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Razza, Realtà e Negazione di RICHARD MCCULLOCH
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Razza: realtà e negazione
Di RICHARD MCCULLOCH
(Una breve versione di questo articolo è stata pubblicata nell‟inverno 2002, in un numero di The
Occidental Quarterly nel sito http://theoccidentalquarterly.com/vol2no4/rm-race.html)
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UNA PRODUZIONE STORMFRONT ITALIA
Traduzione a cura di edjursuna e Legionario88
Commento dei traduttori:
Nell'articolo di McCulloch troveremo spesso il riferimento a quella che lui definisce "razza
nordica" per indicare una sub-razza all'interno della razza bianca. L'utilizzo di tale termine
quindi deve essere in riferimento ad una delle tante sub-razze bianche (quella nordica in
questo caso) ma il discorso può essere esteso a qualsiasi altra sub razza bianca (ad
esempio a quella mediterranea). L'autore, come dichiara lui stesso di appartenere alla sub-razza
nordica, impronta il suo discorso sulla primaria importanza della difesa della sua
sub-razza ma ciò non esclude il fatto che la tutela di tutte le razze e sub-razze sia la base
da cui partire per comprendere qualsiasi discorso e analisi della tutela e preservazione
razziale. Il punto di vista dell'autore è quindi concentrato sulla sua sub-razza nordica
senza che però egli faccia alcuna discriminazione nei confronti di altre sub-razze o di altre
razze.
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Nel giugno del 2001 sono andato a vedere il film Gatti e Cani. Sono
arrivato abbastanza presto per vedere le pubblicità mostrate prima delle
anteprime e sono rimasto sorpreso da uno spot che dichiarava
coraggiosamente: “Svegliati. La razza è un mito. Il razzismo è reale.
www.endracism.org.” L‟effetto era surreale. Come poteva questo falso
orwelliano essere mostrato su uno schermo? Per quasi un decennio ho
visto vari esempi di negazione razziale, ma per lo più in maniera
marginale, ad esempio in posti difficilmente notati della massa, o in
pubblicazioni sconosciute o su siti internet. Ma vedere un tale spot sul
grande schermo lo rendeva dominante, accettabile e normale.
Da americano con ascendenti del nord Europa (nordico) che ama la sua
razza e vuole preservarla, da tempo mi preoccupo delle prospettive del suo
declino. Ma, sedendo in quel cinema, sembrava che l‟esistenza e la
continuazione della mia razza fosse ancora più incerta del solito, poiché
niente è più certo del fatto che l‟obiettivo politico che sta alla base della
negazione della razza sia diventato una profezia auto-avverante con lo
scopo di causare la fine, se non di ogni razza, sicuramente della mia.
Com‟è possibile che l‟esistenza di ciò che io amo e desidero conservare sia
negato così palesemente? E com‟è possibile che al pubblico americano
venga propinato un così forte messaggio che dichiara che l‟oggetto del mio
amore e devozione non esiste, che non è reale e che non è neanche
accettabile credere che esista?
Se questo tipo di messaggio ora appare negli schermi di un cinema, qual è
il messaggio che passa nel sistema scolastico? L‟odierno insegnamento
“politicamente corretto” riguardo il tema della realtà razziale è
rappresentato dall‟acclamatissimo documentario in serie del 2003 della
BPS (Boston Public School) intitolato: Razza: il potere di un’illusione, e
dal corrispondente sito internet all‟indirizzo at
http://www.pbs.org/race/000_General/000_00-Home.htm, prodotto da
Lassy Adelman e ampiamente distribuito e usato in tutto il sistema
scolastico. L‟essenza del messaggio di questa serie può essere sintetizzato
in dieci punti, o “fatti-veloci”, che saranno discussi qui in ordine. Il titolo
del documentario rivela già le sue conclusioni e si fa carico del messaggio
che la razza è solo una chimera, quindi non è reale ma è una pericolosa
illusione. Nel numero di Dicembre 2003 del giornale Scientific American è
stato pubblicato un articolo che supportava essenzialmente questa nuova
posizione politically correct. La natura ingannevole di questa campagna
semi-orchestrata è simboleggiata dalla copertina della rivista. Dei sei volti
femminili mostrati in copertina, in rappresentanza delle diverse razze, un
solo tra quelli è reale, uno solo è realmente di una persona vera e propria
ed è quello in alto a destra rappresentato dalla donna bionda con occhi
azzurri di razza nordica. Gli altri cinque volti sono solo delle modificazioni
computerizzate dell‟unico viso reale e non rappresentano alcun‟altra razza,
anche se vengono mostrati come tali. L‟effetto ingannevole è quello di
minimizzare le reali differenze tra razze così da “nordicizzare” tutte le
altre, così da renderle molto più simili alla razza nordica di quanto non lo
siano affatto.
Come può accadere tutto questo? La negazione della realtà razziale non
rappresenta, in verità, una novità. Se n‟è parlato già ai tempi di Franz
Boas. La novità sta nel grado di negazione, che è un fatto totalmente
nuovo. La negazione della realtà razziale ha preso molte forme durante lo
scorso secolo, e l‟escalation in grado - come il dominio culturale e il
controllo dei suoi promotori - è in crescita. Si è parlato specialmente della
negazione delle differenze razziali soprattutto per quel che riguarda le
differenze mentali che non possono essere viste ad occhio nudo. C‟è stata
la negazione nel campo di applicazione scientifico e nell‟entità stessa delle
differenze razziali nel tentativo di ridurle al minimo. C‟è stata la negazione
delle conseguenze delle condizioni sociali della società multirazziale, in
particolar modo della mescolanza razziale e dei suoi effetti razziali
distruttivi. Ora è la stessa realtà e l‟esistenza stessa delle differenti razze,
ovvero di cose tangibili che possono essere tranquillamente appurate e
viste, che è negata.
Ci saremmo dovuti aspettare questo sviluppo, vista la crescente importanza
data dalla storia, nel corso del secolo scorso, alla negazione della razza.
L‟abbiamo visto davanti ai nostri occhi. Forse, ad esempio, quando
ognuno di noi ha sentito per la prima volta dichiarare che le razze non
esistono o quando abbiamo liquidato tale notizia come una sciocchezza
senza senso non degna di preoccupazione o risposta, perché nessuno di noi
avrebbe mai preso tali notizie seriamente. Ma l‟avremmo dovute prendere
seriamente. Ora, infatti, constatiamo quest‟approccio dominante della
posizione “politicamente corretta” nei media e nel mondo accademico, con
tutte le conseguenze e tutto ciò che questo significa. La reale credenza
nell‟esistenza di razze differenti è oggi come oggi, in alcuni ambiti,
comparata al razzismo, e con logica riduzionista e senza nesso di casualità
è stata ultimamente collegata al genocidio. In certi ambienti è stato infatti
esplicitamente dichiarato che la realtà della razza deve essere negata, al
fine di porre fine al razzismo e prevenire il genocidio. (Nota 1).
È molto triste constatare che la nostra situazione sta sempre peggiorando
dato che la realtà della razza è ancora messa in dubbio ed è sempre negata
dalla cultura dominante. La negazione della razza è in realtà solo l‟ultima
tappa degli sforzi della potente e multirazziale cultura dominante nel
prevenire e bloccare gli interessi della razza nordica e i problemi reali che
riguardano la razza nordica, inclusa l‟ultima problematica della
sopravvivenza e della preservazione della razza. Abbiamo, da tempo,
familiarità con diverse tattiche usate per lo stesso scopo, che includono -
ma non sono limitate - a :
1. Minimizzare o banalizzare le differenze razziali e la razza stessa, che
vengono descritti come cose senza senso, senza importanza o valore
e che per questo che non vale la pena di preservare.
2. Dichiarare che la razza nordica è già mischiata o ibrida, cioè non
pura. Ciò è asserito sia per la razza nordica nel suo complesso sia per
i singoli individui che non appaiono mischiati, anche se queste
affermazioni non sono di solito molto specifiche o appoggiate
dall‟evidenza scientifica. Queste affermazioni sono presentate come
la prova che la miscela razziale non danneggia la razza nordica o la
sua esistenza in alcun modo, quindi la razza non ne risulta minacciata
e l‟opposizione a tutto ciò deve appare ingiustificata.
Queste tattiche sono solamente una copertura per eludere i reali problemi
legati agli interessi razziali dei nordici, soprattutto per quel che riguarda la
loro preservazione razziale. Ho scoperto che, se messi sotto pressione,
coloro che vogliono il meticciato e coloro che negano l‟evidenza della
razza, sono gli stessi che non riconoscono l‟esistenza delle razze, o almeno
non vogliono riconoscere che la razza nordica esista. Perché è la razza
nordica e i tratti caratteristici razziali dei popoli del Nord Europa, che sono
al centro della loro attività di negazione razziale e di promozione al
meticciato. La razza nordica è la razza che i negazionisti razziali non
vogliono assolutamente riconoscere, essi vogliono distruggerne l‟esistenza
stessa, vogliono impedire la sua esistenza, fino al punto di arrivare a
negare l‟esistenza stessa della razza in generale, e quindi di tutte le altre
razze.
Ma queste affermazioni si spingono oltre il semplice desiderio di coloro i
quali non vogliono riconoscere l‟esistenza della razza nordica. Sono anche
un mezzo per soddisfare il desiderio, o meglio sono una profezia auto-
avverante, usata al solo scopo di prevenire qualsiasi interesse della razza
nordica; quindi le sue caratteristiche sono ridotte al minimo, banalizzate,
sminuite e negate, e grazie a queste tattiche vengono minacciate fino alla
distruzione. È davvero l‟esistenza della razza nordica che viene
minimizzata, banalizzata, umiliata e negata con lo scopo di prevenire,
eludere ed evitare qualsiasi considerazione negativa riguardo alla minaccia
di distruzione di quest‟ultima. Negare la realtà o l‟esistenza di una razza, o
di un popolo, facilita notevolmente la sua distruzione e la sua riduzione ad
una non-esistenza.
Sono stato coinvolto in mote discussioni, dibattiti e argomenti, riguardanti
la realtà della razza fin dal 1998 quando il mio sito web
(www.racialcompact.com) è comparso su internet. Alcune discussioni con
coloro che negavano la razza erano basate su scambi di domande e
risposte. Questi dibattiti di solito finivano dopo che i miei antagonisti
ammettevano esplicitamente il loro sostegno, e anche il loro desiderio,
dell‟estinzione dei nord europei. (nota 2). Più recentemente, il mio
coinvolgimento in questi dibattiti tendeva ad essere indiretto, in quanto i
visitatori del mio sito che hanno utilizzato il materiale lì pubblicato, hanno
avuto modo di discutere loro stessi con i negatori della razza e quindi
hanno cercato il mio consiglio e la mia assistenza.
Questo tipo di dibattiti di solito seguono uno schema similare: i negatori
della razza iniziano la discussione tentando di screditare i tradizionali
metodi di classificazione razziale, in particolare i metodi basati sulla
tipologia razziale del fenotipo o dell‟aspetto fisico, ovvero sulla
combinazione di tutti i tratti fisici. Poi essi tenteranno di screditare le
tradizionali divisioni razziali che si basano su questi metodi di
classificazione. Lo scopo di tutto ciò sta nel creare una sorta di confusione,
di ambiguità o di incertezza per quanto riguarda il termine razza. Infatti
una definizione precisa di “razza” di solito manca sempre nelle loro
argomentazioni, sia perché non sanno come definirla, sia perché sanno che
una definizione precisa di “razza” potrebbe facilmente confutare le loro
tesi. Infine, dopo che è stata creata abbastanza confusione e ambiguità, essi
finiscono col negare l‟esistenza della razza. Ma se si va a fondo alla
questione, diviene di solito evidente che il vero problema per loro non è il
metodo di classificazione razziale, e nemmeno l‟esistenza delle razze –
solo apparentemente il loro punto centrale delle loro argomentazioni – ma
la questione della conservazione razziale, e in particolar modo della
protezione razziale dei nord europei. La differenza tra me e loro è che loro
sono contro la conservazione razziale dei nord europei, mentre io ne sono
a favore.
Una tattica molto comune che usano i negatori della razza è quella di
esigere una prova dell‟esistenza della razza, senza fissare però uno
standard di ciò che costituirebbe una prova sufficiente. Ciò serve a loro per
evitare di dare una definizione oggettiva e accurata della razza.
Dunque, cos‟è questa cosa chiamata “razza”? Tanto per cominciare, la
parola razza si riferisce alle diverse popolazioni geografiche dell‟umanità
che condividono un antenato comune e possono essere distinte le une dalle
altre da una combinazione ereditaria di caratteri morfologici, vale a dire,
da caratteristiche fisiche (fenotipo) determinate geneticamente. La razza si
riferisce quindi sia alle popolazioni che ai fenotipi che sono associati alle
popolazioni da cui sono identificati. Queste popolazioni e fenotipi esistono
da migliaia di anni prima che la parola razza diventasse il termine comune
per riferirsi a loro. Così, la definizione della parola razza rappresenta,
molto semplicemente, quella popolazione e fenotipo a cui si riferisce.
Trattasi di una logica circolare, come disse Gertrude Stein: “ una rosa è
una rosa è una rosa”. Ma l‟esistenza e la realtà delle cose che sono
tangibili, materiali, fisiche e visibili e che sono chiaramente evidenti ai
cinque sensi, è normalmente accettato come ovvio e non esige una prova
esterna; la prova, in questi casi, è a se stante, è in se stessi. Le persone
ragionevoli non mettono in dubbio la loro esistenza o richiedono le prove,
sulla base di uno standard arbitrario, della loro realtà. Se l‟esistenza di
qualcosa è negata ma l‟oggetto si presenta comunque lo stesso, la sua
esistenza deve essere ammessa. Negare l‟esistenza di qualcosa che è
visibilmente presente è irragionevole. L‟oggetto che viene negato dai
negatori della razza è visibilmente presente in abbondanza, sia negli
individui singoli che nelle popolazioni, ben oltre qualsiasi esigenza di
prova ragionevole.
