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GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 2013 conquiste del lavoro SPECIALE EURO-VISIONI. Come e perchè gli Stati dell’Eurozona annaspano e affondano nelle sabbie mobili dei bilanci C hi è Olli Rehn e perchè Bruxelles e Francoforte non concedono agli Stati europei nessun margine per la crescita? Nonostante le cure e le scuri, l’Italia - come altri Paesi - continua infatti ad accumulare debito anche per colpa di interessi crescenti derivanti da impegni assunti nell’architettura di nuovi strumenti finanziari (come il Fi- scal Compact) e nuovi trattati come quello istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, il cui operato dei mem- bri, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell’immunità da ogni forma di pro- cesso giudiziario (art. 32). Ma come è potuto accadere che l’Eurozona schiacciasse democrazia e corpi interme- di (partiti, sindacati) se i padri fondatori del sogno euro- peo avevano architettato un’Unione europea basata su Trattati che garantivano ”una crescita sostenibile, un ele- vato grado di convergenza dei risultati economici, un ele- vato livello di occupazione e di protezione sociale, il mi- glioramento del tenore della qualità della vita, la coesio- ne economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati mem- bri”? A dare forza a questo interrogativo ora c’è anche un documento della Ces che avverte: “L’austerity è illegale”. La Confederazione europea dei sindacati alza il tiro e denuncia: “L’austerity è illegale”. Numeri alla mano, il regolamento 1466/97 ha imposto un bilancio prossimo al pareggio o in attivo, il che equivale ad un indebitamento nell’anno pari allo 0%. E la crescita diventa impossibile. Non è questa l’Europa disegnata da Jacques Delors; non è questo l’euro “coniato” da Otto Pöhl, allora presidente Bundesbank, che aveva presieduto la ’Buba’ nella difficile fase della riunificazione tedesca. Non era una mera questione di percentuali. Le norme di Pöhl (deficit/pil e debito/pil) costituivano lo strumento specifico messo a disposizione degli Stati per l’attuazione delle loro politiche economiche volte all’obiettivo della crescita, tanto essenziale per gli Stati, quanto lo sono le ali per gli uccelli. Una volta che se ne fossero privati, gli Stati non sarebbero stati in grado di volare. Costretti a terra, sarebbero divenuti vittime di un processo generalizzato e dal ritmo gradualmente crescente di impoverimento. Ed è ciò che si è verificato. Dossier a cura di Raffaella Vitulano ed Ester Crea Chi comanda in Europa?

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GIOVEDÌ12DICEMBRE2013

conquiste

dellavoro

SPECIALE

EURO-VISIONI.Comeeperchè gli Stati dell’Eurozona annaspanoeaffondanonelle sabbiemobili dei bilanci

Chi è Olli Rehn e perchè Bruxelles e Francoforte nonconcedono agli Stati europei nessun margine per la

crescita?Nonostante le cure e le scuri, l’Italia - comealtriPaesi - continua infatti ad accumulare debito anche percolpa di interessi crescenti derivanti da impegni assuntinell’architettura di nuovi strumenti finanziari (come il Fi-scal Compact) e nuovi trattati come quello istitutivo del

Meccanismoeuropeodi stabilità, il cuioperatodeimem-bri, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunqueli detenga, godono dell’immunità da ogni forma di pro-cesso giudiziario (art. 32). Ma come è potuto accadereche l’Eurozona schiacciasse democrazia e corpi interme-di (partiti, sindacati) se i padri fondatori del sogno euro-peo avevano architettato un’Unione europea basata su

Trattati chegarantivano”unacrescita sostenibile, unele-vatogradodi convergenzadei risultati economici, unele-vato livello di occupazione e di protezione sociale, il mi-glioramento del tenore della qualità della vita, la coesio-ne economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati mem-bri”?Adare forza aquesto interrogativoora c’èancheundocumentodella Ces cheavverte: “L’austerity è illegale”.

La Confederazione europea dei sindacati alza il tiro e denuncia: “L’austerityè illegale”. Numeri allamano, il regolamento 1466/97 ha imposto un bilancio

prossimo al pareggio o in attivo, il che equivale ad un indebitamentonell’anno pari allo 0%. E la crescita diventa impossibile. Non è questa l’Europa

disegnata da Jacques Delors; non è questo l’euro “coniato” da Otto Pöhl,allora presidente Bundesbank, che aveva presieduto

la ’Buba’ nella difficile fase della riunificazione tedesca.Non era unamera questione di percentuali. Le norme di Pöhl (deficit/pil

e debito/pil) costituivano lo strumento specificomesso a disposizione degli Statiper l’attuazione delle loro politiche economiche volte all’obiettivo

della crescita, tanto essenziale per gli Stati, quanto lo sono le ali per gli uccelli.Una volta che se ne fossero privati, gli Stati non sarebbero stati in grado di volare.

Costretti a terra, sarebbero divenuti vittime di un processo generalizzatoe dal ritmo gradualmente crescente di impoverimento. Ed è ciò che si è verificato.

Dossiera curadi RaffaellaVitulanoedEsterCrea

ChicomandainEuropa?

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L'ora della veritàgiungerà? E diquale verità siparla? Si parla di

questo: può la moneta inquanto massa monetaria,circolazione del capitalein un sistema finanziarioevoluto, trasformarel'economia reale con ilsuo solo tocco? Quest'illu-sione monetarista è quel-la che serpeggia da moltianni e che le drammati-che ore che stiamo attra-versando ogni giorno, in-catenati come siamo al Ti-tanic europeo, alimenta-no. Che cos'è il Titanic eu-ropeo? È un insieme dimacro-rigidità imposte aisingoli stati che formanol'incompiuta confedera-zione europea, fissandomacro-obiettivi relativi aidebiti sovrani. Un eventomai verificatosi nella sto-ria del mondo soprattuttoperché questi ma-cro-obiettivi mancano dilegittimità, ossia non so-no stati votati da un parla-mento sovrano, ma dauna tecnostruttura di de-cine di migliaia di funzio-nari che rispondono ap-punto a una commissioneche si regge sulla coopta-zione di commissari e am-basciatori che non obbedi-scono a un parlamento,quello europeo, perchéesso è privo del principiodi sovranità, non avendola facoltà del potere ese-cutivo, ossia dell'imple-mentazione delle leggiche esso emana.La commissione decide informa autoreferenzialesu input delle tecnostrut-ture governative non elet-te. Il parlamento crea unospazio argomentativo,ma non governa né l'atto,né il tempo della realizza-zione della legge in prati-ca di governo. Questa mo-struosa costruzione è mol-to simile ai meccanismi digoverno tipici di quelloche fu l'impero sovieticoe di quello che oggi è l'im-pero cinese: i cittadini vo-tano, le nomenclature de-cidono senza udire i citta-dini ma blandendoli. Cer-to, è una somiglianza pro-

cedurale, perché in Euro-pa non esistono lager o gu-lag, anzi ci si sgola sui dirit-ti anziché sui doveri e siapprovano addiritturaazioni militari per impor-re la democrazia che l'Eu-ropa non applica a se stes-sa.Come è noto, in questomodo, si è sottratta aglistati che ancora formanol'Europa uno dei principiessenziali della loro vita:quello di battere monetae di deciderne la circola-zione quantitativa e quali-tativa.Quel gran maestro del di-ritto che è il professor Giu-seppe Guarino ha già elo-quentemente dimostra-to che questa situazioneè frutto di una sorta dicolpo di stato effettua-to da commissioni chedovevano essere regola-mentatrici e che invece sisono trasformate in ordi-natrici, trasformando ilprogetto di crescita euro-peo in un progetto di con-trollo del deficit europeo,ossia di esportazione delmodello teutonico a tuttal'area europea. I ma-cro-vincoli funzionano so-lo nel caso tedesco, per-ché sono tipici di econo-mie export lead con ecces-si della bilancia commer-ciale, alte quote di produt-tività del lavoro e creazio-ne di una sorta di protezio-nismo sui mercati esteriche il surplus commercia-le genera a svantaggio del-le altre economie non ec-cedentarie dal punto di vi-sta del commercio esteroe costantemente squili-brate sul piano della pro-duttività rispetto al mo-

dello tedesco.Da alcuni anni, ossiadalla nomina di MarioDraghi alla Bce impo-sta dagli Usa a dei ri-luttanti tedeschi, sicerca di compensarel'effetto devastantedella macro-rigiditàcon lo strumento mo-netario. O allargando-ne la massa, o abbas-sandone il costo.Questo per argi-nare il perico-lo costan-te di

d e -flazio-ne chequeste ma-cro-rigidità gene-rano.Ma si tratta di unmodello astrat-to, in cui cade an-che il povero Dra-ghi che ha dimenti-cato i principi stessi dell'economia classica. La cir-colazione denaro-mer-ce-denaro non avvienenel vuoto pneumatico,ma attraverso gli interme-diari finanziari. Il proble-ma è che codesti interme-diari finanziari, in primo

luogole banche, so-

no sconquassatedalla duplice cri-

si, di eccesso dirischio finanzia-

rio e di scarsitàdella domanda ag-

gregata. Le macro-rigiditàdi cui parlavamo prima so-no state applicate anchealle popolazioni organizza-tive bancarie.Si continua a non dividerebanche d'affari da banchecommerciali e si imponela stupidità della sovraca-

pitalizzazione che dovreb-be arginare gli eccessi di ri-schio, pronti a svelarnel'inefficacia e a riversarnei costi sui correntisti e suidepositanti, come la vi-cenda cipriota ha dimo-strato a tutti. Ma non si ètrattato che di una provagenerale per preparare ilgrande evento che segui-rà agli stress test della co-siddetta unione bancariaeuropea che sarà la rapi-

na a mano europea deiconti degli ignari sudditieuropei.Detto ciò, ritorniamo all'illusione monetaria. Ildenaro, emesso o scon-tato dalla Bce, non si but-ta dagli elicotteri sulle

strade, così che i cittadini,imprenditori od operaiche essi siano, possanoraccoglierlo e impiegarloper consumare o investi-re. In questo modo si cree-rebbero quelle che Ka-letsky chiamava le espor-tazioni interne, ossia occa-sioni di investimento di-rette a creare occupazio-ne e ad aumentare la mas-sa salariale che è l'unicavia per arginare la defla-zione.Il problema è che l'Euro-pa, che pure dispone ditutto, di questi elicotterinon dispone. Ma i singolistati non dispongono nep-pure degli strumenti ele-mentari per creare code-ste esportazioni interne,ossia una spesa pubblicadiretta all'investimento enon allo spreco, creandosane imprese pubblichetecnocraticamente gesti-te.Rimane altresì lo strumen-to di agire attraverso l'ab-

bassamento del carico fi-scale, strumento più con-sono alla stupidità liberi-sta oggi in voga, ma code-sta stupidità liberista siscontra con la dura realtàdei tetti sui deficit che ilmodello parasovietico eu-ropeo ha imposto a tuttigli stati. E che tutti gli statihanno addirittura sotto-scritto facendoli diventa-re dettati costituzionali.Questo è incredibile, vera-mente incredibile.Certo, capisco coloro chepensano che tutto ciò siaaccaduto per via del lavo-rio di un nucleo di oligar-chi finanziari. Io stesso hoparlato di colpo di statodei manager stockoptioni-sti.Ma la logica degli interes-si che poteva valere per iClinton o per i Blair e pertanti nostri leader nostra-ni che oggi dispensano pa-reri mentre prima dispen-savano favori certo esi-ste, ma non spiega tutto.Quello che spiega tutto èil prevalere della culturasull'economia, in questocaso della sottoculturamonetarista, liberista, delprevalere tecnocraticodelle banche centrali ri-spetto alla saggezza deigovernanti che un tempoleggevano Socrate o Plato-ne, invece che,Hajek oPopper.Che un tempo sapevanodistinguere tra giustizia eingiustizia, e non solo traprimarie e controprima-rie.Quando l'impero ingleseera in fasce, Gibbons scri-veva sulla decadenza dell'impero rmanoquasi perdare un monito a coloroche sarebbero divenuti idominatori del mondoper un lunghissimo perio-do. Adesso l'impero euro-peo decade quando non èancora nato. Forse per-ché non ha ascoltato maicoloro che a Gibbons siispiravano e che alla su-perbia e all'arroganza vo-levano sostituire l'umiltàdella meditazione sullastoria.

* economistaPer gentile concessione di

”Il Sussidiario.net”

L’euro, questoL’illusionemonetaria

cifaràaffondare

L’Europa cattiva maestraPrima di finire ingabbiatinel Fiscal Compact e neiparametri di Maastricht

l’Italia aveva avuto la possibili-tà di fare quelle riforme che og-gi le avrebbero consentito diguardare con un’altra prospet-tiva agli anni che abbiamo da-vanti. Peccato che in un paio dipassaggi cruciali - ben primache il leggendario panfilo Bri-tannia si avvicinasse alle no-stre coste e alle nostre impre-se - e sempre nel tentativo diseguire i dettami europei, ab-biamo clamorosamente man-cato il bersaglio. Per capire co-sa è andato storto, in quegli an-ni in cui l’Italia dismetteva lepartecipazioni statali riuscen-do contemporaneamente a farlievitare il debito pubblico oc-corre affidarsi alle testimonian-ze dei protagonisti di allora.Tra questi Nino Galloni, econo-mista ed ex direttore del mini-

stero del Lavoro, che in un’in-tervista rilasciata al videoblog-ger Claudio Messora segnaladue snodi chiave: il primo si col-loca negli anni Settanta, quan-do l’industria italiana viaggia-va a livelli di eccellenza e si trat-tava di decidere il percorso diavvicinamento all’Europa. Eb-bene - spiega Galloni - tra unastrategia più modereta che fa-ceva capo tra gli altri a Moroed al governatore della Bancad’Italia Paolo Baffi ed una piùestremista che faceva proprial’idea che si dovesse combatte-re la classe politica corrotta eclientelare attraverso la cessio-ne di porzioni di sovranità, pre-valse quest’ultima. Si cominciòallora dalla sovranità moneta-

ria. In pratica, per impedire al-la classe politica corrotta eclientelare di avere potere, difatto, silimitò la possibilità del-lo Stato di fare investimentipubblici produttivi. Fu allora -e siamo agli anni Ottanta - chela classe politica cominciò adoccuparsi solo di nomine e pol-trone, perdendo di vista queisettori strategici che fino ad al-lora erano stati il cuore dellepartecipazioni statali: l’ener-gia, le infrastrutture, i trasportie via dicendo. L’altro passag-gio chiave avvenne con il divor-zio tra Tesoro e Banca d’Italia.Fino ad allora se un’emissionedi titoli di Stato non venivacompletamente coperta, laBanca d’Italia comprava il re-

stante. Questo consentiva dimantenere bassi i tassi di inte-resse dei titoli di Stato. L’inter-pretazione rigida della separa-zione tra Bankitalia e Tesoro,invece, fece sì che la Bancad’Italia smettesse di comprarei titoli di Stato invenduti, spin-gendo all’innalzamento dei tas-si di interesse. “Io feci un ap-punto e ci fu una discussionecol ministro del Tesoro - rac-conta Galloni - in cui dimostraioltre ogni ragionevole dubbio,applicando semplicissimi tassidi capitalizzazione - come san-no tutti gli economisti - che ildebito pubblico sarebbe rad-doppiato e avrebbe superato ilPil”. L’avvertimento di Galloni,però, cadde nel vuoto. Qual-

che anno dopo l’economista -era il 1989 - si ritrovò al verticedel ministero del Bilancio perun paio di mesi: il tempo di apri-re uno scontro con Mario Mon-ti, all’epoca membro della com-missione Spaventa sul debitopubblico e rettore della Bocco-ni, convinto assertore di unapolitica di forte europeizzazio-ne anche a dispetto di un debi-to pubblico che stava semprepiù lievitando. “Dopo questoincontro - racconta Galloni - siscatenò l’inferno, perché arri-varono pressioni dalla Bancad’Italia, dalla FondazioneAgnelli, dalla Confindustria evenni a sapere che persino uncerto Helmut Kohl aveva telefo-nato al Ministro del Tesoro Gui-do Carli per dire: c’è qualcunoche rema contro il nostro pro-getto”. Ma questa è un’altrastoria.

E.C.

di GiulioSapelli *

L’Unione europea, daprogetto di crescita a progetto di controllo del deficit

Il Titanic europeo è un insiemedimacro-rigidità imposte agliStati fissandomacro-obiettivirelativi ai debiti sovranichemancano di legittimità,ossia non sono stati votati daun parlamento sovrano

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Bruxelles (nostro servizio) - Inprincipio era il Fiscal Com-pact: un’autentica violazio-ne dei trattati europei se-

condo un manifesto firmato da ol-tre cento economisti di tutta Euro-pa. Ora il mondo accademicoUe al-za il tiro. “L’austeritàè illegale”, tuo-naAndreas Fischer-Lescano, docen-te al Centro di politica e legge euro-pea dell’università di Brema, in unostudio commissionato dal sindaca-to austriacoOgb, la Camera federa-le del lavoro austriaca, Ces ed Etui.Per il solo fatto di essere parte dellatroika insieme al Fondo monetarioeuropeo, Commissione europea eBce, è la tesi del documento, stan-no,di fatto, contravvenendoal dirit-to primario dell’Unione, perché ilTrattato di Lisbona include la CartaUe dei diritti fondamentali. Gli Statimembri che approvano il protocol-lo d’accordo delMeccanismo euro-peodi stabilità nell’ambito del Con-siglio Ue, sostiene Fischer-Lescano,sono tenuti a rispettare i diritti fon-damentali. La crisi, aggiunge il pro-fessore, non può essere un prete-sto per rendere inoperosa la leggeUe:nonpuòesserci nessu-na sospensione dei diritti,con la scusa dell’austeri-ty. E questo non lo diceun accademico, che inrealtà si basa su quantoaccaduto proprio in unPaese membro, con laCorte costituzionaleportoghese che, infatti,ha agito proprio in que-sto senso, definendo ille-gale l’azione della troika.“Il Parlamento europeononpuò ignorare tutto ciò -osserva - Fischer-Lescano -edevebloccarequestapoliti-ca parallela che stamettendoin ginocchio l’Europa”. I sinda-cati europei, nota il segretariogenerale della Ogb, BernhardAchitz, “hanno combattuto alungo e duramente contro l’au-sterità, e ora chiedono legittima-mente un cambiamento fonda-mentaledella lineapolitica.Neab-biamoabbastanza - aggiunge il sin-dacalista austriaco - di tagli allaspesa sociale, restrizioni ai dirittisindacali di base come l’attuale in-debolimento, se non addirittural’eliminazione della contrattazione

collettiva o gli interventi sui salariminimi”. Ecco perché, al fine di da-re sostanza giuridica alle loro recri-minazioni, Ces,OgbeCameradel la-voroaustriacahanno commissiona-touna verae propriaopinione lega-le su quanto sta accadendo in que-stimesi in Europa, a cominciaredal-la legittimità della troika ad agire.“E i risultati sonomolto chiari: l’au-sterità, che è socialmente ingiustaed economicamente irragionevole,deve finire immediatamente, per-ché oltre a essere pessima per i cit-tadini e per l’Europa, è ormai dimo-strato che è assolutamente ille-

gale”, dice Achitz. Il rapporto delprofessor Fischer-Lescano, spiegala Ces in un comunicato, rafforza laposizione del sindacato europeo,che da tempo chiede un’inversionedi tendenza, e cioè un piano euro-peodi investimenti pari al 2per cen-to del Pil Ue, ogni anno per almeno10anni. “Investimenti nelwelfare enei servizi sociali devono sostituirele politiche di austerity che punta-no solo sul breve ter- mine”, af-

ferma il segretario ge- nera-

le dell’Ogb,“questo significa che laCarta Ue dei diritti fondamentalinonpuò restare undocumento sen-za valore, ma deve essere rispetta-ta dalla politica europea”. Da quan-do è cominciata la crisi, rincara Ve-ronicaNilson, segretario confedera-le della Ces, “gli Stati membri han-no attuato molte misure per taglia-re la spesa pubblica e ridurre i defi-cit; l’austerità ha colpito i diritti so-ciali e portato a una sostanziale de-regulationdel-

le leggi nazionali del lavoro, così co-meal veroeproprio smantellamen-to dei sistemi di contrattazione col-lettiva”. E la situazione, aggiunge ildirigente dell’Etuc, “è ancora peg-giore in quei Paesi sotto program-madi recupero ‘gestito’ dalla troika(da cui l’Irlanda è uscita di recentendr)”. Fmi, Bce e Commissione, ri-corda Nilson, “hanno imposto taglial salario minimo e interferito pe-santemente con la contrattazionecollettiva, rendendola effettiva so-

lo al livello aziendale, con al-cune presunte orga-

nizzazionidei la-voratori chehanno ottenutola competenza distringere accordisu salari al di sottodel livello negoziatocollettivamente daisindacati”. Lo studio diAndreas Fischer-Lesca-no, sottolinea la Ces,legittima, dunque, gliargomenti del sinda-cato di Bruxelles, chepuò ora contestaredal punto di vistaeminentementelegale le ragioni(politiche edeconomiche)dell’austeri-tà,unaltrosuc-cesso dopo ilpareredelConsi-glio d’Europa sulcaso Laval favore-vole alle ragioni delsindacato svedese edell’Etuc.

˘Pierpaolo Arzilla

sconosciuto

QuandoModiglianidichiaròguerraallaGermania

IlsindacatoUealzailtiro:“L’austerityèillegale”

Documento: LaCommissioneeuropeae laBce starebbero violando i trattati comunitari

Lacrisi in cui l’Europa è sprofondatanegli ultimi anni ha radici lontane.Quindici anni fa, quando l'Unione

monetaria era agli inizi e avevadavantia sé la possibilità di scegliere comemuoversi, Franco Modigliani, insiemeadungruppodi economisti internazio-naliscrisseun“manifesto”per l'Europasociale e del lavoro, basata su un ritor-no alle politiche keynesiane, da oppor-reall'Europa“deibanchieri”edellamo-neta. A rileggere oggi quelle pagine, sitrova l’esatta fotografia di quanto sa-rebbeavvenutosolopochiannipiùtar-di.“Innanzituttopartiamodall'assiomachedifficilmente ci sarà impiegodima-nodopera in assenzadidomanda - scri-veva Modigliani -. E se l'Europa vedelanguire gli investimenti produttivi checreano posti di lavoro la colpa è dellapoliticamonetaria restrittiva seguita fi-nora.Lamancanzad'investimentiaddi-ritturadimostra che i tassi sono troppoalti:devonoscenderedrasticamentefi-no a determinare una crescita annuadegli investimentidel10-15%perdiver-si anni consecutivi". E agli economisti obanchieri spaventati da possibili fiam-mate inflazionistiche generate da que-

stamassiccia cura a base di denaro piùfacile,Modigliani replicava:“E'unerro-retipicamenteeuropeoquellodivede-reun legame tra tassi e inflazione.Nonc'entraniente: l'inflazioneèdatadauneccesso di domanda, rischio che bendifficilmente si correrà in Europa fino aquando ci sarà disoccupazione, e checomunque si terrebbe sotto controlloimpedendouna rincorsadei salari”.Modigliani scrivevaepensavaallaBun-desbank, oggetto in quegli anni di me-morabili invettive da parte del premioNobel per l’Economia. Nel maggio del’97, in un’intervista rilasciata all’A-dnkronos nel suo studio al Mit, adesempio, dichiarava: “I tedeschi sonodeibuffoni, nonsannocosavuol dire lacontabilità,nonconoscono,ofannofin-ta di non conoscere, il concetto di defi-cit e la differenza tra spese correnti eentrate correnti. Rivalutare le riservenon è un’entrata corrente, è solo unabuffonata,edèmoltopeggiodellebuf-fonate cheha fatto l'Italia”. Poi aggiun-geva: “In Germania devono capire cheora se vogliono star fuori dall'Unioneeconomica e monetaria, ed io ho il so-spetto che vogliano proprio questo, lo

devono dire e gli altri andranno avantisenzadi loro. Se invece voglionoentra-re non facciano i pignoli, non facciano iragionieri: 2,7, 2,8, 3 per cento. Se vo-glionoentrare aMaastricht congli altripossonofarlo,masmettanodidarci le-zionidi credibilità”.Il nodo vero, per Modigliani, era ed èsempre stato quello dell’occupazione.Così, non ebbe dubbi a schierarsi conJospin,quandoilprimoministrofrance-se chiese di inserire fra i parametri perla costruzione dell’Euro anche il tassodi disoccupazione. La richiesta ovvia-mente non passò. Ma l’economista ri-conobbeaJospindi averavutoalmenoil coraggiodi sollevareunproblemavo-lutamente taciuto dalla Germania. Ilperché, come spiegava Modigliani, èsemplice: la Buba non avrebbe volutol’Europerché, in suamancanza, la verabancacentraleeuropeaavrebbeconti-nuatoadessere laBundesbank. In fon-do,ladebolezzastrutturaledellamone-ta unica, trae origine da quel peccatooriginale: i parametri di riferimento fu-rono disegnati a misura di chi in cuorsuoneauspicava il fallimento.

Ester Crea

IlNobelModigliani scrivevagiàanni fa: ”Se l'Europavede

languiregli investimentiproduttivichecreanoposti di lavoro la colpaèdeiparametri di riferimento, chefuronodisegnati amisuradi chi in

cuor suoneauspicava il fallimento”

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Unaquestionesolo apparentemente

giuridica eppuresquisitamente

politica: lamonetaunica comeprezzo

pagato dalla Germaniaper la riunificazione

Quella Disunione europea

Carsten Hefeker, docente tedesco di econo-mia presso l’Università di Siegen, assegnavaun ruolo attivo della Bundesbank nel collas-

so del sistema monetario europeo, suggerendoche il suo interesse specifico potrebbe essere sta-to, a questo proposito, decisivo. In questa inter-pretazione, il comportamento della Bundesbankè determinato dall’Unione monetaria tedesca(Umt) in combinazione con il trattato di Maastri-cht. ”Il trattato - spiega Hefeker in un saggio - èstato spesso interpretato come stimolato dal-l’unificazione tedesca e come sottoscrizione dell'impegno tedesco al processo di unificazione euro-pea (Arrett 1993 e Dandholtz 1993). Accettandouna specifica data per l'unione monetaria, la Ger-mania rinuncia alla sua autonomia monetaria co-me prezzo per ottenere l'approvazione dell'unifi-cazione tedesca da parte degli altri paesi europeie, soprattutto, da parte della Francia”. Hefekersostiene, invece, che il trattato, fissando la datain cui la Bundesbank avrebbe perso la sua indi-pendenza e quindi il suo ruolo guida in Europa,avrebbe spinto la stessa Bundesbank ad adottareuna politica monetaria perfino più restrittiva diquanto avrebbe potuto fare altrimenti. ”Una poli-tica relativamente restrittiva era considerata co-me un mezzo per fermare il processo verso la rea-lizzazione dell’Uem poiché, crescendo le pressio-ni politiche interne sui partner, questi paesi non

sarebbero stati molto più a lungo in grado di di-fendere il loro tasso di cambio con il marco: ”Glieffetti dell'Umt, in questa prospettiva, hanno sol-tanto dato alla Bundesbank una motivazione perbloccare l’Uem dopo che il trattato di Maastrichtè stato sottoscritto. Così, il trattato, visto comeun impegno tedesco all'unificazione europea,ha effettivamente provocato il fracasso dell'Uem”. Questo modello fondamentalmentefa luce sul ruolo decisivo che un protagoni-sta cruciale, la Bundesbank, ha giocato nelcollasso dello Sme. ”L'importante lezionedella recente crisi è che occorre - prose-gue Hefeker - prestare piùattenzione alle divergenzed'interessi tra autorità indi-pendenti, come i governi ele banche centrali. Nessunopuò avere dubbi sui benefi-ci di una banca centrale indi-pendente, ma occorre an-che ricordare che una ban-ca centrale può ostacolaredecisioni prese politicamen-te e quindi minare gli accor-di internazionali”. ”Ironica-mente - conclude in un sag-gio - il trattato di Maastri-cht, che richiede l'indipen-denza delle banche centraliper la stabilità monetaria,può aggravare i problemiche sorgono quando le banche centra-li cercano di realizzare i propri obietti-vi (vedi Kenen 1992, sul deficit de-mocratico della progettata bancacentrale europea). ”L'abuso di in-teressi egoistici della burocraziada parte delle banche centrali -concludeva - è sicuramente uncampo che necessita di più ri-cerca, specialmente nel con-testo europeo, in previsio-ne di una comune e indi-pendente banca centraleeuropea”.

Quandola Bundesbankpiegò i trattatiai propri voleri

Jean Pisani-Ferry, economista francese edesperto di politica, è attualmente direttore

di Bruegel, think tank economico con sede aBruxelles. Del Bruegel è presidente onorarioMario Monti, primo presidente dal 2005 al2008, prima di diventare membro del consi-glio direttivo del Bilderberg nel 2001 e rivesti-re il ruolo di Presidente del gruppo Europeonella Commissione Trilaterale. Oggi Pisa-ni-Ferry racconta che quando gli architettidell’euro iniziarono ad approntare i piani perla sua creazione alla fine degli anni Ottanta,alcuni economisti li avevano messi in guardiasul fatto che un’unione monetaria concretiz-zabile avrebbe richiesto più di una banca cen-trale indipendente e di regole per la discipli-

na di bilancio: una moneta comune necessi-ta di legittimità politica, vale a dire di un go-verno. ”Ma in quel periodo i leader politici -prosegue Ferry in un intervento sul Sole 24Ore - soprattutto il cancelliere tedesco Hel-mut Kohl e il presidente francese FrançoisMitterrand e il suo successore Jacques Chi-rac, affrontarono il mare con una nave legge-ra. Sul fronte economico,preferironono unaccordo solo su un’Unione economica e mo-netaria ridotta all’osso, costruita intorno allarettitudine monetaria e a una promessa inap-plicabile di disciplina fiscale”. ”Malgrado gliobblighi politici, gli architetti dell’euro nonsono stati affatto ingenui. Sapevano che il lo-ro prodotto era incompleto... L’ironia storica

è che un ambiente di crisi sta spingendo glieuropei a fare scelte che non avrebbero ne-anche contemplato in tempi più tranquilli”. Ela crisi starebbe spingendo alcuni paesi (tracui l’Italia), a valutare con favore i cosidedtti”accordi contrattuali”, di cui il Consiglio euro-peo si occuperà a Bruxelles il 19 e 20 dicem-bre. Si tratta di una proposta fortemente vo-luta dalla Germania che prevede in sostanzauno scambio: il Paese in difficoltà e sotto os-servazione Ue (è il caso dell'Italia), ottiene eaiuti e agevolazioni in cambio di un controlloancora più stretto. I ministri dell’EconomiaSaccomanni e per gli Affari europei MoaveroMilanesi hanno mostrato interesse favorevo-le, mentre il presidente del Consigio Letta

non si è ancora espresso. La materia è di quel-le scottano: l’Italia è d'accordo su una nuovacessione di sovranità dopo aver già approva-to (senza troppo approfondire) la ”sorve-glianza rafforzata” prevista dal Two Pack? IlParlamento europeo si mostra compatto econtrario ai cosiddetti ’accordi contrattuali’.I Belga Guy Verhofstadt, capogruppo Alde, liha definiti "la fine dell'Unione europea".Non è questo il modo di combattere la falli-mentare gestione di un manipolo di burocra-tici telecomandati dalla plutocrazia. Facen-do cosi si alimentano solo populismi ed estre-mismi antieuropei, che indeboliscono i tenta-tivi di tutti coloro che stanno cercando dicambiare legalmente questa Europa.

Gli architettidellamonetanon sono statiaffatto ingenui.E ora arrivanoi ”contractual

arrangements”voluti daBerlino

”Un regolamento illegale impedisce la crescita”

L’economista Giulio Sapelli (v. articolo a pag.6) ripor-ta in calce al suo libro ”Chi comanda in Italia?” un’in-teressante lettera che l’ex cancelliere Helmut Sch-

midt (padre assieme all’ex presidente francese Valery Gi-scard D’Estaing del Sistema monetario europeo) scrisse al-l’allora presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer. Sch-midt accusò Tietmeyer di voler silurare l’Unione moneta-ria europea (Uem) battendo il tasto della maniacalità sullastabilità monetaria e facendo finta di ignorare il fatto cheil trattato di Maastricht non è rigido, ma ammette flessibili-tà. Ingiustificato, secondo Schmidt, anche il tetto del 3%nel rapporto deficit-Pil.A difesa di Tietmeyer intervenne a suo tempo Theo Wai-gel, ministro delle Finanze (che pure molte volte si era tro-vato in disaccordo con il rigore di Tietmeyer) sostenendoche ”un ammorbidimento dei criteri è fuori discussione,perché ridurrebbe notevolmente il grado di accettazionedell’Uem da parte dell’opinione pubblica e dei mercati”, peri quali gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche nonsarebbero poi stati più portati avanti. Per l’ex cancelliereSchmidt, invece, la futura moneta unica europea avrebbepotuto funzionare bene anche se i Paesi partecipanti, inperido di eccezionalità come questo, raggiungessero ungrado più flessibile di convergenza economico-finanziaria.Waigel ammise in seguito che il trattato ammette qualchevariazione, ma precisò che ”esige una stabilità durevole”.Ma alla fine in Germania prevalse il rigore, teso a tenerebassa l’inflazione nel paese, attraverso un’attenta politicamonetaria.

La ringrazio, professore, per avere accettato l'invito a ri-lasciarci una intervista.Sono io che ringrazio. Dopo che il mio "Saggio di verità sull'Europa e sull'euro", già inserito nel mio sito, è apparso a pun-tate, per loro autonoma iniziativa, sui quotidiani "Il Foglio" esu "Formiche", pubblicazione on-line del nord, ho ricevutoinviti per interviste provenienti dai più diversi ambienti. Hocercato ogni volta di comprendere quale fosse l'interesseche spingeva ad occuparsi del problema. Ne è venuto a melo stimolo a chiarire meglio alcuni concetti ed effetti in prece-denza trascurati. Grazie, dunque.

Quali interessi ipotizzerebbe in un sindacato nazionaledei lavoratori?Premetto che non ho mai preso parte alla vita interna di unsindacato, così come non ho mai preso parte alla vita inter-na di un partito. Posso dire però che sin dagli anni giovanili

non è passato giorno che per me non cominciasse con lalettura dei principali quotidiani. Ai miei allievi, sin da queitempi, ho insegnato che la lettura dei quotidiani è una fontedi conoscenza del "diritto costituzionale". I giornali dannoidee di quanto si sta formando. I manuali espongono quantosi è da tempo consolidato. Sulla base di questa conoscenzasuperficiale, ma quotidiana e prolungata, mi sono persuasoche la forza dei sindacati nazionali è mutata più volte neltempo, quasi sempre in parallelo con il mutamento dello sce-nario complessivo, politico, economico, dello sviluppo socia-le, e così via.

Oggi effettivamenteuna riflessione si impone. Ci rendia-mo contodi operare in un ambiente atipico, privo di prece-denti. La pericolosità delle sue caratteristiche sta nella suaperdurante oscurità.Se su tali premesse dovessimo dare un titolo a questa con-

versazione potremmo dire: "La depressione, le cause, il ruo-lo dei sindacati".

Ma le ragioni che ci spingevano, anche senon codificate,sono sostanzialmente quelle da lei indicate.Quanto alla situazione presente nessuno può conoscerlameglio di voi. La disoccupazione in Italia era del 4.4% (unadelle più basse nel mondo) nel 1980, ancora del 7.0% nel1990. E' aumentata tra il 1987, data della stipula dell'AttoUnico Europeo (AUE) ed il 1992, stipula del TUE (Maastri-cht). Nel 1993, appena entrato in vigore l'AUE, era del10.2%. Salì al 12% nel 1998. Da allora non è più scesa. Hannotoccato limiti incredibili la disoccupazione giovanile ed il nu-mero dei cassaintegrati. Sino al 1990 la maggior parte dellefamiglie usufruiva del salario integrativo rappresentato dal-le pensioni, dalla gratuità dell'istruzione, dalle prestazionisanitarie, dalla proprietà della abitazione la cui

percentuale in Italia era la più elevata nel mondo, e così via.Se diamo uno sguardo al PIL, troviamo medie di crescita neiquattro decenni dal 1950 al 1990, gli anni del "miracolo ita-liano" (erano esattamente gli stessi della "prima Repubbli-ca"), era stata del 4.36%, la più elevata tra quelle dei Paesidemocratici occidentali (la Germania seconda, la Francia ter-za, gli USA quarti, l'UK quinta!). Nei sei anni che avevanopreceduto il TUE, saltando quelli della riunificazione tede-sca, la media fu del 2.68%. Cadde nei sei anni della conver-genza, 1993/1997, all'1.34%. È stata pari nei tre principaliPaesi europei, nell'ordine Italia, Germania, Francia, allo0.38%, 1.36%, 1.38% nel quindicennio 1999/2013. I dati ita-liani costituiscono il caso limite. La Germania però non diffe-risce di molto. Le medie del rapporto debito/PIL del decen-nio 2000/2010 sono state rispettivamente per Italia, Germa-

nia, Francia, dello 0.4%, 0.9%,1.1%. Che si sia prodotto

un eccezionale fenomeno depressivo è sicuro. Negli stessianni, a partire anzi da circa un decennio prima, l'economiadel mondo progrediva ad un tasso del 5% annuo!

L'atipicitàdella faseattuale stadunque inquesta depres-sione generalizzata, aggravatasi negli anni. Sulla sua causaancora oggi non si è formata una opinione condivisa. Leresponsabilità non potrebbero risalire all'unificazione delmercato disposta dall'AUE (1998), il cui processo di attua-zione si è protratto fino al giugno 1993? Oppure potrebbeesserne stata responsabile l'Unione europea, creazionedel TUE (Maastricht), stipulato il 7 febbraio 1992? L'uno ol'altrodei dueTrattati o, comedicono i giuristi, il loro "com-binato disposto". È così?È una opinione corrente, a mio giudizio non esatta. La causao le cause vanno accertate con precisione. Se ciò con avvie-ne, si creano falsi bersagli, si genera populismo, non si trovail rimedio adatto. A partire dagli inizi degli anni '70, il proces-so che avrebbe portato al mercato unico e ad una monetacomune, non è stato alimentato dagli iniziali grandi idealieuropeisti. E' stato imposto dalla necessità. La crisi petrolife-ra dei primi anni '70 aveva concorso alla formazione di uningente volume di liquidità internazionale. Consolidatisi inuovi prezzi degli idrocarburi, si spostò sui rapporti di cam-bio tra le monete, specialmente su quelli dei quattro maggio-ri paesi europei, lucrando sui rapporti di cambio che lo stes-so alimentava, spostandosi dall'una all'altra valuta. Alterava-no gli equilibri di bilancio, incidendo sugli indirizzi economiciin corso nei vari Paesi. Al vertice dell'Aja del 1969 fu lanciatocosì un progetto, che una volta formalizzato prese il nome diPiano Werner che, riducendo gradualmente i divari nei rap-porti di cambio, si proponeva di pervenire entro gli anni '90ad un regime di cambi fissi, l'equivalente di una moneta co-mune. Studi effettuati da una Commissione composta daeconomisti e tecnici di alto livello, promossa dalla Comuni-

tà Europea sotto l'impulso di Jacques Delors, prevedeva-no che AUE + UE avrebbero recato vantaggi consistenti

agli Stati che avrebbero aderito alla moneta unica, alsistema Unione + euro, per effetto della eliminazionedei costi per sosta alle frontiere (AUE) e per transa-zioni monetarie (TUE).

Errori tuttavia potrebbero essere stati com-messi nel concordare i dettagli del sistema.Convincentemente lo escludo. Il TUE (Maastri-cht) assegnava all'Unione l'obiettivo di una cre-scita sostenibile, armoniosa, non inflazionisti-ca, rispettosa dell'ambiente, che avrebbe pro-mosso nuovi posti di lavoro ed il miglioramen-to delle condizioni di vita dei lavoratori (art.2). La crescita, che l'Unione si impegnava a re-alizzare era nella sostanza la controprestazio-ne dovuta agli Stati membri per le rinunce de-gli stessi all'esercizio della sovranità nel setto-re monetario ed in altri connessi.

Non basta tuttavia volere la crescita, per-ché la crescita si produca! Gli errori potrebbe-ro essere stati commessi nella determinazio-ne degli strumenti o dei modi per conseguirla.

Errori di questo tipo vanno esclusi. Gli "architettidel sistema" furono Jacques Delors, presidentedella Commissione CEE, Otto Pöhl, presidente del-

la Bundesbank e Guido Carli, il ministro del Tesoroitaliano. La disciplina introdotta era logicamente co-

erente, sostanzialmente completa e teneva conto diesperienze storiche pregresse. Era stata scartata l'idea

che l'Unione acquistasse il carattere di uno Stato. Nonavrebbe disposto di poteri impositivi. Le risorse per

l'adempimento dei suoi compiti, in aggiunta ai dazi esternie a poche altre, le sarebbero state conferite dagli Stati mem-bri in conformità ad una disciplina dettata dal Trattato. Ilbilancio dell'Unione era vincolato ad un rigoroso pareggio.L'Unione non avrebbe potuto indebitarsi. Il compito di pro-muovere lo sviluppo non poteva quindi che essere attribuitoagli Stati. Gli Stati vi avrebbero provveduto con le loro distin-te ed autonome politiche economiche, estese a tutti gli

Chi èl’illustregiurista

che suonala sveglia aeconomisti

e politici

Giuseppe Guarino, professo-re emerito nella Università

degli Studi di Roma “La Sapien-za”. Socio dell’Accademia Nazio-nale dei Lincei. Ha insegnato di-ritto costituzionale nelle Univer-sità di Sassari e di Siena, dirittopubblico nelle Università di Na-poli e di Roma, diritto ammini-strativo nell’Università di Roma“La Sapienza”. Sindaco della Ban-ca d’Italia dal 1967 al 1987. Lostesso anno viene nominato Mi-nistro delle Finanze nel Gabinet-to Fanfani. Deputato al Parla-mento nella X Legislatura

(1988). Riceve la nomina Mini-stro dell’Industria e ad interimMinistro alle partecipazioni Sta-tali nel Governo Amato nel1992. E’ stato in tempi vari mem-bro del Consiglio di amministra-zione e Presidente o membrodel collegio sindacale di societàe banche, anche di rilievo nazio-nale. Suoi articoli sono stati pub-blicati nei principali quotidianiitaliani: La Stampa, Repubblica,Il Corriere della Sera, Il Sole 24Ore, Il Tempo. Ultimo libro pub-blicato: Salvare l'Europa, salva-re l'euro (Passigli Editori, 2013).

continua a pagina 10

SAGGIO-INTERVISTA. Giuseppe Guarino, prof. emerito nell’Università di Roma “La Sapienza”: il vincolo del pareggio destinato all’Ue, non agli Stati

“In Francia, in Italia, in Inghilterrae altrove si ha l’impressione cheil processo d’integrazione sia nelle suemani. Il carattere e la diffusione dei suoidiscorsi la rendono non solo pocoamato - cosa sopportabile - marendono anche la Germania pocoamata - cosa che non ci siamomeritatie che non possiamo sopportare...

Lei potrebbe replicare che il tagliodella spesa pubblica e sociale sia unapolitica economica generaleda accettare.Ma la Bundesbank non èuno Stato nello Stato; è tenutaa sostenere l’adempimento del TrattatodiMaastricht, che il governo federaleha portato a compimentoe che il Bundestag ha ratificatoin tutte le sue parti...

Ovunque si diffonderà una ribellionecontro il trattato diMaastricht e controi tagli di bilancio voluti dai tedeschi.Ne conseguirà la più grande crisi delprocesso d’integrazione europea,probabilmente la sua fine”.

(dalla lettera di Helmut Schmidt ad Hans Tietmeyer)

di Raffaella Vitulano

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Unaquestionesolo apparentemente

giuridica eppuresquisitamente

politica: lamonetaunica comeprezzo

pagato dalla Germaniaper la riunificazione

Quella Disunione europea

Carsten Hefeker, docente tedesco di econo-mia presso l’Università di Siegen, assegnavaun ruolo attivo della Bundesbank nel collas-

so del sistema monetario europeo, suggerendoche il suo interesse specifico potrebbe essere sta-to, a questo proposito, decisivo. In questa inter-pretazione, il comportamento della Bundesbankè determinato dall’Unione monetaria tedesca(Umt) in combinazione con il trattato di Maastri-cht. ”Il trattato - spiega Hefeker in un saggio - èstato spesso interpretato come stimolato dal-l’unificazione tedesca e come sottoscrizione dell'impegno tedesco al processo di unificazione euro-pea (Arrett 1993 e Dandholtz 1993). Accettandouna specifica data per l'unione monetaria, la Ger-mania rinuncia alla sua autonomia monetaria co-me prezzo per ottenere l'approvazione dell'unifi-cazione tedesca da parte degli altri paesi europeie, soprattutto, da parte della Francia”. Hefekersostiene, invece, che il trattato, fissando la datain cui la Bundesbank avrebbe perso la sua indi-pendenza e quindi il suo ruolo guida in Europa,avrebbe spinto la stessa Bundesbank ad adottareuna politica monetaria perfino più restrittiva diquanto avrebbe potuto fare altrimenti. ”Una poli-tica relativamente restrittiva era considerata co-me un mezzo per fermare il processo verso la rea-lizzazione dell’Uem poiché, crescendo le pressio-ni politiche interne sui partner, questi paesi non

sarebbero stati molto più a lungo in grado di di-fendere il loro tasso di cambio con il marco: ”Glieffetti dell'Umt, in questa prospettiva, hanno sol-tanto dato alla Bundesbank una motivazione perbloccare l’Uem dopo che il trattato di Maastrichtè stato sottoscritto. Così, il trattato, visto comeun impegno tedesco all'unificazione europea,ha effettivamente provocato il fracasso dell'Uem”. Questo modello fondamentalmentefa luce sul ruolo decisivo che un protagoni-sta cruciale, la Bundesbank, ha giocato nelcollasso dello Sme. ”L'importante lezionedella recente crisi è che occorre - prose-gue Hefeker - prestare piùattenzione alle divergenzed'interessi tra autorità indi-pendenti, come i governi ele banche centrali. Nessunopuò avere dubbi sui benefi-ci di una banca centrale indi-pendente, ma occorre an-che ricordare che una ban-ca centrale può ostacolaredecisioni prese politicamen-te e quindi minare gli accor-di internazionali”. ”Ironica-mente - conclude in un sag-gio - il trattato di Maastri-cht, che richiede l'indipen-denza delle banche centraliper la stabilità monetaria,può aggravare i problemiche sorgono quando le banche centra-li cercano di realizzare i propri obietti-vi (vedi Kenen 1992, sul deficit de-mocratico della progettata bancacentrale europea). ”L'abuso di in-teressi egoistici della burocraziada parte delle banche centrali -concludeva - è sicuramente uncampo che necessita di più ri-cerca, specialmente nel con-testo europeo, in previsio-ne di una comune e indi-pendente banca centraleeuropea”.

Quandola Bundesbankpiegò i trattatiai propri voleri

Jean Pisani-Ferry, economista francese edesperto di politica, è attualmente direttore

di Bruegel, think tank economico con sede aBruxelles. Del Bruegel è presidente onorarioMario Monti, primo presidente dal 2005 al2008, prima di diventare membro del consi-glio direttivo del Bilderberg nel 2001 e rivesti-re il ruolo di Presidente del gruppo Europeonella Commissione Trilaterale. Oggi Pisa-ni-Ferry racconta che quando gli architettidell’euro iniziarono ad approntare i piani perla sua creazione alla fine degli anni Ottanta,alcuni economisti li avevano messi in guardiasul fatto che un’unione monetaria concretiz-zabile avrebbe richiesto più di una banca cen-trale indipendente e di regole per la discipli-

na di bilancio: una moneta comune necessi-ta di legittimità politica, vale a dire di un go-verno. ”Ma in quel periodo i leader politici -prosegue Ferry in un intervento sul Sole 24Ore - soprattutto il cancelliere tedesco Hel-mut Kohl e il presidente francese FrançoisMitterrand e il suo successore Jacques Chi-rac, affrontarono il mare con una nave legge-ra. Sul fronte economico,preferironono unaccordo solo su un’Unione economica e mo-netaria ridotta all’osso, costruita intorno allarettitudine monetaria e a una promessa inap-plicabile di disciplina fiscale”. ”Malgrado gliobblighi politici, gli architetti dell’euro nonsono stati affatto ingenui. Sapevano che il lo-ro prodotto era incompleto... L’ironia storica

è che un ambiente di crisi sta spingendo glieuropei a fare scelte che non avrebbero ne-anche contemplato in tempi più tranquilli”. Ela crisi starebbe spingendo alcuni paesi (tracui l’Italia), a valutare con favore i cosidedtti”accordi contrattuali”, di cui il Consiglio euro-peo si occuperà a Bruxelles il 19 e 20 dicem-bre. Si tratta di una proposta fortemente vo-luta dalla Germania che prevede in sostanzauno scambio: il Paese in difficoltà e sotto os-servazione Ue (è il caso dell'Italia), ottiene eaiuti e agevolazioni in cambio di un controlloancora più stretto. I ministri dell’EconomiaSaccomanni e per gli Affari europei MoaveroMilanesi hanno mostrato interesse favorevo-le, mentre il presidente del Consigio Letta

non si è ancora espresso. La materia è di quel-le scottano: l’Italia è d'accordo su una nuovacessione di sovranità dopo aver già approva-to (senza troppo approfondire) la ”sorve-glianza rafforzata” prevista dal Two Pack? IlParlamento europeo si mostra compatto econtrario ai cosiddetti ’accordi contrattuali’.I Belga Guy Verhofstadt, capogruppo Alde, liha definiti "la fine dell'Unione europea".Non è questo il modo di combattere la falli-mentare gestione di un manipolo di burocra-tici telecomandati dalla plutocrazia. Facen-do cosi si alimentano solo populismi ed estre-mismi antieuropei, che indeboliscono i tenta-tivi di tutti coloro che stanno cercando dicambiare legalmente questa Europa.

Gli architettidellamonetanon sono statiaffatto ingenui.E ora arrivanoi ”contractual

arrangements”voluti daBerlino

”Un regolamento illegale impedisce la crescita”

L’economista Giulio Sapelli (v. articolo a pag.6) ripor-ta in calce al suo libro ”Chi comanda in Italia?” un’in-teressante lettera che l’ex cancelliere Helmut Sch-

midt (padre assieme all’ex presidente francese Valery Gi-scard D’Estaing del Sistema monetario europeo) scrisse al-l’allora presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer. Sch-midt accusò Tietmeyer di voler silurare l’Unione moneta-ria europea (Uem) battendo il tasto della maniacalità sullastabilità monetaria e facendo finta di ignorare il fatto cheil trattato di Maastricht non è rigido, ma ammette flessibili-tà. Ingiustificato, secondo Schmidt, anche il tetto del 3%nel rapporto deficit-Pil.A difesa di Tietmeyer intervenne a suo tempo Theo Wai-gel, ministro delle Finanze (che pure molte volte si era tro-vato in disaccordo con il rigore di Tietmeyer) sostenendoche ”un ammorbidimento dei criteri è fuori discussione,perché ridurrebbe notevolmente il grado di accettazionedell’Uem da parte dell’opinione pubblica e dei mercati”, peri quali gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche nonsarebbero poi stati più portati avanti. Per l’ex cancelliereSchmidt, invece, la futura moneta unica europea avrebbepotuto funzionare bene anche se i Paesi partecipanti, inperido di eccezionalità come questo, raggiungessero ungrado più flessibile di convergenza economico-finanziaria.Waigel ammise in seguito che il trattato ammette qualchevariazione, ma precisò che ”esige una stabilità durevole”.Ma alla fine in Germania prevalse il rigore, teso a tenerebassa l’inflazione nel paese, attraverso un’attenta politicamonetaria.

La ringrazio, professore, per avere accettato l'invito a ri-lasciarci una intervista.Sono io che ringrazio. Dopo che il mio "Saggio di verità sull'Europa e sull'euro", già inserito nel mio sito, è apparso a pun-tate, per loro autonoma iniziativa, sui quotidiani "Il Foglio" esu "Formiche", pubblicazione on-line del nord, ho ricevutoinviti per interviste provenienti dai più diversi ambienti. Hocercato ogni volta di comprendere quale fosse l'interesseche spingeva ad occuparsi del problema. Ne è venuto a melo stimolo a chiarire meglio alcuni concetti ed effetti in prece-denza trascurati. Grazie, dunque.

Quali interessi ipotizzerebbe in un sindacato nazionaledei lavoratori?Premetto che non ho mai preso parte alla vita interna di unsindacato, così come non ho mai preso parte alla vita inter-na di un partito. Posso dire però che sin dagli anni giovanili

non è passato giorno che per me non cominciasse con lalettura dei principali quotidiani. Ai miei allievi, sin da queitempi, ho insegnato che la lettura dei quotidiani è una fontedi conoscenza del "diritto costituzionale". I giornali dannoidee di quanto si sta formando. I manuali espongono quantosi è da tempo consolidato. Sulla base di questa conoscenzasuperficiale, ma quotidiana e prolungata, mi sono persuasoche la forza dei sindacati nazionali è mutata più volte neltempo, quasi sempre in parallelo con il mutamento dello sce-nario complessivo, politico, economico, dello sviluppo socia-le, e così via.

Oggi effettivamenteuna riflessione si impone. Ci rendia-mo contodi operare in un ambiente atipico, privo di prece-denti. La pericolosità delle sue caratteristiche sta nella suaperdurante oscurità.Se su tali premesse dovessimo dare un titolo a questa con-

versazione potremmo dire: "La depressione, le cause, il ruo-lo dei sindacati".

Ma le ragioni che ci spingevano, anche senon codificate,sono sostanzialmente quelle da lei indicate.Quanto alla situazione presente nessuno può conoscerlameglio di voi. La disoccupazione in Italia era del 4.4% (unadelle più basse nel mondo) nel 1980, ancora del 7.0% nel1990. E' aumentata tra il 1987, data della stipula dell'AttoUnico Europeo (AUE) ed il 1992, stipula del TUE (Maastri-cht). Nel 1993, appena entrato in vigore l'AUE, era del10.2%. Salì al 12% nel 1998. Da allora non è più scesa. Hannotoccato limiti incredibili la disoccupazione giovanile ed il nu-mero dei cassaintegrati. Sino al 1990 la maggior parte dellefamiglie usufruiva del salario integrativo rappresentato dal-le pensioni, dalla gratuità dell'istruzione, dalle prestazionisanitarie, dalla proprietà della abitazione la cui

percentuale in Italia era la più elevata nel mondo, e così via.Se diamo uno sguardo al PIL, troviamo medie di crescita neiquattro decenni dal 1950 al 1990, gli anni del "miracolo ita-liano" (erano esattamente gli stessi della "prima Repubbli-ca"), era stata del 4.36%, la più elevata tra quelle dei Paesidemocratici occidentali (la Germania seconda, la Francia ter-za, gli USA quarti, l'UK quinta!). Nei sei anni che avevanopreceduto il TUE, saltando quelli della riunificazione tede-sca, la media fu del 2.68%. Cadde nei sei anni della conver-genza, 1993/1997, all'1.34%. È stata pari nei tre principaliPaesi europei, nell'ordine Italia, Germania, Francia, allo0.38%, 1.36%, 1.38% nel quindicennio 1999/2013. I dati ita-liani costituiscono il caso limite. La Germania però non diffe-risce di molto. Le medie del rapporto debito/PIL del decen-nio 2000/2010 sono state rispettivamente per Italia, Germa-

nia, Francia, dello 0.4%, 0.9%,1.1%. Che si sia prodotto

un eccezionale fenomeno depressivo è sicuro. Negli stessianni, a partire anzi da circa un decennio prima, l'economiadel mondo progrediva ad un tasso del 5% annuo!

L'atipicitàdella faseattuale stadunque inquesta depres-sione generalizzata, aggravatasi negli anni. Sulla sua causaancora oggi non si è formata una opinione condivisa. Leresponsabilità non potrebbero risalire all'unificazione delmercato disposta dall'AUE (1998), il cui processo di attua-zione si è protratto fino al giugno 1993? Oppure potrebbeesserne stata responsabile l'Unione europea, creazionedel TUE (Maastricht), stipulato il 7 febbraio 1992? L'uno ol'altrodei dueTrattati o, comedicono i giuristi, il loro "com-binato disposto". È così?È una opinione corrente, a mio giudizio non esatta. La causao le cause vanno accertate con precisione. Se ciò con avvie-ne, si creano falsi bersagli, si genera populismo, non si trovail rimedio adatto. A partire dagli inizi degli anni '70, il proces-so che avrebbe portato al mercato unico e ad una monetacomune, non è stato alimentato dagli iniziali grandi idealieuropeisti. E' stato imposto dalla necessità. La crisi petrolife-ra dei primi anni '70 aveva concorso alla formazione di uningente volume di liquidità internazionale. Consolidatisi inuovi prezzi degli idrocarburi, si spostò sui rapporti di cam-bio tra le monete, specialmente su quelli dei quattro maggio-ri paesi europei, lucrando sui rapporti di cambio che lo stes-so alimentava, spostandosi dall'una all'altra valuta. Alterava-no gli equilibri di bilancio, incidendo sugli indirizzi economiciin corso nei vari Paesi. Al vertice dell'Aja del 1969 fu lanciatocosì un progetto, che una volta formalizzato prese il nome diPiano Werner che, riducendo gradualmente i divari nei rap-porti di cambio, si proponeva di pervenire entro gli anni '90ad un regime di cambi fissi, l'equivalente di una moneta co-mune. Studi effettuati da una Commissione composta daeconomisti e tecnici di alto livello, promossa dalla Comuni-

tà Europea sotto l'impulso di Jacques Delors, prevedeva-no che AUE + UE avrebbero recato vantaggi consistenti

agli Stati che avrebbero aderito alla moneta unica, alsistema Unione + euro, per effetto della eliminazionedei costi per sosta alle frontiere (AUE) e per transa-zioni monetarie (TUE).

Errori tuttavia potrebbero essere stati com-messi nel concordare i dettagli del sistema.Convincentemente lo escludo. Il TUE (Maastri-cht) assegnava all'Unione l'obiettivo di una cre-scita sostenibile, armoniosa, non inflazionisti-ca, rispettosa dell'ambiente, che avrebbe pro-mosso nuovi posti di lavoro ed il miglioramen-to delle condizioni di vita dei lavoratori (art.2). La crescita, che l'Unione si impegnava a re-alizzare era nella sostanza la controprestazio-ne dovuta agli Stati membri per le rinunce de-gli stessi all'esercizio della sovranità nel setto-re monetario ed in altri connessi.

Non basta tuttavia volere la crescita, per-ché la crescita si produca! Gli errori potrebbe-ro essere stati commessi nella determinazio-ne degli strumenti o dei modi per conseguirla.

Errori di questo tipo vanno esclusi. Gli "architettidel sistema" furono Jacques Delors, presidentedella Commissione CEE, Otto Pöhl, presidente del-

la Bundesbank e Guido Carli, il ministro del Tesoroitaliano. La disciplina introdotta era logicamente co-

erente, sostanzialmente completa e teneva conto diesperienze storiche pregresse. Era stata scartata l'idea

che l'Unione acquistasse il carattere di uno Stato. Nonavrebbe disposto di poteri impositivi. Le risorse per

l'adempimento dei suoi compiti, in aggiunta ai dazi esternie a poche altre, le sarebbero state conferite dagli Stati mem-bri in conformità ad una disciplina dettata dal Trattato. Ilbilancio dell'Unione era vincolato ad un rigoroso pareggio.L'Unione non avrebbe potuto indebitarsi. Il compito di pro-muovere lo sviluppo non poteva quindi che essere attribuitoagli Stati. Gli Stati vi avrebbero provveduto con le loro distin-te ed autonome politiche economiche, estese a tutti gli

Chi èl’illustregiurista

che suonala sveglia aeconomisti

e politici

Giuseppe Guarino, professo-re emerito nella Università

degli Studi di Roma “La Sapien-za”. Socio dell’Accademia Nazio-nale dei Lincei. Ha insegnato di-ritto costituzionale nelle Univer-sità di Sassari e di Siena, dirittopubblico nelle Università di Na-poli e di Roma, diritto ammini-strativo nell’Università di Roma“La Sapienza”. Sindaco della Ban-ca d’Italia dal 1967 al 1987. Lostesso anno viene nominato Mi-nistro delle Finanze nel Gabinet-to Fanfani. Deputato al Parla-mento nella X Legislatura

(1988). Riceve la nomina Mini-stro dell’Industria e ad interimMinistro alle partecipazioni Sta-tali nel Governo Amato nel1992. E’ stato in tempi vari mem-bro del Consiglio di amministra-zione e Presidente o membrodel collegio sindacale di societàe banche, anche di rilievo nazio-nale. Suoi articoli sono stati pub-blicati nei principali quotidianiitaliani: La Stampa, Repubblica,Il Corriere della Sera, Il Sole 24Ore, Il Tempo. Ultimo libro pub-blicato: Salvare l'Europa, salva-re l'euro (Passigli Editori, 2013).

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SAGGIO-INTERVISTA. Giuseppe Guarino, prof. emerito nell’Università di Roma “La Sapienza”: il vincolo del pareggio destinato all’Ue, non agli Stati

“In Francia, in Italia, in Inghilterrae altrove si ha l’impressione cheil processo d’integrazione sia nelle suemani. Il carattere e la diffusione dei suoidiscorsi la rendono non solo pocoamato - cosa sopportabile - marendono anche la Germania pocoamata - cosa che non ci siamomeritatie che non possiamo sopportare...

Lei potrebbe replicare che il tagliodella spesa pubblica e sociale sia unapolitica economica generaleda accettare.Ma la Bundesbank non èuno Stato nello Stato; è tenutaa sostenere l’adempimento del TrattatodiMaastricht, che il governo federaleha portato a compimentoe che il Bundestag ha ratificatoin tutte le sue parti...

Ovunque si diffonderà una ribellionecontro il trattato diMaastricht e controi tagli di bilancio voluti dai tedeschi.Ne conseguirà la più grande crisi delprocesso d’integrazione europea,probabilmente la sua fine”.

(dalla lettera di Helmut Schmidt ad Hans Tietmeyer)

di Raffaella Vitulano

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L’eurosenza EuropaUn famoso paper di Carmen Reinhart e Kenneth Ro-

goff, tra i più citati negli ultimi anni, nel quale si evi-denziava l’esistenza di una correlazione tra un alto rap-porto debito/Pil (maggiore del 90%) e la bassa crescita,è inficiato da gravi problemi metodologici e addiritturada un banale errore nel foglio di calcolo, tanto che sutwitter si parla di #excelgate. Eppure, anche sulla basedi questo studio, sono stati giustificati l’austerità, il pa-reggio di bilancio e il “rimettere a posto i conti”, al diqua e al di là dell’Atlantico. L’economista Kenneth Ro-goff ricorda tuttavia agli europei, e quindi agli italiani,che l’eurozona non è un’area monetaria ottimale e,quindi, non può essere oggetto di una politica unica,alla tedesca; e conclude che ”senza un’ulteriore inte-grazione politica ed economica, che forse potrebbenon includere tutti gli attuali membri della zona euro,l’euro potrebbe addirittura non farcela, anche entro lafinediquestadecade”.E’ inquestoquadrochesi inseri-sce il tentativo di Draghi di trasformare la Bce in unavera Banca Centrale, che non badi solo al controllo deiprezzi, ma si occupi anche di essere un prestatore diultima istanza in qualsiasi occasione, come avviene intutte le Banche Centrali veramente indipendenti. Perfinire, la politica monetaria deve ridiventare quello cheera prima della deregulation finanziaria: uno strumen-to nelle mani dei governi. Se i governi lo useranno ma-le, i cittadini si regoleranno di conseguenza. Ma ora,quando una Banca come la Fed si comporta male, gon-fiandocondenarofacile labolladeisubprime,cosapos-sono fare i cittadini statunitensi? E quando una Bancacome la Bce si comporta male, lasciando per quasi unanno i paesi in balìa dello spread mentre una semplicedichiarazione sarebbe bastata a placare i mercati (co-me è poi successo a luglio del 2012), i cittadini europeia chi possono rivolgersi? A nessuno. È democrazia?

Il ciclodiFrenkelPartendo dall’evidenza del cosiddetto ”ciclo di Frenkel”

(ciòcheavvienequandounPaeseeconomicamenteme-no sviluppato si aggancia alla valuta di un’area più forte, inassenza di interventi politici che compensino gli squilibri),l’economistaBagnaiaccusalaGermaniadiaverviolatol’ob-bligodi”strettocoordinamentodellepoliticheeconomichedeglistatimembri”stabilitodall’art.119delTrattatosulfun-zionamento dell’Ue: ”Chi rinfaccia il fatto che ’la Germaniaèstata più brava perché ha fattoprima le riforme’ dimostraunatotale ignoranzadeiprincipidellacostruzioneeuropea.’Stretto coordinamento’ significa che le riforme si sarebbe-ro dovute decidere e attuare insieme. Invece non solo nonè stato così, ma per sorpassare a destra l’Europa, il governotedesco ha sfacciatamente violato il Trattato di Maastricht.Questoperchélariformadelmercatodel lavoro,chemode-rava i salari introducendo flessibilità, prevedeva in contro-partita una serie di ammortizzatori sociali che gravavano egravano sul bilancio pubblico tedesco. Il contenimento deisalari tedeschi (riconosciuto dai responsabili politici tede-schi), è stato insomma finanziato con spesa pubblica, conaiuti massicci alle imprese (sotto la forma indiretta di spesasociale per integrare i salari dei lavoratori)”. Il comporta-mento del governo tedesco, che ha esasperato la dinamicacentro/periferia in Europa, è stato deprecato per questomotivodaorganizzazioni internazionalicomel’UfficioInter-nazionale del Lavoro delle Nazioni Unite (per citarne uno),mentre i politici recitavano la litania che l’euro sarebbe ser-vitoagovernareipopolieuropeiacolpidicrisi (leggi letantedichiarazionipubblichediProdi,Monti,PadoaSchioppa,At-tali, Juncker, ecc.). ”Non è una sorpresa, non c’è nulla di ori-ginale, né di complottistico”: Se siadotta un cambio fisso, sicrea una tensione che fatalmente si scarica sul mercato dellavoro”.LodicebenissimoVittorioDaRoldsulSole24Ore: incasodiproblemi”osisvalutalamoneta(manell’eurononsipuò più) o si svaluta il salario”.

IpunticontestatiParte dall’Università di Pescara il dibattito sull’Euro.

Ieri,unnuovoappuntamento.Itrattativiolati.L'eco-nomiabloccata.Lamoneta incompiuta.Maèoradi fa-re chiarezza su quanto sta accadendo in Europa. Al Di-partimento di Economia, diversi economisti e giuristiparlanoesplicitamente di”democraziasoppressa” da-to che la disciplina vigente sull’euro non sarebbe quel-la prevista dai Trattatieuropei, bensì quella di un rego-lamento, il numero 1466 del ’97 che sarebbe stato in-trodotto con accorgimenti che evitassero che ci si ac-corgesse della sua portata e degli effetti che avrebbeprodotto. Il Trattato europeo affidava un obiettivo,quello della ”sviluppo armonioso ed equilibrato, unacrescita sostenibile, non inflazionistica, rispettosa del-l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risul-tati economici, un elevato livello di occupazione e diprotezione sociale, il miglioramento del tenore e dellaqualità della vita”, ai governi degli Stati membri. Ed as-segnavaadessi,quali strumentinecessari, il potereso-vrano di una propria politica economica. Gli Stati ade-renti all’Unione avrebbero rinunciato all’esercizio dibuona parte della sovranità. Avrebbero però ottenutodall’Unione, quale controprestazione, la crescita, qua-le definita nell’articolo 2. In luogo dell’obiettivo dellacrescita fu perseguito invece un risultato, quello che ilregolamentodel ’97 e gli atti successivi impongono colbilancio in pareggio o in attivo, con l’ulteriore obbligodi attenersi ad un percorso predefinito in un appositoprogramma dalla Commissione. ”L’insostenibilità diunamonetaunica inEuropa-spiegailprofessoreasso-ciatodiPoliticaeconomica,Alberto Bagnai -era unfat-to ben noto alla scienza economica e agli stessi politiciche hanno promosso il progetto di unione monetaria,come oggi vede e dichiara perfino Luigi Zingales, unodegli araldi dell’ortodossia economica italiana”.

aspetti della economia con la sola esclu-sione di quelli monetari. Il compito dell'Unione sarebbe stato di semplice coordi-namento. Con raccomandazioni, attinon vincolanti, l'Unione avrebbe emes-so direttive di massima di coordinamen-to. La disciplina specifica della monetasarebbe consistita nel potere degli Statidi indebitarsi entro limiti stabiliti da duedistinti valori di riferimento, parametratisul PIL, l'uno del 3% nell'indebitamento,l'altro del 60% nel debito totale. I limitigarantivano che la crescita non avrebbeassunto carattere "inflazionistico". GliStati sarebbero stati legittimati a spinger-si al di là dei parametri in casi regolati dacriteri vincolanti, cui l'Unione avrebbedovuto attenersi nell'esercitare la sorve-glianza sugli Stati (art. 104 c) TUE). In par-ticolare, quanto all'indebitamento, sa-rebbe stato lecito uno sforamento in ca-si eccezionali e transitori, provocati dafattori esterni ai quali lo Stato non sareb-be stato in grado di sottrarsi. I rapportidel 3% per l'indebitamento e del 60%per il debito, corrispondevano all'espe-rienza non solo della Germania, ma an-che degli USA, che rispettandoli per oltreun secolo, fatti salvi gli sforamenti dovu-ti ad esigenze belliche, avevano raddop-piato il PIL totale. La disciplina volta a rea-lizzare la crescita avrebbe dovuto essereapplicata dal 1.1.1999, data nella qualesarebbe stato lanciato lo "euro", la nuo-va moneta. Gli Stati che avessero aspira-to a fare uso della nuova moneta avreb-bero dovuto adoperarsi per realizzarecon le loro autonome politiche economi-che condizioni di omogeneità tra le eco-nomie. Era una cautela necessaria che ilTrattato aveva individuato con esattez-za, perché, se si fosse agevolata la forma-zione di posizioni dominanti, le econo-mie più forti avrebbero schiacciato le piùdeboli. Vi sarebbe stato un apposito scru-tinio. Sarebbero stati ammessi ad avva-lersi della nuova moneta gli Stati che loavessero superato. Gli Stati aspiranti fu-rono 12, 11 gli ammessi. Il dodicesimorinviato all'anno successivo. Da un paiodi decenni, come già accennato, l'econo-mia del mondo era in fase di straordina-rio sviluppo. Se la disciplina del TUE fos-se stata applicata, gli Stati dell'Unioneed in particolare quelli dell'euro, vi avreb-bero concorso e nello stesso tempo, apieno titolo, ne avrebbero fruito.

Perchédice "se fossero state applica-te"? Se le regole erano contenute nelTUE (Maastricht), se erano state bencongegnate, se il Trattato era in vigore,la loro applicazione formava oggetto

nondi una facoltà,madi undovere, conquali ragioni la Commissione o gli altriorgani dell'Unione si sarebbero sottrat-ti al dovere di rispettare e far rispettareil Trattato?Eppure è accaduto. Aggiungo che neglianni successivi sono stati adottati duenuovi Trattati, quelli di Amsterdam e diLisbona, entrati in vigore rispettivamen-te il 1˚ maggio 1999 ed il 1˚ dicembre2009, i quali hanno riprodotto testual-mente il testo degli articoli del TUE. IlTrattato di Lisbona è quello vigente. Asua volta nella parte attinente alla mone-ta non viene applicato

Insistiamo. Come è possibile che gli or-gani dell'Unione si siano sottratti ad un lo-ro fondamentale dovere e nessuno se nesia accorto, nessuno abbia protestato?

Il fatto sa dell'incredibile! Gli organi dell'Unione hanno fatto ricorso alla proceduradell'art. 103, numero 5, e 189 c) TUE, il cuioggetto era la disciplina di sorveglianza sulrispetto delle direttive di massima per il co-ordinamento delle politiche economichedegli Stati, per modificare in modo radicaleed in punti fondamentali il Trattato. Con ta-le procedura veniva approvato un regola-mento (il n. 1466/97). Il 1.1.1999 venivalanciato testualmente l'euro, ma con unadiversa disciplina da quella del Trattato. Siimponeva l'applicazione in sostituzione diquella del Trattato, delle norme del reg.1466/97. Una disciplina più che diversa, op-posta a quella del Trattato. Una illegalitàinaudita. Che si protrae ormai da 15 anni!

I famosi parametri diMaastrichtnonso-no stati applicatimai, propriomai! E in co-sa il reg. n. 1466/97 differisce dal Tratta-to? Sarebbe stato idoneo a produrre cre-scita? L'ha effettivamente prodotta?

Rispondo distintamente alle domande:a) il Trattato, ai fini della crescita, attribui-va agli Stati membri due poteri, il primo,quello di avere una propria politica econo-mica da utilizzare in funzione dell'obiettivodi una crescita sostenibile, armoniosa,equilibrata, non inflazionistica, promotricedi posti di lavoro, come prescritto dall'art.2 TUE. E il secondo, quello di indebitarsi neilimiti segnati dai parametri, potendo peral-tro sforare quello relativo all'indebitamen-to in presenza di circostanze eccezionali etemporanee. Il regolamento 1466/97 hasostituito i due poteri con due doveri. Con-siste il primo nell'obbligo degli Stati euro diavere a medio tempo un bilancio in pareg-gio. Il secondo, nell'obbligo di realizzare ilrisultato del pareggio attenendosi ad unprogramma approvato Stato per Stato dall'Unione. Il dovere è l'opposto del potere.

Due doveri sono un opposto incrementatodi due poteri.

b) La disciplina introdotta dal regola-mento non avrebbe potuto provocare cre-scita; avrebbe prodotto depressione. Al1.1.1999 gli Stati membri con il bilancio inpareggio erano pochi, forse uno solo. Quel-li con un bilancio in passivo, per raggiunge-re il risultato del pareggio, avrebbero dovu-to risalire la china. Lo avrebbero potuto seavessero disposto in adeguata quantità difattori inutilizzati da valorizzare. Per otte-nere questo risultato avrebbero dovuto di-sporre di risorse in quantità altrettantoadeguate. Di fattori non utilizzati ne esiste-vano in grande quantità nella generalitàdei Paesi. Erano i disoccupati, i giovani incerca del primo lavoro, i cassaintegrati, i be-ni pubblici di qualsiasi genere, dalle operepubbliche (strade, ponti, trafori, ecc.), aibeni immobiliari, a quelli ambientali e cul-turali, alle opere non completate, a quellerecanti segni di deperimento per omessamanutenzione, straordinaria come ordina-ria. Si aggiungevano i beni danneggiati daeventi naturali straordinari, quali terremo-ti, piogge e venti di eccezionale violenza, ecosì via.

Se i fattori valorizzabili erano abbondantied avrebbero richiesto interventi urgenti,mancavano invece le risorse, poiché lo Sta-to non avrebbe potuto procurarsele suimercati finanziari, per il divieto di indebi-tarsi, implicitamente imposto dal reg.1466/97 e successivi. Il divieto di indebita-mento ha impedito che si cogliessero occa-sioni favorevoli allo sviluppo, ad esempioquelle determinate della crescente doman-da di produzione del "made in Italy" nei Pa-esi di nuova economia. L'effetto del vinco-lo del bilancio non avrebbe potuto che con-sistere nella diffusa e crescente depressio-ne. Ed era assolutamente prevedibile. Nel2006 ho depositato in Senato nel corso diuna pubblica audizione un grafico che pre-vedeva che, se il tasso di crescita del PIL fos-se stato dello 0.5%, il rapporto debito/PILitaliano sarebbe passato dal 110% del2006 al 130% nel 2013. La media è statainferiore. Il rapporto, come volevasi dimo-strare, è salito al 133%.

c) I dati statistici attinenti all'intero perio-do dall'1.1.1999 ad oggi (il 1.1.1999 è la da-ta dalla quale ha cominciato ad essere ap-plicato il reg. 1466/97 che ha imposto il vin-colo del pareggio del bilancio), conferma-no l'esistenza di una depressione, crescen-te e generalizzata nell'area euro. Nel de-cennio dal 2000 al 2010 il tasso di sviluppodella Germania, della Francia e dell'Italia èstato rispettivamente dello 0.9%,

dell'1.1% e dello 0.2%. A fine 2013 risulta-vano dello 0.6%, dello 0.2% e del -1.9%. Pereffetto di questi risultati Germania, Fran-cia ed Italia occupavano rispettivamente ilsesto, il decimo ed il terzo posto nella classi-fica dei peggiori risultati nel decennio2000-2010. Sono compresi tra i peggiori al-tri 10 Paesi euro. Nella classifica dei peggio-ri del decennio antecedente (1990-2000)nessuno dei Paesi euro era presente. An-che questi dati confermano che l'euro è ilsicuro fattore della inattesa, diffusa e cre-scente depressione dell'area euro. La suanascita coincide con la collocazione di 13Paesi euro, compresi i tre maggiori, nellaclassifica dei Paesi del mondo con i peggio-ri risultati nel decennio 2000/2010.

Le sue risposte fannoprevedere che, see fino a quando il principio del pareggio amedio terminedel bilancio rimarrà in vigo-re, il fenomeno depressivo continuerà aprodursi. Agli effetti diretti bisognerà ag-giungere quelli indiretti. Può dirci qualco-sa?

Ha messo il dito sulla piaga. E' una piagadestinata a diventare sempre più doloro-sa. Gli effetti indiretti sono tanto più perico-losi, in quanto alcuni non vengono agevol-mente individuati.

Ce ne indichi qualcuno.

Collocherei al primo posto la totale sop-pressione della funzione di governo, checonsiste nella titolarità e nell'esercizio dipoteri politici. L'Unione ne è priva. Le si ènegato a priori il carattere di "Stato". E' sta-to deciso fin dal principio. Gli organi dell'Unione si arrogano di fatto di potestà chenon spettano, quali la disapplicazione deiTrattati e la contestata imposizione di in-dubbia dannosità. E' stata attuata una stra-ordinaria "rivoluzione", o "colpo di Stato"o "imposizione di fatto di un nuovo regi-me" (questa terza è la qualificazione piùesatta). I poteri ulteriori apparentementepolitici, sono in realtà esplicitazione diquanto già contenuto nell'obbligo della pa-rità del bilancio. Anche gli organi dell'Unio-ne fanno "i compiti" a casa. Il compito didare attuazione al principio cui essi stessisono vincolati.

La soppressione della potestà di governodegli Stati membri è avvenuta con la elimi-nazione dei due poteri, quello delle autono-me politiche economiche e quello di indebi-tamento. L'esercizio della sovranità degliStati avrebbe continuato ad esercitarsi nel-la generalità degli altri settori distinti daquello monetario. Quello monetario condi-ziona però ogni altro. La esplicitazione del-le conseguenze dell'obbligo della parità

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del bilancio, cui la Commissione si dedica conpertinacia, le consente di assorbire nell'areamonetaria molteplici competenze di altri set-tori, quali l'organizzazione burocratica delloStato, i rapporti di lavoro e la disciplina fiscale.

Come gli organi dell'Unione non hanno, népossono avere fino a quando restano in vigorei Trattati, alcun compitoo responsabilità politi-ca, così anche i governi degli Statimembri dell'area euro, se ed in quanto si attengono alladisciplina dei regolamenti, anche se non se nerendono conto, nella realtà non sono più go-verni in senso stretto. Unica loro funzione èquella di "fare i compiti a casa". E' questal'espressioneusata daunPresidentedel Consi-glio italiano. Sembrava una frase provocato-ria. Era invece esatta. Il Presidente del Consi-glio che la pronunciava era lamedesimaperso-na che nella qualità di componente italianodella Commissione, aveva concorso negli anni1996 e 1997 alla proposta e poi alla approva-zione del regolamento 1466/97!

Mi faccia ancora ragionare per punti. Pun-to d): da a), b) e c) si deduce che tutti glieffetti prodottisi a partire dal1.1.1999 sono da imputare al siste-ma applicato in via di fatto a par-tire dal 1.1.1999. Il sistema siautoprotegge. Per sgombra-re il campo dalla sua pre-senza, sono state indivi-duate due vie legali.Corrispondono a duepoteri degli Stati chel'Unionenonè riusci-ta a sopprimere.Uno di essi ha effi-cacia apparente-mente limitata,maha il pregio chelo Stato membropuòfareadesso ri-corso nell'imme-diato. Il secondoha effetti di carat-tere più radicale,ma comporta tem-pi più lunghi. Il pri-moconsistenel dirit-to-potere di esigereche gli organi dell'Unione applichino efacciano applicare conrigore il Trattato vigen-te (oggi quello di Lisbo-na) e solo il Trattato. Il se-condo consiste nel poteredegli Stati senza deroga(condizionenecessaria per ac-cedere all'euro) di passare allacategoria, a sua volta di caratteregenerale, di Stati conderoga.Attual-mente cene sonoundici. Inquadrando-si traquelli conderoga lo Stato senzadero-ga si riappropria del potere di avere una pro-pria moneta. Lo Stato con deroga si può colle-gare con altri per creare organi politici comu-ni, cui affidare la gestione della nuova mone-ta. La secondaalternativa apre la viaper perve-nire all'Unione politica. Al primo nucleo altriStati possono aggregarsi. Alla fine, probabil-mente tutti. Il sognodegli europeisti si realizze-rebbe. In favore del primo depongono condi-zioni favorevoli attualmente presenti, che po-trebbero improvvisamente scomparire.

e) Quanto esposto attiene al piano operativo.Rilevanti forse inmisura anchemaggiore sonole conseguenze sul piano "formale/istituziona-le". Sono tre. Se le competenze degli Statimembri al pari di quelle dell'Unione consisto-no nella situazione attuale nel "fare i compiti acasa", attenersi a quanto prescritto si producel'effetto ulteriore che il sistema si autoproteg-ga. Impedisce ogni proposito di variarlo. Assu-me un carattere interamente robotizzato. Senel progetto non si sono previsti appositi con-gegni (quali quelli inseriti nel progetto di unacentrale nucleare per bloccarla in presenza disegnali di pericolo), il sistemacontinuerà apro-cedere indisturbato per la sua strada, qualun-que cosa accada. La "terra èun coso tondo cherotando se ne va", recitava un vecchio adagio.Dalla terranon si puòscendere.Allo stessomo-do non si potrebbe scendere dalla macchinaUE + euro.Mutamenti si erano avuti inmillen-ni ed anche in secoli per la terra. Uomini, ani-mali, vegetali, hanno dovuto soggiacervi, pernonparlare delle entità preistoriche, che sonoaddirittura scomparse. Lo stesso accade nella"gabbia" del sistema UE + euro. In tale conte-sto viene individuato nel sistemaUE + eurozo-na, un fenomeno inatteso. Un fattore che pro-voca danno. E' presente già da 15 anni ed isuoi effetti vanno estendendosi ed aggravan-dosi. Il sistema UE + eurozona non solo è unasemplice "gabbia" come sembra, è una gabbiadi tipo speciale che gradatamente si restringe.

Il danno cheprovoca con continuitàpuòporta-re all'implosione. E' accaduto per l'URSS, mil-lenni primaper l'impero romano equalche se-colo fa per l'impero cinese. Il pericolo per l'eu-rozona sembra avvicinarsi. Il ritmo potrebbeaccelerarsi.

f) Le conseguenze sul piano sistemico-formaledi queste condizioni di fatto sono due, di se-gnoparadossalmenteopposto. Segli effetti so-no da imputarsi al sistema, ai governi che neivari anni si sono succeduti nella carica a parti-redal 1.1.1999, nonpuòessereattribuita alcu-na responsabilità per la precedentedepressio-ne, per il ristagno dell'economia, per la cresci-ta enorme dei disoccupati e delle imprese co-strette a chiudere, per il de-grado delle istitu-zioni e dell'a m -

bien-te, e cosìvia.Qualunque co-saavessero fatto, non sareb-be stata sufficiente a spostare nemmenodi unmillimetro il fattore causante. Divari tra un Pa-ese e l'altro ve ne sarebbero stati ma solo inconseguenzadelle loro caratteristiche struttu-rali originarie e degli effetti accumulativi pro-dottisi.La situazione tuttavia oggi èdiversa. E' cambia-ta radicalmente. E' emerso il dato oggettivoche il "diavolo", comesi dice, ha fatto la pento-la,ma ha dimenticato il coperchio. La pentola,nella specie, è rappresentata dall'imposizionedel vincolo del bilancio in pareggio. Il coper-chio sono i due poteri, quello di esigere coneffetto immediato l'applicazione del Trattatoin vigore, e solo del Trattato, e quello di passa-re, eventualmente di concerto con altri, allaclasse degli Stati con deroga, permanendonell'Unione, creandounadistintamonetanuo-va. E' damettere in conto che, per effetto del-la capacità di autodifesa del sistema, gli organidell'Unione opporrebbero una resistenza du-rissima ad ogni tentativo di utilizzare l'uno ol'altro potere. E' una resistenza però superabi-le se per uscire dalla "gabbia" o per sospende-re temporaneamente ed attuarne gli effetti, ititolari degli organi di vertice di ciascuno Statomembro dimostrino che il diritto è dalla loroparte e che se essi stessi non vi si attenessero,potrebbero incorrere in gravi sanzioni.

La conseguenza diretta, tra tutte la più grave,per i titolari delle funzioni di governonegli Sta-ti membri, discende dalla totale soppressionedel regime democratico, principio fondantedella costituzione di tutti e di ciascuno Statomembro, ed insieme condizione necessariaperessere ammessi nell'Unioneeuropea. L'es-senzadellademocrazia stanel poteredei citta-

dini di concorrere con il voto periodico espres-so in condizioni di assoluta eguaglianza, allasceltadei governanti, quindi sulle decisioni po-litiche che gli stessi prenderanno, quindi suglieffetti delle decisioni che graveranno sugli in-dividui, singolarmenteequali componenti del-la collettività. Se il Governo viene privato diogni potere, viene meno il presupposto su cuisi basa il diritto dei cittadini di influire sullescelte politiche. Il regime che si instaura, seconfrontato con uno autocratico, dispotico opersino totalitario, risulta nettamente peggio-re. Il dissenso dei cittadini, quale che sia il me-todo con cui vengamanifestato, non può scal-fire la durezzadel sistema robotiz-

zato. Ma

la indi-viduazione

di poteri legali peruscire dalla gabbia o per

attuarne o sospenderne gli effet-ti, muta lo scenario. Il Governo, che conosciu-ta l'esistenza di poteri che consentano di usci-re dalla gabbia, nonne faccia uso, si rende cor-responsabiledella soppressionedel regimede-mocratico. I titolari di vertice che concorrano,anche con il silenzio, a far prevalere la discipli-nadel sistema robotizzatodiverrebberopassi-bili di un giudizio per attentato alla Costituzio-ne. Non è ipotesi astratta che i cittadini faccia-no leva su tali responsabilità per ottenere chei poteri sianoesercitati, inmodo tempestivo, econ efficacia.

Lei professore, sin qui ha esposto in formaforse più semplice le conclusioni di suoi saggirecenti, con qualche ulteriore svolgimento.Ma che c'è di specifico che possa interessareparticolarmente un sindacato nazionale?

Lei già sa, ed ha avuto ora modo di constatar-lo, che nei momenti gravi di ogni tesi si ha ildovere di darne compiuta ad analitica dimo-strazione. Se si dimostra che vi sono errori cheattengono a punti essenziali, la tesi va abban-donata. Finora le mie tesi, per quanto sianoabbastanza diffuse, non sono state contesta-te. Le semplici manifestazioni di opinioni, inmaterie complesseedelicate, costituiscono in-veceunpericolo. Confondono le idee, trascina-no l'opinione pubblica su sentieri sbagliati.

L'ampia premessa, sin qui svolta, è utile perrendersi conto delle responsabilità e del pote-re di un sindacato nazionale nel momento at-tuale. Mentre però sono convinto della esat-tezza delle premesse, qui mi devo limitare adesporre ipotesi ragionevoli.

Come insegna l'esperienza comunenonèsuffi-ciente avere un potere per riuscire ad eserci-

tarlo. Se il poterepuòprodurreeffetti bloccan-ti o dirompenti, occorre disporre di una forzaadeguata. La conclusione cui si è pervenuti èche si può uscire dalla gabbia robotizzata odimpedire che, almeno per il momento non sirestringa, esercitandopoteri legali. Aggiungia-mo chenon vi è altra strada. In assenza dei po-teri, garantiti agli Stati dai Trattati, in nessunaltromodo il risultato potrebbe essere conse-guito, nemmeno (ipotesi assurda) con unabomba atomica. La strada della legalità trove-rebbe la più dura opposizione da parte dellaCommissione. E' il primo ostacolo da supera-re. Può aiutare a superarlo un largo consensodella opinione pubblica. Colpisce il fatto chegli stessi organi dell'Unione che avevano con-testato alla Grecia e continuano a ricordarlo,di avere in un singolo annoutilizzato statisti-che non veritiere per dimostrare la sussi-stenza del pareggio del bilancio, si eranoarbitrati non di violare una singola nor-ma, ma di introdurre surrettiziamen-te una disciplina, sicuramente dan-nosa e di averlamantenuta in vitagià da quindici anni. Due pesi eduemisure, quindi? Tutti i tito-lari di organi di vertice dell'Unione e quelli degli Statimembri che vi hanno colla-borato, dovrebbero avereil buon senso di tacere fi-no a quando non abbia-nodimostratodi cono-scere bene il Trattatoinvigoreeche i rego-lamenti applicati so-no ad esso confor-mi.

Dal 1991, i Trattatiche si sono succe-duti nel regolarela specificamate-ria sono tre, ilTUE, detto diMaastricht, ante-cedente ai due diAmsterdamedi Li-sbona. La discipli-na dell'euro è te-stualmente ripro-dotta in ciascunodei tre Trattati. Lanormabaseècontenu-ta nell'art. 104 c) TUE(Maastricht), che corri-sponde all'art. 126 del

Trattato di Lisbona, oggi invigore. Il comma n. 2 dell'

art. 104 c), nel secondo alineadella lett. a) introduce il criterio

vincolante che lo Stato può supe-rare il valore di riferimento relativo

all'indebitamento se lo scostamento èeccezionalee temporaneoed il rapporto re-

sti vicino al valore di riferimento.L'eccezionalità, e con essa la temporaneità,sussistono se lo sforamento sia dovuto ad unfattoreesternoai cui effetti lo Statononavreb-be potuto sottrarsi. E quale causa più eccezio-nale della depressione alla quale soggiaccionogli Stati senza deroga provocata dalla imposi-zione illegale di un risultato non previsto dalTrattato, consistente nel pareggio del bilancioa medio termine con l'obbligo aggiuntivo diperseguirlo attenendosi adunpercorsoappro-vato Stato per Stato dalla Commissione? Losforamento ai sensi dell'art. 104 c), n. 2, 2˚ ali-nea, dovrebbe ritenersi comunque giustifica-to ove si dimostri che vi sono condizioni propi-zie per il rilancio dell'economia. I vertici del si-stema italiano, che hanno il diritto/dovere diesigere l'applicazione del Trattato, se se neastenessero diverrebbero corresponsabili diun "gravevulnus" alla "democrazia", con riferi-mento ad un caso specifico.

Dominanti tra gli economisti non sono più datempo le scuole istituzionistiche. E' oggi diffici-le che si accetti che i principi, che corrispondo-no a quanto in gran parte avviene nelmercatomondiale, ora che si è quasi totalmente aper-to, non siano utilizzabili nella stessa misura econ la stessa sicurezza per spiegare quanto av-viene in un sistema robotizzato. E' la stessa ra-gione per la quale la BCE è diversa dalla Fede-ral Reserve. I giuristi positivi non manifestanoalcun interesse se si espongono le caratteristi-che degli "organismi biogiuridici". Il loro com-pito consiste nell'esaminare i "contenuti" del-lenorme.Ne ricavanoprincipi, e connettendo-li tra loro formano sistemi. E' una funzionemolto importante. L'Unione, l'eurozona, gliStati membri, sono entità in continuo movi-mento. Ilmovimentoèdeterminatoda rappor-ti di causa ed effetto. I contenuti sono certa-menteutilizzabili per la ricostruzionedelmovi-

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Page 8: SPECIALE Chicomanda inEuropa? - conquistedellavoro.it7.774:1436966724/CQDL... · hi è Olli Rehn e perchè Bruxelles e Francoforte non ... né il tempo della realizza-zione della

mento. Ma lo sono ancor più le "forme",nelle quali ogni contenuto deve necessaria-mente essersi "calato". Le forme elementa-ri del diritto sono quattro. La presenza dell'una o dell'altra svela da quale fattore unacondotta trae origine e quali effetti, ed inquale direzione essa produrrà. Se non si co-nosce il fattore primigenio di un fenomenoche perdura da anni, si formano convinci-menti che è difficile rimuovere. Si cerca ilresponsabile. Ognuno lo individua nell'al-tro, si finisce per individuarlo in entitàastratte o quasi astratte, il passato regime,il burocratismo, la classe politica, i giudici,l'Europa. Come si stava bene quando c'erala vecchia lira! E se si ricerca una responsa-bilità umana, si può scommettere che si in-dividua nel personaggio di maggiore rilievodel Paese dominante. Esprimere opinioni èfacile. Vi si cimentano tutti. Quando i con-vincimenti sono consolidati, è difficilesmuoverli. Quel che è certo, è che si gene-ra confusione, effetto indiretto ma gravedella causa primigenia.

Nonmeno dura è la barriera degli inte-ressi. Vengono indicati come responsabilila finanza internazionale, i banchieri, laspeculazione internazionale, e così via.

Ma più che gli interessi costituiti da settoririlevanti, l'ostacolo da superare è rappre-sentato dalle migliaia e migliaia di posizio-ni individuali, quali che siano le loro dimen-sioni. Se vi sono confusione ed incertezzasul futuro, ognuno tende a difendere la pro-pria posizione, anche se di entità minima.Se la tiene stretta, se la perde non c'è alcu-na certezza che in un domani la possa recu-perare. Vale nella vita comune, vale nel la-voro, vale in politica. Tutti diventano cauti,non si espongono. E' una reazione del tuttonaturale, comprensibile. Milioni di questecondotte ai vari livelli si intrecciano, si so-vrappongono. Si forma una barriera dura.Un ostacolo che la più potente delle forzenon riuscirebbe agevolmente a scompor-re. La barriera culturale e degli interessi ri-levano non solo in quanto ostacoli, ma an-che come miliardi di componenti non piùutilizzabili come forza attiva.

Si aggiunge la solidità che acquista qualsia-si idea che abbia trovato consenso per unbuon numero di anni. Molti oggi sarebberopronti a contestare gli effetti della imposi-zione del principio della parità del bilancio,contestandone persino l'evidenza. Sonopassati quindici anni da quando è applica-

to e nessuno ne ha mai parlato. Lo stessoreg. 1466/97 è quasi del tutto ignorato dal-le trattazioni sul diritto europeo, compre-se alcune delle più recenti ed autorevoli.

Distinto e consistente l'ostacolo rappresen-tato dalla barriera degli interessi particola-ri. Nelle condizioni di generale confusione,in assenza di una precisa e condivisa indivi-duazione della causa, si generalizza anchequi la tendenza a tenersi stretti la posizio-ne raggiunta. Se la si lascia, è dubbio che sene trovi un'altra. Nessuno si espone. Sonocondotte comprensibili, in momenti cosìdifficili. Sono condotte aventi ciascuna rile-vanza minima. Se ne contano a milioni. E'una barriera che non offre punti di rottura.Se alcune componenti cedono, altre suben-trano occupandone il posto. Tratto inse-gnamento da quanto è accaduto agli uscen-ti, i nuovi difendono la conquista con fero-cia.

Ci sonoperò le associazioni di categoriail cui specifico compitoèdifenderegli inte-ressi dei propri associati.

Sono i corpi intermedi. Potrebbero dare unsicuro contributo.

Vi è però un limite. I corpi interessati tendo-no a raggrupparsi in strutture gerarchiche.Queste sono indispensabili se il sistema dipotere a sua volta si configura come unastruttura solida ed unita. Oggi la frammen-tazione, indotta da un fenomeno depressi-vo di cui si ignorano le cause e di cui sononon prevedibili la durata e la consistenzafutura, ha frantumato l'identità gerarchiz-zata dei corpi intermedi. I livelli inferiori simuovono spesso in modo del tutto autono-mo rispetto ai vertici. E' un fenomeno ana-logo a quanto accade nei partiti. Quelli sto-rici risultano frantumati in gruppi che sicontendono un potere che non esiste. Nel-la incertezza del futuro della loro durata,tendono a tutelarsi autonomamente. Leprospettive non sono rosee.

Non ha ancora citato il sindacato.

E' venuto il momento giusto per parlarne.

Procedendo nell'analisi si perviene alla con-statazione che forse l'unica classe nellaquale un sufficiente grado di omogeneità èpresente, è quella dei lavoratori. Omoge-neità, seppur in misura inferiore, si rinvie-ne anche tra settori operativi sostanzial-mente diversi. Fanno eccezione, ma nonnecessariamente, i livelli più elevati. I sinda-cati dei lavoratori potrebbero essere il cor-

po principalmente interessato ad appro-fondire la ricerca delle cause prime del fe-nomeno depressivo. Del quale portano idolorosi segni milioni di disoccupati, i gio-vani in cerca del primo lavoro, i cassainte-grati, i funzionari e dipendenti cui sia prean-nunciato il prossimo licenziamento, i pen-sionati, i dipendenti che temono la chiusu-ra delle imprese, quelli cui siano stati decur-tati retribuzioni e pensioni, i titolari di pen-sione di reversibilità, gli assistiti dal siste-ma di protezione sociale cui si riducono leprestazioni. E tantissimo altro.Se una ipotesi plausibile o addirittura mol-to attendibile ottenesse una larga condivi-sione, la si potrebbe utilizzare per avvalersidella enorme forza rappresentata da milio-ni di portatori di interessi omogenei. Unaforza che infonda coraggio, autorità ed en-tusiasmo al Governo e più in generale all'in-sieme degli organi che costituiscono il verti-ce dello Stato. Una arma potente che ren-derebbe convincente la richiesta rivolta all'Unione di rispettare in modo rigoroso iTrattati. Che porrebbe in grado il Governodi avvalersi in concreto dei poteri del Trat-tato di Lisbona, quello in vigore. Una forzasufficiente per stimolare ad affrontare conautonomia ed intensità la difficile fase eper profittare del momento favorevole perattuare una politica di rilancio a breve dellaeconomia o avviare un processo di ricom-posizione politica dell'Europa, attraverso ildoppio passaggio dell'uscita dall'euro, per-manendo nell'Unione, e della aggregazio-ne di un primo gruppo di Paesi disposti acreare una nuova moneta comune da affi-dare in gestione ad organi politici comuni.

Potrebbero manifestarsi due pericoli.Potrebbe aversi come effetto la politiciz-zazione dei sindacati e l'acuirsi dei conflit-ti all'interno delle imprese, o tra i sindaca-ti o tra il sindacato e loro singole compo-nenti. In una situazione così delicata co-me l'attuale si aggiungerebbe danno aldanno.

In ogni opzione tra più indirizzi è inerenteuna percentuale di rischio. Ma questo valenel caso che si tratti di scelte di latadiscrezionalità o libere, quindi politiche.L'analisi sistemico-formale ha fatto emer-gere anzi aspetti di doverosità, di cui il sin-dacato non può non tenere conto.

a) La massima parte degli individui sulle cuispalle, direttamente o indirettamente, gra-vano gli effetti della depressione provoca-

ta dal principio della stabilità del bilancio,appartiene alla classe dei lavoratori dipen-denti. Sono uomini e donne di cui il sindaca-to ha la rappresentanza e della cui tutela edel cui benessere è responsabile. Concorre-re ad eliminarne il fattore causante o ad al-meno attenuarlo, fa parte quindi dei dove-ri istituzionali del sindacato. Opporsi aduna legge che ledesse il diritto di scopo, tu-telato dalla Costituzione (art. 40) rientre-rebbe nei doveri istituzionali del sindacato.La stabilità del bilancio fa molto peggio diuna tale ipotetica legge. Crea condizioniche rendono lo scopo inefficace. Di fatto loannulla. Pertanto uno scopo generale,quand'anche coinvolga la totalità dei lavo-ratori, salvo che degeneri in rivolte, non rie-sce a scalfire l'obbligo imposto allo Stato direalizzare il risultato di un bilancio in pareg-gio. La soluzione del sindacato corrispon-dente a quella della eliminazione del pro-posito (l'esistenza di poteri politici del go-verno) sul quale poggia la funzione specifi-ca dei partiti, strumento a mezzo del qualei cittadini concorrono con metodo demo-cratico a determinare la politica nazionale(art. 49 Cost.).I sindacati hanno il diritto/dovere di opera-re una legge non solo nazionale ma ancheeuropea che privi di ogni reale efficacial'esercizio di diritto di scopo.b) Nella sostanza al Governo, nell'azione di-retta della stabilità, ad eliminare gli effettidepressivi del vincolo, la controparte nonsono i datori di lavoro, non è il Governo,non è nemmeno l'Unione in quanto tale. E'un sistema di regole astratte, contenenti ladisciplina di una entità robotizzata. E' quin-di escluso in radice il rischio di conflitto sin-dacale. Il sindacato si associa al Governo inun una "lotta per il diritto". E' il sindacato aprendere l'iniziativa. E' prevedibile che al-tre categorie vi si associno.c) Esiste il precedente storico di quanto ac-cadde in Italia a partire dalla metà degli an-ni cinquanta e nei decenni immediatamen-te successivi. I sindacati si battono per lapiena attuazione della formula dello Statosociale, quale contemplato dalla Costitu-zione. I partiti di opposizione, poi anchequelli di maggioranza, vi si associarono.L'attuazione dello Stato sociale produsselo straordinario effetto di promuovere ladiffusione omogenea di una domanda dalritmo crescente sull'intero territorio nazio-nale. Ne furono stimolate energie produtti-ve anche nelle località più isolate del Pae-se. Da lì ebbe origine lo straordinario pro-cesso del "made in Italy" e del miracolo ita-liano. L'azione per l'attuazione della Costi-tuzione non fu una lotta di classe, fu una"lotta per il diritto". Come sarebbe ogginon una lotta di classe, ma una "lotta peril diritto" l'azione dei sindacati diretti astimolare il Governo ad esigere che gli or-gani dell'Unione rispettino con rigore efacciano rispettare da tutti il Trattato esi-stente.

Non le sembra, professore, che conqueste asserzioni lei si pone in contrad-dizione con sé stesso? In precedenza leiafferma che le sue certezze si fermanoalla interpretazione ed applicazione deiTrattati. Ora, rivolgendosi ai sindacatinon si limita alla sola prospettazione di"ipotesi ragionevoli".La contraddizione esiste. Ne faccio dove-rosa ammenda. E' anche una confermache non perseguo obiettivi precostituiti.Il contrasto è stato provocato dal muta-mento del punto di osservazione. Se mifossi collocato all'interno del sindacato,non avrei avuto titolo ad interloquire senon formulando ipotesi. Le riflessioni sti-molate dalla nostra conversazione han-no spostato il punto di osservazione all'interno dell'analisi sistemico-formale. E'emerso un ruolo specifico che spetta aisindacati con riguardo al nucleo centra-le, quello della distribuzione dei poteri edei doveri.Anche per la sua ultima domanda le so-no grato. Mio dovere è aggiungere che,nonostante le personali certezze in meri-to al funzionamento del sistema UE + eu-ro, il sindacato, qualora intendesse avva-lersene, dovrebbe sottoporre le conclu-sioni ad una doverosa verifica, condottacon criteri di assoluto rigore. Nessuno èdepositario della verità. Come ho ricono-sciuto in precedenza una mia contraddi-zione, così sarei pronto a riconoscere unerrore che mi venisse dimostrato. Nonuna manifestazione di opinione, ma laspecifica indicazione di dati o di atti ine-satti o di illogicità nella argomentazione.Grazie, dunque, di nuovo.

E’oradiosareconsapevolmenteAusterità e crescita, nessun automatismo

Nella pittoresca confusione di orientamenti e prospettivenella quale siamo caduti, l'unica cosa da fare è di azzar-dare qualche idea, necessariamente sull'Italia solitaria.

Ci interroghiamo sul nostro confronto con l'Europa.Certo, il rigore dei conti imposta dalla Merkel all'Unione Euro-pea sta recando più danni che benefici. Il rigore dei conti non sitrasforma automaticamente in crescita e sviluppo dell'occupa-zione. E tuttavia la Germania e i Paesi Nordici, capaci di pratica-re le virtù dell'austerità, non per questo riescono a sottrarsi aisacrifici. In quei Paesi , il potere di acquisto delle famiglie si èabbassato tra i 3 e i 5 punti. In Germania, il sistema di sicurezzasociale ha lasciato delle perdite sul campo. Le spese delle ri-strutturazioni a carico dello Stato sono state ridotte e trasferi-te a carico delle imprese e delle parti sociali. Le manovre hannoriguardato la contrattazione aziendale molto sviluppata, ovecon grande flessibilità, si sono ridotte le ore di lavoro ed il sala-rio oppure sono aumentate fino a 4 ore settimanali, a titologratuito (specie per ottenere il mantenimento degli investi-menti in Germania).Le riforme, da Schröder in avanti, hanno realizzato forti muta-menti e richiesto sacrifici ai tedeschi. Perfino i sindacati, chepure volevano scioperare, ne sono stati impediti perché è vieta-to per legge lo sciopero contro decisioni politiche.Per concludere, non c'è stato automatismo tra austerità e cre-scita. In Germania si è avuto una crescita più lenta e sono staticontenuti i costi della disoccupazione e della precarietà. Chefare allora per l'Europa? Dico ”con l'Europa”, e non ”con la Ger-mania” o con il Direttorio Franco tedesco, che pure non hamancato di farsi presente.Credo siano improprie le soluzioni di cui si parla correntemen-te: farsi sentire battendo i pugni sul tavolo, o creare alleanzatra i Paesi Mediterraneo per un scontro con i Paesi del NordEuropa. Sperimentazioni da non tentare neppure, se vogliamoevitare guai peggiori come quelli della fuoriuscita dall'Euro.Occorre ragionare.

La maggiori decisioni dell'ordine europeo in materia di bilancioriguardano Maastricht: non superare il 3%nei disavanzi pubbli-ci; non superare il 60% del rapporto tra debito e Pil.Seguono le note misure per la vigilanza fiscale europea sui con-ti nazionali e le norme sulla riforma bancaria. Infine, nessunPaese (Germania, Francia o Svezia) è riuscito a rispettare i vin-coli previsti e imposti.In materia monetaria, al momento della sua creazione l'euro fufissato al cambio esterno di 1,25 dollari per euro. Domande:cosa accadrebbe se la commissione europea autorizzasse labanca centrale europea a ripartire da questo vincolo per tenta-re di uscire dalla crisi? Cosa accadrebbe se la Banca centraleeuropea si impegnasse a tornare a quel cambio esterno? Quan-ti euro dovrebbero essere prodotti in più per abbassare e man-tenere quel cambio esterno? Di quanto si abbasserebbe l'au-sterità? Quale sarebbe il rischio di inflazione che dovrebberoessere compensato dai recuperi di competitività delle produ-zioni europea? Di quanto potrebbe crescere la domanda di con-sumi ed investimenti europei sul mercati unico? Di quanto po-trebbero aumentare le esportazioni, favorite da prezzi più favo-revoli? Di quanto potrebbe crescere il Pil con prezzi abbassatitali da consentire la ripresa di quote di produzione abbandona-te a causa tassi di cambio elevati (ancora oggi il cambio esternoe 1,33 dollari per 1 euro)?Non nascondiamoci dietro un dito: ci saranno conflitti conl'area del dollaro per agire contro un euro che facilita le proprieesportazioni.Ma questa è l'ora di osare e di rischiare consapevolmente. Sitratta di agire senza provocazioni, come nel caso di manifestavolontà di trasferire i costi sui vicini.In conclusione: meglio affrontare una consapevole dose di ri-schio che restare paralizzati in balìa di decisioni che produconoeffetti contrari a quelli desiderati. Utilizzando la saggezza sipuò tentare di rischiare qualcosa, pur di riuscire a vedere lafine del tunnel.

L’ANALISI.Meglio affrontare una consapevole dose di rischio che restare paralizzati

di PietroMerliBrandini

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