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Infanzia, L.285 e politiche locali a confronto: esiti dello studio dei piani di zona (L. 328) e di alcuni documenti di programmazione regionale riferiti all’annualità 2011. Antonella Schena e Marina Rago

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Infanzia, L.285 e politiche locali a confronto:

esiti dello studio dei piani di zona (L. 328)

e di alcuni documenti di programmazione regionale riferiti all’annualità 2011.

Antonella Schena e Marina Rago

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L’obiettivo generale del lavoro

Cercare di comprendere come gli interventi previsti e finanziati

con la legge 285 si collocano all’interno del quadro

complessivo degli interventi realizzati dalle Città riservatarie a

favore dell’infanzia e dell’adolescenza, tenendo presente il mutare

del contesto di riferimento e l’evoluzione delle politiche attuate in

questo settore

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La ricomposizione di un quadro complessivo di politiche ed interventi

Nelle ultime Relazioni al Parlamento L. 285 sono stati presi in esame una serie di elementi

e di conoscenze provenienti da diversi canali, ciascuno complementare all’altro:

La documentazione: gli

atti di programmazione

regionale e locale; le

schede dei progetti 285,

le varie fonti

bibliografiche (studi,

ricerche, monografie,

contributi in riviste

specializzate)

I Focus Group

con i soggetti

tecnici

ed

amministrativi

Le interviste

agli attori

delle politiche

e degli

interventi

I dati di

contesto

(demografici,

finanziari ed

economici

ecc.)

Gli incontri dei tavoli di

coordinamento tecnico

L. 285

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La documentazione e il suo ruolo

Una delle principali fonti di informazione e di analisi è costituita dalla documentazione prodotta in vari ambiti: - programmazione regionale - programmazione locale con riferimento ai piani di zona delle 15 Città riservatarie - progettazione L. 285 archiviata nella Banca dati progetti Città riservatarie - letteratura scientifica e professionale sulle tematiche trattate. Partire dalla documentazione significa infatti basare la propria analisi su: - oggetti (= i documenti ) ad alto valore informativo in quanto contengono dati organizzati - un’attività (= la documentazione) che permette di interpretare l’informazione attraverso criteri rigorosi e di gestire processi cognitivi per elaborare e diffondere conoscenze.

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Il valore della ricerca documentale

Fondare la propria analisi sulla ricerca documentale significa potere

CONTARE su:

• una continuità della raccolta per conservare memoria dei “sentieri” di

approfondimento già tracciati ed avere elementi informativi comparabili tra

loro e situabili nel tempo secondo una sequenza logico-temporale

• una metodologia di lavoro di tipo bottom –up, cioè basata su un metodo di

lavoro di tipo induttivo

Con questi scopi, a partire dal 2010 è stata avviata un’attività di monitoraggio e

raccolta degli atti di programmazione regionale e locale sull’infanzia,

l’adolescenza e la famiglia, da mettere in relazione con la consueta e continua

raccolta dei dati della progettazione L. 285

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La programmazione regionale

Costituisce infatti il primo luogo di indagine in quanto la

L. 328/2000 ha assegnato alle Regioni la specifica funzione

di programmazione, coordinamento e indirizzo degli

interventi sociali, nonché di verifica della rispettiva

attuazione a livello territoriale e di disciplina

dell’integrazione degli interventi

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La programmazione locale

Il piano di zona è uno strumento funzionale e necessario al

processo di governance delle politiche sociali per la

programmazione degli interventi che concorrono alla costruzione

del sistema dei servizi sociali.

Può essere concepito come uno strumento messo nelle mani di

una comunità locale - intesa come entità consapevole, attiva e

responsabile - per aiutarla a leggere, valutare, programmare e

guidare il proprio sviluppo verso un orizzonte di protezione

sociale, promozione dei diritti di cittadinanza e benessere diffuso.

