34
RIASSETTO URBANO, TRASFORMAZIONI TERRITORIALI, FORME DI ACCULTURAZIONE NELLABRUZZO BIZANTINO (SECC. VI-VII) I. Nota introduttiva Le indagini condotte in Abruzzo negli ultimi anni in vari contesti riferibili ai secoli VI-VII, ed in particolare gli scavi di Pescara (1) e Crecchio (2), permettendo la ricostruzione di un quadro ormai molto attendibile sulle problematiche della coeva cultura materiale, hanno aperto interessanti prospettive di ricerca sulle logiche organizzative ed insediative di quella che si caratterizza sostanzialmente come l’ultima pagina della storia antica dell’Abruzzo, la presenza dei Bizantini dal 538 sino ai primi decenni del VII secolo, almeno lungo la costa della regione. L’aver potuto individuare una produzione ceramica così peculiare quale la ceramica tipo Crecchio, qui probabilmente introdotta dall’Egitto e poi prodotta in loco, ben distinguibile dalla precedente tradizione della ceramica dipinta tardoimperiale attestata su vari siti della costa chietina e della Val Pescara, ha fornito un fossile guida particolarmente utile, accanto alle ultime tipologie della ceramiche sigillate africana ed orientale, per un riconoscimento delle fasi di popolamento urbano e rurale riferibili ad un’epoca fra la seconda metà del VI ed i primi decenni del VII secolo (3). Queste importazioni sembrano con ogni evidenza correlabili al riattivarsi di contatti commerciali con l’oriente seguiti alla Guerra Gotica e vanno probabilmente protraendosi solo in quelle aree costiere che restano sotto controllo bizantino nonostante l’invasione longobarda (4). La ceramica tipo Crecchio sembra inoltre diffusa solo nella Val Pescara e lungo la costa chietina, mentre dalle ricerche anche sistematiche sinora condotte risulta assente nell’interno e nel nord della regione (Teramano) (5). Sulla base dei nuovi dati archeologici e delle fonti documentarie disponibili si propone dunque un primo tentativo di ricostruzione delle logiche a cui sembra ispirarsi la presenza bizantina nel governo dei centri urbani e nel controllo del territorio. II. I centri urbani (Fig. 1, nn. 1/4) Anche se manca ancora un panorama complessivo sugli interventi condotti dai Bizantini, attestati dalle fonti quando affermano che Narsete una volta sconfitti i Goti urbesque dirutas restauravit (6), varie opere attestate da recenti indagini o da fonti documentarie testimoniano anche in Abruzzo di un’azione di recupero degli antichi centri urbani che si collega probabilmente ad un ben più ampio programma attuato in tutta la penisola. © 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

  • Upload
    others

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

RIASSETTO URBANO, TRASFORMAZIONI TERRITORIALI,FORME DI ACCULTURAZIONE NELL’ABRUZZO BIZANTINO (SECC. VI-VII)

I. Nota introduttiva

Le indagini condotte in Abruzzo negli ultimi anni in vari contesti riferibili ai secoli VI-VII, ed in particolare gli scavi di Pescara (1) e Crecchio (2), permettendo la ricostruzione di un quadro ormai molto attendibile sulle problematiche della coeva cultura materiale, hanno aperto interessanti prospettive di ricerca sulle logiche organizzative ed insediative di quella che si caratterizza sostanzialmente come l’ultima pagina della storia antica dell’Abruzzo, la presenza dei Bizantini dal 538 sino ai primi decenni del VII secolo, almeno lungo la costa della regione.

L’aver potuto individuare una produzione ceramica così peculiare quale la ceramica tipo Crecchio, qui probabilmente introdotta dall’Egitto e poi prodotta in loco, ben distinguibile dalla precedente tradizione della ceramica dipinta tardoimperiale attestata su vari siti della costa chietina e della Val Pescara, ha fornito un fossile guida particolarmente utile, accanto alle ultime tipologie della ceramiche sigillate africana ed orientale, per un riconoscimento delle fasi di popolamento urbano e rurale riferibili ad un’epoca fra la seconda metà del VI ed i primi decenni del VII secolo (3).

Queste importazioni sembrano con ogni evidenza correlabili al riattivarsi di contatti commerciali con l’oriente seguiti alla Guerra Gotica e vanno probabilmente protraendosi solo in quelle aree costiere che restano sotto controllo bizantino nonostante l’invasione longobarda (4). La ceramica tipo Crecchio sembra inoltre diffusa solo nella Val Pescara e lungo la costa chietina, mentre dalle ricerche anche sistematiche sinora condotte risulta assente nell’interno e nel nord della regione (Teramano) (5).

Sulla base dei nuovi dati archeologici e delle fonti documentarie disponibili si propone dunque un primo tentativo di ricostruzione delle logiche a cui sembra ispirarsi la presenza bizantina nel governo dei centri urbani e nel controllo del territorio.

II. I centri urbani (Fig. 1, nn. 1/4)

Anche se manca ancora un panorama complessivo sugli interventi condotti dai Bizantini, attestati dalle fonti quando affermano che Narsete una volta sconfitti i Goti urbesque dirutas restauravit (6), varie opere attestate da recenti indagini o da fonti documentarie testimoniano anche in Abruzzo di un’azione di recupero degli antichi centri urbani che si collega probabilmente ad un ben più ampio programma attuato in tutta la penisola.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 2: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

II.1 Schede

Pescara (Aternum)

Gli scavi condotti ad Aternum (Pescara) hanno rivelato due fasi ben distinte di riassetto dell’abitato.

Trattasi anzitutto di interventi di ristrutturazione del fronte dell’abitato (Fig. 2, nn. 3-6, 15), della viabilità lungo il fiume Pescara (nn. 2-14) e forse dello stesso porto (nn. 18-20A) databili all’epoca della Guerra Gotica (538-560) (7) e con ogni evidenza connessi ad opere di fortificazione della città. Da una fonte agiografica confermata nelle sue grandi linee dagli scavi (8) si apprende infatti che nel 596-97 la città era difesa da un circuito di mura munito di due porte fra cui una sul lato a mare. Tale accesso è ancora menzionato in una fonte del 991 relativa alla donazione al vescovo di Chieti da parte del conte Trasmondo della Ecclesia B. Thomae Apostoli quae est in Aterno ad murum portae quae fert in mare (9), ed era difeso da un’apposita struttura detta Propugnaculum o Castellum (10), menzionata nelle fonti solo dall’XI secolo, ma con ogni evidenza di origine più antica (Fig. 2, n. 17).

Il complesso era infatti collocato proprio a cavallo della strada antica prospiciente il fiume, riprendendo esattamente quell’orientamento dell’abitato antico che all’epoca della costruzione delle mura di piena età medievale (secc. XI-XII) si era perso con la nascita del nuovo asse viario corrispondente a via delle Caserme (11).

A tale più consistente intervento seguirono fra la fine del VI ed i primi decenni del VII secolo, dopo un devastante incendio che aveva provocato l’abbandono di parte dell’insediamento, più limitate opere di ripristino di una parte ridotta dell’abitato nell’area del Bagno Borbonico (Fig. 2, n. 4-3) (12).

Il circuito dell’originaria cinta difensiva “bizantina” presentava probabilmente dimensioni ridotte rispetto alle fortificazioni della piena età medievale (sec. XII) (13), come risulta anche da un altro documento del 1270 in cui si fa menzione di un murum veterem eiusdem terre Piscarie collocato all’interno delle fortificazioni allora esistenti .Recentissimi scavi lungo via dei Bastioni (Fig. 2, n. 103) ne hanno probabilmente rivelato un tratto, realizzato in muratura laterizia (14).

Ortona (Hortona) (Fig. 3)

Opere di fortificazione dell’abitato simili a quelle attestate a Pescara dovettero essere condotte anche ad Ortona, centro portuale divenuto alla fine del VI secolo uno dei capisaldi dell’organizzazione dell’Esarcato in Abruzzo, menzionato come castrum da Giorgio Ciprio.

Ben poco è noto del centro antico, sinora mai fatto oggetto di indagini di scavo, anche perché la continuità del popolamento ha finito col riassorbire all’interno dell’abitato ogni traccia dell’impianto d’età romana.

Non sembra tuttavia dubbio che l’insediamento dovesse almeno in parte corrispondere alla c.d. Terravecchia, parte settentrionale dell’ originario abitato medievale (Fig. 3, A) poi ampliato con la realizzazione delle nuove mura urbane ad opera di Giacomo Caldora nel XV secolo (Fig. 3, D), area attualmente corrispondente alla zona

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 3: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

compresa fra S. Tommaso ed i resti del Castello Aragonese (Fig. 3, da 5 a C). La città occupava ed occupa la parte più alta di un esteso pianoro difeso su tre lati

(N, E, O) da scoscesi pendii (Fig. 3, A-C), collocato su un promontorio roccioso alla cui base è localizzato un approdo naturale ben difeso (B).

Ai margini settentrionali dell’abitato medievale le poderose frane succedutesi nei secoli, provocando il crollo di quasi metà dell’ivi esistente Castello Aragonese (Fig. 3, C), hanno rivelato la presenza di livelli archeologici (n. 1) che attestano una lunghissima frequentazione del sito, dagli inizi dell’età del Ferro sino all’età romana (secc. I-II) ed infine sino ad età bizantina (secc. VI-VII) (15).

Nell’ambito dell’abitato altomedievale può inoltre notarsi la persistenza di un assetto complessivamente regolare, scandito da una serie di assi longitudinali (corso Vittorio Emanuele, via Leone Acciaioli, via L. D’Annunzio, via della Fortuna) e da traverse ad essi ortogonali, fenomeno che parrebbe correlabile all’esistenza di un preesistente impianto antico regolare.

Non diversamente dal successivo insediamento medievale anche l’abitato antico doveva essersi sviluppato in due ambiti, l’uno in precedenza esaminato sulla parte più alta del promontorio abitato sin dalla protostoria (A), e l’altro sul mare funzionale all’uso del porto consolidatosi con ogni evidenza in età romana (B).

Nonostante i grandi lavori di ristrutturazione del secondo dopoguerra, con il generalizzato avanzamento della linea di costa, sono possibili alcune considerazioni seppur di massima sull’assetto dell’area portuale fra periodo romano ed epoca bizantina.

Alle strutture dell’approdo antico, ubicabile proprio nell’area sottostante il Castello Aragonese (Fig. 3, B), sembrano riferibili alcuni resti murari rinvenuti nel 1884 dietro la stazione ferroviaria presso l’attuale Stabilimento D’Alleva e nell’area oggi occupata dal Monumento ai Marinai d’Italia “a fianco della strada provinciale che mena alla città (Fig. 3, nn. 2-3)” (16), tracciato che non doveva differire di molto da un itinerario antico realizzato a collegamento dei due settori dell’insediamento (17).

Le strutture portuali antiche dovevano essere ancora ben funzionanti fra la seconda metà del VI e gli inizi del VII secolo come appare dimostrato dalla quantità di reperti importati dall’Africa e dall’oriente rinvenuti a Casino Vezzani-Vassarella di Crecchio nell’immediato entroterra della città. Con ogni evidenza via mare doveva essere avvenuto anche il trasferimento a Ravenna del vescovo Blando, di cui nel 591 il papa Gregorio Magno sollecitava la liberazione in una lettera all’Esarca (18).

In una successiva lettera dello stesso pontefice, relativa ai non risolti problemi della diocesi ortonese (19), apprendiamo inoltre dell’esistenza di una chiesa di S. Giovanni quae ante portas Hortonensis civitatis sita est (20). Nel menzionarne le porte la fonte sembra attestare l’esistenza di una cinta difensiva (21), con ogni evidenza impiantata proprio dai Bizantini. Per la sua localizzazione deve notarsi che la chiesa, ancora esistente nel XIV secolo (22), era anche nota prima del suo abbandono come S. Giovanni in Castello (23) e doveva pertanto essere situata nell’area del Castello Aragonese (Fig. 3, C).

In questa zona, corrispondente alla parte settentrionale della Terravecchia medievale, appare plausibilmente localizzabile la cinta muraria d’età bizantina; non appare casuale che vi si siano rinvenuti frammenti di ceramica tipo Crecchio (24), e che

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 4: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

proprio qui si siano succedute anche in età successiva le principali strutture difensive dell’abitato. Alla piena età medievale (secc. XIII-XIV) può forse riferirsi un secondo complesso difensivo (25), sostituito solo nel XV secolo dall’imponente Castello Aragonese, la cui sovrapposizione a strutture d’età precedente appare dimostrata anche dalla curiosa pianta irregolare del monumento (Fig. 3, C).

Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere dimostrato anche dal rinvenimento (1882), ai margini orientali dell’abitato medievale verso il mare presumibilmente non lungi da Palazzo Farnese, di una necropoli di tombe a cassone con sepolture sovrapposte (Fig. 3, n. 4) (26). I materiali rinvenuti a corredo delle sepolture “...un anellone o di rame o di ferro...fibule circolari con un solo ardiglione, e fibule ovali o rettangolari con due ardiglioni” (27), sono con ogni evidenza riferibili ad un ambito culturale particolarmente tardo (fine VI-primi decenni VII secolo ), e sembrano indicare come in quest’epoca l’area fosse ormai esterna all’abitato.

Appare infine plausibile che alla contrazione dell’abitato sul promontorio si accompagnasse un rafforzamento o quanto meno una ristrutturazione delle strutture portuali a mare, indispensabili per i collegamenti della città con il resto dell’Esarcato.

L’assetto così raggiunto andò conservandosi sino al VII secolo inoltrato, tanto che ancora nel 649 il vescovo ortonese Viator poteva partecipare al Concilio Lateranense in Roma (28).

Di una situazione di sostanziale assestamento dei rapporti fra bizantini e longobardi può essere testimonianza la toponomastica del torrente Arielli, corso d’acqua che scorre in un profondo vallone situato solo cinque km ad ovest della città, e corre per circa 15 km quasi parallelo alla costa sfociando poi in mare a nordovest dell’insediamento. Il torrente marca così fortemente l’entroterra di Ortona da rappresentare ancor oggi il confine occidentale del territorio comunale. Il toponimo Arielli, oltre a voler dire terrapieno o argine, è anche sinonimo di limes (29), conservando così forse il ricordo del confine fra territori bizantini e longobardi quale si era consolidato nel VII secolo.

Poco dopo la città dovette entrare a far parte del ducato di Benevento, probabilmente in occasione della ripresa delle ostilità contro i Bizantini ad opera di Grimoaldo I (646-671) (30), e tuttavia la conquista dovette essere quasi incruenta. Solo così può spiegarsi il fatto che la città conservasse notevole importanza anche in età successiva tanto che, unico centro urbano menzionato con Chieti al momento della conquista franca del Chietino, è detta civitas, organizza per qualche tempo le proprie difese, e solo nell’802 cede alle forze franche (31).

Visto il non lunghissimo lasso di tempo trascorso fra la fine del dominio bizantino e la conquista franca appare probabile che l’abitato difeso dalle forze beneventane agli inizi del IX secolo altro non fosse che l’impianto urbano come si era definito in età bizantina.

L’assenza di episodi traumatici e la sostanziale continuità fra città bizantina e longobarda possono trovare ulteriore conferma nella persistenza di forti legami con l’Esarcato bizantino esemplificati dal fatto che la chiesa ortonese, pur essendo ormai venuta meno la sede vescovile, dipendeva ancora nel XIV secolo dagli arcivescovi di

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 5: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

Ravenna (32).

