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Il 13 luglio 2015 la Grecia di Alexis Tsipras e l'Euro gruppo hanno raggiunto un accordo per il terzo piano di aiuti per evitare (per la terza volta) il de fault greco. Le settimane concitate che hanno pre ceduto l'accordo hanno mostrato che l'assetto at tuale dell'eurozona basato sul metodo intergoverna tivo alimenta una spirale di sGiducia reciproca che richiede sforzi immensi per riuscire a trovare le soluzioni minime che, più che essere condivise, ap paiono spesso frutto di confronti di forza e lascia no ulteriori strascichi di rancori pericolosi. Con questo non si vuole sminuire il valore positivo del risultato scaturito dal l'accordo tra la Grecia e l'Eurogruppo. Si è evitata l'uscita di Atene dall'euro, che avrebbe aperto scena ri potenzialmente deva stanti per tutti; e la scelta di Tsipras sembra aprirgli Ginalmente, e realmente, l'opportunità di far ripar tire la Grecia con politiche di governo in grado di in cidere sui tratti degenerati del sistema ellenico. La cosa più importante è che si è affermato il principio che la pretesa di mantene re una sovranità nazionale assoluta è incompatibile con l'appartenenza all'eu ro, come spiega bene Sa bino Cassese (sul Corrie re della Sera del 15 luglio): dopo la scelta libera, ma una volta fatta vincolan te, di entrare a far parte di una comunità che condi vide la stessa moneta, e quindi anche valori e prin cipi, oltre che scelte politi che ed economiche, un governo non è più solo responsabile di fronte ai propri elettori, ma anche di fronte alla nuova comu nità cui ha aderito (e ai popoli che la compongo no). Il fatto di aver sciolto il nodo della Grecia, sembra ora aprire la possibilità di accelerare il processo di completamento dell'unio ne monetaria, che era sta to lasciato in sospeso ormai da più di due anni, pag.1 Editoriale Publius pag.3 NO a un’Unione Europea dei muri, SI’ alla Federazione europea Paolo Filippi Giacomo Ganzu pag.5 Più integrazione europea, la strada da percorrere Romina Savioni pag.6 Abbiate il coraggio di osare! Andrea Apollonio Maria Vittoria Lochi pag.7 La minaccia dell’ISIS è ancora più grave di quel che sembra Giovanni Salpietro Indice Publius Per un’Alternativa Europea Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 21 - Settembre/Ottobre 2015 distribuzione gratuita Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani >> pag.2

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Publius - per un'alternativa europea. Numero 21, settembre - ottobre 2015. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.

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Il  13   luglio  2015   la   Grecia  di   Alexis  Tsipras  e   l'Euro-­‐gruppo   hanno   raggiunto  un   accordo   per   il   terzo  piano   di   aiuti   per   evitare  (per   la   terza   volta)   il   de-­‐fault   greco.   Le   settimane  concitate   che   hanno   pre-­‐ceduto   l'accordo   hanno  mostrato   che   l'assetto   at-­‐tuale   dell'eurozona   basato  sul   metodo   intergoverna-­‐tivo   alimenta   una   spirale  di   sGiducia   reciproca   che  richiede   sforzi   immensi  per   riuscire   a   trovare   le  soluzioni  minime   che,   più  che   essere   condivise,   ap-­‐paiono   spesso   frutto   di  confronti   di   forza   e   lascia-­‐no   ulteriori   strascichi   di  rancori  pericolosi.  Con   questo   non   si   vuole  sminuire   il  valore   positivo  

del   risultato   scaturito   dal-­‐l'accordo   tra   la   Grecia   e  l'Eurogruppo.   Si   è   evitata  l'uscita   di   Atene  dall'euro,  che  avrebbe  aperto  scena-­‐ri   potenzialmente   deva-­‐stanti  per  tutti;  e   la   scelta  di   Tsipras   sembra   aprirgli  Ginalmente,   e   realmente,  l'opportunità   di   far   ripar-­‐tire   la  Grecia   con  politiche  di   governo   in   grado   di   in-­‐cidere  sui  tratti  degenerati  del   sistema   ellenico.   La  cosa   più   importante   è   che  si   è   affermato   il   principio  che  la  pretesa  di  mantene-­‐re  una  sovranità  nazionale  assoluta   è   incompatibile  con   l'appartenenza   all'eu-­‐ro,   come   spiega   bene   Sa-­‐bino   Cassese   (sul   Corrie-­‐re  della  Sera  del  15  luglio):  dopo   la   scelta   libera,  ma   -­‐  

una   volta   fatta   -­‐  vincolan-­‐te,  di  entrare  a   far  parte  di  una   comunità   che   condi-­‐vide   la   stessa   moneta,   e  quindi  anche  valori  e  prin-­‐cipi,  oltre  che  scelte  politi-­‐che   ed   economiche,   un  governo   non   è   più   solo  responsabile   di   fronte   ai  propri   elettori,   ma   anche  di  fronte  alla  nuova  comu-­‐nità   cui   ha   aderito   (e   ai  popoli   che   la   compongo-­‐no).     Il   fatto   di   aver   sciolto   il  nodo  della   Grecia,   sembra  ora   aprire   la   possibilità  di  accelerare   il   processo   di  completamento   dell'unio-­‐ne  monetaria,   che  era   sta-­‐to   lasciato   in   sospeso  ormai   da   più   di   due   anni,  

pag.1  EditorialePublius

pag.3  NO  a  un’Unione  Europea  dei  muri,  SI’  alla  Federazione  europea

Paolo Filippi Giacomo Ganzu

pag.5  Più  integrazione  europea,  la  strada  da  percorrere

Romina Savioni

pag.6 Abbiate  il  coraggio  di  osare!

Andrea ApollonioMaria Vittoria Lochi

pag.7 La  minaccia  dell’ISIS  è  ancora  più  grave  di  quel  che  sembra  

Giovanni Salpietro

Indice

PubliusPer un’Alternativa Europea

Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 21 - Settembre/Ottobre 2015

distribuzione gratuita

Giornale degli studentidell’Università di Pavia.

Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi

e di domani

>>  pag.2

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nonostante  altre   crisi,   di  pari   gravità  si   proGilano   all'orizzonte:   la   crisi   dei  migranti  e  lo  scandalo  Volkswagen.Ciò  non  toglie  che  il  governo  francese  e   quello   tedesco  –  anche  se   ancora  a  livello  di  deGinizione  –  hanno  imposto  nel   dibattito   politico   la   necessità   di  creare  a  breve  un  vero  governo  eu-­‐ropeo   della   moneta.   Tuttavia   per-­‐mangono   visioni   differenti   tra   Fran-­‐cia  e  Germania.  Sul  fronte   tedesco  pare  delinearsi  un  chiaro  disegno:  creare   l’unione   Gisca-­‐le   dell'Eurozona   attraverso   la   nomi-­‐na  di  un  Ministro  del  tesoro,   respon-­‐sabile   di   fronte   al   Parlamento   euro-­‐peo   in   una   conGigurazione   ristretta,  con  il  potere  di  intervenire   in  caso  di  violazione   da   parte   degli   Stati  mem-­‐bri  di   quei   vincoli   di   bilancio   neces-­‐sari   in   qualsiasi  unione   monetaria;  e  di   gestire   un   bilancio   autonomo  del-­‐l’eurozona   alimentato  con  una   quota  dell’IVA   o   dell’imposta   sul   reddito  delle  imprese  percepite  dagli  Stati.  In  questo  modo,  come  ha  osservato  il  presidente   del   think   tank   tedesco  DIW,  si  creerebbe  de  facto  “un  potere  di   imposizione   Giscale   e  di  emissione  di   titoli   europei   che   potrebbe   essere  impiegato   per   alimentare   un   fondo  contro   la   disoccupazione   e   per  pro-­‐muovere   gli   investimenti”   (Marcel  Fratzscher,   Financial   Times   27-­‐07-­‐2015).  Da   parte   sua   la   Francia,   tramite   il  

Presidente   Hollande   ed   il   Primo  mi-­‐nistro  Valls,   ha   dichiarato  di  voler  di  procedere   verso   un   governo   ed   un  bilancio  dell’eurozona,   tuttavia  senza  affrontare   il   problema   del   trasferi-­‐mento   a   livello   europeo   di   poteri   di  controllo   sui   bilanci   nazionali   e   afGi-­‐dando  il   controllo   ad   un   Parlamento  dell'Eurozona   composto   da   membri  nominati   da   parlamenti   nazionali  dell’eurozona,   ossia   lasciando   la   so-­‐vranità   ad  un  organo   controllato  dai  singoli   stati  membri.   Su   questo  tema  l'Italia,  tramite   il  Ministro  Padoan,  ha  già   espresso  le   opportune   e  necessa-­‐rie  riserve.Ma  per  quanto  le   distanze   tra   le  due  proposte   siano   ancora   molte,   e   pro-­‐fonde,   in   quanto   frutto   dei   due   ap-­‐procci   antitetici   di   Francia   e   Germa-­‐nia  al  processo  europeo,  il  punto  cen-­‐trale   è   che   sembra   che   un   dialogo  sulla   riforma   del   governo   dell'euro  possa  ripartire.  Perché   possa   aver   successo,   sarà  fondamentale   il   ruolo   degli   altri   go-­‐verni  chiave  e  delle  stesse   istituzioni  europee.   Per   questo,   se   l’Italia   sce-­‐gliesse   di   schierarsi   a   favore   della  proposta   di   creare   un  Ministro   del  tesoro  per  la  zona  euro,  con  poteri  delimitati  ma  effettivi  di   interven-­‐to   sulle   politiche   di   bilancio   na-­‐zionali,   di   cui   dovrebbe   rispondere  sia  al  Parlamento  europeo  (nella   sua  composizione   ristretta   da   deGinirsi),  

sia  alla  maggioranza  dei  membri  del-­‐l'Eurogruppo;   e   se   su   questa   base  sostenesse   la   necessità   di   creare   in  concomitanza  un  bilancio  per  l’euro-­‐zona   da   alimentare   con   risorse   ad  hoc   e   speciGici  meccanismi   di   solida-­‐rietà,   con   questa  mossa   sarebbe   de-­‐terminante   nella   dialettica   che   è   in  corso,   e   potrebbe   addirittura   impor-­‐re   ai   partner  dell’area   euro   l’agenda  delle   riforme   e   la   necessaria   accele-­‐razione   che   la   gravità   della   situazio-­‐ne   richiede   (soprattutto   in   politica  estera).Il   Rapporto   dei   cinque   Presidenti  presentato  a  Gine  giugno,  che  rinviava  al  2017  l'apertura  del  cantiere   istitu-­‐zionale,  è  stato  smentito,  e  soprattut-­‐to  superato,  dai  fatti.  Ma  ha  dimostrato  che  nelle   istituzio-­‐ni  europee   la  volontà   di  arrivare  alla  costruzione  di  un  sistema  federale  di  governo   della   moneta   unica   non   ar-­‐retra.  Spetta   dunque   ai   governi,   dopo   l'ul-­‐timo,   sofferto   contributo   dato   alla  sopravvivenza   e   al   consolidamento  dell'unione  monetaria,  compiere   l'ul-­‐timo   atto   decisivo   della   cessione   di  sovranità   attraverso   la   nascita   di  un  vero   embrione   di   governo   sovrana-­‐zionale  europeo.

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Scheda personaggio - Hans e Sophie SchollHans  Scholl  (nato  a  Crailsheim  il  22  settembre  1918)  e   la  sorella  Sophie  (nata  a  Forchtenberg  il  9  maggio  1921)  furono  due  giova-­‐ni  oppositori   al   regime  nazista   i  quali   fondarono   nel   ’42  a  Mona-­‐co,   insieme   ad   altri   studenti,   il  movimento   antinazista  non-­‐vio-­‐lento  della  Rosa  Bianca.  Il   gruppo   della   Rosa   Bianca   si  impegnò  nella  distribuzione  di  sette  opuscoli  tra  il  ’42  e  il   ’43  in  cui   si  invitava  il  popolo   tedesco  alla  resistenza  passiva   contro   il   regime  denunciando-­‐ne  le  violenze.In  contrasto   col   clima  di   guerra  sul   continente  di  quel  momento,   la  Rosa  Bianca  sosteneva  la  neces-­‐

sità  della  costruzione  di   un’  Eu-­‐ropa   federale   basata   sul   princi-­‐pio  della  tolleranza.Il   18   febbraio   del   ’43,   durante  un’azione   di   volantinaggio   al-­‐l’università   di   Monaco,   i   fratelli  Scholl   furono   scoperti  e  arresta-­‐ti   dalla   Gestapo.   Dopo   quattro  giorni   di   torture   e  interrogatori  il   22   febbraio   furono   entrambi  

condannati   a   morte   dal   Tribunale   del   Popolo   e  ghigliottinati.  Dal  V  opuscolo,  gennaio  1943:  “Solo  un   sano   ordinamento   federalista   può   oggi   ancora  riempire  di  nuova  vita  l’Europa  indebolita  [...]  Liber-­‐tà  di  parola,   libertà   di   fede,   difesa  dei   singoli   cittadini  dall’arbitrio   dei   criminali   stati   fondati   sulla   violenza:  queste  sono  le  basi  della  nuova  Europa.

