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GLI INCONTRI INTERNAZIONALI DI POLIS AVVOCATI E FONDAZIONE FAREFUTURO
_______
SCENARI DI MONDI POSSIBILIProspettive di sviluppo, cooperazione e internazionalizzazione delle imprese
2015 - 2017
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Lo sguardo sul mondo che cambia si infittisce di relazioni, si rivolge al futuro, con la
consapevolezza di dover essere dentro le cose per poterle comprendere e raccontare. Si
tratta di una necessità, non solo di una volontà. Necessità e volontà che hanno a che fare con
l’urgenza del nostro tempo, che non ammette tentennamenti e ci induce costantemente a
operare delle scelte, a lavorare per favorire scambi e contaminazioni, che siano essi di natura
economica, sociale, culturale. È questo il futuro, ma è questo anche il presente.
Ecco perché, per tre anni consecutivi, e mentre ci accingiamo al quarto, lo studio Polis Avvocati
ha voluto creare reali connessioni tra Paesi lontani geograficamente dall’Italia, eppure vicini
per sentire e prospettive. Un’esperienza che non si ferma, e che per il 2018 focalizza la sua
attenzione su uno spicchio di terra primigenia, il Corno d’Africa, finalmente ricomposto alla
pace tra Eritrea e Etiopia.
Spaziando da un continente all’altro, seguendo la rotta delle possibili relazioni che questi
Paesi intrecciano con l’Italia e le sue dinamiche, sempre approfondendo le tematiche
giuridiche sottostanti, e partendo dalla nostra professionalità in ambiti specifici quali
l’Internazionalizzazione delle imprese, in questi anni abbiamo tessuto una rete di legami che
già sta producendo i suoi frutti in molteplici settori.
Si tratta di una sfida entusiasmante che al contempo racconta di quanta strada ancora c’è da
fare per comprendere e tradurre, a seconda delle prospettive, questo nostro mondo e le
sue dinamiche attuali.
Vi invitiamo a proseguire questo viaggio di conoscenza con noi, facendo nostro il
detto senza tempo di un viaggiatore per eccellenza, Bruce Chatwin: “Il viaggio,
non solo allarga la mente, ma le dà forma”.
Buon viaggio
Premessa ____ Polis Avvocati eFondazione Farefuturo
4 5
LE NUOVE ROTTE DEL LEVANTELe imprese meridionali e la sfi da dell’internazionalizzazione
Bari - 15 settembre
Fiera del LevantePad. N. 150 - UNIONCAMERE
I GRANDI MERCATI CHE TORNANOIstituzioni e professioni a supporto dell’Internazionalizzazione
Bari 16.09.2016 Sala Unioncamere
Media Partner:
In collaborazione con:
AFRICA LA NUOVA FRONTIERA DELLO SVILUPPO
In collaborazione con:
Sponsor:
L’evento è accreditato con n.3 crediti formativi dall’Ordine degli Avvocati di Bari.
01. 2015____
02. 2016____
03. 2017____
04. 2018____
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LE NUOVE ROTTE DEL LEVANTELe imprese meridionali e la sfi da dell’internazionalizzazione
Bari - 15 settembre
Fiera del LevantePad. N. 150 - UNIONCAMERE
01. 2015____
01. 2015____
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02. 2016____ «I Grandi Mercati che tornano. Istituzioni e professioni a supporto dell’internazionalizzazione»
02. 2016____
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03. 2017____ «Africa. La nuova frontieradello sviluppo»
03. 2017____
Francesco Paolo BelloPolis Avvocati
Lo Studio Polis Avvocati e io che qui lo rappresento, in collaborazione con la Regione Puglia, organizziamo per il terzo anno consecutivo un meeting internazionale nel contesto della Fiera del Levante, con l’intento di fare la nostra parte nel favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese, un processo che richiede attenzione, know how e soprattutto supporto bilaterale di tutti gli enti e gli organismi preposti.
Utilizzando al meglio le buone relazioni che ci legano, tra gli altri, a Sace, Simest, Confindustria, Camera di Commercio, e ai grandi operatori internazionali come IWS e Italianieuropei, nonché grazie ad alcuni riconoscimenti diplomatici diretti, abbiamo lavorato a questa terza edizione del meeting per costruire una rete di legami e relazioni, che sia utilizzabile dalle imprese per avvicinarsi o rinforzare i propri rapporti con Paesi meno “frequentati” in termini di rotte commerciali, ma non per questo meno rilevanti o strategici. Nell’edizione d’esordio, «Le rotte del Levante», nel 2015, il primo ministro albanese Edi Rama, ci portò la testimonianza diretta di come una politica attenta e la volontà di una collaborazione internazionale abbiano cambiato il volto del suo paese. L’Albania è ora un interlocutore affidabile, un paese partner, una rotta sicura, e gli scambi con l’Italia, e in particolare la Puglia sono all’ordine del giorno. Nella seconda edizione del meeting «I grandi mercati che tornano», abbiamo esplorato le opportunità offerte da Iran e Cuba, due grandi Paesi restituiti allo scenario internazionale graduale alleggerimento delle sanzioni che li hanno penalizzati a lungo e pesantemente. Se consideriamo infrastrutture, logistica, manifattura, turismo e molto altro, per questi Paesi l’Italia rappresenta un partner indispensabile per convogliare le grandi risorse, energetiche, di materie
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prime e di sviluppo, verso un modello di crescita sostenibile, moderno ed efficiente. Le nostre imprese hanno partecipato numerose e interessate ai tavoli B2B predisposti da Puglia Sviluppo in esito all’incontro. Il nostro studio sta partecipando, come partner legale ad alcuni di questi progetti. Quest’anno ci affacciamo all’Africa, senza pretesa di esaurire il tema dello sviluppo del grande, gigantesco continente, così vicino e così sconosciuto ai più; con l’intento però di superare la visione ristretta dei rapporti problematici e aprirci ad un confronto chiaro, schietto e paritario con quelle realtà pronte e disponibili a interagire con il nostro brillante tessuto economico. Eritrea, Sudan e Repubblica Sud Africana, Paesi connessi e aperti alle relazioni con il nostro, hanno accolto l’invito al confronto e per questo li ringraziamo. Attraverso i loro massimi esponenti diplomatici sono qui a dialogare con i referenti del mondo della cooperazione, con le cariche politiche competenti e con gli imprenditori.Nel nostro ruolo di studio legale intendiamo svolgere la parte che più ci è consona, probabilmente meno visibile, ma altrettanto importante, di raccordo e coordinamento tra i diversi sistemi di regole, tra le diverse realtà giuridiche per indirizzare in maniera –soprattutto- sicura, ogni attività imprenditoriale o progetto di cooperazione. Polis Avvocati si è dotato di risorse specializzate in questo ambito, grazie al gruppo che si
dedica all’«Internazionalizzazione delle imprese», lavorando alla ricerca di interlocuzioni dirette e all’aggiornamento delle proprie competenze internazionali per fornire il miglior servizio alle imprese che intendono collaborare con questi Paesi. Joint ventures, best friendship, esportazione, importazione, progetti commerciali comuni verso Paesi terzi, questo ed altro segue il nostro gruppo di lavoro di Internazionalizzazione, operando a stretto contatto con le autorità dei diversi Paesi e con le maggiori istituzioni deputate al controllo, sicurezza e finanziamento degli scambi commerciali con l’estero. Per questo un ringraziamento particolare va all’Ordine degli Avvocati di Bari che supporta anche quest’anno l’iniziativa dimostrando di comprendere che il ruolo del professionista ha un potenziale molto superiore e ben più complesso di quello ritenuto comunemente. Parliamo dunque d’Africa e in particolare di Eritrea, Sudan e Repubblica Sudafricana.
EritreaCon un reddito medio pro-capite di circa 400 dollari e con un PIL fra i più bassi dell’Africa Sub-Sahariana, l’Eritrea, secondo la Banca Mondiale, è fra i Paesi più poveri al mondo. Il 63% del PIL deriva dai servizi, il 22%
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dal settore manifatturiero e il 15% da quello agricolo, sebbene, a causa della scarsa produttività del settore, la maggior parte della popolazione sia proprio impiegata in agricoltura. Il Paese è ricco di risorse minerarie (oro, argento, ferro, rame, potassio, silicio, marmo e granito).
SudanL’economia del Sudan ancora fatica a stabilizzarsi dopo lo shock della secessione del Sud Sudan del 2011, in seguito alla quale è venuta meno la maggior parte dei proventi derivanti dalle esportazioni di petrolio (il 75%) e oltre la metà’ delle entrate fiscali. Continuano inoltre a pesare sulle prestazioni economiche del Paese il forte debito pubblico ed estero, l’impatto diretto e indiretto delle sanzioni statunitensi (pur temporaneamente sospese e che saranno probabilmente rimosse dal luglio 2017) e un buisiness environment in generale carente sotto gli aspetti dell’expertise, della trasparenza e della completa affidabilità.
Sud AfricaÈ un attore imprescindibile: possiede l’economia più avanzata e diversificata del continente e quindi non solo costituisce un mercato di grande interesse in quanto tale, ma costituisce una porta d’ingresso
essenziale verso i mercati della regione grazie alla buona rete infrastrutturale, alle forti istituzioni finanziarie, alla solidità delle istituzioni democratiche e all’indipendenza del potere giudiziario. Negli ultimi anni si è assistito ad un’ascesa delle nostre esportazioni in Sud Africa. Nel periodo 2010-2016, in particolare, sono cresciute del 19%. Molte delle voci più significative hanno fatto registrare aumenti rilevanti: la prima per importanza, relativa ai macchinari e le apparecchiature, si caratterizza per un incremento del 13,6%. Per la seconda voce, relativa alla categoria residuale degli altri prodotti dell’industria manifatturiera (che comprende gioielleria, forniture mediche e dentistiche, strumenti musicali, articoli sportivi), si rileva un’impennata del 143,9%, grazie soprattutto agli articoli di gioielleria. In crescita altre voci di rilievo quali prodotti chimici (+26,4%), computer e prodotti di elettronica e ottica (+133,7%), autoveicoli, rimorchi e altri mezzi di trasporto (+57%), prodotti alimentari e bevande (+52,4%). In aumento anche apparecchiature elettriche e per uso domestico (+17,3%), articoli in gomma e materie plastiche (+40,5%), prodotti in metallo (+15,8%) e altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (+49%). In calo invece i prodotti petroliferi (-61,8%), i prodotti farmaceutici (-45,8%) e i prodotti della metallurgia (-31,5%)
03. 2017____
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03. 2017____
Buongiorno a tutti e benvenuti al Convegno che costituisce una sfida epocale, la sfida della
nuova frontiera dell’Africa. È una sfida fondamentale di sopravvivenza dell’Europa in gene-
re, considerato il fatto che in Africa il maggior Paese investitore in economia è “purtroppo e
sottolineo purtroppo”, la Cina a fronte di un’assoluta dimenticanza dell’Italia ma soprattutto
dell’Europa;
l’Europa che è chiamata a questa sfida epocale in cui il continente Africa è un’opportunità
piuttosto che un onere.
Buona giornata e buon lavoro a tutti i congressisti
03. 2017____
Avv. De CegliaDelegato del Consiglio dell’ordine degli
Avvocati
03. 2017____
RELATORI
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Buongiorno a tutti,
io credo che ancora oggi la Fiera del Levante dimostra di essere non soltanto il luogo delle esposizioni
e delle occasioni commerciali, dimostra di essere la sede di discussioni, di riflessioni nel campo dell’e-
conomia e nel campo delle relazioni alla presenza di ospiti autorevoli nazionali e internazionali. Credo
davvero non ci sia un posto migliore di questo, la città di Bari, la Fiera del Levante, per discutere dei
rapporti con il continente che è così vicino da un punto di vista geografico, però contemporaneamen-
te sconosciuto; in fondo se guardiamo bene l’Africa è soltanto l’altra sponda del mar Mediterraneo,
un mare che per millenni ha cullato i nostri due popoli ed ha segnato le storie dei nostri due popoli.