Lanciano (Anxanum)

I recenti scavi archeologici (33) hanno permesso di localizzare sul colle di Lanciano Vecchia, in posizione d’altura naturalmente difesa dalla Malavalle e dal Fosso Pietroso nell’ambito dell’abitato medievale, il Municipium romano attestato dalle fonti documentarie ed epigrafiche.

Asse viario dell’abitato sin dal I secolo a.C. doveva essere un itinerario localizzato sul crinale del colle oggi ripreso da via dei Frentani (Fig. 4, n. 9), il cui orientamento lievemente curvilineo risulta assecondato da resti antichi rinvenuti a largo S. Giovanni (Fig. 4, n. 1: orientato come il tratto dalla Curtis Anteana a largo S. Giovanni; n. 2: orientato come il tratto successivo sino alla chiesa di S. Biagio, B).

Resti di basolato con ogni evidenza riferibili a questo tracciato erano già venuti occasionalmente in luce nel passato, all’ingresso di via dei Frentani su Largo S. Giovanni (n. 18) ed in corrispondenza della chiesa di S. Biagio (n. 19).

Ortogonali a questo tracciato sono anche i resti in opera mista di un complesso insediativo localizzato a via del Ghetto, angolo piazza dei Frentano (Fig. 4, n. 20), interessato da cospicui fenomeni di continuità d’uso anche in età altomedievale.

A piazza Plebiscito, corrispondente alla altomedievale Curtis Anteana, questo itinerario doveva collegarsi al tracciato della via antica litoranea che collegava Ortona ad Anxanum per proseguire poi in direzione di Histonium (Vasto). L’importante asse viario giungeva in città superando la forte depressione del Fosso Pietroso con un ponte (n. 17) di cui si conservano oggi solo strutture medievali (secc. XI-XV) e moderne, ma che per il rinvenimento di un’epigrafe poi perduta era stato in passato attribuito all’imperatore Diocleziano (34).

Nell’ambito dell’abitato d’età imperiale resti riferibili alle fasi d’occupazione bizantina solo stati localizzati in tre punti. Ceramica tipo Crecchio è infatti presente a piazza Plebiscito (Fig. 4, n. 11), nei livelli tardoantichi di un complesso identificato a via del Ghetto, angolo piazza dei Frentani (n. 20), e negli ultimi livelli di vita delle strutture antiche localizzate a Largo S. Giovanni di fronte a Palazzo Vergili (nn. 1-4; 2-3).

Le fonti medievali collocano proprio qui il c.d. Castello Longobardo, i cui resti vennero almeno in parte probabilmente riutilizzati al momento della costruzione del nuovo palazzo nel XVIII secolo, come sembra evidenziarsi per la presenza di strutture di notevolissimo spessore all’interno del piano terra.

È interessante al proposito notare che nell’ambito del palazzo e della circostante edilizia medievale prospiciente via dei Frentani deve rilevarsi il riuso di alcune strutture antiche a livello fondale (n. 4), e la continuità degli orientamenti del precedente abitato romano (vedi n. 1, allineato con la fronte del palazzo su via dei Frentani), fenomeni che non possono ovviamente che derivare dal precedente riuso di tali strutture nell’ambito del c.d. Castello Longobardo.

Se si considera che quest’area ben si prestava a presidiare la sella verso l’attuale piazza Plebiscito (Curtis Anteana), unico margine dell’area di Lanciano Vecchia non difeso da asperità naturali, appare plausibile che proprio qui fosse stato impiantato dopo il 538, nell’ambito di edifici antichi ancora esistenti, un complesso difensivo bizantino poi

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 6: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

riutilizzato in età successiva dai Longobardi (35) ed i cui orientamenti si sono almeno in parte conservati anche all’interno del piano terra del Palazzo Vergili.

Dinamiche del genere fanno supporre che la conquista della città da parte dei Longobardi di Benevento fosse stata quasi incruenta, perpetuandosi poi nel toponimo Lanciano Vecchia, che definiva uno dei quartieri dell’abitato di più avanzata età medievale, non solo il ricordo dell’ubicazione del centro antico ma anche una testimonianza della continuità dell’impianto urbano in età altomedievale.

Materiali ceramici riferibili ad una cronologia fra VII e IX secolo sono stati infatti recuperati in più punti dell’area di Lanciano Vecchia (Fig. 4, nn. 7, 8, 16, 12, 20). Risultano inoltre allineati con l’impianto antico tutti i principali luoghi di culto dell’abitato altomedievale, la distrutta chiesa di S. Giovanni (Fig. 4, n. 3), S. Biagio ancora esistente (B), ed infine S. Maria in Platea, attualmente interrata ad una profondità di sette metri sotto piazza Plebiscito (C).

La presenza di quest’ultimo luogo di culto e dell’altra chiesa dei SS. Domiziano e Legonziano, sede nell’VIII secolo del Miracolo Eucaristico, sottolinea come la Curtis Anteana altomedievale avesse conservato l’importanza di quello che doveva essere già in antico e poi in epoca bizantina il principale snodo stradale della città. Indagini condotte in quest’area, oltre a rivelare i già citati livelli con ceramica tipo Crecchio (Fig. 4, n. 11), hanno evidenziato la presenza di una piccola conserva d’acqua contenente frammenti ceramici acromi databili fra VII e VIII secolo (n. 12).

Alle sue spalle ed esattamente al disotto dell’altare dell’attuale Santuario del Miracolo Eucaristico (S. Francesco), realizzato nel XIII secolo dai Francescani, è stata evidenziata un’aula in muratura di conci quadrangolari di pietra, forse riconoscibile come impianto originario del luogo di culto (Fig. 4, D). A testimonianza di precedenti consolidati contatti della città con l’oriente, deve sottolinearsi che nell’VIII secolo il Santuario venne affidato a monaci greci Basiliani, che ne conservarono a lungo la cura (36).

Vasto (Histonium)

La città di Histonium (Vasto) rappresenta probabilmente il centro urbano antico dell’area frentana di cui si conservano maggiori testimonianze monumentali, che rendono possibile una prima analisi delle dinamiche di trasformazione dell’abitato fra VI e VII secolo.

Il centro era in posizione strategica per il controllo della via costiera ai confini con il Molise mentre il suo porto, ubicato a Punta Penna (Fig. 1, n. 19), rappresentava l’unico approdo naturale esistente lungo la costa meridionale della regione. Appare dunque plausibile che dopo il 538 i Bizantini ne avessero assunto saldo controllo, come si evidenzia anche per la presenza nella necropoli c.d. del Tratturo, ad ovest dell’abitato, di alcune sepolture tarde caratterizzate da corredo con ceramica tipo Crecchio rinvenuta anche nel centro della città (Via Roma) e presente anche in altri abitati rurali circostanti (37). In quest’epoca la presenza dei Bizantini, seguita dalla probabilmente incruenta conquista beneventana, dovette accompagnarsi a consistenti forme di continuità del centro antico, per una cui comprensione è indispensabile un breve esame del tessuto urbanistico antico, sinora sostanzialmente quasi inedito.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 7: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

L’abitato si era sviluppato da un nucleo originario probabilmente corrispondente alla parte meridionale del centro medievale (Fig. 5, area fra Palazzo D’Avalos – M, piazza Rossetti – D, e le cisterne di S. Chiara – A/C), ove sono localizzate le strutture più antiche in opera incerta riferibili ad età repubblicana.

Questo settore dell’insediamento non doveva presentare un complessivo impianto regolare, come appare dimostrato dall’esistenza di orientamenti diversi, corrispondenti a Palazzo D’Avalos (Fig. 5, n. 8), all’asse via Tagliamento-Vico de De Sanctis (n. 7), ed al grande complesso delle cisterne antiche dette di S. Chiara (nn. 4-5-6, A-B).

Un tessuto urbanistico regolare di apparente origine antica, articolato in due ambiti d’impianto diverso, è stato invece letto fra via Buonconsiglio (Fig. 5, p) e l’asse via Lago-Via V. Laccetti (r-s), e fra quest’ultimo e il ramo settentrionale delle mura medievali (Fig. 5, a, b, c, d, e, f) (38).

L’orientamento del primo dei due settori d’abitato verrebbe confermato dall’esistenza di resti di basolato sotto via Pampani (n. 11), di un collettore fognario allineato con via Barbarotta (Fig. 5, g, n. 13), e di resti in opera reticolata e mista allineati con gli assi viari (nn. 12, 22, 28, 19, 27).

A quest’impianto sembrerebbe correlabile un imponente terrapieno artificiale realizzato per livellare l’ampia area interessata dall’intervento, raggiunto da sondaggi condotti a piazza Histonium (n. 26), e databile nella prima metà del I secolo d.C.

Più limitati (nn. 18, 24) sono i riscontri puntuali per il secondo dei due schemi (isolati O, PQ, R, S), che risulta sia pur di poco divergere dall’unica struttura antica di recente rinvenimento nell’area (n. 22). Nella parte orientale della città, oggi quasi completamente travolta dalle frane, sembra doversi inoltre supporre la presenza di settori d’abitato costruiti ortogonalmente al sottostante pendio (nn. 16, 16, 14, 8).

Ai margini dell’impianto urbano così definito andarono infine a collocarsi l’anfiteatro (Fig. 5, nn. 1/3), e altre strutture in laterizio (nn. 15, 24) fra cui il complesso delle Terme, ubicato all’estremità nordorientale della città nell’area del Convento di S. Francesco (U).

Nonostante i danni che erano stati prodotti dal sisma del 346 d.C., seguito da estesi interventi di recupero (Fig. 5: ad es. nn. 22, 8) (39), il centro si conservava alla fine del V secolo ancora densamente popolato, come chiaramente attestato da una lettera di papa Gelasio (40). A quest’epoca può tuttavia riferirsi il progressivo venir meno della manutenzione dell’edilizia monumentale, connesso al perdersi di funzioni ed importanza urbanistica di tante strutture pubbliche ormai in disuso. Il degrado del centro antico in tal modo avviatosi appare inequivocabilmente documentato nei primi decenni del secolo successivo dal trasporto a Ravenna di materiali di risulta quali columnas marmoreas et lapides sine usu (41).

La presenza nell’ambito del complesso termale di S. Francesco all’estremità N-E della città antica di un edificio absidato in opera listata (Fig. 5, n. 25), forse riconoscibile come chiesa d’età paleocristiana (42) o altomedievale (43), sembrerebbe tuttavia suggerire che il popolamento si conservava fra VI e VII secolo ancora nei contorni del centro antico sin qui descritti, non molto diversi da quelli del successivo abitato medievale.

L’ormai inarrestabile decadenza dell’insediamento, attestata dal progressivo

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 8: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

smantellamento degli edifici pubblici e dall’inserimento di povere sepolture all’interno dell’impianto antico (Fig. 5, nn. 20, 21), non dovette tuttavia seguire di molto, e si tradusse nel progressivo abbandono delle aree marginali dell’abitato, forse correlabile al venir meno della presenza bizantina nel VII secolo avanzato.

Il fenomeno appare confermato da recenti indagini condotte a Largo Quattro Forni (44), ove sono stati rinvenuti resti antichi ridotti quasi a livello di fondazione (n. 28), a cui va a sovrapporsi, con ogni evidenza dopo un lungo periodo di abbandono, un tratto della cinta muraria di XII-XIII secolo (n. 32).

Il venir meno dell’orientamento puntuale dell’abitato antico in questa zona appare dimostrato anche dal recentissimo rinvenimento, all’interno dell’isolato compreso fra via Lago, largo Quattro Forni e corso Dante, di una struttura antica in opera listata (Fig. 5, n. 22; secc. IV-V) che risulta divergere sia pur di poco dall’orientamento del successivo isolato d’età medievale (45).

Fenomeni analoghi sembrano infine delineabili anche lungo il fronte dell’abitato antico messo in luce dalle frane sul margine orientale dell’abitato (Fig. 5, nn. 13-16). Sul piano di vita antico, qui collocato ad una profondità da due (n. 12) a tre metri di profondità (n. 14), va collocarsi un potente strato di riempimento connesso al crollo di parte delle strutture antiche in un lungo arco di tempo, a cui seguono interri già riferibili a più avanzata età medievale, con totale assenza di livelli di terre nere eventualmente riferibili alle fasi altomedievali dell’abitato.

Non sembra quindi dubbio che l’abitato avesse subito fra la seconda metà del VII e l’VIII secolo una forte contrazione (46), localizzandosi forse almeno in parte nella zona di S. Maria Maggiore fra Palazzo d’Avalos e piazza G. Rossetti che veniva significativamente detta ancora nel XVI secolo Castellum (47). All’interno di questo settore dell’insediamento alcuni isolati (F, H, I, L) e finanche la stessa cattedrale di S. Maria riprendono l’orientamento di una costruzione antica ancora esistente a via Tagliamento (Fig. 5, n. 7), testimoniando così di una presumibile continuità dell’impianto antico, pur nell’inesistenza di un complessivo schema regolare che può ben attagliarsi, nell’ambito di fenomeni di consumo della pianificazione antica, ad una situazione d’uso altomedievale. Quest’ambito dell’insediamento antico poteva d’altronde ben prestarsi ad esigenze difensive, anche perché compreso fra l’Anfiteatro ad ovest (nn. 1-3) ed il complesso antico indubbiamente insistente sulle grandi cisterne di S. Chiara (nn. 4-6) a sud, ambedue infatti riutilizzati anche nella nuova cinta difensiva di più avanzata età medievale (secc. XII-XIII).

Ai margini di quest’area era localizzata la chiesa di S. Salvatore, già esistente da lungo tempo nel 942, probabilmente identificabile come l’attuale S. Giuseppe (48), e significativamente allineata con l’impianto antico ubicato poco a nord (Fig. 5, g, m, 11). L’antichità del titolo e la collocazione centrale della struttura fanno supporre che fosse rimasta inclusa nell’abitato del primo altomedioevo, pur essendo esterna al Castellum. Appare a questo punto possibile che il termine Castello non definisse strictu sensu i margini dell’abitato altomedievale nel suo complesso, ma un’area che al suo interno era stata in qualche modo fortificata. Ove così fosse una simile logica potrebbe ben trovare posto nell’abitato d’età bizantina, anche in considerazione dell’assetto sostanzialmente quadrangolare anche se irregolare dell’area del Castellum, che troverebbe confronti in

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 9: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

analoghe strutture di quella cronologia (49). Alla concentrazione del popolamento ed al conseguente abbandono di parte della

città antica a nord dell’asse via V. Laccetti-Via Lago (r-s) dovette accompagnarsi la progressiva definizione di un paesaggio urbano in cui trovavano largo spazio ruderi e rovine, solo parzialmente interessate da fenomeni di riuso e smantellamento (50). La crisi dell’abitato dovette d’altronde legarsi alla sua collocazione marginale nell’assetto dei margini nordorientali del ducato di Benevento, assetto in cui dovevano avere ben altro peso i centri limitanei di Chieti ed Ortona, sedi di consistenti strutture del potere civile e militare beneventano e non a caso interessati dalle più importanti vicende militari della conquista franca dell’801-802 (51).