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“No   a   un’Unione   euro-­‐pea   dei   muri”.   Sono   le  parole   del   presidente  della   Commissione   eu-­‐ropea ,   J e an -­‐C l aude  Juncker   in   un   recente  intervento   sul   giornale  Die  Welt.   Ma   quali   sono  le   cause   che   lo   hanno  spinto   a   fare   questa   di-­‐chiarazione,   dopo   26  anni   dalla   caduta   del  muro  di  Berlino?In   questi   giorni,   stiamo  assistendo   ad   un   dram-­‐matico   aumento   di   mi-­‐granti   che   giungono   in  Europa   sia   attraverso   il  Mar   Mediterraneo   sia   attraverso   la  “rotta   balcanica”.   Le  motivazioni   che  costringono   i   migranti   a   lasciare   la  propria   terra   sono   le   solite:   guerre,  povertà,  persecuzioni,  fame,  malattie.  In   particolare   però,   oggi,   la   crescita  dei  Glussi  migratori  è   legata  alla  guer-­‐ra   in  Siria   e   alla   situazione  dramma-­‐tica   di   caos   in   Medio   Oriente,   che   a  sua   volta   ha   portato   alla   nascita   e  all’espansione   dell’ISIS,   e   al   vuoto  politico  lasciato  dalle  primavere   ara-­‐be.   Questi  due  fenomeni  hanno  crea-­‐to,   da   un   lato,  milioni   di   profughi   in  territori   che   erano   già   in   condizioni  critiche   e,   dall’altro,   hanno   prodotto  instabilità   o   addirittura   anarchia,  come   in     Libia,   dove   in   questo  mo-­‐mento  non  esiste   un   governo  in   gra-­‐do  di   contrastare   l’operato  degli  sca-­‐Gisti  sul  territorio.L’improvviso   aumento   dei   Glussi  mi-­‐gratori   ha  messo  in   crisi   gli   Stati   eu-­‐ropei   più   esposti.  Le   legislazioni   in  vigore   nell’Unione   europea   e   le  strutture   organizzate   dai   singoli  paesi   si   sono   rivelate   del   tutto  inadeguate   a   fronte   dei   numeri   e  della   frequenza   degli   arrivi,   e   ciò  ha  generato   delle   situazioni   pericolose  prima  di  tutto  per  i  migranti  stessi.Sono  più  di  due  anni  che  l’emergenza  si   è   manifestata   nella   rotta  migrato-­‐ria  che  prevede  l’attraversamento  del  Mar  Mediterraneo.  Qui  l’aumento  del  numero  dei  barconi   aveva  messo  co-­‐

stantemente   a  dura  prova   il  soccorso  in  mare   (tutti  ricordiamo  la  strage  di  Lampedusa   nell’ottobre   2013   che  costò  la   vita   a  366  migranti).   Inoltre,  anche   una   volta   raggiunta   la   terra  ferma,  i   tempi  impiegati  dalle  autori-­‐tà   locali   per   l’identiGicazione   di   ogni  migrante   si   sono   subito   dimostrati  troppo  lunghi.  In  molti  casi  i  migranti  sono   stati   costretti   ad   aspettare   al-­‐l’interno   dei   centri   di   accoglienza  sempre   più   affollati   e   inadatti   a     ga-­‐rantire   l’assistenza   a   tutti.   Andando  contro  il  trattato  di  Dublino,  è  capita-­‐to  che,   per  risolvere   il   problema   del  sovraffollamento   dei   centri,   i   paesi  europei  di  conGine  abbiano  permesso  a  gruppi  di  migranti  non  ancora  iden-­‐tiGicati   di   attraversare   il   territorio  nazionale  per  andare  a  chiedere  asilo  in   un   altro  Stato   europeo   (il   trattato  prevede   invece   che,  una   volta   accer-­‐tato  che  il  migrante  risponde  a   tutti  i  requisiti   per   essere   accettato,   deve  essergli   concesso   l’asilo   nel   primo  paese  europeo  che  ha  raggiunto).  È  il  caso   dell’episodio   avvenuto   nel   giu-­‐gno   2015   a   Ventimiglia.   L’Italia   ha  tentato   di   trasferire   centinaia   di  mi-­‐granti   in   Francia   senza   averli   prima  identiGicati,   in   modo   che   una   volta  raggiunto  il  territorio  francese  potes-­‐sero  essere  identiGicati   lì  e  quindi   fa-­‐re  richiesta  d’asilo   in  Francia.  Ovvia-­‐mente  la  Francia  non  ha  accettato.La   seconda   rotta   migratoria   (la   co-­‐siddetta   “rotta   balcanica”),   che   pre-­‐

vede   l’attraversamento  della   Turchia,   della   Gre-­‐cia   e   dei   Balcani   Gino   a  raggiungere   l’Europa  del   Nord,   è   balzata   agli  onori   della  cronaca   solo  in   queste   ultime   setti-­‐mane.   La   percorrono   i  profughi   che   scappano  dai   teatri   di   guerra   si-­‐riani,   iracheni,   afghani.  Pur   non   prevedendo  necessariamente   il   ri-­‐schio   di   una   lunga   tra-­‐versata   marittima   su  barconi   di   fortuna,   la  rotta   balcanica   non   è  meno   pericolosa.   I   mi-­‐

