56
CORSO ELETTIVO “APPROCCIO PALLIATIVO MALATTIE AVANZATE E GRAVE FRAGILITA’” PROBLEMATICHE BIOETICHE E MEDICO-LEGALI NELLE CURE PALLIATIVE

PROBLEMATICHE BIOETICHE E MEDICO-LEGALI NELLE CURE PALLIATIVE · E MEDICO-LEGALI NELLE CURE PALLIATIVE . UpToDate: Ethical issues in palliative care ... associata a pregressa psicosi

  • Upload
    lythuan

  • View
    218

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

CORSO ELETTIVO “APPROCCIO PALLIATIVO MALATTIE AVANZATE E GRAVE FRAGILITA’”

PROBLEMATICHE BIOETICHE E MEDICO-LEGALI NELLE CURE PALLIATIVE

UpToDate: Ethical issues in palliative care Erik K Fromme, MD Mary Denise Smith, RN (This topic last updated: Feb 26, 2016)  Ethical issues in palliative care often arise

because of concerns about how much and what kind of care make sense for someone with a limited life expectancy. There is often conflict between clinicians, nurses, other healthcare team members, patients, and family members about what constitutes appropriate care, particularly as patients approach death.

FRAMEWORK FOR ETHICAL REASONING

 The most common framework for ethical reasoning in the United States (US) is called principalism, after the four guiding principles in medical ethics:

●Respect for autonomy

●Beneficence

●Non-maleficence

●Justice

Applying principalism in palliative care

  The four guiding principles above are indispensable, but are often insufficient to guide health decisions in societies and clinical environments, especially in the palliative care setting due to multiple factors including:

●Rapidly evolving medical technology

●An increasingly polarized and scrutinized political and medico-legal environment

●Longer life expectancies, including for patients with a significant burden of illness and/or functional impairment

●Increased awareness of the differing needs of individuals based on cultural, ethnic, economic, educational, religious, and many other kinds of diversity

http://www.comitato-finevita.it/

E’ così difficile morire a casa propria?

  Il malato, signor Rossi, è un uomo di 55 anni, laureato, insegnante, sposato, con due figli maggiorenni, portatore di neoplasia polmonare dal 2006, associata a pregressa psicosi depressiva. Nonostante le cure la malattia è progredita, a livello polmonare, epatico e cerebrale. A seguito di episodi di vomito incoercibile il paziente viene ricoverato in una clinica dove il sintomo viene curato con farmaci antiedema cerebrale; rivalutato dallo psichiatra di riferimento viene trovato in discreto compenso psichico. Alla proposta di dimissioni, il paziente, consapevole della sua situazione clinica e della terminalità, chiede di tornare a casa. La moglie si oppone alla richiesta temendo possibili reazioni psicotiche del coniuge, già verificatesi in passato, e ne chiede il ricovero in hospice, ricovero in un primo tempo rifiutato, poi accettato dal paziente.

  In hospice però il paziente ripropone il desiderio di tornare a casa: l’équipe è d’accordo, ma la moglie ( di cui viene detto che riveste una grossa carica istituzionale ), nonostante i numerosi colloqui con il responsabile dell’équipe che tenta di convincerla proponendole l’assistenza domiciliare, si oppone senza possibilità di appello, anzi minacciando denuncia in caso di dimissioni. Il paziente diviene sempre più depresso e inquieto ed esprime la sua rabbia alla moglie e ai figli, che quindi lo lasciano solo interrompendo drasticamente le visite. Solo il suocero viene talvolta a vederlo, ma si ferma a guardarlo dalla soglia.

I quesiti

 Sarebbe stato eticamente corretto dimettere comunque il paziente, nonostante la volontà della moglie e la certezza di essere denunciati? Sarebbe stato eticamente corretto trattenere il paziente in hospice contro la sua volontà? E in tal caso sarebbe stato opportuno sedarlo, come proposto dal suo psichiatra?