Mi sento di ringraziare gli organizzatori di questo incontro di oggi, in particolare l’Avv. Bello per la
coraggiosa intuizione che ci permetterà di cogliere elementi di conoscenza utili e necessari per svilup-
pare relazioni politiche ed istituzionali e per far scoprire alle nostre aziende scenari interessanti in un
continente vastissimo abitato da oltre un miliardo di persone. Credo che la vastità del territorio da
un lato e la diversità dall’altro lato degli insediamenti e anche delle storie a volte anche drammatiche
delle popolazioni che abitano l’Africa debbano farci riflettere sul fatto che l’Africa non è tutta uguale
e che la chiave di lettura del territorio non può essere la stessa se passiamo dal Maghreb alla parte
subsahariana al Corno d’Africa o all’estremo sud. Certo la costa sud del Mediterraneo per noi europei
che avevamo coltivato grandi speranze proprio nel partnariato euro-Mediterraneo della conferenza
di Barcellona degli anni novanta purtroppo è fallito ed è diventato oggetto di attenzione non tanto
per i rapporti economici ed istituzionali, quanto per due fenomeni legati alla sicurezza e che
sono: il fenomeno del flusso migratorio e quello legato alla prevenzione e repressione del
terrorismo. Io invece credo che proprio partendo da questi due fenomeni che hanno
una portata epocale per come abbiamo raccontato l’altro giorno in occasione della
inaugurazione della Fiera, che sono due fenomeni che spaventano l’Europa e
l’Occidente dovremmo ripensare e rinnovare le nostre relazioni con l’Africa
Antonio DecaroSindaco di Bari
sub-sahariana, spinti soprattutto noi italiani da un dato di fatto strutturale che è proprio la vicinanza
geografica. Quell’immensa regione africana sta vivendo una stagione di grande fase di crescita, di
espansione economica, pensate che ha un tasso di crescita superiore a quello dei Paesi Brics.
Questa rapida e prolungata crescita potrebbe determinare per le nostre aziende, grandi opportunità
se solo avessimo la capacità di rafforzare i rapporti di internazionalizzazione dal punto di vista econo-
mico e credo che l’incontro di oggi vada proprio in questa direzione e segna la volontà di costruire una
partnership paritaria tra l’Africa e il nostro Paese, dove l’Africa non è più percepita come un continente
soltanto afflitto dalle guerre e dalla miseria sociale, ma al contrario viene visto come un’area in piena
crescita economica e quindi in grado di offrire molte opportunità al nostro Paese. In un quadro di dati
forniti dalla Farnesina in cui l’Italia si attesta al 7° posto come partner commerciale, con un volume di
interscambio pari a 40 miliardi di euro, il 5% dell’intero volume di interscambio africano. Il fatto che
nel continente africano si registrano questi alti tassi di crescita economica apre secondo me molte
opportunità alle aziende italiane e l’interesse è dimostrato proprio all’incontro che qui oggi si tiene in
Fiera.
Bisogna forse diversificare i settori di interesse che oggi sono limitati all’energia, alle infrastrutture,
all’agroalimentare; bisogna aumentare il numero dei paesi africani da coinvolgere in questo processo
e dare magari qualche opportunità in più alle aziende più piccole del nostro sistema economico. Tutto
questo si può fare soltanto se facciamo sistema, credo che fare sistema sarà il tema da affrontare
in questa giornata che proporrà sicuramente da un lato spunti di riflessione sulle opportunità
commerciali, economiche che hanno anche un risvolto politico-istituzionale ma ci permet-
terà anche di conoscere un territorio, un continente molto vicino a noi e ancora molto
sconosciuto.
Grazie
“Bisogna aumentare il numero
dei paesi africani da coinvolgere
in questo processo e dare magari
qualche opportunità in più alle
aziende più piccole del nostro
sistema economico.”
20 21
Laura RuggieroVice Presidente Confindustria
Buongiorno a tutti e ben trovati.
Ringrazio per questo invito: come sapete accettiamo con molto entusiasmo anche perché qui si parla
di temi di crescita.
Saluto gli ambasciatori e sono lieta di trovare delle donne rappresentanti di Paesi importanti che of-
frono la possibilità di esprimere al meglio le risorse del proprio paese. Quindi è un orgoglio per me
come donna vedere seduti a questo tavolo anche rappresentanti femminili.
Confindustria o le imprese di Confindustria in questi ultimi anni hanno cercato di arginare quelli che
sono stati i riflessi negativi di un lungo periodo di crisi guardando a paesi oltre confine. Quindi l’export
per noi è stato in questi anni un’ancora di salvezza. Molte aziende, soprattutto quelle più strutturate
hanno fatto di questo il loro business, sono riuscite a recuperare mercato e oggi cercano ancora con
tanti sforzi di consolidare questi risultati perché hanno capito che solo così attraverso l’interscam-
bio con altri paesi, è possibile guardare avanti e pensare ad una dimensione diversa delle proprie
aziende. La Puglia in questo, e Bari in particolare, ha registrato dei numeri di tutto rispetto con delle
eccellenze in vari campi, soprattutto nell’agroalimentare, nella meccanica e nella farmaceutica. Però
questo non è sufficiente, dobbiamo aiutare tutta quella platea di Pmi che ancora non hanno avuto il
coraggio o non hanno avuto le basi per poter affrontare un’apertura verso nuovi mercati.
Ed è proprio a quelle imprese che noi guardiamo per sostenerle in questa crescita, soprattutto perché
si trovano ad affrontare temi di questo genere senza una struttura adeguata; quindi un supporto
da parte del governo verso questa fascia di aziende secondo me è utile e quindi dobbiamo
cogliere tutte le opportunità che governo centrale e locale mettono a disposizione dell’im-
prenditoria per sviluppare al meglio le potenzialità che ognuna di queste ha. Nell’ultimo
anno, come dicevo, si sono registrati piccoli segnali di ripresa, ma ovviamente que-
sta ripresa noi non riteniamo sia una vera ripresa. Per cui i nostri sforzi devono
andare soprattutto in questa direzione cercando tutte le alternative e tutte
le possibilità per questa crescita e l’occasione oggi di questo incontro è un esempio. Per questo vorrei
ringraziare lo studio Polis e l’Avvocato Bello perché sta facendo di queste iniziative un incontro a cui
non si può più rinunciare offrendo la possibilità di conoscere mercati apparentemente lontani ma con
grandi possibilità di offrire interscambio commerciale. Quindi soprattutto verso questi paesi che noi
dobbiamo orientare la nostra attenzione. In Africa sono poche le Pmi che possono dire di aver intra-
preso un cammino di interscambio; abbiamo sicuramente grandi aziende come l’Eni che hanno una
grande fetta di mercato; ma noi dobbiamo puntare affinché la dimensione aziendale non sia quelle
delle nostre Pmi, belle, familiari, ma non organizzate in maniera organica, non organizzate in maniera
manageriale, per cui dobbiamo far crescere soprattutto gli imprenditori e dobbiamo far capire loro
che questa consapevolezza diventi forza per le nostre aziende e quindi aiutarle ad allargare questa
visione formando il personale; dobbiamo guardare fuori, le occasioni certo non mancano, ma questo
le aziende non riescono a farlo da sole, dobbiamo chiedere al governo, alle istituzioni, alle università
di cambiare rotta e indirizzare verso l’interscambio comunitario anche corsi di studi per formare fin
da subito la nuova classe dirigente perché possa capire l’importanza di un mercato globalizzato. L’au-
gurio è che ci possano essere presto nuovi incentivi per camminare in questa direzione. Io sono certa
e mi auguro che nuove politiche commerciali possano fare oggi la differenza. Gli accenni del governo
centrale a nuovi incentivi alle imprese non può che farci piacere e quindi noi accogliamo con entusia-
smo i lavori che si svolgeranno oggi qui perché questa nuova conoscenza non potrà che accrescere
la consapevolezza di un allargamento di una visione commerciale ormai non più rimandabile.
Grazie
“Dobbiamo chiedere al governo,
alle istituzioni, alle università di
cambiare rotta e indirizzare verso
l’interscambio comunitario anche
corsi di studi per formare fin da
subito la nuova classe dirigente
perché possa capire l’importanza
di un mercato globalizzato.”
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Grazie e benvenuti a tutti. Un benvenuto particolare agli ambasciatori dello Stato del Sudan e dell’E-
ritrea e siamo in attesa dell’ambasciatrice della Repubblica sudafricana; un saluto particolare al sot-
tosegretario Della Vedova, ai presidenti di due importanti istituzioni culturali Massimo D’Alena per
la Fondazione Italianieuropei e Adolfo Urso per la Fondazione Farefuturo. Per me è un onore aprire
questo convegno che dà il senso di quello che intendiamo per nuove frontiere dello sviluppo e per
nuovi impegni della Regione Puglia nella capacità di far crescere la propensione all’internazionaliz-
zazione del proprio sistema produttivo e del proprio sistema di imprese. Un ringraziamento partico-
lare alla cooperativa Polis avvocati che ha avuto l’intuizione, la lungimiranza nell’organizzare questo
convegno, di tracciare questa nuova frontiera dello sviluppo, mettendo al centro di questo confronto
l’Africa e in modo particolare tre paesi che assommano gli slanci, le contraddizioni e le arretratezze
del continente africano; questo è il segno del fatto che noi ci troviamo di fronte ad un continente che
sembra camminare su un confine molto labile tra il rischio di diventare sempre più un mercato per
l’odio, per le multinazionali dell’odio, per i fondamentalisti islamici e la possibilità invece di aprire il
proprio mercato e diventare un layer importante per le relazioni internazionali e commerciali. Una
consapevolezza questa che gradualmente ma con grande difficoltà sta interessando l’Unione euro-
pea, che dà timidi segnali di costruzione di accordi bilaterali con i paesi africani ma ancora molto
molto timidi rispetto alle grandi esigenze che riguardano il continente africano. I tre paesi oggetto del
nostro confronto sono la metafora delle possibilità ma anche delle grandi drammatiche questioni
presenti nel continente africano; la possibilità di avere slanci come nella repubblica sudafricana
che ha visto negli ultimi anni la crescita esponenziale nel settore terziario e manifatturiero;
la capacità di altri paesi di avere una collocazione geopolitica utile ma invece contratti di
politiche di registri e protezionistiche; paesi che hanno grandi risorse energetiche e
minerarie ma che sono ancora attraversati da conflitti, da secessioni; questo dà
il segno che c’è un mercato per le nostre imprese, un mercato per l’Europa,
Michele MazzaranoAssessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia
per l’Italia, per la Puglia; c’è un dato che accomuna il nostro paese alla nostra regione: nei lunghi anni
della crisi dal 2006 in poi, negli ultimi 10 anni è cresciuto il livello di esportazione nel nostro paese
e anche in Puglia; noi passiamo dal valore assoluto dell’export di 6 miliardi e 700 del 2006 ai 7 mi-
liardi e 900 del 2016; una crescita in anni difficili, in anni di contrazione, di difficoltà legate alla crisi
economico-finanziaria che ci ha attraversato; ed è indicativo segnalare come dentro questa crescita
ci sia soprattutto la grande incidenza di settori altamente innovativi come la information-tecnology, le
industrie creative, la chimica, la farmaceutica, tutti settori che nel 2006 incidevano per il 22% nel dato
dell’esportazione pugliese, nel 2017 finiscono per incidere con il 59%; questo dà il segno di un’eco-
nomia molto dinamica e in alcuni settori molto vocata ad aggredire quote di mercato internazionale.
Ovviamente c’è anche una tenuta, non c’è solo lo slancio della parte più innovativa della nostra econo-
mia, ma c’è una tenuta dell’agroalimentare, del tessile e del legno-arredo nelle esportazioni. Questo
dice che la Puglia che ha sempre avuto una vocazione internazionale, legata alla sua collocazione
geografica, al suo essere regione di frontiera, negli ultimi anni è diventata una regione più internazio-
nale e più internazionalizzata perché i nostri piani strategici di internazionalizzazione hanno provato
ad insistere su due fattori, su due dimensioni: la dimensione della internazionalizzazione attiva e il
fattore della internazionalizzazione passiva; cioè noi abbiamo lavorato per far crescere da un lato la
propensione delle nostre imprese ad esportare e a prendere quote e segmenti di mercato, a costruire
nuove relazioni commerciali e dall’altro abbiamo accresciuto notevolmente la capacità attrattiva di
alcuni fattori della nostra impresa. Per cui l’immagine della Puglia è cresciuta in modo tale da
essere vista come un mercato appetibile; da questo punto di vista voglio ricordare che nel
programma significativo sia nel 2007-2013 che anche nella nuova programmazione gli
aiuti alle grandi imprese, se cito soltanto i dati che riguardano il contratto di pro-
gramma, nella vecchia programmazione 2007-2013 il 45% degli investitori che
hanno utilizzato il contratto di programma, il 45% sono investitori esteri; nei
“La Puglia che ha sempre avuto
una vocazione internazionale,
legata alla sua collocazione
geografica, al suo essere
regione di frontiera, negli
ultimi anni è diventata una
regione più internazionale e più
internazionalizzata.”
