudenza di legittimità si è divisa sulla possibilità o meno di

impugnare innanzi la commissione tributaria il diniego di autotutela opposto dal

comune.

Peraltro le incertezze sono derivate da pronunce delle stesse sezioni unite che

hanno impiegato un po’ di tempo prima di incanalarsi in una strada a senso unico.

Le sezioni unite senza ammettere espressamente il cambio di direzione, con varie

sentenze, tra cui 23 aprile 2009, n. 9669, osservano che «Nella già citata

sentenza n. 7388 del 2007 si chiarisce infatti che l'esercizio del potere di

autotutela "non costituisce un mezzo di tutela del contribuente" e

che "nel giudizio instaurato contro il mero, ed esplicito, rifiuto di esercizio

dell'autotutela può esercitarsi un sindacato - nelle forme ammesse sugli

atti discrezionali - soltanto sulla legittimità del rifiuto, e non sulla

fondatezza della pretesa tributaria"».

203 P. Mirto - 2017

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L’impugnazione del diniego di autotutela

Da ultimo, Cassazione, ordinanza 17 ottobre 2013, n. 23645, osserva che

«com'è noto, in tema di contenzioso tributario, l'atto con il quale

l'Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, quello

impositivo divenuto definitivo, non rientra nella previsione di cui al Dlgs

546/1992, art. 19, e non è quindi impugnabile, sia per la discrezionalità da cui

l'attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché , altrimenti, si

darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di

un atto impositivo ormai definitivo (Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenze n.

3698 del 16/02/2009, n. 7388 del 2007).

204 P. Mirto - 2017

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Interpello

P. Mirto - 2017 205

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Interpello

L’art. 6, co. 6 della legge n. 23 del 2014 (1) ha delegato il Governo ad introdurre

disposizioni per la revisione generale della disciplina degli interpelli, allo scopo di

garantire una maggiore omogeneità, anche ai fini della tutela giurisdizionale e di

una maggiore tempestività nella redazione dei pareri.

In attuazione della delega è stato emanato il D.lgs. n. 156 del 2015, recante

misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contezioso tributario.

Dal 1° gennaio 2016 la disciplina dell’interpello risulta regolata dal novellato art.

11 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) e da altre

disposizioni del D.lgs. n. 156 del 2015 ed in particolare dagli articoli 2

(legittimazione e presupposti), 3 (contenuto delle istanze), 4 (istruttoria

dell’interpello), 5 (inammissibilità delle istanze) e 6 (coordinamento con l’attività di

accertamento e contenzioso).

(1) Legge delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla

crescita.

206 P. Mirto - 2017

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Interpello

Il nuovo quadro normativo prevede diverse tipologie di interpello, non tutte

applicabili ai tributi comunali:

interpello ordinario: riguarda l’applicazione delle disposizioni tributarie quando vi

sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali

disposizioni e sulla corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni

tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza;

l’interpello ordinario è applicabile ai tributi comunali;

interpello probatorio: riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della

idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici

regimi fiscali nei casi espressamente previsti, come ad esempio le istanze

presentate dalle società “non operative” (articolo 30 della legge 724 del 1994);

l’interpello probatorio nei fatti è inapplicabile ai tributi comunali;

207 P. Mirto - 2017

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Interpello

interpello antiabuso: riguarda l'applicazione della disciplina sull'abuso del diritto ad

una specifica fattispecie con riferimento a qualsiasi settore impositivo; l’interpello

antiabuso è applicabile ai tributi comunali (1);

interpello disapplicativo: riguarda la disapplicazione di norme che, allo scopo di

contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta

se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non potevano verificarsi;

l’interpello disapplicativo è inapplicabile ai tributi comunali.

(1) La Corte di Cassazione, sentenza 30 novembre 2009, n. 25127, ha applicato il

concetto di abuso del diritto in una controversia relativa all’ICI dovuta per un area

fabbricabile pertinenziale.

208 P. Mirto - 2017

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Interpello

L’art. 12 del D.lgs. n. 156 del 2015 prevede che le disposizioni recate dal decreto,

salve alcune ipotesi espressamente richiamate, entrano in vigore il 1° gennaio

2016. L’art. 8, co. 3 del decreto dispone che «Gli enti locali provvedono, entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adeguare i rispettivi

statuti e gli atti normativi da essi emanati ai princìpi dettati dal presente Titolo I»

L’art. 8, comma 4, reca una disposizione transitoria, applicabile solo alle Agenzie

fiscali, in base alla quale fino all’emanazione dei provvedimenti dei Direttori delle

Agenzie restano applicabile le disposizioni procedurali in vigore al momento della

presentazione dell’istanza.

Con riferimento agli enti locali, non è stata prevista analoga disposizione, pertanto

nelle more dell’attuazione di quanto previsto non è possibile applicare in via

transitoria il precedente regolamento che ogni ente avrebbe dovuto adottare in

base a quanto disposto dall’art. 1, co. 4 della legge n. 2012 del 2000.

209 P. Mirto - 2017

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Interpello

Pertanto, nelle more dell’aggiornamento del regolamento comunale sul diritto di

interpello, fatte salve le norme procedurali non in contrasto con il nuovo quadro

normativo, le modifiche recate dal D.lgs. n. 156 del 2015 sono applicabili ai tributi

locali già dal 1° gennaio 2016, e ciò ovviamente anche nell’ipotesi in cui il Comune

non abbia mai approvato un proprio regolamento sul diritto di interpello.

Per quanto riguarda il termine di approvazione, trattandosi di regolamento

procedurale e di adeguamento a norme di legge non si applica il termine del 30

aprile 2016, ovvero quello attualmente previsto per l’adozione delle delibere

tributarie. Nel rispetto del termine previsto nell’art. 8, co. 3 del D.lgs. n. 156 del

2016, l’approvazione del regolamento deve (DOVEVA) avvenire entro il 1° luglio

2016, fermo restando che superato tale termine trovano comunque applicazione,

anche in assenza di regolamento comunale, le disposizioni di legge.

210 P. Mirto - 2017

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PARTE IV

LE PRINCIPALI NOVITA’ IN TEMA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO

P. Mirto - 2017 211

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Spese di giudizio

•L’art. 15 viene quasi interamente riscritto per dare attuazione alla legge

delega che impone l'individuazione di criteri di maggior rigore nell'applicazione

del principio della soccombenza ai fini del carico delle spese del giudizio, con

conseguente limitazione del potere discrezionale del giudice di disporre la

compensazione delle spese in casi diversi dalla soccombenza reciproca.

•Il nuovo comma 2 precisa che le spese di giudizio possono essere

compensate solo nel caso di soccombenza reciproca o se sussistono gravi ed

eccezionali ragioni che però deve essere espressamente motivate dal giudice.

P. Mirto - 2017

212

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Spese di giudizio

•Il comma 2-bis rende espressamente applicabile al processo tributario le

disposizioni di cui all’art. 96 c.p.c. in tema di lite temeraria, anche se invero

l’applicabilità di tale disposizione era stata ammessa per via giurisprudenziale

da Cassazione, sez. un. n. 13899 del 2013.

•Dell’art. 96 c.p.c. è richiamato il comma 1 (“Se risulta che la parte

soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave

[c.p.c. 220], il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle

spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella

sentenza”) ed il comma 3, che prevede la possibilità per il giudice di

condannare la parte soccombente al pagamento di una somma

equitativamente determinata.

•Il comma 2-ter precisa che le spese di giudizio devono includere anche

il rimborso del contributo unificato.

P. Mirto - 2017

213

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Spese di giudizio

Il comma 2-quater reca una disposizione innovativa che l’evidente finalità di

evitare un abuso delle richieste di tutela cautelare. Con l’ordinanza che

decide sulla sospensiva la commissione tributaria deve provvedere a

liquidare le spese di lite relative a tale fase. La pronuncia sulle spese è

efficace anche dopo la sentenza di merito, salvo diversa statuizione espressa

in sentenza.

Il comma 2-quinquies conferma che i compensi agli incaricati dell’assistenza

tecnica sono liquidati in base alle tariffe professionali.

P. Mirto - 2017 214

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Spese di giudizio

•Il comma 2-sexies conferma che nella liquidazione delle spese a

favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei

concessionari di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997, se assistiti

da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione

del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per

cento dell’importo complessivo previsto. I parametri per la

liquidazione dei compensi degli avvocati sono disciplinati attualmente

dal Dm n. 55 del 2014.

• Il comma 2-sexies precisa, poi, con norma di favore per la parte

privata soccombente, che la riscossione delle spese di lite

avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il

passaggio in giudicato della sentenza.

• Al riguardo sarebbe stato forse più opportuno prevedere non

“l’iscrizione a ruolo” ma “la riscossione coattiva”, in modo da fugare

ogni dubbio che le spese possano essere pretese mediante

ingiunzione di pagamento di cui a regio decreto n. 639 del 1910.

P. Mirto - 2017 215

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Spese di giudizio

•Il comma 2-speties riporta una previsione già prevista dal sostituito art. 17-

bis, comma 10. La norma prevede che nelle controversie soggette al reclamo

le spese di giudizio sono maggiorate del 50 per cento. Nella relazione

illustrativa al D.lgs. n. 156 del 2015 si precisa che la maggiorazione è

prevista a titolo di rimborso delle spese sostenute per la fase del

procedimento amministrativo ed ha la finalità di incentivare la mediazione e di

riconoscere alla parte vittoriosa i maggiori oneri sostenuti nella fase

procedimentale obbligatoria ante causam.

•Il comma 2-octies, prevede, con finalità deflattiva, che nel caso in cui sia

stata formulata una proposta conciliativa non accettata dall’altra parte, senza

giustificato motivo, le spese sono a carico di quest’ultima parte, se il

riconoscimento delle sue pretese risultino inferiori alla proposta conciliativa

ricevuta. Il medesimo comma prevede che nel caso d’intervenuta

conciliazione le spese si intendono compensate, salvo diverso accordo delle

parti.

P. Mirto - 2017 216

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Reclamo/mediazione

L’art. 17-bis del D.lgs. n. 546 del 1992 è completamente riscritto, ampliando gli atti

soggetti a reclamo. La relazione illustrativa chiarisce che la ratio risiede nel

principio di economicità dell’azione amministrativa diretta a produrre effetti

deflattivi del contenzioso tributario, considerando che il 90% degli atti emessi dagli

enti locali è d’importo inferiore ai 20 mila euro e tendendo conto che l’esperienza

passata dell’Agenzia delle entrate evidenzia un’alta percentuale di definizione.

Qualche dubbio!

P. Mirto - 2017 217

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Reclamo/mediazione

•Il comma 1 prevede, per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro,

che “il ricorso produce gli effetti di un reclamo” e può contenere anche una

proposta di mediazione con rideterminazione della pretesa impositiva.

• La norma non pone più, come in passato, limitazioni con riferimento al soggetto

che ha emesso l’atto, pertanto sono reclamabili tutti gli atti emessi dagli enti

impositori, compresi quelle degli enti locali, dell’agente della riscossione e dei

concessionari iscritti all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 446 del 1997.

•Altra importante novità riguarda la possibilità di proporre reclamo anche avverso

gli atti catastali, che essendo di valore indeterminabile erano in precedenza

esclusi dalla mediazione.

Dal 1° gennaio 2017 la mediazione sarà estesa agli atti con valore non superiore a

50.000,00 euro.

A norma dell’ art. 10, comma 2, D.L. n. 50/2017 tali modifiche si applicano agli atti

impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

P. Mirto - 2017 218

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Reclamo/mediazione

Per quanto riguarda il valore della controversia, questa si calcola secondo i

criteri dettati dall’art. 12 del D.lgs. n. 546 del 1992, ovvero considerando la

sola imposta, al netto di sanzioni ed interessi. Negli atti di irrogazione della

sole sanzioni, il valore e dato dall’ammontare di queste.

Nel caso di reclamo cumulativo avvero più atti di accertamento, il valore va

calcolato con riferimento ad ogni singolo atto e non alla sommatoria delle

imposte di tutti gli atti.

Stesso discorso nel caso del ricorso collettivo avverso più atti notificati a

soggetti diversi.

P. Mirto - 2017 219

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Reclamo/mediazione

Per i Comuni si tratta di un’importante novità, che entrerà in vigore dal 1°

gennaio 2016, ma di cui se ne dovrà tener conto già con gli atti notificati a

novembre, posto che la norma fa riferimento ai ricorsi presentati a decorrere

dal 1° gennaio 2016, ma considerando i giorni festivi, la prima data utile

risulta essere il 4 gennaio, data ultima per la presentazione dei ricorsi relativi

agli atti di accertamento notificati (ricevuti) dal contribuente il 5 novembre

2015.

P. Mirto - 2017 220

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Reclamo/mediazione

•Pertanto, si reputa opportuno modificare fin sa subito le informazioni relative alla proposizione

del ricorso contenute negli atti di accertamento comunali, con l’ulteriore precisazione che il

mancato aggiornamento degli atti di accertamento, da un lato non influisce sulla possibilità di

proporre reclamo, e dall’altro lato non concretizza alcun vizio di nullità dell’atto.

•Peraltro, l’unico effetto che deriva dall’inosservanza delle nuove disposizioni, sia da parte del

Comune che da parte del contribuente, è, come si vedrà, l’improcedibilità del ricorso.

Stesso discorso per gli altri atti emessi dal Comune che sono oggetti d’impugnazione innanzi

le commissioni tributarie, come i provvedimenti espressi di diniego al rimborso.

•In generale, quindi, va rimarcato che oggetto di mediazione è qualsiasi atto emesso o non

emesso (come il diniego tacito alla richiesta di rimborso) che sia autonomamente

impugnabile. Così, ad esempio, a nulla rileva che per un atto di accertamento comunale sia

stata già presentata un’istanza di accertamento con adesione, non andata a buon fine.

•Va anche precisato che il nuovo istituto non necessita di essere recepito in un

regolamento comunale, operando ex lege.

P. Mirto - 2017

221

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Reclamo/mediazione

•Il reclamo non è atto diverso dal ricorso, ma è il ricorso stesso che assume

valore di reclamo e ciò lo si desume espressamente dal comma 1, ma anche

dal successivo comma 3 il quale prevede che scaduti i termini concessi per

addivenire ad un accordo nella fase pre-processuale, il ricorrente deve

costituirsi in giudizio entro 30 giorni, depositando il ricorso/reclamo presso la

segreteria della commissione adita.

