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EDITORIALE di Antonio Balsamo e Nicola Di Grazia L’autoriforma e la sfida della valutazione della professionalità del magistrato 2 IL XXX CONGRESSO DELL’ANM La sfida del rinnovamento 8 Autoriforma, questione morale, organizzazione di Luca Palamara LA MAGNA CARTA DEI GIUDICI Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura 60 adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010 di Raffaele Sabato CODICE ETICO Il nuovo Codice Etico della magistratura 80 L’ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA Processo e organizzazione di Maria Eugenia Oggero 86 Sottoproduzione e sprechi nella giustizia civile: un’analisi empirica 96 di Luca Ricolfi, Maria Raffaella Rancan, Rossana Cima ILVALORE DEL PRECEDENTE Il ragionamento giuridico, tra autorità e ragioni. Un approccio 104 filosofico-giuridico al valore del precedente di Isabel Trujillo Il valore del precedente: un’analisi critica di Raimonda Tomasino 114 LA GIUSTIZIA E I MINORI Il carcere minorile e la rieducazione: le aspettative tradite 124 di Maria De Luzenberger Milnernsheim Le opinioni espresse in ciascun articolo sono proprie dell’autore e possono non coincidere con quelle della redazione o della direzione o con la linea dell’ANM Direzione e Amministrazione Roma-Palazzo di Giustizia, presso l’Associazione Nazionale Magistrati Telefono: diretto 06/6861266; centralino 06/68831; interno 2792 Fax 06/68300190 Sito internet: http://www.associazio nemagistrati.it Reg. Trib. di Roma n.259 del 23 giugno 1948 Direttore Responsabile Aldo Celentano Codirettori Antonio Balsamo Nicola Di Grazia Comitato di redazione Antonio Ardituro Lucio Aschettino Carlo Citterio Anna Giorgetti Giuseppe Rana AD Gerardo Spera In copertina La donna che regge la bilancia Jan Vermeer In quarta di copertina e all’interno Illustrazioni di Giuseppe Bocelli Consigliere della Corte di Appello di Milano Per gentile concessione Illustrazioni Fabiano Spera Finito di stampare nella Litotipografia Fratelli Begliomini Via Gerolamo Adorno, 55 Tel 06/5126444 Fax 06/5139959 Sommario

Sommario - Associazione Nazionale Magistrati · 2013. 10. 24. · La Magistratura Organo della Associazione Nazionale Magistrati Editoriale pazione dell’avvocatura nell’autogoverno

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EDITORIALE di Antonio Balsamo e Nicola Di GraziaL’autoriforma e la sfida della valutazione della professionalità del magistrato 2

IL XXX CONGRESSO DELL’ANMLa sfida del rinnovamento 8Autoriforma, questione morale, organizzazione di Luca Palamara

LA MAGNA CARTA DEI GIUDICIDue importanti testi in tema di indipendenza della magistratura 60adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010 di Raffaele Sabato

CODICE ETICOIl nuovo Codice Etico della magistratura 80

L’ORGANIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIAProcesso e organizzazione di Maria Eugenia Oggero 86Sottoproduzione e sprechi nella giustizia civile: un’analisi empirica 96di Luca Ricolfi, Maria Raffaella Rancan, Rossana Cima

IL VALORE DEL PRECEDENTEIl ragionamento giuridico, tra autorità e ragioni. Un approccio 104filosofico-giuridico al valore del precedente di Isabel TrujilloIl valore del precedente: un’analisi critica di Raimonda Tomasino 114

LA GIUSTIZIA E I MINORIIl carcere minorile e la rieducazione: le aspettative tradite 124di Maria De Luzenberger Milnernsheim

Le opinioni espressein ciascun articolo

sono propriedell’autore

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Reg. Trib. di Roman.259 del 23 giugno

1948

DirettoreResponsabile

Aldo Celentano

Codirettori Antonio BalsamoNicola Di Grazia

Comitato di redazione

Antonio ArdituroLucio Aschettino

Carlo CitterioAnna GiorgettiGiuseppe Rana

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In copertinaLa donna

che regge la bilanciaJan Vermeer

In quarta di copertinae all’internoIllustrazioni di

Giuseppe BocelliConsigliere della Corte

di Appello di Milano Per gentile

concessione

IllustrazioniFabiano Spera

Finito di stamparenella Litotipografia

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l XXX congresso dell’ANM ha dedicato ampio spazio alla rifles-sione sul ruolo dell’autogoverno nella valutazione della profes-sionalità del magistrato.

Non c’era bisogno di questa nuova occasione per ribadire cheil superamento di un sistema di progressione in carriera basato

essenzialmente sull’anzianità e sull’assenza di controllo è un punto dinon ritorno.

Come sappiamo questa è una scelta di campo maturata da tempoe da tempo ormai condivisa nella cultura comune della magistraturaassociata.

Perché tutti siamo convinti che se l’azione della magistratura nonè sostenuta da una responsabile e controllata professionalità al servi-zio del cittadino la stessa difesa dei valori costituzionali dell’indipen-denza e dell’autonomia rischia, fatalmente, di perdere credibilità.

Ma la scelta di dedicare la prima sessione del congresso a questotema non risponde, appunto, alla necessità di ripetere questi concetti.

Ci siamo posti un obiettivo diverso: più concreto, per un verso, maanche più ambizioso.

Un obiettivo che collega la questione della professionalità al temache abbiamo riassunto nell’espressione della cd autoriforma.

In sostanza, abbiamo voluto confrontarci apertamente sulla nostracapacità di far vivere nella prassi e nei comportamenti quotidiani del-l’autogoverno e nell’atteggiamento dell’Associazione una diversacultura, lontana da quelle logiche corporative e di protezione del sin-golo che hanno contribuito a rallentare l’ammodernamento dellamagistratura.

Perché noi crediamo fermamente nella possibilità di controlli diprofessionalità seri ed efficienti che siano svolti all’interno del cir-cuito dell’autogoverno.

Ma siamo consapevoli che anche questa prima fase di applicazio-ne della nuova normativa ordinamentale ci consegna un’esperienzainsoddisfacente, dove è concreto -e forse tuttora prevalente- il rischiodi valutazioni formulate su dati di conoscenza formali che non rap-presentano una adeguata base di giudizio.

E anche questo aspetto richiama, ancora una volta, una necessariaassunzione di responsabilità diretta da parte della intera magistratura,perché il problema non è solo di chi è chiamato a compiere le valuta-zioni.

Le fonti di conoscenza ordinarie sull’attività del magistrato -e inprimo luogo il rapporto informativo del capo dell’ufficio- devono

L’autoriforma e la sfida della valutazione dellaprofessionalità del magistratodi Antonio Balsamo e Nicola Di Grazia

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essere un contributo ragionato ed affidabile alla lettura del materialedisponibile.

Non è più accettabile trovarsi di fronte a giudizi privi di contenu-to effettivo e colmi di formule di stile proprio da parte di chi piùconosce da vicino la persona sottoposta a valutazione.

E occorre ragionare su quello che non va anche per trovare, concoraggio, nuovi accorgimenti, soluzioni pratiche, modifiche normati-ve che migliorino la qualità del momento di controllo.

Nel dibattito congressuale sono stati raccolti in proposito spunti estimoli interessanti.

Ne richiamiamo, con una scelta forse arbitraria, solo due.Innanzitutto, la centralità del ruolo dei consigli giudiziari nell’am-

bito del procedimento complesso che sfocia nella valutazione di pro-fessionalità del magistrato.

È evidente che il CSM non è vincolato dal parere espresso dalConsiglio Giudiziario e se ne può discostare, dando atto nella moti-vazione della valutazione degli elementi istruttori e del percorsoargomentativo posto a base delle proprie conclusioni.

Ma forse nella logica del sistema non c’è un organo che rappre-senta l’istanza superiore cui il magistrato che abbia riportato unavalutazione diversa da quella positiva può sempre appellarsi per rivi-sitare liberamente ogni aspetto del contenuto del giudizio.

Piuttosto il percorso del procedimento all’interno degli organi diautogoverno appare caratterizzato da due momenti distinti che devo-no integrarsi tra loro per esprimere principi e valori comuni.

Il secondo tema riguarda il ruolo più incisivo che dovrebbe svol-gere la componente espressa dal Foro.

Oggi, come è noto, la legge prevede che il rapporto e le segnala-zioni dei capi degli uffici debbono tenere conto delle segnalazionispecifiche rappresentate da terzi, nonché delle segnalazioni pervenu-te dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

L’esperienza dimostra, anche in questo caso, che la previsionenon ha avuto un grande seguito.

Ed è un’occasione persa, perché occorre promuovere come unaprassi virtuosa, invece, l’assunzione pubblica e trasparente dellaresponsabilità di segnalare i casi di disservizi evidenti e percepiti, nel-l’interesse generale, soprattutto dagli utenti professionali.

La scarsa attenzione dimostrata dalla classe forense non appareperò un dato insuperabile.

Nella prospettiva del rafforzamento e miglioramento della parteci-

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pazione dell’avvocatura nell’autogoverno dei magistrati va segnalata,infatti, una recente proposta di modifica dell’ordinamento giudiziarioavanzata nel marzo 2010 dal Consiglio Nazionale Forense proprio pergarantire un coinvolgimento più ampio nei consigli giudiziari.

È una proposta volta a:a) stabilire per legge che i componenti avvocati partecipano alla

discussione e alle deliberazioni anche nelle materie nelle quali nonhanno diritto di voto (pareri per la valutazione di professionalità deimagistrati e pareri su collocamenti a riposo, dimissioni, decadenzadall’impiego) e nella materia di magistratura onoraria; si tratta insostanza di consentire la partecipazione alla discussione in tutte lematerie di competenza del consiglio giudiziario, eliminando le incer-tezze e le diverse prassi che si sono instaurate in sede locale;

b) prevedere, nelle norme sulla valutazione di professionalità deimagistrati, che il consiglio giudiziario acquisisca e valuti obbligato-riamente anche le “osservazioni motivate del consigli dell’Ordinedegli avvocati” su fatti specifici, osservazioni che andranno acquisi-te anche per le deliberazioni attinenti all’assunzione di incarichidirettivi e semi-direttivi con riferimento all’attitudine al conferimen-to di tali funzioni. E di prevedere, ancora, che il Consiglio dell’Ordi-ne che ha presentato osservazioni motivate, abbia la facoltà di impu-gnare davanti al Tar il provvedimento del Consiglio superiore dellamagistratura;

c) prevedere, infine, nel giudizio di idoneità finalizzato al passag-gio di funzioni giudicanti e requirenti e viceversa, che il presidentedella Corte di appello acquisisca anche le osservazioni motivate delconsiglio dell’ordine degli avvocati.

Sono tutte proposte da approfondire, ma che vanno nella direzio-ne di un’attenzione utile e costruttiva.

E forse potremmo spingerci oltre.È stato detto con chiarezza che un modo per valorizzare un cana-

le di conoscenza prezioso, un contributo forse non più rinunciabile,potrebbe essere anche quello di consentire, con un’apposita modificanormativa, la partecipazione con diritto di voto nei consigli giudizia-ri della componente laica alle valutazioni di professionalità, ai pareridi idoneità per il conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi ealla procedura di conferma dei dirigenti degli uffici, mantenendoimmutata l’attuale composizione quantitativa dei Consigli Giudiziarie del Consiglio Direttivo della Cassazione.

Perché libera dal vincolo della segnalazione formale per iscritto e

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protetta dal dovere di riservatezza dei lavori del collegio, la compo-nente forense ed in genere laica potrebbe verosimilmente in manierapiù agevole offrire concreti elementi di conoscenza suscettibili diapprofondimenti istruttori, fermo restando l’obbligatorio riferimentoa fatti e/o a situazioni specifiche.

È un tema difficile e complesso sul quale in un passato recentel’Associazione ha espresso forti perplessità, preferendo la diversaopzione poi recepita dal legislatore.

Si è detto, infatti, che l’attribuzione di tale potere di valutazionenon accompagnata da alcuna previsione in tema di incompatibilita’all’esercizio della professione forense nel distretto (e cio’ a differen-za del rigorosissimo regime di incompatibilita’ previsto per gli avvo-cati eletti componenti del CSM) potrebbe produrre una situazione dipotenziale conflittualità difficile da gestire e controproducente per lafunzionalità dell’organo.

Nel segno del coraggio di cui si è detto, per garantire al nostrosistema di valutazione un contributo esterno che potrebbe fargli gua-dagnare efficacia e credibilità, è giunto forse il momento di verifica-re l’attualità di tali preoccupazioni.

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Editoriale L’autoriforma e la sfida della valutazione dellaprofessionalità del magistrato

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1. I temi del Congresso: autoriforma,questione morale, organizzazioneSignor Presidente della Re-

pubblica, signor Presidente dellaCamera dei Deputati, signorMinistro della Giustizia, signorSottosegretario alla Presidenzadel Consiglio, signor Sindaco diRoma;

Signori Presidenti e Rappre-sentanti del Senato della Repub-blica e della Camera dei deputa-ti, della Corte Costituzionale, delGoverno, della Regione Lazio,della Provincia di Roma, delConsiglio Superiore della Magi-stratura, della Corte di Cassazio-ne, Autorità, Colleghi Magistrati,

Signore, signori, autorità, av-vocati, studiosi del diritto, opera-tori della giustizia tutti, colleghee colleghi , quale presidente del-l’Associazione Nazionale Magi-strati svolgo la relazione intro-duttiva del XXX Congressonazionale.

Un particolare deferente rin-graziamento al Presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano,che, ancora una volta, ci onoracon la Sua presenza.

Questo Congresso si rivolge allegislatore e alla politica per sol-lecitare interventi urgenti sullereali problematiche del mondodella giustizia e a tutti i magistra-ti per coinvolgerli in un percorso

di cambiamento fondato sull’ela-borazione di una nuova idea diautogoverno e di associazione.

Oggi abbiamo un precisointento: voltare pagina, lasciandoalle spalle ciò che in questi anninon ha funzionato nella macchi-na giudiziaria, nei rapporti trapolitica e magistratura, ma ancheal nostro interno, dando centra-lità ai temi dell’autoriforma,della questione morale e dell’or-ganizzazione.

Il malfunzionamento della macchina giudiziaria

Dobbiamo tutti avere la consape-volezza che la nostra funzione èrivolta al cittadino per il quale,alla sofferenza per un dirittonegato o atteso, si aggiunge l’ul-teriore disagio dovuto ai ritardidi un sistema del cui malfunzio-namento abbiamo piena coscien-za e che deve costituire per illegislatore un presuppostoimprescindibile per una seriariforma della giustizia.

La crisi politica degli ultimimesi sembra, però, aver bloccatoqualsiasi ipotesi di riforma e lagiustizia originariamente indica-ta come una priorità è improvvi-samente scomparsa dall’agendaparlamentare. Ma i problemirestano. Lentezza dei processi,drammatica penuria di risorseumane e materiali, vetusta orga-nizzazione e mancata informatiz-zazione sono le piaghe con le

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La sfida del rinnovamento.Autoriforma, questionemorale, organizzazioneLuca Palamara*

*Presidentedell’AssociazioneNazionale Magistrati

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Relazione introduttiva al XXX Congresso Nazionaledell’ANMRoma, Teatro Capranica26-27-28 novembre 2010

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quali siamo chiamati quotidiana-mente a convivere nei nostri uffi-ci, a fronte del continuo aumentodella domanda di giustizia checontribuisce a fare del magistratol’anello debole della catena, sulquale finiscono per concentrarsiinevitabilmente le insoddisfazio-ni della collettività.

Dobbiamo riconoscere anchei nostri errori, quegli errori chetolgono il respiro a ciascuno dinoi; ma non possiamo accettareche alcuni ci considerino gliunici responsabili di un sistemain crisi e ancora peggio esseredescritti, in maniera del tuttofalsa e infamante, come una cor-porazione di fannulloni superpagati impegnata a proteggeregli interessi di una casta accusatadelle peggiori nefandezze. Lodobbiamo ai colleghi che hannopagato con la vita la passione perla giustizia e a quanti lavoranocon impegno e in silenzio.

L’ANM vuole cogliere, per-tanto, l’occasione congressualeper rilanciare le sue proposte efornire il suo apporto per un ser-vizio efficace ed efficiente, conla convinzione che i problemidella giustizia non troverannosoluzione prospettando un’enne-sima riforma sui giudici.

I rapporti tra politica e magistratura In questi anni si è parlato

impropriamente di una contrap-

posizione tra politica e magistra-tura. Al contrario, l’ANM si rico-nosce nei principi di leale colla-borazione e di reciproco rispettotra le istituzioni e il terreno discontro nel quale in molti hannocercato di trascinarla non leappartiene. Il nostro non è unruolo di “avversari”.

Resto sempre convinto che ilrapporto tra la magistratura e glialtri poteri debba accantonaresterili polemiche e strumentaliantagonismi, per individuarevalidi strumenti di politica giudi-ziaria che, invece, purtroppo, atutt’oggi, latitano, come continuaa mancare un’organica e raziona-le riforma della giustizia. Abbia-mo assistito, infatti, a una serie diinterventi episodici e contingentidettati dall’esigenza di risolveresituazioni legate a singole vicen-de processuali e sempre mirati alimitare l’autonomia e l’indipen-denza della magistratura.

Ciò è avvenuto in occasionedelle annunciate riforme costitu-zionali in materia di separazionedelle carriere, di obbligatorietàdell’esercizio dell’azione penale edi CSM, nonché in occasione deinon meno insidiosi progetti dilegge ordinaria in materia di inter-cettazioni, processo breve e poli-zia giudiziaria svincolata dal pm.

Ricordare, al riguardo, che ilpotere legislativo spetta al Parla-mento e che i magistrati hanno ildovere di applicare la legge è

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cosa ovvia e banale, che ognunodi noi è disposto a sottoscrivere.Tutt’altro che ovvio e banale è,invece, il corollario secondo cui imagistrati dovrebbero tacere nelcorso dell’iter di approvazione diuna legge. Si tratta, a ben vedere,di un’idea miope e autoreferen-ziale della politica e dell’attivitàlegislativa, come se fosse possi-bile governare e regolare feno-meni della vita di un Paese senzatenere conto del punto di vista dicoloro che operano nei relativisettori. Una concezione che perfortuna non appartiene alla cultu-ra del Parlamento italiano chenon a caso ha sempre richiesto diascoltare l’opinione tecnica dellamagistratura e degli altri operato-ri del diritto in merito ai disegnidi legge sulla giustizia.

Non ci siamo, quindi, sostitui-ti al Parlamento, ma abbiamosegnalato, con la dovuta fermez-za e facendo sentire forte lanostra voce, le ricadute che lenorme avrebbero avuto sul siste-ma evitando in questo modol’approvazione di provvedimentiche avrebbero messo in ginoc-chio la giustizia.

Questa nostra azione, che hasofferto in vari momenti di soli-tudine, ha, comunque, sortitol’effetto di far crescere progressi-vamente il fronte di quanti, nelmondo politico e nella società ingenere, si sono poi convinti delfondamento giuridico e dell’one-

stà intellettuale delle nostreragioni.

Io credo che a ciò abbia contri-buito anche il metodo che abbia-mo scelto: costanza nei contenuti,ma anche disponibilità al con-fronto e all’ascolto, dialogo,razionalità, nessuna faziosità,rifiuto di ogni atteggiamento pre-giudiziale o ideologico. Questo hadato forza e credibilità all’Asso-ciazione e ai valori di autonomia edi indipendenza, di giustizia e dieguaglianza che l’ANM ha postoal centro del suo operato.

La volontà di limitare l’azio-ne della magistratura si è manife-stata anche quando sono stateavanzate obiezioni sul ruolo esull’attività del giudice nell’in-terpretazione delle norme.

Taluni esponenti del mondopolitico della maggioranza diGoverno hanno avallato, infatti,un’“interpretazione burocratica”dell’art. 101, co. 2, della Costitu-zione con l’intenzione di ridurreil giudice a mera “bocca dellalegge”. Interpretazione, questa,che, come dimostrato da autore-voli studiosi, non è possibilesostenere nei sistemi giuridiciodierni dove la soggezione delgiudice alla legge, per vincolocostituzionale, non è più sempreprefissata negli schemi puntualidi precetti tutti dichiarati inquanto il giudice deve spesso“ricercare” la legge, “ricostruir-la” secondo i principi della

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Relazione introduttiva al XXX Congresso Nazionaledell’ANMRoma, Teatro Capranica26-27-28 novembre 2010

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Costituzione per poi applicarla alcaso concreto.

Tutto questo accade perché ècambiato il diritto: nei tempi,nelle fonti, nelle frontiere e nonperché i giudici abbiano decisodi rompere le corsie dell’ordina-mento con un’assurda pretesa di“libera giurisprudenza”.

Il bagaglio culturale e profes-sionale di ogni magistrato italia-no impone un rapporto direttocon la Costituzione e , quindi,l’interpretazione costituzional-mente orientata delle norme,contrariamente a chi auspica unmodello di giudice omogeneoalle maggioranze contingenti,interprete della volontà di que-st’ultima, disancorato dallaCostituzione.

Ma questi sono stati ancheanni in cui abbiamo dovuto regi-strare un pesante clima di aggres-sione nei confronti della magi-stratura quando, in particolare,indagini e processi che hanno“toccato il potere” sono statistrumentalizzati a fini politici.

In queste circostanze abbiamoassistito a un costume politico dialcuni rappresentanti dell’attualemaggioranza di Governo chehanno reso pratica quotidianal’insulto e il dileggio nei con-fronti di un’indefettibile istitu-zione dello Stato. Un’assurdacampagna di denigrazione tesa aminare la credibilità della magi-stratura davanti agli occhi dei

cittadini, facendo leva, con ungioco evidentemente facile, sullagenerale delusione per le manca-te risposte alla legittima ansia digiustizia.

Abbiamo reagito con dignitàe risolutezza, senza timore,soprattutto quando si è messo indiscussione, non il merito deiprovvedimenti, ma l’indipenden-za e l’imparzialità dei giudici. Ciconforta che più volte il Capodello Stato abbia sottolineatocome la rigorosa osservanzadelle leggi, il più severo control-lo di legalità, rappresentino unimperativo assoluto per la salutedella Repubblica, richiamandotutti ad avere il massimo rispettoper la magistratura che è investi-ta di questo compito essenziale.

L’autoriforma della magistraturaIl clima politico di questi

anni, l’idea della cittadella asse-diata, ha reso impopolare alnostro interno il tema dell’auto-correzione. Oggi bisogna avere ilcoraggio di affrontarlo. Difende-re l’autonomia e l’indipendenzadella magistratura passa, infatti,anche attraverso il coraggio dicambiare interrogandoci su quel-lo che non ha funzionato nell’e-sercizio del potere diffuso, nelsistema dell’autogoverno e del-l’associazionismo giudiziario.

Questa riflessione è necessa-ria per evitare che l’esercizio del

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potere giudiziario possa rappre-sentarsi all’esterno come arbitra-rio, sganciato da regole, incom-prensibile ai più. La credibilitàdella funzione giudiziaria e lasua legittimazione democraticasi fondano esclusivamente sul-l’applicazione di regole secondocriteri di ragione. L’autonomia el’indipendenza di un corpo dimagistrati professionali trova,infatti, la sua sola giustificazionenella riferibilità delle decisionigiudiziarie a una regola interpre-tata e applicata sulla base di cri-teri razionali. Criteri che possonoessere opinabili, ma che devonosempre apparire comprensibili.

È per tale motivo che in que-sto XXX Congresso vogliamorichiamare un modello di magi-strato nel quale riconoscerci:moderno, responsabile, profes-sionalmente attrezzato, che nonfrequenta o partecipa a squallideconsorterie e la cui credibilitànon possa essere, dunque, inalcun modo attaccabile.

Dividerò ora il mio interventoin due parti, evidenziando primale proposte dell’ANM per unavera riforma della giustizia perpoi soffermarmi sui temi dell’au-toriforma, della questione moralee dell’organizzazione.

2. Le proposte dell’ANM per una vera riforma della giustizia2.1. Giustizia al collasso e necessità di interventi urgenti La giustizia in Italia è al col-

lasso. Il cattivo funzionamentodel servizio giustizia e, quindi, ilmancato rispetto della ragione-vole durata del processo assumo-no carattere oggettivamente prio-ritario e necessitano di interventiurgenti. L’efficace funzionamen-to del sistema giudiziario, in cuisi incontrano la domanda di giu-stizia dei cittadini e l’offerta assi-curata dalle istituzioni giudizia-rie, rappresenta, infatti, una dellecondizioni indispensabili perpromuovere e garantire il buonfunzionamento complessivo diun sistema economico e sociale.Siamo abituati ormai a sentireall’inizio di ogni anno giudizia-rio, all’esito delle relazioni inau-gurali del Primo Presidente dellaCassazione e dei Presidenti delleCorti d’Appello, le gravi conse-guenze che la situazione di dis-servizio determina sulla cittadi-nanza italiana. Parlo di un pro-blema oggettivo, in quanto nonpuò essere un motivo di vanto edi orgoglio per il nostro Paese ilfatto che il rapporto Doing Busi-ness 2011, della Banca Mondia-le, che annualmente indica iPaesi in cui è vantaggioso inve-stire e che è stato pubblicato

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Relazione introduttiva al XXX Congresso Nazionaledell’ANMRoma, Teatro Capranica26-27-28 novembre 2010

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qualche giorno fa, ancora collo-chi l’Italia all’80° posto (su 183),non più dopo Angola, Gabon, lemolte Guinee, Sào Tome, comequando eravamo al 156° posto, etuttora meglio di Liberia, SriLanka e Trinidad. La scalata ametà classifica non deve certoconsolare (Zambia, Mongolia,Ghana, Ruanda continuano aprecederci). È, dunque, ben veroche “un investitore di qualsiasinazionalità, tra le spinte all’inve-stimento in un Paese europeo,soppesi anche tempi e costi direcupero di un credito” per valu-tare la convenienza a investire inItalia - come evidenzia l’ultimarelazione sull’amministrazionedella giustizia dell’anno 2009 -,ma nella sua decisione peserannosoprattutto i tempi sicuramentelunghi delle autorizzazioni, gliappalti opachi, i ritardi nei paga-menti della Pubblica Ammini-strazione.

E cosa ancor più preoccupan-te, l’Italia figura tra le bad prac-tices quanto a durata delle proce-dure: 1210 giorni necessari perrecuperare un credito!

Inoltre, una stima di Confarti-gianato calcola che i ritardicostano alle imprese 2,3 miliardidi euro: una “tassa occulta” dicirca 371 euro per azienda chericade su imprenditori, fornitori,clienti, consumatori.

La durata dei processi non èomogenea sul territorio naziona-

le. Secondo dati recenti fornitidal Ministero della Giustizia, ladurata media dei processi civili èdi tre anni in Tribunale, oltre treanni in appello e stessa durata inCassazione. Tre anni e mezzo,invece, per chiudere un processopenale in dibattimento dal Tribu-nale alla Cassazione.

Giustizia ritardata equivale agiustizia denegata, ma è ancheun costo per lo Stato. Vengono,infatti, destinati circa 250 milio-ni di euro per le richieste diindennizzo per violazione deltermine di ragionevole durata delprocesso. Una procedura che findal 2001 è regolata con leggedello Stato, la c.d. legge Pinto.Sul punto deve registrarsi unacrescita media annua del 40%che ha portato il contenzioso daicirca 5mila ricorsi del 2003 aglioltre 34mila del 2009 con il para-dosso di determinare la c.d.“Pinto sulla Pinto” che sta ingol-fando le Corti d’Appello.

Non dobbiamo e non possia-mo rassegnarci a questo stato dicose. È, pertanto, inevitabile efisiologico che politica e magi-stratura debbano dialogare e con-frontarsi sul tema del funziona-mento del processo, in relazioneal quale l’ANM vuole porsi comeinterlocutore ineludibile di qual-siasi governo e offrire un contri-buto per intervenire sulle realiproblematiche della giustizia.

L’aspetto critico è costituito

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dalla crescente giacenza di pro-cessi sia nel civile (5,5 milioni diprocedimenti pendenti) sia nelpenale (1,5 milioni di procedi-menti pendenti)1.

Molteplici sono le cause chehanno determinato e che, tuttora,purtroppo determinano questasituazione: dall’eccessiva litigio-sità a procedure farraginose, ainutili formalismi, all’enormedebito di procedimenti sia nelpenale sia nel civile, a una catti-va dislocazione e organizzazionedegli uffici, all’enorme numerodi avvocati in Italia senza ovvia-mente trascurare le nostreresponsabilità.

L’eccessiva litigiosità è con-fermata dalle ricerche CEPEJ del2008 e del 2010 da cui risulta chel’Italia ha il maggior numero dicontroversie per abitante. In par-ticolare2, si evince che i magi-strati italiani devono dare rispo-sta a un contenzioso civile che èil terzo in Europa ed è quasi ildoppio rispetto agli altri grandiPaesi UE.

Tuttavia, è doveroso eviden-ziare che la laboriosità dei giudi-ci italiani è tra le prime in Euro-pa. Siamo al terzo posto per lacapacità di definizione degliaffari civili, dove la produttivitàpro-capite dei giudici italiani ècirca il doppio di quella deglialtri grandi Paesi e ai primissimiposti anche nel settore penale, siapure tra sistemi europei diversi e

difficilmente comparabili.Le numerose e gravi patolo-

gie che affliggono la giustizia inItalia impongono di fissare dellepriorità e di trovare soluzioni erimedi correttivi il più possibilecondivisi.

Le proposte dell’ANM:– taglio dei Tribunali, delle

cause e delle spese inutili;– informatizzazione di tutti

gli uffici giudiziari;– predisposizione di adeguate

risorse umane e materiali.

2.1.1. Il taglio dei Tribunali, delle cause e delle spese inutili Parlando di Tribunali inutili,

il riferimento è alla necessità diorganizzare diversamente gliuffici sul territorio rivedendo lecircoscrizioni giudiziarie. È unaquestione antica, ma oggi nonpiù rinviabile per dare al Paesedegli uffici moderni. Agli inizidegli anni Novanta, a seguito diuna felice intuizione di GiovanniFalcone, le competenze per reatidi mafia, prima attribuite indi-stintamente a tutte le Procure diItalia, vennero ristrette tra venti-sei uffici con la creazione delledirezioni distrettuali antimafia.Si ebbe il coraggio di cambiare.

Oggi la stessa operazione deveessere fatta per la dislocazionedegli uffici sia della giudicanteche della requirente sul territorio.

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Relazione introduttiva al XXX Congresso Nazionaledell’ANMRoma, Teatro Capranica26-27-28 novembre 2010

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In realtà, su questo tema cisiamo confrontati a più ripresecon la politica, senza, però, giun-gere ad alcun risultato per il fron-teggiarsi di interessi contrapposti.

Abbiamo cercato di indivi-duare criteri il più possibileoggettivi, per procedere all’ac-corpamento dei Tribunali limi-trofi, come meglio illustrati neipannelli che abbiamo volutoaffiggere in questo Congresso.

Riteniamo indispensabile unariallocazione delle (insufficienti)risorse disponibili fra i 165 ufficigiudiziari esistenti, alla lucedegli squilibri nella ripartizionedei carichi di lavoro complessivitra gli uffici metropolitani, gliuffici medio-grandi e gli ufficipiccoli e piccolissimi.

Un maggiore recupero di effi-cienza sarebbe sicuramente pos-sibile, ad avviso dell’ANM,introducendo una razionale revi-sione della geografia giudiziaria,che comporti in ogni caso l’ac-corpamento degli uffici di mino-ri dimensioni secondo parametricommisurati a una c.d. “dimen-sione ottimale”, da determinaresulla base dei dati disponibilinonché dell’esperienza maturatadai migliori consulenti, per il set-tore giudiziario, di “organizza-zione applicata”.

Parlando di cause inutili, ilriferimento nel settore penale èalla c.d. “ipertrofia del dirittopenale” e del suo contrapporsi al

così agognato “diritto penaleminimo”. Chiediamo al legisla-tore di procedere a una ragione-vole depenalizzazione. Ma è maipossibile impegnare tre gradi digiudizio per una guida senzapatente? In un Paese normale nonsarebbe molto più logico definirela vicenda con il pagamento diuna pena pecuniaria di fronte aun’autorità amministrativa?Chiediamo ancora di non dovercelebrare più processi che porta-no a sentenze di condanna cheresteranno solo sulla carta come,ad esempio, quelle nei confrontidei contumaci e degli irreperibili.E ancora, una seria riforma dicarattere generale del sistemadelle impugnazioni, sia nel pena-le sia, ovviamente, nel civile. Inquest’ultimo settore, come inquello del lavoro, è necessariosemplificare i riti e ridurre i tempidel contenzioso, soprattutto quel-lo seriale, che deve annoverarsitra le principali cause dell’ecces-sivo numero di procedure previ-denziali e che si riverbera negati-vamente sui complessivi tempi didefinizione di tutte le controver-sie lavoristiche.

A tal proposito, nel nostroCongresso presenteremo uncaso: quello dell’INPS mettendoin risalto gli aspetti problematicidelle cause in cui è parte.

Parlando di spese inutili, unrecente studio3 ha sottolineatocome delle spese dei 29 distretti

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di Corte d’Appello, con preva-lenza in quelli del Sud, il 34% siainutile. Da quest’analisi emerge,altresì, l’esigenza di razionaliz-zare le uscite spendendo meno omeglio.

2.1.2. La predisposizione di adeguate risorse materiali e umane Il tema delle risorse è un pre-

supposto imprescindibile periniziare un discorso coerente elogico sul funzionamento deiprocessi e, più in generale, dellagiustizia.

Per ciò che concerne le risor-se materiali, le spese per la giu-stizia incidono dello 0,04% sulbilancio dello Stato e nel 2010sono state pari ad euro328.332.480 a fronte di un bilan-cio di 792.792.465.118 e abbia-mo dovuto confrontarci con itagli orizzontali contenuti nelleleggi finanziarie che non hannoattribuito valenza strategica alservizio giustizia.

Peraltro, i costi del sistemagiudiziario, anche a legislazioneinvariata, potrebbero essere par-zialmente coperti dalle entrate,che attualmente, invece, sonoquasi del tutto inesistenti.