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L’analisi degli atti di programmazione: alcune problematicità

Rispetto alla produzione si è sottolineato più volte che questa risulta molto complessa:

estremamente diversificata da Regione a Regione

temporalmente disallineati tra loro anche all’interno della stessa Regione

esistono più tipi di piani (sociali, educativi, socio-educativi, sanitari)

i piani al loro interno presentano una grande varietà di argomenti

la relazione tra atti di programmazione regionale e locale non è riducibile né

semplificabile a logiche di tipo gerarchico

esisterebbero altri documenti da analizzare collegati ai piani (per esempio i

documenti inerenti le linee guida per la predisposizione dei piani, i documenti

prodotti dai tavoli tematici previsti dai piani ecc.), ampliando però notevolmente il

campo di indagine

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Cosa emerge dalla riflessione per la Relazione 285/2010

(1)

Dal punto di vista metodologico:

dall’analisi degli atti di programmazione raccolti per la Relazione 2010 emerge

che:

• si è cercato di proporre una lettura trasversale dei documenti relativa alla

collocazione del tema infanzia e adolescenza negli atti di programmazione

raccolti

• i documenti risultano molto articolati e rimandano spesso a ulteriori atti

di programmazione (es. linee guida, delibere di riparto, etc.)

• per future analisi sarebbe auspicabile stabilire un confronto più

approfondito e sistematico con i diversi attori istituzionali di livello

regionale e locale

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(2)

Dal punto di vista dei contenuti:

dall’analisi degli atti di programmazione regionale:

• negli atti di programmazione regionale non è sempre immediato individuare le

priorità di intervento che orientino e finalizzino i finanziamenti;

• spesso si ritrovano indicazioni per realizzare l’intera gamma di interventi a favore di

infanzia e adolescenza con il rischio di essere troppi generici e poco incisivi;

• in diversi piani sembra ritrovarsi il linguaggio e la cultura promossa dalla L. 285;

• è sempre presente una parte dedicata alla famiglia che, essendo il nucleo in cui vivono i

bambini e gli adolescenti, va sostenuta nelle situazioni di difficoltà e considerata una risorsa

su cui fare leva.

Cosa emerge dalla riflessione per la Relazione 285/2010

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(3)

Dal punto di vista dei contenuti:

dall’analisi degli atti di programmazione delle città riservatarie:

• nei piani si ritrovano elementi e strutture comuni: la governance del sistema; l’analisi della

domanda sociale e dell’offerta dei servizi; la valutazione (verifica o monitoraggio) degli

interventi; gli obiettivi e gli interventi programmati; le risorse economiche e finanziarie

• un’attenzione particolare viene sempre rivolta alla famiglia e alle sue funzioni genitoriali

• vi sono differenze nell’arco temporale della programmazione

• presenza di molti tavoli tematici, per lo più con funzioni consultive per scambio e

confronto, più che richiesta di indirizzo o idee progettuali

• le analisi hanno sempre un insieme di dati analitici quali-quantitativi rispetto all’offerta

di servizi e alla domanda sociale

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Tav. 1 — Quadro riassuntivo dei documenti di piano regionale presi in esame per la Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della L. 285 nel 2010.

Tipi di documenti di piano

reperiti e analizzati

Regioni di riferimento

Piani sociali o socio-sanitari Abruzzo, Basilicata, Bolzano (Prov. aut.), Campania,

Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia,

Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria,

Valle d’Aosta.

Piani per le famiglie e i servizi educativi Abruzzo, Basilicata, Campania, Liguria, Puglia, Umbria, Veneto

Piani per l’infanzia e per le politiche

giovanili

Campania, Marche, Toscana, Trento (Prov. Aut.), Veneto

Piani per l’istruzione e la scuola Basilicata, Liguria, Puglia

Piani di azione obiettivi di servizio Qsn Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia

Piani di zona Calabria, Lombardia, Veneto

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L’analisi della produzione programmatoria per la Relazione 285/2011

L’analisi effettuata nel 2011 tiene conto del metodo e degli esiti della precedente rilevazione, cercando di mantenere così quella continuità sopra-richiamata, indispensabile per svolgere un lavoro di ricerca di tipo documentale. Per questa annualità della legge si è scelto di limitare l’analisi agli atti di programmazione regionale riguardanti l’ambito di intervento sociale e sanitario, escludendo gli altri atti di programmazione (es. piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia). Volendo effettuare un’analisi approfondita era necessario circoscrivere le tipologie di atti, essendo questi molto numerosi e corposi. Inoltre la lettura dei documenti non può essere effettuata in modo meccanico o automatizzato e le aree tematiche oggetto delle politiche sociali risultano molto eterogenee.