• Ciò implica, che il deposito di un ricorso diverso da quello presentato

nella fase pre-processuale della mediazione è da ritenersi

inammissibile, stante il divieto generale di integrazione dei motivi del

ricorso, possibile solo alle condizioni e con le formalità previste dall’art. 24 del

D.lgs. n. 546 del 1992, che ne ammette l’integrazione solo se questi sono

conseguenti al deposito di documenti non conosciuti ad opera delle parti o

per ordine della commissione, con l’ulteriore precisazione che l’integrazione

avviene con le stesse formalità della presentazione del ricorso, e quindi con

notifica all’ente impositore.

P. Mirto - 2017 222

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Reclamo/mediazione

Ulteriore effetto della coincidenza del ricorso con l’atto di reclamo è

che questo soggiace a tutte i requisiti previsti per la presentazione

del ricorso e quindi, ad esempio, per le controversie di importo

superiore a 3 mila euro deve essere sottoscritto dal difensore del

ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico ricevuto, ai sensi

dell’art. 18 del D.lgs. n. 546 del 1992.

Ulteriore conseguenza è che al ricorso/reclamo presentato al

Comune devono essere allegati tutti gli atti che successivamente,

in caso di mancato accordo, devono essere depositati in

commissione tributarie, ai sensi dell’art. 22 del D.lgs. n. 546 del

1992, ovvero copia dell’atto impugnato e dei documenti che si

intende produrre in giudizio. Ovviamente, al Comune possono essere

non depositati tanto l’atto impugnato quanto gli altri atti già in

possesso del Comune stesso. Infine, il ricorso/reclamo deve essere

notificato nei modi previsti dall’art. 20 del D.lgs. n. 546 del 1992.

P. Mirto - 2017

223

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Reclamo/mediazione

•Il ricorso/reclamo “può” contenere una proposta di mediazione formulata

dal contribuente con la quale si propone una rideterminazione della pretesa

impositiva.

•Si tratta, quindi, di una facoltà e non di un obbligo.

•La normativa non pone limiti specifici, e quindi è potenzialmente soggetto a

mediazione qualsiasi atto emesso dal Comune, compreso l’atto di

irrogazione delle sole sanzioni, il diniego al rimborso, ma anche un atto di

contestazione di un omesso o parziale versamento. In altri termini, la norma

non richiede, come nel caso dell’accertamento con adesione, l’esistenza di

una materia concordabile, stante la finalità deflattiva dell’istituto.

P. Mirto - 2017 224

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Reclamo/mediazione

•Il comma 2 del nuovo art. 17-bis del D.lgs. n. 546 del 1992 prevede che il

ricorso è “improcedibile” fino alla scadenza del termine di novanta giorni

dalla data di notifica del ricorso/reclamo. La norma quindi individua un arco

temporale entro il quale deve concludersi la fase pre-processuale. Tale

termine non è comprimibile né da un rigetto espresso del Comune né,

ovviamente, dal deposito del ricorso presso la commissione tributaria. La

norma precisa, inoltre, che a tale termine, anche se non processuale, si

applica il periodo di sospensione feriale, previsto per il periodo 1-31 agosto.

P. Mirto - 2017 225

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Reclamo/mediazione

Il comma 3 conferma l’identità tra ricorso e reclamo, prevedendo che il termine di 30 giorni previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 22 del D.lgs. n. 546 del 1992 per il deposito nella segreteria della commissione tributaria adita del ricorso decorre dalla data di scadenza del periodo di 90 giorni. Se il deposito avviene prima del decorso di tale termine, il ricorso è improcedibile e la commissione deve rinviare la trattazione della causa per consentire l’esame, sempre nel periodo di 90 giorni, del reclamo.

P. Mirto - 2017 226

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Reclamo/mediazione

•Il comma 4 prevede che le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli

provvedono all’esame del reclamo e della proposta di mediazione mediante

apposite strutture autonome da quelle che hanno curato l’istruttoria degli anti

reclamabili.

•La norma, opportunamente, prevede che per gli altri enti impositori la previsione

si applica “compatibilmente con la propria struttura organizzativa”.

•Nella relazione illustrativa si precisa che la scelta di rimettere all’organizzazione

interna di ciascun ente l’individuazione della struttura deputata all’esame della

trattazione dei reclami è coerente con l’autonomia gestionale ed organizzativa

tipica degli enti locali, evitando di imporre vincoli per molti enti impossibili da

rispettare, anche a causa delle ridotte dimensioni della maggior parte dei Comuni.

•Circolare A.E. N.38 del 29/12/2015 <<L’opzione di istituire un soggetto “terzo” deputato

all’istruttoria, come previsto per la mediazione civile, è stata esclusa dal

legislatore atteso che – come si legge nella relazione illustrativa – in campo

tributario l’istituto del reclamo/mediazione si configura maggiormente come

espressione dell’esercizio di un potere di autotutela nonché più adeguata

determinazione dell’ente impositore, che va stimolato ed incoraggiato, allo scopo

di indurre ogni Amministrazione a rivedere i propri errori prima dell’intervento del

giudice><

P. Mirto - 2017 227

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Reclamo/mediazione

Peraltro, va anche evidenziato, per coerenza sistematica delle norme

applicabili, che la decisione finale, indipendentemente dall’individuazione di

apposita struttura deputata all’esame del reclamo, non può che comunque

essere attribuita alla funzionario responsabile d’imposta, visto che a tale

soggetto la normativa impone, quantomeno in tema di IUC, la

rappresentanza in giudizio dell’ente.

Conseguentemente, nel caso in cui l’ente non individui un’apposita struttura,

si ritiene che non sia necessaria l’adozione di atti che attribuiscano la

competenza in capo al funzionario responsabile.

P. Mirto - 2017 228

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Reclamo/mediazione

•Il comma 5 precisa che l’organo destinatario se non intende accogliere il reclamo

o la proposta di mediazione, può formula una propria proposta, avendo riguardo:

•all’eventuale incertezza delle questioni controverse;

•al grado di sostenibilità della pretesa;

•al principio di economicità dell’azione amministrativa.

•Questi tre criteri devono orientare la scelta dell’ente, ed in qualche modo

rappresentano il contenuto minimo della motivazione con riferimento

all’accoglimento della proposta del contribuente, al suo rigetto oppure alla

formulazione di una controproposta.

•Sulla portata dei tre criteri possono essere richiamati gli indirizzi forniti

dall’Agenzia delle entrate nella circolare 19 marzo 2012, n. 9/E.

P. Mirto - 2017 229

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Reclamo/mediazione

•La valutazione dell’incertezza delle questioni controverse va effettuata tendo conto di

un’eventuale consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, anche

considerando che l’art. 360-bis del c.p.c. sanziona con l’inammissibilità il ricorso avverso

sentenze che hanno deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza

della Corte di Cassazione, ed il ricorso non offre elementi per confermare o mutare

l’orientamento della stessa. Ovviamente, in presenza di giurisprudenza di legittimità

contrastante, l’incertezza delle questioni controverse non si concretizza appieno ed

occorrerà fare riferimento agli altri due criteri individuati dalla legge.

•In subordine, in assenza di giurisprudenza di legittimità si potrà fare riferimento alla

giurisprudenza delle commissioni tributarie, anche se è raro trovare orientamenti

consolidati.

•A differenza degli reclami proposti avverso atti dell’Agenzia delle entrate, si ritiene,

nell’ambito dei tributi comunali, del tutto ininfluente la presenza di documenti di prassi

amministrativa che abbiamo fornito indicazioni opposte a quelle assunte dall’ente

nell’emissione degli atti, stante la loro non vincolatività per gli enti locali

P. Mirto - 2017 230

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Reclamo/mediazione

La valutazione del grado di sostenibilità

della pretesa va ricondotta alla capacità

dell’ente di provare e documentare la propria

pretesa, anche considerando l’orientamento

giurisprudenziale formatosi sul tema

controverso.

P. M

irto

- 2

017

231

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Reclamo/mediazione

•La valutazione del principio di economicità dell’azione amministrativa va effettuata

tenendo conto che in generale l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 dispone che

«L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di

economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le

modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano

singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario».

•L’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 9/E del 2012, precisa che il principio di

economicità va inteso non solo come necessità di ottimizzare l’uso delle risorse

economiche ma anche come ottimizzazione dei procedimenti e quindi come

impegno a non gravare il procedimento amministrativo di oneri inutili e dispendiosi,

cercando di realizzare una rapida ed efficiente conclusione della propria attività

amministrativa, nel rispetto degli agli principi di legalità, efficacia, imparzialità,

pubblicità e trasparenza.

•Occorre precisare però che tale criterio non intacca minimamente il principio

della indisponibilità della pretesa tributaria, giacché un suo utilizzo finalizzato

solo ad evitare il contenzioso violerebbe apertamente gli altri principi cui si

deve uniformare l’attività amministrativa, primi tra tutti quello della legalità e

della imparzialità.

•Il principio dell’economicità non può rappresentare quindi l’unico elemento su cui si

basa la decisione dell’ente locale, salvo casi del tutto eccezionali.

P. Mirto - 2017 232

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Reclamo/mediazione

•La normativa non impone all’ente locale di formalizzare il proprio diniego al

reclamo o alla mediazione, pertanto, nel silenzio dell’ente locale, trascorsi i 90

giorni di legge, il contribuente è tenuto ad depositare, nei 30 giorni successivi, il

ricorso presso la commissione tributaria.

•Tuttavia, considerando che l’art. 15, comma 2-septies del D.lgs. n. 546 del 1992,

prevede, con finalità deflattiva, che nelle controversie reclamabili le spese di

giudizio di cui siano maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori

spese del procedimento, si reputa opportuno formulare un diniego sempre

espresso ed adeguatamente motivato, oltre che, se necessario, invitare il

contribuente al contradditorio, all’esito del quale può redarsi apposito verbale

sottoscritto anche dal contribuente o dal proprio difensore

P. Mirto - 2017 233

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Reclamo/mediazione

•Va anche precisato, sotto il profilo dell’eventuale danno erariale che può derivare

dall’accoglimento del reclamo o della proposta di mediazione, che l’art. 39, comma

10 del Dl n. 98 del 2011, dispone che ai rappresentati dell’ente che concludo la

mediazione o accolgono il reclamo si applicano le disposizioni di cui all’art. 29,

comma 7 del Dl n. 78 del 2010, il quale dispone che con riguardo alle valutazioni di

diritto e di fatto operate ai fini della definizione del contesto mediante gli istituti

previsti, per quel che qui interessa, dal D.lgs. n. 218 del 1997, dell’art. 48 del D.lgs.

n. 546 del 1992, degli artt. 16 e 17 del D.lgs. n. 472 del 1997, la responsabilità di cui

all’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994 (1) è limitata alle ipotesi di dolo. In

altri termini, in base alla normativa richiamata la responsabilità del funzionario

responsabile in sede di giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità

pubblica, con esclusivo riferimento alle valutazioni di diritto e di fatto operate in sede

di reclamo e mediazione, è limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo.

•(1) La norma dispone che «La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte

dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni

commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte

discrezionali. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine

dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità,

limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. Il relativo debito si

trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di

conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi».

P. Mirto - 2017 234

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Reclamo/mediazione

Il comma 6 disciplina l’esecuzione dell’accordo tra Comune e contribuente. La mediazione si perfeziona con il versamento, entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione, delle somme dovute, o in caso di rateizzazione, della prima rata. La norma richiama espressamente l’art. 8 del D.lgs. n. 218 del 1997, disciplinante le modalità di pagamento dell’accertamento con adesione. Pertanto, in caso di rateizzazione, sono previste un massimo di 8 rate trimestrali di pari importo o un massimo di 16 rate trimestrali se le somme dovute superano i 50 mila euro (ovviamente la rateizzazione in 16 rate non si può verificare) . Nel caso di mancato pagamento delle rate successiva alla prima, il Comune deve procedere alla riscossione coattiva degli importi ancora dovuti, fermo restando che il titolo non è più rappresentato dall’atto di accertamento, che ha perso efficacia col pagamento della prima rata, ma è l’accordo stesso di mediazione.

P. Mirto - 2017 235

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Reclamo/mediazione

•Nelle controversie avverso una domanda di rimborso, l’accordo si perfeziona

invece con la sottoscrizione dell’accordo, nel quale sono indicate le somme

dovute con i termini e le modalità di pagamento. L’accordo stesso costituire

titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente. Nel caso in cui il

Comune non provveda successivamente al rimborso delle somme concordate

non è attivabile il giudizio di ottemperanza, che riguarda solo gli obblighi

derivanti da una sentenza della commissione tributaria, sicché il contribuente

dovrà agire innanzi al giudice ordinario per ottenere un decreto ingiuntivo.

•Il comma 7 accorda in caso di mediazione una riduzione delle sanzioni,

applicabili nella misura del 35% del minimo previso dalla legge, e non di

quelle irrogate.

P. Mirto - 2017 236

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Riduzione per omessi versamenti: Cass 5205/2012

Premesso che, a quanto è dato desumere dal ricorso e dal controricorso, nella specie i primi giudici, ravvisando la

sussistenza di "eccezionali circostanze" nella rilevante contrazione dei consumi vetrificatasi nell'anno 2005, hanno ridotto ai

sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 1 ("Quando concorrano eccezionali circostanze che rendono manifesta

sproporzione tra l'entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del

minimo") la sanzione applicata in misura fissa - pari al 30% degli importi non versati - ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997,

art. 13, comma 1 ne segue che la questione in diritto controversa - se cioè il potere discrezionale di riduzione della sanzione

previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 4, sebbene - si riferisca al "minimo" edittale, possa essere esercitato, oltre

che in relazione a sanzioni determinate nel minimo e nel massimo, anche nel caso in cui la sanzione pecuniaria sia

predeterminata, come nel caso di specie, in misura fissa e proporzionale - va risolta alla stregua dei precedenti di questa

Corte, ai quali il Collegio intende dare seguito in difetto di nuovi argomenti di rimeditazione offerti dalla parte resistente,

secondo cui la determinazione della sanzione pecuniaria in misura fissa anzichè variabile secondo un minimo ed un massimo

- quale espressione della discrezionalità legislativa, rispondente al principio di ragionevolezza, consistente nella

commisurazione proporzionale della "poena" al grado di disvalore sociale attribuito alla condotta sanzionata - comporta la

coincidenza in tale misura dei termini massimo e minimo e non impedisce perciò stesso la applicabilità, anche alle

sanzioni previste in misura fissa, delle riduzioni consentite per le sanzioni determinate nel "massimo" e nel "minimo"

(cfr. Corte cass. 1 sez. 19.5.1989 n. 2407, in relazione al pagamento in misura ridotta previsto dalla L. n. 689 del

1981, art. 16, con riferimento, alternativamente, al massimo od al minino edittale; id. 3 sez. 2.8.2000 n. 10128, id. 1 sez.