Si consideri, infatti, che traspese processuali liquidate e san-zioni pecuniarie inflitte le “entra-te potenziali” dell’amministra-zione giudiziaria si aggiranointorno a 1 miliardo di euro per

anno, mentre le percentuali direcupero sono particolarmentebasse (si calcola tra il 3 e il 5%).

Le cause di tale situazionesono diverse. In primo luogo, ladestinazione delle somme alMinistero dell’Economia e nonal Ministero della Giustizia nonha mai stimolato investimenti eprogetti organizzativi nel settore.Il sistema di liquidazione dellespese “a piè di lista” è particolar-mente complesso e determinaritardi nella quantificazione. Ladistribuzione delle competenzetra l’ufficio esecuzione della Pro-cura della Repubblica e l’ufficiodel campione penale presso ilTribunale impedisce la correttaquantificazione delle pene pecu-niarie e ne ostacola le proceduredi recupero.

La giustizia, poi, non deveessere considerata un costo per loStato, ma una risorsa. Basti pen-sare alle “entrate” potenziali (ma,in questo caso, anche ai potenzia-li risparmi di costi inutili) rappre-sentate dai beni confiscati e daibeni in giudiziale sequestro. SulFondo Unico della Giustizia al 31dicembre 2009 risultavano con-fluiti oltre 1.592 milioni di euro.L’ultimo dato disponibile (al 17maggio 2010), quindi quasi ametà dell’esercizio corrente, rife-riva di risorse affluite al Fondopari a 2.049,3 milioni di euro. Idati del Ministero dell’Internoindicano che nel 2009 sono stati

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confiscati beni, che vanno adaggiungersi alla disponibilitàliquida del FUG, il cui valore sti-mato è di 1.402 milioni di euro ene sono stati sequestrati per 3.947milioni.

Una gestione complessiva diqueste risorse e una loro destina-zione (almeno parziale) alla giu-stizia permetterebbe di trovare ifinanziamenti per la modernizza-zione del sistema.

Sul punto il decreto legge 4febbraio 2010, n. 4, convertitocon modificazioni nella legge 31marzo 2010, n. 50, ha introdottouna serie di importanti innova-zioni nella materia dell’ammini-strazione e della destinazione deibeni sequestrati e confiscati, cheassume un ruolo strategico perrealizzare il fine ultimo persegui-to dalla normativa sulle misurepatrimoniali antimafia, le quali -come è stato evidenziato ripetu-tamente dalla giurisprudenzacostituzionale e di legittimità -mirano “a sottrarre definitiva-mente i beni di provenienza ille-cita al circuito economico di ori-gine per inserirli in altro esenteda condizionamenti criminali”.

Nella relazione al disegno dilegge di conversione del decretolegge 4 febbraio 2010, n. 4, sisottolinea che con la riforma sipersegue l’intento di soddisfarela “prioritaria esigenza di rende-re rapido ed effettivo l’utilizzodei patrimoni per finalità istitu-

zionali e sociali”.Alla base della riforma vi è,

dunque, un giudizio negativo sulsistema previgente, ritenutoassolutamente inidoneo a fron-teggiare l’emergenza gestionaleda cui deriva una grave “asim-metria” tra l’imponente sforzoinvestigativo e gli strumenti nor-mativi e organizzativi attualmen-te a disposizione.

La nuova Agenzia, istituitadal dl 4 febbraio 2010, n. 4, con-vertito nella legge 31 marzo2010, n. 50, concentra in sé unaserie di competenze di primariaimportanza, prima conferiteall’autorità giudiziaria e ai pre-fetti, in un settore che rivesteparticolare rilevanza nel contra-sto alle basi economiche dellacriminalità organizzata. Un risul-tato sicuramente positivo dellariforma è la razionalizzazionedella disciplina della destinazio-ne dei beni confiscati, che vieneinserita in una dimensione nazio-nale per valorizzarne pienamentele potenzialità. Tuttavia, la nuovadisciplina dell’amministrazionedei beni rischia di creare un dia-framma tra l’autorità giudiziariae il soggetto effettivamente inca-ricato della gestione, con riper-cussioni negative sul piano del-l’efficienza e delle garanzie.Un’ulteriore significativa inno-vazione è rappresentata dal per-fezionamento della tutela deiterzi titolari di diritti reali nel

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procedimento di prevenzione.Il tema delle risorse materiali

investe evidentemente anche lestrutture spesso fatiscenti nellequali siamo costretti a svolgerela nostra attività. Un esempio pertutti: Marano di Napoli, zona adaltissima densità camorristicadove il palazzo di giustizia èospitato provvisoriamente negliuffici tecnici del Comune. AMarano i processi civili duranoanni e le pendenze sfiorano i12mila provvedimenti. E lasituazione è ancora più allarman-te nelle Procure di frontiera, inquegli uffici giudiziari che com-battono quotidianamente contromafia e ‘ndrangheta, senza mezzie senza uomini. A Palmi, Barcel-lona Pozzo Di Gotto ed Enna lagiustizia rischia di fermarsi e afarne le spese è la società civile.Le Procure del Sud soffrono perle strutture inadeguate, per icomputer inesistenti, per il per-sonale insufficiente e, soprattut-to, per la mancanza di magistrati.

Quanto alle risorse umane,deve evidenziarsi come oggiall’interno della magistratura cisia una scopertura pari al 12,48%(9591 posti in organico di cuivacanti 1197; nello specifico7163 sono giudicanti di cuivacanti 849 con una percentualedi scopertura pari all’11,85%;2428 requirenti di cui vacanti348 con una scopertura pari al14,33%) .

Al problema della scoperturadegli organici si collega quellodel collocamento fuori ruolo.

Il limite dei magistrati collo-cabili fuori ruolo è stato fissatoin un massimo di duecento unità.È necessario, però, restringerequesti incarichi solo a quelli irri-nunciabili e circoscriverli neltempo. Non è opportuno disper-dere preziose energie in attivitànon tipiche del magistrato laddo-ve cioè la professionalità e la cul-tura del magistrato addetto a fun-zioni non giurisdizionali non siadi effettivo e indispensabile ausi-lio tecnico all’organo nazionale ointernazionale presso cui è collo-cato. La limitazione nel tempodel collocamento fuori ruolodeve, altresì, essere funzionalead ampliare la platea dei magi-strati che potranno godere diesperienze diversificate e adarginare il problematico e critica-bile fenomeno delle carriereparallele.

Particolarmente complessa lasituazione della magistraturaonoraria, divisa in distinte cate-gorie disciplinate da normativediverse. Da una parte, i giudicionorari di Tribunale e i vicepro-curatori onorari, la cui funzionedeve essere riordinata in modoconforme all’assetto costituzio-nale; dall’altro, i giudici di pacecon l’ormai annoso problemadella ridefinizione delle pianteorganiche che impedisce la

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nomina di nuovi magistrati e lasostituzione di coloro che nonsvolgono più quel ruolo.

Grave è, altresì, la carenza diorganico del personale ammini-strativo. Secondo dati di fonteministeriale la percentuale discopertura media è del 13% per ilpersonale amministrativo e del27% per i dirigenti. In realtà, dal1995 ad oggi c’è stata una pro-gressiva riduzione della piantaorganica di ben oltre 13.000unità del personale amministrati-vo del comparto giustizia la cuiprofessionalità è stata mortificatanel corso degli anni (precisamen-te le piante organiche sono stateridotte da 53.000 unità alle attua-li 40.000).

Numero, mansioni, professio-nalità, compensi del personalesono centrali per l’efficienza delservizio e per il nostro lavoroquotidiano. E proprio perchésono problemi che ci riguardanoabbiamo ritenuto di stipulare il 5maggio del 2009 un Patto per lagiustizia che unisce tutte le com-ponenti del mondo del diritto:magistrature, avvocatura, sinda-cati del personale amministrati-vo, Confindustria. Un progettoespressione della volontà comu-ne di creare una rete di comuni-cazione per lo scambio di idee eproposte.

La criticità della situazione èancor di più sottolineata dalla sti-pula avvenuta il 29 luglio del

2010 del Contratto collettivonazionale integrativo del persona-le del Ministero della Giustizia.

Si tratta di un contratto fonda-mentale per tutto il nostro perso-nale e che avrà seri riverberisulla nostra attività quotidiana.Un esempio pratico è costituitodall’esclusione dell’impiego delpersonale Unep nelle mansionidi ufficiale giudiziario di udienzache determinerà ulteriori notevo-li disservizi presso le cancellerie,il cui organico, già carente edestinato a diminuire progressi-vamente sino al 2014, dovrànecessariamente essere destinatoa tale servizio. Inutile ribadirecome siano condivisibili leosservazioni di chi rimarca comein un processo penale incentratosulla formazione della prova indibattimento la presenza dell’uf-ficiale giudiziario in udienza rap-presenti ausilio irrinunciabile perlo svolgimento del processo,essendogli demandati non solo ilcompito di chiamata delle parti,ma altresì quelli di curare chenon sia turbato l’ordine dell’u-dienza, di impedire qualunquecomunicazione fra i testimoniesaminati e quelli da esaminare etra questi ultimi e gli estranei e,ancora, di vigilare perché i testi-moni non assistano al dibatti-mento prima di essere esaminati;funzioni tutte essenziali per lacorretta assunzione della prova.

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2.1.3. L’informatizzazione di tutti gli uffici giudiziari Tanto nel settore civile, quan-

to in quello penale urge informa-tizzare tutti gli uffici giudiziari.

Nel primo, lo snodo organiz-zativo essenziale resta l’attuazio-ne e lo sviluppo del processocivile telematico, nella triplicedirezione della comunicazionetra i soggetti del processo, dellaconduzione dell’udienza “infor-matizzata” e della dotazione agiudici e cancellerie di strumentidi analisi dei ruoli per la più con-sapevole ed efficace gestione delcontenzioso.

È necessario estendere le c.d.prassi virtuose già operanti inmolti Tribunali italiani immedia-tamente perché i tempi dell’inno-vazione tecnologica sono tali chei programmi divengono prestoobsoleti. In questi anni sonoinvecchiati programmi e progettiprima ancora di essere statimessi in opera.

Nel penale, sarebbe sufficien-te prevedere che tutti i difensoridebbano dotarsi di indirizzi diposta elettronica certificata pres-so cui eseguire la notifica degliatti giudiziari, il che sicuramentefavorirebbe un maggiore snelli-mento delle procedure mante-nendo ferme le garanzie ed eli-minando gli inutili formalismi.

Sugli argomenti qui trattati lamagistratura associata conti-nuerà sempre a dare il proprio

contributo di riflessione e di pro-posta, che parte dall’esperienzaquotidiana e dalla conoscenzasul campo dei problemi.

3. Le riforme legislative3.1.Gli interventi sul penaleNel settore penale l’attenzio-

ne dell’attuale maggioranza diGoverno si è soffermata inizial-mente sulla legge c.d. bloccaprocessi del 2008 che fu uno deiprimi provvedimenti sui qualil’ANM espresse notevoli e vee-menti riserve critiche per l’im-patto disastroso su un elevatonumero di processi pendenti.Una riforma che si sarebbe tra-dotta in un’ipotesi di denegatagiustizia istituzionalizzata. Poi,improvvisamente, è entrato neldibattito politico la tematicadelle intercettazioni, in relazionealla quale indubbiamente si puòragionare sotto il profilo dellapubblicazione degli atti e, quin-di, della tutela della privacy, manon nei termini di un depotenzia-mento tout court dello strumentoinvestigativo che inciderebbenegativamente sull’efficacia del-l’azione delle forze dell’ordine edella magistratura e sulla sicu-rezza dei cittadini. È emerso suc-cessivamente il disegno di leggesul processo penale, il ddl 1440,sui rapporti tra pubblico ministe-ro e polizia giudiziaria, per ter-minare con il cosiddetto proces-so breve. Questi interventi non

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hanno, però, alcun punto di tan-genza con l’obiettivo di raggiun-gere una durata del processoragionevole.

Con riferimento al processobreve, abbiamo, in particolare,sottolineato come non bastareclamare per legge la brevità delprocesso, se non lo si modificadall’interno, e insistito sullanecessità di celebrare i processianziché cancellarli.

Più in generale, si è trattato diprovvedimenti sui quali l’ANMha ritenuto di non concedereaperture, ben consapevole deiguasti irrimediabili che avrebbe-ro potuto comportare nel proces-so penale.

Si è discusso, inoltre, diimmunità, lodo Alfano e legitti-mo impedimento: questioni che,a mio avviso, riguardano i rap-porti tra politica e cittadini piut-tosto che quelli tra politica emagistratura. Prima fra tutte,l’immunità (non solo parlamen-tare) e il suo ripristino. È la poli-tica, infatti, che deve scegliere serecuperare un istituto che, nel1993, si era, invece, deciso diabrogare e modificare, forse per-ché la stessa politica si era penti-ta di aver negato l’autorizzazionea procedere nei confronti di alcu-ni deputati imputati in processieccellenti, non potendo far altrocome magistrati che richiamarcial principio di uguaglianza deicittadini dinanzi alla legge.

Tuttavia, il dibattito su questitemi ha avuto ironicamente ilpregio di distogliere l’attenzionedalla stringente necessità diinterventi strutturali tesi a realiz-zare un processo uguale per tuttie in tempi ragionevoli. Questiultimi si sostanziano nell’intro-duzione di elementi di accelera-zione e di razionalizzazione deivigenti istituti processuali, volti aeliminare gli inutili formalismisenza sacrificare le garanziedifensive e assicurando nel con-tempo l’obiettivo della certezzadella pena .

Le altre emergenze da affron-tare sono poi la corruzione, lacriminalità organizzata e le car-ceri.

La corruzione Purtroppo in Italia il fenome-

no della corruzione è ancora lar-gamente diffuso nonostante glisforzi messi in atto dalla magi-stratura inquirente e giudicante. Irapporti internazionali rilevanocome la corruzione in Italia, radi-cata tanto nella pubblica ammi-nistrazione, quanto nel settoreprivato, sia favorita da alcuniaspetti specifici del nostro siste-ma amministrativo, come la nontrasparenza e l’inefficienza di cuisoffrono i meccanismi di assun-zione e promozione.

Nel 2009 le tangenti nelnostro Paese hanno inciso sulletasche degli italiani per circa 60

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miliardi di euro. Si tratta di unapiaga diffusa e che purtroppo èfotografata dal rapporto sullacorruzione nel mondo pubblicatoda Transparency International (ilCPI 2010) nel quale l’Italiarispetto ai 178 Paesi esaminatifigura al sessantasettesimo posto.Prima di noi tutti i Paesi UE, G8,G20, con la sola eccezione diRomania (69), Bulgaria (73) eGrecia (78). Prima di noi, laMalesia (56), la Turchia (56), laTunisia (59), Croazia e Macedo-nia (62), Ghana e Samoa (62) e ilRwanda (66).

Il dato è preoccupante perchése è vero che si tratta di un indi-ce di natura soggettiva, relativoalla corruzione percepita inquanto non esistono ancora indi-ci oggettivi per la misura dellacorruzione in un Paese, nellacomunità internazionale il CPI,nonostante numerose contesta-zioni, continua a essere il bigliet-to da visita di un Paese in mate-ria di corruzione.

È essenziale riportare la cor-ruzione tra le priorità dell’agen-da delle riforme per il nostroPaese.

Lo abbiamo ribadito in sededi audizione sul ddl sulla corru-zione n. 2156 con il quale lamaggioranza parlamentare sipropone di contrastare con mag-giore efficacia le varie forme diillegalità nelle pubbliche ammi-nistrazioni.

Le misure contenute nel ddloperano in più direzioni: Vannodalle modifiche di parti del dirit-to amministrativo a nuove regolein materia di organizzazioneinterna; dai nuovi criteri di sele-zione, formazione e rotazione deidipendenti dell’amministrazionepubblica a interventi sul pianostrettamente penal-sostanziale.

Nel corso dell’audizioneabbiamo espresso condivisioneper il tipo di approccio multidisciplinare soprattutto in un’ot-tica di prevenzione di forme diillegalità diffusa. Per il resto,abbiamo manifestato le nostreperplessità sulle novità propostesul versante del controllo penale.

Le indicazioni ricavabili dallaConvenzione di Strasburgo del1999 in tema di trasparenza nellapubblica amministrazione e dilotta alla corruzione, ancora nonratificata dall’Italia, avrebberorichiesto, infatti, un interventoben più deciso sul piano dellarevisione del sistema dei reaticontro la pubblica amministra-zione, con particolare rilievoall’introduzione della fattispeciedel traffico di influenze e dellemisure processuali collegate.

La criminalità organizzataLe organizzazioni criminali in

Italia sono estremamente perico-lose. ’Ndrangheta e camorra,tanto per fare un esempio, sonoimpegnate nel commercio della

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droga (circa 600 tonnellate dicocaina all’anno) con profittiimpressionanti: inchieste hannodimostrato come un chilo dicocaina acquistato a 2.400 euroal chilo venga poi rivenduto asessanta euro al grammo con unguadagno a chilo di circa 60.000euro.

E analoghi discorsi sulladrammaticità del fenomeno sipotrebbero fare con riferimentoalla mafia e alla sacra coronaunita.

È doveroso ricordare che die-tro le più importanti operazioniantimafia che negli ultimi giornihanno condotto a fondamentalirisultati, di cui alcuni esponentipolitici sembrano prendersi imeriti in via esclusiva, vi è illavoro e il sudore di tanti magi-strati e appartenenti alle forzedell’ordine impegnati a lavoraree operare in realtà e contestiestremamente difficili.

Recenti episodi verificatisipresso gli uffici giudiziari dellaCalabria hanno evidenziatocome la criminalità organizzatastia diventando sempre più fortee aggressiva e i magistrati sianoormai oggetto di quotidianiattacchi e intimidazioni.

A questi magistrati, agliappartenenti alle forze dell’ordi-ne voglio esprimere la mia per-sonale, e quella di tutta la Giun-ta, più sentita solidarietà.

Nonostante, però, l’impegno

profuso da tutti i magistratiimpegnati sul territorio e, in par-ticolare da una dirigenza rinno-vata e motivata, la cronica caren-za di mezzi e di risorse umane(forze di polizia e personaleamministrativo) rischia di rende-re vano ogni sforzo.

La lotta alle mafie non puòesaurirsi, infatti, limitandosi adapplaudire in occasione degliarresti o del sequestro dei beni.La lotta alle mafie ha bisogno diinterventi mirati sul piano legi-slativo. Ecco perché a propositodel ddl sulle intercettazioniabbiamo più volte richiamatol’attenzione sui gravissimi rischiche si sarebbero corsi nella lottaalla mafia laddove si fosseroridotti i casi di ricorso allo stru-mento investigativo delle inter-cettazioni.

Occorre, altresì, un serio sfor-zo per colpire il punto nevralgicodelle organizzazioni criminalirappresentato dalla loro forzaeconomica. Al riguardo, sarebbemolto preoccupante introdurredisposizioni che contemplino lapossibilità di reimmettere all’a-sta i beni confiscati in quantoalto sarebbe il rischio di riacqui-sto da parte delle stesse organiz-zazioni criminali.

Il carcereLa drammaticità della situa-

zione è evidente. Oggi la popola-zione carceraria è costituita da

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circa 69.000 detenuti, un terzodei quali tossicodipendenti e piùdi un terzo stranieri. Mai, nellastoria della Repubblica, ce nesono stati tanti. La capienza dei206 istituti italiani è di circa44.000 posti letto. A ciò siaggiungono le pesanti carenze diorganico degli agenti di poliziapenitenziaria.

La soluzione al continuoaumento del sovraffollamentonon può essere solo la costruzio-ne di nuovi stabilimenti in quan-to il carcere deve essere la extre-ma ratio.

È necessario introdurre penealternative, non limitare l’affida-mento in prova che pure ha datobuoni risultati, mitigare le restri-zioni previste per i recidivi algodimento dei benefici peniten-ziari.

Il carcere non può essere larisposta a ogni situazione didevianza marginale e la politicanon può mostrarsi indifferentealle ragioni del disagio sociale ealle cause dei fenomeni collettivicomplessi, quali ad esempio l’im-migrazione e le tossicodipenden-ze, che hanno aumentato espo-nenzialmente in questi ultimianni il tasso di carcerizzazione.

Oggi prendiamo atto dell’ap-provazione in via definitiva,avvenuta il 17 novembre del2010, del ddl 2313, c.d. “svuotacarceri”, che - si calcola - dovreb-be porre circa 9.000 detenuti in

detenzione domiciliare. Questoprovvedimento sembra aprire lastrada al criterio secondo il qualele pene brevi o il breve residuofinale possono essere espiatifuori del carcere nel senso auspi-cato dall’ANM di favorire ilsuperamento della concezionepancarceraria della pena. Resta-no, tuttavia, dubbi e perplessità,anzitutto per la schizofrenia legi-slativa, evidenziata dalla contrad-dizione di un legislatore che, daun lato, criminalizza fatti di dub-bia offensività (v. reato di immi-grazione clandestina) e, dall’al-tro, sopraffatto dall’emergenza, sipreoccupa di svuotare le carceri.In un secondo momento, occor-rerà valutare i riflessi che i conse-guenti adempimenti burocratico-amministrativi determinerannosulla già disagiata macchina dellagiustizia.

3.2. Gli interventi sul civileL’Associazione Nazionale

Magistrati ha sempre ribaditoche il processo civile rappresentaper il cittadino lo strumento fon-damentale di tutela dei diritti lesinell’agire quotidiano e per ilPaese un nodo nevralgico ai finidello sviluppo economico e degliinvestimenti, anche da parte dioperatori stranieri, troppo spessoscoraggiati dalle difficoltà ditempestiva risoluzione dei con-flitti e di rapida esecuzione delledecisioni. Si dimentica spesso la

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sua importanza forse per il minorclamore che le controversie civi-li suscitano nell’opinione pubbli-ca e sui mezzi di informazione.

L’Associazione NazionaleMagistrati ha sempre manifesta-to la convinzione che le condi-zioni di grave emergenza in cuiversa la giustizia civile, sia inrelazione all’eccessiva duratadelle procedure che al progressi-vo e rilevante aumento delle con-troversie pendenti, esigono l’im-procrastinabile adozione di inter-venti che incidano sul sistemaprocessuale. Interventi da coor-dinarsi, tuttavia, con riforme del-l’organizzazione e della richia-mata geografia giudiziaria, non-ché con l’effettiva operatività delprocesso civile telematico. Solouffici giudiziari razionalmentedistribuiti sul territorio, dimen-sionati nell’organico, dotati ditecnologie informatiche corri-spondenti alle necessità di unprocesso moderno e con unamagistratura onoraria professio-nalmente adeguata, sono funzio-nali al corretto funzionamentodella giustizia civile.

In questo contesto, il Senatoha definitivamente approvato il26 maggio scorso il disegno dilegge 1441-bis/C, presentato dalGoverno nell’estate 2008 all’in-terno della manovra finanziariaper il 2009, poi stralciato e piùvolte modificato nel corso dell’i-ter parlamentare (approvato dalla

Camera il 2 ottobre 2008, è statomodificato dal Senato - atto1082/S - il 4 marzo 2009 e anco-ra dalla Camera il 29 aprile scor-so). Le «Disposizioni per lo svi-luppo economico, la semplifica-zione, la competitività nonché inmateria di processo civile», oracontenute nella legge n. 69 del2009, comprendono una vastacongerie di disposizioni nonchéle modifiche al codice di proce-dura civile. Rispetto all’origina-ria formulazione, alcuni emenda-menti hanno raccolto varie indi-cazioni provenienti sia dallamagistratura associata che dal-l’avvocatura e il testo approvatorappresenta un primo segnalepositivo per restituire funziona-lità al processo civile. E tuttavia,in assenza di più ampi e incisiviinterventi, pur richiesti per ren-dere efficiente il servizio giusti-zia nell’interesse dei cittadini, e acausa dell’operata riduzione dirisorse destinate al settore giusti-zia, la riforma rischia di nonrispondere realmente alle aspet-tative della collettività.

Molti interventi appaiono diindubbia valenza positiva:

1) la definitiva soppressionedel rito societario (introdotta daldecreto legislativo 17 gennaio2003 n. 5) sollecitata con convin-zione da tutti gli operatori delsettore, per la sua conclamatainefficienza; e l’abrogazione(prevista fin dall’originario dise-

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gno di legge) dell’articolo 3 dellalegge 102/2006, che disciplinaval’applicazione del rito del lavoroalle controversie in tema di sini-stri stradali;

2) l’unificazione della disci-plina relativa all’eccezione e alrilievo d’ufficio dell’incompe-tenza, nonché di litispendenza,continenza e connessione;

3) le modifiche agli articoli83 e 182 del Cpc, che razionaliz-zano l’attività del difensore erafforzano il contraddittorio. Inparticolare, è stato integrato l’ar-ticolo 83 del Cpc sulla procuraalle liti inerente l’utilizzazionedella posta elettronica certificata,per la trasmissione ai fini dellacostituzione;

4) l’adeguamento della penapecuniaria in caso di inammissi-bilità dell’istanza di ricusazione,del compenso al custode, dellasanzione per il rifiuto ingiustifi-cato del terzo all’ordine di ispe-zione;

5) le disposizioni volte a con-trastare l’uso dilatorio e l’abusodel processo e, in particolare:la previsione che, ove accolga ladomanda in misura non superio-re all’eventuale proposta conci-liativa, il giudice condanni laparte che l’abbia rifiutata senzagiustificato motivo al pagamentodelle spese del processo, salva lapossibilità di disporre la com-pensazione solo se «concorronoaltre gravi ed eccezionali ragioni,

esplicitamente indicate nellamotivazione», e con la precisa-zione – introdotta nel corso del-l’approvazione su indicazionedall’ANM – che la condannariguarda unicamente le spesematurate dopo la formulazionedella proposta;

6) la disciplina sulla respon-sabilità aggravata, con la previ-sione che il giudice, quando pro-nuncia sulle spese ai sensi del-l’articolo 91 del Cpc, possa altre-sì condannare, anche d’ufficio, laparte soccombente al pagamento,in favore della controparte, diuna somma equitativamentedeterminata. La disposizione èstata riformulata come suggeritodalla magistratura associata,senza più l’indicazione di unamisura minima e massima;

7) l’introduzione di mezzi dicoercizione indiretta per l’attua-zione degli obblighi di fareinfungibile o di non fare, stabi-lendo che il giudice fissi nelprovvedimento di condanna, surichiesta di parte e salvo che ciòsia manifestamente iniquo, l’im-porto dovuto dall’obbligato perogni violazione o inosservanzasuccessiva ovvero per ogni ritar-do nell’esecuzione del provvedi-mento. Le disposizioni relativeall’attuazione degli obblighi difare infungibile o di non fare,con la novella dell’articolo 614-bis del Cpc, vengono modificatein corso d’opera, con la specifi-

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cazione che «il provvedimento dicondanna costituisce titolo ese-cutivo per il pagamento dellesomme dovute per ogni violazio-ne o inosservanza» (mentre èstato opportunamente eliminatoil riferimento alle «condizionipersonali delle parti»);

8) la riduzione dei termini intema di prosecuzione del giudi-zio ex articolo 297 del Cpc,estinzione del processo (chepotrà essere dichiarata anched’ufficio), riassunzione dellacausa e impugnazione ai sensidell’articolo 327, comma 1, delcodice di procedura civile;

9) l’introduzione del «princi-pio di non contestazione» e, per-tanto, la modifica in corso d’ope-ra dell’articolo 115 del Cpc,secondo il quale ora possonoessere posti a fondamento delladecisione anche i fatti «non spe-cificamente contestati» dallaparte costituita;

10) l’introduzione della moti-vazione semplificata delle deci-sioni, con la riformulazione, nelcorso dell’approvazione del dise-gno di legge, dell’articolo 118delle disposizioni di attuazioneal Cpc, in base al quale la moti-vazione della sentenza deve con-sistere nella succinta esposizionedei fatti rilevanti della causa edelle ragioni giuridiche delladecisione, «anche con riferimen-to a precedenti conformi»;

11) la modifica dell’articolo

120 del Cpc in tema di pubblicitàdella sentenza;

12) l’estensione dell’avverti-mento previsto dall’articolo 163,comma 3, n. 7, del Cpc alle deca-denze disciplinate dall’articolo38;

13) la modifica degli articoli191 e 195 del Cpc in tema diconsulenza tecnica d’ufficio, conla finalità di renderne più celerelo svolgimento. Significativa è lanuova formulazione di tali dispo-sizioni, con l’introduzione di unapiù compiuta disciplina dellafase del contraddittorio prece-dente al deposito della relazionedel Ctu. Sul punto, il dibattitoparlamentare ha recepito le indi-cazioni formulate anche in sedeassociativa, attraverso l’anticipa-zione della fase delle osservazio-ni dei consulenti tecnici di parte,all’interno delle operazioni peri-tali;

14) la nuova formulazionedell’articolo 345, comma 3, delCpc, con la previsione che la pre-clusione relativa ai nuovi mezzidi prova concerne anche la pro-duzione di nuovi documenti;

15) la riformulazione nelcorso dell’esame parlamentaredei commi 3 e 4 dell’articolo 624del Cpc, che avevano suscitatovivaci critiche da parte dellamagistratura associata.

È stata così prevista unadiversa disciplina in caso disospensione del processo per

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opposizione all’esecuzione; 16) l’introduzione di un pro-

cedimento sommario di cogni-zione per le cause giudicate dalTribunale in composizionemonocratica; ma occorrerà atten-dere le prime applicazioni perpoterne valutare l’efficacia;

17) l’introduzione del cosid-detto calendario del processo -già valorizzato nei protocolli dinumerosi osservatori della giu-stizia civile - in base al quale ilgiudice è tenuto all’indicazionedi tutte le udienze per gli incom-benti istruttori. La previsione,tuttavia, in assenza di idoneemisure strutturali e organizzati-ve, rischia in concreto la disap-plicazione;

18) la delega al Governo diuno o più decreti legislativi inmateria di mediazione e concilia-zione, in ambito civile e com-merciale che poi si è concretizza-ta nell’emanazione del d.lvo 4marzo 2010 n.28.

Inoltre, un nuovo numero - il3-bis - aggiunto dal Senato alcomma 3 dell’articolo 7 del Cpc,estende la competenza per mate-ria del giudice di pace alle causein tema di interessi o accessori daritardato pagamento di prestazio-ni previdenziali o assistenziali,che appartenevano alla cognizio-ne del Tribunale in funzione digiudice del lavoro. A questoriguardo, e con particolare riferi-mento al complessivo aumento

della competenza per valore delgiudice di pace, previsto daldisegno di legge, la magistraturaassociata ha ripetutamentesegnalato l’assenza da parte dellegislatore di un’idonea valuta-zione dei riflessi di tali modifi-che sui relativi uffici e del com-plessivo riassetto della magistra-tura onoraria, con il potenzia-mento degli strumenti di forma-zione, l’adozione di serie valuta-zioni di professionalità e di crite-ri di gestione organizzativa degliuffici. Perplessità suscita, inoltre,la reintroduzione automatica egeneralizzata della concessionedelle memorie previste dall’arti-colo 183, comma 6, del Cpc(avvenuta nel passaggio del testoal Senato), in quanto la soppres-sione della possibilità di qualsia-si valutazione da parte del giudi-ce impedisce una migliore effica-cia dello strumento processuale.Deve essere segnalata, poi, lamancata modifica dell’articolo257-bis del Cpc che ha introdot-to la testimonianza scritta (siapure prevedendosi che il giudicepossa disporla «su accordo delleparti» e non più semplicemente«sentite le parti») nonostantel’Associazione Nazionale Magi-strati abbia evidenziato che lanorma appare in contrasto conl’articolo 111, secondo comma,della Costituzione, che prevedelo svolgimento del processoinnanzi a un giudice terzo e

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imparziale: si rischia invece diimpedire un effettivo contraddit-torio tra le parti, con il pericolodi completa inattendibilità emancanza di veridicità o, quantomeno, di scarsa intelligibilitàdelle risposte. L’introduzione diun filtro di ammissibilità per iricorsi in Cassazione rispondeindubbiamente all’esigenza,ampiamente condivisa, di ridurreil gravoso carico di lavoro dellaSuprema Corte – attraverso unrigoroso meccanismo di selezio-ne dei ricorsi – al fine di valoriz-zarne la funzione nomofilattica.Rispetto al testo approvato inprima lettura dal Senato, che pre-vedeva l’indicazione delle ragio-ni di ammissibilità del ricorso inCassazione, il nuovo articolo360-bis del Cpc enuncia, invece,i casi di inammissibilità dellostesso e stabilisce l’assegnazionedei ricorsi da parte del PrimoPresidente a un’apposita sezionechiamata a valutarne l’eventualeinammissibilità, composta diregola da magistrati appartenentia tutte le sezioni della Corte diCassazione. Lo stesso articolodisciplina lo specifico procedi-mento.

Nonostante le modifiche illu-strate, che hanno comunque ilmerito di avere finalmente, anchese non del tutto compiutamente,disciplinato il procedimento,resta discutibile l’esclusiva valo-rizzazione del precedente giuri-

sprudenziale di legittimità, ai finidel giudizio di inammissibilità;mentre le ulteriori ipotesi restanoeccessivamente generiche.

3.2.1. Le proposte dell’ANM per lo smaltimento dell’arretrato L’Associazione considera

improcrastinabile l’adozione diinterventi in relazione all’ecces-siva durata delle procedure e alprogressivo e rilevante aumentodelle controversie pendenti.

Tali interventi debbono invol-gere in primo luogo l’organizza-zione e la distribuzione sul terri-torio degli uffici giudiziari, dadimensionare nell’organico deimagistrati e del personale ammi-nistrativo in modo da consentir-ne autonomia e capacità di fun-zionamento, con dotazione distrutture informatiche e banchedati idonee ad accelerare lo svol-gimento delle attività processualie nell’obiettivo di una migliorequalità delle decisioni.

