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587 TECNICHE COSTRUTTIVE E ANALISI DELLE MURATURE NEL CASTELLO DI MIRANDUOLO (CHIUSDINO, SI) di MARIE-ANGE CAUSARANO Tra il 2002 ed il 2005 nel sito del castello di Miranduolo (Chiusdino, SI) sono state condotte, parallelamente alle campagne di scavo, indagini di lettura degli elevati al fine di ampliare la ricerca sulle emergenze monumentali di epoca medievale presenti nel territorio di Chiusdino (SI). L’indagine rientra nelle attività di ricerca che l’Area di Archeologia Medievale dell’Università degli Studi di Siena svolge da anni sulle dinamiche insediative nel territorio della Val di Merse, iniziata con lo scavo del castello di Montarrenti (FRANCOVICH, MILANESE 1990), proseguita poi con sondaggi e analisi di superficie negli spazi circostanti l’abbazia di San Galgano (CUCINI, PAOLUCCI 1985), ricognizioni di superficie condotte su tutto il territorio comunale di Chiusdino (NARDINI, 1994-1995; NARDINI 1999; NARDINI 2001) e culminata, nel 2001, con l’apertura di un nuovo cantiere di scavo (Fig. 1) nel sito di Miranduolo, in località Costa Castagnoli (NARDINI, VALENTI 2003; NARDINI, VALENTI 2005). Il territorio di Chiusdino, geologicamente non omogeneo, è in linea di massima caratterizzato nella porzione settentrio- nale, zona delle ultimi propaggini della Montagnola Senese, dalla presenza di litologie riconducibili a formazioni calcaree (verrucano e calcari cavernosi); la parte centrale del territorio, caratterizzata dalla piana alluvionale del Feccia, è occupata da depositi alluvionali associati a depositi travertinosi. La parte Sud-Ovest infine, interessata dal sistema di rilievi collinari che costituiscono la base delle Colline Metallifere, presenta formazioni carbonatico-argillose-silicee e rocce calcareo-conglomeratiche. Il castello di Miranduolo, proprietà dei Gherardeschi, era articolato in un’area sommitale situata nella parte orientale della collina, con estensione di circa 750 m² e delimitata da due profondi fossati scavati nella roccia, e un’area destinata ad edifici, posta nella parte occidentale del poggio (NARDINI, VALENTI 2003, pp. 490, 493). L’ANALISI DELLE MURATURE L’indagine, messa in atto con una pratica che oscilla tra ricerche di tipo estensivo e analisi di tipo intensivo, ha con- sentito una strategia dell’intervento sul costruito con livelli di approfondimento diversificati. Lo studio delle tecniche costruttive, basato su parametri e criteri di documentazione ormai collaudati (FRANCOVICH, PARENTI 1988), ha consentito di realizzare una classificazione tipologica degli apparati murari (Fig. 2) fondata sui criteri tecnologici delle apparecchiature. Ciò ha permesso di ana- lizzare la distribuzione delle tipologie all’interno del castello e di indagarne i processi costruttivi che ne caratterizzano le diverse fasi di vita e l’evoluzione in termini diacronici e storici. Parallelamente all’individuazione e allo studio delle tecniche murarie, è stata condotta una ricerca sui diversi tipi di legante campionati (consultabile in rete all’indirizzo http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRAN- DUOLO/MIR133.html). L’inquadramento delle tecniche costruttive in classifi- cazioni tipologiche più vaste ha permesso, in alcuni casi, un’ulteriore distinzione in base alle principali varianti rintracciate. La loro collocazione all’interno di un più vasto ambito socio-culturale era già stata parzialmente affrontata, in una fase preliminare della ricerca, attraverso uno studio condotto sulle murature e sui materiali costruttivi utilizzati in età medievale nel territorio di Chiusdino (CAUSARANO 2001, pp. 184-190), indagine che aveva portato all’individuazione di tecniche edilizie comprese tra fine XI-inizio XII secolo e XVIII secolo. Con il progredire delle indagini di scavo nel sito di Mi- randuolo, è stato possibile ampliare ed approfondire le co- noscenze in nostro possesso, soprattutto per quanto riguarda il periodo compreso tra la seconda metà del X e l’XI secolo, non attestato altrimenti nel territorio, e per i secoli centrali del medioevo (XII-XIII sec.). Le datazioni proposte per le singole tipologie individuate nel castello sono state ottenute basandosi sia su dati stratigra- fici che su confronti con altri complessi architettonici presenti nel territorio chiusdinese e con insediamenti fortificati og- getto di scavo in Val di Merse (FRANCOVICH, MILANESE 1990; CANTINI 2003) e nell’area delle Colline Metallifere (BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003; QUIRÓS CASTILLO 2005). Tipo 1 Il tipo è attestato in una porzione limitata del circuito murario conservatosi nell’area sommitale e rappresenta, allo stadio attuale delle indagini, il tratto di muratura più antico conservatosi nel sito. La muratura è composta da pietrame irregolare di calcare di medie e medio-piccole dimensioni, semplicemente spac- cato e posto in opera in modo “disordinato”, con rari corsi orizzontali. Le pietre sono legate da malta di colore giallo, di consistenza media anche se in più punti fortemente dilavata; si ricorre periodicamente all’utilizzo di zeppe per la posa in opera dei singoli elementi. Il paramento interno si distingue da quello esterno per il migliore stato di conservazione del le- gante, utilizzato in abbondanza nella posa in opera dei singoli pezzi che risultano murati con ampi letti di malta di colore nocciola chiaro, con buona aderenza e coesione friabile, che coprono parzialmente la superficie esterna delle pietre. In sezione la muratura presenta un’incamiciatura esterna scarsamente differenziata dal nucleo, formato da materiale di risulta costituito da pietre spaccate di medie e medio-piccole dimensioni e da scapoli allettati con malta. Datazione: la muratura è databile, in base ai dati prove- nienti dalle indagini stratigrafiche, ai risultati delle analisi al C 14 e al confronto con tipologie murarie analoghe rinvenute sullo scavo di Rocchette Pannocchieschi (Massa M.ma, GR; si veda BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003, pp. 289-290) alla seconda metà del X secolo. Tipo 2 Il tipo è attestato nel circuito murario conservatosi nell’area sommitale, ricostruzione del precedente circuito murario datato alla seconda metà del X secolo e nel basamen- to del muro perimetrale di una delle abitazioni del borgo. La muratura è composta da pietre irregolari di calcare, di medie e medio-piccole dimensioni; il materiale, non lavorato, è stato spaccato sia in orizzontale che in verticale e posto in opera tramite l’inserzione di frequenti scaglie e zeppe lamellari litiche, formando corsi generalmente suborizzontali, anche se si distingue la presenza di periodici filari orizzon- tali. Il legante, quasi assente, presenta un colore d’insieme nocciola, aderenza alle superfici lapidee abbastanza buona e coesione friabile. In sezione queste murature presentano un’incamiciatura esterna poco differenziata dal nucleo, formato da materiale di risulta, pietre spaccate di medie dimensioni e scapoli allettati con malta friabile, di matrice terrosa. Datazione: la muratura è databile, in base ai dati prove- nienti dalle indagini stratigrafiche e al confronto con tipo- logie murarie analoghe rinvenute sullo scavo di Rocchette Pannocchieschi (Massa M.ma, GR; si veda BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003, pp. 289-290) e di Cugnano (Monterotondo M.mo, GR; QUIRÓS CASTILLO 2005, pp. 57-59), ad un arco cronologico compreso nel corso dell’XI secolo.