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primi due anni della nuova programmazione, il 51% delle imprese che hanno utilizzato il contratto di
programma sono investitori esteri. Parliamo di Germania, Francia, Stati Uniti, Olanda, India, quindi sia
vecchi alleati commerciali che nuovi. Questo dà il segno che abbiamo tutte le potenzialità per allarga-
re le frontiere delle relazioni commerciali per il nostro sistema di imprese e ovviamente la Fiera del
Levante è un grande laboratorio per insistere su questa strada, questo convegno ne è un po’ la dimo-
strazione ma altri ne seguiranno, perché qui sono presenti 23 paesi di tutti i continenti e nel nostro
padiglione quello dedicato alla internazionalizzazione ci sono desk di presentazione, country presen-
tation, ci saranno occasioni per i nostri imprenditori affinchè possano entrare in contatto diretto con i
responsabili commerciali delle rappresentanze diplomatiche di ogni paese e capiscano quali possano
essere le condizioni per costruire ponti ed aprire nuovi investimenti in altri paesi. Tutto questo colle-
gato con la significativa realtà dei pugliesi nel mondo. Ringrazio tutti voi e credo che questa occasione
possa essere foriera non solo di costruzioni di pace ed amicizia con i paesi interessati, ma una grande
occasione per il nostro sistema di impresa.
Grazie e buon lavoro a tutti
BenedettoDella VedovaSottosegretario MAECI
Ci tenevo particolarmente ad essere presente;
porgo i miei saluti innanzitutto agli ambasciatori presenti, ringrazio la Regione e il Presidente Emilia-
no, ringrazio Adolfo Urso.
Credo che tra le cose importanti che i governi di cui ho avuto l’onore di far parte, quello Renzi pre-
cedente e quello Gentiloni attuale, un tema su cui i governi in questi anni hanno lavorato in maniera
coordinata e piuttosto efficace è stato quello dell’internazionalizzazione. Prenderanno la parola Scan-
navini dell’Ice e Quintieri di SACE, i quali daranno qualche dettaglio in più per le imprese e gli operatori
oggi presenti. Sicuramente su questo si è lavorato bene mettendo a fattor comune sia il lavoro delle
istituzioni, e non è scontato che lo sia, settore pubblico e privato che è uno degli aspetti della discus-
sione di oggi.
Di Africa si è ricominciato ad occuparsi in Italia e in Europa dopo qualche decennio troppo lungo di
elaborazione del lutto di senso di colpa dopo la fase coloniale e di distrazione; questo vuoto di pre-
senza europea è stato negli ultimi due decenni in qualche modo riempito da una grossa presenza
cinese soprattutto sulle infrastrutture, sul piano commerciale spesso gli interlocutori commerciali
sono diventati anche lì asiatici. Per una serie di ragioni che non sto a riprendere, l’Africa è tornata al
centro delle strategie europee, del pensiero delle politiche commerciali e di cooperazione allo svi-
luppo europeo. Negli ultimi anni e poi negli ultimi mesi c’è stato un rafforzamento di progetti, di
iniziative e di proposte alle quali saremo tutti quanti chiamati a rispondere nei prossimi mesi
per dare concretezza a questi buoni propositi che hanno un driver politico molto forte,
molto emotivo che è quello legato ai flussi migratori e al governo dei flussi migrato-
ri, ma che devono avere ben presente una strategia di partnership economica
complessiva, che può avere anche come effetto positivo quello di consenti-
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re una gestione dei flussi migratori ma che non può avere quello come obiettivo. I dati demografici
che immagino sono stati già richiamati o che verranno richiamati, mettono in evidenza come questo
secolo da un punto di vista demografico sarà il secolo africano; cito sempre un paese emblematico
come la Nigeria che nel 2050 secondo le proiezioni dell’Onu sarà il terzo paese più popoloso del mon-
do e che nel 2075 avrà tanti abitanti quanto l’Unione europea. C’è un terreno enorme da recuperare;
partire dopo e in ritardo è un handicap, abbiamo però alcune esperienze non felici di altri investitori
e operatori economici, non felici nella percezione e nella valutazione di molte leadership africane,
per cui questo terreno può essere recuperato abbastanza velocemente se c’è una strategia, se c’è un
investimento, se c’è la capacità di avere partnership con l’Africa. Nel 2016 l’interscambio commerciale
tra l’Italia e l’Africa è stato di 34 miliardi di euro. Teniamo solo presente per avere un riferimento che
l’interscambio tra l’Italia e la Svizzera che è uno dei paesi più ricchi del mondo, l’interscambio è stato
di 30 miliardi di euro. Però se noi, questo dato di 34 miliardi di euro andiamo a scorporarlo, vediamo
che i 34 miliardi sono fatti per 7,9 con la l’Algeria, con l’Egitto 4,5 miliardi, la Libia 2,8 miliardi, se to-
gliamo il Maghreb, quello che resta sono poco più di 10 miliardi e vediamo che per quello che resta
di interscambio commerciale siamo praticamente quasi a zero; anche considerando in un’Africa che
cresce con tassi di crescita a macchia di leopardo, anche considerando il punto di partenza. Questo
credo sia uno degli obiettivi che nella spinta all’internazionalizzazione che noi stiamo cercando di
imprimere come governo con qualche buon risultato visto la tenuta nella crescita e la crescita della
crescita dell’export che abbiamo avuto negli anni complicati unito allo sforzo che si sta facendo
in ambito italiano e in ambito Unione europea per la cooperazione con l’Africa credo che
questo sia un elemento di valutazione importante. C’è a livello europeo ed italiano la
consapevolezza di avere strumenti che partono certo dalla cooperazione in chiave
più tradizionale al coinvolgimento delle imprese sapendo che ci sono degli stru-
menti di assicurazione per risorse pubbliche e private, ci sono piani come
quello della Commissione che prevede di lavorare su un effetto leva di 1 a 11, con la convinzione che
si possano attivare risorse molto importanti, naturalmente sempre nella logica della partnership e
vale per l’Africa come per altri paesi, lo sforzo che l’Italia sta facendo - governo, agenzie e sistema delle
imprese - naturalmente quello di entrare a pieno titolo nell’internazionalizzazione e che vede la cre-
scita delle imprese attraverso investimenti in aree come in quelle dei paesi africani, investimenti volti
a realizzare capacità produttive per servire i mercati locali e regionali, ma questo è un altro tema. Uno
degli elementi che abbiamo affrontato in termini di cooperazione e dialogo con tutta l’Africa setten-
trionale ma non solo, è il livello bassissimo di cooperazione economica e interscambio commerciale
che è un fattore penalizzante ed un elemento in termini di capacity building di cui l’Europa ha un’espe-
rienza particolare. Se è vero che c’è questo sforzo dell’Europa è altrettanto vero che l’Italia è il ponte
tra Europa e continente africano, nel radar per gli sforzi dell’internazionalizzazione che in questo
caso si accompagnano e devono fare sinergia con gli sforzi per la cooperazione e l’Italia ha cercato in
questi anni di rimpolpare i fondi per la cooperazione allo sviluppo che si erano un pò depauperati nei
quattro-cinque anni precedenti, stiamo aumentando le risorse con tassi di crescita elevatissimi. Que-
sto per dire che lo sforzo che gli imprenditori vogliono fare non solo ha grandi potenzialità e lo sap-
piamo, rischi e lo sappiamo, non solo ha risorse specifiche e strumenti messi a disposizione dell’am-
ministrazione specifica ma può anche utilizzare uno sforzo complessivo che l’Italia in particolare e in
generale l’Unione europea sta facendo in termini di cooperazione allo sviluppo dei paesi africani.
Quindi sono grato di questo invito, di questa occasione, credo che questo sforzo di fare sinergia
con l’internazionalizzazione delle imprese al lavoro che si fa in termini di cooperazione allo
sviluppo, anche con strumenti più tradizionali, con un punto di congiunzione importan-
te nella nuova legge, questo sforzo richiede buone prassi, chiede buoni e adeguati
strumenti finanziari, richiede però soprattutto di discutere con gli imprenditori
per capire quali sono le esigenze di chi vuole provarci, i problemi di chi ci ha
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già provato, le prospettive di chi vuole provarci, ma richiede sicuramente uno sforzo complessivo per
trasmettere informazioni, spunti e garantire sostegno. Nel futuro dell’Italia c’è necessariamente e in
modo sempre più rilevante l’Africa.
Grazie e buon lavoro.
Adolfo UrsoPresidente Fondazione Farefuturo
Ringrazio lo Studio Polis con cui collaboriamo da tre anni alla realizzazione di meeting in questa sede,
quella della Fiera del Levante.
Il primo lo ricordo a noi stessi e a voi fu “e non a caso” sui Balcani tre anni fa e venne il Primo Ministro
Rama, il Primo Ministro dell’Albania. Non a caso i Balcani, perché il Levante e gli interessi strategici
della Puglia sono prioritari nei Balcani; il secondo fu su due paesi ai quali era stato rimosso l’embargo,
l’Iran e Cuba, e il terzo è l’Africa, perché nel frattempo sia è diventata la priorità italiana, la priorità
strategica sia per quanto riguarda le opportunità, lo diceva prima Benedetto Della Vedova, l’Africa per
la crescita demografica, per la crescita economica di alcuni attori e per le opportunità in alcuni settori
strategici, ne parlerò dopo – l’acqua, l’energia e le infrastrutture ma pure altri – l’Africa è sicuramente
una priorità ma lo è sicuramente anche da un punto di vista della sfida, immaginiamo quello che è
accaduto nei recenti mesi, nei recenti anni come flusso migratorio e quello che sta avvenendo in que-
ste ore.
L’Africa è priorità se vogliamo nel bene e nel male, e lo è diventato, volendo fare una provocazione
strategica a Massimo D’Alema che su questi argomenti è più ferrato di me, perché l’Italia ha subito
la più grave sconfitta – a mio avviso – nella sua storia repubblicana in Africa, subita e lo dico con un
azzardo strategico per i propri interessi nazionali, ovviamente, con la caduta di Gheddafi che secondo
me ha rappresentato la più grave sconfitta dell’Italia repubblicana perché ha aperto da una parte il
flusso dell’immigrazione clandestina che sta mettendo a serio rischio il sistema sociale del nostro
paese oltre che quello della sicurezza in alcuni casi nella, non dico latitanza, ma scarsa conside-
razione europea e nel contempo ha fatto evidenziare che l’Africa che noi conoscevamo, cioè
quella mediterranea e più largamente la sponda sud del mediterraneo, è oggi un proble-
ma serio per tutti noi, dalla Libia, alla Siria persino alla Tunisia ancorché sia un paese
uscito da una fase di stabilizzazione, accenno alla sponda sud del mediterraneo
ma per noi strategica, Turchia e Siria e così il grande medioriente.
“Nel futuro dell’Italia
c’è necessariamente e in modo
sempre più rilevante l’Africa.”
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Qui per sottolineare che l’interesse strategico italiano è stato messo a serio rischio, ed una domanda
dovremmo farla, non è questo il convegno, lo dico da una sponda di una persona che si è sempre bat-
tuta per una Italia europea e occidentale, se oggi gli interessi strategici italiani coincidono con quelli
dei nostri tradizionali alleati; gli interessi strategici sul piano economico, interessi strategici sul piano
della proiezione della sicurezza del ruolo dell’Italia, se ancora oggi i nostri interessi strategici coincido-
no con quelli francesi, per esempio con quelli inglesi e persino con quelli degli Stati Uniti nell’area di
prioritaria strategia italiana che è quella dei Balcani della Russia, pensiamo all’embargo nei confronti
della Russia, pensiamo alla Turchia di Erdogan, pensiamo al grande medioriente noi eravamo il primo
partner commerciale della Siria che è ridotta ad un campo di guerra civile, pensiamo all’Iran che si
è riaperto ma che non si riapre per gli interessi americani, pensiamo appunto alla Libia di Gheddafi,
all’intervento di Sarkozy, pensiamo anche all’Africa nera.
Noi concepivamo e concepiamo l’Africa come due aspetti diversi, quella mediterranea che era inserita
in un processo di integrazione euro-mediterraneo, io stesso ne ho partecipato, molto importante che
oggi è più un problema che un’opportunità, o comunque è anche un grave problema oltre che un’op-
portunità, e l’Africa nera che avevamo dimenticato che oggi è una minaccia sotto il punto di vista dei
flussi migratori e mi chiedo perché l’Europa abbia concentrato l’attenzione recentemente e lodevol-
mente sul Niger e sul Ciad per quanto riguarda paesi su cui investire per frenare i flussi migratori in
quell’area ed evitare che arrivino nelle coste libiche e quindi in quelle italiane e non lo faccia altret-
tanto in un’area strategica italiana come il Sudan laddove c’è un flusso migratorio altrettanto im-
portante e in cui occorre collaborare con questo paese affinchè appunto il flusso migratorio
sia frenato ed indirizzato in quel paese e in quell’aria strategica.