La recente proposta governa-tiva, opportunamente ritirata, diintroduzione della figura del c.d.ausiliario, oltre a porsi in contra-sto, per il modo in cui era stataformulata, con i principi costitu-zionali posti a presidio dei carat-teri costitutivi della giurisdizionee dei diritti di difesa nel proces-so, non avrebbe consentito inalcun modo di pervenire a unaeffettiva e reale deflazione del

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contenzioso. In particolare, laprevisione che il giudice potessedelegare ad “ausiliari” esterni ladefinizione delle controversiemediante la formulazione di unaproposta di sentenza da rivolgeredirettamente alle parti, non soloappare inidonea a scongiurare ilrischio che i tempi del processo,anziché ridursi, subiscano ulte-riori allungamenti, ma avrebbefinito sostanzialmente per sot-trarre al magistrato la potestàdecisoria.

Per contro, l’istituzione di unufficio del giudice, quale stabilestruttura di supporto al magistra-to, cui resta affidato il compitoistituzionale della decisionedella causa, rappresenterebbeuno strumento strategico al finedella riduzione degli arretrati edella funzionalità del sistemagiudiziario.

Per il corretto funzionamentodella giustizia civile è, invero,indispensabile un ufficio del giu-dice che trasformi le articolazio-ni interne degli uffici giudiziariin unità operative dotate di ade-guate tecnologie informatiche, dibanche dati in costante aggiorna-mento, di personale amministra-tivo opportunamente riqualifica-to, di giudici onorari in funzionedi collaborazione con il magi-strato per la gestione delle singo-le fasi processuali al fine di evi-tare l’accumulo dei ruoli, di assi-stenti e “stagisti” che possano

svolgere ricerche, coadiuvare ilgiudice nello studio dei fascicolie nella tenuta dell’agenda e pre-disporre bozze di motivazionidei provvedimenti. Tale inter-vento, da tempo reclamato siadall’ANM sia dall’ avvocatura,permetterebbe di ottimizzare lerisorse e organizzare in manierapiù moderna e razionale gli uffi-ci giudiziari, in quanto consenti-rebbe di pervenire alla drasticariduzione dei tempi processuali,al recupero fisiologico e duraturodella funzionalità del processo ealla formulazione di programmirazionali di esaurimento degliarretrati.

A tale risultato potrebbe con-correre anche l’introduzione,quanto meno per le cause piùrisalenti, di forme decisorie cheanticipassero in modo schemati-co i motivi di fatto e di dirittodella decisione, salvo illustrazio-ne dei motivi già indicati, ovealmeno una delle parti ne facciarichiesta entro un limite tempo-rale normativamente fissato.

Interventi come quelli illu-strati non importerebbero onerimaggiori, ma al contrario unnetto risparmio di spesa rispettoa quella già sostenuta dallo Statoper effetto della sola legge Pinto.

Infine occorre intraprenderedecisamente e senza più indugila strada della semplificazione edella drastica riduzione dei ritiprocessuali.

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Sul punto è necessario che gliistituti della mediazione e dellaconciliazione, così come disci-plinati dal d.lvo 4 marzo 2010n.28, che ha dato attuazione alladelega contenuta nell’art. 54della legge n. 69 del 2009, sianorealizzati non come alternative alprocesso e come mezzi di “liqui-dazione” dei conflitti, ma cometramite per il loro superamento.

È necessario che tutti gli indi-cati interventi vengano adottatitempestivamente per consentireil reale funzionamento della giu-stizia civile.

3.3. Gli interventi sul processo del lavoro Per il funzionamento del pro-

cesso del lavoro a più ripreseabbiamo richiesto interventi legi-slativi che permettano di raffor-zare e razionalizzare l’apparatogiudiziario, ottenere la dotazionedi idonee risorse di personaleamministrativo e informatiche eun’efficace revisione delle circo-scrizioni giudiziarie.

L’esperienza mostra che il ritodel lavoro funziona, e anchebene, nelle aree del Paese ove gliorganici dei magistrati sono pro-porzionati alla mole delle contro-versie in trattazione e le strutturedi supporto adeguate, mentre larisposta è deludente laddove laquantità del contenzioso, spessoanche seriale, è esorbitante ed ilgiudice non è efficacemente coa-

diuvato. Particolarmente gravosoè l’eccessivo numero di causeprevidenziali, che affligge soprat-tutto gli uffici del Meridione e siriverbera negativamente sui com-plessivi tempi di definizione ditutte le controversie di lavoro.

Vi è dunque la concreta esi-genza di riforme che assicurinol’obiettivo di rendere ragionevo-le ovunque la durata del proces-so. Sono auspicabili, in tale dire-zione, interventi mirati sulladisciplina del rito speciale, checonsentano la definizione accele-rata delle controversie social-mente più sensibili ed offranocanali di definizione più appro-priati alle esigenze specifiche delnutrito contenzioso delle invali-dità in senso lato.

Senza escludere le misure difavore per un più ampio accessoalla composizione delle liti in viabonaria o anche arbitrale, sem-preché, quest’ultima, liberamen-te accettata e saldamente ancora-ta al diritto.

Qualunque riforma dev’esse-re naturalmente coerente e com-patibile con le trasformazioni delmercato del lavoro, ma va evita-to che la semplificazione delleprocedure e la deflazione delcontenzioso finiscano per sacrifi-care le istanze di tutela dei lavo-ratori.

Guardiamo, dunque, con unacerta apprensione a misure, comequelle di recente approvate, che,

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malgrado la finalità condivisibiledi alleggerire il carico del giudi-ce ordinario, rischiano di abbas-sare sensibilmente il livello delletutele che solo la normativa inde-rogabile, di legge e di contrattocollettivo, può assicurare al lavo-ratore, le cui condizioni di debo-lezza contrattuale, tanto più inquesti tempi di dilagante preca-rietà, sono sotto gli occhi di tutti.

Il c.d. Collegato lavoro, infat-ti, mentre elimina l’obbligatorietàdel filtro precontenzioso del ten-tativo di conciliazione, prevedeche le parti del contratto indivi-duale di lavoro, datore e prestato-re di lavoro, possano pattuireapposite clausole compromisso-rie, non appena concluso il perio-do di prova (o comunque decorsitrenta giorni dalla stipula del con-tratto medesimo), per devolveread arbitri le controversie even-tualmente insorgenti tra loro.

In tal modo si apre la stradaad un arbitrato di equità, in tuttoe per tutto alternativo al rimediogiurisdizionale, che con tutta evi-denza non offre al lavoratore lemedesime garanzie della senten-za pronunciata secondo diritto,esponendolo alle variabili edimprevedibili declinazioni sog-gettive della “giustizia del casosingolo”.

Solo grazie al messaggio pre-sidenziale di rinvio alle Cameredel testo già approvato dal Parla-mento che sono state eliminate le

distorsioni più vistose di questomeccanismo, escludendo dal suoambito di operatività le cause dilicenziamento (e sulla cessazionedel rapporto di lavoro in genere),vincolando l’equità al rispettodei principi regolatori dellamateria e riducendo il potered’intervento del Ministro dellavoro al riguardo in mancanzadi un accordo sindacale.

Ma rimane il dubbio se questasostanziale rinuncia alla giustiziaordinaria in favore di quella arbi-trale possa dirsi liberamentevoluta dal lavoratore nella faseiniziale del rapporto, soprattuttonegli ambiti estranei alla tutelac.d. reale contro i licenziamenti.

Desta, inoltre, serie perples-sità la generalizzazione di drasti-ci termini decadenziali impostaai lavoratori precari per poteragire in giudizio, perché ignorala comprensibile riluttanza dicostoro a reagire prontamentecontro gli abusi nella speranza diun nuovo contratto.

Si avverte, infine, una preoc-cupante insofferenza nei con-fronti del ruolo interpretativo delgiudice del lavoro, ingenerosa-mente rappresentato in perenne“invasione di campo” laddove,tante per essere chiari, lo strettosindacato sui presupposti dilegittimità delle clausole genera-le e dei limiti di esercizio deipoteri del datore di lavoro e lavalorizzazione delle fattispecie

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esemplificative di giusta causa egiustificato motivo di licenzia-mento da parte dell’autonomiasindacale sono patrimonio ormaiacquisito della giurisprudenzaformatasi in materia.

Purtroppo, quindi, anche nel-l’attuata riforma si colgonosegnali di indebolimento dellegaranzie e di sfiducia verso l’o-pera dell’autorità giudiziaria chenon riflettono la volontà dichia-rata di apportare modifiche real-mente rispondenti all’interessedei cittadini.

3.4. Gli annunciati interventi sulle riforme costituzionali della magistratura In questi anni sono stati a più

riprese riproposti i temi dellaseparazione delle carriere, dellarivisitazione del principio diobbligatorietà dell’azione penalee della modifica del ConsiglioSuperiore della Magistratura.

Sono queste le riforme cherenderanno il processo più fun-zionale ed efficiente? Sono que-ste le riforme che faranno duraredi meno i processi?

La nostra risposta è assoluta-mente negativa perché questepaventate riforme adombrano inrealtà una diversa finalità rispet-to al tema del funzionamento delprocesso e cioè quella di ridise-gnare i rapporti tra politica emagistratura alterando le attuali

divisioni tra poteri dello Statocosì come delineate dal Costi-tuente nel 1948.

Al riguardo, la nostra posizio-ne è molto chiara: difendiamoquesti valori perché gli stessigarantiscono, nell’interesse ditutti i cittadini, un magistratoautonomo e indipendente inquanto scevro da condiziona-menti politici.

Ma le enunciazioni in que-stione meritano alcune breviosservazioni, riservando un ulte-riore approfondimento soltantoquando il Governo farà conosce-re nel dettaglio tali proposte.

Non si tratta di avere un atteg-giamento conservatore sullemodifiche costituzionali, ma divoler preservare un sistema dipesi e contrappesi che in moltialtri Paesi viene preso a modello.

Sulla separazione delle carrie-re si deve sottolineare come giàora nel nuovo ordinamento giu-diziario esiste una netta distin-zione delle funzioni tra pm e giu-dice (oggi, ad esempio, se unpubblico ministero di Romavolesse fare il giudice penaledovrebbe andare a farlo fuori daldistretto della Corte d’appello diRoma e, quindi, come posto piùvicino, dovrebbe trasferirsi daRoma a L’Aquila). Ma il veroproblema è quello di domandarsida chi poi dipenderà il pubblicoministero se dovesse essere sepa-rato dal giudice. Si è parlato in

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proposito di un doppio CSM cheinevitabilmente prospetta unritorno al passato assoggettandoil pm all’esecutivo. Tutto questorischia di incidere seriamentesull’indipendenza del pubblicoministero e sulla sua capacità diinvestigare liberamente senzainterferenze esterne.

L’obbligatorietà dell’azionepenale costituisce piena attuazio-ne del principio di uguaglianzatra i cittadini. Anziché eliminareun principio di carattere costitu-zionale, posto a garanzia di tutti,sarebbe più opportuno procedereverso una ragionata depenalizza-zione dei reati meno gravi.

Sul CSM, va evidenziatocome nel nostro ordinamento,sistema di governo della magi-stratura e indipendenza dei giu-dici siano inscindibilmente con-nessi, in quanto l’attuale confi-gurazione del CSM ha una tripli-ce funzione di garanzia.

Innanzitutto, rappresenta lagaranzia di sottrazione dell’ordi-ne giudiziario all’influenza delpotere esecutivo. Rafforza, poi,l’indipendenza di ogni giudice(unico o collegiale) con la pre-senza istituzionale, invisibile magiuridicamente concreta, dell’in-tero “ordine” della magistratura.Infine, difende la magistraturacontro se stessa, chiamando igiudici a responsabilità per arbi-trî e negligenze.

Oggi, queste garanzie sono

sempre attuali e necessarie, ma siavverte che il livello di essedebba essere innalzato in quantoindebolire indipendenza e fun-zioni del Consiglio rischierebbedi creare ulteriore incertezza.

Bisogna, invece, riflettere sucome migliorare il funzionamentodel CSM attraverso un’analisiseria di quello che non funzionatoin questi anni e che inevitabilmen-te ci riconduce alla tematica del-l’autoriforma della magistratura.

Sul punto uno snodo fonda-mentale è rappresentato dallemodalità di selezione dei rappre-sentanti al CSM.

Il sistema introdotto nel 2002per l’elezione dei componentitogati del CSM si è rivelato,nella sua pratica applicazione,uno strumento che ha fortementelimitato il diritto degli elettori discegliere le persone più idonee arappresentarli.

L’abolizione del voto per listee l’introduzione di un voto sin-golo per categorie in un collegiounico nazionale ha, infatti, deter-minato la presentazione di unnumero di candidati quasi corri-spondente a quello dei postidisponibili.

Per la gran parte degli eletti lascelta è stata, quindi, di fatto sot-tratta agli elettori e anticipata auna fase antecedente al voto e,cioè, quella della selezione deicandidati all’interno dei singoligruppi associati.

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Ora, per quanto democratici epartecipati possano essere i mec-canismi di scelta all’interno diciascun gruppo, è evidente chedagli stessi rimangono estraneitutti i magistrati che non intendo-no legittimamente partecipareall’attività dei gruppi e che, tutta-via, godono, in base al dettatocostituzionale, del diritto di eleg-gere i rappresentanti al CSM.

È innegabile che in questomodo si sia determinato un mec-canismo nel quale chi aspira aessere eletto al CSM ha bisogno,oggi, prima ancora che del con-senso degli elettori, di essereforte all’interno del propriogruppo.

Le proposte di modifica dellalegge elettorale del CSM, avan-zate nel mondo politico ancheall’interno della magistratura,che prevedono l’introduzione diforme di sorteggio o di pre sor-teggio per la selezione dei rap-presentanti del CSM, nonappaiono condivisibili in quantosi pongono in contrasto con l’art.104 comma 4 della Costituzione.

La Gec dell’ANM nel lugliodel 2009 aveva, invece, avanzatouna proposta di consultazioneaperta a tutti i magistrati perrecuperare un’autentica parteci-pazione al sistema dell’autogo-verno (c.d. primarie). Questaproposta, che non ha trovato con-divisione unanime all’internodella magistratura, potrebbe

essere rilanciata chiedendo allapolitica di ripristinare la leggeproporzionale.

4. La magistratura tra autoriforma, organizzazione e questione moraleLe considerazioni sopra svol-

te sul ruolo e sull’attività delConsiglio Superiore della Magi-stratura costituiscono lo spuntoper rivolgere lo sguardo al nostrointerno.

All’inizio della trattazione hosottolineato come questo Con-gresso voglia lasciarsi alle spallequello che non ha funzionatoanche all’interno della magistra-tura e come il clima politico diquesti anni, l’idea della cittadellaassediata, abbia reso impopolareal nostro interno il tema dell’au-tocorrezione.

Difendere l’autonomia e l’in-dipendenza della magistratura,occorre ribadirlo, passa ancheattraverso il coraggio di cambiareinterrogandoci sulle disfunzioninell’esercizio del potere diffuso,nel sistema dell’autogoverno edell’associazionismo giudiziario.

Questa riflessione è necessa-ria per evitare che l’esercizio delpotere giudiziario possa rappre-sentarsi all’esterno come arbitra-rio, sganciato da regole, incom-prensibile ai più.

Tutto questo ha un corollario:la volontà di richiamarci a un

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modello di magistrato moderno,responsabile, professionalmenteattrezzato, che non frequenta opartecipa a squallide consorteriee, la cui credibilità non possaessere, dunque, in alcun modoattaccabile.

4.1. L’autoriforma Il tema dell’autoriforma della

magistratura coinvolge a suavolta un triplice aspetto: a) lascelta della dirigenza; b) le valu-tazioni di professionalità; c) ilfunzionamento del sistema disci-plinare.

a) La scelta della dirigenzaLa recente riforma dell’ordi-

namento giudiziario e l’interpre-tazione costituzionalmente orien-tata che ne ha dato il ConsiglioSuperiore della Magistraturahanno segnato il superamento delsistema di progressione in carrie-ra fondato sulla mera anzianità,sull’assenza di controlli e, quindi,inevitabilmente, sulla protezionedell’associato.

Oggi sia per gli incarichidirettivi sia per la progressionein carriera occorre privilegiare leattitudini, il merito e la profes-sionalità, il che ha determinatoun radicale mutamento culturaleal nostro interno. È questa la verasfida che dobbiamo affrontare.Con riferimento in particolareagli incarichi direttivi, va ricono-sciuto al CSM di aver avviato un

percorso in tal senso.Auspichiamo con forza che si

prosegua con sempre maggioreconvinzione in questa difficiledirezione. L’unica seria rispostaalle, seppur anacronistiche eminoritarie, resistenze al metododi selezione dei dirigenti degliuffici basato sul merito è, tutta-via, costituita dalla trasparenza eoggettività nell’applicazione deiparametri di valutazione. Biso-gna continuare a passare dalleparole ai fatti introducendo pras-si nuove e avendo il coraggio dicambiare perché è un campo,questo, sul quale si gioca la cre-dibilità della magistratura. Vannovalorizzate le capacità organizza-tive e, se meritevole, nominandoanche chi è più giovane. Lanomina alla dirigenza di un uffi-cio non può essere un premio allacarriera, ma deve rispondere a uneffettivo bisogno di efficienzadel sistema.

L’obiettivo di prediligere leattitudini e il merito, individuan-do parametri inoppugnabili - e,dunque, attraverso un correttocircuito di informazioni - èconforme alle esigenze di effi-cienza del sistema e a quelle ditrasparenza che oggi vengonorichieste al CSM.

b) Le valutazioni di professionalità Vogliamo essere gelosi custo-

di del potere diffuso tra i magi-

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strati così come delineato dal-l’art. 107 della Costituzione invirtù del quale i magistrati sidistinguono tra loro soltanto perdiversità di funzioni. Ma poterediffuso non può significare chel’autonomia e indipendenza dicui gode ogni singolo magistratonell’esercizio delle sue funzionipossano essere svincolate dal-l’assunzione di responsabilità. Alcontrario è necessario un validosistema di controlli, non solo suiprovvedimenti, ma anche sullaprofessionalità del magistrato.Controlli che, lasciando impre-giudicati quelli interni al proces-so, devono essere seri ed efficacie per essere tali devono esserecorredati da un circuito di infor-mazioni reale nelle sedi periferi-che e dall’ausilio di un fonda-mentale ruolo svolto dai Consigligiudiziari.

Solo vincendo la sfida dellaprofessionalità potremo averemagistrati adeguati, anche nellosvolgimento di delicate indagini,soprattutto quelle che “toccano ilpotere” e che sono spesso all’ori-gine di un malinteso contrasto tramagistratura e politica. È questala ragione per la quale siamointervenuti nella nota vicendaSalerno- Catanzaro. È stataun’interferenza e ne siamo con-sapevoli, ma nasceva dallanecessità di affermare un model-lo culturale nel quale riconoscer-si. Potere diffuso non può equi-

valere a scorciatoia sul pianodella legalità o idea di arbitrio, diinsindacabilità o di deresponsa-bilizzazione nell’attività delmagistrato. Le regole devonoessere rispettate sempre ed è sol-tanto il processo il luogo nelquale deve avvenire la ricostru-zione dei fatti applicando a essila regola di diritto.

c) Il sistema disciplinare I numeri indubbiamente

smentiscono l’idea di un sistemadisciplinare inadeguato. È suffi-ciente procedere a una compara-zione del nostro sistema discipli-nare con quello di altri ordini ecategorie (si pensi agli avvocati,ai prefetti, ai giornalisti, ai medi-ci) per constatare che in realtàcirca il 10% dei magistrati è statosottoposto a procedimento disci-plinare e circa il 3% ha subitol’irrogazione di una sanzione daparte della competente sezionedisciplinare del CSM.

Tuttavia, è proprio in questoambito che bisogna ricordare lachiara scelta di fondo dell’ANMdi non ispirarsi alla logica di pro-tezione dell’associato e di nonconfigurare la magistratura comeuna corporazione che si autoas-solve al suo interno soprattuttose entrano in gioco la questionemorale e, più in generale, lecadute deontologiche.

Questo principio lo abbiamoespresso in occasione della

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richiamata vicenda che ha coin-volto gli uffici di Salerno eCatanzaro laddove, nel condivi-dere la richiesta di rigore neiconfronti di ogni caduta di pro-fessionalità, abbiamo sollecitatopiù volte e a gran voce almenoanalogo rigore nei confronti diquelle situazioni di opacità, dicollusione e di connivenza cheerano all’origine di quelle vicen-de e che pure emergevano intutta la loro evidenza. In partico-lare, abbiamo segnalato comefossero mancate, in questi anni,iniziative forti sul tema dellaquestione morale nonostante inumerosi segnali di allarme pro-venienti da varie zone del Paese.Abbiamo chiesto altrettantaattenzione in relazione ai temidell’organizzazione degli uffici edella responsabilità dei dirigenti.

Con riferimento al funziona-mento del sistema disciplinare,abbiamo sottolineato, inoltre,come, soprattutto dopo la rifor-ma del 2007 che ha, tra l’altro,tipizzato illeciti di scarsa gravità,lo stesso stia dimostrando la suainidoneità a garantire nel con-tempo la credibilità dell’ordinegiudiziario e l’indipendenza deimagistrati.

Bisogna, infatti, prestare moltaattenzione per evitare che si affer-mi l’idea di un sistema disciplina-re che si muova prevalentementealla ricerca di capri espiatori piut-tosto che all’individuazione di

rimedi alle disfunzioni del siste-ma, consegnandoci un modello dimagistrato burocrate, pavido,attento ai numeri e agli aspettiformali del proprio lavoro inveceche all’esigenza di rendere giusti-zia. In questa direzione sembranoorientarsi quelle iniziative disci-plinari, che come noto fanno capoinnanzitutto al Ministro dellaGiustizia, che sanzionano viola-zioni di carattere formale, soprat-tutto in materia di termini per ildeposito delle sentenze, valutan-dole in maniera isolata e del tuttoavulsa dal contesto organizzativoe lavorativo dell’ufficio.

Sugli argomenti qui esposti,direttivi, valutazioni di profes-sionalità e funzionamento delsistema disciplinare, l’Associa-zione Nazionale Magistrati, que-sta Associazione NazionaleMagistrati, rivendica orgogliosa-mente un ruolo di sensibilizza-zione culturale di comportamentie prassi all’interno della magi-stratura, ben consapevole chenell’ambito delle rispettive com-petenze un concreto e reale cam-biamento potrà avvenire soltantograzie all’attività del CSM chia-mato al riguardo a prendere posi-zioni nette e chiare.

4.1.1. Ruolo e attualità delle correnti In questi anni non abbiamo

ignorato le accuse rivolte alruolo delle correnti all’interno

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della magistratura. Come è noto,quello del correntismo è fenome-no che nasce sul finire degli anniCinquanta, allorquando la forma-zione di liste contrapposte perl’elezione al Comitato direttivocentrale porta progressivamentealla formazione di gruppi dotatidi un’autonoma visione dei pro-blemi ordinamentali e dellamagistratura. Da questo momen-to l’Associazione, a parte la tem-poranea uscita di un’esiguaminoranza di magistrati per fon-dare l’UMI, resta unitaria; ma alsuo interno gravita una pluralitàdi gruppi che caratterizza inmaniera decisiva la vita dell’As-sociazione stessa. In questoperiodo una svolta storica è rap-presentata dal congresso di Gar-done del 1965, che afferma ladefinitiva e totale adesione dellamagistratura alla complessivatavola dei valori consacrati nellaCostituzione.

Logico che a distanza di cin-quant’anni ci si debba interroga-re sull’attualità di questo sistematenendo ben presente che: esisto-no oggi istanze diverse rispetto aquelle che animavano la magi-stratura mezzo secolo fa, se siconsidera che sono mutati i rife-rimenti politico-sociali dell’epo-ca che inevitabilmente hannoavuto un riflesso interno allamagistratura; negli ultimi quindi-ci anni sono entrati in magistra-tura ben quattromila magistrati,

molti dei quali ancora dovevanonascere nel periodo in cui si sta-vano affermando le correnti.

Non ignorare le critiche signi-fica riconoscere che il sistemadelle correnti non ha funzionatoquando ha dato l’impressione divoler occupare ogni spazio nellavita dell’Associazione e dell’au-togoverno facendo operare lepeggiori logiche correntizie, chesi sono tradotte in una pressionesul CSM per una gestione clien-telare e lottizzatoria degli incari-chi direttivi, delle progressioni incarriera, dei fuori ruolo e delsistema disciplinare.

È questa la degenerazione delcorrentismo che ha avuto comeconseguenza quella di esasperarela conflittualità interna e di porta-re a decisioni consiliari che anco-ra oggi è francamente difficilegiustificare (uffici direttivi sco-perti per anni, assoluzioni incom-prensibili nel disciplinare). Trop-po ovvio è affermare che in que-sta degenerazione non ci ricono-sciamo: bisogna dire piuttosto, inmodo inequivocabile, che questadegenerazione è un male da com-battere e da estirpare.

Si è parlato sovente di unsuperamento del sistema dellecorrenti. In realtà, è necessarioche le correnti tornino a svolgereun ruolo culturale e a essereespressione delle diverse sensibi-lità esistenti all’interno dellamagistratura, superando gli indi-

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vidualismi che inevitabilmentefinirebbero per imporsi.

Ritengo che la dialettica e lalibertà di associarsi siano unbene insopprimibile, perchéespressione della libertà di mani-festare il proprio pensiero e deldiverso modo di atteggiarsi diciascun magistrato all’internodell’ordine giudiziario.

Soltanto una diffusa presa dicoscienza dei magistrati sullanecessità di impegnarsi in Asso-ciazione, secondo un modello dipartecipazione in cui la legitti-mazione alla rappresentanza pro-venga dai colleghi e dagli ufficigiudiziari, potrà offrire al siste-ma nuovo entusiasmo, unità diintenti e democrazia. Questo eral’obiettivo cui miravano le c.d.primarie.

Oggi, sono qui convenuti tantigiovani colleghi, in modo inu-suale e diverso dal passato: ciòincoraggia il nuovo corso e ali-menta la speranza che la consa-pevolezza e la presenza di moltisi sostituiscano nel tempo all’e-gemonia di pochi.

Non possiamo non tenere inconsiderazione i segnali, che dalnostro interno provengono, sulruolo e sull’attività delle corren-ti: abbiamo, anzi, l’obbligo dicogliere la ricchezza di proposta,stimolo e passione che a essi èspesso collegata, rifuggendo daogni atteggiamento verticisticodi chiusura o di arroccamento da

parte di chi ha avuto e ha ruolirappresentativi. Non vi è chi hatitolo, più di altri, a indicare lavia per risollevare le sorti del-l’associazionismo e solo l’umiltàdi tutti noi, l’umiltà che dovreb-be contraddistinguere ogni buonmagistrato, potrà aiutarci adabbandonare gli egoismi e acomprendere le ragioni deglialtri.

Ma tutto questo deve avvenirerispettando il principio di rappre-sentanza secondo le regoledemocratiche fissate nel nostrostatuto; non autoproclamandosivertice o base in funzione deipropri umori personali.

In questi anni l’attuale Giuntasi è prefissata come obiettivoquello di operare un momento disintesi del dibattito interno e delpluralismo culturale esistentenella magistratura elaborandoautonomamente e criticamentetemi di discussione aperti alleosservazioni e al contributo ditutti (sull’attività dell’ANM vediinfra cap.8).

Ma la forza dell’ANM diporsi come voce importante ecredibile nel Paese in materia diriforme passa attraverso la suacapacità di essere rappresentati-va di tutti i magistrati italianimediante i suoi vertici democra-ticamente eletti. Perderemmotutti se, invece, ritenessimo dianteporre gli individualismi perrisolvere i problemi della magi-

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stratura: questo minerebbe allaradice le ragioni dello stare insie-me e una storia centenaria diunità associativa. Spetta poi agliassociati, in occasione delle scel-te dei loro rappresentanti, valuta-re l’operato degli organi rappre-sentativi pro-tempore, boccian-doli o promuovendoli. Sono leregole delle democrazia.

Oggi due istanze sembranonuovamente contrapporsi all’in-terno della magistratura: una cheintende rimarcare una chiusuracorporativa e che tratteggia lafigura di un magistrato burocra-te; l’altra, invece, tesa a esaltareil ruolo dell’istituzione giudizia-ria nella società democraticatenendo però ben presenti le pro-blematiche interne agli uffici.

Io concordo con l’analisi dichi ritiene che quando prevale ilripiegamento corporativo rischia-no di operare le peggiori logichecorrentizie che si traducono nellepressioni sul CSM per unagestione clientelare e lottizzatoriadegli incarichi direttivi, in temadi tutela della professionalitànella progressione in carriera e dimancato rigore di fronte allecadute di deontologia; facendoaffermare l’idea di una magistra-tura intesa come una casta e lanecessità di difendere aprioristi-camente qualsiasi appartenenteall’ordine giudiziario, anche nellesituazioni che denotano scarsaprofessionalità, negligenza, opa-

cità di comportamenti.Quando prevale la coscienza

del ruolo istituzionale dellamagistratura possono determi-narsi, invece, larghe convergenze(alle quali si è ispirata l’attualeGiunta di maggioranza che hol’onore di presiedere).

Direttivi, valutazioni di pro-fessionalità, fuori ruolo e sistemadisciplinare impongono un rin-novato patto interno alla magi-stratura essendo tematiche sullequali le differenze e gli steccatitra i gruppi possono essereabbattuti.

Questo patto può ricondurrele correnti nel loro alveo natura-le che è quello, come detto, digarantire la più ampia espressio-ne dell’ineliminabile diversitànei modi di intendere e praticareil mestiere del magistrato.

Solo in tal modo, i gruppi inmagistratura possono costituirel’espressione di una ricchezzaculturale, che si sostanzia di unpensiero organizzato e di una tra-sparente manifestazione di diffe-renze.

Perché tutto questo possa rea-lizzarsi abbiamo bisogno diaffermare, custodire e garantirel’autonomia del Consiglio Supe-riore della Magistratura e quelladei singoli consiglieri, introdu-cendo prassi nuove in grado diallontanare il solo sospetto diuna volontà, larvata o indiretta,di possibile eterodirezione dei

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componenti togati del CSM. È l’unica strada per essere

credibili nei confronti di tutti. In tale cornice di pluralismo

interno, l’ANM deve continuarea saper rappresentare il comunesentire di tutta la magistraturaitaliana anche quando per ragionicontingenti non esprime giunteunitarie. L’ANM, cui ancoraoggi aderisce la quasi totalitàdella magistratura italiana, devecostituire il luogo nel quale tutti imagistrati, anche quelli noniscritti a correnti, possono dibat-tere, incontrarsi e dialogare nelladiversità di idee e di opinioni.

I problemi di un singolomagistrato o di un singolo ufficionon debbono rimanere tali, maessere condivisi dall’intera magi-stratura.

4.2. La questione moraleVogliamo, poi, in questa sede

congressuale ribadire la centra-lità della questione morale afronte delle gravissime vicendeemerse negli ultimi mesi checoinvolgono le istituzioni delPaese. Al riguardo, non possonoesservi ambiguità o atteggiamen-ti gattopardeschi . Non possiamotollerare distinguo e sofismi: o sista da una parte o dall’altra.

Occorre, in primo luogo,recuperare completamente lacredibilità, quella credibilità chele recenti vicende hanno offusca-to. Oggi vogliamo rispondere

che non ci sono più spazi di com-promesso perché il nostromodello di magistrato non entraed esce dal mondo della politicasenza seguire percorsi trasparen-ti, non frequenta lobby e salottidove garantisce ciò che non puògarantire, non fa pressioni perdiventare capo di un ufficio, nonsi ispira a una logica clientelare.

È inaccettabile che trapelil’immagine di una magistraturacontigua a gruppi lobbistici eimpegnata in impropri interventivolti a influire sull’assegnazionedi affari e di incarichi prestigiosi.

I magistrati si legittimanoesclusivamente nello svolgimen-to dell’attività giurisdizionaleesercitata con indipendenza eimparzialità e senza che si insi-nui il dubbio di illeciti condizio-namenti esterni.

È questa la magistratura, deli-neata dalla Costituzione, cheintendiamo rappresentare e nellaquale vogliamo identificarci.

Sono state proprio questevicende che hanno portato, il 14luglio del 2010, il nostro Cdc achiedere ai magistrati coinvolti,indipendentemente dall’accerta-mento di eventuali responsabi-lità, di avere la sensibilità istitu-zionale di fare un passo indietroe liberare l’istituzione da ogniombra di sospetto.

Lo scorso 13 novembre 2010il Comitato direttivo centraledell’Associazione Nazionale

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Magistrati ha, poi, approvato ilnuovo codice etico della magi-stratura.

È giunto così a compimento illavoro che, dalla scorsa primave-ra, ha coinvolto prima una appo-sita Commissione, scelta inmodo da rappresentare tutte levarie sensibilità della magistratu-ra e poi lo stesso Comitato diret-tivo, che in due sedute esclusiva-mente dedicate ha, infine, licen-ziato il testo nella sua definitivaversione.

Il nuovo codice etico aggiornala figura del magistrato, inseritoin una società ormai in continuaevoluzione. Ricorda, nella suapremessa, che il magistrato operaal solo fine di conseguire la pienaeffettività dei diritti delle persone.Ne sottolinea parimenti la respon-sabilità nel buon andamento delservizio giustizia, ma al contem-po ne tutela l’indipendenza sianei rapporti esterni che nell’ambi-to dell’autogoverno. Prendesignificativa posizione sul delica-to versante dei rapporti colmondo dell’informazione esoprattutto con le degenerazionidelle comunicazioni di massa.Ribadisce espressamente che, unavolta eletto in organismi rappre-sentativi, il magistrato operasenza vincoli di mandato rispettoagli elettori ovvero ai gruppiassociati. Con scrupolo rammentae indica le condotte del magistra-to nei suoi rapporti con gli altri

protagonisti del processo. Ilmagistrato che viene così dise-gnato è un soggetto consapevoledella sua funzione, attento alleesigenze della collettività erispettoso dei ruoli, sensibilealtresì alle richieste di assolutatrasparenza. Un soggetto, in altreparole, che intende svolgere almeglio il delicato e alto compitoche gli è stato affidato, con serietàe distacco. Il risultato del lavorosvolto può contribuire a migliora-re il nostro Paese. Ed è con questaconvinzione che viene offerto aicittadini e alle Istituzioni.