TECNICHE COSTRUTTIVE E ANALISI 2001 DELLE MURATURE …

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TECNICHE COSTRUTTIVE E ANALISI DELLE MURATURE NEL CASTELLO DI MIRANDUOLO (CHIUSDINO, SI)

diMARIE-ANGE CAUSARANO

Tra il 2002 ed il 2005 nel sito del castello di Miranduolo (Chiusdino, SI) sono state condotte, parallelamente alle campagne di scavo, indagini di lettura degli elevati al fine di ampliare la ricerca sulle emergenze monumentali di epoca medievale presenti nel territorio di Chiusdino (SI).

L’indagine rientra nelle attività di ricerca che l’Area di Archeologia Medievale dell’Università degli Studi di Siena svolge da anni sulle dinamiche insediative nel territorio della Val di Merse, iniziata con lo scavo del castello di Montarrenti (FRANCOVICH, MILANESE 1990), proseguita poi con sondaggi e analisi di superficie negli spazi circostanti l’abbazia di San Galgano (CUCINI, PAOLUCCI 1985), ricognizioni di superficie condotte su tutto il territorio comunale di Chiusdino (NARDINI, 1994-1995; NARDINI 1999; NARDINI 2001) e culminata, nel 2001, con l’apertura di un nuovo cantiere di scavo (Fig. 1) nel sito di Miranduolo, in località Costa Castagnoli (NARDINI, VALENTI 2003; NARDINI, VALENTI 2005).

Il territorio di Chiusdino, geologicamente non omogeneo, è in linea di massima caratterizzato nella porzione settentrio-nale, zona delle ultimi propaggini della Montagnola Senese, dalla presenza di litologie riconducibili a formazioni calcaree (verrucano e calcari cavernosi); la parte centrale del territorio, caratterizzata dalla piana alluvionale del Feccia, è occupata da depositi alluvionali associati a depositi travertinosi. La parte Sud-Ovest infine, interessata dal sistema di rilievi collinari che costituiscono la base delle Colline Metallifere, presenta formazioni carbonatico-argillose-silicee e rocce calcareo-conglomeratiche.

Il castello di Miranduolo, proprietà dei Gherardeschi, era articolato in un’area sommitale situata nella parte orientale della collina, con estensione di circa 750 m² e delimitata da due profondi fossati scavati nella roccia, e un’area destinata ad edifici, posta nella parte occidentale del poggio (NARDINI, VALENTI 2003, pp. 490, 493).

L’ANALISI DELLE MURATURE

L’indagine, messa in atto con una pratica che oscilla tra ricerche di tipo estensivo e analisi di tipo intensivo, ha con-sentito una strategia dell’intervento sul costruito con livelli di approfondimento diversificati.

