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Università degli Studi di Bari “Aldo Moro“ Dipartimento di Scienze economiche e metodi matematici A PPUNTI DI INTRODUZIONE ALL ECONOMIA PUBBLICA Ernesto Longobardi e Vito Peragine novembre 2010

Scienze delle finanze

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Università degli Studi di Bari “Aldo Moro“Dipartimento di Scienze economiche e metodi matematici

APPUNTI DI INTRODUZIONE

ALL ’ ECONOMIA PUBBLICA

Ernesto Longobardi e Vito Peragine

novembre 2010

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Indice

1 Il giudizio di efficienza 1

2 I fallimentidel mercato 19

3 Scelta sociale 31

4 Analisi della disuguaglianza 47

5 Economia delle scelte pubbliche 65

Suggerimenti per ulteriori letture 87

Riferimenti bibliografici 88

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ii

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CAPITOLO1

Il giudizio di efficienza

1.1 L’efficienza nel senso di Pareto

Una tendenza largamente dominante ritiene che nel giudizio di efficienza cisi debba affidare alla percezione che i singoli individui hanno del proprio

benessere individuale. Si parla in questo caso di principiodella sovranità delconsumatoreoppure diindividualismo: si assume che ciascuno sia il migliorgiudice dei propri interessi e ci si rimette pertanto alla sua valutazione.

Se si accetta tale principio sorge immediatamente un problema. Avendo unproprio sistema di preferenze e un dato ammontare di risorse(dotazioni), cia-scuno giudicherà diversamente un determinato stato del mondo. Come si puòallora, muovendo dai giudizi individuali, pervenire a ungiudizio di efficienzache riguardi l’intera collettività? Il giudizio di efficienza sembra indissolubilmen-te legato algiudizio di equità, perché non pare possibile evitare di valutare gliinteressi degli uni a fronte degli interessi degli altri.

Gli economisti hanno tentato di separare i due livelli di giudizio e di affidarlia schemi concettuali distinti. Tale tentativo viene a tutt’oggi legato al nome diPareto.1

Definizione 1.1(Il criterio (forte) del Pareto). Dati due statiα e β, si dice cheα è migliore diβ (oppure cheα dominaβ) nel senso di Pareto, e che pertantouno spostamento daβ a α è un miglioramento paretiano, se e solo se almeno unindividuo preferisceα a β e nessuno preferisceβ adα.

Indichiamo in parentesi tonde le relazioni attinenti ordinamenti di preferenza in-dividuali e in parentesi quadre quelle attinenti ordinamenti di preferenza sociale.Il criterio del Pareto può essere espresso nel modo seguente. Dati due statiα eβ,en individui, i ∈ {1, ..., n} ,

[α ≻ β]P ⇔ ∃i ∈ {1, ..., n} tale che(α ≻ β)i & ∄j ∈ {1, ..., n} tale che(β ≻ α)j

1Vilfredo Pareto (1848-1923), economista e sociologo. Le sue opere più importanti sono ilCorso di economia politica(1897-98) e ilTrattato di sociologia generale(1916).

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2 CAPITOLO 1

Tabella 1.1 Il criterio del Pareto.

α β γ

ui 30 35 35

uj 25 25 30

uk 45 45 45

Tabella 1.2 Gli “ottimi” di Pareto.

α β γ δ ǫ

ui 7 6 1 8 3

uj 9 9 2 8 2

uk 6 5 9 8 9

che va letta:α dominaβ nel senso di Pareto se e solo se esiste almeno un individuoi per il qualeα è strettamente preferito aβ e non esiste alcun individuoj per ilqualeβè strettamente preferito adα.

Seα non dominaβ nel senso di Pareto eβ non dominaα nel senso di Pareto,allora diremo cheα eβ non sono confrontabili in base al criterio di Pareto.Nella definizione del criterio di Pareto si assume:

• misurabilità ordinale delle utilità• non confrontabilità delle utilità di diversi individui

Nella Tabella 1.1α, β, γ sono tre stati eui,uj,uk sono indici di utilità ordinalerelativi a tre individuii, j, k.Lo statoβ domina nel senso di Pareto lo statoα (maggiore è infatti l’utilità del-l’individuo i, ferme restando le posizioni degli individuij ek). Lo statoγ dominaa sua volta lo statoβ.

Definizione 1.2(Ottimo paretiano). Uno stato è detto efficiente nel senso di Pa-reto o ottimo paretiano qualora non sia possibile realizzare un miglioramento pa-retiano, vale a dire quando non sia possibile migliorare la situazione di almenoun individuo senza peggiorare quella di qualche altro.

Nella Tabella 1.1 lo statoγ è un ottimo paretiano. In generale stati ottimi nel sensodi Pareto sono più di uno. Si consideri, per esempio, la Tabella 1.2, in questo casoα, δ e ǫ sono tutti ottimi paretiani.

Si noti che il criterio del Pareto non consente di ordinare gli stati di ottimo:essi, in base al criterio del Pareto, non sono confrontabili.

Ma può risultare anche impossibile confrontare uno stato diottimo con unostato sub-ottimale. Nella Tabella 1.2, per esempio,α, pur essendo un ottimo, nonè confrontabile conγ, che ottimo non è.

Questo aspetto può essere meglio chiarito considerando la Figura 1.1 che rap-presenta unacurva delle possibilità di utilità . Come si vedrà meglio più avanti,tale curva, dati due individuii e j, esprime, per ogni determinato livello di utilitàdi uno dei due individui, l’utilità massima conseguibile dall’altro.

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Il giudizio di efficienza 3

-

6

0 ui

B

C

DE

G

A

uj

F

Figura 1.1 Il criterio del Pareto. I miglioramenti paretiani dal puntoF sono compresinell’areaBCF .

L’areaADO, delimitata dalla curva delle possibilità di utilità e dagli assi carte-siani, costituisce l’insieme delle utilità.Per ogni punto interno, come il punto il puntoF , l’insieme delle utilità può esseresuddiviso in 4 sottoinsiemi:

• l’areaBCF , compresi i contorni, rappresenta il sottoinsieme delle combinazio-ni di utilità che dominano la combinazione F: il passaggio daF a uno qualsiasidei punti di quest’area è un miglioramento paretiano;

• l’areaGFEO, compresi i contorni, rappresenta il sottoinsieme delle combina-zioni di utilità che sono dominate daF nel senso di Pareto.

L’unione di questi due sottoinsiemi compone l’insieme di stati che sono confron-tabili conF in base al criterio del Pareto.Invece l’unione dei due sottoinsiemi:

• ABFG (esclusi i segmentiBF eGF );• FCDE (esclusi i segmentiFC eFE)

rappresentano l’insieme degli stati non confrontabili conF in base al criterio delPareto.

Finché l’insiemeBCF non è vuoto non si ha una situazione efficiente. Uninsieme vuoto di miglioramenti paretiani è rappresentato nella Figura 1.2: il puntoF è ora un ottimo paretiano, in quanto non risulta dominato da nessun altro puntoall’interno dell’insieme delle utilità. Tuttavia, il punto F non domina tutti i puntidell’insieme, ma solo quelli dell’areaGFEO. Rimangono le due areeAFG eFDE di non confrontabilità.

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4 CAPITOLO 1

-

6

0

F

ui

A

C

D

uj

E

G

Figura 1.2 L’ottimo paretiano.F rappresenta un punto di ottimo perchè l’insieme deipossibili miglioramenti paretiani è vuoto.

In tali aree solo i punti sulla curva delle possibilitL di utilità (i tratti AF eFD)sono punti di ottimo: tutti gli altri, interni alle due aree,rappresentano stati inef-ficienti. Come si era già accennato, dunque, il criterio del Pareto non consentedi ordinare gli stati di efficienza come socialmente superiori a tutti gli stati diinefficienza.

1.1.1 Criterio di Pareto e potere di veto

È quest’ultimo il limite più grave del criterio del Pareto. Se infatti la non con-frontabilità dei punti di ottimo è il risultato della sceltadi separare il giudizio diefficienza dal giudizio di equità, la non confrontabilità tra punti di ottimo e puntisubottimali limita l’operatività del criterio proprio sotto il profilo della valutazionedi efficienza.

In comunità di milioni di persone, è sufficiente che anche un solo individuorisulti danneggiato, per escludere, almeno sul piano del giudizio di efficienza, mi-sure che potrebbero produrre consistenti benefici alla collettività nel suo insieme.Si attribuisce in questo modo a minoranze, anche molto ristrette, un paralizzante“potere di veto” sulle scelte collettive.

1.1.2 Criterio di Pareto e conservazione dellostatus quo

Il criterio del Pareto, quale metro di valutazione sociale,è basato su giudizi divalore molto deboli e quindi largamente condivisibili. Questa apparente neutralità

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Il giudizio di efficienza 5

Tabella 1.3 L’arbitrarietà dello status quo.

α β γ δ

ui 1 2 3 7

uj 10 12 11 7

etica del criterio, che senz’altro costituisce la ragione principale della sua forzae popolarità, può però portare a farne un uso eccessivo e talora illegittimo nellescelte sociali. Questo avviene quando si restringe l’attenzione, tra le riforme pos-sibili, a quelle che comunque configurino un miglioramento paretiano. Si procedein due stadi: nel primo si identificano le riforme che migliorano l’allocazione dipartenza (status quo) in base all’efficienza paretiana; all’interno di questo sot-toinsieme, poi, si utilizza un altro criterio, ad esempio unprincipio di equità, perscegliere l’allocazione preferita. Questo modo di procedere - che tecnicamenteequivale a stabilire una precedenza lessicografica del criterio di Pareto rispetto adaltri criteri - conduce ad una difesa acritica e ingiustificata dellostatus quo. Siconsideri l’esempio della Tabella 1.3 , in cui ci sono quattro distribuzioni di utilità(α, β, γ, δ) tra due individui (i, j): α rappresenta l’allocazione di partenza eβ, γe δ gli esiti di tre riforme possibili:Rimanere inα sarebbe inefficiente, a causa della possibilità di spostarsi in β o inγ. La scelta traβ e γ potrà dipendere poi dalle preferenze sociali rispetto all’e-quità. Tuttavia, non è detto cheβ eγ siano le alternative migliori. Probabilmente,δ potrebbe essere considerata la migliore tra le allocazionipossibili, perché è unottimo di Pareto (dunque non è inefficiente) e perché soddisfa più compiutamentedelle altre le esigenze di equità. La sua esclusione dipendedalla circostanza di es-sere partiti daα. Maα può essere una allocazione di partenza del tutto arbitraria.Limitare le scelte possibili a quelle che costituiscono un miglioramento paretianorispetto adα risulta operazione legittima solo nella misura in cui si fornisce unagiustificazione autonoma della desiderabilità sociale della allocazione di parten-za. In caso contrario, l’arbitrarietà dello status quo si rifletterà nell’arbitrarietà delcriterio di Pareto come guida alla scelta tra le riforme possibili.

Queste considerazioni non minano l’importanza, in generale, del criterio diPareto, ne delimitano, piuttosto, il campo di applicabilità: il solo uso legittimodel criterio consiste nella identificazione di situazioni inefficienti. La direzio-ne del cambiamento, a partire da una data allocazione, non deve invece esserenecessariamente guidata, nè tantomeno limitata, dal criterio di Pareto.

1.2 Allocazione ottimale delle risorse

Per generare un risultato efficiente nel senso di Pareto, un meccanismo di alloca-zione delle risorse deve soddisfare simultaneamente tre condizioni:

1. condizione di efficienza nello scambio;2. la condizione di efficienza nella produzione;

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6 CAPITOLO 1

︸ ︷︷ ︸

x

j

i

y

Figura 1.3 La scatola di Edgeworth. Ogni punto nella scatola rappresenta un’allocazione,cioè la combinazione di due panieri(x, y), uno per ciascun consumatore.

3. la condizione di efficienza generale.

Consideriamo un sistema con due consumatori(i, j), due fattori produttivi(k, l)e due beni(x, y). La disponibilità di fattori produttivi e la tecnologia sono date.

1.2.1 La condizione di efficienza nello scambio

Ipotizziamo per il momento che le quantità prodotte dix e y siano date: l’ipotesisarà rimossa più avanti, quando le quantità dei beni prodotti saranno lasciate liberedi variare, ferme restando, invece, le quantità dei due fattori produttivi k e l.

La Figura 1.3 riproduce una scatola di Edgeworth, all’interno della quale ognipunto rappresenta un’allocazione(combinazione di panieri) dei due beni(x, y) trai due consumatori(i, j). La mappa delle curve di indifferenza del consumatorei è rappresentata a partire dal vertice sud-ovest della scatola; quella del consu-matorej è rappresentata, rovesciata, a partire dal vertice nord-est. In ogni puntodella scatola si ha l’intersezione oppure la tangenza tra una curva di indifferenzadell’individuo i e una curva di indifferenza dell’individuoj. Le allocazioni ottimenel senso di Pareto coincidono con i punti di tangenza. Se infatti le curve diindifferenza si intersecassero sarebbero possibili miglioramenti paretiani.

Consideriamo per esempio, nella parte sinistra della Figura 1.4, il puntoC diintersezione tra due curve. Per ogni punto sulla curva di indifferenza dell’indivi-duoj, come il punto B, si ha:

(B ≻ C)i e (B ∼ C)j ⇒ [B ≻ C]P

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Il giudizio di efficienza 7

i

j

C

i

DB

A

C

j

Figura 1.4 L’efficienza nello scambio. Nella parte sinistra della figuraC non è un pun-to di ottimo, in quanto a partire daC sono possibili miglioramenti paretiani nell’areadelimitata dall’intersezione delle due curve. Nella partedestra il punto di tangenzaCrappresenta un punto di ottimo: l’insieme dei possibili miglioramenti paretiani è vuoto.

Per ogni punto sulla curva di indifferenza dell’individuoi, come il punto A, si ha:

(A ∼ C)i e (A ≻ C)j ⇒ [A ≻ C]P

Infine per ogni punto come D, interno all’area delimitata dall’intersezione delledue curve di indifferenza, si ha:

(D ≻ C)i e (D ≻ C)j ⇒ [D ≻ C]P

L’area delimitata dall’intersezione delle due curve, compresi i contorni, rappre-senta quindi l’insieme dei possibili miglioramenti paretiani a partire dal puntoC.Nei punti di tangenza invece (come il puntoC nella parte destra della Figura 1.4)l’insieme dei miglioramenti paretiani è vuoto: si tratta pertanto di allocazioni otti-me. In tali punti, la curva di indifferenza del consumatorei ha la stessa pendenzadi quella del consumatorej: i saggi marginali di sostituzione dei due consumatorisono pertanto eguali.

Definizione 1.3(Condizione di efficienza nello scambio). Un’allocazione di beniè Pareto-ottimale quando i saggi marginali di sostituzionesono eguali tra tutti iconsumatori:

SMSix,y = SMSj

x,y

L’insieme delle allocazioni ottime può essere rappresentato con due diversi stru-menti analitici.Se, all’interno della scatola di Edgeworth, si uniscono tutti i punti di tangenza trale curve di indifferenza si ottienela curva dei contratti , che è appunto il luogogeometrico delle allocazioni ottime nel senso del Pareto (Figura 1.5).

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8 CAPITOLO 1

︸ ︷︷ ︸

x

j

i

y

Figura 1.5 La curva dei contratti.

Se misuriamo invece sugli assi le utilità dei due consumatori, le combinazio-ni di utilità associate ai punti di ottimo compongono lacurva delle possibilità diutilità (Figura 1.6), che avevamo già utilizzato nella Sezione 1.1.

Definizione 1.4(La curva delle possibilità di utilità). Dati due consumatori e duebeni, e considerando fisse le quantità dei due beni, la curva delle possibilità diutilità esprime, per ogni determinato indice di utilità di un consumatore, l’utilitàmassima che può ottenere l’altro consumatore.

Lo studente noti che:

• se si considerano fisse le quantità dei due beni, la curva delle possibilità di utilitàsi modifica solo se cambiano le preferenze dei consumatori;

• date le preferenze dei consumatori, esiste una curva dellepossibilità di utilitàper ogni coppia di quantità dei due beni.

1.2.2 Condizione di efficienza nella produzione

Si rimuove ora, come annunciato, la condizione che le quantità dei due benix eysiano date.

La condizione marginale di ottimo nella produzione può essere determinatautilizzando ancora una scatola di Edgeworth, misurando, questa volta, sugli assi lequantità dei due fattori produttivi,k e l, disponibili in quantità fisse. La tecnologiaimpiegata nella produzione dei due beni x e y sarà rappresentata da famiglie diisoquanti. Ogni punto all’interno della scatola rappresenta unaallocazione diinput .

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Il giudizio di efficienza 9

-

6

0 u1

u2

Figura 1.6 La curva delle possibilità di utilità.

Le allocazioni ottime sono date dai punti di tangenza tra gliisoquanti relativial prodottox e gli isoquanti relativi al prodottoy: in tali punti si ha l’eguaglianzadei saggi marginali di sostituzione tecnica tra i fattori nella produzione dei duebeni.

Definizione 1.5(Condizione di efficienza nella produzione).Un’allocazione di fattori produttivi è Pareto-ottimale quando i saggi marginali disostituzione tecnica sono eguali nella produzione di ogni coppia di beni:

SMST xk,l = SMST y

k,l

Le allocazioni di fattori efficienti possono essere rappresentati, oltre che dallacurva che unisce tutti i punti di tangenza nella scatola di Edgeworth, anche mi-surando sugli assi le quantità dei due beni: le combinazionidi beni associate aipunti di ottimo compongonola curva delle possibilità di produzione(o curvadi trasformazione).

Definizione 1.6(La curva delle possibilità di produzione). La curva delle pos-sibilità di produzione (o curva di trasformazione) esprime, per ogni determinataquantità di uno dei due beni, la quantità massima che si può produrre dell’altrobene, considerando fisse la tecnologia e le quantità dei fattori di produzione.

1.2.3 Condizione di efficienza generale

Assumiamo, in prima approssimazione, che tutti i consumatori abbiano lo stessosistema di preferenze, rappresentabile pertanto da un’unica mappa di curve diindifferenza (consumatore rappresentativo).

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-

6

0

y

x

AII

s

B

t

I

Figura 1.7 La curva delle possibilità di produzione.A rappresenta un punto di ottimo.

Il problema di massimizzazione del benessere si risolve nello scegliere, lungola curva delle possibilità di produzione, la combinazione di output che consente diraggiungere la curva di indifferenza di indice più elevato:si tratterà di un punto ditangenza della curva delle possibilità di produzione con una curva di indifferenza(Figura 1.7).

Nel punto di tangenza si ha l’eguaglianza tra il saggio marginale di sostitu-zione (misurato dalla pendenza della curva di indifferenza) e il tasso marginale ditrasformazione (misurato dalla pendenza della curva di trasformazione).Si può pertanto enunciare la condizione di efficienza generale.

Definizione 1.7(Condizione di efficienza generale).Un’allocazione delle risorse è Pareto-ottimale quando perogni coppia di beni ilsaggio marginale di sostituzione è eguale al saggio marginale di trasformazione:

SMSx,y = SMTx,y

Il significato dell’eguaglianza tra saggio marginale di trasformazione e saggiomarginale di sostituzione come condizione di ottimo può essere meglio compre-sa considerando più da vicino (Figura 1.8) la situazione rappresentata dal pun-to B ove non si ha tangenza, bensì intersezione, tra la curva delle possibilità diproduzione e una curva di indifferenza.

In tale punto ilSMS è dato dall’inclinazione della rettas tangente alla cur-va di indifferenza, ovvero dal rapportoBC/CD: una riduzioneBC del beney,accompagnata da un aumentoCD del benex, lascia inalterato il livello di utilitàdel consumatore rappresentativo. IlSMT è dato invece dall’inclinazione della

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x

6

0

y

C

-

B

D

st

E

Figura 1.8 Nel puntoB il SMTxy è, in valore assoluto, minore delSMSxy. Spostamentia destra di B (maggiore quantità dix) rappresentano miglioramenti paretiani.

retta t, tangente alla curva delle possibilità di produzione: dal lato della produ-zione, dunque, la rinuncia a una quantitàBC del beney consente un incrementoCE nella produzione dix. EssendoCE > CD, l’utilità aumenterebbe: vi sonopertanto dei punti, a destra del puntoB, che lo dominano nel senso di Pareto.Della condizione generale di ottimo può essere data una diversa rappresentazionegrafica. Abbandonando l’ipotesi del consumatore rappresentativo e tornando aquella di un’economia con due individui,i e j, consideriamo le infinite scatole diEdgeworth che possono essere inserite nell’area delimitata dalla curva di trasfor-mazione, con il vertice nord-est lungo la curva. Nella Figura 1.9 ne sono staterappresentate due.