28.6.2006 n. 15001, che specificano come nel caso di facoltà alternativa di riduzione del minimo o del massimo, la misura

fissa va identificata con il massimo per non vanificare l'efficacia di deterrenza d.l sistema sanzionatorio). Pertanto il Giudice di

appello non ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi di diritto, ribaditi recentemente da questa Corte anche nella

specifica materia tributaria, secondo cui "In tema di fruizioni amministrative per violazioni di norme tributarie, la disposizione

contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 7, comma 4 che consente di ridurre la sanzione fino alla metà del

minimo, quando concorrono eccezionali circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l'entità del tributo cui la

violazione si riferisce: e la sanzione stressa si applica, in mancanza di specifiche eccezioni, ad ogni genere di sanzioni,

comprese quelle che la legge stabilisce in misura proporzionale o fissa, dovendosi in tal caso considerare che il minimo ed il

massimo si identificano in detta misura fissa o proporzionale" (cfr. Corte cass. 5 sez. 4.3.2011 n. 5209 in relazione alla

sanzione amministrativa in misura proporzionale di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 art. 13, comma 1). La affermazione

della applicabilità, alla fattispecie in esame, del potere riduttivo previsto dal D.Lgs n. 472 del 1997, art. 7, comma 4 non

consente alla Corte di estendere la indagine, come richiesto dalla resistente nel controricorso, alla sussistenza dei

presupposti che legittimano l'esercizio di tale potere, trattandosi di questione di merito non oggetto di discussione nei gradi di

merito e sottratta al sindacato di legittimità ............".

P. Mirto - 2017 237

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Reclamo/mediazione

•Il comma 8 prescrive la sospensione della riscossione dell’atto reclamabile per

tutto il periodo di 90 giorni, precisando che in caso di mancata mediazione sono

dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta.

•Il comma 9 dispone che le disposizioni recate dall’art. 17-bis s applicano, in

quanto compatibili, anche agli agenti della riscossione ed ai concessionari

iscritti di cui al D.lgs. n. 446 del 1997. La precisazione, “in quanto

compatibili”, deriva dalla considerazione che tali soggetti non sempre hanno la

disponibilità del tributo preteso con l’atto reclamato, come nel caso, ad

esempio, dell’impugnazione di un fermo amministrativo conseguente alla

riscossione coattivo di un atto di accertamento notificato dal Comune.

P. Mirto - 2017 238

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Sospensione del processo

L’art. 39 del D.lgs. n. 546 del 1992 viene modificato per recepire un consolidato

orientamento giurisprudenziale di legittimità in base al quale anche al processo

tributario si applica la sospensione per pregiudizialità di cui all’art. 292 c.p.c.. La Corte,

con sentenza 15 maggio 2006, n. 11181 ha ritenuto anche che la sospensione per

pregiudizialità deve sempre essere concessa dal giudice, anche d’ufficio nel caso in cui

non sia stata espressamente richiesta dalle parti. La necessità di sospendere il

processo tributario si presenta soprattutto allorquando il contribuente impugna atti di

accertamento Ici/Imu che si fondano su una rendita catastale impugnata. Cassazione,

ordinanza 10 gennaio 2014, n. 421 ha nuovamente confermato “che tra la controversia

che oppone il contribuente all'Agenzia del territorio in ordine all'impugnazione della

rendita catastale attribuita ad un immobile e la controversia, che oppone lo stesso

contribuente al Comune, avente ad oggetto l'impugnazione della liquidazione dell'ICI

gravante sull'immobile cui sia stata attribuita la rendita contestata sussiste un rapporto

di pregiudizialità che impone la sospensione del secondo giudizio, ai sensi dell'art. 295

cod. proc. civ., fino alla definizione del primo con autorità di giudicato, in quanto la

decisione sulla determinazione della rendita si riflette necessariamente,

condizionandola, sulla decisione sulla liquidazione dell'imposta”.

P. Mirto - 2017 239

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Sospensione dell’atto impugnato

•Diverse sono le modifiche recate alla disciplina sulla sospensione dell’atto

impugnato.

•La prima modifica riguarda il comma 2 nella parte in cui prevede che il

Presidente in caso di eccezionale urgenza può disporre con decreto motivato

la sospensione dell’atto. Con la previgente disciplina la sospensione per

eccezionale urgenza era decisa con il medesimo decreto di fissazione

dell’udienza collegiale cui è rimessa comunque la decisione sulla

sospensione fino alla decisione di merito. Con la modifica recata dal D.lgs.

n.156 del 2015 il Presidente può disporre la sospensione con decreto

motivato diverso da quello di fissazione dell’udienza di trattazione.

•Il comma 4 prevede ora che all’esito dell’udienza sulla sospensiva la

decisione in merito all’accoglimento o al rigetto dell’istanza deve essere

adottato con ordinanza il cui dispositivo deve essere immediatamente

comunicato alle parti in udienza.

P. Mirto - 2017 240

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Sospensione dell’atto impugnato

Il comma 5 modifica la disciplina relativa alla garanzia cui può essere

subordinata la concessione della sospensiva. In luogo della fideiussione

bancaria o assicurativa la garanzia deve essere prestata con le modalità

previste nel novellato art. 69, la cui entrata in vigore è però subordinata

all’emanazione del decreto ministeriale ivi previsto. Nelle more

dell’emanazione continuerà ad applicarsi la disciplina oggi vigente.

Il nuovo comma 8-bis prevede che durante il periodo di sospensione

cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la

sospensione amministrativa.

La relazione illustrativa precisa che si tratta del tasso di cui all’art. 6 del

decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009,

relativo agli interessi dovuti per ritardato pagamento, che all’art. 4

prevede per la sospensione amministrativa l’applicazione di un tasso di

interesse annuo del 4,5%. (si dovrebbe applicare anche ai tributi

comunali, anche se in altri parti la normativa ha previsto

l’applicazione del tasso d’interesse previsto dalle singole leggi

d’imposta).

P. Mirto - 2017 241

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Sospensione CTR

In realtà già ammessa in via giurisprudenziale (sentenza 26 aprile 2012, n. 109.

Nuovo 52 - La sentenza della commissione provinciale può essere

appellata alla commissione regionale

L'appellante può chiedere alla commissione regionale di sospendere in

tutto o in parte l'esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi

e fondati motivi. Il contribuente può comunque chiedere la sospensione

dell'esecuzione dell'atto se da questa può derivargli un danno grave e

irreparabile.

Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione

per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data

comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima.

In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del

merito, può disporre con decreto motivato la sospensione

dell'esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.

Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito,

provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia

di cui all'articolo 69 comma 2.

P. Mirto - 2017 242

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Sospensione Cassazione

•Nuovo art. 62-bis - Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria della sentenza

impugnata per cassazione

•La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che

ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l'esecutività

allo scopo di evitare un danno grave e irreparabile. Il contribuente può comunque

chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto se da questa può derivargli un danno

grave e irreparabile.

•Il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima

camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno

dieci giorni liberi prima.

•In caso di eccezionale urgenza il presidente può disporre con decreto motivato la

sospensione dell'esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio.

•Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non

impugnabile.

•La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia di cui

all'articolo 69, comma 2. Si applica la disposizione dell'articolo 47, comma 8-bis.

•La commissione non può pronunciarsi sulle richieste di cui al comma 1 se la parte

istante non dimostra di avere depositato il ricorso per cassazione contro la

sentenza.»;

P. Mirto - 2017 243

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SOSPENSIONE SENTENZA OGGETTO DI

REVOCAZIONE

All’art. 65 del D.lgs. n. 546 del 1992 è inserito il nuovo comma 3-bis che

permette alle parti di presentare istanza di sospensione della sentenza

oggetto del giudizio di revocazione, alla stessa stregua di quanto previsto

dall’art. 52 per le sentenze di primo grado.

In tal modo si è attuato il criterio direttivo contenuto nella legge delega che

prevede l’uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare

nel processo tributario.

P. Mirto - 2017 244

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Conciliazione giudiziale

•Art. 48 del D.lgs. n. 546/1992 sostituito dall’art. 9 D.lgs. n. 156/2015

•Conciliazione fuori udienza con data trattazione fissata

Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo

conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia.

Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni

di ammissibilità, la commissione pronuncia sentenza di

cessazione della materia del contendere. Se l'accordo

conciliativo è parziale, la commissione dichiara con ordinanza

la cessazione parziale della materia del contendere e

procede alla ulteriore trattazione della causa.

• P. Mirto - 2017 245

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Conciliazione giudiziale

•Conciliazione fuori udienza con trattazione non fissata

Se la data di trattazione non è fissata, provvede con decreto il

presidente della sezione.

•La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell'accordo, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L'accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente. (quindi non lo è più l’atto di accertamento

P. Mirto - 2017 246

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Conciliazione giudiziale in udienza

Ciascuna parte entro 10 giorni liberi prima dell’udienza, può presentare istanza

per la conciliazione totale o parziale della controversia.

All'udienza la commissione, se sussistono le condizioni di ammissibilità, invita le

parti alla conciliazione rinviando eventualmente la causa alla successiva udienza

per il perfezionamento dell'accordo conciliativo.

La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale nel

quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di

pagamento. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle

somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al

contribuente.

La commissione dichiara con sentenza l'estinzione del giudizio per cessazione

della materia del contendere.

P. Mirto - 2017 247

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Conciliazione definizione e pagamento – Art. 48-ter

- 1. Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40% del

minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della

conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del

50% cento del minimo previsto dalla legge, in caso di

perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio.

Il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della

prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di

sottoscrizione dell'accordo conciliativo di cui all'articolo 48 o di redazione del

processo verbale di cui all'articolo 48-bis.

In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate,

compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il

competente ufficio provvede all'iscrizione a ruolo delle residue somme

dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione del

30% (prevista in generale per gli omessi versamenti) aumentata della metà

e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta

P. Mirto - 2017 248

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Ricorso per saltum

all‘art. 62:

2) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Sull'accordo delle parti la

sentenza della commissione tributaria provinciale può essere impugnata con

ricorso per cassazione a norma dell'articolo 360, primo comma, n. 3, del

codice di procedura civile.»;

P. Mirto - 2017 249

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PARTE V

LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN TEMA DI IMU

P. Mirto - 2017 250

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Immobili merce

Con l' art. 2 del D.L. n. 102/2013 , si dispone l'esclusione della seconda rata per gli immobili

merce e si consolida l'agevolazione attraverso la sostituzione del co. 9-bis dell' art. 13 del D.L.

n. 201/2011 , che ne dispone l'esenzione a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Per quanto riguarda l'ambito applicativo si evidenzia che dal punto di vista soggettivo i

destinatari sono le imprese costruttrici, ovvero quelle titolari del permesso di costruire.

Rimangono quindi escluse le imprese immobiliari che gestiscono o compravendono gli

immobili. Gli immobili oggetto di agevolazione sono fabbricati costruiti e destinati alla vendita.

Si deve trattare di fabbricati alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa;

tali fabbricati, in qualità di merci, sono contabilizzati in bilancio a costi, ricavi e rimanenze, a

differenza di quelli strumentali che sono iscritti tra le immobilizzazioni. L'agevolazione

riguarda solo i fabbricati costruiti e non quindi l'area fabbricabile, che sarà soggetta

all'aliquota ordinaria. L'agevolazione si renderà applicabile dalla data di ultimazione dei lavori

di costruzione e comunque, se antecedente, dalla data di accatastamento. La norma

presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di fabbricato dato in

comodato il diritto all'agevolazione rimane. Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato

locato torna ad essere libero, si ritiene che l'agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato

ancora destinato alla vendita- contrasto interpretativo

251 P. Mirto - 2017

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Con riferimento ai fabbricati costruiti dalle cooperative edilizie, l’IFEL, con nota del 28 maggio 2015, ha

ritenuto che queste non possono qualificarsi come “impresa costruttrice”. Ad avviso di IFEL, inoltre, gli

immobili realizzati dalla cooperativa edilizia sono destinati non alla vendita, bensì al

soddisfacimento delle esigenze abitative dei soci.

Di segno opposto invece la risoluzione 5 novembre 2015, n. 9/DF. Il Ministero delle Finanze ritiene che

le cooperative edilizie possano essere considerate “imprese costruttrici” e ciò lo si desumerebbe da

numerosi interventi di prassi amministrativa, come la circolare 11 luglio 1996, n. 182/E emanata

dall’Agenzia delle Entrate, la quale, nel “precisare il regime di tassazione cui sono sottoposte le

assegnazioni di alloggi a soci da parte di cooperative edilizie a proprietà divisa”, ha chiarito che “…

nella categoria delle imprese costruttrici rientrano a pieno titolo le cooperative edilizie che

costruiscono, anche avvalendosi di imprese appaltatrici, alloggi da assegnare ai propri soci”. Ad avviso

del Ministero i documenti di prassi hanno trovato conferma anche nella giurisprudenza di legittimità,

come Cass., sent. 5 giugno 2014, n. 12675, nella quale si afferma che “ai fini dell’applicazione del

regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 Cod. civ., riveste la qualità di costruttore-venditore la

cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso

condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante

l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa”.

Il contrasto tra IFEL e Dipartimento delle Finanze alimenterà sicuramente del contenzioso, anche se

qui va evidenziato che la tesi ministeriale si poggia tutta sul ricorso all’analogia di quanto stabilito per

altri tributi, e tale operazione è preclusa nell’applicazione delle norme di agevolazione. Inoltre, nel caso

delle cooperative sembrano del tutto assenti i requisiti oggettivi richiesti dalla norma per l’applicazione

dell’esenzione IMU - ovvero che il fabbricato sia stato costruito da impresa costruttrice e sia di

proprietà della stessa e che lo stesso non risulti locato e sia destinato alla vendita - perché nell’oggetto

sociale delle cooperative non c’è la vendita di fabbricati ma il soddisfacimento dei bisogni abitativi dei

soci e trattandosi di norma di esenzione non si può ricorrere all’analogia equiparando le cooperative

edilizie alle imprese di costruzione che hanno come oggetto sociale la vendita di fabbricati a terzi.

P. Mirto - 2017 252

Immobili merce coop edilizie

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Va anche rammentato che l’esenzione soggiace, a pena di decadenza, alla presentazione della

dichiarazione. L’esenzione, infatti era originariamente prevista dall’art. 2 del Dl n. 102 del 2013,

ed il comma 5-bis di tale articolo prevedeva, e prevede tutt’oggi, che l’esenzione è subordinata

alla presentazione a pena di decadenza della dichiarazione Imu.

Trattandosi di adempimento previsto a pena di decadenza non è possibile ravvedere l’omessa

presentazione della dichiarazione, e nel caso di omissione della stessa, pur se esistano le altre

condizioni previste dalla normativa, l’esenzione non può essere riconosciuta.