Lo studio delle tecniche costruttive, basato su parametri e criteri di documentazione ormai collaudati (FRANCOVICH, PARENTI 1988), ha consentito di realizzare una classificazione tipologica degli apparati murari (Fig. 2) fondata sui criteri tecnologici delle apparecchiature. Ciò ha permesso di ana-lizzare la distribuzione delle tipologie all’interno del castello e di indagarne i processi costruttivi che ne caratterizzano le diverse fasi di vita e l’evoluzione in termini diacronici e storici.

Parallelamente all’individuazione e allo studio delle tecniche murarie, è stata condotta una ricerca sui diversi tipi di legante campionati (consultabile in rete all’indirizzo http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRAN-DUOLO/MIR133.html).

L’inquadramento delle tecniche costruttive in classifi-cazioni tipologiche più vaste ha permesso, in alcuni casi, un’ulteriore distinzione in base alle principali varianti rintracciate. La loro collocazione all’interno di un più vasto ambito socio-culturale era già stata parzialmente affrontata, in una fase preliminare della ricerca, attraverso uno studio condotto sulle murature e sui materiali costruttivi utilizzati in

età medievale nel territorio di Chiusdino (CAUSARANO 2001, pp. 184-190), indagine che aveva portato all’individuazione di tecniche edilizie comprese tra fine XI-inizio XII secolo e XVIII secolo.

Con il progredire delle indagini di scavo nel sito di Mi-randuolo, è stato possibile ampliare ed approfondire le co-noscenze in nostro possesso, soprattutto per quanto riguarda il periodo compreso tra la seconda metà del X e l’XI secolo, non attestato altrimenti nel territorio, e per i secoli centrali del medioevo (XII-XIII sec.).

Le datazioni proposte per le singole tipologie individuate nel castello sono state ottenute basandosi sia su dati stratigra-fici che su confronti con altri complessi architettonici presenti nel territorio chiusdinese e con insediamenti fortificati og-getto di scavo in Val di Merse (FRANCOVICH, MILANESE 1990; CANTINI 2003) e nell’area delle Colline Metallifere (BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003; QUIRÓS CASTILLO 2005).

Tipo 1

Il tipo è attestato in una porzione limitata del circuito murario conservatosi nell’area sommitale e rappresenta, allo stadio attuale delle indagini, il tratto di muratura più antico conservatosi nel sito.

La muratura è composta da pietrame irregolare di calcare di medie e medio-piccole dimensioni, semplicemente spac-cato e posto in opera in modo “disordinato”, con rari corsi orizzontali. Le pietre sono legate da malta di colore giallo, di consistenza media anche se in più punti fortemente dilavata; si ricorre periodicamente all’utilizzo di zeppe per la posa in opera dei singoli elementi. Il paramento interno si distingue da quello esterno per il migliore stato di conservazione del le-gante, utilizzato in abbondanza nella posa in opera dei singoli pezzi che risultano murati con ampi letti di malta di colore nocciola chiaro, con buona aderenza e coesione friabile, che coprono parzialmente la superficie esterna delle pietre.

In sezione la muratura presenta un’incamiciatura esterna scarsamente differenziata dal nucleo, formato da materiale di risulta costituito da pietre spaccate di medie e medio-piccole dimensioni e da scapoli allettati con malta.

Datazione: la muratura è databile, in base ai dati prove-nienti dalle indagini stratigrafiche, ai risultati delle analisi al C14 e al confronto con tipologie murarie analoghe rinvenute sullo scavo di Rocchette Pannocchieschi (Massa M.ma, GR; si veda BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003, pp. 289-290) alla seconda metà del X secolo.

Tipo 2

Il tipo è attestato nel circuito murario conservatosi nell’area sommitale, ricostruzione del precedente circuito murario datato alla seconda metà del X secolo e nel basamen-to del muro perimetrale di una delle abitazioni del borgo.

La muratura è composta da pietre irregolari di calcare, di medie e medio-piccole dimensioni; il materiale, non lavorato, è stato spaccato sia in orizzontale che in verticale e posto in opera tramite l’inserzione di frequenti scaglie e zeppe lamellari litiche, formando corsi generalmente suborizzontali, anche se si distingue la presenza di periodici filari orizzon-tali. Il legante, quasi assente, presenta un colore d’insieme nocciola, aderenza alle superfici lapidee abbastanza buona e coesione friabile.

In sezione queste murature presentano un’incamiciatura esterna poco differenziata dal nucleo, formato da materiale di risulta, pietre spaccate di medie dimensioni e scapoli allettati con malta friabile, di matrice terrosa.

Datazione: la muratura è databile, in base ai dati prove-nienti dalle indagini stratigrafiche e al confronto con tipo-logie murarie analoghe rinvenute sullo scavo di Rocchette Pannocchieschi (Massa M.ma, GR; si veda BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003, pp. 289-290) e di Cugnano (Monterotondo M.mo, GR; QUIRÓS CASTILLO 2005, pp. 57-59), ad un arco cronologico compreso nel corso dell’XI secolo.

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Variante 2A

La variante è presente nel tratto settentrionale del circuito murario conservatosi nell’area sommitale, lungo il lato Nord-Est della collina, nel paramento esterno del muro perimetrale Est del palazzo di Area 1 e nei paramenti interni della cister-na. Simile per tecnica e posa in opera al tipo 2, la variante si distingue per un utilizzo esclusivo di calcare cavernoso, per le dimensioni del materiale lapideo utilizzato, di medie e medio-grandi dimensioni, e per l’apparecchiatura muraria più regolare, impostata su filari tendenzialmente orizzontali, raramente suborizzontali.