La questione morale, altrotema sul quale si gioca, quindi, lacredibilità della magistratura,coinvolge anche due aspetti cru-ciali: i rapporti tra magistrato epolitica e quelli tra magistrato estampa.

4.2.1. Magistrati e politica È indispensabile evitare che si

determinino indebite commistio-ni tra magistratura, politica e altaamministrazione e che, anchedopo la cessazione dalla funzio-ne svolta, i magistrati ricevanoincarichi che possano apparirecollegati al pregresso eserciziodelle funzioni giudiziarie.

Se è vero che sarebbe un erro-re rinunciare alla presenza dimagistrati nelle istituzioni rap-presentative, in particolare nelleassemblee legislative, è altrettan-to vero che bisogna fissare rego-

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le rigorose finalizzate a evitarecommistioni improprie tra lafunzione giudiziaria e l’impegnopolitico ivi compresa la possibi-lità di tornare a fare il magistratodopo l’esperienza in politica.

Richiamo sul punto la nuovaformulazione dell’art. 8 delnuovo codice etico, approvatodal Comitato direttivo centraledell’ANM in data 13.11.2010,dove si è affermato che: “fermoil regime delle ineleggibilità edelle incompatibilità stabilitedalle normative in materia, nelterritorio dove esercita la funzio-ne giudiziaria il magistrato evitadi accettare candidature e diassumere incarichi politico -amministrativi negli enti locali”.

Peraltro, in data 6 marzo 2010il Comitato direttivo centraledell’ANM ha chiesto al Parla-mento un intervento legislativoche adegui la legge elettorale perle amministrative a quella per ilParlamento nazionale introdu-cendo un divieto per i magistratidi partecipare alle elezioni ovve-ro di assumere incarichi digoverno nelle amministrazionilocali nei luoghi dove hanno pre-cedentemente esercitato la fun-zione giudiziaria.

4.2.2. Magistrati e stampa“Fermo il principio di piena

libertà di manifestazione delpensiero, il magistrato si ispira acriteri di equilibrio, dignità e

misura nel rilasciare dichiarazio-ni ed interviste ai giornali e aglialtri mezzi di comunicazione dimassa, così come in ogni scrittoed in ogni dichiarazione destina-ti alla diffusione. Evita di parte-cipare a trasmissioni nelle qualisappia che le vicende di procedi-menti giudiziari in corso sarannooggetto di rappresentazione informa scenica”. Questo il dispo-sto del nuovo testo dell’articolo6 del codice deontologico il cuiintento è quello di richiamare ilmagistrato ai doveri dellasobrietà, della discrezione e dellaserietà. Fuori da questa cultura,che purtroppo spinte individuali-ste anche di recente più voltehanno violato, la magistraturaverrebbe meno non solo al suoruolo istituzionale, ma tradirebbeanche le aspettative dei cittadini,attivando soltanto meccanismiillusori, inutili o di mera facciata,anzi alimentando una visionestrumentale dell’esercizio delpotere giudiziario, in grado solodi innescare fenomeni mediatici,ma non di realizzare concretirisultati.

4.3. L’organizzazione interna della magistraturaPrestare attenzione alle pro-

blematiche interne agli ufficigiudiziari, in maniera non qua-lunquista e demagogica, signifi-ca per l’ANM avere riguardo allecondizioni di lavoro e, in partico-

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lar modo, ai c.d. standard medi direndimento che oggi costituisco-no un tema molto dibattuto nellamagistratura.

L’individuazione di standardnazionali medi di rendimento deimagistrati italiani, distinti perfunzioni e materia, prevista eimposta dal nuovo ordinamentogiudiziario ai fini della valuta-zione di professionalità, assumeuna triplice valenza; è un para-metro che deve essere utilizzatoper valorizzare la laboriositàintelligente del magistrato sottoil profilo organizzativo consen-tendogli di coniugare la quantitàcon la qualità del lavoro senzacadere in deleteri efficientismi dacottimo giudiziario; deve essereimpiegato per la capacità dismaltimento dell’arretrato e dellesopravvenienze per valutare l’a-deguatezza degli organici e ladistribuzione delle risorse sulterritorio; ma soprattutto deveessere impiegato per monitorarel’attività del dirigente dell’uffi-cio il quale, sulla base dei carichidi lavoro complessivi, deve esse-re capace di impostare un proget-to organizzativo complessivoche ottimizzi le risorse e distri-buisca equamente i carichi tra lesezioni e i singoli magistrati.

Recentemente il ConsiglioSuperiore della Magistratura haincaricato due commissioni for-mate da 13 magistrati, una per ilpenale e una per il civile, di esa-

minare il lavoro di 12 Tribunaliitaliani opportunamente disloca-ti, suddivisi tra piccoli e grandi, ecomposti da oltre 800 giudicicivili e da un migliaio nel penale.Le predette commissioni hannoelaborato dei dati statistici suquegli stessi uffici, messi adisposizione dal Ministero,facendo emergere i cluster, grup-pi con caratteristiche omogeneee, quindi, comparabili. Alla fine,è stata stabilita una forchettadentro cui posizionare i diversigruppi di attività e di rendimenti.

Le conclusioni dell’indaginesugli standard di valutazione èstata trasmessa al ConsiglioSuperiore della Magistratura.

Dalle conclusioni si evinceche non può esistere un numeroindice di produttività dei magi-strati o un’asticella valida per lamagistratura sotto la quale scattauna nota di demerito. La diffe-renza dei riti, la dimensione degliuffici, la collocazione territoria-le, le dotazioni tecniche sonovariabili impossibili da pondera-re a livello nazionale.

L’unico ambito in qualchemodo omogeneo è quello del-l’ufficio – stesso territorio, stessecaratteristiche di contenzioso,stessa organizzazione e stessadirigenza – ma l’obiettivo restaquello di creare griglie di valuta-zione del singolo magistratosulla base di parametri certi,scientifici e trasparenti.

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Non affrontare in via dema-gogica il problema dei c.d. stan-dard medi di rendimento signifi-ca ritenerlo strettamente collega-to a quello dell’organizzazioneinterna degli uffici.

Come già esplicitato nel para-grafo relativo agli interventi sulsettore civile e del lavoro4 l’orga-nizzazione degli uffici è un profi-lo essenziale e prioritario per lagiustizia civile e penale.

La acquisita consapevolezzadella necessità di muoversi nonsolo sul piano delle modificheprocessuali, ma sul piano orga-nizzativo e istituzionale deimezzi e delle strutture, comportala necessità di realizzare sinergietra giudici e strutture, in una pro-spettiva che realizzi un ufficioper il giudice.

Come già accennato5, è neces-sario un progetto di riorganizza-zione del lavoro giudiziario ade-guandolo agli strumenti disponi-bili, alle nuove tecnologie, a un’i-dea nuova del processo, da realiz-zare mediante la creazione diun’unità organizzativa direttaall’attuazione concreta dei princi-pi costituzionali del giusto pro-cesso, del miglioramento del ser-vizio e delle condizioni di lavoro.

Alla realizzazione di questoambizioso progetto si deve giun-gere attraverso un metodo parte-cipativo di organizzazione degliuffici giudiziari, che utilizzi lostrumento delle “tabelle organiz-

zative” per realizzare un pro-gramma comune a tutti gli opera-tori coinvolti, da elaborare ancheattraverso un confronto con gliutenti “esterni”; il progetto,infatti, deve essere realizzato conil coinvolgimento dei giudici,delle organizzazioni sindacali,anche attraverso la contrattazio-ne collettiva e, in generale, delpersonale amministrativo delleorganizzazioni forensi e dei sog-getti esterni.

Il progetto investe in primis ilsistema delle competenze profes-sionali: necessità, quindi, di unriassetto delle culture professio-nali esistenti, innanzitutto per ilpersonale amministrativo, chedovrà essere riqualificato ovverodovranno essere riconosciute lenuove professionalità adeguatealla complessità del servizio giu-risdizionale (informatici, statisti-ci, analisti) .

L’organizzazione dell’ufficio,inteso come nuova unità organiz-zativa, deve, infatti, partire dallarilevazione dei flussi, della tipo-logia e dell’entità della domandae presuppone, quindi, la creazio-ne di uffici statistici efficienti; ilnuovo modello organizzativo,caratterizzato da una visione piùattenta alle esigenze del giudicedi quella oggi dominante, perconciliare le diverse esigenzefunzionali, ove le risorse lo con-sentano, fornirà un’assistenza algiudice fortemente personalizza-

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ta; diversamente, può ipotizzarsila creazione di team operativi, adisposizione di più magistrati,distinti dai gruppi di lavoro dedi-cati al servizio all’utenza, chepotrà comunque essere più con-tenuto, poiché il sistema infor-matico sostituirà il personale inalcune attività di sportello.

Il lavoro giudiziario, inoltre,deve poter usufruire di assistentidi studio per la ricerca dei mate-riali giurisprudenziali e la catalo-gazione e trattamento informati-co dei precedenti ai fini dellaloro successiva socializzazione,di assistenti di udienza cui affi-dare, oltre a compiti di verbaliz-zazione, la cura del fascicoloprima dell’udienza e la registra-zione degli esiti di questa anchecon l’impiego di nuove tecnichedi archiviazione e di assistentiamministrativi per la collabora-zione nella stesura di minute diprovvedimenti aventi carattere diripetitività, nell’ambito delleistruzioni impartite dal titolaredel fascicolo.

In questo quadro è necessarioindividuare delle figure ausiliarieanche esterne all’amministrazio-ne e utilizzare in modo appro-priato la magistratura onoraria.

La magistratura onoraria,come già detto, deve essere rior-dinata in modo conforme all’as-setto costituzionale prevedendoanche una limitata redistribuzio-ne delle competenze dal giudice

professionale al giudice di pace.Lo snodo organizzativo

essenziale resta, inoltre, l’attua-zione e lo sviluppo del processocivile telematico, richiamando inquesta sede le considerazionisopra svolte6.

Alla riorganizzazione degliuffici, nel senso specificato, sidovrebbe giungere attraverso: larideterminazione delle pianteorganiche (attualmente vedonouna sovrabbondanza di figure dilivello basso); l’individuazionedi mansioni nuove figlie delnuovo modello e conseguente-mente provvedere alla relativaformazione; l’obbligatorietà delprocesso telematico; l’assunzio-ne di personale qualificato.

Per la predisposizione delprogetto e la sua realizzazione èindispensabile una forte interlo-cuzione tra i soggetti. I promoto-ri sia a livello nazionale che nellesingole realtà devono essere:magistrati, personale ammini-strativo, avvocati e professoriuniversitari.

5. La magistratura e la questione economicaLa tutela dell’essere magistra-

to indipendente comporta neces-sariamente la difesa non solodello status giuridico del magi-strato, ma anche dello status eco-nomico.

Essere “anche” sindacatosignifica, perciò, continuare a

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delineare un complessivo statusdi magistrato indipendente anchesul piano di una retribuzione cor-rispondente alla sua funzionecostituzionale.

Come è noto, l’art. 11 dellalegge 2 aprile 1979 n. 97 piùvolte modificato – che prevedeche gli stipendi dei magistrati, inquanto non contrattualizzati,vengano adeguati di diritto ognitriennio in una misura percentua-le pari alla variazione verificata-si, nello stesso periodo, nel com-parto della cd. Amministrazionepubblica allargata – mira agarantire un allineamento trien-nale posticipato del trattamentoeconomico che impropriamenteviene chiamato scala mobile. Insostanza, il legislatore ha volutosaggiamente evitare che la cate-goria dovesse ricorrere a unacontrattazione periodica ovveroa lunghe vertenze per ottenerel’adeguamento degli stipendi.

Si è fatto ricorso, dunque, aun sistema automatico, chefacesse recuperare ai magistrati,se pur con un ritardo di tre anni,gli incrementi stipendiali giàottenuti dal c.d.“pubblico impie-go”, in base alla media ufficial-mente determinata dall’Istat efatta propria da un Dpcm.

Ma, in realtà, questo che sem-brava un principio consolidato econdiviso, nell’ultimo periodo èstato seriamente messo in discus-sione con le recenti manovre

economiche finanziarie in occa-sione delle quali l’ANM è statachiamata a “dover contrattare” leretribuzioni dei magistrati. Perben tre volte in quattro anni visono state manovre economicheche hanno inciso sullo stipendiodei magistrati con effetti ancoraperduranti.

In queste circostanze abbiamodifeso le retribuzioni dei magi-strati, in particolare, di quelli piùgiovani. Infatti, per quantoriguarda la recente manovra eco-nomica finanziaria, abbiamo evi-tato che gli stipendi dei magistra-ti venissero colpiti per ben quat-tro volte pur prendendo atto dellagrave situazione di crisi econo-mica nel Paese e ribadendo chenon intendiamo sottrarsi alnostro dovere di cittadini e dicontribuenti.

Perplessità e preoccupazioneabbiamo poi espresso in merito aquelle disposizioni contenutenella manovra economica chefortemente penalizzano le moda-lità di erogazione dell’indennitàdi trattamento di fine rapporto eche stanno determinando un pro-gressivo aumento delle domandedi pensionamento anticipato deimagistrati. La situazione è allar-mante: allo stato risultano pre-sentate oltre 400 domande di col-locamento anticipato a riposo,numeri destinati con ogni proba-bilità ad aumentare in manieraesponenziale, anche in ragione

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dei dubbi interpretativi che lenorme stanno suscitando.

Nonostante le ripetute solleci-tazioni istituzionali del CSM,nulla è stato fatto per evitare uncosì massiccio esodo dei magi-strati di maggiore esperienza.

Infatti, oltre ad alcuni dirigen-ti di uffici, anche di recentenomina, si sguarnisce, altresì, laCassazione per l’anticipato col-locamento a riposo di almeno 50magistrati della Corte la cui sco-pertura complessiva supera oggiil numero di 100 posti.

I magistrati più anziani di età,ma con grande esperienza, ven-gono spinti al pensionamento dauna norma irragionevole, con-traddittoria anche sul pianofinanziario, che li penalizza - senon lasciano il servizio entro il30 novembre - con la rateizzazio-ne del trattamento di fine rappor-to; cioè di somme, già di spettan-za del magistrato che ha compiu-to 70 anni, che il Governo saràora costretto a erogare subito inunica rata.

Anziché premiare quei magi-strati che, nonostante l’età, sonoancora disponibili a offrire ungrande contributo professionaleal servizio giustizia, li si mortifi-ca anche nel disconoscimento diuna legittima aspettativa oltreche di un diritto quesito.

La situazione di scoperturacomplessiva degli organici, giàoggi particolarmente grave,

rischia in tal modo di divenireincontrollabile. È, dunque, asso-lutamente indifferibile che vengaadottata ogni iniziativa diretta ascongiurare questo effetto.

La magistratura non può per-mettersi ulteriori pericolose sco-perture che finirebbero per inci-dere sul funzionamento del siste-ma giustizia con conseguenzedisastrose per gli stessi operatoridel settore e per i cittadini.

Essere sindacato ha consenti-to, altresì, di raggiungere alcunipositivi risultati con riferimentoalla Direttiva del Ministro inordine all’interpretazione edapplicazione dell’art. 50 della l.n. 388 del 2000 e per i più giova-ni con riferimento alla determi-nazione da parte della competen-te direzione generale di provve-dere ad applicare le nuove tabel-le stipendiali per tutti i magistra-ti che, alla data del 31 luglio2007, avevano meno di 13 annidi anzianità.

Tra i compiti dell’ANM rien-tra anche quello di istituire unosportello sindacale per prestareassistenza agli associati e, suquesto versante, la Giunta haappena raggiunto un accordo perla tutela giudiziaria di coloro chesubiranno una significativa ridu-zione del proprio stipendio adecorrere dal prossimo gennaio.

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6. La magistratura e i giovaniNell’attuale momento storico

che vive la magistratura, non sipuò non riconoscere una nuovacentralità al significato dell’esse-re giovani magistrati, i qualispesso vengono destinati a opera-re in realtà territoriali disagiate. El’azione associativa deve sapererealmente rappresentare le pro-blematiche concrete dei giovanicolleghi nel quotidiano svolgi-mento delle funzioni e, quindi,deve essere attenta alle assegna-zioni non trasparenti, ai dirigentiautoritari, alle prassi, alle orga-nizzazioni inefficienti degli ufficiche conducono a lungaggini pro-cessuali, alle regole che determi-nano i trasferimenti, nonché allaquestione retributiva. Sul punto,mi pare doveroso rilevare che, afronte delle nuove disposizionidell’ordinamento in materia diaccesso alla carriera, di controllipiù incisivi e ravvicinati di valu-tazione, di maggiori oneri diresponsabilità, di innumerevoliincombenze di aggiornamento,nessuna adesione vi è stata delleripetute istanze dell’ANM perpervenire a una rimodulazionedella carriera economica deimagistrati, anche per attenuare leeccessive e inaccettabili differen-ze retributive che oggi si riscon-trano nelle carriere dei magistratiordinari più giovani rispetto aicolleghi di anzianità omogenea

delle altre magistrature. Sono stati anche questi gli

anni nei quali abbiamo dovutoconfrontarci con il grave proble-ma rappresentato dalla c.d. deser-tificazione delle Procure le cuicause vanno rinvenute nell’entra-ta in vigore dell’art.13 del d.lgs160/2006, come modificato dallalegge 111/2007, che ha vietato aigiovani magistrati di assumerefunzioni requirenti. Va ricordatoche si è trattato di un emenda-mento parlamentare introdottodalla allora maggioranza diGoverno del centrosinistra e poirecepito nella riforma Mastelladell’ordinamento giudiziario.

Nel luglio del 2007 le scoper-ture degli uffici requirenti eranosolo 68; un anno dopo ossia nelluglio del 2008 le scopertureerano già sostanzialmente tripli-cate salendo a 181; nell’ottobre2009 si è raggiunta la vetta di249.

Vorrei in questa sede esprime-re soddisfazione per l’introduzio-ne della deroga al divieto di asse-gnazione dei Mot a funzionirequirenti e per le deroghe ailimiti al passaggio di funzioni.Questa è stata una proposta avan-zata durante la manifestazioneorganizzata dall’AssociazioneNazionale Magistrati a Roma il16 gennaio scorso, aperta all’av-vocatura, alla politica e allasocietà civile e che ha visto pre-senti numerosi magistrati prove-

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nienti da tutta Italia. L’assembleaè stata il luogo idoneo per formu-lare proposte che la politica e ilGoverno hanno preso in conside-razione dimostrando di compren-dere la grave emergenza degliuffici giudiziari. In commissioneGiustizia della Camera, il 20 gen-naio scorso, sono stati approvatidegli emendamenti al disegno dilegge di conversione del decretolegge sulle sedi disagiate e sultrasferimento d’ufficio che con-tengono importanti novità:

1) in primo luogo è stato sta-bilito che «con provvedimentomotivato, il Consiglio Superioredella Magistratura, ove alla datadi assegnazione delle sedi aimagistrati nominati con i decretiministeriali 23 aprile 2009 e 2ottobre 2009 sussista una scoper-tura superiore al 30 per cento deiposti di cui all’articolo 1, comma4, della legge 4 maggio 1998, n.133, può attribuire esclusiva-mente ai predetti magistrati, inderoga all’articolo 13, comma 2,del decreto legislativo 5 aprile2006, n. 160, le funzioni requi-renti al termine del tirocinio,anche antecedentemente al con-seguimento della prima valuta-zione di professionalità»;

2) è stato abolito il vincolodei 100 km per il trasferimentoalle sedi disagiate;

3) è stato previsto – a regime– un meccanismo di assegnazio-ne provvisoria dei Mot (magi-

strati ordinari in tirocinio) al ter-mine del tirocinio a uffici giudi-canti, con successiva assegnazio-ne definitiva, dopo due anni e seimesi e al conseguimento dellaprima valutazione di professio-nalità, anche a posti requirenti;

4) è stato sancito che il pas-saggio dalla sede provvisoria(giudicante) alla sede definitiva(in ipotesi requirente) possaavvenire in deroga ai limiti terri-toriali (e ovviamente temporali)previsti in materia di tramuta-mento di funzioni.

Tutto questo ha avuto il pre-gio di mitigare l’originariodivieto.

Si è trattato di una scelta sag-gia e che perciò non deve rima-nere occasionale anche in consi-derazione della passione, del-l’impegno e dell’entusiasmo concui questa decisione è stataaccolta dai giovani colleghi.

Ciò nonostante rimangonoaperte tutte le problematiche inmerito alla scopertura degli orga-nici e l’imminente pubblicazionedel bollettone dei trasferimentida parte del Consiglio Superiorenon potrà che aggravare ulterior-mente la situazione degli ufficiperiferici.

7. La magistratura e l’EuropaIl Trattato di Lisbona è entra-

to in vigore il 1° gennaio 2009dopo un referendum in Irlanda e

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qualche resistenza alla ratificadella Repubblica Ceca e dellaPolonia. Per effetto di tale rifor-ma normativa si è realizzata una“successione” dell’Unione Euro-pea alla Comunità Europea e unarevisione in senso tecnico delTrattato dell’Unione Europea edel Trattato CE la cui denomina-zione è mutata in Trattato sulfunzionamento dell’Unione Eu-ropea. È con questa nuova realtàlegislativa che occorre che i giu-dici si confrontino oggi. DalTrattato di riforma scaturisce unnuovo assetto delle fonti la cuiconoscenza è imprescindibile perciascun interprete nella propriaquotidiana attività giurisdiziona-le. Le nuove fonti vedono, infat-ti, la Carta dei diritti fondamen-tali dell’Unione Europea diven-tare diritto primario dell’Unione,dotato della stessa forza giuridi-ca dei Trattati, talché oggi non èpiù possibile ignorane i contenu-ti e le modalità applicative per igiudici che, quotidianamente,sono chiamati a decidere que-stioni involgenti i diritti fonda-mentali della persona. Al con-tempo, nel Trattato si prevedel’adesione dell’Unione alla Con-venzione Europea dei DirittiUmani: la tutela dei diritti, allo-ra, nell’ulteriore passaggio pro-grammato, godrà di una prote-zione interna all’Unione - quellaaffidata, appunto, all’intervenutavincolatività della Carta di Nizza

- e di una protezione esterna, sulversante internazionale, collega-ta alla prevista adesione. Il qua-dro, pertanto, si complica eimpone uno sforzo ulterioreall’interprete, chiamato a con-frontarsi con una realtà che supe-ra i confini interni, ma che constadi un ampliamento delle garanzieofferte. Il rapporto fra normeinterne e norme esterne, rapportoche possiamo definire di portatacostituzionale poiché è nellastessa Costituzione che si sottoli-nea in più punti l’impegno delloStato per l’adempimento dei pro-pri obblighi internazionali, siarricchisce di nuovi contenutiche impongono un atteggiamen-to nuovo, di apertura, soprattuttoin quanto è ormai chiaro a tuttiche gli strumenti sopranazionalisono non di intralcio, bensì diausilio alla quotidiana attivitàgiurisdizionale.

Non possiamo non sottolinea-re in questa sede l’importanzadella “Magna Carta per i giudicieuropei”, adottata dal CCJE perraccogliere in un unico docu-mento i Pareri resi in dieci annidi attività al Comitato dei Mini-stri del Consiglio d’Europa.

È per questo motivo cheabbiamo deciso di dedicareun’importante sessione del nostroCongresso alla tutela giurisdizio-nale dei diritti dopo Lisbona, pro-prio a dimostrazione dell’impe-gno che l’Associazione Naziona-

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le Magistrati intende assumerenella diffusione della conoscenzadel diritto sovranazionale ormaisempre più parte integrante del-l’ordinamento interno nella tutelagiurisdizionale dei diritti.

8. L’attività dell’ANM in questi anniNel corso di questi anni l’atti-

vità dell’ANM si è così concre-tizzata:

Elaborazione di documenti e proposteTutti i nostri documenti sono

consultabili sul sito www.asso-ciazionemagistrati.it, sito che èstato recentemente rinnovato.Meritano di essere segnalatiquelli che hanno ribadito l’impe-gno della difesa dei principi con-sacrati nella Carta costituzionale,quelli sulla vicenda Salerno-Catanzaro, sul caso Englaro,sulle questioni relative allaimmigrazione, sulla difesa deicolleghi estensori della c.d. sen-tenza Mills, sulle intercettazioni,sul processo penale, sul processocivile, sul collega Mesiano, sul-l’attuale problematica delle con-dizioni di lavoro dei magistrati edei c.d. standards medi di pro-duttività. E ancora, quelli sullec.d. primarie, sulla partecipazio-ne dei magistrati alla vita politi-ca, sulle sedi disagiate, sulla que-stione morale, su quella econo-mica, nonché, tra le altre, le pro-

poste, sulla revisione della geo-grafia giudiziaria e sui trasferi-menti d’ufficio.

Presenza della Giunta sul territorioL’ANM è la casa di tutti i

magistrati; per questo al fine direcuperare uno stretto rapportocon gli associati, la Gec si è piùvolte recata nelle singole sezionidistrettuali: in Sicilia, Calabria,Sardegna, Campania, Veneto,Toscana, Lombardia. Vivaci eproficue sono state le assembleetra cui, in particolare, quelle chesi sono svolte nell’ottobre del2009 contemporaneamente intutta Italia e che hanno vistoun’ampia partecipazione dei col-leghi e quelle di gennaio 2010 aRoma sulle sedi disagiate e digennaio e settembre a ReggioCalabria dopo gli attentati, chehanno registrato una massicciaadesione .

ANM e mass mediaNumerosi sono stati i docu-

menti elaborati dalla Gec, ampia-mente ripresi, grazie all’istituzio-ne di un ufficio stampa, dai prin-cipali quotidiani e dalle televi-sioni. Anche la stampa estera hachiesto di poter interloquire conl’ANM, in un incontro che si èsvolto il 27 gennaio 2009 e inuno successivo del primo feb-braio del 2010. Ovviamente inquesto versante devono inserirsi

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le prese di posizione a fronte diattacchi all’intera categoria e asingoli magistrati. Molti gliinterventi o lettere a firma delpresidente, del segretario genera-le e del vicepresidente e le inter-viste su questioni specifiche o, ingenerale, sulla linea dell’ANMche sono apparsi sui principaliquotidiani e agenzie di stampa:tra gli altri, Corriere della Sera, IlSole-24 Ore, La Repubblica, IlRiformista, La Stampa, il Gior-nale, Libero, Il Messaggero, IlTempo, Italia Oggi, L’Unità,Avvenire, Il Manifesto, Liberal,Il Fatto Quotidiano, Il Mattino,Ansa, Agenzia Italia, Apcom,Adnkronos. Inoltre, altri inter-venti sono comparsi su alcunisettimanali specializzati (Guidaal diritto) e d’informazione, neitelegiornali e programmi diapprofondimento sulle reti Rai,Mediaset, La7, Sky; nei giornaliradio Rai, Radio24 e di molteemittenti private; su numeroseagenzie ed emittenti straniere,come BbcRadio e le radiotelevi-sioni tedesche, svizzere, francesi.

ConvegniVoglio ricordare quello sulle

indagini sul potere che si è tenu-to a Roma l’11 marzo; quello diSalerno del 16 marzo del 2009sulla giustizia disciplinare; quel-lo sulla scelta della dirigenza chesi è svolto a Catanzaro il 23 apri-le del 2009; la giornata della giu-

stizia di Roma del 5 maggio del2009 e che per la prima volta haradunato tutte le componenti delmondo della giustizia; il centena-rio dell’ANM onorato dalla pre-senza di tutte le alte cariche isti-tuzionali; segno evidente dellacredibilità che l’ANM ha saputoconquistarsi sul campo. E anco-ra, il convegno organizzato dallacommissione pari opportunità il28 maggio 2010.

PubblicazioniTra tutte il volume “Cento

anni di Associazione magistrati”a cura di Edmondo Bruti Libera-ti e del sottoscritto e il dossiercurato da Gioacchino Natoli “Leverità dell’Europa sui magistratiitaliani”, che riconduce a veritàle distorte interpretazioni delRapporto 2008 della Cepej e cheoggi vi presentiamo in vesteaggiornata.

AudizioniLa posizione e il parere del-

l’ANM sono stati reiteratamenterichiesti sia dalla Camera deiDeputati sia dal Senato. Numero-se sono state le audizioni inmateria di pedofilia, di intercet-tazioni, di processo breve, dipacchetti di sicurezza, di inter-venti sulle c.d. sedi disagiate, dicarcere, di competenza per pro-cedimenti penali in relazione areati di grave allarme sociale, dicorruzione, di mafia, di gestione

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delle crisi aziendali. Innanzi alCSM la Gec ha più volte ribaditole sue proposte per far fronte allacarenza degli organici e in temadi trasferimenti d’ufficio.

Gruppi di lavoro interni all’ANMParticolare rilievo assume sul

punto l’attivismo del gruppodelle pari opportunità e il neocostituito gruppo sull’informati-ca che ha l’obiettivo di monitora-re la strumentazione fornita aimagistrati e l’organizzazione deimezzi.

9. I magistrati e la forza del rinnovamentoIn conclusione del mio inter-

vento voglio ringraziare tutti voicolleghi associati per il contribu-to che, anche attraverso le mai-ling-list, ci avete fornito e chesicuramente continuerete a for-nirci, i colleghi della Giuntaverso i quali nutro un particolareaffetto, i componenti del Cdc, lanostra segreteria amministrativae il nostro ufficio stampa.

Il titolo che abbiamo scelto didare al nostro Congresso è indi-cativo di un percorso obbligato econdiviso: il rinnovamento.

Abbiamo dato una strutturanuova anche ai lavori dividendo-li in quattro sessioni: autorifor-ma, organizzazione, questionemorale, Europa e prevedendouna discussione nella forma di

tavole rotonde alle quali farannoseguito gli interventi liberi deicongressisti per favorire il piùampio dibattito possibile.

L’obiettivo è che da questoCongresso esca una nuova idea diassociazionismo giudiziario in-centrato sulla tutela dell’autono-mia e dell’indipendenza, internaed esterna, della magistratura eche sappia interpretare in manie-ra pragmatica le reali problemati-che all’interno degli uffici giudi-ziari senza, però, indulgere intentazioni corporative. Due as-petti che oggi devono esserenecessariamente coniugati.

Vogliamo un’Associazionenon arroccata a difesa dell’esi-stente, ma un’Associazione dina-mica che faccia dell’ascolto e deldialogo la sua forza trainante con-tribuendo all’efficacia e all’effi-cienza del servizio giustizia.

Vogliamo una magistraturamoderna, responsabile, profes-sionale e credibile.

Vogliamo una riforma nell’e-sclusivo interesse dei cittadiniperché non può esserci sviluppoper il Paese senza giustizia.

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Note1. Documento presentato dall’ANM in occasio-

ne della Giornata Nazionale per la Giustizia svol-tasi a Roma il 5 maggio 2009.

Su questi dati l’ANM ha elaborato un dossierintitolato “Le verità dell’Europa sui magistrati ita-liani”, a cura di G.Natoli, che riporta numeri sullaproduttività e sul lavoro dei magistrati.

2. cfr. Dossier “Le verità del’Europa sui magi-strati italiani”.

3. Cima, Zambrino, Gli sprechi della giustiziacivile nei distretti delle Corti d’Appello, inwww.side-isle.it; elaborazioni relative al 2005.

4. (su cui vedi supra par. 3.2.)5. cfr. supra par. 3.2.1. Le proposte dell’ANM

per lo smaltimento dell’arretrato pag. XXX6. cfr. supra par. 2.1.3. sulla informatizzazione

degli uffici giudiziari.

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LaMagistraturaOrgano dellaAssociazioneNazionaleMagistrati

Relazione introduttiva al XXX Congresso Nazionaledell’ANMRoma, Teatro Capranica26-27-28 novembre 2010

Formazione storica dell’arretrato

Civile

1958: 622.000

1980: 740.000

1985: 1.695.000

1990: 2.352.000 (+400% sul 1958)

1995: 3.498.000

1999: 3.607.000

2007: 5.381.000 (+129% sul 1990)

Penale

723.000

548.000

836.000

750.000 (+3.5% sul 1958)

1.400.000

1.960.000

1.500.000 (+100% sul 1990)

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ci Come i mirtilli in una notapoesia di Robert Frost, sono“maturate insieme”, nella stessadata del 17 novembre 2010, dueimportanti iniziative che com-pendiano elaborazioni del Consi-glio d’Europa che si sono pro-lungate negli anni.

Il Consiglio consultivo deigiudici europei (CCJE) presso ilConsiglio d’Europa ha adottatoin quella data, infatti, la “MagnaCarta dei giudici (principi fonda-mentali)”, un testo di sintesidelle principali conclusioni deiPareri già adottati dal CCJE, ido-neo alla diffusione anche pressoil pubblico non specializzato,con la finalità di promuovere laconoscenza dei Pareri stessi, dicui già il Vertice dei capi di statoe di governo di Varsavia del 2005aveva raccomandato di fare“buon uso”.

La “Magna Carta” è stata pre-sentata a Strasburgo il 18 novem-bre, in occasione della celebra-zione decennale dalla costituzio-ne del CCJE. Alla cerimonia,svoltasi in presenza delle Rap-presentanze permanenti a Stra-sburgo e di Giudici della CorteEuropea dei Diritti dell’Uomo(tra cui il giudice eletto per l’Ita-lia, il dott. Guido Raimondi), èpervenuto messaggio di salutodel CSM italiano, a firma del sig.Vicepresidente on.le Vietti.

Sempre il 17 novembre 2010,poi, nella sede “politica” del

Consiglio d’Europa, costituitadal Comitato dei Ministri, è statadefinitivamente approvata lanuova Raccomandazione CM/-Rec (2010) 12 “sui giudici: indi-pendenza, efficacia e responsabi-lità”, con memorandum esplica-tivo. Essa sostituisce la previgen-te ben nota RaccomandazioneNo. R(94)12 “sull’indipendenza,l’efficacia e ruolo dei giudici”,che aveva costituito per un quin-dicennio l’asse portante dei lavo-ri del Consiglio d’Europa inmateria.

La nuova Raccomandazioneaggiorna e completa la preceden-te, anche alla luce delle risultan-ze dei lavori del CCJE, che risul-tano ampiamente condivise.