È prioritaria l’Africa nera sia come opportunità, e l’opportunità è un modo anche per
frenare la minaccia con la consapevolezza che il nostro competitore più impor-
tante sia la Cina.
Lo scorso anno, si vedano i dati sugli investimenti, gli investimenti italiani negli ultimi due anni sono
stati importanti; sono stati importanti perché c’è un attore che ha scelto l’Africa che è l’Eni, in questo
caso più l’Egitto che il Mozambico o la Nigeria, comunque è l’Eni; è importante perché con l’Eni c’è
l’Enel che ha scelto l’Africa, e non a caso è importante perchè c’è Salini-Impregillo, c’è Ferrero; ma se
guardiamo chi sono gli altri attori ci rendiamo conto di quali sono gli interessi strategici in campo: il
primo attore è la Cina che da tempo ha puntato sull’Africa, il secondo attore negli investimenti sono
gli Emirati arabi, perché c’è ovviamente una competizione tra interessi strategici di continenti e se
vogliamo anche di visione della vita in Africa; l’America di Obama se ne era accorta, anche quella di
Bush che aveva fatto un piano per l’Africa non indifferente, l’Europa un po’ meno, eppure per l’Europa
è fondamentale come lo è per l’Italia.
Cina, Emirati Arabi, Italia, Europa.
Si può e si deve fare di più; innanzitutto nei settori che sono fondamentali; parliamo di acqua. L’acqua
è la risorsa principale che manca soprattutto in Africa. Fino a prova contraria l’esperienza della Puglia
sull’acqua è fondamentale; l’acquedotto pugliese, il primo d’Europa. Vogliamo renderci conto che la
prima opportunità, la prima necessità in Africa è l’acqua, e quello che significa con l’acqua, riciclaggio,
riutilizzo e quant’altro ancora. La seconda necessità è l’energia anche e soprattutto l’energia rinnova-
bile, proprio per il contesto africano del territorio di dispersione nel territorio della popolazione, e la
Puglia, l’Italia, sono un esempio nel mondo di utilizzo dell’energia rinnovabile. Acque e energia prima
di ogni altra cosa, acqua e energia sono due asset dell’impresa italiana e della cultura italiana. E
le infrastrutture.
Acqua, energia e infrastrutture sono settori su cui oggi l’Africa deve assolutamente pun-
tare e noi con loro per creare un contesto che consenta a quel paese di crescere
insieme a noi e di fornire le opportunità; poi vengono i servizi. Io ricordo spesso
una cosa che mi colpì quando lessi che oggi il pastore che vive in centro
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Africa grazie al suo telefonino, e il 70% degli africani hanno il telefonino ha le stesse conoscenze sul
mondo che vent’anni fa erano riservate solo al presidente degli Stati Uniti; questo per rendersi conto
di come è cambiata la diffusione dell’informazione delle conoscenze nel mondo e di come è difficile
fermare un’immigrazione in cui ciascuno oggi vede non per quello che raccontano, ma per quello che
vede attraverso il telefonino che c’è un altro mondo su cui cogliere l’opportunità. Ma questo significa
anche che le imprese non possono pensare che l’Africa sia quella di una volta dove si va e si può ven-
dere qualunque cosa, perché gli basta collegarsi col suo telefonino per vedere che il prodotto che gli
stanno presentando è superato già da due generazioni. Il pastore dell’Africa oggi ha le stesse capacità
di conoscenza di quello che aveva vent’anni fa, il presidente della repubblica americana. L’Africa come
servizi, l’Africa come agricoltura, agro-industria, turismo. Sicuramente è una sponda importante per il
nostro paese. Qui sono rappresentati tre paesi, l’Ambasciatore Tambo credo abbia avuto un proble-
ma; comunque il Sud Africa è sempre stato il paese guida dell’Africa; dal punto di vista economico oggi
la Nigeria ha sopravanzato il Sud Africa come consistenza, ma il Sud Africa è il paese in cui le nostre
imprese sono più numerose, e poi due paesi Sudan ed Eritrea, paesi difficili ma paesi in cui ci sono
interessi strategici italiani.
Al Sudan è stato recentemente rimosso l’embargo, ancorché vi sono ancora dei problemi, il Sudan è il
granaio, comunque la potenza agricola e anche per quanto riguarda l’allevamento ed è un paese stra-
tegico, 40 milioni di abitanti, è un paese che può con adeguati investimenti nel settore dell’agricol-
tura, dell’agroindustria e dell’allevamento rifornire l’intera Africa come in parte sta già facendo.
L’Eritrea è un paese a noi lontano.
L’altro giorno l’Unesco ha riconosciuto Asmara come patrimonio dell’umanità, per quel-
lo che mi ha colpito, sono stato più volte, per la sua architettura razionalista inte-
gralmente preservata, per quello che gli italiani fecero allora e che sono rimasti
in quel territorio; patrimonio dell’umanità, ce ne siamo dimenticati. Grazie
dunque agli italiani e agli eritrei che invece di distruggere hanno preservato quel patrimonio. Bene un
piccolo paese ma che per me è fondamentale, anche per quanto riguarda il problema dell’immigra-
zione, certamente per quello che riguarda l’interesse culturale, storico e strategico dell’Italia. L’Africa
può essere un’opportunità come diceva prima Benedetto Della Vedova. Nel mio breve passaggio di
governo avevo focalizzato l’Africa, Beniamino Quintieri, allora presidente dell’Ice se lo ricorda, presen-
tammo un piano Africa ad Addis Abeba, soprattutto ci ricordammo che la capitale dell’Africa è Roma,
non perché Roma debba diventare una città africana come qualcuno pensa, forse lo stesso sindaco,
ma perché Roma è la capitale dell’Africa; Roma, e vi do soltanto questo dato è la città in cui vi sono
più diplomatici al mondo, perché ovviamente l’Italia è uno Stato importante nel G7, tutti hanno la loro
ambasciata ma anche perché vi è il Vaticano certamente, tutti hanno la loro ambasciata in Vaticano,
la Chiesa ha una sua funzione in Africa e perché a Roma vi sono le sedi delle agenzie alimentari delle
Nazioni Unite, a cominciare dalla Fao e tutti i paesi africani hanno avuto storicamente una presenza
anche alla Fao perché per loro è vita, è alimentazione.
Quindi Roma è anche la capitale della diplomazia africana.
Allora realizzammo due meeting internazionali in due anni successivi non a caso in Campidoglio per
focalizzare questa possibilità. Nei prossimi 10 anni l’Africa raddoppierà la sua produzione manufat-
turiera da 500 a 930 miliardi di dollari all’anno; raddoppierà la propria popolazione, oggi un miliardo
di persone di cui il 70% sotto i 25 anni, anche perché l’età media è molto bassa, ma si accrescerà e
avrà una potenza di forza lavoro pari e presto superiore a quella della Cina e il tasso di crescita di
alcuni paesi africani è superiore da lungo tempo a quello della Cina pur tra le contraddizioni
che ancora esistono nei 54 paesi africani tra cui quelli che crescono di più e si aprono e
quelli che crescono di meno e si chiudono. Ma vi sono aree di integrazione commer-
ciale se pensiamo a quello dell’Africa centro orientale estremamente importanti.
Ebbene i consumi, già oggi ci sono 350 milioni di persone che possono esse-
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re considerati in Africa, ceto medio; i consumi cresceranno e da qui a 10 anni i consumi delle famiglie
e delle imprese ogni anno saranno pari a 5600 miliardi di dollari.
L’Africa ha bisogno di più attenzione, vi è bisogno di capire e penso che l’Italia stia cominciando a ca-
pire quando avverte la minaccia dell’Africa, dell’immigrazione; c’è bisogno di capire che l’Africa oggi,
domani e per tanti anni sarà necessariamente la priorità italiana ed europea, sia per quanto riguarda
la questione migratoria che è un fenomeno biblico con cui noi dovremmo fare i conti per generazio-
ni, sia per quanto riguarda le opportunità che vi sono per le nostre imprese in quel continente. E noi
vorremmo che l’Italia e se fosse possibile l’Europa, ove gli interessi coincidessero perché non sempre
coincidono con alcuni dei partner europei, noi vorremo che l’Italia e di conseguenza l’Europa sapesse
cogliere il lato positivo della medaglia africana, cioè la crescita delle famiglie, dei consumi, dei lavora-
tori, delle imprese africane, delle opportunità che esse forniscono alle nostre imprese e non purtrop-
po vedere la faccia negativa dell’Africa. Se ci fosse più attenzione, se ci fosse più la consapevolezza – e
lo dico al Presidente D’Alema - che questo paese debba avere una visione che travalica i governi dei
propri interessi strategici al livello internazionale, certamente nel Mediterraneo, nei Balcani, in Africa
che è la nostra priorità assoluta, se ci fosse la consapevolezza comune di quali sono gli interessi stra-
tegici del paese, forse riusciremo a consentire alle nostre imprese di cogliere meglio queste opportu-
nità e se vogliamo anche di ridurre i danni collaterali alla minaccia migratoria che potremmo fermare
lì e soltanto lì.
Ringrazio per l’invito e per l’opportunità di ritornare a Bari alla Fiera del Levante che rappresenta un
appuntamento cruciale per la città di Bari, per la Puglia e il Mezzogiorno; naturalmente anche per gli
interessi di questi incontri sempre volti ad affrontare questioni fondamentali per la pace, la sicurezza
e anche per accrescere le potenzialità di sviluppo del nostro paese. Io condivido l’idea di fondo di que-
sto incontro, cioè che l’Africa rappresenti il banco di prova strategico per l’Europa certamente nei
prossimi 20-25 anni; lì ci giochiamo possibilità di sviluppo, di sicurezza. Certamente occorre avere una
visione integrata dello sviluppo euro-africano considerando tra l’altro un fatto che colpisce: l’Africa è
un continente nel quale il 60% della popolazione ha meno di trent’anni, questa percentuale è destina-
ta a crescere, l’Europa è un continente in cui più del 40% della popolazione ha più di cinquant’anni.
Nella storia dell’umanità “grandi continenti” uno dei quali è vecchio e ricco e l’altro è giovane e povero
quando sono vicini sono destinati ad uno scambio di capitali, di grandi movimenti di popolazione
come in passato, non è solo un fatto recente il tema dell’emigrazione; quindi è evidente che non si può
non avere una visione integrata. Penso che la Cina che è un paese che ha una classe dirigente lungi-
mirante, una capacità di pensare alla politica nel medio e lungo periodo è il nostro grande competito-
re; fra l’altro si discute poco di quali conseguenze, opportunità potrà avere per l’Europa e per l’Africa
la grande iniziativa cinese che loro chiamano one belt, one road che è destinato a cambiare il volto
della globalizzazione, che stanno finanziando il raddoppio del canale di Suez, hanno comprato il porto
del Pireo, stanno realizzando importanti opere infrastrutturali, attraverso l’Asia centrale, vogliono
collegare il Pacifico con l’Atlantico, lo stanno facendo; i cinesi quando decidono di fare una cosa
la fanno. Tutto questo è destinato ad incidere sugli equilibri internazionali in modo molto
rilevante. Nonostante ciò, l’Europa è un grande competitore, certamente noi possedia-
mo meno Africa di quanto ne posseggono i cinesi, i quali comprano la terra, perché
hanno capito che la terra, persino più dell’acqua è la vera risorsa scarsa in pro-
spettiva, dato che il rapporto tra popolazione e terre emerse, oltretutto se
Massimo D’AlemaPresidente Fondazione Italianieuropei
“L’Africa ha bisogno di più
attenzione, vi è bisogno di capire
e penso che l’Italia stia cominciando
a capire quando avverte la minaccia
dell’Africa, dell’immigrazione;
c’è bisogno di capire che l’Africa
oggi, domani e per tanti anni sarà
necessariamente la priorità italiana
ed europea.”