La circostanza che la dichiarazione sia a pena di decadenza non implica che se non

presentata per un anno non possa essere presentate per gli anni successivi.

Al riguardo occorre ricordare che “a ciascuno degli anni solari corrisponde un autonoma

obbligazione tributaria” (art. 9, comma 2 del D.lgs. n. 23/2011). Pertanto, se il contribuente ha

omesso di presentare la dichiarazione per il 2014 non ha diritto all’esenzione, ma se per gli stessi

immobili, sussistendo ancora la condizione di “beni merce”, è stata presentata dichiarazione Imu

entro il 30 giugno 2016 per l’anno 2015, il contribuente ha diritto a non pagare l’imposta 2015.

Quindi entro il 30 giugno 2017 può essere presentata la dichiarazione 2016 e può essere anche

chiesto il rimborso di quanto pagato in quell’anno.

P. Mirto - 2017 253

Obbligo presentazione dichiarazione a pena di decadenza

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La normativa prevede l’esenzione a condizione che i fabbricati “non siano in ogni caso

locati”,. Sulla base di tale precisazione qualcuno ritiene che se l’immobile risulta locato

anche per un solo mese, l’esenzione in quell’anno non spetta.

Al riguardo va evidenziato che non risultano prese di posizioni “ufficiali” del Ministero delle

finanze, benché come noto le circolari non siano vincolanti né per il contribuente né per il

Comune impositore. L’unico accenno di parere ministeriale lo si rinviene in una risposta

fornita all’interno dell’iniziativa promessa dal “Il Sole 24Ore” denominata Telefisco 2014,

apparsa sul quotidiano del 3 febbraio 2014, a pagina 19.

D I fabbricati delle imprese costruttrici sono esenti da Imu se destinati alla vendita e non

locati (DL n.102/2013). Si ritiene che l'impresa costruttrice non debba avere per oggetto

esclusivo o principale la costruzione dei fabbricati medesimi. Se un fabbricato viene locato

per una parte del periodo di imposta è esente da Imu per i mesi in cui non risulta locato? E

se viene usato temporaneamente dall'impresa stessa pur essendo destinato alla vendita?

R La norma di esenzione Imu di cui al comma 9-bis dell'articolo 13 del Dl n. 201 del 2011,

prevede espressamente che a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono esenti dall'imposta i

fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga

tale destinazione e non siano in ogni caso locati. Come si evince dal tenore letterale

della norma è escluso ogni caso di locazione e utilizzazione, anche temporanea, da

parte dell'impresa.

P. Mirto - 2017 254

Cosa vuol dire non locati?

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Sul punto si registra, invero, anche una presa di posizione di Anci Emilia Romagna, che è

intervenuta sul tema in questione con circolare prot. 147 del 19 settembre 2013.

L’Anci rileva al riguardo quanto segue:

La norma presuppone che il fabbricato non debba essere locato, pertanto in caso di

fabbricato dato in comodato il diritto all’agevolazione rimane.

Anche nel caso di fabbricato che dopo essere stato locato torna ad essere libero, si ritiene

che l’agevolazione spetti, trattandosi di fabbricato ancora destinato alla vendita.

In generale, l’agevolazione può essere concessa fintanto che il fabbricato non è locato.

Pertanto, nel caso di locazione iniziata o cessata in corso d’anno, il contribuente dovrà

limitare l’agevolazione ai soli mesi in cui il fabbricato è risultato non locato, considerando

per intero il mese durante il quale la condizione si è protratta per almeno quindici giorni.

Se, ad esempio, il fabbricato cessa di essere locato il 14 dicembre 2013, occorrerà versare

il saldo calcolando l’imposta dovuta per 5 mesi.

P. Mirto - 2017 255

Cosa vuol dire non locati?

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Si ritiene che la lettura più aderente al dettato della norma sia quella fornita da Anci Emilia Romagna, in quanto la normativa non prevede espressamente che l’esenzione operi a condizione che l’immobile risulti non locato per l’intero anno ed è principio generale dell’Imu (art. 9, comma 2 del D.lgs. n. 23 del 2011) che l’imposta vada liquidita considerando i mesi di possesso, considerando per intero il mese in cui il possesso si è protratto per almeno 15 giorni.

Peraltro, la normativa Imu subordina altre agevolazioni alla condizione che il fabbricato non sia locato, come nel caso degli immobili posseduti dai residenti esteri o dagli anziani che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero (art. 13, comma 2 del Dl n. 201 del 2013) ed anche in questi casi non si è mai dubitato che occorra far riferimento ai mesi duranti i quali si verifica la condizione.

.

P. Mirto - 2017 256

Cosa vuol dire non locati?

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Immobili merce e TASI

•Per gli immobili merce il comma 14, lett. c) della legge n. 208 del 2015

modifica il comma 678 della legge n. 147 del 2013 prevedendo che ai fini Tasi

per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita,

fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati,

l'aliquota è ridotta allo 0,1 per cento, con possibilità per i Comuni di

modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in

diminuzione, fino all'azzeramento.

•Ciò implica che nell’ipotesi in cui il Comune abbia deliberato per il 2015

un’aliquota superiore a 2,5 per mille, questa deve intendersi

automaticamente ridotta alla misura massima consentita dalla legge,

indipendentemente dal fatto che il Comune provveda a modificare al ribasso,

nel 2016, l’aliquota deliberata per l’anno prima.

P. Mirto - 2017 257

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Leasing – contenzioso milionario

Per l’Imu, l’art. 9, co. 1 del D.lgs. n. 23/2011 prevede che per “gli immobili, anche da costruire o

in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a

decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”. La norma è identica a quella

dell’Ici, per la quale non si sono mai avuti dubbi sul fatto che la soggettività passiva era

direttamente collegata all’esistenza di un valido contratto di locazione finanziaria.

Nell’Imu il contenzioso è stato innescato dalla circolare di Assilea (Associazione italiana leasing)

del 2 novembre 2012, nella quale si sostiene che in caso di risoluzione anticipata o di mancato

esercizio del diritto di opzione finale (riscatto) del contratto di locazione finanziaria, la società di

leasing dovrà presentare la dichiarazione Imu entro 90 giorni dalla data di riconsegna del bene,

comprovata dal verbale di consegna, così come riportato nel paragrafo 1.4 delle istruzioni

ministeriali alla compilazione della dichiarazione Imu. Ad avviso di Assilea la precisazione riportata

nelle istruzioni ministeriali “riveste particolare importanza in quanto chiarisce inequivocabilmente

che il locatario è soggetto passivo Imu anche nelle particolari situazioni in cui, nonostante sia

intervenuta la risoluzione del contratto oppure il bene non sia stato riscattato a fine locazione, il

bene non sia stato ancora riconsegnato alla società di leasing”.

Di diverso avviso invece l’Ifel, che con la nota del 4 novembre 2013 rileva che la mancata

riconsegna del bene è del tutto ininfluente ai fini della individuazione del soggetto passivo, non

solo in base al chiaro disposto delle norme primarie ma anche in base ai documenti di prassi dello

stesso Ministero dell’economia, come la circolare 3/DF del 2012. Secondo Ifel appare del tutto

incongruo ritenere che il Ministero abbia voluto, in contrasto con la lettera della norma, sostenere

attraverso un passaggio delle istruzioni alla dichiarazione Imu che la soggettività passiva sia

condizionata non dalla risoluzione contrattuale, ma dalla eventuale riconsegna tardiva.

Sul tema controverso è intervenuto anche il Garante del contribuente della regione Emilia

Romagna che con risoluzione 16 gennaio 2014, n. 1972 ha sostanzialmente aderito alla tesi di

Ifel.

258 P. Mirto - 2017

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Leasing – contenzioso milionario

Con l’introduzione della Tasi, la problematica si è aggrovigliata ancora di più, visto

che l’art. 1, co. 672, della legge n. 147/2013, prevede che in «caso di locazione

finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e

per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria

deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di

riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna».

Attraverso un’interpretazione analogica di tale norma alcune commissioni tributarie

hanno ritenuto che anche per l’Imu la soggettività passiva si trasferisce solo con la

riconsegna del fabbricato. Al riguardo, va tuttavia rilevato che il Mef in una risposta

a Telefisco 2016, riguardante l’applicazione della Tasi con riferimento alle procedure

fallimentari, ha ritenuto che trattandosi di norme di carattere eccezionale non si

ritiene che “in mancanza di un’espressa previsione normativa possa essere

applicato il principio dell’analogia”.

Sul lato contenzioso, mentre inizialmente le Ctp hanno prodotto sentenze

contrastati, le Ctr sembrano, da quello che consta, uniformemente indirizzate ad

accogliere la tesi comunale (Ctr dell’Aquila, sentenza n. 1463/2015 del 22/12/2015;

Ctr di Milano, sentenze n. 1343/2016 del 9/3/2016 e n. 1599/2016 del 17/3/2016).

259 P. Mirto - 2017

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Leasing – contenzioso milionario

In particolare, nelle sentenze di Milano si rileva che gli elementi costitutivi di

ogni tributo sono stabiliti direttamente nella legge istitutiva, sicché non è

possibile applicare per analogia quanto previsto per la Tasi anche all’Imu.

Inoltre, il fatto costitutivo del prelievo tributario delle due imposte è diverso,

rilevando nella Tasi anche la mera detenzione. Infine, si rileva che sarebbe

incongruo far dipendere la soggettività passiva di un tributo dalla condotta

contrattuale e processuale del locatore e del locatario, che costituiscono

comunque situazioni temporanee ed a conoscenza esclusiva delle parti private,

non idonee a fondare la soggettività passiva di un tributo.

La parola passa ora alla Corte di Cassazione.

260 P. Mirto - 2017

Leasing – contenzioso milionario

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Leasing – contenzioso milionario

In realtà la disciplina Imu non può subire alcuna interferenza da quanto stabilito ai

fini Tasi e ciò non solo per il divieto di interpretazione per via analogica ma

soprattutto perché esiste un divieto normativo espresso.

L’art. 1, comma 703 della legge n. 147 del 2013 ha, infatti, disposto che

“l’istituzione della Iuc lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’Imu”.

Tale norma concretizza uno sbarramento tra la disciplina Imu e le altre imposte

racchiuse nell’acronimo Iuc (Tasi e Tari), sicché la tesi, pur avanzata, che essendo

Tasi ed Imu inclusi nella Iuc siano soggetti alla stessa disciplina, appare del tutto

inconsistente, oltre che illegittima.

Il comma 703 citato, quindi, vieta di applicare norme specifiche previste

espressamente solo per la Tasi anche all’Imu, e questo dovrebbe essere

sufficiente ad abbandonare la tesi di chi addirittura vede la disposizione dettata ai

fini Tasi in merito alla durata del contratto di leasing come norma d’interpretazione

autentica dell’Imu.

P. Mirto - 2017 261

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Appare quanto meno singolare la tesi di chi vede nella disciplina Tasi una

norma di interpretazione della disciplina Imu!

Inoltre occorre considerare che i presupposti dell’imposizione sono diversi,

In quanto quello Imu si concretizza con il possesso di immobili, mentre

quello Tasi con il possesso e «la detenzione» a qualsiasi titolo, come

per la Tari.

Ed è anche legittimo pretendere il pagamento della Tari e della Tasi da chi

occupa «abusivamente» l’immobile in leasing.

Che si tratta di tributi profondamenti diversi lo si evince dalla finalità della Tasi

che è diretta a dare copertura ai servizi indivisibili del Comune, vincolo così

forte che il Comune in sede di approvazione delle aliquote deve anche

indicare il costo dei servizi indivisibili che saranno coperti con l’entrata tasi.

P. Mirto - 2017 262

Leasing considerazioni

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Ricordiamo quali sono gli oggetti da dichiarare a pena di

decadenza-art. 2 dl 102/2013

1) Immobili merce

2)Alloggi sociali

3)Alloggi cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad

abp dei soci

4)Esenzione immobili per ricerca scientifica

5)Immobili forze armate

Art. 2 , 5-bis. Ai fini dell'applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il

soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario

per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all'imposta

municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale

predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale

attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli

immobili ai quali il beneficio si applica. Con decreto del Ministero

dell'economia e delle finanze sono apportate al predetto modello le

modifiche eventualmente necessarie per l'applicazione del presente comma

P. Mirto - 2017 263

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Fabbricati rurali

La normativa IMU ha attratto ad imposizione i fabbricati rurali strumentali

per il solo anno 2012.

Poiché il presupposto dell'IMU è il possesso di immobili di cui all' art. 2

della normativa ICI, il legislatore ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio

2012, l' art. 23 , co. 1-bis, D.L. n. 207/2008 , il quale disponeva, con

norma di interpretazione autentica, che "non si considerano fabbricati le

unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati" per le

quali ricorrono i requisiti di ruralità ( art. 9 , D.L. 30 dicembre 1993, n.

557 ).

P. Mirto - 2017 264

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Fabbricati rurali ed Imu

In generale la normativa IMU prevede un regime agevolativo, sotto forma di aliquota

massima pari al 2 per mille, riducibile dal comune fino all'1 per mille, solo con

riferimento ai fabbricati rurali strumentali, così come definiti dall' art. 9 , co. 3-bis, D.L.

n. 557/1993 . Per le abitazioni rurali, definite dall' art. 9 , co. 3, D.L. n. 557/1993 , non

sono previste agevolazioni, per cui, se il fabbricato rurale è anche abitazione

principale del possessore sconterà l'aliquota ridotta prevista per l'abitazione

principale, diversamente, come nel caso di abitazione data in affitto unitamente al

terreno, sconterà l'aliquota ordinaria.

L' art. 2 , co. 5-ter, D.L. n. 102/2013 dispone, con norma di interpretazione

autentica, che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell' art. 7

, co. 2-bis, D.L. n. 70/2011 , con l'inserimento dell'annotazione circa la sussistenza

dei requisiti di ruralità negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il

riconoscimento del requisito di ruralità di cui all' art. 9 del D.L. n. 557/1993 a

decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.

L' art. 1 del D.L. n. 102/2013 ha disposto per i fabbricati rurali la soppressione della

prima rata IMU dovuta per il 2013.

L' art. 1 del D.L. n. 133/2013 ha disposto limitatamente ai fabbricati rurali strumentali,

esclusi quindi quelli abitativi, la soppressione del saldo.

Dal 1° gennaio 2014 i fabbricati rurali strumentali sono esclusi dall'imposizione,

mentre rimangono assoggettati, in base all'aliquota ordinaria, i fabbricati rurali

abitativi, salvo che non siano abitazione principale del possessore.