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Le fasi di lavoro della Ricognizione documentale 2011 (1) Raccolta e organizzazione dei materiali

A. reperimento e acquisizione dei piani regionale e locali Città riservatarie si è basato sulle fonti ufficiali disponibili e la banca dati De Agostini); B. verifica della completezza dei documenti reperiti attraverso l’esplorazione dei siti web

istituzionali delle città riservatarie;

C. interlocuzione diretta (basata su contatti telefonici o e-mail) con i referenti delle città, per la convalida della documentazione reperita, attuando così un metodo operativo partecipato;

D. catalogazione dei piani: i documenti di programmazione zonale e regionale sono stati catalogati e resi consultabili on line attraverso il Catalogo unico del Centro nazionale;

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Le fasi di lavoro della Ricognizione documentale 2011

(2) Lavoro di analisi dei materiali

A. Studio e analisi dei piani i documenti sono stati sottoposti ad un attento esame testuale per enucleare le informazioni più pregnanti riconducibili alle due dimensioni tematiche scelte fragilità familiari e adolescenza, secondo una modalità di tipo comparativo sulle politiche locali delle città riservatarie; B. Sintesi delle risultanze dell’analisi è stato effettuato un tentativo di ricomposizione dei tratti salienti/ricorrenti delle politiche locali riferite ai temi della fragilità familiare e dell’adolescenza rintracciati nei documenti di piano analizzati per cercare di tratteggiare un quadro “nazionale” per ciascun ambito tematico approfondito

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Rilevazione 2011

Tav. 2 — Quadro sinottico degli atti di programmazione regionale monitorati (anno 2011)

(1)

Abruzzo Del. CR 25 marzo 2011, n. 75/1, Piano sociale regionale 2011-2013

Basilicata Del. GR 29 dicembre 2010, n. 2222, Piano regionale integrato della salute e dei servizi alla

persona e alla comunità 2011-2014

Del. CR 24 luglio 2012, n. 317, Piano regionale integrato della salute e dei servizi alla persona

e alla comunità 2012-2015

Calabria Del. CR 6 agosto 2009, n. 364, Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali e indirizzi

per la definizione dei Piani di zona 2007-2009

Campania Del. GR 16 aprile 2009, n. 694, Piano sociale regionale 2009-2011

Emilia Romagna Del. Assemb. Legisl. 22 maggio 2008, n. 175, Piano sociale e sanitario regionale 2008-2010

Friuli Venezia Giulia Del. GR 11 marzo 2010, n. 465, Piano sanitario e socio-sanitario regionale 2010-2012

Lazio Decr. Commiss. 18 dicembre 2009, n. 87, Piano sanitario regionale 2010-2012

Liguria Del. CR 1 agosto 2007, n. 35, Piano sociale integrato regionale 2007-2010

Del. Assemb. Legisl. 30 settembre 2009, n. 22, Piano socio sanitario regionale 2009-2011

Lombardia Del.CR 17 novembre 2010, n. IX/88, Piano socio sanitario regionale 2010-2014

Marche Del. Assemb. Legisl. 16 dicembre 2011, n. 38, Piano socio-sanitario regionale 2012-2014

Molise Del. CR 28 aprile 2009, n. 148, Piano sociale regionale 2009-2011

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Rilevazione 2011 Tav. 2 — Quadro sinottico degli atti di programmazione regionale monitorati (anno 2011)

(2)

Piemonte Del. CR 24 ottobre 2007, n. 137-40212, Piano socio-sanitario 2007-2010

Del. GR 12 marzo 2007, n. 43-5493, Piano triennale 2010-2012 degli interventi e dei servizi sociali