Datazione: la muratura è databile tra XI ed inizi XII secolo.

Tipo 3

È la tipologia attestata maggiormente nell’area sommitale e caratterizza le murature del palazzo (con l’unica eccezione del paramento murario esterno del perimetrale Est) e della torre (paramenti murari interni).

È realizzata in conci squadrati e spianati di calcare cavernoso di medio-piccole dimensioni (altezza compresa tra i 20,5 ed i 17,5 cm; larghezza compresa tra i 32,5 ed i 27 cm), posti in opera su filari orizzontali e paralleli con uno sporadico utilizzo di zeppe lamellari lapidee nei letti di posa. L’apparecchiatura muraria è regolare e presenta angolate non gerarchizzate; il degrado delle superfici lapidee consente solo in rari casi di rintracciare nella faccia a vista dei conci tracce di lavorazione con ascettino a lama piatta e labili tracce di nastrino perimetrale di squadratura. La malta di allettamento, lisciata lungo i giunti ed i letti di posa della muratura, si caratterizza per la buona adesione alle superfici

lapidee, la coesione tenace e per il colore d’insieme variabile da bianco a grigio chiaro.

In sezione le murature presentano un’incamiciatura ester-na composta dai conci dei paramenti e un nucleo realizzato a bancate apparecchiate ogni filare (nei punti di verifica) costituito da scarti di lavorazione della pietra e ciottoli, allettati in abbondante malta.

Datazione: la tipologia muraria è collocabile crono-logicamente, sulla base dei dati provenienti dalle indagini stratigrafiche, dei dati documentari e del confronto con le altre tipologie murarie presenti sullo scavo, tra la fine dell’XI ed i primi decenni del XII secolo.

È riconducibile ad una tecnica edilizia documentata in vari esempi nel territorio chiusdinese (chiesa di Santa Maria a Luriano, chiesa di SS. Fabiano e Sebastiano a Papena, pieve di San Bartolomeo alla Cura, chiesa dei Ss. Iacopo e Martino a Chiusdino, edificio turriforme nel quartiere detto ‘del Por-tino’ a Chiusdino) e databile in un ampio arco cronologico, compreso fra la fine dell’XI secolo e gli inizi del XIII secolo (CAUSARANO 2001, p. 190).

Variante 3A

La variante è attestata in un solo caso, nel paramento esterno del perimetrale Est di un’abitazione retrostante la cinta (Area 1). Simile per tecnica e posa in opera al tipo 3, si distingue per le dimensioni del materiale lapideo utilizzato, meno omogenee rispetto a quelle documentate nel tipo, e per un maggiore utilizzo di scaglie e zeppe lamellari lapidee nei letti di posa.

Ad indicare una certa continuità d’uso del tipo nel territorio chiusdinese, a Valloria, nel corso del XIII secolo, è conservato un paramento murario simile per tecnica e posa in opera.

Fig. 1 – Rilievo della collina e delle emergenze monumentali: le aree di scavo (da piattaforma GIS).

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Fig. 2 – Tipologia delle tecniche costruttive del castello di Miranduolo.

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Datazione: la muratura è databile tra seconda metà-fine XII secolo e prima metà XIII secolo.

Tipo 4

La tipologia muraria è attestata in tutto il circuito murario conservatosi lungo il lato Sud-Ovest e Ovest della collina e nelle abitazioni del borgo, là dove conservate.

La muratura è realizzata con bozze e pietre spaccate di calcare cavernoso, di medie e medio-piccole dimensioni, prive di preparazione e poste in opera su filari generalmente sub-orizzontali a formare un’apparecchiatura muraria non sempre regolare, con frequenti zeppe diseguali nei giunti e nei letti di posa. Si caratterizza per l’utilizzo abbondante di malta rifluente nei letti di posa, con buona adesione alle superfici lapidee, scarsa coesione e colore d’insieme variabile da bianco a giallo chiaro.

In sezione questo tipo di murature presenta un’incami-ciatura esterna scarsamente differenziata rispetto al nucleo, formato anch’esso da bozze e pietre spaccate di calcare cavernoso di medio-piccole dimensioni.

Datazione: sulla base dei dati provenienti dalle indagini stratigrafiche e del confronto tipologico con murature simili attestate a Chiusdino nello stesso periodo (casa di San Gal-gano; CAUSARANO 2001, p. 190), il tipo è databile tra la fine del XII ed il XIII secolo.

Tipo 5

La tipologia è attestata nell’area sommitale della colli-na (Area 1), nei paramenti murari interni di un’abitazione impostata sul circuito murario conservatosi lungo il lato Nord del sito.

La muratura è realizzata in bozze di calcare cavernoso di piccole dimensioni (altezza compresa tra i 19 ed i 16 cm; larghezza compresa tra i 29 ed i 20 cm), caratterizzate da una squadratura ed una spianatura sommaria e regolarizzate nella faccia a vista con l’utilizzo di uno strumento a lama. La tessitura muraria è omogenea e presenta le bozze poste in opera per orizzontale e faccia quadra su filari orizzontali e paralleli, regolarizzati ulteriormente tramite l’inserimento nei letti di posa di periodiche zeppe lamellari. La malta di allettamento si caratterizza per il colore d’insieme da bianco a grigio chiaro, per la coesione abbastanza tenace e l’aderenza scarsa.