P. Mirto - 2017 265

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Art. 9, comma 8 del D.lgs. N. 23/2011

Sono altresì esenti i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui

all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993,

n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio

1994, n. 133, ubicati nei comuni classificati montani o

parzialmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani

predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). (43);

P. Mirto - 2017 266

Fabbricati rurali montani

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Acconto 2013

Arti 1 del Dl n. 102/2013- Per l'anno 2013 non è dovuta la prima rata dell‘Imu relativa

agli immobili di cui all’art. 1, co. 1 del Dl n. 54/2013, norma questa che prevedeva tra

l’altro la sospensione del versamento per terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all’art.

13, commi 4, 5 e 8 del Dl n. 201/2013

Il co. 4, si riferisce alla determinazione del valore di tutti i fabbricati (indica i moltiplicatori)

Il co. 5, si riferisce alla determinazione del valore dei terreni

Il co. 8, si riferisce all’aliquota per i fabbricati strumentali

Tuttavia la RT quantifica gli effetti finanziari negativi derivanti dall'abolizione della prima rata

IMU per le categorie di immobili indicate, utilizzando i dati di gettito riferiti all'esercizio 2012.

Si tratterebbe di un importo complessivo pari a 2.396,2 mln, suddivisi come illustra la tabella

che segue.

P. Mirto - 2017 267

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Le nuove norme sull’esenzione dei terreni agricoli

Con i commi 10 e 13 LS 2016 viene completamente ridisciplinata la tassazione dei

terreni agricoli ai fini IMU. In particolare dal 2016 sono esonerati i terreni agricoli:

1. posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali

di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola (CD e

IAP), indipendentemente dalla loro ubicazione;

2. ubicati nelle isole minori, già contemplati nell’art. 1, comma 1, lett. a-bis), del D. L.

n. 4 del 2015; al riguardo occorre considerare l’integrazione prevista dal comma

238 della legge di stabilità (Isola del lago d’Iseo);

3. a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e

inusucapibile, già esenti in virtù dell’art. 1/4 DL 4/2015.

Le modifiche apportate all’art. 13 del D.L. 201/2011 devono essere lette in

combinato disposto con l’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli e con il ripristino

del criterio contenuto nella circolare n. 9/1993. Inoltre vengono eliminate le

disposizioni che riservano ai CD e agli IAP un particolare trattamento di favore nella

determinazione dell’IMU, vale a dire il moltiplicatore ridotto e la cosiddetta

franchigia (riduzioni a scaglioni).

Ricordiamo che i terreni agricoli sono fuori dal campo di imposizione della TASI.

P. Mirto - 2017 268

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Terreni agricoli anno 2012/13

2012 – Moltiplicatori 110 e 135

2013 - regime di esonero non omogeneo tra acconto e

saldo.

In acconto tutti «esclusi» dal pagamento (Se ne è fatto

carico lo Stato)

A saldo, «esclusi» solo quelli posseduti e condotti dai

coltivatori diretti e dagli IAP, iscritti alla previdenza agricola

P. Mirto - 2017 269

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I terreni nel 2014

RIDUZIONE MOLTIPLICATORE: si allarga la forbice tra i terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli IAP (il cui moltiplicatore scende a 75 dal 2014) e tutti gli altri terreni, il cui moltiplicatore resta a 135

IMU terreni agricoli montani: è prevista l’adozione di un nuovo DM che individui i comuni ricadenti in aree montane o di collina, ai quali applicare l’esonero già a partire dal 2014 (art. 22/2° D.L. 66/2014, conv. L. 89/2014); maggiore gettito annuo non inferiore a 350 milioni

IMU terreni agricoli gravati da usi civici: introdotta l’esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadono in zone montane o di collina (L. 89/2014 art. 22/2°); si tratta di circa 2.000 proprietà collettive, con superfici ad uso agricolo indivise di circa 600.000 ettari, dei quali circa 502.000 ettari in territori di montagna; un Dm Interno stabilirà le modalità per la compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali ricadono i terreni a proprietà collettiva (non situati nelle zone montane e di collina) esentati.

I Comuni hanno caricato l’elenco dei terreni su una piattaforma informatica messa a disposizione sul Portale del Federalismo Fiscale

P. Mirto - 2017 270

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I terreni nel 2014

DM 28/11/2014 (pubblicato in GU il 6/12/2014)

Introduce il criterio dell’altitudine della sede municipale (non del terreno): esenzione

sopra i 601 mt. e nella fascia 281-600 mt. solo se posseduti e condotti da CD e IAP

Criterio irrazionale impugnazione del DM al TAR Lazio (10 ricorsi)

Tar del Lazio, con decreto presidenziale n. 6651/2014 sospende l’efficacia del D.M.

28.11.2014 eccependo l’irragionevolezza dell’imposizione in quanto non legata

all’effettiva natura e posizione del bene, ravvisando diverse violazioni procedurali a

danno degli enti locali e dei contribuenti

Nel frattempo il termine del 16/12/2014 per il pagamento dell’IMU 2014 è stato

rinviato al 26/1/2015 (DL 185/2014, LS 2015)

il D.L. 4/2015 rivede le regole applicabili e rinvia il pagamento al 10/2/2015,

prevedendo una clausola di salvaguardia che permette al contribuente di non

corrispondere l’Imu 2014 anche se il proprio terreno è soggetto ad imposizione in

base ai nuovi criteri in vigore dal 2015. L’imu dovuta per l’anno 2014 era da

versare, entro il 10 febbraio 2015. Non sono applicati sanzioni ed interessi nel

caso di ritardato versamento dell'imposta complessivamente dovuta per l'anno

2014, qualora lo stesso sia effettuato entro il termine del 31 marzo 2015

P. Mirto - 2017

271

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I terreni nel 2014

DL 4/2015 (L. 34/2015): esenti

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati come

totalmente montani, indicati nell’elenco dei Comuni italiani predisposto

dall’ISTAT (forma di esenzione oggettiva);

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti da CD e IAP,

iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati come parzialmente

montani, indicati nell’elenco predisposto dall’ISTAT;

i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, ubicati nei Comuni delle isole minori

(forma di esenzione oggettiva).

i terreni ad “immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva

indivisibile ed inusucapibile”, a prescindere dalla loro ubicazione.

Per i terreni concessi in comodato o in affitto a CD e IAP, l’esonero dall’IMU

scatta solo se il soggetto che concede i terreni in affitto o in comodato a CD o IAP,

iscritti alla previdenza agricola, è anch’esso un CD o IAP, iscritto alla previdenza

agricola (MEF ris. n. 2/DF del 3/2/2015) con riferimento ai comuni parzialmente

montanti e quelli di cui all’allegato 0A

Detrazione di 200 euro per terreni agricoli ubicati nei Comuni di cui all’Allegato 0A,

posseduti e condotti da CD e IAP (terreni di “collina svantaggiata” - Comuni in

precedenza esenti, in quanto inclusi nella C.M. n. 9/E/1993 e che, nella

classificazione ISTAT risultano totalmente assoggettati all’IMU in quanto né

montani, né parzialmente montani)

P. Mirto - 2017 272

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I terreni nel 2014/2015

Dubbi applicativi sulla detrazione di 200 euro

IFEL nota del 20.5.2015: detrazione “fissa” di 200 euro, prescindendo sia dal

numero dei terreni posseduti sia dalle quote di possesso (in tal senso si esprime

anche ANCI Emilia Romagna con nota del 10/6/2015)

MEF Faq 28/5/2015: la detrazione di 200 euro si suddivide sulla base dei principi

della circolare 3/DF del 2012, tenendo conto del valore dei terreni posseduti nei vari

comuni, del periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte e

delle quote di possesso

La tesi ministeriale risolve solo casi semplici ma non chiarisce quale detrazione

applicare se lo stesso soggetto è proprietario di alcuni terreni e comproprietario di

altri con quote di possesso differenti.

IMU terreni agricoli prima rata 2015: per i terreni non esenti si applicano le regole

ordinarie (base imponibile a scaglioni) e il versamento va effettuato entro il 30

ottobre 2015 (art. 8 c. 13-bis DL 78/15 - L. 125/15)

TAR Lazio con due sentenze non definitive del 3/8/2015 chiede all’Istat e ad altri

uffici centrali di chiarire con quali modalità è stata redatta la classificazione dei

comuni al quale rinvia il DL 4/2015 (elenco suscettibile di essere modificato

periodicamente, avente natura provvedimentale)

TAR Lazio udienza di merito fissata al 4/11/2015 rimessione alla Corte

Costituzionale (ord. 14156 del 16/12/2015)

P. Mirto - 2017 273

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I terreni agricoli nel 2016

abrogati i commi da 1 a 9-bis dell’art. 1 del D.L. 4/2015 ( al vaglio della Consulta);

ai fini dell’esonero si applicano i criteri individuati dalla circolare n. 9/1993 (si torna alle origini!);

sono altresì esenti: 1) i terreni posseduti e condotti da CD e IAP,

indipendentemente dalla loro ubicazione; 2) i terreni ubicati nelle isole minori; 3) i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-

pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile

P. Mirto - 2017 274

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I terreni agricoli nel 2016

Iap e Cd (coefficiente 75): tutti i terreni posseduti sono esenti,

indipendentemente dalla loro ubicazione

Altri soggetti (coefficiente 135): continuano a pagare l’Imu ad eccezione dei

terreni montani (indicati nella circolare 9/93) o ubicati nelle isole minori

ovvero a proprietà collettiva

Problema per le società, che non sono iscritte alla previdenza agricola (giurisprudenza di merito ritiene che le agevolazioni siano limitate alle persone fisiche: CTP Modena n. 165/2016, n. 271/2016)

Risposte MEF Telefisco 2016: sono valide per il 2016 le istruzioni emanate con la circolare n. 3/DF/2012 società di persone

Per quanto concerne, poi, la conferma della validità dei criteri contenuti nella circolare 3/DF del 2012 in materia di agevolazioni per i terreni agricoli, ai fini dell’individuazione dei terreni esenti da imposta, facendo riferimento esclusivamente all’esempio riportato nel quesito che riguarda i terreni posseduti da un coltivatore diretto e affittati a una società semplice di cui il proprietario è socio, si conferma che tale interpretazione rimane valida per il 2016 ai suddetti fini. Non è però escluso che sulla base della nuova normativa possano essere aggiunte ulteriori istruzioni.

MEF nota n. 20535 del 23/5/2016: familiari coadiuvanti del coltivatore diretto + società agricole + persone fisiche Cd/Iap soci di società (terreno affittato o in comodato) tutte fattispecie esenti

P. Mirto - 2017 275

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti

Agricoli

Ad avviso del Dipartimento delle finanze il coadiuvante dell’impresa

agricola esercita direttamente attività agricola ed è iscritto negli elenchi

previdenziali come coltivatore diretto. Da ciò se ne ricava la sussistenza

del requisito soggettivo dell’essere “coltivatore diretto”.

Inoltre, siccome il coadiuvante risulta normalmente anche

proprietario/comproprietario dei terreni coltivati dall’impresa agricola, di

cui è titolare un altro componente del nucleo famigliare, risulta rispettato

anche il requisito oggettivo del “possesso e conduzione” di terreni

agricoli.

Ad avviso di Anci E.R. invece non sussistono entrambe le condizioni

P. Mirto - 2017 276

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli

La normativa Imu, norma eccezionale e di stretta interpretazione, prevede

agevolazioni non per tutti coloro che a vario titolo esercitano attività agricola, ma

solo per una determinata sottocategoria di essi, ovvero per quei soggetti che

“possiedono e conducono direttamente” un terreno agricolo e che siano

“coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali” di cui all’art. 1 del D.lgs. n.

99 del 2004, a condizione che siano iscritti alla previdenza agricola.

È evidente che il coadiuvante agricolo non accede alle agevolazioni Imu perché

molto banalmente non è un coltivatore diretto. Né l’iscrizione negli appositi

elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 autorizza

un’applicazione analogica delle agevolazioni previste dalla disciplina Imu in

favore dei coltivatori diretti. Detta disciplina, prevedendo delle agevolazioni, e

dal 2016 delle esenzioni, detta una deroga al principio della capacità

contributiva ed è pertanto norma eccezionale insuscettibile di interpretazione

analogica, per il divieto contenuto nell’art. 14 delle cosiddette Preleggi.

P. Mirto - 2017 277

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli

Il coadiuvante agricolo non è un imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.,

sicché non ha rilievo alcuno che lo stesso svolga attività agricola.

la normativa Ici (ma anche quella Imu) non può essere interpretata estensivamente fino a

ricomprendere fattispecie di attività agricola che non siano imprenditoriali.

L’errore in cui sembra incorso il Ministero è quello di aver ritenuto che basti la semplice

iscrizione negli appositi elenchi previdenziali di cui all’art. 11 della legge n. 9 del 1963 a

garantire il possesso della qualifica di “coltivatore diretto” previsto dalla normativa Ici/Imu.

Così ragionando però si dovrebbe pervenire alla conclusione che qualsiasi soggetto

iscritto a tali elenchi possa potenzialmente accedere alle agevolazioni fiscali. Il ché

ovviamente non è.

L’art. 11 della legge n. 9 del 1963 prevede che «A cura degli Uffici provinciali del Servizio

per i contributi agricoli unificati sono compilati ... gli elenchi comunali relativi all'anno

precedente dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, nonché degli appartenenti ai rispettivi

nuclei familiari che siano soggetti all'obbligo dell'assicurazione per l'invalidità e la

vecchiaia a norma della presente legge e della L. 26 ottobre 1957, n. 1047, e all'obbligo

dell'assicurazione di malattia a mente della L. 22 novembre 1954, n. 1136». Gli elenchi,

pertanto, comprendono oltre ai coltivatori diretti anche soggetti che tali non sono, e che

ben possono vantare l’iscrizione all’elenco previdenziale, ma non accedere ai benefici

fiscali previsti dalla normativa Ici/Imu.

In conclusione, quindi, il coadiuvante agricolo difetta del requisito soggettivo, perché

anche se iscritto negli elenchi previdenziali, e come tale paga gli stessi contributi dovuti

dai coltivatori diretti (al pari dei coloni e mezzadri), non può qualificarsi come coltivatore

diretto e quindi come titolare di un’impresa agricola

P. Mirto - 2017 278

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Coadiuvanti Agricoli

Anche il requisito oggettivo è del tutto assente. Sul punto il Ministero

ammette una sorta di conduzione “mediata” dall’appartenere al nucleo

famigliare del soggetto titolare dell’impresa agricola. Anche in questo

caso, si opera un’inammissibile interpretazione estensiva della norma.

