25
OLINDO GUERRINI «E’ mestar»

Presentazione standard di PowerPoint - campus.unibo.itcampus.unibo.it/263449/1/Lugaresi Guerrini_poetica.pdf · corrente verista, creando lo stereotipo del popolano che ama la buona

  • Upload
    ngothuy

  • View
    213

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

OLINDO GUERRINI

«E’ mestar»

Sonetto «E’

mestar»

Analisi del

testo

Poesia dialettale

Lingua e sue

varietà

Istruzione in Italia

Condizione dei maestri

Olindo Guerrini

• Nasce a Forlì, il 4 ottobre 1845.

• Trascorre l’infanzia e

l’adolescenza a S. Alberto di

Ravenna.

• Ottenuta la licenza liceale, si iscrive e si laurea

in Giurisprudenza all'Università di Bologna,

città dove trascorre quasi tutto il resto della

sua vita.

• Muore a Bologna, il 21 ottobre 1916

Vita pubblica e politica • Dopo la laurea entra in uno studio di avvocati, ma riconosce

ben presto che la pratica forense non fa per lui.

• Partecipa attivamente alle lotte politiche locali. Viene eletto consigliere comunale di Ravenna negli anni 1870, 1872, 1879 e 1883.

• È anche assessore negli anni 1873-74, durante i quali istituisce la sezione dei pompieri e fonda una biblioteca popolare a Sant'Alberto.

• Nel 1874 è assunto come impiegato alla Biblioteca Universitaria di Bologna, della quale diviene in seguito direttore.

• Nel 1889 è eletto membro del consiglio provinciale scolastico di Bologna.

• Nel 1891 dà le dimissioni e si ritira dalla vita politica attiva.

Attività culturali

• Si rivela un erudito e critico letterario militante,

attento ad ogni nuova tendenza.

• Scrive sia su testate nazionali, sia su fogli,

per lo più satirici, di circolazione cittadina e locale

• Nel 1874 fu uno dei collaboratori del giornale satirico bolognese Il Matto e ottiene i suoi primi successi giornalistici. In questo giornale il tono è beffardo, anticlericale e patriottico. Si dimostra difensore dell’onestà, della libertà e sotto il nome di Mercuzio si scaglia con satire e feroci invettive.

• Dopo la collaborazione a L’Indipendente e a La Patria, giornali progressisti di sinistra, nel 1876 fonda a Ravenna Il Lupo, nel quale difende le idee progressiste contrapposte a quelle liberal-clericali.

• Il carattere multiforme e polivalente dei suoi interessi si rivela in altre iniziative editoriali.

• La tavola e la cucina nei secoli XIV e XV (1884)

• L'arte di utilizzare gli avanzi della mensa (postuma 1918)

Ha lasciato anche opere critiche e erudite, come: oLa vita e le opere di Giulio Cesare Croce (1878)

Amò molto fotografare e andare in bicicletta per tutta Italia.

Sotto pseudonimo • Per inclinazione al

mascheramento e forse per tutelarsi, utilizzò una serie di pseudonimi, il più celebre dei quali fu Lorenzo Stecchetti, sfortunato autore fittizio di ‘Postuma’ (1877). nel 1912, ‘Postuma’ raggiunse la XXX edizione presso Zanichelli.

La poetica di Olindo Guerrini

• L’ispirazione di Stecchetti si avvicina molto a quella degli Scapigliati, i quali si erano rifatti a Baudelaire nei temi, ma rendendoli con toni sbiaditi e patetici. Guerrini, invece, pur mantenendo una comunanza di temi con la Scapigliatura, porta all’estremo certi elementi, come il macabro, fino a creare un vero e proprio gusto della necrofilia, come nel Canto dell’Odio. Il Carducci influisce su Guerrini con la sua concezione pagana della vita e la foga polemica.

• Pur atteggiandosi a poeta, Guerrini restò ignaro delle complicazioni etiche e intellettuali dell’estetismo del D’Annunzio. Nelle sue poesie predomina un tono medio, che ne fa un tipico esponente del realismo.

Le "ciacole" attribuite a Pio X, "Bepi" (Giuseppe Sarto), dimostrano abilità di verseggiatore anche in lingua veneta.

Con lo pseudonimo di "Argìa Sbolenfi"; denuncia l'ipocrisia e il conformismo morale, utilizzando il linguaggio volgare e frasi a doppio senso

Fortuna letteraria

• È ancora vivo il riconoscimento in Romagna, e a Ravenna in particolare, al quale esiste più corrispondenza nelle storie letterarie italiane.