In generale all’interno di ogni scatola vi sarà un punto, sulla curva dei con-tratti, in cui l’inclinazione delle due curve di indifferenza tangenti è eguale all’in-clinazione della curva di trasformazione. In tale punto si avrà pertanto:

SMSix,y = SMTx,y = SMSj

x,y (1.1)

Si noti che un punto comeB nella Figura 1.9 rappresenta una determinata com-binazione delle quantità totali prodotte dei due benix e y, mentre un punto comeB′ definisce una ripartizione delle risorse tra i due individuii e j.

Vi sono infinite configurazioni di ottimo generale, ciascunacorrispondentea una determinata combinazione di output e a una determinataripartizione delbenessere tra i due individui. Il luogo delle combinazioni di utilità associate aciascuno di essi, è chiamatofrontiera delle utilità .Lo studente noti che:

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-

6

0

B′

y

A

x

A′

B

Figura 1.9 Configurazioni di ottimo generale.

• se si considerano fisse le quantità dei due fattori, la frontiera delle utilità simodifica solo se cambiano le preferenze dei consumatori o la tecnologia;

• date le preferenze dei consumatori e la tecnologia, esisteuna frontiera delleutilità per ogni coppia di quantità dei due fattori.

1.3 I due teoremi fondamentali dell’economia del benes-sere

Riepiloghiamo le condizioni marginali di ottimo, rimuovendo la restrizione di unmondo a due dimensioni.

SianoN , M, H gli insiemi, rispettivamente, dei consumatori, dei beni e deifattori produttivi.

1. Condizione di efficienza nello scambio:

SMSix,y = SMSj

x,y

∀i, j ∈ N ; ∀x, y ∈ M2. Condizione di efficienza nella produzione:

SMST xk,l = SMST y

k,l

∀k, l ∈ H ; ∀x, y ∈ M

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Il giudizio di efficienza 13

︸ ︷︷ ︸

x

j

i

y

A

BC

Figura 1.10 Solo in equilibrio si ha efficienza paretiana.

3. Condizione di efficienza generale:

SMSx,y = SMTx,y

∀x, y ∈ M

I due teoremi fondamentali dell’economia del benessere stabiliscono un legametra gli esiti di un meccanismo di mercato concorrenziale e i criteri di desiderabilitàsociale.In un mercato concorrenziale, a determinate condizioni, abbiamo:

1. Per ogni coppia di beni, ciascun consumatore massimizza l’utilità eguagliandoil saggio marginale di sostituzione al prezzo relativo:

SMSix,y = px/py = SMSj

x,y

∀i, j ∈ N ; ∀x, y ∈ MRisulta pertanto soddisfatta la condizione di ottimo nelloscambio.

2. Le imprese minimizzano i costi, nella produzione di ciascun bene, eguagliandoil saggio marginale di sostituzione tecnica tra fattori al loro prezzo relativo:

SMST xk,l = pl/pk = SMST y

k,l

∀k, l ∈ H ; ∀x, y ∈ MRisulta pertanto soddisfatta la condizione di ottimo nellaproduzione.

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14 CAPITOLO 1

︸ ︷︷ ︸

x

j

i

y

M ′

m′

A

M

- -

B

m

Figura 1.11 L’allocazione A rappresenta un equilibrio di mercato concorrenziale con ilvettore di prezzi m e la dotazione iniziale M. L’allocazioneB può essere generata dalvettorem

e la dotazioneM′

.

3. Per ogni coppia di beni, i consumatori massimizzano l’utilità eguagliando ilsaggio marginale di sostituzione al prezzo relativo; le imprese massimizzano ilprofitto eguagliando il saggio marginale di trasformazioneal prezzo relativo:

SMSx,y = px/py = SMTx,y

∀x, y ∈ MRisulta pertanto soddisfatta la condizione di efficienza generale.

L’equilibrio di un mercato concorrenziale è dunque efficiente nel senso di Pareto.

Teorema 1.1(Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere). L’e-quilibrio di un sistema di mercati concorrenziali, se esiste, è Pareto-efficiente.

Deve trattarsi di una situazione di equilibrio. Per rendersene conto lo studen-te consideri la Figura 1.10. Anche se i saggi marginali di sostituzione risultanoeguali, non essendo una situazione equilibrio non vi è tangenza tra le curve diindifferenza: non risulta pertanto determinata un’allocazione ottima.

Il primo teorema, stabilendo l’ottimalità paretiana di qualsiasi equilibrio con-correnziale, fornisce una giustificazione normativa del meccanismo di mercatobasata sull’idea di efficienza. Il teorema riprende l’ intuizione della mano invi-sibile formulata originariamente da Adam Smith (1776): l’idea cioè che il per-seguimento dell’interesse personale da parte di ogni singolo agente economico

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Il giudizio di efficienza 15

porti, attraverso l’operato di una mano invisibile, al raggiungimento di un risul-tato desiderabile per l’intera collettività. In base a questa intuizione, peraltro giàpresente nell’elaborazione filosofica del XVIII secolo (si pensi aLa favola delleapi di Bernard de Mandeville, del 1714), per raggiungere un risultato desiderabileper la collettività non è dunque necessario che gli agenti siano buoni o altruisti: gliegoismi individuali, guidati dal meccanismo dei prezzi di mercato, contribuisconoal raggiungimento di un risultato efficiente per l’intera collettività.

Il secondo teorema affronta un tema diverso. Si consideri lafrontiera delleutilità: ogni punto su tale frontiera è ottimo nel senso di Pareto. Tuttavia, i di-versi ottimi hanno implicazioni profondamente diverse sotto il profilo dell’equitàdistributiva. In virtù del primo teorema sappiamo che il mercato concorrenziale,partendo da un dato assetto delle dotazioni iniziali, condurrà il sistema ad una al-locazione efficiente; supponiamo però che questa allocazione non sia desiderabileper ragioni di equità. E ipotizziamo esista un altro ottimo,tra quelli possibili, cherisulta essere desiderabile anche in termini distributivi. Dovremo rinunciare alsistema di mercato e adottare un altro meccanismo di allocazione delle risorse innome dell’equità? Il secondo teorema risponde precisamente a questa domanda,stabilendo che, al fine di raggiungere l’allocazione desiderata, sarà sufficiente in-tervenire sulle dotazioni iniziali attraverso opportuni strumenti di redistribuzione- imposte e sussidi in somma fissa - lasciando poi che il mercato faccia il resto. Inaltre parole, il secondo teorema dimostra che ogni allocazione efficiente, e quin-di anche l’allocazione preferita sotto il profilo distributivo, può essere ottenutamediante un meccanismo di mercato decentralizzato; purchèsi operi una redistri-buzione delle dotazioni iniziali attraverso imposte e sussidi in somma fissa (lumpsum).

Teorema 1.2 (Il secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere).Esiste sempre un vettore di prezzi tale che ciascuna allocazione Pareto-efficienteè un equilibrio di mercato concorrenziale, una volta assegnate le opportune do-tazioni iniziali (si veda la Figura 1.11).

I due teoremi sono di fondamentale importanza perché forniscono un quadro ana-litico e concettuale per l’analisi normativa dei meccanismi di allocazione dellerisorse. Tuttavia, la loro dimostrazione si basa su condizioni altamente irrealisti-che.

Il primo teorema assume che i mercati siano perfettamente concorrenziali eche non vi siano altre imperfezioni di mercato. In realtà i mercati sono spessocaratterizzati da insufficiente concorrenza o da altre imperfezioni (beni pubblici,esternalità, asimmetrie informative): in tutti questi casi il mercato conduce unaallocazione delle risorse inefficiente.

Il secondo teorema assume che lo Stato sia in grado di operareuna redistri-buzione delle risorse attraverso imposte e sussidi in sommafissa (lump sum). Leimposte e i sussidi in somma fissa sono strumenti commisuratia fattori esogeni,cioè fuori dal controllo degli individui a cui vengono applicati: per questa ragionequesti strumenti non generano distorsioni nei comportamenti degli agenti e nonviolano le tre condizioni di efficienza paretiana. Un esempio è costituito da im-poste legate alle abilità individuali innate. Questo tipo di imposte, pur importanti

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16 CAPITOLO 1

come modello teorico di riferimento, nella realtà non esiste: l’autorità pubblicanon dispone delle informazioni necessarie e la tecnologia tributaria disponibilenon permette di predisporre strumenti adeguati. In realtà,gli strumenti di redi-stribuzione utilizzati dal settore pubblico hanno effettidistorsivi, generano cioèperdite di efficienza. Come conseguenza, ogni intervento mirante a raggiunge-re una allocazione desiderabile sotto il profilo dell’equità comporterà dei costi intermini di efficienza. Esiste un inevitabiletrade-off tra obiettivi di efficienza eobiettivi di equità.

ESERCIZI

Esercizio 1.1. La Figura 1.12 rappresenta una curva delle possibilità di utilità.Le utilità dei due individui (1 e 2) sono ordinali e non confrontabili.

-

6

0

u2

G

F B

HA

CE

D

I

u1

Figura 1.12 Il criterio di Pareto.

Indicare se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. Nel punto A l’individuo 2 sta meglio dell’individuo 1.

V F

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Il giudizio di efficienza 17

2. Per l’individuo2, A ≻ B.

V F

3. Per l’individuo2, B ∼ D.V F

4. Nel senso di ParetoA ≻ B.V F

5. Nel senso di ParetoC ≻ B ∼ F .

V F

6. Nel senso di Pareto C non è confrontabile con I.

V F

7. Il punto A domina nel senso di Pareto tutti i punti compresinell’area HGBFesclusi quelli sul tratto curvilineo HG.

V F

Esercizio 1.2. Individuare le situazioni efficienti nel senso di Pareto nella se-guente tabella doveA,B,C,D,E, F sono distribuzioni di benessere (u) tra treindividui (1, 2, 3)

A B C D E F

u1 70 68 72 70 100 100

u2 65 70 45 60 68 60

u3 70 72 30 70 100 100

Esercizio 1.3. Si consideri un’economia con due beni,x edy, e due individui,A e B. Le preferenze diA e di B sono rappresentate dalle seguenti funzioni diutilità:

UA (x, y) = log x14 + log y

UB (x, y) = log x+ log y4

da cui si deduce che le utilità marginali degli individuiA e B, per i benix e y,sono, rispettivamente:

Page 22: Scienze delle finanze

18 CAPITOLO 1

UMA (x) =1

4x

UMA (y) =1

y

UMB (x) =1

x

UMB (y) =4

y

Si assuma inoltre che la curva di trasformazione dei benix ed y nell’economiaabbia inclinazione costante e uguale a uno. Si considerino le seguenti allocazionidei due benix edy tra i due individuiA eB (conxA indichiamo la quantità dibenex assegnata all’individuoA, ...):

α β γ

xA 3 2 2

yA 6 8 8

xB 3 2 4

yB 6 8 6

Quale tra le allocazioniα, β, γ può essere un equilibrio concorrenziale?

Esercizio 1.4. Si consideri un’economia con due beni,x ed y, e due fattoriproduttivi, K e L. Le produttività marginali dei fattoriK e L per i benix e y,sono, rispettivamente:

PMx (K) =1

3K

PMx (L) =2

3L

PMy (K) =2

3K

PMy (L) =1

3L

Attualmente,1/2 del capitale totale e1/2 del lavoro totale è allocato alla produ-zione di ciascun bene. Si tratta di una soluzione efficiente?Nel caso in cui nonfosse efficiente, in quale direzione dovrebbero essere riallocati i fattori al fine diottenere un miglioramento paretiano?

Page 23: Scienze delle finanze

CAPITOLO2

I fallimentidel mercato

Il primo teorema fondamentale dell’economia del benesseredice che un mercatobasato sulla proprietà privata, se in equilibrio concorrenziale, genera un’allocazio-ne delle risorse ottima nel senso di Pareto. Il secondo teorema dice che un sistemadecentralizzato di economia di mercato consente di raggiungere ogni situazionePareto ottimale che corrisponda alla desiderata distribuzione del benessere.

Presi insieme i due teoremi costituiscono le fondamenta delpensiero econo-mico liberale. Nel mondo che prefigurano, l’intervento pubblico riguarderebbe,solo ed eventualmente, la correzione delle conseguenze distributive dell’economiadi mercato e questa potrebbe avere luogo senza alcun costo intermini di efficien-za. Si tratta di unparadigmache occupa una posizione di assoluta centralità nellavoro degli economisti, l’interesse dei quali si rivolge,tuttavia, in larga prevalen-za proprio a osservare e studiare gli scostamenti del funzionamento concreto deisistemi economici rispetto al modello ideale dal quale prendono le mosse.

La teoria considera dunque, sotto il profilo positivo e normativo, da una parte,i casi in cui per il venire meno di una o più condizioni necessarie per il primoteorema, si verifica unfallimentodel mercato; dall’altra, in un mondo in cui nonesistono strumenti di redistribuzionelump sum, indaga la relazione di trade off traequità ed efficienza.

Questo capitolo è dedicato ad una breve introduzione al primo aspetto. Trale numerose cause di fallimento del mercato se ne prendono qui in esame tre: lamancanza di concorrenza, le esternalità e i beni pubblici.

2.1 Mercati non concorrenziali

Se il mercato non è in condizioni di concorrenza perfetta il surplus sociale non èmassimo. Ci si limita a considerare il caso del monopolio (Figura 2.1).

Il monopolista produce la quantitàqm (per la qualeRmg = Cmg) al prezzopm. Se questo mercato, anziché in monopolio, fosse stato in concorrenza perfetta,e quindi la curvaCmg fosse intesa come l’aggregazione del costo marginale dellesingole imprese concorrenziali (curva di offerta), la quantità prodotta sarebbe stataqc e il prezzopc. In monopolio si hanno pertanto quantità minori e prezzi piùalti

Page 24: Scienze delle finanze

20 CAPITOLO 2

-

6p

qO

A

BF

E

Cmg

RmgD

C

pm

pc

qm qc

Figura 2.1 L’equilibrio del monopolista

rispetto alla concorrenza. E’ già intuibile come questo riduca il benessere dellacollettività.

Il concetto può essere precisato considerando le variazioni del surplus. Inconcorrenza perfetta il surplus è dato dall’areaCBD. In particolare l’areaCBpc

rappresenta il surplus del consumatore e l’areapcBD quello del produttore. Inmonopolio il surplus del consumatore èCApm, con una riduzione pari apmABpc

rispetto al caso concorrenziale. Il surplus del produttoreè invecepmAED. Egliha guadagnatopmAFpc e ha persoFBE: dal momento che la prima area èmaggiore della seconda, il surplus del produttore risulta maggiore rispetto allaconcorrenza.

Il surplus sociale complessivo è invece minore. In monopolio è infatti pari al-l’areaCAED: la perdita netta rispetto alla concorrenza è pertanto datadal trian-golo ABE. E’ questo il problema allocativo, che va tenuto distinto dall’aspettodistributivo dovuto al fatto che il surplus del produttore aumenta a danno del con-sumatore (il rettangolopmAFpc è surplus del consumatore di cui in monopolio siappropria il produttore).

In presenza di un monopolio, vi sono due principali modi per affrontare ilproblema allocativo. La prima politica è quella di toglieredi mano al privato l’im-presa monopolistica e costituire un’impresa pubblica (nazionalizzazione). C’èstata una lunga fase, in tutti i paesi industriali, in cui si èfatto un ampio ricorsoalle nazionalizzazioni. L’idea alla base dell’impresa pubblica è che lo stato, o ingenerale l’ente pubblico, possa applicare una politica deiprezzi ottimale, perchéè in grado di rinunciare alla massimizzazione del profitto a favore di quella delsurplus sociale.

Da alcuni decenni si è entrati in una fase completamente diversa rispetto a

Page 25: Scienze delle finanze

I fallimentidel mercato 21

quella delle nazionalizzazioni. A partire dagli anni ’80 del ventesimo secolo, inmolti paesi industriali si sono restituite ai privati molteattività (privatizzazioni)passate decenni prima in mano pubblica. In questo caso si è fatto ricorso allaseconda delle possibili risposte al problema dell’inefficienza allocativa del mo-nopolio, la regolamentazione dell’impresa privata. Con laregolamentazione, lostato instaura con l’impresa privata un rapporto contrattuale che, in linea di prin-cipio, può essere congeniato in modo tale da indurlo alla scelta dei prezzi e dellequantità socialmente desiderabili.

2.2 Le esternalità

Nelle economie di mercato le scelte degli agenti economici,individui e imprese,si riflettono in variazioni dei prezzi, le quali inducono ulteriori modifiche nellescelte. Se il meccanismo di mercato è di tipo concorrenzialee non ci sono imper-fezioni, il vettore dei prezzi di equilibrio riflette correttamente il valore marginaledei benefici e dei costi di tutti i beni scambiati.

Tuttavia, esistono relazioni di interdipendenza tra gli agenti che non si riflet-tono in variazioni dei prezzi e delle quali pertanto i singoli agenti non tengonoconto nel proprio calcolo di convenienza.

Esempio 2.1.La decisione di effettuare un viaggio usando l’automobile,dipen-derà dalla valutazione che il singolo compie dei costi e dei benefici che la propriascelta gli procura. Tra i costi egli terrà conto di quanto paga di carburante, dellespese di ammortamento e di manutenzione del veicolo, del valore che attribuisceal tempo che il viaggio occuperà. Non considererà invece i costi che impone aglialtri, ma per i quali il mercato non lo chiama a pagare: per esempio le emissioniinquinanti e il proprio contributo alla congestione del traffico, che alza il tempo delviaggio per tutti gli automobilisti. Si tratta di effetti esterni negativi o esternalitànegative.

Definizione 2.1(Esternalità negative). Si hanno esternaltà negative, quando lascelta di un agente economico comporta costi per altri agenti economici senzache egli debba pagare loro alcuna compensazione.

Esempio 2.2.Nel decidere se e in che misura procedere al restauro della facciatadi un edificio di interesse artistico nel centro storico di una città, il proprietarioconfronterà il piacere e la soddisfazione che ne trarrà con icosti che dovrà soste-nere. Non considererà invece i benefici che procurerà agli altri fruitori del centrostorico, ma per i quali il mercato non gli consente di chiedere un corrispettivo. Sitratta di un effetto esterno positivo o esternalità positiva.

Definizione 2.2(Esternalità positive). Si hanno esternalità positive quando lascelta di un agente economico comporta benefici per altri agenti economici senzache egli riceva alcuna compensazione.

Possiamo allora formulare una definzione generale di esternalità.

Page 26: Scienze delle finanze

22 CAPITOLO 2

Definizione 2.3.Le esternalità sono fenomeni di interdipendenza tra le funzioni diutilità e/o di produzione che, non realizzandosi attraverso lo scambio, non dannoluogo compensazioni monetarie tra gli agenti economici.

In altre parole, si è in presenza di una esternalità tutte le volte che le sceltedi un agente economico producono effetti sul benessere di almeno un altro agenteeconomico (e cioè ne influenzano l’utilità o il profitto) al difuori del meccanismodi mercato.

2.2.1 Esternalità e allocazione efficiente delle risorse

In presenza di esternalità, l’allocazione delle risorse generata in equilibrio da unmercato concorrenziale non è efficiente in senso paretiano.Infatti, il sistema deiprezzi che regola il funzionamento delle economie di mercato concorrenziali nonfornisce agli agenti economici segnali corretti sui costi esui benefici associa-ti all’impiego delle risorse e, pertanto, non consente che il perseguimento dellamassimizzazione del benessere individuale da parte dei singoli agenti economicirisulti, in equilibrio, nella massimizzazione del benessere sociale.