A differenza della “MagnaCarta”, la Raccomandazione è untesto normativo (seppure di “softlaw” internazionale, posto che, aisensi dell’art. 15.b dello Statutodel Consiglio d’Europa, il Comi-tato dei Ministri può richiedereagli stati informazioni sulle azio-ni assunte per conformarsi alleRaccomandazioni). Ai sensi del§45 del Parere n. 9 del CCJE,recepito dal Comitato dei Mini-stri, i magistrati debbono tenerconto anche delle Raccomanda-zioni del Consiglio d’Europanella loro attività.

È dato notare una qual certamaggiore “prudenza” nella Rac-comandazione (emanante dalComitato dei Ministri) rispetto

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Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010Raffaele Sabato*

*Giudice delTribunale di Napoli

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cialla Magna Carta (formulata dalConsiglio dei giudici); ma èindubbio che in entrambi i testi siregistrano importanti afferma-zioni a tutela dell’indipendenzadella magistratura (anche requi-rente, posto che nell’art. 11 dellaMagna Carta si menzione che lo“statuto di indipendenza” delp.m. è elemento essenziale delloStato di diritto realizzato attra-verso la magistratura giudicanteparimenti indipendente); affer-mazioni necessarie proprio inquesto periodo, in cui l’indipen-denza è esposta a minacce in piùstati europei. Emblematico èanche il definitivo inserimentonel panorama della giustiziaeuropea del ruolo, riconosciutosia nella Magna Carta che nellaRaccomandazione, dei Consiglisuperiori della magistratura (e,nell’ambito delle loro competen-ze, delle “pratiche a tutela” – v.paragrafo 8 della Raccomanda-zione, che ipotizza in alternativauna competenza accertativa dellalesione all’indipendenza in sedegiudiziaria). Sul piano dei rap-porti con la politica, poi, la Rac-comandazione, da un lato, indicanella moderazione il criterio daseguire nei rapporti con i“media”, d’altro lato prevedendoche i politici debbano evitareogni critica ai provvedimentigiurisdizionali che possa com-promettere l’indipendenza dellamagistratura e minare la fiducia

del pubblico nella stessa; essi“devono inoltre astenersi daqualsiasi azione che possa mette-re in dubbio la loro volontà dirispettare le decisioni dei giudici,diversa dall’esprimere la lorointenzione di interporre impu-gnazione.”

Sia la Raccomandazione chela “Magna Carta” reputanoopportune la formazione di codi-ci etici da parte degli stessi magi-strati, aventi oggetto più estesorispetto alla definizione di viola-zioni disciplinari.

Al fine di consentire un ade-guato dibattito sui due testi, sipresentano di seguito gli stessi intraduzione italiana.

MAGNA CARTADEI GIUDICI1

(Principi fondamentali)Presentazione:In occasione del proprio 10°

anniversario, il CCJE ha adotta-to, nel corso della 11^ adunanzain Plenum, una Magna Carta deiGiudici (Principi fondamentali),volta a sintetizzare e codificarele principali conclusioni conte-nute nei Pareri già adottati. Cia-scuno dei 12 Pareri già emessidal CCJE all’attenzione delComitato dei Ministri del Consi-glio d’Europa contiene le consi-derazioni complementari sulletematiche trattate nel presentetesto (v. www.coe.int/ccje).

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ci Stato di diritto e giustizia1. La magistratura costituisce

uno dei tre poteri di ogni Statodemocratico. È sua missionegarantire la stessa esistenza delloStato di diritto e assicurare in talmodo un’appropriata applicazio-ne del diritto in maniera impar-ziale, giusta, equa ed efficace.

Indipendenza dei giudici2. L’indipendenza e l’impar-

zialità del giudice sono precondi-zioni essenziali per l’adeguatofunzionamento della giustizia.

3. L’indipendenza del giudicedeve essere ordinamentale, fun-zionale e finanziaria. Essa deveessere garantita rispetto agli altripoteri dello Stato, agli utentidella giustizia, agli altri giudicied alla società in generale, amezzo di norme di diritto internodella fonte più elevata. È respon-sabilità dello Stato e di ciascungiudice promuovere e salvaguar-dare l’indipendenza della magi-stratura.

4. L’indipendenza del giudicedeve essere garantita riguardoall’attività giudiziaria, in partico-lare nel reclutamento, nellanomina a durata indeterminatasino all’età pensionistica, nellepromozioni, nell’inamovibilità,nella formazione, nell’immunitàgiudiziaria, nella disciplina, nellaremunerazione e nello stanzia-mento di bilancio della giustizia.

Garanzie di indipendenza5. Le decisioni sulla selezio-

ne, la nomina e la carriera deb-bono essere basate su criteriobiettivi determinati dall’organodi tutela dell’indipendenza.

6. I procedimenti disciplinaridebbono essere trattati innanziad organo indipendente, con lapossibilità di impugnazioneinnanzi ad un tribunale.

7. Sulla base di consultazionicon la magistratura, lo Stato deveassicurare le risorse umane,materiali e finanziarie necessarieall’adeguato funzionamentodella giustizia. Il giudice devebeneficiare di una remunerazio-ne e di un sistema previdenzialeadeguati e garantiti dalla legge,che lo mettano al riparo da ogniindebita influenza.

8. La formazione iniziale epermanente è, per il giudice, undiritto ed un dovere. Essa deveessere organizzata sotto la super-visione della magistratura. Laformazione è un importante ele-mento di garanzia dell’indipen-denza dei giudici, nonché dellaqualità e dell’efficacia del siste-ma giudiziario.

9. La magistratura deve esse-re coinvolta in tutte le decisioniche si riflettono sull’eserciziodelle funzioni giudiziarie (orga-nizzazione dei tribunali, proce-dure, altra legislazione).

10. Nell’esercizio della giuri-sdizione, il giudice non può esse-

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cire destinatario di alcun ordine oistruzione, né sottoposto ad alcu-na pressione di gerarchia ed ètenuto esclusivamente al rispettodelle norme di diritto.

11. I giudici debbono assicu-rare la parità delle armi tra ilpubblico ministero e la difesa.Uno statuto di indipendenza deipubblici ministeri costituisceun’esigenza fondamentale delloStato di diritto.

12. I giudici hanno diritto diaderire ad associazioni di magi-strati, nazionali o internazionali,con il compito di difendere lamissione della magistratura nellasocietà.

Organo di tutela dell’indipendenza13. Al fine di garantire l’indi-

pendenza dei giudici, ciascunoStato deve costituire un Consigliosuperiore della magistratura o altroorgano specifico, anch’esso indi-pendente dai poteri esecutivo elegislativo, munito delle più ampieprerogative per ogni aspetto relati-vo al loro statuto, nonché all’orga-nizzazione, al funzionamento edall’immagine delle istituzioni giu-diziarie. Il Consiglio deve esserecomposto o esclusivamente damagistrati, o quantomeno da unamaggioranza sostanziale di magi-strati eletti dai loro pari. Il Consi-glio superiore della magistratura ètenuto a rendicontare quanto allesue attività e alle sue decisioni.

Accesso alla giustizia/trasparenza14. La giustizia deve essere

trasparente e debbono formareoggetto di pubblicazione infor-mazioni sul funzionamento delsistema giudiziario.

15. Il giudice deve adoperarsiper assicurare l’accesso a unasoluzione delle controversierapida, efficace ed a costi ragio-nevoli; deve contribuire alla pro-mozione degli strumenti di riso-luzione alternativa delle contro-versie.

16. Gli atti processuali e iprovvedimenti del giudice deb-bono essere redatti in linguaggioaccessibile, semplice e chiaro. Ilgiudice deve pronunciare senten-ze motivate, in pubblico, entroun termine ragionevole, sullabase di un’udienza equa e pub-blica. Il giudice deve utilizzaretecniche appropriate di gestionedel processo e del carico di lavo-ro (case management).

17. L’esecuzione dei provve-dimenti giudiziari è componenteessenziale del diritto al processoequo ed è garanzia dell’efficaciadella giustizia.

Deontologia e responsabilità18. L’azione dei giudici deve

essere guidata da principi dideontologia, distinti dalle normedisciplinari. Tali principi devonoemanare, quanto a redazione,dagli stessi giudici e debbono

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Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010

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ci costituire oggetto della loro for-mazione.

19. In ciascun Paese le viola-zioni suscettibili di dar luogo asanzioni disciplinari e il procedi-mento disciplinare debbonoessere definiti nella legge statu-taria di magistratura o di ordina-mento giudiziario.

20. Il giudice deve risponderepenalmente, secondo la leggeordinaria, per i reati commessi aldi fuori dell’esercizio delle fun-zioni. A carico del giudice nondeve sussistere responsabilitàpenale per fatti connessi all’eser-cizio delle funzioni, in caso diviolazioni non dolose.

21. Il rimedio agli errori giu-diziari deve essere individuato inun adeguato sistema di impugna-zioni.

Raccomandazione CM / Rec (2010) 12del Comitato dei Ministri agli stati membrisui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità2

(adottata dal Comitato dei Ministri il 17 novembre 2010 in occasione della 1098^ riunione dei Delegati dei Ministri)Il Comitato dei Ministri, ai

sensi dell’articolo 15.b dello Sta-tuto del Consiglio d’Europa,

Visto l’articolo 6 della Con-venzione per la salvaguardia dei

diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali (in prosieguo indi-cata come “la Convenzione”,ETS n. 5) che stabilisce che “ognipersona ha diritto a che la suacausa sia esaminata equamente,pubblicamente ed entro un termi-ne ragionevole da un tribunaleindipendente e imparziale, costi-tuito per legge” e la pertinentegiurisprudenza della Corte euro-pea dei diritti dell’uomo;

Tenuto conto dei Principi dibase delle Nazioni Unite sull’in-dipendenza della magistratura,approvati dall’Assemblea gene-rale delle Nazioni Unite nelnovembre 1985;

Visti i Pareri del Consiglioconsultivo dei giudici europei(CCJE), i lavori della Commis-sione europea per l’efficaciadella giustizia (CEPEJ) e laCarta europea sullo Statuto deigiudici predisposta nell’ambitodi riunioni multilaterali del Con-siglio d’Europa;

Rilevando che il ruolo dei giu-dici, nell’esercizio delle loro fun-zioni giurisdizionali, è essenzialeper la tutela dei diritti dell’uomoe delle libertà fondamentali;

Desiderando promuoverel’indipendenza dei giudici, ele-mento connaturale allo Stato didiritto ed essenziale per l’impar-

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cizialità dei giudici ed il funziona-mento del sistema giudiziario;

Sottolineando il fatto che l’in-dipendenza della magistraturagarantisce ad ogni persona ildiritto ad un equo processo equindi non è un privilegio deimagistrati ma una garanzia per ilrispetto dei diritti dell’uomo edelle libertà fondamentali, chepermette ad ogni persona diavere fiducia nel sistema giudi-ziario;

Nella consapevolezza dellanecessità di garantire lo statuto ei poteri dei giudici al fine diinstaurare un ordinamento giuri-dico equo ed efficace, e di inco-raggiarli ad impegnarsi attiva-mente per il funzionamento delsistema giudiziario;

Riconoscendo la necessità diassicurare che siano debitamenteesercitati le responsabilità, idoveri e i poteri dei giudici, voltia tutelare gli interessi di qualsia-si persona;

Desiderando trarre insegna-mento dalle esperienze dei varistati membri nell’organizzare leistituzioni giudiziarie nel rispettodello Stato di diritto;

Considerata la diversità degliordinamenti giuridici, delle posi-zioni costituzionali e delle con-

cezioni in tema di separazionedei poteri;

Notando che nulla in questaraccomandazione deve intendersivolto a diminuire le garanzie diindipendenza attribuite ai giudicidalle costituzioni o dagli ordina-menti giuridici degli stati membri;

Notando che le costituzioni ogli ordinamenti giuridici di alcu-ni stati membri hanno istituito unconsiglio, cui si fa riferimento inquesta raccomandazione come“consiglio superiore della magi-stratura”;

Desiderando promuovere irapporti tra magistrature e trasingoli giudici dei vari statimembri al fine di incoraggiare losviluppo di una cultura comunedella giurisdizione;

Considerando che la Racco-mandazione Rec (94) 12 delComitato dei Ministri sull’indi-pendenza, l’efficacia e il ruolodei giudici deve essere aggiorna-ta in misura rilevante per muniredi maggior forza tutte le misurenecessarie per promuovere l’in-dipendenza e l’efficacia dei giu-dici, per garantire e rendere piùeffettiva la loro responsabilità, eper rafforzare il ruolo dei singoligiudici e quello della magistratu-ra in generale;

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ci Raccomanda ai governi deglistati membri di adottare le misu-re per assicurare che siano attua-te nella loro legislazione, nelleloro politiche e nelle loro prassile disposizioni contenute nell’al-legato alla presente raccomanda-zione, che sostituisce la Racco-mandazione Rec (94) 12 di cuisopra, e che siano forniti ai giu-dici i mezzi per svolgere le lorofunzioni in conformità a questedisposizioni.

Allegato alla Raccomanda-zione CM / Rec (2010) 12

Capitolo I Aspetti generaliCampo di applicazione della raccomandazione

1. La presente raccomanda-zione si applica a tutte le personeche esercitano funzioni giudizia-rie, comprese quelle che trattanoquestioni costituzionali.

2. Le disposizioni di cui allapresente raccomandazione siapplicano anche ai giudici onora-ri, tranne che sia chiaro dal con-testo che esse si applicano solo aigiudici professionali.

Indipendenza della magistra-tura e fonte del diritto che devegarantirla

3. L’indipendenza, come san-

cito dall’articolo 6 della Conven-zione, mira a garantire ad ognipersona il diritto fondamentale diavere la sua causa esaminataequamente, sulla sola base deldiritto e in assenza di qualsiasiinfluenza indebita.

4. L’indipendenza del singologiudice è salvaguardata dall’in-dipendenza della magistraturanel suo complesso e costituisce,in tal senso, un aspetto fonda-mentale dello Stato di diritto.

5. I giudici devono averelibertà assoluta di statuire suiprocedimenti in modo imparzia-le, in conformità al diritto e alloro apprezzamento dei fatti.

6. I giudici devono disporre dipoteri sufficienti ed essere ingrado di esercitarli al fine di svol-gere le loro funzioni e preservarela loro autorità e la dignità del tri-bunale. Ogni persona interessataad una causa, comprese le pubbli-che autorità o i loro rappresentan-ti, deve essere sottoposta all’au-torità del giudice.

7. L’indipendenza del giudicee della magistratura deve esseresancita nella costituzione o al piùalto livello possibile delle fontidel diritto negli stati membri,nonché formare oggetto di dispo-sizioni più specifiche al livellodella legislazione.

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ci8. Quando i giudici ritengonoche la loro indipendenza siaminacciata devono essere ingrado di poter ricorrere al consi-glio superiore della magistraturao altra autorità indipendente, odevono disporre di strumentiimpugnatori effettivi.

9. Una causa non può esseredistolta da un giudice particolaresenza giusta causa. La decisionedi riassegnare un affare affidatoad un giudice deve essere assun-ta da un’autorità all’interno delsistema giudiziario sulla base dicriteri oggettivi e predeterminatiattraverso una procedura traspa-rente.

10. Solo gli stessi giudicidevono decidere della propriapotestà giurisdizionale su undeterminato affare, quale definitadal diritto.

Capitolo II Indipendenza esterna11. L’indipendenza esterna

dei giudici non è una prerogativao un privilegio accordati nel lorointeresse personale ma nell’inte-resse dello Stato di diritto e diogni persona che richieda eattenda una giustizia imparziale.L’indipendenza dei giudici deveessere considerata una garanziadi libertà, di rispetto dei dirittidell’uomo e dell’applicazioneimparziale del diritto. L’impar-

zialità e l’indipendenza dei giu-dici sono essenziali per garantirela parità delle parti dinanzi ai tri-bunali.

12. Fatto salvo il rispetto dellaloro indipendenza, i giudici e ilsistema giudiziario devono man-tenere un costruttivo rapportoprofessionale con le istituzioni egli enti pubblici coinvolti nellagestione e amministrazione deitribunali nonché con i professio-nisti i cui compiti sono collegatia quelli dei giudici, al fine diconsentire la realizzazione di unagiustizia efficace.

13. Devono essere adottatetutte le misure necessarie perrispettare, tutelare e promuoverel’indipendenza e l’imparzialitàdei giudici.

14. La legge deve prevederesanzioni nei confronti delle per-sone che tentino di esercitareindebita influenza sui giudici.

15. Le sentenze devono esse-re motivate e pronunciate pubbli-camente. I giudici non devonoessere obbligati a riferire in alcunaltro modo circa i motivi allabase delle loro pronunce.

16. I provvedimenti dei giudi-ci non devono essere soggetti adalcuna revisione al di fuori delleprocedure di impugnazione o ria-

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ci pertura del procedimento ai sensidella legge.

17. Con l’eccezione delledecisioni in materia di amnistia,grazia o misure analoghe, i pote-ri esecutivo e legislativo nondevono assumere decisioni cheinvalidino pronunce giurisdizio-nali.

18. Se commentano le deci-sioni dei giudici, i poteri esecuti-vo e legislativo devono evitareogni critica che possa compro-mettere l’indipendenza dellamagistratura e minare la fiduciadel pubblico nella stessa. Essidevono inoltre astenersi da qual-siasi azione che possa mettere indubbio la loro volontà di rispet-tare le decisioni dei giudici,diversa dall’esprimere la lorointenzione di interporre impu-gnazione.

19. I procedimenti giudiziari ele questioni relative all’ammini-strazione della giustizia sono dipubblico interesse. Il dirittoall’informazione in materia deveperò essere esercitato tenendoconto delle limitazioni impostedall’indipendenza della magi-stratura. Deve essere incoraggia-ta la creazione di posti di porta-voce giudiziario o di servizistampa e comunicazione sotto laresponsabilità dei tribunali osotto il controllo dei consigli

superiori della magistratura o dialtre autorità indipendenti. I giu-dici devono dar prova di modera-zione nei loro rapporti con imedia.

20. I giudici, che fanno partedella società che servono, nonpossono rendere giustizia inmodo efficace senza godere dellafiducia del pubblico. Essi devonoinformarsi sulle aspettative dellasocietà nei confronti del sistemagiudiziario nonché sulle doglian-ze in merito al funzionamentodello stesso. A ciò possono con-tribuire meccanismi permanentiper la raccolta di tali dati gestitidai consigli superiori della magi-stratura o altre autorità indipen-denti.

21. I giudici possono svolgereattività al di fuori delle loro fun-zioni ufficiali. Al fine di evitarequalsiasi conflitto di interessi,reale o percepito, la loro parteci-pazione deve essere limitata adattività compatibili con la loroimparzialità e indipendenza.

Capitolo III Indipendenza interna22. Il principio di indipenden-

za della magistratura presupponel’indipendenza del singolo giudi-ce nell’esercizio delle sue fun-zioni giurisdizionali. I giudicidevono assumere le loro decisio-ni in modo indipendente ed

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ciimparziale e devono poter agiresenza alcuna restrizione, influen-za indebita, pressione, minacciao interferenza, dirette o indirette,da parte di qualsiasi autorità,comprese le stesse autorità inter-ne alla magistratura. L’organiz-zazione gerarchica dei tribunalinon deve compromettere l’indi-pendenza del singolo giudice.

23. I tribunali superiori nondevono emanare istruzioni neiconfronti dei giudici sul modo incui questi ultimi devono deciderein un determinato affare, tranneche nel quadro di un rinvio pre-giudiziale o nella statuizionesulle impugnazioni, nelle condi-zioni previste dalla legge.

24. La distribuzione degliaffari all’interno di un tribunaledeve seguire criteri oggettivi pre-determinati, al fine di garantire ildiritto a un giudice indipendentee imparziale. Non deve essereinfluenzata dai desideri di unaparte in causa, né di qualsiasialtra persona interessata all’esitodell’affare.

25. I giudici devono essereliberi di formare ed aderire aorganizzazioni professionali i cuiobiettivi siano di garantire la loroindipendenza, tutelare i loro inte-ressi e promuovere lo Stato didiritto.

Capitolo IVConsigli superiori della magistratura26. I consigli superiori della

magistratura sono organi indi-pendenti, costituiti in base allalegge o alla costituzione, volti agarantire l’indipendenza dellamagistratura e del singolo giudi-ce e quindi a promuovere l’effi-cace funzionamento del sistemagiudiziario.

27. Almeno la metà dei mem-bri di tali consigli devono esserei giudici scelti da parte dei lorocolleghi di tutti i livelli del siste-ma giudiziario e nel rispetto delpluralismo all’interno del siste-ma giudiziario.

28. I consigli superiori dellamagistratura devono evidenziareil massimo livello di trasparenzaverso i giudici e verso la societàattraverso lo sviluppo di proce-dure prestabilite e la motivazionedelle decisioni.

29. Nell’esercizio delle lorofunzioni, i consigli superioridella magistratura non devonointerferire con l’indipendenzadel singolo giudice.

Capitolo VIndipendenza, efficacia e risorse30. L’efficacia dei giudici e

dei sistemi giudiziari è una con-

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ci dizione necessaria per la tuteladei diritti di ogni persona, per ilrispetto delle esigenze di cuiall’articolo 6 della Convenzione,per la certezza del diritto e lafiducia del pubblico nello Statodi diritto.

31. L’efficacia sta nell’emet-tere decisioni di qualità entro untermine ragionevole e sulla basedi un apprezzamento equo dellecircostanze. Il singolo giudice ètenuto ad assicurare un tratta-mento efficace degli affari di cuiè responsabile, compresa l’ese-cuzione delle decisioni quandoessa è di sua competenza.

32. Spetta alle autoritàresponsabili per l’organizzazionee il funzionamento del sistemagiudiziario creare le condizioniche consentano ai giudici disvolgere la loro missione e rag-giungere l’efficacia, ferma la sal-vaguardia ed il rispetto per l’in-dipendenza e l’imparzialità deigiudici.

Risorse33. Ogni stato deve assegnare

ai tribunali risorse, strutture eattrezzature adeguate che con-sentano loro di operare in confor-mità alle esigenze di cui all’arti-colo 6 della Convenzione e perconsentire ai giudici di lavorarein modo efficace.

34. I giudici devono disporredelle informazioni di cui hannonecessità per assumere decisionipertinenti di carattere proceduralequando queste abbiano implica-zioni in termini di spesa. Il poteredi un giudice di pronunciarsi suun affare non deve essere limitatosoltanto dal vincolo di fare l’usopiù efficace delle risorse.

35. Ai tribunali deve essereassegnato un numero sufficientedi giudici e di personale di sup-porto adeguatamente qualificato.

36. Per prevenire e ridurre ilcarico di lavoro dei tribunalidebbono essere assunte misurecompatibili con l’indipendenzadella magistratura al fine di attri-buire compiti non giurisdizionaliad altre persone con qualificheadeguate.

37. L’utilizzo dei sistemi elet-tronici di gestione dei processi edelle tecnologie informatiche edi comunicazione deve esserepromosso sia dalle autorità chedai giudici e deve essere pari-menti incoraggiata la loro gene-ralizzazione nei tribunali.

38. Devono essere assuntetutte le misure necessarie pergarantire la sicurezza dei giudici.Tali misure possono includere laprotezione dei tribunali e dei giu-dici che possono essere, o sono

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cistati, vittime di minacce o atti diviolenza.

Risoluzione alternativa dellecontroversie

39. Deve essere promosso ilricorso ai modi alternativi dirisoluzione delle controversie.

Amministrazione dei tribunali40. I consigli superiori della

magistratura, se esistenti, o altreautorità indipendenti responsabi-li della gestione dei tribunali, igiudici stessi e / o le organizza-zioni professionali dei giudicipossono essere consultati nellapreparazione del bilancio dellagiustizia.

41. Deve essere promossa lapartecipazione dei giudici all’am-ministrazione dei tribunali.

Valutazione42. Per contribuire alla gestio-

ne efficace della giustizia e con-tinuare a migliorare la sua qua-lità, gli stati membri possonoistituire sistemi di valutazionedei giudici da parte delle autoritàgiudiziarie, conformemente alparagrafo 58.

Dimensione internazionale43. Gli stati devono fornire ai

tribunali i mezzi adeguati persvolgere appieno i propri compi-ti negli affari con elementi di

internazionalità o che coinvolga-no questioni di diritto straniero,nonché per promuovere la coo-perazione e le relazioni tra i giu-dici al livello internazionale.

Capitolo VI Statuto del giudiceSelezione e carriera44. Le decisioni riguardanti la

selezione e la carriera dei giudicidevono essere basate su criterioggettivi predeterminati dallalegge o dalle autorità competenti.Tali decisioni devono esserebasate sul merito, tenuto contodei titoli, delle competenze edelle capacità necessarie perdecidere controversie applicandoil diritto, fermo il rispetto delladignità umana.

45. Deve essere vietata ogniforma di discriminazione verso igiudici o i candidati all’ufficio digiudice basata su ragioni quali ilsesso, la razza, il colore, la lin-gua, la religione, l’opinione poli-tica o di altro genere, l’originenazionale o sociale, l’apparte-nenza ad una minoranza nazio-nale, il patrimonio, la disabilità,la nascita, l’orientamento sessua-le o altra condizione personale.Non deve essere consideratodiscriminatorio il requisito cheun giudice o un candidato a uffi-cio giudiziario sia cittadino dellostato interessato.

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Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010

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ci 46. L’autorità competente perla selezione e la carriera dei giu-dici deve essere indipendente daipoteri esecutivo e legislativo. Pergarantire la sua indipendenza,almeno la metà dei membri del-l’autorità devono essere giudiciscelti da parte dei loro colleghi.

47. Tuttavia, quando le dispo-sizioni costituzionali o altredisposizioni di legge prevedonoche il capo dello stato, il governoo il potere legislativo assumanodecisioni in merito alla selezionee alla carriera dei giudici, deveessere riconosciuto ad un organocompetente e indipendente, com-posto di una parte sostanziale dimembri provenienti dal poteregiudiziario (fatte salve le normeapplicabili ai consigli superioridella magistratura di cui al capi-tolo IV), il potere di formulareraccomandazioni o esprimerepareri, cui l’autorità competenteper la nomina secondo prassi siattenga.

48. La composizione delleautorità indipendenti di cui aiparagrafi 46 e 47 deve garantirela rappresentanza più ampia pos-sibile. Le loro procedure devonoessere trasparenti e con possibi-lità di accesso, per i candidatiche ne fanno richiesta, alle moti-vazioni delle decisioni. Un can-didato escluso deve aver dirittodi proporre impugnazione avver-

so la decisione o, almeno, avver-so il procedimento che ha porta-to ad essa.

Permanenza nelle funzioni e inamovibilità49. La certezza di permanen-

za nelle funzioni e l’inamovibi-lità sono elementi chiave dell’in-dipendenza dei giudici. Di con-seguenza ai giudici deve esseregarantita la permanenza nellefunzioni fino al raggiungimentodell’età di pensionamento obbli-gatorio, se essa esiste.

50. La permanenza nelle fun-zioni dei giudici deve essere sta-bilita dalla legge. Dopo unanomina a tempo indeterminatodeve potersi disporre la destitu-zione solo in caso di gravi infra-zioni della normativa disciplina-re o penale stabilite dalla legge, oladdove il giudice non possa piùesercitare le sue funzioni giuri-sdizionali. Deve essere consenti-to il pensionamento anticipatosolo su richiesta del giudice inte-ressato o per ragioni mediche.

51. Quando il reclutamentopreveda un periodo di prova ouna nomina a termine, la decisio-ne sulla conferma o sul rinnovodella nomina deve essere effet-tuata esclusivamente in confor-mità al paragrafo 44 per garanti-re il pieno rispetto dell’indipen-denza della magistratura.

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ci52. Un giudice non deve rice-vere un nuovo incarico o essereassegnato ad altre funzioni giudi-ziarie senza il suo consenso,salvo nei casi di sanzione disci-plinare o di riforma organizzati-va del sistema giudiziario.

Remunerazione53. Le regole fondamentali in

tema di remunerazione dei giudi-ci professionali devono esserestabilite per legge.

54. La retribuzione dei giudi-ci deve essere commisurata alloro ruolo professionale e alleloro responsabilità, ed essere dilivello sufficiente a renderliimmuni da qualsiasi pressionevolta ad influenzare le loro deci-sioni. Deve essere garantito ilmantenimento di una remunera-zione ragionevole in caso dimalattia, di congedo per mater-nità o paternità, nonché il paga-mento di una pensione per il col-locamento a riposo il cui livellodeve essere ragionevolmenterapportato alla retribuzione deigiudici in servizio. Devono esse-re adottate specifiche disposizio-ni di legge per garantire che nonpossa essere disposta una ridu-zione delle retribuzioni rivoltaspecificamente ai giudici.

55. Devono essere evitatisistemi che facciano dipenderedalle prestazioni gli elementi

essenziali della retribuzione, inquanto essi possono creare diffi-coltà all’indipendenza dei giudici.

Formazione56. Deve essere erogata ai

giudici una formazione teorica epratica, iniziale e permanente,integralmente a carico dellostato. Essa deve ricomprenderela trattazione delle questioni eco-nomiche, sociali e culturali rela-tive all’esercizio delle funzionigiudiziarie. L’intensità e la dura-ta di tale formazione devonoessere determinate in base alleprecedenti esperienze professio-nali.

57. Un’autorità indipendentedeve garantire, nel pieno rispettodella autonomia didattica, che iprogrammi di formazione inizia-le e permanente soddisfino irequisiti di apertura, competenzaprofessionale e imparzialità con-naturali alla funzione giurisdi-zionale.

Valutazione58. Ove le autorità giudiziarie

istituiscano sistemi di valutazio-ne dei giudici, questi devonoessere basati su criteri oggettivi.Tali criteri devono essere resipubblici dalla competente auto-rità giudiziaria. La proceduradeve consentire ai giudici diesprimere il proprio punto divista sulle loro attività e sulla

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Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010

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ci valutazione delle attività stesse,nonché di impugnare la valuta-zione dinanzi ad un’autorità indi-pendente o un tribunale.

Capitolo VII Doveri e responsabilitàDoveri59. I giudici devono tutelare i

diritti e le libertà di tutte le per-sone in uguaglianza, rispettandola loro dignità nello svolgimentodei procedimenti giudiziari.

60. I giudici devono agire intutti i casi in maniera indipen-dente e imparziale, assicurandoche sia data equa udienza a tuttele parti e, se del caso, illustrandole questioni procedurali. I giudicidevono agire, ed apparire agire,liberi da qualsiasi influenzaesterna indebita sui procedimentigiudiziari.

61. I giudici devono decideresugli affari loro affidati. Essidevono astenersi dal giudicare orifiutare di pronunciare se sussi-stano valide ragioni stabilite perlegge, e solo in tal caso.

62. I giudici devono trattareogni causa con diligenza ed entroun termine ragionevole.

63. I giudici devono motivarele sentenze in linguaggio che siachiaro e comprensibile.

64. I giudici devono, oveopportuno, incoraggiare le parti araggiungere una composizioneamichevole.

65. I giudici devono aggior-narsi con regolarità e ampliare ilproprio bagaglio professionale.

Responsabilità e procedimen-ti disciplinari

66. L’interpretazione dellalegge, l’apprezzamento dei fattio la valutazione delle proveeffettuate dai giudici per delibe-rare su affari giudiziari non devefondare responsabilità discipli-nare o civile, tranne che nei casidi dolo e colpa grave.

67. Soltanto lo stato, oveabbia dovuto concedere una ripa-razione, può richiedere l’accerta-mento di una responsabilità civi-le del giudice attraverso un’azio-ne innanzi ad un tribunale.

68. L’interpretazione dellalegge, l’apprezzamento dei fattio la valutazione delle proveeffettuate dai giudici per delibe-rare su affari giudiziari nondevono fondare responsabilitàpenale, tranne che nei casi didolo.

69. Può essere promosso pro-cedimento disciplinare nei con-fronti dei giudici che non ottem-

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ciperano ai loro doveri in modoefficace e adeguato. Tale proce-dimento deve svolgersi da partedi un’autorità indipendente o diun tribunale con tutte le garanziedell’equo processo e deve garan-tire al giudice il diritto di impu-gnare la decisione e la sanzione.Le sanzioni disciplinari devonoessere proporzionate.

70. I giudici non devono esse-re personalmente responsabili seuna decisione è riformata in tuttoo in parte a seguito di impugna-zione.

71. Al di fuori dell’eserciziodelle funzioni giudiziarie, i giu-dici rispondono in sede civile,penale e amministrativa comequalsiasi altro cittadino.

Capitolo VIII Deontologia giudiziaria72. Nella loro attività i giudi-

ci devono essere guidati da prin-cipi deontologici di condottaprofessionale. Tali principi nonsolo ricomprendono doverisuscettibili di sanzione discipli-nare, ma forniscono anche indi-cazioni ai giudici sul come com-portarsi.

73. Tali principi devono esse-re sanciti in codici di etica giudi-ziaria che debbono ispirare pub-blica fiducia nei giudici e nellamagistratura. I giudici devono

assumere il ruolo principale nellapreparazione di tali codici.

74. I giudici devono poterrichiedere pareri su temi deonto-logici ad un organo nell’ambitodella magistratura.

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Due importanti testi in tema di indipendenza della magistratura adottati dal Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010

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ci Note 1. Versione non ufficiale in lingua italiana,

condotta sugli originali inglese e francese, acura del dott. Raffaele Sabato, Past President ecomponente dell’Ufficio direttivo del ConsiglioConsultivo dei Giudici Europei (CCJE), nonchécomponente del Gruppo di lavoro Magna Carta(CCJE-MC). Si autorizza la riproduzione aisensi della licenza di cui in appresso, in parti-colare sotto condizione di menzione del tradut-tore, della non ufficialità della traduzione edella integralità e non rielaborazione, neancheper estratto, della riproduzione stessa, compren-siva di tutti gli articoli e della presente nota(Strasburgo, 19.11.2010).

“Traduzione italiana della Magna Carta deiGiudici - CCJE (2010) 3 Final” by RaffaeleSabato is licensed under a Creative CommonsAttribuzione - Non opere derivate 3.0 UnportedLicense.