• Di converso, Guerrini fu molto famoso in Italia a suo tempo. La sua opera prima, Postuma, attribuita al cugino immaginario Lorenzo Stecchetti, divenuto lo pseudonimo guerriniano più celebre, uscì nello stesso anno delle Odi Barbare di Carducci, il 1877, ed ebbe molto più successo.

Sonetti romagnoli

Bologna, Zanichelli, 1920.

Pubblicato postumo dal figlio

Guido

• Vengono scritti in un lungo arco di tempo, in due particolari fasi della sua vita,

• Pubblicati su giornali locali tra gli anni ’70 e ’80 dell’800, quando Gerrini aveva un ruolo nella politica di Ravenna, sosteneva posizioni radicali e repubblicane e quindi contestava l’establishment moderato, oppure del tutto inediti.

• Dopo molti anni di silenzio sul versante dialettale, Guerrini compone nuovi sonetti, intrattiene una corrispondenza dialettale col nipote, da cui nascono personaggi come Pulinera e Tugnaz e dice al figlio che li pubblichi solo dopo la sua morte.

• La produzione in dialetto romagnolo si rifà alla corrente verista, creando lo stereotipo del popolano che ama la buona tavola e che si abbandona a scherzi e volgarità. Il vero romagnolo è un personaggio anticlericale, antimonarchico.

• La lingua italiana invece rappresenta il modo di parlare del prete, dell’avvocato, del “signor Conte”, ed è simbolo di una distanza sociale ed economica che si esplica nella realtà in un divario fra contadini, braccianti e signorotti.

DIALETTO ROMAGNOLO

• Il dialetto Romagnolo è una lingua neolatina con radici gallo-italiche ed è quindi affine alle lingue di gran parte dell'Italia settentrionale.

• Il toscano e il romagnolo e le altre lingue “romanze” sono contemporanee, generatesi dal tramandarsi del latino parlato, o “volgare”, sul quale incisero le invasioni barbariche o altre variabili, come lo stato linguistico preesistente. Uno dei tratti che accomuna il r. con i volgari italiani è, per esempio, la scomparsa della flessione (declinazione) dei sostantivi.

Nel periodo alto-medioevale si formano le lingue locali dell’attuale Emilia-Romagna, usate e trasmesse ininterrottamente – di generazione in generazione – fino ai nostri giorni. A esse si contrappone, durante il medioevo, il latino, come codice colto.

La lingua romagnola acquisì i suoi caratteri distintivi fra il VI e l'VIII secolo, quando ciò che restava dell'Esarcato d'Italia si trovò isolato politicamente e culturalmente dal resto della Val Padana. Esso assunse la sua specificità rispetto ai volgari delle zone confinanti, che finirono invece sotto il dominio longobardo

I confini di un’area linguistica dialettale sono relativi, in quanto i dialetti tra loro in contatto originano zone di transizione, dove i rispettivi caratteri si mescolano reciprocamente.

La lingua romagnola è parlata in Romagna, nella Repubblica di San Marino, in parte della provincia di Pesaro e Urbino e nei comuni toscani (in modo promiscuo con il toscano) della Romagna toscana. Esistono varie forme locali della lingua stessa

Alcune caratteristiche • notevole moltiplicazione dei fonemi vocalici (rispetto all'italiano,

che ne ha solo sette);

• i suoni nasali di alcune delle numerose vocali come vèn per vino, pèn per pane; la N modifica la vocale precedente e a volte sparisce;

• il forte rilievo dato alle consonanti, contraendo le parole, sopprimendo molte vocali (Nel romagnolo le atone cadono totalmente, con l'eccezione della 'a', che si conserva di norma in ogni posizione). In questo modo, parole che in latino sono trisillabe o quadrisillabe sono ridotte a monosillabi. Ad es. il latino genuculu- diventa in romagnolo znòc (ginocchio); Il latino oculu- diventa in romagnolo òc (occhio);

• il troncamento delle vocali finali (parsòt per prosciutto, piat per piatto);

• l'assenza di consonanti doppie.

DIALETTI E LETTERATURA

• Nei dialetti dell’Emilia-Romagna sono state prodotte sia specifiche manifestazioni della cultura popolare stratificatesi nei secoli, sia opere letterarie di un insieme di autori, a partire dalla metà del Cinquecento fino ad oggi.

• Da una parte, si tratta di un patrimonio trasmesso nel tempo oralmente, comprendente vari generi di composizioni cantate (di lavoro, amore, …), lo spettacolo nelle sue varie forme (dei cantastorie, dei declamatori di poesia d’occasione, dei burattinai), le fiabe, le rime infantili

• Dall’altra parte, si tratta di una letteratura dialettale colta e d’autore, che si compone di testi di poesia, teatro, prosa narrativa e traduzioni di classici da altre lingue.