SPECIFIC SCENARIOS THAT RAISE ETHICAL DILEMMAS WHEN RENDERING PALLIATIVE CARE TO PATIENTS

  Application of Do Not Resuscitate orders

  Advance care planning

  Withdrawing versus withholding treatment 

  Pain management at the end of life

  Requests from the family to withhold information

  Requests to discontinue life sustaining treatment

  Palliative sedation

  Physician assisted death  

CHI DECIDE?

 Irene Pellizzone (Diritto Costituzionale):

“I diritti dei Pazienti con malattie avanzate e delle persone con gravi fragilità psico-fisico-sociali”

FOCUS SULLA SEDAZIONE PALLIATIVA

Il parere è stato elaborato in risposta ad un quesito dell’On. Paola Binetti, relativamente alla distinzione tra sedazione profonda ed eutanasia.

COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA

  Il CNB spiega la distinzione tra sedazione profonda ed eutanasia: con la prima espressione si intende un atto terapeutico con la finalità di alleviare la sofferenza attraverso il controllo dei sintomi refrattari, mentre con la seconda si indica la somministrazione di farmaci che ha come scopo quello di provocare con il consenso del paziente la sua morte immediata.

  Il Comitato, nelle raccomandazioni finali, ribadisce come sia un diritto fondamentale del morente (adulto o minore) ricevere un adeguato supporto finalizzato al controllo della sofferenza nel rispetto della sua dignità.

COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA

  Il CNB ritiene indispensabile la verifica dell’effettiva refrattarietà del sintomo, la proporzionalità e monitoraggio dell’uso dei farmaci, la documentazione delle procedure nella cartella clinica. Ritiene, inoltre, che le condizioni indispensabili per l’attuazione della sedazione profonda debbano essere, contestualmente: 1) il consenso informato del paziente; 2) una malattia inguaribile in uno stadio avanzato; 3) la morte imminente, generalmente attesa entro poche ore o pochi giorni; 4) la presenza di uno o più sintomi refrattari o di eventi acuti terminali con sofferenza intollerabile per il paziente.

  Riguardo ai pazienti in età pediatrica il Comitato raccomanda che i genitori vadano informati e sostenuti in modo adeguato sulle problematiche connesse alla sedazione profonda continua e che il prioritario migliore interesse del minore sia rispettato e che sia rispettata, nei limiti del possibile, la sua volontà.

DICHIARAZIONE DEL PROF. DEMETRIO NERI

  Sebbene abbia apprezzato lo sforzo di mantenersi su un piano descrittivo…, sono

convinto che in queste materie è inevitabile che si insinuino giudizi di valore, che

forse sarebbe bene esplicitare … piuttosto che occultare rifacendosi alla semplice

descrizione delle differenze fattuali tra la sedazione profonda e le altre pratiche

sopra ricordate. La descrizione, in quanto tale, non contiene nulla che permetta di

concludere che la prima è apprezzabile e ammissibile sul piano morale (del piano

giuridico non mi occupo) e le altre no. Occorre che alla descrizione si aggiunga un

giudizio di valore e questo si desume dalla scelta di campo operata dal

movimento delle cure palliative a favore delle cure palliative e della sedazione

profonda e ad esclusione dell’eutanasia attiva su richiesta del paziente e del

suicidio assistito.

DICHIARAZIONE DEL PROF. DEMETRIO NERI

  Si veda, in proposito, il punto 7.2 del documento della SICP, più volte citato nel documento del CNB: vi si dice che la distinzione viene posta “sia sul piano empirico (clinico) che su quello etico”(corsivo mio). Questa pregressa, e selettiva sul piano morale, scelta di campo è presente anche nel documento del CNB: o, almeno, non è difficile desumerla. Ad esempio, nei righi 117-121 si elencano le quattro circostanze che devono essere presenti contemporaneamente per legittimare “eticamente” la sedazione profonda: ma le stesse circostanze possono accompagnare il caso di un paziente che rifiuta la sedazione profonda e chiede la somministrazione di una sostanza atta a porre fine alla sua vita. Perché quelle circostanze, in sé considerate e descrittivamente parlando, legittimerebbero “eticamente” la prima e non la seconda? A me pare che l’unica differenza stia nel diverso orientamento della persona, ma questo nulla a che fare col piano descrittivo e fattuale, ha a che fare col piano esistenziale delle scelte di vita e dei valori di quella persona.

http://www.comitato-finevita.it/

Quando si diventa terminali?

