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Teoria e Prassi R IVISTA IVISTA TEORICA TEORICA E POLITICA POLITICA DI DI P IATTAFORMA IATTAFORMA C OMUNISTA OMUNISTA PER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIA PER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIA 27 Settembre 2015 Settembre 2015

TEORIA E PRASSI N. 27

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PER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIAPER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIA

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Teoria e Prassi n. 27 - settembre 2015rivista teorica e politica di Piattaforma Comunistaper il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Aderente alla Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML)

3 Editoriale: Conquistare al comunismo l’avanguardia del proletariato 10 Il proletariato oggi nel mondo e in Italia 15 L’egemonia del proletariato nei nostri classici 22 Il ruolo della classe operaia nella politica di Fronte unico

e di Fronte popolare 29 Partito laburista o Partito comunista?33 Ortodossia e dogmatismo37 L’ipocrita socialismo clericale del signor Bergoglio 40 Marx ed Engels: l’antagonismo irriducibile fra proprietà privata

e comunismo42 L’insanabile contraddizione del regime capitalista43 La proprietà socialista dello Stato di dittatura proletaria45 Enver Hoxha e il movimento comunista ed operaio internazionale 54 Teorie borghesi, reazionarie e anticomuniste che occultano la

restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica (1953-90) 66 La situazione in Venezuela e l’aggressività dell’imperialismo

americano71 Manifesto della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni

Marxisti-Leninisti per il 1° Maggio 2015

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Teoria e Prassi - supplemento di Scintilla -

Registrazione ROC: n. 21964 del 1.3.2012Editrice: Scintilla Onlus.Direttore responsabile: E. Massimino.Redazione: Via di Casal Bruciato 15, Roma.La presente edizione, chiusa il 31.8.2015, èstampata in proprio e pubblicata on-line. Si autorizza la copia e la diffusione totale oparziale, non per fini commerciali, con lacitazione della fonte.

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Primo. Teoria e Prassi ha svolto a partire dal n.7 una funzione particolare. Nei primi anni diquesto secolo la questione del Partito comunistaera praticamente seppellita. Quasi tutti icompagni che provenivano da esperienzemarxiste-leniniste erano dentro Rifondazione odispersi. Molti vecchi gruppi si erano sfaldati ein parecchi avevano abbandonato l’obiettivodella ricostruzione del Partito del proletariato. Non tutti però. Anche grazie alla battagliacondotta dalla nostra rivista le questione crucialidel Partito, dell’integrale recupero delmarxismo-leninismo, della lotta alle numerosedeviazioni ed infatuazioni revisioniste edopportuniste, alla confusione e all’eclettismo, sisono ricominciate a porre di nuovo nel dibattitoteorico e nella pratica politica dei comunisti. Ugualmente, attraverso un’incessantepropaganda, abbiamo sollevato le questioni delFronte unico e del Fronte popolare, perrimetterle al centro del dibattito politico e deiprocessi di organizzazione di massa. La parola d’ordine dei «comitati operai», laformula del «governo operaio», abbandonate datutti, sono riapparse e sono state attualizzate conil lavoro della redazione di Teoria e Prassi e diScintilla, impegnata a sviluppare la lottaideologica e politica e a consolidare l’unità deirivoluzionari proletari. Non è stata cosa da poco mantenere una realtàorganizzata e militante, coerentemente marxista-leninista, viva, attiva, visibile nei movimentidella classe operaia del nostro paese, con una suacrescente influenza e una precisa identità ideo-politica, mentre sul piano dell’internazionalismoproletario e del legame organico con la suaespressione più avanzata - la ConferenzaInternazionale di Partiti e OrganizzazioniMarxisti-Leninisti (CIPOML) – si compivanopassi decisi. Piattaforma Comunista – per il PartitoComunista del proletariato d’Italia sorge daquesto duplice sforzo di radicamento nella classeoperaia del nostro paese e di riconquista dellasua posizione internazionalista, compiuto in unarealtà, come quella del nostro paese, in cui sono

particolarmente evidenti le condizioniinversamente proporzionali tra le sviluppatepremesse materiali della rivoluzione proletaria ela debolezza del fattore soggettivo.Questa asimmetria è stata causata dalla sconfittainternazionale subita della classe operaia,temporanea ma profonda, a cui si aggiunge inItalia la disastrosa eredità e presenza delmaggiore partito revisionista occidentale e delcentro mondiale dell’oscurantismo cattolico. La nostra attività si è svolta e si continua asvolgere in queste condizioni storiche specifiche,di indietreggiamento e dispersione delmovimento comunista e operaio. Tale situazionepone i comunisti (marxisti-leninisti) di fronte adiversi problemi che domandano una rispostapratica, richiede di procedere con gli occhi apertie rivolti in avanti. Perciò la nostra piccola Organizzazione, pernulla rassegnata di fronte alle difficoltà, hacondotto negli ultimi mesi un’autocritica e unintenso dibattito sul ruolo e gli obiettivi che ciponiamo, per rettificare e migliorare il suoapproccio ai compiti di fase. Quello che quiesponiamo è sotto tutti gli aspetti un programmadi lavoro che si basa su talune premesse.

Secondo. La classe operaia in Italia (circa 8milioni di lavoratori sfruttati), narcotizzata dadecenni di revisionismo e di preminenza dellalotta parlamentare, avvelenata dal neoliberismo esottoposta a una brutale offensiva imperialista,non si è più messa concretamente di fronte alproblema della conquista del potere politico. La massa operaia si è adagiata sulle illusionidemocratico-borghesi, ha pensato a difendersiretrocedendo in nome del meno peggio,rimuovendo la questione della lotta politicarivoluzionaria per il potere e la costruzione dellanuova società socialista. Questo è avvenuto all’interno di una fase storicache ha visto dapprima l’egemonia delrevisionismo nel movimento operaio, la suadannosa influenza sulla questione del partito,della strategia, della tattica, etc. In seguito havisto la sua disastrosa sconfitta, che ha lasciato

Editoriale

Conquistare al comunismo l’avanguardia del proletariato

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sul campo molte macerie e permesso un dilagaredi concezioni e pratiche borghesi e piccoloborghesi, elettoraliste, mentre dilagaval’egemonia neoliberista, ancora perdurante.In tali condizioni la questione del Partito non haavuto, e non poteva avere, un’importanzarilevante e decisiva, né si poteva argomentareseriamente di preparazione del proletariato allarivoluzione. Ma le cose stanno cambiando.Oggi, dopo lunghi anni di crisi economica, diduri attacchi capitalistici, dopo ladecomposizione della socialdemocrazia e deivecchi partiti borghesi, con l’approdo del PD alneoliberismo autoritario, alcuni settori operaitornano al problema della lotta politica, dellarappresentanza politica, sia pure in formaarretrata. Sotto la sferza del capitale, le idee delcomunismo si diffondono nuovamente, si scorgenel socialismo la sola alternativa sicura allabarbarie imperialista. La classe operaia è ineluttabilmente chiamatadalla storia – nonostante i suoi zig zag - aconquistare il potere politico ed elevarsi a classedirigente. Solo il proletariato può creare un nuovoordinamento sociale perché ha un programma dicompleta ricostruzione economico-sociale, ilcomunismo, che trova le sue necessariepremesse e condizioni nell’ultima fase disviluppo raggiunta dal capitalismo.

Solo il proletariato può affermare con la suarivoluzione un nuovo sistema di potere basatosui propri organismi, un nuovo modo diproduzione fondato sulla proprietà collettiva deimezzi di produzione e di scambio, così darisolvere la contraddizione fra le forzeproduttive e i rapporti di produzione, che simanifesta nelle periodiche crisi disovrapproduzione. Dunque è naturale che in un periodo comequesto si ponga di nuovo il problema dellaformazione del Partito comunista, espressionedell’avanguardia proletaria che ha coscienzadella sua funzione storica.

Terzo. Lenin e Stalin hanno chiarito in modoesemplare che vi sono due tappe distinte eineliminabili nel processo storico concreto checonduce alla vittoria rivoluzionaria sullaborghesia. Ogni tappa ha i suoi compitiprincipali. Rileggiamo i nostri classici: «Il compito attuale dell’avanguardia coscientenel movimento operaio internazionale, cioè ilcompito dei partiti, delle correnti, dei gruppicomunisti, sta nel saper condurre le grandimasse (oggi ancora, nel maggior numero deicasi, sonnolente, apatiche, abitudinarie, inerti,non ancora risvegliate) verso questa loro nuovaposizione o, meglio, nel saper guidare, nonsoltanto il proprio partito, ma anche questemasse durante il loro avvicinamento, il loropassaggio alla nuova posizione. Se non si èpotuto adempiere al primo compito storico(attrarre l’avanguardia cosciente delproletariato dalla parte del regime dei Soviet edella dittatura della classe operaia) senza unapiena vittoria ideologica e politicasull’opportunismo e sul socialsciovinismo, nonsi potrà adempiere al secondo compito – che èall’ordine del giorno e che consiste nel sapercondurre le masse sulla nuova posizione, atta adassicurare la vittoria dell’avanguardia nellarivoluzione - senza liquidare il dottrinarismo disinistra, senza superare completamente i suoierrori, senza liberarsi di essi.Finché si trattava (e in quanto ancora si tratta)di attrarre dalla parte del comunismol’avanguardia del proletariato, il primo postospetta alla propaganda. In questo caso, anche icircoli, con tutte le debolezze proprie di questogenere di organizzazione, sono utili e danno

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risultati fruttuosi. Quando si tratta dell’azionepratica delle masse, quando si tratta dischierare - mi si passi l’espressione - eserciti dimilioni di uomini, di disporre tutte le forze diclasse di una data società per l’ultima decisivabattaglia, allora, con i soli metodi dellapropaganda, con la sola ripetizione delle veritàdel comunismo «puro», non si ottiene nulla. Inquesto caso non si deve contare a migliaia, comein sostanza conta il propagandista, membro diun gruppo ristretto, che non ha ancora diretto lemasse, ma si deve contare a milioni e a decine dimilioni.» (Lenin, L’estremismo malattia infantiledel comunismo, 1920).Stalin ha così sintetizzato gli obiettivi del lavoropolitico tattico e strategico che i comunistidebbono compiere nelle due successive fasi:«a) Conquistare al comunismo l’avanguardiadel proletariato (vale a dire forgiare i quadri,creare il partito comunista, elaborare ilprogramma, i princìpi della tattica). Lapropaganda come forma fondamentale diattività.b) Conquistare all’avanguardia larghe masse dioperai e in generale di lavoratori (condurre lemasse su posizioni di lotta). Formafondamentale di attività: azioni pratiche dellemasse, come preludio alle battaglie decisive».(Stalin, Strategia e tattica politica dei comunistirussi, 1921).

Quarto. Noi siamo ancora nella prima fase, acui corrisponde il compito di attrarre,conquistare l’avanguardia della classe proletaria,la classe più rivoluzionaria della società,unendola nella prospettiva della ricostruzionedel Partito comunista in Italia. Il mezzoprincipale per farlo è la propaganda.Senza dubbio, il compito fondamentale chedobbiamo assolvere con la propaganda èaumentare la nostra influenza sugli stratiavanzati, sugli elementi combattivi delproletariato, particolarmente quello industriale,per conquistarli alle posizioni ideologiche epolitiche comuniste. Tutti i restanti compitidevono essere subordinati a questo compitoprioritario. Se non riusciremo ad assolvere questo compitonon potremo passare all’agitazione eall’organizzazione, non potremo espandere lanostra attività e la nostra organizzazione.

Come si conquista l’avanguardia delproletariato? Con quali mezzi? «Il primo postospetta alla propaganda» afferma Lenin. Dal punto di vista del materialismo storico lapropaganda è lo strumento con il quale unadeterminata classe sociale – nel nostro caso ilproletariato - diffonde la sua ideologia e informadal suo punto di vista le grandi masse, perottenere consenso, ampliare la sua influenza,raggiungere determinati obiettivi, consolidare oconquistare il potere.Propaganda in senso leninista significachiaramente propaganda socialista,rivoluzionaria, consistente dal punto di vista deiprincipi. Significa propaganda dell’ideologiaproletaria, della teoria scientifica marxista-leninista contro l’ideologia borghese e ledistorsioni revisioniste. Significa diffusionedelle idee della lotta di classe rivoluzionaria edell’internazionalismo proletario, contro ilriformismo e l’opportunismo. Significadiffusione della linea politica, del programma,delle risoluzioni, delle decisioni, delle direttive edelle opinioni dell’organizzazione comunista alivello nazionale e internazionale per indirizzareed accelerare il processo rivoluzionario. Una delle funzioni proprie della propagandacomunista è lo sviluppo delle condizionisoggettive della rivoluzione proletaria, la piùimportante delle quali è la formazione del Partitocomunista.

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La propaganda si realizza in differenti forme,subordinate al contenuto delle idee e al pubblicocui è destinata e si sviluppa su tutti gliavvenimenti, utilizzando diversi «media».Dunque la propaganda è multilaterale, presentamolti concetti marxisti-leninisti, non si restringesolo ad uno o alcuni aspetti (anche se deve averedelle tematiche principali). La propaganda che dobbiamo svolgere non sirivolge «a tutti», ma a determinati strati delproletariato, ben individuati e delimitati. Nontutti potranno afferrare l’insieme dei concetti chela propaganda comunista veicola. Ma i proletariavanzati sì. Il linguaggio, la terminologia, i concetti da usaree da spiegare da utilizzare nella nostra rivistasaranno dunque quelli adatti a questi elementi diavanguardia. Facendo affidamento su questi elementi,rivolgendoci a loro, puntando su di loro, saremocapiti, sia pure parzialmente, anche da numerosilavoratori medi e arretrati e potremo alzaregradualmente anche il loro livello. Come scrive Lenin: «Il giornale che vogliadiventare organo di tutti i socialdemocraticirussi deve perciò essere al livello degli operaid’avanguardia; non solo esso non deveabbassare artificialmente i1 proprio livello, madeve al contrario elevarlo costantemente,affrontando tutte le questioni tattiche, politiche eteoriche della socialdemocrazia mondiale. Soloallora le esigenze degli intellettuali operaisaranno soddisfatte, e il giornale potrà prenderedirettamente nelle proprie mani la causaoperaia russa, e quindi anche la causarivoluzionaria russa.» (Lenin, Una tendenzaretrograda nella socialdemocrazia russa, 1899).

Quinto. Dunque la nostra propaganda siconcentrerà sugli elementi di avanguardia,combattivi e rivoluzionari del proletariato, i piùcoscienti, i più avanzati e combattivi, i piùenergici e generosi. I proletari di avanguardia sono uno strato di unacerta consistenza nel nostro paese (alcunemigliaia di elementi), differenziato al suointerno. In generale possiamo dire che vi sono nuclei edelementi proletari con queste caratteristiche innumerose fabbriche e aziende di vari settoridella produzione industriale, dei trasporti, dellalogistica e dei servizi, dell’agricoltura. Sono gli operai rivoluzionari, coscienti deipropri interessi di classe, che lottano per abolirelo sfruttamento. Sono gli operai che danno vitaalla resistenza organizzata contro l’attaccocapitalistico e governativo, che sono in primafila per rivendicare un salario adeguato allenecessità, l’occupazione, la riduzione dell’orariodi lavoro, migliori condizioni di lavoro. Sonoquelli che non piegano la testa sotto la mannaiadei licenziamenti e della cassa integrazione, chetirano le lotte, che organizzano e mobilitano ilavoratori, i cassintegrati, i disoccupati e perciògodono di fiducia e autorità fra le masselavoratrici che li seguono. Sono gli elementi chespesso determinano il carattere delle lotte, cheesprimono rivendicazioni economiche epolitiche, anche di vasta portata. Sono glisfruttati che cercano di collegarsi fra diversisettori, di riunificare e sviluppare la forza delproletariato in quanto classe antagonista dellaborghesia. Essi sono presenti in differenti organizzazionisindacali: Fiom e altre categorie Cgil, Si Cobas,Usb, Cub e altri sindacati di classisti e di base,così come in numerose organizzazioni popolariimpegnate sulle vertenze sociali nel territorio.Spesso sono delegati Rsu o Rls. Fra di loro vi èun certo numero di lavoratori immigrati. La maggior parte di questi elementi è senzapartito, ma in tanti comprendono che è un errorelimitarsi a livello sindacale e sentono lanecessità della formazione di un’organizzazionepolitica di classe. In ogni caso, fra gli elementi avanzati delproletariato dobbiamo considerare anche coloroche già si definiscono comunisti, coloro cheelaborano spontaneamente, o accettano, teorie

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socialiste più o meno sviluppate. Essi sonoanche presenti, in numero minore, in differentiorganizzazioni che si definiscono comuniste. Da quanto sopra ne consegue che vi sono fondatimotivi per essere ottimisti riguardo il primocompito da svolgere: non è vero che sono pochigli elementi avanzati nel movimento operaio; èpiuttosto la nostra arretratezza, la nostraincapacità, oltre alla nostra limitatezza, aimpedirci di raggiungerli e collegarci con loro, aperpetuare la separatezza. Allo stesso tempo dobbiamo considerare che è lanostra stessa attività a favorire la formazione diquesti elementi. In effetti dobbiamo favorireinstancabilmente non solo il legame con questistrati, ma anche la loro «produzione».

Sesto. In generale, i proletari avanzati oggi nonhanno una concezione scientifica del mondo enon sono marxisti-leninisti. Per lo più sonoinfluenzati da correnti borghesi e piccoloborghesi. Vi sono elementi che comprendono che larivoluzione e il socialismo sono l’unico modoper cambiare le condizioni della classe operaia,ma non hanno una concezione scientifica delsocialismo. Vi sono operai avanzati che si sforzano dicomprendere il funzionamento del modo diproduzione capitalistico, le sue leggi, le suecontraddizioni, ma che esprimono solo unatendenza, un’aspirazione al superamento delsistema del lavoro salariato. Vi sono anche elementi combattivi della classeche non hanno un’ideologia progressista: infabbrica lottano contro il padrone, ma a livellopolitico sono molto arretrati, subalterniall’ideologia dominante. Solo un ristretto numero di operai diavanguardia ha dei concetti comunisti coerenti,una visione del mondo scientifica, voglionolottare per il Partito e per il potere proletario e sisforzano di organizzare e mobilitare gli altriproletari nelle lotte immediate spiegando loscopo finale della lotta di classe. Da questi dati non possiamo prescindere. Ciòsignifica che la categoria di «elementi avanzati»,di «elementi migliori», di «avanguardia» o «piùrappresentativi» va compresa in relazione aglielementi medi e arretrati, cioè al livello storicoesistente di coscienza di classe. Ogni fase storica

ha la sua avanguardia, che non esprime sempre ilmedesimo livello di coscienza di classe. Non è difficile capire che il livello medio dicoscienza oggi esistente nella classe operaia èbasso, di conseguenza gli «elementi avanzati»non esprimono un elevato livello di coscienza diclasse. La nostra propaganda dovrà essere al lorolivello per ridurre il distacco e facilitare lafusione. Da qui occorre ripartire per innalzarlo eavanzare, per fare emergere nuovi operaid’avanguardia dallo strato medio.

Settimo. La propaganda è il veicolo della lottaideologica e politica. Lenin dice che peradempiere al primo compito è necessaria «unapiena vittoria ideologica e politicasull’opportunismo e sul socialsciovinismo». Quali sono oggi le correnti ideologiche borghesie piccolo borghesi che influenzanomaggiormente, in senso negativo, i proletariavanzati? Noi diciamo che sono la socialdemocrazia (nellesue versioni di destra e di sinistra, quest’ultimanelle nuove forme del “socialismo del XXIsecolo”, del syrizismo, etc.), l’economicismo e ilrevisionismo, prodotti dell’influenza e dellapressione della piccola borghesia,dell’aristocrazia operaia, della burocraziasindacale e dei partiti riformisti sul proletariato. E’ contro queste tendenze che dobbiamo lottarecon la nostra propaganda comunista, scegliendotemi ed esempi concreti, attaccando i portavocee gli esponenti principali di queste correnti,esprimendo un punto di vista opposto eincompatibile con l’opportunismo in tutte le sueforme.

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Lo scopo sarà sempre quello di aiutare losviluppo della coscienza di classe degli stratioperai avanzati, la loro crescita ideologica epolitica, infondere una visione ben definita,scientifica, su tutte le più importanti questioni, dispingerli a organizzarsi in Partito indipendente erivoluzionario del proletariato.

Ottavo. Una propaganda vuota e astratta èinefficace ed è sbagliata, così come una cultura eun’informazione astratta. Le frasi scarlatte sonoil sintomo di un’incapacità di tener conto dellasituazione obiettiva, dei rapporti di forza. Sonoparole senza fondamento reale. La propaganda va collegata con la vita e la lottadegli operai, con la loro esperienza pratica,intervenendo nella lotta spontanea e in quellaorganizzata, nel lavoro quotidiano a fianco dellaclasse operaia, appoggiando le lororivendicazioni immediate in connessione con laprospettiva rivoluzionaria. Detto in altri termini: la propaganda deveriflettere accuratamente le condizioni e gliinteressi di classe del proletariato, inquadratidentro una corretta comprensione dei rapportireciproci e degli interessi di tutte le classi dellasocietà; deve esporre verità semplici, chiare ecomprensibili ai migliori rappresentanti dellaclasse operaia.La questione di fondo è: combinare ilsocialismo, la nostra concezione scientifica delmondo e il nostro programma politico, con ilmovimento operaio e procedere dalla prima fase(propaganda fra gruppi di operai avanzati)all’agitazione politica fra le masse operaie suscala più ampia. Due sono gli errori principali da evitare in questafase per realizzare un’efficace propagandacomunista: da un lato, caderenell’economicismo; dall’altro, cadere neldottrinarismo (sia nel senso di mettersi indisparte rispetto il movimento operaio, sia nelsenso di fare del marxismo-leninismo una sortadi speculazione astratta, invece di una guida perl’azione).

Nono. Nella nostra propaganda insisteremo sualcuni temi in particolare. Anzitutto sullaquestione del Partito politico del proletariato. Suquesto tema va svolta una campagnapermanente, ideologica e politica, contro

l’antipartitismo borghese e piccolo borghese,incluso quelle correnti esistenti nel proletariatoche rifiutano la necessità di un partitod’avanguardia della classe operaia o cheteorizzano una “pura” rivoluzione sociale senzadirezione politica. Andrà dunque evidenziata costantemente lanecessità di un Partito indipendente erivoluzionario della classe operaia, unione deglielementi avanzati del movimento operaio e delmovimento comunista (marxista-leninista),spiegando la sua organizzazione, le sue funzioni,etc.Dovremo trattare anche degli altri reparti delproletariato e delle restanti forme diorganizzazione di classe, alla cui testa si devonomettere i proletari di avanguardia: Consigli eComitati operai e altre organizzazioni difabbrica; sindacati di massa e di classe; laquestione del Fronte unico e del Frontepopolare; l’importanza della lotta politica e degliscioperi politici; l’organizzazione delle donne,dei giovani, etc.Fra gli altri temi da spiegare ampiamente c’è losfruttamento capitalistico e i metodi per il suoinasprimento nelle fabbriche; la disoccupazionee l’impoverimento del proletariato; la questionedella proprietà privata borghese e della proprietàsociale dei mezzi di produzione; lo Statoborghese e lo Stato proletario, la democraziaborghese e la democrazia proletaria; la questionedel potere politico e della rivoluzione sociale delproletariato; il programma di governo dellarivoluzione proletaria, ovvero le soluzioni reali atutti i problemi economici, politici, sociali dellaclasse operaia e delle masse popolari che ladittatura del proletariato realizzerà.