Lo scarso interesse beneventano per un qualche recupero del vetusto centro antico traspare anche dalla fondazione nel 747 ad opera dell’abate Rimecauso del monastero benedettino di S. Stefano de Rahone, collocato ben all’esterno dell’abitato romano nell’area dell’attuale stadio, poco dopo (774) concesso dal duca Arechi II alla chiesa di S: Sofia di Benevento (52).

Con il IX secolo sembra delinearsi un recupero d’importanza, dovuto alla collocazione strategica del centro ai confini meridionali del ducato di Spoleto, e tuttavia bisogna attendere l’XI per incontrare chiari segni di un ampliamento dell’abitato. La chiesa di S. Pietro, che attesta l’inizio della progressiva rioccupazione dell’intero ambito dell’insediamento antico, appare infatti documentata solo nel 1047 (53), mentre ancora esterno alla cinta delle mura appare il convento di S. Francesco al momento della sua costruzione intorno al 1241 (54).

La cinta muraria, con ogni evidenza ampliata fra XII e prima metà del XIII secolo a ricomprendere quelle aree della città antica in cui era andato rinnovandosi il popolamento, andrà completandosi solo nel XV secolo, con l’ampliamento delle difese della città ad opera di Giacomo Caldora (55).

II.2 CONSIDERAZIONI GENERALI SULL’ASSETTO DEI CENTRI URBANI IN ETÀ BIZANTINA

Con il prevalere delle pressanti esigenze difensive connesse all’invasione longobarda nel mondo bizantino ed anche in Abruzzo andò progressivamente sostituendosi al concetto di civitas come centro di vita civile e capoluogo di distretto amministrativo quello di città-fortezza, nella cui difesa erano coinvolte anche le popolazioni residenti (56).

I dati sin qui esaminati testimoniano di opere difensive con ogni evidenza messe in opera dai Bizantini nelle principali città costiere della provincia tardoantica del Sannio (57).

Considerato che alle dinamiche sopra delineate va accompagnandosi il progressivo attenuarsi della distinzione formale fra il concetto stesso di civitas ed il Castellum inteso come caposaldo militare, non appare casuale che sia a Lanciano che a Vasto siano sopravvissuti in ambiti strategici dell’abitato antico ed altomedievale toponimi quali Castello Longobardo e Castello. Il fenomeno trova riscontri anche a Pescara, insediamento già fortificato alla fine del VI secolo (oppidum), nella presenza di un Castellum o Propugnaculum collocato a difesa della porta a mare, e ad Ortona ove le

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 10: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

fortificazioni d’età bizantina sembrano plausibilmente localizzabili proprio nell’area del Castello Aragonese.

Con l’invasione longobarda il sistema così delineatosi doveva essere entrato a far parte delle strutture dell’Esarcato d’Italia, probabilmente attivato nei primi anni di regno dell’Imperatore Maurizio (582-584) al fine di coordinare la difesa dei territori rimasti sotto il controllo imperiale (58).

Uno stretto controllo dei porti abruzzesi poteva d’altronde risultare prezioso per agevolare i collegamenti via mare fra l’oriente e la sede dell’Esarcato a Ravenna (59).

Nella strutturazione della stessa vita quotidiana dei centri abruzzesi interessati da queste vicende, e come vedremo più avanti anche del territorio ad essi afferente, dovettero così divenire prevalenti le esigenze militari, collegandosi ad esse anche la “progressiva militarizzazione delle strutture amministrative”, con la decadenza delle amministrazioni locali ed il passaggio della conduzione degli affari locali agli ufficiali imperiali (60).

Uno di loro era probabilmente quel defensor Scolastico di Ortona figlio del defunto vescovo Blando, che nel 594 aveva usurpato sede e varie proprietà della diocesi ortonese, e le cui vicende illustrate da Gregorio Magno sono eloquente testimonianza della vita quotidiana di un centro abruzzese in quest’epoca di transizione, caratterizzata da abusi e malversazioni in un quadro amministrativo ormai incerto. Con lui ricordiamo anche il Comes di Ortona Vitaliano, a cui le fonti riferiscono nel 596-97 la riconquista del porto di Aternum di cui s’erano impadroniti i Longobardi (61).

Da questi pochi dati e dalle presenze archeologiche di Crecchio la classe militare bizantina operante nei centri della costa risulta probabilmente costituita in parte da ufficiali di provenienza orientale, ma anche da membri delle antiche oligarchie locali.

III. Il territorio

III.1 PROPRIETÀ ED ASSETTO AMMINISTRATIVO

Il sistema difensivo sin qui descritto non poteva tuttavia limitarsi ad una presenza nei centri urbani, pur collegati via mare, essendo necessario comunque garantire il transito lungo la via litoranea ed il controllo di una fascia costiera indispensabile all’approvvigionamento delle città. Si pone dunque il problema di quali dovessero essere le logiche strutturali, amministrative ed ancor prima giuridiche di una presenza sul territorio che non poteva prescindere dai nuclei di popolamento rurale conservatisi sino ad allora, per lo più articolati nell’ambito di grandi proprietà. Deve anzitutto ricordarsi che sin dalla fine della Guerra Gotica uno degli obiettivi perseguiti più coerentemente dall’amministrazione bizantina era stata la ricostituzione della grande proprietà senatoriale e latifondistica, mediante provvedimenti anche impietosi che in un panorama generale di impoverimento e desolazione causato dalle guerre, da carestie e pestilenze , non dovettero mancare di avere conseguenze sociali devastanti (62).

Nel loro operare sul territorio gli ufficiali imperiali dovevano dunque fare i conti con gli amministratori di grandi proprietari lontani, con la chiesa locale già proprietaria di alcuni casali rurali menzionati nelle lettere di Gregorio Magno, e con membri delle più

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 11: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

illustri famiglie del posto, probabilmente rappresentate nell’Ordo Decurionum che ad Ortona era ancora esistente nel 594. La presenza presso la villa di Casino Vezzani-Vassarella di Crecchio di un servizio di vasellame bronzeo di lusso cosiddetto copto testimonia o del fatto che ancora agli inizi del VII secolo alcuni proprietari esercitavano nonostante le difficoltà del momento un diretto controllo sui loro fondi rurali, o che la responsabilità della difesa locale era affidata ad ufficiali bizantini di un certo rango.

III.2 LE NECROPOLI DI CULTURA “BIZANTINA”

Ad evidenziare i problemi di un assetto territoriale indubbiamente condizionato dalle esigenze difensive del momento può valere un dato archeologico di notevole interesse, e cioè la presenza nell’intera area compresa fra la Val Pescara e Vasto di una serie di semplici sepolture terragne, aventi come elemento distintivo un corredo costituito da uno o due vasi della caratteristica ceramica tipo Crecchio.

A sepolture del genere sono infatti riferibili esemplari interi dal territorio di Penne (Fig. 1, n. 21) (63), da Moscufo (n. 22) (64), un’anforetta monoansata dalla località S. Polo di Crecchio (65), un’anfora biansata da località imprecisata del territorio di Lanciano (66), due vasi rinvenuti nei pressi di un grande complesso antico sino ad allora occupato nella località Guastameroli dello stesso territorio (n. 23) (67), una brocchetta monoansata presso l’insediamento tardo-antico di Murata Basso a S. Vito Chietino ed infine i due esemplari già citati dalla necropoli del Tratturo di Vasto (n. 24).

I rinvenimenti di Crecchio a S. Vito Chietino appaiano riferibili a sepolture a cassone non dissimili da altri esempi di analoga cronologia, mentre quasi nulla è noto sulla tipologia delle altre sepolture, provenendo quasi tutto il materiale da recuperi più o meno fortuiti. La distribuzione dei rinvenimenti tuttavia sembra illustrare abbastanza bene il succedersi di un serrato confronto nelle zone interne ad immediato ridosso della costa, probabilmente connesso alla presenza di milizie mobili bizantine destinate a difendere le vie di comunicazione e a presidiare alcuni punti strategici del territorio.

Ad analoghe esigenze di difesa dei collegamenti con Roma può correlarsi la presenza di sepolture con corredo simile all’interno della catacomba nei pressi dell’abitato antico di Superequum (Castelvecchio Subequo, Fig. 1, n. 25), lungo il tracciato della via Claudia Valeria. Se si considera che il ducato romano nel VI secolo comprendeva la zona di Sora (68) e che il saliente di Venafro cadde in mano dei Longobardi di Benevento solo nel 595 (69), può supporsi che attraverso qualche presidio nell’area peligna i Bizantini avessero tentato di conservare il controllo, almeno sino all’ultimo decennio del VI secolo, o della via Claudia Valeria o piuttosto dell’itinerario che dalla Val Pescara per Sulmona, l’Altopiano delle Cinque Miglia e Alfedena conduceva proprio a Venafro, al fine di garantirsi in qualche modo i collegamenti terrestri fra Adriatico e Tirreno.

Il controllo della Val Pescara e di eventuali presidi anche in area peligna dovette tuttavia venir meno già prima della fine del secolo, come sembra dimostrato dalla presenza sia a Corfinio che a Rosciano di sepolture con corredo di probabile pertinenza longobarda riferibili a quella cronologia (70).

Una presenza bizantina ben più consistente dovette invece consolidarsi lungo la

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 12: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

costa chietina fra Pescara e Vasto, area in cui, per il lungo periodo trascorso sino al totale venir meno di ogni presenza bizantina (metà VII sec.), sembrano più agevolmente ricostruibili le logiche di un riassetto organizzativo e difensivo del territorio che dovette in qualche modo avvenire.

Si presenta di seguito un breve esame di quegli insediamenti rurali che mostrano tracce di un’occupazione protratta sin in quest’epoca.

III.3 SCHEDE DEI SITI

Val Pescara

La ceramica tipo Crecchio caratterizza, con altri materiali di analoga cronologia quali sigillate africane ed anfore africane ed orientali, le fasi più tarde di alcuni insediamenti rurali collocati nell’immediato entroterra di Pescara.

Trattasi anzitutto di un abitato antico in località Colle di Giogo di Moscufo (Fig. 1, n. 5) (71), collocato in posizione strategica d’altura sulla dorsale collinare compresa fra il fiume Saline a nord ed il rio Rivo, e posto a controllo della sottostante Valle del Saline (72) lungo un itinerario antico che da Pescara andava a collegarsi alla via antica da Teate (Chieti) a Pinna (Penne).

Analoghe funzioni di controllo del territorio potevano ben essere rivestite dagli insediamenti esistenti sempre in collocazioni d’altura nelle località Caprara-S. Cosimo (Fig. 1, n. 6), Cavaticchi-Podere Tatoni (n. 7) e Cavaticchi-Cucchitte (n. 8) del territorio di Spoltore (73).

L’occupazione dei quattro siti sin qui descritti permetteva di controllare completamente l’immediato entroterra di Pescara e la viabilità che lo collegava alla costa, e non sembra casuale che proprio in quest’area, nei pressi di Moscufo, sia stata rinvenuta una delle povere sepolture con corredo di ceramica tipo Crecchio in precedenza descritte (Fig. 1, n. 22).

Ceramica tipo Crecchio proviene anche da due siti in località Cordano (Fig. 1, n. 9) e Colle Freddo (n. 10) di Loreto Aprutino, l’uno probabilmente riconoscibile come una villa collocata proprio lungo l’itinerario antico Teate-Pinna, e l’altro come vicus di una certa importanza in posizione d’altura poco ad ovest (74). Ambedue gli insediamenti sono collocati poco a sud di Penne nel cui territorio è stata rinvenuta un’altra delle summenzionate sepolture (Fig. 1, n. 21) (75).

Una analoga cultura materiale tardoantica con ceramica tipo Crecchio è infine attestata presso una grande villa antica localizzata in posizione strategica in comune di Rosciano lungo la Val Pescara, presso un sito di toponomastica longobarda quale Piano della Fara (76). La singolare corrispondenza potrebbe giustificarsi con un’occupazione “forte” da parte longobarda di un sito che aveva sino ad allora rappresentato uno dei capisaldi della difesa della valle. Francavilla

Deve segnalarsi anzitutto, circa 5 km a sud del porto di Aternum, l’articolato complesso antico esistente in località S. Maria delle Grazie-Villanesi, su un colle dominante il tracciato della via litoranea, parzialmente indagato nel 1978 (Fig. 1, n. 12).

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 13: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

Oltre a strutture in opera incerta e mista (sec. I d.C.), a definire un classico impianto articolato intorno ad una corte centrale con vari ambienti ed alcune vasche, con pavimentazioni a mosaico ed intonaci (77), si rilevava l’esistenza di murature particolarmente rozze, allora riferite addirittura al medioevo ma probabilmente databili nella tarda antichità, nei cui pressi si rinvenivano anche alcuni frammenti di ceramica dipinta (78).

Ceramica del tipo Crecchio è stata rinvenuta anche presso un altro simile insediamento rurale, ubicato alcuni km a sud in posizione dominante sul Colle di S. Cecilia (Fig. 1, n. 13). In quest’area il popolamento si protrasse sino all’altomedioevo, come appare documentato dal fatto che la chiesa di S. Cecilia è citata fra le pievi della diocesi di Chieti nella bolla di papa Alessandro III del 1173 (79). Nella stessa zona a sud dell’Alento era ancora superstite nel 1808 il toponimo Castello Vecchio (80), correlabile come in altri casi analoghi a queste forme di abitato sparso altomedievale, poi venute del tutto meno nel XIV secolo (81).

Ortona

Simile appare la situazione dell’insediamento ubicato su un alto promontorio sul mare in località Torre Mucchia circa 2 km ad ovest di Ortona. Vi esistono resti di abitato antico su un sito che risulta ancora abitato in età medievale, tanto che alcune delle chiese di Mucha sono ancora menzionate nelle Rationes Decimarum degli inizi del XIV secolo (Fig. 1, n. 26) (82).

In una collocazione abbastanza simile, ma a sud della città, sono stati localizzati nel 1980 i resti della chiesa di S. Marco, ubicata su un’analoga propaggine collinare prospiciente il mare nei pressi del Cimitero Militare Canadese (Fig. 1, n. 27) (83). Il rinvenimento di materiali del primo altomedioevo, fra cui una fibula ad anello confrontabile con un analogo reperto da Cupello inquadrabile fra la fine del VI e gli inizi del VII secolo, indurrebbe a ritenere che qui dovessero esistere forme di abitato rurale connesse alla persistenza di una chiesa forse dotata di cura d’anime.

Crecchio

Il già menzionato e ben noto abitato romano e bizantino di Vassarella-Casino Vezzani (Fig. 1, n. 15) (84), collocato sul punto più alto di un pianoro collinare delimitato dal Torrente Arielli e dal Fosso Riccio (Fig. 6, A), occupa un sito di notevole importanza strategica che doveva permettere il controllo del confine bizantino nella media Valle dell’Arielli e di uno strategico nodo stradale da cui si dipartivano un itinerario da Ortona a Lanciano (Fig. 6, B) ed un altro tracciato che conduceva verso Chieti (C).