In sezione questo tipo di murature presenta un’incamicia-tura esterna composta dalle bozze dei paramenti e un nucleo di risulta costituito dagli scarti di lavorazione della pietra e da rari ciottoli, allettati in abbondante malta.

Datazione: il tipo è databile, sulla base dei dati prove-nienti dalle indagini stratigrafiche, al XIII secolo.

Tipo 6

La tipologia è documentata nei paramenti murari interni di una delle abitazioni del borgo (Area 4).

La muratura è realizzata con pietrame di calcare di di-mensioni variabili e non lavorato, semplicemente spaccato e posto in opera con tecnica “irregolare” senza formare filari. Sono raramente visibili corsi di orizzontamento e si ricorre all’utilizzo di numerose zeppe per favorire la posa in opera dei singoli pezzi. La malta di allettamento, fortemente dilavata e scarsamente aderente alle superfici lapidee, è di colore nocciola chiaro.

In sezione il tipo presenta un’incamiciatura esterna scar-samente differenziata rispetto al nucleo, formato anch’esso da bozze e pietre spaccate di medio-piccole dimensioni.

Datazione: la muratura è riferibile, in base ai dati provenienti dalle indagini stratigrafiche e al confronto con tipologie murarie analoghe rinvenute sullo scavo di Cugnano (Monterotondo M.mo, GR; QUIRÓS CASTILLO 2005, pp. 57-59), ad un arco cronologico compreso tra fine XI e prima metà del XII secolo.

LE TECNICHE COSTRUTTIVE NEL CASTELLO DI MIRANDUOLO

Come evidenziato dall’analisi sviluppata nel precedente paragrafo, tra i materiali costruttivi impiegati nel castello, sono stati utilizzati principalmente i litotipi disponibili in loco o a breve distanza dall’abitato, rocce carbonatiche brecciate e/o vacuolari (cavernose); in particolare il calcare cavernoso, per la sua lavorabilità e per le sue caratteristiche, è il principale materiale impiegato.

Gli edifici indagati mostrano infatti un utilizzo esclusivo del calcare per i secoli centrali del medioevo (XI-XIII secolo) tanto nelle murature che nei sistemi di copertura, realizzati quest’ultimi in lastre di calcare scistoso. I laterizi risultano utilizzati non prima della metà del XIII secolo, con un uso limitato ad impieghi particolari quali restauri, pavimentazio-ni, stipiti, volte e muri di divisione interni.

Lo stretto rapporto esistente tra la disponibilità dei materiali litoidi e la loro utilizzazione trova conferma dalle ricerche condotte sul loro raggio di diffusione nel territorio (CAUSARANO 2001, p. 191). L’utilizzo di materiale lapideo prelevato sul posto è inoltre confermato dal rinvenimento di un fronte di cava, di piccole dimensioni, situato nell’area Sud-Ovest del poggio e utilizzato probabilmente per la costruzione delle abitazioni situate nei pressi, edificate nei terrazzamenti della collina. Nella ‘platea’ soprastante queste abitazioni, sono state rinvenute delle vasche scavate nella roccia, databili alla metà del XIII secolo e utilizzate per il raffreddamento della calce, come mostrano i residui delle ultime mandate di lavorazione e spegnimento della calce conservatesi sul fondo.

L’esistenza di cave, lapides, situate all’interno del distret-to castrense, è confermata inoltre dalle fonti scritte (NARDINI, VALENTI 2003, pp. 493-494).

Infine, nel XIII secolo, la pratica del riutilizzo di materia-le lapideo recuperato dagli edifici distrutti è ben testimoniata in un documento redatto nel mese di febbraio 1264, dove Arrigo, Maffeo ed Uberto del fu Gualtieri Cantoni da Mon-tieri, nuovi proprietari del castello, ora castellare (in gran parte distrutto dalle truppe del vescovo di Volterra nel 1133, fu ceduto loro dai Gherardeschi solo nel 1157), esercitano e rinnovano gli atti formali propri dei possessori. Assoldano inoltre maestranze specializzate (magistro Biencivenne et magistro Dietisalvi quondam Benvenuti et pluribus aliis) per ricostruire il castellare, autorizzandole a recuperare tutto ciò che è necessario dalle rovine del castello (accipiendo de terra lapidibus et erbis et ramis ipsius castellaris) e, allargando il raggio di reperimento del materiale, nell’intera contrada (accipiendo predicto modo de terra dictis lapidibus ipsius contrate (…) dicte Curte de Miranduolo) (ASS, Diplomati-co, Comune di Montieri, 24 febbraio 1264; ZOMBARDO c.s.; NARDINI, VALENTI 2003, p. 494).