Ultimo, ma non per importanza. Il legamedella teoria con la pratica è la bussola che guidail nostro cammino. Per sviluppare la praticarivoluzionaria ci vuole l’organizzazione, ilPartito comunista. La mancanza di un combattivo Partito, qualereparto di avanguardia organizzato e coscientedella classe operaia, è la più grave carenza delfattore soggettivo in Italia, il maggior elementodi debolezza del proletariato. Questo Partito chiaramente non si forma percaso e non può nascere in una notte. Il Partito èlo sbocco di un processo reale che avviene nel

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seno della classe operaia, rappresentandone isuoi interessi e le sue aspirazioni, incarnandonela sua funzione storico-universale. Quando parliamo di processo reale, di processodi lotta, vogliamo dire che la classe non esprimeil suo partito tutto in una volta, meccanicamente.Nemmeno lo esprime già formato in ogni suoaspetto, completamente corrispondente allemolteplici esigenze tattiche e strategiche dellalotta di classe. La domanda da porsi dunque è: come possiamofavorire e avvicinare la costituzione del Partitonelle condizioni attuali? Noi pensiamo che un passaggio fondamentale dacompiere sia quello della formazione diun’organizzazione operaia indipendente erivoluzionaria, presente nei maggiori centriindustriali, che sia guidata dalla teoria scientificadel proletariato e sia collegata strettamente colmovimento operaio di massa per prenderne ladirezione politica.Tale organizzazione composta da elementi diavanguardia del proletariato - il cui compito saràdi educare, mobilitare, organizzare ilproletariato, sostenendo le sue lotte e svolgendouna propaganda e un’agitazione politica - saràl’embrione del futuro Partito comunista, parteintegrante del Movimento comunista ed operaiointernazionale. Questa realtà non c’è ancora nel nostro paese. Lasua mancanza si riflette negativamente sullapreparazione e l’educazione degli operaid’avanguardia, sul loro lavoro pratico nellefabbriche e nei quartieri proletari, così comesulle dinamiche della lotta di classe deglisfruttati.Dobbiamo cooperare attivamente alla suacostruzione, senza ritardi. I primi passi stannonel promuovere e rafforzare i gruppi e i circoli dioperai avanzati, sviluppare il loro collegamento,unirli sulla base dei principi marxisti-leninisti inuna sola organizzazione di lotta di classe delproletariato e di direzione di questa lotta aventecome scopo la conquista del potere politico e ilpassaggio di tutti i mezzi di produzione inproprietà sociale; dentro questo lavoro vannoforgiati gli strumenti di propaganda e agitazionenecessari, il programma comune dellarivoluzione proletaria e socialista in Italia, etc. Naturalmente, la conquista della parte piùavanzata e rivoluzionaria del proletariato e il

cammino dell’unità degli autentici comunistisono due aspetti dialetticamente connessi dellostesso processo che porterà alla costruzione nelnostro paese di un solo, forte Partito comunista. La più stretta unione fra il movimento comunistae i settori avanzati della classe operaia, questionedecisiva del momento, è in contraddizionefrontale e senza equivoci con la riproposizionedi minestroni opportunisti ed elettoralisticipropugnati da varie forze revisioniste esocialdemocratiche. La separazione netta e definitiva, l’ostilitàirriducibile nei confronti degli opportunisti ditutte le risme, è la condizione necessaria, senzala quale non si potrà mai spezzare la catena conla politica borghese e tanto meno abbattere ildominio capitalistico e costruire la società deiproduttori associati. Dunque è necessaria“un’alta soglia di ingresso”, al contrario diquanto sostengono i Ferrero, i Revelli, e soci.Per sviluppare concretamente questo programmadi lavoro, invitiamo gli operai più avanzati ecoscienti, i nostri simpatizzanti e amici aformare dei circoli di lettura e di discussione di“Teoria e Prassi” e di “Scintilla”, che siriuniscano regolarmente, analizzino e dibattano icontenuti della nostra pubblicistica e prendanodecisioni di azione in comune, come per es.partecipare alla diffusione del giornale e deivolantini nelle manifestazioni, inviarecorrispondenze, sottoscrizioni o prendere altreiniziative di lotta concreta. Il nostro rafforzamento e l’estensione del raggiodella nostra attività e della nostra influenzasaranno fattori di sviluppo del percorsocollettivo indirizzato verso la formazione delPartito di cui ha bisogno il proletariato del nostropaese. Sulle questioni poste attendiamo prese diposizione, lettere e contributi per lo sviluppo deldibattito, nonché passi in avanti da parte deimigliori figli del proletariato, che sentono lanecessità della formazione dello strumentoindispensabile per organizzare e fare larivoluzione.

Al lavoro, compagne e compagni!

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Il proletariato oggi nel mondo e in Italia

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Nei numeri 14, 15 e 16 di questa rivista abbiamopubblicato tre articoli titolati “Preliminari perun’analisi marxista delle classi sociali”. Riprendiamo con il presente articolo tale studio,soffermandoci su una questione: la consistenza elo sviluppo del proletariato nel mondo e inparticolare nel nostro paese. Auspichiamo che ciò serva a stimolare la ripresadegli studi e del dibattito su un tema di grandeimportanza.

Che cosa è il proletariato?

Partiamo innanzitutto dalla definizione di classesociale. Secondo la nota affermazione di Lenin,“Si chiamano classi quei grandi gruppi dipersone che si differenziano per il posto cheoccupano nel sistema storicamente determinatodella produzione sociale, per i loro rapporti (perlo più sanzionati e fissati da leggi) con i mezzi diproduzione, per la loro funzionenell’organizzazione sociale del lavoro, e, quindi,per il modo e la misura in cui godono della partedi ricchezza sociale di cui dispongono. Le classisono gruppi di persone dei quali l’uno puòappropriarsi il lavoro dell’altro, a seconda deldifferente posto da esso occupato in undeterminato sistema di economia sociale” (Lagrande iniziativa, 1919, in Opere scelte, E. R,vol. V, p. 356). Partendo da questa celebre definizione,chiamiamo proletariato quella classe dellasocietà priva dei mezzi di produzione e chedunque è costretta a vendere ai capitalisti lapropria forza-lavoro in cambio del salario pertrarre il suo sostentamento. La caratteristica peculiare del proletariato èquella di valorizzare il capitale nel processoproduttivo, in quanto soggetto al rapporto disfruttamento capitalistico. I salariati producono plusvalore, in quanto in unaparte della loro giornata lavorativa reintegrano ilvalore del loro salario (lavoro necessario) e inun’altra parte della stessa giornata lavoranogratuitamente per il capitalista (lavoro non

pagato). L’intera società borghese vive delplusvalore estorto al proletariato.Lo sfruttamento del proletariato da parte dellaborghesia è la caratteristica principale delcapitalismo, e il rapporto antagonistico fra laborghesia e il proletariato è il fondamentalerapporto di classe del sistema capitalistico. E’ proprio lo specifico rapporto sociale neiconfronti del capitale, la sua particolarecondizione che definisce la posizione di classedel proletariato, lo distingue dagli altrilavoratori, facendone la classe più rivoluzionariadella società. La borghesia non può esistere e arricchirsi senzalo sfruttamento del proletariato. Di conseguenza,è lo sviluppo del capitalismo, in particolare dellagrande produzione capitalista, che conferisce uncarattere di costanza alla sua stessa esistenza,che lo accresce numericamente in quanto classeparticolare, con i suoi interessi e la sua funzionestorica-universale.

Una classe “scomparsa” in crescita alivello mondiale

Uno degli aspetti più caratteristici dell’attacco alivello ideologico portato avanti dalla borghesiacontro il movimento comunista ed operaioconsiste nella negazione non solo del ruolostorico della classe operaia, ma persino della suastessa della esistenza. Quantomeno se neteorizza la residualità. Istituti di ricerca, economisti, sociologi, studiosied intellettuali di ogni risma, tutti sul libro pagadella classe dominante, non smettono diblaterare sulla “estinzione della classe operaia”,a causa della “rivoluzione tecnico-scientifica”. Le loro pseudo teorie affermano che si sonoormai superati i limiti della società industriale eche la società si è trasformata in una societàdell’informazione nella quale la produzioneimmateriale avrebbe superato quella materiale eindustriale. Da ciò derivano la scomparsa dellaclasse operaia in quanto classe socialefondamentale e la perdita del suo ruolo

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determinante nella società. Di qui la negazionedella lotta di classe, della rivoluzione sociale delproletariato, ecc. Queste amenità – da molti considerate dogmiintoccabili - non si fondano su corrette basiscientifiche, ma su manipolazioni, criterisociologici strumentali (quando non addiritturaconfusi e falsi), osservazioni parziali e limitate ai“paesi avanzati”, tentativi di ridimensionareartificiosamente il numero effettivo deilavoratori proletari, ecc. Le statistiche fanno di tutto per sottrarre alproletariato un gran numero di lavoratorisottoposti al rapporto di capitale e assegnarli adaltre “categorie” (prevalentemente al cosiddetto“terziario”).D’altro canto si diffondono concezioni cheestendono erroneamente ed artificialmente, ilconcetto di proletariato ad altri gruppi e stratisociali oppressi o impoveriti (il cosiddetto“lavoratore dipendente”, il “lavoratoresubordinato”), cercando di accumunareproletariato e piccola borghesia. Ancora, utilizzando la situazione tragica dellacondizione di disoccupazione giovanile, sigiunge ad affermare che le nuove generazioni nelloro insieme costituiscono un “nuovo”proletariato.Si tratta di criteri ed elementi di analisi chehanno come comune denominatore il tentativo dioccultare ogni riferimento ai rapporti sociali diproduzione. Per quanto distorte da ottiche sociologiche efinalità politiche, le statistiche ufficiali sul lavoronon possono completamente occultare la realtà.A ben interpretarle, esse smentiscono la tesi della“scomparsa” e della marginalità del proletariato. Per esempio, dal rapporto 2014dell’International Labour Organization (ILO,agenzia dell’ONU) sulle tendenze occupazionaliglobali, si rileva che il numero e la percentuale dioperai rispetto la popolazione mondialeeconomicamente attiva è in continua crescita dal2000 ad oggi.Se nel 2000 vi erano 536 milioni di operaiindustriali, nel 2012 essi erano diventati ben 714milioni (di cui 391 in Asia), con un aumentoassoluto assai marcato, pari al 33,2%.Anche in senso relativo, cioè rispetto al totale dei

lavoratori occupati nel mondo, la classe operaiaindustriale è in netto aumento, essendo passatadal 20,5% del 2000 al 23% del 2012.Computando i salariati agricoli e quelli impiegatinei diversi settori dei servizi, si può concludereche nello stesso anno appartenevano alproletariato occupato nel suo complesso circa1,6 miliardi di uomini e di donne, dunque pocomeno del 50% della popolazione attiva (pari aquasi 3,3 miliardi di lavoratori). Una forza enorme, composta soprattutto dagiovani proletari, che sta emergendo sempre piùsulla scena mondiale. Una forza che seppellirà ilcapitalismo.Le chiacchiere degli intellettuali borghesi epiccolo borghesi stanno a zero. Il modernocapitalismo accresce e non diminuisce l’esercitodei lavoratori salariati. Il progresso tecnico escientifico ha creato nuovi rami industriali, cosìcome l’apparizione di nuovi bisogni.L’accumulazione capitalistica, l’esportazione dicapitale in cerca di profitto, la globalizzazionedella produzione, hanno significato uno stimoloalla tendenza della crescita della popolazionelavoratrice sfruttata. Di conseguenza, un numerocrescente e sempre nuove categorie di lavoratorisono assoggettati al rapporto di sfruttamentocapitalistico.

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Il proletariato non solo continua ad esistere,costituendo la classe sociale produttrice dellaricchezza sociale ed il perno reale dell’economiamondiale, ma si sviluppa a livello internazionale,sia numericamente, sia come peso, essendoconcentrato in grandi masse nelle metropoli. Lasua forza è in crescita. La profonda sconfitta subita dalla classe operaia– oggi politicamente più debole di ieri – non hacambiato il fatto che l’attuale società ècaratterizzata dall’esistenza di due grandi classi,la borghesia e il proletariato, direttamentecontrapposte l’una all’altra.

Il proletariato in Italia

In un paese imperialista come l’Italia ilproletariato si caratterizza per una strutturacomplessa e non omogenea. Esso chiaramentenon si identifica col solo proletariato industriale(tradizionalmente chiamato “classe operaia”).Oltre alla classe operaia, sono parte integrantedel proletariato: -il proletariato agricolo (braccianti); -i lavoratori salariati dell’industria dei trasporti edella logistica, delle imprese dellecomunicazioni, i quali creano plusvalore cheviene accaparrato dai proprietari dei mezzi diproduzione di queste branche;

-i lavoratori salariati del settore delle costruzioni;-i lavoratori salariati della distribuzione e delcommercio che consentono con il loro lavoro aicapitalisti commerciali di appropriarsi dellaquota del plusvalore complessivo che è il profittocommerciale;-i lavoratori salariati dei “servizi alle imprese”capitalistiche (esternalizzazioni di funzioneproduttive).-i lavoratori a domicilio soggetti al modernorapporto di capitale (che vedono la loro casatrasformata in una sorta di reparto esterno dellafabbrica).

In base alla singola branca di produzionedistinguiamo il proletariato in: -proletariato industriale (industriamanifatturiera, chimica, estrattiva, ecc.); -proletariato dell’agricoltura; -proletariato dell’edilizia; -proletariato dei trasporti e della logistica; -proletariato delle comunicazioni e delletelecomunicazioni (poste, tv, call center, etc.);-proletariato del commercio e delladistribuzione;-proletariato dei “servizi” (salute, turismo,attività alberghiera, ristorazione, lavanderie,attività ricreative, ecc.).

Appartengono al proletariato numerosi strati dilavoratori che nelle statistiche ufficiali figuranocome appartenenti alle nuove forme di lavoro“autonomo”, conseguenza dei processi dioutsourcing delle imprese capitalistiche e dellaristrutturazione dei modelli occupazionali, oggiimperniati sull’estensione del precariato, suicontratti a tempo determinato e part-time,nonché sull’assenza di qualsiasi tipo di contrattodi lavoro e di tutele.Vi appartengono anche quei lavoratoriintellettuali sussunti sotto il rapporto diproduzione capitalistico (es. l’insegnante cheviene assunto come salariato da un istituto diinsegnamento privato, gestito su basecapitalistica). E’ parte integrante del proletariato, oltre a questecategorie e figure di proletari occupati, anche lamassa dei disoccupati che compone l’”esercitoindustriale di riserva”, nelle sue differenti forme.

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I dati statistici oggi disponibili non sonocertamente sufficienti per un’analisi esaurientedella realtà del proletariato attualmente in Italia,ma su di essi possiamo comunque basarci per unlavoro che deve trovare ulteriori arricchimenti econtributi da parte di tutti i compagni interessati. Secondo i dati ISTAT sulla rilevazione delleforze di lavoro nel nostro paese, nel 2013 ilnumero totale degli occupati è di 22.421.000unità, di cui 16.878.000 di lavoratori dipendenti.Tra questi, il numero complessivo degli operai,apprendisti e lavoratori a domicilio – nonostantela cospicua perdita di posti di lavoro dovuta allacrisi - risulta essere di circa 8.100.000 unità, chepossiamo suddividere e articolare nei modiseguenti:

Per settore di attività: Industria e costruzioni (3.600.000 circa); servizi(4.100.000 circa); agricoltura (410.000 circa).

Per macro ripartizioni geografiche: Nord (4.300.000 circa, di cui 2.400.000 nelNord-ovest, e 1.900.000 nel Nord-est);Centro (1.700.000 circa);Sud e Isole (2.100.000 circa).

Per sesso: Maschi (5.300.000 circa), Femmine (2.800.000 circa)

Altro dato interessante è quello riguardante lagrandezza delle unità produttive. A dispetto delprocesso di polverizzazione in atto, va messo inrilievo come vi siano ancora nel nostro paeseconsistenti concentrazioni operaie e proletarie. Secondo i dati del 9° Censimento generaledell’industria e dei servizi (2011), ben 3.468imprese hanno almeno 250 addetti. Fra di esse1.376 nel settore industriale con circa 1 milionedi addetti.Questa classe di imprese, che vede una maggiorepresenza nel Nord Ovest e nel Centro, è inaumento a livello nazionale, specie nei settoridei servizi e delle costruzioni.Per quanto riguarda la percentuale di proletarinelle imprese capitalistiche dei vari settori: inagricoltura raggiunge l’80,4% dei dipendenti,nelle costruzioni il 73,3%, nell’industria il

65,7%, nel commercio, nei trasporti emagazzinaggio, nell’alloggio e ristorazione il53,6%. Da evidenziare che, a fronte della diminuzionedei lavoratori dipendenti con contratti a tempoindeterminato e a tempo pieno, si osserva unforte aumento dei lavoratori dipendenti a tempodeterminato (circa 1,3 milioni nell’industria enei servizi privati). In particolare, il fenomeno del lavoro a terminee parziale riguarda sia gli uomini che le donne, igiovani, i migranti, ed interessa prevalentementei settori del commercio e dei servizi, gli alberghie la ristorazione, le piccole imprese, etc. In questi rami di attività vi sono molti falsi part-time e contratti di “libero professionista” cheservono ai padroni per evadere fisco econtribuzioni, oltre a violare i diritti deilavoratori.Una particolare attenzione merita la realtà deilavoratori immigrati. L’economia italiana puòoggi contare su un vero e proprio esercito dilavoratori immigrati (in maggioranza operairesidenti nelle regioni del Nord e del Centro),che costituisce attualmente, secondo i dati innostro possesso, circa il 12% dei lavoratoridipendenti del nostro paese.I settori in cui i lavoratori immigrati sono piùpresenti sono quelli delle costruzioni,dell’agricoltura, degli alberghi e dellaristorazione, della manifattura, in cui ricopronole qualifiche inferiori.

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Per quanto riguarda i disoccupati, secondol’ISTAT, il tasso di disoccupazione nel 2013 èsalito al 12,2%, pari a circa 3.113.000 persone.La disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 annisi aggira attorno al 40%, con picchi del 50% eoltre nel meridione. Si tratta del livello piùelevato dal dopoguerra.Ai disoccupati e ai semi occupati (spesso “alnero”), vanno aggiunti gli “inattivi” cioè idisoccupati disponibili a lavorare ma che noncercano più un lavoro perché scoraggiati, chenello stesso anno erano circa 3.414.000 persone. Il totale dei disoccupati raggiunge dunque circa i6,5 milioni, di cui la stragrande maggioranzasono proletari condannati dal capitalismo alanguire assieme agli altri circa 200 milioni didisoccupati esistenti nel mondo.

Alcune conclusioni

Anche se le trasformazioni del capitalismo, efattori quali la crisi economica, ledelocalizzazioni, la chiusura e lo smembramentodi intesi settori, la polverizzazione delle realtàproduttive, le diversificazioni (per lo più fittizie)contrattuali, l’aumento della disoccupazione,hanno ridotto il numero dei proletari occupatinel nostro paese, ed in particolare il numerodegli operai industriali rispetto ad altrecomponenti del proletariato, siamo di fronte adun numero complessivo comunque rilevante chedi per sé fa giustizia della scomparsa delproletariato in Italia.Numero reale certo inferiore, ma non in terminitraumatici, a quello relativo a periodi passati.Si riscontra un andamento analogo se prendiamoin considerazione le grandi concentrazioniindustriali. E’ dunque cambiata la composizione di classe, èscesa la componente della classe operaiaindustriale, ma nel suo complesso la massa delproletariato non è affatto diminuita,comprendendo oggi oltre 14 milioni di uomini edonne, considerando occupati, disoccupati,parzialmente occupati, ecc.I dati riportati, ad di là di eventuali discrepanzefra fonti diverse, dimostrano come la classesfruttata costituisca ancora nel nostro paese unarealtà consistente e determinante, la classe più

rivoluzionaria della società per il posto specificoche occupa negli attuali rapporti di produzionesociali. Gli “esperti” borghesi e piccolo borghesi sirasserenino: il proletariato (e la classe operaia insenso stretto) è ben presente nel nostro paese, edè la principale forza motrice della rivoluzione, inquanto classe antagonista diretta della classesfruttatrice, centro e guida del blocco socialeanticapitalista.Quando il proletariato avrà riconquistato la suacoscienza di classe e uno spirito rivoluzionario,quando avrà ritrovato la sua indipendenzaideologica, politica ed organizzativa e dunque ilsuo Partito comunista, uscirà dal “conod’ombra” in cui è oggi confinato e si serviràdella sua forza organizzata per la definitivaemancipazione dal lavoro salariato. Tornerà così ad essere la classe che, dirigendogli altri lavoratori sfruttati e oppressi,conquisterà il potere politico e distruggerà con larivoluzione sociale il barbaro sistema capitalista,per edificare la società senza sfruttamentodell’uomo sull’uomo. Tutto ciò chiama i comunisti e gli elementi piùavanzati del proletariato alle proprieresponsabilità per contribuire a formare il Partitopolitico indipendente e rivoluzionario delproletariato del nostro paese.

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Marx e Engels: il proletariato prendenelle sue mani la direzione

della rivoluzione

Marx e Engels formularono, nelle sue lineefondamentali, l’idea dell’egemonia delproletariato, basandosi sulla comprensione dellafunzione storico-universale della classe operaia,la classe più rivoluzionaria della società. Marx in un suo scritto giovanile, valutandol’esperienza della rivoluzione francese, reputavache una «classe particolare» per trionfare nellarivoluzione doveva rappresentare i più ampiinteressi della società, diventando «classeuniversale», «rappresentante universale» della«società in generale», dell’«intera società»: “Nessuna classe della società civile puòsostenere questa parte, senza provocare unmomento di entusiasmo in sé e nella massa, unmomento nel quale essa fraternizza e confluiscenella società in generale, si scambia con essa eviene intesa e riconosciuta come suarappresentante universale, un momento nelquale le sue esigenze e i suoi diritti sono dirittied esigenze della società stessa, nel quale essa èrealmente la testa e il cuore della società.Soltanto nel nome dei diritti universali dellasocietà, una classe particolare può rivendicare ase stessa il dominio universale.”(…) “Affinché la rivoluzione di un popolo e laemancipazione dì una classe particolare dellasocietà civile coincidano….bisogna al contrarioche tutti i difetti della società siano concentratiin un’altra classe, bisogna che un determinatostato sia lo stato dello scandalo universale,impersoni le barriere universali, bisogna cheuna particolare sfera sociale equivalga allamanifesta criminalità dell’intera società,cosicché la liberazione da questa sfera appaiacome la universale autoliberazione”. (K. Marx,Per la critica della filosofia del diritto di Hegel.Introduzione, 1844).Fin dai suoi scritti giovanili Marx ebbe chiaroche una rivoluzione non si sviluppa nella forma

semplicistica di “una classe contro un’altra”, maattraverso un processo nel quale una classe guidatutte le altre classi e gli elementi subalterni dellasocietà, presentandosi come portatrice diinteressi e valori universali.Questa idea, che è alla base della funzioneegemonica del proletariato, venne ribadita eprecisata negli scritti successivi, nei quali Marxriconosce l’esistenza di una «classe dominante»e di un insieme di «classi non dominanti», con iloro interessi, che possono essere rappresentatidal proletariato.Nella “Ideologia Tedesca” perciò affermava: ”Laclasse rivoluzionaria si presenta senz’altro per ilsolo fatto che si contrappone a una classe, noncome classe ma come rappresentante dell’interasocietà, appare come l’intera massa dellasocietà di contro all’unica classe dominante.Ciò le è possibile perché in realtà all’inizio ilsuo interesse è ancora più legato all’interessecomune di tutte le altre classi non dominanti….Quindi ogni nuova classe non fa che porre il suodominio su una base più larga della precedente,per la qual cosa anche l’opposizione delle classinon dominanti contro quella ora dominante sisviluppa più tardi con tanto maggiore asprezza eprofondità. Queste due circostanze fanno sì chela lotta da condurre contro questa nuova classedominante tenda a sua volta a una negazionedella situazione sociale esistente più decisa e piùradicale di quanto fosse possibile a tutte leclassi che precedentemente avevano aspirato aldominio.” (K. Marx, Ideologia Tedesca, cap. II).Per Marx e Engels il proletariato è la classe nellaquale si concentrano gli interessi rivoluzionaridella società perché partendo dalla suaparticolare condizione ed emancipando se stessadal giogo del capitalismo emancipa l’interaumanità; perché non lotta per la continuazionedello sfruttamento in altre forme, ma perl’abolizione definitiva dello sfruttamentodell’uomo sull’uomo. In questa funzione del proletariato comecostruttore della nuova società comunista trova

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L’egemonia del proletariato nei nostri classici

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radice e giustificazione l’idea dell’egemonia delproletariato. Sulla base di questi presupposti, nel definirel’orientamento dell’avanguardia del proletariatoMarx e Engels scrissero nel “Manifesto delPartito comunista”: “I comunisti lottano perraggiungere i fini e gli interessi immediati dellaclasse operaia, ma nel movimento presenterappresentano in pari tempo l’avvenire delmovimento. … i comunisti appoggianodappertutto ogni movimento rivoluzionariodiretto contro le situazioni sociali e politicheattuali”. Non si tratta di espedienti tattici, ma diindicazioni strategiche.Durante la rivoluzione del 1848-49, Marx eEngels diressero i loro sforzi per preparare laclasse operaia al suo ruolo egemonicoaccelerando la sua coscienza di classe e creandoil suo partito rivoluzionario e indipendente. Nelle opere della maturità, il discorso di Marxdiventa interamente politico, saldamenteancorato al materialismo storico. La questionedell’egemonia è legata all’analisi di classe,frutto della «critica dell’economia politica».Ne “Il Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte”(1852) Marx mise in luce l’importanzadell’egemonia del proletariato nella sua alleanzacon i contadini: “L’interesse dei contadini non èquindi più, come ai tempi di Napoleone, inaccordo, ma in contrasto con gli interessi dellaborghesia col capitale. Essi trovano quindi illoro naturale alleato e dirigente nel proletariatourbano, il cui compito è il rovesciamentodell’ordine borghese”.