La normativa Ici/Imu riserva le agevolazioni per i terreni agricoli

posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di

cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99/2001, iscritti nella previdenza agricola,

purché dai medesimi condotti. Possesso e conduzione diretta sono due

differenti requisiti che devono entrambi essere soddisfatti e nel caso del

coadiuvante manca la conduzione diretta, visto che i terreni sono dati in

comodato/affitto al titolare dell’impresa agricola e ciò è sufficiente ad

escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa.

Conclusivamente, ad avviso di Anci E.R. i terreni agricoli posseduti dal

coadiuvante agricolo non accedono mai alle agevolazioni previste dalla

normativa Ici/Imu, difettando sia del requisito soggettivo che di quello

oggettivo.

P. Mirto - 2017 279

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La Corte di Cassazione nell’ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979

ha ritenuto non applicabile la finzione giuridica, in base alla quale

l’area fabbricabile si considera come terreno agricolo se

posseduta e condotta da un coltivatore diretto, in quanto “la

contribuente, iscritta negli elenchi dei coltivatori diretti e

proprietaria del fondo, non lo conduce direttamente per averlo

concesso in locazione al figlio”, rimanendo, altresì irrilevante la

qualifica di coadiuvante nell’impresa che conduce il fondo.

P. Mirto - 2017 280

Corte di Cassazione ordinanza 12 maggio 2017, n. 11979 (ed altre coeve)

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole

Il Dipartimento delle finanze ha confermato quanto già ritenuto nella circolare n. 3 del 2012,

con riferimento alle società agricole. Anche in questo caso si effettua un’interpretazione

estensiva, non aderente alla lettera della norma.

Anci opera preliminarmente una ricognizione normativa.

È vero che nella disciplina Ici, l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997 prevede espressamente

che le agevolazioni previste dall’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 siano riservate ai

coltivatori diretti ed imprenditori agricoli persone fisiche iscritti alla previdenza agricola,

ma tale precisazione si è resa necessaria perché l’art. 9 del D.lgs. n. 504 del 1992 faceva

riferimento ai “terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli che

esplicano la loro attività a titolo principale, purché dai medesimi condotti”, senza null’altro

specificare. Dall’incrocio dei due articoli, ne è risultato pacifico, anche per la

giurisprudenza di legittimità (), che solo le persone fisiche potevano accedere alle

agevolazioni previste per i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali.

La normativa Imu nel riscrivere le agevolazioni, a ben vedere, lo ha fatto

“sistematizzando” quanto già previsto nella disciplina Ici da due norme di legge (l’art. 9

del D.lgs. n. 504 del 1992 e l’art. 58 del D.lgs. n. 446 del 1997), perché il risultato finale è

sempre lo stesso non essendo le società soggetti “iscritti alla previdenza agricola”.

P. Mirto - 2017 281

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società agricole

In tema di Imu, l’art. 13 del Dl n. 201 del 2011 prevede, fino al 31 dicembre 2015:

al comma 5, l’utilizzo del moltiplicatore pari a 75 anziché di quello ordinario di

135 per i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti ed imprenditori

agricoli professionali “iscritti nella previdenza agricola”;

al comma 8-bis, una serie di riduzioni d’imposta sempre riservate ai coltivatori ed

imprenditori “iscritti nella previdenza agricola”.

Dal 2016, l’art. 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015 prevede l’esenzione per i

terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli

professionali “iscritti nella previdenza agricola”.

È poi di palmare evidenza che il requisito dell’iscrizione nella previdenza

agricola deve essere in capo al soggetto passivo Imu. Nel caso di società tale

condizione non si verifica mai, né il requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola

può essere surrogato dal fatto che uno o più soci della società siano tenuti ad

essere iscritti alla previdenza agricola.

In altri termini, le condizioni richieste per accedere alle agevolazioni sono le

medesime previste per l’Ici, perché anche nell’Imu le agevolazioni sono riservate

alle sole persone fisiche, le sole che, appunto, possono soddisfare il requisito

“dell’essere iscritto alla previdenza agricola”.

P. Mirto - 2017 282

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Il Dipartimento delle finanze considera anche il caso di coltivatori diretti, singolarmente iscritti alla

previdenza agricola, che costituiscono una società di persone alla quale concedono in affitto o

comodato il terreno, che però continuano a lavorare direttamente, in qualità di soci. Secondo il

Ministero, in tale ipotesi continuano ad applicarsi le agevolazioni previste per i coltivatori diretti e

ciò in virtù di quanto previsto dall’art. 9 del D.lgs. n. 228 del 2001, il quale dispone che «ai soci

delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o

di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e

le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche

in possesso delle predette qualifiche».

Anche in questo caso Anci ritiene che le agevolazioni non spettino perché la società agricola non

è iscritta alla previdenza agricola, qualsiasi sia la sua forma societaria.

Peraltro, nel caso ipotizzato dal Ministero, non è soddisfatto neanche il requisito del “posseduto e

condotto” in capo al soggetto passivo d’imposta, in quanto i terreni sono sì posseduti da un

coltivatore diretto, ma sono condotti da un terzo soggetto, la società di persone. Ai fini Ici/Imu i due

soggetti (soci e società) devono essere mantenuti distinti, come lo sono anche a livello di fisco

erariale, visto che nella dichiarazione dei redditi il reddito agrario è dichiarato dalla società, mentre

i soci dichiarano un “reddito da partecipazione” alla società di persone.

P. Mirto - 2017 283

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Né a diversa conclusione si perviene leggendo quanto previsto nell’art. 9 del D.lgs. n. 228

del 2001.

Intanto, anche volendo ritenere applicabile tale norma, mancherebbe comunque una delle

condizioni ritenute necessarie dalla normativa Ici/Imu, ovvero la diretta conduzione da

parte di una persona fisica, e questo sia nel caso in cui i terreni siano rimasti in proprietà

dei soci sia nel caso in cui siano conferiti alla società.

Nel primo caso, infatti, non si concretizzerebbe la condizione del “posseduto e condotto”

dal soggetto passivo Ici/Imu coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale,

visto che il terreno è posseduto dal socio (soggetto passivo) e condotto da un terzo

soggetto (società).

Nel secondo caso, di conferimento dei terreni, il soggetto passivo sarebbe la società, che

in quanto tale sarebbe comunque esclusa dalle agevolazioni, in quanto non iscritta alla

previdenza agricola.

Peraltro, volendo accedere ad un’interpretazione estensiva, si permetterebbe una facile

elusione Ici/Imu. Le agevolazioni in questioni sono soggettive e non oggettive, e vanno

riconosciute in ragione della quota di possesso, diversamente si agevolerebbe soggetti

per l’attività svolta da altri. Diversamente ragionando, sarebbe sufficiente che più soggetti

costituiscano una società, pur presentando i requisiti solo un socio. L’intento elusivo

potrebbe essere poi ancor più evidente nel caso in cui il socio imprenditore agricolo

partecipasse al capitale sociale in misura irrisoria, visto che il D.lgs. n. 99 del 2004 non

pone vincoli in tal senso. Se poi la «società» possiede un’area fabbricabile, allora i

benefici ottenibili sono veramente tanti.

P. Mirto - 2017 284

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 – Le società di persone

Inoltre, secondo Anci, la normativa Imu si pone come norma speciale rispetto

al D.lgs. n. 228 del 2001 e quindi non può essere derogata da questo.

Peraltro, l’art. 9 fa riferimento alle agevolazioni stabilite dalla “normativa

vigente”, e nel 2001 l’Imu non era stata ancora istituita. Né si potrebbe

ritenere che l’art. 9 sia una sorta di cambiale in bianco, utilizzabile in eterno

per qualsiasi tributo. Al contrario, si deve ritenere che quanto previsto dall’art.

9 del D.lgs. n. 228 del 2001 non comporti nessuna deroga al regime Imu, non

solo perché la prima è norma di carattere generale e la seconda è norma di

carattere speciale, ma anche perché ben si può ritenere che la normativa Imu,

essendo di pari grado, abbia tacitamente abrogato la disposizione recata dal

D.lgs. n. 228 del 2001 (1).

(1) Peraltro, esiste già un precedente per certi versi identico. Il Ministero delle finanze con risoluzione 13

giugno 2007 n. 2 aveva ritenuto che gli immobili posseduti dall’Accademia Nazionale dei Lincei fossero

esenti da Ici in virtù di quanto previsto dal D.lgs. Lgt. n. 359 del 1944, norma questa che disponeva

l’esenzione da ogni imposta o tassa generale o locale presente o futura. Ad avviso del Ministero,

non essendoci alcuna disposizione Ici derogatrice esplicitamente di quanto previsto nell'art. 3 del D.lgs.

Lgt. n. 359 del 1944, gli immobili posseduti dall’Accademia dovevano in ogni caso ritenersi esenti. Di

diverso avviso però la Corte di Cassazione che nella sentenza n. 4888/2013 ha ritenuto quanto segue:

«Il 504/1992, con riguardo alla disciplina del tributo in esame ed in seno ad essa al sistema delle

esenzioni, in quanto dotato della stessa forza di legge del provvedimento con il quale era stata

anteriormente riconosciuta l'esenzione personale in discorso, e pertanto senza che la discrezionalità

legislativa, esercitata nei limiti della ragionevolezza, subisca vincoli, è dunque in grado di abrogare

tacitamente la legge anteriore, per incompatibilità, in relazione all'imposta comunale sugli immobili».

P. Mirto - 2017 285

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La sentenza impugnata ha totalmente obliterato la valutazione delle menzionate sopravvenienze normative, onde

verificare se le modifiche intervenute abbiano inciso sul requisito soggettivo per la fruizione dell'agevolazione di cui al

D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9 , da parte di chi eserciti direttamente l'attività agricola sul fondo, citando a sostegno del

convincimento espresso un precedente di questa Corte (Cass. n. 14145/2009), non pertinente non solo perchè riferito a

fattispecie in cui il beneficio era richiesto da società di capitali, ma soprattutto perchè reso in controversia relativa ad

annualità d'imposta anteriore alle modifiche normative apportate con i citati D.Lgs. n. 228 del 2001 e D.Lgs. n. 99 del

2004 .

La stessa giurisprudenza di questa Corte, pur non occupandosi ex professo della questione, tenuto conto delle

fattispecie in relazione alle quali era stata chiamata a pronunciarsi, ha evidenziato la necessità della verifica

dell'incidenza delle succitate disposizioni ai fini del godimento dell'agevolazione ICI di cui al combinato disposto del

D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 9, da parte di chi svolga l'attività di imprenditore agricolo

professionale, se del caso in forma societaria, purchè in possesso dei requisiti prescritti (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 27

giugno 2014, n. 14738; Cass. sez. 5, 11 marzo 2010, n. 5931).

Consegue anche la manifesta fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale, per quanto qui rileva, la ricorrente

denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, come modificato dal D.Lgs. n. 101 del 2005, in

relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha osservato, come concorrente

ratio decidendi, che l'unico socio dell'Agricola C. S.n.c. iscritto quale coltivatore diretto ricava i due terzi circa del proprio

reddito da fabbricati, circostanza viceversa ininfluente in relazione al disposto succitato del D.Lgs. n. 99 del 2004,

art. 1 e successive modifiche.

Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza, con conseguente rinvio per nuovo esame alla CTR dell'Umbria in

diversa composizione, che valuterà se agli atti la contribuente abbia fornito prova idonea quanto alla sussistenza del

requisito soggettivo per fruire dell'agevolazione, non essendo a ciò di per sè ostativo lo svolgimento dell'attività agricola

da parte di imprenditore agricolo professionale nella forma di società di persone - purchè sussistano i succitati

requisiti di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004,art. 1 e successive modifiche.

Ma il requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola???????

P. Mirto - 2017 286

Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord., 10-01-2017, n. 375

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Terreni posseduti da diversi soggetti, uno solo dei quali con la qualifica di

coltivatore diretto o imprenditore agricolo. La problematica, oltre ad aver dato

luogo ad un significativo contenzioso, generato da alcune, poco condivisibili,

pronunce della Corte di Cassazione, ha un significativo impatto economico, non

solo nel caso di comproprietà di un’area fabbricabile, ma anche, a decorrere dal

2016, per il riconoscimento dell’esenzione prevista per i terreni agricoli posseduti e

condotti dai coltivatori professionali.

Il Dipartimento delle finanze ha ritenuto, nella circolare n. 3 del 2012, che le

agevolazioni previste per gli esercenti l’attività agricola si applicano a tutti i

comproprietari dei terreni, inclusi quindi quelli che non svolgono alcuna attività

agricola. Il Ministero trova conforto alla propria tesi con quanto argomentato

dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15566/2010, che con riferimento ad

un area fabbricabile ha ritenuto che «ricorrendo tali presupposti, il terreno

soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere

dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi,

dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si

estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la

persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione

incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale

incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario

coltivatore diretto che per gli altri comunisti»

P. Mirto - 2017 287

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Le argomentazioni utilizzate dalla Corte di Cassazione non appaiono convincenti, in quanto non

sembrano tener conto di una lettura sistematica della disciplina di riferimento, oltre ad essere

ancorate a motivazioni fragili, visto che la Corte sembra ritenere che se su un’area è esercitata

attività agricola allora questa non può essere considerata fabbricabile. Inoltre, sembra ipotizzarsi

l’esistenza di una sorta di obbligazione unitaria per il medesimo oggetto imponibile, come se

nell’Ici/Imu non fosse “normale” che lo stesso oggetto imponibile sia soggetto a modalità

d’imposizione diverse, che dipendono dall’uso che ogni singolo comproprietario fa della propria

quota.

Al contrario, tanto nell’Ici come nell’Imu, sono frequenti le ipotesi in cui i comproprietari del

medesimo oggetto imponibile siano chiamati a corrispondere l’imposta in modo diverso. Si pensi

all’ipotesi di un fabbricato posseduto da due soggetti ed utilizzato come abitazione principale solo

da uno. Per il medesimo oggetto imponibile il comproprietario che lo utilizza come propria

abitazione principale sarà esentato da Imu e da Tasi, mentre l’altro comproprietario sarà

assoggettato ordinariamente. Si pensi, a decorrere dal 2016, al caso di marito e moglie

comproprietari di un’abitazione data in comodato al padre del marito. Per il marito si renderà

applicabile, sussistendo tutte le altre condizioni previste dalla legge, la riduzione del 50 per cento

della base imponibile, mentre per la moglie no, eppure si tratta dello stesso oggetto imponibile.

