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PROFESSIONE TRAVEL BLOGGER VIVIAMO NELL’EPOCA DELLE CONTRADDIZIONI IL NUMERO DI PERSONE CHE SCELGONO DI COSTRUIRSI UN FUTURO ALL’ESTERO AUMENTA. I DATORI DI LAVORO LAMENTANO LA MANCANZA DI PERSONALE. INTANTO CHI HA INIZIATIVA SCEGLIE DI COSTRUIRSI UNA CARRIERA ATTUALITÀ Cherso, le sette cose da sapere valgono a Chiara Marchi la penna d’oro Fabio Accorrà, project manager, blogger, scrittore. Il viaggio è nel DNA L’INTERVISTA PERSONAGGI 4|5 6|7 8 La kuna compie 25 anni. Una valuta al servizio della sovranità nazionale In occasione del 25º anniversario della valuta nazionale croata è stata allestita al Museo archeologico di Zagabria una mostra che ne racconta la storia A colloquio con Fabio Accorrà, project manager in una multinazionale che ama viaggiare. Alla sua passione ha dedicato un blog e due libri, sullo Sri Lanka e sul Giappone Cherso, le sette cose da sapere è uno dei testi pubblicati dalla triestina Chiara Marchi sul suo blog. Le è valso il premio Penna d’oro dell’HTZ l a V oce del popolo economia & finanza www.lavoce.hr Anno 15 • n. 365 giovedì, 27 giugno 2019

PROFESSIONE TRAVEL BLOGGER · 2020. 7. 14. · professione travel blogger viviamo nell epoca delle contraddizioni il numero di persone che scelgono di costruirsi un futuro all estero

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Page 1: PROFESSIONE TRAVEL BLOGGER · 2020. 7. 14. · professione travel blogger viviamo nell epoca delle contraddizioni il numero di persone che scelgono di costruirsi un futuro all estero

Professione travel blogger

viviamo nell’epoca delle contraddizioni il numero di persone che scelgono di costruirsi un futuro all’estero aumenta. i datori di lavoro lamentano la mancanza di personale. intanto chi ha iniziativa sceglie di costruirsi una carriera

attualitàCherso, le sette cose da sapere valgono a Chiara Marchi la penna d’oro

Fabio Accorrà, project manager, blogger, scrittore. Il viaggio è nel DNA

l’intervista Personaggi

4|5 6|7 8La kuna compie 25 anni. Una valuta al servizio della sovranità nazionaleIn occasione del 25º anniversario della valuta nazionale croata è stata allestita al Museo archeologico di Zagabria una mostra che ne racconta la storia

A colloquio con Fabio Accorrà, project manager in una multinazionale che ama viaggiare. Alla sua passione ha dedicato un blog e due libri, sullo Sri Lanka e sul Giappone

Cherso, le sette cose da sapere è uno dei testi pubblicati dalla triestina Chiara Marchi sul suo blog. Le è valso il premio Penna d’oro dell’HTZ

la Vocedel popolo

economia & finanzawww.lavoce.hr Anno 15 • n. 365giovedì, 27 giugno 2019

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economia&finanza2 giovedì, 27 giugno 2019 la Vocedel popolo

FINANZE a cura di Mauro Bernes

Whisky e diamanti blu le spese dei super ricchi

La società di intermediazione e consuLenza immobiLiare Knight FranK da 13 anni pubbLica un interessante WeaLth report, che con vari indici, statistiche, anaLisi dei suoi consuLenti in tutto iL mondo, traccia La mappa

degLi investimenti degLi abitanti più ricchi deL pianeta, per orientare magari anche queLLi dei meno ricchi

Nel 1915 lusso significava anche potersi comprare il terreno con le rovine di Stonehenge: lo fece sir Cecil Chubb,

che lo acquistò per regalarlo alla moglie Alice. Tre anni più tardi la coppia lo avrebbe donato alla nazione, ma intanto la società di intermediazione e consulenza immobiliare Knight Frank metteva in curriculum uno degli affari più importanti della sua storia, iniziata nella Londra vittoriana del 1896.Abituata a maneggiare grandi fortune da oltre un secolo, la società da 13 anni pubblica un interessante Wealth Report, che con vari indici, statistiche, analisi dei suoi consulenti in tutto il mondo, traccia la mappa degli investimenti degli abitanti più ricchi del pianeta, per orientare magari anche quelli dei meno ricchi.