L’evidenza della realtà della razza
Ma se vengono richieste delle prove per confermare la realtà della razza,
che tipo di prova è necessaria per dimostrarla? Quale tipo di prova può
essere considerata come ragionevole? Se la prova concreta non è
sufficiente e la prova della logica astratta è necessaria, la prova migliore
risulta essere dunque quella in cui convergano molteplici prove diverse e
indipendenti tra di loro che si sostengano reciprocamente e che arrivino
alla stessa conclusione. Tra le prove convergenti che siano coerenti tra loro
per sostenere la realtà della razza possiamo annoverare: la geografia, la
storia, il fenotipo, la teoria evolutiva, le scienze forensi e gli studi genetici
più recenti.
Le razze sono geograficamente reali. Trattasi di popolazioni geografiche
con una specifica distribuzione geografica. Esse sono, o sono state fino a
tempi recenti, geograficamente separate dalle altre razze. La loro origine
ed esistenza è collegata ad una specifica regione geografica che la razza ha
storicamente abitato. Il collegamento tra geografia e razza si vede nella
forte correlazione che separa gli habitat originali delle diverse razze. La
connessione geografica si verifica perché le razze sono popolazioni
nidificanti che formano un pool genico comune e stabile in un ambiente
razziale su molte generazioni, e prima del progresso dei trasporti moderni,
ciò ha richiesto che la patria nativa della razza sia stata limitata e compatta.
La continuazione o la conservazione della razza richiedeva anche una
separazione geografica da altri elementi razziali per evitare mescolanza o
sostituzione che avrebbe alterato o distrutto la razza stessa. Ciò significa
che le altre razze hanno dovuto essere escluse dalla sua distribuzione
geografia e che il possesso di una determinata razza della sua terra natale
doveva essere razzialmente esclusivo. Questa esclusività non doveva però
essere totale o assoluta, ma solamente sufficiente per creare e preservare
una tale razza. Anche se le migrazioni di elementi razziali al di fuori della
loro patria originale si sono verificate nel passato, in particolare negli
ultimi cinque secoli, spesso la mescolanza con altre razze che ha creato
forme intermedie, ha fatto sì che venisse riconosciuto uno standard di
riferimento per la classificazione razziale e lo studio, tramite i gruppi di
controllo, delle popolazioni che sono rimaste nelle patrie originali. Le
popolazioni emigranti che hanno ampliato la gamma geografica della loro
razza in nuovi habitat e che hanno limitato la riproduzione della loro razza,
hanno continuato ad essere della stessa razza degli abitanti delle terre
native, e nella loro eredità razziale e origine sono rimasti identici a quelli
rimasti nella terra nativa. Queste popolazioni geografiche sono un dato di
fatto, esse esistono nel mondo reale, nella loro parte nel mondo
esattamente dove ci si aspetta di trovarle, come tutti possono constatare.
Questi sono fatti reali che possono essere osservati e misurati essendo
parte della realtà oggettiva, e i dati reali della razza sono le sue
caratteristiche fisiche distintive o il fenotipo razziale. La rivista National
Geographic, nella sua lunga storia di pubblicazioni, ha pubblicato
innumerevoli articoli che documentano inconfutabilmente la connessione
geografica, la distribuzione e la realtà della razza.
Le razze sono storicamente reali. Le razze più importanti d‟Europa, Asia e
Africa che conosciamo oggi, così come molte delle loro sub-razze, sono
presenti nella documentazione storica scritta sin da 3000 anni e, nel campo
artistico, da 4000 anni. Le razze di America, Australia e del Pacifico sono
entrate nella storia dal momento in cui i primi esploratori occidentali le
hanno trovate. Dagli albori della storia, fino ai nostri tempi, l‟esistenza,
l‟ubicazione geografica e la distinzione di caratteristiche fisiche e l‟analisi
dei movimenti stanziali di queste razze, sono stati una parte fondamentale
della documentazione storica. Le razze esistono inoltre anche nella
preistoria. I moderni storici, antropologi e archeologi che si interessano di
preistoria hanno protratto la nostra conoscenza delle razze moderne a
migliaia di anni prima dell‟inizio della storia scritta. È ovvio che le razze
che conosciamo oggi sono esistite, in un continuum di generazioni, per
molte migliaia di anni.
Le razze sono fenotipicamente reali. Il fenotipo, ossia la parte fisica della
razza che possiamo vedere, è tangibilmente e visibilmente reale. Ed è
anche la prova visibile che la razza è un fattore ereditario, che è
geneticamente trasmessa da generazione a generazione con coerenza
scientifica e prevedibilità. Questo significa che la razza è geneticamente
reale, che è determinata dai geni, che è nei geni e dai geni, il che significa
che la razza è un fenomeno biologico e biologicamente reale. Il fenotipo –
ovvero l‟insieme dei tratti ereditati geneticamente che determina l‟aspetto
fisico – è anche il definitivo identificativo razziale per classificare le
diverse razze. Ogni razza ha una certa gamma di fenotipi diversi o di
elementi razziali all‟interno della sua popolazione. Ma non vi è alcuna
sovrapposizione fenotipica tra le principali divisioni razziali dell‟umanità.
Se si prendono tre gruppi di 100 persone ciascuno della Nigeria,
dell‟Inghilterra e della Cina – con ogni gruppo rappresentativo della loro
popolazione nativa – la persona media non avrebbe nessuna difficoltà ad
individuare quale gruppo è rappresentativo della specifica razza. Anche se
gli individui dei gruppi fossero stati mescolati tutti tra di loro loro, la
persona media non avrebbe avuto difficoltà a separarli - prendendo come
metodo il riconoscimento del fenotipo - per sistemarli nella corretta
categoria razziale con assoluta precisione. Se si prendono tre gruppi di 100
persone ciascuno da tre diverse suddivisioni della divisione razziale
caucasica, rappresentati da Inghilterra, Italia e Siria – con ogni gruppo
rappresentativo delle loro popolazioni autoctone – la persona media non
avrebbe di nuovo difficoltà nell‟identificare i tre diversi gruppi. Anche se
ci sarebbe una certa sovrapposizione fenotipica tra i gruppi inglesi e
italiani e tra i gruppi italiani e siriani, ogni gruppo dovrebbe contenere una
grande maggioranza di fenotipi che sarebbero rari o assenti negli altri due
gruppi. Se i gruppi sono stati mescolati tra loro, la persona media sarebbe
probabilmente meno accurata nel separare gli inglesi dagli italiani, o gli
italiani dai siriani, ma è probabile che sarebbe stata molto accurata nel
separare gli inglesi dai siriani. Il fenotipo dimostra che la razza è reale. Ma
mostra anche che la razza è un continuum segnato da molte suddivisioni o
sub razze con sottili gradazioni di differenziazione razziale correlati alla
distanza spaziale e temporale.
A pagina 211 del libro intitolato: Razza. La realtà delle differenze umane
(2004), gli autori Vincent Sarich e Frank Miele spiegano il ruolo del
fenotipo nella classificazione razziale. A differenza dei biologi che
smentiscono - in uno stile prettamente politically correct - la realtà
scientifica della razza senza fornire standard di ciò che è richiesto per
considerare reale la razza, Sarich e Miele forniscono degli standard per le
razze delle specie non umane che sono comunemente accettate dai biologi.
Tuttavia non esiste ancora uno standard genetico accettato dato che la
conoscenza genetica tutt‟ora è ancora troppo incompleta (come
sottolineano infatti gli autori dichiarando come, ad esempio, fino a poco
tempo fa i cani non potevano essere geneticamente distinti dai lupi), ma ci
sono una lunga serie si fenotipi standard che vengono accettati basati su un
“ordinamento di precisione”. In sostanza, con questo standard, se i biologi
specializzati nello studio di una specie possono dividere due diverse
popolazioni della suddetta specie in base alle caratteristiche fisiche o
fenotopiche con il 75% o più di precisione, queste verranno considerate
come due razze diverse. Gli autori sottolineano che sebbene le razze, a
differenza delle specie, non sono fisse - quindi alcune sovrapposizioni
fenotipiche sono previste – ci sarebbero almeno 20 popolazioni umane che
possono essere fenotipicamente distinte l‟une dalle altre con una
precisione di classificazione del 100%. Se seguissimo gli standard effettivi
applicati dai biologi per le specie non umane (quella del 75% o più di
precisione di classificazione) potremmo tranquillamente notare che ci
sarebbero letteralmente centinaia di razze umane distinte tra di loro. Gli
autori affermano che la maggior parte delle persone potrebbero anche
ottenere una precisione del 100% nella classificazione razziale nel
distinguere le popolazioni di Atene e Copenhagen. Vorrei aggiungere che
la maggior parte delle persone, avrebbe probabilmente potuto raggiungere
una precisione superiore al 75% di classificazione razziale nel distinguere
le popolazioni indigene di Londra e Parigi. Il sistema di questi due
standard diversi risulta essere alquanto ipocrita perché questo si attua solo
alle specie non umane e non a quelle umane, solo così i biologi possono
negare l‟esistenza delle razze umane. Questo studio sui diversi standard ha
spinto agli autori ad affermare che: “ se noi usassimo una definizione
semplice di razza – per esempio possiamo definirla come una popolazione
all‟interno di una specie che può essere facilmente distinguibile dalle altre
popolazioni grazie solamente a fattori genetici (cioè utilizzando solo le
caratteristiche ereditarie) – allora non ci sarebbe più alcun dubbio
sull‟esistenza di un gran numero di razze umane.”
Nelle mie discussioni con i negatori della razza ho riscontrato come, quasi
mai, questi diano una definizione precisa del concetto di razza, anzi spesso
non la danno affatto, quindi il mio primo passo è sempre quello di
domandare e fornire una definizione precisa del termine razza. Sarich e
Miele hanno anche loro notato questo problema quando hanno
incominciato “questo viaggio nella realtà al di fuori dal political correct”.
Essi hanno dunque fornito un‟accurata definizione del concetto di razza,
così come segue: “le razze sono popolazioni, o gruppi di popolazioni,
all‟interno di una specie, che sono separate geograficamente dalle altre
popolazioni o gruppi di popolazioni e che sono distinguibili tra loro su
base di caratteristiche ereditarie” (pagina 207).
La teoria evoluzionista sostiene la realtà delle razze umane. Si presuppone
che il grado di variabilità biologica all‟interno di una specie sia correlata
con l‟estensione della sua distribuzione geografica. Maggiore è la gamma
geografica, maggiore sarà il grado di variabilità biologica. La razza è una
variabilità biologica. Le specie umane hanno avuto un‟estensione
geografica sull‟emisfero per almeno 100.000 anni e una globale estensione
geografica da almeno 10.000 anni, ciò mostra l‟elevato grado di variabilità
biologica che la teoria evoluzionistica si aspetta e prevede da popolazioni
di così ampia diffusione. La variazione biologica è la forza trainante
dell‟evoluzione e della creazione di nuove specie. La variabilità è causata
dalle separazioni tra le diverse popolazioni date dalla distanza geografica o
dalle barriere fisiche. Sarebbe in netto contrasto con la teoria
dell‟evoluzione se la specie umana, con il suo insuperabile livello di
separazione geografica tra popolazioni, non presentasse un grado
altamente sviluppato di variabilità biologica, si in via di sviluppo
(continumm) e sia in evoluzione in razze diverse. Vi è una progressione
logica nell‟evoluzione. È un processo continuo - dal phylum alla classe –
che ordina gli organismi in famiglie, in generi, in specie e in razze. Il
processo non si ferma alla specie ma continua creando le diverse razze che
si sviluppano a loro volte in nuove specie. La razza è lo stadio evolutivo di
una popolazione prima che questa diventi una specie diversa. Negare
questo è come rivendicare che l‟evoluzione si è fermata.
La scienza forense sostiene la realtà delle razze umane e può identificare la
razza tramite l‟attenta analisi dei resti di scheletri con molta precisione,
come descritto dallo scienziato forense George Gill (Nota 3).
La “realtà della razza” dipende più dalla definizione della realtà che dalla
definizione di razza. Se scegliamo di accettare il sistema di tassonomia
razziale che gli antropologi fisici hanno tradizionalmente stabilito – razze
maggiori: nera, bianca etc… - allora si possono classificare gli scheletri
umani dal loro interno altrettanto bene come si può fare con gli esseri
viventi. I tratti ossei del naso, della bocca, del femore, del cranio possono
rilevare, ad un bravo osteologo, i tratti razziali esterni come ad esempio il
colore della pelle, la forma dei capelli, quella del naso e delle labbra. Sono
stato in grado di dimostrare, nel corso degli anni, in vere e proprie
battaglie legali, che sono più preciso a valutare la razza da resti scheletrici
che dai tratti esteriori visibili ad occhio nudo. Gli antropologi forensi
sanno perfettamente che lo scheletro riflette la razza, sia essa “reale” o no,
e sanno altrettanto bene che le ossa mostrano più facilmente le diverse
caratteristiche fisiche delle diverse razze di un qualsiasi tessuto
superficiale esterno. L‟idea che la razza è “solo una questione di pelle” è
un falso, lo potrebbe affermare qualsiasi esperto antropologo forense.
La razza è geneticamente reale. La genetica può fornire nuove prove per
sostenere la realtà della razza. Ironia della sorte, la genetica ha però
favorito di più i negatori della razza, infatti essa è spesso l‟unico mezzo
che questi usano per convincere e sostenere la loro tesi antirazzista. In
realtà, nonostante le pressioni fatte dai genetisti per mostrare il contrario,
la razza esiste nei geni ed è geneticamente determinata. Ci sono molti studi
genetici che mostrano le differenze razziali nelle frequenze di sequenze
genetiche diverse e dei tratti genetici, anche se i genetisti preferiscono
usare il termine popolazione come eufemismo per la razza.