2. Versione non ufficiale in lingua italiana,condotta sugli originali inglese e francese, acura del dott. Raffaele Sabato, Past President ecomponente dell’Ufficio direttivo del ConsiglioConsultivo dei Giudici Europei (CCJE). Siautorizza la riproduzione ai sensi della licenzadi cui in appresso, in particolare sotto condizio-ne di menzione del traduttore, della non ufficia-lità della traduzione e della integralità e non rie-laborazione, neanche per estratto, della riprodu-zione stessa, comprensiva di tutti gli articoli edella presente nota (Napoli, 22.11.2010).

“Traduzione italiana della Raccomandazionedel Consiglio d’Europa CM/REC (2010) 12” byRaffaele Sabato is licensed under a CreativeCommons Attribuzione - Non opere derivate3.0 Unported License.

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PremessaLo scorso 13 novembre 2010

il Comitato direttivo centrale del-l’Associazione nazionale ma-gistrati ha approvato il nuovocodice etico della magistratura.

È giunto così a compimento illavoro che, dalla scorsa primave-ra, ha coinvolto prima un’apposi-ta Commissione, scelta in mododa rappresentare le varie sensibi-lità della magistratura e poi lostesso Comitato direttivo, che indue sedute esclusivamente dedi-cate ha infine licenziato il testonella sua definitiva versione.

Il nuovo codice etico aggiornala figura del magistrato, inseritoin una società ormai in continuaevoluzione. Ricorda, nella suapremessa, che il magistrato operaal solo fine di conseguire la pienaeffettività dei diritti delle persone.Ne sottolinea parimenti la respon-sabilità nel buon andamento delservizio giustizia, ma al contempone tutela l’indipendenza sia neirapporti esterni che nell’ambitodell’autogoverno. Prende signifi-cativa posizione sul delicato ver-sante dei rapporti col mondo del-l’informazione e soprattutto conle degenerazioni delle comunica-zioni di massa. Ribadisce espres-samente che, una volta eletto inorganismi rappresentativi, ilmagistrato opera senza vincoli dimandato rispetto agli elettori

ovvero ai gruppi associati. Conscrupolo rammenta e indica lecondotte del magistrato nei suoirapporti con gli altri protagonistidel processo.

Il magistrato che viene cosìdisegnato è un soggetto consape-vole della sua funzione, attentoalle esigenze della collettività erispettoso dei ruoli, sensibilealtresì alle richieste di assolutatrasparenza. Un soggetto, in altreparole, che intende svolgere almeglio il delicato ed alto compitoche gli è stato affidato, con serietàe distacco ma senza nascondersile difficoltà di operare in un con-testo non sempre facile.

Il risultato del lavoro svoltopuò contribuire a migliorare ilnostro Paese. Ed è con questaconvinzione che viene offerto aicittadini ed alle Istituzioni.

I. Le regole generaliArt. 1 - Valori e principi fondamentaliNella vita sociale il magistrato

si comporta con dignità, corret-tezza, sensibilità all’interessepubblico.

Nello svolgimento delle suefunzioni, nell’esercizio di attivitàdi autogoverno ed in ogni com-portamento professionale il magi-strato si ispira a valori di disinte-resse personale, di indipendenza,anche interna, e di imparzialità.

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Il magistrato opera con spiritodi servizio per garantire la pienaeffettività dei diritti delle persone;considera le garanzie e le preroga-tive del magistrato come funzio-nali al servizio da rendere allacollettività; presta ascolto ai sog-getti che in diverse forme concor-rono all’esercizio della giurisdi-zione e ne valorizza il contributo.

Art. 2 - Rapporti con le istituzioni, con i cittadini e con gli utenti della giustizia Nei rapporti con i cittadini e

con gli utenti della giustizia ilmagistrato tiene un comporta-mento disponibile e rispettosodella personalità e della dignitàaltrui e respinge ogni pressione,segnalazione o sollecitazionecomunque diretta ad influire inde-bitamente sui tempi e sui modi diamministrazione della giustizia.

Nelle relazioni sociali ed istitu-zionali il magistrato non utilizza lasua qualifica al fine di trarne van-taggi personali di procurare van-taggi a sé o ad altre persone. Siastiene da ogni forma di interven-to che possa indebitamente incide-re sull’amministrazione della giu-stizia ovvero sulla posizione pro-fessionale propria o altrui.

Art. 3 - Doveri di operosità e di aggiornamento professionale Il magistrato svolge le sue fun-

zioni con diligenza ed operosità,impegnandosi affinché alla domanda di giustizia si corrispon-da con efficienza, qualità ed effi-cacia.

Partecipa attivamente e conassiduità ai momenti organizzati-vi e di riflessione comune interniall’ufficio.

Conserva ed accresce il pro-prio patrimonio professionaleimpegnandosi nell’aggiornamen-to e approfondimento delle sueconoscenze nei settori in cui svol-ge la propria attività e partecipan-do alle iniziative di formazione,anche comuni agli altri operatoridel diritto.

Art. 4 - Modalità di impiego delle risorse dell’amministrazioneIl magistrato cura che i mezzi,

le dotazioni e le risorse d’ufficiodisponibili siano impiegati secon-do la loro destinazione istituzio-nale, evitando ogni forma di spre-co o di cattiva utilizzazione,adot-ta iniziative organizzative cheperseguano obiettivi di efficienzadel servizio giudiziario.

Art. 5 - Informazioni di ufficio. Divieto di utilizzazione a fini non istituzionali Il magistrato non utilizza inde-

bitamente le informazioni di cuidispone per ragioni d’ufficio enon fornisce o richiede informa-

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zioni confidenziali su processi incorso, né effettua segnalazionidirette ad influire sullo svolgi-mento o sull’esito di essi.

Art. 6 - Rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massaNei contatti con la stampa e

con gli altri mezzi di comunica-zione il magistrato non sollecita lapubblicità di notizie attinenti allapropria attività di ufficio.Quando non è tenuto al segreto oalla riservatezza su informazioniper ragioni del suo ufficio concernenti l’attività del suo uffi-cio o conosciute per ragioni diesso e ritiene di dover fornirenotizie sull’attività giudiziaria, alfine di garantire la corretta infor-mazione dei cittadini e l’eserciziodel diritto di cronaca, ovvero ditutelare l’onore e la reputazionedei cittadini, evita la costituzioneo l’utilizzazione di canali infor-mativi personali riservati o privi-legiati. Fermo il principio di pienalibertà di manifestazione del pen-siero, il magistrato si ispira a cri-teri di equilibrio, dignità e misuranel rilasciare dichiarazioni edinterviste ai giornali e agli altrimezzi di comunicazione dimassa, così come in ogni scritto ein ogni dichiarazione destinatialla diffusione.

Evita di partecipare a trasmis-sioni nelle quali sappia che le

vicende di procedimenti giudizia-ri in corso saranno oggetto di rap-presentazione in forma scenica.

Art. 7 - Adesione ad associazioni Il magistrato non aderisce e

non frequenta associazioni cherichiedono la prestazione di pro-messe di fedeltà o che non assicu-rano la piena trasparenza sullapartecipazione degli associati.

II. Indipendenza, imparzialità, correttezzaArt. 8 - L’indipendenza del magistratoIl magistrato garantisce e

difende, all’esterno e all’internodell’ordine giudiziario, l’indipen-dente esercizio delle proprie fun-zioni e mantiene una immagine diimparzialità e di indipendenza.Nell’espletamento delle funzionielettive in organi di autogoverno,centrale o periferico, opera senzavincolo di mandato rispetto all’e-lettorato e ai gruppi associativi.Evita qualsiasi coinvolgimento incentri di potere partitici o affari-stici che possano condizionarel’esercizio delle sue funzioni ocomunque appannarne l’immagi-ne. Non permette che le relazionidei suoi prossimi congiuntiinfluenzino impropriamente il suooperato professionale.

Il magistrato continua ad ope-rare con spirito di indipendenza edi imparzialità nello svolgimento

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di funzioni amministrative. Diesse limita comunque nel tempola durata.

Non accetta incarichi né esple-ta attività che ostacolino il pieno ecorretto svolgimento della propriafunzione o che per la natura, lafonte e le modalità del conferi-mento, possano comunque condi-zionarne l’indipendenza.

In particolare, fermo il regimedelle ineleggibilità e delle incom-patibilità stabilite dalle normativein materia, nel territorio doveesercita la funzione giudiziaria ilmagistrato evita di accettare can-didature e di assumere incarichipolitico–amministrativi negli entilocali.

Art. 9 - L’imparzialità del magistrato Il magistrato rispetta la dignità

di ogni persona, senza discrimina-zioni e pregiudizi di sesso, di cul-tura, di ideologia, di razza, di reli-gione.

Nell’esercizio delle funzioniopera per rendere effettivo il valo-re dell’imparzialità, agendo conlealtà e impegnandosi a superare ipregiudizi culturali che possonoincidere sulla comprensione evalutazione dei fatti e sull’inter-pretazione ed applicazione dellenorme.

Assicura inoltre che nell’eser-cizio delle funzioni la sua imma-gine di imparzialità sia semprepienamente garantita. A tal fine

valuta con il massimo rigore la ricorrenza di situazioni di possibi-le astensione per gravi ragioni diopportunità.

Art. 10 - Obblighi di correttezza del magistrato Il magistrato non si serve del

suo ruolo istituzionale o associati-vo per ottenere benefici o privile-gi per sé o per altri.

Il magistrato che aspiri a pro-mozioni, a trasferimenti, ad asse-gnazioni di sede e ad incarichi diogni natura non si adopera al finedi influire impropriamente sullarelativa decisione, né accetta chealtri lo facciano in suo favore.Il magistrato si astiene da ogniintervento che non corrisponda adesigenze istituzionali sulle deci-sioni concernenti promozioni, tra-sferimenti, assegnazioni di sede econferimento di incarichi.Si comporta sempre con educa-zione e correttezza; mantiene rapporti formali, rispettosi delladiversità del ruolo da ciascunosvolto; rispetta e riconosce ilruolo del personale amministrati-vo e di tutti i collaboratori.

La condotta nell’esercizio delle funzioni Art. 11 - La condotta nel processoNell’esercizio delle sue fun-

zioni, il magistrato, consapevoledel servizio da rendere alla collet-tività, osserva gli orari delle

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Il nuovo Codice Eticodella Magistratura

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udienze e delle altre attività diufficio e programma lo svolgi-mento delle stesse anche al fine dievitare inutili disagi ai cittadini eai difensori e fornendo loro ognichiarimento eventualmentenecessario.

Svolge il proprio ruolo conequilibrio e con pieno rispetto di quello altrui ed agisce ricono-scendo la pari dignità delle fun-zioni degli altri protagonisti delprocesso assicurando loro le con-dizioni per esplicarle al meglio.Cura di raggiungere, nell’osser-vanza delle leggi, esiti di giustiziaper tutte le parti, agisce con ilmassimo scrupolo, soprattuttoquando sia in questione la libertàe la reputazione delle persone.Fa tutto quanto è in suo potere perassicurare la ragionevole duratadel processo.

Art. 12 - La condotta del giudiceIl giudice garantisce alle parti

la possibilità di svolgere piena-mente il proprio ruolo, ancheprendendo in considerazione leloro esigenze pratiche.

Si comporta sempre con riserbo e garantisce la segretezzadelle camere di consiglio, nonchél’ordinato e sereno svolgimentodei giudizi. Nell’esercizio dellesue funzioni ascolta le altrui opi-nioni, in modo da sottoporre acontinua verifica le proprie con-vinzioni e da trarre dalla dialettica

occasione di arricchimento pro-fessionale e personale.

Nelle motivazioni dei provve-dimenti e nella conduzione del-l’udienza esamina i fatti e gli argomenti prospettati dalle parti,evita di pronunciarsi su fatti o persone estranei all’oggetto dellacausa, di emettere giudizi o valutazioni sulla capacità profes-sionale di altri magistrati o dei difensori, ovvero – quando nonsiano indispensabili ai fini della decisione – sui soggetti coinvoltinel processo.

Nel redigere la motivazionedei provvedimenti collegialiespone fedelmente le ragioni della decisione, elaborate nellacamera di consiglio.

Non sollecita né riceve notizieinformali nei procedimenti da luitrattati.

Art. 13 - La condotta del pubblico ministero Il pubblico ministero si com-

porta con imparzialità nello svol-gimento del suo ruolo.

Indirizza la sua indagine allaricerca della verità acquisendoanche gli elementi di prova afavore dell’indagato e non tace algiudice l’esistenza di fatti a van-taggio dell’indagato o dell’impu-tato.

Evita di esprimere valutazionisulle persone delle parti, dei testi-moni e dei terzi, che non sia con-ferenti rispetto alla decisione del

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giudice, e si astiene da critiche oapprezzamenti sulla professiona-lità del giudice e dei difensori.

Partecipa attivamente alle ini-ziative di coordinamento e necura opportunamente la promo-zione.

Non chiede al giudice antici-pazioni sulle sue decisioni, né glicomunica in via informale cono-scenze sul processo in corso.

Art. 14 - I doveri dei dirigenti Il magistrato dirigente dell’uf-

ficio giudiziario cura al megliol’organizzazione e l’utilizzo dellerisorse personali e materialidisponibili. in modo da ottenere ilmiglior risultato possibile in vistadel servizio pubblico che l’ufficiodeve garantire.

Assicura la migliore collabo-razione con gli altri uffici pubbli-ci, nel rispetto delle specifichecompetenze di ciascuna istituzio-ne.

Garantisce l’indipendenza deimagistrati e la serenità del lavorodi tutti gli addetti all’ufficio assi-curando trasparenza ed equani-mità nella gestione dell’ufficio erespingendo ogni interferenzaesterna.

Cura in particolare l’inseri-mento dei giovani magistrati aiquali assicura un carico di lavoroequo.

Cura e si attiva per essere atempestiva conoscenza di ciò chesi verifica nell’ambito dell’uffi-

cio, in modo da assumerne laresponsabilità e spiegarne leragioni e si dà carico delle questioni organizzative generali edi quelle che si riflettono sul lavoro del singolo magistrato.

Esamina le lagnanze prove-nienti dai cittadini, dagli avvocatie dagli altri uffici giudiziari o amministrativi, vagliandone lafondatezza e assumendo i provve-dimenti necessari ad evitare dis-servizi. Anche a tal fine deveessere disponibile in ufficio.

Vigila sul comportamento deimagistrati e del personale ammi-nistrativo intervenendo tempesti-vamente, nell’esercizio dei suoipoteri, per impedire comporta-menti scorretti.

Sollecita pareri e confrontisulle questioni dell’ufficio daparte di tutti i magistrati, del per-sonale amministrativo e, se delcaso, degli avvocati.

Cura l’attuazione del principiodel giudice naturale.

Redige con serenità, comple-tezza e oggettività i pareri e lerelazioni sui magistrati dell’uffi-cio, così lealmente collaborandocon coloro cui è rimessa la vigi-lanza sui magistrati, con il Consi-glio giudiziario e con il C.S.M.

Il dirigente non si avvale dellapropria posizione per ottenerebenefici o privilegi per se o peraltri.

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Il nuovo Codice Eticodella Magistratura

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1. IntroduzioneLa sensibilità verso il tema

dell’organizzazione del lavorodel magistrato e, più in generale,nell’ambito degli uffici giudizia-ri, si è diffusa soltanto negli annipiù recenti.

Le ragioni, ovvie e tangibili,risiedono nella presenza di cari-chi di lavoro progressivamentepiù pesanti e nella complessitàdelle questioni trattate. In breve:il sapere professionale, denso dicomplicazioni ed implicazioni,richiede continuo adeguamentodel metodo ed affinamento dellestrategie, non solo con riferimen-to al sapere strettamente profes-sionale, ma anche rispetto all’ac-quisizione di conoscenze relati-ve a campi, per i magistrati,fin’ora inesplorati.

Prende così corpo la consape-volezza che l’obiettivo, la realiz-zazione degli scopi dell’attivitàgiurisdizionale e giudiziaria nonpossa essere raggiunto a prescin-dere dall’adozione di metodi escelte organizzative, sia del sin-golo magistrato sia, soprattutto,dell’ufficio giudiziario nel suocomplesso.

Può apparire banale affermareche, quando si parla di organiz-zazione, deve essere chiaro ilriferimento, da un lato, ad uninsieme di persone e mezzi e,dall’altro, di obiettivi: ebbene,quanto risulta scontato nella teo-ria stenta talvolta a trovare una

rispondenza nella realtà.Quale incidenza possa con-

cretamente produrre nel sistemaorganizzativo la LOGISTICAGIUDIZIARIA – nell’accezioneelaborata da ANTOINE GARA-PON secondo cui il processo è loSPAZIO GIUDIZIARIO ORGA-NIZZATO – offre una visualesignificativa ed originale da cuimuovere per esaminare ed indi-viduare soluzioni ai moltepliciproblemi che, già nella sua com-ponente logistico-strutturale, lagiustizia presenta.

I simboli, la geometria, l’ar-chitettura sono elementi che,lungi dal potersi trascurare, meri-tano invece la nostra attenzione,essendo densi di risvolti e disignificato che sottende una, piùo meno consapevole, concezioneriservata da ogni ordinamentoalla giustizia.

Non molto diversamente, aben riflettere, si atteggiano leopzioni relative alle modalità diorganizzazione dell’attività giu-diziaria che, più o meno sciente-mente, producono percettibiliconseguenze sull’utente del ser-vizio, oltre che, intuitivamente,sulla qualità e quantità del beneprodotto.

Dunque, è indispensabileprendere coscienza della COM-PLESSITA’ che il tema organiz-zativo implica ed avvicinarsi conumiltà e volontà di apportarequalche percettibile cambiamen-

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Processo e organizzazioneMaria Eugenia Oggero*

*Giudice del Tribunale di Mondovì

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to alla realtà.Ogni processo di trasforma-

zione dovrà mirare, in ultimaanalisi, ad una più efficace rea-lizzazione dei diritti e delle pre-rogative che, espressione e fon-damento dello Stato democrati-co, troppo spesso restano avvoltinelle maglie inestricabili di unmeccanismo inceppato.

A dispetto della vulgata chespesso considera la giustizia unmondo immobile, cristallizzatoed impermeabile ai mutamenti,stanno fiorendo e prendendocorpo numerose iniziative e spe-rimentazioni, in linea rispetto adun vivifico interesse che magi-strati e personale amministrativonutrono nei confronti delle istitu-zioni per le quali operano, appas-sionati nel perseguimento delcomune obiettivo di fornire unservizio adeguato alle aspettativedi un’utenza progredita ed esi-gente.

2. Iniziative per l’innovazioneIl panorama delle numerose

esperienze innovative, prova vi-vente del fenomeno palingeneti-co in atto, è denso ed articolato.

Occorre essere però consape-voli del rischio insito in iniziati-ve a “macchia di leopardo”, natee sviluppatesi in assenza di unpreciso disegno unitario e com-plessivo: può accadere infattiche, disarticolate da un contesto

azionato tramite un unico moto-re, esse possano imboccare stra-de tra loro divergenti e, quindi,scarsamente strumentali al gene-rale miglioramento della sistema.

Ciò detto, l’attenzione, pro-gressivamente contrassegnata daun approccio interdisciplinareinedito – coinvolgente plurimeprofessionalità, magistrati, per-sonale amministrativo, economi-sti, politici, sociologi, statistici –ha prodotto, oltre a sperimenta-zioni all’interno dei vari ufficigiudiziari, anche ad una serie diincontri di studio, convegni ediscussioni che, mai accademi-che, si sono invece dirette conforza e determinazione ad affron-tare i nodi della discussione deimolteplici aspetti relativi al temaorganizzativo.

Il plafond culturale – già neilontani anni ’80 la magistraturaassociata (si ricorda un convegnotenutosi nel 1986 a Torino, pro-mosso da Magistratura Demo-cratica) si era interrogata sullanecessità, al tempo già percepita,di predisporre adeguate misureper la gestione delle questioniorganizzative – sul quale haattecchito l’odierno dibattito ènoto, ma le evoluzioni, i rivolgi-menti e l’attuale spazio che l’ar-gomento occupa hanno assuntouna complessità nuova.

In proposito, spunti moltointeressanti offre l’analisi che, inambito europeo, viene periodica-

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mente svolta dalla CEPEJ(COMMISSION EUROPEEN-NE POUR L’EFFICACITE’ DELA JUSTICE, vedi, in particola-re, il Rapporto 2010). Alcuni diessi attengono al tema lato sensuorganizzativo, aspetto espressa-mente menzionato anche nel-l’ambito della recentissimaMagna Charta dei Giudici, adot-tata a Strasburgo il 17 novembre2010, ove, al punto n. 16, affer-ma che “Il giudice deve utilizza-re tecniche appropriate di gestio-ne del processo e del carico dilavoro” (il c.d. “case manage-ment”), segno inequivoco che lacapacità di organizzare il lavoronel contesto dell’ufficio in cuiopera rappresenta oggi un aspet-to essenziale della professiona-lità del magistrato.

In sintesi, le questioni princi-pali che interessa in questa sedericordare sono di seguito elenca-te:

– RISORSE– PREVEDIBILITA’-TEMPI– QUALITA’ della giustizia– GEOGRAFIAGIUDIZIARIA– PROFESSIONALITA’dei MAGISTRATI e del PERSONALE AMMINISTRATIVO

L’approccio assunto dallaCommissione Europea per l’effi-cacia della giustizia merita con-

siderazione e non può che costi-tuire, anche per i noti vincoli chederivano al nostro Paese dall’ap-partenere al consesso comunita-rio, prezioso documento di rifles-sione e spunto dal quale attinge-re al fine di apporre correttiviproficuamente finalizzati all’ef-ficacia dell’azione giudiziaria.

Per quanto riguarda il temadelle RISORSE, il dibattito siarena tuttavia nelle secche del-l’effettivo importo annualmentedestinato alla giustizia: la sommadi euro 5.000.000.000,00 (cfrAREL, febbraio 2010) vieneinfatti considerata da alcuniingente ed adeguata mentre,secondo altri, il fatto che essadebba anche soddisfare le esi-genze di spesa dell’amministra-zione penitenziaria ne comportala conseguente insufficienza.

Il tema meriterebbe forse unradicale mutamento di approc-cio, accantonando il profilodella quantità assoluta di risorseper giungersi a reclamare, piùrealisticamente, una migliorequalità e specificità dei contribu-ti che sono destinati alla giusti-zia, secondo una logica ed unarazionalità di intervento che siattivi in relazione alle peculiariesigenze di ogni singolo ufficio.

D’altro canto, una auspicabilesfera di autonomia nell’impiegodelle risorse potrebbe stimolarela diffusione di pratiche virtuoseche, a loro volta, potrebbero

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creare i presupposti – analoga-mente a quanto avviene nell’am-bito degli enti locali – per nuovifinanziamenti.

Le linee dell’analisi del siste-ma-giustizia che si ritrovano nelresoconto CEPEJ inducono aduna, forse banale, riflessione,che, sinteticamente, può riassu-mersi nella necessità di operare –al fine di consentire la reale edeffettiva palingenesi del sistema– su una pluralità di fronti, rite-nuti problematici.

Il tema viene affrontato daCLAUDIO CASTELLI (cfr. ilcontributo per AREL, febbraio2010) in modo efficacementeesplicito, quando afferma, conrealistico e lucido pragmatismo,che occorre contemporaneamen-te intervenire su vari aspetti esettori, secondo una logica, perl’appunto, di sistema, in quantoagire su di un solo pedale –esemplificando, attraverso lasola riforma ordinamentale –crea soltanto l’illusione chepossa essere mutata la qualità delprodotto e del servizio giudizia-rio, ciò che, lungi dall’aiutare arisolvere i problemi sul tappeto,per contro, ne ostacola la solu-zione.

Pertanto, la TEMPISTICAdella risposta giudiziaria – per laverità, come risulta dalle tabelleallegate al contributo per “ITA-LIANIEUROPEI”, da parte diCLAUDIO CASTELLI, 2010),

secondo un trend in netta contra-zione, tanto in ambito civile, chein ambito penale – è strettamenteconnessa al tema della DOMAN-DA di GIUSTIZIA, della neces-sità (incombente) di riduzione(cfr. dati DOSSIER ANM sulcontenzioso civile in Italia),ovvero, quanto meno, del con-trollo, tanto con riferimento alcontenzioso civile (cfr. DANIE-LA MARCHESI, AREL, 2010),che in relazione al processopenale.

Il “diritto penale minimo” ,da anni auspicato, a dispetto diproclami, talvolta roboanti, (adeccezione della decisa presa diposizione assunta con la legge didepenalizzazione della l. n.205/1999), stenta a trovare unareale attuazione.

Strettamente connesso altema della TEMPISTICA, iltema della QUALITA’ del pro-dotto giudiziario, che si integraquando l’output sia in grado diconiugare il relativo grado diprofessionalità rispetto ad unatempistica rispettosa dei dirittidei cittadini: pertinente e, al con-tempo, illuminante, il contributoscientifico dei professori CO-VIELLO, ICHINO, PERSICO(presentato a VICOFORTE il22.5.2009, cfr. ultra) i qualihanno comparato, traendonedeterminate conclusioni, il lavo-ro di due gruppi di magistrati: larisposta giudiziaria evidenziava

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uno scarto cronologico in strettacorrelazione rispetto all’opzioneorganizzativa di svolgere il lavo-ro in sequenza, aprendo e chiu-dendo ciascun caso nel più con-tenuto lasso temporale, ovvero inparallelo, con un maggior nume-ro di casi contemporaneamenteaperti.

Sul tema, si è anche sofferma-to LUCA VERZELLONI, Dietrola cattedra del giudice,COMIUG, 2009 il quale, svol-gendo una originale sperimenta-zione, ha affiancato un magistra-to del lavoro, seguendone leudienze, il lavoro di preparazio-ne e quello successivo, sulla cuibase è giunto a descriverne atti-vità e modulo organizzativo.

La GEOGRAFIA GIUDI-ZIARIA mostra all’osservatoreanche meno attento evidenti cri-ticità: da tempo all’ ANM ha inproposito avanzato proposteserie e concrete affinchè si pongamano, nelle sedi deputate, alladispendiosa architettura territo-riale, spesso dis-funzionale alperseguimento degli obiettiviche il sistema si propone: neces-sità che, se si attaglia perfetta-mente ove l’ufficio sia di cosìmodeste dimensioni – tanto dafare avanzare la proposta di nes-sun tribunale con un numeroinferiore a 12 magistrati – vale,tuttavia, anche per gli uffici giu-diziari di eccessiva, ingestibiledimensione.

3. La giustizia come cantiere di innovazioneLa considerazione che sono in

atto, da almeno un lustro, espe-rienze volte ad affinare il sistemaorganizzativo, nell’intuitiva per-cezione che è uno dei principalicampi sul quale si gioca la parti-ta dell’innovazione, è persinoscontata.

Il cantiere delle best practi-ces-progetto Bolzano, in corso innumerosi uffici giudiziari hapreso corpo per iniziativa delMinistero della Giustizia, convo-gliando, attraverso la selezione diprogetti di riorganizzazione, con-tributi del Fondo Sociale Euro-peo verso i vari uffici giudiziariselezionati; l’esperienza, premia-ta in ambito europeo, del Tribu-nale di Torino, relativamente alcd “Programma Strasburgo”costituiscono inequivoca e tangi-bile espressione di concretavolontà e capacità innovativa delmondo giudiziario.

L’interesse degli operatorigiudiziari per il processo di auto-rinnovazione ha trovato spazioanche nell’ambito di giornate distudio, svoltesi, rispettivamente,a MONZA e VICOFORTE, nelcorso della primavera del 2009.

Si è trattato di due iniziativenate proprio per dare corso aduna naturale necessità, internaalla magistratura, di confrontarsi,in un dibattito serio, laico edaperto, sui temi dell’organizza-

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zione del lavoro giudiziario,nelle sue varie declinazioni e,quindi, della relativa esigenza diinnovazione.

A Monza, si è illustrato il can-tiere-giustizia, come luogo, perl’appunto, dell’innovazione,mentre a Vicoforte l’attenzione siè incentrata sul concetto di orga-nizzazione come RISULTANTEe, come tale, un ambito comples-so, entro il quale tutti i suoi atto-ri debbono sapersi (o imparare a)muovere (si), orientando i lorocomportamenti professionalmen-te rilevanti.

In entrambe le occasioni si èlavorato sul concetto di PRO-GETTO, ordito intorno al qualeogni prospettiva di cambiamentodeve articolarsi, partendo, innanzitutto, dalla conoscenza dei dati,delle dinamiche che presiedonoun certo fenomeno. Quindi, conriferimento alla mondo giudizia-rio, l’attenzione va rivolta all’ac-quisizione – non sempre agevole– di conoscenza sulle disponibi-lità sia di effettiva forza-lavoro,sia di risorse strictu sensu econo-miche a disposizione dei vari uffi-ci, sia, infine, in ordine ai dati piùstrettamente processuali. Soltan-to, si ribadisce, attraverso unaprecisa e consapevole cognizionedi ognuno di questi aspetti, saràpossibile muovere verso l’auspi-cato rinnovamento (sul punto sirinvia alle elaborazioni in tema di“standard medi di produttività”

rinvenibili sul sito del Csm).Ciò detto ed acquisite le

necessarie conoscenze, occorresviluppare più fruttuose e consa-pevoli RELAZIONI tra le perso-ne che agiscono e compongonole dinamiche di un ufficio, picco-lo, medio o grande che sia.

Soltanto per concretizzarequest’affermazione, è utile riflet-tere circa il determinante ruoloche riveste la figura del DIRI-GENTE – presidente di tribuna-le, presidente di sezione, procu-ratore capo o aggiunto – nell’ar-ticolazione del lavoro (e, infine,del prodotto) di un ufficio.

Allora, molta energia dovràessere assicurata nella valorizza-zione e potenziamento della pro-fessionalità – tale da garantirneun effettivo ruolo di perno intor-no al quale meccanismi organiz-zativi acquistano concreta dina-micità – dei nostri dirigenti.

È certo che l’autonomia diogni singolo magistrato nell’as-sumere le proprie decisioni (giu-diziarie) non debba essere scalfi-ta: occorre però prenderecoscienza che l’ATOMIZZA-ZIONE ORGANIZZATIVA,l’assenza di meccanismi coerentiall’interno dell’ufficio giudizia-rio, ad altro non condurrà, se nonalla disgregazione di quell’uffi-cio, che, in tanto si regge, inquanto, con coerente e rigorosacura dell’obiettivo istituzionale,potrà fruire di dirigenti consape-

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voli, professionali e responsabili. L’opzione contiene stimolanti

potenzialità, intuibili essendo leconseguenze che, dall’azione diun dirigente desideroso – ed ope-rativamente efficace – di valoriz-zare l’azione dell’ufficio, ne trar-ranno tutti coloro che vi operano,anche in termini, troppo trascurati,di motivazione al miglioramento.

4. Le inchieste scientifiche sulla giustizia L’attenzione che il mondo

accademico presta oggi all’anali-si delle dinamiche del mondodella giustizia se, da un lato,deve essere motivo di orgoglioper noi operatori, dall’altro nonpuò esimerci da una riflessionesui relativi contenuti.

Si ricordano, tra alcuni, studidi tipo macroeconomico, qualel’analisi degli sprechi relativialla giustizia civile nell’interapenisola: LUCA RICOLFI, conla Fondazione David Hume,giunge (anche) a sorprendentirisultati, che parzialmente sov-vertono alcuni dei luoghi comunicirca i tempi di definizione dellecause civili nei vari distretti diCorte d’Appello, di cui offre unadettagliata geografia.

Ancora, interesse suscita l’e-same, svolto dai professoriCOVIELLO, ICHINO, PERSI-CO che, partendo da differentirisultati in ordine alla tempisticadella risposta giudiziaria per le

controversie gius-lavoristiche,individua nelle differenti metodi-che nell’organizzazione del lavo-ro di due gruppi di magistrati,appartenenti a due grandi edimportanti distretti del nord Ita-lia, la ragione dello scarto.

Prospettive più squisitamentesociologiche, espresse negli studidi DANIELA PIANA – da ulti-mo, Magistrati, Una professioneal plurale, 2010 – e dellaCOMIUG (Centro per l’Organiz-zazione ed il Management degliUffici Giudiziari) presso l’uni-versità di Bologna pongono l’ac-cento sul funzionamento, in ter-mini di risultato organizzativo, dialcuni uffici giudiziari sottopostialla loro attenzione.

Senza potere entrare nel det-taglio circa i contenuti delle cita-te ricerche, merita però fare dueordini di considerazioni.

Da un lato, emerge la neces-sità di offrire il necessario appor-to di conoscenza a coloro che siapprestano ad analizzare le dina-miche del nostro mondo, ondeevitare mis-comprensioni deifenomeni giudiziari più compli-cati le cui logiche possono sfug-gire a chi non ne conosce nel det-taglio lo sviluppo.

Dall’altro, gli eventuali rilievicritici ed osservazioni provenientida autorevoli e seri studi non deb-bono provocare reazioni stizzita-mente corporative, che, oltre ascontare certa ineleganza ed inuti-

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lità – posto che l’interesse deglistudiosi proseguirà, nous malgrè– impediscono di recepire i nume-rosi , innovativi ed interessantistimoli che essi propongono.

Analogamente, stimoli, idee eprospettive provengono dallasocietà civile, come le occasionidi incontro e dialogo con ASSO-CIAZIONI di CITTADINI (CIT-TADINANZATTIVA), CON-FINDUSTRIA, BANKITALIA,FONDAZIONI CULTURALI,(ASTRID, ITALIANIEURO-PEI) – ciò che è avvenuto il 30giugno 2010 presso il Residencedi Ripetta a Roma.

L’incontro ha preso le mosseda un documento, preparato nelcorso dei mesi grazie all’impegnocongiunto di alcuni colleghi, il cuititolo, “Una giustizia per i cittadi-ni” lascia trasparire una precisascelta di campo nell’affrontare iltema e, con numerosi allegati(Dati comparati su base europeacirca eccesso di domanda di giu-stizia, numero dei giudici, de pub-blici ministeri, del personaleamministrativo, di avvocati e sedigiudiziarie/spese di giustizia,Fondo Unico Giustizia/Innova-zione e tecnologia/esperienze vir-tuose di Modena e Cremona), hacostituito una preziosa piattafor-ma per una discussione informata,scevra di polemiche e pregiudizi.