 Giovanni è un paziente sessantacinquenne, affetto, da oltre due anni, da tumore destruente al volto, che lo ha reso non vedente e quasi del tutto non udente. In condizioni cliniche complessivamente discrete, e con una prognosi di sopravvivenza stimata intorno ai dodici, diciotto mesi, Giovanni, che è pienamente consapevole della sua condizione, versa in una situazione di grave stress e di sofferenza psicologica. Ha un atteggiamento scarsamente collaborativo nei riguardi delle terapie, peraltro di scarsa efficacia, che gli vengono praticate e rifiuta di essere sottoposto a trattamenti chirurgici, che non sarebbero comunque risolutivi.

 Chiuso in casa, quasi tutto il tempo al buio in una camera da letto, rifiuta di incontrare qualunque persona, compresa la figlia e le nipotine, eccezion fatta per la moglie, con la quale non ha però un rapporto sereno, e per il personale sanitario che lo assiste. A questo manifesta ripetutamente intenzioni suicidarie e rivolge la richiesta di essere sottoposto a sedazione terminale.

Il quesito

  E’ possibile programmare una sedazione in un paziente con prognosi di 12 – 18 mesi, in condizioni cliniche discrete, senza dolori se non un grave stress psicologico?

LA SEDAZIONE PALLIATIVA E LA GIURISPRUDENZA ITALIANA

 Piergiorgio Welby ed il dott. Mario Riccio

 Eluana Englaro, il dott. Amato De Monte + 12 tra medici e infermieri/e

LA RICHIESTA DI WELBY al giudice civile

ordinare al medico curante di:

“procedere all’immediato distacco del ventilatore artificiale … contestualmente somministrando al paziente terapie sedative.”

La  decisione  del  GIP  di  Roma  nel  processo  penale

a  carico  del  Do5.  Mario  Riccio  (imputato  di  omicidio  del  consenziente)

17  o%obre  2007  il  Giudice  dell’udienza  preliminare    

“dichiara  non  luogo  a  procedere  nei  confron;  di  Mario  Riccio  perché  non  punibile  per  la  sussistenza  dell’esimente  dell’adempimento  di  un  dovere”  

     Il   giudice   descrive   minuziosamente   lo   svolgimento   della   vicenda   e   le  condo5e  e  le  manifestazioni  di  volontà  di  Piergiorgio  Welby,    fino  alla  morte    (18  pagine).  

   Accertamento  medico-­‐legale:  conferma  il  diario  clinico  del    Do%.  Riccio  

   

I  passaggi  principali  della  sentenza  

RELAZIONE MEDICO-LEGALE E CHIMICO-TOSSICOLOGICA SULLA MORTE DI P. WELBY (Bioetica 2/2007, pp. 148-159)

 Quesito: “Dicano i Consulenti, previa autopsia della salma di Welby Piergiorgio, quale sia stato il tempo della morte, la causa ed i mezzi che l’hanno determinata. Dicano se nei liquidi biologici siano presenti sostanze tossiche o psicotrope ed in caso affermativo ne dicano qualità e quantità; dicano ancora se alla luce delle condizioni patologiche del soggetto possano aver avuto un ruolo causale o concausale nel determinarsi dell’evento morte”.