La villa, parzialmente scavata nel 1973 e nel 1990-91 è ricostruibile come impianto aperto databile nelle sue fasi iniziali alla tarda età repubblicana, con porticato lungo almeno 75 metri verso la sottostante Valle Cannella (Fig. 6, n. 2), con vari ambienti collocati lungo il corridoio a giorno definito dal porticato stesso (n. 3). I pochi vani superstiti dopo lo scasso sembravano riferibili al settore rustico del complesso, essendosi rinvenuti numerosi dolii ed una grande cisterna in calcestruzzo (n. 1), quasi completamente piena d’acqua e melma.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 14: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

L’insediamento nel suo complesso sembra inoltre articolato in più nuclei uno dei quali, recentemente letto a seguito di arature poco a nord, è probabilmente costituito da capanne e case in terra (Fig. 6, n. 5), e doveva essere destinato ad abitazione dei contadini.

L’ interno della cisterna, depositatosi in un lasso di tempo in cui il manufatto era stata utilizzato come vero e proprio “mondezzaio” e forse anche come “pozzo-deposito”, conteneva un’elevatissima quantità di materiali archeologici riferibili alle ultime fasi di occupazione dell’impianto (metà VI-inizi VII secolo). I reperti rinvenuti, più oltre analizzati in sede di esame dei fenomeni di acculturazione da essi segnalati, indicano contatti con aree quali l’Africa, l’Egitto, la Palestina, la Siria e l’Asia Minore, costituendo altresì un caposaldo per la storia della cultura materiale ed artistica dell’Abruzzo bizantino fra la metà del VI e gli inizi del VII secolo.

Con la metà del VI secolo l’impianto era dunque divenuto importante per il controllo dell’entroterra di Ortona, ed oggetto di uno sfruttamento finalizzato all’approvvigionamento della città. Tali funzioni dovettero venir meno con l’abbandono dell’impianto che sembra riferibile sulla base dei materiali più tardi rinvenuti nella cisterna agli inizi del VII secolo.

S. Vito Chietino

A sud di Ortona, lungo il tracciato recentemente in parte esplorato della via antica litoranea (85), è ancor oggi esistente la frazione di S. Apollinare (Fig. 1, n. 28), con l’omonima chiesa dedicata all’illustre santo ravennate superstite in un assetto che conserva elementi d’età romanica (86).

La frazione occupa un sito strategico per il controllo non solo della strada fra Ortona ed Anxanum, ma anche delle due valli dei torrenti Moro e Feltrino e dunque di due itinerari naturali di crinale che conducevano ad Ortona, tanto che la conservazione di una toponomastica così tipicamente protobizantina non appare casuale.

Un abitato antico occupato sino all’altomedioevo è localizzato alla foce dello stesso torrente Feltrino, in posizione dominante sul mare nei pressi di S. Vito Chietino (Fig. 1, n. 16). Il complesso si articola in due settori, l’uno detto Murata Alta sul colle (87), l’altro Murata Bassa alla foce del torrente sul mare, parzialmente indagato nel 1991 e nel 1994 (88).

Quest’ultimo impianto, conservatosi solo parzialmente in quanto eroso dall’azione del mare, sembra occupato in un lungo arco cronologico (89), con fasi costruttive tardoantiche in opera vittata ed un’occupazione protratta sino all’altomedioevo. Nei pressi sembra localizzabile il Portus Gualdi, menzionato in una donazione del 942 all’abbazia di Montecassino (90), ed ancora compreso nel 1047 fra i beni confermati all’abbazia di S. Giovanni in Venere dall’imperatore Enrico III (91).

Lanciano

In collocazione analoga a quella di S. Apollinare, in posizione strategica lungo la stessa dorsale fra i torrenti Feltrino e Moro a sei km dal mare, è situata anche la frazione Guastameroli (Fig. 1, n. 23), nei cui pressi vennero a suo tempo rinvenuti resti murari di

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 15: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

un cospicuo impianto antico presso cui era andata a collocarsi una sepoltura caratterizzata dal già menzionato corredo costituito da due brocche della ceramica tipo Crecchio. L’occupazione del sito appare indubbiamente funzionale alla difesa degli accessi alla città di Anxanum.

Canosa Sannita

Ad una logica insediamentale non dissimile appaiono riferibili anche le coeve fasi di occupazione di un analogo complesso antico localizzato in contrada Piano d’Orni circa 8 km ad ovest di Lanciano, in posizione dominante lungo la dorsale collinare fra il Torrente La Venna ed il Rio Valloncello (Fig. 1, n. 14). Il sito, ove sono stati recuperati numerosi frammenti di ceramica tipo Crecchio, resta occupato anche in età altomedievale tanto che l’abitato di Orni con le sue chiese appare menzionato in fonti cassinesi del IX secolo (92), e viene abbandonato solo nel XIV (93).

Appare significativo che circa 1 km a sud-ovest del sito si conservasse ancora in età medievale una chiesa dedicata a S. Basilio.

Fossacesia

A sud-est di Lanciano appare localizzato il complesso cultuale altomedievale di maggior importanza di questo territorio, l’abbazia di S. Giovanni in Venere, probabilmente sovrappostasi a strutture cultuali antiche, e già esistente come semplice luogo di culto nel IX secolo (94). L’abbazia è collocata su un promontorio da cui poteva dominarsi un vasto tratto di mare a sud di Ortona (95). Appare plausibile che dovessero esistervi anche strutture insediative antiche, ed al proposito deve notarsi che le fonti documentarie fra XI e XV secolo attestano la presenza, probabilmente ai piedi del promontorio alla foce del fiume Sangro, del Portus Veneris.

In quest’area, oggi corrispondente alla Stazione Ferroviaria di Fossacesia, vennero in luce nel 1910 “fondamenta di antichissimi edifici” con pavimenti a mosaico, localizzati in un Podere che conservava ancora il nome dell’ormai scomparsa chiesa di S. Maria dei Greci (Fig. 1, n. 29), un tempo ivi esistente ed eloquente testimonianza di contatti culturali con l’oriente forse connessi a forme di rioccupazione del sito antico (96).

Torino di Sangro

Circa 5 km a sud dell’abbazia la via antica proveniente da Pescara e Lanciano, oggi corrispondente al tracciato principale del Tratturo, superava il fiume Sangro, risalendo poi a percorrere un piccolo valico nella propaggine collinare che costeggia il fiume, a sud del Colle del Termine.

Poco a sud, nella località Uomoli-Moccoli, in una posizione di particolare altura che permetteva di controllare quasi tutta la Val di Sangro dalle prime alture dell’Appennino al mare, sono imponenti avanzi di abitato antico, resti di strutture in opera laterizia ed incerta, lacerti di pavimentazioni a mosaico e cocciopesto, laterizi di ogni genere, estesi su un’area di vari ettari (Fig. 1, n. 17).

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 16: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

Se si considera che la distanza da Anxanum a qui è esattamente corrispondente alle sette miglia indicate nella Tabula Peutingeriana per raggiungere il centro di Pallanum (97), è forse plausibile riconoscervi proprio tale abitato antico, collocato in posizione strategica all’incrocio con un altro itinerario stradale che conduceva nell’interno, risalendo la propaggine collinare ad est del Sangro per i villaggi attuali di Paglieta ed Atessa, sino a Monte Pallano (98).

Tali funzioni di punto di riferimento per l’intero territorio alla foce dell’importante via d’acqua del Sangro dovettero conservarsi anche alla fine del mondo antico, come appare dimostrato dalla presenza di resti quali frammenti di sigillata africana tardissima e ceramica tipo Crecchio che attestano un’occupazione dell’impianto ancora fra VI e VII secolo, e dal fatto che sembrano riferirsi a questo sito le fonti medievali che conservano memoria della c.d. Civitas de Sangro, documentata nel Catalogus Baronum (99), ed ormai quasi deserta nel 1411 quando venne ceduta dall’abbazia di S. Giovanni in Venere all’Università di Torino di Sangro.

Casalbordino

Pochi km ad est la via antica sino ad allora rimasta a qualche distanza dal mare tornava sulla costa in località Casette Santini-S. Stefano di Casalbordino, in corrispondenza dei resti di una grande statio scavata nel 1991, ed occupata dal I secolo a.C. sino alla tarda antichità (Fig. 1, n. 18; Fig. 7, nn. 3/5) (100).

A breve distanza (50 m), sul margine della spiaggia esistente ai piedi del piccolo promontorio su cui sorge il complesso appena scavato, sono visibili alcuni poderosi tratti murari in opera laterizia (nn. 7-8), probabilmente riferibili ad opere di protezione dall’azione dei marosi, se non anche a strutture d’approdo.

Sul colle soprastante sono infine i resti di un’esteso impianto residenziale antico, probabilmente databile nelle sue fasi iniziali alla prima età imperiale (Fig. 7, area dei nn. 1-2). Le strutture vengono in parte riutilizzate fra la fine del IV e gli inizi del V secolo per insediarvi la basilica paleocristiana di S. Stefano in Rivo Maris (n. 1) la cui presenza sottolinea l’importanza del contesto insediativo articolato fra il mare e la soprastante collina, forse corrispondente ad un articolato latifondo. Trattasi di un edificio a tre navate, con fasi di occupazione inquadrabili fra V e VII secolo, di notevole nobiltà in particolare per la pregevole pavimentazione a mosaico che trova confronti con analoghi esemplari tardoantichi della Puglia (101).

Vasto

Nel territorio di Vasto esistono alcuni insediamenti costieri occupati sin nella tarda antichità, in primo luogo l’abitato esistente in località Torre Sinello, su una marcata propaggine collinare ad est della foce del Torrente Sinello (Fig. 1, n. 30).

Di importanza preminente è tuttavia l’insediamento esistente sul promontorio di Punta Penne, sviluppatosi soprattutto nel periodo italico (102), ma rimasto occupato per tutta l’età imperiale anche per la presenza dell’unico approdo naturale ben definito in questo tratto della costa abruzzese, protetto dalle Punte della Lotta e della Penna (Fig. 1, n. 19).

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 17: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

A testimoniare l’importanza del sito in età imperiale, in rapporto con il vicino municipio di Histonium (Vasto), è anche il fatto che la via antica litoranea transitava proprio in questi paraggi, come documentato dal rinvenimento di un miliare relativo a lavori di restauro condotti dall’imperatore Costantino (323-326 d.C.) (103).

Che l’insediamento si fosse perpetuato sino alla fine del mondo antico appare dimostrato dal rinvenimento sul pianoro di materiali databili fra VI e VII secolo. Anche la presenza della chiesa di S. Maria della Penna, correlabile all’abitato di Pennaluce, menzionato nelle fonti medievali dall’XI secolo, indurrebbe a supporre che in età altomedievale vi si fossero conservate consistenti forme di popolamento, venute progressivamente meno solo nella piena età medievale.

L’area dell’abitato, corrispondente al pianoro che domina in posizione d’altura il sottostante approdo, risulta difesa da un’estesa cinta fortificata, consistente in un’imponente muro realizzato in parte con materiali antichi di riutilizzo quali laterizi e scapoli da murature in opera incerta. La datazione della suddetta cinta risulta problematica in mancanza di dati da scavo; non sembra tuttavia successiva al XII secolo, anche in considerazione del fatto che l’abitato di Pennaluce sembra venir progressivamente meno già nel secolo successivo.

Considerata tuttavia l’importanza che il centro doveva aver acquisito nel VII secolo, quale unico approdo naturale fra Ortona e Termoli, la struttura potrebbe tuttavia essere riferibile almeno in parte anche a quest’epoca e dunque alle fasi bizantine dell’insediamento.

Ad un’ epoca fra fine VI ed inizi VII secolo sono riferibili anche i più tardi materiali recuperati dal sito di una villa in località Colle Pizzuto (Fig. 1, n. 20), che presidiava l’accesso sud alla città di Histonium, e da cui poteva controllarsi l’intero fondovalle Trigno dalla foce del fiume sino alle prime propaggini dell’Appennino (104). Cupello

Analoga posizione dominante su un alto pianoro a circa 6 km dal mare sulla sinistra del Trigno era occupata da un vasto complesso antico localizzato in contrada Azienda D’Avalos di Cupello, nei cui pressi sono state recentemente scavate due sepolture terragne con minimo corredo costituito da una fibula ad anello databile fra la fine del VI e gli inizi del VII secolo (Fig. 1, n. 31) (105).

Da un’analoga villa antica, localizzata poco a sud nella contrada Colle Montalfano (Fig. 1, n. 32), è forse proveniente la Tabula Patronatus del latifondista tardoantico Aurelio Evagrio Onorio, detta di S. Salvo (106).

III.4 CONTINUITÀ DELL’INSEDIAMENTO RURALE E MODIFICA DELLE LOGICHE INSEDIAMENTALI NEL PERIODO BIZANTINO

L’esame sin qui proposto degli insediamenti rurali ancora occupati fra VI ed inizi del VII secolo nelle aree rimaste con ogni evidenza sotto controllo bizantino non pretende certo di esaurire un’analisi territoriale che attende ancora il conforto di ulteriori e più consistenti indagini.

Quel che appare tuttavia già importante, anche in considerazione del fatto che

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 18: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

sono numerose le ville e gli abitati rurali che risultano andare in abbandono con il IV-V secolo, è l’emergere di plausibili motivazioni che possono essere all’origine del conservarsi del popolamento nella seconda metà del VI secolo su alcuni siti invece che su altri.

Trattasi anzitutto di abitati rurali caratterizzati da forme di cultura materiale tipicamente mediterranea, ben esemplificate dai materiali rinvenuti a Casino Vezzani-Vassarella di Crecchio, con presenza delle più tarde fra le forme della sigillata africana D (Hayes 91B-C, 103, 104, 105, ed anche 106, 107) e della sigillata microasiatica (soprattutto Hayes 3H), di lucerne africane (soprattutto forma Atalante X), di ceramica tipo Crecchio, di anfore africane affusolate e cilindriche grandi, e di contenitori orientali, a testimoniare la vitalità delle ultime forme di economia tardoantica della regione.

Questi insediamenti sembrano rapportarsi direttamente ai limitrofi centri urbani costieri, di cui dovevano assicurare l’approvvigionamento, come appare evidente dall’esempio di Crecchio ove sono stati rinvenuti numerosi dolii per la conserva di granaglie e vari arnesi metallici per la lavorazione delle carni (una stadera, ganci per la sospensione, forconi, puntali e coltelli).

Anche se i dati archeologici non permettono ancora di valutare l’eventuale esistenza di opere di fortificazione tali da permettere l’avvicinamento di alcuni fra questi abitati rurali a vere e proprie strutture limitanee localizzate altrove in Italia (107), tuttavia l’occupazione di alcuni siti appare ispirata ad esigenze difensive di una certa consistenza. Significativa appare anzitutto la distribuzione di siti caratterizzati da ceramica tipo Crecchio nella bassa Val Pescara, alle spalle di Aternum. Alcuni insediamenti collocati lungo itinerari antichi che collegavano la città a Penne (n. 21), situati in territorio di Moscufo (n. 5) e Spoltore (nn. 6/8), sembrano costituire un vero e proprio asse fra i fiumi Pescara e Fino a difesa del centro costiero.

Funzioni analoghe di presidio dei collegamenti viari fra la Val Pescara, l’area vestina ed il Teramano ormai invaso dai Longobardi, dovevano avere altre due siti in territorio di Loreto Aprutino (Fig. 1, nn. 9-10).