I negatori della razza tentano di dimostrare che le razze non esistono
perché la percentuale di differenze genetiche tra diverse razze è troppo
bassa. Però non dicono quale criterio deve essere applicato per determinare
la percentuale di differenza genetica necessaria per costituire una razza,
dicono solo che la percentuale di differenza genetica tra le popolazioni
umane è troppo bassa. Nessuna percentuale di differenza genetica è mai
stata usata come base per la classificazione razziale. In effetti, fino a poco
tempo fa gli scienziati ed i profani non avevano affatto idea di cosa fosse
realmente la percentuale di differenza genetica tra le razze o tra le specie.
Quando si parla di quest‟argomento, i negatori della razza non menzionano
mai il fatto che anche la differenza genetica tra umani e scimpanzé è molto
bassa di quanto qualsiasi profano tenda ad aspettarsi. La maggior parte
degli studi genetici mostra una differenza genetica che varia tra l‟1, 24% e
l‟1,7% tra esseri umani e scimpanzé, di solito si preferisce usare la
percentuale media dell‟1,6% (nota 4). Ciò rappresenta la differenza
genetica tra specie, e ancora meglio la differenza genetica tra generi.
Questo dato rappresenta anche la differenza genetica tra famiglie
tassonomiche perché gli esseri umani e gli scimpanzé sono in diverse
famiglie biologiche. Gli esseri umani, infatti, sono della famiglia degli
ominidi (di cui sono l‟unica specie sopravvissuta) e gli scimpanzé, i
parenti più stretti viventi alla nostra specie, sono della famiglia dei
Pongidae.
Quali sono le percentuali di differenze genetiche tra le razze umane? Forse
il miglior studio compiuto fino ad oggi su tale argomento è quello di
Masatoshi Nei e Arun K. Roychoundhury (1993) (nota 5). Nei e
Roychoundhury hanno utilizzato una metodologia diversa da quella di L.L.
Cavalli-Sforza et alii (1988), che a loro parere “ha introdotto irragionevoli
modelli di ramificazione in alberi filogenetici”, in riferimento al
raggruppamento fatto da Cavalli-Sforza dei nord-est asiatici nello stesso
cluster dei caucasici piuttosto che con cinesi meridionali e sud-est asiatici.
Le seguenti percentuali di differenze genetiche tra le popolazioni umane e
l‟albero filogenetico sono presi dal loro studio. La percentuale di
differenza con lo scimpanzé è stato aggiunto per il contesto per uno
standard di confronto.
Se si dovesse visualizzare spazialmente la prima colonna della tabella di
cui sopra, con un tedesco in piedi ad una distanza di 20 piedi da un inglese,
un finlandese si posizionerebbe ad una distanza di 50 metri, un italiano a
quella di 70 piedi, un indiano del nord a 200 piedi, un giapponese a 610
metri, un amerindo del nord America a 760 metri, un nigeriano a 1330
metri e uno scimpanzé a 16000 piedi. La percentuale più alta di differenza
genetica è di 0,176% tra i nigeriani e gli aborigeni australiani. C‟è l‟11%
di differenza genetica dell‟1,6% tra umani e scimpanzé, ovvero tra diverse
famiglie biologiche le cui linee ancestrali si ritiene si siano separate 5-7
milioni di anni fa (nota 6). La differenza genetica di 0,133% tra la
popolazione inglese e nigeriana è di 8,3% equidistante della differenza tra
esseri umani e scimpanzé. La differenza genetica di 0,061% tra
popolazione inglese e giapponese o coreana è del 3,8% equidistante della
differenza genetica tra gli esseri umani e scimpanzé. Viste in questo
contesto, le differenze genetiche appaiono molto significative. Vale anche
la pena notare che sia per l‟inglese che per il giapponese, ovvero sia per
europei per asiatici del nord-est, la più alta percentuale di differenza
genetica è con i nigeriani e il grado di questa differenza di 0,133% per gli
inglesi e di 0.149% per i giapponesi, è molto simile. In confronto, il grado
di differenza dell‟inglese e del giapponese con la popolazione aborigena
australiana è dello 0,122% per gli inglesi e lo 0,062% per i giapponesi, una
percentuale molto diversa dato che la differenza è doppia. L‟albero
filogenetico mostrato qui di seguito illustra graficamente le relazioni
genetiche tra le diverse popolazioni.
Albero filogenetico (qui sopra) per 26 popolazioni umane rappresentative
di Nei e Roychoudhury (193). Le divisioni principali di popolazioni umane
sono quelle tra africani (A), caucasici (B), asiatici (C), amerindi (D) e
Australopapuani (E).
Questo albero filogenetico mostra che gli studi genetici raggruppano le
popolazioni dell‟umanità in supercluster e cluster che sono coerenti con le
tradizionali divisioni e suddivisioni razziali e, fornendo la prova genetica
che la razza è reale e che le classificazioni tradizionali razziali sono
accurate. Le dichiarazioni politiche fatte dai genetisti per la stampa
popolare mostrano invece che i loro studi hanno dimostrato che “la razza
non è un concetto scientifico valido”, tali dichiarazioni a sfondo politico
mettono in dubbio l‟integrità del processo scientifico in atto da questi
genetisti che tendono a screditare i loro stessi studi.
Il secondo argomento genetico usato dai negatori della razza è attribuito al
professore dell‟università di Harvard Richard Lewontin, che per primo lo
propose nel 1972. Egli dichiarò, in base alla misura standard di variazione
nota come “l‟indice di fissazione di Wright” o FST, che solo il 15% della
variabilità della genetica umane è razziale e unico per una determinata
razza mentre l‟85% è non-razziale o razzialmente neutrale tra individui di
tutte le razze, presumibilmente a partire dall‟inizio della specie umana
moderna. Lewontin e altri ricercatori hanno utilizzato questa misurazione
per sostenere che la variazione tra le diverse popolazioni umane è troppo
bassa per giustificare la classificazione in sub-specie o razze diverse, con
l‟implicazione che la parte nordica del 15% della variabilità genetica – che
è quindi razziale – è dunque sacrificabile per la realizzazione di un mondo
in cui le razze, o per lo meno la razza dei nord europei o la razza nordica,
non esistano più. Questa affermazione è in realtà un giudizio di valore, un
giudizio sempre più adottato come politicamente corretto da parte delle
comunità accademiche in linea con l‟ordine del giorno dell‟agenda
Boasiana al fine di minimizzare, banalizzare e negare l‟importanza o la
realtà della razza e delle differenze razziali e quindi di delegittimare e
screditare coloro che sostengono, preoccupati, la loro preservazione
razziale. Ciò è ripetuto come il punto numero 5 dei 10 punti analizzati dal
documentario della BPS Razza: il potere di un’illusione, già discusso in
precedenza. Ma coloro che fanno di questo giudizio un valore, a
cominciare da Lewontin, non riescono a fornire uno standard per la
misurazione dell‟FST sia per contesto che per confronto. E ciò per una
buona ragione: infatti il giudizio di valore di Lewontin non è supportato e
non è in linea con li sistema di misurazione di FST stesso, anzi lo
contraddice. Appellandosi a questo problema ( sul grado di variazione tra
le diverse popolazioni umane) l‟inventore della misurazione FST, il
vecchio Sewell Wright, ha dichiarato con enfasi che “ se le differenze
razziali in questa misura così ampia fossero state percepite in altre specie,
si sarebbero chiamate sottospecie”. (Nicholas Wade, Before the Dawn,
2006, pp. 191-193.) E in effetti è questo il caso nostro, perché le
“popolazioni” di molte altre specie con livelli di variazione simile a quella
che si riscontra tra le diverse popolazioni umane, sono state classificate
come sottospecie. (cfr. http://www.goodrumj.com/RFaqHTML.html)
Infine vi è anche il problema di valutare se il sistema di FST sia realmente
il metodo più accurato per misurare la variazione tra le popolazioni. Sarich
e Miele (Razza: la realtà delle differenze umane, p. 169) dettagliando i
calcoli di Harry Harpending del 2002, hanno mostrato che la vera
proporzione della variabilità della genetica umana è razziale al 32.5% e
non al 15% come dice invece il sistema di FST, su cui cui lo standard
“fallace” di Lewontin è erroneamente basato.
Prima di tutto il 15% è interpopolazionale. Il restante 85% sarà poi diviso
in due metà (42,5%) tra le intra- e interindividuali comparazioni tra
popolazioni. L‟aumento della variabilità tra popolazioni a confronto è
quindi il 15% contro il 42,5% (e non l‟ 85%) che c‟è tra individui. E così
15/42.5 = 32.5 % (contro il 15/100= 15%).
L‟effetto finale di queste prove convergenti di evidenza dovrebbero
chiarire al di là di ogni ragionevole dubbio che la razza esiste ed è reale.
Ma prima di arrivare a tale conclusione che afferma come gli antirazzisti
vadano oltre la ragione, dovrebbero essere analizzati alcuni dei loro
argomenti più comuni.
Argomentazioni dei negatori della razza
(1) L‟argomento ignoranza genetica. Noi non sappiamo ancora
come in realtà i geni siano coinvolti nella determinazione delle
differenze razziali, o come questi agiscano nel processo. I negatori
della razza però utilizzano questo argomento per affermare che la
razza non è geneticamente reale. Eppure nessuno può
ragionevolmente contestare che la razza sia costituita dai tratti
ereditari trasmessi dai genitori ai figli e che tali tratti ereditari devono
essere necessariamente tratti genetici, perché l‟unico modo
riconosciuto dalla scienza per la trasmissione di tratti ereditari è
attraverso i geni. Inoltre, non sappiamo ancora quali geni siano
coinvolti nel causare molte malattie note per essere ereditarie, ma
siccome sappiamo che sono ereditati sappiamo di conseguenza che le
malattie ereditarie sono causate dai geni e la ricerca su questi geni è
lo scopo della maggior parte degli studi genetici attuali.
(2) Argomento di banalizzazione. Questo argomento ammette la
realtà delle differenze tra popolazioni, sia fisiche che genetiche, ma
sostiene che queste differenze non hanno nessuna importanza e che
non sono abbastanza grandi per qualificarsi come differenze razziali.
Quest‟argomentazione tenta di subordinare il problema della realtà
razziale a un giudizio di valore soggettivo e sminuisce la variabilità
biologica che esiste tra le diverse popolazioni umane definendo tale
variabilità di nessun valore o importanza, sicuramente non
considerandola come una questione di preoccupazione legittima, o
come una questione di amore e devozione. Fondamentalmente,
questo argomento afferma che gli unici tratti umani che sono di
valore o importanza sono quei tratti comuni a tutti gli esseri umani,
mentre le differenze razziali, ovvero quei tratti unici per una
determinata popolazione e non condivisi da altre, non hanno alcun
significato di differenziazione.
(3) Argomento di falsa definizione. I negatori della razza spesso
confondono la razza con la specie, stabilendo uno standard per la
razza che è lo stesso standard per la specie, applicando
implicitamente la definizione di specie a quella di razza. Dal
momento che l‟umanità è una solo specie, senza differenze tra specie
umane, si sostiene quindi falsamente, per definizione, che non ci
sono diverse razze umane, mettendo il concetto di razza al di fuori
del campo di esistenza. La differenza tra la specie e la razza è,
naturalmente, che le specie non possono incrociarsi tra loro o almeno
non possono farlo in condizioni naturali, mentre le razze possono
incrociarsi soprattutto quando vi è un contatto prolungato tra loro. I
negatori della razza portano spesso l‟esempio di individui o di
popolazioni ibride e razzialmente miste come prova che tutti gli
esseri umani fanno parte di una sola razza “umana” e non di diverse
razze ma, tale dato, di fatto, proverebbe semmai il contrario e che
cioè le differenti popolazioni umane si sono incrociate tra di loro (e
che quindi possono farlo) e dunque l‟umanità è composta da razze e
non da specie. Come afferma un recente studio:
se il “biologico” è anche “genetico” allora un decennio o più di
ricerca genetica sulle popolazioni ha documentato la genetica -
quindi biologica - differenziazione tra le razze. È difficile concepire
une definizione di “biologico” che non porti necessariamente alla
definizione razziale, tranne forse nel caso di una definizione estrema
tipo “speciazione” (note 7).
Un esempio degli sforzi fatti per collocare la razza al di fuori
dall‟esistenza può essere trovato sul sito del Polmar College (nota 8).
Questi teorici hanno costruita un‟argomentazione fittizia, una falsa
definizione e uno standard molto stretto e rigoroso per definire il
concetto di razza, permettendo così di negare la realtà della razza
sulla base del fatto che la variazione umana non soddisfa tale
standard o definizione:
“la maggior parte degli antropologi fisici sarebbe d‟accordo che
questa variazione umana non è sufficiente a giustificare la
definizione di razze biologiche distinte, varietà o sotto-specie.
Tuttavia, è molto probabile che fu così nel nostro passato
preistorico.”
Ma se le razze esistevano, o erano reali, nel nostro passato
preistorico, quando queste hanno cessato di esistere e smettere di
essere reali? Che cosa è successo alla razza, che ha cessato di essere
considerata come tale? Com‟è successo? E quando? Qual è lo
standard che determina quale grado di variabilità umana è sufficiente
a giustificare la definizione di distinte razze biologiche, e per la razza
di essere considerata reale? Quando è stato creato questo standard, e
chi l‟ha creato? E quale standard, se ce n‟è davvero uno, ha
sostituito? L‟esistenza della razza è mai dipesa da uno standard
creato dagli antropologi fisici? Non era il termine “razza” di uso
comune per riferirsi ad identificare popolazioni e individui ben prima
che qualsiasi antropologo fisico sia esistito? E se l‟uso del termine
razza per riferirsi a popolazioni e individui precisi ha preceduto
l‟esistenza di antropologia fisica, come e perché gli antropologi fisici
presumono di ridefinire la razza come non esistente? O forse le razze
non sono cambiate, ma è cambiata la composizione razziale del
mondo accademico le cui classi, i cui studenti, i cui campus e le cui
facoltà sono state “multirazzializzate” e che questo ambiente
multiculturale scoraggia ogni espressione di coscienza razziale e di
identità, come ad esempio la convinzione che la razza è reale?