RELAZIONE MEDICO-LEGALE E CHIMICO-TOSSICOLOGICA SULLA MORTE DI P. WELBY (Bioetica 2/2007, pp. 148-159)

  Il dott. Mario Riccio redigeva il seguente diario clinico: “… come richiesto dal sig. Welby procedo come di seguito riportato: ore 22:00 provvedo ad incannulare vena femorale destra previa anestesia locale… Dopo aver incannulato la vena femorale, mi ritiro dalla stanza per permettere al Welby di rimanere da solo con i suoi parenti ed amici; ore 22:40 il Welby mi richiama nella stanza e mi chiede di procedere a quanto concordato … ore 22:45 contestualmente inizio la sedazione - di seguito specificata - e provvedo al distacco del ventilatore polmonare. … La sedazione iniziale è composta dalla somministrazione per via venosa in bolo lento - per circa 6 minuti - di Ipnovel 3 mg e Propofol 100 mg. Proseguo poi con una somministrazione continua di Propofol a 2 mg/kg/h”.

RELAZIONE MEDICO-LEGALE E CHIMICO-TOSSICOLOGICA SULLA MORTE DI P. WELBY

 … Ore 23:00 il paziente non risponde alla chiamata, accenna movimento con le labbra allo stimolo doloroso. … Ore 23:15 nessuna risposta allo stimolo doloroso, saturazione periferica 68%, frequenza cardiaca 55 bpm. Ore 23:25 saturazione periferica e frequenza cardiaca non più rilevabili … Si apprezza ancora tenue flusso di aria dalla cannula tracheostomica…. Ore 23:35 … Midriasi fissa. Ore 23:40 si constata il decesso e si redige relativo certificato che si rilascia alla moglie”

RELAZIONE MEDICO-LEGALE E CHIMICO-TOSSICOLOGICA SULLA MORTE DI P. WELBY (Bioetica 2/2007, pp. 148-159)

  Risposta al quesito: “… Le indagini di laboratorio chimico-tossicologiche hanno evidenziato nei liquidi biologici la presenza di Propofol (nel sangue pari a 1,67 µg/ml; nelle urine pari a 0,05 µg/ml e nel fegato stimato al di sotto di 1 µg/ml) in concentrazioni da considerarsi al di sotto del range terapeutico. Per quanto riguarda il Midazolam (Ipnovel) pur avendo dato le indagini esito negativo, non è possibile escluderne la presenza in concentrazioni al di sotto della rilevabilità strumentale. Quindi, ad entrambe le sostanze non è possibile attribuire un qualche ruolo causale o concausale di rilevanza penale nel determinismo del decesso del sig. Welby.”

   

   Il  giudice  conclude  che    

   “certamente  la  condo%a  integra  l’elemento  materiale  del  reato  di  omicidio  del  consenziente”     “sussiste  anche  l’elemento  psicologico,  poiché  il  do%or  Riccio  ben  sapeva  che  l’interruzione  della  terapia  di  ven;lazione  assis;ta  avrebbe  comportato  il  decesso  del  paziente”       ma  “nel  caso  concreto  appare  sussistere  anche  la  scriminante  di  cui  all’art.  51  c.p.”  [adempimento  di  un  dovere].    

 

I  passaggi  principali  della  sentenza  

Se,  in  generale,  fuori  dai  casi  di  malaUa  in  stato  terminale,  un  medico  può  essere  ritenuto  professionalmente  responsabile  per  il  fa%o  di  essere  stato  negligente  nel  non  farsi  carico  della  sofferenza  psichica  del  paziente,  e  quindi  per  averla  provocata  o  per  aver  omesso  di  alleviarla,  si  può  allora  dire  che      il  farsi  carico  della  sofferenza  psichica  del  paziente  prossimo  al  decesso  che,  totalmente  inabile  dal  punto  di  vista  fisico,  

chieda  che  siano  interroG  i  tra5amenH,  cosHtuisca  un  dovere  al  quale  il  medico  non  può  so5rarsi.