• Giulio Cesare Croce (1550-1609) di area bolognese, è considerato il primo importante esponente di tale letteratura. Specialmente nel Sei-Settecento, Bologna svolge il ruolo principale rispetto a tutti gli altri centri, dando luogo a una vera e propria tradizione, mentre nel Novecento – in particolare per la poesia lirica – è la Romagna ad assumere una posizione preminente (Spallicci, Guerrini, Guerra, Baldini,… per citare i più famosi).

Una lingua sconfitta • La Romagna è stata fino all’Unità d’Italia una regione povera

caratterizzata da un diffuso analfabetismo e da un’economia agricola di sussistenza.

• La lingua parlata romagnola, privata di uno status culturale e funzionale riconosciuto e riconoscibile da parte dei potenziali parlanti, scompare con la cultura rurale; diviene “la parlata dei vecchi” e “del tempo della miseria”, è relegata ai ceti subalterni, a chi non sa l’italiano.

• La scuola ne contrasta l’uso anche come seconda lingua nell’ambito famigliare, mentre la diffusione dell’italiano diveniva capillare grazie alla radio e alla televisione.

• Nel primo Novecento, però, il dialetto viene rivalutato per la sua espressività, si mette in risalto la plebe con le sue miserie e passioni.

• Ora si va riscoprendo la lingua romagnola come elemento identificativo culturale locale, si documenta il lessico per conservarlo.

Diglossia e varietà dell’italiano

• Il sonetto che abbiamo esaminato presenta una mescolanza di elementi linguistici diversi. Un testo mistilingue, scritto o parlato, può nascere involontariamente, cioè per errore, per ignoranza, oppure volontariamente, per scelta stilistica. È palese che Guerrini operò una scelta consapevole, espressiva, volendo mettere in scena l’incompetenza linguistica del povero maestro, che comunicava in dialetto con i genitori degli alunni, ma non aveva padronanza dell’italiano.

• In Italia fino al ‘900, si riscontrava una situazione di diglossia, ovvero erano compresenti due lingue differenziate funzionalmente, in cui lingua italiana era utilizzata solo in ambito formale e il dialetto solo in ambito informale.

Situazione sociolinguistica attuale

• L’Italia contemporanea, con la compresenza di lingua e dialetti, non è più un esempio di diglossia, perché esistono oggi moltissimi individui che hanno l’italiano come lingua materna e non il dialetto

• La situazione italiana vede nelle situazioni formali l’uso esclusivo dell’italiano, e in quelle informali l’uso sia dell’italiano, sia delle varietà regionali, sia dei dialetti,

• Questa particolare situazione è stata definita dilalia, per distinguerla dalla diglossia, termine non più adatto per l’attuale situazione sociolinguistica italiana.

Sono il maiestro; sissignora, e’ Mestar

che insegna ai vostri figli, a vostar fiul,

che non c’inviate gnanca un canestar

di sarachina, o, meglio, do brasul!

Noi campiamo la vita cun dal mnestar

Mica di parpadelle, mo d’fasul

E se ci lamentiamo coi Minister

Ce lo danno dietro, is dà in t’e’cul

E un dè, cun Reva che ci diei la molla

Ci dissi “No an magnè che son degli anni

Che un poco di piadotto e di cipolla”

E lò um dess “Passa via che sono inganni

Stà come torre ferma che non crolla

E questo fia suggel che l’uomo sganni”

• Il SONETTO è un breve componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana, a carattere lirico, burlesco o satirico

• costituita da quattordici versi,

• di solito endecasillabi, • distribuiti in due

quartine e due terzine. • Quello originario era

composto da rime alterne

A

B

A

B

A

B

A

B

C

D

C

D

C

D

Quartina

Quartina

Terzina

Terzina

Sono il maiestro; sissignora, e’ Mestar

che insegna ai vostri figli, a vostar fiul

che non c’inviate gnanca un canestar

di sarachina, o, meglio, do brasul!

Noi campiamo la vita cun dal mnestar

Mica di parpadelle, mo d’fasul

E se ci lamentiamo coi Minister

Ce lo danno dietro, is dà in t’e’cul

E un dè, cun Reva che ci diei la molla

Ci dissi “No an magnè che son degli

anni

Che un poco di piadotto e di cipolla”

E lò um dess “Passa via che sono

inganni

Stà come torre ferma che non crolla

E questo fia suggel che l’uomo sganni”