Il largo utilizzo del legname come materiale da costruzio-ne, ben documentato nella sequenza di edifici altomedievali rinvenuti durante lo scavo nei versanti settentrionali ed oc-cidentali dell’area sommitale, vede un impiego prevalente della quercia (Quercus cad. cfr. pubescens; vedi DI FALCO 2004-2005; DI PASQUALE et alii nel presente volume) nei pali portanti delle capanne e dei magazzini, attestati tra metà IX e X secolo, e nell’edificazione di una palizzata. Costruita intorno alla metà del IX secolo, fu alla base di un’imponen-te opera di riprogettazione dell’intera area sommitale con l’escavazione nella roccia di due profondi fossati larghi circa 7 m, la cui impegnativa realizzazione richiese certamente l’impiego di numerosa manovalanza (NARDINI, VALENTI 2003, p. 492).

Con la recinzione dell’area sommitale, si applica al-l’abitato una gerarchia degli spazi che sembra rispecchiarsi in una prima distinzione dei materiali da costruzione, come testimonia la presenza – fin dalla seconda metà del X secolo – di un circuito murario che utilizza, almeno in parte, la pietra come materiale da costruzione.

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In particolare, le evidenze materiali individuate nel corso delle precedenti campagne di scavo hanno fornito indizi utili a riconoscere le principali fasi evolutive e le ricostruzioni che caratterizzano il circuito murario conservatosi lungo il lato Nord dell’insediamento (Fig. 3).

La porzione più antica del circuito (US 118) ascrive la fondazione della cinta alla seconda metà del X secolo, come confermato dalle analisi al 14 C e dal confronto con analoghe murature rinvenute ad esempio nei circuiti murari documen-tati nella Rocca di Campiglia M.ma (BIANCHI 2003, pp. 568-569) e a Rocchette Pannocchieschi (BELLI, DE LUCA, GRASSI 2003, pp. 289-290), mentre a Montarrenti una cinta con tecnica simile è attestata fin dalla seconda metà dell’VIII-IX secolo (CANTINI 2003, p. 217). Il muro, realizzato con tecnica “complessa” e conservatosi solo a livello di basamento, era probabilmente dotato di un alzato in materiali misti (si veda il contributo di VALENTI nel presente volume); si caratterizza per l’abbondante uso di malta tenace di colore giallo rifluente, posta a regolarizzare l’andamento dei filari, e per l’utilizzo di pietre di calcare spaccate. Il tratto di circuito conserva-tosi non supera il fossato presente sul lato occidentale del cassero, ripercorrendo di fatto l’andamento della precedente recinzione in legno del IX secolo.

È invece databile all’XI secolo il tratto di muratura (US 113) che si imposta sul primo circuito murario, utilizzandolo come fondazione. Il muro, formato da pietre spaccate di calcare non lavorato a formare un’apparecchiatura muraria non sempre regolare, impostata su corsi suborizzontali, ha un legante fortemente dilavato. Il muro di recinzione di XI secolo sembra dividersi in due parti, ben distinguibili per tecnica costruttiva: la parte che sopraeleva la muratura più antica, è caratterizzata dall’utilizzo di materiale lapideo di medio-piccole dimensioni (tipo 2), mentre – procedendo verso Ovest – si nota una cesura verticale nel paramento murario, collegata ad un cambiamento di apparecchiatura muraria, in pietre di medie e medio-grandi dimensioni (US 1277, tipo 2A).

È quest’ultimo il tipo murario che contraddistingue il tratto di circuito che si prolunga oltre il fossato Ovest e l’area del cassero, a racchiudere al suo interno il resto dell’abitato, caratterizzato ancora in gran parte da un’edilizia in mate-riale deperibile, definendo l’impianto della fortificazione di XI secolo. La stessa tecnica costruttiva è attestata inoltre nell’area sommitale dell’insediamento ed è attribuibile alla prima edificazione in pietra della residenza signorile, con-servatasi nel solo paramento esterno del muro perimetrale Est dell’edificio, ricostruito poi quasi completamente tra fine XI e primi decenni del XII secolo. Al pieno XIII secolo è invece riconducibile la parte superiore del muro di cinta (US 4), in bozze di medio-piccole dimensioni di calcare cavernoso (tipo 5).

Tra fine XI e primi decenni del XII secolo l’area sommi-tale del castello fu soggetta a profonde trasformazioni, con la costruzione di un grande edificio signorile a pianta rettango-lare e di una torre quadrata inserita nel circuito murario.

L’edificio doveva elevarsi per due piani ed avere un’altez-za non inferiore ai 7 metri, calcolabile in base alle dimensioni delle pareti crollate e conservate ancora ‘in situ’, per una lunghezza variabile tra i 5 ed i 6 m (NARDINI, VALENTI 2005, p. 25), con copertura a spioventi in lastre di calcare scistoso. Era dotato di un’apertura nel lato Ovest, la facciata, e di una probabile seconda apertura nel lato Nord (per maggiori informazioni sulle fasi di vita e le ipotesi ricostruttive del palazzo, si veda all’indirizzo http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MIRANDUOLO/MIRpalazzo05.html). La torre, con dimensioni di 3,50×3,30 m, era situata nel ver-sante Sud dell’area sommitale, a breve distanza dal palazzo, con il quale ha in comune la stessa posa in opera e tecnica costruttiva (tipo 3), in conci di calcare ben squadrati e spianati organizzati su filari orizzontali e paralleli.