Il concetto di egemonia vive anche nell’“Indirizzo del Consiglio generale della PrimaInternazionale sulla Comune di Parigi”.Parlando della Comune, Marx sottolineò lafunzione di guida svolta dalla classe operaia, che“prese nelle sue mani la direzione dellarivoluzione”.Nella Comune il proletariatoesercitò effettivamente e concretamente la suaegemonia su altri strati sociali ad esso alleati.Come spiegò Marx, “fu la prima rivoluzione incui la classe operaia sia stata apertamentericonosciuta come la sola classe capace diiniziativa sociale, persino dalla grandemaggioranza della classe media parigina -artigiani, commercianti, negozianti - eccettuatisoltanto i ricchi capitalisti“. E ancora: “La Costituzione della Comunemetteva i produttori rurali sotto la direzioneintellettuale dei capoluoghi dei loro distretti, equivi garantiva loro, negli operai, i naturalitutori dei loro interessi“. (K. Marx, La guerracivile in Francia).

Lo sviluppo e l’importanza dell’ideadell’egemonia in Lenin

Marx e Engels elaborarono le linee generalidell’idea dell’egemonia del proletariato. Lenin sviluppò e espanse il concettodell’egemonia del proletariato nelle nuovecondizioni storiche, creò un sistema armoniosodella direzione del proletariato sulle massesfruttate della città e della campagna e offrìrisposte precise per risolvere questo problemanel periodo del rovesciamento dello zarismo edel capitalismo e in quello della costruzione delsocialismo.In una lettera indirizzata a Plechanov il30.1.1901, Lenin si riferisce alla “famosaegemonia della social-democrazia” osservando:“Se ci tocca in sorte di raggiungere una effettivaegemonia, e se possiamo raggiungerla, lo si puòfare solo mediante un giornale politico(rafforzato da un organo scientifico); e quado cisi viene a dichiarare con un’impudenzarivoltante che per la parte politica il nostrogiornale non deve fare concorrenza all’impresapolitica dei signori liberali, è chiaro come la

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luce del sole che ci si vuole affidare una benmisera funzione.”E’ il piano per la formazione di un giornalerivoluzionario, poi sviluppato nel Che fare? La lettera dimostra che fin dai primi anni del‘900 Lenin si poneva la questione dell’egemoniae dei suoi strumenti, legandolo alla necessità disviluppare un’ampia agitazione politica pereducare il proletariato e strappare la direzionedella lotta politica dalle mani dei liberali. Di qui, un’indicazione precisa e un monito,lanciati nel 1902: “Nostro assoluto dovere è diintervenire in ogni problema liberale, di chiarireil nostro atteggiamento di socialdemocratici inproposito, di fare il necessario perché ilproletariato partecipi attivamente alla soluzionedel problema e lo faccia risolvere a modo suo.Chi evita di intervenire (quali che siano le sueintenzioni) si arrende in pratica al liberalismo,cedendogli l’opera di educazione politica deglioperai e lasciando l’egemonia della lottapolitica a elementi che sono in fin dei conti i capidella democrazia borghese” (Lenin, Opere, Vol.5, L’agitazione politica e il punto di vista diclasse).A partire dal III Congresso del PSODR (1903)Lenin sviluppò l’idea dell’egemonia delproletariato contro le posizioni dei menscevichiche si pronunciarono contro la funzionedirigente, di avanguardia, del proletariato nellarivoluzione democratica (e quindi control’alleanza con i contadini), invocando l’accordocon la borghesia democratica, alla quale,secondo loro, spettava la direzione. Nel gennaio 1905 Lenin scrisse sul Vperiod:“Precisamente questo appoggio dell’unicodemocratico conseguente sino in fondo, cioè ilproletariato, a tutti i democratici inconseguenti(cioè i borghesi), realizza l’idea dell’egemonia(...). Secondo il punto di vista proletario,l’egemonia in guerra appartiene a chi si battecon maggiore energia, a chi approfitta di ognioccasione per assestare un colpo al nemico,appartiene a colui alle cui parole corrispondonoi fatti, a chi è quindi il capo ideologico dellademocrazia, e critica ogni irresolutezza.”(Lenin, Opere, Vol. 8, Democrazia operaia edemocrazia borghese). Fin da questi scritti è chiaro che nel pensiero di

Lenin l’egemonia dipende dall’iniziativarivoluzionaria della classe operaia, dalla capacitàdi direzione e unificazione politica delle masse,dalla piena consapevolezza degli scopirivoluzionari e dall’esempio che i comunistidevono offrire. E’ attraverso questa multiformeattività che il Partito esercita un fondamentaleruolo egemonico. Con ciò l’egemonia assume un significato piùvasto della direzione politico-pratica, perchéimplica l’esempio e la superiorità morale, ilsorgere di nuovi stati di animo nella classeoperaia, e dunque si realizza attraverso la lottasul fronte ideologico. L’opera “Due tattiche della socialdemocrazianella rivoluzione democratica” è fondamentaleper comprendere l’elaborazione leninista diquesto concetto. Qui Lenin, partendo dall’analisidella situazione russa e da una nuova concezionedel rapporto fra rivoluzione borghese erivoluzione proletaria, espose i nuovi principitattici per sviluppare una politica di alleanza conla massa dei contadini e una politica diisolamento della borghesia liberale, così dariportare una vittoria decisiva sullo zarismo.Già nella prefazione al testo, scritto nel luglio1905, Lenin pose la questione fondamentale:“Avrà la classe operaia la funzione di unausiliario della borghesia potente per la forzadel suo assalto contro l’autocrazia, maimpotente politicamente, oppure avrà la funzionedi egemone nella rivoluzione popolare? Da ciòdipende l’esito della rivoluzione.” (Lenin,Opere, Vol. 9, Due tattiche dellasocialdemocrazia nella rivoluzionedemocratica).

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Di fronte alle obiezioni mensceviche, egli chiarìquali erano i compiti e la politica delproletariato, in quanto classe egemone: “Ilproletariato deve condurre a termine larivoluzione democratica legando a sé la massadei contadini, per schiacciare con la forza laresistenza dell’autocrazia e paralizzarel’instabilità della borghesia. Il proletariato devefare la rivoluzione socialista legando a sé lamassa degli elementi semiproletari dellapopolazione, per spezzare con la forza laresistenza della borghesia e paralizzarel’instabilità dei contadini e della piccolaborghesia.” (Ibid.) Dunque, il proletariato non doveva appartarsidalla rivoluzione borghese, non dovevamostrarsi indifferente e lasciare la direzionedella lotta ad una borghesia debole einconseguente. Al contrario, doveva mettersienergicamente e conseguentemente alla testa ditutto il popolo, di tutti i lavoratori, per portarefino in fondo la rivoluzione.Nel 1907 mettendo a fuoco i dissensifondamentali esistenti fra bolscevìchi emenscevichi sulla forza motrice dellarivoluzione russa e sulla tattica da seguire, Leninosservò ancora: “La sostanza del dissidio fra ledue ali della socialdemocrazia russa sta nelproblema: riconoscere l’egemonia dei liberali, omirare all’egemonia del proletariato nellarivoluzione borghese?” (Lenin, Opere, Vol. 12,Le elezioni della Duma e la tattica dellasocialdemocrazia russa). Sotto la guida di Lenin, uno dei tratti distintividel bolscevismo divenne l’accettazione delprincipio della egemonia del proletariato sullapiccola borghesia. Senza l’egemonia delproletariato la rivoluzione sarebbe finita nellapolvere.

Nel 1911 Lenin, polemizzando con iliquidatoristi menscevicvhi, fu risoluto nelsostenere l’idea dell’egemonia del proletariato ela sua realizzazione quale condizioneindispensabile per la trasformazione delproletariato in classe-guida della rivoluzione. In un pungente articolo scrisse: “Dal punto divista del marxismo una classe che neghi l’ideadell’egemonia o che non la comprenda non è, onon è ancora, una classe, ma una corporazioneo una somma di diverse corporazioni…i marxistihanno dunque il dovere, a dispetto di ogni sortadi rinunciatari, di propugnarne l’idea oggi e infuturo” (Lenin, Opere, Vol. 17, Il marxismo e la“Nascia Zarià”).Poco dopo, sulla rivista “Mysl”, Lenin spiegò inche cosa doveva consistere concretamentel’egemonia e sottolineò il legame fra l’ideadell’egemonia del proletariato e la questione delliquidazionismo: “L’egemonia della classeoperaia è la sua influenza politica (e dei suoirappresentanti) sugli altri elementi dellapopolazione, nel senso dell’epurazione dellaloro democraticità (quando c’è democraticità)dalle aggiunte non democratiche, nel sensodella lotta contro il “cadettismo” (chiamandocon questo termine l’elemento di corruzioneideologica che è contenuto nei discorsi e nellapolitica dei liberali), ecc.” (Lenin, Opere, Vol.17, I nostri abolizionisti).E’ importante notare che l’eserciziodell’egemonia in Lenin non si limita al ruolosvolto dal reparto di avanguardia delproletariato, ma spetta a tutta la massa dellaclasse operaia, alle sue organizzazioni, alle suedifferenti sezioni. In Lenin l’egemonia del proletariato è indivisa eindivisibile; ha una testa (il Partito), un corpo (laclasse) e si estende sugli altri strati dellapopolazione interessati alla rivoluzione(specialmente i contadini).Nel chiarire e precisare la linea del partito e icompiti del proletariato, Lenin prese di nuovoposizione contro i menscevichi, Trotzky e tutticoloro che ritenevano che l’idea dell’egemoniadel proletariato nella rivoluzione e nellatransizione al socialismo fosse diventataobsoleta: “Il proletariato, come unica classe

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conseguentemente rivoluzionaria della societàcontemporanea, deve essere il dirigente,l’egemone nella lotta di tutto il popolo per ilcompleto rivolgimento democratico, nella lottadi tutti i lavoratori e gli sfruttati contro glioppressori e gli sfruttatori. Il proletariato èrivoluzionario in quanto riconosce e mette inpratica l’idea dell’egemonia…. Il proletario chenon riconosce l’idea dell’egemonia dellapropria classe o che rinnega quest’idea è unoschiavo che non capisce la sua situazione dischiavo; nel miglior dei casi è uno schiavo chelotta per migliorare la sua situazione di schiavo,ma non per abbattere la schiavitù”.Pertanto: “Predicare agli operai che a lorooccorre “non l‘egemonia, ma un partito diclasse” significa tradire la causa delproletariato, mettendola nelle mani dei liberali,significa predicare la sostituzione della politicaoperaia socialdemocratica con la politicaoperaia liberale. Ma la rinunzia all’ideadell’egemonia è l’aspetto più grossolano delriformismo nella socialdemocrazia russa”(Lenin, Opere, Vol, 17, Il riformismo nellasocialdemocrazia russa).Indubbiamente, per Lenin l’egemonia delproletariato – cioè del suo ruolo di guida, didirigente delle masse popolari, del movimentodemocratico - costituisce uno dei fondamentaliprincipi del marxismo. La sua negazione o rinuncia è sinonimo diopportunismo, di riduzione del proletariato a unaclasse della società borghese, invece di classeall’avanguardia di tutto il popolo oppresso esfruttato nella rivoluzione sociale. Se il Partito del proletariato non afferra lanozione dell’egemonia della classe esso non è unvero Partito indipendente e rivoluzionario, bensìun volgare partito riformista o liberale: questo cidice Lenin.L’egemonia del proletariato in Lenin si opponeal punto di vista degli opportunisti che nonritenevano mature le condizioni per larivoluzione e attendevano inerti che ilproletariato divenisse la maggioranza dellasocietà. La sua concezione dell’egemonia è lanegazione del determinismo meccanicista e delleposizioni codiste e immobiliste che ritenevanoimpensabile un ruolo dirigente del proletariato in

una fase di rivoluzione democratico-borghese. Sulla base dell’esperienza compiuta in Russia edell’analisi dell’imperialismo, Lenin chiarì ilcarattere delle rivoluzioni nella nostra epoca,approfondendo il concetto di egemonia,legandolo strettamente alla lotta per la conquistarivoluzionaria del potere statale. Nel luglio 1916, nel far presente che larivoluzione sociale del proletariato èinconcepibile senza la sollevazione di stratisociali e nazionalità oppressi, scrisse: “Larivoluzione socialista in Europa non può esserenient’altro che l’esplosione della lotta di massadi tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti. Unaparte della piccola borghesia e degli operaiarretrati vi parteciperanno inevitabilmente –senza una tale partecipazione non è possibileuna lotta di massa, non è possibile nessunarivoluzione – e porteranno nel movimento, nonmeno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le lorofantasie reazionarie, le loro debolezze e i loroerrori. Ma oggettivamente essi attaccheranno ilcapitale, e l’avanguardia cosciente dellarivoluzione, il proletariato avanzato,esprimendo questa verità oggettiva della lotta dimassa varia e disparata, variopinta edesteriormente frazionata, potrà unificarla edirigerla, conquistare il potere….” (Lenin,Risultati della discussione sull’autodecisione,Opere, Vol. 22). Una splendida illustrazionedella funzione egemonica del proletariato!Dopo la Rivoluzione Socialista d’Ottobre ilconcetto di egemonia venne da Leninstrettamente legato a quello di dittatura delproletariato, indispensabile per il passaggio allasocietà senza classi. Un esempio di ciò lopossiamo cogliere in un discorso del dicembre1921, nel quale Lenin affrontò il problema dellaoriginale funzione dei sindacati nel socialismo.In questo discorso Lenin disse: “Da una parte, isindacati comprendono, includono nelle loro filela totalità degli operai dell’industria e sonoquindi un’organizzazione della classe dirigente,dominante, della classe al potere che esercita ladittatura, che esplica la coercizione statale ….Dall’altro lato i sindacati sono la “riserva” delpotere statale. Ecco che cosa sono i sindacatinel periodo di transizione dal capitalismo alcomunismo. In generale non si può compiere

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questo passaggio senza l’egemonia della solaclasse educata dal capitalismo per la grandeproduzione, della sola classe che ha rotto con gliinteressi del piccolo proprietario.” (I sindacati,la situazione attuale e gli errori di Trotsky,Opere, vol. 32).Nel brano citato, Lenin mette a fuoco un aspettofondamentale del nuovo sistema di potere, chevive nella dialettica delle due funzioni esercitatedal proletariato attraverso i suoi organismi eapparati: quella coercitiva (soprattutto statale) equella pedagogica, consensuale (nello specificoesercitata dai sindacati, che come diceva Leninstanno “fra il Partito e il governo”). L’egemonia del proletariato, la sua forza diconsolidamento ed espansiva, è qui concepitacome vitale per il passaggio al comunismo ed èinseparabile dalla dittatura del proletariato.Quest’ultima, però, si esercita direttamente nonattraverso i sindacati, a causa della loro natura,bensì attraverso i Soviet e soprattutto il Partitocomunista, che è il fattore essenziale di direzioneteorico-pratica in seno alla classe dei proletari etra le organizzazioni di questa stessa classe. L’egemonia in Lenin è dunque è un concettostrategico, che ha trovato espressione praticanella rivoluzione del 1905, nella rivoluzione delfebbraio 1917, nella Rivoluzione Socialistad’Ottobre e nell’edificazione del socialismo.

Stalin: l’egemonia è un fatto reale

Stalin riconobbe la tesi leninista dell’egemoniadel proletariato come una questionefondamentale nell’epoca della rivoluzioneproletaria e fece suo questo concetto fin dagliscritti giovanili. In un opuscolo pubblicato nel 1906, diresse lasua polemica contro le posizioni deimenscevichi che, per bocca di Martinov,ritenevano l’egemonia del proletariato nellarivoluzione una “pericolosa utopia”. Qui Stalin ribadì con grande chiarezza laposizione dei bolscevìchi: “chi difende gliinteressi del proletariato, chi non vuole che ilproletariato si trasformi in appendice dellaborghesia e levi per essa le castagne dal fuoco,chi lotta perché il proletariato diventi una forzaindipendente e utilizzi ai propri fini larivoluzione attuale, deve condannareapertamente la egemonia dei democraticiborghesi, deve consolidare il terreno perl’egemonia del proletariato socialista nellarivoluzione attuale” (Il momento attuale e ilcongresso di unificazione del partito operaio,Opere, Vol. I).E nel concludere l’opuscolo pose ai compagni ildilemma fondamentale: “deve il proletariatocosciente essere l’egemone nella rivoluzioneattuale o deve trascinarsi alla coda deidemocratici borghesi? Abbiamo visto chedall’una o dall’altra soluzione dipende anche lasoluzione di tutte le altre questioni” (Ibid).In altri scritti dello stesso periodo Stalinsviluppò un’accanita lotta politica e ideologicasulla necessità della alleanza con i contadini edell’egemonia del proletariato dentro questaalleanza, al fine di prepararla sistematicamente,assicurarla e rafforzarla. Si trattava di un problema essenziale di strategia,di una condizione decisiva da cui dipendeva lasoluzione della fondamentale questione dellarivoluzione: la questione del potere politico. Per Stalin l’egemonia del proletariato “non èun’utopia, è un fatto reale: il proletariatoraggruppa effettivamente intorno a se glielementi scontenti e chi gli consiglia di “seguirel’opposizione borghese”, priva il proletariatodell’indipendenza, converte il proletariato di

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Russia in strumento della borghesia” (Prologoalla edizione georgiana dell’opuscolo di K.Kautsky “Forze motrici e prospettive dellarivoluzione russa”, 1907). La rivoluzione del febbraio 1917 e ancor piùl’Ottobre Rosso si incaricarono di dimostrarequesto “fatto reale” che assicurò il trionfo dellaclasse più rivoluzionaria della società.E’ importante notare che sia nello scritto “Sullaquestione della strategia e della tattica deicomunisti russi” (1923), sia in “Principi delleninismo” (1924), Stalin insistette su un puntochiave della strategia bolscevica: “l’egemoniadel proletariato fu il germe della dittatura delproletariato, costituì il passaggio alla dittaturaproletaria” (“Principi del leninismo”). Di qui lanecessità che il proletariato eserciti e mantengala sua egemonia rispetto la massa dei contadininella sfera della edificazione socialista ingenerale e nell’industrializzazione in particolare. Stalin sottolinea questa funzione in piùoccasioni, chiarendo che la sola forza non èsufficiente per vincere: “Pur essendo stato laforza d’urto della rivoluzione, il proletariatorusso ha cercato nello stesso tempo di esserel’egemone, il dirigente politico di tutte le massesfruttate della città e della campagna,stringendole attorno a sé, strappandole allaborghesia, isolando politicamente la borghesia”(Stalin, “Intervista con la prima delegazioneoperaia americana - 9 settembre 1927, Operecomplete, Vol. X).Tale posizione fu sempre difesa da Stalin controil trotzkismo, corrente opposta al leninismo, chenon comprende e non riconosce l’ideadell’egemonia del proletariato. In quanto dirigente del movimento comunistainternazionale, Stalin pose la questionedell’egemonia del proletariato nel movimento diliberazione nei paesi oppressi dall’imperialismoe nelle colonie, in tutte le rivoluzioni popolari. Intal modo contribuì a diffondere il concetto inCina, India e a livello mondiale. L’idea dell’egemonia del proletariato nella lottarivoluzionaria è dunque una fondamentalequestione, per la quale i nostri maestri hannosempre lottato, al fine di trasformarla daaspirazione a realtà. In particolare Lenin e Stalin diedero battaglia

aperta alle correnti e alle tendenze che noncomprendevano, che rifiutavano l’egemonia delproletariato e il principale strumento peraffermarla nell’era della rivoluzione proletaria:un Partito comunista che abbia la sua pienaindipendenza ideologica, politica eorganizzativa come condizione indispensabileper esercitare l’egemonia del proletariato, tantonella lotta per l’abbattimento del capitalismo,quanto nell’opera di edificazione del socialismoe del comunismo.

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Documenti del XX Plenumdella CIPOML

E’ disponibile in versione cartacea edigitale un opuscolo contenente quattroimportanti documenti approvati dal XXPlenum della Conferenza Internazionaledi Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML), svoltosi in Turchia nelnovembre 2014.Essi sono: 1) 20 anni di Lotta e Unità perla Rivoluzione e il Socialismo(dichiarazione del XX Plenum dellaCIPOML); 2) La situazione internazionalee i compiti dei rivoluzionari proletari; 3)Sui Fronti Popolari; 4) Documento didiscussione sul lavoro tra le donne. L’opuscolo contiene, inoltre, il salutopronunciato dal compagno Raul Marco, anome della CIPOML, durante l’incontrointernazionalista svolto a Istanbul.Il prezzo dell’opuscolo in formatocartaceo è di 3 euro.Richiedetelo alla redazione!

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1. Tre anni fa pubblicammo l’articolo Letattiche di Fronte unico e di Fronte popolarenella strategia politica del movimento comunista(apparso su “Teoria e Prassi” n. 24 e, in formasintetica, su “Unità e Lotta” n. 23, organo dellaCIPOML).

In quell’articolo ricostruivamo le originistoriche delle tattiche di Fronte unico proletarioe di Fronte popolare promosse dal VIICongresso dell’Internazionale Comunista(1935), la lotta condotta dai partiti comunisti persconfiggere nelle loro file le deviazioniopportuniste di destra e di ultrasinistra, lecondizioni politiche e sociali necessarie per laformazione di Governi di Fronte unico e diGoverni di Fronte popolare. E ci richiamavamo,da ultimo, alle importanti esperienze di bloccooperaio e popolare in corso in Tunisia, Palestina,Ecuador, Messico, Francia e Spagna.

Nel presente contributo intendiamodedicare un’attenzione specifica al ruolofondamentale della classe operaia in entrambe letattiche, con particolare riferimento alle dueesperienze dei Fronti popolari francese espagnolo negli anni ‘30 del Novecento,entrambe ricche di insegnamenti anche per lacostruzione di Fronti popolari nella fase attualedella lotta di classe sul piano nazionale einternazionale.