il targetLa popolazione esaminata è quella degli Uhnwi (Ultra high net worth individuals), formata da coloro che hanno un patrimonio netto di almeno 30 milioni di dollari. Nel 2018 erano 198.342, aumentati del 4 p.c. rispetto ai 12 mesi precedenti, cifra che nei prossimi cinque anni salirà del 23 p.c., cinque punti in più del +18 p.c. del periodo 2013-2018. Nel 2023, dunque, gli ultra ricchi saranno circa 250mila.La maggior parte di loro vive oggi in Europa (oltre 70mila), con la Germania primo Paese con 14mila seguita da Gran Bretgna con 12.500, mentre l’Italia è a 4.800. Ed è la Germania, insieme all’Est Europa, il Paese che nel Vecchio Continente registrerà la più importante crescita anche nei prossimi cinque anni: fra il 25 e il 30 p.c., proprio come la Cina, la Corea del Sud e Taiwan. La nazione che però ne ha di più in assoluto sono gli Stati Uniti, con oltre 47mila Uhnwi, un dato però stagnante, come accade in gran parte dell’Europa, in Giappone, Sud America e Africa. In quest’ultima area, Sud Africa e Kenya sono i Paesi con la più alta concentrazione.L’Asia continuerà a essere il vero traino della ricchezza globale, con un aumento di ultra ricchi stimato fra il 25 e il 30 p.c.: e non solo con la Cina (dove oggi ci sono circa 9.900 di loro) ma anche l’India (con poco più di 1.900), Indonesia, Filippine, Vietnam: insomma, quel Sud-Est del continente dove l’economia globale sta correndo più veloce.Brexit o non Brexit, la capitale di questo popolo oggi è Londra, che nel 2018 ha scavalcato New York con il numero più alto di Uhnwi, 4.944, +582 negli ultimi cinque anni. Londra ha anche la più alta concentrazione di hotel a cinque stelle, ma New York ha il record di miliardari, 94. Eppure, nota il report, l’Italia va tenuta d’occhio come nuova meta di attrazione per i ricchi, grazie all’avvio del progetto “res non dom”.Il report offre anche consigli sulle nuove città dove investire, dove i prezzi degli immobili sono ancora contenuti rispetto alle possibilità di rialzo. La maggior parte di esse sono accomunate da un elemento: la presenza di hub tecnologici. È il caso di Bengalore, considerata la Silicon Valley dell’India, come della cinese Hangzhou, la città sede di Alibaba e di altri 26 “unicorni” (aziende la cui valutazione è stimata in almeno un miliardo di dollari), o di Stoccolma (dove è nato Spotify), di Cambridge e Boston con i loro campus d’eccellenza.Ancor più nello specifico, lo studio prevede quali saranno i quartieri “cool” per gli investitori, non solo privati: c’è Wynyard Quarter, ad Auckland, sede della prossima America’s Cup, oppure la zona di Alabang, a Manila, che vuole diventare la Beverly Hills della capitale filippina; ancora, lo Yangpu Riverside di Shanghai, dove si stanno ristrutturando 70 antichi siti industriali. Ci sono poi classici come Pasadena a Los Angeles o l’11.esimo arrondissement di Parigi e Chelsea a Londra, ma anche l’italiana Lucca, con la sua campagna e i ristoranti d’eccellenza.

Londra che supera New York, poi Hong Kong, Singapore e Los Angeles. Quindi, a seguire, Chicago, Shanghai, Sydney, Tokyo e Toronto. Il nuovo studio di Knight Frank sulla ricchezza (il 2019 Wealth Report) rivela come circa la metà dei quasi 200mila “ultra-high-net worth individuals” (Uhnwi), ovvero i Paperoni con una ricchezza personale pari ad almeno 30 milioni di dollari, si concentrino in appena dieci città mondiali. L’Italia è assente, anche dalla top 20, dove invece compaiono Parigi, Amsterdam e ben tre centri tedeschi (nell’ordine Berlino, Francoforte e Monaco).

Nella top ten la vera sorpresa è che - a dispetto di Brexit - la capitale del Regno Unito con i suoi 4.944 ultraricchi ha sorpassato quella New York che fino a ieri era la regina dei Paperoni: solo negli ultimi cinque anni, a Londra, sono comparse nuove 582 persone che possiedono almeno 30 milioni di dollari.“La metropoli inglese è unica - spiega Liam Bailey, capo della ricerca di Knight Frank sul settore residenziale - non c’è altra città che possa competere come hub globale in così tanti settori”. La Grande Mela si può consolare conservando il primato di

capitale dei miliardari (94 persone), mentre per i milionari la palma va a Tokyo (ben 488.582), anche se New York è quella che sui “mini ricchi” cresce più in fretta.Gli ultraricchi continuano a crescere di numero con una rapidità impressionante, al ritmo di uno all’ora: l’anno scorso ne sono comparsi 7.091 nuovi, con il numero totale salito a 198.342. Ma è solo l’inizio. Nei prossimi cinque anni gli “ultra” cresceranno di un ulteriore 22 p.c., avvicinandosi a quota 250mila. Quanto ai miliardari, l’anno scorso sono aumentati di 172 unità arrivando a un totale mondiale di 2229.Anche se la maggior parte dei Paperoni abita ancora in Europa, a trainarne la crescita è l’inarrestabile Asia. Nei prossimi cinque anni, il numero degli ultraricchi è destinato ad aumentare di ben il 39 p.c. in India, del 38 p.c. nelle Filippine, del 35 p.c. in Cina. E secondo Knight Frank, sono asiatici ben otto dei dieci Paesi destinati in futuro ad avere la crescita più forte di individui con patrimoni superiori ai 30 milioni di dollari.Ma anche sul fronte dei miliardari in Asia non si scherza: sempre stando al report, entro il 2025 quel continente sfonderà il tetto dei mille “billionaires”, salendo a oltre un terzo del totale mondiale. Quanto ai milionari, nel 2019 a livello planetario per la prima volta nella storia supereranno quota 20 milioni, concentrati però quasi esclusivamente in tre aree geografiche: Nord America (6,6 milioni), Europa (5,9 milioni) e Asia (5,8 milioni).

Le 10 città dove si concentra la metà dei Paperoni mondiali

| Il distretto finanziario di Londra

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economia&finanza 3giovedì, 27 giugno 2019la Vocedel popolo

Il punto di Christiana Babić

Dal lusso al barmancano professionisti

Nel bene e nel male è sul turismo che si regge il Bilancio croato. L’industria dell’ospitalità incide in modo significativo sull’economia nazionale e