granti   percorrono   migliaia   di   chilo-­‐metri,   attraversando  più  paesi,   spes-­‐so  camminando  lungo   la   linea   ferro-­‐viaria.   In   genere   sono   le   organizza-­‐zioni  criminali  che   forniscono  indica-­‐zioni   e   mezzi   per   spostarsi.   E   una  volta   arrivati   in   Europa,   il   rischio  peggiore   è   quello   di   non   riuscire   a  raggiungere   i   paesi   in   cui   hanno   fa-­‐miliari   o   parenti,   o   in   cui   sanno  che  riceveranno   accoglienza   e   potranno  tentare  di  ricostruirsi  una  vita  digni-­‐tosa.  Bulgaria,  Macedonia  e  Ungheria  hanno   infatti   dispiegato   la   polizia  lungo  i  propri  conGini   per  respingere  i  migranti.  Nel  conGine   fra   l’Ungheria  e   la   Serbia,  il  governo  ungherese  gui-­‐dato  da  Orban  ha  eretto  un  muro  che  dovrebbe   servire   a   tenere   fuori   dal  proprio   territorio   i   migranti,   ed   ha  intenzione   di   costruirne   uno   anche  nel  conGine  con   la  Croazia.  Ha  inoltre  varato  una  legislazione  di  emergenza  che   prevede   addirittura   pene   deten-­‐tive  per  i  profughi  trovati   sul   territo-­‐rio   ungherese   senza   regolare   per-­‐messo.  Ha   schierato  l’esercito  a  dife-­‐sa   dei   propri   conGini;   recentemente  ha   suscitato   grande   clamore   il   fatto  che   esercito   e   polizia   abbiano   usato  idranti   e   gas   lacrimogeni   contro   i    migranti.Ed  ecco  quindi  le   ragioni  delle  parole  di   Juncker.   Il   Presidente   della   Com-­‐missione   europea   ha   voluto   condan-­‐nare   la   decisione   di   erigere   nuovi  

NO a un’Unione Europea dei muri SI’ alla Federazione europea!

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muri   in   Europa,   che   non   sono   solo  muri   di   cemento  o  di   rete   metallica,  ma   anche   muri   psicologici   che   ogni  giorno   le   forze   politiche   estremiste  costruiscono   istigando   i  propri  citta-­‐dini   contro  gli   immigrati.  Queste   for-­‐ze  minacciano   i  pilastri   su   cui   è   fon-­‐data   l’idea   stessa  di  Europa,   innanzi-­‐tutto   la  solidarietà   e   la   libertà   di   cir-­‐colazione.   Se  è   vero  che  non  è   possi-­‐bile  aprire   le  porte  a  chiunque  voglia  entrare   in  Europa,  è  altrettanto  vero  che   il   problema   dell’immigrazione  non   si   risolve   chiudendo  le   frontiere  e   lasciando  morire  migliaia  di  perso-­‐ne.Come   ha   ribadito   lo   stesso   Juncker,  nessuno  Stato  membro  dell’UE  può  risolvere   da  solo   il   problema   del-­‐l’immigrazione,   che   ha   cifre   inso-­‐stenibili   per   ogni   singolo   paese.   E  come   europei   siamo   ormai   troppo  interdipendenti  anche  per  sperare  di  scaricare   la   questione   sugli   altri.   Il  muro   che   l’Ungheria   ha   eretto   sul  conGine   con   la   Serbia   ha   costretto   i  migranti   ad   attraversare   altri   Stati  europei  come  la  Croazia;  ma  anche   la  Germania,   che   ha   aperto   i   conGini   a  tutti   i   siriani,   ha   dovuto   poi   contin-­‐gentare   gli   ingressi,   perché   i   Glussi  erano  insostenibili.Nel     discorso  sullo   stato  dell’Unione  tenuto   al   Parlamento   europeo   il   9  settembre   scorso,   Juncker   ha   ricor-­‐dato   che   nell’ultimo  anno   sono  arri-­‐vati   in  Europa  mezzo  milione   di  mi-­‐granti   e,   sebbene   il   numero   sia  enorme,   essi   costituiscono   solo   lo  

0,11%   della   popolazione   dell’UE.  Questo  dato  ci  fa  capire  come  l’immi-­‐grazione   sia   in   realtà   un   problema  facilmente   gestibile   se  ad  occuparse-­‐ne  fossero  le  istituzioni  europee.  Isti-­‐tuzioni   però   che   possono   essere  create   o   rafforzate   solo   dai   governi  degli   Stati   nazionali  membri   dell’UE.  È   questo   il  vero  nocciolo  del  proble-­‐ma:   per   risolvere   il   problema   del-­‐l’immigrazione  serve  che  gli  Stati  na-­‐zionali   facciano   un   sacriGicio   e   ceda-­‐no   la   loro   sovranità   in   materia   di  immigrazione   all’Europa.   Per  questo  motivo   Juncker,   nel   discorso   sullo  stato   dell’Unione,   ha   richiamato   il  concetto   di   unione   e   di   solidarietà.  Fino  ad  oggi  quando  si  parla  di  politi-­‐che  di  immigrazione,   ha   sempre  pre-­‐valso   il   nazionalismo.   È   ora   di   cam-­‐biare.La  via  indicata  da  Juncker    è  quella  di  creare  un  meccanismo  di   redistribu-­‐zione   dei   migranti   fra   tutti   i   paesi  dell’UE.   Il   meccanismo   si   baserebbe  su   delle   quote   obbligatorie   di   mi-­‐granti  che  ogni  Stato  deve  accogliere.Questo   meccanismo   proposto   è   un  passo   avanti   verso   una   gestione   più  europea.   La   distribuzione   fra   tutti   i  paesi   coinvolgerebbe   anche   quelli  che   per   motivi   geograGici   non   sono  toccati   dall’emergenza   e   quindi   di-­‐minuirebbe   il  numero  di  migranti  da  accogliere   nei   paesi   di   conGine.   Per  metterlo   in   atto,   è   necessario   co-­‐munque   modiGicare   il   trattato  di   Du-­‐blino.   Il   lato   negativo   è,   invece,   che  con   questo   meccanismo   non   viene  