Del.CR 3 marzo 2012, n. 167-14087, Piano socio-sanitario 2012-2015

Puglia Del. GR 13 ottobre 2009, n. 1875, Piano regionale delle politiche sociali 2009-2011

Del. GR 24 maggio 2011, n. 1176, II Piano di azione per le famiglie “Famiglie al futuro”

Sardegna Del. GR 6 ottobre 2011, n. 40/32, Linee guida per la programmazione e gestione dei PLUS 2012-

2014 (Piani locali unitari dei servizi alla persona)

Sicilia DPRS 2 marzo 2009, n. 61, Programma regionale delle politiche sociali e socio-sanitarie 2010-2012

Toscana Delib. G. R. 4.07.2011 n. 898, Piano sanitario e sociale integrato 2012-2015 (approvazione

informativa preliminare al Cons. Reg.)

Umbria Del.CR 19 gennaio 2010, n. 368, Piano sociale regionale 2010-2012

Valle d’Aosta LR 25 ottobre 2010, n. 34, Piano regionale per la salute e il benessere sociale 2011-2013

Veneto LR 29 giugno 2012, n. 23, Piano socio sanitario 2012-2016

Prov. Aut. Bolzano Del. GP 15 settembre 2008, n. 3359, Piano sociale provinciale 2007 – 2009

Prov. Aut. Trento LP 14 febbraio 2007, n. 5, Sviluppo, coordinamento e promozione delle politiche giovanili

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Tav. 3 — Quadro sinottico dei piani di zona delle città riservatarie monitorati (anno 2011)

Bari Piano di zona (2009-2012)

Bologna Piano di zona per la salute e il benessere sociale (2009-2011)

Brindisi Piano sociale di zona (2010-2012)

Cagliari Piano locale unitario dei servizi (PLUS) [2007-2009] e del. GC 10 agosto 2011, n. 161 che estende suddetto PLUS al 2011

Piano locale unitario dei servizi alla persona (2012-2014)

Catania Piano di zona distretto sociale sanitario (2010-2012)

Firenze Piano integrato salute e società (2008-2010) e del. Assemblea dei soci Società della salute di Firenze 30 giugno 2011, n.

10 che approva il piano attuativo nella città aggiornando parzialmente il precedente Pis

Genova Del. GC 25 febbraio 2010 — Linee di indirizzo per l’attivazione della Conferenze del Piano Regolatore Sociale di cui alla

del. GC 39/2009

Milano Piano di zona (2009-2011)

Napoli Piano sociale di zona (2010-2012)

Palermo Piano di zona (2010-2012) [azioni disponibili sul sito istituzionale]

Piano infanzia-adolescenza (2012-2014)

Reggio

Calabria

Piano strategico triennale degli interventi per l’infanzia e l’adolescenza (precisazione annualità)

Roma Piano regolatore sociale (2011-2015)

Taranto Piano sociale di zona (2010-2012)

Torino Del. GC 18 ottobre 2011 di approvazione ripartizione fondi previsti dalla legge n. 285/97

Venezia Piano di zona (2011-2015)

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L’analisi documentale 2011

Gli obiettivi operativi

1. si è scelto di approfondire soltanto i temi della fragilità familiare e dell’adolescenza e provare a “mettere a fuoco” le caratteristiche peculiari

di questi due fenomeni sociali, che tra l’altro non sono completamente disgiunti tra loro

2. si è cercato di capire quali sono le priorità di intervento e le azioni riconducibili alla fragilità familiare e all’adolescenza in ogni singolo

documento di piano monitorato nel 2011

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L’adolescenza: alcune coordinate concettuali per una lettura critica dei piani

(1)

— il tema del malessere o disagio adolescenziale è molto dibattuto (es. condotte

aggressive e antisociali, dipendenze, disordini alimentari, crisi depressive, rapporto

problematico con la sessualità, difficoltà nella costruzione della propria identità o di stabilità

morale, etc.)