Vediamo perché.Ogni agente economico razionale persegue la massimizzazione del proprio

benessere compiendo scelte che, al margine, assicurano l’uguaglianza tra beneficie costi privati (benefici e costi che per ogni agente economico sono associati allasua scelta individuale):

Bpmg = Cp

mg (2.1)

D’altra parte la massimizzazione del benessere sociale richiede che, al mar-gine, i benefici sociali siano uguali ai costi sociali:

Bsmg = Cs

mg (2.2)

In assenza di esternalità vi è coincidenza tra benefici e costi marginali privatie benefici e costi marginali sociali

Bpmg = Bs

mg e Cpmg = Cs

mg (2.3)

e quindi:

Bpmg = Cp

mg ⇔ Bsmg = Cs

mg (2.4)

In presenza di esternalità, le scelte individuali producono benefici (costi) pri-vati e benefici (costi) esterni. I benefici e costi sociali sono quindi la somma dibenefici e costi privati ed esterni:

Bsmg = Bp

mg +Besmg e Cs

mg = Cpmg + Ces

mg (2.5)

La massimizzazione del benessere sociale richiede quindi che sia verificatala seguente uguaglianza:

Page 27: Scienze delle finanze

I fallimentidel mercato 23

Bpmg +Bes

mg = Cpmg + Ces

mg ⇔ Bsmg = Cs

mg (2.6)

Per definizione, benefici e costi esterni non influenzano i termini in cui avvie-ne lo scambio nei mercati concorrenziali e quindi in presenza di effetti esterni gliagenti economici razionali continuano a fare le loro sceltein modo da realizzareal margine solo l’uguaglianza tra benefici e costi privati, ma questa non implicapiI l’uguaglianza tra benefici e costi sociali.

Tipicamente le scelte individuali producono effetti esterni in due situazioni:

• in presenza di fenomeni di consumo congiunto o produzione congiunta;• in presenza di risorse di proprietà comune.

2.2.2 Esternalità dovute a fenomeni di consumo congiunto o produ-zione congiunta

Consideriamo il caso di una esternalità unilaterale positiva derivante da consumocongiunto.

Sia data un’economia nella quale si producono solo due beniy ex e ci sonosolo due individuii e j. I beni sono interamente consumati dai due individui e leloro preferenze sono definite nel modo seguente:

U i = U i(xi, yi) (2.7)

U j = U j(xj , xi, yj) (2.8)

xi è la quantità del benex consumata dall’individuo i ecc.

aU j

axi> 0 definisce l’effetto esterno positivo che il consumo del benex da parte

dell’individuo i produce sul benessere dij.La perdita di benessere associata all’equilibrio concorrenziale nel mercato

del benex è illustrata nella Figura 2.2.La curva di domanda per il benex da parte dell’individuoi è la curva del

beneficio marginale privatoBpmg(Bi

mg,xi) chei deriva dal consumo dix. La curva

del beneficio marginale chej deriva dal consumo dix da parte dii è la curva delbeneficio marginale esternoBes

mg(Bjmg,xi) associata al consumo dix da parte dii.

Per ogni valore dixi la curva del beneficio marginale sociale è la somma verticaledelle curveBp

mg eBesmg, che corrisponde aBi

mg,xi+Bj

mg,xi .Il prezzop è il prezzo di equilibrio concorrenziale ed è quindi pari al costo

costo marginale privato (Cpmg). Datop, l’individuo i sceglie la quantità dix in

corrispondenza della qualeBpmg = p e quindiBpmg = Cp

mg. Scegliendo inquesto modoi non tiene conto dei benefici esterni associati alla sua scelta e laquantità dix acquistata in equilibrio è inferiore a quella ottima dal punto di vistasociale che è invece la quantitàx∗i > xi.

Page 28: Scienze delle finanze

24 CAPITOLO 2

Bmgxj

- -

66

xjxix∗iO O

Bmgxi

xi

p p

Bmgixi+Bmgjxi

Bmgixi

Bmgjxi A

BC

x∗j

Bmgjxj

Figura 2.2 Esternalità positiva derivante dal consumo congiunto dixi tra gli individui ie j.

La perdita netta di benessere associata all’equilibrio competitivo è pari alladifferenza tra il beneficio totale ed il costo totale associati alle unità dixi = x∗i−xi(l’areaABC).

In presenza di esternalità positive, in equilibrio concorrenziale si scambianodunque quantità di beni inferiori rispetto a quelle ottime dal punto di vista sociale.

Si può mostrare che in presenza di esternalità negative, in equilibrio concor-renziale si scambiano invece quantità di beni superiori rispetto a quelle ottime dalpunto di vista sociale.

2.2.3 Esternalità in presenza di risorse di proprietà comune

In presenza di una risorsa di proprietà comune, il costo dello sfruttamento da par-te di ciascuno individuo si ripartisce su tutti: il risultato è un uso eccessivo dellarisorsa e il suo eventuale esaurimento. Il fenomeno fu portato all’attenzione diun vasto pubblico da un articolo apparso sulla rivistaSciencenel 1978 [Hardin,1978], dal titolo molto significativo: “The Tragedy of the Commons“. Nell’artico-lo si faceva riferimento ai pascoli di proprietà comune. Poniamo che per ciascunpastore il beneficio di aggiungere un animale al suo gregge sia dato dal valore dimercato dell’animale. Il costo invece è dato dalle risorse consumate dall’animalediviso per il numero - molto alto in caso di proprietà comuni -dei proprietari delpascolo. Ogni pastore è così incentivato ad aggiungere animali senza limite. Il ri-sultato sarà la distruzione della proprietà comune. La parabola si applica a molterisorse ambientali.

Page 29: Scienze delle finanze

I fallimentidel mercato 25

2.2.4 Intervento pubblico e internalizzazione delle esternalità

L’operatore pubblico può definire politiche d’intervento dirette ad internalizzarele esternalità eliminando la perdita di efficienza.

E’ possibile distinguere tra due principali modalità di intervento pubblico.

1. L’intervento pubblico disegnato per influenzare le scelte degli agenti economicimodificando le regole che definiscono il contesto istituzionale nell’ambito delquale si svolge lo scambio.Potrà trattarsi dell’assegnazione dei diritti di proprietà nei contesti dove l’ineffi-cienza si produce a causa della loro mancata definizione, oppure della fissazio-ne di limiti esogeni all’attività di consumo o produzione degli agenti economici(regolamentazione).

2. L’intervento pubblico disegnato per influenzare le scelte degli agenti economi-ci attraverso strumenti che incidono sulla formazione dei prezzi di equilibrio,come le imposte e i sussidi.1

2.3 I beni pubblici

2.3.1 Rivalità ed escludibilità

Possiamo classificare i beni secondo due caratteristiche:la rivalità e l’escludibi-lità.

La rivalità

Definizione 2.4. La rivalità è data dalla misura in cui il consumo del bene daparte di un individuo riduce la quantità di cui altri possonodisporre.

Si ha rivalità piena quando il consumo di un individuo riducedello stessoammontare quanto gli altri possono consumare. Si ha non rivalità piena (rivalitànulla) quando la quantità che altri possono consumare non siriduce affatto. Sihanno, infine, casi intermedi (rivalità non piena) quando laquantità che altri pos-sono consumare di riduce, ma in misura inferiore a quanto consumato dal primoindividuo.

Esempio 2.3.Se nell’aula un posto a sedere è occupato da uno studente, nonpuòessere occupato da un altro: la rivalità è piena.

Esempio 2.4. Il fatto che uno studente ascolti il docente che parla, non riduceaffatto la possibilità che altri lo ascoltino: la rivalità ènulla.

Frequentemente il grado di rivalità dipende dal livello della domanda rispettoalla capacità di soddisfarla, cioè dal livello di congestione.

1Per l’uso delle imposte come strumento correttivo delle esternalità si rinvia lo studente aLongobardi [2009], Cap.10.

Page 30: Scienze delle finanze

26 CAPITOLO 2

Esempio 2.5.Se l’aula è molto affollata, la presenza di un ulteriore studente puòridurre le capacità di ascolto degli altri: la misura della rivalità dipende dal gradodi congestione.

L’escludibilità

Definizione 2.5. L’escludibilità è la possibilità di evitare che una volta che ilbene è reso disponibile ad un individuo, ogni altro individuo possa liberamenteaccedere al consumo.

Esempio 2.6.La lezione è un bene escludibile perchè si può condizionare l’ac-cesso all’aula, per esempio al pagamento di un corrispettivo. Invece una volta chelo studente è in aula non si può impedirgli di ascoltare: la lezione diventa nonescludibile.

L’escludibilità dipende dalla tecnologia ed è pertanto variabile nel tempo. Letrasmissioni televisive sono oggi escludibili, come ben sappiamo, ma non lo eranoqualche decina di anni fa, quando erano trasmesse solo via etere e non esistevanosistemi per criptare il segnale.

2.3.2 Beni privati, beni pubblici, beni misti

Definizione 2.6. Il bene privato puro è (pienamente) rivale ed escludibile. Il benepubblico puro è (pienamente) non rivale e non escludibile.

Il mercato può fornire beni privati perché, in quanto escludibili, possono esse-re venduti. Non così i beni pubblici: nessuna impresa privata produrrà un bene perla cui fornitura, non essendo escludibile, non può essere chiesto un corrispettivo.

Nel caso dei beni pubblici il razionamento del consumo tramite il sistema deiprezzi non solo è impossibile ma sarebbe anche inefficiente.

2.3.3 La quantità ottima di bene pubblico

La figura 2.3 illustra la costruzione della domanda di mercato nel caso di un beneprivato. Si suppone un’economia formata da due soli individui. A ciascun prezzo,ognuno dei due individui sceglie la quantità alla quale il prezzo è eguale al bene-ficio marginale. La quantità complessiva domandata è data, ad ogni determinatoprezzo, dalla somma delle quantità scelte dai due individui(somma orizzonta-le). In equilibrio concorrenziale si ha eguaglianza tra il beneficio marginale (diciascuno dei due) e il costo marginale.

La figura 2.4 illustra invece la costruzione della domanda dimercato nel ca-so di un bene pubblico. Ogni quantità di bene pubblico (G) è a disposizione deidue individui nella stessa misura (per quale proprietà del bene pubblico?). Il be-neficio totale è dato, ad ogni determinata quantità, dalla somma dei benefici deidue individui (somma verticale). La quantità ottima di benepubblico è quella in

Page 31: Scienze delle finanze

I fallimentidel mercato 27

-

66

- -

individuojBmg

equilibrio di mercato

xi xj xi + xj

Bimg Bj

mg

individui i e j6

6

-

Bmg

o

Bimg = Bj

mg = Cmg

oo

p∗

Cmg

individuo i

o

xi + xjq∗

Figura 2.3 Il bene privato: costruzione della curva di domanda ed equilibrio di mercato

corrispondenza della quale il costo marginale è eguale allasomma dei benefici2.Generalizzando adn individui:

B1mg +B2

mg + ...+Bnmg =

n∑

i=1

Bimg = Cmg

Il problema del free rider Ogni soggetto razionale sa che nel caso un bene pub-blico venga fornito, egli ne può godere senza limitazioni, perché non c’è rivalitànel consumo, e il suo accesso al bene non può essere subordinato al pagamentodi un corrispettivo, perché non c’è escludibilità. Egli nonavrà alcun interesse arivelare le proprie preferenze per il bene pubblico: ognunocercherà di non pagaree fare in modo che paghino gli altri. Questo comportamento, che viene chiama-to del free rider, produce una produzione sub-ottimale o addirittura la mancataproduzione del bene pubblico.

2Confrontando la 2.4 con la 2.2 lo studente noti come i beni pubblici possano essere consideratiuna forma estrema di esternalità reciproca derivante dal consumo congiunto.

Page 32: Scienze delle finanze

28 CAPITOLO 2

-

6

-

-

GBi

mg +Bjmg

G

individuoj

G

-

Bimg

individui i e j

o

6

Bjmg

6

individuo i

Bimg +Bj

mg

o

Cmg

G

o

G∗

o

6

Bimg +Bj

mg = Cmg

la quantità ottima

Figura 2.4 Il bene pubblico: costruzione della curva di domanda e determinazione dellaquantità ottima

ESERCIZI

Esercizio 2.1. Un monopolista fronteggia una curva di domanda inversa

P = 14−Q (2.9)

ed ha un costo marginaleCmg = 2 + 2Q (2.10)

Determinare la perdita secca di efficienza imputabile al monopolio.

Page 33: Scienze delle finanze

I fallimentidel mercato 29

Esercizio 2.2. L’individuo a ha la seguente curva di beneficio marginale rispet-to al proprio consumo di un benex:

Bamg = 12 − 1.5xa (2.11)

Un individuob trae beneficio dal consumo dix da parte dia secondo la seguentefunzione:

Bbmg = 4− 0.5xa (2.12)

Supposto che il prezzo di mercato del bene sia pari a6, determinare:

1. la quantità dix scelta daa;2. la quantità dix socialmente ottima;3. la perdita di benessere imputabile all’esternalità.

Esercizio 2.3. Le curve di disponibilità a pagare di due individui (a eb) per unbene publico siano

Bamg = 3− 0.75Q (2.13)

Bbmg = 7− 1.75Q (2.14)

Il costo marginale di produzione del bene pubblico sia

Cmg = 5 (2.15)

Determinare

1. la quantità ottimale di bene pubblico;2. il surplus totale in corrispondenza della quantità ottimale.

Page 34: Scienze delle finanze

30

Page 35: Scienze delle finanze

CAPITOLO3

Scelta sociale

3.1 La massimizzazione del benessere sociale

Ciascun punto sulla frontiera delle utilità comporta una diversa distribuzionedel benessere. Il problema è quello della scelta dell’ottimo tra gli ottimi.

Se si assume di poter attribuire alla collettività un ordinamento di preferenze suidiversi stati del mondo e se tale ordinamento è continuo e transitivo, esso puòessere rappresentato da una funzione (la funzione del benessere sociale, FBS),che svolge lo stesso ruolo della funzione di utilità nella rappresentazione degliordinamenti di preferenza individuali. Dalla FBS può essere derivata una mappadi curve di indifferenza sociali: a ogni curva è associato ilmedesimo livello dibenessere sociale.

L’ottima scelta sociale è data dalla massimizzazione del benessere sociale,soggetta al vincolo della frontiera delle utilità: il puntodi tangenza tra la frontieradelle utilità e una curva di indifferenza sociale (Figura 3.1).

3.2 Le funzioni del benessere sociale

Una formulazione molto generale di FBS è basata su seguenti tre giudizi di valore“deboli”, vale a dire sui quali si ritiene possa esservi un ampio accordo: wel-farismo, individualismo (o “sovranità” del consumatore),principio (debole) delPareto.

1. Welfarismo.Gli argomenti della FBS sono le utilità dei singoli individui:

W = f(u1, u2, u3, . . . , un) (3.1)

doveW rappresenta il benessere sociale in una collettività di n individui.Questa ipotesi, per quanto sia ancora largamente dominante, è stata messa indiscussione dagli sviluppi del dibattito teorico dell’ultimo ventennio. Il puntodi partenza è stato un saggio di Sen [1977]. Sen notava come ilwelfarismo malsi conciliasse con alcuni valori largamente accolti nelle società contemporanee.Il principio di libertà, per esempio, non poggia su valutazioni di benessere, ma

Page 36: Scienze delle finanze

32 CAPITOLO 3

-

6

0 u1

u2

W ∗

Figura 3.1 Il problema della massimizzazione del benessere sociale. Il punto di massimobenessere sociale,W ∗, è dato dalla tangenza tra la frontiera delle utilità e una curva diindifferenza sociale.

sul riconoscimento che certe scelte vanno lasciate integralmente neldominiodei singoli individui. Anche il principio di giustizia distributiva, qualora vengadefinito in termini di caratteristiche diverse dal benessere (reddito, ricchezza,livello di istruzione, opportunità di scelta, trattamentodi fronte alla legge ecc.)non trova spazio in un approccio welfarista.

2. Individualismo o sovranità del consumatoreL’utilità dei singoli individui è valutata in base al giudizio degli interessati.Un approccio alternativo è costituito dal paternalismo, con il quale un giudizio“collettivo” si sostituisce a quello individuale.Nelle società moderne, politiche orientate da criteri paternalistici sembrano am-piamente diffuse: si impongono divieti e obblighi, si incentivano determinaticomportamenti, se ne sanzionano altri. Si pensi, per limitarsi a qualche esem-pio, alla tassazione dei consumi nocivi (fumo, alcol); agliobblighi imposti inmateria di assicurazione, di previdenza, di livelli minimidi istruzione; a quelliin campo sanitario, come l’obbligo di vaccinazione. Questapuò tuttavia ri-sultare una conclusione affrettata, perché quasi sempre queste misure possonoessere anche motivate, o quanto meno razionalizzate a posteriori, dalla presenzadi esternalitànegative.

3. Principio debole del ParetoIl benessere sociale cresce o al più rimane costante quando aumenta una soladelle utilità individuali, ferme restando le altre.In simboli:

Page 37: Scienze delle finanze

Scelta sociale 33

6

u1

u2

0-

AII

I

D

B

C

Figura 3.2 Curve di indifferenza sociali strettamente convesse implicano avversione neiconfronti delle diseguaglianza.

∂W/∂ui ≥ 0,∀i ∈ {1, . . . , n} (3.2)

(Come va modificata la (3.2) per definire il principio (forte)del Pareto comeè stato definito nel primo capitolo?)Una FBS che rispetti le tre proprietà finora introdotte è importante come schemaanalitico, ma piuttosto povera di indicazioni concrete di politica economica. Inparticolare, mancando completamente considerazioni di carattere distributivo, unaFBS di questo tipo è del tutto inadeguata a risolvere i problemi di trade-off traefficienza ed equità. Per poter trattare aspetti distributivi, è necessario introdurreun quarto giudizio di valore.

4 La disuguaglianza non è un “bene”.Se si riduce il grado di disuguaglianza nella distribuzionedelle utilità indivi-duali, il benessere sociale non diminuisce (cresce o, al più, rimane costante).In termini analitici, questo significa imporre la condizione che la FBS sia con-cava nelle utilità individuali:

∂2W/∂u2i ≤ 0, ∀i ∈ {1, . . . , n} (3.3)

Quando∂2W/∂u2i < 0 (FBS strettamente concava, curve di indifferenza socialistrettamente convesse), si haavversione alla disuguaglianza.Quando invece∂2W/∂u2i = 0 (FBS lineare, curve di indifferenza sociali linea-ri) si haneutralità rispetto alla disuguaglianza.

Page 38: Scienze delle finanze

34 CAPITOLO 3

D

u2

W1

W3

u10

W2

W4

-

6

A

B

C

Figura 3.3 Curve di indifferenza sociali lineari implicano neutralità rispetto alladisuguaglianza.

Nella Figura 3.2, date le due curve di indifferenza strettamente convesseI eII, il puntoC, di tangenza della curva di indifferenzaI con una retta inclina-ta negativamente a45o, che ha una distribuzione del benessere più equilibrata,risulta socialmente preferito al puntoA (e al puntoB), pur essendo eguale l’uti-lità complessiva (trovandsiA eB sulla retta a45o tangente a C). Di converso, ilpuntoD, pur rappresentando una somma delle utilità minore rispetto ai puntiAeB, risulta loro indifferente: la minore disuguaglianza “compensa”, nella valu-tazione sociale, il minore benessere aggregato. Maggiore il grado di avversionealla disuguaglianza, maggiore sarà la convessità delle curve di indifferenza.Nel caso di neutralità rispetto alla disuguaglianza, invece, l’ordinamento di pre-ferenze sociali non risulta influenzato dal grado di disuguaglianza nella distri-buzione delle utilità. Nella Figura 3.3 sulla curva di indifferenza di indiceW4,per esempio, nel puntoA, che rappresenta una distribuzione che favorisce intermini relativi l’individuo 2, il benessere sociale è eguale a quella del puntoB, che è invece più favorevole all’individuo1, e a quella del puntoC dove ladistribuzione del benessere è più equilibrata.

Una FBS la quale rispetti le 4 proprietà finora introdotte rifletterà sia considera-zioni di carattere allocativo (attraverso il principio di Pareto) sia considerazioni dicarattere distributivo (attraverso il principio di avversione alla disuguaglianza).

La classe delle FBS che rispettano le quattro proprietà Guardando alla Figu-ra 3.4 possiamo delimitare lo spazio delle curve di indifferenza sociale generate

Page 39: Scienze delle finanze

Scelta sociale 35

u2

a

FBS utilitarista

FBS rawlsiana

6-

u1

b

e

d

c

f

A

-

FBS con le quattro proprieta′-

-

Figura 3.4 Le areeE e F , compresi i contorni, compongono lo spazio delle curve diindifferenza generate da FBS che rispettano le quattro proprietà.

da FBS che rispettano le quattro proprietà.Si consideri il puntoA posto sulla bisettrice. Esso rappresenta lasoluzione

egualitaria: i due individui godono dello stesso livello di benessere.Un curva di indifferenza sociale passante perA non potrà attraversare le aree

a e b, perché, se così fosse, non si rispetterebbe il principio debole di Pareto.D’altra parte, l’ipotesi di avversione/neutralità alla disuguaglianza esclude cheuna curva di indifferenza passante perA possa tagliare le areec e d (perché inquesto caso si tratterebbe di una curva di indifferenza strettamente concava).