quindi non deve stupire che il grido d’allarme lanciato dagli operatori del settore abbia fatto breccia. “Non troviamo persone disponibili a impiegarsi come cuochi, camerieri, cameriere di piano, animatori… la stagione 2019 è a rischio”, hanno fatto sapere rivolgendosi al governo con la richiesta di un incremento dei permessi di lavoro per stranieri volta a supplire con forza lavoro d’importazione alla carenza di personale locale o preveniente da altre aree del Paese. Dopo un primo “no”, opposto dal Ministero del Lavoro che invitava a rivolgersi alle persone iscritte nelle liste di collocamento i toni si erano inaspriti. La strada sarebbe già stata percorsa e si era rivelata un vicolo cieco: i profili necessari sono carenti e nonostante tutta la buona volontà facendo leva soltanto su questo strumento non si sarebbe arrivati da nessuna parte. “La situazione è seria, bar, ristoranti, ma anche alberghi e ostelli rischiano di rimanere chiusi in piena stagione estiva. Dobbiamo guardare oltre i confini”, avevano sottolineato gli imprenditori del turismo, facendo chiaramente capire che forse non sarebbe bastato più nemmeno un viaggio nei Balcani. Per come stanno le cose serve guardare molto più lontano, persino alle Filippine.Messaggio raccolto e richiesta accolta quindi in seconda battuta con il governo che ha dato disco verde all’aumento delle “quote” approvando permessi di lavoro aggiuntivi. L’anno prossimo qualcosa dovrebbe cambiare e non si dovrebbe arrivare a ridosso dei caldi africani con il pensiero affannato anche dalla questione occupazionale. Si sta lavorando infatti a una modifica della Legge sugli stranieri che dovrebbe portare all’abolizione delle quote e liberalizzare il mercato del lavoro consentendo a tutti di impiegare il personale che reputa migliore o nel peggiore dei casi l’unico disponibile, a prescindere se arrivi da dietro l’angolo o dall’altra parte del globo. La questione ovviamente non si esaurisce qui e non rappresenta una vittoria per nessuno, ma rivela il polso della situazione. Sarà però necessario mettere sotto la lente tutto il sistema del mondo del lavoro, ma anche quello scolastico. Limitare la discussione ai temi inseriti nell’elenco delle letture d’obbligo è davvero un qualcosa di anacronistico.Il dibattito è aperto e farà fatica a tenersi al riparo dalle solite frasi fatte e scontate sull’esodo giovanile, sull’emigrazione sempre più accentuata sulle città che si svuotano e sull’Irlanda o la Germania o un terzo Paese visti come “il luogo in cui i sogni si avverano”. Sì certo è vero che i numeri dell’emigrazione invitano a farsi tutta una serie di domande e per come stanno le cose sarebbe poco serio escludere che le risposte rivelino tutta una serie di problemi accumulati negli anni e troppo poca volontà a imprimere una svolta capace di porre fine a tendenze sbagliate in fatto di priorità perseguite dal mondo della politica. Ma la questione è ben più ampia e riguarda in realtà territori ben più ampi di quelli circondati da confini di Stato e non si esaurisce con una formula magica che imponga di pensare molto più al presente e al futuro che non al passato.Danno infatti da pensare i risultati delle analisi fatte in Italia che rivelano che nei nei prossimi anni alle aziende manifatturiere e a quelle dei servizi tipici del Made in Italy, a cominciare da quelle di eccellenza, mancherà una parte consistente della forza lavoro qualificata che serve alla loro crescita. “Le aziende di cinque diversi settori ricercheranno 236mila talenti, molti dei quali manifatturieri”. Lo ha detto Andrea Illy, presidente di Altagamma, la Fondazione cui fanno capo le migliori imprese dell’alta industria culturale e creativa che promuovono nel mondo lo stile di vita italiano, a un incontro svoltosi di recente a Palazzo Montecitorio. In quella sede è stato presentato il libro I talenti del fare, che propone una fotografia della situazione attuale partendo da una premessa: in Italia la disoccupazione giovanile si attesta al 30 p.c., ossia sette punti percentuali in più rispetto alla media dell’Unione europea (23 p.c.). Eppure, nei prossimi cinque anni, le imprese italiane che operano nei settori rappresentati da Altagamma, avranno bisogno di centinaia di migliaia di talenti, per il 70 p.c. di figure tecniche e professionali, che, secondo le previsioni elaborate dalla Fondazione, non saranno disponibili. Da qui al 2023 il numero complessivo di professionisti necessari ai vari settori arriverà alla cifra significativa di 236mila persone. Nel dettaglio, mancheranno 46.400 persone nel mondo della moda, 18.300 in quello del design, 49mila nel settore alimentare, 33.220 nell’industria dell’ospitalità e 89.400 nell’automotive. Le professionalità più richieste saranno: progettisti, meccatronici e manutentori, per il settore automobilistico; tecnici della vinificazione, tecnici della comunicazione & marketing, addetti all’accoglienza e guide eno-turistiche, per il settore food & beverage; tecnici specializzati in calzature, pelletteria, sartoria, tessuto e maglieria, nonché prototipisti, per la moda; specialisti dell’ospitalità, della cura, della ristorazione, nell’ospitalitàIn effetti, in Italia, gli studenti che al termine delle scuole secondarie decidono di proseguire gli studi presso gli Istituti Tecnici sono solo il 30,7 p.c., e ancora chi sceglie un istituto professionale rappresenta il 15 p.c., laddove i licei tradizionali assorbono più della metà degli studenti dopo la licenza media. Gli iscritti agli istituti tecnici superiori italiani sono 10.000, un numero davvero esiguo se paragonato agli allievi degli equivalenti tedeschi, Fachhochschule, che arrivano a 880.000, e a quelli francesi che rilasciano il BTS (Brevet de Technicien Supérieur) e attraggono 240.000 studenti. Dati dei quali dovrebbero fare tesoro anche gli autori della riforma scolastica da queste parti.

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la Vocedel popolo4 giovedì, 27 giugno 2019 la Vocedel popolo

Negli anni Novanta del secolo scorso la scelta del nome della valuta nazionale suscitò in Croazia un acceso dibattito. Il 29 agosto 1991 la Commissione incaricata di preparare il concetto del nuovo sistema monetario e la realizzazione della futura valuta croata stabilì che la medesima avrebbe dovuto chiamarsi kruna e la sua centesima parte banica. Altre linee di pensiero spingevano, invece, affinché si optasse per il termine storico kuna. Un omaggio alla prassi un tempo largamente diffusa in Croazia di barattare merci e servizi con le pellicce dei mustelidi, in particolare degli ermellini. Inoltre, nel XIII e XIV secolo la kuna adornava il banovac, ossia la moneta più diffusa all’epoca nei territori d’inserimento storico dei croati. D’altro canto l’idea non piaceva a coloro i quali temevano che optando per il termine kuna si sarebbe corso il rischio di mettere in relazione la valuta della Croazia democratica con quella del regime ustascia di Ante Pavelić. Il 29 luglio 1993 il Sabor stabilì, con 70 voti a favore, 21 contrari e 10 astenuti che la valuta croata si sarebbe chiamata kuna (abbreviazioni HRK, Kn e kn) e che la sua centesima parte sarebbe stata la lipa (Lp e lp), in omaggio a uno degli alberi simbolo del patrimonio culturale croato.