Come sottolineato da LIO-NELLO MANCINI, editorialistade “Il Sole 24 ore” - che come

moderatore ha condiviso le lineedel documento, apprezzandonepuntualità ed assenza di inutililamentazioni -, la mancanza dirisorse è dato di fatto che nontroverà rimedi nel futuro prossi-mo, e si tratta di una circostanzache, da un lato, sconsiglia di per-seguire la logica di richieste “aprescindere”, dall’altro, costitui-sce stimolo per lavorare sumigliore articolazione ed impie-go delle risorse a disposizione.

Certo, come è stato sottolinea-to dal rappresentate del sindacatodi categoria, non è possibile tace-re che, a fronte del mancato turnover del personale amministrativo– dalle 53.000 unità del 1995 alle40.000 di oggi, con il progressivoincremento del numero dei fasci-coli trattati, da circa 3.500 nel2.000 agli odierni 6.500 – e relati-vo invecchiamento, con attualeetà media di circa 50 anni, le dif-ficoltà incontrate nell’attuare unaseria prospettiva di affinamento emiglioramento del lavoro siaeffettiva.

In conclusione, tra entusia-smo e razionalità va giocata lacarta irrinunciabile della innova-zione, forse l’ultima chance adisposizione di una comunitàquasi logora, alla disperata ricer-ca di una SPERANZA.

Le forze animate da buonafede debbono conoscersi, unirsi,agire di concerto, tanto da pro-durre quella RISULTANTE,

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espressione di unica forza, capa-ce di raggiungere chi sia istitu-zionalmente investito del compi-to di rimediare ai problemi chepongono in sofferenza il sistema-giustizia, nell’obiettivo di ren-derlo sensibile alle necessitàdelle persone.

È sempre più frequentemente,che individui di differente cultura,sensibilità, atteggiamento politi-co, pongano attenzione e concor-dino intorno ad una serie di modi-fiche e di accorgimenti, che, nel-l’ottica di miglioramenti essen-ziali, il sistema necessiterebbe.

Per tutti, si pensi alla recentis-sima pubblicazione di NORDIOe PISAPIA (cfr. In attesa di giu-stizia, 2010).

Ne discende, quindi, SPE-RANZA e NECESSITA’ di darecorso, alle forze, alle idee che,correttamente elaborate e sup-portate da una vera e propriacomunità di innovatori, potrannooffrire risultati tangibili nellapalingenesi della giustizia.

In effetti, l’intento di aggrega-re, intorno alla conoscenza, pun-tuale e precisa, di dati e numeri,sensibilità e volontà di variosegno, analogamente animate daldesiderio di porre rimedio acarenze e disservizi che la mac-china giudiziaria presenta, devecostituito il leit-motiv che animila comunità di innovatori.

Se, dunque, la politica sembraincapace di apprestare rimedi –

ancor prima che riforme – allepatenti difficoltà del sistema -giustizia, ne deriva l’opportu-nità, per chi sia invece consape-vole degli ambiti sui quali opera-re, di attivare il ruolo di volanodell’innovazione.

È chiaro a tutti che l’innova-zione lato sensu organizzativanon possiede capacità taumatur-giche, non costituisce la ricettamagica per ovviare a mali cheaffondano, salde, le radici nellastoria di questo paese ma che,tuttavia, la spinta verso una piùadeguata organizzazione puòcostituire, nel medio periodo,l’opportunità di rinascita a tuttigli operatori del settore, e, più ingenerale, a tutti i cittadini.

In conclusione, occorre perse-guire con entusiasmo e determi-nazione l’obiettivo (ambiziosoma affascinante) di una organica,organizzata e condivisa propostadi MIGLIORAMENTI MINIMI,condensati in una sorta di sinteti-co decalogo (per tutte, si pensi,esemplificativamente, al temadelle circoscrizioni giudiziarie),laicamente strumentali soltantoall’ottimizzazione del servizio-giustizia, nell’interesse dei citta-dini, ma capace anche di restitui-re al lavoro dei magistrati quelsignificato e quella dignità checarichi di lavoro talvolta pesan-tissimi, carenza di risorse edisorganizzazione stanno perico-losamente mettendo in crisi.

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Sintesi della relazione1. I principali indicatori di

efficienza proposti in letteraturaforniscono risultati gravementeincoerenti e, di conseguenza, nonsuperano un test statistico di uni-dimensionalità.

2. Nessuno di essi ha le pro-prietà che ragionevolmente sipotrebbero richiedere a unamisura di produttività (p), ossiadi essere direttamente proporzio-nale a una misura di output (y) einversamente proporzionale auna misura di input(x):

π = y/x

secondo la definizione stan-dard di produttività.

3. A questa difficoltà siaggiunge il fatto che fino a nonmolto tempo fa era praticamenteimpossibile disporre di stimedella spesa per la giustizia civile,ossia della migliore candidata afungere da misura di input.

4. Nel nostro lavoro abbiamoproceduto secondo le seguentilinee:

a) acquisizione di una stimadella spesa (x);

b) definizione di una misuradi output (y);

d) costruzione di una misuradi produttività (π = y/x);

e) scissione della produttività

in 2 fattori: velocità dei processi(v) e sotto-finanziamento (δ);

f) costruzione di alcuni tipi difunzione di produzione e stimadell’entità degli sprechi distrettoper distretto.

5. Le differenze di produtti-vità risultanti sono piuttosto pro-nunciate in quanto il distretto piùefficiente (Torino) lo è 7.5 voltedi più di quello meno efficiente(Caltanissetta).

6. L’analisi mostra che idistretti giudiziari e le regionipossono essere suddivise in 4grandi tipi (figura 1):

VS = efficienti in quantoveloci e sotto-finanziati;

LF = inefficienti in quantolenti e sovra-finanaziati;

VF = semi-efficienti di primaspecie, in quanto veloci masovra-finanziati (“veloci senzamerito”, potremmo chiamarli);

LS = semi-efficienti di secon-da specie, in quanto lenti masotto-finanziati (“lenti senzacolpa”, potremmo chiamarli).

7. Usando la funzione di pro-duzione è possibile determinare,per ogni distretto, due misuredistinte di efficienza-inefficienzarelativa, che chiameremo tassodi spreco e il tasso di sotto-pro-duzione:

tasso di spreco = 100*(x-xhat)/x.

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Sottoproduzione e sprechi nella giustizia civile: un’analisi empiricaLuca Ricolfi*, Maria Raffaella Rancan**,Rossana Cima***

*Ordinario diMetodologia dellaricerca psico-sociale –Università di Torino.**Docente Università di Milano ***DocenteUniversità di Torino

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tasso di sotto-produzione =100*(yhat - y)/yhat.

dove xhat e yhat sono i valoridi spesa e di produzione attesi,determinati in base alla “frontie-ra” della funzione di produzione(tecnologie più efficienti ai varilivelli di produzione).

Per spreco si intende la per-centuale di risorse finanziarierisparmiabili a parità di output.Per sotto-produzione si intendela percentuale di mancata produ-zione tenuto conto delle risorsediponibili.

Le due misure convergono sela funzione di produzione èlineare e a rendimenti costanti.

8. Assumendo come best prac-tices quelle dei 5 distretti più effi-cienti (nell’ordine: Torino, Bre-

scia, Bolzano, Bologna, Milano),e adottando la specificazione piùsemplice, che assume rendimentidi scala costanti, è possibile ordi-nare i distretti giudiziari in base alloro tasso di sottopro-duzione/spreco (vedi tabella 1).

9. Passando al livello regiona-le, possiamo rappresentare suuna cartina il tasso di sprecodelle varie regioni (vedi figura2).

10. La cartina mostra che ladicotomia fra regioni meridiona-li e regioni centro-settentrionalinon è esente da eccezioni: alNord spicca l’inefficienza dellaLiguria (distretto di Genova), alSud spicca la relativa efficienzadella Campania, dovuta essen-zialmente al distretto di Napoli.

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I principali indicatori di efficienza

Tasso di ricambio

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Sottoproduzione e sprechi nella giustizia civile: un’analisi empirica

Produttività nominale

Durata “magazzino”

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Sei modi di misurare l’efficienza

Quattro tipi di distretti giudiziari

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Sottoproduzione e sprechi nella giustizia civile: un’analisi empirica

Le quattro Italie della giustizia civile

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Graduatoria dei distretti giudiziari

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Sottoproduzione e sprechi nella giustizia civile: un’analisi empirica

Tassi di spreco

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nte 1. L’indagine sulla natura del

ragionamento giuridico è uno deipossibili approcci della filosofiadel diritto al suo oggetto. A que-sto riguardo non rileva la deter-minazione di cosa è giuridico edi cosa non lo è attraverso ladistinzione del sistema giuridicodagli altri sistemi normativi (ilclassico approccio che vede con-trapposti il giuspositivismo e ilgiusnaturalismo), ma se esista ein cosa consista la specificità delragionamento giuridico. La que-stione centrale qui è se si possaidentificare un “pensare da giuri-sti” (Thinking like a lawyer è iltitolo dell’ultimo libro di FredSchauer1) e se tale ragionamentosi distingua dal ragionamentocomune. Se la risposta è afferma-tiva, insegnare a “pensare da giu-risti” dovrebbe costituire la fun-zione prioritaria degli studi uni-versitari nelle facoltà di Giuri-sprudenza. Non basta insegnarele norme giuridiche vigenti, nonbasta insegnare le tecniche diargomentazione che il giuristaadopera. L’uso delle norme edelle tecniche è infatti intrinseca-mente collegato al modo diintendere la specificità e la fina-lità del ragionamento giuridico.

Una domanda ulteriore – esubordinata alla prima – è se lostile di pensiero del giurista siauno unico o se esso cambi aseconda del soggetto che “usa” ildiritto: il giudice, l’avvocato, lo

scienziato del diritto, il funziona-rio, il cittadino. Nel presentecontributo ci si concentrerà sullaprima domanda e si riterrà che ilragionamento di questi diversisoggetti presenti caratteristichecomuni.

Il “pensare o ragionare da giu-risti” non sarebbe cruciale se talepensiero non si traducesse in attirilevanti per la pratica giuridica.La domanda sulla specificità delragionamento giuridico è, infatti,filosofico-giuridica e non psicolo-gica. Nella prospettiva che si staassumendo, il problema è quellodella risoluzione dei casi concretinell’ottica del partecipante allapratica giuridica: l’avvocato nellaconsulenza al cliente, il giudicenella sentenza, il funzionario nel-l’applicazione del regolamento, ilcittadino nel decidere di osservarela legge2. Questo specifico puntodi vista è quello che felicementeHerbert Hart ha indicato come il“punto di vista interno”, senza ilquale – peraltro – sarebbe impos-sibile comprendere il fenomenogiuridico3. È il punto di vista dichi usa la regola per guidare ilproprio comportamento e comecriterio di valutazione dell’altruicondotta.

2. Uno dei modi di affrontarela questione è indagare se ilragionamento giuridico sia daconsiderarsi artificiale o natura-le, cioè se esso si distingua e in

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*Ordinario diFilosofia del Dirittonell’Università di Palermo

Il ragionamento giuridico, tra autorità e ragioni. Un approccio filosofico-giuridico al valore del precedenteIsabel Trujillo*

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nteche cosa dal ragionamento delle

persone comuni. Anche se biso-gna precisare cosa si intende perragione naturale e per ragioneartificiale – vi sono diverse lettu-re di tale distinzione – la rispostaa questa domanda sembra doveressere positiva. Ci si divide almomento di identificare i tratti dispecificità. Una parte dei teoricisostiene che il carattere artificia-le del ragionamento giuridicorisiede nel fatto che esso implicaun addestramento, una disciplinadi ragionamento. Più approfondi-tamente, secondo Gerald Poste-ma, il diritto è una pratica disci-plinata di ragionamento con que-ste caratteristiche: è pragmaticaperché usa il metodo del pro-blem-solving; è contestualizzata;il ragionamento di tipo analogicoè la sua principale tecnica; è con-sapevolmente una pratica nonsistematica, ma piuttosto discor-siva, comune e condivisa. Allaluce di queste indicazioni – ilcontesto è quello del commonlaw – il precedente è obbligato-rio, non perché si appella ad unaautorità, ma perché è il risultatodi una pratica discorsiva e siinserisce nella logica della prati-ca4.

La parte più consistente deglistudi sull’argomento, invece, si èsoffermata soprattutto sull’ideasecondo cui il ragionamento giu-ridico è “autoritativo”: questo lodistinguerebbe dagli altri tipi di

ragionamento. Per ragionamentoautoritativo si intende quello incui è l’autorità a stabilire il corsodi azione da seguire: in altreparole, la soluzione del conflittoche emerge dal caso concretodipende da quello che il dirittoesige. Non si tratta solo di soste-nere che occorre usare l’argo-mento di autorità nella giustifica-zione di una decisione: ciò rap-presenta solo un’implicazionedel problema. L’idea portante diquesto approccio è che chi deci-de secondo diritto non decidesulla base di ragioni autonome,personali, soggettive, ma sullabase di ragioni autoritative, edunque – si dovrebbe dire – ete-ronome. L’operatore del dirittodecide sulla base di ciò che èimposto, e – per questo – obbli-gatorio.

Su quest’ultima affermazione,sul suo reale significato e sullesue implicazioni, è tuttaviaimportante riflettere. Sicuramen-te, essa mette al centro dell’at-tenzione non già il soggetto chepone il diritto, il Legislatore, allacui preminenza nel sistema dellefonti corrisponde la tecnica argo-mentativa del ricorso all’autorità,ma piuttosto i vincoli posti daldiritto. Per comprendere il signi-ficato dell’autoritatività del dirit-to bisogna soffermarsi sui vinco-li che scaturiscono dal diritto. Ilragionamento giuridico è artifi-ciale allora in quanto si muove

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nte entro certi vincoli che il ragiona-

mento comune non ha. Autorita-tivo, dunque, significa vincolato.Bisogna però capire la natura ditali vincoli. Il ragionamento giu-ridico serve a rispondere alladomanda su quale azione sidebba compiere, su quale sia ladecisione corretta, la scelta giu-sta per il caso concreto, e rispon-de ricorrendo a ciò che è obbli-gatorio. Questo è il primo signi-ficato della tesi secondo cui ilragionamento dei giuristi è quel-lo che è determinato dall’autoritàdel diritto.

La tesi però contiene altrepremesse implicite. Che il ragio-namento giuridico sia autoritati-vo per eccellenza, in fondo, sievince dal fatto che il ragiona-mento giuridico si riferisce allenorme, è un ragionamento su econ norme giuridiche. Il punto èche quando si insiste su questacaratteristica si vuole dire che gliargomenti che si possono usarenel ragionamento giuridico val-gono “in quanto” promananodall’autorità. Qui è possibile rav-visare il problema indicato neltitolo dell’intervento, l’antino-mia tra autorità e ragioni. Ilragionamento giuridico è quelloin cui si decide sulla base di ciòche è obbligatorio e basta. Laquestione decisiva allora è seseguire il precedente è obbligato-rio, così come è obbligatorioseguire la legge.

3. Il punto di partenza diJoseph Raz in un bel libro sul-l’autorità del diritto è proprioquello della (apparente, a suomodi di vedere) opposizione traautorità e ragioni5. Egli risolvequesta antinomia con una trovatageniale, sostenendo cioè cheanche l’autorità del diritto è inrealtà una “ragione” per agire oper decidere in un certo modo.Così, chi decide sulla base di ciòche il diritto impone agisce sullabase di “ragioni”, anche se di untipo speciale. Raz distingueinfatti le ragioni di primo ordineo tipo (che sono ragioni autono-me, tutte quelle ragioni che sipossono avere per agire: ragioniprudenziali, etiche, di utilità) e leragioni di secondo ordine (leragioni autoritative, cioè – nelsenso spiegato – le ragioni etero-nome, poste dal produttore deldiritto). Le ragioni autoritative odi secondo ordine sono quelleragioni in cui la volontà di qual-cuno che io compia una certaazione è una ragione perché iocompia tale azione. Queste ulti-me sono ragioni di un tipo spe-ciale, sono cioè ragioni escluden-ti: hanno come caratteristica fon-damentale quella di escludere lealtre. Quando vi è una ragionegiuridica, tutte le ragioni autono-me che si possono avere peragire o per decidere in un deter-minato modo, non devono essereprese in considerazione. L’auto-

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nterità del diritto è una ragione

escludente, ma pur sempre unaragione perché si compia unacerta azione. Così, secondo Raz,l’antinomia autorità-ragioni èsuperata.

Questa tesi è avvincente esuggestiva, ma solleva alcuneperplessità. Prima di tutto èancora lecito domandarsi se,ammesso che la ragione autorita-tiva sia una ragione per agire, siaperciò stesso eliminato il proble-ma della antinomia tra autorità eragioni. Questo problema è piùchiaro se si pensa che solitamen-te con la qualificazione di autori-tativo s’intende dire che la deci-sione giuridica è indipendentedal contenuto (content-indepen-dent). La ragione giuridica, cioè,è una ragione che poggia nonsulla ragionevolezza di ciò che èimposto, ma sul fatto stesso delsuo essere “posta”. Autoritativa èla ragione che vale per volontàdell’autorità. Ma quest’afferma-zione, a sua volta, può significa-re più cose, per lo meno tre: chesi tratta semplicemente di unaragione “intenzionale”, cioè diqualcuno6; oppure che è ragione-vole che uno decida al posto ditutti quando le possibili soluzionisono tante7; oppure ancora che sitratta di una ragione imprescruta-bile e insindacabile e, in ultimaanalisi, arbitraria.

Schauer per esempio sembradecisamente a favore dell’ultima

ipotesi, quando per spiegare ilragionamento per precedenti,sostiene che seguire il preceden-te per la sua ragionevolezza nonè tipico del ragionamento giuri-dico. Addirittura egli afferma chel’uso “giuridico” del precedentesi dà solo quando si seguonodecisioni che, se non fosse per-ché sono precedenti, non sareb-bero mai seguite8. È la fonte o lostatuto del precedente che gliconferisce forza, non il carattereconvincente o l’idea che la deci-sione è stata corretta9. Più ingenerale, egli sostiene che ilragionamento giuridico è quelloin cui si seguono modelli di azio-ne che altrimenti sarebbero staterifiutate. Si potrebbe dire la stes-sa cosa della legge, in quantoautoritativa: il ragionamento giu-ridico è tale quando la leggedetermina una soluzione che, senon fosse perché la legge laimpone, non sarebbe mai segui-ta10. La caratteristica più salientedel ragionamento giuridicosarebbe dunque che esso segueregole che portano a sceglieresoluzioni che altrimenti nonsarebbero state scelte, le soluzio-ni cioè – si potrebbe dire, forseforzando un po’ la mano – peg-giori. In questo senso, questotipo di risposta rappresenta unalettura antinomica dei rapportitra autorità e ragioni.

La tesi accettabile di Schauerè che il ragionamento giuridico è

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nte un ragionamento “vincolato”. La

sua tesi controversa è quellasecondo cui il ragionamento giu-ridico è un ragionamento senzaragioni vere e proprie, se nonquelle di secondo ordine, cioèquelle ragioni che consistononella volontà di qualcuno che sicompiano certe azioni. Ridottaall’osso, la tesi è che il diritto è,in ultima istanza, comando del-l’autorità politica e sia obbligato-rio in quanto tale.

4. A questo punto si possonoseguire diverse strade. Una èquella di indagare i rapporti traautorità politica e diritto e se ecome si possa pensare che que-st’ultimo rappresenti un limiteall’arbitrio della prima. In altritermini, bisogna valutare se laragionevolezza dell’autorità con-dizioni in qualche misura il suoriconoscimento come tale. In uncerto senso, questa verifica èquanto negli stati costituzionali didiritto giustifica l’esistenza delmeccanismo del controllo dilegittimità costituzionale: l’auto-rità non solo deve essere legitti-mata all’origine, attraverso certeprocedure, ma anche nel suo eser-cizio. Una seconda strada è quelladi confrontare queste ipotesi conla pratica giuridica e con il puntodi vista degli operatori del diritto.Qui si seguirà la seconda.

Certamente, la tesi debole diSchauer – cioè che il ragiona-

mento giuridico è vincolato – èconvincente e risponde bene allacomprensione che i giuristihanno del ragionamento giuridi-co. Ma ciò contrasta con un prin-cipio rilevante anche in queisistemi in cui seguire il prece-dente è obbligatorio: la logicadel precedente vuole che le deci-sioni giuridiche siano certe ecostanti nel tempo, ma anche chele cattive decisioni non si ripeta-no11. Il carattere autoritativo deldiritto – l’obbligatorietà del pre-cedente nei sistemi di commonlaw – è condizionato al suo pro-porre “buone soluzioni” per icasi concreti entro certi vincoli.Altrimenti, risulta difficile daspiegare un obbligo preciso del-l’operatore del diritto, quello dimotivare le proprie decisioni. Seil ragionamento giuridico èdeterminato dall’autorità deldiritto, perché sarebbe necessariogiustificare le decisioni? Baste-rebbe fare riferimento alla normaper restare dentro dei vincoli. Edinvece bisogna giustificare lapertinenza della norma (o delprecedente) al caso concreto.

La risposta alla domanda sul-l’obbligo di motivazione è spes-so trovata nella convinzionedella arbitrarietà endemica del-l’interpretazione, che alla fineinevitabilmente apre le maglie aelementi soggettivi e perfinoirrazionali, introducendo ele-menti di incertezza. In questo

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ntesenso, l’esigenza di motivazione

delle decisioni è da intenderecome un metodo di controllo daparte di una autorità superiorenei confronti di chi applica ildiritto. L’esigenza della giustifi-cazione cioè dipenderebbe dauna certa teoria delle fonti12. Aldi là di ogni altra considerazione,questa lettura potrebbe averesenso solo laddove il sistemadelle fonti è chiaro e inequivoco.Così purtroppo non è, se pensia-mo alle intersezioni tra il dirittonazionale, delle autonomie, deldiritto comunitario e il dirittointernazionale nelle sue diverseforme13. Se il principio dellamotivazione deriva esclusiva-mente dalla dottrina delle fonti,bisognerebbe, allora, posta laproblematicità del sistema dellefonti, rinunciare ad esso?

Inoltre, anche nei casi cosid-detti chiari (cioè quelli in cui ilsignificato delle norme giuridi-che è palese) si esige una giusti-ficazione. Il giudice deve moti-vare sempre le sue decisioni.L’avvocato deve motivare le sueposizioni e le sue richieste. Idibattiti in aula non sono soltan-to dibattiti sul diritto valido sullabase della verifica del pedigreedelle norme in gioco. Inoltre, lenorme possono dare origine auna pluralità di soluzioni. Sem-bra piuttosto convincente che idibattiti in aula vertono sulla“migliore” decisione entro il

diritto valido e che la motivazio-ne sia orientata a giustificare pro-prio che si tratti di quella miglio-re entro quei limiti14. È plausibileche la motivazione – nella suafunzione endo-processuale edextra-processuale – serva a dareragione della scelta miglioreentro le circostanze del caso esecondo diritto.

L’idea intuitiva che un giuri-sta, infatti, ha del ragionamentogiuridico è che esso mira a ren-dere giustizia secondo diritto: todo justice according to law. L’e-spressione “secondo diritto” staad indicare che il ragionamento èvincolato dalle regole. Non sitratta già di scegliere tra tutte lesoluzioni possibili in astratto, matra le soluzioni giuridiche, a con-fronto con la specificità del caso.È plausibile che il cittadino siaspetti che la giustificazionedella decisione che lo riguardasia mossa dalla ricerca dellasoluzione migliore del caso entroi limiti imposti dal diritto.

5. Usare espressioni come“scelta migliore”, “buona solu-zione” può risultare però troppovago e perfino sospettoso: chistabilisce che sia “buona” unasoluzione? Sulla base di quali cri-teri? La riforma dell’art. 118disp. att. c.p.c. propone un’indi-cazione interessante: un aspettodella soluzione migliore è cheessa è coerente con le altre deci-

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Il ragionamento giuridico, tra autorità e ragioni. Un approccio filosofico-giuridico al valore del precedente

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nte sioni della pratica giuridica. Le

buone soluzioni cioè tendono adessere costanti e uniformi neltempo, e dovrebbero esserlo. Sitratta di un invito a garantire lacertezza e la prevedibilità nel-l’applicazione del diritto. Unasoluzione è “buona” quando restanell’alveo delle altre soluzioniprecedenti. Ciò dipende da unassunto e ha una implicazione:l’assunto è che vale il principio dinon discriminazione o di giusti-zia formale per cui casi similidevono essere trattati in modosimile. In questo senso, la coeren-za si congiunge con la correttezzadi una soluzione, perché implical’applicazione di un principio digiustizia. Il richiamo al preceden-te è fondato sulla ricerca di unvalore, quello della certezza, chea sua volta è collegato al valoredella giustizia: è infatti giusto chegli individui possano prevederele conseguenze che deriverannodalla proprie azioni in condizionidi eguaglianza, secondo un prin-cipio tipico dello stato diritto. Laimplicazione è che nel ragiona-mento giuridico diventa crucialela giustificazione della somi-glianza del caso presente conquello precedente – per seguireuna linea argomentativa – oppuredella differenza per discostarse-ne. Ancora una volta, un datofondamentale del ragionamento èquello dell’attività argomentati-va.

Alla luce di queste considera-zioni emerge il valore della con-sistenza o coerenza degli atti giu-ridici tra di loro come caratteri-stica della pratica giuridica, nonsolo tra le diverse corti, maanche nell’operato dello stessogiudice. La consistenza non è giàun valore “logico” che si dàquando non vi sono antinomietra le norme. La consistenzarisponde a quella esigenza tipicadi uno stato di diritto, che consi-ste nella uniformità nell’applica-zione delle norme. La consisten-za è dunque soprattutto un valore“pratico”. La decisione consi-stente è una decisione sensata equesta è quella che non è in con-trasto con le altre: sia perché siargomenta la somiglianza, siaperché si giustifica la differenza.Resta comunque essenziale l’e-strinsecazione delle ragioni peruna determinata scelta.

6. Tre brevi conclusioniApplicare il diritto significa,

come si diceva prima, fare giusti-zia secondo diritto. Talvolta peròsorgono problemi perché i vinco-li del diritto si ispirano a valoriapparentemente diversi: quellodella certezza e della prevedibi-lità, da un lato, e quello della giu-stizia, dall’altro15. Si è già vistocome il valore della certezza è unaspetto di quello della giustizia,in quanto consiste nel riconosce-re che gli individui hanno diritto

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ntea coltivare legittime aspettative e

a conoscere le conseguenze delleproprie azioni. E tuttavia, puressendo in qualche modo colle-gati, essi spesso entrano in con-flitto e bisogna disporre di criteriper risolvere tali conflitti. La pra-tica giuridica sembra esigere che– a condizioni ordinarie – la cer-tezza prevalga sulla giustizia. Manon a tutti i costi. Vi sono situa-zioni in cui è necessario rinuncia-re alla certezza come coerenzadelle decisioni e ciò avviene – inuno stato costituzionale di diritto–, soprattutto, quando sono viola-ti i diritti fondamentali degli indi-vidui16. Una violazione intollera-bile dei diritti fondamentali diqualcuno esige che la giustiziaprevalga sulla certezza del diritto.Del resto, i teorici della rule oflaw avevano ben chiaro che tuttele prerogative di tale sistemavanno perseguite nella misuramaggiore possibile17.

Anche in seguito alle riformesuindicate, che sostanzialmenteconsentono di motivare le deci-sioni richiamandosi ad un prece-dente, siamo lontani dal sostene-re il principio secondo cui, con ledovute differenze, what theHouse of Lords says is the Law.Tuttavia, la prospettiva del ricor-so al precedente riconosce unarealtà importante: nella praticagiuridica, il legislatore è solo unodei protagonisti. Non è dirittosolo ciò che il legislatore ha

imposto con la legge, ma anchequello che le corti hanno determi-nato, il cosiddetto “diritto viven-te”, il diritto come applicato einterpretato. Ciò non significaperò che il giudice è più libero didecidere, ma al contrario che lo èdi meno. I suoi vincoli sonoaumentati, non diminuiti. Non èsoltanto limitato dal legislatore,ma è limitato anche dall’esigenzadi coerenza con le proprie deci-sioni e con le decisioni altrui,all’interno della pratica giuridica.Che poi la pratica giuridica sia dalimitare ai confini dello Stato èun altro problema18.

Il precedente contribuisce allacertezza del diritto rendendo ledecisioni stabili nel tempo, ma,d’altra parte, in virtù del princi-pio della motivazione delle deci-sioni giudiziarie, esso poggia suragioni argomentate e scrutinabi-li, che facilitano la trasparenzadella decisione, ma che esigonoanche la giustificazione dellarilevanza per il caso in esame.Diversamente, invece, la leggenon è chiamata a esibire le ragio-ni della propria emanazione. Inciò si può riconoscere una supe-riorità del precedente, che ècapace di articolare autorità eragioni come vincoli del ragiona-mento giuridico.

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nte Note

1. F. Schauer, Thinking like a Lawyer. A NewIntroduction to Legal Reasoning, Harvard Uni-versity Press, Cambridge-London 2009.

2. Mentre – per esempio – l’approccio tradi-zionale (giusnaturalistico e giuspositivistico) èvolto a individuare il diritto valido (nell’un casoil diritto posto e certo, nell’altro, il diritto postoa certe condizioni di giustizia).

3. Cfr. H.L.A. Hart, Il concetto di diritto(1961), a cura di M.A. Cattaneo, Einaudi, Tori-no 2002.

4. “[P]recedent is binding not because deci-ded but because the result of a discourse practi-ce”, G. Postema, The Philosophy of CommonLaw, in J. Coleman, S. Shapiro (eds.), TheOxford Handbook of Jurisprudence and Philo-sophy of Law, Oxford University Press, Oxford2002, p. 597.

5. J. Raz, The Authority of Law, Oxford Uni-versity Press, Oxford 1979.

6. La ragione naturale si riferirebbe all’azio-ne, mentre quella artificiale (content-indepen-dent) all’intenzione che qualcuno ha che iodebba compiere una certa azione. Questo tipo diragione si trova non solo nei comandi, maanche nelle promesse, nei consigli, nelle richie-ste. La ragione content-independent consiste-rebbe nel fatto che chi comanda, chiede, pro-mette si aspetta che il riconoscimento da partedel destinatario che è sua intenzione che sicompia quell’azione sia la ragione per la qualequesto agisce. Cfr. S. Sciaraffa, On content-independent reasons: it’s not in the name, in“Law and Philosophy”, 28, 2009, pp. 233-260.

7. Cfr. il concetto di autorità come sostitutodell’unanimità in contesti di pluralismo e comeesigenza di coordinazione nell’opera di J. Finnis,Legge naturale e diritti naturali (1992), a cura diF. Viola, Giappichelli, Torino 1996, pp. 251-275.

8. Schauer, cit., p. 40.9. “It is the precedent’s source or status that

gives it force, not the soundness of its reasoningnor the belief of the instant court that its outco-me was correct”. Ivi, p. 41.

10. In quest’occasione l’attenzione è posta sulprecedente, ma anche come lettura della leggequesta visione sembra ingiustificata. È plausibi-le che la legge renda obbligatoria una dellesoluzioni ragionevoli possibili. Il problema stanel fatto che le soluzioni ragionevoli sono plu-rali. Cfr. il saggio di J. Finnis, Natural Law andLegal Reasoning, in “Cleveland State LawReview”, 38, 1990, pp. 1-14, contro l’idea diuna sola risposta corretta di R. Dworkin, L’im-pero del diritto (1986), a cura di L. Caracciolo,Il Saggiatore, Milano 1989.

11. N. Duxbury, The Nature and Authority ofPrecedent, Cambridge University Press, Cam-bridge 2008: “The value of the doctrine of pre-cedent to the common law, we might say, is notsimply that it ensures respect for past decisionsbut also that it ensures that bad decisions do nothave to be repeated”, p. X.

12. Cfr. A. Halpin, Reasoning with Law, HartPublishing, Oxford 2001, p. 34.

13. A. Pizzorusso, È possibile parlare ancoradi un sistema delle fonti?, in Atti ConvegnoUniversità di Roma Tre, 27-28 novembre 2008,in pubblicazione.

14. L’idea del legislatore libero e senza vinco-li risponde ad una certa ideologia, oggi indiscussione negli stati costituzionali di diritto.Al legislatore non si chiede di motivare le suedecisioni, ma non v’è dubbio che le leggi moti-vate sono le migliori. Peraltro bisognerebbevedere se la presenza della Costituzione nonimplichi che anche il legislatore debba motiva-re le sue decisioni.

15. Il primo è privilegiato dalle posizionipositivistiche e il secondo dalle concezioni giu-snaturaliste.

16. Questo è il contenuto della formula diRadbruch: nel diritto solitamente prevale la cer-tezza, a meno che l’ingiustizia raggiunga unlimite intollerabile, indicato dai diritti fonda-mentali degli individui. Cfr. G. Radbruch,Rechtsphilosophie, Sechste Auflage, Köhler,Stuttgart 1963, pp. 347-357.

17. L.L. Fuller, La moralità del diritto (1964),a cura di A. Dal Brollo, Giuffrè, Milano 1986.

18. Cfr. l’intervento di S. Romano sull’usodell’argomento della comparazione, in questovolume.

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Tra i principi cardine di unoStato di Diritto vi è la “certezza”del suo ordinamento giuridico.

Certezza che, in concreto, puressendo la meta, non sempre èraggiungibile perché la norma,anche quella apparentemente piùchiara e più semplice, è suscetti-bile di interpretazioni molteplici.

Questa tendenza, se da un latocostituisce la cura contro i rischidi un invecchiamento precocedel sistema normativo, dall’altrapostula la necessità di spostare ilmomento della certezza dallaformulazione della legge alla suainterpretazione.