2. Nel suo rapporto al VII Congresso,Giorgio Dimitrov così si esprimeva:

«Non ci si deve accontentare della solaconclusione di un patto di azioni comuni o dellacreazione di commissioni di contatto compostedai partiti e dalle organizzazioni aderenti alFronte unico, simili a quelle, per esempio, cheabbiamo in Francia. Questo non è che il primopasso. Il patto è un mezzo ausiliario percondurre delle azioni comuni, ma di per sestesso non è ancora il Fronte unico. Lacommissione di contatto tra le direzioni delPartito comunista e del Partito socialista ènecessaria per facilitare le azioni comuni. Ma di

per se stessa è di gran lunga insufficiente per uneffettivo sviluppo del Fronte unico, per attirarele grandi masse alla lotta contro il fascismo.

I comunisti e tutti gli operai rivoluzionaridevono adoperarsi a creare negli stabilimenti,tra i disoccupati, nei quartieri operai, tra lagente minuta delle città, nelle campagne, degliorgani di Fronte unico, di classe - non di partito- elettivi (e, nei paesi a dittatura fascista, sceltifra gli elementi più autorevoli che partecipanoal movimento di Fronte unico). Soltanto degliorgani di questo genere possono conquistare almovimento di Fronte unico anche l’enormemassa dei lavoratori non organizzati».

Per quanto riguarda la formazione deiFronti popolari, la direttiva di Dimitrov eraestremamente chiara:

«Per la mobilitazione delle masselavoratrici contro il fascismo è in particolarmodo importante la creazione di un largo Frontepopolare antifascista sulla base del Fronte unicoproletario. Il buon successo di tutta la lotta delproletariato è strettamente connessoall’alleanza di combattimento del proletariatocon i contadini lavoratori e con le massefondamentali della piccola borghesia urbana,che costituiscono la maggioranza dellapopolazione anche nei paesi industrialmente piùsviluppati».

Ma, data l’esistenza di condizioni sociali epolitiche diverse nei diversi paesi nei quali sidoveva fronteggiare la minaccia del fascismo,erano sorte - fra i comunisti - alcune perplessitàe incertezze sulla priorità da assegnare allacostruzione dell’uno o dell’altro Fronte. Suquesto particolare problema, la soluzionesuggerita da Dimitrov nel suo discorso dichiusura del Congresso si ispirava ai criteri delladialettica marxista:

«Alcuni compagni si rompono inutilmentela testa con la domanda: da che cosaincominciare, dal Fronte unico del proletariatoo dal Fronte popolare antifascista?

Gli uni dicono: non sarà possibile passare

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Il ruolo della classe operaia nella politica di Fronte unico e di Fronte popolare

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alla formazione del Fronte popolare antifascistaprima che si sia organizzato un saldo Fronteunico del proletariato.

Ma poiché l’attuazione del Fronte unicodel proletariato - argomentano gli altri -incontra in molti paesi la resistenza dellasocialdemocrazia, è meglio incominciare subitodal Fronte popolare e soltanto su questa basesviluppare in seguito il Fronte unico della classeoperaia.

Gli uni e gli altri non comprendono che ilFronte unico del proletariato e il Frontepopolare antifascista sono connessi dalla vivadialettica della lotta, si intrecciano, passanol’uno nell’altro nel corso della lotta praticacontro il fascismo e non sono per nulla separatida una muraglia cinese».

Sarà, dunque, lo studio particolareggiato emetodico della situazione concreta e dei rapportidi forza fra le classi che, in ogni situazioneparticolare e in ogni realtà nazionale, indicheràai comunisti dove dirigere innanzitutto i lorosforzi, cioè da che cosa incominciare, senza maidimenticare che, come Dimitrov sottolinea conforza, «l’unità d’azione della classe operaia è laforza motrice» della formazione di ogni frontepiù ampio.

3. Le indicazioni politiche di Dimitrovtrovarono conferma nella Risoluzione approvatadal VII Congresso al termine dei suoi lavori(“Risoluzione sull’offensiva del fascismo e icompiti dell’Internazionale Comunista nellalotta per l’unità della classe operaia contro diesso”, adottata il 20 agosto 1935):

«La lotta vittoriosa contro l’offensiva delcapitale, contro i provvedimenti reazionari dellaborghesia, contro il fascismo - che è il peggiornemico dei lavoratori e li priva di tutti i diritti edi tutte le libertà senza riguardo alle loroconvinzioni politiche - esige imperiosamentel’unità d’azione di tutta la classe operaiaindipendentemente dall’appartenenza all’una oall’altra organizzazione, ancor prima che lamaggioranza della classe operaia si unisca suuna piattaforma di lotta contro l’abbattimentodel capitalismo e la vittoria della rivoluzioneproletaria. Ma appunto per ciò questo compitoobbliga il Partito comunista a tener conto dei

cambiamenti della situazione e ad applicare latattica del fronte unico in modo nuovo, con degliaccordi per delle azioni comuni con leorganizzazioni dei lavoratori di diversatendenza politica nelle fabbriche e su scalalocale, regionale, nazionale e internazionale.

[…] Affinché lo sviluppo del movimentosia opera delle masse stesse, i comunisti devonoadoperarsi a creare degli organi di fronte unico,elettivi (nei paesi a dittatura fascista, scelti fra ipiù autorevoli partecipanti al movimento), diclasse, non di partito, negli stabilimenti, fra idisoccupati, nei quartieri operai, fra la genteminuta delle città e nelle campagne. Soltantodegli organi simili, che non devono certosostituire le organizzazioni particolaripartecipanti al fronte unico, possonoconquistare al movimento del fronte unico anchel’enorme massa dei lavoratori non organizzati,possono contribuire allo sviluppo dell’iniziativadelle masse nella lotta contro l’offensiva delcapitale e contro il fascismo e, su questa base,creare uno strato operaio numeroso di militantiattivi del fronte unico».

4. Per quali ragioni la classe operaia può edeve esercitare la sua egemonia nella politica diFronte? La classe operaia, il proletariatoindustriale, è l’antagonista più irriducibile delcapitale perché lo sviluppo generale delcapitalismo non minaccia la sua esistenza (comeavviene, invece, per gli strati piccolo-borghesi),ma fa aumentare, a livello mondiale, il numerodegli operai e rende sempre più importante ilruolo economico e sociale che essi rivestonocome principali produttori della ricchezzamateriale della società; per cui, gli interessimateriali della classe stessa coincidono con lafondamentale tendenza di sviluppo delle forzeproduttive (compresa la scienza e le sueapplicazioni tecniche alla produzione).

Il proletariato industriale - che nonpossiede alcun mezzo di produzione - è la classedirettamente sfruttata dal capitale, che ricava dalpluslavoro non pagato degli operai il profitto dicui vive l’intera classe borghese in tutte le sueramificazioni sociali. La classe operaia è,dunque, l’unica classe sociale che ha un rapportoantagonistico col capitale nella sfera stessa del

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processo produttivo. Per questo la classe operaiaè la classe più combattiva, la sola classerivoluzionaria fino in fondo della societàcapitalistica.

Il lavoro nella grande industriacapitalistica educa quotidianamente gli operaiall’attività svolta in comune, all’organizzazione,alla disciplina e allo spirito del collettivismo.Ciò consente al proletariato industriale dielevare la propria coscienza di classe, di farproprie le idee del socialismo scientifico e diprepararsi al suo compito rivoluzionario:l’abbattimento - alla testa di tutti gli oppressi e ditutti gli sfruttati - del dominio politico dellaborghesia e l’instaurazione della dittatura delproletariato per il passaggio dal capitalismo alsocialismo e al comunismo.

Sono queste le ragioni per cui, in tutte lefasi storiche del processo rivoluzionario, laclasse operaia può esercitare la sua egemonia sualtri strati di lavoratori oppressi e sfruttati, e -sotto la direzione del suo partito, il Partitocomunista - può estendere la sua egemonia edesercitare una funzione trainante anche su unaparte della piccola borghesia lavoratrice.

5. Il recupero delle esperienze storiche deiFronti popolari realizzati in Francia e in Spagnanegli anni ’30 dello scorso secolo, èestremamente utile per comprendere comel’unità di azione della classe operaia organizzatanei suoi organismi è fondamentale per lamobilitazione delle masse e per il successo dellapolitica di fronte popolare.

Come ebbe origine il Fronte popolare inFrancia? Il 6 febbraio 1934 la destra franceseorganizzò una sommossa, proclamando lanecessità di uno «Stato forte» (come nell’Italiadi Mussolini e nella Germania di Hitler) controil regime parlamentare «imbelle e corrotto».

Per contrastare la minaccia della destrareazionaria e fascista il Partito Socialistafrancese SFIO esitava a fare appello allamobilitazione operaia, mentre il PartitoComunista francese lanciò un appello cheinvitava a una grande contro-manifestazione peril 9 febbraio. L’ampiezza della manifestazionedel 9 febbraio, nel corso della quale siricongiunsero unitariamente i due grandiosicortei dei lavoratori comunisti e dei lavoratorisocialisti, segnò un punto di svolta, seguito dalgrandioso sciopero generale del 12 febbraio.

Sebbene la necessità di creare comitati difronte unico di azione, nelle fabbriche, fu sentitafin da subito, il Patto di unità d’azione stipulatonel luglio 1934 fra il Partito Comunista francesee il Partito Socialista francese, col quale i duepartiti si impegnavano a difendere le libertàdemocratiche e le istituzioni repubblicaneminacciate dal fascismo, non prevedeva laformazione di Comitati operai e di Comitati dibase unitari di lotta contro il fascismo. Icomunisti non rinunciarono in alcune occasionia chiederne la costituzione, ma la direzione dicentro-destra della SFIO, i cui leaders eranoLéon Blum e Paul Faure, fu sempre contraria.

Dopo la vittoria del Fronte popolare nelleelezioni dell’aprile-maggio 1936 e la formazionedel governo di Fronte popolare presieduto daLèon Blum, la classe operaia francese seppeancora dimostrare la sua alta combattività.

Tutto cominciò a Le Havre, con la lottadegli operai della fabbrica Bréguet contro ilicenziamenti di due delegati sindacali che sierano rifiutati di lavorare nella giornata del 1°

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maggio. In appoggio ai loro delegati, i 600operai della fabbrica incrociarono le braccia e,per la prima volta in Francia, uno sciopero fuaccompagnato dall’occupazione della fabbrica.A Tolosa e in altre località si ripetè lasospensione del lavoro in appoggio arivendicazioni sindacali, con l’occupazione deiluoghi di lavoro. La stessa forma di lotta dilagòda un capo all’altro della Francia, e il 28 maggioincrociarono le braccia i 35.000 operai dellaRenault, trascinando al loro seguito tutti imetalmeccanici della regione parigina. Nellaprovincia francese sono coinvolti nel movimentonon solo gli operai delle grandi fabbriche, maanche le lavoratrici e i lavoratori delle piccolefabbriche, a cui si uniscono più tardi anche iportuali e i lavoratori del mare.

Nel corso delle occupazioni, gli operairimanevano sul posto giorno e notte, rifornitidalle loro famiglie e dalle popolazioni delle cittàvicine. All’interno delle imprese occupate ilpotere era concentrato nelle mani dei «comitatidi sciopero» e ogni giorno si teneva nei localioccupati un’assemblea operaia.

Con gli scioperi e le occupazioni, ilavoratori ottennero dal governo del Frontepopolare importanti miglioramenti delle lororetribuzioni e delle loro condizioni di lavoro,senza però che in Francia si aprisse unaprospettiva rivoluzionaria dopo la caduta delgoverno di Léon Blum.

Nei primi mesi del governo Blum, vi erastato un legame diretto fra le lotte che gli operaiconducevano in fabbrica e le leggi che i ministrifacevano adottare in Parlamento. All’iniziodell’azione di governo, questo legame fra classeoperaia, masse popolari e azione sul pianoistituzionale veniva rivendicato esplicitamente.

Ma il governo finì col rappresentaresempre più i gruppi parlamentari che losostenevano, e sempre meno il movimentosociale che lo aveva portato al potere.

Se il protagonismo della classe operaia fuindiscutibile in tanti momenti della sua lottarivendicativa, non vi fu, a livello di base, untessuto organizzativo che trovasse la suaespressione in organismi di Fronte unico operaioquale «forza motrice» del Fronte popolare,secondo la chiara indicazione di Dimitrov. Una

grave responsabilità per questa mancanza fuquella dei capi riformisti della Confederazionedel Lavoro, che si opponevano al Fronte unico.

E questa mancanza si fece sentire proprionei momenti in cui ai vertici, nelle riunioni delConsiglio dei ministri e nelle direzioni deipartiti, venivano prese decisioni di importanzacapitale, senza che su queste potesse essereesercitato alcun controllo da parte di organismidi massa proletari.

Il limite fondamentale dell’esperienzafrancese del Fronte popolare degli anni ‘30 fudunque il fatto che l’unità d’azione fra i partitipolitici trovò la sua espressione in grandi radunipopolari o in grandi manifestazioni di massaunitarie nelle strade e nelle piazze, ma non anchenell’azione capillare di comitati di Fronte unicoo di Fronte popolare antifascista a livello di base,come quelli auspicati dall’InternazionaleComunista.

6. In Spagna, dopo l’allontanamento del reAlfonso XIII in seguito alla sconfitta dei partitimonarchici nelle elezioni per l’AssembleaCostituente del 1931, venne proclamata laRepubblica e insediato un governo provvisorio,con il repubblicano Manuel Azaña presidente delConsiglio e il socialista Largo Caballeroministro del Lavoro. A poco più di un anno dallaproclamazione della repubblica, nell’agosto1932 si verificò il primo tentativo (fallito) dicolpo di Stato militare con il pronunciamento delgenerale Sanjurjo.

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Il governo Azaña-Caballero varò unatimida riforma agraria, che non soddisfò la famedi terra dei contadini poveri. Un divorzio semprepiù profondo si aprì fra il governo e ilproletariato rurale e urbano.

Il governo cadde nel 1933, e le nuoveelezioni diedero la vittoria alle destre, mentre lacrisi economica toccò il suo punto più alto, conuna continua crescita del numero deidisoccupati.

Il Partito socialista iniziò una parzialeautocritica, e il Partito Comunista di Spagnacominciò a praticare una politica di unità allabase con tutte le forze proletarie.

Il 6 ottobre 1934 scoppiò un’insurrezionenella regione mineraria delle Asturie. Guidata daorganismi unitari (le Alianzas Obreras), in cuiconfluirono proletari comunisti, socialisti eanarchici, essa si estense dalla conca minerariaal capoluogo, Oviedo. Per alcuni giorni laregione fu sotto il controllo dei rivoluzionari,diretti da un Comitato che si incaricò di tutte lefunzioni di governo. Le colonne operaieresistettero alle truppe governative checonvergevano dalla Castiglia e dalla Galizia.Alla fine, le forze rivoluzionarie dovetterocedere alle truppe guidate dai generali falangistiFranco, Ochoa, Yagüe e Varela. La repressionefu durissima: più di 1.000 morti, molti passatiimmediatamente per le armi, e 30.000prigionieri, molti dei quali furono torturati.

Dopo questa atroce repressione, il PartitoComunista mobilitò gli elementi piùrivoluzionari delle masse in azioni unitarie,creando le condizioni concrete per la formazionedel Fronte popolare antifascista.

Nel giugno del 1935, il segretario delPartito Comunista, José Diaz, rivolse unpubblico appello al Partito Socialista, aglianarchici, ai sindacalisti, ai repubblicani e a tuttigli antifascisti per la costituzione di un FronteUnico degli operai e dei contadini, e di unaConcentrazione Popolare Antifascista, con ilproletariato in posizione egemone.Riproduciamo alcuni passi politicamente salientidell’appello:

«Noi del Partito Comunista lottiamo elotteremo sempre per la realizzazione del nostroprogramma massimo, per l’instaurazione inSpagna di un Governo operaio e contadino, perla dittatura del proletariato nel nostro paese.

Ma in questo momento in cui un gravepericolo minaccia i lavoratori, con il fascismopadrone delle principali risorse dello Stato,dichiariamo che siamo disposti a lottare uniticon tutte le forze antifasciste, sulla base di unprogramma minimo di obbligatoria accettazioneper tutti quanti entreranno nella ConcentrazionePopolare Antifascista.

[…[ La Concentrazione PopolareAntifascista deve fondarsi sulle AlianzasObreras y Campesinas, sugli organi di unità e dilotta del proletariato e dei contadini. E nonoccorre che mi dilunghi molto sull’importanza eil significato delle Alianzas Obreras yCampesinas. Ciò è risultato evidente in Ottobre,con la presa del potere da parte dei lavoratoriasturiani.

Questa necessità, questa nostraprevisione, debbono essere ben comprese. Èrisaputo che l’unica classe rivoluzionaria,conseguentemente rivoluzionaria fino in fondo,è il proletariato. Per questo è il proletariato chedeve essere la forza dirigente dellaConcentrazione Popolare Antifascista. Questa èla migliore garanzia che il programma di lottasarà realizzato. E’ la migliore garanzia che laConcentrazione Popolare servirà gli interessidelle masse antifasciste e non indietreggerà finoa che non avrà conseguito il suo obiettivo. E il

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suo obiettivo è abbattere il Governo reazionarioe fascista».

Il 15 gennaio 1936 le sinistre firmarono unPatto di unità e, un mese dopo, il Frontepopolare - di cui facevano parte il PartitoComunista, il Partito Socialista e i partitirepubblicani della piccola e media borghesia -vinse le elezioni. Si formò il nuovo governosotto la presidenza di Azaña, nel quale i socialistie i comunisti non ebbero alcun rappresentante.Furono costituiti dei Comitati di fronte popolare,ma quasi sempre subordinati alla legalitàpiccolo-borghese, senza che il Partito Comunistariuscì a trasformare il loro contenuto per farnegli organismi di un vero potere popolare.

D’altro canto, la media borghesia e settoridell’esercito non vollero attaccare i settori delcapitalismo, per salvare i loro privilegi.

La rivincita dei traditori reazionari efascisti non si fece attendere. Nel mese di luglio,nel Marocco e in Spagna scoppiò unasollevazione militare guidata dai “quattrogenerali” (fra i quali predomina il boia delleAsturie, Francisco Franco) e iniziò la guerracivile spagnola, nel corso della quale - sui frontidell’Ebro, del Guadarrama, della difesa diMadrid, e in molti altri combattimenti - la classeoperaia versò eroicamente il suo sangue insiemealle Brigate Internazionali.

Lo scarso peso degli organismi di Fronteunico operaio non fu certamente il solo limitedell’esperienza spagnola – ad es., vi fu la graveincomprensione della natura di quella guerracome guerra nazionale rivoluzionaria - masicuramente influì in modo negativo sullosvolgimento della lotta, poiché la sola veragaranzia di una lotta contro un nemico potente espietato sta nell’unità compatta della classeoperaia.

7. La politica di Fronte unico e di Frontepopolare incarna, ieri come oggi, la giusta tatticamarxista-leninista da portare avanti condecisione e intelligenza, tenendo in conto larealtà peculiare di ogni paese. Essa èindispensabile per stabilire rapporti con le massee aumentare la nostra influenza nel movimentooperaio e popolare, sviluppare la suamobilitazione e realizzare migliori rapporti di

forza, quale premessa di ulteriori avanzamentirivoluzionari.

Oggi, con l’offensiva brutale e reazionariadel capitalismo, con la minaccia populista efascista in molti paesi, con i pericoli di guerraimperialista, la realizzazione del Fronte popolare(nelle sue varie espressioni e denominazioni),che presuppone alleanze con gli strati dellapiccola borghesia colpita e impoverita dalla crisieconomica, dalle misure di austerità, etc., è unobiettivo fondamentale. A condizione che laclasse operaia, col suo fronte unico di lotta,svolga un ruolo importante, di direzione e diinfluenza politica su tutti gli altri strati delpopolo lavoratore.

Il Fronte unico proletario è principalmentel’unità di azione di tutti i settori della classeoperaia, la formazione di organismi unitari(comitati, consigli, etc.) di lotta nei luoghi dilavoro e sul territorio, l’unità sindacale di classee l’unità e la lotta tra operai organizzati e nonorganizzati, per difendere gli interessi economicie politici del proletariato, le sue libertà e diritti,contro l’offensiva capitalista e la reazioneborghese, contro i pericoli di guerra imperialista,in stretto legame con gli obiettivi finali dellanostra lotta.

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I processi di costruzione del Fronte unico edel Fronte popolare possono andare avanti nellostesso tempo. Uno aiuta l’altro. E’ importanteche la classe operaia sostenga le rivendicazionidegli strati e dei settori sociali aggrediti dalcapitalismo; altrettanto importante è che lecoalizioni popolari riconoscano le rivendicazioniurgenti della classe operaia.

Chiaramente un Fronte popolare senza laclasse operaia è inconcepibile. Allo stesso tempodobbiamo dire che il concetto di Fronte popolarecome semplice “alleanza” fra diverse classi estrati sociali (la classe operaia, la piccolaborghesia urbana, i contadini poveri, etc.), èinsufficiente. Questa alleanza ha sempre unadirezione, che può essere di una classe odell’altra.

Come marxisti-leninisti dobbiamosforzarci di tradurre in pratica il concetto didirezione, di egemonia del proletariatoall’interno di questa alleanza.

Quando parliamo di direzione della classeoperaia nei Fronti popolari, non ci riferiamo soloal ruolo che svolge il Partito comunista, che è ilsuo reparto di avanguardia.

Direzione di classe significa lottare perrealizzare organismi di fronte popolare che sianonelle mani di elementi combattivi di estrazioneproletaria.

Un vero Fronte popolare deve non soloincludere i rappresentanti della classe operaia ele loro rivendicazioni politiche, parziali eimmediate, ma vederli alla sua testa, nel vivodella lotta.

Il rafforzamento del ruolo dirigente dellaclasse operaia nel quadro della politica di Frontepopolare serve a evitare molti errori (per es.quello di identificare fronte e Partito), così comea sviluppare il rapporto organico dei comunisticon i migliori elementi del proletariato.

Uno dei motivi per cui in Italia non si sonoancora compiuti passi decisivi verso laformazione di una coalizione di sinistra,anticapitalista e antifascista, democratica epopolare, risiede nell’incomprensione e nelmancato riconoscimento del ruolo dirigentedella classe operaia.

Di conseguenza nella negazione delrapporto dialettico tra il Fronte unico della classe

operaia e la politica di unità fra la classe operaiae le altre vittime del capitalismo.

Questo profondo limite comporta che lapolitica di fronte venga di fatto negata oboicottata da numerose forze opportuniste,socialdemocratiche e revisioniste; in altri casi, sipresenta come una politica piccolo borghese,spesso ristretta a momenti congiunturali, oppurelimitata alla formazione di coalizioni o alleanzeesclusivamente sul terreno elettorale. Ciòprovoca continui sbandamenti e arretramentidelle iniziali esperienze frontiste.

D’altro lato, esistono tendenze settarie eultrasinistre che non comprendono l’egemoniadella classe operaia e di conseguenza negano lapolitica delle allenza, la tattica.

Queste deviazioni vanno combattuteapertamente, rilanciando e sviluppando il nostrolavoro all’interno di una situazione obiettiva cheoggi, in Italia e nel mondo, presenta condizionifavorevoli e spazi politici per la formazione delFronte unico e del Fronte popolare.

E’ indispensabile che la sinistra operaia epopolare, rivoluzionaria e anticapitalista, leforze politiche, sindacali e sociali che resistonoall’offensiva capitalista, costruiscano momentidi incontro, discussione e mobilitazione incomune, stabili coalizioni popolari basate sullelotta al nemico di classe e ai collaborazionisti. Inquesto modo riaffermeranno la loro natura diclasse, che le distingue nettamente dalleespressioni della sinistra borghese e piccoloborghese.

I marxisti-leninisti devono essere alla testadi questa battaglia, senza rinunciare, nemmenoper un istante, al loro lavoro indipendente diagitazione comunista, di organizzazione emobilitazione tra le masse sfruttate e oppresse.

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Un quadro politico in movimento

La perdurante crisi economica del sistemacapitalista-imperialista, la scelta da partedell’oligarchia finanziaria internazionale diadottare sempre più insistentemente politicheneo-liberiste ferocemente antioperaie eantipopolari, l’abbandono del welfare state, ilrisveglio delle lotte della classe operaia e dellemasse popolari a livello nazionale einternazionale, stanno producendo da anni unacrisi profonda delle differenti correnti dellasocialdemocrazia.