P. Mirto - 2017 288

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Circolare Anci E.R. del 30/05/2016 -Terreni in comproprietà

Non si comprende quale sia la differenza tra questi casi e quello dell’area fabbricabile

posseduta da più soggetti ma condotta da un solo comproprietario coltivatore, anche

perché, come si è visto supra, le agevolazioni Ici/Imu sono rivolte esclusivamente ad

una ristretta categoria di soggetti esercenti l’attività agricola. In realtà, le agevolazioni

in questione sono tutte soggettive e non oggettive. Diversamente, si concederebbe

un’agevolazione, peraltro di notevole impatto economico in caso di aree fabbricabili, a

soggetti (i non coltivatori) per un’attività posta in essere da un altro soggetto (il

coltivatore). Al contrario, si ritiene che la ratio della norma sia quella di agevolare solo

una determinata categoria di soggetti, ovvero i coltivatori professionali che possiedono

(nei limiti della loro quota di possesso) e conducono i terreni agricoli. Diversamente,

occorrerebbe riconoscere le agevolazioni anche per i terreni dati in affitto ai coltivatori

professionali, perché anche in questo caso vi sarebbe una destinazione ad attività

agricola che (per usare le parole della Corte) determina “una situazione incompatibile

con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo”.

Inoltre, facendo assurgere a principio generale quanto sostenuto dalla Cassazione si

autorizzerebbero facili elusioni della normativa. Sarebbe sufficiente che qualsiasi

titolare di un’area fabbricabile, in attesa di concretizzare la capacità edificatoria,

conceda in usufrutto anche per pochi anni, lo 0,01% dell’area ad un coltivatore

diretto. Anche in questo caso vi sarebbe una situazione di comproprietà con un

coltivatore diretto e l’area fabbricabile sarebbe da assoggettare per intero, seguendo

la tesi dei giudici di legittimità, come terreno agricolo. Il ché è all’evidenza

irragionevole ed ingiustificabile

P. Mirto - 2017 289

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Cassazione sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016

La Corte di Cassazione interviene sul tema delle aree fabbricabili in comproprietà tra

coltivatori diretti e soggetti che non esercitano l’attività agricola, ritenendo che

l’agevolazione spetti solo al coltivatore diretto ed a condizione che questi ricavi

dall’attività agricola la parte prevalente del proprio reddito.

Le sentenze della Cassazione vanno però oltre, riconoscendo, in generale, che le

agevolazioni spettano solo al coltivatore diretto che ricava dall’attività agricola la

maggior parte del proprio reddito. Non sarebbe, quindi, sufficiente il possesso della

qualifica di coltivatore diretto e l’iscrizione alla previdenza agricola. Tale conclusione è

supportata da un precedente specifico della Corte Costituzionale (ordinanza n. 336

del 2003) che nello scrutinare la legittimità costituzionale dell’art. 58 del D.lgs. n.

446/1997, che non riconosceva alcuna agevolazione per il pensionato agricolo, ha

ritenuto legittimo non riconoscere l’agevolazione a chi non trae “dal lavoro agricolo la

loro esclusiva fonte di reddito”. Principio questo che era stato già recepito anche da

Cassazione n. 12565/2010

P. Mirto - 2017 290

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Cassazione sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016

Queste sentenze hanno delle potenzialità enormi perché permettono di intercettare fenomeni evasi/elusivi frequenti:

a) Pensionato agricolo che continua ad essere iscritto;

b) Iscritto CD per il quale l’attività agricola non è quella prevalente o comunque non rappresenta la fonte prevalente di reddito

P. Mirto - 2017 291

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14135 del 7 giugno 2017, conferma che non spettano le

agevolazioni Ici/Imu ai soggetti che non ritraggono dall’attività agricola la parte prevalente del

proprio reddito.

Si sta quindi consolidando l’orientamento inizialmente tracciato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza

n. 336 del 2003, e poi fatto proprio dalla Cassazione con le sentenze n. 12565/2010 e n. 9601/2012, ed

ulteriormente confermato l’anno scorso con le sentenze n. 13391 e n. 13392 del 30 giugno 2016.

Nella sentenza in commento la Corte rileva che la finzione giuridica prevista dall’art. 2 del D.lgs. n.

504/1992, applicabile anche all’Imu, in base alla quale non si considerano edificabili i terreni posseduti e

condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, richiede l’iscrizione alla previdenza

agricola, il possesso e la conduzione diretta del terreno. A questi occorre aggiungere anche il

“carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito”.

Secondo la Cassazione “La ratio della disposizione agevolativa è quello di incentivare la

coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro

della terra la loro esclusiva fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte

Costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003)”. In queste ordinanze

la Corte Costituzionale ha rilevato che "la giustificazione dell'agevolazione fiscale di cui si tratta risiede

evidentemente in un intento di incentivazione dell'attività agricola, connesso alla finalità di razionale

sfruttamento del suolo cui fa riferimento l'art. 44 della Costituzione, e in relazione alla suddetta ratio

incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che - nel

fatto di godere di trattamenti pensionistici all'evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva

fonte di reddito".

P. Mirto - 2017 292

Nessuna agevolazione pensionato agricolo

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Sulla base di questi principi la Cassazione ha negato l’agevolazione Ici al soggetto pensionato,

indipendentemente che questi, per libera scelta, continui a versare i contributi volontari in

costanza di trattamento pensionistico.

Se la sentenza è chiara e confermativa di quanto già statuito in passato, oltre che condivisibile, la

stessa si incastra poco nel quadro giurisprudenziale di legittimità che si è occupato della

medesima agevolazione.

In particolare, ci si riferisce a quelle sentenze di Cassazione che hanno ritenuto estendibile al

comproprietario non coltivatore le medesime agevolazione spettanti al comproprietario che

possiede tutti i requisiti prescritti. Infatti, se da un lato le sentenze nn. 13391 e 13392 del 2016

autorizzavano a non estendere le agevolazioni, dall’altro lato la medesima Cassazione aveva

ritenuto, con la sentenza n. 15566/2010, che la persistenza della destinazione del fondo ad attività

agricola fosse incompatibile con lo sfruttamento edilizio. Motivazione, all’evidenza molto fragile,

perché nell’Ici e nell’Imu è normale che lo stesso oggetto imponibile sia imponibile per un

comproprietario ed esente per un altro (come nel caso dell’abitazione principale utilizzata come

tale solo da un comproprietario). Ed inoltre, l’utilizzo agricolo non si realizza anche per il terreno

dato in affitto a coltivatore?

Peraltro, appare irragionevole – e da qui il quadro confuso delineato finora dalla

Cassazione – concedere l’agevolazione al comproprietario che non conduce direttamente il

fondo, ma negarla in caso di comproprietario coadiuvante agricolo (Cass. nn.12422 e 12423

del 2017) o di comproprietario pensionato agricolo. Anche per il comproprietario non

coltivatore deve vale lo stesso principio enunciato nella sentenza in commento, perché solo in

questo modo si valorizza la capacità contributiva derivante dal possesso di un’area fabbricabile.

P. Mirto - 2017 293

Nessuna agevolazione pensionato agricolo

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«Non vi sono infatti ragioni per discostarsi da quanto stabilito – in fattispecie

sovrapponibile alla presente - da Cass. 15566/10 (recepita anche nella sentenza

impugnata), secondo cui: "in tema di ICI, l'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 30

dicembre 1992, n. 504, nel considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di

utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto dai soggetti

indicati nel comma 1 dell'art. 9 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che

persista l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla

coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di

animali, si riferisce ad una situazione incompatibile con la possibilità dello

sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo, e pertanto,

nel caso di comunione di un fondo edificabile in cui persiste la predetta

utilizzazione da parte di uno solo dei comproprietari, trova applicazione non solo al

comproprietario coltivatore diretto, ma anche agli altri comunisti che non esercitano

sul fondo l'attività agricola" (nello stesso senso, Cass. 14824/11).»

P. Mirto - 2017 294

Ma la Cassazione vaga ancora nella nebbia – sent.16796 del 7/7/17

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Le aree pertinenziali

Sulle aree pertinenziali si registrano ultimamente diverse pronunce. Vi sono alcune

sentenze che sembrano discostarsi dai principi di diritto enunciati in passato (Cass

1391/2016) ed altre che sembrano confermarle.

Di recente la Corte (Cass. n. 6139/2016) sembra aver fatto il punto, confermando

l’orientamento in base al quale l’area fabbricabile pertinenziale è soggetta

autonomamente ad imposta se risulta accatastata in modo autonomo al Catasto

terreni, indipendentemente dal fatto che sia utilizzata a giardino, e ciò perché solo

l’accatastamento unitario all’abitazione assicura che il valore dell’area sia incluso nella

rendita del fabbricato. Inoltre, la Cassazione ha ripetutamente detto che l’area

pertinenziale deve essere oggetto di esplicita dichiarazione da parte del contribuente

(peraltro, non emendabile in sede contenziosa).

Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito più recente si veda la CTR dell’Emilia

Romagna, sentenza n. 1844/12/2016 del 4 luglio 2016, in linea con la più recente

giurisprudenza di legittimità.

La giurisprudenza di legittimità è comunque abbastata fumosa e non omogenea, in

quanto:

Cassazione 18470 del 21/9/2016 afferma che l’area pertinenziale è quella

così di fatto utilizzato, indipendentemente dall’intervenuto accatastamento

unitario ed indipendentemente dalla dichiarazione

Cass 9790 del 19.04.2017 – ritorna sulla necessità della preventiva

dichiarazione

Cass 713 del 13.01.2017 – si occupa dell’area fabbricabile pertinenziale di

un opificio abbondonato, ritenendola soggetta

P. Mirto - 2017 295

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Area a verde pubblico attrezzato La Corte di Cassazione, con la sentenza 23 novembre 2016, n. 23814, prende finalmente atto

dell’esistenza di un contrasto, anche se la questione non viene rimessa alle sezioni unite.

•Oggetto del contendere era un’area destinata a zona F- verde pubblico attrezzato e ad avviso del

contribuente le aree sulle quali si possono edificare attrezzature e impianti di interesse pubblico non sono

assoggettabili ad Ici. Di diverso avviso la Corte, secondo la quale la nozione di edificabilità utilizzata dal

legislatore Ici “non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa”.

•Secondo la Corte va “motivatamente disatteso” il diverso orientamento espresso da Cass. n.

25672/2008 e n. 5992/2015 (e diverse altre), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore

generale a un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono

riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai

sensi della normativa Ici. Queste pronunce, infatti, non tengono conto che la normativa Ici prevedendo

che un terreno è qualificabile fiscalmente edificatorio sia quanto l’edificabilità risulti dagli strumenti

generale o attuativi (edificabilità legale), sia quanto esistano possibilità effettive di edificazione

(edificabilità di fatto) delinea una nozione di area edificabile che valorizza la mera potenzialità edificatoria.

L’edificabilità, pertanto non può essere esclusa dalla previsione urbanistica di vincoli, “giacché tali limiti,

incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo

medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria”, fermo restando che la presenza di suddetti limiti

incidono sulla concreta valutazione del valore, e quindi sulla base imponibile Ici.

•In altri termini, si ritiene che la normativa Ici laddove considera imponibile “l’area utilizzabile a

scopo edificatorio” valorizzi tutte le forme di edificazione, sia quelle direttamente realizzabili dal

privato, come l’edilizia residenziale, sia quelle di carattere pubblico.

•Quello che rileva, quindi, è la mera previsione dell’esistenza, seppur minima, di un indice di edificabilità.

•Conseguentemente, un’area a verde pubblico, destinata alla costruzione di un parco, senza alcuna

previsione di edificabilità, neanche di interesse pubblico, è area con vincolo d’inedificabilità assoluta che

va sottratta al regime di imposizione delle aree fabbricabili, mentre la presenza di un indice di edificabilità,

e quindi la possibilità di edificare, comporta l’assoggettamento come area fabbricabile, seppur con

valorizzazione della base imponibile che tenga adeguatamente conto dei vincoli di edificazione.

P. Mirto - 2017 296

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Cass 24122 del 13/10/2017

1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. Occorre premettere che la corte di legittimità ha più

volte precisato che, in tema d'ICI, a seguito dell'entrata in vigore degli artt. 11 quaterdecies, comma 16, del d.l. n.

203 del 2005, convertito dalla I. n. 248 del 2005, e 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, convertito dalla I. n. 248

del 2006, che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1992,

l'edificabilità di un'area, ai fini della determinazione della base imponibile, da effettuare in base al valore venale e

non a quello catastale, deve essere desunta dalla qualificazione attribuitale nel piano regolatore generale

adottato dal Comune, salva, però, la necessità di valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità

edificatorie dell'immobile in ragione delle concrete condizioni esistenti al momento dell'imposizione ( ex multis,

Cass. n. 24308 del 29/11/2016; Cass. n. 12377 del 15/06/2016 ). Ne consegue che la circostanza che l'area

sia qualificata come edificabile dal P.R.G. ne esclude per ciò solo la natura agricola e non rileva il fatto

che il piano di lottizzazione abbia previsto la concreta destinazione di talune aree a verde o a viabilità

con concentrazione della cubatura solo su altre aree. La CTR avrebbe dovuto, quindi, accertare in

concreto il valore venale dell'area tenendo conto degli elementi addotti dalle parti.

P. Mirto - 2017 297

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Edificabilità di fatto e costruzioni in zona agricola

•La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23026 dell’11 novembre, ha affrontato il problema della natura dei

terreni, che pur non qualificati come edificabili dallo strumento urbanistico, consentono comunque un

intervento edilizio. La sentenza, invero, riguarda, l’imposta di registro, ma è direttamente applicabile all’Ici ed

all’Imu, non solo per l’espresso richiamo alle imposte comunali presente nella stessa, ma anche perché la

definizione di area fabbricabile è la stessa sia ai fini dei tributi locali che di quelli erariali, giusta la previsione di

cui all’art. 36 del Dl n. 223/2006.

•Secondo la Cassazione ai fini dell’imposizione occorre considerare che l’area fabbricabile costituisce un

genere articolato nelle due specie dell’area edificabile di diritto, ovvero quella così qualificata dalla strumento

urbanistico comunale, e dell’area edificabile di fatto, “vale a dire del terreno che, pur non essendo

urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia

potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica”.

•Secondo la Corte, poi, l’edificabilità di fatto è rilevante giuridicamente in quanto è presa in considerazione sia

dalla normativa Ici sia dai criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione.

•Si tratta di precisazioni che permettono di risolvere alcun problemi applicativi Ici/Imu che si verificano nel caso

di edificazione in zona agricola, e che possono riguardare tanto i fabbricati rurali tanto i fabbricati collabenti,

accatastati in categoria F/2.