raggiunta  comunque   la   totale   gestio-­‐ne   del   problema   a   livello   europeo.  Infatti,  la   ricerca  in  mare  dei  migran-­‐ti,   l’accoglienza   e   l’identiGicazione,  pur   venendo   inserite   in   un   quadro  coordinato   a   livello   europeo,   sareb-­‐bero  ancora  di  competenza  degli  Sta-­‐ti  nazionali,   cui  spetta   anche   la   mag-­‐gior   parte   dell’onere   dei   costi   delle  operazioni.   A   maggior   ragione   in  questa   fase   di   crisi,   è   facile   capire  come  per  alcuni  Stati  sia   impossibile  garantire   un   servizio   adeguato   ri-­‐spetto  alla  situazione.Neppure   questo   meccanismo,   co-­‐munque,   è   accettato   da   tutti.   Alcuni  Stati   nazionali,   prevalentemente  del-­‐l’Est,   non   vogliono  assumersi   il   peso  della   quota   obbligatoria.   Un   classico  esempio  di   come   gli   interessi   nazio-­‐nali   vengano   posti   davanti   all’inte-­‐resse  generale.Per   questo   è   chiaro   che,   sebbene   il  meccanismo,   come   già   detto,   sia   un  passo  avanti,   l’unica  vera  soluzione  al  problema  è  quella  in  cui  gli  Stati  nazionali   cedono   la  loro   sovranità  all’Europa   per   formare   una   Fede-­‐razione   europea.   Oltre   a   poter   ge-­‐stire   in  modo  più  efGicace   l’emergen-­‐za   dell’immigrazione,   si   potrebbe  contrastare   il   problema   alla   radice.  Con  una  vera  politica   estera  europea  decisa   dalla  Federazione   si   potrebbe  contribuire   ad   evitare   il   nascere   di  nuove   crisi   nei   territori   che   ci   cir-­‐condano,   evitando   l’aumento   del  numero  dei  migranti.Inoltre,   con  una  vera  legislazione   eu-­‐ropea   in   materia   di   immigrazione,  non  si  dovrebbe  più  assistere  ad  epi-­‐sodi   come   quello   di   Ventimiglia,   e  sarebbe  più  facile  integrare   i  migran-­‐ti  nella  nostra  società.  Spesso  sono  le  leggi   nazionali   stesse   a   fare   dell’im-­‐migrazione   un   problema:   si   pensi   al  reato   di   clandestinità   che   invece   di  rendere  più  sicuro  il  territorio  nazio-­‐nale,   costringe   i   migranti   a   vivere  all’ombra   dello   Stato   e   a   favorire   il  lavoro   in   nero   e   le   organizzazioni  criminali.In  conclusione,  anche  se  si  può  con-­‐cordare  con  la  posizione  di  Juncker,  sarebbe  stato  ancora  meglio:  “No  a  un’Unione  europea  dei  muri,  si  alla  Federazione  europea!”.

Paolo  Filippi

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1957:  riapre   il  Canale  di  Suez,  esplo-­‐de   la  prima   bomba   a   idrogeno  ingle-­‐se,   l’ONU   abolisce   il   lavoro   forzato,  l’Unione   Sovietica   lancia   lo   Sputnik  nello   spazio,   la  NATO   decide  di  met-­‐tere   delle   basi  missilistiche   in   Euro-­‐pa.Lo  stesso  anno,   il  25  marzo,   a  Roma,  dopo  due   anni  di   trattative,  vengono  Girmati  due  trattati  che  istituiscono  la  CEE  e   l’EURATOM,   con   l’obiettivo  di  creare  la  pace,   l'unità  e   la  prospe-­‐rità  in  Europa.Cinquantotto   anni   dopo,   con   le  sGide  poste  dalla  crisi  economica  e  Ginanziaria   e   dalle   ondate   migra-­‐torie,  dalla  situazione   di   instabili-­‐tà   e   preoccupazione   dovute   dal-­‐l’aumento   della   disoccupazione   e  povertà   all’interno   dell’Europa   e  dai   conGlitti   armati,   criminalità   e  terrorismo  ai   suoi   conGini,   questi  obiettivi  sono  mantengono  ancora  tutta  la  loro  attualità.Con   questo   spirito,   ispirandosi   ai  padri  fondatori  dell’Europa,   i  Pre-­‐sidenti  della   Camera  dei  Deputati  italiana,   L.   Boldrini,   dell’Assem-­‐blée   nationale   francese,   C.   Barto-­‐lone,   del   Bundestag   tedesco,   N.  Lammert,   e   della   Chambre   des  Députés  del  Lussemburgo,  che  detie-­‐ne   attualmente   la   Presidenza   del  Consiglio   dell’UE   e   della   Conferenza  dei  Presidenti  dei  Parlamenti  dell’UE,  M.   Di   Bartolomeo,   hanno   Girmato   il  14   settembre,   con   una   solenne   ceri-­‐monia   alla   Camera   dei   Deputati   a  Roma,   una   dichiarazione   dal   titolo  “Più   integrazione   europea:   la   strada  da  percorrere”.“Questo  testo  non  è  un  trattato,  non  è  una   legge,   ma   un   appello   agli   altri  Parlamenti”  ha  ricordato  N.  Lammert  nel   suo   discorso   alla   cerimonia   di  presentazione  e  Girma  della  Dichiara-­‐zione.   Si   tratta   di   “un’iniziativa   che  vuole   essere  un   contributo   concreto  ma   al   tempo   stesso   dal   forte   valore  simbolico  al  progetto  europeista.  Un  progetto   che   non   può   prescindere  dal   coinvolgimento   dei   parlamenti  

dove   siedono   i   rappresentanti   dei  cittadini”,  ha  affermato  la  Boldrini.Occorre  infatti  rimediare  al  deLicit  di   legittimità   presente   oggi   nel-­‐l’UE,  e  per  farlo  bisogna  riuscire  sia  a  coinvolgere   i   parlamenti   nazionali,  come   ha   suggerito   C.   Bartolone,   sia  rafforzare   il   Parlamento   europeo,   in  modo  che  sia  riconosciuto  come  vero  parlamento  da   tutti   i   cittadini   euro-­‐pei.   Come   sottolinea   la   Dichiarazio-­‐

ne:  “E’  necessaria  una  maggiore  inte-­‐grazione   politica   –   in   linea   con   il  principio  di  sussidiarietà  –  per  supe-­‐rare  i  punti  di  intrinseca  debolezza  in  seno  all’Unione  europea  e  all’Unione  economica   e   monetaria   e   dotare  l’Europa  della  visione  e  progettualità  necessarie  per  evitare  di  procedere  a  tentoni  da  un’emergenza   a   un’altra”.  “Riteniamo   di   dover   completare  l’UEM   creando   un’autentica   unio-­‐ne   Linanziaria   e   Liscale,   ma   dob-­‐biamo  anche  rafforzare   le   istituzioni  di   controllo   e   operare   per  garantire  reale  trasparenza  e   legittimità  demo-­‐cratica,   creando   così   la   stabilità   e   la  prosperità   cui   aspirano   i   cittadini  dell’eurozona.”Come   ha   giustamente   ricordato  Bar-­‐tolone:   “Quand’anche   i   modelli   e   le  frontiere  del  passato  avessero  avuto  qualche   pregio,   non   ci   proteggono  più   dalle   nuove   minacce   e   non   per-­‐

