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Sabato 15 dicembre ore 10.30 Massimo La Verde Con la testa sotto la sabbia Roma, Sovera Edizioni 2011 Bibliopoint Liceo Scientifico Antonio Labriola Via Capo Sperone 50 - 065662275 Bibliopoint Antonio Labriola

Presentazione LaVerde con la testa sotto la sabbia

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Presentazione del libro di massimo la verde con la testa sotto la sabbia

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Page 1: Presentazione LaVerde con la testa sotto la sabbia

Sabato 15 dicembre ore 10.30

Massimo La Verde

Con la testa sotto la sabbia

Roma, Sovera Edizioni 2011

Bibliopoint Liceo Scientifico Antonio Labriola Via Capo Sperone 50 - 065662275

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La

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Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio

LICEO SCIENTIFICO STATALE “A. LABRIOLA” Codice meccanografico - RMPS 010004 Codice Fiscale 80222130587

Via Capo Sperone, 50 - 00122 Roma Lido

www.liceolabriola.it

[email protected][email protected] - [email protected]

065662275 – 065662340

Prot. n. 4580 / H6 del 19/12/2012

Alla c.a. del Questore di Roma

Dott. Fulvio della Rocca

v. di S. Vitale,15

00184 Roma

Con la presente si porta a conoscenza la S.V. che l’Assistente Capo La Verde

Massimo, in servizio presso la Squadra Mobile della Questura di Roma, lo scorso

sabato 15 dicembre ha presentato, presso la Biblioteca scolastica dello scrivente

Liceo, il libro “Con la testa sotto la sabbia”- Sovera editore.

L’incontro ha visto la partecipazione di due classi del Liceo, una terza ed una quinta,

che hanno dimostrato da subito una viva attenzione e un attivo interesse. La prima

parte si è svolta con la presentazione della trama del libro da parte dello stesso

autore, con particolari aggiunti e chiarimenti su passaggi inerenti alla scelta e alla

stesura del testo. Da sottolineare la capacità straordinaria dell’autore di relazionarsi

ad un pubblico di adolescenti, sia nei temi, sia nella scelta del registro linguistico

attuale ed immediato. Nella seconda parte, si è svolto un vero e proprio dibattito

coogestito fra alunni e autore, che ha reso l’evento, un’esperienza efficace dal punto

di vista umano e soprattutto educativo oltreché didattico. Le domande hanno ampliato

le prospettive e gli ambiti di discussione, rendendo il confronto proficuo e utile per la

formazione di un pensiero critico. Si auspica di poter ripetere l’esperienza con altre

classi, alla luce di quanto ottenuto. I ringraziamenti all’autore e alla disponibilità di

tutti gli organi competenti che ne hanno consentito la partecipazione.

Roma, 19/12/2012 Il Dirigente Scolastico

Prof.ssa Daniela Benincasa

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NARRARE

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A Federica, Filippo e Giacomo

Al coraggio di cambiare idea

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Massimo La Verde

Con la testa sotto la sabbiaStoria di un promotore finanziario

Una specie in via di estinzione

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© 2011 SOVERA MULTIMEDIA s.r.l.Via Vincenzo Brunacci 55/55A - 00146 RomaTel. (06) 5585265 – 5562429www.soveraedizioni.ite- mail: [email protected]

I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale(compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.

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INTRODUZIONE

Dopo la shoah, o meglio, dopo la progressiva e cer-

to non facile presa di coscienza del genocidio compiu-

to dai nazisti, il discorso antisemita è stato espulso

dalla sfera pubblica. In Europa e in America oggi non

è possibile per nessuno proclamarsi pubblicamente

antisemita, insultare pubblicamente qualcuno o mi-

nacciarlo perché ebreo. Il rifiuto collettivo è immedia-

to. Se paragoniamo questa situazione con quella di al-

cuni decenni fa, la perdita di ogni legittimità del di-

scorso antisemita è un risultato importante, ma non

basta. Perché nel privato, negli angoli della società,

fra coloro che non temono il giudizio collettivo, l’an-

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tisemitismo vive. Lo testimoniano i muri: non lontano