Quindi, come dovrebbe essere definita la razza? Come per qualsiasi
altra cosa che esista, una definizione accurata di razza è quella che la
descrive per quella che è, per com‟è realmente e per come esiste
realmente. Le definizioni di razza nelle enciclopedie e nei dizionari
con cui sono cresciuto e su cui ho studiato, descrivevano qualcosa di
reale, la razza come realmente è, e da queste definizioni la razza
esiste ed è reale. La razza e la realtà di questa non sono cambiate. È
la definizione di razza che è cambiata, visto che i negatori della razza
hanno tentato di cambiare la definizione del termine per collocarla
fuori dall‟esistenza reale. Se la razza esiste, come già descritto nelle
definizioni enciclopediche e accademiche del passato, ma non esiste
nelle nuove definizioni scritte dai negatori della razza, ciò significa
che le nuove definizioni sono sbagliate e che non descrivono
accuratamente la realtà della razza, e non che la razza non esista.
Un‟accurata definizione descrive qualcosa come è, non descrive
concetti astratti su come dovrebbe essere, e poi dichiara che non
esiste quando ciò non corrisponde a quel concetto. La razza non è un
concetto astratto, ma è qualcosa che esiste concretamente ed è
visibilmente reale. I negatori della razza che dicono che non credono
al “concetto” di razza lo sanno benissimo. Loro sanno a cosa si
riferisce l‟utilizzo comune del termine razza, e cosa sia la definizione
accurata di razza, e a cosa noi ci riferiamo quando parliamo di razza.
Loro sanno di cosa stiamo parlando e sanno che parliamo di cose
reali. Ma i negatori della razza si credono furbi. Loro sanno che il
solo modo per negare la razza è quello di creare una falsa definizione
per rendere la razza non esistente, per cui pretendono di rifiutare a
priori la realtà della razza. Le ragioni del loro successo con
quest‟argomentazione, come i loro motivi, sono politici e non
scientifici.
(4) L‟argomento dei falsi metodi di identificazione e
classificazione razziale. Simile al punto 3 di cui sopra, questo
argomento sostiene che i metodi tradizionali di identificazione e
classificazione razziale per tipologia basati sulle caratteristiche
morfologiche o fenotipo sono arbitrari. Si sostiene che altri metodi di
classificazione avrebbero prodotto risultati molto diversi dai questi
metodi tradizionali. Ad esempio sono state classificate diverse
caratteristiche umane in gruppi che hanno differito con i tradizionali
raggruppamenti razziali, e che quindi avrebbero reso questi ultimi
senza senso o arbitrari. I gruppi sanguigni, per esempio, non sono
distribuiti in modo che coincidano con i tradizionali raggruppamenti
razziali. Ma i metodi tradizionali di classificazione razziale per
tipologia di razza o aspetto fisico non sono affatto arbitrari per la
semplice ragione che essi si basano, riflettono e sono coerenti con le
popolazioni geografiche reali dell‟umanità, come in effetti esistono
realmente. Questo tipo di classificazione è basato su osservazioni
obiettive e verificabili nella realtà. Sono i differenti tratti delle
popolazioni reali, ovvero le differenze nell‟aspetto fisico, che
permettono di classificare razzialmente le popolazioni, come sono
state accuratamente distinte e identificate per millenni. I tratti che
non sono distribuiti in modo che coincidano con le reali popolazioni
non rappresentano dei metodi validi di identificazione razziale nel
mondo reale.
(5) Il continuum e gli argomenti di differenziazione. Trattasi di un
argomento basato sulla reale complessità della razza. Questo
argomento confuta alcuni falsi concetti delle teorie di classificazione
razziale e poi pretende di confutare, conseguenzialmente, qualsiasi
verità sulla realtà della razza. La realtà è che invece la razza è un
complesso di multipli continuum con gradazioni di tipologie razziali
intermedie, ibride o miste (chiamate anche clines). Questi clines sono
distribuiti geograficamente in determinate zone situate tra regioni
abitate da diverse tipologie razziali. I negatori della razza sostengono
che queste tipologie intermedie, miste o le tipologie clines non
spiegherebbero scientificamente la differenziazione razziale. Linee di
demarcazione tra razze negli intervalli intermedi di continuum
razziali sono spesso difficili da determinare e possono apparire
arbitrarie, in particolare modo nei sistemi di classificazione razziale
semplicistici che tentano di collocare tutte le popolazioni umane in
un paio di razze maggiori. I negatori della razza sfruttano queste
complessità di continuum razziali per screditare la precisione dei
sistemi di classificazione semplicisti e quindi per negare la realtà
della complessità. Ma l‟esistenza dei continuum o clines, piuttosto
che smentire la realtà della razza, è in realtà una caratteristica stessa
della razza e quindi serve come prova della sua realtà. Se non ci
fossero continuum razziali o clines non ci sarebbero le forme
intermedie, non ci sarebbero incroci tra razze e l‟umanità sarebbe
stata divisa in specie piuttosto che in razze. Senza le diverse razze
non ci sarebbe alcun continuum o clines tra di loro, quindi l‟esistenza
dei continuum è una prova dell‟esistenza delle razze. Come indicato
nello studio sopra citato: “ L‟esistenza di tali gruppi intermedi non
dovrebbe oscurare il fatto che la più grande struttura genetica che
esiste nella popolazione umana si verifica a livello razziale”. (nota
9).
(6) L‟argomento dell‟obsolescenza scientifica. Questo argomento
sostiene che l‟idea di razza si basa su un falso, superato e obsoleto
concetto scientifico risalente a un‟epoca passata, ad esempio
dell‟“era coloniale”, o del XVII secolo, ecc… in altre parole si
sostiene che credere nella razza è come tornare nel passato, la razza
sarebbe dunque un termine obsoleto e old style, un aggettivo molto in
voga presso coloro che si sentono dei pensatori “avanzati”. I negatori
citano dunque false credenze o falsi miti sulla razza di quelle epoche
precedenti che possono essere facilmente confutate; screditando
queste false credenze essi pretendono di confutare la realtà della
razza. Ma tutti sanno che ogni branca della scienza è stata colpita da
false credenze e false teorie nel corso della sua storia. Fisica, biologia
e medicina si svilupparono nel 6-4 secolo a.C. e ognuna di queste
branche ha avuto una storia di false credenze e teorie, ma queste
scienze sono ancora riconosciute come valide. Esse non sono
considerate de facto obsolete solamente a causa di false credenze del
passato ormai superate.
(7) L‟argomento del costrutto sociale e politico. I negatori della
razza e i decostruzionisti spesso sostengono che la razza è solo un
costrutto sociale o politico che non ha nessuna valenza biologica o
genetica. Questo argomento include l‟affermazione che l‟idea di
razza è stata creata in America, quando vi furono i primi contatti
degli europei con altre razze, l‟idea di razza si sarebbe sviluppata nei
secoli seguenti grazie alla constatazione della disuguaglianza politica
e sociale tra razze. I negatoti sostengono che sia stata l‟America ad
aver esportato il concetto di razza per l‟Europa e per il resto del
mondo. Quest‟argomentazione (che condivide alcune idee del punto
6 di cui sopra) ha avuto credito presso i biologi e i genetisti che
cercano di evitare le controversie politiche a riguardo del concetto di
razza, sostenendo che tale concetto non è rilevante per i loro studi.
Ma l‟argomento crolla di fronte ad una definizione precisa di razza e
di fronte all‟evidenza più elementare della realtà razziale.
Ironicamente, l‟idea che la razza non esiste è stata socialmente e
politicamente creata solamente nel corso degli ultimi decenni. Il
seguente articolo di giornale del 1996 mostra questo processo di
costruzione socio-politica sul concetto di razza e mostra molti degli
argomenti di negazione della razza e le tecniche per farlo, con i miei
commenti tra parentesi (nota 10):
WASHINGTON -- Grazie ai grandi progressi nel campo della
biologia molecolare e della genetica, la maggior parte degli scienziati
ora rifiuta il concetto di razza come metodo valido per dividere gli
esseri umani in gruppi separati ( “Spettacolari” progressi? Gli studi
genetici mostrano la validità della razza, e altre fonti dichiarano che
“la maggior parte degli scienziati” ne accetta la validità).
Contrariamente ad una diffusa opinione pubblica, i ricercatori non
credono più che le razze siano distinte in categorie biologiche create
dalle differenze nei geni che le persone ereditano dai loro genitori
(argomento 1 di cui sopra. Non ereditate dai genitori? Nessuno
scienziato è stato citato per aver riferito tale concetto) … “La razza
non ha una reale base biologica” ha detto Jonathan Marks, un
biologo dell‟università di Yale. La maggior parte di biologi e
antropologi, grazie a diversi studi ed evidenze appurate sin dagli anni
‟70, ha concluso che la razza è un concetto sociale, culturale e
politico in gran parte basato su apparenze superficiali. “ Nel campo
delle discipline sociali, la razza è una realtà. Nel campo scientifico,
non lo è” ha asserito Michael Omi, uno specialista in studi etnici
presso l‟università della California a Berkeley. (argomento 7). L‟idea
che le razze non sono il prodotto dei geni umani può sembrare in
contraddizione con il buon senso. (La razza non è un prodotto dei
geni? Come nella precedente simile dichiarazione, nessuno
scienziato è citato per aver asserito ciò). “Il cittadino medio reagisce
con incredulità franca quando gli viene detto che non esiste una cosa
come la razza” ha detto C. Loring Brace, un antropologo
dell‟Università del Michigan. “Il laico scettico scuoterà la testa nel
considerare ciò come prova ulteriore della stupidità innata di coloro
che si definiscono intellettuali.” La nuova concezione della razza si
basa su un lavoro effettuato in molti diversi campi. “Nuovi dati sulla
biologia umana, sulla preistoria e sulla paleontologia (…) hanno
completamente rinnovato le nozioni tradizionali”, ha asserito
Solomon Katz, antropologo presso l‟Università della Pennsylvania.
Trattasi di un cambiamento di un dogma prevalente nel XIX e gran
parte del XX secolo. Durante questo periodo, la maggior parte degli
scienziati cerdeva che gli esseri umani potevano essere ordinati in
alcune… tipologie razziali ereditarie. ( Argomento obsolescenza, 6 di
cui sopra) … Non più tardi del 1985, gli antropologi cominciarono a
dividersi su questo argomento fino a quando, uno di loro, Leonard
Lieberman dell‟Università centrale del Michigan, ha chiesto in un
sondaggio se gli scienziati intervistati credevano nell‟esistenza di
diverse razze biologiche… Come segno di un cambiamento,
Lieberman ha asserito che molti dei testi antropologici pubblicati in
questa decade (gli anni ‟90) hanno smesso di insegnare il concetto di
razza biologica … il concetto riveduto di razza … riflette i recenti
lavori scientifici sul DNA … “ Stiamo cominciando ad avere buoni
dati al livello del DNA” ha dichiarato un genetista di Yale, Kenneth
Kidd … che “supportano il concetto che non è possibile tracciare dei
limiti intorno al concetto di razza”. (Argomento di continuum, punto
5 di cui sopra).
La maggior parte delle argomentazioni esistenti per la negazione delle
razze sono presenti in questa relazione. Le due affermazioni secondo cui la
razza non è ereditata geneticamente dai genitori, e non è il prodotto di
geni, sono fondamentali per la tesi secondo cui la razza è costruita
socialmente o politicamente, non biologicamente o geneticamente, e così
non è scientificamente reale. Nessuno scienziato che fa queste
affermazioni è citato in questa relazione, ma questi scienziati vengono
citati in modo frammentario facendo creare congetture. Se gli scienziati
sostenessero che la razza non è ereditata da genitori e antenati, trasmessa
costantemente di generazione in generazione, allora la tesi secondo cui la
razza è costruita socialmente sarebbe vera. Ma se la razza fosse ereditata
da genitori e antenati allora essa è costruita biologicamente e
geneticamente e non socialmente. Se la razza si riscontra nei singoli
fenotipi è ovvio che ciò è ereditato da parenti ed antenati. L'eredità di una
razza è così chiara che non dovrebbero esistere nemmeno eccezioni.
Allora qual è la fonte della controversia in cui si afferma che la razza sia
costruita socialmente e politcamente, creata da ambienti sociali e politici e
non da eredità genetica? La controversia è simile alla teoria di Lysenkoism
e la sua similitudine manifesta la sua comune fonte. Trofi Lysenko(1898-
1976) era un biologo sovietico che ha teorizzato la possibilità di ereditare
le acquisite caratteristiche ambientali. Questa teoria, negando il
determinismo genetico, ha supportato la possibilità di realizzare un'utopia
egualitaria per lo sviluppo dell'ingegneria ambientale. Questa concordava
con l'ideologia marxista, per cui la teoria di Lysenko divenne un dogma
biologico, promosso e forzato dal governo sovietico. Il risultato fu che la
biologia sovietica venne ostacolata negli studi genetici, i veri studi
sull'ereditarietà, non progredendo e rimanendo indietro rispetto al resto del
mondo. La corrente controversia sull'inesistenza delle razze dal punto di
vista biologico, è in gran parte derivata dalla stessa fonte, usata per scopi
politici di derivanza marxista. Infatti, in genere la negazione razziale è
molto più radicale di quanto sostiene Lysenkoism, poichè non viene
semplicemente detto che la razza può essere alterata dall'eredità di
acquisite caratteristiche ambientali, ma che la razza non è ereditata in
nessun senso biologico, che la biologia e i geni non hanno nessun ruolo
nella sua costruzione o istruzione. Questo dogma sostiene che la razza sia
costruita totalmente da fattori ambientali (fattori politici e sociali).