mettono   di   cogliere   le   opportunità  del   nuovo  secolo  in   cui  siamo  entra-­‐ti.”  Gli  Stati  nazionali  sono  ormai  una  dimensione   troppo  piccola   in   cui  af-­‐frontare   i   problemi.   Come   si   legge  nella   dichiarazione:   “Agendo  da  solo  nessun   paese   europeo   può   tutelare  efGicacemente  i  propri  interessi  in  un  mondo   globalizzato   e   far   fronte   alle  sGide  in  Europa  e  nel  resto  del  mondo  […]   I   nostri   cittadini   hanno   bisogno  

di   un’Europa   più   forte   […]   I   nostri  partner  vogliono  un’Europa  più  forte  […]   In   un   mondo   globalizzato,   l’Eu-­‐ropa  può  essere  protagonista  se  par-­‐la   e   agisce   come   soggetto  unitario  –  per   questo   -­‐   Riteniamo   che   sia   ne-­‐cessaria   una   maggiore   integrazione  politica.”Solo   una   federazione   di   Stati   può  creare  una  situazione  di  pace,  unità  e  prosperità,   per   questo   occorre   per-­‐correre   senza   soste   la   via   dei   padri  fondatori,  come  ha  detto  M.  Di  Barto-­‐lomeo,   “L’Europa   è   come   una   bici-­‐cletta:   se   non   si   continua  a  pedalare  si  rischia  di  cadere”.  Non  fermiamoci  quindi   a   riGlettere   se   compiere   que-­‐sto  passo,   semmai  chiediamoci  come  la  Boldrini  ci  suggerisce  “Cosa  ci   co-­‐sterà  e  cosa   perderemo   se  non  lo  faremo?”.

Romina  Savioni

Più integrazione europea, la strada da percorrere

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Non   misurabile,   non   Ginita:   tale   è   la  grandezza   Gisica   ed   ontologica   del  nostro  universo,  il  palcoscenico  dove  siamo   chiamati  a   balbettare   qualche  parola,  a  raccontare  con  voce  bassa  e  timorosa  quale  sia   la  verità,   la  nostra  verità,  ancora  oggi  così  pallida,  opaca  e  fragile.Eppure,   cambiare   è   un'esigenza  umana;  nonostante  tutto,  avvertiamo  la  necessità  di  muovere  piccoli   passi  in  questo  spazio  senza  conGini,  di  mi-­‐gliorare,   di   avanzare   anche   solo   un  millimetro.Oggi   viviamo   una   situazione   di  estrema  tensione:  le  idee,  i  desideri  e  le   sGide   dettate   dal   nostro   secolo   ri-­‐guardano   il   mondo   intero,   ma   gli  schemi   di   comprensione   della   realtà  che   ci   vengono   dati   sono   obsoleti,  vecchi:  siamo  inseriti   in   società   vec-­‐chie,   e   le  società   sono  organizzate   in  divisioni  geopolitiche   vecchie:   le  na-­‐zioni.Il  “sistema  nazioni”  impedisce   lo  svi-­‐luppo   di   nuove   idee,   la   crescita   di  sogni   più   grandi,   la   nascita   di   un  mondo  migliore,  sebbene  ancora  non  perfetto,  ancora  non  vero.Il  salto   federale,   cioè   il  passaggio  da  un   sistema   geopolitico  nazionale   ad  un   sistema   geopolitico   federale   so-­‐vranazionale,   è   un   cambiamento  na-­‐turale,   che   dovrà   avvenire,   sperabil-­‐mente   come  conseguenza  di  una  “Ri-­‐voluzione   paciGica”,   prendendo   in  

prestito   la   profetica   espressione   di  Mario  Albertini.In  Europa,  la  conseguenza  immediata  di   tale  necessità,  è   che  solo  le  parole  e   gli   atti   riguardanti   la   dimensione  federale   europea   potranno   essere  deGiniti  come  atti  politici.Il  resto  è  fumo,  vuotezza.Ed  è  per  questa  ragione  che   positivo  e   politico  è   il   Rapporto   “Completare  l'unione  economica   e  monetaria   del-­‐l'Europa”,   redatto   dai   Cinque   presi-­‐denti   (della  Commissione,  del  Consi-­‐glio   europeo,   dell’Eurogruppo,   della  Banca   centrale   europea   e   del  Parla-­‐mento  europeo)  e  presentato  al  Con-­‐siglio  europeo  nel  giugno  2015.Tale  rapporto,  però,  manca  di  corag-­‐gio,   forza  ed  ambizione,  come  ha  ben  evidenziato   in  una   recente   dichiara-­‐zione   il  Gruppo   Spinelli,   l’intergrup-­‐po   formatosi   all'interno   del   Parla-­‐mento   europeo  che   riunisce   i   parla-­‐mentari  di  tutte   le  forze  politiche  più  convinti  ed  impegnati  a  sostegno  del-­‐l'uniGicazione   europea   e   della   tra-­‐sformazione   federale   dell'Unione  europea.Ciò   che   questa   dichiarazione   coglie,  in   sostanza,   è   il   peccato   di   accidia  alla   base   del   documento   dei   cinque  presidenti.La  necessità  di   portare   avanti   il   pro-­‐getto   di   integrazione   europea   e   di  operare  progressi  in  direzione  di  un'  unione  economica,  Ginanziaria,  Giscale  

e   politica   viene  messa   in   luce,   ma  i   tempi   proposti  sono   incredibil-­‐mente   lenti,   e   noi  tutti   sappiamo  quanto   immedia-­‐tezza   e   rapidità  debbano   essere  tra   le   principali  parole   chiave   del  salto  federale.“È   necessario   ac-­‐celerare   il  proces-­‐so   di   integrazio-­‐ne”;  in   altre  paro-­‐le   è   necessario,  