— la crisi delle responsabilità educative, che investe famiglia, scuola, istituzioni, mondo

della comunicazione, etc. significa innanzitutto crisi del mondo adulto, cioè mancanza di

figure di riferimento credibili

— l’esercizio della maternità e della paternità avviene spesso in solitudine , in assenza di

relazioni significative o di sostegno, a fronte di impegni lavorativi crescenti e di una sempre

più diffusa immaturità o impreparazione dei soggetti adulti al ruolo di figure genitoriali

— la complessità del mondo adolescenziale risiede anche nella differenza, difficilmente

colmabile, che oggi separa gli adulti dagli adolescenti, in termini di conoscenze, cultura,

linguaggio, approccio alla vita, etc. = Gap generazionale

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L’adolescenza: alcune coordinate concettuali per una lettura critica dei

piani

(2)

— i ragazzi crescono e diventano grandi in famiglie che sembrano più attente a

valori pedagogici come l’ascolto, la comprensione, l’empatia, il dialogo, etc. e meno

vicine ad altri riferimenti valoriali come l’obbedienza, il rispetto delle gerarchie

generazionali, la rigidità dei ruoli, etc. (tramonto del modello paterno-normativo?)

— la progettualità personale e la partecipazione civica degli adolescenti sembrano

configurarsi come dimensioni problematiche

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L’adolescenza nella programmazione zonale e regionale 2011 Componenti essenziali delle problematiche e tendenze delle politiche sociali per gli adolescenti Bari ▪ cura del disagio adolescenziale per evitare il ricorso all’istituzionalizzazione per i soggetti a rischio di disturbi psichici

▪ percorsi personalizzati di recupero e avviamento professionale per adolescenti fuoriusciti dai circuiti delle dipendenze

Bologna ▪ preoccupante aumento del consumo di sostanze psicotrope (alcol, cocaina, eroina, allucinogeni, etc.)

▪ educazione alla salute e alla prevenzione di comportamenti a rischio, con interventi nelle scuole e specifiche attività di

consulenza e ascolto

Brindisi ▪ si opera per consolidare i servizi sociali e gli interventi già esistenti per gli adolescenti e promuovere un sistema articolato di

nuove opportunità, a partire da progetti personalizzati

Cagliari ▪ rischio di assuefazione al consumo di tecnologia

Catania ▪ disagio crescente legato alla mania del gioco d’azzardo, acquisto di biglietti di lottomatica e frequenza di sale gioco (bingo)

▪ creazione di sportelli polifunzionali di ascolto e consulenza e di spazi aggregativi in contesti degradati per favorire la

socializzazione

Firenze ▪ poli-abuso di droghe

▪ sensibilizzazione e informazione sui fattori di rischio, prevenzione delle dipendenze patologiche

Genova ▪ poli-consumo di droghe

▪ rischio devianza comportamentale

▪ interventi di prevenzione di situazioni di disagio e promozione di stili di vita sani

Milano ▪ esigenza della presa in carico di adolescenti appartenenti a famiglie immigrate (spaesamento)

▪ percezione del consumo di droghe come “marker” di successo

▪ i centri di aggregazione agiscono come raccoglitori di disagio: sono osservatori privilegiati del mondo adolescenziale, offrono

occasioni di socializzazione e aggregazione, attività di sostegno, scolastico e attività laboratori ali, opportunità per ampliare il

proprio orizzonte umano e culturale ed esercitare forme di cittadinanza attiva

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Napoli ▪ il poli-consumo, l’abbassamento dell’età dei consumatori (scuola media inferiore) e l’assenza della percezione del rischio

e dell’illegalità sono i tratti più significativi del fenomeno delle droghe

▪ persiste il fenomeno della dispersione scolastica

▪ si agisce sul fronte della prevenzione nei luoghi di aggregazione giovanile e nei contesti del divertimento notturno, e

soprattutto in aree periferiche

Palermo ▪ aumento del numero di minorenni che delinquono, soprattutto nei quartieri ad alta densità di famiglie immigrate

▪ i centri di aggregazione costituiscono punti di riferimento significativi per promuovere percorsi di legalità e cittadinanza

attiva

Roma ▪ adolescenti dei quartieri periferici a rischio di marginalità

▪ rischio dei servizi territoriali di cadere nella “psichiatrizzazione” della devianza minorile

▪ coinvolgimento degli adolescenti nelle fasi di ideazione, programmazione e realizzazione di iniziative di pubblico

interesse (esperienze di cittadinanza attiva)

Reggio

Calabria

▪ promozione della partecipazione civica degli adolescenti

▪ micro-criminalità

Taranto ▪ è in espansione il fenomeno della dipendenza da sostanze psicotrope

▪ promozione di stili di vita positivi e interventi formativi per chi riveste responsabilità educative (genitori, insegnanti,

allenatori sportivi, insegnanti di scuola guida, etc.)