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non si arresta il clime change, il terreno emerso è destinato a ridursi mentre la popolazione mondiale
cresce; però noi e quando dico noi, voglio dire Europa, diciamo la verità noi italiani abbiamo preso
questo vezzo di dire l’Europa è in ritardo, no, in questo caso diciamo che l’Europa è il principale part-
ner economico dell’Africa, il principale donatore, il principale investitore, e di questo rapporto che è
un rapporto piuttosto significativo e crescente a partire da quando nel 2007 fu approvata la strategia
euroafricana, siamo ora alla vigilia del summit euroafricano che è previsto per la fine di novembre di
quest’anno. L’Europa è il principale partner dell’Africa e l’Italia in tutto questo ha una posizione abba-
stanza marginale; purtroppo questa è la verità, nel senso che se si va a vedere la massa degli investi-
menti, dell’intercambio, altri paesi europei hanno una relazione molto più robusta con l’Africa di quel-
la che non abbia l’Italia. Quindi dobbiamo cercare di recuperare il terreno. Della Vedova diceva che si
sta cercando di aumentare l’aiuto allo sviluppo; l’Italia era ultima con i governi Berlusconi a partire dal
2008, l’Italia con lo 0,16% del Pil era l’ultimo paese del mondo sviluppato come contributi di aiuti allo
sviluppo, quindi non una posizione brillantissima, credo che adesso siamo terzultimi. Quindi quando
si dice li aiutiamo a casa loro è uno slogan ma non è vero; se guardiamo le cifre noi non aiutiamo un
bel cavolo di nessuno; credo che in quantità assoluta, la Norvegia che è un paese di 5 milioni di abi-
tanti, dia all’Africa più di quello che diamo noi; quindi abbiamo molto da recuperare, ma questo richie-
de una profonda e radicale svolta politica. I numeri purtroppo sono testardi, ma ogni tanto vanno ri-
cordati per essere precisi e aggiungo che un altro dato delle relazioni euro africane è che l’Europa
contribuisce allo sviluppo africano anche con quel processo di rimessa degli immigrati che rap-
presenta un flusso finanziario molto importante per l’Africa. Quindi oltre agli aiuti allo svilup-
po e agli investimenti diretti c’è questo flusso di risorse finanziarie che essendo l’Europa
la più grande area di immigrazione africana tornano verso l’Africa e sono sicuramen-
te risorse importanti ai fini di consolidare il mercato interno e sostenere lo svi-
luppo. La crescita dell’Africa subsahariana ha conosciuto momenti di seria
difficoltà soprattutto 2014-2016, soprattutto per la caduta dei pressi delle commodities perché non c’è
il minimo dubbio che è una crescita ancora fortemente sostenuta, salvo l’eccezione di alcuni paesi
dove comincia ad esserci un significativo settore manufatturiero, ma è una crescita fortemente basa-
ta sull’agricoltura e sulle risorse naturali e la caduta dei prezzi delle commodities ha giocato un peso
molto negativo sulla crescita dell’Africa subsahariana ed è una delle ragioni insieme ai mutamenti
climatici che hanno certamente incrementato i flussi migratori. A partire dal 2016 c’è stata una parzia-
le inversione di tendenza dei prezzi delle materie prime, un processo di stabilizzazione e questo sicu-
ramente ha aiutato. Nel 2017 la crescita dell’Africa subsahariana è intorno al 2,6% che visto dal nostro
punto di vista è una cosa enorme ma per l’Africa non lo è perchè considerate le tendenze demografi-
che, con una crescita del 2,6% si ha una decrescita dello 0,1 del reddito pro capite perché la crescita
piuttosto sostenuta della popolazione fa sì che per avere un aumento del reddito pro capite, quella
regione del mondo ha bisogno di avere tassi di crescita significatamente più elevati. Ma le prospettive
sono sicuramente prospettive migliori per il 2018-2020 e in un quadro in cui la crescita globale è il 2,7
e del 2 delle economie più avanzate siamo nel quadro di una significativa ripresa internazionale e
naturalmente questo aumenta le capacità d’investimento. Ora che cosa si può fare perché l’Africa
subsahariana colga queste opportunità, quali possono essere i punti di un’agenda europea, ricordan-
do che siamo alla vigilia del summit euroafricano. Non c’è dubbio che gli ostacoli principali, sono un
grave deficit di infrastrutture, che riguarda in modo particolare l’energia, e qui c’è una differenza
molto netta tra l’Africa del nord e l’Africa subsahariana; è evidente che questo deficit infrastrut-
turale, questa incompiuta elettrificazione che in diversi paesi è intorno al 40%, rappresenta
uno ostacolo alla crescita di piccole e medie imprese, di un settore manufatturiero, ad
un processo di modernizzazione dell’agricoltura che rimane un punto fondamentale
per lo sviluppo africano; quindi, infrastrutture, energia, acqua, grandi infrastrut-
ture è un terreno sul quale l’Europa può e deve fare molto; bisogna aiutare
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l’Africa a dotarsi di un sistema finanziario creditizio in grado di sostenere lo sviluppo; questo sistema
è estremamente fragile allo stato delle cose, ed è chiaro che senza un supporto di un sistema finan-
ziario creditizio è molto difficile uno sviluppo propulsivo che si fondi sulla crescita delle Pmi. L’Africa è
il continente che ha il numero più basso di società, di compagnie di livello internazionale e queste si
concentrano in alcuni paesi e in alcuni settori, in particolare nei paesi produttori di petrolio e di gas, si
tratta di grandi oil company, ma se si tolgono queste l’Africa non ha grandi società o multinazionali. Si
deve quindi pensare ad uno sviluppo che punta sull’agricoltura, sulle Pmi, e tutto questo necessita di
quelle infrastrutture materiali e finanziarie di cui ancora oggi l’Africa è estremamente povera, dove il
ruolo dell’Europa può essere fondamentale, aggiungo che c’è un grandissimo spazio di cooperazione
in quello che si chiama institution building, cioè la lotta ai fenomeni di corruzione, di inefficienza, anche
se noi come Italia non abbiamo in questi campi livelli di performance tali da renderci, ma sicuramente
l’Europa può dare un contributo da questo punto di vista, e questo è un punto essenziale perché que-
sto è un ostacolo enorme. C’è un grande problema di rispetto dei diritti umani e di intervento nei
conflitti africani. Il Sud Sudan è una delle aree più drammatiche di conflitto e in parte il Corno d’Africa,
sono le aree da cui provengono i flussi migratori, rifugiati, di richiedenti asilo, di richiedenti legittima-
mente asilo; la comunità internazionale deve contribuire ad una pacificazione, inoltre in queste aree
ci sono rischi enormi di carestie, di malattie, è chiaro che dove vi è la guerra, dove vi sono spostamen-
ti confusi di popolazioni, mancanze di strutture sanitarie, questi rischi si moltiplicano. Ora nessun
discorso sullo sviluppo si può fare senza determinare condizioni di pace, di stabilità, di rispetto
dei diritti umani. C’è un sollievo dell’opinione pubblica italiana per il fatto che noi abbiamo
bloccato gli sbarchi; naturalmente visto da un punto di vista africano quello che sta suc-
cedendo tuttavia è qualcosa di molto più contraddittorio e preoccupante, perché
non si è fermato il flusso dei rifugiati e degli immigrati dall’Africa subsahariana
verso l’Africa del nord; cioè noi non abbiamo aiutato i paesi da cui provengo-
no queste persone, noi abbiamo fatto un accordo con le diverse autorità, bande e milizie libiche per-
ché li trattengano loro pagando il governo, i gruppi, gli scafisti con una certa disinvoltura; naturalmen-
te le conseguenze di queste operazioni sono che qui non sbarcano, ma quanto alla tutela dei diritti
umani di queste persone, queste persone vivono di ogni sorta di sopruso, com’è noto la Libia non ha
ratificato la Convenzione di Ginevra sui diritti umani, non accetta sul suo territorio l’Alto commissaria-
to per i rifugiati delle Nazioni Unite, quindi queste persone finiscono in campi di concentramento,
dove ci sono stupri, violenze; non credo che questo crei in Africa un sentimento molto positivo verso
l’Europa. Oltretutto è chiaro che non essendoci più la prospettiva di trasferire queste persone in Eu-
ropa, e siccome sicuramente per esempio i libici non è che desiderano avere in casa loro una grande
massa di africani, una grande massa di queste persone muore nell’attraversata del deserto del Saha-
ra: certo il fatto che muoiano nel deserto fa sì che non muoiano nel Mediterraneo, quindi noi non lo
sappiamo, occhio non vede cuore non duole, quindi la coscienza degli europei è sollevata, ma quelli
muoiono però, migliaia di donne e di bambini muoiono nel deserto o vengono rinchiusi in campi di
concentramento in condizioni disumane gestiti dalle milizie libiche che noi paghiamo; non li paghia-
mo per stare a casa loro, li aiutiamo a stare nei campi di concentramento creati per evitare che ven-
gano da noi. Questo in modo non polemico, ma per essere precisi. Ho visto che diversi membri del
governo dicono che questo è un cruccio drammatico, ho letto che il vicepresidente della Commissione
europea ritiene che ora l’Europa debba battersi per fare in modo che siano le Nazioni unite a gestire
questi campi e ha anche detto che bisogna fare una selezione perché i richiedenti legittimamen-
te asilo devono poter venire in Europa; tutte cose molto belle ma che andavano fatte prima,
forse bisognava assicurarsi prima del destino di queste persone e poi dopo firmare un
accordo per evitare che venissero da noi. Lo dico perché questa vicenda può creare
una ferita nel rapporto tra l’Europa e l’Africa e perché una corretta e ragionevole
gestione della politica dell’immigrazione va fatta non soltanto insieme ai pa-
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esi di passaggio, ma soprattutto insieme ai paesi di provenienza; lì va affrontato il problema in termi-
ni di aiuto allo sviluppo o in termini di soluzioni alternative, fermo restando che una ragionevole
quantità di immigrati africani sarà necessaria all’Europa dato che se noi vogliamo mantenere da qui a
20 o 30 anni un rapporto equilibrato tra popolazione in quiescenza e popolazione attiva abbiamo bi-
sogno di qualche decina di milioni di immigrati perché altrimenti avremmo più pensionati che lavora-
tori con il conseguente crollo di tutti i sistemi di welfare di Europa. E quando la Germania decide di
prendersi un milione di profughi non lo fa soltanto per ragioni umanitarie, tra l’altro scegliendosi
quelli migliori, lo fa perché essendo un grande paese e avendo una classe dirigente degna di questo
nome pensa allo sviluppo della Germania. Quindi la politica dell’immigrazione non consiste soltanto
nell’impedire a queste persone di venire, consiste nel governare i flussi e nel cercare di fare in modo
che vengano nella misura in cui sono necessari al nostro sviluppo. Ecco, queste sono le sfide di una
cooperazione effettiva con l’Africa che è fatta di investimenti, che è fatta di opportunità, che è fatta di
scambi, che è fatta di governo dei flussi migratori senza paure che non hanno ragione d’essere che è
fatta però di difesa dei diritti umani, di costruzione della pace, senza la quale le prospettive di sviluppo
appaiono precarie ed incerte.
Grazie
Buongiorno a tutti,
desidero innanzitutto ringraziare gli organizzatori in modo particolare Polis Avvocati e naturalmente
la Fiera del Levante, la Regione Puglia, e saluto tutti i presenti in modo particolare i relatori che hanno
molto profondamente illustrato i problemi e le prospettive che ci possono essere tra l’Europa, in
particolare l’Italia con i nostri Paesi. Ringrazio gli organizzatori per averci dato questa possibilità,
questa opportunità di poter illustrare e di far conoscere i nostri Paesi.
Cercherò di dare alcune informazioni, nei limiti di tempo concessi, di carattere generale che ritengo
importanti per la conoscenza dell’Eritrea e poi passerò ad illustrare l’economia, la strategia di governo,
le opportunità per le imprese italiane. Gli italiani conoscono l’Eritrea pertanto non ho un compito
difficile, tuttavia voglio dire brevi parole per quanto riguarda la sua posizione strategica lungo una
costa di 1200 chilometri sulla sponda occidentale del Mar Rosso dove transitano il 40% da e per
l’Europa incluso il petrolio; questo fatto di per sé è molto importante per chi pensa d’investire da
noi, nel Corno d’Africa. Il mercato eritreo non è grande nel senso che il Paese ha 4 milioni e mezzo di
abitanti metà musulmani e metà cristiani, nove etnie ed esiste una forte armonia tra le diverse etnie
e le fedi religiose; quindi non esistono problemi come spesso li vediamo in altri Paesi africani.