Il dibattito sul nome

ATTUALITà

La kuna (HRK/KN) ha compiuto 25 anni. L’anniversario dell’inizio della circolazione della valuta ufficiale della

Repubblica di Croazia è stato celebrato dalla Banca centrale croata (HNB) con l’emissione di una moneta commemorativa dal valore di 25 kune a corso legale e dalla Posta croata (HP), con il lancio di un francobollo dedicato al conio nazionale. Inoltre, il 30 maggio scorso, il primo ministro, Andrej Plenković, ha inaugurato al Museo archeologico di Zagabria la mostra “Kuna – 25 anni dell’unità monetaria della Repubblica di Croazia”. L’esposizione ideata da Tomislav Bilić ripercorre la genesi della kuna e rimarrà aperta fino al 30 giugno 2019.

Simbolo della sovranitàLa kuna non è solo un’unità di scambio monetaria che ha lo scopo di facilitare il trasferimento di beni e servizi. È uno dei simboli della sovranità nazionale. Benché sia entrata in circolazione solo il 30 maggio 1994, oltre tre anni dopo il riconoscimento internazionale della Croazia, avvenuto il 25 giugno 1991, la kuna ha giocato un ruolo cruciale nella sconfitta della politica espansionistica di Slobodan Milošević e dei suoi seguaci. A ricordarlo è stato il governatore della Banca centrale croata, Boris Vujčić, nel corso del discorso pronunciato dinnanzi alle autorità durante l’inaugurazione della mostra zagabrese.“La battaglia politica per l’introduzione della valuta croata ebbe inizio agli albori degli anni ’90 del secolo scorso, quando la Banca nazionale dell’ex Jugoslavia (NBJ) divenne una macchina elettorale in seno alla quale le decisioni non venivano più prese consensualmente, bensì al fine di imporre, grazie al voto del suo presidente, gli interessi della Serbia, della Vojvodina, del Kosovo e del Montenegro agli altri membri dell’allora unione monetaria (Croazia, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina

e Macedonia)”, ha spiegato Vujčić. “In quel periodo – ha proseguito – la Serbia s’intrometteva spesso nel sistema monetario comune allo scopo di coprire il suo deficit e finanziare i preparativi dell’aggressione”. “Gli abusi e la disintegrazione del sistema monetario comune culminò nell’estate del 1991, quando il Consiglio del governatore della NBJ stabilì di espellere la Croazia e la Slovenia dal meccanismo connesso all’emissione del denaro primario. Una mossa compiuta nell’intento di gettare in ginocchio la Croazia e la Slovenia e le loro economie”, ha puntualizzato Vujčić.

Un modello alternativoLe autorità politiche e monetarie croate, tuttavia, avevano anticipato la mossa della NBJ, tanto che già nel 1990, l’allora governatore dell’HNB, il professor Ante Čičin-Šain si era posto l’obiettivo di ideare assieme

| Da 25 anni la kuna è la valuta ufficiale della Croazia, una mostra ne ripercorre la storia

Il dinaro croatoIn attesa che maturassero i presupposti per il lancio della kuna (HRK), in Croazia circolò un’altra moneta: il dinaro croato (hrvatski dinar/HRD). Il 23 dicembre 1991 Zagabria diede il via libera al ritiro dei dinari jugoslavi (YUD), ossia alla loro conversione (cambio 1:1) in dinari croati (HRD).Dal punto di vista formale il dinaro croato (introdotto il 23 dicembre 1991), non era una valuta vera e propria, bensì una sorta di buono. L’HRD circolò solo in formato cartaceo e non prevedeva unità di valore inferiori a un dinaro. Sulle banconote, stampate in Svezia dalla tipografia Tumba Bruk e a Čakovec dalla tipografia Zrinski, era riportata la firma del ministro delle Finanze e non quella del governatore della Banca centrale. Tutte le banconote

(ciascuna delle quali aveva almeno nove elementi anticontraffazione) erano state curate da Zlatko Jakuš ed erano contraddistinte dallo stesso motivo (essenzialmente il ritratto di Ruggero Boscovic/Ruđer Bošković sul lato frontale e la cattedrale di Zagabria sul retro, nda) e si differenziavano solo per dimensioni e colore. Furono stampate tre serie di dinari croati. La prima (8 ottobre 1991) comprendeva tagli da 1, 5, 10, 25, 100, 500 e 1.000 dinari. Le banconote da 2.000, 5.000 e 10.000 dinari furono stampate il 15 gennaio 1992 e quelle da 50.000 e da 100.000 dinari il 30 maggio 1993. La conversione dei dinari croati in kune iniziò il 30 maggio 1994. Il cambio era di 1.000 a 1, ossia per mille dinari si otteneva una kuna (HRK). Inizialmente era stato deciso di consentire la

conversione HRD/HRK fino alla fine del 1994, ma successivamente il termine fu prorogato fino alla metà del 1995.ll dinaro croato fu largamente usato (a fianco del marco tedesco) anche in Bosnia ed Erzegovina, soprattutto nelle aree del Paese abitate prevalentemente dai croati. D’altro canto, nei territori della Repubblica di Croazia finiti sotto il controllo dai ribelli serbi, l’HRD non fu mai riconosciuto come un mezzo di pagamento legale. Anzi, le autorità dell’autoproclamata SAO Krajina emisero una loro valuta, che denominarono dinaro della Krajina (dinar Srpske Krajne). Il dinaro della Krajina rimase in circolazione dal 1992 al 1994 (nel 1991 furono emessi dei buoni provvisori), ma non ottenne mai il codice ISO 4217.