L'ideologia marxista è la causa di questo dogma.
Le vittime della negazione razziale sono tutti gli appartenenti alla razza
europea (bianca). Sono loro e soltanto loro, che attualmente sono
minacciati con l'esproprio e la distruzione dal multirazzialismo, un
processo assistito dalla negazione razziale. I beneficiari della negazione
razziale, coloro che vogliono "abolire la razza bianca" sono in non europei.
Nei termini di Noel Ignatiev, un vecchio attivista giudeo-marxista per il
marxismo e la distruzione delle razze europee supportata dalla teoria
marxista secondo cui le razze sono classi sociali e non gruppi biologici. Lo
scopo di questi beneficiari è di soverchiare, spossessare, distruggere e
sostituire la razza europea. La loro classe nemica, l'opprimente e
privilegiata "classe sociale" che loro vogliono distruggere, è la razza
bianca. Nel contesto in cui loro usano il termine "bianco" si riferiscono
solo alla gente europea e specialmente alle popolazioni del nord Europa.
C'è sempre stata un'agenda etno-razziale dietro il marxismo, e i suoi
promotori giudeo-marxisti hanno causato un danno enorme alle genti
europee nell'ultimo secolo. -NOTA 11- Noel Ignatiev prova che questa
agenda marxista anti-nord europea sta ancora operando contro gli interessi
della razza nord europea.
Dagli anni 60, l'agenda razziale del marxismo e la marxista politica di
sinistra è diventata sempre più ovvia. Negli anni 90 e alla fine del
ventesimo secolo, la "sinistra" ha definito l'aristocrazia e "i capitalisti
borghesi" come "classi nemiche", "sfruttatori" o "oppressori" da
distruggere dalla rivoluzione. Alla fine del ventesimo secolo, la razza
bianca è sempre più nel mirino come una razza nemica, oppressiva e
malvagia che ha bisogno di essere abbattuta in tutti i sensi. Concordando
con questa visione, la "sinistra" ha manifestato un distinto pregiudizio anti-
nord europeo, causando l'emarginazione, la svalutazione, l'espropriazione
ed estinzione della razza nord-europea. Nella fine degli anni 60 questo
pregiudizio divenne esplicito, come illustrato dal seguente resoconto
riguardante la militanza della fazione Weatherman degli Students for a
Democratic Society(SDS): ricordo di essere andato all'ultimo convegno di
Weatherman Uderground, mi son seduto in una stanza e l'argomento
discusso è stato: "Era o non era il dovere di ogni buon rivoluzionario di
uccidere tutti i neonati bambini bianchi". A quel punto l'inquadratura
pertinente al problema sembrava logicamente essere questa, "guarda,
anche se non hanno colpa, questi bambini cresceranno e faranno parte di
una classe razziale opprimente internazionale, per cui il vostro dovere è
quello di uccidere i bambini bianchi". Ricordo un ragazzo che con
apologia e incertezza suggeriva che ciò sembrava come essere un qualcosa
di contraddittorio agli scopi umanitari del movimento, e veniva fischiato
da tutti. (NOTA 12)
Nella fine degli anni 60, il razzismo marxista focalizzato sulla razza
piutttosto che sulla classe, era esplicito. Forse troppo esplicito. Perciò esso
ha cercato una copertura mascherandosi nel classico gergo marxista di
lotta di classe, solo adesso la classe nemica era il bianco o la razza europea
del nord, ridefinita come una classe. Definendo la razza europea del nord,
o razza bianca, come una classe sociale, i marxisti razziali hanno
teorizzato che la razza bianca era politicamente e socialmente costruita
come una privilegiata ed oppressiva classe sociale che sfruttava altre classi
che erano socialmente definite come non-bianche. Da questa teoria, la
razza bianca esiste soltanto quando c'è un'altra classe definita come non
bianca, la quale è politicamente e socialmente inferiore ad essa che detta
regole e opprime. Inoltre secondo questa teoria, la razza bianca viene
all'esistenza solo quando gli europei avevano un contatto con gente non-
europea durante le conquiste e le colonizzazioni delle Americhe e le
stabilizzazioni di europei come una classe sociale e politica dominante,
sopra i nativi e altre genti non-europee. Qui gli europei diventano bianchi e
i non-europei diventano non-bianchi. Sempre secondo questa teoria, il
concetto di razza venne poi socialmente e politicamente costruito nelle
Americhe per legittimare e assicurare la posizione dominante della classe
sociale bianca.
Questa teoria è palesemente semplicistica nella sua riduzione di razza in
due gruppi: bianchi e non-bianchi. Le genti est-asiatiche e centro-africane
certamente considerano se stesse come appartenenti a razze diverse, così
come si considerano i nativi delle Americhe. Ma i marxisti non possono
ammettere nessun'altra differenzazione di bianco e non-bianco. Facendo
così non fanno altro che confutare le loro definizioni di razza come classi
socialmente costruite. Inoltre, le razze europee non sono cambiate
biologicamente, geneticamente o razzialmente nel 16° o nel 17° secolo
nelle Americhe, quando queste hanno cominciato ad esistere a stretto
contatto coi nativi per la prima volta. Gli euro-americani del 17° e 18°
secolo non erano biologicamente, geneticamente o razzialmente diversi dai
loro antenati del 16° nelle Americhe o dalle genti dell'Europa
contemporanea. Gli irlandesi americani del 20° secolo non erano
biologicamente, geneticamente, o razzialmente cambiati dai loro antenati
del 16° secolo o dalle genti contemporanee in Irlanda. La dialettica del
marxismo razziale pretende che la razza bianca venne all'esistenza solo
quando ci fu la colonizzazione delle Americhe da parte degli europei nel
16° e 17° secolo. Ma cosa ha abitato l'Europa nel medioevo e prima se non
la razza bianca, gli antenati biologici delle genti ora classificate come
bianchi? Se ciò fosse solo una questione di semantica, con i marxisti
razziali che usano il termine "bianco" per la classe piuttosto di "razza", e
altri termi per la classficazione razziale, i loro argomenti avrebbero
qualche credibilità. Ma ciò che dicono è che la razza è un costrutto sociale
e politico, che è cominciato nelle Americhe nel 16° e 17° secolo, e poi si
allargò all'Europa e al mondo.
Si può discutere sulla consapevolezza delle differenze razziali quando in
America nel 16 e 17 secolo entrarono in contatto le diverse razze. Ma le
diverse razze esistevano molto prima di raggiungere il continente
americano. Il contatto non ha creato le razze. Ha piuttosto creato
consapevolezza e conoscenza delle differenti razze e ciò ha portato allo
studio e alla classificazione razziale. Al contrario delle teorie marxiste,
l'America non creò le razze e neppure le creò in Europa. L'America ha
creato la società multirazziale, razze diverse che vivono insieme nello
stesso territorio, e nella seconda metà del ventesimo secolo, essa si è
allargata all'Europa, largamente attraverso lo sforzo del marxismo. Nei
secoli precedenti in America, l'esistenza delle differenti classi sociali causò
il rallentamento del processo di meticciato razziale. Ma nella seconda metà
del ventesimo secolo, "grazie" soprattutto agli sforzi dei marxisti, le
barriere delle classi sociali tra le razze che evitavano il meticciato furono
combattute e largamente abolite, così facendo cominciarono le
conseguenze della società multirazziale. La negazione razziale ha aiutato il
processo di distruzione razziale nord europeo.
L'argomento del costrutto sociale e politico non riguarda la classe sociale,
ma la razza. Non si tratta di scienza, ma di politche, politiche razziali.
Tutto ciò non ha come causa gli studi scientifici. Tutto ciò non è motivato
da interessi scientifici, ma di interessi politici al fine di far crescere i
gruppi no-europei. Questi che negano le razze non stanno distruggendo o
abolendo le classi sociali. Questi stanno cercando in tutti i modi di
distruggere la razza europea e in particolare quella nord europea.
La razza è biologica, una creazione della genetica, biologia, natura e vita.
La razza è costruita biologicamente attraverso l'evoluzione dallo stesso
processo di divergenza che ha creato tutta la diversità della vita. Lo stato
giuridico dell'essere un cittadino di un paese multirazziale è costruito
socialmente e politicamente, esso è una creazione dell'uomo e delle sue
leggi piuttosto che una creazione delle leggi biologiche e naturali. Ciò è
particolarmente evidente in una celebrazione di naturalizzazione della
massa multirazziale dove un gruppo di richiedenti razzialmente misti
diventano cittadini naturalizzati. I richiedenti di diverse razze possono
cambiare la loro cittadinanza e il loro stato nazionale con una semplice
procedura legale. Ma la loro razza è determinata dalla loro eredità genetica
dei loro antenati e non può cambiare.
(8) Esiste un ragionamento secondo cui la diversificazione in una
popolazione è più grande che tra diverse popolazioni, o mettiamola in un
altro modo, che la diversificazione si verifica maggiormente tra individui
piuttosto che tra razze. Questo è un altro tentativo per minimizzare il
significato e il valore delle differenze razziali. Ma questo ragionamento
mette a confronto gli estremi con le intermedie, e le caratteristiche che
confronta non sono quelle che sono razzialmente decisive, queste
caratteristiche non definiscono nessuna reale popolazione geografica, non
sono le caratteristiche che noi usiamo per definire le razze e per
distinguere l'una dall'altra.
(9) L'intimidazione. Spesso è usata come primo metodo, sperando che
l'interlocutore si accasci o si ritiri prima di un verbale attacco furioso di
insulti, minacce e accuse, così da evitare di affrontare un‟argomentazione
valida. Se le argomentazioni antirazziste e altri metodi di confutazione
razziale falliscono, allora l‟intimidazione sarà l‟ultima risorsa per i
negazionisti della razza.
(10) La distorsione. I negazionisti della razza, spesso distorcono,
falsificano o travisano gli argomenti per la realtà razziale, includendo
definizioni razziali e sistemi di classificazione, in parte per creare un
argomento fantoccio che può essere facilmente confutato e in parte per
creare semplicemente confusione.
(11) Unilateralità. Questo è l'ambiente in cui la negazione razziale
prospera ed è stata promossa, un ambiente intellettuale di censura
orwelliana in cui la negazione razziale è indicata come incontestabile e
inconfutabile. Dato che molti, se non tutti, delle tesi che negano le razze
sono facilmente confutabili, questo è probabilmente anche l'ambiente
necessario per avere successo. L'articolo di giornale sopra indicato è un
esempio di questa tecnica, ovvero il fare molte affermazioni discutibili che
non sono in dubbio semplicemente perché si capisce che è del tutto
unilaterale.
(12) Iniziare l‟argomentazione. Lo spot pubblicitario trasmesso al cinema,
già accennato all'inizio di questo saggio è un esempio di questo, ovvero
l'affermazione secondo cui la realtà della razza debba essere negata per
porre fine al razzismo. Secondo questa tesi, coloro che credono nella realtà
della razza perpetuano e favoreggiano il razzismo aiutando e confortando i
loro professionisti. Se uno si oppone al razzismo e vuole finirlo, questo
ragionamento chiede di negare la realtà della razza. Come osserva lo
scienziato forense George Gill:
Quelli che credono che il concetto di razza siavalido non devono screditare
la nozione della variazione clinale . Eppure, quelli con la prospettiva
clinale che credono che le razze non sono reali tentano di screditare
l'evidenza della biologia scheletrica. Perché c„è questa tendenza da parte di
chi nega le razze? Questa tendenza sembra derivare in gran parte da
motivazioni socio-politiche e non dalla scienza. La loro motivazione
(positiva) è che sono arrivati a credere che il concetto di razza è
socialmente pericoloso. In altre parole, si sono convinti che la razza
promuove il razzismo.
In ogni caso, essi hanno imposto il politicamente corretto dicendo che le
razze umane non sono biologicamente vere e non importa se l'evidenza
dice il contrario.
Di conseguenza, all'inizio del 21 ° secolo, anche se la maggioranza degli
antropologi biologici favorisce la realtà della razza, non un libro di testo
introduttivo di antropologia fisica presenta questo punto di vista come una
possibilità. In un caso flagrante come questo, non abbiamo a che fare con
la scienza, ma piuttosto con una palese censura politicamente motivata.
NOTA 13
(13) Come nella citazione di C. Loring Brace nell'articolo di giornale
riportato sopra, questa tecnica anticipa la reazione normale per
l'argomentazione antirazzista e previene smentendo il tutto al principio.
Questa affermazione semplicemente presume di confutare la reazione
anticipata, anche se in realtà non tratta o analizza il contesto.
(14) L'autorità. Quando si tenta di convincere la gente che quello che vede
con i propri occhi non è reale, non esiste, e non è da credere, vengono in
aiuto dei presunti esperti o delle autorità i quali si presume che dovrebbero
avere una conoscenza superiore del soggetto. La storia di Hans Christian
Andersen "The Emperor's New Clothes" (I vestiti nuovi) rappresenta la
classica descrizione di questa tecnica, e la crescente negazione della realtà
razziale, che viene sostenuta da dichiarazioni di scienziati, i presunti
esperti e autorità, dimostra che egli non esagerava. L'articolo di giornale
riportato sopra è un ottimo esempio di questa tecnica. Eppure, gran parte
del rifiuto razziale da parte della comunità scientifica è un segno di
disonestà intellettuale. Gli scienziati ancora studiano la razza a livello
genetico, solo che non si utilizza il termine "razza", ma invece
"popolazione". Le popolazioni geografiche, specialmente quelle in forme
native e non miscelate (ad esempio, razzialmente pure o distinte) sono
certamente razze, e sono state indicate come razze per secoli. Ma gli
scienziati moderni non studiano i fenotipi razziali, i tratti che identificano e
definiscono la razza, e quindi non devono essere considerati come esperti o
autorità nella tipologia razziale o nella sua identificazione. La loro capacità
e conoscenza in questo settore può non essere maggiore rispetto ad una
persona media. Non c'è bisogno di essere un esperto per riconoscere la
razza dal fenotipo. Tutti lo sanno fare, compresi gli scienziati che dicono
che la razza è troppo ambigua per essere riconosciuta. Tutti noi
identifichiamo la razza di ogni persona che si guarda, in modo automatico,
senza volerlo e involontariamente. Questo è naturale, un fatto di natura.