Vari fra questi insediamenti sono inoltre ubicati lungo il tracciato della via antica costiera fra Pescara e Vasto, quasi sempre in posizione dominante (nn. 12, 28, 17, 18, 20: Villanesi di Francavilla, S. Apollinare di S. Vito Chietino, Moccoli di Torino di Sangro, S. Stefano di Casalbordino, Colle Pizzuto di Vasto), e sono numerosi anche gliinsediamenti collocati direttamente sul mare (nn. 26, 16, 29, 18, 30, 19: Torre Mucchia di Ortona, Murata Alta-Bassa di S. Vito Chietino, Stazione di Fossacesia, S. Stefano-Casette Santini di Casalbordino, Torre Sinello e Punta Penna di Vasto).

Anche se gli approdi accessibili alle più consistenti navi onerarie dovevano essere solo i porti di Aternum, Ortona e Punta Penna, appare plausibile che in taluni casi, protrattisi anche in età medievale (nn. 16, 29: S. Vito Chietino, Portus Veneris presso Fossacesia, Casalbordino) fossero possibili anche più modesti collegamenti sotto costa effettuati mediante natanti di dimensioni più ridotte, come la navis caudicaria raffigurata in un rilievo tardoantico da Pescara (108).

In due casi, a Moccoli di Torino di Sangro (n. 17) e Colle Pizzuto di Vasto (n. 20), gli insediamenti sono inoltre collocati in posizione d’altura tale da permettere il controllo visivo sino alle prime pendici dell’Appennino del basso e medio corso dei due

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 19: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

fiumi Sangro e Trigno, importanti vie di penetrazione nell’interno. Talora la selezione degli ambiti su cui persiste il popolamento risulta apparentemente collegata al loro carattere di siti che in qualche modo si prestavano a controllare gli accessi ai centri urbani della costa (Torre Mucchia e Crecchio per Ortona, nn. 26, 15; Guastameroli per Lanciano, n. 23; Colle Pizzuto per Vasto, n. 20).

Comunque anche in altri casi la sopravvivenza dell’abitato è forse correlabile ad una favorevole ubicazione su alti pianori o sommità collinari, tale da permettere qualche difesa o quanto meno una rapida percezione visiva di eventuali incombenti pericoli (nn. 13, 15, 14: S. Cecilia di Francavilla, Crecchio, Orni di Canosa Sannita). Significativa è anche l’attestata persistenza di alcune strutture religiose territoriali destinate a rappresentare punto di riferimento per le superstiti forme di popolamento rurale, ad esempio la chiesa di S. Marco nei pressi di Ortona (n. 27), e la basilica di S. Stefano in Rivo Maris nel territorio di Casalbordino (n. 18).

IV. Acculturazione e modifiche

IV.1 FORME DI ACCULTURAZIONE

Qualche considerazione sui contatti culturali fra Bizantini, popolazione autoctona, e Longobardi che andavano ormai diffondendosi nell’interno della regione, appare possibile sulla base di un esame della cultura artistica evidenziata da taluni reperti rinvenuti a Crecchio, e di alcune osservazioni scaturite dall’analisi degli scarsi elementi di corredo che caratterizzano le necropoli sinora note riferibili a quest’epoca (seconda metà VI -prima metà VII secolo).

Anzitutto rilevante appare la presenza a Vassarella-Casino Vezzani di Crecchio di vasellame bronzeo cosiddetto copto, di oggetti quali la cassettine lignee da toeletta decorate ad intaglio, confrontabili con modelli copti derivati da una consolidata tradizione ellenistica, e della ceramica dipinta a bande anch’essa di probabile produzione egiziana, testimoni della diffusione anche in Abruzzo di usi e consuetudini collegate ad un ben più vasto ambito culturale mediterraneo ormai quasi al tramonto (109). Per quanto riguarda quest’ultima produzione deve notarsi che la presenza a Crecchio di due scarti di produzione testimonia dopo le prime importazioni lo sviluppo di manifatture locali, forse correlabile proprio allo stanziamento di gruppi di cultura orientale.

Anche per quanto attiene ai reperti lignei il repertorio decorativo risulta così puntualmente assimilabile a modelli copti da far supporre la presenza di artigiani egiziani giunti al seguito delle forze bizantine.

Nello stesso contesto di Crecchio è tuttavia presente una statuina bronzea di Ercole, con ogni evidenza correlata ad una ben più antica tradizione cultuale italica.

Interessante è anche un esame di quegli usi suntuari che segnano fra la seconda metà del VI ed i primi decenni del VII secolo il ritorno alla deposizione di elementi di corredo anche nelle sepolture terragne, usi in cui non può non intuirsi, quand’anche si tratti di corredi funerari relativi a sepolture autoctone, un consistente influsso esterno.

Particolarmente importante il già richiamato gruppo di semplici sepolture terragne caratterizzate da corredo con ceramica tipo Crecchio (per lo più brocchette monoansate),

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 20: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

localizzate ai margini dell’area rimasta sotto controllo imperiale, e plausibilmente attribuibili proprio a gruppi di provenienza bizantina.

Significativamente diverso appare il panorama culturale degli altri rinvenimenti funerari noti riferibili ai secoli VI-VII, apparentemente relativi a piccoli nuclei di tombe, per lo più ubicate in aree con ogni evidenza occupate dai Longobardi nei due ultimi decenni del VI secolo (Teramo, Martinsicuro, Notaresco, Atri, Penne, Loreto Aprutino) (110).

Gli elementi di corredo rinvenuti, pur collegabili a tematiche culturali attestate anche all’interno di necropoli coeve di sicura pertinenza longobarda, fanno riferimento ad un vasto ambito di usi ed abitudini autoctone tardoantiche (111), non dissimilmente da quanto documentato ad esempio dall’esame di vari corredi della necropoli di Castel Trosino (112).

Se si escludono elementi più ricercati e più tipici di usanze vicine a quelle germaniche, quali i pettini in osso lavorato (Rosciano, Corfinio) (113), e gli orecchini a globetti (Notaresco), trattasi per lo più di semplici fibule del tipo ad anello (Teramo, Penne, Cupello) (114), o di elementari fibbie ad ardiglione (Martinsicuro (115), Penne (116)).

Ambedue questi tipi, l’uno destinato a serrare un mantello sulla spalla del defunto, l’altro a chiudere una cintura, sono significativamente attestati anche nella coeva necropoli di Ortona (117), collocata all’interno di un’area saldamente rimasta sotto controllo bizantino, e sembrano dunque riferibili ad un sostrato di usanze funerarie locali presto venute a contatto con gli usi del popolo germanico invasore.

IV.2 LE FORME DELL’INSEDIAMENTO LONGOBARDO

I dati sin qui proposti sembrano attestare una progressiva militarizzazione della presenza bizantina sulla costa abruzzese, a cui sembra correlabile un rafforzamento della presenza longobarda nelle aree interne.

Pur in totale assenza di puntuali dati archeologici la toponomastica restituisce un panorama insediativo particolarmente consistente, con abitati quali Fara Filiorum Petri (118) e Guardiagrele nell’alta valle del Foro, e Fara S. Martino che disegnano un vero e proprio asse nella fascia pedemontana della Majella, in alternativa alla viabilità costiera rimasta sotto controllo bizantino. Anche altri toponimi quali Fara Filiorum Bedorochii, divenuto poi in più avanzata età medievale Castellum Farae Bedorocchae (119), nei pressi di Lanciano (120), Fara presso Atessa, documentata nell’XI secolo (121), Fara presso Gissi (122) e Fara presso Celenza (123) sembrano attestare una forte ed uniforme occupazione dell’intera area interna del Chietino, probabilmente nell’ambito di un rafforzamento delle strutture confinarie del ducato beneventano riferibile al VII secolo.

A precoci collegamenti fra i due ambiti territoriali sembra riferibile la diffusione nelle aree interne della regione di una produzione di ceramica dipinta a bande che sembra richiamare sia pur latamente nell’impianto decorativo la ceramica tipo Crecchio, con un trattamento più corrente della decorazione, quasi sempre solo rossa o rosso-bruna (124).

Non appare al proposito casuale anche la presenza all’interno della ben nota necropoli longobarda di Castel Trosino, in un’area ai confini fra Marche ed Abruzzo

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 21: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

interessata da numerose altre tracce toponomastiche ed archeologiche longobarde (125), di numerose lucerne africane per lo più della forma Atlante X (126), tipo che risulta il più attestato anche nelle fasi bizantine dell’abitato di Casino Vezzani-Vassarella di Crecchio.

IV.3 LA FINE DEL DOMINIO BIZANTINO SULLA COSTA ABRUZZESE

Il dominio bizantino sulla costa non dovette protrarsi molto oltre i primi decenni del VII secolo (127), epoca a cui sono riferibili i più tardi fra i materiali archeologici recuperati a Casino Vezzani-Vassarella. Ad un’occupazione protratta quanto meno sino al 649 farebbe pensare l’intervento del vescovo Viator di Ortona al concilio lateranense indetto da papa Martino I (128), mentre il successivo presule noto dalle fonti compare solo nel X secolo.

La conquista della costa chietina appare quindi plausibilmente inquadrabile nell’ambito della ripresa delle ostilità contro i Bizantini promossa dal duca longobardo di Benevento Grimoaldo I (646-671), anche a seguito del fallito tentativo di riconquista dell’Italia meridionale ad opera dell’imperatore d’Oriente Costante II (657-72) (129).

Che si fosse tuttavia trattato di una conquista militare almeno in parte incruenta, o comunque dalle conseguenze molto più miti rispetto alla precedente invasione, sembra documentato dalla sostanziale continuità dell’abitato di Ortona in precedenza sottolineata e dalla sopravvivenza di altri insediamenti rurali quali quelli in località S. Cecilia di Francavilla, Orni di Canosa Sannita, e Moccoli di Torino di Sangro.

Se infatti a Vassarella-Casino Vezzani di Crecchio l’abitato viene del tutto meno, negli esempi sopra menzionati il popolamento sembra conservarsi per tutto l’altomedioevo, per venir meno solo in età medievale, delineandosi così la sostanziale continuità di consistenti elementi del quadro insediativo rurale quale si era assestato nel periodo bizantino (130).

Consistenti forme di continuità istituzionale sembrano delineabili anche nella persistenza delle proprietà ecclesiatiche attestate dalle lettere di Gregorio Magno nel territorio di Ortona, ove il Capitolo Vaticano conservava estesi fondi ancora nella piena età medievale (131), e nel fatto che la chiesa ortonese dipendeva dagli arcivescovi di Ravenna ancora agli inizi del XIV secolo (132).

Andrea R. Staffa

Bibliografia

L. Anselmino, 1986, Le lucerne tardoantiche: produzione e cronologia, in Società Romana e Impero tardoantico, 3, pp. 226-240.

P. Arthur, 1983, Le terme romane di via Carminiello ai Mannesi, Napoli: relazione preliminare di scavo, “Archeologia Medievale”, X, pp. 387-392.

P. Arthur, 1986, Appunti sulla circolazione della ceramica medievale a Napoli, in La ceramica medievale nel Mediterraneo occidentale, pp. 545-553.

Atalante, E.A.A., Atlante delle forme ceramiche, I (a cura di A. Carandini), Ceramica fine romana nel bacino mediterraneo, Roma 1981.

P. Aupert, 1980, Objects de la vie quotidienne a Argos, 585 ap. J.C, “Etudes Argiennes”,

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 22: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

VI, Paris, pp. 395-457. P. Ballet, M. Picon, 1987, Recherches preliminaires sur les origines de la ceramique de

Kellia, “CAH CER EG”, 1, pp. 17-48. G.F. Bass, 1982, The pottery, in Yassi Ada, pp. 155-188. F. Berti, 1983, Le lucerne, in Ravenna e il Porto di Classe, pp. 147-154. V. Bierbrauer, 1973, Gli scavi a Ibligo Invillino, Friuli, “Aquileia Nostra”, 44, cc. 85-

126. V. Bierbrauer, 1974, Die Ostgotische Grab- und Schatzfunde in Italien, Biblioteca di

Studi medievali, 7, Spoleto. V. Bierbrauer, 1984, Aspetti archeologici di Goti, Alamanni e Longobardi, in AA.VV.,

Magistra Barbaritas, Antica Madre, Milano, pp. 445-508. V. Bierbrauer, 1990, La ceramica grezza di Invillino-Ibligo, Friuli, e i suoi paralleli

nell’arco alpino centrale e orientale, “Archeologia Medievale”, XVII, pp. 57-84. H. Blattke, 1953, Geschichte des Ringes, Baden-Baden. G.P. Bognetti, 1967, Tradizione longobarda e politica bizantina nelle origini del ducato

di Spoleto; Il ducato longobardo di Spoleto, riediti in Id., L’età’ longobarda, III, Milano, pp. 439-475, 485-505.

G.P. Brogiolo, S. Gelichi, 1986, La ceramica grezza medievale nella pianura padana, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, pp. 293-316.

C. Bruhl, 1984, Storia dei Longobardi, in AA.VV., Magistra barbaritas, Antica Madre, Milano, pp. 97-126.

M. Buonocore, 1983a, Regio IV-Sabina et Samnium, Teate Marrucinorum, in Supplementa Italica, 2 (Nuova serie), Roma, pp. 145 ss.

M. Buonocore, 1983b, Histonium, in Supplementa Italica, 2 (N.S.), Roma, pp. 97 ss. M. Cagiano de Azevedo, 1957, Qualche osservazione sulla lavorazione del legno

nell’antichità, “Bollettino dell’Istituto Centrale del Restauro”, 29-30, pp. 11-29. S.J. Cann, J.A. Lloyd, 1984, Late Roman and Early Medieval Pottery from Molise,

“Archeologia Medievale”, XI, pp. 425-436. M.C. Carretta, 1982, Il Catalogo del vasellame bronzeo italiano altomedievale, Ricerche

di Archeologia Altomedievale e Medievale, 4, Firenze. M. Castoldi, 1989, Recipienti di bronzo tardoromani da Milano, “Rassegna di Studi del

Civico Museo Archeologico e del Civico Gabinetto Numismatico di Milano-Notizie dal Chiostro del Monastero Maggiore”, 43-44, pp. 61-90.

H.W. Catling, 1972, An early bizantine pottery factory at Dhiorios in Cyprus, “Levant”, 4, pp. 1-82.

M. Cecchelli Trinci, 1982, Il Paleocristiano in Abruzzo, in Atti del V Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, pp. 563-573.