In Italia, questa crisi si è espressa in moltepliciforme: a destra, nella trasformazione del PD inpartito apertamente liberista; a sinistra, nellaparabola discendente di Rifondazione“Comunista” e nelle fallimentari esperienze deicarrozzoni elettorali quali Sinistra Arcobaleno,Federazione della Sinistra, Rivoluzione Civile, eper ultimo il flop della Sinistra per Tsipras.

Oggi questa stessa crisi sta generando unfenomeno di riorganizzazione-ricomposizioneche vede impegnate le varie facce del prismasocialdemocratico ed opportunista.

L’obiettivo che alcuni settori si stanno ponendoè la costruzione di un Partito “del lavoro”,socialdemocratico e neo-keynesiano chedovrebbe vedere la confluenza di SEL, settori diRifondazione, i fuorusciti dal PD (Civati,Fassina, Cofferati…), pezzidell’associazionismo dei movimenti sociali edemocratici, della “società civile”, componentidel movimento sindacale.

Questo progetto, che i più ottimistivedrebbero poter realizzarsi a breve, dovrebbeessere preparato attraverso una nuovaaggregazione politica unitaria della sinistra.L’obiettivo che viene posto è quello di creareun’alternativa di “sinistra” alle politiche neo-liberiste del PD.

I socialdemocratici neo-keynesiani non sonogli unici a muoversi. Oltre a loro, si muovonoanche i neo-revisionisti. Procede infatti anche ilprogetto dell’Associazione “Per la ricostruzionedel Partito comunista nel quadro largo della

sinistra di classe”, che fa capo alla rivista “MarxXXI” (Catone, Giannini, Losurdo), cherecentemente ha promosso la Costituentecomunista in nome del togliattismo e delrapporto con i partiti revisionisti dei BRICS. Fanno parte di questo progetto principalmente ilP”C”d’I e settori di Rifondazione, intellettuali emilitanti senza partito che si aggirano attornoalle macerie del neorevisionismo italiano.

Parallelamente a questi due progetti marcia ilprogetto di Coalizione Sociale di Landini, cheraccoglie la FIOM ed altre associazioni emovimenti. La coalizione Sociale è il solo diquesti tre progetti che può vantare unaconsistente base di massa, utile per il discorsoelettoralista e si prospetta come il pendant, lacinghia di trasmissione del futuro partitolaburista.

Il quadro politico a sinistra del PD e i variprocessi che lo costituiscono non possono essereconsiderati definitivi. Il proseguire della crisieconomica, la crisi politica italiana e isommovimenti interni alla socialdemocrazia (perultimo, la crisi di Syriza), il riaccendersi delloscontro sociale, rendono la situazione alquantoinstabile. Sono dunque prevedibili nuove ediverse manovre, ulteriori scomposizioni eriaggregazioni, alleanze e posizionamenti.

Il partito laburista in formazione,sue caratteristiche e possibilità

SEL, settori di Rifondazione, transfughi delPD, l’Altra Europa, pezzi della CGIL (FIOM inparticolare), differenti movimenti democratici esociali ecc. stanno in questi mesi intensificandoil lavoro di costruzione di un nuovo soggettopolitico unitario, che dovrebbe passare per ilsuperamento dei vari soggetti esistenti, laaggregazione delle forze con la realizzazione diuna Costituente della sinistra e la costruzione diun partito della sinistra fuori dal PD.Assemblee, nazionali e no, convegni, incontri sistanno susseguendo in queste settimane.

Il loro scopo è riaffermare il proprio ruolo espazio politico messi all’angolo dalla attuale

Partito laburista o Partito comunista?

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dominante linea politico-economica liberista,offrire la loro soluzione per l’uscita dalla crisidel capitale.

Quali dovrebbero essere, a detta dei promotoridel progetto, le sue caratteristiche?

Un partito “costruito dal basso”, che raccolgatutti coloro che si dichiarino disponibili alprogetto, che ha il proprio orizzonte strategicointerno alla difesa e applicazione dellaCostituzione democratico-borghese e che vuoledare rappresentanza politica al mondo del lavoroe dei ceti sociali più deboli e non rappresentati. Illoro obiettivo è un non meglio specificato“modello sociale diverso”.

Un partito che vorrebbe salvaguardare i valoridella socialdemocrazia traditi dal PD neo-liberista di Renzi.

Un partito che prenda spunto da esperienzeanaloghe a livello europeo (Ferrero: bisognacostruire la Syriza italiana”, la spagnola“Podemos” ), e si ponga l’obiettivo di attuareuna politica di redistribuzione delle ricchezze, disostegno sociale e di cancellazione delle misurepiù inique delle politiche d’austerità dirette dallaTroika, di rilancio delle politiche economicheneo-keynesiane, di un progetto di politicaeconomica e industriale alternativo a quelloliberista, il tutto all’interno della (chimerica)“Europa non dei mercati ma dei popoli”.

Quali sono le prospettive di questo partito?Nonostante le politiche neoliberiste siano ancorala strada privilegiata della grande borghesia, essacerca anche altre soluzioni di fronte al perduraredella crisi e all’aggravarsi delle contraddizionicongenite al suo sistema sociale di sfruttamentoper continuare a garantirsi il massimo profitto eil proprio dominio.

D’altra parte, il perdurare e l’acutizzarsi dellacrisi economica, il livello crescente dimalcontento operaio e di disaffezione allepolitiche d’austerità, la caduta di consensi delgoverno Renzi, permettono di affermare cheesistono le condizioni per la discesa in campo diun partito di tipo laburista nel nostro paese.

Se è vero che oggi le condizioni economichefavorevoli ad un nuovo patto sociale si sonofortemente ristrette, se è vero che non esiste piùun campo socialista cui l’imperialismo dovevafare fronte anche attraverso il welfare state, èaltrettanto vero che la crisi del sistemacapitalista-imperialista a livello mondiale ètalmente vasta e grave che non possiamoescludere a priori il ritorno all’adozione, da partedel capitale italiano ed internazionale, della cartasocialdemocratica per deviare la lotta di classedegli sfruttati.

Giorgio Airaudo, ex dirigente FIOM, “bracciooperaio” di SEL e mente politica del progetto,afferma: “C’è un grande spazio politico per unpartito del lavoro” e a ben vedere la sua non èuna affermazione campata in aria.

Squagliati i progetti delle “coalizioni”movimentiste alla “Gufi ribelli”, anche la scena“alternativa” più propriamente “partitica” è aiminimi termini. La sinistra “anticapitalista” èdisunita e senza cavallo vincente. La ListaTsipras smembrata e senza appeal. Vendolatroppo identificabile come stampella del PD. Le“Opposizioni PD” hanno dimostrato la loroinsulsaggine. Nelle condizioni attuali si possonoaprire dunque le porte ad un nuovo partito cherappresenti in senso riformista i lavoratori. Suquesta necessità la socialdemocrazia puòcontinuare a giocare le sue carte.

Rimane il problema della scelta del leader. IVendola, i Ferrero, i Fassina, etc. sono tropporiconducibili ad una massa di mestieranti dellapolitica che hanno condotto la classe operaia e la

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sinistra alla crisi più nera. Proprio Landinipotrebbe essere il nome di “richiamo”.

Certamente il leader della FIOM potrebbeessere la persona più adatta per cercare diincollare i cocci del socialismo democratico eriformista italiano. Più credibile e coerente comeleader della categoria CGIL con maggiore “pesospecifico”, capace di bucare lo schermo, uscitosostanzialmente indenne dal crac “Rivoluzionecivile” e dalle liste civiche, a cui scaltramente siè rifiutato di partecipare, Landini può risultare lacarta che la socialdemocrazia ha intenzione digiocarsi in questa fase, nonostante le suecontinue dichiarazioni di voler esclusivamentecostruire la Coalizione sociale.

Partito stampella e Partitorivoluzionario

Il partito del lavoro oggi in cantiere non saràun partito basato sul marxismo. In effetti,Landini non ha mai letto un rigo di Marx e gliesponenti di punta del progetto laburista, seppurelo hanno letto lo hanno falsato e rinnegato.

Non sarà nemmeno un partito nato da unaseria critica (e autocritica) riguardo lafallimentare politica delle passate esperienzeriformiste e socialdemocratiche. Di esso infattifanno parte, e ne costituiscono il gruppopromotore, una larghissima fetta dei principaliresponsabili della sconfitta storica subita nelnostro paese dal proletariato e dalle massepopolari.

Siamo di fronte al progetto di un ennesimopartito socialdemocratico, perfettamente internoalle logiche e all’orizzonte del capitalismo“temperato e moderno”, che fungerà dastampella sociale della borghesia.

Un partito con cui si intende ribadirel’egemonia della piccola borghesia,dell’aristocrazia operaia e della burocraziasindacal-riformista, sul proletariato, che nega ecombatte la prospettiva della rivoluzioneproletaria, della dittatura del proletariato e dellacostruzione del socialismo.

Un partito che avrà come riferimento il nuovonume tutelare dell’idealismo antimarxista e delcristianesimo sociale: il signor Bergoglio.

Un partito che difende la proprietà privata dei

mezzi di produzione, lo sfruttamentocapitalistico, cercando di porre rimedio ai malidella società borghese senza intaccarne ifondamenti.

Ma c’è anche un’altra ragione dietro lapossibile nascita di questo partito. La borghesiasa benissimo che il malcontento cova sotto lacenere nelle fabbriche, negli altri luoghi dilavoro, fra le masse sfruttate, fra i giovani senzafuturo e che può determinarsi un’esplosionesociale. E’ consapevole che la situazione attualeoffre un ampio terreno al lavoro politico e diorganizzazione dei genuini comunisti. Questo“pericolo” deve essere evitato ad ogni costo.

Il partito laburista sarebbe dunque unostrumento che la classe dominante intendeutilizzare per coprire lo spazio politico lasciatolibero dallo spostamento a destra del PD, percercare di mantenere sotto controllo ilproletariato ed incanalare le prossime lotteoperaie e popolari dentro l’alveo capitalista.

Esso, come gli altri partiti opportunisti erevisionisti, non può essere altro che unostrumento in mano alla borghesia per difendere ilcapitalismo, confondere la coscienza della classeoperaia e sviarla dalla lotta rivoluzionaria perl’abbattimento della società degli sfruttatori.

Un partito del genere, proprio per la suanatura di “sinistra borghese”, seguirà la paraboladelle analoghe esperienze fallimentari delpassato. Resterà l’ennesimo carrozzoneopportunista ed elettoralista che finirà per esserela ruota di scorta da sinistra del PD, e sidimostrerà come ogni progettosocialdemocratico una delle stampelle delsistema capitalista-imperialista e dei suoigoverni.

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Insomma, il partito laburista in incubazione èun partito borghese riformista per contenutiideologici, orizzonti strategici, programmapolitico. Niente a che vedere con un Partitocomunista rivoluzionario ed indipendente dellaclasse operaia, che punta ad abbattere il sistemadi sfruttamento capitalista, conquistare il poterepolitico per costruire la società dei lavoratori: lasocietà socialista, e poi, comunista.

Il partito del lavoro non sarà altro che unanuova variante di quelli che Engels definì “partitioperai borghesi”.

Il partito che serve alla classe operaia non èl’ennesimo partito socialdemocratico e laburista,un partito che seguirà le fallimentari ormesyriziane, tanto meno l’ennesimo partitorevisionista.

Per condurre coerentemente e portare alsuccesso la lotta contro il barbaro sistemacapitalista-imperialista, ma anche per le stesserivendicazioni immediate, è indispensabile unaltro partito, il Partito comunista, reparto diavanguardia, cosciente e organizzato delproletariato.

Solo con la guida di tale partito la classeoperaia e le masse popolari potranno affrontarecon successo la borghesia e trionfare nellarivoluzione proletaria.

Solo con la sua guida, potrà essere abbattutoil morente sistema capitalista-imperialista ecostruita la vera società dei lavoratori, la societàsocialista, fino al comunismo.I proletari d’avanguardia devono pertantorompere completamente e definitivamente con lasocialdemocrazia e tutte le altre correntiopportuniste e controrivoluzionarie, sviluppare icollegamenti e il lavoro per costruire la propriaorganizzazione indipendente e rivoluzionaria.

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Ma chi è il partito?Ma chi è il partito?

Ma chi è il partito?Ma chi è il partito?Se ne sta in una casa coiSe ne sta in una casa coitelefoni?telefoni?Sono segreti i suoi pensieri,Sono segreti i suoi pensieri,sconosciute le sue decisioni?sconosciute le sue decisioni?Chi è?Chi è?

Siamo noi.Siamo noi.Tu e io e voi: noi tutti.Tu e io e voi: noi tutti.I l partito sta nei tuoi abit i,I l partito sta nei tuoi abiti,compagno, e pensa compagno, e pensa nella tua testanella tua testaDove io abito è la sua casa, eDove io abito è la sua casa, edove tu sei stato attaccatodove tu sei stato attaccatoCombatteCombatte

Mostraci la via che dobbiamoMostraci la via che dobbiamopercorrere, e noi percorrere, e noi la percorreremo con te, mala percorreremo con te, maNon percorrere senza di noi laNon percorrere senza di noi lavia giusta:via giusta:senza di noi èsenza di noi èla più sbagliata.la più sbagliata.Non staccarti da noi!Non staccarti da noi!

Noi possiamo sbagliare e tu puoiNoi possiamo sbagliare e tu puoiavere ragione, perciòavere ragione, perciònon staccarti da noi! non staccarti da noi!

Che la via breve sia meglio dellaChe la via breve sia meglio dellalunga, nessuno lo nega,lunga, nessuno lo nega,Ma se uno la sa,Ma se uno la sa,e non è in gradi d’indicarcela, ae non è in gradi d’indicarcela, ache ci giova il suo sapere?che ci giova il suo sapere?Sii saggio vicino a noi!Sii saggio vicino a noi!Non staccarti da noi!Non staccarti da noi!

Bertolt BrechtBertolt Brecht

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Questi due importanti concetti vengonospesso sovrapposti e confusi ad arte dai

nostri avversari, specie dai revisionisti e daiciarlatani della “sinistra” borghese. E’ perciòimportante chiarirli, data la loro importanza e leconseguenze disastrose delle incomprensioni edelle manipolazioni al riguardo. Partiamo da unacelebre osservazione di Gramsci: “Da alcuni punti svolti precedentemente, appareche il concetto di «ortodossia» deve essererinnovato e riportato alle sue origini autentiche.L’ortodossia non deve essere ricercata in questoo quello dei seguaci della filosofia della praxis,in questa o quella tendenza legata a correntiestranee alla dottrina originale, ma nel concettofondamentale che la filosofia della praxis «bastaa se stessa», contiene in sé tutti gli elementifondamentali per costruire una totale edintegrale concezione del mondo, una totalefilosofia e teoria delle scienze naturali, non solo,ma anche per vivificare una integraleorganizzazione pratica della società, cioè perdiventare una totale, integrale civiltà. Questoconcetto così rinnovato di ortodossia, serve aprecisare meglio l’attributo di «rivoluzionario»che si suole con tanta facilità applicare a diverseconcezioni del mondo, teorie, filosofie.” Ed ancora: “Una teoria è appunto«rivoluzionaria» nella misura in cui è elementodi separazione e distinzione consapevole in duecampi, in quanto è un vertice inaccessibile alcampo avversario. Ritenere che la filosofia dellapraxis non sia una struttura di pensierocompletamente autonoma e indipendente, inantagonismo con tutte le filosofie e le religionitradizionali, significa in realtà non aver tagliatoi legami col vecchio mondo, se non addiritturaaver capitolato. La filosofia della praxis, non habisogno di sostegni eterogenei, essa stessa è cosìrobusta e feconda di nuove verità che il vecchiomondo vi ricorre per fornire il suo arsenale diarmi più moderne ed efficaci.” (Quaderni delcarcere, Quaderno 11, par. 27).Gramsci qui riprende e sviluppa il concetto diortodossia formulato da Antonio Labriola, ilfilosofo che nell’ultimo quindicennio dell’800

approdò al marxismo e lo diffuse in Italia, purcon delle limitazioni e trovandosi in unasituazione di isolamento politico. Labriola impostò un nuovo concetto diortodossia, in senso opposto a quello delmaterialismo volgare, influenzato dalpositivismo borghese (es. Plekhanov), e delletendenze neoidealistiche che stavano prendendoil sopravvento in Europa e in Italia. Egli partì infatti dal presupposto dellaindipendenza, dell’autosufficienza e dellaoriginalità del marxismo, una condizioneindispensabile per comprendere e trasformarepraticamente i rapporti sociali di produzione.Dunque, ortodossia come base stessa dellascientificità e della natura rivoluzionaria delmarxismo, come profonda rispondenza, unità frateoria e prassi rivoluzionaria.“In realtà il Labriola, affermando che la filosofiadella prassi è indipendente da ogni altracorrente filosofica, è autosufficiente, è il solo cheabbia cercato di costruire scientificamente lafilosofia della prassi.” (Ibid. par. 70).“Ortodossia” è perciò un concetto positivo,significando che l’espressione teorico-scientificadegli interessi del proletariato - basata sullaposizione, l’esperienza storica e la funzionerivoluzionaria del proletariato nella società (ilmarxismo-leninismo) - è una concezione nuova eintegrale della natura e della società, superiore atutte le filosofie e le religioni nate sul terrenodella società divisa in classi. Una concezione delmondo che non deve essere rivista, confusa,annacquata, integrata, ridotta, corrotta o“corretta” da altre correnti di pensiero cheesprimono gli interessi delle classi proprietarie enon proletarie, spesso della piccola produzione odi strati intermedi privilegiati. Un’ideologiascientifica della classe operaia che è in lottainconciliabile con tutte le altre ideologie.Da ciò ne deriva che chi abbraccia la teoriad’avanguardia che esprime le esigenze disviluppo della vita materiale della società – chenoi chiamiamo marxismo-leninismo osocialismo scientifico - deve completamenteabbandonare le concezioni mistificanti borghesi

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Ortodossia e dogmatismo

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e piccolo-borghesi, deve rigettarle e combatterlesu ogni piano, mantenendo un fermo spartiacqueideologico fra i due campi, quello delproletariato e quello borghese. Questa considerazione del marxismo-leninismocome decisivo e irriducibile punto di rottura conil vecchio mondo della filosofia borghese ècondizione stessa per la sua assimilazionecompleta e per la sua applicazione nella realtàconcreta, per il suo divenire guida per l’azionerivoluzionaria e il suo ulteriore sviluppo.Si tratta di un’impostazione che ha unaimportanza decisiva per la costruzione delPartito comunista, centro teorico organizzatore eintellettuale collettivo del proletariato che fapropria una dottrina unitaria e organica, conprincipi interni coerenti e universali, rifiutandoeclettismi, mescolanze disorganiche eagnosticismi che lo renderebberoinevitabilmente subalterno alle classiproprietarie. Ciò è tanto più vitale in un paese come l’Italia,caratterizzato da ampi strati di piccola borghesia,spinti dalla offensiva capitalista verso ilproletariato.

Questi strati sono portatori di concezioniideologiche e di pratiche politiche che sitraducono nelle differenti correnti delrevisionismo e del riformismosocialdemocratico, e spesso vengononuovamente attratti e recuperati nel campoborghese. Questo intrecciarsi di rapporti, simanifesta nella lotta ideologica che si sviluppa inseno al movimento comunista. Di quil’importanza dell’ortodossia, a difesadell’ideologia proletaria. Il concetto di ortodossia e di indipendenza delmarxismo rivoluzionario è strettamentecollegato al concetto di “partito indipendente erivoluzionario della classe operaia”, cioè al fattoche il proletariato si organizza politicamentecome classe, indipendente da tutte le altre, perportare al trionfo la rivoluzione sociale.Il proletariato entra necessariamente in contattoe in alleanza con altre classi e strati sociali, con icontadini poveri e gli strati inferiori della piccolaborghesia urbana, deve cioè stabilire rapporti dicollaborazione con altri gruppi; ma deve farlo apartire dai propri interessi indipendenti in quantoclasse, dalla propria concezione indipendente delmondo e dalla propria organizzazione politicaindipendente. Non comprendere questo significa impedire sulnascere al Partito del proletariato di svolgere lasua funzione dirigente di tutti gli sfruttati e glioppressi, di diffondere la coscienza di classe, diessere portatore di una nuova visione dellasocietà e del mondo, che è a fondamento stessodel concetto di “egemonia del proletariato”,germe della dittatura del proletariato. Il concetto di ortodossia che sosteniamo inquesto articolo, chiaramente, non significaintangibilità della teoria o sua chiusura verso ilnuovo. Ciò vorrebbe dire cadere nellapresunzione dogmatica, che è una caratteristicatipica di tutte le religioni e di tutti i sistemiteorici che difendono il vecchio mondo, lareazione, che lottano contro il nuovo, contro ciòche si sviluppa.Il marxismo-leninismo non è un corpus diconclusioni e formule compiute e definite unavolta per sempre, un sistema chiuso in cui “tuttoè stato detto”, una teoria immobile e sconnessadalla pratica sociale.

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Al contrario, è un sistema teorico in continuosviluppo e perfezionamento, mobile e dinamico,essendo concentrato sul reale, che va analizzatocon un metodo rigoroso. E’ una teoria-programma del movimento operaiointernazionale capace di rispondere allequestioni poste dalla pratica, che trae linfa dallenuove conoscenze e dalle nuove esperienze, chesi arricchisce sulla base dei nuovi dati dellosviluppo sociale, dei risultati delle scienze nelcorso del loro sviluppo, della praticarivoluzionaria delle masse. La battaglia contro il dogmatismo – una falsaforma di ortodossia funzionale alla regressionedel materialismo dialettico e storico nell’ambitodel materialismo volgare, del meccanicismo edel pensiero borghese - riveste una grandeimportanza per preservare il carattererivoluzionario del marxismo-leninismo, che è lanostra arma più potente per trasformare ilmondo, organizzare un nuovo tipo di società e unnuovo ordinamento intellettuale-morale.Il dogmatismo, il formalismo e il pedantismo,sono espressioni tipiche dell’opportunismo.Dobbiamo riconoscere che fra le ragioni storicheche hanno permesso il loro sviluppo c’è stataanche la lunga battaglia sostenuta contro ilrevisionismo, che in alcuni casi si è tradotta inuna pura e semplice conservazione dell’apparatoteorico esistente, impedendo il suo sviluppo,essenziale per l’azione politica rivoluzionaria. Il dogmatismo è una tendenza pericolosa cheblocca, ostacola e ritarda lo sviluppo creativo delmarxismo-leninismo, cristallizzando alcune sueconclusioni e formule, impedendo l’applicazionedei suoi principi nella situazione concreta. In talmodo esso spezza il rapporto dialettico prassi-teoria-prassi. Lenin e Stalin hanno sempre lottato contro lavolgarizzazione dogmatica del marxismosostenuta dagli opportunisti con lo scopo disabotare il carattere critico e rivoluzionario diquesta arma teorica del proletariato. Lenin ha affermato che “la teoria rivoluzionarianon è un dogma: essa si forma definitivamentesolo in stretto rapporto con la pratica di unmovimento veramente rivoluzionario everamente di massa” (Lenin, L’estremismo,malattia infantile del comunismo).

E Stalin ha chiarito in maniera esemplare uncontrasto di principio tuttora esistente:“Vi sono due gruppi di marxisti. Entrambilavorano sotto la bandiera del marxismo e siconsiderano “veri “ marxisti. eppure sono benlungi dall’essere identici. Anzi, un abisso lisepara, poiché i loro metodi di lavoro sonodiametralmente opposti.Il primo gruppo si limita di solito alriconoscimento esteriore del marxismo, alla suasolenne proclamazione. non sapendo o nonvolendo penetrare la sostanza del marxismo, nonsapendo o non volendo applicarlo nella pratica,esso trasforma le tesi vive e rivoluzionarie delmarxismo in formule morte che non dicononulla. Esso non basa la sua attivitàsull’esperienza, sugli insegnamenti del lavoropratico, ma sulle citazioni prese da Marx.attinge indicazioni e direttive non dall’analisidella realtà vivente, ma dalle analogie e daiparalleli storici. La discordanza tra le parole egli atti: ecco la principale malattia di questogruppo. di qui, le delusioni e la perpetuainsoddisfazione verso il destino checontinuamente e regolarmente lo tradisce, sibeffa di lui. Il nome di questo gruppo èmenscevismo (in Russia), opportunismo (inEuropa). Al Congresso di Londra il compagnoTyszko (Jogiches) ha dato una definizioneabbastanza precisa di questo gruppo, dicendoche esso non parte del punto di vista delmarxismo ma ci riposa sopra.