Lo spazio delle curve di indifferenza sociale, passanti perA, che rispettanoinsieme sia il principio debole di Pareto sia l’ipotesi di avversione/neutralità alladisuguaglianza sarà allora quello composto dall’unione delle areee ef , compresii contorni. I contorni assumono un significato ben preciso: quello inferiore (ilsegmentoAB) rappresenta infatti una curva di indifferenza sociale derivata dauna FBS utilitarista; quello superiore (laL che poggia nel puntoA) una curvaderivata da una FBS rawlsiana. Studiamo allora queste due ipotesi.

3.2.1 La funzione del benessere sociale utilitarista

Il benessere sociale è dato dalla somma delle utilità individuali:

W = u1 + u2 + u3 + · · ·+ un =∑n

i=1 ui

Requisiti informativi:

Page 40: Scienze delle finanze

36 CAPITOLO 3

6

-

6

-Y

uT umg

Y

Figura 3.5 Una funzione di utilità totale del reddito strettamente concava (parte sinistradella figura) dà luogo a una funzione di utilità marginale delreddito decrescente (partedestra della figura).

1. Misurabilità cardinale delle utilità individuali.2. Confrontabilità degli stati di benessere individuali.

A rigore è sufficiente un tipo di confrontabilitàparziale, chiamataconfronta-bilità per unità: devono essere confrontabili le differenze tra le utilità degliindividui in diversi stati del mondo, mentre non è necessario il confronto tra ilivelli assoluti di utilità. Per esempio, dati due stati delmondo,α e β, e dueindividui, poniamo che:

u1(α) = 6 ; u1(β) = 2 e u2(α) = 2 ; u2(β) = 5

Per ordinare, nel senso dell’utilitarismo, lo statoα come superiore allo statoβ(α ≻u β) è sufficiente sapere che:

[u1(α)− u1(β)] = 4 > [u2(β)− u2(α)] = 3

senza dover confrontare i livelli assoluti delle utilità dei due individui (dire,per esempio, che l’individuo1 nello statoα “sta meglio” dell’individuo2 nellostatoα o nello statoβ).Nel seguito, in relazione all’utilitarismo, assumero tuttavia confrontabilità pie-na.

Le curve di indifferenza sociali derivate da una funzione del benessere utilitaristasaranno lineari e inclinate negativamente a45o (come quelle rappresentate nellaFigura 3.3): lungo ogni curva la somma delle utilità è costante.

Si tratta dunque di neutralità rispetto alla disuguaglianza. Ciononostante l’u-tilitarismo, come filosofia politica, ha svolto storicamente un ruolo molto impor-tante nell’influenzare in senso egualitario le politiche sociali.

Page 41: Scienze delle finanze

Scelta sociale 37

0

C

D

umg

E

A

FGHI-

6

B

Y

Figura 3.6 Con una FBS utilitarista, il benessere sociale cresce se si trasferisce un redditopari aFG = IH dall’individuo più ricco all’individuo più povero.

In effetti, la neutralità rispetto alla disuguaglianza nelle utilità non implicaneutralità rispetto alla disuguaglianza nei redditi (o nella ricchezza). Occorrespecificare il legame tra reddito e utilità individuale. Se si assume che l’utili-tà marginale del reddito sia decrescente al crescere del reddito (Figura 3.5), laneutralità rispetto alla disuguaglianza nelle utilità implica avversione rispetto alladisuguaglianza nei redditi.

Nella Figura 3.6 si ipotizzano due individui (Ricco e Povero) con la stessafunzione di utilità marginale del reddito. Nella situazione iniziale Ricco ha unredditoOF , Povero un redditoOI. Se con un’imposta si sottrae a Ricco unaquantità di reddito pari aGF e la si trasferisce a Povero con un sussidio(IH = GF ), l’utilità totale del primo si riduce dell’areaDEFG, mentre l’utilitàtotale del secondo cresce dell’areaBCHI: la somma delle utilità aumenta.

La redistribuzione di risorse dai “ricchi” ai “poveri” faràaumentare il be-nessere sociale, nel senso dell’utilitarismo, fino a che tutti non avranno lo stessoreddito (perfetta eguaglianza nella ripartizione delle risorse).

Il risultato può essere generalizzato rimuovendo l’ipotesi che gli individuiabbiano la stessa funzione di utilità marginale.

Invece, come si vedrà meglio, esso dipende crucialmente dall’assunzione,implicita nell’esempio grafico, che la redistribuzione nonabbia un costo (nonriduca cioè l’ammontare complessivo delle risorse da distribuire).

Page 42: Scienze delle finanze

38 CAPITOLO 3

3.2.2 La funzione del benessere sociale rawlsiana

Un importante criterio di benessere è ispirato alla teoria della giustizia formulatada Rawls [1971], uno fra i maggiori filosofi politici contemporanei. Rawls ripren-de la tradizione della filosofia politica contrattualista e propone una visione dellagiustizia come equità, in base alla quale le istituzioni fondamentali di una una so-cietà sono eque se e solo se possono essere spiegate come il frutto di un accordo(contratto sociale) firmato dai cittadini in un ipotetico stato di natura. Con questoimpianto metodologico, Rawls propone una costruzione teorica ampia ed artico-lata in cui trovano armoniosa composizione principi diversi, tra i quali: a) l’ugua-glianza dei cittadini nei diritti e nelle libertà civili e politiche; b) l’uguaglianzadi opportunità, intesa come assenza di discriminazioni ingiustificate nell’accessoai ruoli e alle carriere nella società; c) una distribuzionedelle risorse in base allaquale il benessere sociale aumenta se viene migliorata (max) la posizione di chista peggio (min).

Quest’ultimo criterio distributivo, se interpretato entro l’impostazione welfa-rista da noi finora seguita, permette un confronto tra la teoria rawlsiana e i criteridi benessere utilitaristico e egualitario. Esprimendo il criterio del maximin intermini di utilità, la funzione del benessere socialerawlsiana risulta essere deltipo:

W = min(u1, . . . , un)

Si notino i requisiti informativi sulle utilità:

1. misurabilità ordinale;2. confrontabilità dei livelli di utilità individuali.

Le curve di indifferenza rawlsiane rappresentano la massima avversione rispettoalla diseguaglianza (Figura 3.7).La funzione di Rawls combina aspetti tipicamente egualitari con aspetti utilitaristi-ci e liberali. Il principio egualitario spiega la priorità assegnata al più povero nellavalutazione del benessere di una società; in comune con l’utilitarismo è invecela completa indifferenza del criterio rawlsiano rispetto alle disuguaglianze cheinteressano la popolazione, una volta che si sia tutelato ilbenessere dell’individuopiù povero. Per cogliere questi aspetti, si considerino tredistribuzioni di benessere(A,B,C) tra due individui (i, j):

A B C

ui 10 12 9

uj 10 20 100

L’allocazione A è quella preferita secondo l’egualitarismo (è infatti l’unica a pre-vedere una eguale distribuzione delle utilità); l’allocazione C è quella preferitasecondo l’utilitarismo; la funzione del benessere socialedi Rawls invece è massi-mizzata dalla allocazione B, in cui il più povero ha il più alto indice di utilità. Si

Page 43: Scienze delle finanze

Scelta sociale 39

u2

IV

III

I

u1-

6

BAII

Figura 3.7 Una mappa di curve di indifferenza generata da una FBS rawlsiana. Nelpunto A sulla curva di indifferenza di indice II l’individuo2 è in una posizione peggiorerispetto all’individuo1. Il movimento daA aB, che non produce alcun miglioramentoper l’individuo2, non incrementa il benessere sociale.

noti che la distribuzioneB prevede una minore somma delle utilità rispetto a C,ma anche un maggior grado di disuguaglianza rispetto adA: il criterio di Rawlscorregge l’assoluta indifferenza rispetto alle questionidistributive, propria dei cri-teri puramente aggregativi come l’utilitarismo, non in nome di un maggior gradodi uguaglianza, ma con una attenzione alle fasce più povere nella distribuzione.Sotto un profilo prescrittivo il criterio di Rawls quindi nongiustifica politiche diredistribuzione orientate alla riduzione delle disuguaglianze; piuttosto, fornisceun fondamento teorico alle politiche volte ad aumentare il benessere di chi stapeggio: le politiche di lotta alla povertà e le politiche di inclusione sociale.

3.3 Confronti tra criterio del Pareto, FBS utilitarista, FB Srawlsiana

Si consideri la Tabella 3.1:

• con il criterio del Pareto A, B e C sono non confrontabili (sono tutti punti diottimo);

• con una FBS utilitarista:[A ∼ B ∼ C]U ;• con una FBS rawlsiana:[C ≻ A ∼ B]R.

Page 44: Scienze delle finanze

40 CAPITOLO 3

Tabella 3.1 In colonna 3 stati del mondo, in riga gli indici di utilità di 3individui.

A B C

u1 60 90 90

u2 80 90 70

u3 100 60 80∑3

1 ui 240 240 240

In generale, siaZ l’insieme dei possibili stati del mondo e sianoP,U ,R gli in-siemi dei miglioramenti, rispettivamente, nel senso di Pareto, nel senso dell’utili-tarismo e nel senso di Rawls.Abbiamo che:

1. La relazione di dominanza nel senso di Pareto implica una relazione di domi-nanza nel senso dell’utilitarismo, ma non vale il contrario.

∀A,B ∈ Z, A ≻P B ⇒ A ≻U B e A ≻U B 6⇒ A ≻P B

Quindi: P ⊂ U2. La relazione di dominanza nel senso di Pareto non implica una relazione di

dominanza nel senso di Rawls, né vale il contrario. I due insiemi P e R nonsono tuttavia disgiunti.

∀A,B ∈ Z, A ≻P B 6⇒ A ≻R B e A ≻R B 6⇒ A ≻P B

P ∩R 6= ∅

U

PR

Figura 3.8 Gli insiemi dei miglioramenti nel senso di Pareto, nel sensodell’utilitarismoe nel senso di Rawls.

Page 45: Scienze delle finanze

Scelta sociale 41

3. La relazione di dominanza nel senso dell’utilitarismo non implica una relazionedi dominanza nel senso di Rawls, né vale il contrario. I due insiemiU eR nonsono tuttavia disgiunti.

∀A,B ∈ Z, A ≻U B 6⇒ A ≻R B e A ≻R B 6⇒ A ≻U B

U ∩ R 6= ∅

Si veda anche la Figura 3.8.

3.4 Confronti tra utilitarismo, rawlsismo, egualitarismoin assenza e in presenza di trade-off equità-efficienza

Si è visto nella Sezione 3.2.1 che, nell’ipotesi di utilità marginale del reddito de-crescente, la soluzione utilitarista coincide con la soluzione egualitaria. Il risultatodipende dall’assunzione che la redistribuzione non abbia costi, vale a dire che nonvi sia trade-off equità/efficienza. In questa sezione si mostra come i risultati delconfronto tra utilitarismo, rawlsismo ed egualitarismo dipendano dalla presenzadel trade-off e dalla sua intensità.

Si considera una collettività composta da due individui,1 e 2, con redditiy1ey2, cui sono associate le utilitàu1 eu2.

6

-

6

-

R′

y2

u1 = u2

y10

y∗2

y1

u2

u∗2

u∗1 u1y∗1 u1

y2

R

y1 = y2y∗1 = y∗2

u2u∗1 = u∗2

Figura 3.9 Il caso della redistribuzione senza costi con utilità marginale costante. Laparte sinistra della figura rappresentala curva delle opportunità, la parte destra lacurvadelle possibilità di utilità .

Page 46: Scienze delle finanze

42 CAPITOLO 3

3.4.1 Primo caso: redistribuzione senza costi e utilità marginaledel reddito costante

Nella parte destra della Figura 3.9 è rappresentata unacurva delle opportunità:essa esprime il reddito massimo che può ottenere l’individuo 2 per ogni dato li-vello di reddito dell’individuo 1. Se la curva delle opportunità è lineare e inclinataa45o, la somma dei redditi dei due individui è costante:

y1 + y2 = y1 = y2

La ricchezza complessiva risulta dunque indipendente dalla sua distribuzione tra idue individui: la redistribuzione non ha costi.

Se si assume che i due individui abbiano una medesima funzione lineare diutilità del reddito la curva delle possibilità di utilità avrà la stessa forma: essa èrappresentata nella parte destra della Figura 3.9.

In questo caso la soluzione utilitarista è indeterminata perché corrisponde adogni punto lungo la curva delle possibilità di utilità. Il criterio rawlsiano prescriveuna eguale ripartizione della ricchezza (y∗1 = y∗2) e del benessere (u∗1 = u∗2).

3.4.2 Secondo caso: redistribuzione senza costi e utilità marginaledel reddito decrescente

Se si fa l’ipotesi che l’utilità marginale del reddito sia decrescente - mantenendofermo che si tratti della medesima funzione per i due individui - la curva delle pos-sibilità di utilità risulta strettamente concava e simmetrica rispetto alla bisettrice.Essa è rappresentata nella parte destra della Figura 3.10.

6

-

6

-y1

y2

y∗2

u2

0

y∗1 = y∗2

u1

u2

u∗2

y∗1 u1

U = R

u1 = u2

u∗1

y1 = y2

U ′ = R′

y2

u∗1 = u∗2

y1

Figura 3.10 Il caso della redistribuzione senza costi con utilità marginale decrescente.La FBS utilitarista e la rawlsiana producono entrambe la soluzione egualitaria.

Page 47: Scienze delle finanze

Scelta sociale 43

Si ha allora che la soluzione utilitarsita e la soluzione rawlsiana coincidononel prescrivere una eguale ripartizione della ricchezza e del benessere.

Si noti che i risultati dei casi 1 e 2 sono di portata generale.Per quanto riguar-da la FBS rawlsiana si può, in particolare, formulare la seguente proposizione.

Proposizione 3.1.Una funzione del benessere sociale rawlsiana dà sempre luo-go a una distribuzione perfettamente egualitaria del benessere quando la sommadelle utilità è costante.

3.4.3 Terzo caso: redistribuzione con costi e utilità marginale del red-dito decrescente

Il caso di redistribuzione con costi è rappresentato nella Figura 3.11: lungo lacurva delle opportunità la somma dei redditi decresce man mano che ci si spostadall’intercettay2 all’intercettay1.

In questo caso solo con una FBS rawlsiana si ha la soluzione egualitaria nel-la distribuzione delle risorse(y∗1(R) = y∗2(R)) e del benessere(u∗1(R) = u∗2(R)).Con una FBS utilitarista la ripartizione delle risorse(y∗1(U) < y∗2(U)) e del be-nessere(u∗1(U) < u∗2(U)) favorisce, in termini relativi, l’individuo2, che è più“produttivo”.

3.4.4 Quarto caso: redistribuzione con costi molto elevatie utilitàmarginale del reddito decrescente

Anche una FBS rawlsiana non prescriverà una eguale ripartizione del benesserequalora i costi della redistribuzione siano talmente elevati che, oltre un certo li-

-

6

-y1

u2u∗2(U)

u∗2(R)R

u∗1(U) u∗1(R) u1

y2

u∗1(R) = u∗2(R)

y26

U ′

y∗1(U)

y∗2(U)

y1 < y2

y1

u1 < u2

y∗1(R) = y∗2(R)

y∗2(R)

u2

u1

R′

u∗1(U) < u∗2(U)y∗1(U) < y∗2(U)

y∗1(R)

UUUU

Figura 3.11 Il caso della redistribuzione con costi e con utilità marginale decrescente.Una FBS utilitarista e una rawlsiana non danno la stessa soluzione.

Page 48: Scienze delle finanze

44 CAPITOLO 3

-

6

0

U

E

R

u2

u1

Figura 3.12 Anche nella soluzione rawlsiana non si ha una eguale ripartizione delbenessere tra i due individui.

mite, si riduca anche l’utilità dell’individuo a favore delquale sono indirizzate lepolitiche redistributive. Il caso è rappresentato nella Figura 3.12 dove il punto E,di intersezione tra la curva delle possibilità di utilità e la bisettrice, rappresenta lasoluzione egualitaria.

ESERCIZI

Esercizio 3.1. Scrivere la funzione del benessere sociale utilitarista e quellaispirata a Rawls. Ordinare le seguenti situazioni secondo l’una e secondo l’altra.

A B C D

u1 70 68 72 72

u2 50 55 55 50

u3 65 100 60 65

Esercizio 3.2. Indicare se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. Se una situazione domina un’altra sia nel senso di Pareto sia nel senso di Rawlsla domina anche da un punto di vista utilitarista.

Page 49: Scienze delle finanze

Scelta sociale 45

V F

2. La funzione del benessere sociale rawlsiana è del tutto insensibile al trade-offequità/efficienza

V F

3. La funzione del benessere rawlsiana implica, come quellautilitarista, la com-parabilità e la misurabilità in senso cardinale.

V F

Esercizio 3.3. Si consideri la seguente Frontiera delle utilità:

UA + 2UB = 10 (3.4)

Si individui graficamente l’allocazione ottimale (o le allocazioni ottimali) in baseai seguenti criteri:

1. Pareto2. Utilitarismo3. maximinà la Rawls4. Egualitarismo

Page 50: Scienze delle finanze

46

Page 51: Scienze delle finanze

CAPITOLO4

Analisidella disuguaglianza

Questo capitolo è dedicato al tema delle disuguaglianze economiche e, in modoparticolare, al problema della misurazione della disuguaglianza in una di-

stribuzione delle risorse.La disuguaglianza tra le posizioni economiche dei diversi individui costitui-

sce un elemento di valutazione che, insieme al giudizio di efficienza, permettedi apprezzare la desiderabilità sociale di un dato assetto dell’economia. Oltrea essere intrinsecamente rilevante per la valutazione sociale, l’analisi della di-suguaglianza è necessaria alla comprensione di fenomeni sociali diversi, a essalegati da relazioni di tipo causale. Per esempio, ci si interroga sulla relazioneesistente tra grado di disuguaglianza e potenzialità di crescita di un’economia;tra grado di disuguaglianza (o “polarizzazione”) nella distribuzione delle risorsee possibilità di tensioni e conflitti sociali; viceversa, cisi domanda quale effettoabbia avuto la globalizzazione dell’economia mondiale sulgrado di disuguaglian-za tra i paesi del mondo e all’interno dei singoli paesi. In tutti questi casi, loscienziato sociale ha la necessità di effettuare confrontitra distribuzioni sulla basedella disuguaglianza: per confrontare le economie di un intervento pubblico sulgrado di disuguaglianza in un paese, per studiare l’evolversi nel tempo della disu-guaglianza in una data economia.

Per quanto le disuguaglianze economiche tra gli individui possano manife-starsi nelle forme più varie - disuguaglianze nel grado di istruzione, nel tipo dioccupazione, nel livello di reddito e di patrimonio, nella capacità di consumo -in questa sede si assumerà che tutte queste dimensioni sianorappresentabili daun’unica variabile: il reddito. Il problema delle disuguaglianze economiche saràdunque ridotto a un problema di tipo unidimensionale: si tratterà di effettuaremisurazioni e confronti di disuguaglianza e di benessere fra diverse distribuzionidi reddito. Per semplicità, si limiterà ulteriormente l’analisi al confronto di distri-buzioni con lo stesso numero di individui. In generale, datedue distribuzioni diredditiX eY , si tratta di stabilire se la disuguaglianza inX sia maggiore, ugualeo minore della disuguaglianza inY.

La maniera forse più elementare per valutare la disuguaglianza in una di-stribuzione consiste nel confrontare il reddito dell’individuo più povero con il

Page 52: Scienze delle finanze

48 CAPITOLO 4

reddito dell’individuo più ricco. Una semplice generalizzazione consiste nel con-frontare, piuttosto che l’individuo più povero con quello più ricco, il gruppo diindividui più poveri con il gruppo di individui più ricchi. Guardando per esempioall’economia mondiale nel suo complesso, si osserva che nel1960 il 20% più ric-co della popolazione mondiale possedeva il 70,2% del reddito del mondo, mentreil 20% più povero toccava circa il 2,3%: il rapporto tra il gruppo più ricco e quellopiù povero era quindi di 30 a 1. Dopo circa 40 anni (nel 1998), il primo gruppoè giunto a disporre dell’86% delle risorse, mentre il 20% piùpovero è sceso al-l’uno per cento. Il rapporto tra i più ricchi e i più poveri è passato a 86 contro 1.Differenze ancora più rilevanti si osservano all’interno di singoli paesi.