Queste analogie fanno pensare all’esistenza di un unico grande cantiere che operò in quegli anni alle dipendenze

dei Gherardeschi, trasformando profondamente gli spazi di pertinenza signorile.

Le murature attestate tra fine XI e prima metà del XII secolo nel borgo – separato dagli edifici signorili dal fossato Ovest, non più utilizzato – presentano invece una tecnica edilizia piuttosto irregolare (tipo 6). Tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, dopo che le difese volute dai Ghe-rardeschi erano state in gran parte demolite dalle milizie del vescovo di Volterra tra il 1125 ed il 1133, la ricostruzione del muro di cinta individuato lungo il versante Sud della collina vide egualmente l’adozione di una tecnica edilizia semplice (NARDINI, VALENTI 2003, pp. 493-494), con pietre rozzamente sbozzate poste in opera su filari generalmente suborizzontali (tipo 4). Questa tecnica è testimoniata anco-ra per tutto il XIII secolo nelle murature pertinenti alcuni edifici del borgo.

Nell’area sommitale sono invece riconducibili al pieno XIII secolo i muri perimetrali di un’abitazione e la parte superiore del muro di cinta conservatosi lungo il fianco Nord della collina che, ormai in disuso, fu riutilizzato nei muri dell’abitazione. Le murature presentano un paramento regolare, formato da bozze di medio-piccole dimensioni di calcare cavernoso, poste in opera su filari orizzontali e paralleli (tipo 5).

A partire dalla seconda metà del Duecento, infine, il re-stauro dell’edificio palaziale ad opera dei nuovi proprietari, la famiglia Cantoni, vede un largo impiego di laterizi nella costruzione dei muri di tramezzo interni, poi intonacati, negli stipiti e nei solai, costituiti da una carpenteria in travi e travetti in legno di castagno (castanea sativa) e, in misura minore, di quercia caducifoglia (Quercus cad. cfr. pubescens) che, in alcuni casi, conservano le tracce del sistema di lavorazione, finalizzato alla loro squadratura.

LA COSTRUZIONE DELL’EDIFICIO SIGNORILE DI FINE XI-INIZI XII SECOLO

Durante l’ultima campagna di scavo sono stati indagati i livelli di crollo interni al palazzo, al fine di individuare le principali componenti costruttive dell’edificio pertinenti le fasi di vita della struttura (fine XI secolo-primi decenni XIV secolo) e la presenza di eventuali depositi stratigrafici precedenti la costruzione dell’edificio stesso.

La struttura, a pianta rettangolare (interno 7×10,5 m; esterno 10,5×13,5 m) è oggi visibile solo nel basamento. Le murature dei paramenti interni, conservatesi per i primi cinque filari di alzato, presentano una posa in opera rego-lare, organizzata su filari orizzontali e paralleli, in conci di calcare squadrati posti in opera con apparecchiatura muraria omogenea; si nota un raro utilizzo di zeppe, sotto forma di piccole lastre lamellari in calcare scistoso, e due soli casi di sdoppiamento dei filari: nel paramento interno Ovest, collegabile alla presenza dell’apertura, ed in quello Est, allo scopo di regolarizzare l’andamento dei corsi. Il perimetrale Est, fondato sulla roccia, presenta nei filari inferiori un’ap-parecchiatura muraria più irregolare, causata dalla necessità di adattarsi ai dislivelli del terreno.

L’analisi delle angolate mostra come tutti i paramenti interni dei muri perimetrali si leghino tra loro, indizio di un’unica attività edilizia: la mancanza di ‘cesure’ o interru-zioni di cantiere nelle porzioni di muratura conservatesi non consente però di ipotizzare la sequenza costruttiva adottata nell’edificazione dei quattro lati dell’edificio (Fig. 4).

La residenza signorile, situata nella zona centrale del ‘pianoro’ sommitale, era protetta a Nord e a Sud dal pendio naturale della collina, a Est e ad Ovest dai fossati. Tutti i muri perimetrali si impostavano direttamente sulla roccia, adattandosi – specialmente nella parte Sud-Ovest – ai disli-velli del piano roccioso.

Al fine di utilizzare al massimo l’area ‘edificabile’ ed adattarsi alla morfologia del terreno, i muri Ovest e Sud

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Fig. 3 – Fotomosaicatura del prospetto Nord del circuito murario con analisi stratigrafica. Le frecce indicano la ‘cesura’ nella muratura.

Fig. 4 – L’edificio signorile. A sinistra: in alto, particolare dell’angolata Nord-Ovest, in basso, particolare dell’angolata Sud-Ovest; a destra: in alto, veduta generale dell’edificio, in basso, fotomosaicatura del prospetto interno Nord.

sono stati costruiti alla base di un piccolo ‘salto di quota’: il piano roccioso interno alla struttura risulta infatti più alto di circa 1 m rispetto al pianoro antistante la facciata. Una simile scelta costruttiva ha probabilmente comportato un grosso lavoro di preparazione lungo il limite del salto di quota, che è stato a tal fine regolarizzato tramite un taglio che corre parallelamente ai muri perimetrali Sud e Ovest, raggiungendo il punto di massima profondità (1,50 m ca.) nell’angolo Sud-Ovest.