| Le banconote da 5, 10, 20, 50, 100, 200, 500 e 1.000 kune

| Il ministro Darko Horvat, il vicepresidente del Sabor Željko Reiner, il premier Andrej Plenković, il governatore Boris Vujčić e il ministro Gari Cappelli

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la Vocedel popoloeconomia&finanza 5giovedì, 27 giugno 2019

Kuna Da 25 anni

sinonimo Di stabilità

La vaLuta ufficiaLe deLLa RepubbLica di cRoazia compie un quaRto di secoLo. nata negLi anni deLLa gueRRa patRiottica sta oRa tRaghettando iL paese veRso L’adozione deLL’euRo

di Krsto Babić

ai suoi collaboratori un modello monetario alternativo, sostenibile e indipendente da quello jugoslavo. A sua volta, nell’agosto del 1991, il Presidente croato, Franjo Tuđman, istituì in accordo con il primo ministro Franjo Gregurić, la Commissione incaricata di preparare il concetto del nuovo sistema monetario e la realizzazione della futura valuta croata. A capo della Commissione fu nominato il ministro dell’Economia Marijan Hanžeković. In seguito alla sua morte, avvenuta nel 1993, alla guida della Commissione subentrò l’accademico Dalibor Brozović.

La veste graficaUna delle prime decisioni prese dalla Commissione fu di ordinare il ritiro dei dinari jugoslavi (YUD), ossia la loro conversione (cambio 1:1) in dinari croati (HRD). La decisione iniziò ad essere attuata

il 23 dicembre 1991. Nell’aprile del 1992 fu pubblicato il bando di concorso per la scelta dell’autore della veste grafica delle banconote della futura valuta. Alla gara attinente alla veste grafica delle banconote furono invitati a partecipare sette artisti. Nell’ottobre del 1992 fu stabilito che le banconote sarebbero state realizzate in base ai bozzetti proposti da Boris Ljubičić e Miroslav Šutej. Nel marzo dell’anno successivo furono bandite altre due gare, quella per la scelta delle tipografie e quella per la scelta delle veste grafica delle monete. La stampa delle banconote fu affidata ai laboratori tipografici Giesecke & Devrient Currency Technology GmbH di Monaco di Baviera (Germania) e OeBS di Vienna (Austria). Il concorso per la scelta del design fu vinto dallo scultore Kuzma Kovačić. La veste grafica di base delle monete da 25 kune (introdotte a partire

dal 1997), porta, invece, la firma dello scultore Damir Mataušić. A differenza delle banconote che vengono stampate all’estero, le monete della kune e delle lipe (100 lipe/lp compongono una kuna) vengono coniate a Zagabria nella zecca dell’Istituto monetario croato (HNZ).

Stabilità monetariaNel 1993 fu approvato anche il piano di stabilità monetaria. Una manovra, varata nell’ottobre del 1993, che consentì di arginare l’inflazione, che nel 1993 viaggiava a un ritmo del 23 p.c. al mese (nel 2018 il tasso d’inflazione in Croazia è ammontato all’1,1 p.c.). Il risultato fu raggiunto, dopo pochi mesi all’inflazione fu posto un freno e tutti i presupposti per l’emissione della kuna furono soddisfatti. Il 30 maggio 1994, al termine di una cerimonia solenne svoltasi nel Palazzo

dell’HNB a Zagabria, al Presidente Franjo Tuđman fu concesso il privilegio di essere la prima persona a poter convertire i dinari croati in kune. L’entrata in circolazione della kuna fu intesa all’epoca non solo come il raggiungimento di un traguardo economico e finanziario, bensì come una vittoria morale della Croazia nei confronti dei suoi aggressori.La kuna, tutto sommato ha adempiuto con onore al suo ruolo istituzionale. Innanzitutto, grazie a questa, i cittadini croati, per la prima volta dopo molti decenni, hanno potuto fare affidamento su una valuta stabile (il cambio, benché non fisso è legato a quello dell’euro) nei confronti di quelle degli altri Paesi. Ora alla kuna spetta il compito di traghettare il Paese verso l’euro. Stando alle previsioni la moneta unica potrebbe subentrarle nell’arco dei prossimi cinque anni.

Attualmente in Croazia sono in circolazione sette tagli di banconote (10, 20, 50, 100, 200, 500 e 1.000 kune) e dieci tagli di monete (1, 2, 5, 10, 20 e 50 lipe; 1, 2, 5 e 25 kune). Negli anni dispari la leggenda (il nome dell’animale o della pianta) sul rovescio delle monete è scritta in croato, mentre negli anni pari la medesima è riportata in latino. Tutte le monete hanno una forma circolare a parte quelle da 25 kune che hanno la forma di dodecagono regolare e sono le uniche bimetalliche. La banconota da 5 kune è stata ritirata dalla circolazione, ma rimane un mezzo di pagamento valido. Le monete da 25 kune, pur essendo celebrative hanno corso legale (possono essere utilizzate per fare acquisti), ma è raro vederle in circolazione. Difatti, il loro valore effettivo supera quello nominale del 50 e in alcuni casi anche del 100 p. c. La loro tiratura è relativamente piccola (massimo 75.000 pezzi) e quasi tutte finiscono nelle collezioni dei numismatici, sia croati sia stranieri. Esistono 14 varianti di monete da 25 kune. La prima moneta da 25 kune fu emessa nel 1997

per celebrare la reintegrazione pacifica dei territori danubiani. La più recente, invece è stata emessa nel maggio scorso per celebrare i 25 anni dall’adozione della kuna quale valuta ufficiale della Repubblica di Croazia.Oltre a quelle da 25 kune esistono in circolazione anche altre monete celebrative: 5, 2 e 1 kn, come pure da 50, 20, 10, 5, 2 e 1 lp. Si tratta di emissioni fatte in occasioni di anniversari della storia croata (500 anni dalla pubblicazione a Segna del messale glagolitico), di organizzazioni internazionali (FAO) o eventi sportivi (Olimpiadi e Campionati europei di calcio...). Il valore numismatico di queste emissioni, considerata la loro considerevole tiratura è trascurabile. È modesto pure il valore numismatico delle banconote celebrative a corso legale da 10 e 20 kune emesse nel 2014 in occasione del 20º anniversario dall’introduzione della kuna e della lipa. In occasioni particolari l’HNB e l’HNZ emettono anche serie di monete d’oro o argento, nonché di ducati.