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Il secondo gruppo, al contrario, trasferisce ilcentro di gravità della questione dalriconoscimento esteriore del marxismo alla suaattuazione, alla sua applicazione pratica.L’indicazione, in conformità con la situazione,delle vie e dei mezzi per l’attuazione delmarxismo, la modificazione di queste vie e diquesti mezzi quando la situazione cambia: ecco ipunti a cui soprattutto questo gruppo rivolge losua attenzione. esso trae direttive e insegnamentinon dalle analogie e dai paralleli storici, madallo studio delle circostanze. Nella sua attivitànon si basa sulle citazioni e sulle sentenze, masull’esperienza pratica; controlla ognuno deisuoi passi con l’esperienza; trae insegnamentidai propri errori e insegna agli altril’edificazione di una nuova vita. Questoprecisamente spiega perché nell’attività di

questo gruppo la parola non discordadall’azione e la dottrina di Marx conservainteramente la sua viva forza rivoluzionaria. Aquesto gruppo si addicono pienamente le paroledi Marx secondo le quali i marxisti non possonolimitarsi a spiegare il mondo, ma debbonoprocedere oltre, al fine di trasformarlo. Il nomedi questo gruppo è bolscevismo, comunismo. Organizzatore e capo di questo gruppo è V. I.Lenin.” (Stalin, Lenin, organizzatore e capo delPartito comunista della Russia, 1920).Non vi possono essere dubbi: il marxismo-leninismo è una teoria e una politicarivoluzionaria trasformatrice, che va intesa,studiata e applicata come una guida per l’azione,come una scienza d’avanguardia che non rimaneferma, ma che avanza assieme alla vita e che faavanzare la vita stessa.

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Nel febbraio 2013, al momento delledimissioni di Ratzinger, scrivevamo che la

funzione del suo successore era quella dirisollevare l’immagine del Vaticano e dellaChiesa cattolica, puntellare la loro struttura,seriamente compromessa da scandali,corruzione, crimini sessuali, diffusione didocumenti segreti, gravi problemi finanziari,acute lotte intestine, assassinii…. Questo successore-riorganizzatore non potevache venire dalle file dei gesuiti, il “centro” checontrolla l’apparato ecclesiastico e il Vaticano, le“forze speciali” del cattolicesimo, l’asseorganizzativo, ideologico e politico della Chiesaa partire dal Concilio di Trento, che affidòproprio ai gesuiti la sua ristrutturazione edepurazione.Da quando è stato eletto romano pontefice, ilsignor Bergoglio ha svolto con zelo il compito diridare una faccia presentabile al Vaticano e allaChiesa, con una nuova strategia comunicativa (ilfamoso “buona sera”) e un look più sobrio, perrecuperare consensi in un mondo sconvolto dallacrisi del capitalismo. L’ex buttafuori di Cordoba si è spinto fino alpunto di dichiarare, nella recita dell’”Angelus”del 4 gennaio 2015: ”si superi lo sfruttamentodell’uomo da parte dell’uomo. Questosfruttamento è una piaga sociale che mortifica irapporti interpersonali e impedisce una vita dicomunione improntata a rispetto, giustizia ecarità”.C’è chi si è meravigliato. Qualche imbecille haaddirittura ipotizzato che l’attuale monarcaassoluto dello Stato vaticano potesse esserenientemeno che un “marxista”, un “comunista”.E’ proprio il caso di dire: ma per carità! Se il gesuita Bergoglio solleva certe bandieremediatiche, assieme alla crociata contro i dirittidelle donne e alle offese per chi non va a messa;se predica la povertà e mantiene lo IOR percapitalisti e ricchi; se fustiga la borghesia nellefeste comandate e la blandisce nei giorni feriali;se prega per la fine delle piaghe sociali e nellapratica sostiene il sistema che le approfondisce,

è perché questo campione del consumoparassitario anela a un sistema di sfruttamentodifferente da quello della borghesia. Con le sue favolette e le sue preghierine non puòcerto pretendere di rappresentare l’ideologiadella classe borghese dominante e i suoi disegnistrategici, ma deve contentarsi di abbindolare igruppi subalterni più arretrati.Il signor Bergoglio è un rivoluzionario alrovescio. Non guarda al futuro, ma al passato.Non illumina i rapporti sociali con un’analisiscientifica, ma con “la luce della fede”, cioèdella superstizione cattolica (v. l’enciclica“Lumen Fidei” del 2013), integrata con la criticadella tecnologia e della scienza, mutuata dallascuola di Francoforte, con la sociologia borghesedel conflittualismo e la teoria della decrescita. Sitratta di una tattica teologica neo-modernista chediverge dalle posizioni più reazionarie dellaChiesa, ma non per questo è meno antiscientificae anticomunista.In realtà Bergoglio, non mira al rovesciamentodei rapporti sociali vigenti, ma alla restaurazionedi quelli pre-vigenti e alla redistribuzione di unaparte dei “pani e dei pesci” che si moltiplicanocon lo sfruttamento del lavoro. L’istituzione che capeggia – la Chiesa cattolica -è stata durante il Medio Evo il più importanteproprietario, nonché una forza ideologica epolitica formidabile. Ha sfruttato i lavoratori,specialmente i servi della gleba, per lunghi secolied accumulato immense ricchezze.Nella sua organizzazione –al cui vertice c’è ilpapa romano – la Chiesa riproduce,santificandolo, il sistema di dominazione esottomissione feudale.A quell’epoca dorata (è proprio il caso di dirlo,visto che dopo la scoperta delle Americhe l’orodegli indios fluì a tonnellate nelle mani dei papi),Bergoglio s’illude di tornare col suo ipocritasocialismo clericale, buono tutt’al più perstraccioni, furfanti, sbirri e prostitute, checondividono con i preti la condizione di“lavoratori improduttivi”. L’accusa mossa dal papato alla borghesia è

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L’ipocrita socialismo clericale del signor Bergoglio

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sempre stata quella di aver spezzato e distrutto irapporti feudali, producendo nuove condizionidi sfruttamento non più nascoste da chimerespirituali. E’ di aver spodestato dal poteretemporale il “Sommo pontefice”, di aver messoin crisi irreversibile il blocco cattolico feudale,di aver generato una classe, il modernoproletariato, che abolirà tutte le forme disfruttamento e le loro sovrastrutture religiose. Non a caso il referente sociale della Chiesacattolica non sono i proletari, ma i poveri (“unacategoria teologica prima che culturale,sociologica, politica o filosofica”, v.l’esortazione apostolica Evangelii gaudium diBergoglio). E per svolgere la sua funzione deve favorire unsistema di ricchi (“Il papa ama tutti, ricchi epoveri”…) che produca una gran quantità dipoveri, di popoli e di paesi poveri, così dapredicare a queste masse la rassegnazione, lapassività, l’ubbidienza e la felicità ultraterrena.Se non ci fossero poveri, se ci fossel’uguaglianza socialista la Chiesa sparirebbe inbreve. Quanto all’atteggiamento nei confronti dellaproprietà privata – vera e propria cartina ditornasole che distingue i comunisti da tutte lealtre correnti politiche e ideologiche – ilpensiero di Bergoglio è ben espresso nellarecente enciclica Laudato si’.

Qui, riprendendo le parole di Woytila, ribadisceche la Chiesa difende il principio e il legittimodiritto alla proprietà privata, anche se essa devesvolgere una funzione sociale e va subordinataalla “destinazione universale dei beni”, cioè auna più equa distribuzione; allo stesso tempo,legittima l’attività imprenditoriale come “nobilevocazione orientata a produrre ricchezza” (leggiprofitti), e ribadisce che la proprietà assolutadella terra appartiene a dio (dunque alla Chiesacome grande latifondista). E la critica alcapitalismo sfruttatore? Inutile cercarla fra lepagine della lettera pastorale.Non meravigliamoci, dunque, di certe “sparate”papali. Servono a due scopi: da un lato, deviarele masse lavoratrici con il falso slogan della pacefra le classi sociali; dall’altro, criticare laborghesia in quanto classe che ha rottol’egemonia cattolica.La lotta fra Chiesa e borghesia è una lotta fra lavecchia e l’attuale classe dominante, checontinua specialmente nel campodell’educazione, della sanità, dei privilegifiscali, della ricerca scientifica e dei depositi off-shore... Sebbene indebolita e non più egemone, con unterritorio limitato, l’anacronistica teocraziavaticana – dopo essersi riconciliata con lo Statoborghese per combattere il socialismo e salvare isuoi privilegi - si è sviluppata come potenzaeconomica, parte integrante e strumentodell’imperialismo mondiale, componentedell’oppressione economica, oltre che spirituale,che grava sulle grandi masse. Le sue attività oggi la rendono una holding contentacoli nei settori più disparati, con “filiali”che gestiscono affari in centinaia di paesi epotenti banchieri al suo servizio.Esportazione di capitali, immense proprietàimmobiliari e di latifondi, di imprese industriali,società di servizi, assicurazioni, fondi pensione,investimenti miliardari in azioni, prodottiderivati e titoli di stato, tonnellate di lingottid’oro, speculazioni spregiudicate….le vie delsignore sono infinite, e per tenerle sgombre siseguono politiche neocolonialiste, si puntellanoregimi reazionari e corrotti.La nuova alleanza fra Chiesa e capitale èsimbolicamente rappresentata dall’edificazione

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di capannoni per la messa domenicale davanti aigrandi centri commerciali. L’angoscia delconsumismo borghese è così completata erafforzata con il consumo spirituale dell’essereumano. Feticismo della merce e illusionereligiosa si trovano in comunione fra di loro:“prendete e mangiatene tutti”.La riprova del rapporto fra Bergoglio e grandecapitale sta nella “riforma” di facciata dello IOR. La banca vaticana rimane un paradiso fiscalecon “conti speciali” di importanti lupi di borsache non possono essere chiusi, pena scandaligiganteschi; un’istituzione finanzaria senzaalcuna trasparenza e controllo, che specula suimercati finanziari.C’è poi da chiedersi come mai Bergoglio percurare le “malattie” dello IOR abbia nominatol’arcivescovo australiano George Pell a capodell’economia vaticana. I suoi meriti? Aver difeso a spada tratta gliinteressi economici della arcidiocesi di Sidneycoprendo i preti pedofili e mettendo un tetto airisarcimenti per le vittime.Nonostante il contributo dello IOR (che hachiuso il 2014 con profitti per 69,3 milioni dieuro) le casse del Vaticano sono ancora in rosso. I risarcimenti economici alle vittime dellapedofilia, le spese della corte curiale, laconcorrenza delle altre religioni e la crisi delcattolicesimo nei paesi più avanzati, colpisconole finanze vaticane. Perciò è stato indetto un anno santostraordinario, tradizionale mezzo papalino perrimpinguare le esauste casse incassando l’obolodi san Pietro e elargendo indulgenze a manigiunte. Ecco dunque cosa c’è dietro la falsa predica“anticapitalista” dell’anticomunista Bergoglio,che non a caso stringe la mano allo sfruttatoreMarchionne.Rilanciamo dunque le nostre rivendicazioni percombattere la nebbia della religione e i privilegiclericali, per liberare i lavoratori dallesuperstizioni e unirli nella lotta per una vitamigliore.Basta con i finanziamenti al Vaticano, alleChiese, alle scuole e alla sanità privata, agli entireligiosi; abolizione dell’8x1000; fortetassazione per i beni mobili e immobili della

“Vaticano S.p.A.” e degli enti ecclesiastici, conrestituzione degli arretrati, senza esenzioni esconti; soppressione di tutti i privilegieconomici, sociali e fiscali del Vaticano e delleChiese; verità e giustizia sui traffici finanziaridello IOR; completa separazione delle Chiesedallo Stato; lotta all’oscurantismo religioso ealle ingerenze e interferenze clericali nella vitapolitica e sociale; difesa intransigente dei dirittidelle donne; una scienza e una scuola libere datutte le confessioni religiose, abolizione deiConcordati e dei Patti Lateranensi cheperpetuano il potere temporale del papato ecertificano la capitolazione politica dello Statoborghese. La rivoluzione socialista si incaricherà di fare ilresto, risolvendo una volta per tutte la “questioneromana” (storicamente legittimata dal falsodocumento della “Donazione di Costantino”) econ essa l’inaccettabile doppia sovranità sulterritorio dello Stato italiano, aprendo così la viaper la società senza classi e senza preti, con unavisione scientifica del mondo, una nuovamorale, un nuovo sistema di idee, un nuovomodo di vivere e di pensare.

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«Nella società niente apparterrà singolarmentein proprietà ad alcuno, eccetto le cose di cui sifarà un uso effettivo sia per i bisogni e piaceripersonali, che per il quotidiano lavoro»(MORELLY, Code de la nature,1755).

Proletariato e ricchezza sono opposti. Essiformano come tali un tutto. Entrambi sono figuredella proprietà privata. Ciò che conta è laposizione determinata che entrambi occupanonell’opposizione.

La proprietà privata, come proprietàprivata, come ricchezza, è costretta a mantenerenell’esistenza se stessa e con ciò il suo opposto,il proletariato. […] Il proletariato, invece, comeproletariato, è costretto a togliere se stesso e conciò l’opposto che lo condiziona e lo faproletariato, la proprietà privata.

[…] La classe proprietaria e la classe delproletariato presentano la stessa autoalienazioneumana. Ma la prima classe in questaautoalienazione si sente a suo agio e confermata,sa che l’alienazione è la sua propria potenza epossiede in essa la parvenza di un’alienazioneumana; la seconda classe nell’alienazione sisente annientata, vede in essa la suaimpotenza e la realtà di un’esistenzainumana.

[…] Essa è nell’abiezione la rivoltacontro questa abiezione, una rivolta a cui essa èspinta necessariamente dalla contraddizionedella sua natura umana con la situazione dellasua vita.. […] All’interno dell’opposizione ilproprietario privato è dunque il partitoconservatore, il proletariato il partitodistruttore. Il primo lavora alla conservazionedell’opposizione, il secondo al suoannientamento.

***

Il proletariato esegue la condanna che laproprietà privata pronuncia su se stessacostruendo il proletariato. […] Se vince, ilproletariato non diventa perciò il lato assolutodella società: esso vince solo togliendo se stessoe il suo opposto. Allora scompare sia ilproletariato sia l’opposto che lo condiziona, laproprietà privata.

***

Gli individui attuali debbono abolire laproprietà privata perché le forze produttive e leforme di relazioni si sono sviluppate al puntoche sotto la dominazione della proprietà privataesse sono diventate forze distruttive, e perchél’antagonismo delle classi è stato spintoall’estremo.

***

Il proletario è senza proprietà […] Iproletari possono impossessarsi delle forzeproduttive sociali soltanto abolendo il loro mododi appropriazione attuale e con esso l’intieroattuale modo di appropriazione.

***

Voi inorridite all’idea che noi vogliamoabolire la proprietà privata. Ma nell’attuale

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Marx ed Engels: l’antagonismo irriducibile fra proprietà privata e comunismo

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vostra società la proprietà privata è abolita pernove decimi dei suoi membri; anzi, essa esisteprecisamente in quanto per quei nove deciminon esiste. Voi ci rimproverate dunque di volerabolire una proprietà che ha per condizionenecessaria la mancanza di proprietà perl’enorme maggioranza della società.

***

Il comunismo non toglie a nessuno lafacoltà di appropriarsi dei prodotti sociali; togliesoltanto la facoltà di valersi di taleappropriazione per asservire lavoro altrui.

***

I comunisti appoggiano dappertutto ognimoto rivoluzionario contro le condizioni socialie politiche esistenti.

In tutti questi moti essi mettono avantisempre la questione della proprietà, abbia essaraggiunto una forma più o meno sviluppata,come la questione fondamentale delmovimento.

***

Ciò che distingue il comunismo non èl’abolizione della proprietà in generale, bensìl’abolizione della proprietà borghese.

Ma la moderna proprietà privata borgheseè l’ultima e la più perfetta espressione di quellaproduzione e appropriazione dei prodotti chepoggia sugli antagonismi di classe, sullosfruttamento degli uni per opera degli altri.

IN QUESTO SENSO I COMUNISTIPOSSONO RIASSUMERE LA LORODOTTRINA IN QUEST’UNICAESPRESSIONE: ABOLIZIONE DELLAPROPRIETÀ PRIVATA.

***

La proprietà privata, come antitesi dellaproprietà sociale, collettiva, esiste soltanto làdove i mezzi di lavoro e le condizioni esterne dellavoro appartengono a privati. […] La proprietàprivata acquistata col proprio lavoro, fondata per

così dire sull’unione intrinseca della singola eautonoma individualità lavoratrice e delle suecondizioni di lavoro, viene soppiantata dallaproprietà capitalistica, che è fondata sullosfruttamento di lavoro che è sì lavoro altrui,ma, formalmente, è libero.

***

Con la diminuzione costante del numerodei magnati del capitale che usurpano emonopolizzano tutti i vantaggi di questoprocesso di trasformazione, cresce la massadella miseria, della pressione, dell’asservimento,della degenerazione, dello sfruttamento, macresce anche la ribellione della classe operaiache sempre più s’ingrossa ed è disciplinata eorganizzata dallo stesso meccanismo delprocesso di produzione capitalistico. Ilmonopolio del capitale diventa un vincolo delmodo di produzione che è sbocciato insieme adesso e sotto di esso. La centralizzazione deimezzi di produzione e la socializzazione dellavoro raggiungono un punto in cui diventanoincompatibili col loro involucro capitalistico. Edesso viene spezzato. SUONA L’ULTIMA ORADELLA PROPRIETÀ PRIVATACAPITALISTICA. GLI ESPROPRIATORIVENGONO ESPROPRIATI.

NB: I passi citati sono tratti da: Marx-Engels, La sacra famiglia; Marx-Engels,L’ideologia tedesca; Marx-Engels, Manifestodel Partito Comunista; Marx, Il Capitale. Leevidenziazioni in neretto sono nostre.

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Riproduciamo qui un noto brano di GiuseppeStalin, i grassetti sono i nostri.

Sotto il regime capitalistico la base deirapporti di produzione è costituita dalla

proprietà capitalistica sui mezzi diproduzione, mentre la proprietà sui produttori,sugli operai salariati non esiste più: il capitalistanon può né ucciderli né venderli, perché essisono liberi dalla dipendenza personale, ma sonoprivi dei mezzi di produzione e, per non moriredi fame, sono costretti a vendere la loro forza-lavoro al capitalista, a sottomettersi al giogodello sfruttamento. Accanto alla proprietàcapitalistica dei mezzi di produzione esiste, ed ènei primi tempi largamente diffusa, la proprietàprivata del contadino e dell'artigiano —emancipatisi dalla servitù della gleba — suimezzi di produzione: proprietà che si fonda sullavoro personale. Le botteghe degli artigiani e lemanifatture vengono sostituite da immensefabbriche e officine, fornite di macchine. Idomini dei nobili, già coltivati con gli strumentiprimitivi dei contadini, vengono sostituiti dagrandi aziende capitalistiche, gestite con i criteridella scienza agronomica e munite di macchineagricole.

Le nuove forze produttive esigono che ilavoratori siano più progrediti e piùintelligenti dei servi ignoranti e arretrati, chesiano capaci di capire la macchina e dimaneggiarla nel modo dovuto.

Per questo i capitalisti preferiscono aver a chefare con operai salariati, liberi dai vincoli servilie abbastanza progrediti per maneggiare lemacchine nel modo dovuto.

Ma avendo sviluppato le forze produttivein proporzioni gigantesche, il capitalismo ècaduto in un groviglio di contraddizioniinsolubili. Producendo quantità sempremaggiori di merci e diminuendone i prezzi, ilcapitalismo accentua la concorrenza, rovina lamassa dei piccoli e medi proprietari privati, liconverte in proletari e diminuisce la loro

capacità d'acquisto, in conseguenza di che losmercio dei prodotti diventa impossibile.

Allargando la produzione e raggruppando inimmense fabbriche e officine milioni di operai, ilcapitalismo imprime al processo dellaproduzione un carattere sociale e mina, perquesto fatto stesso, la propria base, poiché ilcarattere sociale del processo dellaproduzione esige la proprietà sociale deimezzi di produzione, mentre la proprietà deimezzi di produzione rimane una proprietàprivata, capitalistica, incompatibile col caratteresociale del processo della produzione.

Queste contraddizioni inconciliabili tra ilcarattere delle forze produttive e i rapporti diproduzione si manifestano nelle crisiperiodiche di sovrapproduzione, quando icapitalisti, non trovando compratori solvibili acausa della rovina delle masse, di cui essi stessisono i responsabili, sono costretti a bruciare lederrate, a distruggere le merci, ad arrestare laproduzione, a distruggere le forze produttive,mentre milioni di uomini sono costretti alladisoccupazione e alla fame, non perchémanchino le merci ma perché ne sono stateprodotte troppe.

Ciò significa che i rapporti capitalistici diproduzione hanno cessato di corrispondereallo stato delle forze produttive della società esono entrati con esse in contraddizioneinsanabile.

Ciò significa che il capitalismo è gravido diuna rivoluzione, chiamata a sostituire l'attualeproprietà capitalistica dei mezzi di produzionecon la proprietà socialista.

Ciò significa che un'acutissima lotta di classetra sfruttati e sfruttatori è il tratto caratteristicoessenziale del regime capitalista.”

Da: GIUSEPPE STALIN, Del materialismodialettico e del materialismo storico.

L’insanabile contraddizionedel regime capitalista

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Il presente testo, che pubblichiamo in questo n.27 di "Teoria e Prassi", costituisceun'anticipazione di un più ampio studio sullostesso argomento che uscirà nel successivo n.28della nostra rivista.

Contro le fantasie del socialismo utopisticopremarxista, i fondatori del socialismoscientifico si sono espressi con la massimachiarezza e precisione sul carattere statale dellaproprietà socialista dopo la conquista del poterepolitico da parte del proletariato:

«La rivoluzione comunista è la più radicalerottura coi rapporti di proprietà tradizionali.[…] Il proletariato si servirà della suasupremazia politica per strappare alla borghesia,a poco a poco, tutto il capitale, per accentraretutti gli strumenti di produzione nelle manidello Stato, vale a dire del proletariato stessoorganizzato come classe dominante, e peraumentare, con la massima rapidità possibile, lamassa delle forze produttive. Naturalmente, sulle prime, tutto ciò non puòaccadere se non per via di interventi dispoticinel diritto di proprietà e nei rapporti borghesidi produzione».MARX-ENGELS, Manifesto del PartitoComunista.

«Il modo di produzione capitalistico,trasformando in misura crescente la grandemaggioranza della popolazione in proletari,crea la forza che, pena la morte, è costretta acompiere questo rivolgimento. Spingendo inmisura sempre maggiore alla trasformazione deigrandi mezzi di produzione socializzati inproprietà statale, essa stessa mostra la via per ilcompimento di questo rivolgimento. Ilproletariato s'impadronisce del potere dello Statoe anzitutto trasforma i mezzi di produzione inproprietà dello Stato. […] L'anarchiaall'interno della produzione sociale vienesostituita dall'organizzazione coscientesecondo un piano.