I due muri, costruiti ‘a valle’ del taglio, sono stati edi-ficati sfruttando al massimo la regolarizzazione del banco roccioso: lo spazio risultante è stato colmato prima con depositi di terra e pietrisco, poi da riempimenti successivi di roccia frammentata, a formare una sistemazione com-patta e stabile a sostegno delle loro fondazioni. Sul fondo dell’escavazione la roccia era stata ricoperta da un sottile strato di malta, utilizzata anche nella preparazione del letto di alloggiamento delle fondazioni dei due muri perimetrali

che, adattandosi al pendio naturale della collina, diminui-scono progressivamente procedendo verso Sud-Est e verso Nord-Ovest.

Esternamente, i paramenti murari dell’edificio mostrano tipologia muraria e tecnica edilizia analoga a quelli interni, in conci e bozze ben squadrate di calcare posti in opera in corsi orizzontali e paralleli con apparecchiatura regolare e angolate non gerarchizzate. Unica eccezione si riscontra nel paramento esterno del muro perimetrale Est che con-serva invece, per i primi 5 filari di alzato, la muratura di una struttura più antica databile all’XI secolo, alla quale si è addossato l’edificio dei Gheradeschi di fine XI-inizi XII secolo, incorporandola e trasformandola completamente. La muratura in questione, composta da pietre spaccate di calcare non lavorato a formare un’apparecchiatura muraria irregolare su corsi tendenzialmente orizzontali, è caratte-rizzata dalla quasi totale assenza del legante, fortemente dilavato (tipo 2A).

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CONCLUSIONI

La distribuzione spaziale e cronologica delle singole tec-niche murarie individuate nel sito di Miranduolo ha permesso di ottenere informazioni sui processi costruttivi che caratteriz-zano le diverse fasi di vita del castello (Fig. 5), sull’evoluzione dell’abitato e sulla trasmissione dei saperi tecnici.

In particolare, per i secoli dove maggiori sono le eviden-ze materiali (fine XI-XIII secolo) risulta esserci una netta distinzione tra le tecniche utilizzate nell’area signorile (tipo 3, tipo 5) e quelle attestate nelle abitazioni del borgo (tipo 4, tipo 6), con una compresenza di diverse culture costruttive e gruppi di maestranze particolarmente evidente nel periodo di maggiore affermazione del potere signorile dei Gherardeschi, tra la fine dell’XI ed primi decenni del XII secolo.

In questo periodo, la costruzione dell’edificio signorile e della torre richiese la presenza di un cantiere ben organiz-zato a cui spettò il compito di progettare ‘ex novo’ l’area sommitale. Il cantiere era basato su un impiego sistematico di maestranze, tra le quali si può ipotizzare – limitatamente alla costruzione del palazzo – la presenza di manovalanza non specializzata (forse gli stessi abitanti del castello) impiegata nell’escavazione del piano roccioso e nella preparazione del piano di fondazione, maestranze specializzate utilizzate nella costruzione delle fondazioni e degli elevati, lapicidi per la

squadratura dei conci e per la realizzazione degli elementi architettonici.

Questo gruppo di maestranze fu impiegato esclusiva-mente nella costruzione degli edifici di maggiore importanza e ‘rappresentanza’ per il potere signorile, tutti situati nella parte sommitale del castello, mentre le strutture presenti in questo stesso periodo nell’abitato posto ad Ovest dell’area signorile testimoniano invece l’impiego di una tecnica co-struttiva semplice, con murature irregolari (tipo 6), attribuibili a manodopera locale.

Queste differenze testimoniano la complessità delle tra-dizioni legate al costruire e portano ad ipotizzare che tra le maestranze specializzate alle dipendenze dei Gherardeschi e la mano d’opera reperita in loco non ci siano state forme di trasmissione di sapere tecnico. Infatti pochi decenni dopo, tra fine XII e primi decenni del XIII secolo, la ricostruzione del muro di cinta lungo tutto il fianco Sud della collina, vide egualmente l’adozione di una tecnica edilizia semplice, con pietre rozzamente sbozzate poste in opera su filari general-mente suborizzontali (tipo 4). La stessa tecnica è testimoniata poi nell’attività edilizia del borgo per tutto il XIII secolo, a dimostrazione della continuità di una ben radicata cultura costruttiva locale.

Il perdurare di questa tradizione convisse comunque, nella seconda metà del XIII secolo, con la presenza di maestranze

Fig. 5 – Rilievo della collina e delle emergenze monumentali: distribuzione delle tecniche costruttive (da piattaforma GIS).

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specializzate impiegate nella ricostruzione degli edifici dell’area signorile voluta dai nuovi proprietari di Miranduolo, i Cantoni, che vi adottarono tecniche costruttive aggiornate e modelli ‘urbani’. Il palazzo fu profondamente trasformato: il restauro interessò soprattutto le murature della facciata, la costruzione di nuovi ambienti interni e l’edificazione di infrastrutture (una latrina con relativo sistema di canalizzazione) la cui realizza-zione comportò la definitiva obliterazione della cisterna.

RINGRAZIAMENTI

Un particolare ringraziamento al dott. G. Di Pasquale e al dott. G. Di Falco per i primi dati antracologici sui resti lignei carbonizzati provenienti dall’edificio signorile, ancora in corso di analisi.

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