Rilievi  di  un  Magistrato,  Amedeo  Santosuosso  –  Corte  d’Appello  di  Milano  

Rilievi  di  Amedeo  Santosuosso  

  In  questa  prospeUva   il  medico  che,  nelle  condizioni  precisate,   riceva  una  richiesta  di  interrompere   i   tra%amen;  o  di   aiuto  al   suicidio,   viene  a   trovarsi   in  una   situazione  di  grave  confli%o,  tra    •   il    suo  dovere  di  farsi  carico  della  sofferenza  della  persona  del  paziente    •   e  la  norma  penale  che  punisce  l'agevolazione  del  suicidio  e  l’omicidio  del  consenziente.    

 La   soluzione   di   questo   confli%o   è   data   dall'applicazione   della   scriminante  dell'adempimento  di  un  dovere  (ar;colo  51  del  codice  penale),  che  esclude  la  punibilità  di   chi  adempie  un  dovere   imposto  da  norme  giuridiche:   i  nuovi  profili  dei  doveri  del  medico,   come   sopra   delinea;,   pongono   l’applicazione   di   questa   discriminante   so%o  una  luce  decisamente  nuova.  

IL CASO ENGLARO

SENT. CASSAZIONE 21478 del 16 ottobre 2007   “Ove il malato giaccia da moltissimi anni in stato vegetativo

permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico che provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta, e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario (fatta salva l’applicazione delle misure suggerite dalla scienza e dalla pratica medica nell’interesse del paziente) …”

TRIBUNALE DI UDINE UFFICIO DEL GIP dott. P. Milocco 11.01.2010

 Va preliminarmente sgombrato il campo dal sospetto che il decesso di Eluana Englaro sia stato conseguenza di pratiche diverse da quelle autorizzate e specificate nei provvedimenti giudiziari, a loro volta oggetto di preventivi protocolli operativi che, in un prudente e scrupoloso intento di massima trasparenza, erano stati predisposti dal tutore e dall’équipe assistenziale volontaria e che erano stati recepiti dalla struttura di ultimo ricovero. Sul punto, infatti, è stata svolta un’accurata consulenza tecnica che ha esaminato attentamente la documentazione sanitaria disponibile e si è avvalsa dei risultati di specifica autopsia.

TRIBUNALE DI UDINE UFFICIO DEL GIP dott. P. Milocco

 … sulla base di tali dati medico-legali i Consulenti hanno potuto escludere cause di morte di natura traumatica o tossica (consulenza professori Froldi, Moreschi, Rodriguez).

 … i dati anatomopatologici e tossicologici hanno evidenziato elementi che consentono di affermare l’avvenuto rispetto del protocollo e consentono di escludere nel contempo che siano emersi elementi che contrastino con la conclusione di un’effettiva conformità a quanto prestabilito. Questo era concretamente il punto più delicato, in fatto, della vicenda e in merito le indagini hanno fornito una risposta esauriente.

TRIBUNALE DI UDINE UFFICIO DEL GIP dott. P. Milocco

  La questione presupposta è, però, quella della validità di questa autorizzazione a interrompere il trattamento che teneva in vita Eluana Englaro. … La risposta è stata che la prosecuzione dei trattamenti di sostegno vitale di Eluana Englaro non era legittima in quanto contrastante con la volontà espressa dai legali rappresentanti della paziente, nel ricorrere dei presupposti in cui tale volontà può essere espressa per conto dell’incapace. Chi ha espresso tale volontà e il personale sanitario che ha conseguentemente operato per sospendere il trattamento … ha agito alla presenza di una causa di giustificazione e segnatamente quella prevista dall’art. 51 c.p., come deve concludersi per la necessità di superare l’altrimenti inevitabile contraddizione dell’ordinamento giuridico che non può, da una parte, attribuire un diritto e, dall’altra, incriminarne l’esercizio.