I tagli in circolazionee quelli da collezione

| la mostra dedicata alla kuna è allestita nel museo archeologico di Zagabria

| l’ex premier Franjo Gregurić visita la mostra | il ministro Darko Horvat, il vicepresidente del sabor Željko Reiner, il premier andrej Plenković, il governatore boris Vujčić e il ministro Gari Cappelli

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economia&finanza6 giovedì, 27 giugno 2019 la Vocedel popolo

Fabio Accorrà vive il sogno di molti viaggiatori e viaggia-trici. Viaggia molto, spesso assieme alla moglie Sabrina, e racconta le sue esperienze sulla Rete. Il suo blog “Viaggiare

senza confini” nato tre anni fa, i post e le foto pubblicate sulle reti sociali guadagnano sempre più follower e “mi piace”, confer-mando così la bontà del suo rapporto con gli amanti dei viaggi, ma non solo. Allo Sri Lanka e al Giappone questo 34.enne ha dedicato pure un libro, mentre in questo momento sta lavo-rando a una terza pubblicazione, sempre sul tema del viaggio. Per conoscerlo meglio lo abbiamo contattato e alla richiesta di tracciare un’autobiografia minima ci ha detto: “Sono genovese con una irrefrenabile voglia di viaggiare che viene da lontano. Dai primi anni della mia adolescenza, quando da bambino con i genitori viaggiavo in lungo e in largo per l’Europa con il cam-per nei periodi di festa da scuola. Prima di diventare blogger ero un ragazzo come tanti altri che viaggiano molto e amano divertirsi con gli amici. Già gli studi superiori mi portarono a formarmi su un campo legato al viaggiare tanto. Diplomatomi all’Istituto Tecnico Nautico di Genova, per un primo periodo mi sono imbarcato come allievo ufficiale di coperta, scelta di vita che però ritenevo non facesse per me e dopo un primo periodo decisi che il mio mondo è sì viaggiare, ma via terra e non via mare. Allora ecco che, grazie all’esperienza ac-cumulata, entrai in una multinazionale italiana che mi consentiva di viaggiare tanto, al punto da prendere anche 60 voli all’anno nei periodi più intensi. Una cosa bellissima per uno come me.”

Tutta colpa di un infortunio

Come sei diventato travel blogger? In che cosa consiste questo tipo di lavoro?“Una passione e una lunga esperienza di viaggi mi porta nel 2016 ad aprire il mio blog ‘Viaggiare senza confini’. Quasi per gioco durante un infortu-nio che mi costringe a un riposo forzato mi scatta l’idea di creare un diario condiviso che potesse valorizzare i miei tanti viaggi e le mie esperienze vissute in giro per il mondo. Oggi ‘Viaggiare senza confini’ è un blog regolarmente registrato alla Camera di Commercio di Genova e vanta centinaia di articoli con racconti di miei viaggi sparsi in tutto il mondo da Est a Ovest, da Nord a Sud. Come mi definì un’amica, ‘project manager di giorno e blogger di notte’, questo connubio lo concilio faticosamente svolgendo il mio lavoro di project manager per una grande multinazionale italiana e ritagliandomi il tempo anche per dedicarmi alla mia grande passione per i viaggi, la scrittura e la fotografia. Penso che non ci sia un vero e proprio percorso che porta ad aprire un blog, è un qual-cosa che si sente dentro, una concretizzazione di quello che si pensa e si vuole trasmettere delle proprie esperienze. Una passione divenuta, a tutti gli effetti, una seconda attività a cui dedico parte del mio tempo. Dedicarsi a un blog di viaggi nello specifico è complesso più di quanto si pensi. Il viaggio porta ricordi, idee e soprattutto allarga la mente e la propria visione del mondo. Una volta tornati, si mette da parte l’obiettivo e si ti-rano fuori gli appunti di viaggio scritti durante il cammino.

È qui che viene il bello, raccontare per filo e per segno emo-zioni, sensazioni e pensieri sul viaggio trascorso rievocando le sensazioni vissute e cercando di trasmettere il più possibile attraverso le parole. Penso che per un viaggiatore non ci sia

niente di più bello che raccontare le proprie esperienze e trasmettere queste emozioni.”

In camper con i genitori

Raccontare quanto vissuto du-rante un viaggio permette ai viaggiatori e alle viaggiatrici

anche di rivivere l’e-sperienza. Com’è nata la tua passione per i viaggi? Quando hai ca-pito di voler vedere il

mondo?“Non c’è una vera

propria data che indi-

c a s s e l a

L’INTERVISTA di Tanja Škopac

| I pallazzi di New York

A coLLoquIo coN FAbIo AccoRRà, pRojEcT mANAgER IN uNA muLTINAzIoNALE, bLoggER E AuToRE dI duE LIbRI dEdIcATI ALLo SRI LANkA E AL gIAppoNE

quANdo IL VIAggIo FA pARTE dEL dNA

| Il monte Fuji in giappone

| Alla presentazione del libro “The colors of japan” a milano

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economia&finanza 7giovedì, 27 giugno 2019la Vocedel popolo

nascita della passione per i viaggi come credo che non ci sia un momento di una scelta. È un qualcosa che nel mio caso viene sicuramente da lontano, i viaggi nell’età adolescenziale hanno sicuramente impresso in me il viaggio come un qualcosa di co-struttivo e positivo che ho nel mio DNA. Queste sensazioni via via crescendo hanno fatto di me il viaggiatore che sono oggi. Come accennavo prima, i primi viaggi risalgono all’età adole-scenziale, con il camper di babbo e mamma. Crescendo, a 16 anni i primi viaggi da solo in America centrale e via via ogni momento con 2-3 giorni liberi è occasione per spiccare il volo con l’aereo andando a esplorare un pezzo di mondo.”