V. Ceglia, 1988, Lo scavo della necropoli di Vicenne, “Conoscenze”, 4, pp. 31-38. N. Christie, 1989, The limes bizantino reviewed: the difence of Liguria, AD 568-643,

“Rivista di Studi Liguri”, LV, pp. 5-38. F. Coarelli, A. La Regina, 1984, Abruzzo-Molise, Roma. A. Coletti et al., 1990, Corfinio (AQ). Campagne di scavo 1988-89, “Archeologia

Medievale”, XVII, pp. 483-514. P.M. Conti, 1975a, L’Italia bizantina nella “Descriptio orbis romani” di Giorgio Cipro,

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 23: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

La Spezia. P.M. Conti, 1975b, Genesi, fisionomia e ordinamento territoriale del Ducato longobardo

di Spoleto, “Spoletium”, XVII, pp. 15-39. P.M. Conti, 1978, Ordinamento sociale, tradizione guerriera e struttura politica nel

ducato longobardo di Spoleto, “Spoletium”, XX, pp. 3-24. P.M. Conti, 1990, Il quadro storico-politico, in I Longobardi, pp. 92-95. A. Crosetto, 1987, Una necropoli longobarda presso Acqui Terme, “Quaderni della

Soprintendenza archeologica del Piemonte”, 6, pp. 191-209. R. Curina et al., 1990, Contesti tardo-antichi ed altomedievali dal sito di Villa Clelia

(Imola, Bologna), “Archeologia Medievale”, XVII, pp. 121-234. G. de Benedictis, 1988, Considerazioni preliminari sul toponimo Sannio tra tardo impero

e alto medioevo, “Conoscenze”, 4, pp. 23-30. T. De Luca, 1979, Pagine di storia Frentana e di Ortona Antica, Ortona. A. De Nino, 1882, Ortona a Mare, “Not. Scavi”, nov. 1882, pp. 419-20. A. Donati, 1974, I miliari delle Regioni IV e V dell’Italia, “Epigraphica”, 36, pp. 152-

222. M. Egloff, 1978, Kellia-La poterie copte, “Recherches suisses d’Archeologie Copte”, III,

Genevre. E. Fabbricotti, 1982, Montenerodomo (Chieti). Relazione preliminare sulle campagne di

scavo 1980 e 1981 in località. Maria di Palazzo, “Notizie degli Scavi”, 1982, pp. 145 ss.

E. Fabbricotti, 1984, Il Museo Comunale di Vasto. Catalogo della Collezione archeologica, a cura di E. Fabbricotti, Chieti.

E. Fabbricotti, 1985, AA.VV., Iuvanum: scavi e ricerche 1980-93, in Papers in Italian Archeology, IV, 4, BAR, International Series, Oxford, pp. 119-163.

E. Fabbricotti, 1990, Crecchio nell’Antichità, in AA.VV., Il Castello Ducale de Riseis d’Aragona di Crecchio, Lanciano, pp. 9-20.

V. von Falkenhausen, 1982, I Bizantini in Italia, in AA.VV., I Bizantini in Italia, Antica Madre, Milano, pp. 1-136.

M. Falla Castelfranchi, 1990, L’età paleocristiana ed altomedievale: testimonianze archeologiche, in AA.VV., Chieti e la sua provincia, Chieti, pp. 199-221.

A.M. Fallico, 1967, Bronzi tardoantichi dal Plemmyrion presso Siracusa, “Bollettino d’Arte”, 52, pp. 90-97.

R. Farioli Campanati, 1982, La cultura artistica nelle regioni d’Italia dal VI all’XI secolo, in AA.VV., I Bizantini in Italia, Antica Madre, Milano.

G. Firpo, 1990a, Bizantini e Longobardi a Ortona. A proposito di Georg. Cypr. 575, “Rivista Abruzzese”, 43, nn. 3-4 (Luglio-Dic. 1990), pp. 199-204.

G. Firpo, 1990b, La storia e le istituzioni dal IV secolo a.C. all’età imperiale, in AA.VV., Chieti e la sua provincia, Chieti.

V. Floridi, 1976, La formazione della regione abruzzese e il suo assetto territoriale fra il tardo periodo imperiale ed il XIII secolo, “Abruzzo, Rivista dell’Istituto di Studi Abruzzesi, XIV, n. 2, pp. 19-32.

C.D. Fonseca, 1984, Longobardia minore e Longobardi nell’Italia meridionale, in AA.VV., Magistra Barbaritas, Antica Madre, Milano, pp. 127-184.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 24: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

E. Galli, 1942, Nuovi materiali barbarici dell’Italia centrale, “Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia-Memorie”, serie III, vol. VI, pp. 1-37.

S. Gasparri, 1982, Il ducato longobardo di Spoleto, in Atti del IX Congresso Internazionale di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1982, Spoleto 1983, pp. 77-122.

S. Gelichi, 1983, Ceramica grezza altomedievale, in Ravenna e il Porto di Classe, Bologna, pp. 127-130.

R. Gellini, 1980, Botanica vegetale, Firenze. B. Genito, 1988, Lo scavo della necropoli di Vicenne. Materiali e problemi,

“Conoscenze”, 4-1988, pp. 49-68. A. Giardina, 1986, Le due Italie nella forma tarda dell’Impero, in Società Romana e

Impero Tardoantico, 1, pp. 1-30. A. Giardina, 1989, Uomini e spazi aperti, in AA.VV., Storia di Roma (Ed. Einaudi), 4.

Caratteri e morfologie, Torino, pp.71-100. E. Gizzi, 1986, Tombe altomedievali in agro di Notaresco, in AA.VV., La Valle del

Medio e Basso Vomano, Documenti dell’Abruzzo Teramano, III, Roma, pp. 260-272.

M. Gualtieri, M.R. Salvatore, A. Small, 1983, Lo scavo di S. Giovanni di Ruoti e il periodo tardanticoin Basillcata, Bari.

V. Guarino, D. Mauro, P. Peduto, 1988, Un tentativo di recupero di una stratigrafia e materiali vari da collezione: il caso del complesso ecclesiastico di S. Restituta a Lacco Ameno di Ischia, “Archeologia Medievale”, XV, pp. 439-470.

G. Guidoni Guidi, 1983, Manufatti in osso e legno, in Ravenna e il Porto di Classe, pp. 193 ss.

J.P. Guillaumet, 1984, Les Chaudrons, in AA.VV., Vase Antiques de Metal au Musee de Calon sur Saone, Dijion, pp. 19-26.

J.W. Hayes, Late Roman Pottery, London 1972; Id., Supplement to Late Roman Pottery, London 1980.

O. von Hessen, 1983, Il materiale altomedievale nelle collezioni Stibbert di Firenze, Ricerche di archeologia altomedievale e medievale, 7, Firenze.

R. Hodges, H. Patterson, 1986, S. Vincenzo al Volturno and the origins of the Medieval Pottery in Italy, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, pp. 13-26.

I Bizantini in Abruzzo 1993 = A.R. Staffa, W. Pellegrini (a cura di), Dall’Egitto Copto all’Abruzzo Bizantino. I Bizantini in Abruzzo (secc. VI-VII), Catalogo della Mostra. Crecchio 1993, Mosciano S. Angelo.

I Longobardi 1989 = AA.VV., Longobardi a Romans d’Isonzo. Itinerario attraverso le tombe altomedievali, Feletto Umberto (Udine).

I Longobardi 1990 = Catalogo della Mostra I Longobardi, Cividale del Friuli-Villa Manin di Passariano, Codroipo, 1990, Milano.

A. Jannelli D’Andria, 1985, Appunti sulla ceramica medievale campana: le decorate “a straslucido”, a pittura rossa, a bande, l’ingobbiata, “Archeologia Medievale”, XII, pp. 713-730.

M.L. Katzev, 1982, Iron objects, in Yassi Ada, pp. 231-265.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 25: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

D.H. Kenneth, 1969, Late roman bronze vessels hoards in Britains, “JbRGZMAinz”, 16, pp. 123-148.

Il Territorio e la Sua storia = Il Territorio e la sua storia. Un anno di ricerche archeologiche in Abruzzo, Atti del Convegno, Chieti Dicembre 1991 (in preparazione).

L’Art Chretien du Nil, Exposition réalisée par Sobepa pour le Credit Communal de Belgique, Bruxelles 1974.

La ceramica medievale nel Mediterraneo occidentale = La ceramica medievale nel Mediterraneo occidentale, Atti del Convegno Iternazionale, Siena-Faenza 1984, Firenze 1986.

F. Lanzoni, 1927, Le diocesi d’Italia dalle origini al principio del secolo VII, 2v, Faenza. A. La Regina, 1973-74, Cluvienses Carricini, “Archeologia Classica”, XXV-XXVI, pp.

331-40. A. Lipinsky, 1965, Ori, argenti, gioielli del mondo tardoromano, paleocristiano e paleo-

bizantino in Italia sino al movimento iconoclasta, Corsi di Cultura sull’arte ravennate e Bizantina, Ravenna.

S. Lusuardi Siena, 1984, Sulle tracce della presenza gota in Italia: il contributo delle fonti archeologiche, in AA.VV., Magistra Barbaritas, Antica Madre, Milano.

M.G. Maioli, 1983, La ceramica fine da mensa, in Ravenna e il Porto di Classe, pp. 87-112.

B. Marusic, 1973, Novi nalasi kasnoantichih kosturnch grobovau juznoi Istri i na otoku cresu, “Histriae Archaeologicae”, IV, pp. 61-78.

R. Meiggs, 1982, Trees and Timber in the Ancient Mediterranean World, Oxford. R. Meneghini, 1983, Attività e installazioni portuali lungo il Tevere. La riva

dell’Emporium, in Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio: materiali da Roma e dal Suburbio, Catalogo della Mostra, Roma 1983, pp. 162-171.

R. Meneghini, A.R. Staffa, 1985, Ceramica a vetrina pesante da nuovi scavi in Roma, “Archeologia Medievale”, XII, pp. 643-666.

R. Meneghini, A.R. Staffa, 1992, Produzioni invetriate di area romana (secc. III-V), in La ceramica invetriata tardoantica ed altomedievale in Italia, Atti de Seminario, Siena-Pontignano 1990, Firenze 1992, pp. 330-39.

R. Mengarelli, 1902, La necropoli barbarica di Castel Trosino presso Ascoli Piceno, “Memorie antiche dei Lincei”, XII, coll. 145-380.

V. Monachino, 1968, La prima diffusione del Cristianesimo in Abruzzo, “Abruzzo”, VI, 1, pp. 79-102.

G. Moretti, 1928, Torricella Peligna (Chieti). Elmo barbarico in rame dorato, “Not. Scavi”, 1928, pp. 471-478.

L. Murolo, 1988, Teste lunghe-teste bucate. Per una storia del centro antico di Vasto, in AA.VV., Immagini di Vasto, Roma.

N. Oikonomides, 1985, Bizantine Lead seals, Washington. N. Oikonomides, 1986, A collection of dated Bizantine lead seals, Washington. P. de Palol, 1953, Chronologia de los bronzes del “Collet de Sant Antoni de Galogne”

(Gerona), Pubblicaciones del Seminario de Arquologia y Numismatica Aragona, II.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 26: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

C. Panella, 1986, Le anfore tardoantiche: centri di produzione e mercati preferenziali, con Appendice I, di A. Carignani, La distribuzione delle anfore africane tra III e VII secolo; Appendice II, di F. Pacetti, La distribuzione delle anfore orientali tra IV e VII secolo d.C., in Società Romana e impero tardoantico, 3, pp. 251-284.

R. Pasqui, R. Paribeni, 1918, Necropoli longobarda di Nocera Umbra, “Memorie Antiche dei Lincei”, XXV, coll. 137-352.

H. Patterson, 1985, The late roman and early medieval pottery from Molise, in R. Hodges-J. Mitchell (a cura di), S. Vincenzo al Volturno; the archaeology, art and territory of on early medieval monastery, BAR, International Series, 252, Oxford, pp. 83-110.

C. Pavolini, 1986a, La vita quotidiana a Ostia, Bari. C. Pavolini, 1986b, La circolazione delle lucerne in Terra Sigillata africana, in Società

Romana e Impero Tardoantico, 3, pp. 241-250. L. Pellegrini, 1990, La città e il territorio nell’alto medioevo, in AA.VV., Chieti e la sua

Provincia, Chieti, pp. 227-78 Ravenna e il Porto di Classe= AA.VV., Ravenna e il Porto di Classe, Catalogo della

Mostra, a cura di G. Bermond Montanari, Bologna 1983. G.M.A. Richter, 1926, Ancient Furniture, Oxford, II ed. 1966. H. Rolland, 1965, Bronzes antiques de Haut Provence, “Gallia”, suppl. XVIII. M.C. Ross, 1962, Early Medieval Antiquities in the Dumbarton Oaks Collection, I-II,

Washington. J. Russell, 1982, Bizantine Instrumentum Domesticum from Anemurium. The significance

of the context, in City, town, and countryside in the Early Bizantine Era, Atti del Convegno, New York, pp. 133-154.

M.H. Rutschowscaya, 1978, Essai d’un catalogue des bois copte du Musee du Louvre, Le bois de Baouit, “Revue Archéologique”, 1978, pp. 295-318.

M.H. Rutschowscaya, 1980, Les bois d’Antinoé au Musée du Louvre, in Acts of the Second International Congress of Coptic Studies, Roma 22 Agosto-6 Settembre 1980, Roma 1985, pp. 293-305.

M.H. Rutschowscaya, 1986, Musee du Louvre. Catalogie des bois del’Egypte Copte, Paris.

F. Sabatini, 1963-64, Riflessi linguistici della dominazione longobarda nell’Italia mediana e meridionale, “Atti e Memorie dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria”, XXVIII, n.s. XIV, pp. 125-248.

V. Santamaria Scrinari, 1975, Note di archeologia paleocristiana abruzzese, in Atti del IX Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana, Roma 1975, Città del Vaticano 1978, II, p. 457 ss.

L. Schiapparelli, 1901, Le carte antiche dell’archivio capitolare di S. Pietro in Vaticano, “A.S.R.S.P.”, XXIV, pp. 393-496.

Società Romana e Impero Tardo Antico = AA.VV., Società Romana e Impero Tardoantico; 1. Istituzioni, ceti, economie; 2. Roma: politica, economia, paesaggio urbano; 3. Le merci, gli insediamenti, Bari 1986.

P. Sommella, 1985, Centri storici ed archeologia urbana in Italia. Novità dall’area mesoadriatica, in AA.VV., Arqueologia de las ciudades modernas superpuestas a

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 27: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

las antiguas, Madrid, pp. 359-392. P. Sommella, 1988, Italia antica. L’Urbanistica romana, Roma. A.R. Staffa, 1985a, Note preliminari sulle produzioni ceramiche comuni fra la tarda

repubblica e l’età imperiale, in AA.VV., La Valle del Medio e Basso Vomano, Documenti dell’Abruzzo Teramano, II, Roma 1986, pp. 224-243.

A.R. Staffa, 1985b, Assetto territoriale fra la tarda antichità ed il medioevo, in La Valle del Medio e Basso Vomano cit., pp. 21-56.

A.R. Staffa, 1986, Ricognizioni nel territorio di Atri: problemi di una presenza volturnese, “Archeologia Medievale”, XIII, pp. 437-460.

A.R. Staffa, 1989, Interventi della Soprintendenza archeologica dell’Abruzzo in contesti altomedievali della Valle del Pescara, “Archeologia Medievale”, XVI, pp. 561-582.

A.R. Staffa, 1991a, Scavi nel Centro Storico di Pescara, 1: primi elementi per una ricostruzione dell’assetto antico ed altomedievale dell’abitato di Ostia Aterni-Aternum, “Archeologia Medievale”, XVIII, pp. 201-367.

A.R. Staffa, 1991b, Contributo per una ricostruzione del quadro insediativo dall’età romana al medioevo, in AA.VV., La Valle dell’Alto Vomano e i Monti della Laga, “D.A.A.T.”, III, Firenze, pp. 189-267.

A.R. Staffa, 1991c, c.s., Contributo per un primo inquadramento delle produzioni ceramiche in Abruzzo fra Tarda Antichità e Medioevo, in Atti del Convegno La Ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, Rabat Novembre 1991, in corso di stampa.

A.R. Staffa, 1992a, L’Abruzzo dalla Romanizzazione alla fine dell’Alto Medioevo, in AA.VV., L’Archeologia nel Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, Mosciano S. Angelo, pp. 38-59.