[…] Rivoluzione proletaria. Soluzione dellecontraddizioni: il proletariato si impadroniscedel potere pubblico e in virtù di questo poteretrasforma i mezzi di produzione sociale chesfuggono dalle mani della borghesia, inproprietà pubblica. Con quest'atto ilproletariato libera i mezzi di produzione dalcarattere di capitale che sinora essi avevano e dàal loro carattere sociale la piena libertà diesplicarsi. Ormai diviene possibile unaproduzione sociale conforme a un pianoprestabilito».FEDERICO ENGELS, Anti-Dühring, Parteterza: Socialismo.

La definizione generale del diritto di proprietàcome "definizione generale astratta" (che risaleaddirittura al diritto romano: ius utendi fruendi,jus possidendi, jus disponendi) può essereriferita a tutte le forme del diritto di proprietà(così come avviene, in Marx, per il concetto di"produzione in generale"). Ma, di volta in volta,essa deve essere riempita di un contenutoconcreto che esprima i caratteri specifici deldiritto di proprietà in ogni singola formazioneeconomico-sociale.La proprietà privata dei mezzi di produzionecome base dei rapporti di produzione di qualsiasisocietà basata sull'antagonismo delle classisociali, era e rimane il diritto diappropriazione del lavoro altrui non pagato.Nelle sue varie forme, esso rappresenta il dirittodel proprietario (proprietario di schiavi, signorefeudale, capitalista) di utilizzare i mezzi diproduzione che gli appartengono allo scopo diappropriarsi del lavoro altrui non pagato o delprodotto di questo lavoro.Una volta abolita la proprietà privata e losfruttamento dell'uomo sull'uomo, lo Statosocialista, in qualità di rappresentante di tutta lasocietà, è il soggetto unico dell'appropriazionecollettiva dei mezzi di produzione, e dei prodotticreati con l'uso di questi mezzi di produzione.Lo Stato di dittatura proletaria, la cui forzadirettiva è la classe operaia, è l'unico

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La proprietà socialista dello Stato di dittatura proletaria

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proprietario di tutti i beni dello Stato nato dallarivoluzione anticapitalistica. L'organizzazionedella gestione dell'immenso complesso dei benidello Stato per il tramite dei diversi organi statali(economici, amministrativi, sociali e culturali) èuno degli aspetti fondamentali di quelgigantesco processo di organizzazione di cuiparlava Lenin nel 1918: «L'organizzazione del bilancio, il controllo sulleaziende più importanti, la trasformazione ditutto il meccanismo economico dello Stato inun'unica, gigantesca macchina, in unmeccanismo economico che lavori in modo taleche centinaia di milioni di uomini lavorinosecondo un unico piano, ecco il gigantescocompito organizzativo che è venuto a gravaresulle nostre spalle». Questo principiofondamentale del marxismo-leninismo vale oggicome ieri. Dopo le vittoriose rivoluzioniproletarie che - nel periodo storico che oggistiamo attraversando - avranno abbattuto ilcapitalismo nei vari paesi del mondo, esso saràvalido per i 60 milioni di abitanti dell'Italia comeper i 325 milioni di abitanti degli Stati Unitid'America, per i 16 milioni di abitanti dei PaesiBassi, come per il miliardo e 276 milioni diabitanti dell'India.Lo Stato socialista non «divide» il suo diritto diappropriazione collettiva dei mezzi e deiprodotti della produzione né con i suoi organi, néfra di essi. Essi semplicemente li gestiscono, siache questa gestione sia esercitata - sotto forma di«direzione generale» - da un organo preposto

alla pianificazione, sia che la gestione siaaffidata a singole imprese statali.Realizzando l'unificazione della direzionepolitica ed economica, lo Stato socialistapianifica e disciplina (seppure con misurediverse, e applicando alle varie forme dellaproprietà socialista metodi differenti) l'attività ditutte le organizzazioni socialiste. Per quantoriguarda le aziende statali, lo Stato socialistaconcentra nelle proprie mani la pienezza dellapotestà dello Stato e tutti i poteri delproprietario. E' l'unità del potere e dellaproprietà nello Stato di dittatura proletaria.E' ciò che i vari antimarxismi, nel corso dellastoria, non hanno mai accettato,contrapponendovi le loro fallimentari utopie:dalle "comunità economiche" di EugenioDühring nell'Ottocento (contro le quali siesercitò la critica demolitrice di FedericoEngels) all'autogestione "antistatalista" di Tito eKardeli nel secolo scorso (che Enver Hoxhasmascherò come forma di modernorevisionismo); dall'anarchismo di Bakunin aivari neo-anarchismi, comunitarismi e populismi"antistatalisti" dell'epoca nostra, altrettantevarianti dell'ideologia antiproletaria e piccolo-borghese del cosiddetto " socialismo del XXIsecolo". Ne parleremo con ampiezza in una partesuccessiva di questo nostro contributo, nellaquale faremo riferimento, nell'essenziale, anchealle principali esperienze storiche di eserciziodella dittatura proletaria nel ventesimosecolo.

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Trenta anni fa, l’11 aprile 1985, moriva aTirana il compagno Enver Hoxha,

fondatore e segretario del Partito del Lavoro diAlbania, figura esemplare di comunista forgiatodalle grandi battaglie del suo tempo.

Questo anniversario ci offre l’opportunità diriflettere sull’impatto che ha avuto il compagnoEnver Hoxha sul movimento comunista eoperaio internazionale.

Per valutare obiettivamente il pensiero el’opera del compagno Enver Hoxha, pervalorizzarli e attualizzarli degnamente,riteniamo, infatti, che non sia sufficiente basarsisu quanto egli ha realizzato in Albania: lafondazione del Partito comunista, la vittoriosaguerra di liberazione dal nazifascismo, lademocrazia popolare e la costruzione delsocialismo sulla base dei principi di Marx,Engels, Lenin e Stalin, i grandi progressi socialie culturali realizzati, la lotta contro ilburocratismo, l’emancipazione delle donne dalretaggio feudale, la lotta contro la religione, etc.

Tutto ciò costituisce un merito inestimabile.La lotta per il socialismo e il comunismo, controil revisionismo, contro tutti i nemici della classeoperaia e dei popoli però non ha un ristrettocarattere nazionale, ma deve essere compresa evalutata su scala mondiale.

Noi pensiamo che oggi bisogna ricordare ilcompagno Enver Hoxha più per l’enormecontributo che ha dato al movimento comunistainternazionale, alla causa della classe operaia edei popoli oppressi del mondo, che per quelloche ha realizzato nel suo paese, in cui conseguìenormi avanzamenti e successi in ogni campo.

Questa realtà deve essere affermata con forzae difesa, come suo fondamentale contributo allacausa del proletariato internazionale.

Enver Hoxha ha infatti svolto un ruoloessenziale nella formazione ideologica, politicae nella caratterizzazione del movimentocomunista internazionale del nostro tempo, cosìcome nella formulazione degli orientamentistrategici e tattici per le lotte rivoluzionarie del

proletariato e dei popoli oppressi del mondo.E’ necessario analizzare e comprendere i suoi

sforzi e contributi per la difesa e lo sviluppo delmarxismo-leninismo, espressioneteorico–scientifica degli interessi del proletariatointernazionale, la sua ininterrotta e indomabilelotta antirevisionista, l’appoggio politico, moralee materiale che ha fornito ai distaccamentid’avanguardia del proletariato, alla lotta dellaclasse operaia e dei popoli oppressi del mondo,offerti malgrado le difficoltà e le limitatedimensioni del socialismo albanese.

Ci soffermeremo brevemente, dunque, sualcuni aspetti di questa battaglia svolta neglianni dal compagno Enver Hoxha.

La lotta contro il modernorevisionismo

La lotta svolta dal compagno Enver e dalPLA contro il revisionismo moderno, l’elevatolivello di resistenza e di attacco che dispiegòcontro questo sottoprodotto dell’imperialismo,l’aspra lotta ideologica e politica che portòavanti nonostante il blocco imperialista-revisionista e i numerosi tentativi di distruggerel’Albania socialista, la sua analisi delle strategiee delle tendenze delle superpotenze imperialistenella seconda metà del secolo XX, le sue tesi econclusioni, i compiti di lotta che ne derivano,vanno molto aldilà della costruzione delsocialismo in Albania e della difesa della patriasocialista.

La prima battaglia svolta da Enver contro ilrevisionismo fu, come è noto, quella contro ladirezione del Partito comunista jugoslavo cheaveva cominciato a seguire, nelle questionifondamentali della politica interna ed estera, unalinea che rappresentava una deviazione dellateoria e della pratica marxista-leninista.

Per capire questa lotta svolta da Enver e dalPLA è necessario ricordare alcune premesse.L’Albania si liberò con le sue proprie forze delletruppe occupanti nazifasciste il 17 novembre1944. Durante la guerra, nella lotta contro il

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Enver Hoxha e il movimento comunista e operaio internazionale

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nemico comune, i comunisti albanesi e quellijugoslavi annodarono stretti vincoli. Subito dopola liberazione dell’Albania due divisionidell’Esercito di liberazione albanese inseguironole truppe hitleriane in Jugoslavia, combattendofianco a fianco con i partigiani jugoslavi.Animati da vero spirito internazionalistacentinaia di combattenti albanesi dettero la vitaper la liberazione dei popoli di Jugoslavia.Bisogna anche ricordare che Enver e il PLA nonhanno mai ammesso lo slogan fascista esciovinista della “grande Albania”, sostenendoche la giusta soluzione ai complessi probleminazionali poteva essere data solo dalla vittoriadella rivoluzione popolare sia in Albania, sia inJugoslavia.

Inoltre, il partito di Enver, combattendo ogniforma di sciovinismo, si è sempre espresso per lastabilità della Federazione jugoslava.

Purtroppo, già negli anni seguenti aldopoguerra si manifestò una linea egemonica daparte del partito jugoslavo che interveniva inmodo brutale negli affari interni e nella vita delPartito e dello Stato albanese, violando le normeche regolano i rapporti fra partiti comunisti emettendo in pericolo l’indipendenza e lasovranità nazionale albanese.

In quegli stessi anni emerse anche la lineaopportunista e antisovietica della direzione delPCJ, che fu aspramente criticata dal Cominform.

Sul piano interno i dirigenti iugoslaviabbracciarono la tesi secondo la quale nel

periodo di transizione dal capitalismo alsocialismo la lotta di classe non si acutizza, masi estingue; sul piano estero avviarono unapolitica di inimicizia nei confronti dell’UnioneSovietica e del Partito comunista (bolscevico)dell’URSS, allontanandosi così dal marxismo-leninismo e ponendosi così sulla strada dellaseparazione del campo socialista, contrapposto aquello imperialista.

Questi atteggiamenti furono oggetto della piùspietata critica da parte di Enver Hoxha per i lorolegami con gli imperialisti angloamericani, perle prese di posizione antisovietiche, la teoria e lapratica antisocialista del sistema di“autogestione” nell’economia, l’epurazione delPartito jugoslavo degli elementi marxisti-leninisti e la negazione del ruolo guida delPartito, così come per le tendenzeespansionistiche ed egemoniche nei confrontidell’Albania socialista e del popolo albanese.

Enver Hoxha previde la tragicadisintegrazione della Jugoslavia e il manifestarsidi eventi sanguinosi risultato della dupliceazione dello sciovinismo grande serbo e dellerelazioni stabilite con l’imperialismo.

Subito dopo la morte di Stalin i rinnegatirevisionisti kruscioviani, cominciarono adattaccare la linea marxista-leninista, la teoria e lapratica della costruzione socialista.

Quando fu chiaro i revisionisti krusciovianiavevano usurpato e preso in mano le redini delPartito Comunista e dello Stato sovietico, EnverHoxha dichiarò una lotta aperta e senzacompromessi contro la cricca di rinnegati alpotere, considerando ciò un proprio dovereinternazionalista.

Il XX Congresso del PCUS rafforzò laconvinzione del compagno Enver di svilupparecontro i kruscioviani questa lotta impari, indifesa della gloriosa via rivoluzionaria delPartito Bolscevico e dei popoli sovietici, indifesa di Stalin e degli insegnamenti d’Ottobre, adifesa delle tesi del socialismo proletario, dellapratica rivoluzionaria, del ruolo della classeoperaia, della lotta antimperialista dei popoli edell’internazionalismo proletario,vergognosamente calpestati e traditi dairevisionisti.

Il 16 novembre 1960, Enver Hoxha46

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pronunciò, a nome del CC del PLA, uno storicodiscorso alla Conferenza degli 81 partiticomunisti e operai svoltasi a Mosca, con il qualedenunciò le tesi e le prese di posizionerevisioniste del gruppo kruscioviano sullequestioni fondamentali della teoria e dellapratica della rivoluzione e dell’edificazionesocialista, della strategia e della tattica delmovimento comunista.

A partire da quegli anni, il compagno Enveravviò un’analisi scientifica per gettare luce sulprocesso di restaurazione del capitalismo inUnione Sovietica, sulla sua progressivaintegrazione nel sistema del capitalismomondiale e su tutti i fenomeni regressivi cheaccompagnavano questi processi a livellopolitico, sociale, etc., scontrandosi frontalmentecon la linea kruscioviana-brezneviana. Nella suaferma condanna di principio, non identificò maila direzione revisionista con la classe operaia e ilpopolo sovietico.

Il compito di analizzare le radici di questadegenerazione, la difesa dei principi e dellenorme leniniste del partito rivoluzionario dellaclasse operaia, nonché l’aiuto alle nuove forzemarxiste-leniniste per liberarsi di tuttal’influenza negativa ereditata dalla bancarottarevisionista, sono stati compiti di eccezionalerilevanza, che hanno potuto contare sulcontributo inestimabile del compagno EnverHoxha.

Le questioni sollevate dalla lotta di principioportata avanti dal compianto dirigente comunistaalbanese convertirono la polemica in due campiben precisi: quello del marxismo-leninismo equello del moderno revisionismo, che tuttoraesistono e sono in acuto conflitto fra di loro.

La formazione e lo sviluppo di nuovi Partiti eOrganizzazioni marxisti-leninisti, in lotta controil revisionismo, fu un processo che si appoggiòsulla lotta di principio scatenata dal PLA, dallasua direzione e in prima persona dal compagnoEnver Hoxha.

Non tardò molto tempo, e nell’autostrada deltradimento, della mistificazione e delladegenerazione dei partiti comunisti in partiti ditipo socialdemocratico, aperta dai kruscioviani,si infilarono gli “eurocomunisti”. Costoroimboccarono apertamente la via del

compromesso con la borghesia capitalista e siadoperano a disorientare e dividere ilproletariato e i suoi alleati attraverso le «riformesociali», la «pace sociale», la «viaparlamentare», etc.

Questi partiti degenerati, tra cui il PCI diBerlinguer, che negavano il leninismo, la lotta diclasse, la rivoluzione e la dittatura delproletariato, si trasformarono ben presto inpartiti di tipo socialdemocratico e presero la viadel compromesso esplicito con la borghesiacapitalista, la via dell’anticomunismo, perfrenare e soffocare la rivoluzione.

Un’altra deviazione che si manifestò fu quellamaoista. Questa deviazione, con la suaincapacità di portare a termine la rivoluzioneantimperialista e antifeudale, i compromessi conl’imperialismo yankee e le sue tesi sullacollaborazione di classe, aprì la strada allosviluppo capitalista della Cina, oggicompletamente integrata nel sistema imperialistamondiale, in cooperazione con i monopoliinternazionali.

Il cammino della Cina come superpotenzacapitalista fu individuato, denunciato econdannato da Enver Hoxha fin dai suoi esordi.

Nel quadro della lotta per la difesa delmarxismo-leninismo e del socialismo a livellointernazionale, Enver Hoxha ha difeso il PC e laRP cinesi nei momenti più difficili che hannoattraversato, senza timore di attirarsi i fulminidegli imperialisti americani e dei revisionistisovietici.

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Ma quando venne a galla il tradimento deidirigenti cinesi, il carattere borghese-revisionistadella loro ideologia e politica, le loro mire perfare della Cina una superpotenzasocialimperialista, il compagno Enver non esitòa dichiarare una guerra senza quartiere alrevisionismo cinese.

E’ altresì nota la spietata critica del compagnoEnver Hoxha alla teoria opportunista dei «tremondi» elaborata dai revisionisti cinesi pergiustificare i loro atteggiamenticontrorivoluzionari, la loro politicasocialimperialista.

In tutto il cammino della sua militanza Enverha guidato con saggezza e coraggio la lottacontro il moderno revisionismo, in un periodo incui partiti e Stati revisionisti cambiavano stradadalla mattina alla sera e assieme alle correntisocialdemocratiche soffocavano il proletariato ei popoli.

Il grande rivoluzionario albanese fu tra iprimi dirigenti comunisti che comprese gliinsegnamenti e trasse conclusioni di grandevalore teorico-pratico dalla tragedia avvenutanegli altri paesi. E fu tra i primi e più decisi alevarsi implacabilmente contro i traditori ed ivoltagabbana, contro tutti i revisionisti e glianticomunisti, in difesa dell’intera opera diLenin e di Stalin.

Non fu certo facile schierarsi contro quelleposizioni, resistere di fronte alla duplicepressione e ai ricatti dell’imperialismo e delrevisionismo, difendere a spada tratta ilsocialismo proletario.

Eppure per oltre trenta anni Enver ha tenutoalta e portata avanti la bandiera del marxismo-leninismo, conducendo una lotta senza quartierecontro l’imperialismo ed il revisionismo non daposizioni nazionalistiche o per gretti interessi,ma sempre a partire da solide e coerentiposizioni di principio e internazionaliste.

La battaglia di Enver contro il revisionismonon fu solo ideologica; le questioni ideologichesi sono sempre legate a un’aspra lotta politica.La base di questo enorme sforzo di resistenza econtrattacco è stata la difesa conseguente delmarxismo-leninismo, il mantenimento del suogenuino carattere proletario, il suo ulterioresviluppo sulla base dell’analisi della situazioneconcreta e della prassi rivoluzionaria.

Tutto ciò ha rappresentato un enormecontributo e patrimonio per i coerenti comunistidi tutti i paesi, che educati da Enver Hoxha sonosaliti sulla barricata delle posizioni marxiste-leniniste per sviluppare una linea di difesa esviluppo dell’ideologia proletaria.

La devastazione e le sconfitte causate dalrevisionismo moderno sono state più ampie e piùgravi di quelle provocate dai traditori dellaSeconda internazionale. Perciò, la lotta contro ilrevisionismo moderno, particolarmente quellosovietico è stata sviluppata da Enver Hoxha inmaniera permanente, multilaterale e decisa, peraffrontarlo tanto in ampiezza, quanto inprofondità.

Se si vuole contribuire effettivamente allaripresa del movimento comunista e operaio, se sivuole avanzare nella teoria e nella pratica dellarivoluzione proletaria, non si può prescinderedal lavoro rivoluzionario compiuto da Enver.

Questo perché la riappropriazione in terminirigorosi e scientifici del marxismo-leninismo, ein particolare del pensiero dei compagni Stalin eEnver Hoxha, è essenziale per la comprensionedelle forme moderne dell’opportunismo e delrevisionismo, specialmente dopo la presa delpotere.

Purtroppo, vediamo che non c’è fra i partiti e48

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le organizzazioni che sostennero in un modo onell’altro il revisionismo sovietico, e che ancorasi definiscono comunisti, un’ampia e profondaautocritica, e nemmeno un sano dibattito inrelazione all’origine dei loro problemi.

Quasi nessuno di questi partiti si è impegnatoin una profonda critica e autocritica degli eventiseguenti il XX Congresso del PCUS (in Italiadell’VIII Congresso del PCI). Nella maggiorparte dei casi si sono svolte critiche superficialie non essenziali al passato e la linea errata delprecedente periodo viene di fatto mantenuta edifesa, seppure sotto nuove forme (es.socialismo del XXI secolo). In altri casi, idirigenti opportunisti hanno cercatosemplicemente di disfarsi del problema, sentitocome un ostacolo per la loro attività. Cambia ilpelo, ma la sostanza resta.

La lotta tra i marxisti-leninisti e i traditoridell’ideologia dei proletariato dunque continua econtinuerà fino a quando il revisionismo, chenasce e si sviluppa come agente della borghesiae dell’imperialismo, non sarà completamenteliquidato nel mondo. E’ nostro dovere, in quantomarxisti-leninisti, difendere la concezionerivoluzionaria del mondo della classe operaia.

La lotta contro l’imperialismo, per larivoluzione e il socialismo

Nelle sue opere e con la sua indomita lotta,Enver Hoxha ha riaffermato le caratteristichedell’imperialismo descritte da Lenin, ha espostoin tutti i suoi aspetti le tendenze di sviluppo delsistema imperialista, ha messo in luce la suastrategia, svolgendo numerose analisi egiungendo a conclusioni che continuano ailluminare il cammino della classe operaia e deipopoli.

Nella complessa situazione attuale dobbiamoricordare alcune fondamentali osservazioni econclusioni di Enver Hoxha riguardo ilcapitalismo e l’imperialismo.

Spesso Enver è stato presentato dairevisionisti e da altri nemici del marxismo-leninismo come un “dogmatico”. Ma la realtà ècompletamente diversa. Hoxha ha esaminatocon attenzione la situazione e l’evoluzione delsistema imperialista internazionale, la sete di

profitti dei monopoli, arricchendo la teorialeninista con dati nuovi e rifiutando le tesireazionarie e revisioniste che sostenevano ilcambiamento di natura o l’attenuazione dellecaratteristiche dell’imperialismo.

Per Enver l’imperialismo non poteva dar vitaad una società “diversa”, ad un capitalismo“ringiovanito” e senza più crisi, poiché esso nonè altro che il capitalismo al suo stadio piùelevato e conclusivo, parassitario e aggressivo,reazionario su tutta la linea, un modo diproduzione morente.

Ad esempio, nel suo libro “Imperialismo erivoluzione” Enver Hoxha segnalò che:

“Le crisi economiche di superproduzione chesi scatenano sempre più di frequente sono unachiara testimonianza della putrefazione e delparassitismo del capitalismo monopolistaodierno. Lo scatenarsi delle crisi, cheattualmente si sono fatte molto gravi, dimostrala giustezza della teoria marxista riguardo ilcarattere anarchico, spontaneo e disuguale dellaproduzione e del consumo e smantella le«teorie» borghesi dello sviluppo del capitalismo«senza crisi», o della trasformazione delcapitalismo in «capitalismo diretto».

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“Nella società capitalista attuale sta agendocon una forza ancora maggiore la leggegenerale dell’accumulazione capitalistascoperta da Marx, secondo cui, mentre da unaparte cresce l’impoverimento dei lavoratori,dall’altra aumentano i profitti dei capitalisti.Tende ad accentuarsi il processo dipolarizzazione della società in proletari eborghesi che sono in numero limitato….Laputrefazione dell’imperialismo si manifestachiaramente anche nell’aumento enell’accentuazione della reazione in tutti icampi, specie in quello politico e sociale.“

Ed ancora, mettendo in lucel’approfondimento della crisi generale delcapitalismo:

“All’attuale crisi economica e politica delmondo capitalista e revisionista si deveaggiungere anche la sua crisi ideologica emorale senza precedenti. Non sono mai esistiteuna confusione e una degenerazione ideologichee morali simili a quelle attuali. Non sono maiesistite tante varianti di teorie borghesi, didestra, di centro e di «sinistra», rivestite di ognisorta di abito, laico e religioso, classico emoderno, dichiaratamente anticomunista ecosiddetto comunista e marxista. Non si è maivisto un simile pervertimento morale, uncostume di vita così degenerato, un rilassamentospirituale così profondo. Le teorie borghesi erevisioniste, architettate con tanti sforzi estrombazzate ai quattro venti quali «ricette persalvarsi dai mali della vecchia società», comead esempio le teorie della «stabilizzazionedefinitiva del capitalismo», del «capitalismopopolare», della «società dei consumi», della«società postindustriale», della «prevenzionedelle crisi», della «rivoluzione tecnica escientifica», della «coesistenza pacifica»kruscioviana, del «mondo senza eserciti, senzaarmi e senza guerre», del «socialismo dal voltoumano» ecc. ecc., ormai sono scosse fin dallefondamenta”.