Per quanto efficace e facilmente comprensibile, questo indicatore non ci dicenulla sulle posizioni intermedie. Sarebbe auspicabile utilizzare una misura cheguardasse a tutta la distribuzione, e non solo ai valori estremi.

Una modalità largamente utilizzata per rappresentare l’intera distribuzionedei redditi e per confrontare distribuzioni alternative sulla base della disuguaglian-za è basata sulla curva di Lorenz.

4.1 Ordinamenti parziali di distribuzioni del reddito

4.1.1 La curva di Lorenz

Si consideri una generica distribuzioneX = (x1, x2, . . . , xN ) in cui i redditiposseduti daN individui siano stati ordinati in maniera crescente:

x1 ≤ x2 . . . ≤ xN

La curva di Lorenz della distribuzioneX, LX , indica, per ogni percentuale cu-mulata di individui, la percentuale di reddito complessivoda questi posseduta. Èquindi il luogo dei punti di coordinate:

(

pi,1

T

i∑

k=1

xk

)

dove:i = 1, . . . , N ;pi =

iN

;

T =∑N

k=1 xk.La curva di Lorenz è rappresentata nella Figura 4.1.

Esempio 4.1.Si consideri la seguente distribuzione:

X = (10, 20, 30, 40, 60)

Nella Tabella 4.1 si individuano le ascisse e le ordinate della curva di Lorenz.

Page 53: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 49

Perc. di reddito totale6

0

Perc.

della perfettaeguaglianza

1T

∑5k=1 xk

-

Curva

6

-

di individui

6

1

-

1/N 5/N N/N = 1

linea

di Lorenz

Figura 4.1 La curva di Lorenz.

La popolazione è costituita da cinque persone, dunque ciascuna di esse rappresentaun quinto della popolazione. Al primo 20% della popolazioneè attribuito il 6.2%del reddito complessivo: dunque, come si vede nella Figura 4.2, il primo puntodella curva di Lorenz è individuato dalle coordinate (0.20;0.062). Al secondo20% della popolazione è attribuito il 12.5% del reddito. Insieme al primo, essiformano il 40% della popolazione e posseggono il 18.7% del reddito complessi-vo: il secondo punto della curva di Lorenz sarà individuato dalle coordinate (0.40;0.187). Così via fino all’ultimo punto, in corrispondenza del quale vi è il 100%della popolazione che naturalmente possiede il 100% del redito totale. Dunque siavràLX (0) = 0 eLX (1) = 1.

Se i redditi fossero distribuiti esattamente in parti uguali, in modo che al 20%della popolazione più povera fosse attribuito il 20% del reddito, al 40% il 40% direddito, e così via, la curva di Lorenz verrebbe a coinciderecon la bisettrice delquadrato di lato uno, che dunque rappresenta la linea della perfetta uguaglianza.Nel caso opposto, quando cioé tutto il reddito fosse concentrato nelle mani di un

Tabella 4.1 La curva di Lorenz.

i xi pi =iN

∑ik=1 xk L(pi) =

1T

∑ik=1 xk

1 10 0,20 10 0,062

2 20 0,40 30 0,187

3 30 0,60 60 0,375

4 40 0,80 100 0,625

5 60 1 160 1

Page 54: Scienze delle finanze

50 CAPITOLO 4

0, 2 10, 4 0, 6 0, 8

1

0, 062

0, 375

0, 187

0

0, 625

Figura 4.2 Il caso della Tabella 4.1.

solo individuo, la curva di Lorenz assumerebbe un andamentoad angolo retto,coincidente con l’asse delle ascisse e con il segmento verticale di destra. Al di làdi questi casi polari, la curva di Lorenz rimarrà in genere aldi sotto della retta diequa ripartizione, presentando una inclinazione negativae un andamento conves-so. Quanto più la curva di Lorenz sarà vicina alla bisettrice, tanto più egualitariala distribuzione. Quanto più se ne distanzierà, tanto maggiore la disuguaglianza.

4.1.2 Ordinamento di Lorenz

Date due distribuzioni di reddito X e Y, diremo che la disuguaglianza in Y èminore della disuguaglianza in X in base al criterio di Lorenz se e solo se lacurva di Lorenz di Y giace sempre al di sopra della curva di Lorenz di X (Figura4.3). In termini analitici, definiamo l’ordinamento di Lorenz come segue.

Definizione 4.1(Ordinamento di Lorenz). Date due distribuzioniX e Y , Y do-minaXnel senso di Lorenz (Y ≻L X) se e solo se

i∑

k=1

yk

N∑

k=1

yk

i∑

k=1

xk

N∑

k=1

xk

per ogni i = 1, ..., N e LX 6= LY

Page 55: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 51

6

L(p)

1

Lx(p)

p

1

0 ︸ ︷︷ ︸

-

-

-

Ly(p)

Figura 4.3 La distribuzione Y domina, nel senso di Lorenz, la distribuzione X.

Nella Tabella 4.2 sono riportati i valori delle curve di Lorenz delle distribuzionidei redditi in Italia, relative agli anni 1980, 1989, 2000 (dati della Banca d’Italia).

È evidente come la distribuzione dei redditi relativa al 1980 domini nel sensodi Lorenz la distribuzione del 1989, e quest’ultima domini quella del 2000. Emer-ge una indicazione chiara: la disuguaglianza in Italia, negli ultimi venti anni, ècresciuta in maniera costante.

L’ordinamento di Lorenz è transitivo ma non completo. Nel caso in cui lecurve di Lorenz relative a due distribuzioni si intersechino tra loro (Figura 4.4), ilconfronto rimane indeterminato: le due distribuzioni sononon confrontabili in ba-se al criterio di Lorenz. Gli ordinamenti incompleti vengono chiamati ordinamentiparziali.

Tabella 4.2 La distribuzione dei redditi in Italia.

% popolazione % reddito-1980 % reddito1989 % reddito 2000

10 2,9 2,9 2,1

20 7,7 7,4 6,1

30 13,4 12,8 11,3

40 20,4 19,7 17,7

50 28,4 27,3 25,3

60 37,7 36,7 34,2

70 48,3 47,3 44,9

80 60,6 59,7 56,7

90 75,6 75,2 72,4

Page 56: Scienze delle finanze

52 CAPITOLO 4

6

L(p)

1

p

1

0 ︸ ︷︷ ︸

-- Lx(p)

- Ly(p)

Figura 4.4 Le distribuzioni X e Y non sono confrontabili nel senso di Lorenz.

L’ordinamento di Lorenz soddisfa il principio dell’invarianza alla scala: se tutti iredditi in una distribuzione sono moltiplicati per una stessa costante positivak, lacurva di Lorenz non cambia.

Si considerino le seguenti distribuzioni:

• X = (10, 20, 30, 40, 60, 140);• Y = (10k, 20k, 30k, 40k, 60k, 140k);

dovek > 0.

È facile verificare che le curve di Lorenz relative alle distribuzioniX eY coinci-dono. La stessa curva di Lorenz può quindi rappresentare duediverse distribuzionidel reddito. Le misure che rispettano l’invarianza alla scala sono dette misure re-lative di disuguaglianza. Per tutte le misure che rispettino questa proprietà, è peresempio indifferente che la distribuzione dei redditi sia espressa in valori nominalio reali, o che sia espressa in una divisa piuttosto che in un altra (dollari o euro, peresempio).

4.1.3 Ordinamento alla Robin Hood

Un trasferimento alla Robin Hood è un trasferimento di reddito da un individu-o più ricco a uno più povero, che lasci inalterata la posizione relativa dei dueindividui.

Definizione 4.2(Trasferimento alla R.H.). Data una distribuzione dei redditi X,un trasferimento pari aδ > 0 fra gli individui j e k è un trasferimento alla R.H.se la nuova distribuzioneX ′ che si ottiene è tale che:

Page 57: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 53

1. xi = x′

i per ognii 6= j, k

2. xj+δ = x

j

3. xk−δ = x

k

4. x′

j≤ x

k

Il principio del trasferimento alla Robin Hood asserisce che, ceteris paribus, iltrasferimento di una unità di reddito da una persona più ricca a una più povera,se lascia invariate le posizioni relative, deve ridurre il grado di disuguaglianza. Ilprincipio del trasferimento alla R.H. può essere utilizzato per definire un nuovocriterio di disuguaglianza.

Definizione 4.3(Dominanza di Robin Hood). Date due distribuzioni Y e X conla stessa media (µy = µx) se Y può essere ottenuto da X mediante una sequenzadi trasferimenti alla R.H., allora X è più ineguale di Y e Y domina X nel senso diR.H.:

Y >R.H. X

Anche questo ordinamento, come quello di Lorenz, è transitivo ma non completo.In particolare, si noti che per poter confrontare due diverse distribuzioni di redditoin base al criterio di R.H. è necessario che queste abbiano medie eguali: non saràinfatti mai possibile modificare la media (o il reddito totale) di una distribuzioneattraverso una sequenza di interventi di pura redistribuzione come i trasferimentialla R.H. Due distribuzioni con media diversa sono non confrontabili in base alcriterio di R.H.

Esempio 4.2.Nella Tabella 4.3 sono riportate tre distribuzioni di redditi X, Y e Zrelative a cinque individui.

La distribuzione X è più ineguale della distribuzione Y: infatti quest’ultima si puòottenere da X mediante la sequenza di trasferimenti alla R.H. riportata alla Tabella4.4. Nessun confronto può essere fatto tra X e Z e nemmeno tra Ye Z in quantonon esiste alcuna sequenza di trasferimenti che ci permettadi derivare la secondadalle prime. Quale relazione sussiste tra i due criteri di disuguaglianza finoraintrodotti?

È possibile dimostrare che,date due generiche distribuzioni di reddito X e Y,se X domina Y nel senso di R.H. allora X domina Y nel senso di Lorenz. Non valeil contrario.

Tabella 4.3 L’ordinamento alla Robin Hood.

i X Y Z

1 2 3 3

2 3 3 4

3 5 6 4

4 9 8 7

5 11 10 12∑5

i=1 30 30 30

Page 58: Scienze delle finanze

54 CAPITOLO 4

Tabella 4.4 Trasferimenti alla Robin Hood.

X 7→ X′7→ X′′

7→ X′′′7→ Y

2 2 2 2 3

3 3 3 4 3

5 5 7 6 6

9 10 8 8 8

11 10 10 10 10

Che la dominanza di Lorenz non implichi la dominanza secondoR.H. può esseredimostrato con il seguente esempio. Si consideri la distribuzioneX = (10, 20, 30) e si applichi a questa distribuzione un trasferimento di cinqueunità di reddito dall’individuo più ricco a quello più povero, ottenendo cosìla distribuzioneY = (15, 20, 25) . Y domineràX in base al criterio di R.H.:Y >RH X, e, da quanto detto in precedenza, segue cheY domineràX anchesecondo il criterio di Lorenz:Y >L X. Si moltiplichino ora tutti i redditi diY peruna costantek. Si otterrà una nuova distribuzioneZ = (15k, 20k, 25k) la quale,in base alla proprietà di invarianza alla scala, sarà indifferente alla distribuzioneY secondo il criterio di Lorenz. Dunque risulterà:

• Y >L X• Z ∼L Y

Essendo l’ordinamento di Lorenz un ordinamento transitivo, segue cheZ >L

X. D’altro canto, le distribuzioniZ e X hanno media diversa: dunque non sa-ranno confrontabili in base all’ordinamento di R.H. Abbiamo dimostrato che ladominanza di Lorenz non implica la dominanza alla R.H.

4.1.4 Ordinamenti parziali: benessere e disuguaglianza

Abbiamo finora introdotto i seguentiordinamenti di disuguaglianza:

1. Ordinamento di Lorenz: date due distribuzioniX e Y, X >L Y se e solo seLX(pi) ≥ LY (pi) per ognipi = i

Nconi = 1, 2, . . . , N.

2. Ordinamento di Robin Hood: date due distribuzioniX e Y, X >RH Y se esolo seX può essere ottenuto daY mediante una sequenza di trasferimentialla R.H.

Nel Capitolo 3 è stato introdotto e discusso il criterio di scelta sociale basato sullafunzione di benessere sociale utilitaristica. In base al criterio utilitaristico, datedue distribuzioni delle risorseX eY , X sarà preferita aY se e solo se la sommadelle utilità individuali inX è maggiore della somma delle utilità individuali inY :

X >U Y ⇔N∑

i=1

U(xi) >

N∑

i=1

U(yi)

Page 59: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 55

Si è anche visto come, pur esibendo neutralità rispetto alladisuguaglianza nelleutilità, in presenza di funzioni di utilità individuali crescenti e concave il crite-rio utilitarista premi qualsiasi redistribuzione di risorse da un individuo ricco aun individuo più povero. Si consideri la Figura 3.6: il trasferimento ipotizzatoè un esempio di trasferimento alla R.H.: un qualsiasi trasferimento alla R.H. èin grado di aumentare il benessere sociale in base al criterio utilitaristico, pur-ché gli individui siano caratterizzati da utilità marginale positiva e decrescente.D’altro canto, sappiamo che applicando un trasferimento alla RH a una distribu-zione X di partenza, si otterrà una nuova distribuzione Y chedominerà X in baseall’ordinamento di Lorenz. Queste osservazioni, opportunamente estese e genera-lizzate, costituiscono il contenuto del teorema fondamentale dell’economia delladisuguaglianza.

Teorema 4.1(Teorema fondamentale della disuguaglianza). Date due distribu-zioni di reddito X e Y con media uguale (µX = µY ), le seguenti affermazioni sonoequivalenti:

1. Y >L X2. Y >R.H. X3. Y >U X per tutte le funzioni di utilitàU crescenti e concave.

Il teorema fondamentale della disuguaglianza stabilisce una connessione tra lateoria del benessere e della scelta sociale (introdotta nelCapitolo 3) e la teoriadella misurazione della disuguaglianza. Si noti tuttavia che il risultato si applicasolo a confronti tra distribuzioni con media uguale. Entro il dominio costituitodalle distribuzioni con media uguale, il teorema fornisce una giustificazione rigo-rosa, basata su chiari e comprensibili giudizi di valore, a una metodologia statisti-ca facilmente implementabile: la curva di Lorenz. Il significato dell’equivalenzatra ordinamento di Lorenz e ordinamento utilitaristico è duplice. Da un lato, seX dominaY in base all’ordinamento di Lorenz, alloraX sarà preferita aY dallaFBS utilitarista - qualsiasi siano le funzioni di utilità individuali prescelte, purchécrescenti e concave. D’altro canto, seX dominaY per tutte le possibili funzioniindividuali crescenti e concave, aggregate secondo la regola utilitaristica, alloraX domineràY in base alla curva di Lorenz.

4.1.5 Curva di Lorenz generalizzata

Per quanto l’ordinamento di Lorenz sia applicabile anche a distribuzioni con me-dia diversa, la giustificazione normativa - basata sul teorema fondamentale - èlimitata al solo caso di distribuzioni con media uguale. È tuttavia possibile for-mulare un criterio di dominanza tra distribuzioni il quale abbia un supporto nor-mativo anche nella ipotesi, altamente realistica, di confronto tra distribuzioni conmedia diversa. Si tratta del criterio basato sulla curva di Lorenz generalizzata,ottenuta moltiplicando la curva di Lorenz per la media delladistribuzione.

La curva di Lorenz generalizzata di una distribuzioneX, GLX , indica, perogni percentuale cumulata di individui, la percentuale di reddito complessivo

Page 60: Scienze delle finanze

56 CAPITOLO 4

da questi posseduta moltiplicata per il reddito medio delladistribuzione. Quin-di, sull’asse delle ordinate, la curva di Lorenz generalizzata riporta l’ammontarecumulato di reddito, espresso in termini procapite dell’intera popolazione.

Analiticamente, data una generica distribuzioneX = (x1, x2, . . . , xN ), lacurva di Lorenz generalizzata della distribuzioneX, GLX , è il luogo dei punti dicoordinate:

(

pi,1

N

i∑

k=1

xk

)

dovei = 1, . . . , N epi = iN

.È facilmente verificabile che le curve di Lorenz generalizzate siano ottenute dalprodotto delle normali curve di LorenzL(p) per la media della distribuzioneµ.Infatti, ricordando che, data una distribuzioneX, per ognii = 1, ..., N, LX (pi) =1T

∑ik=1 xk e cheµX = T

N, otteniamo

GLX (pi) =T

N

1

T

i∑

k=1

xk =1

N

i∑

k=1

xk.

È immediato verificare cheGL (0) = 0 eGL (1) = µX .

4.1.6 Ordinamento di Lorenz generalizzato

Definizione 4.4.Date due distribuzioniX eY , X dominaY nel senso di Lorenz

generalizzato (X ≻GL Y ) se e solo se1N

i∑

k=1

xk ≥ 1N

i∑

k=1

yk per ognii = 1, ..., N

eGLX 6= GLY .

Nel caso particolare di due distribuzioni con media uguale,l’ordinamento di Lo-renz generalizzato coincide con l’ordinamento di Lorenz. Adifferenza dell’or-dinamento di Lorenz, che è un puro ordinamento di disuguaglianza, il criterio diLorenz generalizzato riflette sia considerazioni di equitàsia considerazioni di ef-ficienza. A illustrazione di questo punto, si consideri la distribuzioneX = (10, 20) . Si supponga ora di aumentare del 50% il reddito dell’individuopiù ricco, in modo da ottenere la distribuzioneY = (10, 30) . Pur essendo aumen-tato il grado di disuguaglianza (cosa che potrà essere verificata osservando cheXdominaY in base al criterio di Lorenz), la curva di Lorenz generalizzata diY èal di sopra della curva diX: dunqueY ≻GL X. Si supponga ora di modificarela distribuzioneY attraverso un trasferimento alla Robin Hood, in modo da otte-nere la distribuzioneZ = (15, 25) . È facile verificare cheZ ≻GL Y (in questocaso, confrontando distribuzioni con la stessa media, gli ordinamenti di Lorenz edi Lorenz generalizzato coincidono). L’ordinamento delledistribuzioniX,Y eZsarà il seguente:Z ≻GL Y ≻GL X, dove la prima relazione di dominanza ri-flette considerazioni di carattere esclusivamente distributivo e la seconda è dovutaall’aumento del reddito aggregato.

Page 61: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 57

GLy

6

-0

GL(p)

µx

µy

1

GLx

p

Figura 4.5 La distribuzione Y domina la distribuzione X nel senso di Lorenz generaliz-zato.

Anche l’ordinamento di Lorenz generalizzato, al pari dell’ordinamento di Lo-renz, è un ordinamento incompleto: può darsi il caso di due distribuzioni le cuicurve di Lorenz generalizzate si intersechino.

Il seguente teorema, stabilendo l’equivalenza tra ordinamento di Lorenz ge-neralizzato e ordinamento di benessere utilitaristico, fornisce la giustificazionenormativa del criterio di Lorenz generalizzato.

Teorema 4.2(Shorrocks). Date due distribuzioni di reddito X e Y,Y >GL X sesolo seY >U X per tutte le funzioni di utilità crescenti e concave.

In questo teorema, a differenza di quanto accade con il teorema fondamentale,non è richiesta l’uguaglianza delle medie.