A.R. Staffa, 1992b, Ceramica altomedievale a vetrina pesante e sparsa in Abruzzo, in La Ceramica Invetriata tardoantica ed altomedievale in Italia, cit., pp. 475-480.

A.R. Staffa, 1992c, Lanciano fra Preistoria ed Altomedioevo, Lanciano. A.R. Staffa, 1992e, Abruzzo fra tarda antichità ed alto medioevo: le fonti archeologiche,

“Archeologia Medievale”, XIX, pp. 789-854. A.R. Staffa (a cura di), 1994, Dall’antica Histonium al Castello del Vasto, Foggia. A.R. Staffa et al., 1991, Progetto Valle del Pescara. Secondo rapporto preliminare di

attività, “Archeologia Medievale”, XVII, pp. 643-666. J. Strzygowsky, 1904, Koptische Kunst. Catalogue general du Musee du Caire, Wien. Torcello, 1961-62 = L. Leciejewics, E. Tabaczynska, S. Tabaczynsky, Torcello. Scavi

1961-62, Roma 1977. D. Tsougarakis, 1984, Sceaux bizantins de Crete, “Bullettin de Corrispondence

Hellenique”, 108, pp. 731-34. M. Vaulina, A. Wasowicz, 1974, Bois grec et romains de l’Hermitage, Wroclaw. G. Vikan, J. Nesbitt, 1980, Security in Bizantium: Locking, Sealing, Weighing, s.d.ma

1980, s.l. J.C. Waldbaum, 1983, Metallwork from Sardis: the finds through 1974, “Archaeological

Exploration of Sardis”, 8, Cambridge-London. J. Werner, 1938, Italienisches und koptisches Bronzegeschirr des 6. und 7. Jahrunderts

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 28: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

nordwärts der Alpen, in AA.VV., Mnemosynon Th. Wiegand, M nchen, pp. 74 ss. J. Werner, 1949-50, Zur Herkunft der frühmittelalterliche Spangen-helme,

“Pr historische Zeitschrift”, XXXIV-XXXV, p. 182 ss. J. Werner, 1962, Fernhandel und Naturalwirtschaft im östlichen Merowingerreich, 42

Berl. Rom. Germ. Kommission, 1961 (1962), pp. 320 ss. C. Williams, 1979, A bizantine Well Deposit from Anemurium (Rough Cilicia),

“ANATST”, 27, pp. 175-190. S. Womer, Katzev, 1982, Miscellaneous finds, in Yassi Ada, pp. 266-95. Yassi Ada = G.F. Bass-F.H.van Doorninck (a cura di), Yassi Ada. A seventh century

Bizantine Shipwreck, I, Austin (Texas), 1982.

Fig. 4 – Carta archeologica della città di Anxanum (Lanciano) fra tarda antichità ed altomedioevo.Fig. 7 – Planimetria generale dell’area archeologica di Casalbordino, località Casette Santini, con i restidella statio romana (nn. 3/8) lungo la via costiera (n. 7), della basilica paleocristiana di S. Stefano in RivoMaris (n. 1, secc. V-VII), e dell’omonima abbazia medievale fortificata (n. 2).Fig. 9 – Classificazione dei decori della ceramica tipo Crecchio.

(1) Vedi Staffa 1991a.(2) Vedi A.R. Staffa, Crecchio, loc. Vassarella-Casino Vezzani, in Schede 1991, “Archeologia

Medievale”, XIX, (1992), pp. 593-594; Staffa 1992d, pp. 820-25; e soprattutto I Bizantini in Abruzzo 1993. (3) Vedi A.R. Staffa, La ceramica da mensa decorata tipo Crecchio, in I Bizantini in Abruzzo

1993, pp. 45-48. (4) Vedi al proposito Staffa 1992e, pp. 819-26. Questo tipo di ceramica è infatti del tutto assente

nel Teramano, ad es. nei livelli di VI-VII secolo della città di Truentum sul Tronto probabilmente occupata dai Longobardi nel 580.

(5) Scavi della città antica di Truentum (Martinsicuro) sul Tronto (A.R. Staffa, Martinsicuro, loc. Case Feriozzi, in Schede 1991, “Archeologia Medievale”, XIX, (1992), pp. 594-95), ricognizioni della Val Vomano (Staffa-Moscetta 1986, Staffa 1985b, Staffa 1991b), del territorio di Atri (Staffa 1986), e della valli del Salinello e Vibrata (Staffa 1993b).

(6) Continuatio Hauniensis Prosperi, ed. T. Mommsen, in MGH, Auctores Antiquissimi, 9, Berlino 1893, p. 337; vedi Falkenhausen 1982, p. 6.

(7) Vedi Staffa 1991a, pp. 288-289.(8) Staffa 1991a, pp. 290-291.(9) Staffa 1991a, pp. 288-89, con riferimenti precedenti.(10) Staffa 1991a, pp. 289, nota 88, p. 304, figg. 48, 50, n. 17; conservatosi anche nell’impianto

dell’abitato cinquecentesco fu demolito solo dopo il 1886 (Id., fig. 52, n. 17). (11) Staffa 1991a, p. 271, fig. 43, n. 17, p. 272, fig. 46 n. 17, pp. 288-89, p. 306, fig. 50, n. 17.(12) Staffa 1991a, pp. 290-292.(13) Vedi Staffa 1991a, p. 304, fig. 49.(14) Staffa 1991a, p. 289, nota 90; saggi S.I.P. 1992, condotti a via dei Bastioni.(15) Trattasi di ceramica ad impasto dell’Età del Ferro, recuperata nel corso di un sopralluogo

all’estremità superstite del Castello nel Maggio 1992; di materiali ceramici d’età romana (secc. I a.C.-I d.C.) recuperati nel 1978 (valutazione di G. Messineo, in De Luca 1985, p. 13); di ceramica tipo Crecchio e da fuoco recuperata nel 1978 e conservata presso il Museo Civico.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 29: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

(16) De Nino 1884, p. 364; per l’ubicazione sia pur di massima dei resti vedi De Luca 1986, p. 12.(17) Su di esso doveva prospettare il sepolcro a cui è riferibile l’epigrafe CIL IX, 3011 (vedi anche

T. De Virgiliis, Una lapide latina di Ortona a Mare, “La Rivista Abruzzese”, III (1893), p. 34); sino alla fine del secolo scorso la zona era significativamente denominata Ripa Grande (De Luca 1979, p. 133).

(18) Gregorio Magno, Registrum Epistularum, I, 32 (M.G.H., Epist., I, p. 44): nel Febbraio 591 il papa prega l’esarca di sottoporre Blando al giudizio del Sinodo o di rimandarlo alla sua sede.

(19) Vedi anche infra par. II.2. (20) Id., IX, 194 (ivi, p. 90): il papa notava che i due casali andavano restituiti qualora risultasse

che erano stati lasciati in eredità alla chiesa di S. Giovanni, sita davanti alla porta della città. (21) Falla-Castelfranchi 1990, p. 201.(22) Rationes Decimarum, p. 275, n. 3773, aa. 1324-25; era per importanza inferiore solo

all’antica matrice di S. Maria ed all’arcipretura di S. Tommaso. (23) Vedi De Luca 1985, p. 17.(24) Sono attualmente conservati presso il locale Museo archeologico nel Palazzo Farnese.(25) La struttura appare menzionata nelle fonti documentarie medievali, sempre che non si tratti di

un riuso di parte delle fortificazioni bizantine. A questa fase sono riferibili vari frammenti di maiolica arcaica ed ingubbiata graffita, provenienti dall’area del Castello, ed attualmente conservati nel Museo Civico.

(26) De Nino 1882, p. 419: erano “soprapposte le une alle altre fino a cinque ordini, in direzioneE-O, costruite da muretti lateriali e tegoloni o lastroni di pietra per coperchio”. L’ubicazione proposta è di larga massima, e tuttavia attendibile.

(27) De Nino 1882, p. 419. Gli oggetti vennero conservati presso il Municipio.(28) F. Ughelli, Italia Sacra, VI. Il successivo presule noto dalle fonti compare solo nel X secolo,

dopo un lungo periodo di oscurità indubbiamente connesso al venir meno dei contatti con l’area romana verificatosi con la conquista longobarda.

(29) M. de Giovanni, Kora. Storia linguistica della provincia di Chieti, Chieti 1989, p. 68: è attestato sin dal IX secolo in fonti cassinesi, Fluvius de argelli.

(30) Pellegrini 1990, p. 236.(31) Pellegrini 1990, p. 244. Anche questa difesa, protrattasi per quasi un anno (801-802), può

essere consistente elemento a testimonianza di una continuità d’uso delle fortificazioni d’età bizantina. (32) D. Romanelli, Scoverte patrie di città distrutte ed altre antichità nella regione frentana oggi

Apruzzo Citeriore nel Regno di Napoli, Napoli 1809, II, pp. 231-371, ristampa a cura di A. Falcone, con titolo Ortona, S. Atto di Teramo 1990, pp. 30-31: trattasi della lite insorta nel 1311 fra il vescovo di Chieti Pietro e l’arciprete e clero di Ortona, che reclamavano la loro dipendenza dall’arcivescovo di Ravenna Rainaldo, dipendenza che veniva riconosciuta dal papa. Solo nel 1323 arciprete e canonici venivano ad un accordo con il vescovo di Chieti, passando sotto la sua giurisdizione.

(33) Staffa 1992c.

(34) Staffa 1992c, pp. 18-21.(35) Vedi Staffa 1992c.(36) Solo nel XIII secolo, per l’abbandono in cui versava il luogo di culto con l’affievolirsi dei

contatti con l’oriente, la cura venne affidata ai Francescani, che programmavano presto la ricostruzione del complesso, iniziata nel 1252.

(37) Staffa 1991a, pp. 331, 338, note 144-146; Staffa 1992e, p. 821. Per Vasto vedi ora Staffa 1994.

(38) Marinucci 1973, pp. 10-11.(39) Recentissimi accertamenti su una potente cisterna antica collocata nel sottosuolo di via

Laccetti, hanno permesso di evidenziare impressionanti microlesioni, senza dubbio attribuibili ad un forte sisma (accertamenti S. Agostini, vedi Staffa 1992d, p. 790). Le fonti epigrafiche conservano al proposito memoria dei lavori di restauro condotti negli anni 352-357 dal rettore della provincia del Sannio Fabio

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 30: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

Massimo (per i suoi ascendenti vedi Jacques 1986, p. 181) ad un portico ed al capitolium (C.I.L., IX, 2842-43; Coarelli-La Regina 1984, p. 307). In proposito vedi ora Staffa 1994.

(40) Staffa 1992e, pp. 790, note 11-13; 795, nota 46, lettera di papa Gelasio della fine del V secolo(A. Thiel, Epistulae Romanorum Pontificum Genuinae, Braunsberg 1868, p. 485).

(41) Cassiodoro, Variae , III.9; vedi Murolo 1988, pp. 49-50; l’episodio è significativa testimonianza del loro perdere funzioni e conseguente significato urbanistico, secondo dinamiche che attivano la transizione alla città altomedievale (vedi E. Zanini, L’Italia Bizantina (VI-VII secolo), “Archeo”, VIII, 3 (97), Marzo 1993, pp. 62-71, pp. 66-67.

(42) Santa Maria Scrinari 1975.(43) Murolo 1988, p. 50.(44) Lungo il tracciato di un vicolo detto significativamente ancora nel 1705 Vico del Rivellino,

sono state condotte in collaborazione fra chi scrive ed il Dr. D. Aquilano, che si ringrazia. (45) Questo isolato (Fig. 5, S) era stato in passato considerato parte dell’impianto regolare di

probabile origine antica riconosciuto fra via Lago-via Laccetti e via Anelli (Marinucci 1973, p. 11); la struttura rinvenuta, realizzata in opera listata e connessa sul lato sud ad una pavimentazione in cocciopesto, sembra al contrario attestare che questa parte dell’insediamento ad est di corso Palizzi presentava orientamento analogo a quello dell’impianto antico esistente subito a sud (nn. 12, 28, 19, 27, 11).

(46) Murolo 1988, pp. 43-64, p. 50; si veda fig. a p. 51 per un’ipotesi sull’estensione dell’abitatoin età altomedievale, sinora tuttavia priva di verifiche archeologiche. L’abitato doveva infatti almeno in parte occupare l’area sino a Via Lago-Via V. Laccetti (Fig. 5, r-s).

(47) Già intuito in Marinucci 1973, p. 11.(48) Murolo 1988, p. 50, ricorda il rinvenimento nel corso del rifacimento del 1896, di vari

frammenti architettonici altomedievali, fra cui “due stucchi conservati nel Museo Civico stilisticamente connessi con i volti delle Sante nel Tempietto di Cividale del Friuli”. Falla Castelfranchi 1990, pp. 199-200, segnala la presenza nel locale Museo Civico di un frammento di cuspide di ciborio di provenienza sconosciuta, databile nell’VIII secolo.

(49) Ravegnani 1983, pp. 61-62, ad esempio i castella africani di Madaura e Thamugadi, destinatia consentire la difesa delle rispettive città prive di mura; quest’ultimo in particolare si presenta per dimensioni (m 120x65) molto vicino al quadrangolo del Castello di Vasto (m 115/120x90).

(50) Vedi in Pellegrini 1990, p. 241 il nome con cui l’abitato è noto dal XII secolo, Guastum Aymonis.

(51) Pellegrini 1991, pp. 244-245.(52) E. Carusi, Briciole archivistiche di alcuni monasteri di S. Stefano esistenti nell’Abruzzo

Chietino, in Papstuum und Kaisertum, München 1926, pp. 102-115; Murolo 1988, p. 50. Dalla fonte apprendiamo che nei pressi era anche un altro luogo di culto, significativamente dedicato a S. Arcangelo.

(53) Murolo 1988, p. 50. Vedi riferimento alla nota 91

(54) Murolo 1988, p. 50.(55) Murolo 1988, pp. 52-56.(56) Ravegnani 1983, pp. 11-17.(57) Per un quadro generale sulle fonti per la provincia del Samnium fra tarda antichità ed

altomedievale vedi De Benedictis 1988. (58) Falkenhausen 1982, pp. 12-13.(59) Si veda al proposito Gasparri 1982, pp. 80-81, nota 14: La situazione di confusione esistente

nell’Italia centrale fra 575/79 e 590 emerge anche “dall’effimera riforma amministrativa con cui si era teso ad adattare le strutture bizantine della penisola alle conseguenze dell’invasione longobarda, riforma da cui si deduce che le zone allora controllate dai Longobardi nell’Italia centrale erano fittamente intrecciate con quelle sotto dominio imperiale”. Cfr. al proposito Conti 1975a.

(60) Trattasi di un fenomeno che si diffonde in quest’epoca negli esarcati per allargarsi poi all’intero impero romano d’oriente; vedi al proposito Ravegnani 1983, pp. 14-15; per l’Esarcato di Ravenna vedi von Falkenhausen 1982, pp. 32-34.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 31: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

(61) Secondo Isidoro di Siviglia (Etym, 2. 13) l’Oppidum era la cittadella fortificata costruita in altura, vedi Ravegnani 1983, p. 11.