Torino ▪ esigenza della presa in carico di adolescenti appartenenti a famiglie immigrate

▪ dispersione scolastica

Venezia ▪ poli-abuso di sostanze psicotrope

▪ dipendenza da tecnologia digitale e Internet

▪ sensibilizzazione rispetto al consumo di droghe, attività di prevenzione socio-sanitaria, progetti educativi personalizzati

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Fragilità familiari - tratti essenziali e ricorrenti del fenomeno indagato (tendenze nazionali) (1)

1. La fragilità familiare è un concetto polivalente (con più sfaccettature) a) la caratteristica macro-sociale della debolezza strutturale della famiglia (sembra aumentare la probabilità che i legami familiari siano recisi da una separazione o da un divorzio), connessa a sua volta alla variazione della dimensione e della composizione delle famiglie (riconducibili anche alle mutate forme di unione e convivenza) b) l’aumento di situazioni di povertà conclamata o di esposizione al rischio di scivolare verso l’impoverimento c) la presenza — interna al nucleo familiare — di situazioni di disagio grave (es. una malattia invalidante di uno dei membri) d) l’affievolimento della responsabilità educativa delle figure genitoriali verso i figli (difficoltà delle madri di conciliare tempi di cura e di lavoro, conflittualità tra coniugi con possibilità di tensioni o violenze) e) la numerosità della prole, spesso presente in molte famiglie immigrate può costituire uno svantaggio sociale e la scarsa integrazione sociale dei nuclei immigrati (il processo di integrazione riguarda infatti una sequenza di almeno tre generazioni)

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Fragilità familiari - tratti essenziali e ricorrenti del fenomeno indagato

(tendenze nazionali)

(2) 2. la tendenza “nazionale” va nella direzione di inquadrare la famiglia fragile come un “generatore di servizi”, e dunque indirettamente come un destinatario per lo più “passivo” degli interventi e delle prestazioni 3. la fragilità delle famiglie acutizza il bisogno di disporre di reti di sostegno e di solidarietà sociale

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Fragilità familiari: tratti essenziali delle azioni e degli interventi delle

politiche

a) valorizzazione del sostegno delle responsabilità genitoriali (art. 16, L. 328/2000)

b) riqualificazione dei servizi socio-educativi e potenziamento dei nidi d’infanzia

c) domiciliarizzazione degli interventi, un tipo di approccio operativo in grado di

agevolare gli operatori sociali nel loro lavoro di osservazione e di cura delle disfunzioni

interne al nucleo familiare

d) erogazione di sussidi economici o contributi per l’alloggio

e) servizi di alfabetizzazione monetaria

f) richiamo al protagonismo sociale e alla cittadinanza inclusiva delle famiglie a

rischio di emarginazione

g) promozione di esperienze di aggregazioni familiari ben riuscite (es. associazioni di

mutuo-aiuto)

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Fragilità familiari: tratti essenziali delle azioni e degli interventi delle politiche

Questi tratti sembrano poggiare sul presupposto che la famiglia è il

generatore di ogni processo di sviluppo umano e che tutte le persone al suo interno, in primis i

bambini, sono condizionate dalla qualità dei legami e delle relazioni che si instaurano in famiglia

Per queste ragioni è auspicabile che le politiche sociali siano in grado di

«nutrire» tali relazioni per sollecitare forme di «convivialità» fra famiglie problematiche, aiutarle a

non rimanere isolate, allo scopo di sviluppare una “socialità inclusiva” che coinvolga e

responsabilizzi l’intera comunità.