Tutti noi abbiamo la importante capacità di riconoscere i nostri simili e di
distinguerli da altri tipi. L'importanza di questa abilità è molto precisa nel
distinguere il nostro genere o razza da altre razze, e meno accurato nel
distinguere altre razze le une dalle altre. Sappiamo riconoscere il nostro
genere, la nostra razza, al meglio. Qui è dove è trovata la cosiddetta
ambiguità di identificazione razziale nel fenotipo. Ma le genti di altre razze
sono in grado di distinguere la propria razza dalle altre con grande
precisione. La loro identificazione razziale non è ambigua per loro, ma
distinta e reale come lo è la nostra razza per noi.
Gli scienziati che negano l'accuratezza della tipologia razziale utilizzano la
razza nella loro vita di tutti i giorni per identificare le persone, al di fuori
della loro specialità, tanto quanto il resto di noi. Allora perché negare
qualcosa che hanno fatto per tutta la loro vita? Perché ciò che fanno tutto il
tempo non si può fare? La maggior parte degli scienziati stessi che ora
negano la realtà della razza non faceva tale negazione, e non ha trovato
difficoltà o ambiguità nell'identificazione razziale, venti o trenta anni fa.
Che cosa è cambiato? Che cosa è successo tanto da causare la negazione
delle razze riconosciute scientificamente trenta anni fa? Quale scoperta o
aggiunta alla conoscenza ha dimostrato che la razza non esiste? Quale
prova era ed è necessaria per affermare la realtà della razza, e perché?
Qual è lo standard per la razza per essere reale, qual è la definizione di
razza, e chi ha impostato questo standard e questa definizione? Sembra che
i presunti esperti sulla razza stiano cercando in tutti i modi di essere
ignoranti sulla razza, di non sapere nulla sulla razza, di negare la razza, di
credere che la razza non esiste. Allora perché c'è questo sforzo concentrato
per non vedere ciò che è chiaro a tutti, per essere razzialmente ciechi?
Perché questo oscurantismo in ambito scientifico? Dato che
l'identificazione razziale dal fenotipo non è un prodotto di studio
scientifico, e resta al di fuori della scienza, perché gli scienziati non hanno
sviluppato una versione scientifica di esso che rappresenta tutte le
complessità della realtà razziale? E' per causa di decenni di esortazioni nel
praticare la cecità sulla razza, e di essere letteralmente ciechi in questo
campo scientifico. Ma sarebbe questo l'effetto desiderato? Forse perché la
società è multirazziale ormai in tutti i settori, come le aule scolastiche, le
facoltà universitarie, così come i mezzi di informazione e la maggior parte
dei posto di lavoro, per cui il riconoscimento della realtà della razza,
porterebbe tensione razziale e divisione... è per questo motivo che la razza
è socialmente e politicamente intollerabile? Si tratta di una logica
conseguenza della rivoluzione razziale e trasformazione dell'Occidente che
ha avuto inizio nel 1960, e del crescente potere, influenza e controllo di
fatto e di dominio dei crescenti gruppi etno-razziali non-nord Europei? O è
una questione di interesse etno-razziale per alcuni, come lo è per Noel
Ignatiev e come fu per Franz Boas prima di lui, e interesse politico per gli
altri, come lo era per gli esperti dell'imperatore nella storia Andersen?
Probabilmente è tutto questo il problema e alcuni di essi più di altri. Ma a
prescindere il fatto che alcuni scienziati negano la razza con motivazioni
discutibili, con competenza e integrità discutibile, l'esistenza e la realtà
della razza è una creazione di fatto di natura, non è scientifica. La razza è
esistita molto prima della scienza. La sua esistenza non dipende dalla
scienza, ma continuerà con o senza la scienza, e anche se la scienza la
definisca con precisione o meno. Coloro che vedono la realtà della razza
per loro stessi sanno che gli scienziati che negano la realtà della razza
mentono, malgrado tutte le presunte affermazioni scientifiche e quelle di
presunti esperti.
Risposta ai 10 punti della serie PBS " RAZZA - Il potere di
un'illusione"
http://www.newsreel.org/guides/race/10things.htm
Copyright (c) California Newsreel, 2003
RAZZA - Il potere di un'illusione
Una serie di tre documentari dalla Newsreel California
http://www.pbs.org/race/000_General/000_00-Home.htm
DIECI COSE CHE TUTTI DOVREBBERO SAPERE SULLA
RAZZA
I nostri occhi ci dicono che le persone hanno un aspetto diverso. Nessuno
ha difficoltà a distinguere un ceco da un cinese, ma cosa significano queste
differenze? Sono esse biologiche? La razza ha a che fare sempre con noi?
In che modo la razza influisce sulla gente oggi? C'è più di quanto l'occhio
possa immaginare.
Punto 1.
La razza è un concetto moderno. Le società antiche, come i Greci, non
dividevano le persone in base alle distinzioni fisiche, ma secondo la
religione, lo stato, la classe, anche il linguaggio. La lingua inglese non
aveva nemmeno la `parola “razza” fino a quando non saltò fuori nel 1508
in una poesia di William Dunbar in riferimento a una linea di re.
Risposta al punto 1:
Le differenti divisioni biologiche dell'umanità erano state definite “razze”
fino a circa 500 anni fa, ma esistevano comunque già da decine di migliaia
di anni. Sono state create dalla divergente evoluzione biologica, lo stesso
processo di ramificazione che crea le specie, e rappresentano uno stadio
intermedio di razziazione in un processo non ancora completo di
speciazione. La razza è una realtà biologica che esisteva prima che le
persone erano a conoscenza della sua esistenza, prima di avere un'idea o
un concetto della sua esistenza, e indipendentemente da tale
consapevolezza, idea o concetto di essa. La razza non è un costrutto
politico o sociale, anche se le idee dei concetti di razza sono soggetti a
influenze politiche e sociali.
Fino a tempi relativamente recenti, la grande maggioranza delle persone
non ha avuto contatti diretti con le altre razze, ma ha vissuto la loro vita in
popolazioni etnicamente omogenee, semplicemente dove la razza non era
un problema. Per la grande maggioranza dell'umanità al di fuori del mondo
occidentale tutto ciò esiste ancora. Fino agli ultimi 550 anni non c'era
questa grande conoscenza circa l'esistenza di altre razze. Sono state le
attività del mondo occidentale negli ultimi 550 anni in esplorazione,
colonizzazione e la costruzione di nuovi paesi extraeuropei che hanno
portato differenti razze in contatto diretto l‟una con l‟altra su larga scala.
Insieme a questo contatto diretto è arrivata la conoscenza, lo studio, della
razza e delle differenze razziali.
Tra le società antiche, gli Egiziani hanno avuto contatti con i negri africani
in Nubia nel suo sud, e certamente hanno fatto una distinzione razziale tra
loro e i Nubiani, come è evidente nella loro arte. Hanno inoltre preso
misure per impedire la spostamento di Nubiani in Egitto. L'esposizione
greca sulle diverse razze era essenzialmente limitata ai diversi popoli
caucasici e del mondo mediterraneo. Anche i Romani avevano ben poco
contatto diretto con le razze non caucasiche, ma avevano contatti con
caucasici al di là del Mediterraneo ed erano molto consapevoli delle
differenze razziali tra di loro e le popolazioni semitiche del Levante e i
popoli celtici e germanici del Nord Europa .
I negri africani sono stati portati nel mondo greco-romano in piccole
quantità, come individui isolati, ma non hanno mai costituito una
popolazione o una comunità, in ogni senso. Come individui, di solito non
avevano contatti con compagni della propria razza e sia che morivano o
che venivano assimilati in piccole quantità, non hanno mai formato una
presenza razziale continua.
Prima del termine “razza”, un antico termine francese per "linea", si
applicava alle diverse popolazioni geografiche della specie umana ed era
tradizionalmente usato per riferirsi sia alle nazioni che a quasi tutte linee di
discendenza ancestrale (biologica o genetica), persino alle strette linee
famigliari. Con la scoperta delle diverse popolazioni geografiche
dell'umanità, l'uso del termine razza cambiò gradualmente per riferirsi alle
diverse popolazioni identificabili biologicamente.
Punto 2.
La razza non ha basi genetiche. Non ha una caratteristica, tratto o anche
gene che contraddistingue tutti i membri di una cosiddetta razza da tutti i
membri di un'altra cosiddetta razza.
Risposta al punto 2:
La razza non è formata da una caratteristica, tratto o gene. Si compone di
molte caratteristiche, tratti e geni, di una combinazione unica o insieme di
caratteristiche, tratti o geni che distinguono una razza da un altra. A livello
delle divisioni principali o primari delle razze, come gli europei, i negri e
gli asiatici orientali, tutti i membri di ciascuna di queste divisioni razziali
sono facilmente distinguibili dagli altri per il loro insieme o una
combinazione di caratteristiche razziali, di tratti e di geni. A livello di
secondarie divisioni razziali, come i nord europei e gli europei meridionali,
alcuni singoli membri delle suddivisioni non sono facilmente distinguibili
gli uni dagli altri per il loro insieme di tratti razziali, ma le popolazioni o
suddivisioni sono un insieme.
I genitori della stessa razza hanno figli della stessa razza. Così la razza è
ereditata dai genitori e antenati di generazione in generazione. Questo è
fuori discussione. Non ci sono prove, dalla scienza o dalla osservazione
ordinaria, che la razza non è ereditaria, ma la prova schiacciante è che è
essa è ereditata. I tratti razziali sono ereditati, così come i geni, che sono
gli unici mezzi conosciuti o riconosciuti di trasmissione dei caratteri
ereditari, quindi si deve presumere che i tratti razziali sono genetici.
La razza è ereditata dai geni, ed esiste nei geni e pertanto ha una base
genetica. Infatti, la sua unica base è genetica. È creata da geni e solo da
geni. È completamente e totalmente genetica. Non vi è alcuna
determinazione ambientale di eredità razziale. Anche dopo molte
generazioni in America, i discendenti degli europei del nord e negri
africani sono ancora razzialmente invariati dalle popolazioni native del
loro terre d'origine.
Le razze sono fenotipicamente reali. Esse si distinguono per il loro
fenotipo - le loro caratteristiche genetiche ereditarie e determinati tratti
d'aspetto fisico - da altre razze. Non vi è alcuna sovrapposizione fenotipica
tra le popolazioni delle razze più conosciute. Tutti gli asiatici orientali,
europei e negri sono facilmente distinguibili gli uni dagli altri in base a
caratteristiche genetiche ereditate razziali. Persino le sottorazze, o le
sottodivisioni razziali, sono facilmente distinguibili le une dalle altre come
popolazioni basate su visibili tratti genetici razziali ereditati, anche se in
questo caso ci possono essere sovrapposizioni nei tratti fenotipici a livello
individuale. Così le popolazioni di Svezia e Italia sono fenotipicamente
distinte, anche se vi è una qualche sovrapposizione a livello individuale.
Esistono individui e popoli razzialmente misti. I loro fenotipi sono
strettamente correlati con le proporzioni razziali ancestrali nella loro
mistura, i quali forniscono un'ulteriore prova della realtà genetica della
razza.
Punto 3.
Le sottospecie umane non esistono. A differenza di molti animali, gli esseri
umani moderni, non si sono isolati sufficientemente a lungo per evolversi
in sottospecie o razze. Nonostante le apparenze superficiali, siamo la
specie più simile di tutte.
Risposta al punto 3:
Si tratta di una negazione o una svalutazione della portata e del valore
della diversità razziale umana. Qual è la definizione standard o di una
razza o di una sottospecie? Questo non è indicato. I decostruzionisti
razziali che tentano di definire l' esistenza della razza o della sottospecie
non indicano una definizione chiara e obiettiva, oppure arbitrariamente
cambiano la definizione in modo che sia essenzialmente la stessa specie.
Vi è un criterio oggettivo per la definizione di specie -- popolazioni che
non sono in grado o che non vogliono mescolarsi in condizioni naturali.
Una sottospecie o razza umana è semplicemente una qualsiasi delle
divisioni biologiche della specie umana costituita da una popolazione
collegata da antenati comuni e distinguibile da altre popolazioni da una
combinazione unica o insieme di tratti fisici geneticamente trasmessi.
Questa è la definizione di razza, il senso e la misura di razza, di uso
comune negli ultimi quattro secoli, ed è qualcosa che certamente esiste,
che è visibile e oggettivamente reale.
Punto 4.
Si tratta semplicemente di colore di pelle diversa. Molti tratti sono ereditati
indipendentemente da un altro. I geni che influenzano il colore della pelle
non hanno nulla a che fare con i geni che influenzano la forma dei capelli,
forma degli occhi, gruppo sanguigno, talento musicale, capacità atletiche o
di forme di intelligenza. Conoscere il colore della pelle di qualcuno non
significa necessariamente sapere chi è quella persona.