L’Eritrea è un Paese che gode di una stabilità interna proprio perché le varie confessioni religiose
e le varie etnie convivono in armonia e in pace. L’Eritrea è un Paese semidesertico ma noi stiamo
cercando di trasformare la nostra situazione in una situazione migliore. L’economia eritrea si basa
principalmente sull’agricoltura di sussistenza, sull’industria di trasformazione dei prodotti
agricoli, in misura minore sulla pesca e sull’industria tessile e della lavorazione delle pelli;
il 65% della popolazione vive di agricoltura, per questo diventa per noi molto importante
cercare di sviluppare la nostra agricoltura. Dicevo, un’agricoltura di sussistenza che
usa metodi tradizionali anche se negli ultimi anni importanti passi sono stati
fatti soprattutto nelle pianure del bassopiano occidentale, al confine con il
Petros FessehazionAmbasciatore dello Stato di Eritrea
“Le sfide di una cooperazione
effettiva con l’Africa che è fatta
di investimenti, che è fatta di
opportunità, che è fatta di scambi,
che è fatta di governo dei flussi
migratori senza paure che non
hanno ragione d’essere che è fatta
però di difesa dei diritti umani, di
costruzione della pace, senza la
quale le prospettive di sviluppo
appaiono precarie ed incerte. ”
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vicino Sudan, nei sistemi di irrigazione, di allevamento, nel management dell’acqua e del suolo. La
pesca che offre grosse possibilità è ancora sottosviluppata; ancora oggi dopo 25 anni di indipendenza
è sfruttata soltanto al 10%; c’è pertanto una grande possibilità, opportunità per gli investitori italiani
in questo settore. L’industria leggera consiste nella trasformazione dei prodotti agricoli e prodotti
ittici, la lavorazione delle pelli in cui gli italiani eccellono, per cui invitiamo anche in questo settore
per un intelligente investimento italiano. Negli ultimi anni abbiamo anche l’industria dell’estrazione
mineraria che è molto importante ma non la consideriamo alla base del nostro sviluppo economico
nel nostro Paese. Lo sviluppo nel nostro Paese deve avvenire sull’agricoltura.
Nel settore minerario oggi, operano diverse compagnie straniere canadesi, cinesi, persino russe,
vorremmo vedere imprese italiane coinvolte in questo settore. Il turismo, promettente anche questo
è poco sviluppato per la mancanza di infrastrutture. I partner principali dell’Eritrea sono la Cina, il
Sudan, l’Egitto, i Paesi del Golfo e in Europa l’Italia e la Germania. L’interscambio con l’Italia è molto
limitato e naturalmente la bilancia pende a favore dell’Italia. La strategia di sviluppo del governo
eritreo punta ad uno sviluppo socio-economico sostenibile, ampiamente condiviso e inclusivo. La
strategia di attuazione consiste nella promozione di investimenti creando un clima favorevole non
soltanto agli investitori locali ma anche a quelli stranieri e in particolare alle aziende italiane.
Poiché l’Eritrea è un Paese di recente indipendenza tutti i settori sono da sviluppare e quindi aperti agli
investimenti; l’Eritrea mostra molti vantaggi soprattutto per gli investitori italiani in quanto abbiamo
avuto un tratto di storia in comune e quindi una comunanza di storia e di cultura direi molto
importante per poter avviare a livello di popoli delle relazioni molto fruttuose e durature. Noi
siamo molto interessati alle aziende italiane, siamo consapevoli di non potercela fare da
soli, quindi lanciamo l’appello all’Italia, agli investitori italiani affinchè sostengano
il processo di sviluppo dell’Eritrea anche per poter arginare in questo modo il
flusso di giovani, che in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita cercano
di raggiungere l’Europa e in particolare l’Italia. Vediamo nella Puglia una Regione importante da un
punto di vista agricolo quindi molto importante per noi nello sforzo di sviluppo della nostra agricoltura.
Abbiamo individuato questa Regione e non a caso abbiamo aperto un consolato onorario qui a Bari
che è sotto la responsabilità del nostro amico Avv. Francesco Paolo Bello. Siamo molto interessati
alle aziende di questa Regione tanto è vero che io nel giro di appena due mesi e mezzo, questa è la
seconda volta che mi reco nella vostra Regione per poter allacciare rapporti di cooperazione, rapporti
commerciali e perché no, rapporti culturali e di amicizia.
Grazie “Lanciamo l’appello all’Italia,
agli investitori italiani affinchè
sostengano il processo di sviluppo
dell’Eritrea anche per poter arginare
in questo modo il flusso di giovani,
che in cerca di lavoro e di migliori
condizioni di vita cercano di
raggiungere l’Europa e in particolare
l’Italia. ”
44 45
Seguo l’Africa ormai da più di 35 anni, seguo le imprese italiane, organizziamo incontri, presentazione
di Paesi, mettiamo in contatto le imprese italiane con le imprese di questi Paesi e quindi lavoriamo
molto con tutte le ambasciate, con le agenzie degli investimenti abbiamo accordi con tante confindu-
strie dei vari Paesi per scambiarci collaborazione, ricerche di partner e supporto reciproco. Penso che
un settore da sviluppare molto sia quello del PPP, una partner pubblico e privato, dove molti Paesi
africani stanno facendo delle leggi. Ero a Parigi con il ministero degli esteri nell’iniziativa Ciad la scorsa
settimana, il Ciad diventa centrale in questa idea di filtrare l’immigrazione che arriva in Libia, il Ciad
stesso ha approvato una legge da pochi mesi per lo sviluppo del settore privato, anche la Tunisia. Su
questo noi non siamo abbastanza attrezzati e poi volevo riprendere l’intervento della vicepresidente
di Confindustria Bari sugli incentivi. Il problema è che l’Africa finalmente è diventata una priorità stra-
tegica per l’Italia, ma non è una priorità strategica per le imprese italiane; quindi come convincere le
imprese italiane che l’Africa è una priorità strategica anche per loro? Attraverso degli strumenti che la
politica deve mettere a disposizione per trasformare la priorità politica in una priorità di fatto. Finora
non c’erano strumenti economici per incentivare la presenza in Africa per le imprese italiane ora la
nuova legge della cooperazione prevede qualcosa, ma se vogliamo che le imprese italiane che tra
l’alto investono pochissimo con grandissima difficoltà perché preferiscono l’interscambio commercia-
le, se vogliamo che questa priorità politica diventi effettiva, se vogliamo che ci siano gli investimenti
delle PMI in Africa, bisogna che la politica metta a disposizione dei sostegni concreti perché priorità
politica e fattoriale coincidano.
Pier Luigi D’AgataDirettore Generale Confindustria Assafrica & Mediterraneo
Gli interventi di stamattina hanno chiarito molto bene qual è l’importanza del continente africano
e la sua centralità per quanto riguarda l’economia mondiale in futuro; ovviamente in questa tavola
rotonda ci concentriamo sugli strumenti che dobbiamo collocare in un contesto economico più di tipo
congiunturale; da questo punto di vista l’Africa subsahariana viene da un periodo non certamente
brillante; siamo passati da un periodo in cui l’economia africana cresceva del 5% ad una fase più
recessiva che la recessione mondiale ha in qualche modo inevitabilmente colpito, per cui in questi
ultimi anni il tasso di crescita dell’area si è notevolmente ridotto raggiungendo il suo livello più basso
nel 2016; il 2017 sarà ancora un anno interlocutorio; le previsioni che noi facciamo per i prossimi 4
anni sono più positive, prevediamo dal 2018-2020 un tasso di crescita superiore a quello che Massimo
D’Alema indicava prima, quindi un 3,7% di media quindi uno scenario che diventa in prospettiva
più roseo. Si tratta di un’area così ampia caratterizzata da Paesi che continuano a crescere a tassi
compresi tra il 5 e il 7% e Paesi che sono stati in recessione, in particolare Nigeria e Angola, che
sono i Paesi più importanti e che hanno avuto una fase di difficoltà che è in via di superamento e
la stessa cosa se pure in misura minore dicasi per il Sud Africa. Questa situazione deriva da diverse
cause; la prima, la si ricordava, riguarda i Paesi fornitori di petrolio e materie prime che hanno
sofferto della recessione internazionale, il forte calo dei prezzi ha determinato una contrazione delle
capacità di spese, altri Paesi hanno invece investito fortemente in infrastrutture al fine di colmare il
gap competitivo che caratterizzava questo Paese, però allo stesso tempo hanno visto aumentare
il loro indebitamento. Quindi possiamo guardare al futuro con un certo ottimismo moderato
perché c’è una crescita mondiale dell’economia in atto, presumibilmente ci sarà anche un
aumento anche se contenuto dei prezzi delle materie prime ma naturalmente ci sono
diverse criticità. In questo contesto, le esportazioni italiane ne hanno risentito; negli
ultimi anni abbiamo avuto una contrazione, abbiamo registrato un massimo di
6, 2 miliardi nel 2014 però da allora abbiamo subito una contrazione del
Beniamino QuintieriPresidente Sace
“Come convincere le imprese
italiane che l’Africa è una priorità
strategica anche per loro?
Attraverso degli strumenti che la
politica deve mettere a disposizione
per trasformare la priorità politica
in una priorità di fatto.”
46 47
20% - una contrazione tutt’altro che trascurabile e di nuovo in coerenza con le previsioni in crescita
prevediamo per il periodo 2018-2020 una ripresa delle esportazioni; quindi un quadro che guardando
al recente passato non è certamente roseo ma che si può guardare con un certo ottimismo ai tre/
quattro anni che abbiamo di fronte. Bene, in questo contesto che cosa ha fatto SACE: si è mossa in
maniera direi anticiclica, nel senso che proprio negli anni di maggiore difficoltà, SACE ha aumentato
in maniera rilevante la sua presenza; questo si colloca nell’ambito di un programma Africa che SACE
aveva avviato una decina di anni fa e questo programma di espansione ha fatto sì che SACE sia oggi
una dell’ ECA, ricordo che SACE è una Export Credit Agency ed è una delle ECA più attive nel continente
africano ovviamente fatto salvo i cinesi che come si ricordava hanno un peso nell’area molto rilevante.
In questi anni SACE ha avuto un atteggiamento di apertura verso il continente africano; i Paesi in cui
SACE ha operazioni sono passati da 12 a 43 sui 49 complessivi, quindi riservando un atteggiamento
di chiusura solo in casi isolati dove mancavano le condizioni minime di operatività e dove anche la
domanda di supporto da parte delle imprese italiane era inesistente.
Il primo bando di selezioni di idee innovative lo abbiamo pubblicato a fine luglio, miriamo a selezio-
nare idee innovative con un impatto positivo nei Paesi in via di sviluppo, quindi che apportino un
impatto in termini di obiettivi di sviluppo sostenibile in quei Paesi.
Il bando mette a disposizione un plafond di 4,8 milioni, è diviso in tre lotti con il quale noi cerchiamo
di selezionare idee innovative da parte di imprese che si sono costituite da più di 12 mesi, quindi im-
prese che noi definiamo mature e che vogliono realizzare in quei Paesi un nuovo progetto.
A questo lotto dedichiamo 1 milione di euro.
Poi abbiamo un altro lotto dedicato alle imprese mature, 3 milioni e mezzo di euro per quei progetti
che hanno già sviluppato in determinati Paesi e che vogliono replicare in altri Paesi in una logica di
scalin up e infine il terzo lotto molto più piccolo 300 mila euro dedicato alle startup. Noi siamo una
startup e quindi abbiamo voluto in qualche modo metterci in gioco e a differenza degli altri due lotti
dove prevale la logica di co-finanziamento, noi chiediamo alle imprese private di presentare questi
progetti apportando proprie risorse anche perché come amministrazione pubblica di questo Paese
siamo come le altre amministrazioni in qualche modo vincolate alle norme e alle regole europee in
tema di aiuto di Stato e quindi anche le risorse che noi possiamo mettere a disposizione sono sogget-
te ai vincoli e ai limiti della normativa europea in tema degli aiuti di Stato.
Per le sturtup è previsto un finanziamento con una soglia massima di 50 mila euro.
Il bando profit per noi è stata una grande scommessa, le domande scadono il 26 ottobre, vedremo
quale sarà il feedback. Da quanto ricevuto riteniamo che c’è un interesse vivo; il bando è il frutto
di un anno e mezzo di lavoro di un processo che abbiamo costruito ascoltando sia imprese
che associazioni d’imprese sia attraverso una ricerca doc che abbiamo commissionato
ad un centro di ricerche, andando ad ascoltare e a capire cosa le imprese sapessero
in tema di cooperazione, di business inclusivo, lo abbiamo fatto in sei regioni
italiane intervistando un centinaio di imprese in diversi settori e anche pri-
Grazia SgarraAgenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo
“In questi anni SACE ha avuto un
atteggiamento di apertura verso il
continente africano.”