dopo   anni   di   stagnamento,   operare  cambiamenti   concreti,   optare   per  una   reale   cessione   di   sovranità   na-­‐zionale   a   favore   della   costituzione  di  un   effettivo  potere   politico   sovrana-­‐zionale,   non   accontentandosi   di   una  blanda  cooperazione  tra  Stati.È   necessario   comprendere   l'asso-­‐luta  inutilità,  nel   lungo  termine,  di  una  montagna  di   regole,  in  assen-­‐za  di   istituzioni   europee   con  vero  potere  politico  e  decisionale.InGine,  è  necessario  cogliere,  nel  bre-­‐ve   termine,   l'assoluta   priorità   del-­‐l'istituzione   di   un   bilancio   dell'Eu-­‐rozona;   quanto   sarebbe   utile,   effet-­‐tivamente,   spostare   il   fuoco   di   inte-­‐resse  politico  europeo  sull'Eurozona,  che   riunisce   membri   che   hanno   già  accettato   un   passaggio   di   sovranità  che  prelude  al  salto  federale.In   deGinitiva,   ciò   che   il   Gruppo   Spi-­‐nelli,   ed   in   generale   l'intero   mondo  politico   federalista   rimprovera,   è   la  mancanza   di   audacia   ed   intrapren-­‐denza  di  gran  parte  della  classe  poli-­‐tica   europea,   e   soprattutto   della  maggioranza  dei  governi.Ma  ora  è  giunto  il  tempo  per  cambia-­‐re:   il   prossimo   capitolo   della   storia  europea   sarà   quello   dell'Apocalisse,  parola  di  origine  greca  che  non  signi-­‐Gica  Morte,  ma  Rivelazione.E  quindi,  che  quest'Apocalisse  sia  un'  occasione  di  riscatto;  difatti,  l'Europa  e   gli   europei   ancora  devono  mostra-­‐re  al  mondo  il  meglio  di  sé  stessi,  ce-­‐lato  persino  agli  occhi   inquisitori  de-­‐gli   dei,   immersi  nella   lettura  di  pagi-­‐ne  di  storia  macchiate  di  sangue.Concordando  con  le  critiche   elabora-­‐te   dal   Gruppo   Spinelli,   concludiamo  questo  breve  articolo  con  parole   che  speriamo   si   possano   incidere   nei  cuori   dei   lettori,   come   un   grido   di  passione  ed  amore  per  un  sogno  che  non  è  mai  stato  così  vivo  e  bello.Voi   tutti,   cittadini   e   politici   euro-­‐pei,  abbiate  il  coraggio  di  osare!

Andrea  ApollonioMaria  Vittoria  Lochi

Abbiate il coraggio di osare!

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La minaccia dell’ISIS è ancora più grave di quel che sembra

Nelle   ultime   settimane   di   agosto,   il  mondo   ha   assistito   impotente   ad  un’ulteriore   brutalità   dell’ISIS,   ovve-­‐ro  la   distruzione   del  sito  archeologi-­‐co   di   Palmira   in   Siria.   Tuttavia,   sa-­‐rebbe   un   errore   ritenere   la   distru-­‐zione   di   Palmira   Giglia   del   solo   fon-­‐damentalismo   jihaddista;  dietro   tale  atto,  infatti,  non  c’è  soltanto  la  volon-­‐tà   di   cancellare   la   storia   della   Siria  pre-­‐musulmana,   ma   anche   un   inte-­‐resse   meramente   economico.   Da  tempo   l’ISIS   usa   il   contrabbando   in-­‐ternazionale  dei  manufatti  archeolo-­‐gici   come  strumento  di  Ginanziamen-­‐to.Finanziarsi  per  lo  Stato  Islamico  è  di  vitale   importanza.   Sia   in   Iraq   che   in  Siria,   l’ISIS   ha   conquistato   diversi  giacimenti   di   petrolio   e   gas   per  poi   rivendere  le  materie   prime  al  mercato   nero;   non   è   un   caso   che  Palmira  si  trovi  a  pochi  chilometri  da  Jazal,   ultimo   pozzo   petrolifero   in   Si-­‐ria  ancora   in  mano  alle   forze  lealiste  di  Assad   e   sotto  attacco  del  Califfato  dal  7  settembre.Il   mercato   nero   di   petrolio   e   opere  d’arte,  sommato  ai  riscatti  e  ai  depo-­‐siti   valutari   saccheggiati   dalle   città  conquistate,   foraggiano   un   patrimo-­‐nio   che   secondo   le   stime   dell’intelli-­‐gence   statunitense   ammonta   a   circa  2  miliardi  di  dollari.  Per  comprende-­‐re  la   necessità  dell’ISIS  di  Ginanziarsi  bisogna   partire   da   un   presupposto:  l’ISIS   non   pensa   se   stessa   come  un’organizzazione   terroristica   sul  modello  di  Al-­‐Qaida,  ma   si  considera  il  nucleo  di  un  nuovo  Stato.  Avere  un  patrimonio  considerevole  è   pertanto  funzionale   al   consolidamento   del  controllo   sui   territori   conquistati.   I  miliziani   al   servizio   dello   Stato   Isla-­‐mico  ricevono  uno  stipendio  minimo  di   200   dollari   mensili;   nelle   città  conquistate   si   pagano  gli   stipendi  di  una   nuova   “amministrazione   pubbli-­‐ca”   fedele   alla   dottrina   fondamenta-­‐lista   dell’ISIS.   Inoltre   il   Califfato   Gi-­‐nanzia   una   complessa   macchina   di  propaganda,   funzionale   non   solo   a  diffondere   il   terrore   ma   anche   ad  

aumentare   il   proprio   consenso   nel  mondo  musulmano.   Sebbene   l’atten-­‐zione  dell’opinione  pubblica  occiden-­‐tale   sia   rivolta   soprattutto   verso   le  brutalità  commesse  dall’ISIS   e   le   sue  minacce   all’Occidente,   non   bisogna  dimenticare  che  esiste  anche  un’altra  propaganda   rivolta   verso   i   musul-­‐mani   in   cui   viene   data   una   visione  utopica   della   vita   nello  Stato  Islami-­‐co.   Questo   ultimo   tipo   di   comunica-­‐zione   non   solo   serve   a   rafforzare   il  proprio   potere   ma   è   anche   il   primo  passo  con  cui  l’ISIS  attira  l’attenzione  dei  giovani  musulmani  che  vivono  in  Occidente.La  minaccia  del  Califfato  non  si  limita  soltanto  a   Siria   e   Iraq,   dove   da  mesi  ormai   controlla   ampie   porzioni   di  territorio;   il   suo   messaggio   fonda-­‐mentalista   ha   raggiunto   organizza-­‐zioni   islamiste   anche   in   altre   realtà:  la   bandiera   nera   del  Daesh   sventola  