Risposta al punto 4:
Tutto ciò può essere vero, ma che importa? Perché l'attacco al colore della
pelle? Non ha alcun valore in sé? Il suo valore deve dipendere dalla sua
connessione con qualcos'altro? In molte culture di molte razze in tutto il
mondo, il colore della pelle ha un valore in sé, in genere il colore della
pelle più chiara è oggetto di valutazione più alta. Ma qual è il significato o
scopo di questa tesi apparentemente senza senso? Sembra un tentativo di
banalizzare la razza, riducendola al colore della pelle. Che i geni
influenzino o meno il colore della pelle, ciò non ha nulla a che fare con i
geni che influenzano la forma dei capelli e la forma degli occhi, ma sono
certamente fortemente correlati tra loro, e di solito sono parte della stessa
combinazione unica o insieme di tratti genetici che fisicamente
distinguono le diverse razze le une dalle altre.
Punto 5.
La maggior variazione è all'interno, non tra "razze". Della piccola quantità
di totale variazione umana, l'85% esiste all'interno di ogni popolazione
locale, siano essi italiani, curdi, coreani o Cherokee. Circa il 94% si può
trovare in qualsiasi continente. Ciò significa che due casuali coreani
possono essere geneticamente diversi come un coreano e un italiano.
Risposta al punto 5:
Questa è la "fallacia di Lewontin" discussa sopra. Come Sarich e Miele
(citati sopra, p. 169) spiegano, la quantità totale effettiva di variabilità
genetica umana che esiste all'interno di ogni popolazione locale è 67,5%,
non la misura di 85% del FST, ma anche per gli standard della misura di
85% del FST la quantità di variazione tra sottospecie o razze umane è
paragonabile alla variazione tra le sottospecie di altre specie. Ma le razze
dell'umanità condividono il 99,9% dei loro geni in comune. Che cosa
significa? La proporzione di geni che condividiamo è coerente con il fatto
che tutte le razze dell'umanità condividono in comune centinaia di milioni
di anni di evoluzione e stirpe che risalgono ai primi mammiferi e ancor
prima. La loro evoluzione e stirpe divergente iniziò solo con la loro
dispersione e separazione geografica sparsa per il mondo. La proporzione
di geni che le razze umane condividono in comune corrisponde
approssimativamente alla lunghezza temporale della loro comune
evoluzione e discendenza. I geni e le caratteristiche genetiche che le razze
umane codividono in comune sono quelli che si son evoluti durante la loro
evoluzione comune fino alla loro separazione e dispersione geografica. I
geni e le caratteristiche genetiche che variano tra le razze, che sono unici
per le diverse razze, sono i geni più recenti e le caratteristiche genetiche
che si sono sviluppate dopo che le popolazioni ancestrali razziali si son
separate l'una dall'altra. Le loro proporzioni nel totale dei tratti genetici
corrispondono approssimativamente alla lunghezza temporale di quella
separazione comparata alla lunghezza intera dell'evoluzione umana e
mammifera.
La percentuale (67,5%) della variazione genetica umana che è posseduta in
comune da tutte le razze umane già esisteva nella popolazione ancestrale
comune da cui discendono tutte le razze umane, e continua ad esistere in
tutte le popolazioni di discendenza umana. La percentuale (32,5%) della
variazione genetica umana che è unica per le varie razze, è la parte più
recente che si è sviluppata a partire dalle diverse separazioni evolutesi
nelle diverse razze formano divisione genetica.
Il punto # 5 sottintende che le caratteristiche genetiche sviluppatesi dopo
la separazione geografica, le quali sono uniche per i diversi rami e non
condivise da tutti, non hanno alcun valore o importanza?
Sottintende che le caratteristiche genetiche sviluppatesi prima della
separazione dell'umanità e che quindi condividiamo in comune, hanno
valore o importanza? sottintende che niente di importante si è evoluto da
allora? Se è così, qual è lo standard che determina quali geni e
caratteristiche genetiche hanno valore e importanza? E' comunanza,
uniformità o uguaglianza lo standard per cui solo le caratteristiche
genetiche più vecchie hanno valore o importanza?
Questo sarebbe l'ideale egualitario, e quindi presumibilmente l'ideale
marxista, ma è arbitrario. La gente da sempre ha attribuito grande valore e
importanza ai geni e alle caratteristiche genetiche più recenti evolutesi
dalla separazione dell'umanità in diversi settori che sono unici tra loro.
Punto 6.
La schiavitù precede la razza. Per gran parte della storia umana, le società
ha schiavizzato gli altri, spesso a causa di conquista, di guerra o debito, ma
non a causa di caratteristiche fisiche o a causa di supremazia razziale. A
causa di un unico insieme di circostanze storiche, il nostro era il primo
sistema di schiavitù in cui tutti gli schiavi condividevano caratteristiche
fisiche simili.
Risposta al punto 6:
Le differenti razze dell'umanità sono antiche quasi quanto la dispersione
dell'umanità evolutasi in varie razze. Ciò significa che le razze umane sono
vecchie quanto il più antico cacciatore-raccoglitore esistente, per esempio
a quello della popolazione aborigena dell'Australia. La schiavitù invece è
così antica? O è più facile che la schiavitù nacque con lo sviluppo
dell'agricoltura, con comunità stanziali, con lo sviluppo di gerarchie e
disaguaglianze sociali ed economiche nella distribuzione della proprietà,
del potere e della ricchezza? Qualunque sia la risposta, è certamente vero
che la schiavitù storicamente di solito ha avuto poco o nulla a che fare con
la razza in quanto tale. Ma questo è necessariamente vero, perché, come è
sottolineato nella risposta alla risposta # 1, le differenti razze avevano poco
o nessun contatto diretto con l'altro fino agli ultimi 550 anni. Quindi è solo
negli ultimi 550 anni che vi è stata una chiara connessione razziale con la
schiavitù, con un popolo dominante che ha avuto accesso a un gran
numero di schiavi di un'altra razza.
Punto 7.
Razze e libertà sono evolute simultaneamente. Gli Stati Uniti son stati
fondati sul principio radicalmente nuovo che "Tutti gli uomini sono creati
uguali." Ma la nostra economia iniziale era basata in gran parte sulla
schiavitù. Come potrebbe essere razionalizzata questa anomalia? La nuova
idea di razza ha aiutato nel spiegare perché alcune persone potrebbero non
usufruire dei diritti e delle libertà che altri invece hanno come garanzia.
Risposta al punto 7:
Non vi è alcuna connessione evolutiva tra razza e libertà. Sono due cose
molto diverse. La razza è una divisione biologica di una specie e una fase
nell'evoluzione di una specie che viene creata dal processo biologico di
evoluzione divergente, o speciazione. La libertà è una condizione sociale o
politica creata - socialmente e politicamente - dalla gente. L'Atene antica,
il celebre luogo di nascita della democrazia e degli ideali di libertà e
uguaglianza, aveva un'economia basata molto più sulla schiavitù, prima
ancora della guerra civile americana. In effetti, alcuni apologisti del Sud
per la schiavitù, come John C. Calhoun, hanno giustificato la schiavitù
paragondola con l'esempio dell'antica Atene e l'alta civiltà che essa ha
prodotto. Anche senza differenze razziali tra schiavi e liberi, gli Ateniesi
giustificarono la schiavitù con il fatto che gli schiavi erano inferiori.
Questa è la giustificazione storica comune per la schiavitù e fino agli
ultimi 550 anni di solito era basata sulle differenze nazionali, culturali,
religiose o di classe, piuttosto che razziali.
Punto 8.
La razza ha giustificato disuguaglianze sociali in quanto si sosteneva che
fossero naturali. Quando l'idea di razza si è evoluta, l'idea di superiorità
bianca diventò "buonsenso" in America. Essa non solo ha giustificato la
schiavitù, ma anche lo sterminio degli indiani, l'esclusione degli immigrati
asiatici, e la conquista di terre messicane da parte di una nazione che
professava una fede nella democrazia. Le pratiche razziali sono state
istituzionalizzate all'interno del governo americano, delle leggi, e della
società.
Risposta al punto 8:
La credenza nella superiorità del proprio popolo e nell'inferiorità degli altri
popoli è molto comune tra le diverse culture e razze, ed è stato spesso
usato per giustificare e razionalizzare la conquista, la dominazione, la
riduzione in schiavitù e anche lo sterminio di altre razze. Questa
convinzione e la pratica è stata documentata tra gli indiani americani,
cinesi, giapponesi, mongoli, indiani asiatici, persiani, greci, romani,
spagnoli e altri. È stato senza dubbio anche comune tra i popoli di cui non
abbiamo alcun documento. Non è in alcun senso unico per gli europei del
sud, coloro che hanno fondato e costruito in America Latina o gli europei
del Nord che han fondato e costruito in Nord America. Ciò che può essere
stato unico per gli europei del Nord è che, come popolazione, sono stati i
primi a supportare queste credenze e pratiche e persino i primi a
rinunciarvi. L'esclusione di altre razze, necessaria a mantenere la
separazione, l'isolamento e la conservazione razziale necessari, non deve
essere equiparata con la schiavitù o lo sterminio di altre razze, come
sottinteso nel punto 8.
Punto 9.
La razza non è reale, ma il razzismo è ancora reale. La razza è un'idea
sociale potente che consente un accesso diverso alle opportunità e risorse.
Il nostro governo e le istituzioni sociali hanno fatto si che i vantaggi e le
ricchezze fossero sproporzionate, con potere e risorse destinate
maggiormente ai bianchi. Questo interessa tutti, che ne siamo consapevoli
o no.
Risposta al punto 9:
Come spiegato nella risposta precedente al punto # 2 la razza è certamente
ereditata, ed è pertanto necessariamente genetica, biologica. Il razzismo,
come ogni "ismo", è un'ideologia, un sistema di credenze e valori. Ma a
differenza di molte altre ideologie, essa è probabilmente costituita da più
di questo, è ancorata a terra dalle sue connessioni biologiche a qualcosa di
più profondo, più fondamentale, istintivo e intuitivo, a qualcosa che è
fisicamente reale e che esiste fisicamente, alle emozioni e al
comportamento che è stato modellato, e aiutato ad essere modellato,
ovvero all‟idea dell‟evoluzione dell‟umanità in generale e di ogni razza in
particolare. Il razzismo è etnocentrico, centrato, fedele nel promuovere gli
interessi di una persona di razza. Nelle società omogeneamente razziali, il
nostro stato naturale di esistenza, l'esistenza che esisteva fino alla
creazione moderna di società multirazziale, la razza non era un problema,
non ha dato vantaggi di un gruppo rispetto ad altri nella società, e non ha
influenzato nessuno. Non serviva essere a conoscenza delle differenze
razziali. Solo nelle società multirazziali, in cui gli interessi, includendo gli
interessi vitali della vita essenziale, dei conflitti tra razze, la razza diventò
un problema e una fonte di conflitti e problemi, tra cui il problema
fondamentale della conservazione razziale. Purtroppo, nel contesto di una
società multirazziale, le misure necessarie per preservare una razza e per
proteggere i suoi interessi vitali, includono necessariamente una
competizione per il dominio e il controllo della società.
Punto 10.
Il Daltonismo non distruggerà il razzismo. Fingere di far credere che la
razza non esiste non significa creare uguaglianza. La razza è molto più
reale di stereotipi e pregiudizi individuali. Per combattere il razzismo,
abbiamo bisogno di individuare e risolvere le politiche sociali e le pratiche
istituzionali che vantano alcuni gruppi a scapito di altri.
Risposta al punto 10:
Questo è un invito ad agire per promuovere gli interessi e la posizione dei
gruppi "non-bianchi" a scapito del gruppo dei bianchi, la cui esistenza si
suppone sia solo un'illusione. È un invito che è stato ascoltato, non solo
negli Stati Uniti, ma anche in Canada, Gran Bretagna, Irlanda, Francia,
Svezia, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svizzera,
Austria, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. In tutti questi paesi i
"bianchi" sono stati espropriati, sfollati, sostituiti e infine distrutti da azioni
e politiche che promuovono e beneficiano gli interessi e la posizione di
"non-bianchi" a scapito degli interessi più vitali dei bianchi, compresa la
loro stessa sopravvivenza.
Dal sesto al decimo punto, la questione razziale sul fatto che sia o no reale,
non è rilevante. Tutti e cinque questi punti servono solo uno di questi:
confutare l'argomento della non-realtà della razza, il quale dice che è solo
un'illusione, il quale afferma che il convincimento della razza porta a
brutte cose -- tra cui la schiavitù, la disuguaglianza sociale ed economica,
l'esclusione razziale e lo sterminio razziale (genocidio) – e quindi che il
convincimento della razza è di per sé cattivo e la realtà della razza deve
essere negata per ragioni morali. Con questa logica, coloro che negano la
realtà razziale, sono considerati moralmente superiori a coloro che credono
che la razza è reale. Questa è la logica del politicamente corretto, che la
realtà oggettiva deve essere negata per servire la visione del mondo,
l'ordine del giorno, l'ideologia e i valori morali della dominante struttura
mondialista di potere multirazziale. Ma la convinzione che la razza non è
reale può portare anche a cose cattive, cose molto cattive, per gli interessi
dei popoli europei in America, Australia ed Europa. In realtà, i suoi effetti
sui popoli europei includono l'espropriazione, spostamento e sostituzione
con le razze non-europee, e in definitiva la loro distruzione, sterminio,
annientamento o il genocidio. La negazione razziale, la negazione della
realtà, apre la strada alla distruzione della razza con la pretesa che non
esiste, che niente viene distrutto, che è tutta un'illusione, che non è una
questione di legittima preoccupazione. I razzialisti europei(coloro in cui
credono nella preservazione della razza), che credono nella realtà della
razza, non cercano, sostengono o promuovono la riduzione in schiavitù o
dominazione o la distruzione di altre razze, ma i negazionisti della razza e i
decostruzionisti, che sostengono che la razza è un'illusione, promuovono
una moda che porta alla distruzione delle razze europee. E si sentono
moralmente superiori, quando lo fanno.