CONSIGLIO DI STATO, 17 LUGLIO 2014

  A fronte del diritto, inviolabile, che il paziente ha, e – nel caso di specie – si è visto dal giudice ordinario definitivamente riconosciuto, di rifiutare le cure, interrompendo il trattamento sanitario non (più) voluto, sta correlativamente l’obbligo, da parte dell’amministrazione sanitaria, di attivarsi e di attrezzarsi perché tale diritto possa essere concretamente esercitato, non potendo essa contrapporre a tale diritto una propria nozione di prestazione sanitaria né subordinare il ricovero del malato alla sola accettazione delle cure.

CONSIGLIO DI STATO, 17 LUGLIO 2014

  “Cura” non è infatti ciò che l’Amministrazione ritiene di proporre o imporre al paziente, in una visione autoritativa di salute che coincida solo con il principio di beneficialita’ – poiché è la cura a dover adattarsi, nei limiti in cui ciò sia scientificamente possibile, ai bisogni del singolo malato e non il singolo malato ad un astratto e monolitico concetto di cura – ma il contenuto, concreto e dinamico, dell’itinerario umano, prima ancor che curativo, che il malato ha deciso di costruire, nell’alleanza terapeutica con il medico e secondo scienza e coscienza di questo, per il proprio benessere psico-fisico, anche se tale benessere, finale e transeunte, dovesse preludere alla morte.

CONSIGLIO DI STATO, 17 LUGLIO 2014

  Opzione curativa, strategia terapeutica e cura è anche, in questo senso, il diritto e la possibilità di interrompere il trattamento sanitario, già intrapreso e non più voluto o tollerato; la decisione di vivere sul proprio corpo la propria malattia al di là o al di fuori di un pregresso o anche di un qualsivoglia percorso terapeutico; la scelta consapevole e informata, per quanto tragica, di accettare serenamente, anche sol lenendo l’acuirsi della sofferenza, la progressione inarrestabile del male fisico sino alla morte; l’applicazione delle fondamentali cure palliative, ora disciplinate dalla l. 15 marzo 2010, n. 38, e non a caso collocate dall’art. 1 di tale legge, con una previsione che ha un indubbio valore sistematico, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, e la c.d. terapia del dolore, l’accompagnamento del paziente nella fase terminale della malattia.

LA SEDAZIONE PALLIATIVA E LA GIURISPRUDENZA STATUNITENSE

ALPERS A., CRIMINAL ACT OR PALLIATIVE CARE? PROSECUTIONS INVOLVING THE CARE OF THE DYING JOURNAL OF LAW, MEDICINE & ETHICS, 26 (1998): 308-31

 Mappatura del contenzioso penale statunitense attraverso un data-base della giurisprudenza (LEXIS-NEXIS) e notizie di stampa.

 Confronto 1990-1998 (9 anni) vs 1935-1989 (54 anni) : 22 casi vs 10.

 Dei 22 casi più recenti: 12 indagini con esito l’archiviazione, 6 processi a medici, 4 processi a infermieri/e.

ANALISI DEI CASI

¡  In nessun caso il paziente aveva fatto richiesta di eutanasia o suicidio assistito (anzi, “during the murder trials, evidence was put forth that neither the families nor the physicians accepted euthanasia or PAS as appropriate, ethical treatments”).

¡  La maggior parte coinvolge un singolo operatore sanitario.

¡  In tutti i casi eccetto uno (infermiera) il paziente deceduto era ricoverato in ospedale.

¡  In nessuno dei casi rinviati a giudizio vi era una stabile relazione operatore sanitario/paziente (dipartimento di emergenza, terapia intensiva neonatale, sostituzione di un medico).

I QUERELANTI

 Alcune denunce anonime.

 Pochi familiari del paziente.

 Nessun medico.

 Per lo più, le denunce provenivano da infermieri/e.

Alpers A., Criminal Act or Palliative Care? Medicine & Ethics, 26 (1998): 308-31

  “These cases represent intercollegial discord and miscommunication or disagreements between providers and families, rather than suspicious or overzealous prosecutors”.