La “certezza”, quindi, è affi-data anche all’opera del Giudice,oltre che a quella del Legislatoreattraverso la produzione norma-tiva.

Si potrebbe dire che la certez-za è tanto più assicurata in quantovenga ad attuarsi la “reductio adunum” dei precetti fondamentaliche governano un dato settore.

E dunque compito fondamen-tale accanto alla funzione legi-slativa che istituzionalmentemira a realizzare tale “reductio”,è quello della giurisdizione qualeprecipua attività affidata ai Giu-dici di interpretazione ed appli-cazione delle leggi attraverso lostrumento tipico costituito dallesentenze.

Nel nostro ordinamento vigeil principio che la statuizionegiudiziale determina un accerta-

mento e una definizione della litevincolante solo per i soggetti incausa, fissando nello specifico laregola, unica e non più modifica-bile una volta formatasi la “resjudicata”, con efficacia limitata edal punto di vista oggettivo, per-ché afferisce esclusivamente aquella data lite e non ad altre, edal punto di vista soggettivo,giacchè di essa non ci si puòavvalere nei confronti di chi siarimasto estraneo al processo.

In altri contesti invece, e inspecie in quelli di Common Law,la sentenza crea “ex sé” diritto,perché la regola dettata dal Giu-dice nel caso singolo deve essereapplicata in tutte le successivecontroversie aventi identicoambito oggettivo, ancorché lepersone coinvolte siano diverse.

Accanto allo statute law,diritto scritto di natura legislati-va, coesiste il case law, dirittonon scritto contenuto nella casi-stica giudiziaria.

Si parla, infatti, di sistema didiritto a base casistica, ove ilGiudice è obbligato ad avereriguardo a precedenti decisioni,che assumono dunque valorevincolante come norme di legge.

Nel rapporto tra le due fonti, iprincipi che formano il dirittogiurisprudenziale hanno un auto-nomo fondamento rispetto alleleggi dello Stato; ed anche se intermini formali il diritto legislati-vo prevale sui precedenti, ciò

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*Giudice del Tribunale di Palermo

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Il valore del precedente:un’analisi critica Raimonda Tomasino*La

MagistraturaOrgano

dellaAssociazione

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ntenon intacca l’autonomia dell’at-

tività giurisprudenziale. Anche quando il Giudice si

trova ad utilizzare una norma dicarattere generale per la decisio-ne del caso, la sua ratio deciden-di non sarà mai la norma di leggein sé, bensì l’interpretazione chedi essa ha dato il Giudice conriferimento ai fatti di causa.

L’ordinamento inglese è sem-pre caratterizzato dalla presenzadi una parte del diritto aventeformazione giudiziale, cioè pro-dotta mediante i precedenti, inte-grati se necessario con i precettilegislativi.

Il principio vigente negli ordi-namenti di Common Law è che ildiritto, dunque, è pacificamentecreato pure dalle pronunce giudi-ziali, che sono dettate con riguar-do alla singola controversia, mache diventano esse stesse fontigenerali ed astratte, vincolandotutti i Giudici che in futuro si tro-veranno a decidere fattispeciericonducibili a quella che ha datoorigine alla formazione dellaregola.

Sicchè, secondo un sistema dicircolarità, da una controversiaconcreta, depurata dai riferimentialle circostanze peculiari del casoe ridotta a principio, nasce laregola di diritto astratta che poi siapplicherà ad altre fattispecieconcrete, dando luogo, così, alprecedente vincolante. Peraltro,non esistono limiti temporali a

tale forza, con precedenti risalentiaddirittura al 1700, sempre che lavalutazione dell’identità del caso,affidata al Giudice, ne giustifichil’applicazione; viceversa si for-mulerà un precedente nuovo.

In siffatti ordinamenti, pertan-to, nella materia privatistica lalegge convive con il precedentegiudiziale vincolante.

Diversamente nel nostro ordi-namento, ove all’elaborazionedella regola astratta segue,mediante sentenza, la soluzioneconcreta, senza, però, alcuna cir-colarità; questo perché, concet-tualmente, il Giudice non ha ilpotere di creare regole di diritto.

La sentenza emessa non costi-tuisce (mai) una regola vincolan-te – almeno in punto di diritto –al di fuori dello specifico singolocaso trattato.

E neppure i precedenti delleSezioni Unite sono vincolanti indiritto, nel senso che non vi èalcun obbligo di legge, anche se,poi, lo sono nei termini diun’“autorità in fatto”.

Ciò accade perché le decisio-ni giudiziali non sono inserite nelsistema delle fonti in cui, appun-to, non figura – né prima dellapromulgazione della Carta Costi-tuzionale avvenuta nel 1948, nelsistema, quindi, delineato dal-l’art. 1 delle disposizioni preli-minari al codice civile in vigoredal 1942, né dopo l’avvento dellaCostituzione – la giurisprudenza

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nte quale fonte del diritto, dovendosi

fare ricorso nell’ipotesi di vuotinormativi al principio dell’analo-gia o ai principi generali dell’or-dinamento giuridico (art. 12,comma 2°, delle preleggi).

Va detto, pure, muovendocisempre sulle tracce dell’espe-rienza inglese, che la SupremaCorte enuncia principi di diritto.

La sentenza non è decisionedi un “caso”.

Il Giudice di civil law, pertan-to, cerca nel precedente una sta-tuizione dell’Autorità Superioresimile ad una preposizione nor-mativa, in cui i fatti sono lasciatinell’ombra.

Diversamente dal Giudicecommon law il quale, comesopra detto anche quando sitrova ad utilizzare una norma dicarattere generale per la decisio-ne del caso, la sua ratio deciden-di non sarà mai la norma di leggein sé, bensì l’interpretazione chedi essa ha dato il giudice conriferimento ai fatti di causa.

Di modo che, quello chesecondo i sistemi di common lawsarebbe degradato come sempli-ce “dictum” è invece, di contro,da noi ben accolto, proprio per-ché avulso dai concreti fatti dellacausa.

Si ha dunque una diversa con-cezione del diritto giurispruden-ziale e, quindi, in ultima analisi,differente percezione della rego-la del precedente.

Quando da noi si parla di pre-cedente giurisprudenziale ci siriferisce al valore della giuri-sprudenza come fonte – tra vir-golette – di cognizione, ossia diconoscenza del diritto in sede diprassi applicativa (ai casi singo-li), o al ruolo della giurispruden-za avente funzione complemen-tare in via suppletiva o integrati-va della fonte legislativa, non,tuttavia, al precedente come inte-so nell’esperienza di commonlaw.

Infatti, generalmente, siesclude che una singola sentenzaabbia valore di precedente, men-tre si tende a riconoscere valoread una pluralità di decisioni rela-tive a vari e diversi casi concretiche fanno applicazione di unmedesimo principio di diritto.

In altre parole si parla di giu-risprudenza “costante”, o di“orientamento dominante” o“prevalente”, ed è questo a costi-tuire il punto di riferimento intermini di conferma autorevolenell’interpretazione di unanorma, prescindendo, il più pos-sibile, dai fatti di causa.

Focalizzando l’attenzione sulnostro sistema giuridico, deve,comunque, affermarsi, la funzio-ne centrale e primaria che le sen-tenze svolgono contribuendo acreare regole di condotta attra-verso l’attività interpretativa epoi applicativa delle disposizioninormative, che non può non

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nterecare in sé un profilo creativo.

Il c.d. diritto vivente, proma-nante non dal legislatore madalle pronunce dei Giudici.

È oggi universalmente diffusala consapevolezza che l’attivitàinterpretativa della giurispruden-za racchiuda in sé ineliminabilimomenti di creazione del diritto,espressioni, entrate nel linguag-gio giuridico, “diritto vivente” e“diritto giurisprudenziale”, con-cernono l’attività che il Giudicecompie di creare la decisione e,quindi, il diritto del caso concre-to, al contempo dando luogo, neltempo, ad un diritto dei casiidentici o analoghi, che non puòessere appannaggio del Legisla-tore, a meno di non reputarlocapace di una improbabile oltreche impossibile monumentaleopera analitica.

Ecco allora che il precedente,pur non vincolando, finisce perassumere un ruolo importante, senon decisivo.

Il Giudice crea regole nuovericavandole dai principi, dilatan-do la portata di clausole generalio avallando prassi affermatesi.

Spesso vi è addirittura un’im-plicita delega del legislatore alGiudice, limitandosi il primo adindicare le linee guida su cuidovrà muoversi la funzione con-cretizzatrice – creatrice dellagiurisprudenza.

A volte è il frutto di una scel-ta politicamente opportuna in

certi settori, come quello dellabioetica o biodiritto che dir sivoglia, ove le diverse emergenzeposte in tempi ristretti dallaricerca scientifica e dalle suericadute applicative, in cui uncerto ritrovato che oggi potrebbeminacciare la salute domanipotrebbe rappresentare un ottimorimedio terapeutico, induconoalla riflessione della difficoltà diuna periodica revisione dellescelte normative – che potrebbe-ro essere superate dai rapidi svi-luppi delle conoscenze e delletecnologie – apparendo più con-ducente, invece, indirizzarsi aldiritto derivato dall’analisi dicasi concreti, più elastico nelsapersi adeguare all’evoluzioneche la materia oggetto di regola-zione impone.

Altre il Giudice agisce in anti-tesi allo stesso Legislatore chenon sappia rinnovarsi alle mutateesigenze che emergono dallasocietà civile.

Certo ciò non avviene ponen-dosi in contrasto col comandonormativo, ma muovendosi nel-l’esercizio dell’attività interpre-tativa, estendendola in queicampi che appaiono esclusi dallaprobabile applicazione di unadisciplina legislativa.

Si pensi al caso della respon-sabilità civile, dove la dicotomiadanno patrimoniale – non patri-moniale è stata superata passan-do attraverso l’invenzione del

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Il valore del precedente:un’analisi critica

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nte danno biologico, ipotesi di

responsabilità che quarant’ annifa nessuno avrebbe ipotizzato.

Nel suo lavoro il Giudicetrova una guida e incontra unlimite nella Costituzione, in par-ticolare nella parte dedicata aidiritti fondamentali ispirati aiprincipi dello Stato di diritto, aivalori di uguaglianza e solida-rietà, alle garanzie della giurisdi-zione e dei cittadini di fronte lalegge.

Principi tutti che il Giudicedeve seguire quando si pone lanecessità di integrare l’ordinegiuridico.

Le recenti riforme introdottedalla legge del 4 luglio 2009 n.69 in riferimento all’art. 118delle disp. di att. al c.p.c., esegnatamente sulla stesura dellamotivazione – di cui ha giàampiamente parlato l’illustreProfessore – ed ancor prima dalD. Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006sul giudizio di legittimità –anche questo diffusamente ana-lizzato dall’esimio collega –hanno portato all’attenzione delgiurista, in modo sempre piùcogente, il ruolo del precedentegiurisprudenziale nel nostroordinamento; destinato a suscita-re sempre maggiore interesse peril particolare valore che deveattribuirsi, anche a seguito dellaintroduzione dell’art. 360 bisc.p.c., ai “decisum” della Corte.

Un breve cenno all’art. 118

disp. att. al c.p.c., che involge lafase della decisione e, certamen-te, lo schema contenutistico dellasentenza ordinaria.

Nel testo novellato s’introdu-ce per la prima volta, codifican-dolo, il principio dell’utilizzo delprecedente giurisprudenzialeconforme il quale, soffermandoci“stricto sensu” solamente airisvolti applicativi pratici del-l’ambito di operatività dellanorma, costituisce, indubbia-mente, il lodevole sforzo di acce-lerare o, se si vuole, semplifica-re, l’iter logico argomentativodella motivazione e soprattutto itempi della sua stesura.

Nella odierna formulazione inaltri termini viene recepita, lega-lizzandola in una disposizione dilegge, la prassi, già attuata nellagiurisprudenza, pure di legitti-mità, e positivamente disciplina-ta nel diritto societario (art. 16 D.L.vo n. 5 del 2003) e nel proces-so amministrativo (ult. commadell’art. 26 della L. n. 1034 del1971 sostituito dalla L. n. 205 del2000), del ricorso alla tecnica diredazione della motivazione “perrelationem”, mediante riferimen-to ad atti decisori non riportatitestualmente ma soltanto richia-mati.

In tal modo, dunque, perragioni di economia processuale,si evita la trascrizione nel corpodella motivazione di diffuse argo-mentazioni già contenute nel pre-

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ntecedente, cui, invece, si fa rinvio.

Tuttavia, accanto a dettoaspetto di ordine pratico – appli-cativo, la disposizione normativain esame impone maggiore atten-zione e riconsiderazione nelsistema giuridico unitariamenteconsiderato, alla luce, in partico-lare, del nuovo giudizio in Cas-sazione.

Sicuramente, la nuova rimo-dulazione del procedimentoinnanzi il Supremo Giudice èstata da molti considerata comel’intervento avente uno dei mag-giori impatti sistematici ed èstata letta come il riconoscimen-to, per via legislativa, del princi-pio del precedente giudiziale nelnostro ordinamento.

Indubbiamente l’attività inter-pretativa, sia che la s’intenda insenso proprio, che come attivitàdi creazione di nuovo diritto,assume significato particolar-mente pregnante quando sia atti-vità della Corte Suprema.

Tendenzialmente, non la sin-gola decisione di un singolo giu-dice su un singolo litigio, mafondamentale è l’avallo del verti-ce attraverso l’assestamento deiprecedenti, nel senso di massa didecisioni analogamente orientatecorroborate dal trascorrere di uncerto lasso di tempo, tanto daaccreditarne l’“opinio juris acnecessitatis”; soprattutto se sitratta di approvare e far propriele attività dei giudici di merito, i

più vicini ai bisogni sociali equindi i primi a doverli filtrare.

L’interpretazione della Corte,si sa, vincola senz’altro il giudi-ce di rinvio, ma esercita pureun’efficacia di precedente su tuttii Giudici.

L’art. 65 dell’ordinamentogiudiziario ha assegnato all’api-ce del nostro potere giurisdizio-nale il compito di assicurare “l’e-satta osservanza e l’uniformeinterpretazione della legge”.

La c.d. funzione nomofilatticadella Corte, la quale si trova datempo in uno stato di sofferenzaper diverse ragioni, che possonoricondursi a due principali.

Perché è sempre in bilico trail puro controllo di legittimità ela giustizia del caso concretoposta dal controllo della motiva-zione, art. 360 n. 5 c.p.c. specienella nuova formulazione (siparla di fatto controverso e deci-sivo per il giudizio laddoveprima di punto decisivo dellacontroversia), tanto da parlarsi diGiudice di terza istanza.

Perché ha avuto un’esplosio-ne vertiginosa dei ricorsi.

Pochi numeri per rendere l’i-dea.

Quando negli quaranta delloscorso secolo il legislatore decisedi affidare alle Sezioni Unite lacompetenza in materia di giuri-sdizione, il numero complessivodi sentenze pronunciate, sia dallesezioni semplici che unite, era di

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nte qualche centinaio e vi era la con-

vinzione che fossero “assai gravie non frequenti” i casi in cuisarebbe stato necessario l’inter-vento delle S.U., ed addiritturaeccezionali le ipotesi di pronun-cia della stessa nei casi di contra-sto tra le sezioni semplici, comeè stato poi confermato dall’espe-rienza concreta.

“Istituto che ha avuto per ilpassato sporadica applicazione”(cfr. Mazzarella).

Negli anni ’90 il numerocomplessivo di ricorsi si era atte-stato ad oltre 12.000 all’anno edi casi decisi raggiungevano i15.000.

Dieci anni dopo vi è stato unincremento di poco meno del200%, i ricorsi sono saliti a benoltre 28.000 e le sentenze a circa24.000. Nel 2008 i ricorsi sonostati 30.406 e le pronunce ben33.928.

Le sentenze rese a SezioniUnite nel settore civile si attesta-no negli ultimi anni intorno a1.500 (dati raccolti dalla Rela-zione inaugurale anno giudizia-rio 2009).

I troppi ricorsi ed i troppi giu-dici necessariamente chiamati adeciderli determinano, dunque, ilfiorire di oscillazioni e contrastinella giurisprudenza della Corte,con la conseguenza che essa nonsi pone, o si pone sempre meno,come fonte del diritto, ma, piut-tosto, di confusione.

Testimonianza della profondadiversità della situazione attualerispetto a quella in cui è statodisegnato il quadro delle compe-tenze delle S.U., non più chiama-te ad intervenire in casi “eccezio-nali”, ma in modo sempre piùfrequente ed ordinario, non riu-scendo così ad assolvere alla fun-zione nomofilattica assegnatale.

Venendosi in questo modo acreare un circolo vizioso, giac-chè è ragionevole ritenere che ladiffusione delle difformità (rec-tius: difficoltà) interpretative –che si accompagna al proliferaredi una legislazione selvaggia –costituisca una delle cause, nonsecondarie, dell’affollamentoavanti il Supremo Giudice dilegittimità.

È in questo contesto che s’in-serisce il nuovo approccio altema del precedente nel nostroordinamento.

E allora l’attenzione va alnuovo art. 374 c.p.c., frutto del-l’intervento legislativo sul giudi-zio in Cassazione del 2006.

Recita il primo comma novel-lato: “...il ricorso può essereassegnato alle sezioni semplicise sulla questione di giurisdizio-ne proposta si sono già pronun-ciate le sezioni unite”, mentre ilterzo che “Se la sezione sempliceritiene di non condividere il prin-cipio di diritto enunciato dallesezioni unite, rimette a questeultime, con ordinanza motivata,

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ntela decisione del ricorso”.

Ecco che, nel nuovo assettodei rapporti tra sezioni semplici eunite, a fronte di norme cheannettono un particolare valorealle pronunce della Corte, ritornala centralità del ruolo del prece-dente giudiziale.

Aperta la frontiera di un siste-ma di vincolo al precedente dellaCassazione?

Il legislatore delegato nellaformulazione dell’art. 374 c.p.c.ha eliminato il riferimento al“vincolo giuridico” della sezionesemplice al precedente delleSezioni Unite, che avrebbe postonon pochi problemi di costituzio-nalità con il precetto sancito dal-l’art. 101, comma 2°, della Costi-tuzione, della soggezione delgiudice soltanto alla legge.

Prima della riforma, le sezio-ni semplici si sono sempre rite-nute libere di decidere in mododifforme rispetto alle precedentisentenze delle S.U. in casi analo-ghi, anche se rese per dirimereorientamenti contrastanti dellesezioni semplici (si pensi al casodell’accessione c.d. invertitaadottato da Cass. sez. un. 1983dal cui indirizzo si è volutamen-te discostata Cass. 1987).

Ed è sull’onda di questo qua-dro di riferimento che l’assem-blea generale della Cassazione,chiamata ad esprimersi suldecreto legislativo attuativo dellalegge delega, ha proposto di

espungere la previsione espressadel vincolo, così che le sezionisemplici non sono tenute a pro-nunciare una sentenza di conte-nuto conforme, bensì hanno l’ob-bligo, di natura processuale (sisottolinea da alcuni), di rimette-re, pronunciando un’ordinanzamotivata, la decisone alle sezioniunite, in siffatto modo nondovendo uniformarsi alla prece-dente decisone delle S. U. masemplicemente reinvestirle dellaquestione, rimanendo così salvala loro autonomia, ma con la solaesigenza di conciliarla con quel-la delle S. U. quale SupremoOrgano della nomofilachia.

Quindi, non vincolo dellesezioni semplici al precedentedelle sezioni unite.

Anche se, si è detto, tale rifor-mulazione del vincolo in sensonegativo piuttosto che positivo(non obbligo positivamente san-cito: non sono tenute a pronun-ciare una sentenza di contenutoconforme), ha natura meramenteformale, in quanto in virtù delnuovo regime in ogni caso emer-ge che la sezione semplice nondecide la causa ad essa assegnatase non condivide quanto statuitodalle sezioni unite, ossia ogni-qualvolta intenda discostarsi dalprincipio di diritto dalla medesi-ma enunciato.

Peraltro qualcuno ponendo inrilievo un problema quanto menodi incoerenza normativa rispetto

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nte ad un altro giudizio, quello pena-

le, ove l’art. 618 c.p.p. disponeche in presenza, anche solo “infieri”, di un contrasto giurispru-denziale, la sezione della cortepuò rimettere il ricorso allesezioni unite.

Viene quindi offerta una solu-zione diversa ad una problematicaidentica: le sezioni penali hannola facoltà e non l’obbligo dirimessione della causa alle S.U.

Così aprendo la breccia a cen-sure di incostituzionalità conriferimento al principio di ugua-glianza, art. 3.

Nell’art. 374 c.p.c. si parlapoi di “principio di diritto” enun-ciato dalle Sezioni Unite, sicchèciò è stato posto in correlazionecon la necessità di coordinarlocon l’art. 366 bis c.p.c. introdot-to con la medesima riforma e orasoppresso dall’ultima novella, ilquale imponeva al ricorrente, apena di inammissibilità delmezzo di impugnazione, di con-cludere l’illustrazione dei motividi ricorso con la formulazione diun quesito di diritto.

Ora il dibattito sul tema èdestinato ad evolversi con larecentissima formulazione del-l’art. 360 bis c.p.c. che ha postoil c.d. filtro di non ammissibilitàdel ricorso ove il provvedimentoimpugnato abbia risolto questio-ni di diritto in modo conformerispetto a precedenti decisionidella Corte, e non offra elementi

per mutare l’orientamento dellastessa.

Simili interventi, a freddo,inducono a pensare ad un abban-dono del pluralismo delle opinio-ni per una concezione burocrati-ca dell’attività giurisdizionale.

Si potrebbe dire, invece, chesi è di fronte ad un codificatogiudizio di legittimità con fun-zione nomofilattica, essendofuori discussione che il ruolodella Corte di Cassazione siaquello di attuare lo jus constitu-tionis piuttosto che lo jus litiga-toris (Presidente Carbone).

E, d’altra parte, l’esaltazionedella funzione nomofilatticaappare sempre più importante inun contesto di proliferazioneabnorme di leggi, spesso disor-ganiche e disancorate da un siste-ma unitariamente e coerente-mente pensato. Come tale, quin-di, generatore del massiccioespandersi del numero dei ricorsie dell’esigenza, consequenziale,di fissare il principio di dirittocome regula juris applicabile aicasi da decidere.

Peraltro, si è anche messo inevidenza come, nella nostra espe-rienza, il ruolo del precedente siaprofondamente diverso rispettoalla common law, dove la “cultu-ra” del precedente – che diventadopo “autorità del precedente” –matura in un contesto del tuttodifferente e del diritto e del pro-cesso (la decisione del giudice è

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ntetendenzialmente definitiva, un

riflesso significativo consiste nelfatto che il diritto all’impugna-zione dinanzi alle corti superioriè soggetto ad un’espressa auto-rizzazione: autorizzazione a pro-porre appello, che comporta unastrettissima selezione dei casigiudicati dalle “House of Lords”,che attua l’esigenza di concentra-re la propria attenzione su unristretto numero di casi che solle-vano questioni giuridiche “diimportanza pubblica generale”).

Potrebbe dirsi che questi duesistemi si sono leggermenteavvicinati, ma in modo superfi-ciale, giacchè le recenti novellenon valgono a trasformare laCorte in qualcosa che non è enon potrebbe essere, per la diver-sa concezione di guardare, pen-sare ed applicare il diritto giuri-sprudenziale, che non è una giu-stizia della decisione del casoconcreto.

Ecco perché il parlare di isti-tuto ibrido, di ambiguità dellasituazione attuale, dovrebbe,invece, indurre, ad una riflessio-ne in più, giacchè la Corte di cas-sazione non si avvia a diventareuna “corte del precedente”(Taruffo) nel senso dei paesi dicommon law, quanto piuttostosapiente punto di equilibrio e disnodo fra le diverse istanze edemergenze che su questo tema siaddensano.

Il principio di “certezza”,

sicuramente garantito da unaprassi ispirata allo stare decisis,deve essere, però, combinato edarmonizzato con quello dellalibertà di interpretazione di ogniGiudice tutte le volte in cui siponga l’esigenza dello Sviluppoe del Progresso del Diritto in undato momento o contesto socialedi riferimento.

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La g

iust

izia

e i

min

ori Nel 2009 due ragazzi stranie-

ri si sono tolti la vita all’internodi carceri minorili: uno a Firenzeed uno a Bari.

Due storie di vita diverse con-traddistinte però da due condi-zioni, quella dell’essere stranie-ro e quella della detenzione, chele rende simili a tante altre.

Il ripetersi a breve distanza ditempo di questi atti di assoluta edirrimediabile disperazione, costi-tuisce un segnale inquietante cheimpone una riflessione sullarealtà degli istituti minorili: ilsuicidio, infatti, è un accadimen-to del tutto inconsueto in quelmondo, l’ultimo era stato nellontano 2003.

Non sono però solo questifatti eclatanti a destare preoccu-pazione quanto le molte segnala-zioni di episodi più o meno graviche indicano il progressivo ecostante aumento, all’internodegli istituti minorili, di fenome-ni e di autolesionismo e di vio-lenza sia in danno di altri detenu-ti che in danno di agenti dellapolizia penitenziaria.

Tutto questo rende evidente lacrescente sofferenza nei ragazzidetenuti e la situazione esplosivache da un po’ di tempo si stavivendo all’interno degli istitutiminorili, fatti che stanno ridu-cendo progressivamente ladistanza che tradizionalmente liseparava da quelli per gli adulti.

E’, quindi, importante dedica-

re qualche riflessione a questisegnali di disagio che provengo-no dal mondo dei giovani ristret-ti cercando di comprenderne leragioni.

Certo non è questa la sede pereffettuare un’approfondita anali-si delle condizioni della deten-zione dei minorenni, mi soffer-merò, pertanto, solo su alcuninodi che mi sembrano evidenti.

Gli istituti penitenziari mino-rili, così come quelli per i mag-giorenni, hanno avuto negli ulti-mi anni problemi di sovraffolla-mento e carenze negli organicidel personale e della poliziapenitenziaria.

Questo, però, non è il riflessodi un incremento numerico delfenomeno della criminalità mi-norile: anche se negli ultimi anniè aumentata la percezione gene-rale di insicurezza sociale e,quindi, in egual modo, quellalegata alla devianza giovanile,l’analisi dei dati evidenzia che ilnumero delle denunce a caricodei minori non è aumentato.

Anche per quanto concernegli arresti c’è stato un picco neglianni 2004-2005 ma ora, a partiredal 2006, sono in progressivadiminuzione.

Sono però molto cambiati,rispetto anche ad un passato nonpoi così lontano, i connotati deifenomeni della devianza minori-le ed è mutato, quindi, anche il

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Il carcere minorile e la rieducazione: le aspettative tradite

Maria De LuzenbergerMilnernsheim*

*SostitutoProcuratore dellaRepubblica presso il Tribunale deiMinori di Napoli

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oriprofilo dei minori che fanno

ingresso in istituto.Oggi si potrebbe dire, effet-

tuando una grande generalizza-zione, che l’utenza degliII.PP.MM. è divisa in due grandicategorie: una, in progressivodecremento numerico, costituitadai detenuti stranieri, provenien-ti da paesi extracomunitari oneocomunitari, che costituisconocirca il 41% dell’intera popola-zione carceraria (il dato è riferitoall’anno 2009), che si rendonoautori di reati non gravi fra iquali, però, elevatissima è l’inci-denza della recidiva.

L’altra categoria, in costanteaumento, è costituita dai detenu-ti italiani autori di reati gravi oche appaiono in qualche modoinseriti in circuiti del crimineorganizzato o, comunque, nellacultura che a quei circuiti appar-tiene.

In Campania, che è la realtànella quale opero, si è evidenzia-ta così la tendenza dei detenutiitaliani a dividersi in gruppi che,in contrapposizione fra loro, agi-scono secondo logiche di sopraf-fazione e dominio riproducendodivisioni e dinamiche proprie delmondo del crimine organizzato.

L’analisi dei dati evidenziaanche come negli ultimi anni, afronte dell’indicata trasformazio-ne nel mondo della devianzaminorile, siano cambiate le rispo-ste del sistema giudiziario: sono

aumentati, infatti, i minori ristret-ti in misura cautelare e quelli chescontano condanne definitive apene detentive lunghe.

La trasformazione della popo-lazione carceraria ha quindi por-tato all’interno delle struttureproblematiche nuove che, nel-l’attuale assetto e per il generaleimpoverimento delle risorse, nonsi è in grado di affrontare.

Alla luce di questa analisi isegnali di sofferenza negli istitu-ti penali minorili non appaionocerto determinati da fattori con-tingenti o da particolari situazio-ni emergenziali: bisogna infattiprendere atto che essi sono ilfrutto di condizioni che tendonocronicizzarsi e che impongonouna nuova modulazione degliinterventi rieducativi o, comepiù spesso appare necessario,educativi.

La necessità di trovare nuoveformule trattamentali, però, siscontra col dato obiettivo che ifondi pubblici destinati agli isti-tuti sono sempre meno: molti deilaboratori e dei progetti attivioggi nei penitenziari sopravvivo-no solo per la buona volontà delpersonale e di volontari e peraiuti economici che provengonoda privati.

I tagli dei finanziamenti per lascuola, inoltre, non consentonoche questa possa sempre essereorganizzata in modo stabile intutti i penitenziari e la frequenza

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ori scolastica per alcuni dei minori

costituisce non solo un diritto maanche un obbligo.

Altro nodo centrale ed irrisol-to è, poi, quello dei detenuti nonitaliani e mi riallaccio al punto dipartenza della mia riflessioneperché i due ragazzi suicidi eranoappunto stranieri.

È, infatti, ovvio che la lorocondizione sia aggravata dalledifficoltà legate alla diversità dilingua e di cultura e ciò, soprat-tutto, considerate le carenze dimediatori culturali.

Il problema per questi mino-renni è, però, molto più ampio eriguarda più in generale la possi-bilità per loro di fruire e di avereaccesso a tutti quegli istituti pre-visti dal diritto minorile che atte-nuano il rigore dell’interventogiudiziario conferendogli conno-tati di mitezza.

Mi riferisco non solo allemisure alternative alla detenzio-ne prima e dopo la condanna maanche a quegli istituti, come lamessa alla prova, che consentonoai minori la fuoriuscita dal cir-cuito penale.

L’intervento giudiziario peressere mite richiede infatti l’esi-stenza di una rete protettiva forteche si stringa intorno al minore eche lo sostenga nel suo percorsorieducativo.

Attualmente anello essenzialedi questa rete, almeno per quantoriguarda la realtà meridionale

che più conosco, è costituitodalla famiglia: i servizi sociali,infatti, per la penuria di strumen-ti umani e materiali, non sono incondizione di fare fronte a situa-zioni nelle quali manchi o siacarente il contesto familiare dalquale il minore proviene e questoovviamente rende la detenzione,di fatto, quasi sempre l’unicaalternativa possibile per gli stra-nieri i cui genitori siano in posi-zione irregolare nel nostro paese.

So che a Milano si stannosperimentando dei modi per con-sentire anche ai ragazzi stranieridi essere ammessi alla prova, masi tratta di realtà isolate.

In questo quadro generale è,quindi, con evidenza, molto dif-ficile attuare efficaci percorsi rie-ducativi e gli istituti penitenziariminorili tendono, purtroppo,sempre più, a diventare sempliciluoghi di detenzione nei quali leistanze di difesa sociale trovanosoddisfazione ma solo nell’im-mediato: se non si è in grado dilavorare per preparare il futurodei singoli minori che si trovanoa transitare negli istituti, infatti,non si può garantire in alcunmodo l’effetto di prevenzionegenerale della pena con evidentiricadute in termini di sicurezza.

Le risposte ai tanti problemiche ho evidenziato, ovviamente,dovrebbero essere molteplici.

Oltre al dato scontato cheoccorrerebbe destinare più risor-

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orise a tutti i sistemi educativi desti-

nati ai minorenni e, quindi, ancheagli istituti penitenziari che liaccolgono, certamente sarebbenecessario affrontare ancheun’organica revisione del sistemadelle pene: in Italia il carcere haancora uno spazio eccessivocome risposta alla devianza deiminorenni e questo in totale vio-lazione dei principi espressi inmolte convenzioni internazionalied in numerosi documenti delleistituzioni europee.

Il nostro ordinamento giuridi-co, in modo del tutto contraddit-torio, prevede per i minorenni unsistema processuale e delle misu-re cautelari diversi da quelli pre-visti per i maggiorenni.

Si tratta di un complesso dinorme assai moderne che vengo-no prese a modello all’estero mache costituiscono un sistemaincompleto.

Dopo la condanna, infatti,non c’è più distinzione fra mino-renni ed adulti, le sanzioni sonole stesse e la regolamentazionedella detenzione è la medesima.

Manca, infatti, un impianto dipene alternative che si ponga inlogica continuità con quello dellemisure cautelari e che permettaveramente di valutare la deten-zione come extrema ratio daapplicare solo per i reati piùgravi o per casi di recidiva.

Manca, poi, anche un ordina-mento penitenziario che discipli-

ni l’esecuzione della pena per icondannati minorenni.

La legge del 354/75, secondoquanto disposto dall’art. 79,avrebbe dovuto trovare un’appli-cazione solo temporanea neiconfronti dei minorenni sino allapubblicazione di una specificanormativa cosa, però, mai avve-nuta.

Questa dimenticanza, segnodella sciatteria legislativa checaratterizza tutto il diritto mino-rile, ha imposto alla Corte Costi-tuzionale numerose declaratoriedi illegittimità e costringe ad unaperenne attività interpretativacostituzionalmente orientata imagistrati di sorveglianza.

Andando ancora più avanti edoltrepassando probabilmente ilconfine di ciò che sarebbe possi-bile attuare in tempi brevi, occor-rerebbe anche una revisione tota-le della politica penitenziaria peri minorenni: sarebbe bene passa-re infatti ad un sistema di carceridi dimensioni ridotte, con laforma di comunità educativa,con più educatori e strutture“semi-aperte”.

Se non si decide di interveni-re nel campo dell’esecuzionedelle pene è evidente il rischioche l’intero sistema del dirittopenale minorile naufraghi perl’implicita rinunzia alla funzionerieducativa della pena determi-nata dalle condizioni nelle qualiessa oggi viene attuata.

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