“Miriamo a selezionare idee
innovative con un impatto positivo
nei Paesi in via di sviluppo, quindi
che apportino un impatto in termini
di obiettivi di sviluppo sostenibile in
quei Paesi.”
48 49
ma di elaborare il bando abbiamo – proprio per formare le imprese sugli obiettivi e le finalità della
cooperazione – creato un road show, andando in giro per l’Italia, siamo stati ospiti anche a Bari da
Confindustria e sono stati incontri costruttivi che ci hanno portato appunto ad elaborare il bando.
La cooperazione ha altri strumenti più tradizionali come i procurement di beni, servizi e forniture
legate alle linee di credito che lo Stato italiano accorda ad altri Stati dei Paesi in via di sviluppo; anche
le linee di credito sono tradizionalmente delle opportunità per le imprese italiane ad esportare beni,
servizi, forniture, macchinari in questi Paesi, soprattutto per le linee di credito che vanno a finanziare
determinati progetti dove i beneficiari locali sia pubblici che privati devono acquistare bene di origine
italiana.
Un esempio fra tutti, la Tunisia: pensate che dal 1988 ad oggi sono state finanziate otto linee di credito
per lo sviluppo di PMI locali che hanno acquistato beni strumentali e macchinari di origine africana
per un plafond complessivo di 300 milioni di euro ed abbiamo finanziato più di 500 PMI locali creando
appunto queste occasioni d’incontro tra imprese tunisine ed italiane.
Infine ultima e importante per me opportunità che il sistema della cooperazione offre alle imprese
sono le partnership. Il bando del settore profit è una specie di partnership propria in un’ottica di co-
finanziamento pubblico e privato, ma noi promuoviamo con tutti gli altri bandi, con tutti altri stru-
menti, le partnership tra i soggetti di cooperazione, in particolare tra i soggetti non profit che
hanno una lunga tradizione in termini di cooperazione e i soggetti profit. Degli oltre 150 pro-
getti che sono stati promossi e che sono in corso e sono portati avanti dal settore non
profit un 10% già ha in attivo partnership con imprese italiane e quindi già lavorano
in diversi Paesi come il Burkina Faso, il Senegal, il Sudan, il Sud Sudan, nel Ca-
merun, in diversi settori, sviluppo rurale, settore idrico, sicurezza alimentare
dove queste imprese svolgono un ruolo fondamentale sia per l’assistenza tecnica, sia per la forma-
zione. Le partnership che noi promuoviamo in ogni bando - diamo nelle griglie di valutazione dei forti
punteggi premianti - rappresentano un valore aggiunto che i soggetti di cooperazione possono dare
proprio nello sviluppo e nel coinvolgimento anche del settore privato nei Paesi africani.
Grazie
50 51
Puglia Sviluppo è una società fiore all’occhiello della nostra Regione perché gestisce risorse finanziarie
e strumenti per l’attrazione di investimenti in Puglia e anche per l’internazionalizzazione; in più oltre
a questo svolge un ruolo di supporto operativo e attivo non solo di attrazione degli investimenti ma
anche di interventi nel promuovere investimenti nella nostra terra. Gli strumenti a disposizione sono
tanti e si rivolgono sia alle grandi imprese con i contratti di programma, sia alle PMI ovviamente con
range di investimenti differenti e anche alle micro imprese. Ci sono anche degli strumenti finanziari
gestiti sia come soggetto finanziario che soggetto intermedio della Regione Puglia, rivolte a quelle
micro imprese o a coloro che non sono soggetti bancabili quindi non hanno e non possono offrire al-
cuna garanzia; quindi questa vasta gamma di strumenti può includere ed accogliere anche l’interesse
da parte di persone che vivono nella nostra regione, siano cittadini italiani e intendono investire nel
nostro territorio. Oltre a questo Puglia sviluppo a parte la gestione diretta e come intermediario della
Regione di una serie di strumenti, offre anche la possibilità di accogliere startup e accogliere anche
imprese innovative e soprattutto mette anche a disposizione degli spazi, cosiddetti incubatori con
servizi e consulenze in un dialogo costante con le imprese a costi davvero competitivi. Questo significa
che noi diamo la possibilità a chiunque di affacciarsi alle nostre risorse e di metterle a frutto in uno
scambio reciproco. Questo per dire che il nostro territorio è stato sempre un territorio che ha accolto,
un territorio di inclusione e di attenzione nei confronti delle attività economiche delle imprese; per
questo motivo è importante segnalare un dato che in Puglia ci sono 18 mila imprese straniere, com-
prese Eritrea, Sudan e Sud Africa. E dei 136 Paesi stranieri presenti sul nostro territorio, 30 sono
Paesi africani e il dato che ci ha sorpreso in occasione di questo incontro e delle ricerche che
sono state fatte, il primo in classifica di tutti i paesi che operano nel nostro territorio è
proprio uno Stato africano, che occupa il primo posto tra le realtà produttive, vale a
dire il Marocco, cui segue la Svizzera e al terzo posto ritorna un Paese africano
che è il Senegal. Il Marocco conta in Puglia 2685 imprese, segue il Senegal
Grazia D’AlonzoPresidente Puglia Sviluppo
con 1717 imprese, la Nigeria e la Tunisia con 179 imprese. Quindi la presenza nel nostro territorio sia
per quanto riguarda la micro che la macro economia è concreta e continua. Vi è da dire un’altra cosa,
che la programmazione dei fondi europei consente a grossi gruppi di tutto il mondo di investire in Pu-
glia ma è proprio un gruppo di imprese sud africane che leader della produzione al mondo della birra
la Sab Miller che nel 2015 con la nostra Regione ha siglato un contratto di programma acquisendo il
95% delle quote di una nostra storica azienda produttrice di birra che è la Peroni, con un investimento
di oltre 1 milione di euro di cui 2 milioni e 200 mila di finanziamento agevolato. Questo per dire che
ci sono delle realtà comunque non note, delle operazioni in questa Regione importanti, e a proposito
dell’attrazione vengono poste in essere anche da Paesi provenienti dall’Africa e quindi a nostro parere
gli investimenti in Puglia potrebbero crescere ancor di più grazie agli incentivi che la nostra Regione
offre e soprattutto perché gli incentivi sono rivolti a vari settori e segmenti produttivi i cui destinatari
sono aziende di tutte le dimensioni. Questo per quanto riguarda l’attrazione e il panorama sul nostro
territorio degli investimenti di Paesi provenienti anche dall’Africa. Per quanto riguarda l’internazio-
nalizzazione, Puglia sviluppo offre uno sportello denominato “Sprint” che è appunto uno sportello
regionale per l’internazionalizzazione delle imprese, che offre servizi e informazioni costanti, rivolte
alle imprese che hanno interesse ad investire all’estero. E dall’inizio del 2016 al primo trimestre del
2017 Puglia sviluppo ha attivato numerose attività di incontri, di workshop, di fiere, di btb coinvol-
gendo oltre 1500 imprese pugliese e 668 imprese straniere. In questa edizione di Fiera del Levante
noi abbiamo il padiglione di Puglia sviluppo presente per dare informazioni per quello che sono
i nostri strumenti e le nostre risorse per l’incentivazione degli investimenti nel nostro ter-
ritorio, e abbiamo anche un padiglione dedicato agli strumenti per l’internazionalizza-
zione. È importante ricordare che la nostra Regione ha stipulato importanti accordi
e protocolli d’intesa con SACE e Mise e Ice agenzia proprio per la promozione,
l’internazionalizzazione delle imprese italiane all’estero. Ora quello che noi
52 53
auspichiamo sulla base di quello che avete rappresentato voi e quello che sono i nostri strumenti,
quello che la Regione offre, vorremmo stimolare le piccole imprese verso i mercati esteri quindi favo-
rire ulteriormente questo processo di internazionalizzazione, vorremmo che ci fosse un’integrazione
di questi strumenti e non una sovrapposizione in modo da stimolare la ripresa economica nel nostro
Paese e insieme anche della nostra Regione, grazie.
L’impresa ha queste necessità, ci segnala le informazioni di cui ha bisogno, noi siamo in grado di
individuare una persona che per tre o quattro mesi lavora per una impresa italiana, supportata da noi
con dei corsi ad hoc e quindi con un doppio coaching uno da parte nostra e uno da parte dell’impresa
italiana che ha interesse. Alla fine di questo periodo l’impresa italiana riceve le informazioni che le
sono utili a condizioni economiche particolarmente favorevoli. Questo è il modo con cui noi abbiamo
accompagnato una quindicina di imprese italiane e speriamo nel tempo di accompagnarne molte
altre. Noi in questo senso offriamo un servizio basato sull’elemento dell’informazione che diventa
complementare a quelli più articolati che ci stanno attorno. Poi ci sono due altre possibilità di
coinvolgimento delle PMI italiane; faccio un esempio di una grande impresa di cui non rivelo il nome
interessata all’Angola; in questo caso vi è la possibilità che l’impresa diventi il nostro country partner,
cioè diventi il soggetto che aiuta lo startup del NBI, di questo programma nell’ambito di un Paese;
oppure ancora l’industry partner, cioè un’impresa che ha un esempio di business da replicare in più
Paesi per cui diventa di fatto il soggetto che noi accompagniamo nei Paesi in cui noi siamo presenti.
Chiudo riassumendo due cose, dal punto di vista della presenza dei nostri ambasciatori, l’interesse ad
entrare in partnership con una università locale che loro ci potranno indicare, tra l’altro a fine mese
avremo la possibilità di presentare a tutti gli ambasciatori africani a Roma questo progetto e, dal
punto di vista delle imprese italiane questo servizio di first up che è un servizio per avere informazioni
sul Paese e, dimenticavo prima nel caso in cui la persona individuata si dimostrasse efficace o adatta
può diventare benissimo una persona coinvolta dall’impresa per avere un ruolo importante
nella breccia africana, delle imprese italiane in Africa, grazie.
Mario MolteniCeo E4Impact Foundation
“Vorremmo stimolare le piccole
imprese verso i mercati esteri quindi
favorire ulteriormente questo
processo di internazionalizzazione,
vorremmo che ci fosse
un’integrazione di questi strumenti
e non una sovrapposizione in modo
da stimolare la ripresa economica
nel nostro Paese e insieme anche
della nostra Regione.”
“Abbiamo accompagnato
una quindicina di imprese italiane
e speriamo nel tempo
di accompagnarne molte altre.”
54 55
Grazie innanzitutto per questa occasione d’incontro, molto interessanti gli interventi che ho sentito
stamani. È stato detto tanto su questo sviluppo in Africa e in questo la Cooperazione allo sviluppo par-
te avvantaggiata, perché noi da molti anni abbiamo l’Africa al centro della nostra attenzione e tuttora
rimane il Continente in cui noi investiamo di più. Prima rivedevo le cifre: quest’anno su un program-
mato di circa 520 milioni più del 50% è destinato all’Africa e vorrei ricordare che dei Paesi africani i 20
Paesi prioritari per la cooperazione italiana “dove la cooperazione italiana interviene” 11 sono africani
e di questi due sono Tunisia ed Egitto, poi abbiamo una tradizionale presenza nell’Africa orientale
Sudan Sud Suda, Etiopia, Somalia, Kenya e poi negli ultimi anni abbiamo cercato di ampliare la nostra
presenza nell’Africa occidentale anche in relazione al fatto che migranti economici provengono da
quella parte per cui interventi di cooperazione che possano controllare meglio questi flussi migratori,
fanno parte della nostra azione. Per quanto riguarda le cifre sulla cooperazione; nel 2012 quando io
sono arrivato eravamo ai minimi storici, in condizione, non di poter osservare gli obblighi internazio-
nali, è stato ricordato quello dello 0,7% che tutti i Paesi sviluppati hanno nei confronti dei Paesi in via
di sviluppo ma eravamo a livelli veramente infimi. Da allora devo dare atto che i governi che si sono
succeduti hanno investito nuovamente in cooperazione e ancora nel prossimo anno potremmo con-
tare in un incremento di 120 milioni di euro per iniziative di cooperazione fermo restando che si sta
discutendo se il fondo Africa verrà reiterato o meno, c’è stato effettivamente un impegno di governo
importante per finanziare iniziative di cooperazione che naturalmente da parte nostra auspichiamo
che possano proseguire nella prossima legislatura. Abbiamo detto del settore privato e la colle-
ga Sgarra ha descritto benissimo tutti i vari meccanismi e strumenti con i quali il settore pri-
vato può intervenire. Da parte mia devo dire con riferimento all’Africa, stamattina sono
stati menzionati vari settori, sicuramente quello infrastrutturale, l’energia che è alla
base di qualunque processo reale nei Paesi africani, ma poi vorrei anche citare le
sfide che pone la lotta ai cambiamenti climatici, quindi anche la desertifica-
Luca Maestripieri Vice Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, MAECI
zione e tutto quello che è sostegno ad una agricoltura sostenibile e lotta alla desertificazione e quindi
miglior utilizzo delle risorse idriche; credo che anche questi siano settori su cui merita investire e svi-
luppare ogni forma di partnership perché ovviamente quando si toccano questi settori, l’intervento
non può che essere una minima goccia del processo a cui poi si azionano tutta una serie di risorse
che vedono nel mondo privato la loro motrice fondamentale. Venendo al tema dell’emigrazione, io
mi limiterei a menzionare il fatto che l’Ue ha varato questo piano per gli investimenti che verrà uffi-
cialmente lanciato tra qualche mese; lì c’è in gioco un progetto che è quello appunto di fare in modo
che effettivamente si sviluppino in Africa dei processi azionati da risorse che l’Ue mette a disposizione
in maniera importante e su cui noi come Italia dovremmo cercare di utilizzare al meglio perché è un
piano di sviluppo che è stato calcolato in 4 miliardi di euro e che dovrebbe innescare questi processi
di sviluppo che vengono valutati in 40 miliardi quale risultato finale. La sfida nostra come Italia sarà
quella di intercettare che questi flussi di finanziamento e quindi al di là di quello che riusciamo a fare
con le nostre risorse nazionali, che sono sempre limitate perché agiamo in un contesto di finanza
pubblica che ben conosciamo, riuscire ad intercettare questi flussi che vengono dal bilancio europeo
credo sarà una sfida che ci permetterà di vincere anche l’altra sfida, quella migratoria.