su  Sirte  nella  Libia  oramai  frammen-­‐tata  e  dilaniata  dai  conGlitti  interni.  In  Nigeria  il  gruppo  separatista  di  Boko  Haram  ha  giurato  fedeltà  al  Califfato.  Altre   organizzazioni   islamiste   po-­‐trebbero   avvicinarsi   sempre   più   al-­‐l’ISIS   in   Afghanistan,   Pakistan   e   Fi-­‐lippine.   Il   rischio   concreto   è   che  mentre   il   Califfato   concentra   uomini  e   risorse   per  continuare  a   estendere  il  proprio  controllo  sul  Medio  Orien-­‐te,   queste   organizzazioni   diventano  lo  strumento  dello  Stato  Islamico  per  colpire   al   di   fuori   del   teatro  medio-­‐rientale.Di   fronte   ad   una   tale   minaccia,   la  comunità   internazionale,   sebbene  condanni  senza   riserve  il  Califfato,  si  è  mostrata  divisa  è   incapace   di  adot-­‐tare  una  strategia   comune.  In  primis  le   stesse   potenze   regionali   non   rie-­‐scono  a   coordinare   un   fronte   comu-­‐ne:  gli   interessi   contrastanti  tra   Tur-­‐

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Publius - Per un’alternativa europeaNumero 21 - Settembre/Ottobre 2015

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Direttore responsabile: Giacomo GanzuRedazione: Nelson Belloni, Eleni Blinishta, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Filippo Lavecchia, Maria Vittoria Lochi, Paolo Milanesi, Francesco Pericu, Giovanni Salpietro, Romina Savioni, Bianca Viscardi.Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l

Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.

Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009

Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studentiDistribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic.

chia,   Israele,   Iran,   Egitto  ed   Arabia   Saudita   non  solo   compromettono   la  stabilità   dell’intera   area,  ma   hanno   consentito  all’ISIS   di   farsi   largo   in  Medio   Oriente   approGit-­‐tando  delle   divisioni  sta-­‐tali,   etniche   e   religiose.  Da  rilevare  in  particolare  l’atteggiamento   della  Turchia  che  non  solo  non  ha   fornito   il   necessario  supporto   alla   comunità  curda  che  combatte  l’ISIS  a   Kobane,   ma   ha   comin-­‐ciato  delle   azioni  militari  lungo  la   frontiera  contro  gli   stessi   curdi   per   con-­‐trastare,   secondo   il   go-­‐verno  turco,   un’eventua-­‐le   ascesa   del   PKK   nel-­‐l’area.Cosi  come  le  potenze  regionali,  anche  Stati  Uniti  e  Russia   si  sono  mostrate  incapaci  di   adottare   una   linea  comu-­‐ne   sulla   crisi   mediorientale.   Il   nodo  del   contrasto  tra   le  due  potenze  è   la  sopravvivenza   politica   di   Assad   in  Siria.   La   Russia   da   tempo  sostiene   il  presidente   Assad   fornendo  non   solo  aiuti   Ginanziari   e   militari   ma,   come  dichiarato   dal   ministro   degli   esteri  Sergei   Lavrov,   anche   inviando   in   Si-­‐ria  personale  militare.   Lo   stesso  mi-­‐nistro  non  esclude  un   intervento  mi-­‐litare   russo   per   risolvere   la   crisi   si-­‐riana   pur  nel   rispetto   del   diritto   in-­‐ternazionale   e   allo  scopo  di   sconGig-­‐gere   l’ISIS.  D’altra  parte   gli  Stati  Uni-­‐ti,   che   guidano   una   coalizione   con  altri   paesi,   occidentali   e   non,   si   tro-­‐vano   nella   problematica   situazione  

di  voler  dare  priorità  alla  lotta  contro  il  Califfato  ma,   al   contempo,   di  voler  destituire   Assad   e   togliere   la   Siria  dall’orbita   di   inGluenza   russa.   I  bom-­‐bardamenti   effettuati   dalla   coalizio-­‐ne  guidata  dagli  USA  contro  le  posta-­‐zioni  dello  Stato  Islamico  non  hanno  Ginora   raccolto   i   risultati   sperati.  L’ISIS,   seppur   con   alcune   difGicoltà,  continua  la  sua  avanzata  in  Siria  ver-­‐so  Aleppo   (contesa   tra   forze   islami-­‐ste  e  lealiste)  e   in  Iraq  dove  i  milizia-­‐ni   del   Califfato,   dopo  la   conquista  di  Mosul,  si  trovano  a  circa  130  km  dal-­‐la  capitale  Baghdad.La  crisi  in  Medio  Oriente  rappresenta  una   enorme   sGida   per   l’Europa   e  l’ondata  di   richiedenti   asilo  delle   ul-­‐time   settimane   ne   rappresenta   solo  un  aspetto.  Mentre   gli  Stati  nazionali  europei   litigano   fra   loro   sul   come  

“spartirsi”   le  quote   di   rifugiati,  man-­‐ca   del   tutto   una   strategia   europea  comune   sul   come   risolvere   la   crisi  all’origine.   La   questione   mediorien-­‐tale  non  potrà   trovare  risposta  senza  l’intervento   della   comunità   interna-­‐zionale,   all’interno   della   quale   è   as-­‐solutamente   necessaria   una   voce  unica  europea  che  sia   in  grado  di  su-­‐perare   le   divisioni  internazionali.  Gli  Stati   nazionali   europei   non   sono  stati   in   grado   di   avere   un   ruolo  dalle   primavere   arabe   in   poi,   la-­‐sciando  che  altre  potenze   interve-­‐nissero   sulla   questione,   Linora  inefLicacemente.  Priva  di  una  politi-­‐ca  estera  e  di  difesa  comune  l’Europa  continuerà  a   subire   le   dinamiche   in-­‐ternazionali   anche   quando   queste  riguardano  il  proprio  vicinato.

Giovanni  Salpietro