Il fascino dell’on the road

Come scegli le destinazioni? Hai mai visitato un Paese sol-tanto per aggiungerlo alla tua lista dei luoghi visitati?“Non mi piace quantificare i miei viaggi anche se ogni tanto ci penso per rendermi conto di quanto ho viaggiato. La meta ge-neralmente la scelgo in base anche ai consigli di mia moglie e agli spunti che prendiamo ovunque si parli di viaggio, altri blog, riviste e giornali. Ci prepariamo molto dal punto di vista tecnico sul Paese che decidiamo di visitare, mentre sul piano organizzativo non sono un’amante della troppa pianificazione e quindi a parte i voli e le cose basilari facciamo tutto on the road lungo il tragitto, day by day. Questo ti permette di variare anche all’ultimo

l’itinerario e non per-derti tesori nascosti e più lontani del turi-smo convenzionale di massa.”

La tua destina-zione preferita, o le

tue destinazioni pre-ferite, sono...

“Direi appunto le mie desti-nazioni, perché tra quelle che ho

visitato vorrei dividerle per categoria... La città più bella per ora per me rimane sempre New York, ci sono stato due volte e ci tornerei una terza, una quarta... Il paesaggio migliore – il Monte Fuji sullo sfondo, sia da Kawaguchiko che da Hakone. La natura più bella e incontaminata è l’Islanda, un Paese magni-fico. Il deserto più bello quello del Sahara. Infine, per quanto riguarda la storia, escludendo l’Italia per ovvie ragioni, direi che il luogo storico che più mi ha affascinato è stata la muraglia cinese, un’imponenza unica.”

La magia e i colori

Il Monte Fuji lo troviamo anche nel tuo libro dedicato al Giappone, pubblicato a qualche anno da quello sullo Sri Lanka. Ricordi il momento in cui hai deciso di pubblicare il primo? Quanto tempo hai impiegato per scriverli?“Il primo libro, ‘La Magia dello Sri Lanka’, è nato quasi per caso. Il blog mi ha portato in contatto con Francesco Aloe che cu-rava una collana di racconti di viaggiatori e alpinisti, Versante Est edita da Delos Digital. Da qui l’idea condivisa di scrivere il mio primo racconto di viaggio che potesse fare da piccola guida e valorizzare il mio viaggio e dare quindi supporto a chi voleva recarsi nel bellissimo Sri Lanka. Poi, dopo due anni, arriva ‘The colors of Japan’, edito dalla storica casa editrice genovese Erga, un viaggio raccontato attraverso i colori. Non sono partito per il Giappone con l’intento di scrivere un libro con questa sfaccet-tatura, l’idea mi è venuta una volta tornato. Guardando le foto, oltre 3.500 foto scattare con due macchine fotografiche reflex, Nikon D3400 e Sony Alpha 6000, mi è venuta l’idea di trovare una chiave di lettura originale e innovativa per raccontare un Paese davvero unico: i colori, che in giapponese significa IRO. Con questa idea voglio trasmettere le stesse emozioni che ho provato io trovandomi davanti ai fantastici paesaggi giapponesi. Per scrivere ‘La magia dello Sri Lanka’ ho impiegato cinque mesi, mentre per quanto riguarda “The colors of Japan”, essendo per la maggior parte un libro fotografico con meno testo rispetto al primo, il tempo impiegato è stato di tre mesi e mezzo.”

Quanto tempo hai trascorso in Giappone e Sri Lanka? Prima di dedicargli un libro li hai visitati più volte?“In Sri Lanka ci sono stato un mese circa e il libro l’ho pubblicato nel marzo 2017 mentre in Giappone ci siamo stati 22 giorni e il libro è stato pubblicato esattamente due anni dopo. In entrambi i Paesi ci sono stato una sola volta.”

Giappone: un mix unico

Quale dei due Paesi ti piace di più? Perché?“Bella domanda… Difficile dare una risposta secca, en-trambi mi hanno trasmesso forti emozioni. Sicuramente i paesaggi del Giappone sono talmente unici che difficilmente sono replicabili in altri posti del mondo. In Sri Lanka si vive un’esperienza totalmente diversa, si ritorna indietro nel tempo e si rivive la tranquillità primordiale dell’uomo. Se però devo scegliere, ti dico Giappone perché è quello che più mi ha stupito, sia a livello umano, con l’estrema educa-zione e cordialità dei giapponesi, che a livello naturalistico, con bellezze naturali mixate a città ultra moderne come Tokyo e Osaka.”

Progetti futuri. Che cosa possono attendersi i tuoi nume-rosi fan?“Come progetto futuro c’è sicuramente un viaggio, che sarà a breve. Per quanto riguarda i libri, uscirà qualcosa di diverso e, spero, bello a settembre, non sarà un libro fotografico e ne-anche un racconto di viaggio… Lo scoprirete presto! Piccolo indizio: ci sarà sempre il tema viaggio però con una con-notazione fantasiosa… Intanto mi godo le emozioni che mi sta facendo vivere ‘The colors of Japan’, da ultimo la tantis-sima gente che ha partecipato con entusiasmo alla bellissima presentazione avvenuta durante dal Festa del Giappone di Milano il 9 giugno scorso assieme alla dott.ssa Aurora Canepari, direttrice del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, che ha dato un notevole contributo storico-culturale alla presentazione.”

| Il Taj Mahal

| A Petra in Giordania | I paesaggi dello Sri Lanka | Con la mamma a Lisbona nel 1998

| Con la moglie Sabrina a Montreal

| Il Monte Fuji in Giappone

| Con la moglie sulla muraglia cinese

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economia&finanza8 giovedì, 27 giugno 2019 la Vocedel popolo