Grazie
“La sfida nostra come Italia sarà
quella di intercettare che questi
flussi di finanziamento che vengono
dal bilancio europeo.”
56 57
Innanzitutto il mio ringraziamento a coloro che hanno organizzato questo evento perché dimostrano,
quindi rassicurandomi, che le energie intellettuali della Puglia e in particolare quelle dei giuristi, sono
indirizzate in modo corretto verso la promozione del coraggio delle imprese italiane che spesso e vo-
lentieri hanno tutto quello che servirebbe per cogliere i risultati desiderati ma che si perdono e forse
è questo uno dei frutti negativi, degli errori politici commessi nell’ultimo secolo dagli italiani, perché
gli italiani hanno probabilmente ancora un sentimento di responsabilità e di colpa nei confronti del
mondo per avere solo pochi decenni fa fatto parte di alcuni elementi negativi della storia, in partico-
lare in alcuni Paesi; perché ovviamente per noi tornare in alcuni di questi luoghi non è semplicissimo;
probabilmente Asmara ha una bellissima architettura ma gli è costata un po’ cara da un punto di vista
politico; avrebbero preferito certamente un approccio diverso; ed è ovviamente questa responsabilità
che noi sentiamo e la sentiamo dal profondo del cuore una responsabilità che non nasconde ciò che
è avvenuto ma che va a cercare quell’energia umana straordinaria, che nei luoghi del dolore, della
rabbia, del disprezzo, quell’energia che noi che siamo del sud conosciamo bene, è un’energia che
può cambiare il mondo ed è per questo che ci sentiamo così vicini a chi vive situazioni certamente
peggiori delle nostre. Quando alcune volte i miei concittadini si lamentano di un disservizio stradale,
dei trasporti o degli ospedali, ovviamente io so che devo fare il mio dovere per migliorare tutti questi
settori, ma evidentemente dimenticano i miliardi di nostri fratelli e sorelle che vivono in condizioni
determinate da logiche geopolitiche che adesso dobbiamo rimuovere. La Puglia ci sta a questa im-
presa, se la logica con la quale ci muoviamo è quella di restituire occasioni di sviluppo a civiltà,
popoli, culture e religioni che sono stati oggetto di un processo drammatico che noi chia-
miamo colonialismo e che noi non vogliamo liquidare come se fossimo passati di lì per
caso. Restituire un ruolo nella storia ad un continente credibile, io ho fatto in aereo
da Marrakech a Tunisi perché da Tunisi poi si risale verso Roma e ho visto milioni
di ettari di terreno completamenti vuoti, di un colore marrone senz’acqua
Michele EmilianoPresidente Regione Puglia
Innanzitutto il mio ringraziamento a coloro che hanno organizzato questo evento perché dimostrano,
quindi rassicurandomi, che le energie intellettuali della Puglia e in particolare quelle dei giuristi, sono
indirizzate in modo corretto verso la promozione del coraggio delle imprese italiane che spesso e vo-
lentieri hanno tutto quello che servirebbe per cogliere i risultati desiderati ma che si perdono e forse
è questo uno dei frutti negativi, degli errori politici commessi nell’ultimo secolo dagli italiani, perché
gli italiani hanno probabilmente ancora un sentimento di responsabilità e di colpa nei confronti del
mondo per avere solo pochi decenni fa fatto parte di alcuni elementi negativi della storia, in partico-
lare in alcuni Paesi; perché ovviamente per noi tornare in alcuni di questi luoghi non è semplicissimo;
probabilmente Asmara ha una bellissima architettura ma gli è costata un po’ cara da un punto di vista
politico; avrebbero preferito certamente un approccio diverso; ed è ovviamente questa responsabilità
che noi sentiamo e la sentiamo dal profondo del cuore una responsabilità che non nasconde ciò che
è avvenuto ma che va a cercare quell’energia umana straordinaria, che nei luoghi del dolore, della
rabbia, del disprezzo, quell’energia che noi che siamo del sud conosciamo bene, è un’energia che
può cambiare il mondo ed è per questo che ci sentiamo così vicini a chi vive situazioni certamente
peggiori delle nostre. Quando alcune volte i miei concittadini si lamentano di un disservizio stradale,
dei trasporti o degli ospedali, ovviamente io so che devo fare il mio dovere per migliorare tutti questi
settori, ma evidentemente dimenticano i miliardi di nostri fratelli e sorelle che vivono in condizioni
determinate da logiche geopolitiche che adesso dobbiamo rimuovere. La Puglia ci sta a questa im-
presa, se la logica con la quale ci muoviamo è quella di restituire occasioni di sviluppo a civiltà,
popoli, culture e religioni che sono stati oggetto di un processo drammatico che noi chia-
miamo colonialismo e che noi non vogliamo liquidare come se fossimo passati di lì per
caso. Restituire un ruolo nella storia ad un continente credibile, io ho fatto in aereo
da Marrakech a Tunisi perché da Tunisi poi si risale verso Roma e ho visto milioni
di ettari di terreno completamenti vuoti, di un colore marrone senz’acqua
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probabilmente o con pochissima acqua e mi sono immaginato se noi avessimo la capacità che abbia-
mo tecnologica di mandare a regime un sistema di equilibrio energetico di dissalazione dell’acqua del
mare e se riuscissimo a collaborare con la creazione di un’agricoltura che ha i presupposti del mer-
cato mondiale, se riuscissimo a dotare quei luoghi dei servizi, degli ospedali, delle scuole, insomma
se avessimo questa capacità e l’abbiamo ma questa capacità non può essere ancora una volta di fare
un business cotto e mangiato e poi scappare via; abbiamo bisogno di stabilire una relazione politica
stabile, una relazione umana, culturale e la Puglia per cultura credetemi ha dentro di sé i mezzi per co-
struire queste relazioni. Qui in questa terra nessuno si meraviglia che qualcuno per migliorare le pro-
prie condizioni di vita rischi la vita; lo abbiamo fatto sempre, è capitato a noi, ai nostri fratelli albanesi
solo qualche tempo fa. Immaginate che uno degli eventi che la città ricorda con maggiore gioia qui a
Bari è l’arrivo della nave Vlora carica di 25 mila cittadini albanesi che arrivarono qui e furono accolti dal
popolo non solo dalle istituzioni, la gente scendeva dalle case con vestiti, coperte, roba da mangiare e
ancora oggi la Puglia non è un luogo dove chi viene a parlare dal punto di vista politico sui movimenti
dei migranti ha successo, qui non c’è posto per chi non ha capito la storia; questo è un posto di chi ha
capito la storia e si attiva, si mette in marcia e raccoglie questa grande energia demografica. L’Africa
ha il potere di sovvertire la logica del capitalismo deteriore, può dare al capitalismo quell’anima che
probabilmente nei Paesi occidentali il capitalismo ha perso. C’è modo e modo di rispettare e assume-
re la responsabilità sociale dell’impresa, c’è modo e modo di trattare i propri partner e c’è modo e
modo d’intervenire sulla democrazia degli altri. Perché la democrazia degli altri è sacra, non si
può intervenire sulle democrazie altrui con lo spirito di quelli che sono in grado di piantare
la democrazia come se si trattasse di un albero di ulivo. La democrazia è una strada
lunga, complicatissima che ciascun popolo deve condurre da sé trovando le ragioni
di questa costruzione, di questo modello che è estremamente faticoso, ma l’u-
nico che io mi sento di vivere non essendoci alternative alla democrazia. La
strada della democrazia non passa dalle bombe, dai caccia bombardieri, non passa dalle missioni di
guerra, non passa dagli errori infiniti che il mondo occidentale ha compiuto nei confronti dell’Africa.
La Puglia a queste condizioni ci sta con tutto il cuore e con tutta l’anima, anche perché siamo certi che
ne avremo solo vantaggio, non nel senso che fermiamo la marea dei migranti, perché quella marea è
essenziale all’economia occidentale e questo solo chi non conosce i fatti può immaginare che sia un
pericolo la marea dei migranti; certo se questi spostamenti avvengono tutti insieme è chiaro che può
essere un problema, ma se il flusso viene regolato secondo le norme del diritto internazionale e se
secondo l’antichissima tradizione dell’accoglienza e se andare e tornare non diventa una merce ma
addirittura una merce illegale per le organizzazioni criminali, andare e tornare diventa un atto nor-
male che si fa facendo un biglietto, presentando un passaporto e quando dico queste cose, qualcuno
ancora mi salta addosso, però la verità è questa; noi con l’Albania abbiamo recuperato un perfetto
rapporto quando incominciammo ad indagare per esempio sulle vicende negative della concessione
dei visti presso gli uffici diplomatici di tutto il mondo che avevano fatto diventare una merce andare
e tornare da un Paese; quando gli albanesi hanno potuto andare e tornare, qualcuno è rimasto, qual-
cuno è tornato e adesso Tirana che pure è un capolavoro di architettura italiana è un capolavoro di
democrazia e il Presidente Edi Rama che è un mio carissimo amico, che è un artista ed un uomo che
incarna la democrazia con riforme straordinarie come quella della magistratura, l’economia cresce
insieme alla democrazia. Noi siamo dunque convinti che questo stesso progetto possa realizzarsi
anche nei confronti del continente africano. Ovviamente è una sfida da far tremare i polsi, cioè
solo un matto non si rende conto che questa sfida o è la politica estera dell’Unione o non lo
è. Io farò tutto quanto il possibile perché l’Unione europea comprenda l’importanza di
ciò di cui avete discusso oggi; non sarà facile perché a Bruxelles delle volte la scar-
sità dell’acqua, delle opportunità, il problema del cibo non si pone; a Bruxelles
è difficile capire queste cose ma noi ci sforzeremo grazie anche all’energia
“La democrazia è una strada
lunga, complicatissima che
ciascun popolo deve condurre da
sé trovando le ragioni di questa
costruzione, di questo modello
che è estremamente faticoso,
ma l’unico che io mi sento di vivere
non essendoci alternative
alla democrazia.”
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della vostra presenza qui; è vero sono arrivato tardi, ma non tanto tardi da non capire l’importanza
che la vostra presenza e l’onore che ci avete fatto con la vostra presenza qui; quindi grazie di cuore.
La Puglia non ama parlare, ama concludere anche degli affari, ma vuole prima di tutto stabilire delle
amicizie leali, basate sulle cose che si possono fare e non solo su programmi che risultano alla fine
poi impossibili da realizzare e abbiamo gli strumenti anche istituzionali per poter reggere una collabo-
razione con il governo italiano e con gli organismi internazionali per fare qualcosa di buono, almeno
per cominciare. Grazie ancora
Direzione scientifica: Polis Avvocati - Avv Francesco Paolo BelloComunicazione: Paris&BoldGrafica: Creativeconnection
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