Conclusioni
Prima che la negazione razziale diventasse l'argomento principale degli
avversari della preservazione razziale nord europea, il loro argomento
principale era l'affermazione che la razza del Nord Europa era meticcia e
non "pura", e che a causa di questo meticciato razziale, non era degna di
conservazione. Naturalmente, queste erano le stesse persone che più
sostenevano la mescolanza razziale per il Nord Europa, non gli avversari
della mescolanza razziale i quali hanno voluto evitare mescolanza al fine
di preservare la razza. Inoltre, naturalmente, non hanno descritto la natura
o la portata della mescolanza alla quale si riferivano, né hanno fornito
alcuna definizione o standard di ciò che costituisce "purezza" razziale e
quale livello di esso è tenuto a giustificare la conservazione razziale. I loro
argomenti per l'impurità razziale erano, e sono, ambigui come gli
argomenti della negazione razziale. La mia risposta a loro era, ed è, la
stessa della mia risposta ai negazionisti della razza, i quali sostengono che
la razza che io amo e desidero preservare non è reale e non esiste, e che
non c'è quindi nulla da conservare. Io dico loro che amo e voglio
mantenere la mia razza com'è, per preservare ciò che è così com'è,
comunque essa sia, e comunque vorrebbero chiamarla. Sia che la chiamino
razza o non, che sia pura o non, questa è la popolazione e questi sono i
fenotipi associati che io amo e che voglio conservare. E sanno di cosa sto
parlando. A livello operativo, loro sanno qual è la mia razza come lo so
anche io, e come è reale per loro, lo è pure per me. La differenza è che io
voglio conservarla e loro vogliono distruggerla.
La negazione della razza non deve essere considerata come un fenomeno
isolato. È molto più un prodotto dei tempi. Può essere compreso solamente
in un contesto di rivoluzione razziale e attraverso l‟analisi del
cambiamento etnico-razziale del potere nell‟ultima metà del secolo scorso.
Fa parte dell'offensiva etno-razziale contro la razza del Nord Europa che
sta distruggendo geneticamente e biologicamente con il multirazzialismo e
la mescolanza razziale. L'esistenza che nega è l'esistenza che sta
contribuendo a distruggere. Come un recente articolo sugli studi genetici
che afferma la realtà della razza ci informa:
L'isolamento geografico [cioè, la separazione razziale] e la riproduzione
interna (endogamia) a causa di forze sociali e/o culturali per periodi di
tempo prolungati, creano e aumentano la differenziazione genetica [cioè,
creano e conservano le razze], mentre la migrazione e l'inter-
accoppiamento la riduce [vale a dire, la mescolanza razziale multirazziale
distrugge le razze]. [Nota # 14]
La negazione della razza è più di un errore. È più della somma di tanti
errori, di argomenti falsi, utilizzati per sostenerla. E non è un fine in sé, ma
un mezzo per raggiungere un fine. Serve ad uno scopo. I negazionisti della
razza mendicano la loro tesi con l'affermazione che la credenza in razze
porta a oppressione e genocidio razziale, così lo scopo della negazione
della razza è quello di porre fine all'oppressione razziale e prevenire il
genocidio. In realtà è vero il contrario. Il vero scopo della negazione della
razza non è quello di impedire il genocidio, ma per evitare la
conservazione razziale, in particolare la conservazione delle razze europee,
e più in particolare la razza del Nord Europa. In breve, il vero scopo della
negazione della razza non è quello di impedire il genocidio, ma di fare il
genocidio. Il motivo vero che c'è dietro la negazione della razza è quello di
promuovere e favorire l'espropriazione, la sostituzione e la distruzione
della razza del Nord Europa. Ogni negazionista della razza è contro la
conservazione razziale, e in particolare modo è contro la conservazione e
la sopravvivenza della razza del Nord Europa.
Ironicamente, la negazione della razza è a sfondo razziale. È fonte e base
di appoggio di gruppi etno-razziali non-europei. Sono loro che cercano la
sostituzione, l'esproprio e la distruzione della razza del Nord Europa,
persino nelle sue terre antiche d'origine. Sono loro che traggono beneficio
da essa, coloro i quali sono i sostituti e sciacalli. L'esistenza di altre razze
non è minacciata dalla negazione della razza, e quindi in una tale posizione
di immunità razziale esse possono salvaguardarla. Sono le razze europee, e
solo le razze europee, e soprattutto la razza del Nord Europa, che sono a
rischio di estinzione, e la cui distruzione è aiutata dalla negazione razziale.
La negazione della razza è anti-nord-europea nel senso più estremo del
termine, contro l'esistenza stessa della razza del Nord Europa. Così la
negazione della razza è di per sé una parte della competizione razziale, un
prodotto delle dinamiche razziali, la dialettica razziale, del
multirazzialismo e il processo di distruzione razziale le quali esse
sostengono. Potrebbe sembrare un fenomeno politico, con motivazioni
politiche, ma in realtà è un fenomeno razziale, con motivi razziali -
motivazioni molto più forti e più profondi della politica, che è solo il
mezzo per i fini razziali. Serve come copertura per quei fini razziali.
Nasconde il processo di distruzione razziale dietro la copertura di
protezione di un falso dogma che dice che la distruzione razziale in realtà
non esiste, che quindi non è reale e pertanto non viene distrutta, e non vi è
alcuna ragione valida per resistere o per opporsi a tale distruzione. Ma la
razza che si sta distruggendo, la popolazione e le sue caratteristiche che i
negazionisti della razza stanno cercando di distruggere, sono reali e sono le
mie. Esse sono l'oggetto del mio amore e della mia devozione, il centro
della mia preoccupazione. Sono tutte le persone di origine del Nord
Europa, nei loro numeri (parliamo di milioni), la cui esistenza viene
negata, e sotto la copertura di tale negazione, viene distrutta.
Come possono i conservazionisti della razza (o razzialisti) far fronte alla
crescente ondata di negazione della razza nel mondo accademico e nei
media? Quanto del nostro tempo ed energia dobbiamo dedicare al dibattito
sul significato reale della razza? Entrambe le parti del dibattito hanno un
interesse determinato dai loro propri gruppi. I negazionisti della razza sono
in maggioranza membri dei gruppi di minoranza non-nordici che vogliono
sentire dalle loro orecchie parlare di solidarietà della maggioranza nordica,
per avanzare gli interessi dei loro proprio gruppi, a spese degli interessi dei
gruppi di maggioranza nordici. I sostenitori della razza sono
prevalentemente membri della maggioranza etno-razziale nordica che
vuole promuovere il riconoscimento e la solidarietà del loro gruppo per
garantire la sua conservazione e il suo benessere.
Negare la razza alza il livello o la soglia per affrontare le questioni che
contano davvero: le questioni di interesse razziale fondamentali che non
vengono mai discusse, ma sono eluse e ignorate. Più tempo e sforzo
mettiamo nel superare questi argomenti preliminari, meno possiamo
affrontare le questioni vitali degli interessi razziali propri.
Ma questo non è solo un esercizio accademico che i razzialisti possono
ignorare. Ci sono motivazioni e le finalità alla base di queste affermazioni.
Per le minoranze dei paesi del Nord Europa che vogliono garantire la loro
salvaguardia e l'indebolimento della popolazione nordica è nel loro
interesse affermare che la razza non esiste per prevenire e indebolire
l'opposizione della maggioranza. Per i nichilisti razziali, gli "idealisti", il
cui ideale è un mondo senza razze affermando che la razza non è esiste, è
un metodo per promuove il loro obiettivo. A coloro che cercano la
spoliazione e la distruzione della razza nordica in particolare, per la
sostituzione e la mescolanza, sostenendo che la razza nordica non esiste, o
che sia già mescolata, serve a screditare e indebolire l'opposizione per
arrivare alla mescolanza e alla distruzione.
Nelle mie discussioni con i negazionisti della razza, ho scoperto che è
importante pressarli per le specifiche. Con quelli che fanno affermazioni
che la mia razza è già ben mescolata, o che un particolare individuo è
misto, utilizzano questa affermazione con lo scopo di sostenere ulteriore
mescolanza, chiedo specifiche circa la presunta miscela, la sua estensione,
origine, percentuale, ecc.. e le prove che sostengono queste accuse. Io in
breve dico loro di provare o dimostrare le loro affermazioni o non saranno
credibili. Con coloro che negano la realtà della razza ho sottolineato
l‟importanza della definizione, ho dato la mia definizione, ovvero di un
qualcosa che esiste chiaramente, ho chiesto dunque una loro definizione
del termine razza, ma loro di solito non vogliono o non possono fornire. Il
punto è che le affermazioni dei negazionisti sono raramente suffragate da
specifiche o definizioni, ma sono volutamente vaghe. Evidenze che
mostrano la loro eloquente falsità.
Detto questo, non serve a molto discutere con i negazionisti e con i
mischia-razze. La loro posizione non sarà alterata da confutare le loro
falsità, poiché le loro posizioni non sono realmente basate su di esse, ma
sono semplici interessi della propria razza. Tuttavia, vale la pena
rimuovere la loro facciata ed esporre le loro vere motivazioni. Vale anche
la pena esporre il cosiddetto idealismo dei multirazzialisti per quello che è
realmente: un programma per la distruzione e l'estinzione nordica.
NOTE
1. Cfr. la recensione di Glayde Whitney di The Emperor’s New Clothes: Biological Theories of
Race at the Millenium di Joseph L. Graves, Gennaio 2001, articolo in Occidental Quarterly (Vol.
I. No.2). Graves dichiara che la razza non è reale e motiva la sua opinione dicendo che la
credenza nella razza è un ostacolo per la “giustizia sociale” e per l‟eliminazione del razzismo.
2. La sostanza di alcuni di questi scambi può essere trovata sul mio sito internet
http://www.racialcompact.com/reality_of_race.html
3. Cfr. http://www.pbs.org/wgbh/nova/first/gill.html
Il dott. George W. Gill è un professore di antropologia dell‟università del Wyoming. Inoltre egli
lavora come antropologo forense per le forze dell‟ordine del Wyoming e per il Laboratorio
criminologico di Stato del Wyoming
4. La metodologia che dimostra la differenza genetica dell‟1.6% tra uomo e scimpanzé dimostra
anche una differenza genetica di meno dello 0.2% tra razze umane. Feng-Chi Che dell‟università
nazionale di Tsing Hua in Taiwan e Wen-Hsiung Li dell‟università di Chicago (2001) hanno
collocato la differenza nei geni tra uomo e scimpanzé al solo 1.24%. il professore Roy Britten
dell‟Istituto di Teconlogia della California, usando una metodologia molto diversa, ha collocato
la differenza al 5.4% (2002). Ciò solleva la domanda ovvia riguardo alla differenza tra razze
umane se si fosse utilizzata la stessa metodologia. Potrebbe essere anche di tre volte più grande?
5. Cfr. Masatoshi Nei and Arun K. Roychoundhury, Evolutionary Relationships of Human
Populations on a Global Scale; Molacular Biology and Evolution, settembre 1993 (pp. 927-943):
http://www.molbiolevol.org/cgi/gca?sendit=Get+All+Checked+Abstract%28s%29&gca=10%2F
5%2F927. Sfortunatamente nessuna popolazione scandinava (svedese, danese o norvegese),
slava o araba è stata inclusa in questo studio, e i gruppi di popolazioni inglesi, tedeschi e italiani
non sono stati divisi per regioni. È possibile che un gruppo dell‟est Inghilterra sia più vicino
geneticamente a un gruppo danese o della Germania nord-occidentale che a un gruppo
dell‟Inghilterra occidentale.
6. Questi studi genetici sono basati sul DNA nucleare, i geni che sono attualmente responsabili
della variazione razziale. Altri studi sul DNA mitocondriale (mtDNA), così come hanno
mostrato Jody Hey e Eugene Harris (1999), mostrano una differenza tra razze umane che è circa
il 4% delle differenze tra umani e scimpanzé.
7. Cfr. http://genomebiology.com/2002/3/7/comment/2007/ . Categorization of humans in
biomedical research: genes, race and disease," di Neil Risch et alii, Genome Biology 2002
3(7): commento 2007.1-2007.12. Pubblicato il 1 Luglio 2002. Questo articolo è una sintesi
scientifica eccellente sulle evidenze mostrate dagli studi genetici sulla realtà della razza.
8. Cfr. http://anthro.palomar.edu/vary/vary_2.htm. Questo è una pagina di prova del sito del
dipartimento di Scienze comportamentali del Palomar College, San Marcos, California, il cui
autore è Dennis O‟Neil. Il Palomar College è un college di proprietà pubblica con circa 30.000
studenti. I punti di vista espressi da questo sito sono probabilmente rappresentativi di cosa gli
studenti di scienze sociali pensano attualmente del concetto di razza. Sono dei punti di vista che
probabilmente sono stati predetti e annunciati come risultato dell‟educazione al multirazzialismo,
con le sue conseguenze agghiaccianti sulle ricerche razziale, dove la verità razziale è la prima
casualità.
9. Op.cit. cfr. nota 7 di cui sopra.
10. Cfr. Robert Boyd: Scientists: Idea of Race is Only Skin Deep, The Miami Herald (13 ottobre,
1996), p. 14A.
11. Per un‟esaminazione dettaglia di questo soggetto cfr. Kevin MacDonald, The Culture of
Critique: An Evolutionary Analysis of Jewish Involvement in Twntieth-Century Intellectual and
Political Movements, Praeger, 1998.
12. Cfr. Doug McAdam in Picking Up the Pieces, parte 5 della serie della PBS “Making Sense of the
Sixties” trasmessa il 23 gennaio 1991. Si può supporre che, nel contesto di questo dibattito
razziale marxista nella convention di Weatherman, si sia capito che il termine “bianco” non
include gli ebrei.
13. Op.cit. cfr. nota 3 di cui sopra.
14. Op.cit. cfr. nota 7 di cui sopra.