P. Mirto - 2017 298

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Edificabilità di fatto e costruzioni in zona agricola

•Per quanto riguarda i fabbricati rurali in corso di costruzione esiste già

giurisprudenza di merito che ha ritenuto soggetta ad imposizione l’area

necessaria all’edificazione (CTR Emilia Romagna, sentenza n. 130/07/2006). In

questo caso, l’assoggettamento può essere ancorato sia alla nozione di

edificabilità di fatto sia, e comunque, alla normativa specifica Ici/Imu che

comunque attrae espressamente ad imposizione l’area sulla quale c’è

comunque un intervento edilizio, anche in deroga alle previsioni dello strumento

urbanistico comunale (art. 5, comma 6, D.lgs. n. 504/1992).

•Analoghe considerazioni devono essere fatte per i fabbricati collabenti, ovvero

quei fabbricati pericolanti o diroccati, non utilizzabili, improduttivi di reddito e per

questo accatastati in categoria F/2, senza rendita catastale.

•In realtà, tali fabbricati sono assoggettabili ad Ici/Imu come area fabbricabile,

nella misura in cui lo strumento urbanistico comunale ne prevede il loro

recupero, di norma nel limite della cubatura esistente.

•L’assoggettamento come area fabbricabile, anche se collocati in zona

agricola, deriva dal fatto che lo strumento urbanistico ne prevede il loro

recupero, si tratta quindi di edificabilità di diritto. Ma, anche volendo

ritenere determinante la loro collocazione in zona agricola, in base ai

principi di diritto enunciati da Cassazione n. 23026/2016, si deve

confermare il loro assoggettamento in quanto area fabbricabile di fatto.

P. Mirto - 2017 299

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La motivazione degli atti di accertamento sulle aree: Cass 564/2017

•Al riguardo, inoltre, questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. 5, civ. n. 25153 in data

08/11/2013) che, in tema di accertamento tributario, la motivazione di un avviso di rettifica e di

liquidazione ha la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale

successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l'esercizio del diritto di difesa.

•Ne consegue che, fermo restando l'onere della prova gravante sull'Amministrazione, è

sufficiente che la motivazione contenga l'enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è

stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati

per l'applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato,

è già in condizione di contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale, senza

poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 2 bis, del

dovere di allegazione delle informazioni date dal contribuente, ove il contenuto essenziale degli

atti sia stato riprodotto sull'avviso di accertamento (in senso non difforme v. del resto anche

Cass. Sez. 5, n. 7231 del 12/05/2003, richiamata dalle stesse ricorrenti, secondo cui, in tema di

imposta di registro e di INVIM, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior

valore mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva

fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Al

conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l'avviso enunci il criterio

astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in

concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale

sede contenziosa l'onere dell'Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente gli elementi

di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del

contribuente di dimostrare l'infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per

l'accertamento. Conforme tra le altre Cass. n. 12774 del 2001).

P. Mirto - 2017 300

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«In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del

valore imponibile è indispensabile che la misura del valore venale in comune

commercio sia ricavata in base ai parametri vincolanti previsti dall'art. 5, comma 5,

del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 504, che, per le aree fabbricabili, devono avere

riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla

destinazione d'uso consentita, agli oneri per gli eventuali lavori di adattamento del

terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della

vendita di aree aventi analoghe caratteristiche; pertanto, poiché tali criteri

normativamente determinati devono considerarsi tassativi, il giudice di merito,

investito della questione del valore attribuito ad un'area fabbricabile, non può

esimersi dal verificarne la corrispondenza, tenuto conto dell'anno di imposizione, ai

predetti parametri, con una valutazione incensurabile in sede di legittimità, qualora

congruamente motivata» (Cass. n. 14385 del 2010), senza che assuma alcun

rilievo il prezzo indicato nella compravendita, il quale non rientra tra i

parametri di cui all'art. 5 citato» (Cass. n. 7297 del 2012) ed essendo ben

possibile che il prezzo di aggiudicazione in sede di asta sconti ribassi

correlati alla necessità di vendere, così da non costituire base sufficiente per

esprimere l'effettivo valore del bene che ne costituisce oggetto

; P. Mirto - 2017 301

Cass. 12273 del 17/5/2017 – valore venale area

fabbricabile-Irrilevante prezzo asta

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«Appare quindi evidente che venga invocata l'applicazione di una norma

sopravvenuta rispetto alle variazioni della natura agricola del terreno,

occorrendo ritenere che la disposizione introdotta nel 2002 concerna le sole

variazioni intervenute in epoca successiva.

Ma a tale considerazione va poi aggiunta quella ancor più dirimente,

rappresentata dal fatto che secondo la giurisprudenza di questa Corte

(cfr. Cass. n. 15558/2009) la violazione dell'art. 31, comma 20, della legge

27 dicembre 2002, n. 289, non essendone specificamente sanzionata

l'inosservanza, non determina la nullità ove non risulti in concreto

pregiudicata la difesa del contribuente»

Circolare 3/2012 aveva ritenuto legittima la disapplicazione delle sanzioni

P. Mirto - 2017 302

Cass 12308 del 17.05.2017 - Sulla mancata comunicazione di

intervenuta edificabilità e sul suo effetto

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Immobile accatastato in F/3

D. Possiedo un immobile accatastato in F/3, senza rendita. Ritengo che non sia

dovuta l’Imu né come fabbricato, non essendoci una rendita, né come area

fabbricabile, per quanto letto in alcune sentenze. È corretto?

R. Al quesito formulato dal lettore ha risposto di recente la Corte di Cassazione,

con sentenza 11 maggio 2017, n. 11694. In tale sentenza la Corte ha enunciato

questo principio di diritto: «in tema di imposta comunale sugli immobili,

l'accatastamento di un nuovo fabbricato nella categoria fittizia delle unità in

corso di costruzione non è presupposto sufficiente per l'assoggettamento ad

imposta del fabbricato stesso, salva la tassazione dell'area edificatoria e la

verifica sulla pertinenza del classamento».

P. Mirto - 2017 303

Il fabbricato accatastato in F/3

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14410 del 9 giugno 2017, interviene per la prima volta sulle modalità di

assoggettamento ad Ici/Imu delle cave, ritenendo che queste siano da assoggettare come area fabbricabile.

La decisione è di rilevante interesse, anche perché sulle modalità di assoggettamento delle cave si era già espressa

l’ex Agenzia del territorio, ritenendo che queste siano da considerare come un fabbricato.

Ma partiamo dal caso scrutinato dai giudici di Piazza Cavour. Il Comune impositore aveva accertato la cava alla stregua

di un’area fabbricabile, considerato che questa era inserita come tale nell’ambito degli strumenti urbanistici comunali, i

quali prevedevano un pur minimo indice di edificabilità, anche se limitato all’edificazione di costruzioni strumentali

all’attività estrattiva.

Ad avviso del contribuente, invece, l’area in questione non andava qualificata né come terreno agricolo né come area

fabbricabile, ed era quindi da ritenersi esclusa dal campo di applicazione dell’Ici. In subordine, comunque, veniva

chiesta la determinazione della base imponibile considerando il reddito dominicale del terreno.

La Corte, partendo dalla considerazione che l’attività estrattiva è attività industriale e non agricola, ha escluso la

possibilità di valorizzarla come terreno agricolo ed ha, invece, valorizzato la suscettibilità edificatoria, seppur, come

detto, limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali.

Occorre però rilevare che in molte realtà territoriali le cave risultano invece accatastate in categoria D/1, anche se

avverso gli accatastamenti, di norma sollecitati dai Comuni attraverso il ricorso alla procedura di cui al comma 336 della

legge n. 311/2004, pendono ancora oggi diversi ricorsi.

L’Agenzia del territorio è intervenuta sull’argomento con la nota prot. 75779 del 4 novembre 2008. L’Agenzia parte,

anch’essa, dalla considerazione che l’attività estrattiva è attività industriale, così come anche ritenuto dalla Corte

Costituzionale nell’ordinanza n. 285/2000. Poi precisa che la circostanza che l’art. 18, del R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572,

esclude dalla stima fondiaria «le miniere, le cave, le saline ed i laghi e stagni da pesca, con la superficie stabilmente

occupata per la relativa industria, e le tonnare», comporta che le cave non debbano essere iscritte al catasto terreni, ma

al catasto fabbricati. E l’obbligo di accatastamento deriva dall’art. 2 del D.M. n. 28/1998, il quale precisa che l'unità

immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da

“un'area”, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e

reddituale. Ed è evidente che la cava rappresenta un’area dotata di autonomia funzionale e reddituale.

Volendo coniugare le due soluzioni illustrate, si può ritenere che dall’adozione degli strumenti urbanistici

che individuano la zona del territorio destinata ad attività estrattiva, l’area deve essere attratta ad

imposizione come area fabbricabile, mentre dalla data di attivazione della cava, questa deve essere

assoggettata come fabbricato. Infatti, occorre anche ricordarsi che è ormai pacifico nella giurisprudenza di

legittimità che il dato catastale è dato vincolante tanto per il Comune tanto per il contribuente (Cassazione, sez.

un., sentenza n. 18565/2009).

Ovviamente se il contribuente non ha presentato alcun Docfa e l’Agenzia delle entrate non è intervenuta d’ufficio

con l’accatastamento, il Comune sarà legittimato ad attrarre ad imposizione la cava in attività come area

fabbricabile P. Mirto - 2017 304

Le cave pagano IMU come area fabbricabile

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F/2- Cass 17815/2017

Il fabbricato collabente, accatastato in categoria F/2, senza rendita non paga né Ici né Imu per assenza “di base imponibile” . Sono

queste le conclusioni scritte dalla Corte di Cassazione nella sentenza 19 luglio 2017, n. 17815.

Il caso posto all’attenzione dei Giudici di Piazza Cavour riguarda una vecchia acciaieria insistente su un’area di notevoli d imensioni,

con sovrastanti fabbricati fatiscenti, iscritti in catasto con categoria catastale F/2, in quanto collabenti.

Ad avviso dell’ente impositore l’area su cui insistevano i fabbricati collabenti doveva essere attratta ad imposizione come area

fabbricabile, posto che lo strumento urbanistico prevedeva la possibilità di recupero degli edifici esistenti.

Di diverso avviso, come detto la Cassazione.

La Corte rileva che il Dm n. 28/1998 prevede l’accatastamento in categoria F/2 dei fabbricati che si trovano in uno stato di degrado

tale da comportarne “l’oggettiva incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio” ed è per tale ragioni che questi fabbricati

sono iscritti senza una rendita catastale.

Il presupposto dell’Ici (come dell’Imu) è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli, ed il fabbricato collabente non

cessa di essere un “fabbricato” solo perché privo di rendita. Lo stato di collabenza ed improduttività di reddito non fa venir meno in

capo all'immobile la tipologia normativa dì “fabbricato”. La mancata imposizione si giustifica non già per assenza di “presupposto” ma

per assenza di “base imponibile”.

Inoltre, secondo la Cassazione, l’imposizione Ici non potrebbe essere recuperata dal Comune facendo ricorso ad una base

imponibile diversa, ovvero quella attribuibile all’area di insistenza del fabbricato, e ciò perché tale area, essendo già edi ficata, e

quindi non suscettibile di poter essere considerata area fabbricabile, non rientra in nessuno dei presupposti Ici/Imu.

P. Mirto - 2017 305

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F/2- Cass 17815/2017

Si tratta di conclusioni che non convincono, non solo perché contrarie ai più basilari principi costituzionali in tema di capacità contributiva, ma

anche perché essenzialmente fondate su un’errata lettura della normativa Ici.

In particolare, occorre ricordare la definizione di fabbricato adottata dalla normativa Ici. L’art. 2 del D.lgs. n. 504/1992 definisce come fabbricato

“l’unità immobiliare” iscritta nel catasto edilizio urbano ed il successivo articolo 5 precisa che la base imponibile è determinata considerando la

rendita iscritta in catasto.

La normativa quindi fa riferimento al fatto che ordinariamente i fabbricati, ovvero le unità immobiliari, sono iscritti in catasto con rendita, tant’è che

per quelli sprovvisti è previsto un criterio di determinazione della base imponibile diverso, come per i fabbricati posseduti dalle imprese.

Il fatto che i fabbricati sono iscritti con rendita lo si rileva dalla stessa nozione di unità immobiliare, ed in particolare dall’art. 2 del Dm n. 28/1998

che qualifica come unità immobiliare il fabbricato che “presenta autonomia funzionale e reddituale”. Quindi, la normativa Ici/Imu nel riferirsi ai

fabbricati fa necessariamente riferimento a fabbricati che hanno una propria capacità reddituale.

Il fabbricato collabente non può considerarsi come “fabbricato” Ici/Imu, non solo perché non ha una sua capacità reddituale ma anche perché la

categoria F individua una categoria fittizia e l’iscrizione è attuata ai soli fini della loro identificazione (art. 3 del Dm n. 28/1998).

D’altro canto, anche di recente la Cassazione (sentenza n. 11694/2017) ha ritenuto assoggettabile come area fabbricabile il “fabbricato” in corso di

costruzione, accatastato in F/3, senza rendita. Il contrasto interpretativo tra le due sentenze è evidente.

Neanche la tesi che non si possa considerare l’area fabbricabile sottostante non appare convincente, in quanto, in realtà la previsione di recupero

edilizio consacrata nello strumento urbanistico è sufficiente a considerare l’oggetto imponibile come area, in quanto il fabbricato collabente non è

oggetto di autonoma imposizione, al pari del fabbricato in corso di costruzione.

P. Mirto - 2017 306

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F/2 – Cass n.23801 del 11/10/2017

«6. Nella discussione d'udienza, il Pubblico Ministero ha manifestato dissenso rispetto a

questo orientamento di legittimità, assumendo che: i) l'unità collabente sia catastalmente

irrilevante, perciò incapace di negare l'autonoma considerazione fiscale dell'area

d'insistenza; il) detta esegesi implichi il paradosso dell'integrale esonero impositivo

dell'area edificata con fabbricato collabente, area invece tassata come edificabile se

libera da tale fabbricato.

7. Ritiene il Collegio di poter assicurare continuità alla recente giurisprudenza della

Corte, osservando che:

i) l'unità collabente ha una sua propria rilevanza catastale, seppur a fini meramente

identificativi, cioè senza attribuzione di rendita (art. 3, comma 2, lett. b, d.m. 28/1998);

il) l'area libera da cascami edilizi versa in condizione di pronta edificabilità, mentre l'area

impegnata da rovine esige interventi di demolizione e bonifica necessari a reintegrare in

concreto le potenzialità edificatorie del suolo, non potendosi accostare le due fattispecie,

divergenti anche sotto il profilo della capacità contributiva del proprietario.»

P. Mirto - 2017 307

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Grazie per l’attenzione

Pasquale Mirto [email protected]

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