4.2 Ordinamenti completi di distribuzioni del reddito

Nel caso in cui gli ordinamenti parziali di disuguaglianza (ordinamento di Lo-renz, di RH, ...) non diano una risposta univoca, i confrontitra distribuzionipossono essere effettuati utilizzando un indice di disuguaglianza. Un indice didisuguaglianza è una funzione che assegna a ogni distribuzione un numero rea-le: data una distribuzione di redditiX e un indiceI, I(X) sarà il livello di di-suguaglianza nella distribuzioneX in base all’indiceI. Date due distribuzioniX e Y , diremo che la distribuzioneX è più disuguale della distribuzioneY seI(X) > I(Y ). Poiche i numeri sono sempre confrontabili, non si verificheranno

Page 62: Scienze delle finanze

58 CAPITOLO 4

casi di non confrontabilità tra distribuzioni (non ci saranno casi di incompletez-za dell’ordinamento). Tuttavia, esiste una pluralità di indici di disuguaglianza,ciascuno basato su un insieme di giudizi di valore, e può darsi il caso di due in-dici che, nel confronto tra due distribuzioni, diano due risposte diverse. Date duedistribuzioni di redditoX e Y , e due diversi indici di disuguaglianzaI1 e I2, èpossibile il seguente risultato:I1(X) > I1(Y ) eI2(X) < I2(Y ). Questo succedeperché diversi indici in genere catturano aspetti diversi della disuguaglianza: peresempio, alcuni indici attribuiscono un peso relativamente maggiore alla disugua-glianza presente nella coda bassa della distribuzione, cioé alla disuguaglianza tragli individui più poveri; altri indici attribuiscono una importanza particolare alleposizioni relative degli individui (al rango), piuttosto che ai livelli di reddito; ecosì via. Si tratta allora di scegliere l’indice di disuguaglianza che meglio rifletta igiudizi di valore dell’analista. È possibile domandarsi quale relazione sussista traindici di disuguaglianza. Pur senza entrare nel dettaglio,è possibile individuare uninsiemeS di indici di disuguaglianza, basati su una serie di proprietà desiderabili,tra le quali il principio di invarianza alla scala e il principio del trasferimento allaRH, in modo da ottenere il seguente risultato: date due generiche distribuzioniXeY , X domineràY in base all’ordinamento di Lorenz se e solo seI(X) < I(Y )per tutti gli indici appartenenti alla famigliaS. Gli indici nella famiglia S sonochiamati indici consistenti con l’ordinamento di Lorenz. In altre parole, la domi-nanza di Lorenz corrisponde alla unanimità tra i componentila famigliaS. Segueche, nel caso di intersezione tra le curve di Lorenz di due distribuzioni X e Y ,esisteranno di sicuro almeno due indici,I1 e I2, appartenenti alla famigliaS, chenel confronto traX eY daranno dominanze di segno opposto. Nei paragrafi cheseguono si descrivono due tra gli indici di disuguaglianza più utilizzati.

4.2.1 Il coefficiente di Gini (G)

Intuitivamente, il coefficiente di Gini misura di quanto la Curva di Lorenz di unadistribuzione sia distante dalla linea della perfetta uguaglianza. Il coefficiente delGini è dato da:

G =A

A+B= 2A = 1− 2B

dove B è l’area al di sotto della curva di Lorenz e A l’area compresa tra la curvadi Lorenz e la linea della perfetta eguaglianza (Figura 4.6).

L’indice G può assumere valori compresi tra 0 e 1. Sarà ugualea 0 nel casodi perfetta uguaglianza - l’area A, in questo caso, si annulla. Sarà uguale a 1nel caso in cui tutto il reddito sia concentrato nelle mani diun solo individuo: inquesto caso sarà l’area B ad annullarsi. In generale, maggiore è il valore assuntodal coefficiente di Gini, maggiore è il grado di disuguaglianza.Nel discreto abbiamo le seguenti espressioni:

Page 63: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 59

Perc. di reddito totale6

0

Perc.

della perfettaeguaglianza

1

-

A

B

-

di individui

6

1

-

linea

Figura 4.6 Il coefficiente di Gini è dato dal rapporto tra l’area A e l’area (A+B):quest’ultima è pari a 1/2.

G(x) = 1 +1

N− 2

∑Ni=1(N − i+ 1)xi

N2µ=

=

(1

2N2µ

) N∑

i=1

N∑

j=1

|xi − xj | .

4.2.2 L’indice di Atkinson-Kolm-Sen

L’indice di AKS è stato formulato all’interno di un approccio alla disuguaglianzabasato sul benessere sociale, sotto l’ipotesi che la distribuzione dei redditi de-termini direttamente il livello di benessere sociale. L’indice di AKS misura ladistribuzione dei redditi come la riduzione percentuale del reddito complessivoche potrebbe essere sopportata, grazie a una redistribuzione egualitaria del red-dito rimanente, senza ridurre il benessere sociale. Si basacioé su valutazioni diquesto tipo: un reddito totale inferiore del 20% (per esempio) a quello attuale, sefosse distribuito in maniera egualitaria, darebbe lo stesso livello di benessere delreddito attuale, più elevato ma distribuito in maniera diseguale.

Analiticamente l’indice di AKS è derivato esplicitamente da una funzione delbenessere sociale.

Consideriamo la distribuzioneXα = (xα1 , xα2 ) e supponiamo che la FBS sia

definita direttamente sui redditiW (X) = W (xα1 , xα2 ). Consideriamo la Figura

4.7:

Page 64: Scienze delle finanze

60 CAPITOLO 4

-

6

0

x2

xa1

xa2

µ

xEED

ExEED

A

µB

C

Xa

W ∗

D

x1

Figura 4.7 Il REED.

• W ∗ è una curva di indifferenza sociale passante per la distribuzioneXα;• la rettaDE con pendenza−1 passante perXα individua tutte le possibili di-

stribuzioni aventi la stessa media della distribuzioneXα data daµ =(xα

1+xα2 )

2 ;• la retta bisettriceOC individua tutte le possibili distribuzioni di reddito perfet-

tamente egualitarie;• l’intersezione diOC con la rettaDE, indica, tra le distribuzioni egualitarie,

quella con la stessa media della distribuzioneXα;• l’intersezione diOC con la curva di indifferenza socialeW ∗ indica, tra le distri-

buzioni egualitarie, quella che garantisce lo stesso livello di benessere socialedella distribuzioneXα.

Si definisce il Reddito Equivalente Egualmente Distribuito(REED) di una distri-buzioneX = (x1, x2) come quell’ammontare di redditoxEED che, se dato aciascun individuo, dà luogo a una nuova distribuzione socialmente indifferente aX.

Definizione 4.5. Il RedditoEquivalenteEgualmenteDistribuito è quel livello diredditoxEED che soddisfa la seguente equazione:

W (xα1 , xα2 ) = W (xEED, xEED)

Graficamente questa nuova distribuzione si individua nel punto A di intersezionetra la curva di indifferenza sociale e la bisettrice OC.

Si noti che, per qualsiasi FBS avversa alla disuguaglianzaxEED sarà sempreminore o al massimo eguale (nel caso di neutralità all’ineguaglianza) al reddito

Page 65: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 61

medioµ.

Nµ è il reddito complessivo della distribuzione attualeXα;

Nx il reddito complessivo della distribuzione egualitaria socialmente indifferentealla distribuzioneXα;

(Nµ − NxEED) = N(µ − xEED) rappresenta il costo della disuguaglianza,ovvero l’ammontare di reddito cui si potrebbe rinunciare alfine di ottenere unadistribuzione egualitaria.

Se rapportiamo il costo della disuguaglianzaN(µ−xEED) al reddito complessivodella distribuzione di partenzaNµ, otteniamo il seguente indice di disuguaglian-za:

IAKS(x) =N(µ− xEED)

Nµ=

µ− xEED

µ= 1− xEED

µ

Questo indice è noto come indice di Atkinson-Kolm-Sen. L’indice di Atkinson-Kolm-Sen mette in evidenza quella percentuale di reddito totale che si sarebbedisposti abruciareal fine di ottenere una distribuzione egualitaria.IAKS(X) dun-que cattura la perdita di benessere sociale imputabile alladisuguaglianza, ovverol’ inefficienza della disuguaglianza.

A parità di mediaµ, il valore dell’indice cresce al crescere del grado di avver-sione alla disuguaglianza della FBS (espresso graficamentedalla convessità dellecurve di indifferenza sociali). A parità di avversione alladisuguaglianza (quin-di data una mappa di curve di indifferenza sociale), quanto maggiore il grado didisuguaglianza della distribuzione, tanto minore sarà il REED e maggiore sarà ilvalore dell’indice.

Esempio 4.3.Data una distribuzione di redditiX, si consideri una funzione delbenessere sociale utilitarista:W =

∑Ni=1 U (xi) , dove le funzioni individuali di

utilità siano date daU (xi) =x1−ǫi

1−ǫ, conǫ > 0.

Dunque avremo

W (X) =

N∑

i=1

x1−ǫi

1− ǫ

Il REED in questo caso è definito dall’equazione

N∑

i=1

x1−ǫi

1− ǫ=

N∑

i=1

x1−ǫEED

1− ǫ

ovvero

Page 66: Scienze delle finanze

62 CAPITOLO 4

N∑

i=1

x1−ǫi

1− ǫ= N

x1−ǫEED

1− ǫ

da cui, dopo qualche semplice passaggio, si ottiene

xEED

=

(

1

N

N∑

i=1

x1−ǫi

) 11−ǫ

Scegliendo, per esempio,ǫ = 12 otterremo

xEED

=

(

1

N

N∑

i=1

√xi

)2

Si consideri ora la distribuzioneX = (4, 9, 25, 36) . In questo caso

µ = 18, 5

e

xEED

=

(1

4(2 + 3 + 5 + 6)

)2

= 42 = 16

Quindi

IAKS = 1− xEED

µ= 1− 16

18, 5=

5

37

ESERCIZI

Esercizio 4.1. Si considerino le seguenti distribuzioni di reddito:

1. X=(8,14,14,18,20)2. Y=(13,14,14,15,18)3. Z= (8,12,16,18,20)

Si indichi l’ordinamento delle tre distribuzioni in base aiseguenti criteri:

1. Dominanza di Lorenz2. Dominanza di Lorenz generalizzata3. Dominanza di Robin Hood

Page 67: Scienze delle finanze

Analisi della disuguaglianza 63

4. Criterio utilitaristico (W =∑N

i=1 U(xi), U è crescente e concava)

Esercizio 4.2. Si scrivano due distribuzioni del reddito, relative a 4 individui,non confrontabili in base all’ordinamento di Lorenz.

Esercizio 4.3. Introduciamo le seguenti definizioni:

• �L: ordinamento di Lorenz• �GL: ordinamento di Lorenz generalizzato• �RH : ordinamento di Robin Hood• �U : ordinamento utilitaristico

Indicare, quindi, se le seguenti affermazioni sono vere false.

1. Date due distribuzioni, X e Y, X�L Y implica cheX �U Y .

V F

2. La dominanza di Robin Hood è una condizione sufficiente perché ci sia domi-nanza di Lorenz.

V F

3. Date due distribuzioni, X e Y, con media eguale,X �GL Y implica cheX �RH

Y .

V F

4. Date due distribuzioni, X e Y, con media eguale,X �GL Y implica cheX �U

Y .

V F

Page 68: Scienze delle finanze

64

Page 69: Scienze delle finanze

CAPITOLO5

Economiadelle scelte pubbliche

5.1 Introduzione

Nei sistemi democratici a economia mista le decisioni economiche vengonoprese essenzialmente attraverso due meccanismi di scelta:il mercato e il

processo politico democratico. In particolare, le decisioni di prelievo e di spesada parte del settore pubblico vengono assunte attraverso unprocesso di sceltaoperato dal sistema politico.

L’oggetto di questo capitolo è l’analisi dei processi decisionali operati da unsistema politico democratico. In realtà, i processi decisionali che hanno luogo inuna democrazia sono complessi e dipendono dai comportamenti di una pluralitàdi attori politici e istituzionali: gli elettori, i partitipolitici, i legislatori, l’ammi-nistrazione, i gruppi di pressione. In un sistema politico ciascun attore agisce alfine di massimizzare la propria funzione obiettivo sulla base delle informazioni dicui dispone, e le decisioni finali sono il risultato della interazione dei diversi attorisulla base delle regole politiche democratiche vigenti.

In questo capitolo, tuttavia, ci si limiterà ad analizzare iprocessi politici entroun contesto estremamente semplificato: ci concentreremo sui sistemi di democra-zia diretta, in cui cioè il passaggio dalle volontà e dagli interessi presenti nel corpoelettorale alle decisioni collettive è diretto; sarà in particolare ignorato il ruolo dimediazione che in una democrazia rappresentativa è tipicamente svolto dai partitipolitici. Lo studio sarà condotto utilizzando un modello fortemente stilizzato: siconsidererà un generico gruppo di individui che debba scegliere una tra diversealternative possibili, e si assumerà che ciascun individuosia dotato di un ordi-namento di preferenza definito sull’insieme delle alternative. In questo contestoun processo di decisione collettiva è allora semplicementeuna regola di voto: unmeccanismo che traduce (aggrega) l’insieme delle preferenze individuali in un or-dinamento di preferenza dell’intero gruppo e quindi in una scelta collettiva. Lealternative tra cui scegliere sono interpretabili sia nel senso di politiche i cui ef-fetti ricadono direttamente sull’assemblea; sia nel sensodi candidati da eleggereal fine di rappresentare l’assemblea in altre sedi.

L’analisi sarà di tipo positivo e normativo: si cercherà di spiegare il funzio-namento delle diverse regole di voto, individuando i possibili esiti e le eventuali

Page 70: Scienze delle finanze

66 CAPITOLO 5

difficoltà associate ai diversi meccanismi; si cercherà anche di valutare le diverseregole di voto sulla base di criteri di desiderabilità formulati in maniera esplicita.

Il modello

Si consideri una assembleaN composta dan individui, N = {1, ..., n}, chiamataa scegliere tram politiche alternative: siaX l’insieme delle politiche ex, y, z, ...le varie opzioni o politiche possibili,X = {x, y, z, ...}.Si supponga inoltre che ciascun individuoi in N sia dotato di un ordinamentodi preferenza sull’insieme delle politicheX : ≻i è l’ordinamento di preferenzadell’elettore i, e {≻1,≻2, ... ≻i, ...,≻n} l’insieme delle preferenze individuali,chiamato ancheprofilo di preferenze. Per ogni individuoi si assumerà che l’ordi-namento di preferenza sia completo, transitivo e lineare: la completezza implicala capacità di esprimere un giudizio in merito a qualsiasi confronto tra due opzio-ni; la transitività è un requisito di coerenza; la linearitàimplica che le preferenzesiano sempre di tipo forte: non ci sono cioè casi di indifferenza tra opzioni. Que-st’ultima ipotesi, pur non essendo cruciale per i risultati, semplifica fortementel’esposizione.

Sia infine≻S l’ordinamento di preferenza dell’assembleaN . Una regola divoto potrà allora essere rappresentata come una funzione laquale, per qualsia-si insieme di politicheX, associ un ordinamento di preferenza sociale≻S a unprofilo di preferenze individuali.

5.2 Le regole di voto: analisi descrittiva

5.2.1 La regola della unanimità

In base alla regola dell’unanimità, una alternativax è socialmente preferita a unaalternativay se e solo se tutti gli elettori preferisconox ay. Segue che, dato un

insieme di alternativeX, l’alternativax sarà collettivamente scelta se e solo sex èl’alternativa preferita da tutti gli elettori. È agevole rilevare la corrispondenza traregola dell’unanimità e criterio del Pareto: qualsiasi scelta effettuata in base allaregola dell’unanimità è efficiente nel senso di Pareto. Una qualunque altra regolache consenta di approvare un’opzione che non è preferita all’unanimità violerà ilcriterio paretiano.

Il criterio dell’efficienza sembrerebbe dunque spingere per l’adozione dell’u-nanimità quale regola di voto in un’assemblea. D’altronde,la richiesta di consen-so unanime potrebbe rendere il processo decisionale lungo ecostoso; al limite,potrebbe impedire la scelta collettiva. Questo succede perchè, vigente la regoladell’unanimità, a ciascun individuo è riconosciuto un potere di veto. Se, in ungruppo din persone,n − 1 elettori preferiscono l’opzionex a tutte le altre e unsolo elettore preferisce un’altra opzioney ax, in base alla regola dell’unanimitàquesto gruppo non potrà effettuare alcuna scelta.

Proposizione 5.1.La regola dell’unanimità genera un ordinamento di preferenzasociale incompleto.

Page 71: Scienze delle finanze

Economia delle scelte pubbliche 67

100%0

6 costi

CE + CDCDCE ) q

q∗

6costi

Figura 5.1 Determinazione percentuale ottima.Modello di Buchanan e Tullock (1962).

Ci si può chiedere cosa accada quando, abbandonando la regola della unanimità,si riduca progressivamente ilquorum, ossia la percentuale di voti necessaria perl’approvazione. In generale, più elevato il quorum, più prossima la regola di votoalla soddisfazione dell’efficienza paretiana - minore infatti il numero degli elettoriche potrebbero essere danneggiati dalla decisione. Al tempo stesso, più elevato ilquorum, più lungo e costoso il processo decisionale. Si è in presenza di untradeoff : maggiore la capacità di prendere una decisione collettiva(o grado didecisi-tività della regola di voto), minore la capacita di rappresentare compiutamente lepreferenze e gli interessi coinvolti nella scelta (grado dirappresentativitào de-mocraticità della regola di voto). Come vedremo, si tratta di una tensione chepercorre profondamente i sistemi di decisione collettiva.Indicando le due voci diquesto trade off con CD (costi di decisione) e CE (costi esterni, ovvero costi sop-portati dalla minoranza), è possibile calcolare la percentuale ottima di voti comequella che minimizza il costo totale dato da CE+CD (si veda laFigura 5.1).

Evidentemente, l’applicazione concreta di questo modellorichiede la cono-scenza delle curve CE e CD.

5.2.2 La regola della maggioranza

Nel caso vi sianon individui e due sole alternative, una regola comunementeaccettata è quella della maggioranza semplice: tra due alternative è scelta quellapreferita dalla maggioranza degli elettori, ovvero da un numeroN di elettori noninferiore al 50% più uno dell’elettorato:

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68 CAPITOLO 5

N ≥ n

2+ 1 (con n pari) (5.1)

N ≥ n− 1

2+ 1 (con n dispari) (5.2)

Quando le alternative sono più di due le cose possono complicarsi.

Il vincitore di Condorcet Una generalizzazione della regola precedente al casodi più due opzioni è la seguente: datem alterative, vince quell’alternativax chebatte tutte le altre in confronti di coppia secondo la regoladella maggioranzasemplice. Questa alternativa, se esiste, è chiamata ilvincitore di Condorcet.

Definizione 5.1(La regola della maggioranza semplice.). Data un’assembleaN edue opzionix ey, x è preferita ay secondo la regola della maggioranza semplice

x ≻M y (5.3)

se e solo sex riceve più voti diy.

Definizione 5.2(Il vincitore di Condorcet). . Dato un insieme di opzioniX x ∈ Xè il vincitore di Condorcet se e solo se∀y 6= x ∈ X, x ≻M y.

Al fine di studiare le caratteristiche del voto a maggioranzasemplice si suppongache un’assemblea di 3 individui,N = {A,B,C}, sia chiamata a pronunciarsi sutre possibili opzioni,X = {x, y, z}. Si supponga ancora che l’individuoA prefe-riscax a y e y a z (e, data la transitività delle preferenze individuali, preferiscaxaz); che l’individuo B preferiscay az ez ax; l’individuo C infine preferiscax az ez ay. Le preferenze dei tre individui sono sintetizzate nella tabella seguente:

Posizione Individui

A B C

I x y x

II y z z

III z x y

Ponendo in votazione le tre coppie{x, y}, {x, z} e{y, z} secondo la regola dellamaggioranza si ottengono le relazioni seguenti:

• x ≻M y• x ≻M z• y ≻M z

L’ordinamento di preferenza sociale sarà cioèx ≻M y ≻M z. Il vincitore di Con-dorcet in questo caso èx. Si rilevi l’indipendenza del risultato dall’ordine seguitonelle votazioni.

Si supponga ora che le preferenze dell’individuoC cambino. La tabella seguenteriporta il nuovo profilo delle preferenze individuali.

Page 73: Scienze delle finanze

Economia delle scelte pubbliche 69

Posizione Individui

A B C

I x y z

II y z x

III z x y

Ponendo ancora in votazione le tre coppie{x, y}, {x, z} e{y, z} secondo la regoladella maggioranza si ottiene il seguente risultato:

• x ≻M y• y ≻M z• z ≻M x

In base all’ordinamento di preferenza socialex è preferito ay e y è preferito az. Il presupposto della transitività vorrebbe che x fosse a sua volta preferito az.In questo casox sarebbe il vincitore di Condorcet. Ma, come si rileva, esiste unamaggioranza che preferiscez ax. L’ordinamento sociale non è transitivo e, comeconseguenza, non c’è un’alternativa preferita a tutte le altre. Non c’è un vincitoredi Condorcet. Pertanto, la regola del voto a maggioranza, espresso su coppie dialternative, può portare a scelte sociali contraddittorie.Questo risultato è noto comeParadosso del voto a maggioranza o Paradosso diCondorcet.

Il paradosso di Condorcet

Proposizione 5.2(Paradosso di Condorcet). Pur in presenza di preferenze indivi-duali complete e transitive, il voto a maggioranza può condurre a un ordinamentodi preferenza sociale intransitivo.