  “Decisions at the end of life can be painful for families and health care professionals. The course of terminal care will involve many individuals, including the patient, physicians, nurses, other members of the hospital staff, and the family. All these individuals should be informed that the goal of terminal care is to relieve pain and suffering through the dying process. The patient and family should understand that dying can take minutes, hours, or days … The health care providers should agree on the paramount importance of patient comfort”.

Ann Alpers, Criminal Act or Palliative Care? Medicine & Ethics, 26 (1998): 308-31

¡  “In several cases, nurses were troubled by requests that they enter false information in the patient’s chart or by observations that the physician had written an inaccurate chart note… Physicians should not prescribe or administer drugs they are unwilling to record in the medical chart …”

Kollas C.D. et al. CRIMINAL PROSECUTIONS OF PHYSICIANS PROVIDING PALLIATIVE OR END-OF-LIFE CARE Journal of Palliative Medicine, Vol. 11 n. 2, 2008

 Metodo: ricerca sui data-base Westlaw e Medline + Internet. Solo 3 casi dopo il 1998:  uno psichiatra di una struttura geriatrica, indagato nel corso di occasionali

controlli da parte dell’agenzia federale antidroga Drug Enforcement Administration, accusato di 4 omicidi, poi risultati “palliative approaches to the patients’ care, using opioid analgesics to manage pain and dyspnea”; comunque condannato per irregolare tenuta del registro delle sostanze stupefacenti;

 un medico accusato da un’infermiera di avere deliberatamente ucciso una paziente terminale per aver ordinato un’infusione di morfina, inizialmente aggiustandone il dosaggio in modo progressivamente incrementale, ma in ultimo portando personalmente il dosaggio da 5 a 50 mg/h. Assolto, ma sanzionato per non aver compilato correttamente la cartella clinica;

CRIMINAL PROSECUTIONS OF PHYSICIANS PROVIDING PALLIATIVE OR END-OF-LIFE

 una dottoressa e due infermiere arrestate con l’accusa di avere deliberatamente cagionato la morte di quattro pazienti ricoverati al Memorial Medical Center durante l’Uragano Katrina che si abbattè su New Orleans nel 2005. L’ospedale doveva essere evacuato e furono date istruzioni per il triage. Secondo l’accusa (un giovane internista dell’ospedale), furono deliberatamente somministrate dose letali di oppioidi e midazolam. Il grand jury chiese l’archiviazione. Il procuratore generale disponeva di consulenze tecniche di medici legali e palliativisti che dimostrerebbero l’errore del grand jury.

LE CONCLUSIONI DEGLI AUTORI

 We recognized another important factor influencing the development of criminal prosecutions against physicians providing end-of-life care: divergent views of the applicable standard of care in hospice and palliative medicine. … To avoid this, we recommend that the hospice and palliative community consolidate widely accepted standars for pain and symptom control, while intensifying efforts to unify standards about controversial issues, like physician-assisted death and palliative sedation.

RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

 LEGGE 8 novembre 2012, n. 189

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute. (GU n. 263 del 10.11.2012)

54

ART. 3 - Responsabilita' professionale dell'esercente le professioni sanitarie

 1. L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attivita' si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

55

LE BUONE PRATICHE NELLA SEDAZIONE PALLIATIVA

PREMESSA

Gli interventi terapeutici farmacologici in grado di modificare la coscienza della persona malata sino al raggiungimento di un piano sedativo sono tra i più complessi e delicati, in generale in tutta la medicina ma in particolare nelle cure palliative e nelle fasi finali della vita.

Si tratta di un’area nella quale alla competenza e all’esperienza tecnica si devono sempre associare una perfetta conoscenza del setting nel quale ci si trova a operare e una profonda attenzione agli aspetti comunicativi e relazionali con il malato, la famiglia e all’interno dell’equipe. Si tratta inoltre di una modalità terapeutica nella quale le valenze etiche sono imprescindibili.