(62) Vedi von Falkenhausen 1982, pp. 8-9, Pragmatica Sanctio del 554 (Corpus Iuris Civilis, III, Novellae, pp. 799-802), capp. 3, 5, 8, 13, 16, 24; cap. 15: disposizioni che prevedevano il ritorno agli antichi proprietari, anche in assenza della relativa documentazione persa o distrutta durante la guerra, di proprietà, greggi e schiavi, e questi ultimi anche ove avessero nel frattempo contratto matrimonio con persone libere.

(63) Brocca monaonsata conservata presso il Museo Civico-Diocesano di Penne, n. inv. 1515; trattasi di un tipo Crecchio IIb, con decorazione G2.

(64) Staffa 1992e, p. 821-22, nota 309; trattasi di un tipo Crecchio Va, con decorazione A3.(65) Venne in luce qualche anno fa a seguito di lavori per lo scassato di una vigna a non molta

distanza dall’importante abitato romano e bizantino in località Casino Vezzani-Vassarella dello stesso comune; nelle sue adiacenze erano frammenti di tegole presumibilmente di copertura, ed alcune lastre forse riferibili alle spallette di una sepoltura a cassone; è attualmente conservata nel deposito della Soprintendenza archeologica nel Castello di Crecchio.

(66) Staffa 1992e, p. 822, nota 311, conservata presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Abruzzo in Chieti (n. inv. 4995).

(67) Staffa 1991a, pp. 338-341, nota 147, allora supposti dal centro di Lanciano. Grazie alproprietario F. Spoltore, che si ringrazia cordialmente si è invece potuto stabilire come provengano dalla località Guastameroli (Staffa 1992e, p. 822, nota 310).

(68) V. Falkenhausen 1982, p. 76.(69) Gregorio Magno, Registrum Epistularum, VI.11. (70) Staffa 1989, pp. 564-65, fig. 4; Coletti et al. 1990, pp. 488-96, nota 33; Staffa 1992e, p. 816. (71) Staffa et al. 1991, p. 648, sito 40. (72) Vedine l’eloquente posizione in Staffa et al. 1991, p. 647, fig. 1, sito 40. (73) Staffa et al. 1991, pp. 646-648, fig. 1 nn. 24, 25, 27. (74) Staffa et al. 1991, p. 653, siti 111, 113. Il Vicus di Colle Freddo è probabilmente riconoscibile

come uno dei principali abitati antichi dell’area immediatamente a nord del Pescara, con i municipi di Pinna e Angulum localizzabile a Città S. Angelo o Spoltore, l’altro abitato vicano di Colle Fiorano di Loreto Aprutino, e la Mansio con strutture portuali di Ad Salinas, localizzabile alla foce del Saline.

(75) Tre frammenti di ceramica tipo Crecchio sono stati rinvenuti anche in un livello correlabile adue sepolture a cassone rinvenute nel centro storico della città, nell’area del Duomo interessata in età tardoantica da consistenti interventi di ristrutturazione. Le due sepolture sembrano riferibili ad un’epoca fra VI ed inizi VII secolo.

(76) Staffa at al. 1991, p. 654, sito 134. (77) A.S.A.A., Pratica 35.I.D.1 cit.: Relazione del Dr. G. Messineo in data 21.6.1978.(78) A.S.A.A., Pratica CH.35.I.D.1 cit.: relazione del disegnatore B. Di Marco in data 3.6.1978.

(79) F. Ughelli, Italia Sacra, VI, coll. 707-708. (80) Ricci-Zannoni 1808.(81) Staffa 1992e, pp. 841-42: esempi Cellino Vecchio, Castilenti Vecchia, S. Egidio Vecchio, nel

Teramano. (82) Rationes Decimarum, nn. 3708-3710, p. 273, aa. 1324-25. (83) Il complesso era stato identificato nel 1979, vedi Relazione B. Di Marco in data 14.2.1979, in

A.S.A.A., Pratica CH.59.I.D.3. Gli scavi sono stati condotti dalla Soprintendenza archeologica in collaborazione con l’Istituto di Archeologia e Storia Antica dell’Università degli Studi di Chieti, diretti dal Dr. G. Angeletti e dalla Prof. M. Cecchelli-Trinci; vedi Attività dell’Istituto, “Quaderni dell’Istituto di Archeologia e Storia Antica dell’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti”, 1-1980, p. 154; 2-1981, p. 190.

(84) Vedi riferimenti bibliografici in nota 2, da ultimo I Bizantini in Abruzzo 1993.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 32: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

(85) Il tratto presenta andamento SO-NE, ed è relativo ad un tornante che la strada descriveva persuperare il torrente e risalire poi verso S. Apollinare sul percorso di una strada campestre ancora esistente.

(86) L’abitato di Sancta Apollinaria, è menzionato nell’Elenco dei feudatari abruzzesi fatto stilare dal re Carlo I d’Angiò nel 1279 (A.L. Antinori, Raccolta di memorie istoriche delle tre provincie degli Abruzzi, II, Napoli 1782, p. 167).

(87) A.S.A.A., Pratica CH.88.I, relazione dell’Ispettore onorario Luigi Renzetti di Lanciano in data 8.4.1911: vi si notarono “avanzi di pavimenti a mosaico e pitture”, essendosi in precedenza rinvenute “tre pile fittili, una delle quali conteneva cenere...oltre a monete di bronzo dell’epoca dei cesari... ed una lapide con iscrizione”; relazione dell’ispettore Dr. G. Angeletti in data 4.5.1983, segnala la scomparsa del mosaico.

(88) Gli scavi sono stati condotti nel 1991 dal collega Dr. A. Usai e nel 1994 da chi scrive; vediA.S.A.A., Pratica CH.88.I.C.1.: relazione in data Aprile 1991.

(89) Le strutture più antiche sono realizzate in opera incerta e laterizia e sembrano databili fra Ia.C. e II sec. d.C. L’impianto è caratterizzato dalla presenza di alcune vasche forse riconoscibili comepeschiere, che presentano una certa articolazione cronologica se si considera che una di esse risultava obliterata da un riempimento contenente una moneta di Lucio Vero, ed un’altra presentava nelle murature una moneta di Massimiano. Estesi scavi, di cui non può darsi conto in questa sede condotti nella primavera 1994 hanno evidenziato articolate fasi di VI secolo, nonché la presenza di una necropoli con sepolture caratterizzate da ceramica tipo Crecchio.

(90) Documento citato da P. Pollidori, Dissertatio de portibus et emporiis Frentanorum, ms. presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, cit. in Corsetti 1982, s.p.

(91) Monumenta Germaniae Historica, Heinrici III diplomata, herausgegeben von H. Bresslau und P.F. Kehr, Berlin (rist.) 1957, n. 185, pp. 230-232.

(92) Per un panorama delle fonti documentarie sull’insediamento altomedievale e medievale vedi“Rivista Abruzzese”, Gennaio-Febbraio 1961.

(93) L’ultima menzione delle sue chiese è in Rationes Decimarum, nn. 3455, 3622, 4207. (94) Falla Castelfranchi 1990, p. 200, chiesa Sancti Johannis in foce de Fluvio Sangro, ricordata

fra le pertinenze del monastero di S. Stefano in Lucana nell’829 (Chronicon Farfense, I, p. 193, 34-35). (95) La presenza nel sotterranei dell’abbazia di “tronchi di colonne e capitelli, da far presumere

l’esistenza di vari locali sottostanti”, forse riferibili al primitivo luogo di culto antico, era già notata nel 1905 dall’allora Sindaco di Fossacesia E. Mayer (A.S.A.A., Pratica CH.33.I.D1/1: nota in data 2.5.1905).

(96) A.S.A.A., Pratica CH.33.I.D2: richiesta di concessione di scavo, poi non perfezionata, daparte del sig. G. Mayer in data 2.6.1910.

(97) Tabula Peutingeriana, VI, 1-2; Miller 1926, coll. 215-26, fig. 67; in Staffa 1992b c.s. , par. I, 3, si era raccolta l’ipotesi di un’ubicazione di Pallanum a S. Stefano di Casalbordino, proposta da M. Benedetti sulla base della persistenza in loco di un toponimo Pallano, e tuttavia proprio questa consistente evidenza archeologica, appena evidenziatasi, rende forse più plausibile tornare ad una localizzazione più vicina a quelle tradizionali, anche se consistentemente spostata verso la costa (vedi Coarelli-La Regina 1984, p. 311: identificazione con il villaggio di Paglieta, in linea d’aria collocato alla medesima distanza da Lanciano del sito di “Civita di Sangro”, ma ubicato poco più a sud nell’interno).

(98) Trattasi di un percorso del tutto naturale, interamente collocato su crinali collinari fra le vallidel Sangro e del Torrente Cerepolla, probabilmente il principale itinerario per penetrare nell’interno da questo settore della costa frentana, come già supposto in Coarelli-La Regina 1964, p. 311.

(99) Catalogus Baronum, p. 248, n. 1204, nota 7.

(100) A.R. Staffa, D. Aquilano, Casalbordino, loc. Casette Santini, in Schede 1991, “ArcheologiaMedievale”, XIX, (1992), pp. 592-93; Staffa 1992e, p. 810.

(101) Santamaria Scrinari 1975; Cecchelli Trinci 1982, pp. 572-73; Tulipani 1990. (102) Vedi un’epigrafe osca dai pressi di S. Maria della Penna, in Marinucci 1974, p. 96, n. 190;

l’importanza del sito è confermata dalle ricerche in corso del collega ed amico Dr. Alessandro Usai. (103) Marinucci 1974, pp. 57-58.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 33: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

(104) Staffa 1991a, p. 338, nota 146. (105) Staffa 1992e, p. 817, nota 259: lo scavo poi condotto ha evidenziato la particolare povertà

delle due sepolture, scavate a semplice fossa terragna. La fibula già segnalata resta l’unico elemento di corredo rinvenuto anche perché le due tombe erano già state parzialmente manomesse prima dell’intervento.

(106) La Regina 1973-74, pp. 331-340; Coarelli-La Regina 1984, p. 307; Buonocore 1983b, pp. 97 ss.; Staffa 1992e, p. 799, nota 94; S. Salvo è infatti il centro più vicino, essendo Cupello abbastanza lontano da luogo del rinvenimento.

(107) von Falkenhausen 1982, p. 14. (108) La Regina 1968, p. 421; Staffa 1991a, p. 286, nota 77. (109) A.R. Staffa, Il vasellame di lusso cosiddetto copto, La ceramica da mensa decorata tipo

Crecchio, L’artigianato di tradizione copta, in I Bizantini in Abruzzo 1993, pp. 40-42, 45-48, 54-55. (110) Staffa 1992e, pp. 815-17. (111) Si veda l’esempio della necropoli di Castel Trosino, in Bierbrauer 1984, pp. 473-483. (112) Bierbrauer 1984, pp. 473-483. (113) Staffa 1992e, p. 816. (114) von Hessen 1983, p. 17, fig. 3 n. 4, ad anello di bronzo a sezione ovale ornato da gruppi di

linee. (115) Si veda von Hessen 1983, tav. 8, nn. 4, 7, p. 41, materiali della collezione Stibbert di

Firenze; I Longobardi, 1990, p. 437, X.96F, dalla tomba 79 (femminile) della necropoli di Romans d’Isonzo in Friuli, solo per proporre qualcuni dei numerosi esempi disponibili.

(116) Vedi i confronti proposti per l’esemplare da Martinsicuro. (117) De Nino 1882, p. 419. “Fibule circolari con un solo ardiglione, e fibule ovali o rettangolari

con due ardiglioni”, furono infatti rinvenuti nel 1882 ad Ortona, nell’ambito di un sepolcreto messo in luce “demolendosi alcune fabbriche della parte orientale della città”. Gli oggetti vennero conservati presso il Municipio.

(118) Sabatini 1963-64, p. 151, attestata da fonti cassinesi nel secolo IX . Nei pressi si conserva anche il toponimo Selva Arimanna (Pellegrini 1990, p. 239).

(119) Sabatini 1963-64, p. 151, F. Ughelli, Italia Sacra, VI, nn. 710, 699, 716, a. 1176, 1195, 1204. Corrisponde forse al Castellum Fare menzionato nel Catalogus Baronum, p. 250, n. 1211 (l’ubicazione proposta dalla Jamison in località Piani della Rocca non lontano da Rocca S. Giovanni appare tuttavia di labile fondamento).

(120) Nella stessa area è documentata nel 1301 una chiesa di S. Maria della Fara probabilmente corrispondente all’attuale S. Maria Imbaro (Pellegrini 1990, p. 239, nota 37).

(121) Sabatini 1963-64, p. 151, R.F., doc. 578 a. 1015: “infra fines de Atipsa sub monticello qui est super fluvium Sangrum, ubi ipsa fara aedificata fuit”. Corrisponde probabilmente con l’insediamento di Faram menzionato nel Catalogus Baronum, p. 251, n. 1216.

(122) Sabatini 1963-64, p. 151, Ipsa fara in fluvio Sonella (Codice diplomatico del monastero benedettino di S. Maria di Tremiti, a cura di A. Petrucci, Roma 1960, II, 51).

(123) Sabatini 1963-64, p. 152. (124) Staffa 1992e, pp. 825-826, trattasi di una decorazione ad elementi meandriformi o circolari,

attestata sinora nell’interno della provincia di Pescara e a Castelvecchio Subequo, nonché in Molise presso la necropoli di Vicenne di Campochiaro (Genito 1988).

(125) Staffa 1992e, pp. 814-815. (126) Anselmino 1986, p. 234. (127) Può notarsi come la conquista dei porti liguri da parte dei Longobardi sia avvenuta solo nel

640, sotto il Re Rotari, von Falkenhausen 1982, p. 14. (128) Ughelli, VI, cit. Vedi al proposito Pellegrini 1990, p. 235.

(129) Pellegrini 1990, pp. 235-36.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 34: RIASSETTO URBANOTRASFORMAZIONI TERRITORIALI FORME DI ... · Che l’abitato in età bizantina si fosse ristretto a comprendere solo questa parte dell’abitato medievale può essere

(130) In tale quadro l’ormai ben consolidata amministrazione del Ducato di Benevento dovette venire inserendo una serie di insediamenti limitanei destinati a difendere i confini settentrionali dello Stato. Ad una tale ben precisa logica, e non all’azione spontanea di singoli gruppi, appare infatti ispirata la sistematica diffusione nell’intero Chietino di insediamenti di evidente toponomastica longobarda (Fara S. Martino, Fara Filiorum Petri, Guardiagrele, Guardia Bruna, vedi Pellegrini 1990, pp. 239-244).

(131) Schiaparelli 1901, pp. 406, 418-426. (132) Staffa 1992e, p. 820.

Fig. 1 – Territori abruzzesi rimasti sotto controllo bizantino nella prima metà del VII secolo. Fig. 2 – Planimetria ricostruttiva dell’abitato di Ostia Aterni-Aternum (Pescara) nella tarda antichità. Fig. 3 – Carta archeologica della città di Hortona fra tarda antichità ed altomedioevo. Fig. 5 – Carta archeologica della città di Histonium (Vasto) fra tarda antichità ed altomedioevo. Fig. 6 – Morfologia del sito bizantino di Vassarella-Casino Vezzani di Crecchio con carta generale delterritorio di Ortona.Fig. 8 – Tipologia della ceramica tipo Crecchio.

© 1995 Edizioni All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale