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Appunti di Analisi Matematica Stefano Meda e Alberto Peretti Appunti per il corso di Matematica I I semestre, a.a. 2001/2002 Facolt` a di Scienze Statistiche Universit` a di Milano-Bicocca c Stefano Meda e Alberto Peretti, 2000

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Appunti di Analisi Matematica

Stefano Meda e Alberto Peretti

Appunti per il corso di Matematica II semestre, a.a. 2001/2002

Facolta di Scienze StatisticheUniversita di Milano-Bicocca

c© Stefano Meda e Alberto Peretti, 2000

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Appunti di Analisi Matematica

Stefano Meda e Alberto Peretti

Appunti per il corso di Matematica II semestre, a.a. 2001/2002

Facolta di Scienze StatisticheUniversita di Milano-Bicocca

c© Stefano Meda e Alberto Peretti, 2000

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Edito in proprio.Sono stati adempiuti gli obblighi di legge,in ottemperanza all’art. 1, D. Lgs. Lgt. n. 660/1945in data 29/09/2000.Tutti i diritti sono riservati.E vietato lo sfruttamento a fini commerciali.

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A Gianni e Guido

con affetto

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Indice sistematico

Prefazione i

Simbologia iii

Capitolo 1 Insiemi numerici

1.1 Numeri razionali 1

1.2 Ordinamenti 2

1.3 Strutture algebriche e d’ordine 5

1.4 Numeri reali 6

1.5 L’insieme dei numeri reali esteso 7

1.6 Binomio di Newton 10

1.7 Proprieta metriche dei numeri reali 11

1.8 Proprieta aritmetiche dei numeri reali 13

1.9 Potenze con esponente reale 15

Capitolo 2 Limiti

2.1 Limiti da sinistra 21

2.2 Limiti da destra e limiti bilateri 26

2.3 Limiti e ordinamento 27

2.4 Limiti di alcune funzioni elementari 31

2.5 Caratterizzazione del limite 33

2.6 Algebra dei limiti 35

2.7 Massimo e minimo limite 38

2.8 Confronto locale di funzioni 44

2.9 Asintoti 47

Capitolo 3 Funzioni continue

3.1 Funzioni continue: definizione e prime proprieta 49

3.2 Funzioni continue in un intervallo 52

3.3 Funzioni continue in intervalli e monotonia 56

3.4 Limiti di funzioni composte 56

3.5 Il numero e 58

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Capitolo 4 Derivate

4.1 Derivata: definizione e prime proprieta 61

4.2 Calcolo di derivate 64

4.3 Studio del comportamento locale di una funzione. I 68

4.4 Il teorema del valor medio 70

4.5 Derivate successive 74

Capitolo 5 Primitive

5.1 Primitiva: definizione e prime proprieta 75

5.2 Tecniche di integrazione: I 77

5.3 Techniche di integrazione: II. Funzioni razionali 79

Capitolo 6 L’integrale di Riemann

6.1 Definizione di integrale di Riemann 87

6.2 Partizioni diadiche 90

6.3 Condizioni di esistenza dell’integrale di Riemann 92

6.4 Proprieta dell’integrale di Riemann 93

6.5 Calcolo degli integrali 96

6.6 L’integrale di Riemann generalizzato 99

6.7 Criteri di convergenza per integrali generalizzati 101

6.8 La distribuzione normale 108

Capitolo 7 Successioni e serie

7.1 Limiti di successioni 111

7.2 Serie 114

7.3 Relazioni tra serie e integrali 118

7.4 Criteri per serie a termini non negativi 122

7.5 Criteri per serie con termini di segno non costante 125

Capitolo 8 Formula di Taylor

8.1 Polinomi 129

8.2 Polinomio di Taylor 131

8.3 Formula di Taylor 133

8.4 Studio del comportamento locale di una funzione. II 141

8.5 Funzioni convesse 144

Bibliografia 151

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Prefazione

Queste dispense sono pensate come supporto per un corso di circa 60 ore, che sipropone di fornire solide conoscenze di base della teoria delle funzioni a valori reali definitesu intervalli della retta reale. Il vincolo del numero di ore ha imposto una scelta degliargomenti trattati, che sono: numeri reali, limiti, derivate, primitive, integrale di Riemann,serie numeriche e formula di Taylor.

La teoria delle funzioni reali di variabile reale dipende, in ultima analisi, dalla strutturad’ordine e dalla proprieta dell’estremo superiore di R. Abbiamo cercato di rendere il piupossibile esplicita tale dipendenza nel testo: questo intento, a nostro parere, distinguequeste dispense dai numerosi testi in commercio.

I prerequisiti necessari per un uso proficuo di questi appunti sono contenuti, ad esem-pio, nel testo di P. Boieri e G. Chiti citato in bibliografia.

Il testo non ha pretesa di completezza; non abbiamo percio esitato ad omettere di-mostrazioni di risultati anche importanti. Ci siamo, pero, fatti scrupolo di fornire undettagliato riferimento bibliografico, rimandando i Lettori interessati ai testi di A. Bac-ciotti e F. Ricci e di W. Rudin, citati in bibliografia.

In questa versione non abbiamo abbondato in esempi; questi, insieme a molti esercizi,si possono ricavare da un buon eserciziario, che riteniamo strumento ausiliario indispens-abile per lo studio della materia. Tra i molti in commercio, segnaliamo i testi di G. Monti,A. Peretti e R. Pini e di L. De Michele e G. Forti, citati in bibliografia. Il secondo e, a nos-tro parere, molto utile se si desidera rifinire la preparazione, ed e un ottimo complementodel primo.

Questa versione e, per il momento, priva dell’indice analitico, che e strumento moltoutile per la consultazione del testo; la Simbologia puo in alcuni casi essere un suo accettabilesostituto. Ad esempio, essendo interessati alla definizione di minimo limite, nella simbolo-gia (colonna centrale) si trova che essa corrisponde alla Def. 2.1.3, e quindi e contenutanella Sezione 2.1.

Teoremi, definizioni ed esempi hanno una numerazione comune, progressiva all’internodi ogni sezione; ad esempio, la Definizione 1.2.1 rimanda alla Sezione 2 del Capitolo 1 eprecede il Teorema 1.2.2 e gli Esempi 1.2.3.

Alla fine di ogni sezione abbiamo collocato una serie di esercizi, che sono numeratiprogressivamente.

Abbiamo reso disponibile il testo in linea all’indirizzo

http://www.statistica.unimib.it/utenti/matematica/

da un lato per favorire gli studenti che potranno stamparlo, utilizzando il programma Acro-bat Reader, che e disponibile gratuitamente all’indirizzo http://www.adobe.com/acrobat,dall’altro perche colleghi e amici possano prenderne visione.

Saremo molto grati a coloro che vorranno segnalarci errori, suggerire migliorie, oesprimere critiche a uno dei seguenti indirizzi di posta elettronica:

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[email protected]

[email protected].

Milano, 30 settembre 2001

Gli Autori

ii

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Simbologia

bac . . . . . . . . . . . . . . .parte intera di a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Sez. 1.7C([a, b]) . . . . . . . . . . classe delle funzioni continue in [a, b] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 3.2Cn([a, b]) . . . . . . . . . classe delle funzioni con derivata

n-esima continua in [a, b] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 4.5.2d(x, y) . . . . . . . . . . . .distanza euclidea tra x e y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.7.3Df(y) . . . . . . . . . . . . derivata di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.2D−f(y) . . . . . . . . . . derivata sinistra di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.2D+f(y) . . . . . . . . . . derivata destra di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.2Dnf(y) . . . . . . . . . . .derivata n-esima di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 4.5.1e . . . . . . . . . . . . . . . . . limh→0(1 + h)1/h . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5.0Ef . . . . . . . . . . . . . . . epigrafico di f . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 8.5.2f ′(y) . . . . . . . . . . . . . derivata di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.2f ′−(y) . . . . . . . . . . . . derivata sinistra di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.2

f ′+(y) . . . . . . . . . . . . derivata destra di f in y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.2

inf E . . . . . . . . . . . . . estremo inferiore di E . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 1.2.5lim infx→b− f(x) . . minimo limite di f per x tendente a b da sinistra . . . . . Def. 2.1.4lim supx→b− f(x) . massimo limite di f per x tendente a b da sinistra . . . . Def. 2.1.4limx→b− f(x) . . . . . limite di f per x tendente a b da sinistra . . . . . . . . . . . . . Def. 2.1.4

af(x) . . . . . . . . . . . . massima minorante non crescentedi f per x → a+ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 2.2 Es. 2

af(x) . . . . . . . . . . . . minima maggiorante non decrescentedi f per x → a+ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 2.2 Es. 2

fb(x) . . . . . . . . . . . . .massima minorante non decrescente

di f per x → b− . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 2.1.2fb(x) . . . . . . . . . . . . .minima maggiorante non crescente

di f per x → b− . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 2.1.2N . . . . . . . . . . . . . . . . numeri naturali {0, 1, 2, . . .}N? . . . . . . . . . . . . . . . N \ {0}n! . . . . . . . . . . . . . . . . fattoriale di n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 1.6.1n!! . . . . . . . . . . . . . . . semifattoriale di n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Sez. 8.3 Es. 4(nk

). . . . . . . . . . . . . . . coefficiente binomiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.6.2

o, O, �, ∼ . . . . . . . simboli di Landau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 2.8.1P([a, b]) . . . . . . . . . . insieme delle partizioni di [a, b] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 6.1.1pn,y . . . . . . . . . . . . . . polinomio di Taylor di grado n centrato in y . . . . . . . . . .Def. 8.2.1∏n

i=1 ai . . . . . . . . . . a1 · · ·an

Q . . . . . . . . . . . . . . . . numeri razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 1.1Q? . . . . . . . . . . . . . . . Q \ {0} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 1.1Q+ . . . . . . . . . . . . . . .numeri razionali positivi {q ∈ Q : q > 0} . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 1.1R . . . . . . . . . . . . . . . . numeri reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 1.4R? . . . . . . . . . . . . . . . R \ {0} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sez. 1.4R+ . . . . . . . . . . . . . . .numeri reali positivi {r ∈ R : r > 0} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Sez. 1.4

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R∗ . . . . . . . . . . . . . . . insieme esteso dei numeri reali {−∞} ∪ R ∪ {∞} . . . . . . .Sez. 1.5R ([a, b]) . . . . . . . . . .classe delle funzioni integrabili in [a, b] . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 6.1.2Ry . . . . . . . . . . . . . . . rapporto incrementale di f centrato in y . . . . . . . . . . . . . Def. 4.1.1∑n

i=1 ai . . . . . . . . . . a1 + . . . + an

sup E . . . . . . . . . . . . estremo superiore di E . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 1.2.5s(f, P ) . . . . . . . . . . . somma inferiore di Riemann di f . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 6.1.2S(f, P ) . . . . . . . . . . . somma superiore di Riemann di f . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 6.1.2x ≺ y . . . . . . . . . . . . x precede y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.2.1x � y . . . . . . . . . . . . x precede y o coincide con y . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.2.1Z . . . . . . . . . . . . . . . . numeri interi relativi {. . . ,−2,−1, 0, 1, 2, . . .}Z? . . . . . . . . . . . . . . . Z \ {0}(a, b) . . . . . . . . . . . . . {x ∈ R : a < x < b} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3[a, b) . . . . . . . . . . . . . {x ∈ R : a ≤ x < b} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3(a, b] . . . . . . . . . . . . . {x ∈ R : a < x ≤ b} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3[a, b] . . . . . . . . . . . . . .{x ∈ R : a ≤ x ≤ b} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3(−∞, b) . . . . . . . . . . {x ∈ R : x < b} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3(−∞, b] . . . . . . . . . . {x ∈ R : x ≤ b} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3(a,∞) . . . . . . . . . . . .{x ∈ R : a < x} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3[a,∞) . . . . . . . . . . . . {x ∈ R : a ≤ x} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 1.5.3∫ b

af . . . . . . . . . . . . . . integrale inferiore di Riemann di f in [a, b] . . . . . . . . . . . Def. 6.1.2

∫ b

af . . . . . . . . . . . . . . integrale superiore di Riemann di f in [a, b] . . . . . . . . . . .Def. 6.1.2

∫ b

af . . . . . . . . . . . . . . integrale di Riemann di f in [a, b] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 6.1.2

∫ ∞

−∞f . . . . . . . . . . . . integrale generalizzato di f in R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Def. 6.6.1

∫f . . . . . . . . . . . . . . . integrale indefinito di f . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Def. 5.1.3

◦ . . . . . . . . . . . . . . . . . simbolo di composizione di funzioni

Il simbolo A =def

B definisce A.

iv

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1 Insiemi numerici

1.1 Numeri razionali

Indicheremo con Q l’insieme dei numeri razionali. Introduciamo in Q le operazionidi somma + : Q × Q → Q e di prodotto · : Q × Q → Q, definite da

a

b+

c

d=def

ad + bc

bd∀a, c, b, d ∈ Z

ea

b· c

d=def

ac

bd∀a, c ∈ Z ∀b, d ∈ Z?.

Siano r in Q e a/b una sua rappresentazione. Indichiamo con −r il razionale cheammette la rappresentazione (−a)/b; −r si chiama l’opposto di r.

1.1.1 Definizione. Diciamo che il numero razionale a/b e positivo se ab > 0(supponiamo nota la relazione d’ordine usuale in Z). In tal caso scriviamo a/b > 0.

Siano a, c ∈ Z, b, d ∈ Z?. Diciamo che a/b e minore o uguale di c/d se

c

d− a

b> 0 oppure

c

d− a

b= 0.

In tal caso scriveremoa

b≤ c

d. Poniamo Q+ =

def{q ∈ Q : q > 0}.

1.1.2 Teorema (struttura di Q). Valgono le seguenti proprieta:

(S1) (proprieta commutativa) a + b = b + a ∀a, b ∈ Q;

(S2) (proprieta associativa) (a + b) + c = a + (b + c) ∀a, b, c ∈ Q;

(S3) a + 0 = a ∀a ∈ Q;

(S4) a + (−a) = 0 ∀a ∈ Q

(P1) (proprieta commutativa) a · b = b · a ∀a, b ∈ Q;

(P2) (proprieta associativa) (a · b) · c = a · (b · c) ∀a, b, c ∈ Q;

(P3) a · 1 = a ∀a ∈ Q;

(P4) per ogni a 6= 0, a · a−1 = 1;

(D) (proprieta distributiva) (a + b) · c = a · c + b · c ∀a, b, c ∈ Q;

(CO1) per ogni y, z ∈ Q tali che y < z, e per ogni x ∈ Q, si ha che x + y < x + z;

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2 Capitolo 1. Insiemi numerici

(CO2) per ogni x, y ∈ Q tali che 0 < x e 0 < y, si ha che 0 < xy.

Dimostrazione. La dimostrazione consiste in una verifica diretta delle proprieta S1–S4,P1–P4, D, CO1 e CO2. tu

• Tra due razionali ci sono infiniti razionali.

Basta mostrare che fra due razionali ce n’e sempre un altro. Siano r, s ∈ Q tali cher < s. Si verifica facilmente che se θ e un numero razionale tale che 0 < θ < 1, allora

r < r + θ(s − r) < s.

1.2 Ordinamenti

1.2.1 Definizione. Sia E un insieme. Un ordinamento in E e una relazione, cheindicheremo con ≺, tale che

(i) se x, y ∈ E, allora vale una e una sola tra le tre relazioni

x ≺ y, x = y, y ≺ x;

(ii) (proprieta transitiva) se x, y, z ∈ E, x ≺ y e y ≺ z, allora x ≺ z.

Un insieme dotato di un ordinamento si dice ordinato.

• La scrittura x � y significa x ≺ y oppure x = y.

1.2.2 Esempi.

• Gli insiemi N, Z e Q sono ordinati rispetto all’usuale relazione d’ordine.

• Siano (x1, y1) e (x2, y2) due punti del piano. Diciamo che (x1, y1) ≺ (x2, y2) se x1 < x2,oppure se x1 = x2 e y1 < y2. L’insieme dei punti del piano e ordinato rispetto allarelazione ≺.

• Sia E l’insieme dei sottoinsiemi del piano; rispetto all’inclusione propria E non eun insieme ordinato, ma solo parzialmente ordinato. Ad esempio, due circonferenzedistinte nel piano non sono confrontabili tramite la relazione di inclusione propria,cioe non vale alcuna delle tre relazioni della Definizione 1.2.1 (i).

1.2.3 Definizione. Siano E un insieme ordinato e B ⊆ E, B 6= ∅. Si dice che B esuperiormente limitato se esiste un elemento β ∈ E tale che

x � β ∀x ∈ B.

L’elemento β si chiama maggiorante di B.

• Le definizioni di insieme inferiormente limitato e di minorante sono analoghe alleprecedenti.

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Sezione 1.2 Ordinamenti 3

1.2.4 Definizione. Un sottoinsieme non vuoto di un insieme ordinato si dice limitatose e sia inferiormente, sia superiormente limitato.

• I numeri interi non negativi sono un insieme inferiormente limitato, ma non superior-mente limitato in Z. I numeri interi compresi tra −7 e 5 sono un sottoinsieme limitatodi Z.

1.2.5 Definizione. Siano E un insieme ordinato e B ⊆ E non vuoto e limitatosuperiormente. Un elemento α ∈ E si chiama estremo superiore di B, e si scriveα = sup B, se

(i) α e un maggiorante di B

(ii) se γ ≺ α, allora γ non e un maggiorante di B.

Se α ∈ B, si dice che α e massimo di B, e che B ammette massimo.

• L’estremo superiore di un insieme B, se esiste, e unico.

Supponiamo che α e β verifichino le proprieta (i) e (ii) della Definizione 1.2.5. Per la (i),α e β sono entrambi maggioranti di B. Conseguentemente, per la Definizione 1.2.5 (ii)non puo essere ne α ≺ β, ne β ≺ α. Percio α = β, perche E e ordinato e quindi devevalere una e una sola delle relazioni della Definizione 1.2.1, come richiesto.

1.2.6 Esempi.

• Siano A = {x ∈ Q : x ≤ 0} e B = {x ∈ Q : x < 0}. Osserviamo che:

(i) 0 e un maggiorante di A e di B.

(ii) se y < 0, y non e un maggiorante ne di A, ne di B, perche tutti i razionali tra ye 0 sono sia in A, sia in B.

Percio, sup A = 0 = sup B. Poiche 0 ∈ (A \ B), si ha che 0 e il massimo di A, mentreB non ha massimo.

• Sia E =def

{1 − 1/n : n ∈ N?}. Osserviamo che:

(i) 1 e un maggiorante di E

(ii) sia x un razionale < 1. Allora

x ≤ 1 − 1

n⇐⇒ n ≥ 1

1 − x,

e quindi x non e un maggiorante di E.

Percio sup E = 1. Siccome 1 /∈ E, 1 non e massimo.

• Sia E un sottoinsieme finito di Q. Allora E ha massimo.

1.2.7 Teorema. Valgono le proprieta seguenti:

(i) l’insieme {p ∈ Q+ : p2 < 2} non ha estremo superiore in Q

(ii) l’equazione p2 = 2 non ha soluzioni in Q+.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Siano

E =def

{p ∈ Q+ : p2 < 2} e F =def

Q+ \ E.

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4 Capitolo 1. Insiemi numerici

Osserviamo che:

• ogni elemento di F e un maggiorante di E.

Siano r ∈ E e s ∈ F . Mostriamo che r < s. Infatti, se fosse s ≤ r, si avrebbes2 ≤ r2 < 2, cioe s sarebbe in E.

• se p ∈ E, allora p non e un maggiorante di E.

Infatti, il numero

r =def

p − p2 − 2

p + 2=

2p + 2

p + 2

soddisfa le relazioni seguenti:

r > p, r2 − 2 = 2p2 − 2

(p + 2)2< 0.

• se q ∈ F , allora esiste un elemento di F piu piccolo di q.

Infatti, il numero

s =def

q − q2 − 2

q + 2=

2q + 2

q + 2

soddisfa le relazioni seguenti

s < q, s2 − 2 = 2q2 − 2

(q + 2)2> 0.

L’estremo superiore di E, se esistesse, sarebbe un razionale positivo. Poiche Q+ =E ∪ F , l’estremo superiore dovrebbe appartenere a E oppure a F . Gli ultimi due puntimostrano che cio e impossibile.

Dimostriamo (ii). Se esistesse x ∈ Q tale che x2 = 2, allora x /∈ E e quindi x ∈ F .Abbiamo mostrato sopra che esiste y ∈ F tale che y < x. Conseguentemente, avremmoy2 < x2 = 2, cioe y ∈ E; assurdo, perche E ∩ F = ∅. tu

Esercizi

1 Si diano le definizioni di insieme inferiormente limitato, di minorante e di estremoinferiore di un insieme. Si dimostri poi che l’estremo inferiore di un insieme, se esiste, eunico.

2 Siano B un sottoinsieme non vuoto di un insieme ordinato, m un minorante e M unmaggiorante di B. Si dimostri che m ≤ M .

3 Si dimostri che non esistono numeri razionali tali che x3 = 2.

4 Si dimostri che l’estremo superiore in Q dell’insieme {n/(n + 1) : n ∈ N} e 1.

5 Sia q ∈ Q. Si calcolino, quando esistono, l’estremo superiore e l’estremo inferiore in Q

dell’insieme {qn : n ∈ N}.6 Si calcolino l’estremo superiore e l’estremo inferiore in Q dell’insieme {(−1)n/n : n ∈N?}.

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Sezione 1.3 Strutture algebriche e d’ordine 5

1.3 Strutture algebriche e d’ordine

1.3.1 Definizione. Un insieme C e un campo se sono definite due operazioni+ : C × C → C e · : C × C → C con le proprieta seguenti:

(S1) (proprieta commutativa) a + b = b + a ∀a, b ∈ C;

(S2) (proprieta associativa) (a + b) + c = a + (b + c) ∀a, b, c ∈ C;

(S3) esiste un elemento 0 in C tale che a + 0 = a ∀a ∈ C;

(S4) per ogni a in C esiste un elemento, detto opposto di a e indicato con −a, tale chea + (−a) = 0;

(P1) (proprieta commutativa) a · b = b · a ∀a, b ∈ C;

(P2) (proprieta associativa) (a · b) · c = a · (b · c) ∀a, b, c ∈ C;

(P3) esiste un elemento diverso da 0, e indicato con 1, tale che a · 1 = a ∀a ∈ C;

(P4) per ogni a 6= 0 esiste un elemento, detto reciproco di a e indicato con a−1, tale chea · a−1 = 1;

(D) (proprieta distributiva) (a + b) · c = a · c + b · c ∀a, b, c ∈ C.

• Se C e un campo, la sottrazione e la divisione si definiscono come segue

a − b =def

a + (−b) ea

b=def

a · b−1 se b 6= 0.

1.3.2 Definizione. Un insieme ordinato C e un campo ordinato se e un campo e

(CO1) per ogni y, z ∈ C tali che y < z, e per ogni x ∈ C, si ha che x + y < x + z

(CO2) per ogni x, y ∈ C tali che 0 < x e 0 < y, si ha che 0 < x · y.

Gli elementi a ∈ C tali che a > 0 si chiamano numeri positivi; quelli tali che a < 0 sichiamano numeri negativi.

• Per il Teorema 1.1.2, Q e un campo ordinato rispetto alle usuali operazioni di sommae prodotto e all’usuale relazione d’ordine.

Esercizi

1 Si dimostri che in un campo l’elemento neutro rispetto alla somma e l’elemento neutrorispetto al prodotto sono unici.

2 Si dimostri che in un campo l’opposto di un elemento e il reciproco di un elementonon nullo sono unici.

3 Si dimostri che in un campo ordinato C valgono le proprieta seguenti:

(i) a · 0 = 0 per ogni a ∈ C;

(ii) (legge di annullamento del prodotto) se ab = 0, allora a = 0 oppure b = 0;

(iii) −(a · b) = a · (−b).

4 Si dimostri che in un campo ordinato C valgono le proprieta seguenti:

(i) se a ≥ 0, allora −a ≤ 0;

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6 Capitolo 1. Insiemi numerici

(ii) se a ≤ b, allora b − a ≥ 0;

(iii) se a ≤ b e c ≤ 0, allora a · c ≥ b · c;(iv) per ogni a ∈ C, si ha che a2 ≥ 0. In particolare, 1 = 1 · 1 > 0.

1.4 Numeri reali

1.4.1 Definizione. Diciamo che un insieme ordinato E ha la proprieta dell’estre-mo superiore se ogni suo sottoinsieme non vuoto superiormente limitato ha estremosuperiore in E.

• Per il Teorema 1.2.7 (i), Q non ha la proprieta dell’estremo superiore.

1.4.2 Teorema. Esiste un unico (a meno di isomorfismi) campo ordinato con laproprieta dell’estremo superiore. Esso contiene Q come sottocampo.

Dimostrazione. La dimostrazione e lunga e la omettiamo. Si veda, p.es., [R, Thm 1.19].tu

1.4.3 Definizione. Il campo ordinato con la proprieta dell’estremo superiore con-tenente Q come sottocampo, la cui esistenza e assicurata dal Teorema 1.4.2, si chiamacampo dei numeri reali e si indica con R. Gli elementi di R sono detti numeri reali.Gli elementi di R \ Q si chiamano numeri irrazionali.

• Siano x un numero reale ed Ex =def

{y ∈ R : y ≤ x}. Vale la formula x = sup Ex.

Infatti, da un lato x e un un maggiorante di Ex. Dall’altro, se z < x, allora z non eun maggiorante di Ex, perche x e in Ex ed e > z.

1.4.4 Definizione. Siano A, B due sottoinsiemi non vuoti di R. Poniamo:

(i) A + B =def

{a + b : a ∈ A, b ∈ B}(ii) AB =

def{ab : a ∈ A, b ∈ B}

(iii) −A =def

{−a : a ∈ A}(iv) se 0 /∈ A, A−1 =

def{a−1 : a ∈ A}.

1.4.5 Proposizione. Siano A, B due sottoinsiemi non vuoti di R. Valgono leproprieta seguenti:

(i) sup(A + B) = sup A + sup B

(ii) sup(−A) = − inf A

(iii) se A, B ⊆ R+, allora sup(AB) = (sup A) (supB).

Dimostrazione. Dimostriamo (i).

• sup A + sup B e un maggiorante di A + B.

Infatti, se a ∈ A e b ∈ B, allora a ≤ sup A, b ≤ sup B e quindi a + b ≤ sup A + sup B.

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Sezione 1.5 L’insieme dei numeri reali esteso 7

• Sia x < sup A + sup B. Allora x non e un maggiorante di A + B.

Posto ε = sup A + sup B − x, scriviamo x = (sup A − ε/2) + (sup B − ε/2). Poichesup A − ε/2 non e un maggiorante di A e sup B − ε/2 non e un maggiorante di B,esistono a ∈ A e b ∈ B tali che

sup A − ε/2 < a < sup A e sup B − ε/2 < b < sup B.

Quindi x = sup A − ε/2 + sup B − ε/2 < a + b, come richiesto.

Per le dimostrazioni di (ii) e (iii) si veda l’Esercizio 2. tu

Esercizi

1 Si dimostri che se r 6= 0 e razionale e x e irrazionale, allora r + x e rx sono irrazionali.

2 Si dimostri la Proposizione 1.4.5 (ii) e (iii).

3 Siano A, B due sottoinsiemi non vuoti di R. Si dimostrino le proprieta seguenti:

(i) sup(A − B) = sup A − inf B

(ii) se inf A > 0, allora sup(A−1

)= 1/ inf A

(iii) se A, B ⊆ R \ R+, allora sup(AB) = (inf A) (inf B).

1.5 L’insieme dei numeri reali esteso

1.5.1 Definizione. Chiamiamo insieme dei numeri reali esteso, e lo indichiamocon R∗, l’insieme ordinato {−∞} ∪ R ∪ {+∞} in cui definiamo una relazione d’ordine checoincide con quella di R quando ristretta a R e tale che

min R∗ = −∞ e max R∗ = +∞.

• La figura qui sopra da un’immagine pittorica di R∗.

• Ogni sottoinsieme di R∗ e inferiormente limitato da −∞ e superiormente limitatoda +∞.

• Chiaramente R e un sottoinsieme proprio di R∗. Ricordiamo che abbiamo definitol’estremo superiore (risp. inferiore) di sottoinsiemi superiormente (risp. inferior-mente) limitati di R. Estendiamo queste definizioni al caso di insiemi illimitati nelmodo seguente. Se E e un sottoinsieme non vuoto di R non superiormente (risp. in-feriormente) limitato, diremo che E ha estremo superiore +∞ (risp. estremo inferiore

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8 Capitolo 1. Insiemi numerici

−∞), e scriveremo sup E = +∞ (risp. inf E = −∞). Con questa posizione, ognisottoinsieme non vuoto di R ha estremo inferiore e estremo superiore, eventualmenteinfiniti.

• Definiamo in R∗ un’algebrizzazione parziale, ponendo:

(i) se x ∈ R,

x + (+∞) =def

+ ∞, x + (−∞) =def

−∞,x

−∞ =def

0x

+∞ =def

0

(ii) se x e un numero reale > 0,

x · (+∞) =def

+ ∞ e x · (−∞) =def

−∞

(iii) se x e un numero reale < 0,

x · (+∞) =def

−∞ e x · (−∞) =def

+ ∞

(iv) (+∞) + (+∞) =def

+ ∞, (−∞) + (−∞) =def

− ∞, (+∞) · (+∞) =def

+ ∞,

(+∞) · (−∞) =def

−∞, (−∞) · (−∞) =def

+ ∞.

• Se z e w sono in R∗ e z+w e definita in uno dei paragrafi (i)–(iv) del punto precedente,poniamo w + z =

defz + w; in maniera simile, se z · w e definita in (i)–(iv), poniamo

w·z =def

z ·w. Con queste posizioni, le operazioni di somma e prodotto tra due elementi

di R∗, quando definite, risultano commutative.

1.5.2 Proposizione. Non e possibile definire la somma di −∞ e +∞ in modo cheR∗ sia un campo ordinato contenente R come sottocampo ordinato.

Dimostrazione. La tesi segue dal Teorema 1.4.2. Infatti, se fosse possibile rendere R∗ uncampo ordinato contenente Q come sottocampo, R e R∗ sarebbero campi ordinati distinti,con la proprieta dell’estremo superiore, contenenti Q come sottocampo, contro l’unicitaasserita dal Teorema 1.4.2.

E istruttivo darne una dimostrazione diretta. Se R∗ fosse un campo ordinato, +∞dovrebbe avere un opposto. Ora, l’opposto di +∞ non puo essere un numero reale oppure+∞, perche abbiamo posto x+(+∞) =

def+∞ per ogni x in R∪(+∞). Percio l’opposto di

+∞ dovrebbe necessariamente essere −∞. Cio implicherebbe la relazione (+∞)+(−∞) =0. Ma, allora, dalla relazione

1 + (+∞) = +∞,

aggiungendo −∞ ad entrambi i membri, ed usando la proprieta distributiva, si otterrebbe1 = 0, relazione falsa in qualunque campo. tu

• Sia ` ∈ R. L’operazione `/0 non e definita, perche, per definizione di divisione,l’eventuale risultato, moltiplicato per 0 dovrebbe dare `; ora, se ` 6= 0, cio e impossibile,mentre se ` = 0, allora ogni numero reale r soddisfa l’equazione 0 = r · 0.

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Sezione 1.5 L’insieme dei numeri reali esteso 9

• Piu in generale, si puo dimostrare che non e possibile definire alcuna delle operazionisottoelencate in modo che R∗ sia un campo ordinato contenente R come sottocampoordinato:

(−∞) + (+∞), 0 · (+∞), 0 · (−∞),`

0(` ∈ R∗),

±∞±∞ .

Chiamiamo forma indeterminata una qualunque delle espressioni precedenti.

• Per brevita, nel seguito scriveremo ∞ invece di +∞.

1.5.3 Definizione. Siano a, b ∈ R. Poniamo

• (a, b) =def

{x ∈ R : a < x < b}• [a, b) =

def{x ∈ R : a ≤ x < b}

• (a, b] =def

{x ∈ R : a < x ≤ b}• [a, b] =

def{x ∈ R : a ≤ x ≤ b}

• (−∞, b) =def

{x ∈ R : x < b}• (−∞, b] =

def{x ∈ R : x ≤ b}

• (a,∞) =def

{x ∈ R : a < x}• [a,∞) =

def{x ∈ R : a ≤ x}

• (−∞,∞) =def

R.

Si chiama intervallo di R, piu brevemente intervallo, uno qualunque degli insiemi sopradefiniti. Gli intervalli (a, b), (−∞, b), (a,∞) e (−∞,∞) si dicono aperti, gli intervalli [a, b],(−∞, b] e [a,∞) si dicono chiusi, [a, b) si dice chiuso a sinistra e aperto a destra e(a, b] si dice chiuso a destra e aperto a sinistra.

Esercizi

1 Siano A, B due sottoinsiemi non vuoti di R∗. Si dimostri che valgono le proprietaseguenti:

(i) sup(A + B) = sup A + sup B (ad eccezione del caso in cui sup A = ∞ e sup B = −∞,o viceversa)

(ii) sup(−A) = − inf A

(iii) se A, B ⊆ R+, allora sup(AB) = (sup A) (supB).

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10 Capitolo 1. Insiemi numerici

1.6 Binomio di Newton

1.6.1 Definizione. Sia n ∈ N?. Chiamiamo fattoriale di n il numero

n! =def

n(n − 1)(n − 2) · · ·1.

Poniamo 0! =def

1.

1.6.2 Definizione. Siano n e k in N. Chiamiamo coefficiente binomiale (“n suk”) il numero

(n

k

)

=def

n!

k! (n − k)!.

1.6.3 Teorema (potenza del binomio). Siano a e b in R, e n in N. Allora

(a + b)n =n∑

k=0

(n

k

)

ak bn−k.

Dimostrazione. Una dimostrazione di carattere combinatorio di questa formula verra datanei corsi di probabilita. tu

• Nei casi n = 2 e n = 3 ritroviamo le formule

(a + b)2 = a2 + 2ab + b2 e (a + b)3 = a3 + 3a2b + 3ab2 + b3.

Esercizi

1 Siano h > 0 e m ∈ N. Si dimostri che (1 + h)m ≥ 1 + mh.

2 Utilizzando l’Esercizio 1, si dimostri che se x > 1, allora l’insieme {xn : n ∈ N} non esuperiormente limitato. L’insieme {(−x)n : n ∈ N} e inferiormente limitato?

3 Si dimostrino le formule

0 =n∑

i=0

(−1)i

(n

i

)

e 2n =n∑

i=0

(n

i

)

.

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Sezione 1.7 Proprieta metriche dei numeri reali 11

1.7 Proprieta metriche dei numeri reali

1.7.1 Definizione. La funzione |·| : R → R, definita da

|a| =def

{a se a ≥ 0−a se a < 0,

si chiama funzione modulo.

1.7.2 Proposizione. Siano x, y, z ∈ R. Valgono le proprieta seguenti:

(i) |x| ≥ 0 e |x| = 0 se e solo se x = 0

(ii) |xy| = |x| |y| (in particolare |−x| = |x|)(iii) (disuguaglianza triangolare)

∣∣|x| − |y|

∣∣ ≤ |x − y| ≤ |x| + |y|.

Inoltre,∣∣|x| − |y|

∣∣ = |x − y| sse xy ≥ 0 e |x − y| = |x| + |y| sse xy ≤ 0.

Dimostrazione. Le dimostrazioni di (i) e di (ii) sono semplici e le omettiamo.

Dimostriamo la disuguaglianza di destra di (iii). Poiche le espressioni |x − y| e |x|+ |y|sono simmetriche in x e y, possiamo, senza ledere la generalita, assumere che x ≥ y.Abbiamo che

|x − y| = x − y

(perche x ≤ |x| e −y ≤ |y|) ≤ |x| + |y| ,come richiesto.

Inoltre,x − y = |x| + |y| ⇐⇒ − |y| − y = |x| − x.

Poiche il secondo membro dell’ultima uguaglianza e non negativo, anche il primo membrodeve esserlo; questo forza 0 ≤ −y, cioe y ≤ 0. Con queste restrizioni, il primo membrodell’ultima uguaglianza e nullo, ergo si deve avere |x|−x = 0, cioe x ≥ 0. Ne consegue chexy ≤ 0, come richiesto.

La disuguaglianza di sinistra e la relativa condizione di uguaglianza si dimostrano inmodo analogo. tu

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12 Capitolo 1. Insiemi numerici

1.7.3 Definizione. Chiamiamo distanza euclidea di due numeri reali x e y ilnumero reale non negativo

d(x, y) =def

|x − y| .

Siano E ⊆ R non vuoto e x ∈ R. Chiamiamo distanza di x da E il numero

d(x, E) =def

inf{|x − y| : y ∈ E}.

• Siano a < b due numeri reali Osserviamo che

(a, b) = {x ∈ R : d(x, (a + b)/2

)< (b − a)/2}

e che[a, b] = {x ∈ R : d

(x, (a + b)/2

)≤ (b − a)/2}.

• Osserviamo che se x ∈ E, allora d(x, E) = 0.

Viceversa, d(x, E) = 0 non implica che x appartenga a E. Ad esempio, d(0, (0, 1]

)= 0,

ma 0 /∈ (0, 1].

• Se E = {y}, allora d(x, E) = |x − y| = d(x, y).

• Sia x ∈ R. La parte intera di x e definita da

bxc =def

max{k ∈ Z : k ≤ x}.

Per esempio,b−3/2c = −2, b11/4c = 2, b−9c = −9.

• La mantissa di x, che indicheremo con mant(x), e definita dalla formula

mant(x) = x − bxc,

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Sezione 1.8 Proprieta aritmetiche dei numeri reali 13

ed e un numero reale in [0, 1).

Esercizi

1 Si disegni il grafico della funzione x 7→ d(x, Z).

2 Sia f : R → R. Si dimostri che condizione necessaria e sufficiente affinche

∣∣|f(x)| − x

∣∣ ≥ |f(x) − x| ∀x ∈ R

e che valga l’implicazione seguente:

f(x) < 0 =⇒ x ≤ 0.

1.8 Proprieta aritmetiche dei numeri reali

1.8.1 Proposizione. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) (proprieta di Archimede) dati a, b ∈ R+, esiste n ∈ N tale che na > b;

(ii) (densita di Q in R) dati a, b ∈ R, con a < b, esiste q ∈ Q tale che a < q < b;

(iii) (esistenza della radice n-esima aritmetica) dati y ∈ R+ e n ∈ N?, esiste ununico x ∈ R+ tale che xn = y.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Osserviamo che⌊ba−1

⌋≤ ba−1 <

⌊ba−1

⌋+ 1, per le

proprieta della funzione parte intera. Posto n =def

⌊ba−1

⌋+ 1, abbiamo che n > ba−1, cioe

che na > b, come richiesto.

Dimostriamo (ii). Per (i), esiste un intero positivo n tale che n(b−a) > 1, cioe tale chenb − na > 1. Percio esiste un intero, che chiamiamo m, tale che na < m < nb. Dividendoper n, otteniamo a < (m/n) < b, come richiesto.

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14 Capitolo 1. Insiemi numerici

Dimostriamo (iii). Supponiamo y > 1. Sia E =def

{r ∈ Q+ : rn < y}; E e superior-

mente limitato. Sia x =def

sup E. Mostriamo che xn = y.

Supponiamo per assurdo che xn < y. Siano r in E e N in N tali che

r < x < r +1

Ne

1

N

n−1∑

k=0

(n

k

)

rk < y − xn

(la seconda relazione segue dalla proprieta archimedea). Mostriamo che xn <(

r + 1N

)n

<

y. Infatti,

x < r +1

N=⇒ xn <

(

r +1

N

)n

,

e(

r +1

N

)n

=n∑

k=0

(n

k

)

rk Nk−n

= rn +n−1∑

k=0

(n

k

)

rk Nk−n

(perche r < x) < xn +1

N

n−1∑

k=0

(n

k

)

rk N1+k−n

(perche 1/N < 1) < xn +1

N

n−1∑

k=0

(n

k

)

rk

< xn + y − xn

= y.

Ma allora x non e il sup E: assurdo.

Se fosse xn > y, si procede come nel caso precedente.

Sia ora 0 < y < 1. Allora y−1 > 1 e, per quanto appena dimostrato, esiste z ∈ R+

tale che zn = y−1. Percio(z−1

)n=

(zn

)−1= y,

come richiesto. tu

1.8.2 Definizione. Siano y ∈ R+ e n ∈ N?. L’unico x ∈ R+ tale che xn = y si indicacon y1/n e si chiama radice n-esima aritmetica di y se n > 2 e radice quadrata di yse n = 2. Si usa anche la notazione n

√y invece di y1/n.

•√

2 e irrazionale.

Per definizione di radice quadrata abbiamo che(√

2)2

= 2. Per la Proposizione 1.2.7,

l’equazione x2 = 2 non ha soluzioni in Q, ergo√

2 ∈ R \ Q, come richiesto.

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Sezione 1.9 Potenze con esponente reale 15

1.9 Potenze con esponente reale

1.9.1 Definizione. Siano a ∈ R+, m ∈ Z. Poniamo

am =def

a · · ·a (m volte) se m > 01 se m = 0a−1 · · ·a−1 (−m volte) se m < 0.

• Siano m, p ∈ Z e n, q ∈ N? tali chem

n=

p

q. Allora

(am

)1/n=

(ap

)1/q.

Dimostriamo la proprieta richiesta nel caso in cui m ≥ 0 (e quindi anche p ≥ 0).La dimostrazione nel caso in cui m < 0 e simile. Per le definizioni di potenza conesponente intero e di radice n-esima

[(am

)1/n]nq

=(am

)1/n · · ·(am

)1/n

︸ ︷︷ ︸. . .

(am

)1/n · · ·(am

)1/n

︸ ︷︷ ︸

= amq

(perche mq = np) = apn

=[(

ap)1/q

]nq

;

l’ultima uguaglianza segue dalla definizione di potenza con esponente intero e di radice

q-esima. Quindi(am

)1/n=

(ap

)1/q, perche la radice (nq)-esima aritmetica di un

numero reale positivo e unica.

1.9.2 Definizione. Siano a ∈ R+, m ∈ Z e n ∈ N?. Poniamo am/n =def

(am

)1/n.

• E una buona definizione per il punto precedente.

1.9.3 Proposizione. Siano a ∈ R+, x e y ∈ Q. Allora

ax+y = ax ay.

Conseguentemente, se m ∈ Z e n ∈ N?, allora

am/n =

{sup{aq : q ∈ Q, q ≤ m/n} se a ≥ 1(a−1

)−m/nse a < 1.

Dimostrazione. Supponiamo che x = m/n e che y = p/q, dove m e p sono in Z, e n e qsono in N?. Per la proprieta distributiva dei razionali

anq(x+y) = amq+np

(per la Def. 1.9.1) = amq anp

(n fattori e q fattori) =[(

am)1/n · · ·(am)1/n

︸ ︷︷ ︸

]q [(ap)1/q · · ·

(ap)1/q

︸ ︷︷ ︸

]n

=(am/n

)nq (ap/q

)nq

(commutativita del prodotto) =(am/nap/q

)nq.

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16 Capitolo 1. Insiemi numerici

Per l’unicita della radice nq-esima, deduciamo che

ax+y = ax ay,

come richiesto.

Osserviamo che se a e in (1,∞) e se z e un razionale positivo, allora az > 1. Perciola funzione che a x ∈ Q associa ax e crescente (vd. la Definizione 2.1.1). Ergo, se a ≥ 1,allora

am/n = sup{aq : q ∈ Q, q ≤ m/n}.Considerazioni analoghe mostrano che questa formula vale anche se a ∈ (0, 1).

Cio conclude la dimostrazione della proposizione. tu1.9.4 Definizione. Siano a ∈ R+, x ∈ R. Poniamo

ax =def

{sup{aq : q ∈ Q, q ≤ x} se a ≥ 1(a−1

)−xse a < 1.

1.9.5 Proposizione (disuguaglianza di Bernoulli). Sia h ∈ (0,∞). Valgono leaffermazioni seguenti:

(i) se 0 < x < 1, allora (1 + h)x ≤ 1 + hx

(ii) se x > 1, allora (1 + h)x ≥ 1 + hx.

Sia h ∈ (0, 1). Valgono le affermazioni seguenti:

(iii) se 0 < x < 1, allora (1 − h)x ≤ 1 − hx

(iv) se x > 1, allora (1 − h)x ≥ 1 − hx.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Supponiamo dapprima che x ∈ Q, x = m/n diciamo,con m ∈ N e n ∈ N? e m < n. Dobbiamo mostrare che

(1 + h)m/n ≤ 1 +m

nh.

Elevando ambo i membri alla potenza n, portando tutto al primo membro e usando laformula della potenza di un binomio, otteniamo

(1 + h)m −(

1 +m

nh)n

=

m∑

i=0

(m

i

)

hi −n∑

i=0

(n

i

) (m

nh)i

(sviluppando i conti) = 1 + mh +

m∑

i=2

(m

i

)

hi − 1 − nm

nh −

n∑

i=2

(n

i

) (m

n

)i

hi

(poiche m < n) =

m∑

i=2

[(m

i

)

−(

n

i

) (m

n

)i]

hi −n∑

i=m+1

(n

i

) (m

n

)i

hi.

Per dimostrare che quest’ultimo membro e negativo, e sufficiente mostrare che per ognii ∈ {2, . . . , m} vale la disuguaglianza

(m

i

)

−(

n

i

) (m

n

)i

≤ 0.

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Sezione 1.9 Potenze con esponente reale 17

Infatti, moltiplicando ambo i membri per ni i!, otteniamo

ni m(m − 1) · · · (m − i + 1) − n(n − 1) · · · (n − i + 1) mi =

i−1∏

j=0

n(m − j) −i−1∏

j=0

m(n − j)

(perche n(m − j) − m(n − j) ≤ 0 per ogni j) ≤ 0,

come richiesto.

Sia ora x reale. Per definizione di esponenziale

(1 + h)x = sup{(1 + h)r : r ∈ Q, r < x}(per la disuguaglianza gia provata) ≤ sup{1 + rh : r ∈ Q, r < x}

= 1 + xh,

concludendo la dimostrazione di (i).

Dimostriamo (ii). Se x > 1, allora per la (i) si ha

(1 + hx)1/x < 1 + hx · 1

x= 1 + h,

da cui, elevando alla x si ottiene 1 + hx < (1 + h)x.

Dimostriamo (iii). Sia dunque 0 < x < 1 e 0 < h < 1. Possiamo affermare che esisteun t > 0 tale che 1 − h = (1 + t)−1, e risulta h = t

1+t . Allora si ha

(1 − h)x = (1 + t)−x =(1 + t)1−x

1 + t

per la (i) <1 + t(1 − x)

1 + t

= 1 − t

1 + tx

= 1 − hx.

Dimostriamo infine (iv). Siano x > 1 e 0 < h < 1. Osserviamo intanto che, se1 − hx ≤ 0, cioe se x ≥ 1/h, allora la disuguaglianza e vera in quanto il primo membro epositivo, mentre il secondo e negativo o nullo.

Se invece 1 < x < 1/h, allora, con procedimento analogo a quello di (ii), possiamoscrivere

(1 − hx)1/x < 1 − hx · 1

x= 1 − h,

da cui, elevando alla x si ottiene 1 − hx < (1 − h)x. tu

1.9.6 Proposizione. Siano a ∈ R+ e x, y ∈ R. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) ax > 0 e ax+y = ax ay

(ii) sia x ∈ R+; se a > 1, allora ax > 1, se a < 1, allora ax < 1

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18 Capitolo 1. Insiemi numerici

(iii) sia x < y. Se a > 1, allora ax < ay; se a < 1, allora ax > ay

(iv) inf{ax : x ∈ R} = 0, sup{ax : x ∈ R} = ∞.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Poiche a > 0, si ha che aq > 0 per ogni q in Q, da cuisegue che ax > 0 per ogni x in R.

Supponiamo che a > 1. Per ogni v in R poniamo

Ev =def

{r ∈ Q : r < v}.

Chiaramente sup Ev = v. Affermiamo che

Ex+y = Ex + Ey.

Infatti, da un lato se r ∈ Ex e s ∈ Ey, allora r + s ∈ Ex+y e quindi

Ex+y ⊇ Ex + Ey.

Dall’altro, se t ∈ Ex+y, allora t < x + y; sia r in Q tale che 0 < x − r < (1/2) (x + y − t).Allora t − r < y + r − x; siccome r − x < 0, possiamo concludere che t − r < y. Postos =

deft − r, abbiamo che t = r + s, con r < x e s < y, e quindi che t appartiene a

{r + s : r ∈ Ex, s ∈ Ey}, provando cosı l’inclusione

Ex+y ⊆ Ex + Ey.

Osserviamo che, per la definizione di esponenziale,

ax+y = sup{at : t ∈ Ex+y}= sup{ar+s : r ∈ Ex, s ∈ Ey}

(perche ar+s = ar as per r, s ∈ Q) = sup{ar as : r ∈ Ex, s ∈ Ey}(per la Proposizione 1.4.5 (iii)) = sup{ar : r ∈ Ex} sup{as : s ∈ Ey}

= ax ay,

come richiesto.

Sia ora 0 < a < 1. Allora a−1 > 1 e si procede come sopra.

La dimostrazione di (ii) e semplice e la omettiamo.

Dimostriamo (iii). Supponiamo a > 1. Scriviamo y = (y − x) + x. Per (i)

ay = ay−x ax

(perche ay−x > 1 per (ii)) > ax,

come richiesto. La dimostrazione nel caso 0 < a < 1 e analoga.

Infine, dimostriamo (iv). Supponiamo a > 1 e scriviamo a = 1+h, con h > 0. Allora,essendo x 7→ ax crescente, si ha che

sup{ax : x ∈ R} ≥ sup{an : n ∈ N}(dis. di Bernoulli) ≥ sup{1 + nh : n ∈ N}

= ∞,

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Sezione 1.9 Potenze con esponente reale 19

dimostrando cosı la seconda formula di (iv).

Essendo x 7→ ax crescente, si ha che

inf{ax : x ∈ R} = inf{am : m ∈ Z}= inf{(1/a)n : n ∈ N}

(dis. di Bernoulli) ≤ inf{1/(1 + nh) : n ∈ N}= 0,

e anche la prima formula e dimostrata.

La dimostrazione nel caso 0 < a < 1 e analoga. tu

• Non e possibile definire potenze con base negativa ed esponente reale in modo che R

continui a essere un campo ordinato.

Supponiamo, ad esempio, che sia possibile definire la radice quadrata di (−2). Allorasi dovrebbe avere

(−2)1/2 · (−2)1/2 = −2,

contro la proprieta che il quadrato di un elemento di un campo ordinato e non negativo(vd. Esercizio 4, Sezione 1.3).

• Funzione logaritmo. Dalla Proposizione 1.9.6 segue che se a 6= 1, allora la funzionex 7→ ax e una bigezione di R su R+. Essa ammette una funzione inversa, che e unabigezione di R+ su R e che si chiama funzione logaritmo in base a. Per ogni y inR+, esiste un unico x in R tale che ax = y; esso si chiama logaritmo in base a di y,e si indica con loga y.

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20 Capitolo 1. Insiemi numerici

Esercizi

1 Sia x ∈ R+. Si calcolino l’estremo superiore e l’estremo inferiore dell’insieme {x1/n :n ∈ N?}.2 Sia f : R → R non decrescente (vd. Def. 2.1.1). Allora

sup{f(x) : x ∈ R} = sup{f(n) : n ∈ N}.

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2 Limiti

2.1 Limiti da sinistra

2.1.1 Definizione. Siano I un intervallo e f : I → R. Diciamo che f e crescente(risp. decrescente) in I se per ogni x, y ∈ I tali che x < y vale la formula

f(x) < f(y) (risp. f(x) > f(y)).

Diciamo che f e non decrescente (risp. non crescente) in I se per ogni x, y ∈ I taliche x < y vale la formula

f(x) ≤ f(y) (risp. f(x) ≥ f(y)).

Nel seguito, per comodita di notazione, scriveremo

infx∈I

f(x) invece di inf{f(x) : x ∈ I}

e

supx∈I

f(x) invece di sup{f(x) : x ∈ I}.

2.1.2 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Siano fb

: (a, b) → R∗

e f b : (a, b) → R∗ definite da

fb(x) =

definf

y∈[x,b)f(y) e fb(x) =

defsup

y∈[x,b)

f(y);

fb

prende il nome di massima minorante non decrescente di f , e f b prende il nomedi minima maggiorante non crescente di f .

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22 Capitolo 2. Limiti

2.1.3 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Valgono le proprietaseguenti:

(i) fb

e non decrescente;

(ii) f b e non crescente;

(iii) infx∈(a,b)

f(x) ≤ fb≤ f ≤ fb ≤ sup

x∈(a,b)

f(x);

(iv) supx∈(a,b)

fb(x) ≤ inf

z∈(a,b)f b(z).

Dimostrazione. Le proprieta (i) - (iii) sono conseguenze ovvie delle definizioni di fbe di fb.

Dimostriamo (iv). Siano x, z ∈ (a, b) e v ∈ [max(x, z), b); allora

fb(x) = inf

y∈[x,b)f(y)

≤ f(v)

≤ supy∈[z,b)

f(y)

≤ f b(z).

Conseguentemente,f

b(x) ≤ fb(z) ∀x, z ∈ (a, b).

Prendendo l’estremo inferiore al variare di z in (a, b), si deduce che

fb(x) ≤ inf

z∈(a,b)f b(z) ∀x ∈ (a, b);

Prendendo l’estremo superiore al variare di x in (a, b), si conclude che

supx∈(a,b)

fb(x) ≤ inf

z∈(a,b)f b(z),

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Sezione 2.1 Limiti da sinistra 23

come richiesto. tuLe funzioni f

be fb dipendono da a, oltre che da f e da b. Tuttavia, osserviamo che

se a < c < b e g indica la restrizione di f a (c, b), allora fb

= gb

e f b = gb in (c, b).

2.1.4 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Supponiamo che

supx∈(a,b)

fb(x) = inf

x∈(a,b)f b(x),

e indichiamo con λ il valore comune di supx∈(a,b)

fb(x) e di inf

x∈(a,b)f b(x); λ si chiama limite

di f a b da sinistra e si scrivelim

x→b−f(x) = λ.

Se λ = 0, si dice che f e infinitesima in b da sinistra;

se λ = −∞, oppure λ = ∞, si dice che f e infinita in b da sinistra;

se b = ∞, si omette la specificazione “da sinistra” nella definizione precedente.

• Se f ammette limite a b da sinistra, esso e unico.

2.1.5 Esempio. Sia f : R+ → R definita da

f(x) =

{1 se x ∈ (2n, 2n + 1), n ∈ N

0 se x ∈ [2n + 1, 2n + 2], n ∈ N.

Osserviamo che f∞

(x) = 0 e che f∞(x) = 1 per ogni x ∈ R+. Percio

supx∈R

f∞

(x) = 0 6= 1 = infx∈R

f∞(x),

e quindi f non ammette limite a ∞.

L’esempio precedente mostra che una funzione puo non ammettere limite. E impor-tante notare che le funzioni monotone ammettono sempre limite. Questo e il contenutodella seguente fondamentale proposizione.

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24 Capitolo 2. Limiti

2.1.6 Proposizione (esistenza del limite per funzioni monotone). Siano −∞ ≤a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Valgono le proprieta seguenti:

(i) se f e non decrescente, allora limx→b−

f(x) = supy∈(a,b)

f(y);

(ii) se f e non crescente, allora limx→b−

f(x) = infy∈(a,b)

f(y).

Dimostrazione. Dimostriamo (i); la dimostrazione di (ii) e analoga. Osserviamo che

fb(x) = inf

y∈[x,b)f(y)

(f e non decrescente) = f(x) ∀x ∈ (a, b),

e chefb(x) = sup

y∈[x,b)

f(y)

(f e non decrescente) = supy∈(a,b)

f(y) ∀x ∈ (a, b).

Conseguentemente

infx∈(a,b)

fb(x) = supy∈(a,b)

f(y)

= supx∈(a,b)

fb(x)

e (i) segue dalla definizione di limite. tu

Un’importante conseguenza della proposizione precedente e la seguente condizionenecessaria e sufficiente di esistenza del limite. Intuitivamente, una funzione ammette limitea b− se e solo se “non oscilla troppo” vicino a b.

2.1.7 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Le affermazioniseguenti sono equivalenti:

(i) limx→b−

f(x) = λ;

(ii) limx→b−

fb(x) = λ = lim

x→b−fb(x).

Dimostrazione. Dimostriamo che (i) implica (ii). Poiche fb

e fb sono monotone, esse

ammettono limite a b− per la Proposizione 2.1.6, e valgono le formule

limx→b−

fb(x) = sup

y∈(a,b)

fb(y) e lim

x→b−f b(x) = inf

y∈(a,b)f b(y).

Per ipotesi

supy∈(a,b)

fb(y) = λ = inf

y∈(a,b)f b(y),

da cui segue (ii).

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Sezione 2.1 Limiti da sinistra 25

Dimostriamo che (ii) implica (i). Poiche fb

e monotona non decrescente e f b e mono-

tona non crescente, dalla Proposizione 2.1.6 applicata a fb

e a f b deduciamo che

limx→b−

fb(x) = sup

y∈(a,b)

fb(y) e lim

x→b−f b(x) = inf

y∈(a,b)f b(y).

Dall’ipotesi segue che

supy∈(a,b)

fb(y) = λ = inf

y∈(a,b)f b(y),

cioe la tesi. tu

Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Concludiamo questa sottosezione conl’osservazione che l’esistenza e il valore del limite di f a b− dipendono solo dai valori chef assume “vicino” a b.

Formalizzando, supponiamo che g : (c, b) → R e che f = g in(max(a, c), b

). Vogliamo

mostrare che

limx→b−

f(x) = limx→b−

g(x).

Osserviamo che fb

= gb

e fb = gb in (max(a, c), b). Quindi

limx→b−

f(x) = supx∈(a,b)

fb(x)

(fb

e non decr. e f coincide con g in (max(a, c), b)) = supx∈(c,b)

gb(x)

(per definizione di limite) = limx→b−

g(x),

come richiesto.

Esercizi

1 Si dimostrino le proprieta (i) - (iii) della Proposizione 2.1.3.

2 Per ogni n in Z, si calcoli il limx→∞

xn.

3 Sia f : R → R definita da f(x) = sin x. Si dimostri che f non ammette limite a ∞.

4 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Se f e non decrescente, allora

limx→b−

f(x) = supn∈N?

f(b − 1/n).

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26 Capitolo 2. Limiti

2.2 Limiti da destra e limiti bilateri

2.2.1 Definizione. Siano a ∈ R e σa : R → R la funzione definita da

σa(x) =def

a − (x − a);

σa si chiama simmetria rispetto ad a.

Le proprieta seguenti sono di immediata verifica:

(i) σa e biunivoca;

(ii) σa(a) = a;

(iii) σa

((a, b)

)= (2a − b, a);

(iv) σ0

((a,∞)

)= (−∞,−a).

2.2.2 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Se a 6= −∞, e f ◦ σa

ammette limite ad a−, diciamo che f ammette limite ad a+, e poniamo

limx→a+

f(x) =def

limy→a−

(f ◦ σa)(y).

Inoltre, se f ◦ σ0 ammette limite a ∞, diciamo che f ammette limite a −∞, e poniamo

limx→−∞

f(x) =def

limy→∞

(f ◦ σ0)(y).

2.2.3 Definizione. Siano c ∈ R e f : (a, c) ∪ (c, b) → R. Se limx→c−

f(x) = limx→c+

f(x),

diciamo che f ammette limite a c, e poniamo

limx→c

f(x) =def

limx→c+

f(x).

• Considerazioni analoghe a quelle sviluppate nella Sezione 2.1 valgono anche per illimite da destra e il limite.

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Sezione 2.3 Limiti e ordinamento 27

Esercizi

1 Per ogni k in Z, si discuta l’esistenza dei limiti seguenti:

limx→0−

xk, limx→0+

xk e limx→0

xk.

2 Sia f : (a, b) → R. Siano af e af definite da

af(x) =def

infy∈(a,x]

f(y) e af(x) =def

supy∈(a,x]

f(y).

Si caratterizzi il limite di f ad a+ mediante af e af .

2.3 Limiti e ordinamento

In questa sezione esamineremo alcuni risultati, riguardanti il calcolo dei limiti, chedipendono dalla struttura d’ordine di R∗. Per semplificare l’esposizione, ci limiteremo alcaso dei limiti da sinistra: risultati analoghi si possono formulare per i limiti da destra eper i limiti bilateri.

2.3.1 Proposizione (permanenza del segno). Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f :(a, b) → R. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) se supx∈(a,b)

fb(x) > 0, allora esiste ξ ∈ (a, b) tale che f

((ξ, b)

)⊂ R+

(ii) se f((a, b)

)⊂ [0,∞) e lim

x→b−f(x) = λ, allora λ ≥ 0.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Supponiamo che 0 < t < supx∈(a,b)

fb(x). Per definizione

di estremo superiore, esiste y ∈ (a, b) tale che fb(y) > t. Poiche f

be non decrescente,

fb(x) > t per ogni x ∈ [y, b). La tesi segue dal fatto che f(x) ≥ f

b(x) in (a, b).

Dimostriamo (ii). Per definizione di limite

λ = supx∈(a,b)

fb(x)

(Prop 2.1.3 (iii)) ≥ infx∈(a,b)

f(x)

(f((a, b)

)⊂ [0,∞)) ≥ 0,

come richiesto. tu

• L’ipotesi supx∈(a,b)

fb(x) > 0 e verificata se, ad esempio, lim

x→b−f(x) > 0.

2.3.2 Proposizione (confronto). Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g, h : (a, b) → R taliche f ≤ g ≤ h. Se

limx→b−

f(x) = λ = limx→b−

h(x),

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28 Capitolo 2. Limiti

allora limx→b−

g(x) = λ.

Dimostrazione. L’ipotesi f ≤ g ≤ h implica che fb≤ g

b≤ gb ≤ hb. Quindi

λ = supx∈(a,b)

fb(x) ≤ sup

x∈(a,b)

gb(x)

≤ infx∈(a,b)

gb(x)

≤ infx∈(a,b)

hb(x)

= λ,

da cui segue che

supx∈(a,b)

gb(x) = λ = inf

x∈(a,b)gb(x),

cioe la tesi. tu

2.3.3 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R∗. Si chiamano partepositiva e parte negativa di f le funzioni

f+ =def

max(f, 0) e f− =def

− min(f, 0).

• Osserviamo che f+ ≥ 0, f− ≥ 0, che f = f+ − f− e che |f | = f+ + f−.

2.3.4 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Valgono leproprieta seguenti:

(i) se f e g sono non negative e

limx→b−

f(x) = 0 = limx→b−

g(x) = 0,

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Sezione 2.3 Limiti e ordinamento 29

allora limx→b−

max(f(x), g(x)

)= 0;

(ii) limx→b−

f(x) = 0 se e solo se limx→b−

|f(x)| = 0;

(iii) (limitata per infinitesima) se f e limitata e limx→b−

g(x) = 0, allora limx→b−

(fg)(x) = 0;

(iv) (infinita per discosta da zero) se esiste ξ ∈ (a, b) tale che infy∈(ξ,b)

f(y) > 0 e

limx→b−

g(x) = ∞, allora limx→b−

(fg)(x) = ∞.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Osserviamo che vale la relazione

0 ≤ max(f(x), g(x)

)

b≤ max

(fb(x), gb(x)

).

Poiche fb e gb sono non crescenti, tale e max(f b, gb

). Per la Proposizione 2.1.6 (ii),

limx→b−

max(fb, gb

)= inf

x∈(a,b)max

(fb(x), gb(x)

)

= max(

infx∈(a,b)

fb(x), infx∈(a,b)

gb(x))

= 0,

e la tesi segue dal teorema del confronto.

Dimostriamo (ii).

Supponiamo dapprima che limx→b−

f(x) = 0 e dimostriamo che limx→b−

|f(x)| = 0.

In virtu della definizione di limite e dell’ipotesi, abbiamo che

supx∈(a,b)

fb(x) = 0 = inf

x∈(a,b)fb(x).

Siccome−f−

b = fb

e f+b = f b,

possiamo concludere che

infx∈(a,b)

f−b(x) = 0 = inf

x∈(a,b)f+

b(x).

Per (i) (con f− al posto di f e f+ al posto di g)

limx→b−

max(f−

b, f+

b

)= 0.

Osserviamo che0 ≤ |f |

= f− + f+

≤ f−b + f+

b

≤ 2 max(f−

b, f+

b

),

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30 Capitolo 2. Limiti

da cui la tesi segue in virtu della Proposizione 2.3.2.

Supponiamo ora che limx→b−

|f(x)| = 0. Si verifica facilmente che limx→b−

(− |f(x)|

)= 0.

Poiche − |f | ≤ f ≤ |f |, la tesi segue dalla Proposizione 2.3.2.

Dimostriamo (iii). In virtu di (i), e sufficiente mostrare che limx→b−

|(fg)(x)| = 0. Posto

C =def

supy∈(a,b)

|f(y)|, osserviamo che

0 ≤ |(fg)(x)| ≤ C |g(x)| ∀x ∈ (a, b).

Dall’ipotesi limx→b−

g(x) = 0 e da (i) deduciamo che limx→b−

|g(x)| = 0; per la Proposizione 2.3.2,

limx→b−

|(fg)(x)| = 0, come richiesto.

Dimostriamo (iv). Notiamo che se x > ξ, allora

(fg)(x) ≥[

infy∈(ξ,b)

f(y)]

g(x);

la tesi segue da questa disuguaglianza e dalla Proposizione 2.3.2. tu2.3.5 Esempi.

• Mostriamo che limx→∞

sin x

x= 0.

Per l’Esercizio 2 della Sezione 2.1 la funzione x 7→ 1/x e infinitesima a ∞. Poiche|sin x| ≤ 1, la tesi segue dalla Proposizione 2.3.4 (iii).

• Mostriamo che limx→∞

x (sinx + 2) = ∞.

Per l’Esercizio 2 della Sezione 2.1 la funzione x 7→ x e infinita a ∞. Poiche (sin x+2) ≥1, la tesi segue dalla Proposizione 2.3.4 (iv).

2.3.6 Proposizione. Valgono le proprieta seguenti:

(i) se a > 1 e α ∈ R, allora limx→∞

ax= 0;

(ii) se a > 1, α > 0 e β ∈ R, allora limx→∞

(loga x

xα= 0.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Se α ≤ 0, la tesi e immediata. Supponiamo che α > 0.Poniamo a1/(2α) = 1 + h, da cui h > 0. Notiamo che

(1 + h)2x = [(1 + h)x]2

(per la dis. di Bernoulli) > (1 + hx)2

> h2x2,

da cuixα

ax=

[ x(a1/(2α)

)2x

≤[ x

h2 x2

,

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Sezione 2.4 Limiti di alcune funzioni elementari 31

che tende a zero a ∞. Per il teorema del confronto, possiamo concludere che limx→∞

ax= 0,

come richiesto.

La dimostrazione di (ii) segue la falsariga di quella di (i) e percio la omettiamo. Peruna dimostrazione diversa, vd. l’Esercizio 4 della Sezione 3.4. tu

Esercizi

1 Si dimostri che limx→0+

x sin(1/x) = 0.

2 Si dimostri che limx→0+

cos x

x= ∞.

3 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Si dimostri che se limx→b−

f(x) < limx→b−

g(x),

allora esiste c ∈ (a, b) tale che

f(x) < g(x) ∀x ∈ (c, b).

Cosa si puo dire se si suppone che limx→b−

f(x) ≤ limx→b−

g(x)?

4 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Si dimostri che le affermazioni seguentisono equivalenti:

(i) limx→b−

|f |b(x) < ∞;

(ii) esiste c ∈ (a, b) tale che f e limitata in (c, b).

2.4 Limiti di alcune funzioni elementari

Diamo alcuni risultati di esistenza di limiti da sinistra di “funzioni elementari”. La di-mostrazione dell’esistenza dei corrispondenti limiti da destra e analoga. Nelle consider-azioni che seguono la Proposizione 2.1.6 sull’esistenza del limite per funzioni monotonegioca un ruolo fondamentale.

In questo paragrafo supponiamo che b ∈ R.

• Se f : (a, b) → R e definita da f(x) = C, allora limx→b−

f(x) = C.

Ovvio.

• limx→b−

x = b.

Poiche x 7→ x e crescente, il limite proposto esiste ed e uguale al supx<b

x, che vale b.

• Se k ∈ N, allora limx→b−

xk = bk.

Esiste un intervallo (a, b) in cui x 7→ xk e monotona. Quindi il limite proposto esiste;se, ad esempio, b > 0, allora x 7→ xk e crescente in (0, b) e

limx→b−

f(x) = sup0<x<b

xk = bk.

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32 Capitolo 2. Limiti

• limx→b−

ax = ab.

Supponiamo a > 1. Allora x 7→ ax e crescente per la Proposizione 1.9.6 e quindi illimite proposto esiste. Si ha

limx→b−

ax = supx<b

ax

(definizione di esp.) = supx<b

sup{aq : q ∈ Q, q < x}

= sup{aq : q ∈ Q, q < b}(definizione di esp.) = ab,

come richiesto.

Il caso 0 < a < 1 si tratta in modo simile.

• limx→b−

sin x = sin b.

Esiste un intervallo (a, b) in cui x 7→ sin x e monotona. Quindi il limite propostoesiste. Per la formula di addizione del seno

sin x = sin(x − b + b) = sin(x − b) cos b + sin b cos(x − b),

da cui|sinx − sin b| ≤ |sin(x − b)| + 1 − cos(x − b).

Il secondo membro, e quindi anche il primo, e nullo se x − b = (2k + 1)π, k ∈ Z.Supponiamo ora che x − b 6= (2k + 1)π, k ∈ Z. Dalle formule

|sin(x − b)| ≤ |x − b| e 1 − cos(x − b) =sin2(x − b)

1 + cos(x − b)

si deduce per confronto che limx→b−

(sin x − sin b) = 0, come richiesto.

Esercizi

1 Si dimostri che se b ∈ R, allora limx→b

cos x = cos b. Dalla catena di disuguaglianze

cos x <sin x

x< 1, valida per x ∈ [−π/2, π/2], si deduca che

limx→0

sin x

x= 1.

2 Si dimostri che:

• se a > 1, allora limx→∞ ax = ∞;

• se 0 < a < 1, allora limx→∞ ax = 0;

• se a > 1, allora limx→∞ loga x = ∞;

• se 0 < a < 1, allora limx→∞ loga x = −∞;

• se a > 1, allora limx→0+ loga x = −∞;

• se 0 < a < 1, allora limx→0+ loga x = ∞.

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Sezione 2.5 Caratterizzazione del limite 33

2.5 Caratterizzazione del limite

2.5.1 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Le affermazioniseguenti sono equivalenti:

(i) limx→b−

f(x) = λ ∈ R;

(ii) per ogni intervallo aperto I contenente λ, esiste xI ∈ (a, b) tale che f((xI , b)

)⊂ I.

Dimostrazione. Dimostriamo che (i) implica (ii). Dato l’intervallo I, consideriamo l’insie-me EI = {x ∈ (a, b) : f

b(x) ∈ I e f b(x) ∈ I}. Osserviamo che:

• EI 6= ∅.• Se x ∈ EI allora [x, b) ⊂ EI .

• Se xI ∈ EI , allora f(x) ∈ I per ogni x ∈ (xI , b), perche fb(x) ≤ f(x) ≤ f b(x).

Questo conlude la dimostrazione dell’implicazione (i) =⇒ (ii).

Dimostriamo che (ii) implica (i). Per ipotesi, per ogni n ∈ N? esiste xn ∈ (a, b) taleche f

((xn, b)

)⊂ (λ − 1/n, λ + 1/n). Percio,

λ − 1/n ≤ infy∈(xn,b)

f(y)

≤ fb(x)

≤ f b(x)

≤ supy∈(xn,b)

f(y)

≤ λ + 1/n ∀x ∈ (xn, b).

Per il teorma del confronto

λ − 1/n ≤ limx→b−

fb(x) ≤ λ + 1/n e λ − 1/n ≤ lim

x→b−fb(x) ≤ λ + 1/n.

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34 Capitolo 2. Limiti

Poiche queste relazioni devono valere per ogni n ∈ N?, possiamo concludere che

limx→b−

fb(x) = λ = lim

x→b+fb(x),

e, quindi, che limx→b−

f(x) = λ per definizione di limite, come richiesto. tu

Caratterizzazioni analoghe dell’esistenza del limite nel caso di limite infinito sonolasciate per esercizio (vd. Esercizio 1).

Esercizi

1 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Le affermazioni seguenti sono equivalenti:

(i) limx→b−

f(x) = ∞;

(ii) per ogni intervallo della forma (c,∞) esiste xI ∈ (a, b) tale che f((xI , b)

)⊂ (c,∞).

2 Siano −∞ ≤ a < b < ∞ e f : (a, b) → R. Si dimostri che le affermazioni seguenti sonoequivalenti:

(i) limx→b−

f(x) = λ ∈ R;

(ii) per ogni ε > 0, esiste δ > 0 tale che

|f(x) − λ| < ε ∀x ∈ (b − δ, b).

Come si modifica (ii) nel caso in cui b = ∞?

3 Siano −∞ ≤ a < b < ∞ e f : (a, b) → R. Si dimostri che le affermazioni seguenti sonoequivalenti:

(i) limx→b−

f(x) = ∞;

(ii) per ogni M > 0, esiste δ > 0 tale che

f(x) ≥ M ∀x ∈ (b − δ, b).

Come si modifica (ii) nel caso in cui b = ∞?

4 Utilizzando la Proposizione 2.5.1, si dimostri che

limx→∞

x

x2 + 1= 0 e che lim

x→∞

x

x3 − 1= 0.

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Sezione 2.6 Algebra dei limiti 35

2.6 Algebra dei limiti

2.6.1 Proposizione. Siano f, g : (a, b) → R, e λ, µ ∈ R∗. Supponiamo chelim

x→b−f(x) = λ e lim

x→b−g(x) = µ. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) se λ + µ non e una forma indeterminata, allora limx→b−

(f + g)(x) = λ + µ;

(ii) se λµ non e una forma indeterminata, allora limx→b−

(fg)(x) = λµ;

(iii) se µ 6= 0 e λ/µ non e una forma indeterminata, allora limx→b−

(f/g)(x) = λ/µ.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Se λ o µ sono −∞ o ∞, la tesi segue facilmente dalteorema del confronto.

Supponiamo ora che λ, µ ∈ R. La tesi e equivalente all’affermazione che f + g −(λ + µ) e infinitesima in b da sinistra, che a sua volta e equivalente all’affermazione che|f + g − (λ + µ)| e infinitesima in b da sinistra, per la Proposizione 2.3.4 (ii). Per ipotesi,|f − λ| e |g − µ| sono infinitesime in b da sinistra. Quindi

|f + g − (λ + µ)| ≤ |f − λ| + |g − µ|≤ 2 max

(|f − λ| , |g − µ|

),

che e infinitesima in b da sinistra per la Proposizione 2.3.4 (i).

Dimostriamo (ii). Se µ = ∞, allora λ 6= 0 perche, per ipotesi, λµ non e una formaindeterminata. Quindi esiste c ∈ (a, b) tale che f ha lo stesso segno di λ in (c, b). Per (oper un esercizio simile), si conclude che limx→b−(fg)(x) = (sgn λ) ·∞. Si ragiona in modosimile se µ = −∞.

Siano ora λ, µ ∈ R. Allora

(fg)(x)− λµ =(f(x) − λ + λ

)g(x) − λµ

=(f(x) − λ

)g(x) + λ

(g(x) − µ

).

Osserviamo che limx→b−

(f(x) − λ

)= 0 per ipotesi e che g e limitata in (c, b); dalla Propo-

sizione 2.3.4 (iii) segue che limx→b−

(f(x) − λ

)g(x) = 0. In maniera simile si mostra che

limx→b−

λ(g(x)− µ

)= 0. Ora (ii) e conseguenza diretta di (i).

La dimostrazione di (iii) e lasciata come esercizio. tu

• Nell’enunciato precedente, λ + µ, λµ e λ/µ sono calcolati usando l’algebrizzazioneparziale di R∗ introdotta nella Sezione 1.5.

• Nel caso in cui si presenti una delle forme indeterminate ∞+(−∞) oppure (−∞)+∞nella proposizione precedente, non c’e modo di prevedere ne l’esistenza, ne l’eventualerisultato del lim

x→b−(f + g)(x). Nei quattro esempi seguenti f(x) = x. Abbiamo

limx→∞

f(x) = ∞.

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36 Capitolo 2. Limiti

(a) Siano c ∈ R e g1(x) = −x + c. Allora

limx→∞

g1(x) = −∞ e limx→∞

(f(x) + g1(x)

)= c.

(b) Sia g2(x) = −√x. Allora

limx→∞

g2(x) = −∞ e limx→∞

(f(x) + g2(x)

)= ∞.

(c) Sia g3(x) = −x2. Allora

limx→∞

g3(x) = −∞ e limx→∞

(f(x) + g3(x)

)= −∞.

(d) Sia g4(x) = −x + sin x. Allora

limx→∞

g4(x) = −∞, ma limx→∞

(f(x) + g4(x)

)non esiste.

• Si possono sviluppare considerazioni relative alle forme indeterminate ∞ · 0 o ∞/∞a ∞ analoghe a quelle del punto precedente. Ad esempio, per la forma ∞ · 0 si pos-sono utilizzare le funzioni f(x) =

defx, g1(x) =

defc/x, g2(x) =

def1/

√x, g3(x) =

def1/x2,

g4(x) =def

(sinx)/x.

• La forma λ/0, λ ∈ R∗ \ {0}, merita un commento ulteriore. Si puo dimostrare (vd.Esercizio 4) che se lim

x→b−g(x) = 0 ed esiste c ∈ (a, b) tale che g(x) > 0 in (c, b), allora

limx→b−

f(x)

g(x)= (sgnλ) · ∞.

Analogamente, se limx→b−

g(x) = 0 ed esiste c ∈ (a, b) tale che g(x) < 0 in (c, b), allora

limx→b−

f(x)

g(x)= (sgn λ) · (−∞).

Ad esempio, limx→0−

1

x= −∞, mentre lim

x→0−

−1

x= ∞.

• In virtu del Corollario 2.6.1, delle considerazioni svolte sopra e dei risultati dellaSezione 2.4, possiamo, ad esempio, calcolare il

limx→1−

( xex

x2 − x + ln x+

x

x − 1

)

.

Infatti, limx→1−

(x2 − x + lnx) = 0 e x2 − x + ln x < 0 in (0, 1); per il punto precedente

limx→1−

(1/(x2 − x + lnx)

)= −∞, da cui, per il Corollario 2.6.1 (ii),

limx→1−

(xex)/(x2 − x + lnx) = e · (−∞)

= −∞.

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Sezione 2.6 Algebra dei limiti 37

Analogamente, limx→1−

(x − 1) = 0 e x − 1 < 0 in (0, 1), cosicche limx→1−

1

x − 1= −∞, da

cui, per il Corollario 2.6.1 (ii),

limx→1−

x

x − 1= 1 · (−∞)

= −∞.

Per il Corollario 2.6.1 (i), il limite proposto vale (−∞) + (−∞) = −∞.

Esercizi

1 Si calcolino

limx→1−

1

1 − x2e lim

x→(−1)−

1

1 − x2.

2 Si calcolino

limx→∞

1 + x

1 − x, lim

x→∞

1 + x2

1 + x, lim

x→∞

1 + x + x2

1 + x + x2 + x3.

3 Siano p un polinomio di grado m con coefficiente direttore c 6= 0 e q un polinomio digrado n con coefficiente direttore d 6= 0. Si dimostri che

limx→∞

p(x)

q(x)=

{ 0 se m < nc/d se m = nsgn(c/d) · ∞ se m > n.

Si enunci e si dimostri un risultato analogo per il limx→−∞

p(x)

q(x).

4 Siano f, g : (a, b) → R tali che limx→b−

f(x) = λ ∈ R∗ \ {0} e limx→b−

g(x) = 0. Si dimostri

che se esiste c ∈ (a, b) tale che g(x) > 0 in (c, b), allora

limx→b−

f(x)

g(x)= (sgn λ) · ∞.

Analogamente, se limx→b−

g(x) = 0 ed esiste c ∈ (a, b) tale che g(x) < 0 in (c, b), allora

limx→b−

f(x)

g(x)= (sgn λ) · (−∞).

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38 Capitolo 2. Limiti

2.7 Massimo e minimo limite

2.7.1 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Poniamo

` =def

supx∈(a,b)

fb(x) e L =

definf

x∈(a,b)f b(x);

` si chiama minimo limite di f a b da sinistra e L si chiama massimo limite di f a bda sinistra e si scrive

lim infx→b−

f(x) =def

` e lim supx→b−

f(x) =def

L.

• Notiamo che ` e L non dipendono da a.

• Osserviamo che che f ha limite λ a b da sinistra se e solo se ` = λ = L.

2.7.2 Esempi.

• Sia f : R+ → R definita da

f(x) =

{1 se x ∈ (2n, 2n + 1), n ∈ N

0 se x ∈ [2n + 1, 2n + 2], n ∈ N.

Osserviamo che f∞

(x) = 0 e f∞(x) = 1 per ogni x ∈ R+. Percio

lim infx→∞

f(x) = 0 e lim supx→∞

f(x) = 1.

• Sia g : R+ → R definita da

g(x) =

{2n se x ∈ (2n, 2n + 1], n ∈ N

−2n − 1 se x ∈ (2n + 1, 2n + 2], n ∈ N.

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Sezione 2.7 Massimo e minimo limite 39

Notiamo che g∞

(x) = −∞ e g∞(x) = ∞ per ogni x ∈ R+. Percio

lim infx→∞

g(x) = −∞ e lim supx→∞

g(x) = ∞.

• Sia h : (1,∞) → R definita da

h(x) =

1

2nse x ∈ (2n, 2n + 1], n ∈ N?

− 1

2n + 1se x ∈ (2n + 1, 2n + 2], n ∈ N.

Si verifica facilmente che per ogni x ∈ (1,∞)

h∞(x) = − 1

2n + 1se x ∈ (2n, 2n + 2], n ∈ N

e

h∞(x) =1

2nse x ∈ (2n − 1, 2n + 1], n ∈ N?.

Percio

lim infx→∞

h(x) = 0 = lim supx→∞

h(x)

e quindi limx→∞

h(x) = 0.

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40 Capitolo 2. Limiti

• Sia k : (0, 1) → R definita da

k(x) =

{1 se x ∈

(1 − 1/(2n), 1− 1/(2n + 1)

), n ∈ N?

0 se x ∈[1 − 1/(2n + 1), 1 − 1/(2n + 2)

], n ∈ N.

Osserviamo che k1(x) = 0 e k1(x) = 1 per ogni x ∈ (0, 1). Percio

lim infx→1−

k(x) = 0 e lim supx→1−

k(x) = 1.

Quindi k non ammette limite a 1 da sinistra.

In analogia a quanto fatto per il limite, definiamo ora i concetti di minimo e massimolimite da destra e di minimo e massimo limite bilateri. Siano a ∈ R e σa(x) =

defa− (x−a).

2.7.3 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Se a 6= −∞, poniamo

lim infx→a+

f(x) =def

lim infy→a−

(f ◦ σa)(y) e lim supx→a+

f(x) =def

lim supy→a−

(f ◦ σa)(y).

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Sezione 2.7 Massimo e minimo limite 41

Poniamo, inoltre,

lim infx→−∞

f(x) =def

lim infy→∞

(f ◦ σ0)(y) e lim supx→−∞

f(x) =def

lim supy→∞

(f ◦ σ0)(y).

2.7.4 Definizione. Siano c ∈ R e f : (a, c)∪(c, b) → R. Se lim infx→c−

f(x) = lim infx→c+

f(x),

diciamo che f ammette minimo limite a c, e poniamo

lim infx→c

f(x) =def

lim infx→c+

f(x).

Analogamente, se lim supx→c−

f(x) = lim supx→c+

f(x), diciamo che f ammette massimo limite a

c, e poniamolim sup

x→cf(x) =

deflim supx→c+

f(x).

Le operazioni di minimo limite e di massimo limite si comportano in modo complicatorispetto all’operazione di somma di funzioni, come illustrato nella proposizione seguente enelle considerazioni al temine della sua dimostrazione.

2.7.5 Proposizione. Siano f, g : (a, b) → R. Se lim infx→b−

f(x) + lim infx→b−

g(x) e

lim supx→b−

f(x) + lim supx→b−

g(x) non sono forme indeterminate, allora

lim infx→b−

f(x) + lim infx→b−

g(x) ≤ lim infx→b−

(f + g)(x)

≤ lim supx→b−

(f + g)(x)

≤ lim supx→b−

f(x) + lim supx→b−

g(x).

Dimostrazione. Affermiamo che per ogni x, y ∈ (a, b)

fb(x) + g

b(x) ≤ (f + g)

b(x) ≤ (f + g)b(y) ≤ fb(y) + gb(y).

La seconda disuguaglianza e gia stata dimostrata; la dimostrazione della terza e analogaalla dimostrazione della prima. Dimostriamo la prima. Se a < x ≤ z < b, allora

fb(x) + g

b(x) = inf

y∈[x,b)f(y) + inf

y∈[x,b)g(y)

≤ f(z) + g(z),

da cui, prendendo l’estremo inferiore al variare di z in [x, b), si deduce che

fb(x) + g

b(x) ≤ inf

z∈[x,b)

(f(z) + g(z)

)

= f + gb(x),

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42 Capitolo 2. Limiti

che e la disuguaglianza cercata.

Dimostriamo ora la prima disuguaglianza dell’enunciato. La dimostrazione della se-conda e simile. Prendendo l’estremo superiore al variare di x in (a, b) nella formula prece-dente, otteniamo che

supx∈(a,b)

(f

b(x) + g

b(x)

)≤ lim inf

x→b−(f + g)(x).

Ora, per la monotonia di fb

e di gb, abbiamo che

supx∈(a,b)

(f

b(x) + g

b(x)

)= sup

x∈(a,b)

fb(x) + sup

x∈(a,b)

gb(x);

per definizione di minimo limite possiamo concludere che

lim infx→b−

f(x) + lim infx→b−

g(x) ≤ lim infx→b−

(f + g)(x),

come richiesto. tu

• Le disuguaglianze nella proposizione precedente possono essere strette.

Consideriamo, ad esempio, le funzioni f, g : R → R, definite da

f(x) =def

(−1)bxc e g(x) =def

(−1)bx+1c.

Osserviamo che f + g e la funzione nulla, che

lim infx→∞

f(x) = lim infx→∞

g(x) = −1,

e che

lim supx→∞

f(x) = lim supx→∞

g(x) = 1.

Perciolim infx→b−

f(x) + lim infx→b−

g(x) = −2

< 0 = lim infx→b−

(f + g)(x)

= lim supx→b−

(f + g)(x)

< 2

= lim supx→b−

f(x) + lim supx→b−

g(x).

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Sezione 2.7 Massimo e minimo limite 43

Esercizi

1 Si costruiscano esempi di funzioni f : (0, 1) → R che soddisfino uno dei seguentirequisiti:

lim infx→1−

f(x) = 0 e lim supx→1−

f(x) = ∞,

oppure

lim infx→1−

f(x) = −∞ e lim supx→1−

f(x) = ∞.

2 Sia f : (−∞, 0) → R definita da f(x) = sin(1/x). Si determinino f0

e f0 e si calcolinolim infx→0−

f(x) e lim supx→0−

f(x).

3 Sia f : R → R definita da f(x) = sinx. Si determinino f∞

e f∞ e si calcolinolim infx→∞

f(x) e lim supx→∞

f(x).

4 Sia f : (a, b) → R. Siano af e af definite da

af(x) =def

infy∈(a,x]

f(y) e af(x) =def

supy∈(a,x]

f(y).

Si caratterizzino, usando af e af , il minimo e il massimo limite di f ad a da destra.

5 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Si dimostri che se lim supx→b−

f(x) <

lim infx→b−

g(x), allora esiste c ∈ (a, b) tale che

f(x) < g(x) ∀x ∈ (c, b).

Cosa si puo dire se si suppone che lim supx→b−

f(x) ≤ lim infx→b−

g(x)?

6 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Si dimostri che le affermazioni seguentisono equivalenti:

(i) lim supx→b−

|f(x)| < ∞;

(ii) esiste c ∈ (a, b) tale che f e limitata in (c, b).

7 Si calcolino minimo e massimo limite di x 7→ x(sinx + 2)

(x + 1)a ∞.

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44 Capitolo 2. Limiti

2.8 Confronto locale di funzioni

Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Consideriamo il problema di confrontarei valori di f e g vicino a b. Due strategie possibili sono:

(i) determinare il segno di f − g in (a, b);

(ii) dare una stima dell’ “ordine di grandezza” di f/g vicino a b.

Analizziamo queste strategie nel caso in cui a = 0, b = ∞, f(x) = x, g1(x) = x2 eg2(x) = 2x − 1.

Notiamo che f − g1 ≤ 0 e f − g2 ≤ 0 in [1,∞). Ne deduciamo che f e piu piccolasia di g1 sia di g2 vicino a ∞, ma non ricaviamo informazioni sulla grandezza relativa deivalori di f , g1 e g2 vicino a ∞.

Invece, le relazioni limx→∞

(f/g1)(x) = 0 e limx→∞

(f/g2)(x) = 1/2 implicano che g1 e molto

piu grande di f vicino a ∞, e che g2 e approssimativamente il doppio di f vicino a ∞.

In casi diversi dall’esempio precedente, f/g puo non avere limite; il lim infx→b−

f(x)

g(x)e il

lim supx→b−

f(x)

g(x)sono buoni indicatori della grandezza relativa di f rispetto a g vicino a b.

2.8.1 Definizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Supponiamo che gnon si annulli in (a, b).

(i) Se limx→b−

f(x)

g(x)= 0, diciamo che f e o piccolo di g, o trascurabile rispetto a g, in b

da sinistra, e scriviamo f = o(g) per x → b−;

(ii) se lim supx→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣< ∞, diciamo che f e O grande di g in b da sinistra, e scriviamo

f = O(g) per x → b−;

(iii) se lim supx→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣

< ∞ e lim infx→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣

> 0, diciamo che f e di ugual ordine di

grandezza di g in b da sinistra, e scriviamo f � g per x → b−;

(iv) se limx→b−

f(x)

g(x)= 1, diciamo che f e equivalente a g in b da sinistra, e scriviamo f ∼ g

per x → b−.

I simboli o, O, � e ∼ sono detti simboli di Landau.

• Si danno definizioni analoghe per limiti da destra e per limiti bilateri.

• Siano f(x) = x, g(x) =√

x, h(x) = x2, k(x) = x sin x ed v(x) = x(1000 + sin x).Valgono le seguenti relazioni a ∞: g = o(f), f = o(h), k = o(h), v = o(h), f � v,1000f ∼ (v − k), k = O(f).

• La scrittura f = o(1) per x → b− e equivalente a limx→b−

f(x) = 0.

• La scrittura f = O(1) per x → b− e equivalente a lim supx→b−

|f(x)| < ∞ (vd. Esercizio 6,

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Sezione 2.8 Confronto locale di funzioni 45

Sezione 2.3).

• Se limx→b−

f(x)

g(x)∈ R, allora f = O(g) per x → b−.

Infatti, l’ipotesi implica che limx→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣< ∞ e, a fortiori, che lim sup

x→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣< ∞.

• La relazione f = O(g) per x → b− non implica che f/g abbia limite a b−.

Poniamo, ad esempio, f(x) = 2+sin x e g(x) = 1. Osserviamo che lim supx→∞

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣= 3.

Dunque, f = O(g) a ∞, ma f/g non ha limite a ∞.

• Se limx→b−

f(x)

g(x)∈ R \ {0}, allora f � g per x → b−.

• Si ha che f ∼ g in b da sinistra se e solo se f − g = o(g) in b da sinistra.

Infatti,

limx→b−

f(x)

g(x)= 1 ⇐⇒ lim

x→b−

(f(x)

g(x)− 1

)

= 0 ⇐⇒ limx→b−

f(x) − g(x)

g(x)= 0.

2.8.2 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Supponiamo che gnon si annulli in (a, b). Valgono le implicazioni seguenti:

(i) f = o(g) =⇒ f = O(g)

(ii) f ∼ g =⇒ f � g =⇒ f = O(g).

Dimostrazione. Osserviamo che

limx→b−

f(x)

g(x)= 0 =⇒ lim

x→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣= 0 =⇒ lim sup

x→b−

∣∣∣∣

f(x)

g(x)

∣∣∣∣= 0 < ∞,

e (i) e dimostrata.

Le implicazioni in (ii) sono conseguenza diretta delle definizioni di minimo limite,massimo limite e limite. tu

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46 Capitolo 2. Limiti

• Tutte le implicazioni tra simboli di Landau trattate dalla proposizione precedente sonoschematicamente riportate nella figura qui sopra. Le altre sono false, come si verificafacilmente.

• Per la Proposizione 2.3.6, valgono le seguenti relazioni a ∞:

(i) xα = o(ax) per ogni α in R e per ogni a > 1

(ii) lnβ x = o(xα) per ogni β in R e per ogni α > 0.

Esercizi

1 Principio di eliminazione. Supponiamo che f, f1, g, g1 : (a, b) → R soddisfino lerelazioni f1 = o(f), g1 = o(g) in b da sinistra. Allora

limx→b−

f(x) + f1(x)

g(x) + g1(x)= lim

x→b−

f(x)

g(x).

2 Principio di sostituzione. Supponiamo che f, g, h : (a, b) → R e che g ∼ h in b dasinistra. Allora

limx→b−

(f(x) · g(x)

)= lim

x→b−

(f(x) · h(x)

).

3 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R. Si dimostri che se limx→b−

f(x)

g(x)= ∞, allora

g = o(f) in b da sinistra.

4 Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Si dimostri che se limx→b−

f(x) = 0, allora

1

1 + f(x)= 1 − f(x) + o(f(x))

in b da sinistra.

5 Si calcolino i limiti seguenti:

limx→∞

x + sin x

x − lnxlim

x→∞

log2 x

x +√

x2 + 1

limx→0

sin x√1 + x − 1

limx→∞

x−1 + x−2

2−x + 2−2x.

6 Si dimostri che:

(i) f � g e g � h implica f � h;

(ii) f ∼ g e g ∼ h implica f ∼ h;

(iii) f = o(g) e g � h implica f = o(h);

(iv) f � g e g = o(h) implica f = o(h).

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Sezione 2.9 Asintoti 47

7 In ciascuno dei casi seguenti, si determini il parametro reale α affinche√

x3 + x � xα per x → ∞(x4 + x + 1

)−1/3 � x−α per x → ∞x3 − 1 � (x − 1)α per x → 1+ 1

x −√x� (x − 1)−α per x → 1+.

8 Sia f : (a,∞) → R infinita a ∞. Si costruisca g : (a,∞) → R tale che f = o(g) a ∞.

2.9 Asintoti

2.9.1 Definizione. Siano −∞ ≤ a e f : (a,∞) → R.

(i) Se esistono m, q ∈ R tali che

limx→∞

(f(x) − mx − q

)= 0,

diciamo che f ha asintoto a ∞. Se m 6= 0, la retta di equazione y = mx+q si chiamaasintoto obliquo di f a ∞; se m = 0, essa si chiama asintoto orizzontale di fa ∞.

(ii) Se f tende a −∞ oppure a ∞ in a da destra, diciamo che f ha asintoto in a dadestra; la retta di equazione x = a si chiama asintoto verticale di f in a da destra.

• In maniera analoga si danno le definizioni di asintoto a −∞ e di asintoto in a dasinistra.

• Se f ha asintoto a ∞, esso e unico.

Supponiamo che

limx→∞

(f(x) − a1x − a0

)= 0 = lim

x→∞

(f(x) − b1x − b0

).

Facendo la differenza delle espressioni a primo e terzo membro, e usando i risultatisulla somma di limiti, otteniamo

limx→∞

[(b1 − a1)x + (b0 − a0)

]= 0,

da cui si deduce che a0 = b0 e a1 = b1, come richiesto.

Esercizi

1 Sia f : (a,∞) → R. Si dimostri che le condizioni seguenti sono equivalenti:

(i) f ha asintoto obliquo a ∞;

(ii) i limiti m =def

limx→∞

f(x)

xe q =

deflim

x→∞

(f(x) − mx

)sono finiti.

In tal caso, l’asintoto obliquo ha equazione y = mx + q.

Si dia un esempio in cui m e finito e q = ∞ e un altro in cui x 7→ f(x)−mx non ha limitea ∞.

2 Si calcolino gli asintoti obliqui a −∞ e a ∞ della funzione f(x) =def

√4x2 + x + 1− x.

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3 Funzioni continue

3.1 Funzioni continue: definizione e prime proprieta

3.1.1 Definizione. Supponiamo che −∞ < a < b < ∞ e che f : (a, b] → R. Diciamoche f e continua in b da sinistra se

limx→b−

f(x) = f(b).

In modo analogo, se g : [a, b) → R, diciamo che g e continua in a da destra se

limx→a+

g(x) = g(a).

Se a < y < b e h : (a, b) → R, diciamo che h e continua in y se e continua da destra e dasinistra.

Una funzione f : (a, b] → R non continua in b da sinistra si dice discontinua in b dasinistra.

Analogamente si definiscono le funzioni discontinue da destra e discontinue in un punto.

3.1.2 Esempi.

• Sia f : R → R la funzione definita da

f(x) =

{1 se x = 00 se x 6= 0.

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50 Capitolo 3. Funzioni continue

E evidente che limx→0−

f(x) = 0 = limx→0+

f(x); poiche f(0) = 1, f non e continua in 0 ne

da destra, ne da sinistra.

• Sia g : R → R la funzione definita da

g(x) ={

1 se x ≥ 00 se x < 0.

E evidente che limx→0−

g(x) = 0 e che limx→0+

g(x) = 1; poiche g(0) = 1, g e continua in 0

da destra, ma non da sinistra.

• Sia h : R → R la funzione definita da

h(x) =

{

1/x se x > 00 se x ≤ 0.

E evidente che limx→0−

h(x) = 0 e che limx→0+

h(x) = ∞; poiche h(0) = 0, h e continua in

0 da sinistra, ma non da destra.

• Sia k : R → R la funzione definita da

k(x) =

{

sin(1/x) se x > 00 se x ≤ 0.

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Sezione 3.1 Funzioni continue: definizione e prime proprieta 51

E evidente che limx→0−

k(x) = 0, che lim infx→0+

k(x) = −1 e che lim supx→0+

k(x) = 1; poiche

k(0) = 0, k e continua in 0 da sinistra, ma non da destra.

3.1.3 Definizione. Supponiamo che −∞ < a < b < ∞ e che f : (a, b] → R.Diciamo che f ha una discontinuita di tipo salto, o di prima specie, in b da sinistrase lim

x→b−f(x) ∈ R e

limx→b−

f(x) 6= f(b).

Se f e discontinua in b da sinistra e non ha una discontinuita di tipo salto, diciamo che fha una discontinuita di seconda specie in b da sinistra.

In modo analogo, si danno le definizioni di discontinuita di prima e di seconda specie dadestra.

• Siano f , g, h e k le funzioni definite negli Esempi 3.1.2: f ha in 0 una discontinuitadi prima specie sia da destra sia da sinistra, g ha una discontinuita di prima specieda sinistra, h e k hanno in 0 discontinuita di seconda specie da destra.

• Sia f : R → R definita da

f(x) =

{1 se x ∈ Q

0 se x /∈ Q ;

f si chiama funzione di Dirichlet. Essa e discontinua in ogni punto di R.

3.1.4 Proposizione. Siano I un intervallo e f : I → R una funzione monotona.Allora f ha, al piu, un’infinita numerabile di punti di discontinuita.

Dimostrazione. Sia y ∈ I. Essendo f monotona, esistono finiti i limiti di f da sinistra eda destra in y (da sinistra se y e l’estremo destro di I e da destra se y e l’estremo sinistrodi I). Percio f e o continua, o ha una discontinuita di prima specie in y.

Dimostriamo che l’insieme dei punti di discontinuita e, al piu, numerabile. Supponi-amo, ad esempio, che f sia non decrescente. Il caso in cui f e non crescente e analogo. Adogni punto di discontinuita y di f , possiamo associare un numero razionale nell’intervallo

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52 Capitolo 3. Funzioni continue

(lim

x→y−

f(x), limx→y+

f(x)). Poiche f e non decrescente, a punti di discontinuita diversi cor-

rispondono razionali distinti. Essendo Q numerabile, possiamo concludere che tale e anchel’insieme dei punti di discontinuita di f .

La dimostrazione della proposizione e completa. tu3.1.5 Proposizione. Siano f e g funzioni continue in y. Allora f + g e fg sonocontinue in y; se g(y) 6= 0, anche f/g e continua in y.

Dimostrazione. La continuita di f +g e fg in y e conseguenza diretta dei teoremi sui limitidi una somma e di un prodotto di funzioni.

Supponiamo ora che g(y) 6= 0. Poiche g e continua in y, si ha che limx→y

g(x) 6= 0; per la

Proposizione , esiste un intervallo contenente y in cui g ha lo stesso segno di limx→y

g(x), in

particolare, in cui g e diversa da 0. Dalla Proposizione 2.6.1 (iii) sul limite di un quozientedi funzioni deduciamo che

limx→y

f(x)

g(x)=

f(y)

g(y),

cioe che f/g e continua in y, come richiesto. tu

Esercizi

1 Siano f e g continue in y. Si dimostri che max(f, g) e min(f, g) sono continue in y.

2 Siano I un intervallo e y ∈ I. Siano f1, f2, . . . funzioni definite in I e continue in y.Supponiamo che

supn∈N?

fn(x) < ∞ ∀x ∈ I.

E vero che supn∈N? fn e continua in y?

3.2 Funzioni continue in un intervallo

3.2.1 Definizione. Siano I un intervallo e f : I → R. Si dice che f e continua in Ise e continua in ogni punto di I (continua da sinistra nell’estremo destro di I se I e chiusoa destra, e continua da destra nell’estremo sinistro di I se I e chiuso a sinistra). La classedelle funzioni continue in I viene indicata con C(I).

Le funzioni continue in un intervallo godono di proprieta globali interessanti, che sonodescritte nel teorema seguente.

3.2.2 Teorema (fondamentale delle funzioni continue in un intervallo). Siano−∞ < a < b < ∞ e f ∈ C

([a, b]

). Allora f

([a, b]

)e un intervallo chiuso e limitato.

Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che f([a, b]

)e un intervallo. E sufficiente mostra-

re che se x, y ∈ [a, b], x < y e η e strettamente compreso tra f(x) e f(y), allora esisteξ ∈ (x, y) tale che f(ξ) = η.

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Sezione 3.2 Funzioni continue in un intervallo 53

Per fissare le idee, supponiamo che f(x) < f(y). Poniamo

ξ =def

sup{z ∈ [x, y] : f(z) < η}.

Osserviamo che ξ < y, perche f(y) > η; per la continuita di f in y, esiste un intervalloaperto J , contenente y, tale che f(z) > η per ogni z ∈ J .

Siccome f([x, ξ)

)⊂ (−∞, η), per la Proposizione 2.3.1 (ii) applicata alla funzione

η − f abbiamo che

0 ≥ limx→ξ−

(η − f(x)

)

(f e continua in ξ da sin.) = η − f(ξ),

da cui deduciamo che f(ξ) ≤ η.

D’altra parte, se fosse f(ξ) < η, per la continuita di f in ξ, esisterebbe un intervalloaperto I contenente ξ tale che f(I) < η; conseguentemente, esisterebbero numeri reali z adestra di ξ tali che f(z) < η, contro il fatto che ξ e l’estremo superiore degli z con questaproprieta.

Possiamo percio concludere che f(ξ) = η, come richiesto.

Dimostriamo che f([a, b]

)e chiuso e limitato. Sia

S =def

supx∈[a,b]

f(x).

Scriviamo [a, b] come unione degli intervalli [a, (a+b)/2] e [(a+b)/2, b]. L’estremo superioredi f in almeno uno dei due intervalli e S; chiamiamo I1 questo intervallo e a1, b1 i suoiestremi. Dividiamo poi I1 nei due intervalli [a1, (a1 + b1)/2] e [(a1 + b1)/2, b1]. L’estremosuperiore di f in almeno uno dei due intervalli e S; chiamiamo I2 questo intervallo e a2, b2

i suoi estremi.

Iterando il procedimento ora descritto, otteniamo una successione I1 ⊃ I2 ⊃ I3 ⊃ · · ·di intervalli chiusi, tali che

supx∈Ij

f(x) = S ∀j ∈ N.

Osserviamo che⋂∞

j=1 Ij e costituito esattamente dal punto sup{aj : j ∈ N}, che chiami-amo y (vd. Esercizio 1).

Ora, da un lato,

f(y) ≤ supx∈[a,b]

f(x)

= S.

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54 Capitolo 3. Funzioni continue

Dall’altro, per la continuita di f in y,

f(y) = limx→y

f(x)

= max(

supx∈[a,y)

fb(x), sup

x∈[y,b)bf(x)

)

≥ max(

supx∈Ij∩[a,y)

fb(x), sup

x∈Ij∩[y,b)bf(x)

)

≥ supx∈Ij

f(x)

= S.

Quindi f(y) = S.

In modo analogo si prova che esiste z ∈ [a, b] tale che f(z) = infx∈[a,b]

f(x), concludendo

cosı la dimostrazione del teorema. tu• Le ipotesi del teorema precedente sono minimali.

Ad esempio, sia f : [0, 1] → R definita da

f(x) =

{0 se x = 01 se 0 < x ≤ 1;

f non e in C([0, 1]

)e f

([0, 1]

)= {0, 1}. Altri controesempi pertinenti sono dati dalle

restrizioni della funzione x 7→ 1/x agli intervalli [1,∞) e (0, 1].

• Esplicitiamo tre proposizioni implicite nel Teorema 3.2.2. Sia f ∈ C([a, b]

).

(i) Proprieta degli zeri. Se f(a) · f(b) < 0, allora esiste ξ ∈ (a, b) tale che f(ξ) = 0

(ii) Proprieta dei valori intermedi. Se f(a) < η < f(b), allora esiste ξ ∈ (a, b) taleche f(ξ) = η.

(iii) Proprieta di Weierstrass. Esistono ξm, ξM ∈ [a, b] tali che

f(ξm

)= inf

x∈[a,b]f(x) e f

(ξM

)= sup

x∈[a,b]

f(x).

• Siano a, b ∈ R e f, g ∈ C([a, b]

). Se f(a) < g(a) e f(b) > g(b), allora esiste ξ ∈ (a, b)

tale chef(ξ) = g(ξ).

La funzione f − g e continua in [a, b],

(f − g)(a) < 0 e (f − g)(b) > 0.

Per la proprieta degli zeri, esiste ξ ∈ (a, b) tale che (f − g)(ξ) = 0, da cui la tesi.

• Supponiamo che −∞ ≤ a < b < ∞, che f, g ∈ C((a, b]

). Se lim

x→a+f(x) < lim

x→a+g(x) e

f(b) > g(b), allora esiste ξ ∈ (a, b) tale che

f(ξ) = g(ξ).

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Sezione 3.2 Funzioni continue in un intervallo 55

Per il teorema della permanenza del segno, esiste y > a tale che f(y) < g(y). Sipossono, percio, applicare le considerazioni del punto precedente all’intervallo [y, b], econcludere che esiste un punto ξ ∈ (y, b) tale che f(ξ) = g(ξ).

• Se nei due punti precedenti si assume che f sia crescente e che g sia non decrescente,l’equazione

f(x) = g(x)

ha una e una sola soluzione in (a, b).

Esercizi

1 Si dimostri che⋂∞

j=1 Ij = inf{bj : j ∈ N} nella dimostrazione del Teorema 3.2.2.

2 Siano I un intervallo e f ∈ C(I). Si dimostri che se f assume solo valori interi, allorae costante. Si mostri che l’implicazione e falsa se I non e un intervallo.

3 Si dimostri che un polinomio di grado dispari ha almeno uno zero in R.

4 Sia f : [0, 1] → [0, 1] continua. Si dimostri che l’equazione f(x) = x ha almeno unasoluzione.

5 Sia f ∈ C((0, 1)

)tale che

limx→0+

f(x) = −∞ = limx→1−

f(x).

Si dimostri che f ha massimo in (0, 1).

6 Sia f ∈ C([0,∞)

)tale che lim

x→∞f(x) = f(0). Si dimostri che f ha massimo e minimo

in [0,∞).

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56 Capitolo 3. Funzioni continue

3.3 Funzioni continue in intervalli e monotonia

3.3.1 Proposizione. Siano I un intervallo e f in C(I). Se f e invertibile, allora f estrettamente monotona e f−1 : f(I) → I e continua.

Dimostrazione. Essendo f monotona, anche f−1 e monotona. Se f−1 fosse discontinua iny, avrebbe ivi una discontinuita di tipo salto; conseguentemente, f−1

(f(I)

)non potrebbe

essere un intervallo, contro il fatto che f−1(f(I)

)= I.

La dimostrazione della proposizione e completa. tu

Esercizi

1 Si dimostri che per ogni y ∈ R l’equazione x + x3 = y ha una e una sola soluzione.Indicata con f(y) tale soluzione, si dimostri che f : R → R e una funzione continua.

2 Siano I un intervallo e f ∈ C(I). Se per ogni coppia di razionali r, s ∈ I tali che r < svale la disuguaglianza f(r) ≤ f(s), allora f e non decrescente in I.

3.4 Limiti di funzioni composte

3.4.1 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞, f : (a, b) → R e g : f((a, b)

)→ R.

Supponiamo che limx→b−

f(x) = λ ∈ R∗. Valgono le proprieta seguenti:

(i) se g e continua in λ, allora limx→b−

g(f(x)

)= g(λ)

(ii) se f 6= λ in (a, b), allora limx→b−

g(f(x)

)= lim

y→λg(y).

Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [BR, Cap. III, Teoremi 10.1 e 10.5]. tu

• Valgono risultati analoghi per limiti da destra e bilateri.

• Se in (ii) si assume che λ = ∞, oppure che λ = −∞, l’ipotesi f 6= λ e automaticamentesoddisfatta, perche f e a valori reali.

• Senza l’ipotesi di continuita di g in λ, (i) e falsa.

Ad esempio, siano g : R → R, definita da

g(y) =def

{1 se y = 00 se y 6= 0,

e f(x) =def

x2. Allora g ◦ f = g e

limx→0−

(g ◦ f)(x) = 0 6= 1 = g(

limx→0−

f(x))

.

• Senza l’ipotesi f 6= λ in (a, b), (ii) e falsa.

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Sezione 3.4 Limiti di funzioni composte 57

Siano g come al punto precedente e f : (−∞, 0) → R definita da f(x) =def

x sin(1/x).

Allora

(g ◦ f)(x) =def

{1 se x = 1/(kπ), k ∈ Z?

0 altrove,

limx→0−

f(x) = 0, limy→0

g(y) = 0,

ma

lim infx→0−

(g ◦ f)(x) = 0 e lim supx→0−

(g ◦ f)(x) = 1;

quindi g ◦ f non ha limite a 0 da sinistra.

• Vari esempi di limiti risolti utilizzando il procedimento di cambio di variabile si possonotrovare in [MPP, Es. 3.95].

• Talvolta, oltre alle quattro forme indeterminate elencate nella Sezione 2.6, si conside-rano anche le seguenti:

00, ∞0, 1∞,

che sono riconducibili alle forme gia viste. Ad esempio, supponiamo che limx→y

f(x) =

0 = limx→y

f(x) e consideriamo il

limx→y

f(x)g(x)

Osserviamo che per l’esistenza della funzione f(x)g(x) e necessario che f sia positivavicino a y. Possiamo scrivere

limx→y

f(x)g(x) = limx→y

2log2(f(x)g(x))

= limx→y

2g(x) log2 f(x).

A esponente abbiamo una forma del tipo 0 · ∞. Poiche l’esponenziale e continuo, sesappiamo risolvere la forma indeterminata all’esponente, siamo in grado di calcolareil limite proposto.

Si prova facilmente che anche ∞0 e 1∞ si riconducono alla forma 0 · ∞.

• La Proposizione 3.4.1 giustifica il procedimento di cambiamento di variabile nel limite.Infatti se f e g soddisfano le ipotesi della Proposizione 3.4.1 (i) oppure di (ii), il calcolodel limite lim

x→x0

g(f(x)) puo essere effettuato calcolando anzitutto il limx→x0

f(x) = λ e

successivamente il

limy→λ

g(y).

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58 Capitolo 3. Funzioni continue

3.5 Il numero e

Il calcolo della derivata della funzione x 7→ log2(1 + x) in 0 (vd. Sezione 4.1) conducea considerare il

limx→0

log2(1 + x)1/x.

3.5.1 Proposizione. Sia φ : (−1, 0) ∪ R+ → R definita da

φ(x) =def

(1 + x)1/x.

Valgono le proprieta seguenti:

(i) φ e decrescente in (−1, 0) e decrescente in (0,∞);

(i) limx→0−

φ(x) = limx→0+

φ(x).

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Mostriamo che φ e decrescente in(0,∞). Siano 0 < x <y. Dalla disuguaglianza di Bernoulli (Proposizione 1.9.5), segue che

(1 + x)y/x > 1 + x · y

x

= 1 + y,

da cui, elevando ambo i membri alla 1/y, si ottiene (1 + x)1/x > (1 + y)1/y.

Ora dimostriamo che φ e decrescente in (−1, 0). Siano −1 < x < y < 0. Poniamox = −t e y = −z; evidentemente 0 < z < t < 1. Allora, applicando ancora una delledisuguaglianze di Bernoulli, si ha

(1 − z)t/z > 1 − z · t

z= 1 − t,

da cui, elevando ambo i membri alla 1/t, si ottiene (1−z)1/z > (1−t)1/t, cioe (1+y)−1/y >(1 + x)−1/x, e quindi (1 + x)1/x > (1 + y)1/y.

Dimostriamo ora (ii). Essendo φ monotona in (−1, 0) e in (0,∞), esistono

limx→0−

φ(x) e limx→0+

φ(x).

Sia f : (−1, 0) → R definita da

f(x) = − x

x + 1.

Un semplice calcolo mostra che

(φ ◦ f)(x) = (1 + x) φ(x).

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Sezione 3.5 Il numero e 59

Percio

limy→0+

φ(x) = limy→0+

(1 + x) φ(x)

= limx→0+

(φ ◦ f)(x)

(per la Proposizione 3.4.1) = limy→0−

φ(y),

come richiesto. tu

3.5.2 Definizione. Poniamo

e =def

limx→0

(1 + x)1/x.

• Il numero e gode di importanti proprieta, come vedremo nel seguito. In virtu dellaProposizione 3.4.1, possiamo concludere che

limx→0

log2(1 + x)1/x = log2 e.

• Osserviamo che 2 = φ(1) < e < φ(−1/2) = 4. Si puo dimostrare facilmente che2.71 < e < 2.72, calcolando φ(1/n) e φ(−1/n) per n abbastanza grande e utilizzandoil fatto che φ e decrescente.

• limx→∞

(1 + (1/x)

)x= e.

Posto f(x) =def

1/x per ogni x ∈ [1,∞) e φ(y) =def

(1 + y)1/y per ogni y ∈ (0, 1],

abbiamo che(

1 +1

x

)x

= (φ ◦ f)(x) ∀x ∈ [1,∞).

Osserviamo che limx→∞

f(x) = 0, che limy→0

φ(y) = e e che f 6= 0 in [1,∞). In virtu della

Proposizione 3.4.1 (ii) possiamo concludere che

limx→∞

(

1 +1

x

)x

= e,

come richiesto.

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60 Capitolo 3. Funzioni continue

Esercizi

1 In relazione alla Proposizione 3.4.1, si discuta l’esistenza dei limiti seguenti:

limx→0

bx + 1c limx→0

bx sin(1/x)c

limx→1

x lnx limx→∞

e−1/x

x.

2 Si calcolino i limiti seguenti:

limx→0+

ln2 x limx→∞

√1 + ex

limx→1

√4 + ln x lim

x→∞ln(arctan x)

limx→∞

ln

(1 + x

1 + x2

)

limx→0

1

1 − e−|x|

limx→0

e−|x|⌋

.

3 Si dimostri che:

limx→∞

x sin(1/x) = 1 limx→∞

1 + ln x

1 − ln x= −1

limx→∞

1 +√

x

1 + 3√

x= ∞ lim

x→0

ln(1 + x)

x= 1

limx→0

ex − 1

x= 1 lim

x→0

(1 + x)α − 1

x= α.

4 Utilizzando la Proposizione 3.4.1, si dimostri che, per ogni β in R e per ogni α > 0,lnβ x = o(xα) per x tendente a ∞.

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4 Derivate

4.1 Derivata: definizione e prime proprieta

Siano γ una circonferenza di centro O e P un punto di γ. Si chiama retta tangente aγ in P l’unica retta tP per P che interseca γ solo in P .

E noto che una retta r per P e la tangente a γ in P se e solo se r e ortogonale alsegmento OP .

Consideriamo un riferimento cartesiano ortogonale nel piano dove giace γ e supponi-amo che, rispetto a tale riferimento, γ abbia equazione a2 + b2 = 1, e che P = (y,

1 − y2)per qualche y ∈ (−1, 1). Sia r e una retta per P e indichiamo con mr il suo coefficiente

angolare. Poiche la retta passante per P e per O ha coefficiente angolare√

1 − y2/y, r etangente a γ in P se e solo se

mr = − y√

1 − y2.

Dato un punto Q di γ diverso da P , di coordinate (x,√

1 − x2), indichiamo con rPQ laretta per P e Q. Osserviamo che

mrP Q=

√1 − x2 −

1 − y2

x − y,

e che

limx→y

mrP Q= lim

x→y

y2 − x2

(x − y)(√

1 − x2 +√

1 − y2)

= − y√

1 − y2.

Abbiamo dimostrato la formula

mtP= lim

x→ymrP Q

,

dove tP e la retta tangente a γ in P .

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62 Capitolo 4. Derivate

4.1.1 Definizione. Siano I un intervallo, y ∈ I, e f : I → R. Si chiama rapportoincrementale di f con punto iniziale y la funzione Ryf : I \ {y} → R definita da

Ryf(x) =f(x) − f(y)

x − y.

• Il numero Ryf(x) e il coefficiente angolare della retta passante per(x, f(x)

)e

(y, f(y)

).

4.1.2 Definizione. Siano −∞ < a < y < b < ∞ e f : [y, b) → R. Se limx→y+

Ryf(x) ∈R diciamo che f e derivabile da destra in y, e chiamiamo derivata destra di f in y ilnumero

f ′+(y) =

deflim

x→y+Ryf(x).

Se f : (a, y] → R, le nozioni di derivabilita da sinistra e di derivata sinistra di f in y,che indicheremo con f ′

−(y), sono ottenute dalle precedenti sostituendo i limiti da destracon i corrispondenti limiti da sinistra.

Se f : (a, b) → R e derivabile da sinistra e da destra in y, e f ′−(y) = f ′

+(y), diciamo che fe derivabile in y e chiamiamo derivata di f in y il numero reale f ′(y) =

deff ′−(y).

• La derivata destra di f in y si indica anche con D+f(y), o con( df

dx

)

+(y). Analoga-

mente, D−f(y) e( df

dx

)

−(y) sono notazioni alternative a f ′

−(y), e Df(y) edf

dx(y) sono

alternative a f ′(y).

4.1.3 Esempi.

• Siano f(x) =def

mx + q e y in R. Allora f ′(y) = m.

Infatti, e facile verificare che Ryf(x) = m per ogni x in R, da cui

limx→y

Ryf(x) = m,

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Sezione 4.1 Derivata: definizione e prime proprieta 63

come richiesto.

• Sia f : R → R definita da

f(x) ={

1 se x > 00 se x ≤ 0.

Sia y > 0. Allora, per ogni x > 0, x 6= y, si ha che Ryf(x) = 0, da cui ricaviamoche lim

x→yRyf(x) = 0. Se y < 0 si ragiona in modo simile, e si perviene al medesimo

risultato. Quindi, f ′(y) = 0 per ogni y 6= 0. Osserviamo che

R0f(x) =

{0 se x < 01/x se x > 0,

e quindi D−f(0) = 0, ma f non e derivabile in 0 da destra.

4.1.4 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < y < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Valgono leaffermazioni seguenti:

(i) f e derivabile da sinistra (risp. da destra) in y se e solo se esiste λ ∈ R tale che

f(x) − f(y)− λ(x − y) = o(x − y)

per x tendente a y da sinistra (risp. da destra). In tal caso λ = f ′−(y) (risp. λ =

f ′+(y));

(ii) se f e derivabile in y da sinistra (risp. da destra), allora f e continua in y da sinistra(risp. da destra).

Dimostrazione. Consideriamo il caso della derivabilita da sinistra; il caso della derivabilitada destra e analogo.

Dimostriamo (i).

Supponiamo che f sia derivabile in y da sinistra. Allora

limx→y−

f(x) − f(y) − f ′(y)(x − y)

x − y= lim

x→y−

(Ryf(x) − f ′(y)

)

= 0,

come richiesto.

Viceversa, supponiamo che f(x) − f(y) − λ(x − y) = o(x − y) per x tendente a y−.Dividendo ambo i membri per x − y e facendo il limite per x tendente a y−, si ricava che

limx→y−

(Ryf(x) − λ

)= 0,

da cui segue che f ′−(y) = λ, come richiesto.

Dimostriamo (ii). Poiche f e derivabile da sinistra in y, per (i) vale la formula f(x)−f(y) − λ(x − y) = o(x − y) per x tendente a y−, da cui deduciamo che

limx→y−

(f(x) − f(y)

)= 0,

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64 Capitolo 4. Derivate

che e equivalente alla continuita di f in y da sinistra. tu

• Esistono funzioni continue in un punto ma non ivi derivabili.

Ad esempio, la funzione f(x) =def

|x| e continua in 0, ma e facile verificare che R0f(x) =

sgn x, da cuiD−f(0) = −1 6= 1 = D+f(0);

ergo, f non e derivabile in 0.

Esercizi

1 Si dimostri che la funzione

f(x) =def

{x sin(1/x) se x 6= 00 se x = 0

non e derivabile in 0.

2 Si dimostri che la funzione f : [0, π] → R definita da f(x) =√

sin x non e derivabileda destra in 0 e da sinistra in π.

3 Si consideri la funzione

f(x) =def

{

x2 sin(1/x) se x 6= 00 se x = 0.

Si dimostri che f e derivabile in R e che f ′ non e continua in 0.

4.2 Calcolo di derivate

La definizione di derivata non e comoda per il calcolo. Per poter calcolare velocementele derivate di molte tra le funzioni piu comuni, stabiliamo formule per il calcolo dellederivate di alcune funzioni elementari, e regole che permettono di derivare funzioni costruitea partire da funzioni elementari mediante l’uso delle quattro operazioni e della composizionedi funzioni.

Calcoliamo la derivata di alcune funzioni elementari.

• Se x > 0, allora D(xα) = αxα−1 per ogni α in R.

Supponiamo che x, z > 0. Si ha

limz→x

zα − xα

z − x=

xlimz→x

(z/x)α − 1

(z/x) − 1

(ponendo z/x = 1 + t) = xα−1 limt→0

(1 + t)α − 1

t

(Es. 3, Sez. 3.4) = αxα−1.

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Sezione 4.2 Calcolo di derivate 65

Si verifica facilmente che la funzione x 7→ xα e derivabile in 0 da destra se e solo seα ≥ 1, e che la sua derivata e nulla se α > 1 e uguale a 1 se α = 1.

• D(ax) = ax ln a per ogni x in R. In particolare D(ex) = ex.

Infatti,

limz→x

az − ax

z − x= ax lim

z→x

az−x − 1

z − x

(ponendo z − x = t) = ax limt→0

at − 1

t

(Es. 3, Sez. 3.4) = ax ln a.

• D(sin x) = cos x e D(cos x) = − sin x per ogni x in R.

Dimostriamo la prima delle due formule. La dimostrazione della seconda e analoga.Per le formule di prostaferesi

limz→x

sin z − sin x

z − x= lim

z→x

( 2

z − xsin

z − x

2cos

z + x

2

)

(per l’Es. 1, Sez. 2.4, e la cont. del coseno) = cos x.

4.2.1 Proposizione. Supponiamo che I sia un intervallo, che y ∈ I e che f, g : I → R

siano derivabili in y. Allora f + g e fg sono derivabili in y e

(f + g)′(y) = f ′(y) + g′(y)

(fg)′(y) = f ′(y) g(y) + f(y) g′(y).

Se, inoltre, g(y) 6= 0, allora f/g e derivabile in y e

(f

g

)′

(y) =f ′(y) g(y)− f(y) g′(y)

[g(y)]2.

Dimostrazione. Vd. [BR, Cap. VI, Teorema 5.1]. tu

• Se α ∈ R, allora D(αf) = αDf .

• D(1/g) = −(Dg)/g2.

• Utilizzando la formula della derivata della funzione potenza e le regole di derivazionedi somma e prodotto (Proposizione 4.2.1), si ottiene che

D( n∑

i=0

ai xi)

=

n∑

i=1

iai xi−1.

• D(tan x) = D

(sin x

cos x

)

=cos2 x + sin2 x

cos2 x=

1

cos2 x.

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66 Capitolo 4. Derivate

4.2.2 Proposizione. Siano f : (a, b) → R e g : (c, d) → R. Supponiamo che y ∈ (a, b)e che f(y) ∈ (c, d). Se f e derivabile in y e g e derivabile in f(y), allora la funzionecomposta g ◦ f e derivabile in y e

(g ◦ f)′(y) = g′(f(y)

)f ′(y).

Dimostrazione. Vd. [BR, Cap. VI, Teorema 5.5]. tu

• D(asinx) = asin x (ln a) cos x.

4.2.3 Proposizione. Siano I un intervallo, y ∈ I e f : I → R invertibile in I.Supponiamo che f sia derivabile in y e che Df(y) 6= 0. Allora la funzione inversa f−1 ederivabile in w = f(y) e si ha

D(f−1

)(w) =

1

Df(y)=

1

Df(f−1(w)

) .

Dimostrazione. Vd. [BR, Cap. VI, Teorema 5.8]. tu

• La parte meno semplice della dimostrazione del teorema precedente e quella che mostrache f−1 e derivabile in f(y). Noto questo, osserviamo che, dalla formula x =

(f−1 ◦

f)(x), valida per ogni x ∈ I, si ricava, in virtu della formula per la derivata di una

funzione composta, che1 = (Df−1)

(f(y)

)(Df)(y).

Dividendo ambo i membri per Df(y), si ottiene la formula della derivata della funzioneinversa della proposizione precedente.

4.2.4 Esempi.

• Sia f(x) = ax, a > 0. Allora f−1(y) = loga y. Applicando la Proposizione 4.2.3 siottiene

D(f−1)(y) =1

Df(x)=

1

ax ln a=

1

aloga y ln a=

1

y ln a.

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Sezione 4.2 Calcolo di derivate 67

Quindi D(loga x) = 1/(x ln a) per ogni x > 0; in particolare, D(lnx) = 1/x.

• Sia f(x) = sin x. La restrizione di f a [−π/2, π/2] e invertibile, f−1 : [−1, 1] →[−π/2, π/2] e f−1(y) = arcsin y.

Sia y in (−1, 1). Applicando la Proposizione 4.2.3, si ottiene

D(arcsin y) =1

D(sin x)=

1

cos x

(cosx > 0 in (−π/2, π/2)) =1

1 − sin2 x=

1√

1 − y2.

• In modo analogo si dimostrano le formule

D(arccos y) =−1

1 − y2e D(arctan y) =

1

1 + y2.

• Sia f(x) = x + ln x. La funzione f e invertibile nell’intervallo (1,∞), perche sommadi funzioni crescenti, ergo crescente. Osserviamo che f(1) = 1 e che Df(1) = 2. Perla Proposizione 4.2.3,

D(f−1)(1) =1

Df(1)=

1

2.

• Per comodita, riportiamo nella seguente tabella le derivate di alcune tra le funzioni diuso comune.

D(xα) = αxα−1 D(ln |x|) =1

x

D(ax) = ax ln a D(ex) = ex

D(sin x) = cos x D(cos x) = − sin x

D(tan x) =1

cos2 x= 1 + tan2 x D(arcsin x) =

1√1 − x2

D(arccos x) =−1√1 − x2

D(arctan x) =1

1 + x2

Esercizi

1 Si calcolino le derivate delle funzioni seguenti: sin(sin x), xx, xg(x) e xxx

.

2 Supponiamo che f e g siano n volte derivabili in I. Allora vale la formula seguente,nota con il nome di formula di Leibnitz

D(fg) =n∑

i=0

(n

i

)

(Dif) (Dn−ig).

3 Si dimostri che(h ◦ g ◦ f)′ =

[h′ ◦ (g ◦ f)

] [g′ ◦ f

]f ′.

Si enunci e si dimostri una formula analoga per la derivata della composta di n funzioni.

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68 Capitolo 4. Derivate

4.3 Studio del comportamento locale di una funzione. I

4.3.1 Definizione. Siano I un intervallo aperto, y ∈ I e f : I → R. Diciamo che f ecrescente in y (risp. decrescente in y) se esiste un intervallo aperto J ⊆ I contenentey e tale che se x < y < z, e x, z ∈ J , allora

f(x) < f(y) < f(z) (risp. f(x) > f(y) > f(z)).

4.3.2 Definizione. Diciamo che y e un punto di massimo (risp. punto di mini-mo) di f , se esiste un intervallo aperto J ⊆ I contenente y e tale che

f(x) ≤ f(y) (risp. f(x) ≥ f(y)) ∀x ∈ J.

La locuzione “y e un punto di estremo per f” equivale a “y e un punto di minimo o dimassimo per f”.

• Nel caso in cui I non sia aperto e y sia un estremo di I, le definizioni precedenti simodificano in modo ovvio.

4.3.3 Proposizione. Siano −∞ ≤ a < y < b ≤ ∞ e f : (a, b) → R. Valgono leaffermazioni seguenti:

(i) se f e derivabile in y e f ′(y) > 0 (risp. f ′(y) < 0), allora f e crescente (risp.decrescente) in y;

(ii) se y e un punto di massimo o di minimo per f , allora f ′(y) = 0.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Supponiamo che f ′(y) > 0. Per (i) possiamo scrivere

f(x) − f(y) = f ′(y) (x− y) + o((x − y)

)

= (x − y)[f ′(y) + r(x − y)

],

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Sezione 4.3 Studio del comportamento locale di una funzione. I 69

dove r(x − y) tende a 0 per x tendente a y. Poiche f ′(y) > 0, esiste un intervallo apertoJ ⊆ I tale che

|r(x − y)| ≤ f ′(y)

2.

Ne deduciamo che

f ′(y)

2≤ f ′(y) + r(x − y) ≤ 3f ′(y)

2∀x ∈ J ;

conseguentemente

f ′(y)

2(x − y) ≤ f(x) − f(y) ≤ 3f ′(y)

2(x − y) ∀x ∈ J,

che implica la crescenza di f in y.

In modo analogo si prova che se f ′(y) < 0, allora f e decrescente in y.

Dimostriamo (ii). Se y e un punto di estremo, allora f non e ne crescente, ne decre-scente in y. In virtu di (i) f ′(y) non puo essere ne positiva, ne negativa; percio f ′(y) = 0,come richiesto. tu

4.3.4 Definizione. Siano −∞ < a < y < b < ∞ e f : [a, b) → R. Se f e derivabileda destra in a, chiamiamo semitangente destra in a al grafico di f la semiretta graficodella funzione x 7→ f(a) + f ′

+(a)(x − a), x ≥ a.

In modo analogo, se f : (a, b] → R e derivabile da sinistra in b, si da la definizione disemitangente sinistra al grafico di f in b.

Se f : (a, b) → R e derivabile in y, chiamiamo tangente in y al grafico di f la retta graficodella funzione x 7→ f(y) + f ′(y)(x − y).

Se f : (a, b) → R e derivabile a sinistra e a destra in y, e f ′−(y) 6= f ′

+(y), diciamo che ilgrafico di f ha un punto angoloso.

Se f e continua in y e limx→y

Ryf(x) vale ∞ oppure −∞, diciamo che y e un punto a

tangente verticale.

Se f e continua in y, limx→y−

Ryf(x) 6= limx→y+

Ryf(x), e almeno uno di questi due limiti e

infinito, diciamo che f ha una cuspide in y.

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70 Capitolo 4. Derivate

4.3.5 Esempi.

• Dalla Proposizione 4.1.4 segue che una funzione non e derivabile in ogni punto in cuinon e continua.

• La funzione f(x) =def

|x| ha un punto angoloso in 0.

Infatti, come dimostrato in uno degli esempi in calce alla Proposizione 4.1.4, f econtinua in 0 e

D−f(0) = −1 6= 1 = D+f(0).

• La funzione f(x) =def

|x| ha una cuspide in 0.

Infatti, f e continua in 0 e R0f(x) =sgn x√

x, da cui

limx→0−

R0f(x) = −∞ e limx→0+

R0f(x) = ∞.

• La funzione f(x) =def

3√

x ha in 0 un punto a tangente verticale. Infatti, f e continua

in 0 e R0f(x) = 1/3√

x2, da cui

limx→0

R0f(x) = ∞.

Esercizi

1 Sia f : (−1, 1) → R definita da

f(x) =

{

x2 sin(1/x) se x 6= 00 se x = 0.

Si dimostri che f ′(0) = 0, e che la retta tangente in 0 interseca il grafico di f in infinitipunti.

4.4 Il teorema del valor medio

4.4.1 Definizione. Siano −∞ < a < b < ∞ e f : (a, b) → R. Diciamo che f ederivabile in (a, b) se f e derivabile in ogni punto di (a, b).

Se f : [a, b) → R, diciamo che f e derivabile in [a, b) se f e derivabile in (a, b) ed e derivabileda destra in a

Se f : (a, b] → R, diciamo che f e derivabile in (a, b] se f e derivabile in (a, b) ed e derivabileda sinistra in b.

Se f : [a, b] → R, diciamo che f e derivabile in [a, b] se f e derivabile in [a, b) e in (a, b].

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Sezione 4.4 Il teorema del valor medio 71

4.4.2 Teorema. Siano −∞ < a < b < ∞, f in C([a, b]

)e derivabile in (a, b). Valgono

le proprieta seguenti:

(i) (Lagrange) esiste ξ ∈ (a, b) tale che

f(b) − f(a) = f ′(ξ) (b− a)

(ii) (Rolle) se f(a) = f(b), allora esiste ξ ∈ (a, b) tale che

f ′(ξ) = 0.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Sia φ : [a, b] → R la funzione

φ(t) =def

f(t) − f(a) − Raf(b) (t− a).

Osserviamo che φ(a) = φ(b) = 0, e che φ e continua in [a, b].

Si presentano due casi.

Se φ e costante, essa e nulla in [a, b]. In tal caso

f(t) = f(a) + Raf(b) (t − a),

da cui segue che f ′(t) = Raf(b) per ogni t ∈ (a, b).

Supponiamo che φ non sia costante. Poiche φ e continua, per il teorema fondamentaledelle funzioni continue su un intervallo, essa ha massimo o minimo. Uno almeno deipunti di massimo o di minimo corrispondenti e diverso da a e da b (perche φ(a) = φ(b));indichiamolo con ξ. Poiche φ e derivabile in ξ, la Proposizione 4.3.3 (i) implica che Dφ(ξ) =0, cioe che

f ′(ξ) = Raf(b),

come richiesto.

Se f(a) = f(b), allora Raf(b) = 0, e (ii) e una conseguenza diretta di (i). tu

4.4.3 Proposizione. Siano I un intervallo aperto e f : I → R. Valgono le proprietaseguenti:

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72 Capitolo 4. Derivate

(i) se f ′ > 0 in I, allora f e crescente in I; se f ′ ≥ 0, allora f e non decrescente in I;

(ii) se f ′ e identicamente nulla in I, allora f e costante.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Siano x e y due punti di I tali che x < y. Per la formuladi Lagrange, esiste ξ in (x, y) tale che

f(y)− f(x) = f ′(ξ) (y − x)

(poiche f ′(ξ) > 0) > 0,

da cui segue che f(x) < f(y); quindi f e crescente in I. Analogamente si procede se f ′ ≥ 0,provando cosı (i).

Dimostriamo (ii). Sia y un punto di I fissato. Dato x ∈ I, per la formula di Lagrangeesiste ξ compreso tra x e y tale che

f(x) − f(y) = f ′(ξ) (x− y).

Per ipotesi f ′(ξ) = 0, da cui deduciamo che f(x) = f(y); facendo variare x in I, si ottieneche f e costante. tu

4.4.4 Teorema di de l’Hopital. Siano −∞ ≤ a < b ≤ ∞ e f, g : (a, b) → R

derivabili con g′(x) 6= 0 in (a, b).

(i) se limx→a+

f(x) = 0 = limx→a+

g(x), ed esiste il limx→a+

f ′(x)

g′(x), allora

limx→a+

f(x)

g(x)= lim

x→a+

f ′(x)

g′(x);

(ii) se limx→a+

f(x) e limx→a+

g(x) sono infiniti ed esiste il limx→a+

f ′(x)

g′(x), allora

limx→a+

f(x)

g(x)= lim

x→a+

f ′(x)

g′(x).

Dimostrazione. Per la dimostrazione si veda [R, Thm 5.13] oppure [BR, Cap. 7, Teo-rema 3.1]. tu

4.4.5 Esempi.

• Calcoliamo il limx→0+

ln(1 + x)

ex − 1.

Posto f(x) = ln(1 + x) e g(x) = ex − 1, osserviamo che sono soddosfatte le ipotesi del

Teorema 4.4.4 (i). Siccome limx→0+

f ′(x)

g′(x)= 1, possiamo concludere che

limx→0+

ln(1 + x)

ex − 1= 1.

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Sezione 4.4 Il teorema del valor medio 73

• Siamo invece nella situazione (ii) con il Calcoliamo il limx→0+

lnx

1/x.

Posto f(x) = ln x e g(x) = 1/x, osserviamo che sono soddosfatte le ipotesi del Teo-

rema 4.4.4 (ii). Siccome limx→0+

D lnx

D(1/x)= 0, possiamo concludere che

limx→0+

lnx

(1/x)= 0.

• Con l’applicazione (ripetuta) del Teorema 4.4.4 si possono riottenere risultati giatrovati in precedenza. Ad esempio si ha

limx→∞

1

ex= 0 =⇒ lim

x→∞

x

ex= 0 =⇒ lim

x→∞

x2

ex= 0 =⇒ . . . =⇒ lim

x→∞

xn

ex= 0, ∀n

(si puo anche scrivere xn/ex =(x/ex/n

)ned arrivare al risultato con una sola appli-

cazione del teorema di de l’Hopital).

Quindi xn = o(ex) per x → ∞, per ogni n ∈ N.

• Per verificare che ln x = o(x1/n) per x → ∞, per ogni n ∈ N, si puo scrivere che

limx→∞

lnx

x1/n= lim

x→∞

1/x

n−1x1/n−1= lim

x→∞

n

x1/n= 0, ∀n ∈ N.

Esercizi

1 Si dimostri che

arctanx + arctan1

x=

π

2∀x ∈ R+.

Cosa si puo dire per x < 0?

2 Sia f : R+ → R tale che f ′ ≥ 1 in R+. Si dimostri che limx→∞

f(x) = ∞.

3 Sia f : (0, 1) → R tale che limx→0+

f ′(x) = ∞. Si dimostri che limx→∞

f(x) = ∞. Cosa si

puo dire se si suppone solo che lim supx→0+

f ′(x) = ∞? E se si suppone che lim supx→0+

f ′(x) = ∞e che lim inf

x→0+f ′(x) > −∞?

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74 Capitolo 4. Derivate

4.5 Derivate successive

4.5.1 Definizione. Siano I un intervallo e f : I → R. Poniamo D0f =def

f , e, se Dnf

e derivabile, Dn+1f =def

D(Dnf).

4.5.2 Definizione. Siano I un intervallo e n un intero positivo. La classe di tuttele funzioni f : I → R che ammettono derivata n-esima continua in I si denota con Cn(I).Poniamo, inoltre,

C∞(I) =def

∞⋂

n=1

Cn(I).

• Osserviamo che C(I) ⊃ C1(I) ⊃ C2(I) ⊃ · · · ⊃ C∞(I) (inclusioni proprie).

Per definizione C∞(I) ⊂ Cn(I) per ogni intero positivo n. Sia f in C1(I). In partico-lare, f e derivabile in I e quindi continua in I, cioe appartiene a C(I), dimostrandocosı la prima inclusione. Le altre si dimostrano in modo simile.

Mostriamo ora che le inclusioni sono proprie.

Sia y un punto di I diverso dai suoi estremi. Per ogni intero positivo n sia fn : I → R

definita dafn(x) = (x − y)n+1 sgn(x − y).

E facile dimostrare che Dnfn(x) = (n + 1)! |x − y|. Poiche x 7→ |x − y| e continuain I, fn appartiene a Cn(I). Tuttavia Dnfn non e derivabile in y, e quindi fn nonappartiene a Cn+1(I). Questo prova che le inclusioni dell’enunciato sono proprie, comerichiesto.

Esercizi

1 Supponiamo che −∞ ≤ a < y < b ≤ ∞, che f sia derivabile in (a, b) e che f ′ siacontinua in y. Allora

limx→y

(f ′(x) − Ryf(x)

)= 0.

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5 Primitive

5.1 Primitiva: definizione e prime proprieta

5.1.1 Definizione. Siano I un intervallo e f : I → R. Una funzione F : I → R sichiama primitiva di f in I se F e derivabile in I e F ′(x) = f(x) per ogni x ∈ I.

• La funzione di Heaviside, definita da

h(x) =def

{0 se x ≤ 01 se x > 0,

non ammette primitiva in R.

Se H fosse una primitiva di h in R, allora H ′ = h in R. In particolare,

0 = h(0)

= H ′(0)

(definizione di derivata) = limx→0+

H(x) − H(0)

x.

Per il teorema del valor medio applicato alla funzione H e all’intervallo [0, x], esi-sterebbe c ∈ (0, x) tale che

H(x) − H(0)

x= H ′(c)

= h(c)

= 1,

in contraddizione con quanto dimostrato sopra.

• La funzione

f(x) =def

{2x sin(1/x) − cos(1/x) x 6= 0

0 x = 0,

ha una discontinuita di seconda specie in 0, perche f non ammette limite a 0. Siverifica facilmente che la funzione

F (x) =def

{

x2 sin(1/x) x 6= 00 x = 0

e una primitiva di f in R.

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76 Capitolo 5. Primitive

5.1.2 Proposizione. Siano I un intervallo, f : I → R e F una primitiva di f in I.Valgono le proprieta seguenti:

(i) per ogni c ∈ R, F + c e una primitiva di f ;

(ii) se F1 e una primitiva di f , allora F − F1 e costante.

Dimostrazione. Osserviamo che D(F + c) = DF + Dc = DF ; quindi F + c e una primitivadi f , e (i) e dimostrato.

Dimostriamo (ii). Osserviamo che D(F − F1) = DF − DF1 = 0 per ipotesi. Per laProposizione 4.4.3, F − F1 e costante, come richiesto. tu

5.1.3 Definizione. Siano I un intervallo e f : I → R. L’insieme delle primitive di fin I si chiama integrale indefinito di f e viene indicato con uno dei simboli

f oppure

f(x) dx.

• Per la Proposizione 5.1.2, se F e una primitiva di f , allora∫

f ={F + c : c ∈ R

}. Per

non appesantire la notazione, si scrive anche∫

f = F + c.

• Consideriamo la funzione x 7→ 1/x, x ∈ R \ {0}. Nell’intervallo (0,∞) si ha D lnx =1/x e quindi

∫f = lnx+c; in (−∞, 0) si ha D ln(−x) = 1/x e quindi

∫f = ln(−x)+c.

Con abuso di notazione, in questa e in situazioni simili, scriveremo

∫1

xdx = ln |x| + c in R \ {0}.

Osserviamo che l’insieme delle funzioni della forma ln |x|+ c non esauriscono la classedelle funzioni in R \ {0} la cui derivata e 1/x. Ad esempio, se c1 6= c2, la funzione

G(x) =

{ln x + c1 se x > 0ln(−x) + c2 se x < 0

non fa parte di questa classe.

• Dalla tabella di derivate della Sezione 4.2 e dalla definizione di primitiva, si ricava laseguente tabella di primitive:

xα dx =xα+1

α + 1+ c, ∀α 6= −1

∫1

xdx = ln |x| + c

ax dx =ax

ln a+ c

ex dx = ex + c∫

cos x dx = sin x + c

sin x dx = − cos x + c∫

1

cos2 xdx =

(1 + tan2 x) = tan +c

∫1√

1 − x2dx = arcsin x + c

∫1√

1 − x2dx = − arccos x + c

∫1

1 + x2dx = arctan x + c.

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Sezione 5.2 Tecniche di integrazione: I 77

5.2 Tecniche di integrazione: I

5.2.1 Proposizione. Siano I un intervallo, f, g : I → R e F, G loro primitive in I.Valgono le affermazioni seguenti:

(i) aF + bG e una primitiva di af + bg

(ii) se ϕ : J → I e derivabile, allora F ◦ ϕ e una primitiva di (f ◦ ϕ) Dϕ

(iii) vale la formula, detta formula di integrazione per parti,

F g = F G −∫

f G.

Dimostrazione. Per dimostrare (i), basta osservare che aF + bG e derivabile e che

(aF + bG)′ = aF ′ + bG′

= af + bg.

Per il teorema di derivazione delle funzioni composte

(F ◦ ϕ)′ = (F ′ ◦ ϕ) ϕ′ = (f ◦ ϕ) ϕ′,

e (ii) e dimostrato.

Per provare (iii), dobbiamo dimostrare che se H e una primitiva di f G, allora F G−He una primitiva di F g. Infatti,

(F G − H)′ = F ′ G + F G′ − H ′

= f G + F g − f G

= F g,

come richiesto. tu

Esempi d’uso della Proposizione 5.2.1 (i):

• Osserviamo che x2/2 e una primitiva di x, e che x e una primitiva di 1. Per laProposizione 5.2.1 (i),

∫(3x + 2) dx = 3x2/2 + 2x + c.

• Piu generalmente, se αi e in R \ {−1} per ogni i, la ripetuta applicazione della Propo-sizione 5.2.1 da

∫ m∑

i=1

aixαi dx =

(a1xα1 + a2x

α2 + . . . + amxαm) dx

= a1xα1+1

α1 + 1+ a2

xα2+1

α2 + 1+ . . . + am

xαm+1

αm + 1+ c

=m∑

i=1

aixαi+1

αi + 1+ c.

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78 Capitolo 5. Primitive

Esempi d’uso della Proposizione 5.2.1 (ii):

•∫

ϕα Dϕ = ϕα+1

α+1+ c, per ogni α 6= −1.

•∫

Dϕϕ = ln |ϕ| + c.

•∫

eϕ Dϕ = eϕ + c.

•∫

Dϕ1+ϕ2 = arctan ϕ + c.

• La Proposizione 5.2.1 (ii) e nota come formula di integrazione per sostituzione.

Infatti, con la sostituzione ϕ(t) = x, si ottiene

f(ϕ(t)) Dϕ(t) dt =

f(x) dx,

che possiamo integrare se e nota una primitiva di f .

Esempi d’uso della proposizione 5.2.1 (iii):

•∫

xex dx = xex −∫

1 ex dx

= xex − ex + c.

•∫

ln x dx =

1 ln x dx

= x lnx −∫

1

xx dx

= x lnx − x + c.

•∫

x arctanx dx =x2

2arctanx −

∫x2

2

1

1 + x2dx

=x2

2arctanx − 1

2

∫1 + x2 − 1

1 + x2dx

=x2

2arctanx − 1

2

∫ (

1 − 1

1 + x2

)

dx

=x2

2arctanx − 1

2(x − arctanx) + c.

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Sezione 5.3 Techniche di integrazione: II. Funzioni razionali 79

5.3 Techniche di integrazione: II. Funzioni razionali

5.3.1 Definizione. Il trinomio x2 + px + q, con p, q in R, si dice irriducibile se nonha radici reali.

• Osserviamo che x2 + px + q e irriducibile se e solo se il suo discriminante p2 − 4q enegativo.

5.3.2 Definizione. Un polinomio Q si dice decomposto in fattori irriducibili se

Q(x) = a0(x − r1)m1 · . . . · (x − rh)mh(x2 + p1x + q1)

n1 · . . . · (x2 + pkx + qk)nk ,

dove i fattori del tipo x2 + pjx + qj sono fattori irriducibili, r1, . . . , rh sono le radici realidi Q di molteplicita rispettive m1, . . . , mh, e n1, . . . , nk sono numeri naturali.

• Osserviamo che se Q e come sopra, allora

m1 + . . . + mh + 2n1 + . . . + 2nk = deg Q.

• Si puo dimostrare che ogni polinomio ammette una decomposizione in fattori ir-riducibili. Tuttavia non esistono metodi generali per ottenere la fattorizzazione diun generico polinomio.

Presentiamo un metodo generale per l’integrazione di una funzione razionale, cioe diuna funzione del tipo P/Q, dove P e Q sono polinomi e Q non e identicamente nullo.

5.3.3 Teorema (decomposizione in frazioni semplici). Siano P e Q due polinomitali che deg P < deg Q. Supponiamo che

Q(x) = a0(x − r1)m1 · · · (x − rh)mh(x2 + p1x + q1)

n1 · · · (x2 + pkx + qk)nk ,

sia la decomposizione di Q in fattori irriducibili. Allora esistono, e sono unici, polinomiM1, . . . , Mh, con deg Mi < mi, 1 ≤ i ≤ h, e polinomi N1, . . . , Nk, con deg Nj < 2nj,1 ≤ j ≤ k tali che

P (x)

Q(x)=

M1(x)

(x − r1)m1+ . . . +

Mh(x)

(x − rh)mh+

N1(x)

(x2 + p1x + q1)n1+ . . . +

Nk(x)

(x2 + pkx + qk)nk.

Dimostrazione. Per la dimostrazione, vd. [P, Lemmi 54.2 e 54.3]. tu

• Dati due polinomi P e Q tali che deg P ≥ deg Q, l’algoritmo della divisione trapolinomi assicura che esistono due polinomi R e S tali che

P = SQ + R e deg R < deg Q.

Percio possiamo scrivere P/Q = S+R/Q. Il polinomio S e elementarmente integrabile;quindi il problema di integrare P/Q e ricondotto al problema di integrare R/Q.

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80 Capitolo 5. Primitive

• In virtu del punto precedente e della Proposizione 5.3.3, l’integrazione di P/Q e ri-condotta all’integrazione di funzioni razionali di uno dei tipi seguenti:

M(x)

(x − r)me

N(x)

(x2 + px + q)n,

dove M ed N sono polinomi con deg M < m e deg N < 2n, e p2 − 4q < 0.

• L’integrale

∫M(x)

(x − r)mdx.

La sostituzione x − r = t lo trasforma nell’integrale

∫M(t + r)

tmdt,

che si calcola facilmente, usando la Proposizione 5.2.1 (i).

• L’integrale

∫N(x)

(x2 + px + q)ndx.

Prendiamo in considerazione dapprima alcuni casi particolari, che risulteranno poiutili per la soluzione dell’integrale nella forma generale.

Caso a. Come noto,

∫1

t2 + 1dt = arctan t + c.

Caso b.

∫t

(t2 + 1)ndt.

Si ha direttamente

∫t

(t2 + 1)ndt =

1

2

∫2t

(t2 + 1)ndt

=

1

2ln(t2 + 1) + c se n = 1

1

2

(t2 + 1)−n+1

−n + 1+ c se n > 1

=

1

2ln(t2 + 1) + c se n = 1

1

2(1 − n)

1

(t2 + 1)n−1+ c se n > 1.

Caso c.

∫1

(t2 + 1)ndt, con n > 1.

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Sezione 5.3 Techniche di integrazione: II. Funzioni razionali 81

Possiamo scrivere

∫1

(t2 + 1)ndt =

∫t2 + 1

(t2 + 1)ndt −

∫t2

(t2 + 1)ndt

=

∫1

(t2 + 1)n−1dt −

∫t2

(t2 + 1)ndt

=

∫1

(t2 + 1)n−1dt −

∫t

(t2 + 1)nt dt

(il secondo per parti) =

∫1

(t2 + 1)n−1dt − 1

2(1 − n)

t

(t2 + 1)n−1

+1

2(1 − n)

∫1

(t2 + 1)n−1dt.

Integrando altre n − 2 volte per parti, riconduciamo il calcolo di

∫1

(t2 + 1)ndt a

quello di

∫1

t2 + 1dt.

Caso d.

∫ts

(t2 + 1)ndt, con s > 1.

Possiamo scrivere

∫ts

(t2 + 1)ndt =

∫t

(t2 + 1)nts−1 dt

(per parti) =1

2(1 − n)

ts−1

(t2 + 1)n−1− s − 1

2(1 − n)

∫ts−2

(t2 + 1)n−1dt;

abbiamo ottenuto un integrale dello stesso tipo di quello di partenza, in cui, pero, ilgrado di numeratore e denominatore e diminuito di 2. Quindi, se s e pari, dopo s/2integrazioni per parti si ottiene un integrale di tipo a. Se invece s e dispari, dopo(s − 1)/2 integrazioni per parti si ottiene un integrale di tipo b.

Caso generale.

∫N(x)

(x2 + px + q)ndx.

Possiamo scrivere

x2 + px + q =(

x +p

2

)2

+ q − p2

4= (x + a)2 + b,

dove b =def

q − p2/4 > 0. Pertanto

∫N(x)

(x2 + px + q)ndx =

∫N(x)

((x + a)2 + b

)n dx

(con la sostituzione (x + a)/√

b = t) = b1/2−n

∫N(

√bt − a)

(t2 + 1)ndt.

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82 Capitolo 5. Primitive

Utilizzando la Proposizione 5.2.1 (i) il calcolo di questo integrale si riconduce al calcolodi integrali del tipo ∫

ts

(t2 + 1)ndt,

con s ∈ N, s < 2n e n ≥ 1, cioe integrali di tipo d.

5.3.4 Esempi. Vediamo due esempi che riassumono tutti i casi possibili.

•∫

2x3 + x2 + 5x + 2

(x − 1)2(x2 + 2x + 2)dx.

Il fattore x2 + 2x + 2 e irriducibile perche il suo discriminante e negativo. Il Teo-rema 5.3.3 garantisce l’esistenza di una decomposizione del tipo

2x3 + x2 + 5x + 2

(x − 1)2(x2 + 2x + 2)=

ax + b

(x − 1)2+

cx + d

x2 + 2x + 2.

Per determinare i coefficienti a, b, c, d si procede come segue

ax + b

(x − 1)2+

cx + d

x2 + 2x + 2

=ax3 + 2ax2 + 2ax + bx2 + 2bx + 2b + cx3 − 2cx2 + cx + dx2 − 2dx + d

(x − 1)2(x2 + 2x + 2)

=(a + c)x3 + (2a + b + d − 2c)x2 + (2b + 2a + c − 2d)x + 2b + d

(x − 1)2(x2 + 2x + 2).

Questa frazione e uguale alla frazione di partenza se e solo se sono uguali i polinomia numeratore, cioe se e solo se i coefficienti a, b, c, d soddisfano il sistema di equazioni

a + c = 22a + b + d − 2c = 12b + 2a + c − 2d = 52b + d = 2

che ha l’unica soluzione

a = 1b = 1c = 1d = 0.

Si ottiene quindi che la scomposizione in frazioni semplici e la seguente

2x3 + x2 + 5x + 2

(x − 1)2(x2 + 2x + 2)=

x + 1

(x − 1)2+

x

x2 + 2x + 2

Per la Proposizione 5.2.1 (i), e sufficiente calcolare l’integrale indefinito dei due addendia secondo membro. Osserviamo che, con la sostituzione x − 1 = t,

∫x + 1

(x − 1)2dx =

∫t + 2

t2dt

=

∫1

tdt +

∫2

t2dt

= ln |t| − 2

t+ c

= ln |x − 1| − 2

x − 1+ c.

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Sezione 5.3 Techniche di integrazione: II. Funzioni razionali 83

Inoltre,

∫x

x2 + 2x + 2dx =

∫x

(x + 1)2 + 1dx

(con la sostituzione x + 1 = t) =

∫t − 1

t2 + 1dt

=

∫t

t2 + 1dt −

∫1

t2 + 1dt

=1

2

∫2t

t2 + 1dt − arctan t

=1

2ln(t2 + 1) − arctan t + c

=1

2ln(x2 + 2x + 2) − arctan(x + 1) + c.

Percio,∫

2x3 + x2 + 5x + 2

(x − 1)2(x2 + 2x + 2)dx

= ln |x − 1| − 2

x − 1+

1

2ln(x2 + 2x + 2) − arctan(x + 1) + c.

•∫

x4 − 3x3 + 15x2 − 19x + 25

x(x2 − 2x + 5)2dx.

Il fattore x2 − 2x + 5 e irriducibile perche il suo discriminante e negativo. Il Teo-rema 5.3.3 garantisce l’esistenza di una decomposizione del tipo

x4 − 3x3 + 15x2 − 19x + 25

x(x2 − 2x + 5)2=

a

x+

bx3 + cx2 + dx + e

(x2 − 2x + 5)2.

Determiniamo i coefficienti a, b, c, d, e.

a

x+

bx3 + cx2 + dx + e

(x2 − 2x + 5)2

=ax4 − 4ax3 + 14ax2 − 20ax + 25a + bx4 + cx3 + dx2 + ex

x(x2 − 2x + 5)2

=(a + b)x4 + (−4a + c)x3 + (14a + d)x2 + (−20a + e)x + 25a

x(x2 − 2x + 5)2.

I coefficienti a, b, c, d, e devono quindi soddisfare il sistema di equazioni

a + b = 1−4a + c = −314a + d = 15−20a + e = −1925a = 25

che ha l’unica soluzione

a = 1b = 0c = 1d = 1e = 1.

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84 Capitolo 5. Primitive

Si ottiene quindi la seguente scomposizione in frazioni semplici

x4 − 3x3 + 15x2 − 19x + 25

x(x2 − 2x + 5)2=

1

x+

x2 + x + 1

(x2 − 2x + 5)2

L’integrale indefinito del primo addendo a secondo membro e ln |x|+ c. Per la Propo-sizione 5.2.1 il problema proposto e ricondotto al calcolo dell’integrale indefinito delsecondo addendo a secondo membro. Osserviamo che x2−2x+5 = (x−1)2+4; percio

∫x2 + x + 1

(x2 − 2x + 5)2dx =

∫x2 + x + 1

((x − 1)2 + 4)2dx

((x − 1)/2 = t) =

∫(2t + 1)2 + (2t + 1) + 1

16(t2 + 1)22 dt

=1

8

∫4t2 + 6t + 3

(t2 + 1)2dt

=1

2

∫t2

(t2 + 1)2dt +

3

4

∫t

(t2 + 1)2dt +

3

8

∫1

(t2 + 1)2dt.

Questi ultimi tre integrali indefiniti si calcolano come segue:∫

t2

(t2 + 1)2dt =

∫t

(t2 + 1)2t dt

(per parti) = −1

2

1

t2 + 1t +

1

2

∫1

t2 + 1dt

= −1

2

t

t2 + 1+

1

2arctan t + c,

∫t

(t2 + 1)2dt =

1

2

∫2t

(t2 + 1)2dt = −1

2

1

t2 + 1+ c,

e, infine,∫

1

(t2 + 1)2dt =

∫t2 + 1

(t2 + 1)2dt −

∫t2

(t2 + 1)2dt

=

∫1

t2 + 1dt −

∫t2

(t2 + 1)2dt

= arctan t +1

2

t

t2 + 1− 1

2arctan t + c

=1

2arctan t +

1

2

t

t2 + 1+ c.

Con semplici manipolazioni algebriche otteniamo∫

x4 − 3x3 + 15x2 − 19x + 25

x(x2 − 2x + 5)2dx

= ln |x| + 7

16arctan

x − 1

2− 1

8

x − 1

(x − 1)2 + 4− 3

2

1

(x − 1)2 + 4+ c.

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Sezione 5.3 Techniche di integrazione: II. Funzioni razionali 85

Esercizi

1 Si calcolino le primitive delle seguenti funzioni negli intervalli indicati:

f(x) = arctan x in R;

f(x) = sin2 x in R;

f(x) =1

sin x cos xin (0, π/2);

f(x) =1

1 + cos xin (−π, π).

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6 L’integrale di Riemann

6.1 Definizione di integrale di Riemann

6.1.1 Definizione. Supponiamo che −∞ < a ≤ b < ∞. Una partizione di [a, b] eun sottoinsieme finito {x0, x1, . . . , xN} di punti di [a, b] tali che a = x0 ≤ x1 ≤ . . . xN = b.L’insieme delle partizioni di [a, b] verra indicato con P ([a, b]).

6.1.2 Definizione. Supponiamo che −∞ < a ≤ b < ∞ e che f : [a, b] → R sialimitata. Ad ogni partizione P = {x0, x1, . . . , xN} di [a, b] associamo le somme inferioris(f ; P ) e le somme superiori S(f ; P ) di Riemann definite da

s(f ; P ) =def

N∑

i=1

mi

(xi − xi−1

)e S(f ; P ) =

def

N∑

i=1

Mi

(xi − xi−1

),

dovemi =

definf

x∈[xi−1,xi]f(x) e Mi =

defsup

x∈[xi−1,xi]

f(x).

L’integrale inferiore∫ b

af e l’integrale superiore

∫ b

af di Riemann di f in [a, b]

sono definiti da∫ b

a

f =def

supP∈P([a,b])

s(f ; P )

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88 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

e∫ b

a

f =def

infP∈P([a,b])

S(f ; P ).

Se∫ b

af =

∫ b

af , diremo che f e integrabile secondo Riemann in [a, b] e chiameremo

integrale di Riemann di f in [a, b] il numero reale∫ b

af , che indicheremo con

∫ b

af .

Indicheremo con R ([a, b]) la classe delle funzioni integrabili secondo Riemann in [a, b].

• La definizione di integrale non e comoda per il calcolo effettivo degli integrali. Svilup-peremo nella Sezione 6.5 alcuni metodi computazionali efficaci.

6.1.3 Proprieta fondamentale delle partizioni. Valgono le proprieta seguenti:

(i) per ogni coppia di partizioni P e Q di [a, b]

s(f ; P ) ≤ s(f ; P ∪ Q) ≤ S(f ; P ∪ Q) ≤ S(f ; Q);

(ii)∫ b

af ≤

∫ b

af .

Dimostrazione. Dimostriamo la prima uguaglianza in (i). E sufficiente provarla nel casoin cui P ∪ Q si ottiene da P aggiungendo esattamente un punto, che chiamiamo y. Sianoxi−1 e xi i punti di P tali che xi−1 ≤ y ≤ xi. Poniamo

mi = infx∈[xi−1,xi]

f(x), µi = infx∈[xi−1,y]

f(x) e νi = infx∈[y,xi]

.

Chiaramente mi = min(µi, νi). Allora

s(f ; P ∪ Q) − s(f ; P ) = µi · (y − xi−1) + νi · (xi − y) − mi · (xi − xi−1)

= (µi − mi) · (y − xi−1) + (νi − mi) · (xi − y)

≥ 0,

e la prima disuguaglianza e dimostrata. La terza disuguaglianza si dimostra in modosimile, e la seconda e ovvia; la dimostrazione di (i) e completa.

Prendendo l’estremo superiore al variare di P in P ([a, b]) nella disuguaglianza

s(f, P ) ≤ S(f, Q),

si ottiene∫ b

a

f ≤ S(f, Q),

da cui, prendendo l’estremo inferiore al variare di Q in P ([a, b]), si ottiene (ii). tu

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Sezione 6.1 Definizione di integrale di Riemann 89

6.1.4 Esempi.

• Supponiamo che a ≤ y ≤ b, che f(y) = 1 e che f(x) = 0 se x 6= y. Allora f e in

R ([a, b]) e∫ b

af = 0.

Infatti, data P ∈ P([a, b]), le somme inferiori relative a P sono nulle e le sommesuperiori si riducono ad un addendo (quello relativo all’intervallo [xi−1, xi] in cui cadeil punto y). Avremo percio

s(f ; P ) = 0 e S(f ; P ) = f(y)(xi − xi−1

).

Prendendo l’estremo inferiore rispetto a tali partizioni, si ottiene∫ b

af = 0, da cui la

tesi.

• Sia f : [0, 1] → R definita da

f(x) =

{1 se x ∈ Q

0 se x /∈ Q.

Mostriamo che f /∈ R ([0, 1]).

Infatti, e facile convincersi che per ogni partizione P di [0, 1] si ha che

s(f, P ) = 0 e S(f, P ) = 1,

da cui la tesi.

• Supponiamo che I sia un sottointervallo di [a, b] e indichiamo con |I| la sua lunghezza.

Allora 1I e in R ([a, b]) e∫ b

a1I = |I|

Sia P una partizione di [a, b] che contiene gli estremi di I. Allora

s(1I, P ) = |I| = S(1I, P ),

da cui segue la tesi.

• Supponiamo che I1, . . . , IN siano sottointervalli, a due a due disgiunti, di [a, b], e che

c1, . . . , cN siano numeri reali. Allora∑N

i=1 ci 1Iiappartiene a R ([a, b]) e

∫ b

a

N∑

i=1

ci 1Ii=

N∑

i=1

ci |Ii|.

La dimostrazione e analoga a quella del punto precedente; questa volta si puo consi-derare una partizione che contenga gli estremi degli intervalli I1, . . . , IN .

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90 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

6.2 Partizioni diadiche

La definizione di integrale inferiore e formalmente simile a quella di minimo limite diuna funzione. C’e, tuttavia, una differenza profonda: R e un insieme totalmente ordinato,mentre P ([a, b]) e solo parzialmente ordinato rispetto alla relazione di inclusione. Si puo,pero, dare una caratterizzazione di integrale inferiore di Riemann su [a, b], utilizzando soloun insieme numerabile di partizioni di [a, b], totalmente ordinate rispetto all’inclusione.

6.2.1 Partizioni diadiche. Sia −∞ < a < b < ∞. Per ogni intero positivo n siaPn la partizione di [a, b] costituita dai punti a, b e dai multipli interi di 2−n in (a, b). Lepartizioni Pn si chiamano partizioni diadiche di [a, b].

• Osserviamo che P1 ⊂ P2 ⊂ · · ·.• Sia f : [a, b] → R una funzione limitata. Allora s(f ; P1) ≤ s(f ; P2) ≤ · · ·, S(f ; P1) ≥

S(f ; P2) ≥ · · · es(f ; Pi) ≤ S(f ; Pj) ∀i, j ∈ N.

6.2.2 Teorema. Siano −∞ < a < b < ∞ e f : [a, b] → R limitata. Valgono leaffermazioni seguenti:

(i)

∫ b

a

f = supn∈N

s(f, Pn) e

∫ b

a

f = infn∈N

S(f, Pn)

(ii) f ∈ R ([a, b]) se e solo se infn∈N

[S(f, Pn) − s(f, Pn)

]= 0.

Dimostrazione. Dimostriamo la prima uguaglianza di (i). Da un lato

∫ b

a

f = supP∈P([a,b])

s(f ; P )

≥ supn∈N

s(f ; Pn).

Dall’altro, sia P = {x0, x1, . . . , xN} una partizione di [a, b]. Poniamo

M =def

supx∈[a,b]

|f(x)| .

Sia n un intero positivo e consideriamo la partizione diadica Pn = {y0, y1, . . . , yJ}; se n esufficientemente grande, tra due elementi consecutivi di P si trovano molti elementi di Pn,come illustrato in figura.

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Sezione 6.2 Partizioni diadiche 91

PoniamoIi =

def[xi−1, xi], mi =

definfx∈Ii

f(x) i = 1, . . . , N

eHj =

def[yj−1, yj] µj =

definf

x∈Hj

f(x) j = 1, . . . , J.

Indichiamo con J ′ il sottoinsieme di {1, . . . , J} costituito dagli indici j tali che Hj noncontiene punti di P e con J ′′ il complementare di J ′ in {1, . . . , J}. Osserviamo che J ′′

contiene, al piu, 2N punti. Poiche |µj | ≤ M e yj − yj−1 ≤ 2−n, possiamo dedurre che∣∣∣∣∣∣

j∈J ′′

µj

(yj − yj−1

)

∣∣∣∣∣∣

≤ 2MN/2n.

Inoltre,

s(f, Pn) = s(f, P ) + s(f, Pn) − s(f, P )

= s(f, P ) +J∑

j=1

µj

(yj − yj−1

)−

N∑

i=1

mi

(xi − xi−1

)

= s(f, P ) +∑

j∈J ′

µj

(yj − yj−1

)+

j∈J ′′

µj

(yj − yj−1

)−

N∑

i=1

mi

(xi − xi−1

)

≥ s(f, P ) +N∑

i=1

{j:Hj⊂Ii}

(µj − mi)(yj − yj−1

)− 4MN/2n

(mi ≤ µj) ≥ s(f, P )− 4MN/2n.

Prendendo l’estremo superiore al variare di n in N otteniamo

s(f, P ) ≤ supn∈N

s(f, Pn);

prendendo l’estremo superiore al variare di P in P ([a, b]), abbiamo

supP∈P([a,b])

s(f ; P ) ≤ supn∈N

s(f ; Pn),

concludendo cosı la dimostrazione della prima uguaglianza in (i). La seconda uguaglianzasi dimostra in modo analogo.

Dimostriamo (ii). Osserviamo che, essendo la successione S(f, Pn) − s(f, Pn) noncrescente,

infn∈N

[S(f, Pn) − s(f, Pn)

]= lim

n→∞

[S(f, Pn) − s(f, Pn)

]

= limn→∞

S(f, Pn) − limn→∞

s(f, Pn)

(S(f, Pn) ↓ e s(f, Pn) ↑) = infn∈N

S(f, Pn) − supn∈N

s(f, Pn)

(per (i)) =

∫ b

a

f −∫ b

a

f ;

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92 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

per definizione, f ∈ R ([a, b]) se e solo se quest’ultima differenza e nulla. Dalla catena diuguaglianze precedente si deduce che cio accade se e solo se infn∈N

[S(f, Pn)−s(f, Pn)

]= 0,

come richiesto. tu

• Utilizzando la caratterizzazione dimostrata, non e difficile calcolare l’integrale di al-cune funzioni elementari.

Esercizi

1 Supponiamo che f ∈ R ([a, b]). Allora per ogni ε > 0, esistono hε, kε ∈ C([a, b]

)tali

che hε ≤ f ≤ kε e∫ b

a

(kε − hε) < ε.

2 Si calcolino, utilizzando il Teorema 6.2.2 (i), gli integrali∫ b

aex dx e

∫ b

aex dx.

6.3 Condizioni di esistenza dell’integrale di Riemann

6.3.1 Teorema. Supponiamo che −∞ < a ≤ b < ∞ e che f : [a, b] → R. Se vale unadelle condizioni seguenti:

(i) f e continua in [a, b];

(ii) f e monotona in [a, b];

(iii) f e limitata e ha un numero finito di punti di discontinuita in [a, b],

allora f ∈ R ([a, b]).

Dimostrazione. Per la dimostrazione di (i), si veda, ad esempio, [R, Thm 6.8] oppure [BR,Cap. IX, Teorema 3.1].

Dimostriamo (ii). Supponiamo che f sia non crescente; il caso in cui f e non decre-scente e analogo.

Consideriamo una partizione diadica Pn = {t0, t1, . . . , tN} di [a, b]. Poiche f e noncrescente,

mi = f(ti) e Mi = f(ti−1).

Quindi

S(f, Pn) − s(f, Pn) =

N∑

i=1

(

f(ti−1) − f(ti)) (

ti − ti−1

)

≤ 2−nN∑

i=1

(

f(ti−1) − f(ti))

= 2−n(

f(a) − f(b))

,

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Sezione 6.4 Proprieta dell’integrale di Riemann 93

che tende a 0 per n tendente a ∞. La tesi segue dalla caratterizzazione dell’integrale diRiemann dimostrata nel Teorema 6.2.2 (ii).

Per la dimostrazione di (iii) si veda [BR, Cap. IX, Corollario 3.3]. tu

6.3.2 Teorema. Supponiamo che f ∈ R ([a, b]) e che φ ∈ C([a, b]). Allora φ ◦ f ∈R ([a, b]).

Dimostrazione. Per la dimostrazione, si veda, ad esempio, [R, Cap. 6]. tu

• Il teorema precedente contiene, come caso particolare, l’implicazione

f ∈ R ([a, b]) =⇒ fk ∈ R ([a, b]) ∀k ∈ N.

Se k e pari questa implicazione non si puo rovesciare.

Ad esempio, la funzione f : [a, b] → R definita da

f(x) =def

{1 se x ∈ Q

−1 se x /∈ Q

non e in R ([a, b]), mentre il suo quadrato, che e la funzione identicamente uguale a 1in [a, b], lo e.

6.4 Proprieta dell’integrale di Riemann

6.4.1 Teorema. Supponiamo che −∞ < a ≤ b < ∞ e che f, g ∈ R ([a, b]). Valgonole proprieta seguenti:

(i) (linearita) sia c e una costante; allora f + g e cf sono in R ([a, b]) e

∫ b

a

(f + g) =

∫ b

a

f +

∫ b

a

g e

∫ b

a

cf = c

∫ b

a

f ;

(ii) (monotonia) se f ≤ g, allora∫ b

af ≤

∫ b

ag;

(iii) se a < c < b, allora f ∈ R ([a, c]) ∩R ([c, b]), e

∫ b

a

f =

∫ c

a

f +

∫ b

c

f ;

(iv) se |f(x)| ≤ M , allora∣∣∣∣∣

∫ b

a

f

∣∣∣∣∣≤ M (b − a);

(v) fg ∈ R ([a, b]);

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94 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

(vi) |f | ∈ R ([a, b]) e∣∣∣∣∣

∫ b

a

f

∣∣∣∣∣≤

∫ b

a

|f | .

Dimostrazione. Dimostriamo (i). La dimostrazione delle altre proprieta si basa su consi-derazioni simili. Sia I un sottointervallo di [a, b]. Osserviamo che

infx∈I

f(x) + infx∈I

g(x) ≤ infx∈I

(f(x) + g(x)

)

e che

supx∈I

(f(x) + g(x)

)≤ sup

x∈If(x) + sup

x∈Ig(x).

Ne deduciamo che per ogni coppia di partizioni P e Q di [a, b]

s(f, P ) + s(g, P ) ≤ s(f + g, P ) ≤ S(f + g, Q) ≤ S(f, Q) + S(g, Q).

Prendendo l’estremo superiore al variare di P in P ([a, b]), otteniamo

∫ b

a

f +

∫ b

a

g ≤∫ b

a

(f + g) ≤ S(f + g, Q) ≤ S(f, Q) + S(g, Q).

Prendendo ora l’estremo inferiore al variare di Q in P ([a, b]), otteniamo

∫ b

a

f +

∫ b

a

g ≤∫ b

a

(f + g) ≤∫ b

a

(f + g) ≤∫ b

a

f +

∫ b

a

g.

Dall’ipotesi f, g ∈ R ([a, b]), segue che il primo e il quarto membro coincidono. Con-seguentemente, anche il secondo e il terzo coincidono, cioe f +g ∈ R ([a, b]), come richiesto.

tu

• Si noti la somiglianza della dimostrazione di (i) del teorema precedente con la di-mostrazione della Proposizione 2.7.5.

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Sezione 6.4 Proprieta dell’integrale di Riemann 95

Esercizi

1 Supponiamo che a > 0 e che f ∈ R ([−a, a]). Si dimostri che:

(i) se f e dispari, allora∫ a

−af = 0;

(ii) se f e pari, allora∫ a

−af = 2

∫ a

0f .

2 Teorema della media. Supponiamo che f ∈ C([a, b]). Si dimostri che esiste ξ ∈ [a, b]tale che

f(ξ) =1

b − a

∫ b

a

f.

Si dimostri che la conclusione e falsa in assenza dell’ipotesi di continuita di f . Il numero1

b − a

∫ b

a

f si chiama media integrale di f in [a, b].

3 Supponiamo che f sia continua e non negativa in [a, b]. Si dimostri che se∫ b

af = 0,

allora f e identicamente nulla in [a, b]. Si dimostri che la conclusione e falsa se si omettel’ipotesi di non negativita di f .

4 Supponiamo che f ∈ R ([a, b]). Sia F : [a, b] → R definita da

F (x) =

∫ x

a

f.

Si dimostri che esiste M > 0 tale che

|F (x) − F (y)| ≤ M |x − y| ∀x, y ∈ [a, b].

In particolare, F e continua in [a, b].

5 Supponiamo che f : [0,∞) → R sia in R ([0, b]) per ogni b > 0 e che limx→∞

f(x) = c ∈ R.

Si dimostri che

limx→∞

1

x

∫ x

0

f = c.

6 Sia f ∈ C([a, b]). Si dimostri che

limy→∞

[∫ b

a

|f |y]1/y

= max |f | .

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96 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

7 Supponiamo che a ∈ (0, 1). Si dimostri che

|xa − ya| ≤ |x − y|a ∀x, y ∈ R.

6.5 Calcolo degli integrali

6.5.1 Definizione. Siano a ≤ y ≤ x ≤ b e f ∈ R ([a, b]). Poniamo

∫ y

x

f =def

0 se y = x

−∫ x

y

f se y < x.

E facile dimostrare che per ogni x, y, z ∈ [a, b] vale l’uguaglianza

∫ y

x

f +

∫ z

y

f =

∫ z

x

f.

6.5.2 Teorema (fondamentale del calcolo). Supponiamo che f ∈ R ([a, b]).Definiamo F : [a, b] → R

F (x) =

∫ x

a

f.

Valgono le proprieta seguenti:

(i) se f e continua in y, allora F e derivabile in y e F ′(y) = f(y)

(ii) se f ∈ C([a, b]) e G e una primitiva di f in [a, b], allora

∫ b

a

f = G(b) − G(a).

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Sezione 6.5 Calcolo degli integrali 97

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Proviamo dapprima che D−F (y) = f(y) (se y = a nonc’e niente da dimostrare). Sia x ∈ [a, b] tale che x < y. Allora

F (x) − F (y)

x − y=

1

x − y

[∫ x

a

f −∫ y

a

f]

(per il Teorema 6.4.1 (iii)) =1

y − x

∫ y

x

f

=1

y − x

∫ y

x

(f − f(y) + f(y)

)

(per il Teorema 6.4.1 (i)) = f(y) +1

y − x

∫ y

x

(f − f(y)

).

Per il Teorema 6.4.1 (iv)

1

y − x

∣∣∣∣

∫ y

x

(f − f(y)

)∣∣∣∣≤ sup

z∈[x,y]

(f(z) − f(y)

)

=(f − f(y)

)

y(x),

che converge a 0 per x tendente a y da sinistra. Ne deduciamo che

limx→y−

F (x) − F (y)

x − y= f(y),

come richiesto.

La dimostrazione della formula D+F (y) = f(y) (se y = b non c’e niente da dimostrare)e simile, e (i) e provato.

Dimostriamo (ii). Osserviamo che, essendo G una primitiva di f ,

(G − F )′(y) = f(y) − F ′(y)

(per (i)) = f(y) − f(y)

= 0 ∀y ∈ [a, b].

Per la Proposizione 4.4.3, la funzione G−F e costante in [a, b]. In particolare, (G−F )(b) =(G − F )(a), cioe

G(b) −∫ b

a

f = G(a),

da cui la tesi. tu

6.5.3 Corollario. Supponiamo che F e G siano funzioni derivabili in [a, b] e cheF ′, G′ ∈ R ([a, b]). Allora

∫ b

a

[FG′ + GF ′] = (FG)(b) − (FG)(a).

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98 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

Dimostrazione. Poiche F e G sono derivabili, esse sono continue e quindi appartengono aR ([a, b]) per il Teorema 6.3.1 (i). Per il Teorema 6.4.1 (v), FG′ e GF ′ sono in R ([a, b]).Dalla regola di derivazione di un prodotto di funzioni segue che FG e una primitiva diFG′ + GF ′, da cui la tesi. tu

6.5.4 Corollario. Supponiamo che f ∈ C([a, b]), che φ : [α, β] → [a, b] sia di classeC1

([α, β]

), che φ(α) = a e che φ(β) = b. Allora

∫ b

a

f =

∫ β

α

(f ◦ φ) φ′.

Dimostrazione. Osserviamo che (f ◦ φ) φ′ ∈ C([α, β]

)e quindi appartiene a R ([α, β]). Sia

F una primitiva di f . Allora F ◦φ e una primitiva di (f ◦φ) φ′. Per il teorema fondamentaledel calcolo,

∫ b

a

f = F (b) − F (a)

= (F ◦ φ)(β) − (F ◦ φ)(α)

(teorema fond. calcolo) =

∫ β

α

(f ◦ φ) φ′,

come richiesto. tu

Esercizi

1 Sia E un sottoinsieme finito di [a, b]. Supponiamo che F sia una funzione derivabilein [a, b] \E e che F ′ sia continua e limitata in [a, b] \E. Estendiamo F ′ a una funzione su[a, b], ponendo F ′(x) = 0 per ogni x in E. Si dimostri che

∫ b

a

F ′ = F (b) − F (a).

2 Siano f ∈ C(R) e φ ∈ C1(R). Si calcoli

D

∫ φ(x)

0

f.

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Sezione 6.6 L’integrale di Riemann generalizzato 99

6.6 L’integrale di Riemann generalizzato

6.6.1 Definizione. Sia f : [a,∞) → R in R ([a, b]) per ogni b > a. Se limb→∞

∫ b

a

f ∈ R,

diciamo che f e integrabile in senso generalizzato in [a,∞), e chiamiamo integraledi f in [a,∞) il numero reale

∫ ∞

a

f =def

limb→∞

∫ b

a

f.

In modo analogo si definiscono l’integrabilita in senso generalizzato di f in (−∞, b] e ilcorrispondente integrale.

Diciamo che f : R → R e integrabile in senso generalizzato in (−∞,∞) se f eintegrabile in (−∞, 0] e in [0,∞).

Chiameremo integrale di f in (−∞,∞) il numero reale

∫ ∞

−∞

f =def

∫ 0

−∞

f +

∫ ∞

0

f.

• Le due figure precedenti suggeriscono che se f ≥ 0, il suo integrale generalizzatorappresenta l’area sottesa dal grafico di f .

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100 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

• Dalla definizione di integrale generalizzato e dalla linearita dell’integrale di Riemann,si deducono le proprieta seguenti:

(i) se f e g sono integrabili in senso generalizzato su (−∞,∞), lo stesso vale per f + g, e∫ ∞

−∞

(f + g) =

∫ ∞

−∞

f +

∫ ∞

−∞

g;

(ii) se f e integrabile in senso generalizzato su (−∞,∞) e c ∈ R, lo stesso vale per cf , e∫ ∞

−∞

cf = c

∫ ∞

−∞

f.

6.6.2 Esempi.

• La funzione x 7→ e−x e integrabile in senso generalizzato in [0,∞) e

∫ ∞

0

e−x dx = 1.

Infatti,∫ ∞

0

e−x dx = limb→∞

∫ b

0

e−x dx

(teorema fond. calcolo) = limb→∞

(−e−x

)∣∣∣

b

0

= limb→∞

(1 − e−b

)

= 1,

come richiesto.

• La funzione x 7→ (1 + x)α e integrabile in senso generalizzato in [0,∞) se e solo se

α < −1; in tal caso

∫ ∞

0

(1 + x)α dx = −(1 + α)−1.

Osserviamo che∫ ∞

0

(1 + x)α dx = limb→∞

∫ b

0

(1 + x)α dx

(teorema fond. calcolo) = limb→∞

(1 + x)α+1

α + 1

∣∣∣

b

0

= limb→∞

(1 + b)α+1 − 1

α + 1.

Questo limite e finito se e solo se α < −1 e in tal caso vale−1

α + 1, come richiesto.

• Nei due esempi precedenti la funzione integranda e infinitesima all’infinito. Osservi-amo, pero, che

f ≥ 0,

∫ ∞

0

f < ∞ 6=⇒ limx→∞

f(x) = 0.

Si veda l’Esercizio 3 della Sezione 6.7.

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Sezione 6.7 Criteri di convergenza per integrali generalizzati 101

Esercizi

1 Si mostri che nella definizione di integrale generalizzato in (−∞,∞) si puo sostituireil punto 0 con un qualunque altro numero reale, senza che il valore dell’integrale cambi.

6.7 Criteri di convergenza per integrali generalizzati

In questa sezione dimostreremo alcuni criteri di convergenza per integrali generalizzati.

Per brevita enunceremo i criteri relativi agli integrali generalizzati del tipo

∫ ∞

a

f ; criteri

analoghi valgono per integrali della forma

∫ b

−∞

f e

∫ ∞

−∞

f .

6.7.1 Criterio del confronto. Siano a ∈ R, f, g : [a,∞) → [0,∞), f, g ∈ R ([a, b])per ogni b > a. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) se f ≤ g, e g e integrabile in senso generalizzato in [a,∞), allora f e integrabile insenso generalizzato in [a,∞);

(ii) se f ≤ g, e f non e integrabile in senso generalizzato in [a,∞), allora g non eintegrabile in senso generalizzato in [a,∞);

(iii) se lim supx→∞

f(x)

g(x)< ∞, e g e integrabile in senso generalizzato in [a,∞), allora f e

integrabile in senso generalizzato in [a,∞);

(iv) se lim supx→∞

f(x)

g(x)< ∞, e f non e integrabile in senso generalizzato in [a,∞), allora g

non e integrabile in senso generalizzato in [a,∞).

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Essendo f e g non negative, le funzioni x 7→∫ x

a

f e

x 7→∫ x

a

g sono non decrescenti, e quindi ammettono limite a ∞. Per il Teorema 6.4.1 (ii),

limx→∞

∫ x

a

f ≤ limx→∞

∫ x

a

g

(poiche g e integrabile in [a,∞)) < ∞,

da cui segue che anche f e integrabile in [a,∞), come richiesto.

La dimostrazione di (ii) segue la falsariga di quella di (i) e la omettiamo.

Dimostriamo (iii). Sia λ =def

lim supx→∞

f(x)

g(x). Per definizione di massimo limite,

λ = infx∈[a,∞)

(f

g

)

(x).

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102 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

Sia M1 > λ. Per definizione di estremo inferiore, esiste ξ ∈ [a,∞) tale che M1 ≥(f

g

)

(ξ).

Poiche(f

g

)

e non crescente,

M1 ≥(f

g

)

(y)

≥ f(y)

g(y)∀y ∈ [ξ,∞),

da cui si ricava chef(y) ≤ M1 g(y) ∀y ∈ [ξ,∞).

Ora, ricordiamo che f e limitata in [a, ξ], perche ivi Riemann integrabile. Poniamo

M =def

max(

supx∈[a,ξ]

f(x), M1

)

.

Evidentemente

f(y) ≤{

M se x ∈ [a, ξ]M g(y) se x ∈ [ξ,∞].

Siccome la funzione a secondo membro della formula precedente e integrabile in sensogeneralizzato in [a,∞), perche g lo e per ipotesi, (i) implica che anche f lo e, come richiesto.

La dimostrazione di (iv) segue la falsariga di quella di (iii) e la omettiamo. tu

• L’ipotesi lim supx→∞

f(x)

g(x)< ∞ e implicata dalla condizione

limx→∞

f(x)

g(x)< ∞.

6.7.2 Corollario. Siano a, α ∈ R e f ∈ C([a,∞)). Supponiamo che

f(x) � xα per x tendente a ∞.

Valgono le affermazioni seguenti:

(i) se α < −1, allora f e integrabile in senso generalizzato in [a,∞);

(ii) se α ≥ −1, allora f non e integrabile in senso generalizzato in [a,∞).

Dimostrazione. Osserviamo che f ∈ R ([a, b]) per ogni b > a, perche f e continua in [0,∞)per ipotesi. Dimostriamo (i). La dimostrazione di (ii) e simile. L’ipotesi f(x) � xα per x

tendente a ∞ implica che lim supx→∞

f(x)

(1 + x)α< ∞. Se α < −1, la funzione x 7→ (1 + x)α e

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Sezione 6.7 Criteri di convergenza per integrali generalizzati 103

integrabile in senso generalizzato in [a,∞), in virtu del secondo degli Esempi 6.6.2. Ora(i) e conseguenza diretta del Criterio del confronto 6.7.1 (iii). tu

• Supponiamo che a ∈ R e che f ∈ R ([a, b]) per ogni b > a. Se f ammette limite a ∞e λ =

deflim

x→∞f(x) 6= 0, allora f non e integrabile in senso generalizzato in [a,∞).

Supponiamo, ad esempio, che λ > 0. Il caso in cui λ < 0 si tratta in modo analogo. Invirtu della definizione di limite, esiste c > a tale che f > λ/2 in (c,∞). Osserviamoche se b > c

limb→∞

∫ b

0

f =

∫ c

0

f + limb→∞

∫ b

c

f

≥∫ c

0

f + limb→∞

∫ b

c

λ

2

≥∫ c

0

f + limb→∞

λ(b − c)

2

= ∞,

come richiesto.

6.7.3 Esempi.

• La funzione f(x) =def

xα e−x e integrabile in senso generalizzato in [0,∞) per ogni

α ≥ 0.

Osserviamo che f ∈ C([0,∞)) e quindi f ∈ R ([0, b]) per ogni b > 0. Inoltre, f ≥ 0 in[0,∞), e

limx→∞

f(x)

(1 + x)−2= lim

x→∞

xα+2

ex

(per la Prop. 2.3.6) = 0.

La funzione x 7→ (1+x)−2 e integrabile in senso generalizzato in [0,∞), come mostratonell’Esempio 6.6.2. Per il Criterio del confronto 6.7.1 (iii), anche f lo e.

• La funzione g(x) =def

∣∣∣∣sin

1

x

∣∣∣∣

non e integrabile in senso generalizzato in [1,∞).

Infatti, g e non negativa e continua in [1,∞), e

g(x) � 1

xper x tendente a ∞;

la tesi segue dal Corollario 6.7.2 (ii).

Si puo facilmente dimostrare che il Criterio del confronto 6.7.1 non si estende a funzioniche non siano di segno costante. Per tali funzioni, si possono utilizzare altri criteri, che oradimostreremo. Ricordiamo che la parte negativa f− e la parte positiva f+ di una funzionef sono definite nella Definizione 2.3.3.

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104 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

6.7.4 Proposizione. Siano a ∈ R e f ∈ R ([a, b]) per ogni b > a. Valgono le proprietaseguenti:

(i) |f | e integrabile in senso generalizzato in [a,∞) se e solo se f− e f+ lo sono. In talcaso ∫ ∞

a

|f | =

∫ ∞

a

f− +

∫ ∞

a

f+;

(ii) se |f | e integrabile in senso generalizzato in [a,∞), allora lo stesso vale per f . Inoltre,

∣∣∣∣

∫ ∞

a

f

∣∣∣∣≤

∫ ∞

a

|f | .

Dimostrazione. Dimostriamo (i).

Supponiamo che |f | sia integrabile. Poiche 0 ≤ f+ ≤ |f | e 0 ≤ f− ≤ |f |, anche f+ ef− sono integrabili in [a,∞) per il criterio del confronto.

Viceversa, se f− e f+ sono integrabili, anche f− + f+ lo e. Poiche f− + f+ = |f |,anche |f | e integrabile. Infine,

∫ ∞

a

|f | = limx→∞

∫ x

a

|f |

= limx→∞

∫ x

a

(f+ + f−)

(linearita int. Riem.) = limx→∞

(∫ x

a

f+ +

∫ x

a

f−)

,

come richiesto.

Dimostriamo (ii). Osserviamo che

∣∣∣∣

∫ ∞

a

f

∣∣∣∣=

∣∣∣∣lim

x→∞

∫ x

a

f

∣∣∣∣

(linearita int. Riem.) =

∣∣∣∣lim

x→∞

(∫ x

a

f+ −∫ x

a

f−)∣∣∣∣

(continuita funzione modulo e dis. tr.) ≤ limx→∞

(∫ x

a

f+ +

∫ x

a

f−)

(linearita int. Riem.) = limx→∞

∫ x

a

(f+ + f−)

=

∫ ∞

a

|f | ,

come richiesto.

6.7.5 Teorema (integrali oscillanti). Sia a ∈ R, e supponiamo che f, g : [a,∞) → R

godano delle proprieta seguenti:

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Sezione 6.7 Criteri di convergenza per integrali generalizzati 105

(a) f ∈ C([a,∞)), periodica di periodo p,

∫ a+p

a

f = 0;

(b) g ∈ C1([a,∞)), non crescente e infinitesima a ∞.

Allora fg e integrabile in senso generalizzato in [a,∞).

Dimostrazione. Sia F : [a,∞) → R la primitiva di f tale che F (a) = 0. Poiche f e

periodica di periodo p e

∫ a+p

a

f = 0, F e periodica di periodo ≤ p e valgono le relazioni

F (a + jp) = 0 ∀j ∈ N.

Sia x > a; notiamo che

a + p

⌊x − a

p

≤ x < a + p

⌊x − a

p

+ 1.

Per comodita di notazione, nel prosieguo della dimostrazione scriveremo ω(x) invece di

a + p

⌊x − a

p

. Osserviamo che

∫ x

a

fg =

∫ ω(x)

a

fg +

∫ x

ω(x)

fg

(integrando per parti) = Fg∣∣∣

ω(x)

a−

∫ ω(x)

a

Fg′ +

∫ x

ω(x)

fg

= −∫ ω(x)

a

Fg′ +

∫ x

ω(x)

fg.

L’ultima uguaglianza segue dal fatto che F (ω(x)) = F (a) = 0. Ora,∣∣∣∣∣

∫ x

ω(x)

fg

∣∣∣∣∣≤ max

x∈[a,∞)|f(x)|

∫ x

ω(x)

g

(g e non crescente) ≤ maxx∈[a,∞)

|f(x)| g(ω(x))

(g e infinitesima) → 0,

al tendere di x a ∞. Inoltre, essendo g non crescente e derivabile, abbiamo che g′ ≤ 0, equindi

∫ ω(x)

a

|Fg′| ≤ −∫ ω(x)

a

|F | g′

≤ − maxx∈[a,∞)

|F (x)|∫ ω(x)

a

g′

(teorema fond. calcolo) =(g(a)− g(ω(x))

)max

x∈[a,∞)|F (x)|

≤ g(a) maxx∈[a,∞)

|F (x)|

(F e continua e periodica) < ∞.

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106 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

Questo calcolo mostra che |Fg′| e integrabile in senso generalizzato in [a,∞). Per laProposizione 6.7.4 (ii), anche Fg′ e integrabile in senso generalizzato in [a,∞). Percio

∫ ∞

a

fg = limx→∞

∫ x

a

fg

= − limx→∞

∫ ω(x)

a

Fg′ + limx→∞

∫ x

ω(x)

fg

=

∫ ∞

a

Fg′,

come richiesto. tu

• La funzione x 7→ sinx

log(1 + x)e integrabile in senso generalizzato in [0,∞).

La tesi segue dal teorema precedente con f(x) = sin x, g(x) =1

log(1 + x), p = 2π.

6.7.6 Corollario. Siano f : [0,∞) → R definita da

f(x) = (−1)bxc,

e g ∈ C1([a,∞)), non crescente e infinitesima a ∞. Allora fg e integrabile in sensogeneralizzato in [a,∞).

Dimostrazione. Sia F : [0,∞) → R la funzione periodica di periodo 2, tale che

F (x) =

{x se x ∈ [0, 1]2 − x se x ∈ [1, 2].

E immediato verificare che F e una primitiva di f in ogni intervallo del tipo [j, j + 1],j ∈ N. La dimostrazione del Teorema 6.7.5 si adatta alla presente situazione con piccolemodifiche. Omettiamo i dettagli. tu

• La funzione h : [0,∞) → R, definita da

h(x) =(−1)bxc

x + 1,

e integrabile in senso generalizzato in [0,∞), ma |h| non lo e.

Infatti, h = fg, dove f(x) = (−1)bxc e g(x) =1

x + 1, e si puo applicare il corollario

precedente. Tuttavia,∫ ∞

0

|h| = limb→∞

∫ b

0

1

x + 1dx

= limb→∞

ln(b + 1)

= ∞,

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Sezione 6.7 Criteri di convergenza per integrali generalizzati 107

e quindi |h| non e integrabile in senso generalizzato in [0,∞), come richiesto.

Esercizi

1 Si dimostri che la funzione x 7→ x−a e integrabile in senso generalizzato in [1,∞) se esolo se a > 1.

2 Si dimostri che la funzione x 7→ 1/(xa lnb(x + 1)

)e integrabile in senso generalizzato

in [1,∞) se e solo se a > 1 oppure a = 1 e b > 1.

3 Si consideri la funzione f : [0,∞) → R, definita da

f =

∞∑

j=1

j 1[j,j+j−3].

Si dimostri che f e integrabile in senso generalizzato in [0,∞), che

lim supx→∞

f(x) = 0 e che lim supx→∞

f(x) = ∞.

Come si puo modificare questo esempio per ottenere una funzione continua con le medesimeproprieta di f?

4 Siano a ∈ R e f integrabile in senso generalizzato in [a,∞). Si dimostri che

limx→∞

∫ x+1

x

f = 0.

5 Si dimostri che gli integrali generalizzati∫ ∞

0

sin x

xdx e

∫ ∞

0

cos(x2

)dx

sono finiti, mentre∫ ∞

0

|sin x|x

dx

non lo e.

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108 Capitolo 6. L’integrale di Riemann

6.8 La distribuzione normale

Le funzioni t 7→ e−t2 e t 7→ 1/(t2 + 1) sono continue in R e

limt→−∞

(t2 + 1) e−t2 = 0 = limt→∞

(t2 + 1) e−t2 ;

ne consegue che esiste una costante C > 0 tale che

e−t2 ≤ C

t2 + 1∀t ∈ R.

Dal teorema del confronto e dal secondo degli Esempi 6.6.2 si deduce che

∫ ∞

−∞

e−t2 dt < ∞.

Consideriamo la funzione E : R → R definita da

E(x) =1√π

∫ x

−∞

e−t2 dt,

dove l’integrale che compare a secondo membro e da intendersi in senso generalizzato.Osserviamo che

0 ≤ limx→−∞

E(x)

≤ C limx→−∞

∫ x

−∞

1

t2 + 1dt

(per il teorema fond. del calcolo e la def. di int. gen.) = C(

limx→−∞

arctan x +π

2

)

= 0,

da cui segue che limx→−∞

E(x) = 0. Osserviamo che E ′(x) = e−x2

/√

π per il teorema

fondamentale del calcolo; essendo E ′ > 0, E e crescente in R. Quindi E ammette limitea ∞. Osserviamo che

limx→∞

E(x) = limx→∞

1√π

∫ x

−∞

e−t2 dt

≤ limx→∞

C

∫ x

−∞

1

t2 + 1dt

(per il teorema fond. del calcolo e la def. di int. gen.) = C(

limx→∞

arctan x +π

2

)

= C π.

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Sezione 6.8 La distribuzione normale 109

Conseguentemente, limx→∞

E(x) ∈ R. Si puo dimostrare che tale limite vale 1, da cui la

formula1√π

∫ ∞

−∞

e−t2 dt = 1

di grande importanza nel calcolo delle probabilita. Il grafico di E e riportato in figura.

0

2

x-1/2

-1/2

p

pE x( )

x

-xe

1

E x( )

x

x

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7 Successioni e serie

7.1 Limiti di successioni

7.1.1 Definizione. Si chiama successione una funzione f : N → R.

• Per denotare la successione f definita da

f(n) = n2 ∀n ∈ N.

spesso si scrive {n2}n∈N, o anche {n2}.• Si consideri la funzione f : N \ {0, 1} → R, definita da

f(n) =1

n2 − n.

A stretto rigor di termini, f non e una successione, perche non e definita in tutto N.Possiamo estendere la definizione di f a N, ponendo, ad esempio, f(0) = f(1) = 0.La funzione estesa che ne risulta e una successione secondo la Definizione 7.1.1.

• Con abuso di notazione, chiameremo successione una funzione definita in N, eccetto,al piu, un numero finito di punti.

7.1.2 Definizione. Sia Φ l’applicazione che associa a ogni successione f la funzioneΦ(f) : [0,∞) → R, definita da

Φ(f)(x) = f(bxc

)∀x ∈ [0,∞).

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112 Capitolo 7. Successioni e serie

7.1.3 Definizione. Siano λ in R∗ e f una successione. Se il limite di Φ(f) a ∞ e λ,si dice che il limite della successione f e λ, e si scrive

limn→∞

f(n) = λ.

Se λ ∈ R, si dice che la successione f e convergente.

Se λ = −∞, oppure λ = ∞, si dice che la successione f e divergente.

In modo analogo si definiscono il massimo limite e il minimo limite di una successione.

• Se f e una successione monotona, allora f ha limite.

Infatti, la funzione Φ(f) e monotona e quindi ammette limite per la Proposizione 2.1.6.

7.1.4 Definizione. Siano f una successione e g : [0,∞) → R. Si dice che g inter-pola f se

g(n) = f(n) ∀n ∈ N.

x10 32 4

f(0)

f(4)

f(3)

f(1)

f(2)

grafico di g

• La funzione Φ(f) interpola la successione f ; chiameremo Φ(f) l’interpolante stan-dard di f .

7.1.5 Proposizione. Siano λ ∈ R∗, f una successione e g : [0,∞) → R una funzioneche interpola f . Se lim

x→∞g(x) = λ, allora lim

n→∞f(n) = λ.

Dimostrazione. Per definizione di limite di una successione, dobbiamo mostrare che

limx→∞

Φ(f)(x) = λ.

Osserviamo che

g∞

(x) = infy∈[x,∞)

g(y)

≤ infy∈[bxc+1,∞)

g(y)

(g([bxc + 1,∞)) ⊆ Φ(f)([bxc + 1,∞))) ≤ infy∈[bxc+1,∞)

Φ(f)(y)

= Φ(f)∞

(bxc + 1).

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Sezione 7.1 Limiti di successioni 113

Analogamente,

g∞(x) ≥ Φ(f)∞(bxc + 1).

Per ipotesi

supx∈[0,∞)

g∞

(x) = λ = infx∈[0,∞)

g∞(x),

da cui

supx∈[0,∞)

Φ(f)∞

(x) = λ = infx∈[0,∞)

Φ(f)∞(x),

come richiesto. tu

• Siano f una successione e g una funzione che interpola f . Puo accadere che f ammettalimite, ma che g non ammetta limite a ∞.

Si consideri, ad esempio, la funzione g periodica di periodo 1, disegnata nella figura quisotto. Essa interpola la successione nulla, che ammette limite 0, ma g non ammettelimite a ∞, come e facile verificare.

x1

1

0 32

7.1.6 Proposizione. Siano f una successione monotona e g : [0,∞) → R unafunzione monotona che interpola f . Le affermazioni seguenti sono equivalenti:

(i) limn→∞

f(n) = λ ∈ R∗;

(ii) limx→∞

g(x) = λ ∈ R∗.

Dimostrazione. Dimostriamo la proprieta richiesta nel caso in cui f e g siano non crescenti.La dimostrazione nel caso in cui siano non decrescenti e analoga. Indichiamo con τ :[0,∞) → R la funzione definita da

τ(x) = x + 1.

Osserviamo che il grafico di f ◦ τ si ottiene traslando a sinistra di 1 il grafico di f . E facileconvincersi che vale la catena di disuguaglianze seguente:

(g ◦ τ)(x) ≤ Φ(f ◦ τ)(x) ≤ g(x) ≤ Φ(f)(x) ∀x ∈ [0,∞).

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114 Capitolo 7. Successioni e serie

grafico di F( )f

x10 32 4 5

grafico di g

grafico di F( )f t

x10 32 4 5

grafico di g

grafico di ( )g x t

Poiche g e Φ(f) sono monotone, esse ammettono limite a ∞. Inoltre,

limx→∞

g(x + 1) = limx→∞

g(x) e limx→∞

Φ(τf)(x + 1) = limx→∞

Φ(f)(x)

per la Proposizione 3.4.1 (ii). La tesi segue dal teorema del confronto. tu

Esercizi

1 Sia λ ∈ R. Si dimostri che una successione f ha limite λ se e solo se per ogni ε > 0,esiste ν tale che per ogni n ≥ ν vale la disuguaglianza

|f(n) − λ| < ε.

Si formulino e si dimostrino caratterizzazioni analoghe nei casi in cui λ = −∞ oppureλ = ∞.

2 Si calcoli il limn→∞

n

n + 1.

7.2 Serie

7.2.1 Definizione. Sia f una successione. Sia sf la successione definita da

sf (n) = f(0) + . . . + f(n) ∀n ∈ N;

i numeri sf (n) sono detti somme parziali di f , la successione sf prende il nome di serieassociata a f ; f si chiama anche termine generale di sf .

Se limn→∞

sf (n) = S ∈ R, diciamo che la serie sf converge a S (o anche che∑

j

sf (n)

converge) e scriviamo∞∑

j=0

f(j) = S;

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Sezione 7.2 Serie 115

S si chiama somma della serie sf .

Se sf diverge a −∞ o a ∞, diciamo che la serie sf diverge e scriviamo

∞∑

j=0

f(j) = −∞ oppure

∞∑

j=0

f(j) = ∞.

In tutti gli altri casi diremo che la serie oscilla.

Piu precisamente, se sf oscilla ed e limitata, diremo che oscilla limitatamente; se sf

oscilla e non e limitata, diremo che oscilla illimitatamente.

• Scriveremo s anziche sf quando questo non dara luogo a equivoci.

• Osserviamo che se f e h sono due successioni diverse in un insieme finito di punti,sf e sh hanno il medesimo carattere, cioe convergono entrambe, oppure divergonoentrambe. Nel caso in cui sf e sh convergano, le somme delle serie sf e sh possonoessere fra loro diverse.

7.2.2 Esempi.

• La serie geometrica. Siano r ∈ R e consideriamo la successione s(N) =N∑

j=0

rj.

Valgono le proprieta seguenti:

(i) se r < −1, allora s oscilla illimitatamente;

(ii) se r = −1, allora s oscilla limitatamente;

(iii) se |r| < 1, allora

∞∑

j=0

rj =1

1 − r;

(iv) se r ≥ 1, allora∞∑

j=0

rj = ∞.

Osserviamo che se r = 1, allora

s(N) = N + 1 ∀N ∈ N;

percio limN→∞

s(N) = ∞ e una parte di (iv) e dimostrata.

In virtu dell’Esercizio 1, se r 6= 1, allora

s(N) =1 − rN+1

1 − r∀N ∈ N;

(i)-(iii) e la parte di (iv) che ancora non e stata dimostrata derivano dai fatti seguenti:

(i′) se r < −1, allora lim infN→∞

rN+1 = −∞ e lim supN→∞

rN+1 = ∞;

(ii′) se r = −1, allora lim infN→∞

rN+1 = −1 e lim supN→∞

rN+1 = 1;

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116 Capitolo 7. Successioni e serie

(iii′) se |r| < 1, allora limN→∞

rN+1 = 0;

(iv′) se r > 1, allora limN→∞

rN+1 = ∞.

• Serie telescopiche. Sia F una successione. La serie s, le cui somme parziali sono

s(N) =N∑

n=0

(F (n) − F (n + 1)

)∀N ∈ N,

si chiama serie telescopica associata a F .

Poiche

s(N)

=(F (0) − F (1)

)+

(F (1) − F (2)

)+ · · ·+

(F (N) − F (N + 1)

)

= F (0) − F (1) + F (1) − F (2) + · · · + F (N − 1) − F (N) + F (N) − F (N + 1)

= F (0) − F (N + 1),

s converge se e solo se F converge. In tal caso

∞∑

n=0

(F (n) − F (n + 1)

)= F (0) − lim

N→∞F (N + 1).

• Siano f e h due successioni e c ∈ R. Valgono le proprieta seguenti:

(i) se sf e sh sono convergenti, allora sf+h e convergente e

sf+h = sf + sh;

(ii) se sf e convergente, allora scf e convergente e

scf = c sf .

7.2.3 Condizione necessaria di convergenza. Sia f una successione. Se sf

converge, allora limN→∞

f(N) = 0.

Dimostrazione. Per ipotesi, S =def

limN→∞

sf (N) ∈ R. Osserviamo che

limN→∞

f(N) = limN→∞

sf (N) − limN→∞

sf (N − 1)

= S − S

= 0,

come richesto. tu

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Sezione 7.2 Serie 117

• La serie∑

j

j

j + 1non puo essere convergente.

Infatti, se lo fosse, in virtu della condizione necessaria precedente, la successione{ j

j + 1

}

dovrebbe essere infinitesima, mentre limj→∞

j

j + 1= 1.

• Notiamo che limN→∞

f(N) = 0 non implica la convergenza di∑

j

f(j).

Ad esempio, la successione{ 1

j + 1

}

e infinitesima, ma la serie∑

j

1

j + 1diverge.

Ragioniamo per assurdo. Se la serie∑

j

1

j + 1convergesse, per la Proposizione 7.3.2

l’integrale

∫ ∞

0

1

x + 1dx sarebbe convergente, mentre abbiamo dimostrato che esso e

divergente (vd. Esempi 6.6.2).

Esercizi

1 Sia r ∈ R \ {1}. Si dimostri che

N∑

j=0

rj =1 − rN+1

1 − r∀N ∈ N.

2 Si scriva∞∑

j=1

1

j2 + jcome serie telescopica, e se ne calcoli la somma.

3 Dopo aver dimostrato che convergono, si calcoli la somma delle seguenti serie:

∞∑

n=0

(1

3n + 5− 1

3n + 8

) ∞∑

n=2

8 · 52n−1

33n+1cos2

(

2

)

∞∑

n=1

(√

n(n + 1) −√

n(n − 1) − 1)

∞∑

n=2

23n−2

32n−1.

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118 Capitolo 7. Successioni e serie

7.3 Relazioni tra serie e integrali

In questa sezione descriviamo una relazione fondamentale tra integrali generalizzati e serie.

Come conseguenza, ricaveremo vari criteri che permettono di stabilire se∑

j

f(j) converge,

studiando il comportamento di f a ∞.

7.3.1 Teorema. Siano f una successione e S ∈ R. Le affermazioni seguenti sonoequivalenti:

(i)

∞∑

j=0

f(j) = S;

(ii)

∫ ∞

0

Φ(f) = S.

Dimostrazione. Sia x ∈ R+. Osserviamo che

∫ x

0

Φ(f) =

∫ bxc+1

0

Φ(f) −∫ bxc+1

x

Φ(f)

=

bxc∑

j=0

f(j) −∫ bxc+1

x

Φ(f),

e che ∣∣∣∣∣

∫ bxc+1

x

Φ(f)

∣∣∣∣∣≤

∫ bxc+1

x

|Φ(f)|

(Φ(f) = f(bxc) in [bxc, bxc + 1)) = |f(bxc)|∫ bxc+1

x

1

≤ |f(bxc)| .Se sf converge a S, allora lim

N→∞f(N) = 0 per la Condizione necessaria di convergenza 7.2.3,

e quindi limN→∞

|f(N)| = 0, e dalle relazioni precedenti ricaviamo che

∫ ∞

0

Φ(f) = limx→∞

∫ x

0

Φ(f)

= limx→∞

bxc∑

j=0

f(j) − limx→∞

∫ bxc+1

x

Φ(f)

=

∞∑

j=0

f(j).

L’equivalenza di (i) e (ii) e una conseguenza immediata di questa formula.

La dimostrazione del teorema e completa. tu

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Sezione 7.3 Relazioni tra serie e integrali 119

Il risultato appena dimostrato ha rilevanza teorica, ma non e particolarmente utilenella determinazione del carattere di una serie, perche non ci sono metodi semplici per

lo studio di integrali della forma

∫ ∞

0

Φ(f). Un risultato simile al precedente, molto utile

nelle applicazioni, e, invece, il seguente.

7.3.2 Proposizione. Siano f una successione non crescente e non negativa e g :[0,∞) → R una funzione non crescente che interpola f . Le affermazioni seguenti sonoequivalenti:

(i)∑

j

f(j) converge;

(ii)

∫ ∞

0

g converge.

Dimostrazione. Dimostriamo che (i) implica (ii). Per il Teorema 7.3.1,

∫ ∞

0

Φ(f) converge.

Poiche 0 ≤ g ≤ Φ(f), il Criterio del confronto 6.7.1 implica che

∫ ∞

0

g converge, come

richiesto.

Dimostriamo che (ii) implica (i). Indichiamo con τf la successione

(τf)(n) = f(n + 1) ∀n ∈ N.

E facile verificare che 0 ≤ Φ(τf) ≤ g. Dall’ipotesi

∫ ∞

0

g convergente e dal Criterio del

confronto 6.7.1 segue che

∫ ∞

0

Φ(τf) converge. Per il Teorema 7.3.1,∑

j

(τf)(j) converge.

E facile verificare che questo implica che∑

j

f(j) converge, come richiesto. tu

Area g Area< <- -

x10 32 4 5

7.3.3 Esempi.

• Serie armonica generalizzata. Sia α ∈ R. La serie

∞∑

n=1

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120 Capitolo 7. Successioni e serie

converge se e solo se α < −1. Questa serie si chiama serie armonica se α = −1, e seriearmonica generalizzata se α 6= −1.

E facile convincersi che∞∑

n=1

nα =∞∑

j=0

(j + 1)α.

Per la Proposizione 7.3.2, quest’ultima serie converge se e solo se converge l’integrale

∫ ∞

0

(x + 1)α dx,

il quale, a sua volta, converge se e solo se α < −1, come provato nel secondo degliEsempi 6.6.2.

• La serie∞∑

n=2

1

n log n

e divergente.

E facile verificare che

∞∑

n=2

1

n log n=

∞∑

j=0

1

(j + 2) log(j + 2).

Per la Proposizione 7.3.2, quest’ultima serie diverge se e solo se diverge l’integrale

∫ ∞

0

1

(x + 2) log(x + 2)dx.

Ora, per definizione di integrale generalizzato e per il teorema fondamentale del cal-colo,

∫ ∞

0

1

(x + 2) log(x + 2)dx = lim

b→∞

∫ b

0

1

(x + 2) log(x + 2)dx

= limb→∞

log log(x + 2)∣∣∣

b

0

= ∞,

come richiesto.

• La serie∞∑

n=2

1

n log2 n

e convergente.

Procedendo come nell’esempio precedente, si vede che la serie data converge se e solose converge l’integrale

∫ ∞

0

1

(x + 2) log2(x + 2)dx.

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Sezione 7.3 Relazioni tra serie e integrali 121

Ora, per definizione di integrale generalizzato e per il teorema fondamentale del cal-colo,

∫ ∞

0

1

(x + 2) log2(x + 2)dx = lim

b→∞

∫ b

0

1

(x + 2) log2(x + 2)

= − limb→∞

log−1(x + 2)∣∣∣

b

0

= log 2,

come richiesto.

Esercizi

1 Si dimostri, utilizzando l’Esercizio 4 della Sezione 6.7, che se∑

j

f(j) converge, allora

limN→∞

f(N) = 0.

2 Si dimostri che la successione

{

1 +1

2+ · · · + 1

n− log n

}

e positiva, crescente, e il suo limite, γ diciamo, e in (0, 1). La costante γ si chiama costante

di Eulero–Mascheroni. Quanto vale approssimativamente la somma dei primi ventimilatermini della serie armonica?

3 Se f e una successione, g interpola f ed e monotona in [n, n + 1] per ogni n ∈ N,diciamo che g e un’interpolante di f monotona a tratti.

Siano λ ∈ R∗, f una successione e g un’interpolante di f monotona a tratti. Si dimostriche se lim

n→∞f(n) = λ, allora lim

x→∞g(x) = λ.

4 Siano f una successione non negativa e g : [0,∞) → R un’interpolante monotona a

tratti di f . Si dimostri che se∑

j

f(j) converge, allora

∫ ∞

0

g converge.

5 Siano f una successione e g : [0,∞) → R la funzione definita da

g(x) =

∫ x+1

0

Φ(f).

Si dimostri che g e un interpolante monotona a tratti di sf .

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122 Capitolo 7. Successioni e serie

7.4 Criteri per serie a termini non negativi

Notiamo che se f e una successione non negativa, allora sf e una successione non negativae non decrescente, e, quindi, ammette limite appartenente a [0,∞). Altrimenti detto, laserie sf e convergente, o divergente a ∞. Se f e infinitesima, entrambi i casi sono possibili,e la convergenza o meno della serie dipende dalla rapidita con la quale f tende a 0. Icriteri che esamineremo in questa sezione forniscono condizioni sufficienti su f affinche sf

converga, o diverga a ∞.

Il primo criterio e l’analogo per le serie del Criterio del confronto 6.7.1.

7.4.1 Criterio del confronto. Siano f e g due successioni tali che 0 ≤ f ≤ g. Se sg

converge, allora sf converge; se 0 ≤ f ≤ g e sf diverge, allora sg diverge.

Dimostrazione. Dimostriamo che se sg converge, allora sf converge; la dimostrazione

dell’altra implicazione e simile. Poiche∑

j

g(j) converge,

∫ ∞

0

Φ(g) converge per il Teo-

rema 7.3.1. La relazione 0 ≤ f ≤ g implica che 0 ≤ Φ(f) ≤ Φ(g). Dal Criterio del

confronto per integrali deduciamo che

∫ ∞

0

Φ(f) converge. In virtu del Teorema 7.3.1, cio

implica che∑

j

f(j) converge, come richiesto. tu

L’idea dei due criteri seguenti e quella di confrontare la serie data con una seriegeometrica di ragione opportuna.

7.4.2 Criterio del rapporto. Sia f una successione non negativa tale che

r =def

limn→∞

f(n + 1)

f(n)∈ R.

Valgono le affermazioni seguenti:

(i) se r < 1, allora sf converge;

(ii) se r > 1, allora sf diverge.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). La dimostrazione di (ii) e analoga e la omettiamo. Dalladefinizione di limite segue che se r < t < 1, allora esiste ν tale che

f(n + 1)

f(n)≤ t ∀n ≥ ν.

Percio, se N > νf(N) ≤ f(ν) tN−ν .

Sia g la successione

{f(0), . . . , f(ν), f(ν) t, f(ν) t2, f(ν) t3, . . .}.

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Sezione 7.4 Criteri per serie a termini non negativi 123

Poiche la serie geometrica∑∞

j=0 tj converge, anche sg converge. La convergenza di sf

segue dal Criterio del confronto 7.4.1. tu• Siano f e g le due successioni

f(n) =1

n + 1e g(n) =

1

(n + 1)2.

Osserviamo che

limn→∞

f(n + 1)

f(n)= 1 = lim

n→∞

g(n + 1)

f(n).

Come gia dimostrato, sf diverge e sg converge.

• Se f e una successione non negativa tale che

lim supn→∞

f(n + 1)

f(n)< 1,

allora sf converge.

La dimostrazione e un semplice adattamento della dimostrazione precedente.

• Consideriamo la successione

f(n) =

{

2−n se n e parin−2 se n e dispari.

Osserviamo chef(n + 1)

f(n)=

{

(n + 1)−22n se n e parin22−n−1 se n e dispari.

Si verifica facilmente che

lim supn→∞

f(n + 1)

f(n)= ∞.

Tuttavia,f(n) ≤ 2(n + 1)−2 ∀n ∈ N.

Poiche

∞∑

n=0

2(n + 1)−2 converge, anche sf converge per il Criterio del confronto 7.4.1.

• Sia x ∈ R+. La serie∞∑

n=0

xn

n!

e convergente.

Osserviamo che

limn→∞

xn+1/(n + 1)!

xn/n!= lim

n→∞

x

n + 1

= 0.

La serie converge per il criterio del rapporto. Si puo dimostrare che∞∑

n=0

xn

n!= ex.

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124 Capitolo 7. Successioni e serie

7.4.3 Criterio della radice. Sia f una successione non negativa tale che

r =def

limn→∞

(f(n)

)1/n ∈ R.

Valgono le affermazioni seguenti:

(i) se r < 1, allora sf converge;

(ii) se r > 1, allora sf diverge.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). La dimostrazione di (ii) e analoga e la omettiamo. Dalladefinizione di limite segue che se r < t < 1, allora esiste ν tale che

(f(n)

)1/n ≤ t ∀n ≥ ν.

Percio, se N ≥ νf(n) ≤ tn.

Sia g la successione{f(0), . . . , f(ν), t, t2, t3, . . .}.

Poiche la serie geometrica∑∞

j=0 tj converge, anche sg converge. La convergenza di sf

segue dal Criterio del confronto 7.4.1. tu

• Siano f e g le due successioni

f(n) =1

n + 1e g(n) =

1

(n + 1)2.

Osserviamo chelim

n→∞

(f(n)

)1/n= 1 = lim

n→∞

(g(n)

)1/n.

Come gia dimostrato, sf diverge e sg converge.

• Sia f una successione non negativa e

k1 < k2 < k3 < . . .

una successione di interi tali che

(f(kj)

)1/kj ≥ 1.

Allora sf diverge.

Infatti, l’ipotesi implica che

f(kj) ≥ 1 ∀j ∈ N.

Perciolim sup

n→∞f(n) ≥ 1,

ed e violata la condizione necessaria di convergenza delle serie.

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Sezione 7.5 Criteri per serie con termini di segno non costante 125

Esercizi

1 Sia f una successione non negativa. Si dimostri che se sf converge, allora sf2 converge.Vale il viceversa?

2 Si studi la convergenza delle seguenti serie:∞∑

n=0

tan

(n

1 + n3

) ∞∑

n=1

en ln n−n2

∞∑

n=0

e−n2x∞∑

n=2

1

(lnn)ln n

7.5 Criteri per serie con termini di segno non costante

7.5.1 Definizione. Sia f una successione. La serie sf si dice assolutamenteconvergente se s|f | converge.

7.5.2 Proposizione. Sia f una successione. Se sf e assolutamente convergente,allora e convergente.

Dimostrazione. Poiche

∞∑

j=0

|f(j)| converge per ipotesi,

∫ ∞

0

Φ(|f |) converge in virtu del

Teorema 7.3.1. Osserviamo che∫ ∞

0

Φ(|f |) =

∫ ∞

0

|Φ(f)| .

Per la Proposizione 6.7.4 (ii),

∫ ∞

0

Φ(f) converge. Per il Teorema 7.3.1, possiamo conclu-

dere che

∞∑

j=0

f(j) converge, come richiesto. tu

7.5.3 Criterio di Leibnitz. Sia g una successione decrescente e infinitesima. Allora∞∑

j=0

(−1)jg(j) converge.

Dimostrazione. Poniamo f(j) = (−1)j . Per il Teorema 7.3.1, e sufficiente mostrare che

l’integrale

∫ ∞

0

Φ(f) Φ(g) converge. Questo segue dal Corollario 6.7.6 (con Φ(f) che gioca

il ruolo di f e Φ(g) che gioca il ruolo di g), come richiesto. tu• Questo criterio consente di produrre esempi di serie convergenti con termine generale

che tende a zero “molto lentamente”. Ad esempio le serie∞∑

j=0

(−1)j

log(2 + j)

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126 Capitolo 7. Successioni e serie

e convergente. Questo esempio mostra anche che una serie puo essere convergente,ma non assolutamente convergente. Infatti l’integrale

∫ ∞

0

1

log(2 + x)dx

e divergente, e quindi tale e anche la serie

∞∑

j=0

1

log(2 + j).

• Alla serie∞∑

j=0

sin j

j2.

non si puo applicare il Criterio di Leibnitz, perche sin j 6= (−1)j , come e facile verifi-care. Tuttavia

|sin j|j2

≤ 1

j2∀j ∈ N?;

percio la serie data converge assolutamente per il criterio del confronto.

• La serie∞∑

j=0

sin j

j

richiede un trattamento piu raffinato, che fa appello alla formula di sommazione perparti di Abel. Si veda, ad esempio [R, Teorema 3.42, p. 68].

• Sia f una successione tale che sf sia convergente, ma non assolutamente convergente.Allora sf− e sf+ divergono.

Infatti, se sf− e sf+ convergessero, allora s|f | convergerebbe, perche

s|f | = sf+ + sf− .

Similmente, se sf− divergesse e sf+ convergesse, oppure se sf− convergesse e sf+

divergesse, sf dovrebbe divergere, perche

sf = sf+ − sf− .

L’osservazione precedente mette in luce un importante aspetto delle serie non assolu-tamente convergenti; ne illustriamo ora una sua notevole conseguenza.

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Sezione 7.5 Criteri per serie con termini di segno non costante 127

7.5.4 Definizione. Sia f una successione. Si dice che la successione f ? e un riordi-namento di f se gli insiemi

{j ∈ N : f(j) = λ} e {k ∈ N : f?(k) = λ}sono in corrispondenza biunivoca per ogni λ ∈ R.

• La successione1

2, 1,

1

4,1

3,1

6,1

5, . . .

e un riordinamento della successione

1,1

2,1

3,1

4,1

5,1

6, . . . .

• La successione

1,1

2,1

3,1

4,1

5,1

6, . . .

non e un riordinamento della successione

1, 1,1

2,1

2,1

3,1

3,1

4,1

4,1

5,1

5,1

6,1

6, . . . .

7.5.5 Teorema di Riemann. Siano f una successione. Valgono le affermazioniseguenti:

(i) se s|f | converge e f? e un riordinamento di f , allora sf? converge e

limn→∞

sf (n) = limn→∞

sf?(n);

(ii) se sf converge, s|f | diverge, e λ ∈ R∗, allora esiste un riordinamento f? di f tale che

limn→∞

sf?(n) = λ.

Esercizi

1 Si studino le convergenze semplice ed assoluta delle seguenti serie:

∞∑

n=1

(−1)n

n(1 + ln n)1/3

∞∑

n=2

ln(

1 +(−1)n

n

)

.

2 Sia

f(n) =def

(−1)n

n2se n ∈ N3

1

n3 + lnnse n /∈ N3.

Si studi il carattere di sf .

3 Sia x ∈ R. Si studi la convergenza delle serie

∞∑

n=1

∫ 2/n

0

x sin(nx) dx

∞∑

n=1

∫ (n+1)π

x

x2 + 1sin(nx) dx.

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8 Formula di Taylor

8.1 Polinomi

In questa sezione stabiliremo alcune proprieta dei polinomi che suggeriranno gli svi-luppi della sezione seguente; p indichera il polinomio di grado n

p(x) =n∑

i=0

ai xi an 6= 0.

• Si verifica facilmente che ai =Dip(0)

i!.

8.1.1 Sviluppo di un polinomio in potenze di x − y. Sia y ∈ R. Vale la formula

p(x) =n∑

i=0

Dip(y)

i!(x − y)i.

Osserviamo che

p(x) =n∑

i=0

ai (x − y + y)i

(potenza di un binomio) =n∑

i=0

ai

i∑

j=0

(i

j

)

(x − y)j yi−j

(scambiando l’ordine delle sommatorie) =

n∑

j=0

(x − y)jn∑

i=j

(i

j

)

ai yi−j .

Per concludere la dimostrazione e sufficiente provare che

n∑

i=j

(i

j

)

ai yi−j =Djp(y)

j!.

Infatti, sviluppando il coefficiente binomiale, otteniamo che

n∑

i=j

(i

j

)

ai yi−j =1

j!

n∑

i=j

i(i − 1) · · · (i − j + 1) ai yi−j

=Djp(y)

j!,

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130 Capitolo 8. Formula di Taylor

come richiesto.

• Se il grado del polinomio e basso, per ottenere il suo sviluppo centrato in un puntodiverso da 0 e conveniente procedere come nel seguente esempio.

8.1.2 Esempio. Vogliamo sviluppare il polinomio

q(x) = x3 − 2x2 + 1

in potenze di x − 1.

Scriviamo

q(x) = (x − 1 + 1)3 − 2(x − 1 + 1)2 + 1

(potenza di un binomio) = (x − 1)3 + 3(x − 1)2 + 3(x − 1) + 1

− 2[(x − 1)2 + 2(x − 1) + 1

]

+ 1

(raggruppando i termini simili) = (x − 1)3 + (x − 1)2 − (x − 1),

che e lo sviluppo cercato.

8.1.3 Unicita. Siano y, b0, b1, . . . , bn ∈ R. Esiste un unico polinomio q di grado ntale che Diq(y) = i! bi, i = 0, 1, . . . , n.

In considerazione dello sviluppo di un polinomio in potenze di x − y visto sopra, ilpolinomio

x 7→n∑

i=0

bi (x − y)i

e l’unico che soddisfa le richieste.

Esercizi

1 Dati i numeri reali aij , i, j = 1, . . . , n, si dimostri che

n∑

i=1

i∑

j=1

aij =n∑

j=1

n∑

i=j

aij.

2 Sia y in R. Si dimostri che l’unico polinomio di grado n tale che Dip(y) = 0, i =0, 1, . . . , n e quello nullo.

3 Supponiamo che m e n siano due interi positivi e che m > n. Siano b0, b1, . . . , bn e ynumeri reali assegnati. Si dimostri che l’insieme dei polinomi q di grado al piu m tali cheDiq(y) = i! bi, i = 0, 1, . . . , n e uno spazio vettoriale di dimensione m − n.

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Sezione 8.2 Polinomio di Taylor 131

4 Siano y ∈ R, p un polinomio di grado n e k < n. Diciamo che p ha uno zero di ordinek in y se

p(y) = Dp(y) = . . . = Dk−1p(y) = 0 e Dkp(y) 6= 0.

Si dimostri che se p ha uno zero di ordine k in y, allora

p(x) = (x − y)k q(x),

dove q e un polinomio di grado n − k tale che q(y) 6= 0.

8.2 Polinomio di Taylor

8.2.1 Definizione. Siano I un intervallo aperto, y ∈ I e f : I → R una funzionederivabile n volte in y. Si chiama polinomio di Taylor di f di grado n centrato in yil polinomio

pn,y(x) =

n∑

i=0

Dif(y)

i!(x − y)i.

• Osserviamo che

p1,y(x) = f(y) + (x − y)Df(y);

z = p1,y(x) e l’equazione della retta tangente al grafico di f nel punto(y, f(y)

).

• Mostreremo che il polinomio di Taylor di grado n centrato in y e il polinomio di gradon che “meglio approssima” f in un intorno di y.

8.2.2 Proposizione. Siano I un intervallo aperto, y ∈ I, f : I → R una funzionederivabile n volte in y e pn,y il polinomio di Taylor di f di grado n centrato in y. Valgonole proprieta seguenti:

(i) pn,y e l’unico polinomio tale che Dkpn,y(y) = Dkf(y) per ogni k in {0, 1, . . . , n};(ii) per ogni k ∈ {0, 1, . . . , n}, Dkpn,y e il polinomio di Taylor di Dkf di grado n − k

centrato in y;

(iii) se f e un polinomio di grado n, allora pn,y = f .

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Si verifica facilmente che Dkpn,y(y) = Dkf(y) per ognik in {0, 1, . . . , n}. L’unicita segue da 8.1.3.

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132 Capitolo 8. Formula di Taylor

Dimostriamo (ii). Osserviamo che

Dkpn,y(x) =n∑

i=0

Dif(y)

i!Dk(x − y)i

=n∑

i=k

Dif(y)

(i − k)!(x − y)i−k

(ponendo i = j + k) =

n−k∑

j=0

Dk+jf(y)

j!(x − y)j,

=n−k∑

j=0

Dj(Dkf

)(y)

j!(x − y)j ,

che e il polinomio di Taylor di Dkf di grado n − k centrato in y, come richiesto.

Dimostriamo (iii). In virtu di 8.1.1, vale la formula

f(x) =n∑

i=0

Dif(y)

i!(x − y)i,

e quindi f coincide con pn,y, come richiesto. tu

Esercizi

1 Siano I un intervallo contenente 0 e f : I → R derivabile infinite volte in 0. Si calcoliil polinomio di Taylor di grado n, centrato in 0, di g(x) =

deff(x2

)in funzione dei polinomi

di Taylor, centrati in 0, di f .

2 Si calcolino i polinomi di Taylor di ogni grado, centrati in 0, della funzione

f(x) =def

{0 se x ≥ 0exp(−1/x) se x > 0.

Si deduca che esistono due funzioni distinte che hanno gli stessi polinomi di Taylor di ognigrado, centrati in 0.

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Sezione 8.3 Formula di Taylor 133

8.3 Formula di Taylor

Il teorema seguente contiene una delle formule piu importanti dell’Analisi Matematica.

8.3.1 Teorema (formula di Taylor). Siano n ∈ N, I un intervallo aperto, x, y ∈ I.Valgono le proprieta seguenti:

(i) (resto integrale) se f ∈ Cn+1(I), allora

f(x) − pn,y(x) =1

n!

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt;

(ii) (resto di Peano) se n ≥ 1, f ∈ Cn−1(I) ed e derivabile n volte in y, allora

f(x) − pn,y(x) = o((x − y)n

)per x → y;

(iii) (resto di Lagrange) se f ∈ Cn(I) ed e derivabile n + 1 volte nell’intervallo apertodi estremi x e y, allora esiste un punto ξ tra x e y tale che

f(x) − pn,y(x) =Dn+1f

(ξ)

(n + 1)!(x − y)n+1.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Supponiamo che y < x; la dimostrazione nel caso in cuiy > x e analoga. Osserviamo che, per il teorema fondamentale del calcolo,

f(x) − f(y) =

∫ x

y

Df

(per parti) = Df(y) (x− y) +

∫ x

y

(x − t) D2f(t) dt

(n − 1 volte per parti) = . . .

=n∑

i=1

Dif(y)

i!(x − y)i +

1

n!

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt,

come richiesto.

Dimostriamo (ii). Se n = 1, (ii) si riduce alla Proposizione 4.1.4 (i). Supponiamo chen > 1. Per (i) (con n − 2 al posto di n),

f(x) − pn−2,y(x) =1

(n − 2)!

∫ x

y

(x − t)n−2Dn−1f(t) dt.

Sostituendo Dn−1f(t) con

Dn−1f(t) − Dn−1f(y) − Dnf(y) (t− y) + Dn−1f(y) + Dnf(y) (t− y)

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134 Capitolo 8. Formula di Taylor

nella formula precedente, usando la linearita dell’integrale e il fatto che∫ x

y

(x − t)n−2 (t − y) dt =(x − y)n

n(n − 1),

si ottiene

f(x) − pn,y(x) =1

(n − 2)!

∫ x

y

(x − t)n−2[Dn−1f(t) − Dn−1f(y)− Dnf(y) (t− y)

]dt.

Per concludere la dimostrazione di (ii) e sufficiente provare che∫ x

y

(x − t)n−2[Dn−1f(t) − Dn−1f(y)− Dnf(y) (t− y)

]dt = o

((x − y)n

).

Poniamo

g(t) =def

Dn−1f(t) − Dn−1f(y) − Dnf(y) (t− y)

t − y.

Per la Proposizione 4.1.4, applicata a Dn−1f , abbiamo che limt→y+

g(t) = 0. Percio

∣∣∣∣

∫ x

y

(x − t)n−2[Dn−1f(t) − Dn−1f(y)− Dnf(y) (t− y)

]dt

∣∣∣∣

≤∫ x

y

(x − t)n−2 (t − y) |g(t)| dt

≤ y|g|(x)

∫ x

y

(x − t)n−2 (t − y) dt

= y|g|(x)(x − y)n

n(n − 1),

che e o((x−y)n

), perche y|g|(x) tende a zero per x tendente a y da destra. Questo conclude

la dimostrazione di (ii).

Dimostriamo (iii). Se n = 0, la formula da dimostrare si riduce al teorema del valormedio. Possiamo, percio, supporre n ≥ 1. Supponiamo che y < x; il caso y > x si trattain modo analogo. Per (i) (con n − 1 al posto di n)

f(x) − pn−1,y(x) =1

(n − 1)!

∫ x

y

(x − t)n−1Dnf(t) dt.

Sostituendo Dn−1f(t) con Dnf(t) − Dnf(y) + Dnf(y) nella formula precedente, e usandola linearita dell’integrale, si ottiene

f(x) − pn−1,y(x)

=1

(n − 1)!

∫ x

y

(x − t)n−1[Dnf(t) − Dnf(y)

]dt +

Dnf(y)

(n − 1)!

∫ x

y

(x − t)n−1 dt

=1

(n − 1)!

∫ x

y

(x − t)n−1[Dnf(t) − Dnf(y)

]dt +

Dnf(y)

n!(x − y)n.

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Sezione 8.3 Formula di Taylor 135

Per concludere la dimostrazione di (iii) e sufficiente provare che esiste ξ ∈ (y, x) tale che

n(n + 1)

(x − y)n+1

∫ x

y

(x − t)n−1[Dnf(t) − Dnf(y)

]dt = Dn+1f(ξ).

Indichiamo con A il primo membro dell’uguaglianza precedente. Affermiamo che

inft∈(y,x)

Ry

(Dnf

)(t) ≤ A ≤ sup

t∈(y,x)

Ry

(Dnf

)(t).

Dimostriamo la disuguaglianza di destra; quella di sinistra si dimostra in modo analogo.Poiche la funzione t 7→ (x − t)n−1

[Dnf(t) − Dnf(y)

]e continua in y, la funzione

w 7→∫ x

w

(x − t)n−1[Dnf(t) − Dnf(y)

]dt

e derivabile in y, ergo continua. Percio

A =n(n + 1)

(x − y)n+1lim

w→y+

∫ x

w

(x − t)n−1[Dnf(t) − Dnf(y)

]dt

≤ n(n + 1)

(x − y)n+1lim

w→y+sup

t∈[w,x)

Ry

(Dnf

)(t) lim

w→y+

∫ x

w

(x − t)n−1 (t − y) dt

= supt∈(y,x)

Ry

(Dnf

)(t),

come richiesto.

Osserviamo che se A coincide con l’estremo inferiore o con l’estremo superiore diRy

(Dnf

)in (y, x), allora Dnf(t) = Dnf(y)+A(t− y). In tal caso, Dn+1f(t) = A per ogni

t ∈ (y, x) e il teorema e dimostrato.

Possiamo, percio, assumere che

inft∈(y,x)

Ry

(Dnf

)(t) < A < sup

t∈(y,x)

Ry

(Dnf

)(t).

Poiche Ry

(Dnf

)e continua in (y, x), essa assume tutti i valori strettamente compresi tra

il suo estremo inferiore e il suo estremo superiore. Quindi, esiste η ∈ (y, x) tale che

Ry

(Dnf

)(η) = A.

Per il teorema del valor medio applicato alla funzione Dnf nell’intervallo [y, η], esiste unpunto ξ in (y, η) tale che

Ry

(Dnf

)(η) = Dn+1f(ξ).

Questo conclude la dimostrazione di (iii) e del teorema. tu

• La dimostrazioni di (ii) e (iii) del teorema precedente si semplificano di molto se siassume che f ∈ Cn+1(I).

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136 Capitolo 8. Formula di Taylor

In virtu della formula di Taylor con resto integrale, per dimostrare (ii) e sufficientemostrare che ∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt = o((x − y)n

)

per x tendente a y. Ma questo e semplice, perche, supponendo ad esempio che y < x,

∣∣∣∣

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt

∣∣∣∣≤ max

t∈[y,x]

∣∣Dn+1f(t)

∣∣

∫ x

y

(x − t)n dt

= maxt∈[y,x]

∣∣Dn+1f(t)

∣∣

(x − y)n+1

n + 1,

che e o((x − y)n

)per x tendente a y.

In maniera simile, per dimostrare (iii) e sufficiente mostrare che esiste ξ compreso trax e y tale che

n + 1

(x − y)n+1

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt = Dn+1f(ξ).

Supponiamo, ad esempio, che y < x. Osserviamo che

n + 1

(x − y)n+1

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt ≤ maxt∈[y,x]

∣∣Dn+1f(t)

∣∣

n + 1

(x − y)n+1

∫ x

y

(x − t)n dt

= maxt∈[y,x]

∣∣Dn+1f(t)

∣∣ ;

Similmente, si puo dimostrare che

maxt∈[y,x]

∣∣Dn+1f(t)

∣∣ ≤ n + 1

(x − y)n+1

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt.

Poiche Dn+1f ∈ C([x, y]), per il teorema fondamentale delle funzioni continue su unintervallo essa assume tutti i valori compresi tra il suo minimo e il suo massimo; inparticolare, essa assume il valore

n + 1

(x − y)n+1

∫ x

y

(x − t)nDn+1f(t) dt,

come richiesto.

• Siano n un intero positivo, e supponiamo che f : [a, b) → R ammetta derivata destran-esima in a. Allora

f(x) − pn,a(x) = o((x − a)n

)per x → a+.

Similmente, se f : (a, b] → R ammette derivata sinistra n-esima in b, allora

f(x) − pn,b(x) = o((x − b)n

)per x → b−.

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Sezione 8.3 Formula di Taylor 137

Considerazioni analoghe valgono per la formula di Lagrange.

• Le formule di Peano e Lagrange date nel Teorema 8.3.1 sono di natura diversa.

Dalla formula di Peano si deduce che, data una costante positiva M , esiste un intervalloJ , la cui ampiezza dipende da M , ma e difficile da determinare, tale che

|f(x) − pn,y(x)| ≤ M |x − y|n ∀x ∈ J.

Questa informazione non e utile se si desidera stimare la differenza |f(x) − pn,y(x)| inun intervallo fissato contenente y.

Dalla formula di Lagrange segue, invece, che esiste una costante M tale che

|f(x) − pn,y(x)| ≤ M |x − y|n+1 ∀x ∈ I.

La minima costante M per cui la disuguaglianza precedente vale e, pero, difficile dadeterminare, perche dipende da ξ.

• La formula di Lagrange e molto utile qualora siamo in possesso di informazioni ulterioricirca Dn+1f in I. Ad esempio, supponiamo che

supx∈I

∣∣Dn+1f(x)

∣∣ < ∞.

Indicato con M questo estremo superiore, dalla formula di Lagrange ricaviamo che

|f(x) − pn,y(x)| ≤ M

(n + 1)!|x − y|n+1 ∀x ∈ I.

In particolare, se I e limitato, abbiamo la stima

supx∈I

|f(x) − pn,y(x)| ≤ M

(n + 1)!d(y, Ic

)n+1,

dove Ic indica il complementare di I in R.

• Come applicazione dell’ultima formula del punto precedente, determiniamo un poli-nomio q tale che

supx∈[0,1]

|ex − q(x)| ≤ 10−2.

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138 Capitolo 8. Formula di Taylor

Il polinomio di Taylor di x 7→ ex di grado n centrato in 0 e pn,0(x) =∑n

i=0 xi/(i!). Inoltre,Dn+1ex = ex e

supx∈[0,1]

ex = e.

Percio

supx∈I

|ex − pn,0(x)| ≤ e

(n + 1)!.

Affinche e/(n + 1)! ≤ 10−2, deve essere n ≥ 5, come e facile verificare.

Possiamo abbassare il grado del polinomio q cercato, considerando polinomi di Taylorcentrati in 1/2. Dalle considerazioni svolte sopra, possiamo concludere che

supx∈I

∣∣ex − pn,1/2(x)

∣∣ ≤ e

(n + 1)!

(1

2

)n+1

.

Affinchee

(n + 1)!

(1

2

)n+1

≤ 10−2, ora basta che n ≥ 3.

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Sezione 8.3 Formula di Taylor 139

Esercizi

1 Siano n un intero positivo, I un intervallo aperto e g ∈ Cn+1(I). Per l’Esercizio 8,Sezione 8.3, se Dn+1g e identicamente nulla, allora g e un polinomio di grado, al piu, n.Si applichi questa proprieta alla funzione

f(x) − 1

n!

∫ x

y

(x − t)n Dn+1f(t) dt,

e si dia una dimostrazione alternativa della formula di Taylor con resto integrale.

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140 Capitolo 8. Formula di Taylor

2 Si dimostrino i seguenti sviluppi centrati in 0 con resto di Peano:

ex = 1 + x +x2

2!+ . . . +

xn

n!+ o

(xn

)

sin x = x − x3

3!+ . . . + (−1)n x2n+1

(2n + 1)!+ o

(x2n+1

)

cos x = 1 − x2 + . . . + (−1)n x2n

(2n)!+ o

(x2n

).

3 Si dimostrino i seguenti sviluppi centrati in 0 con resto di Peano:

1

1 − x= 1 + x + x2 + . . . + xn + o

(xn

)

1

1 + x= 1 − x + x2 + . . . + (−1)nxn + o

(xn

)

1

1 − x2= 1 + x2 + x4 + . . . + x2n + o

(x2n

)

1

1 + x2= 1 − x2 + x4 + . . . + (−1)nx2n + o

(x2n

)

ln(1 − x) = −x − x2

2− . . . − xn

n+ o

(xn

)

ln(1 + x) = x − x2

2+ . . . + (−1)n−1 xn

n+ o

(xn

)

1

2ln

1 + x

1 − x= x +

x3

3+ . . . +

x2n+1

2n + 1+ o

(x2n+1

)

arctanx = x − x3

3+ . . . + (−1)n−1 x2n+1

2n + 1+ o

(x2n+1

).

4 Poniamo (2k−1)!! =def

1 ·3 ·5 · · · (2k−1) e (2k)!! =def

2 ·4 ·6 · · · (2k), con la convenzione

(−1)!! = 0!! = 1. Si dimostrino i seguenti sviluppi centrati in 0 con resto di Peano:

(1 + x)α = 1 +

1

)

x +

2

)

x2 + . . . +

n

)

xn + o(xn

)

1√1 + x

= 1 − 1

2x +

3

8x2 − . . . + (−1)n (2n − 1)!!

(2n)!!xn + o

(xn

)

1√1 − x

= 1 +1

2x +

3

8x2 + . . . +

(2n − 1)!!

(2n)!!xn + o

(xn

)

1√1 − x2

= 1 +1

2x2 +

3

8x4 + . . . +

(2n − 1)!!

(2n)!!x2n + o

(x2n+1

)

arcsin x = x +1

2x3 +

3

8x5 + . . . +

(2n − 1)!!

(2n)!!x2n+1 + o

(x2n+2

).

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Sezione 8.4 Studio del comportamento locale di una funzione. II 141

5 Sia f ∈ Cn([a, b)

). Si consideri la funzione f ] : (−∞, b) → R, definita da

f ](x) =def

n∑

i=0

Di+f(a)

i!(x − a)i se x < a

f(x) se x ≥ a.

Si dimostri che f ] ∈ Cn((−∞, b)

).

6 Supponiamo che −∞ < a < b ≤ ∞, che f : [a, b) → R sia derivabile in (a, b) e continuain a. Se lim

x→a+f ′(x) = λ ∈ R, allora f e derivabile in a da destra, e

f ′+(a) = λ.

7 Si determinino tutte le funzioni f : R → R tali che D2f(x) = x.

8 Sia I un intervallo. Supponiamo che f ∈ Cn+1(I) e che Dn+1f = 0 in I. Si dimostriche f e un polinomio di grado, al piu, n.

9 Esistono funzioni in C2(R) limitate con derivata seconda positiva?

10 Siano I un intervallo e y, z ∈ I. Supponiamo che f ∈ C2(I), e che y e z siano puntidi estremo per f . Si dimostri che D2f ha almeno uno zero in I.

8.4 Studio del comportamento locale di una funzione. II

8.4.1 Definizione. Siano I un intervallo aperto, y ∈ I e f : I → R. Se f e derivabilein y, diciamo che y e un punto di flesso ascendente (risp. discendente) se esiste unintervallo aperto J contenente y e contenuto in I tale che

(x − y)(f(x) − p1,y(x)

)≥ 0 (risp. ≤ 0)) ∀x ∈ J.

8.4.2 Proposizione. Siano n un intero positivo, I un intervallo aperto, y un elementodi I e f : I → R. Valgono le proprieta seguenti:

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142 Capitolo 8. Formula di Taylor

(i) se f e due volte derivabile in y e D2f(y) > 0, allora esiste un intervallo aperto Jcontenente y tale che

f(x) ≥ f(y) + (x − y) f ′(y) ∀x ∈ J ;

(ii) se f e derivabile n volte in y, f(y) = (Df)(y) = . . . = (Dn−1f)(y) = 0 e (Dnf)(y) 6= 0,allora esiste un intervallo aperto J ⊆ I in cui x 7→ (x− y)n

(f(x)− f(y)

)ha lo stesso

segno di Dnf(y);

(iii) se n e pari, f e derivabile n volte in y, Df(y) = . . . = Dn−1f(y) = 0 e Dnf(y) 6= 0,allora y e un estremante per f ; piu precisamente, y e un punto di minimo se Dnf(y) > 0ed e un punto di massimo se Dnf(y) < 0;

(iv) se n e dispari, f e derivabile n volte in y, Df(y) = . . . = Dn−1f(y) = 0 e Dnf(y) 6= 0,allora y e un punto di flesso per f ; piu precisamente, y e un punto di flesso ascendentese Dnf(y) > 0 ed e un punto di flesso discendente se Dnf(y) < 0.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Per la formula di Peano possiamo scrivere

f(x) − f(y) − f ′(y) (x− y) =f ′′(y)

2(x − y)2 + o

((x − y)2

)

= (x − y)2[f ′′(y)

2+ r(x − y)

]

,

dove r(x − y) tende a 0 per x tendente a y. Poiche f ′′(y) > 0, esiste un intervallo apertoJ contenuto in I tale che

|r(x − y)| ≤ f ′′(y)

4.

Ne deduciamo che

f ′′(y)

4≤ f ′′(y) + r(x − y) ≤ 5f ′′(y)

4∀x ∈ J ;

conseguentemente

f ′′(y)

4(x − y)2 ≤ f(x) − f(y) − f ′(y) (x− y) ≤ 5D2f ′′(y)

4(x − y)2 ∀x ∈ J,

che implica la tesi.

Dimostriamo (ii). Per la formula di Peano possiamo scrivere

f(x) − f(y) =Dnf(y)

n!(x − y)n + o

((x − y)n

)

=(x − y)n

n!

[Dnf(y) + r(x − y)

],

dove r(x− y) tende a 0 per x tendente a y. Poiche Dnf(y) 6= 0, esiste un intervallo apertoJ contenuto in I tale che

|r(x − y)| ≤∣∣∣∣

Dnf(y)

2

∣∣∣∣.

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Sezione 8.4 Studio del comportamento locale di una funzione. II 143

Ne deduciamo che

Dnf(y)

2≤ Dnf(y) + r(x − y) ≤ 3Dnf(y)

2∀x ∈ J

se Dnf(y) > 0 e che

3Dnf(y)

2≤ Dnf(y) + r(x − y) ≤ Dnf(y)

2∀x ∈ J

se Dnf(y) < 0; conseguentemente

Dnf(y)

2n!(x − y)n ≤ f(x) − f(y) ≤ 3Dnf(y)

2n!(x − y)n ∀x ∈ J,

se Dnf(y) > 0 e

3Dnf(y)

2n!(x − y)n ≤ f(x) − f(y) ≤ Dnf(y)

2n!(x − y)n ∀x ∈ J.

Possiamo concludere che quindi (x − y)n(f(x) − f(y)

)ha lo stesso segno di Dnf(y) per

ogni x in J , come richiesto.

Da (ii) segue che se n e pari, allora f(x)−f(y) ha lo stesso segno di Dnf(y) per ogni xin J , e quindi che y e un punto di minimo o di massimo a seconda che Dnf(y) sia positivao negativa, provando cosı (iii).

La dimostrazione di (iv) e analoga e la omettiamo. tuLa formula di Taylor con resto di Peano e utile per risolvere alcune forme di indecisionenel calcolo dei limiti.

8.4.3 Esempio. Calcoliamo il

limx→0+

sin x − x

xα,

dove α e un parametro reale.

Se α ≤ 0, il limite precedente vale 0. Supponiamo α > 0. Abbiamo una formaindeterminata 0/0. Se 0 < α ≤ 1 possiamo scrivere

sin x − x

xα=

(sin x)/x − 1

xα−1,

che, tenuto conto del limite notevole limx→0+

sin x

x= 1 (vd. Esercizio 1 della Sezione 2.4),

tende a 0 per x tendente a 0 da destra.

Supponiamo ora che α > 1. Per la formula di Peano

sin x = x − x3

6+ o

(x3

);

il limite dato e quindi equivalente al

limx→0+

x − (x3/6) + o(x3

)− x

xα.

Semplificando il numeratore, si vede facilmente che questo limite vale 0 se α < 3, vale 1/6se α = 3 e vale ∞ se α > 3.

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144 Capitolo 8. Formula di Taylor

Esercizi

1 Siano I un intervallo e f : I → R non decrescente in ogni punto di I. Si dimostri chef e non decrescente in I. Si concluda che se f e derivabile in I e f ′ > 0 in I, allora f ecrescente in I.

2 Si consideri la funzione

f(x) =def

{0 se x = 0(x/2) + x2 sin(1/x) se x 6= 0.

Si dimostri che f e crescente in 0, ma non e crescente in alcun intervallo contenente 0.

3 Si consideri la funzione

f(x) =def

{0 se x = 0e−1/x2

sin(1/x) se x 6= 0.

Si dimostri che f ∈ C∞(R), che tutte le sue derivate in 0 sono nulle, ma che 0 non e unestremo per f .

8.5 Funzioni convesse

• Dati x e y nel piano, indichiamo con [x,y] il segmento (estremi inclusi) che li con-giunge.

8.5.1 Definizione. Sia E un sottoinsieme di R2. Diciamo che E e convesso se perogni x e y in E, il segmento [x,y] e contenuto in E.

• Un cerchio e un insieme convesso.

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Sezione 8.5 Funzioni convesse 145

8.5.2 Definizione. Siano I un intervallo e f : I → R. Diciamo che f e convessain I se

Ef =def

{(x, y) ∈ R2 : x ∈ I, y > f(x)}

e un sottoinsieme convesso di R2. L’insieme Ef si chiama epigrafico di f .

• Una funzione si dice concava in I se −f e convessa in I.

8.5.3 Lemma (geometrico). Consideriamo un rettangolo non degenere ABCD nelpiano. Siano P un punto interno al rettangolo e H, K, L e M i piedi delle perpendicolaritracciate da P ai lati AB, BC, CD e DA, rispettivamente. Allora

Area (MPLD) > Area (HBKP ) ⇐⇒ P e interno al triangolo ABC.

Dimostrazione. Supponiamo che P sia interno al triangolo ABC. Siano P ′ l’intersezionedei segmenti AC e MK e H ′, L′ i piedi delle perpendicolari da P ai lati AB e CD.

Affermiamo che Area (MP ′L′D) = Area (H ′BKP ′).

Infatti, i triangoli ABC e ACD sono congruenti tra loro, e tali sono anche i triangoliAH ′P ′ e AP ′M e i triangoli P ′KC e P ′CL′. L’affermazione segue per differenza.

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146 Capitolo 8. Formula di Taylor

Ora, poiche il rettangolo MPLD contiene il rettangolo MP ′L′D,

Area (MPLD) > Area (MP ′L′D)

= Area (H ′BKP ′)

(il rettangolo H ′BKP ′ contiene il rettangolo HBKP ) > Area (HBKP )

come richiesto.

Il viceversa si dimostra utilizzando considerazioni simili. tu

8.5.4 Teorema (fondamentale sulle funzioni convesse). Supponiamo che I siaun intervallo e che f : I → R. Allora f e convessa in I se e solo se per ogni y ∈ I lafunzione Ryf e non decrescente in I \ {y}.

Dimostrazione. Supponiamo che f sia convessa in I. Siano x < y < z tre punti di I.Vogliamo mostrare che

f(y)− f(x)

y − x≤ f(z) − f(x)

z − x.

Se f(y) ≤ min(f(x), f(z)

), il primo membro della disuguaglianza precedente e ≤ 0, mentre

il secondo e ≥ 0, cosicche la disuguaglianza e ovvia. Rimangono due casi possibili: of(x) ≤ f(y) ≤ f(z), oppure f(x) ≥ f(y) ≥ f(z). Consideriamo il primo: il secondo sitratta in modo analogo. La disuguaglianza da dimostrare e equivalente alla seguente:

f(y)(z − x) − f(z)(y − x) − f(x)(z − y) ≤ 0,

che e equivalente alla seguente disuguaglianza tra aree della figura qui sotto:

Area (XZKM) − Area (XY LD) − Area (Y ZBH) ≤ 0.

Ora, osserviamo che

Area (XZKM)− Area (XY LD) − Area (Y ZBH) = −Area (MPLD) − Area (HBKP )

(per il lemma geometrico) < 0,

da cui la tesi.

Viceversa, supponiamo che per ogni y ∈ I la funzione Ryf sia non decrescente inI \ {y}.

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Sezione 8.5 Funzioni convesse 147

Siano x < z e y ∈ (x, z). Per ipotesi, il coefficiente angolare del segmento che unisce(x, f(x)) e (z, f(z)) e minore o uguale del coefficiente angolare del segmento che unisce(x, f(x)) e (y, f(y)), e quindi (y, f(y)) sta sotto il segmento che unisce (x, f(x)) e (z, f(z)).Se ne deduce che f e convessa, come richiesto. tu8.5.5 Corollario. Supponiamo che I sia un intervallo aperto e che f : I → R siaconvessa. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) per ogni y ∈ I, esistono f ′−(y) e f ′

+(y). Le funzioni f ′− e f ′

+ sono non decrescenti el’insieme dei punti in cui f ′

− 6= f ′+ e al piu numerabile;

(ii) f e continua in I.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Sia y ∈ I. Per il Teorema 8.5.4, la funzione Ryf e nondecrescente in I \ {y}. Quindi, esistono finiti

limx→y−

Ryf(x) e limx→y+

Ryf(x),

cioe esistono f ′−(y) e f ′

+(y), come richiesto.

Osserviamo che se x < y sono due punti distinti di I in cui f non e derivabile, si hache

f ′−(x) < f ′

+(x) ≤ f ′−(y) < f ′

+(y),

e quindi gli intervalli(f ′−(x), f ′

+(x))

e(f ′−(y), f ′

+(y))

sono disgiunti. Ad ogni punto y in

I tale che f ′−(y) 6= f ′

+(y), associamo un razionale in(f ′−(y), f ′

+(y)). Per l’osservazione

appena fatta, a punti distinti di I vengono associati razionali distinti. Poiche Q e numer-abile, si deduce che i punti in cui f e non derivabile sono, al piu, un’infinita numerabile,come richiesto.

Dimostriamo (ii). Per (i), f e derivabile da destra e da sinistra in ogni punto di I.Per la Proposizione 4.1.4 (ii), f e continua da destra e da sinistra, ergo continua, in ognipunto di I, come richiesto. tu8.5.6 Teorema (convessita e derivabilita). Supponiamo che I sia un intervalloaperto e che f : I → R sia derivabile. Valgono le affermazioni seguenti:

(i) f e convessa se e solo se Df e non decrescente in I;

(ii) f e convessa se e solo se per ogni y ∈ I vale la disuguaglianza f ≥ p1,y;

(iii) se f e derivabile due volte, allora f e convessa se e solo se D2f ≥ 0 in I.

Dimostrazione. Dimostriamo (i). Supponiamo che f sia convessa. Allora D+f e non de-crescente per il Teorema 8.5.5 (i); siccome Df = D+f , perche f e derivabile, ne deduciamoche Df e non decrescente in I.

Viceversa, supponiamo che Df sia non decrescente. Osserviamo che

D(Ryf)(x) =Df(x) (x − y) −

(f(x) − f(y)

)

(x − y)2

=1

(x − y)

[Df(x) − Ryf(x)

].

(per il teorema del valor medio) =1

(x − y)

[Df(x) − Df(ξ)

],

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148 Capitolo 8. Formula di Taylor

dove ξ e compreso tra x e y. Poiche Df e non decrescente per ipotesi, Df(x)−Df(ξ) ha lostesso segno di x− y; quindi D(Ryf) > 0, ergo Ryf e non decrescente a sinistra e a destradi y. Inoltre, osserviamo che se x < y < z, allora Ryf(x) ≤ Df(y) ≤ Ryf(z).

Dimostriamo la disuguaglianza di sinistra; quella di destra si prova in modo analogo.Abbiamo appena dimostrato che se x < w < y, allora

Ryf(x) ≤ Ryf(w);

facendo tendere w a y da sinistra, si ottiene Ryf(x) ≤ Df(y), come richiesto.

Percio possiamo affermare che Ryf e non decrescente in I \ {y}. Conseguentemente,f e convessa in virtu del Teorema 8.5.4.

Dimostriamo (ii). Siano y, w e z in I tali che y < w < z. Se f e convessa, per ilTeorema 8.5.4 vale la disuguaglianza

Ryf(w) ≤ Ryf(z),

da cui, facendo tendere w a y da destra, si ottiene, in virtu dell’ipotesi di derivabilita di f ,

Df(y) ≤ Ryf(z),

equivalentemente, f(z) ≥ p1,y(z) per ogni z > y. Un ragionamento analogo mostra che lamedesima disuguaglianza e valida anche per z < y, dimostrando cosı una parte di (ii).

Viceversa, siano x, y in I tali che x < y. Per ipotesi, valgono le relazioni f ≥ p1,y ef ≥ p1,x, da cui, in particolare,

f(x) ≥ f(y) + Df(y)(x − y) e f(y) ≥ f(x) + Df(x)(y − x).

Sommando membro a membro queste disuguaglianze, si ottiene che

0 ≥(Df(y)− Df(x)

)(x − y),

che implica Df(x) ≤ Df(y), cioe che Df e non decrescente. Per (i), f e convessa, conclu-dendo la dimostrazione di (ii).

Infine, (iii) segue facilmente da (ii), completando cosı la dimostrazione del teorema.tu

• Studiamo le soluzioni dell’equazione ex − ax = 0, dove a e un parametro reale.

Poniamo φa(x) =def

ex − ax. Osserviamo che φa ∈ C∞(R).

Se a < 0, allora φa e crescente, tende a −∞ a −∞ e a ∞ a ∞. Per la proprieta deglizeri, φa ha uno zero, che e unico.

Se a = 0, e noto che φa non ha zeri.

Sia ora a > 0. Osserviamo che φa tende a ∞ sia a −∞ sia a ∞. Notiamo cheφ′

a(x) = ex−a, che si annulla solo in ln a, che e un punto di minimo per φa. Il minimodi φa e percio φa(ln a), che vale a(1 − ln a). Tale valore e positivo se e solo se a < e.

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Sezione 8.5 Funzioni convesse 149

In tal caso φa non ha zeri. Se a = e, allora 1 e uno zero; non ce ne possono esserealtri, perche φa e decrescente in (−∞, 1) e crescente in (1,∞). Infine, se a > e, alloraφa(ln a) < 0, e, dal teorema degli zeri applicato separatamente agli intervalli (−∞, 1)e (1,∞), si deduce che φa ha almeno due zeri. Poiche φ′′

a > 0, φa e convessa, e quindinon ci possono essere altri zeri (vd. Esercizio 2).

Esercizi

1 Si dimostri che se f e convessa in R e Df(y) = 0, allora y e un punto di minimoassoluto per f .

2 Siano f strettamente convessa e g concava in R. Si dimostri che l’equazione f(x) = g(x)ha, al piu, due soluzioni. Si diano esempi in cui l’equazione precedente non ha soluzioni,oppure ne ha una sola.

3 Si dimostri che una funzione strettamente convessa in R non puo essere limitata.

4 Si determini, al variare del parametro reale λ, il numero delle soluzioni dell’equazioneln x = λx.

5 Supponiamo che f : (0, 1) → R sia convessa, derivabile e che limx→0+

f(x) = ∞. Si

dimostri che limx→0+

f ′(x) = ∞.

6 Si dimostrino le seguenti disuguaglianze negli insiemi a fianco indicati:

ex ≥ 1 + x R, ln x ≤ x − 1 R+,|sin x| ≤ |x| R, |arctanx| ≤ |x| R.

7 Sia f : [0,∞) → R tale che f ′(0) = 0 e che limx→∞

f(x) = a ∈ R. Si dimostri che f ha

almeno un flesso.

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Bibliografia

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[R] W. Rudin, Principi di Analisi Matematica, McGraw–Hill Libri Italia Ed., 1991.