Anno 15 / n. 365 / giovedì, 27 giugno 2019

Caporedattore responsabileRoberto Palisca

Redattore esecutivoChristiana BabićImpaginazioneBorna Giljević

la Vocedel popolo

IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina

Edizione ECONOMIA & FINANZA

CollaboratoriMauro Bernes, Krsto Babić, Tanja Škopac e Moreno VrancichFoto Pixell, Hina, Fabio Accorà, Chiara Marchi e archivio

[email protected]

NUOVE PROFESSIONI di Moreno Vrancich

LA CuLTuRA MiTTELEuRoPEA in un BLoG

Avete mai pensato di trasformare la vostra passione in una professione di successo? È quello

che è successo a Chiara Marchi, che quattro anni fa ha iniziato a raccontare i suoi viaggi e le esperienze fatte su Facebook. In poco tempo un numero sempre crescente di persone ha iniziato a seguirla e questo l’ha spinta a lasciare il lavoro che faceva da 14 anni e lanciarsi nell’avventura online. Ha aperto un blog e ha iniziato a dedicarsi completamente a quello. Quattro anni dopo i primi post è arrivata la consacrazione definitiva, con la vittoria della Penna d’oro come miglior blogger al concorso organizzato dalla Croatia full of life.

Dal posto fisso al blog“Ho lavorato per 14 anni nell’industria del caffè. Avevo un ottimo lavoro, il classico posto fisso, ma quando ho capito che avrei potuto vivere soltanto grazie ai miei viaggi, la mia passione, ho deciso di provare. Ho aperto una partita Iva, ha ideato il blog Missclaire e ho aperto un profilo Instagram e ho iniziato a lavorare”, ci racconta Marchi.“I primi post sono nati per passione. Viaggiavo e avevo voglia di raccontare le mie esperienze. Poi mi sono accorta che c’era un numero di persone sempre più grande a interessarsi all’argomento e mi sono impegnata. Quando la pagina Facebook è arrivata a circa 60mila iscritti ho capito che c’era la possibilità di fare un passo avanti definitivo. Ora lavoro tantissimo, soprattutto con gli Enti per il turismo, che mi chiamano a promuovere le località. Continuo però anche a fare dei viaggi per conto mio, perché mi piace scoprire sempre delle nuove destinazioni”, ha spiegato Marchi.I numeri oggi sono più grandi ancora, con la pagina Facebook che è arrivata a 72.174 like, il profilo Instagram che è a 8.758 follower e il blog che viaggia attorno ai 300mila visitatori all’anno. Tutte queste persone sono interessate agli stessi temi: la gastronomia, le località, la cultura della popolazione locale, e i prodotti artigianali di spicco.

La cultura mitteleuropea“Nei miei viaggi cerco sempre di approfondire la parte culturale, perché è un qualche cosa che mi affascina. Sono nata e cresciuta a Trieste, una città mitteleuropea e multiculturale, quasi fuori dagli schemi dell’Italia. Per questo quando viaggio non parlo soltanto delle attrazioni turistiche, degli alberghi e dei ristoranti, ma anche

delle persone. Ovviamente la ristorazione e l’enogastronomia sono la base di partenza, ma moltissime persone si sono dimostrate interessate proprio a scoprire la cultura. Per me questo è un aspetto particolarmente interessante, perché ogni luogo ha le sue caratteristiche specifiche, eppure in tutti i posti ho trovato lo stesso filo conduttore, quello della Mitteleuropa. Nei miei reportage cerco sempre di portare alla luce le tradizioni culturali, facendo dei parallelismi fra i posti che ho visitato in precedenza e l’Italia, tra un popolo e un altro”, ha dichiarato la titolare di Missclaire. “Una delle mie nonne era di Zara e l’altra di Postumia, mentre il nonno era di Bogliuno, con i genitori che sono nati a Trieste. Io sono nata nel 1978 e sono cresciuta con tutto questo bagaglio culturale a influenzarmi. Nei miei viaggi non potevo che interessarmi proprio a questo territorio: il Friuli Venezia Giulia, la Croazia, la Slovenia, l’Austria e la

Serbia e in futuro vorrei dedicarmi anche alla Baviera”, ha spiegato Marchi.

Come nasce un post“Oggi lavoro molto con gli Enti per il turismo, che mi chiamano per promuovere una parte del territorio. Quando collaboro con loro cerco sempre comunque di occuparmi di un tema particolare, di un qualche cosa che non sia alla portata di tutti, di cui non si sia già scritto in lungo e in largo a livello giornalistico. Sia in termine di temi trattati che di località cerco sempre di essere originale. Gli stessi concetti vengono applicati anche quando scelgo le destinazioni per conto mio, oppure, quando seguo i consigli di alcuni dei miei fan, che mi contattano per dirmi: guarda sono stata qua e qua un posto bellissimo, ti piacerebbe tanto, devi andare a vedere. Interagisco molto con il mio pubblico e questo genera soddisfazione da ambo le parti”, ha affermato la travel blogger.

La penna d’oro a Zara“Il premio vinto un mese fa a Zara nell’ambito del concorso Croatia full of life è nato proprio in seguito a una della collaborazioni con l’Ente per il turismo croato. Sono stati loro a chiedermi di fare qualcosa su Cherso e io ho accettato, scegliendo però di interpretare il tema a modo mio. Ne è uscito il post intitolato Cherso le 7 cose da sapere, che parla di natura selvaggia, spiagge solitarie, relax e tanto altro ancora. Successivamente proprio quel post è stato riconosciuto come vincitore. Per me è stata una grande emozione, sono molto felice del premio e sono contentissima di tutte le collaborazioni fatte in Croazia. Credo che tutto il Paese abbia fatto dei passi avanti enormi negli ultimi anni. Il turismo è esploso. Le persone sono accoglienti e si impegnano molto nella ristorazione e anche l’Ente per il turismo sta facendo un lavoro eccellente. Ho solo parole di lode per la Croazia”, ha affermato Chiara Marchi.

| Cherso, le sette cose da sapere... un blog da premio

La traveL bLogger triestina chiara marchi viaggia e va aLLa scoperta e deLLe tradizioni cuLturaLi

| Il premio Penna d’oro di Croatia full of life