dalla casa dove abito a Torino, da mesi troneggia su

un muro una scritta “sportiva”: “granata ebrei”. Un

po’ più in là un buongustaio nemico delle bevande ga-

sate o più probabilmente un antiamericano, ha scritto

“Coca Cola yahud”, che è lo stesso “insulto” in lingua

araba. L’antisemitismo viene fuori quando certa gente

si ubriaca e dice quel che ha in testa, com’è accaduto

di recente allo stilista Galliano. Emerge quando nelle

manifestazioni filopalestinesi si bruciano le bandiere

israeliane e magari si aggiunge “ebrei ai forni”, com’è

accaduto di recente in Olanda. Serpeggia in certe con-

versazioni, in certe battute, in certe reazioni che gli

ebrei incontrano nei luoghi più imprevedibili: le uni-

versità, i salotti per bene, la pagine di Facebook. Ogni

tanto arriva sulle pagine dei giornali, come uno scan-

dalo. Ma poi tutto ritorna come prima. Il virus non è

debellato, i sintomi sono nascosti, ma il male è sem-

pre lì.

Per questo consola leggere una storia come quella

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scritta da Massimo La Verde, perché è la vicenda di

una presa di coscienza, di un allontanamento dal ma-

le, di una progressiva comprensione del problema. Si

narra di un ragazzo che diventa di destra “quasi per

moda” o meglio per il quartiere in cui cresce, che per

questa ragione sta “dall’altra parte della barricata” ri-

spetto agli ebrei, è coinvolto in un pestaggio a sfondo

razziale, anche se non vi partecipa direttamente. Poi

però, per l’indole buona, per l’educazione sana che gli

è stata impartita, per l’influsso positivo di una pratica

sportiva intensa e leale, si ferma e progressivamente

prende coscienza, cambia strada trovando amicizie

nel mondo ebraico, visitando Israele, mostrando in va-

ri modi la sua simpatia. È una storia semplice, che non

tira in ballo sofisticati ragionamenti politologici o

ideologie raffinate, ma il buon senso e la comune

umanità. Le stesse ragioni che indussero alcune rare

persone durante la shoah a difendere in maniera disin-

teressata degli ebrei durante il genocidio, a rischio

della loro vita. Israele non li chiama “eroi”, non li

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chiama santi, li onora col nome di “giusti”. È la giu-

stizia la virtù opposta all’antisemitismo, il senso del-

l’uguale dignità di tutti gli uomini. Non sto parago-

nando naturalmente il protagonista di questa storia a

un “giusto delle nazioni”. Per sua e nostra fortuna egli

non ha dovuto sostenere prove così difficili. Dico so-

lo che la presa di coscienza limpida e semplice del-

l’inganno in cui si è vissuti e del valore dell’altro, che

troviamo espressa in queste pagine può aiutarci a ca-

pire gli Schindler, i Perlasca, coloro che inizialmente

erano collocati “dall’altra parte della barricata” rispet-

to alle vittime della Shoà ed ebbero il coraggio e

l’onestà di non collaborarvi più.

In questo libro vi sono molti elogi del mondo ebrai-

co, un’ammirazione che a tratti lascia un po’ imbaraz-

zati. Chi ne fa parte sa che il popolo ebraico è un po’

come tutti gli altri, una mescolanza di bene e di male,

di persone più o meno intelligenti, oneste, colte, idea-

liste: come dappertutto c’è chi vale di più e chi di me-

no. Certo, l’ebraismo è una religione, un’etica, una

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cultura, una storia. Fa piacere sentirle apprezzate. Es-

sere ebrei vuol dire anche sentire il compito di diffon-

dere i nostri valori, il nostro senso della giustizia e

della verità, senza cercare di convertire nessuno, di as-

similare nessuno. Noi ci accontenteremmo anche di

meno, di essere trattati, noi, la nostra cultura, lo stato

di Israele, equamente, per quel che siamo davvero.

Quando troviamo come in questo caso, l’espressione

di un’amicizia entusiastica, non possiamo che com-

muoverci.

Ugo Volli*

* Dal 2000 è stato chiamato quale professore ordinario dall’Università diTorino, dove insegna “Semiotica del testo” e “Filosofia della comunicazione”.È direttore del CIRCE (Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Comunica-zione) dell’Università di Torino e ha guidato ricerche nazionali e internaziona-li. Presiede il corso di laurea magistrale in Comunicazione e culture dei media.Scrive sul periodico online «Informazione Corretta».

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