Questo risultato, dovuto a Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, meglio notocome marchese di Condorcet (1743-1794), mostra che, anche se le preferenze deisingoli votanti rispetto alle varie alternative sono complete e transitive, la votazio-ne a maggioranza può produrre un ordinamento sociale circolare, in cui ciascunadelle tre alternative è in grado di vincere su tutte le altre (si veda la Figura 5.2).

Poichè la votazione a maggioranza su più di due alternative èun sistemalargamente applicato in assisi locali, nazionali e sovranazionali, l’interesse delparadosso è evidente.

�j

x

y

z

*

Figura 5.2 Ordinamento sociale circolare.

Page 74: Scienze delle finanze

70 CAPITOLO 5

Paradosso di Condorcet e unimodalità delle preferenze È opportuno esami-nare i motivi della mancata esistenza di un vincitore globale nel voto a maggio-ranza.Si supponga che le alternative in votazione siano rappresentabili lungo un’unicadimensione, dal valore più piccolo a quello più grande, oppure graficamente dasinistra verso destra. Si pensi, per esempio, a livelli via via crescenti di spesapubblica, oppure a quantità diverse di bene pubblico da produrre. Si suppongapure che sia possibile parlare di distanza tra le diverse alternative: data una coppiadi alternative{x, y}, siad (x, y) la distanza trax ey. È possibile ora introdurre ledefinizioni di politica ideale e di preferenze unimodali.

Definizione 5.3(Alternative ideali). L’alternativa x ∈ X è l’alternativa idealeper l’individuo i se e solo se,∀y 6= x ∈ X,x ≻i y.

Definizione 5.4(Preferenze unimodali). Un ordinamento di preferenza≻ su uninsieme di opzioni X è unimodale se e solo se, data l’alternativa idealex ∈ X,per ogni coppia di alternativey, z ∈ X e tali che:(i) y < x ez < x oppure(ii) y > x e z > x,

d (x, y) > d (x, z) ⇔ z ≻ y (5.4)

Per esempio un ordinamento di preferenza è unimodale quandoesiste una alter-nativa ideale, e le altre alternative sono classificate in base alla distanza rispet-to a questa. Un profilo di preferenze è unimodale se tutti gli individui hannopreferenze unimodali.

Le Figure 5.3 e 5.4 riportano, rispettivamente, casi di preferenze unimodali emultimodali.

La unimodalità delle preferenze individuali appare ipotesi del tutto plausibilein alcuni contesti, estremamente improbabile in altri. In particolare, la multi-modalità delle preferenze è frequente nei casi in cui lo spazio politico sia mul-tidimensionale - ciascuna opzione rappresenta in verità una pluralità di aspetti edimensioni da valutare - ovvero nel caso si tratti di politiche distributive. Nelseguito sono riportati due esempi atti a esemplificare i due casi.

Esempio 5.1(Preferenze unimodali). Nel primo esempio, si consideri il voto suuna questione politica unidimensionale: la spesa pubblicaper la difesa. Vi sianotre possibili livelli di spesa,(100, 50, 30) , e si ipotizzi che l’intero corpo eletto-rale sia diviso in tre gruppi. La politica ideale del primo gruppo sia 100, quelladel secondo sia 50, quella del terzo sia infine 30. Appare del tutto ragionevoleipotizzare che l’ordinamento completo del I gruppo sarà100 ≻ 50 ≻ 30, quelladel II gruppo50 ≻ 30 ≻ 100, quella del III infine30 ≻ 50 ≻ 100.

Il voto a maggioranza su coppie di alternative permetterà diottenere un ordi-namento sociale completo e un vincitore di Condorcet, la politica di spesa ugualea 50.

Page 75: Scienze delle finanze

Economia delle scelte pubbliche 71

-

6

0

B

A

C

II

30 100

I

III

50

Posizioni Votanti

A B C

I 100 50 30

II 50 30 50

II 30 100 100

Figura 5.3 Esempio di preferenze unimodali.

Esempio 5.2(Preferenze non unimodali). Si considerino tre individui(A,B,C)i quali debbano dividersi una somma pari a 100. Si supponga visiano tre opzionipossibili (x, y, z), corrispondenti a tre diverse ipotesi distributive. Assumendomonotonicità e razionalità delle preferenze individuali,il profilo di preferenze diquesta collettività per le tre opzioni sarà il seguente:

• Preferenze diA : x ≻a y ≻a z• Preferenze diB : y ≻b z ≻b x• Preferenze diC : z ≻c x ≻c y

Votando a maggioranza si otterrà il seguente risultato:x ≻M y, y ≻M z ez ≻M x! Le preferenze sono multimodali e il voto a maggioranza porta agliesiti paradossali previsti da Condorcet.

Opzioni Individui

A B C

x 50 20 30

y 30 50 20

z 20 30 50

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72 CAPITOLO 5

-

6

0

A

B

C

x y z

I

II

III

Posizioni Votanti

A B C

I x y z

II z x y

II y z x

Figura 5.4 Esempio di preferenze multimodali.

Il seguente teorema stabilisce la rilevanza della unimodalità delle preferenze egeneralizza il risultato dei due esempi precedenti.

Teorema 5.1(D. Black, 1948). Se le preferenze sono unimodali, allora esiste unvincitore di Condorcet.

Si noti che la unimodalità del profilo di preferenze è una condizione sufficientema non necessaria per l’esistenza di un Vincitore di Condorcet. Se vi è unimo-dalità, certamente non vi saranno cicli. Se non vi è unimodalità, è probabile, manon certo che vi sia un ciclo. Quanto è probabile? La probabilità che vi sia unciclo aumenta con il numero delle politiche (alternative).D’altronde, a parità dinumero di politiche, maggiore l’omogeneità delle preferenze individuali, minorela possibilità di cicli.

Il teorema dell’elettore mediano Data un’assemblea e un insieme di opzionirappresentabili lungo una dimensione, si definisce elettore mediano l’elettore taleche la metà dei componenti l’assemblea preferisce opzioni asinistra e la metàopzioni a destra rispetto a quella da lui preferita.

Page 77: Scienze delle finanze

Economia delle scelte pubbliche 73

Definizione 5.5(Elettore mediano). Sia dato un insieme di politiche unidimen-sionali X e un’assembleaN composta dan individui; sia x∗i ∈ X la politicaideale di un generico individuoi appartenente all’assembleaN e siaX∗ l’insie-me delle politiche ideali. Si consideri ora un individuom ∈ N , la cui politicaideale è indicata dax∗m. Sia NR il numero di individui la cui politica idealeè maggiore dix∗m ∈ X∗ (in formule,NR = |{i ∈ N : x∗i ≥ x∗m}|) e siaNL

il numero di individui la cui politica ideale è minore dix∗m ∈ X∗(in formule,NL = |{i ∈ N : x∗m ≥ x∗i }|). L’individuo m ∈ N è l’elettore mediano se e soloseNR ≥ n

2 eNL ≥ n2 .

Teorema 5.2(Teorema dell’elettore mediano). Dato uno spazio politico unidi-mensionale e un profilo di preferenze unimodali, la politicaideale dell’elettoremediano sarà la politica vincente con la regola della maggioranza.

Per illustrare il teorema, si consideri un’assemblea di 15 individui che debba de-cidere la quantità ottimale di un bene pubblico da produrre.Il costo medio diproduzioneCM , che si assume essere costante, sarà diviso in parti uguali tra icomponenti l’assemblea: siaCMi =

CM15 il costo medio procapite, coincidente

con il costo marginale individuale. Per ciascun individuo la quantità ottima sa-rà individuata dall’uguaglianza tra costo marginaleCMi e beneficio marginale.Supponiamo esistano 5 gruppi di individui nell’assemblea,ciascun gruppo carat-terizzato da una uguale funzione del beneficio marginale. Lastruttura dei gruppiè la seguente:

Gruppi I II III IV V

Numero componenti 2 3 2 1 7

La Figura 5.5 riporta le funzioni di benefico marginale individuale per ciascungruppo. Le intersezioni con la curva del costo marginale individualepermettono di individuare le quantità ottimali per ciascungruppo di elettori:(xI , xII , xIII , xIV , xV ). Per ciascun individuo, la quantità ottimale corrispondeall’uguaglianza tra beneficio e costo marginale: allontanandosi progressivamentedal punto di ottimo, si allarga la forbice tra costi e beneficiunitari e dunque siriduce il surplus. Le preferenze degli agenti sono quindi ditipo unimodale.

Supponiamo ora si voti per decidere la quantità di bene pubblico da produrre.Ci sono diverse modalità di applicazione della regola dellamaggioranza, le qualiperò portano a risultati equivalenti. Supponiamo si voti suincrementi successi-vi di produzione: si inizia votando sulla opportunità di produrre la quantitàxI ,quindi si prosegue con la votazione suxII , e così via. Ciascun elettore valuteràpositivamente la proposta fino a quando il beneficio marginale supera o eguaglia ilcosto marginale. Dunque, la prima proposta sarà approvata all’unanimità: in cor-rispondenza dixI tutti gli individui hanno beneficio marginale maggiore o ugualeal costo marginale; la seconda (il passaggio daxI axII) sarà approvata dai gruppiII, III, IV e V ma avrà il voto contrario del gruppo I: dunque laproposta passeràcon una maggioranza di 13 contro 2. È agevole verificare che saranno accettatia maggioranza tutti gli incrementi fino alla quantitàXIV . L’ultima votazione ri-guarda il passaggio daxIV axV : voteranno contro i membri dei gruppi I, II, III,

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74 CAPITOLO 5

quantitá0

costi

costo medio

N

xV

BMV (7)

xIII xIVxII

BMI (2)

costo medio

BMIV (1)

benefici

?

-

BMIII (2)

xI

6

66

66

BMII (3)

6

6

Gruppi Alternative sottoposte al voto

xI xII xIII xIV xV

I (2 componenti) si no no no no

II (3 componenti) si si no no no

III (2 componenti) si si si no no

IV (1 componenti) si si si si no

V (7 componenti) si si si si si

Totale favorevoli 15 13 10 8 7

Totale sfavorevoli 0 2 5 7 8

Figura 5.5 Teorema dell’elettore mediano.

e IV; voteranno a favore i membri del gruppo V. Dunque la proposta sarà battutacon una maggioranza di 8 contro 7. In definitiva, sarà scelta la quantitàxIV . Unaprocedura alternativa consiste nel mettere in votazione a maggioranza le diversequantità di bene pubblico a due a due, individuando così il vincitore globale: lostudente potrà verificare chexIV risulta essere l’unica alternativa che batte tut-te le altre nei confronti di coppia. In sintesi, con il voto a maggioranza prevalel’alternativaxIV , che è l’alternativa preferita dall’unico componente del gruppoIV: l’elettore mediano, cioè quell’elettore che occupa la posizione mediana nelladistribuzione delle preferenze per il bene pubblico tra i componenti l’assemblea.Risulta cioè dimostrata la prevalenza dell’elettore mediano: pur in assenza di vo-tazione o di simulazione della votazione, il teorema dell’elettore mediano avrebbepotuto indicarci i risultati del voto.

Si rilevi la differenza tra alternativa preferita dall’elettore mediano e alternati-

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Economia delle scelte pubbliche 75

va mediana. Nell’esempio precedente l’alternativa preferita dall’elettore medianoè la quantitàxIV , l’alternativa mediana invece èxIII .

Esempio 5.3.Si consideri una società in cui gli individui abbiano delle preferenzeunimodali intorno al livello di spesa pubblica. Nella tabella seguente per ciascungruppo di elettori è riportata la numerosità del gruppo e la politica ideale.

Votanti per gruppo 3 3 3 2 1 1 2 1 2 1 1

Spesa pubblica ideale 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Il vincitore di Condorcet corrisponderà all’alternativa preferita dall’elettore me-diano, cioè la politica 3. L’alternativa mediana invece è 5.

Il teorema dell’elettore mediano ha una estrema importanzaper analisi di caratterepredittivo. Data un’assemblea elettorale e un insieme di politiche possibili, saràsufficiente conoscere la politica ideale dell’elettore mediano per prevedere l’esi-to di un voto a maggioranza. Rimarrebbe la difficoltà di conoscere le politicheideali di tutti i componenti l’assemblea, al fine di individuare l’elettore mediano.Tuttavia, queste informazioni non sono sempre necessarie:la posizione media-na è individuabile spesso sulla base di altre variabili individuali osservabili. Unesempio servirà a illustrare il punto.

Supponiamo si tratti di decidere la quantità di risorse pubbliche da destinarealle politiche sociali, e supponiamo che il livello ideale di spesa sociale sia, perogni individuo, funzione decrescente del reddito: i più ricchi preferiranno menospesa sociale, e viceversa. Per conoscere il livello di spesa sociale che sarà votatoa maggioranza non è necessario simulare le votazioni; sarà sufficiente conoscerela politica ideale che occupa la posizione mediana tra le politiche ideali dei com-ponenti la società. Ma, data la relazione tra livello del reddito e preferenze sullaspesa sociale, la posizione mediana tra le politiche idealicoinciderà con la politicapreferita dall’individuo che occupa la posizione mediana nella distribuzione deiredditi della società. Sarà quindi sufficiente conoscere ladistribuzione dei redditi,e le preferenze dell’individuo che occupa la posizione mediana, per prevedere illivello di spesa sociale che sarà votato a maggioranza.

5.2.3 L’intensità delle preferenze

Nella descrizione del voto a maggioranza le decisioni collettive si sono basate su-gli ordinamenti di preferenza degli individui. In altre parole, la base informativaesclusiva delle decisioni di gruppo è stata costituita dalle preferenze individuali.Ora, un ordinamento di preferenza traduce la desiderabilità individuale (o il benes-sere individuale) delle diverse opzioni in informazioni dicarattere esclusivamenteordinale. Ogni informazione circa l’intensità delle preferenze viene esclusa allaradice. Questa parsimonia informativa può condurre un’assemblea ad assumeredecisioni altamente indesiderabili. Illustriamo il problema con un esempio.

Page 80: Scienze delle finanze

76 CAPITOLO 5

Esempio 5.4. Supponiamo che si debba votare tra due opzionix e y, e che leutilità di tre individui (A, B, C) componenti la collettività siano le seguenti:

x y

Benefici A 1000 200

Benefici B −400 100

Benefici C −500 −400

Benefici sociali 100 −100

In questo caso se si votasse a maggioranza trax e non x, x verrebbe rigettataanche se il beneficio netto è positivo; se si votasse tray e nony, y verrebbeaccettata anche se il beneficio netto è negativo. Inoltre, sesi dovesse scegliere trax e y, secondo la votazione a maggioranza si sceglierebbey anche sex comportaun beneficio netto maggiore. La ragione di queste potenzialiinefficienze del votoa maggioranza risiede nel carattere puramente ordinale delle informazioni regi-strate con questa modalità di voto. Esiste una regola attraverso cui tener conto diinformazioni di natura cardinale sulla desiderabilità delle diverse opzioni?

5.2.4 Il logrolling

Un metodo indiretto per rivelare l’intensità delle preferenze, dunque estrarre in-formazioni di natura cardinale, è il log-rolling, ossia lo scambio di voti. È statosuggerito che, allo stesso modo in cui nei mercati privati l’intensità delle prefe-renze viene rivelata mediante il meccanismo del prezzo, si potrebbe tener contodell’intensità delle preferenze mediante la compravendita del voto.

Supponiamo ci siano tre individui A, B e C che debbano scegliere tra:x, pro-durre un bene che beneficia B (oppure no); ey, produrre un bene che beneficia C(oppure no). Supponiamo che il costo sia di 600 euro e sia egualmente distribuito,200 euro a testa, e i benefici siano pari a 700 euro. Avremo dunque:

x non x y non y

Benefici A -200 0 -200 0

Benefici B 500 0 -200 0

Benefici C -200 0 500 0

Benefici sociali +100 0 +100 0

Dunque, siax chey implicano un beneficio sociale positivo, ma sarebbero bocciatidal voto a maggioranza. Si suggerisce dunque che se B e C potessero “barattare”il voto, si rifletterebbe l’intensità delle preferenze e si otterrebbero decisioni piùefficienti: B voterebbe Si pery e C voterebbe Si perx, poichè il loro vantaggionetto sarebbe di 300 euro, e si raggiungerebbe la scelta efficiente.

Tuttavia, anche il logrolling può portare a scelte inefficienti. Lo scambio delvoto impone infatti un costo agli altri individui non coinvolti nello scambio, eche non viene considerato nelle scelte individuali (si tratta di una esternalità). Inparticolare, non vi è nessuna garanzia che il vantaggio dello scambio di voto traB e C superi il costo imposto a A. Supponiamo per esempio che ilcosto del benesia di 900 invece di 600:

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Economia delle scelte pubbliche 77

x y

Benefici A -300 -300

Benefici B 400 -300

Benefici C -300 400

Benefici sociali -200 -200

Il beneficio netto per B e C nel caso siax chey vincano è sempre positivo, +100,ma il benefico totale netto è negativo, quindi lo scambio del voto ha portato a unadecisione inefficiente.

Il logrolling può portare a costi elevatissimi di inefficienza nelle decisionipubbliche, specialmente quando si debba decidere tra progetti il cui costo siadiviso tra molte parti.

Un secondo limite del logrolling concerne la stabilità dell’equilibrio. Il log-rolling non risolve il problema dei cicli.Si consideri l’esempio precedente:

x non x y non y

Benefici A -200 0 -200 0

Benefici B 500 0 -200 0

Benefici C -200 0 500 0

Benefici sociali +100 0 +100 0

Ora si supponga abbiano luogo gli scambi.

Scambi Coppiavincente

Coppiaperdente

Votanti chescambiano

Benefici A Benefici B Benefici C

1 x,y non x, non y B e C -400 300 300

2 x, non y x,y A e B -200 500 -200

3 non x, non y x, non y A e C 0 0 0

La situazione di partenza è data dalla coppia (non x, non y). Poi-chè (x, y) ≻ (non x, non y), lo scambio n.1 sarà effettuato. Tuttavia, la coppia(x, non y) è preferita alla coppia (x, y), dunque un secondo scambio sarà effettua-to. Infine, (non x, non y) ≻ (x, non y), quindi un terzo scambio sarà effettuato.Ma (non x, non y) era la situazione di partenza, dominata dalla coppia (x, y):(x, y) ≻ (non x, non y). Si è in presenza di un ciclo!

Dunque, il sistema di voto a maggioranza semplice, anche attraverso il log-rolling, può generare cicli e quindi può risultare nell’assenza di un vincitore.

Rivolgiamo ora la nostra attenzione a delle regole di voto che assicurinosempre un vincitore.

5.2.5 Il voto a maggioranza sequenziale

Una possibile soluzione al paradosso di Condorcet è rappresentata dal voto a mag-gioranza sequenziale: secondo questa regola, dopo il voto amaggioranza su unacoppia di alternative, l’alternativa sconfitta viene eliminata, mentre la vincente

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78 CAPITOLO 5

viene opposta a un’altra; questo processo continua fino a quando non siano esau-rite le opzioni disponibili. Evidentemente, un aspetto decisivo in questa proceduraè l’ordine di votazione.

Esempio 5.5.Le preferenze di tre individui {A, B, C} su tre alternative {x, y, z}sono sintetizzate nella tabella seguente:

Posizione Individui

A B C

I x y z

II y z x

III z x y

Si considerino ora i tre possibili ordini di voto, individuando i relativi vincitori:

1. Ordine del giorno 1:x controy, il vincente controz.

• x controy : x ≻M y → y eliminata• x controz : z ≻M x → x eliminata• Risultato finale : vincez.

2. Ordine del giorno 2:x controz, il vincente controy.

• x controz: z ≻M x → x eliminata• z controy: y ≻M z → z eliminata• Risultato finale : vincey.

3. Ordine del giorno 3:z controy, il vincente controx.

• z controy: y ≻M z → z eliminata• x controy: x ≻M y → y eliminata• Risultato finale : vincex.

Un problema di questa regola è l’arbitrarietà del risultatoo “dipendenza dal sentie-ro”: a seconda dell’o.d.g. adottato, tutte le opzioni potrebbero risultare vincitrici.Dunque la scelta dipende dal caso oppure dall’abilità di chigestisce l’o.d.g, nelcaso conosca le preferenze individuali. Tipicamente, le opzioni votate per ultimehanno minor probabilità di essere battute e quindi eliminate: il presidente dellacommissione, cioè chi decide l’ordine del giorno, è incentivato a far votare la pro-pria opzione preferita alla fine. Questo risultato spiega inparte l’importanza dellebattaglie procedurali che hanno luogo nelle assemblee sull’ordine delle votazioni.

La dipendenza del risultato dall’ordine di votazione non è l’unico limite diquesta regola decisionale.

Esempio 5.6.Supponiamo ci siano 4 alternative(x, y, z, s), e il seguente profilodi preferenze:

Page 83: Scienze delle finanze

Economia delle scelte pubbliche 79

Posizione Individui

A B C

I x z y

II y x s

III s y z

IV z s x

Supponiamo si voti con il seguente ordine del giorno: primax controy, il vincen-te controz, il vincente contros. L’opzione socialmente preferita, dato il profilo dipreferenze, sarebbes. Si noti tuttavia chey è preferita as da tutti e tre gli indivi-dui: la regola della maggioranza sequenziale viola il principioParetiano o dell’u-nanimità! Tutti preferisconoy as, e tuttavia questa regola conduce l’assemblea asceglieres.

Sembra proprio che il paradosso di Condorcet non lasci scelta. O si votano tuttele alternative una contro l’altra, e allora può succedere che nessuna ottenga lamaggioranza. Oppure si votano le varie alternative in un certo ordine, e allorala vincitrice dipende dall’ordine scelto. Come se ciò non bastasse, un particolareordine di votazioni può permettere a un’alternativa di vincere anche quando neesista un’altra che le è unanimemente preferita.

Un ulteriore problema del voto a maggioranza sequenziale è il seguente. Siconsideri il caso dell’Esempio 5.6, e si assuma il seguente ordine del giorno:ycontroz, il vincente controx, il vincente contros.

Se tutti i votanti votassero sinceramente,x vincerebbe. Consideriamo ora ilvotante C. Per C,x è la peggiore opzione possibile; se votasse perz invece chepery nel primo voto, alla fine vincerebbes, che egli preferisce ax. L’individuo Cha incentivo a votare in maniera strategica, cioè a votare inmaniera non sincera.In questo caso si dice che il sistema a maggioranza sequenziale non è a prova distrategia (strategy-proof): non c’è un incentivo per gli individui a votare secondole loro vere preferenze.

Definizione 5.6.Una regola di voto è a prova di strategia quando ogni agente haincentivo a rivelare correttamente le proprie preferenze.

5.2.6 Il sistema maggioritario a turno unico

Con questo metodo, si presentano tutte le alternative simultaneamente, ciascunvotante dichiara la propria alternativa preferita, e vincequella che riceve il mag-gior numero di voti. A differenza dei metodi precedenti, in cui era richiesta laconoscenza dell’intero ordinamento di preferenza di ciascun elettore, in questocaso è sufficiente conoscere l’insieme delle alternative ideali.

Questo sistema garantisce l’esistenza di un vincitore, il quale risulta essereindipendente dall’ordine seguito nella votazione. Inoltre è soddisfatto il criteriodell’unanimità.Anche questo sistema, tuttavia, presenta dei limiti rilevanti. In primo luogo ilvincitore con il maggioritario potrebbe non essere il vincitore di Condorcet, cioèl’opzione che batte tutte le altre in confronti diretti a maggioranza.

Page 84: Scienze delle finanze

80 CAPITOLO 5

Esempio 5.7.Si considerino quindici votanti, che debbano scegliere rispetto allealternativex, y e z. Supponiamo che gli ordini di preferenze individuali sianoiseguenti:

• 6 votanti preferisconox ay, ey az;• 4 votanti preferisconoy az, ez ax;• 5 votanti preferisconoz ay, ey ax.

Posizione N. votanti

6 4 5

I x y z

II y z y

III z x x

Quando si pongano in votazione le alternative con il maggioritario a turno unico,x vince suz per 6 a 5, ez vince suy per 5 a 4: è scelta l’alternativax. Quandoinvece si pongano in votazione le alternative a maggioranza, alloray vince suzper 10 a 5,z vince sux per 9 a 6, e coerentementey vince sux per 9 a 6: è sceltal’alternativay. I due sistemi di votazione producono dunque ordinamenti socialidiversi, e diversi vincitori.

Un secondo limite del sistema maggioritario a turno unico risiede nella possibilitàche risulti vincitrice un’opzione che è fra le meno preferite dagli elettori.

Esempio 5.8.Si considerino diciassette votanti, che debbano scegliererispettoalle alternative(x, y, z, s, t) . La tabella seguente riporta le preferenze per i diversigruppi.

Posizione N. votanti

5 2 3 3 4

I x y z s t

II y z y y y

III z s s z z

IV s t t t s

V t x x x x

Il sistema maggioritario scegliex. Ma x è giudicata l’opzione peggiore da 12votanti su 17! Per ogni altra alternativa, vi è una maggioranza che la preferisce adx. In generale, i limiti dei sistemi maggioritari dipendono dal fatto che nella vo-tazione si considera soltanto una parte dell’informazionecontenuta nei vari ordinidi preferenza individuali: precisamente, l’alternativa ideale. In effetti, il sistemamaggioritario è indicato solo nel caso di due alternative. Questa considerazioneporta a formulare il prossimo meccanismo di voto.

Page 85: Scienze delle finanze

Economia delle scelte pubbliche 81

5.2.7 Il sistema maggioritario a doppio turno

Con questo metodo, nel primo turno ciascun individuo vota per un’unica alter-nativa. Se esiste un’alternativa con una maggioranza superiore al 50% dei voti,questa è l’alternativa vincente. Altrimenti, si vota una seconda volta a maggio-ranza semplice per le due opzioni che nel primo turno hanno ottenuto il maggiornumero di voti. Il vincitore di questo secondo turno vince l’elezione.Anche questo sistema garantisce l’esistenza di un vincitore, il quale risulta essereindipendente dall’ordine seguito nella votazione. Inoltre è soddisfatto il criteriodell’unanimità.

Anche con il maggioritario a doppio turno il vincitore potrebbe non coinci-dere con il vincitore di Condorcet, cioè l’opzione che battetutte le altre in con-fronti diretti a maggioranza. (Nel caso dell’Esempio 5.8 ilsistema maggioritarioa doppio turno porterebbe a scegliet invece diy).

Il maggioritario a doppio turno può, inoltre, dar luogo al paradosso descrittodall’Esempio 5.9:

Esempio 5.9.Si considerino diciassette votanti, che debbano scegliererispettoalle alternative(x, y, z). La tabella seguente riporta le preferenze per i diversigruppi.

Posizione N. votanti

6 5 4 2

I x z y y

II y x z x

III z y x z

Al primo turno le opzionix e y ricevono il massimo numero di voti; al secondoturno si vota trax ey e vincex.

Supponiamo ora che le preferenze dei due elettori dell’ultimo gruppo cambi-no, diventando le seguenti:x ≻ y ≻ z.

Votando,x ez vincerebbero la prima tornata, ez la seconda. Dunque, nono-stante la gente abbia cambiato le proprie preferenze in favore dix rispetto diy, xnon vince più e invece vincez. Non è rispettata la seguente proprietà.

Monotonicità: se l’opzionex vince secondo una certa regola elettorale, e l’in-tensità della preferenza perx aumenta per qualche elettore senza diminuire pernessun altro,x deve continuare a vincere.

Infine il sistema maggioritario non è a prova di strategia: con riferimento all’E-sempio 5.9, i due votanti dell’ultimo gruppo avrebbero incentivo a scegliere comenel primo caso, ammesso che le vere preferenze siano come nelsecondo.

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82 CAPITOLO 5

5.2.8 Il metodo di Borda

Il metodo di Borda è il più semplice tra i sistemi di voto ponderato, sistemi chepermettono l’espressione della intensità delle preferenze individuali sulle diversealternative attraverso l’esplicita attribuzione di pesi.

Supponiamo ci sianon alternative. Ciascun votante, classificando le alterna-tive in base alle proprie preferenze, attribuisce alla prima in classifican punti, allasecondan− 1 punti, alla terzan− 3, e così via. Vince l’alternativa che registra ilmaggior punteggio.

Esempio 5.10.Le preferenze di tre agenti {A,B,C} rispetto a 4 alternative{x, y,z, s} sono:

• Preferenze diA : x ≻a y ≻a z ≻a s;• Preferenze diB : y ≻b z ≻b s ≻b x;• Preferenze diC : z ≻c s ≻c x ≻c y.

Ora vediamo il punteggio attribuito alle 4 alternative con il metodo di Borda:

x y z s

A 4 3 2 1

B 1 4 3 2

C 2 1 4 3

Totale 7 8 9 6

In questo caso vince l’alternativaz.

Il metodo di Borda non è a prova di strategia. Nel caso dell’esempio precedente,l’individuo A ha incentivo a mentire: dichiarando (strategicamente) di preferireyax es az, farebbe vincerey invece diz.

Supponiamo ora che le preferenze dell’individuo A cambino effettivamente ediventino le seguenti:y ≻a x ≻a s ≻a z. L’esito di questo cambiamento sarà cheora il vincitore èy invece diz. Si noti che la preferenze di tutti gli individui - e inparticolare dell’individuoA - tray ez non è cambiata: è cambiata la posizione diy e diz rispetto ad altre alternative, ma non è cambiata in alcun modo la preferen-za tra le due. E tuttavia l’ordinamento sociale tray ez è cambiato. Si può ritenereche questa proprietà sia indesiderabile. Quando si verificaquesto caso allora laregola di voto non rispetta la seguente proprietà:

Indipendenza dalle Alternative Irrilevanti (IAI): la preferenza sociale tra duealternativex ey deve dipendere solo dalle preferenze individuali su tali alternati-ve.

I paragrafi precedenti hanno dimostrato la difficoltà di disegnare una regola divoto soddisfacente. Tutte le regole di voto considerate, pur presentando pregi

di rilievo, si caratterizzano per limiti e difetti.

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Economia delle scelte pubbliche 83

In questo paragrafo si seguirà un percorso inverso: si formuleranno delleproprietà eticamente desiderabili (assiomi), e ci si porràla seguente domanda:quale regola (o quale insieme di regole) di voto soddisfa queste proprietà di base?Si tratta cioè di dedurre, attraverso un processo logico, ilmeccanismo di decisionecollettiva da alcuni principi largamente condivisibili.

Il metodo assiomatico, introdotto nella teoria delle scelte collettive da Arrow[1951], scompone una regola di voto in un insieme di assiomi elementari, ottenen-do in tal modo due diversi risultati: rende trasparenti i giudizi di valore impliciti inuna regola di voto; rende chiaro e rigoroso il confronto tra meccanismi di voto al-ternativi. È dunque un contributo molto ricco alla riflessione logica e al confrontoragionato.

5.3 L’approccio assiomatico deduttivo

5.3.1 Il teorema dell’ impossibilità di Arrow

Si tratta del risultato più importante nella teoria delle scelte collettive, sia per ilmetodo assiomatico per la prima volta introdotto in questo campo di studi, sia peril risultato sorprendente e paradossale messo in luce.

Il modello è quello già utilizzato nelle pagine precedenti:una assembleaNcomposta dan individui deve scegliere tram politiche alternative, appartenenti al-l’insiemeX. Ciascun individuoi in N è dotato di un ordinamento di preferenza,completo e transitivo, sull’insiemeX. ≻i è l’ordinamento di preferenza dell’e-lettorei, {≻1, ...,≻n} il profilo di preferenzeindividuali e≻S l’ordinamento dipreferenza sociale. Una regola di voto è una funzione la quale, per qualsiasi in-sieme di politicheX, associ un ordinamento di preferenza sociale≻Sa un profilodi preferenze individuali.

Arrow [1951] formula il seguente problema: esiste una regola di voto la qualesoddisfi contemporaneamente un insieme di proprietà desiderabili?

Le proprietà desiderabili (assiomi) proposti da Arrow sonoi seguenti:

1. Completezza e transitivitàdell’ordinamento di preferenza collettivo≻S ;2. Dominio non ristretto : ammissibilità di qualsiasi ordinamento di preferenza

individuale, purchè completo e transitivo;3. Unanimità: se per tutti gli individui x è preferito a y, allora anche perla società

x deve essere preferito a y;4. Assenza di dittatura: non esiste alcun individuoi in N il cui ordinamento

di preferenza≻i suX coincide sempre e comunque con l’ordinamento sociale≻S;

5. Indipendenza dalle alternative irrilevanti : la preferenza sociale tra due alter-native x e y deve dipendere solo dalle preferenze individuali su tali alternative.

Arrow [1951] dimostra che i 5 assiomi precedenti sono tra loro incompatibili.

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Teorema 5.3 (Teorema di Impossibilità di Arrow [1951]). Non esiste alcunaregola di voto la quale soddisfi le condizioni 1-5.

Per una semplice dimostrazione, si veda Dardanoni (2002).Dunque, non esiste alcuna regola di voto la quale possa soddisfare contem-

poraneamente le cinque proprietà formulate. Ogni regola divoto, secondo Arrow,deve necessariamente violare almeno una di queste proprietà. Per esempio, la re-gola dittatoriale, in cui un individuo sceglie per tutti, rispetterebbe tutte le altrecondizioni.

Il teorema svela l’esistenza di una difficoltà profonda dei sistemi democratici,rendendo tra l’altro manifesta l’esistenza di un conflitto tra esigenze di rappresen-tatività democratica delle regole di voto (espresse dagli assiomi 3 e 4) ed esigenzedi decisività delle stesse (espresse dagli assiomi 1 e 2). Sitratta di un risultato cer-tamente negativo. Tuttavia, il senso dei risultati assiomatici di impossibilità non èquello di suggerire la rinuncia alle richieste di fondo che sottendono le proprietàformulate. Un risultato di impossibilità individua il limite estremo cui è possibilespingersi con le diverse richieste espresse dagli assiomi.Indebolendo uno o piùassiomi, soluzioni positive sono possibili. E in effetti laricchissima letteraturanata dal teorema di Arrow ha dimostrato come, indebolendo uno qualsiasi de-gli assiomi originari, è possibile ottenere risultati positivi, cioè regole elettorali. Ilteorema però permette di individuare in maniera rigorosa a cosa si sta rinunciandocon una qualsiasi delle regole di voto possibili. È quindi dainterpretare come unaparadigma di riferimento: ogni regola di voto è ora confrontabile con qualsiasialtra in un’unica griglia interpretativa.

Il teorema di Arrow e il benessere sociale Il risultato dimostrato con il teo-rema di Arrow, e in genere la teoria delle scelte collettive,è suscettibile di unainterpretazione diversa da quella discussa fino a ora. Piuttosto che di analisi deiprocessi decisionali che hanno luogo in una assemblea di individui, il problemaformulato da Arrow può essere interpretato nel senso di una modalità per aggrega-re gli interessi individuali in una espressione dell’interesse collettivo. Una regoladi voto sarebbe, in questa interpretazione, una funzione che permette di passaredai livelli di interesse o benessere individuale a un livello di benessere collettivo:ossia una funzione del benessere sociale welfarista e individualista, come quelleconsiderate nel Capitolo 3. In questa interpretazione, il teorema segnalerebbe unadifficoltà nella costruzione di una nozione robusta e coerente di benessere sociale.Tuttavia, sotto questo profilo interpretativo gli assiomi proposti da Arrow appa-iono meno cogenti. Appare in particolar modo discutibile l’ultimo degli assiomidi Arrow, l’Indipendenza dalle Alternative Irrilevanti. Questo assioma in buonasostanza sancisce la parsimonia informativa della regola di voto. Con l’assiomaIAI non solo si esclude che la regola possa andare al di là di informazioni me-ramente ordinali circa le preferenze degli individui; si esclude anche, in manieradecisiva, che sia possibile confrontare le posizioni dei diversi individui. Come di-mostrato da Sen (1970), se si traduce la teoria di Arrow nel linguaggio delle utilitàindividuali, l’assioma IAI stabilisce che le utilità individuali siano ordinali e nonconfrontabili. Ora, evitare il confronto ed eventualmentela compensazione tra le

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posizioni dei diversi individui può apparire scelta plausibile nelle regole di votodemocratico. Tuttavia, questa scelta appare moto più discutibile quando si trattidi aggregare gli interessi individuali in un’unica nozionedi bene o utilità collet-tiva. In questo campo, infatti, la nozione di bene collettivo nasce - deve nascere- da uno sforzo di mediazione e di sintesi di interessi diversi. Ma rinunciando aiconfronti inter-personali (con l’assioma IAI), si rinuncia esattamente alla media-zione degli interessi; non stupisce quindi che in un contesto informativo talmentepovero risulti impossibile una nozione di benessere collettivo che sia sintesi degliinteressi individuali.

Dunque, se interpretato nel senso del benessere sociale, ilteorema di Arrownon dimostrerebbe l’impossibilità di una definizione coerente e condivisa di be-nessere collettivo. Piuttosto, sarebbe una prova della impossibilità di basare lanozione di benessere sociale su di una classe di informazioni individuali limitata.In aggiunta, il teorema mostra che la determinazione di che cosa sia possibile eche cosa no può dipendere in modo cruciale da quelle che sono le informazioni dicui si tiene effettivamente conto nel prendere decisioni sociali.

5.3.2 Il teorema dell’ impossibilità di Gibbard-Satterthwaite

Utilizzando lo stesso modello proposto da K. Arrow, Gibbard[1973] e Satterth-waite [1975] propongono i seguenti assiomi:

1. Decisività dell’ordinamento di preferenza collettivo≻S : si richiede semplice-mente l’esistenza di un vincitore, e non di un ordinamento completo tra tutte lealternative sub-ottimali;

2. Dominio non ristretto ;3. Assenza di dittatura;4. A prova di strategia.

Teorema 5.4(Teorema di Gibbard- Satterthwaite). Non esiste alcuna regola didecisione collettiva la quale soddisfi le condizioni 1-4.

Il teorema di Gibbard-Satterthwaite ha aperto la strada a una letteratura scientifi-ca molto ampia, nel campo dell’economia pubblica, in cui si cerca di disegnareregole e meccanismi pubblici in grado di incentivare gli agenti privati, individui eimprese, che in diversi contesti hanno rapporti con il settore pubblico, a rivelarecorrettamente le informazioni di cui dispongono.

5.3.3 Il teorema di May

Utilizzando lo stesso modello proposto da K. Arrow, May [1952] propone i se-guenti assiomi:

1. Simmetria: le identità degli individui sono irrilevanti;2. Neutralità : il nome delle alternative non altera il risultato (qualsiasi permuta-

zione applicata a tutte le preferenze individuali determina la stessa permutazio-ne della preferenza sociale);

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3. Monotonicità.

Teorema 5.5(Teorema di May). Il voto a maggioranza semplice è l’unica regoladi voto che soddisfa le proprietà 1-3.

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Suggerimenti per ulteriori letture

I testi classici, già citati nel testo, rimangono: Arrow [1951], Buchanan andTullock [1962], Gibbard [1973], May [1952], Satterthwaite[1975] e Sen [1970].Si consiglia anche la lettura dei seguenti testi: Dardanoni[2002], Roemer [2001]e Sen [1986].

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Bibliografia

Arrow, K. (1951). Social Choice andIndividual Values. 2nd ed. 1963.Wiley, New York.

Buchanan, J. and Tullock, G. (1962).The Calculus of Consent. TheUniversity of Michigan Press, AnnArbor.

Dardanoni, V. (2002). “A pedago-gical proof of Arrow’s impossibili-ty theorem”. Social Choice andWelfare.

Gibbard, A. (1973). “Manipulationof voting schemes”.Econometrica,(41):587–601.

Hardin, G. (1978). “The Tragedy of theCommons”.Science.

Longobardi, E. (2009). Economiatributaria. McGraw-Hill, Milano.Seconda edizione.

May, K. (1952). “A set of indepen-dent, necessary and sufficient condi-tions for simple majority decision”.Econometrica, (20):680–684.

Rawls, J. (1971).A Theory of Justice.Harvard University Press, Cambrid-ge. Traduzione italianaUna teoriadella giustizia, Feltrinelli, Milano,1991.

Roemer, J. (2001).Political Competi-tion. Harvard University Press.

Satterthwaite, M. A. (1975). “Strategy-proofness and Arrow’s conditions:existence and correspondence theo-rems for voting procedures and so-cial welfare functions”. Journal ofEconomic Theory, (10):187–217.

Sen, A. K. (1970). Individual choiceand Social Welfare. Holden-Day, San

Francisco.Sen, A. K. (1977). “On Weights and

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Sen, A. K. (1986). Scelta, benessere,equità. Il Mulino, Bologna.