Sulla base di questa analisi critica ilcompagno Enver ha rigettato completamente leteorie che negavano lo sviluppo ineguale, lecontraddizioni e gli antagonismi incompatibilifra le potenze imperialiste. Con ciò ha difeso erimesso all’ordine del giorno la prospettiva della

rivoluzione e del socialismo, come problemaposto e da risolvere, unica via di salvezza dallaschiavitù e dalla barbarie capitalista edimperialista.

Il suo pensiero sulle questioni di principio, distrategia e tattica del movimento rivoluzionarioe di liberazione sociale e nazionale, spicca perl’ampia gamma di problemi posti.

L’analisi marxista-leninista dellecaratteristiche del processo rivoluzionario delsuo tempo; il legame esistente tra la rivoluzionesocialista e i movimenti di liberazione nazionale,le rivoluzioni anti-imperialiste e nazional-democratiche; il legame tra le forze motrici dellarivoluzione e i loro nemici interni ed esterni; illavoro del partito tra la classe operaia e i suoialleati; l’utilizzazione delle contraddizioni tra lefile nemiche; la questione delle coalizioni, dellealleanze e dei fronti comuni con altre forze;l’attività rivoluzionaria dei marxisti-leninisti incondizioni di clandestinità e della legalitàborghese; il loro atteggiamento verso le elezioniborghesi e la lotta armata: sono tutte questioniriguardo le quali è possibile trovare nelle operedi Enver Hoxha uno straordinario contributoteorico e pratico.

Il compagno Enver ha difeso e applicato gliinsegnamenti marxisti-leninisti sullarivoluzione, sulla strategia e la tattica dellaclasse operaia e del suo partito marxista-leninista, condannando energicamente sial’opportunismo di destra, sia il settarismo el’avventurismo “di sinistra”, che portano aldisorientamento e alla sconfitta del movimentorivoluzionario del proletariato.

Alle strategie e alle tattiche revisioniste epiccolo-borghesi il compagno Enver oppose lastrategia rivoluzionaria e la tattica basata sulmarxismo-leninismo, arricchita e sviluppata infunzione delle condizioni specifiche della lotta everificata nel fuoco della pratica.

Un tema specifico su cui Enver Hoxha èintervenuto continuamente è stato quellocrescente pericolo di guerra, generatoinevitabilmente dagli Stati imperialisti ecapitalisti, dai monopoli finanziari.

Nei suoi scritti, interventi, discorsi, etc. piùvolte ha dichiarato che era compito di tutti icomunisti combattere con tutte le loro forze le

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superpotenze imperialiste, con alla testal’aggressivo, guerrafondaio e pericolosoimperialismo statunitense, “il più feroce nemicodel comunismo” (dal Rapporto al VI Congressodel PLA), e il revisionismo sovietico, non menopericoloso.

Allo stesso tempo spiegò che è erratoaffermare che un imperialismo è aggressivo e unaltro ammansito, che non si può combattere unimperialismo appoggiandosi su un qualsiasi altroimperialismo, sui reazionari e sui revisionisti.

Al contrario, ci deve appoggiare attivamentesul movimento rivoluzionario del proletariato edelle masse popolari, sulla lotta di liberazionedei popoli che combattono le potenzeimperialiste e le cricche borghesi che lidominano, per distruggere l’imperialismomondiale con una lotta conseguente. Altro che leconcezioni revisioniste sulla “coesistenzapacifica”!

A trenta anni dalla sua scomparsa, in unperiodo di aggravamento delle contraddizioniinterimperialiste e di pericoli di guerra, gliinsegnamenti di Enver Hoxha rimangonostraordinariamente attuali.

La lotta contro il revisionismo moderno èparte integrante della lotta control’imperialismo, perché esso è la creatura el’alleato dell’imperialismo, la manifestazioneteorica e pratica dell’ideologia borghese nelmovimento operaio, il «cavallo di Troia»dell’imperialismo all’interno del camposocialista (oggi non più esistente) e nei Partiticomunisti.

Dopo aver analizzato il capitalismoimperialista e le tendenze del suo sviluppo, lesue crisi inevitabili, era naturale che il compagnoEnver accordasse un’eccezionale grandeimportanza alla lotta della classe operaiainternazionale, all’appoggio incondizionato allalotta antimperialista dei popoli del MedioOriente, dell’Asia, dell’Africa, dell’AmericaLatina.

Per questa stessa ragione, Enver haevidenzato il ruolo dei partiti marxisti-leninistidei diversi paesi e la posizione che dovevanooccupare in questa lotta.

Enver Hoxha ha attualizzato e messo inpratica l’insegnamento di Lenin, secondo il

quale senza combattere l’opportunismo e ilrevisionismo fino in fondo, con fermezza e inmodo coerente, non si può sconfiggerel’imperialismo. Di conseguenza, senzasmascherare e schiacciare il revisionismo el’opportunismo di tutte le risme, la rivoluzioneproletaria non può trionfare, non si può edificaree difendere con successo il socialismo e ilcomunismo.

Allo stesso tempo Enver ci ha insegnato cheaffinché la lotta sia condotta con successo ènecessario che il proletariato sia organizzato, cheabbia il suo Partito d’avanguardia, per renderecoscienti le vaste masse popolari della necessitàdella rivoluzione e guidarle nella lotta per laconquista rivoluzionaria del potere, perl’instaurazione della dittatura del proletariato,per l’edificazione del socialismo e delcomunismo.

Viva il compagno Enver Hoxha!

Il compagno Enver Hoxha oltre ad averassicurato la vittoria della rivoluzione e lacostruzione del socialismo nel proprio paese, hacompiuto il proprio fondamentale dovereinternazionalista verso il proletariato e larivoluzione proletaria mondiale.

Nella sua lunga militanza quale eminentedirigente comunista, Enver ha avuto comecostante preoccupazione quella di educare icomunisti albanesi e di tutti i paesi del mondo inun profondo spirito di internazionalismoproletario, di amicizia fra i popoli, basandosisempre sul marxismo-leninismo, teoriad’avanguardia che permette al partitorivoluzionario della classe operaial’elaborazione di una giusta linea politica.

Nei suoi rapporti con i partiti marxisti-leninisti e con i paesi socialisti, il segretario delPLA ha seguito una politica volta a stabilire econsolidare con essi vincoli saldi e fraterni, disincera cooperazione e di aiuto reciproco sullabase del marxismo-leninismo, dei principidell’internazionalismo proletario e della lottaaperta contro l’imperialismo e il revisionismo.

Nell’elaborare le sue posizioni il compagnoEnver Hoxha non partiva solo dagli interessi delproprio popolo, ma esprimeva e rappresentava

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interessi estremamente importanti, cari a tutto ilproletariato internazionale: gli interessi delsocialismo e del comunismo.

Perciò ha sempre espresso e praticato lasolidarietà con le forze rivoluzionarie delmondo, sostenendo senza riserve la lotta delproletariato internazionale contro l’oppressionee lo sfruttamento capitalistici, così come la lottadi liberazione dei popoli contro l’imperialismo ela reazione, considerando come proprie la lorolotta e le loro vittorie, così come le lorosconfitte.

Per i comunisti e i sinceri rivoluzionari diogni paese la via di Enver rappresenta la difesadella teoria e della pratica marxista-leninistacontro la strada della restaurazione e deltradimento revisionista.

Con la sua coerente e risoluta lotta diprincipio contro l’imperialismo e il revisionismomoderno, il compagno Enver Hoxha ha difeso ilmarxismo-leninismo quale sola teoria scientificadella rivoluzione e della costruzione dellasocietà socialista e comunista; ha difeso ilcampo socialista e il movimento comunista edoperaio internazionale dalle mire e dai tentatividegli imperialisti e revisionisti che puntavano ascinderli e ad annientarli.

Dopo la scissione e la degenerazioneborghese causata dai revisionisti moderni neipaesi socialisti e nei partiti comunisti e operai, ilcompagno Enver Hoxha ha tenuto in alto labandiera del marxismo-leninismo edell’internazionalismo proletario, lottando per ilrinnovamento del nostro movimento in tutti ipaesi su basi rivoluzionarie proletarie, senza econtro i revisionisti e traditori.

Enver Hoxha ha aiutato la formazione deinuovi partiti comunisti nel corso dell’ondatastessa della lotta contro i revisionisti, hacollaborato con essi, sulla base del marxismo-leninismo e dell’indipendenza di ogni partito, hafornito preziosi orientamenti per sviluppare lateoria e la pratica rivoluzionaria.

La battaglia condotta da Enver durante tuttala sua esistenza mantiene integro il suo valore esignificato, poiché il revisionismo,l’opportunismo, la socialdemocrazia sononemici permanenti della classe operaia e deipopoli.

Grazie alla lotta ideologica e politica che hasviluppato, alla sua attività di costruttore delsocialismo e del comunismo, alle sue previsioniche la realtà ha provato essere giuste, EnverHoxha vive nei cuori dei proletari rivoluzionari.

L’aspetto più importante che vogliamosottolineare oggi è la necessità del pienorecupero e dell’attualizzazione del pensiero edell’opera del grande dirigente comunistaalbanese da parte dei sinceri comunisti, a livellonazionale e internazionale.

Nel trentesimo anniversario della sua morte,noi assumiamo il contributo offerto dalcompagno Enver Hoxha come fondamentale nelpatrimonio storico del comunismo. La suaeredità ideologica e politica è essenziale per laripresa, l’ampliamento e il rafforzamento delmovimento comunista ed operaio internazionale,per la sua piattaforma di lotta e diorganizzazione.

Per una rottura definitiva, completa e apertacon il moderno revisionismo e conl’opportunismo, per la riorganizzazione sunuove basi e il raggiungimento di livelli più altidi unità fra le genuine forze comuniste, per laformazione di autentici Partiti comunisti, perrovesciare il capitalismo, l’imperialismo e

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edificare il mondo nuovo, è indispensabileconoscere e studiare il pensiero e l’opera diEnver Hoxha, oltre al pensiero e l’opera deinostri quattro maestri.

Senza dubbio i coerenti comunisti possono edevono spingersi più avanti sul piano teorico epratico, beneficiando dell’enorme patrimonio edelle lezioni del nostro passato, alzando la rossabandiera che il compagno Enver ha impugnatonel corso della sua gloriosa militanza comunista.

Onore e gloria al compagno Enver Hoxha!Viva il marxismo-leninismo!Viva l’internazionalismo proletario!

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DOCUMENTI DEL XX PLENUM DELLA CIPOML (3 EURO)

G. DIMITROV, RAPPORTO AL VII CONGRESSO DELL’INTERNAZIONALE COMUNISTA, conprefazione a cura della CIPOML (3 €).

G. STALIN, DEL MATERIALISMO DIALETTICO E DEL MATERIALISMO STORICO, un testofondamentale (2 €).

G. STALIN, CINQUE CONVERSAZIONI CON ECONOMISTI SOVIETICI E DISCORSO SUL BREVECORSO DI STORIA DEL PC(B) DELL’URSS (2,50 €).

E. HOXHA, QUATTRO SCRITTI IN DIFESA DEL MARXISMO-LENINISMO, quaderno che raccogliescritti inediti in lingua italiana o di difficile reperimento (3 €).

IL FRONTE UNICO OPERAIO, I COMITATI OPERAI E LE ALTRE SUE FORME DIORGANIZZAZIONE E DI LOTTA DI MASSA (2 €)

UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE, SI CHIAMA SOCIALISMO! II edizione. Progetto di programmagenerale adottato da Piattaforma Comunista (0,50 €).

“TESI DI LIONE”, approvate dal III Congresso del Partito comunista d’Italia, 1926, sotto la guida diGramsci (2 €).

LA PRIMA COSTITUZIONE DEL POTERE PROLETARIO. Approvata dal V Congresso Panrusso deiSoviet il 10.7.1918, inedito. Esaurito, disponibile in fotocopia (1 €).

TESI SULLA STRUTTURA E L’ORGANIZZAZIONE DEI PARTITI COMUNISTI, SUI METODI ECONTENUTI DEL LORO LAVORO, ADOTTATE DAL III CONGRESSO DELL’I.C. NEL GIUGNO DEL1921 (2,50 €). Esaurito, disponibile in fotocopia.

Per ricevere le pubblicazioni occorre versare i relativi importi, a cui vanno aggiunte le spese dispedizione (2 €), sul c.c.p. 001004989958 intestato a Scintilla Onlus, indicando la causale.

Opuscoli disponibiliOpuscoli disponibili

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Prima parte

Il violento abbattimento della dittatura delproletariato da parte della cricca traditrice diKrusciov-Breznev-Mikoyan-Suslov, etc. nel1953, dopo la morte-omicidio di Josif Stalin (5marzo 1953), segnò l’inizio di un periodocompletamente nuovo nella storia dell’UnioneSovietica: il periodo del processo reazionario didistruzione del socialismo-comunismo e laprogressiva restaurazione del capitalismo,conclusa a metà degli anni ’60, quando fu messain opera la più completa riforma economicacapitalista (riunione plenaria del settembre 1965)- con la totale eliminazione del socialismo inquel paese.Nel periodo seguente il 1953, quando sotto ladiretta direzione della borghesiasocialdemocratica di Krusciov-Breznev delPCUS si introdussero in maniera graduale leriforme economiche di carattere capitalisticonell’economia ancora socialista dell’UnioneSovietica, furono promosse su scalainternazionale due teorie borghesi reazionarie eanticomuniste che cercarono di mascherarequesto processo regressivo, graduale ma, atempo debito, di completa restaurazione delcapitalismo nell’Unione Sovietica, propostedalla tradizionale borghesia anticomunista,paladina del capitalismo-imperialismo.La prima teoria, detta della “convergenza” fra idue opposti sistemi economico-sociali, ingenerale, e più specificatamente di quelli che siosservano nel periodo storico seguente il 1953,asserì, in altre parole, che il “socialismo”dell’Unione Sovietica ed il capitalismo dei paesioccidentali si avvicinavano reciprocamentel’uno all’altro.La seconda teoria, detta del “socialismosviluppato”, fu proposta dagli anticomunistiKrusciov-Breznev, revisionisti socialdemocraticirappresentanti della nuova borghesia

dell’Unione Sovietica (inizialmente in fase disviluppo e successivamente borghesia in formatotale).Entrambe le teorie, per decenni, hanno nascostola restaurazione del capitalismo nell’UnioneSovietica poichè mostrarono la realtà socio-economica nell’URSS ed in altri paesirevisionisti di allora (1953-1990), soprattuttonell’ambito del potere dello Stato edell’ideologia, come “socialismo” (!)presentando il reazionario potere borghese-fascista (proibizione delle opere di Stalin, etc.)del periodo di Krusciov-Breznev-Gorbaciov1953-1990 come il “potere della classelavoratrice” (!) e sostenendo che l’ideologiadominante era il “marxismo-leninismo”,malgrado fosse stato già sostituito dalrevisionismo kruscioviano (una variantedell’ideologia borghese) e da varie altre tendenzeborghesi tradizionali, incluso la filosofia ultrareazionaria di Nietzsche, il romanticismotedesco, etc.Nel campo dell’economia presentarono alcuni“cambiamenti” nell’economia sovietica comedimostrazione che i due sistemi economico-sociali, presumibilmente “differenti”, siavvicinavano l’uno all’altro. Da questi punti divista si dimostra direttamente ed esplicitamenteil processo regressivo della restaurazione delcapitalismo nell’Unione Sovietica, un fenomenoscoperto e denunciato fin dal suo inizio solo daimarxisti rivoluzionari che l’analizzarono, inveronon completamente, ma almeno nei suoi aspettibasilari [nota 1].D’altra parte, la teoria della “convergenza”presentata dalla reazione borghese occidentale,che addirittura ebbe sostenitori nei paesirevisionisti nei quali venne ristabilito ilcapitalismo, come ammisero i teorici revisionisti[nota 2], e la teoria del “socialismo sviluppato”presentata dal krusciovismo, furono due teorieborghesi reazionarie anticomuniste perché

Movimento per la Riorganizzazione del Partito Comunista di Grecia (KKE 1918-55)

Teorie borghesi, reazionarie e anticomuniste che occultano la restaurazione del capitalismo

in Unione Sovietica (1953 – 1990)

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durante il periodo del loro predominio (1959-1960) agirono direttamente contro la prospettivacomunista del proletariato, oscurarono il suopanorama, presentando la restaurazione delcapitalismo nell’Unione Sovietica come il“comunismo” del futuro, mentrecontemporaneamente si trovavano in completaopposizione con l’obiettivo storico del progressodella società verso il socialismo-comunismo.Entrambe le teorie reazionarie anticomunistedominarono per decenni i conflitti “pseudo”ideologici e le controversie nelle filadell’imperialismo, tra il campo occidentalecapitalista guidato dall’’imperialismostatunitense ed il campo orientale guidatodall’Unione Sovietica capitalista-imperialista,dove venne restaurato il capitalismo durante ilperiodo di Krusciov, Breznev e Gorbaciov(1953-1990). Dopo avere disorientato ilmovimento comunista internazionale e deilavoratori per vari decenni, sotto l’apparenza –dai due lati - di un conflitto tra “capitalismoversus socialismo”, queste teorie furono sepoltesotto i rottami del crollo del campo capitalistarevisionista e la definitiva dissoluzionedell’Unione Sovietica [nota 3]. Il carattere di classe ed il contenuto di queste dueteorie sono basate sulla difesa del capitalismo:la teoria della “convergenza” difese quello cheera il capitalismo tradizionale dei paesioccidentali, mentre la teoria del “socialismosviluppato” difese quello che era il capitalismorestaurato dell’Unione Sovietica e degli altripaesi revisionisti.

La teoria borghese anticomunistareazionaria della “convergenza” delcapitalismo-socialismo

Dalla metà degli anni 1950, tra i borghesidifensori del capitalismo emersero vari punti divista riguardo l’esistenza di una “nuova fase”,una “nuova tappa” nello sviluppo della società.Questi punti di vista diedero luogo,successivamente, alle teorie della cosiddetta“società industriale”, ovvero la teoria della“convergenza” dei due sistemi economico-sociali (capitalismo e socialismo). Inizialmente, i principali rappresentanti di queste

teorie furono Raymond Aron (Francia), JanTinbergen (Olanda) e più avanti John KennethGalbraith,(USA) col suo lavoro “The Newindustriale State” (Boston, 1967), etc. Anzitutto, si noti che il termine “convergenza”,oltre ad essere ingannevole, è stato trasferitodalle scienze naturali (geometria, biologia,medicina, ecc.) al campo delle scienze sociali perdescrivere un tipo di “sintesi” tra capitalismo esocialismo e un presunto “processo inevitabile difusione dei due sistemi economico-sociali ingenerale”.Nondimeno, va osservato che la teoria della“convergenza” non è identica alla teoria della“società industriale”, il cui aspetto centrale è lanegazione della sostituzione deterministica delcapitalismo da parte del socialismo-comunismo,ma deriva da essa. Raymond Aron espresse formalmente questeopinioni sul suo lavoro: “Die Entwicklung derIndustriegesellschaft und der sozialenStratification” (1957), il quale seguì il suoprecedente libro “L’Opium des intellectuels” (Ilparere degli intellettuali, Parigi 1955) nel qualeaffermò: “In Occidente, la polemica tracapitalismo e socialismo perde la sua effettivaintensità”, e le sue “Letture alla Sorbonne“(1955-1956), in seguito inserite nella sua opera“Dixhuit Lecons sur la societe industrielle”(Paris 1962), in cui per la prima volta cercò diformulare le caratteristiche determinanti della“società industriale “e di presentare il socialismoe il capitalismo “come due versioni dello stessotipo di società industriale ... la societàsovietica e capitalista sono solo due speciedello stesso genere, o due versioni dello stessotipo sociale, vale a dire, la società industrialeprogressista” (Grecia 1972: pp. 46-47),sottolineando, allo stesso tempo, l’obiettivoprincipale di questo approccio “teorico”,borghese, reazionario, anticomunista, vale a dire,“evitare convenientemente l’opposizionesocialismo-capitalismo” (!).Tra i rappresentanti più importanti della teoriadella “convergenza” nel campo economico esociologico troviamo Jan Tinbergen(economista), Pitirim A. Sokorin (sociologoamericano, nato in Russia) e Walter Buckingham(economista americano).

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Dato che la maggior parte, se non tutte leversioni successive della teoria della“convergenza” hanno incorporato i punti di vistaanti-scientifici della celebre opera anti-comunista di Walt Whitman Rostow, “Le fasidella crescita economica - Un manifesto noncomunista” (1960, in tedesco 1961), è necessariofare un breve riferimento a quest’opera. Rostowfu un consigliere ultrareazionario dei circolimilitari più aggressivi dell’imperialismostatunitense durante il periodo di John F.Kennedy e Lyndon Johnson (in poco tempo ilsuo libro fu tradotto in 17 lingue e lo stessoRostow fu acclamato come il teorico salvatoredel capitalismo).Le tristemente celebri “cinque fasi di sviluppo”esposte da Rostow (società tradizionale,condizioni preliminari al decollo, decollo,impulso alla maturità e alto consumo di massa -in tedesco “traditionelle Gesellschaft”,“Anlaufperiode”, “Aufstiegperiode”,“Reifestadium”, “Zeitalter des Massenkonsums”pp.18-27 ed. tedesca), che si distinguono tra diloro a seconda dei differenti livelli di sviluppodella produzione e del consumo (!),rappresentano una costruzione pseudo-scientifica, perché, in primo luogo, non hannonulla a che fare con l’effettiva evoluzione storicadella società, e, in secondo luogo, perché questacostruzione completamente arbitraria ha omessoper intero le “forze produttive e i rapporti diproduzione”, il loro rapporto dialettico, i“rapporti di proprietà” e i corrispondenti“rapporti di classe”, gli interessi di classe, iconflitti di classe, ecc., che consentono unapproccio scientifico al progresso storico dellasocietà come successive formazioni socio-economiche.Naturalmente, il termine “lotta di classe” nonappare nell’opera, perché, come si sa, è la forzamotrice dello sviluppo storico e di tutti icambiamenti rivoluzionari nella società.L’omissione di tutto ciò non significa, inassoluto, che Rostow non compia un tentativo dipresentare in modo scientifico la sua costruzionepseudoscientifica, creando la falsa impressioneche egli verosimilmente “accetta” il concettomarxista di “forze produttive”.Tuttavia, la teoria delle “cinque fasi” si basa

“esclusivamente” sulla tecnica e si differenziada quella che ha descritto Marx: “I rapportisociali sono intimamente connessi alle forzeproduttive. Impadronendosi di nuove forzeproduttive, gli uomini cambiano il loro mododi produzione e, cambiando il modo diproduzione, la maniera di guadagnarsi la vita,cambiano tutti i loro rapporti sociali. Ilmulino a braccia vi darà la società col signorefeudale, e il mulino a vapore la società colcapitalista industriale.... I rapporti diproduzione di ogni società formano un tutto.”(Marx, Miseria della filosofia).Nella descrizione dell’ultima “fase”, vale a dire,“l’era del consumo di massa”, l’obiettivoprincipale della produzione nel capitalismo sitrasforma completamente nel suo opposto:invece di un sistema di produzione per il profitto(soprattutto il massimo profitto), il capitalismo èpresentato come un sistema di produzione per ilconsumo, vale a dire, per la presunta“soddisfazione” delle necessità di tutte le classiin una società borghese. Ovviamente, la massimizzazione dei profitti nonè in rapporto alla “natura”, all’”essenza” di uninesistente e astratto “uomo”, e nemmeno con la“psicologia” della borghesia come classe socialein generale (approcci anti-marxisti), ma ècollegata, invece, alle leggi economicheoggettive inerenti al capitalismo, inparticolare la legge del plusvalore e la leggedell’accumulazione capitalista.In questo saggio-manifesto, Rostow definisceMarx come “un romantico del 19° secolo” (p.186). Quando “valuta” il contributo di Marx,sostiene che presumibilmente “nulla diveramente importante può essere trovato in Marxa partire dal 1848” (p. 187), mentre caratterizzail “comunismo”, come “una malattia ditransizione” (p.193). In questa formulazioneosserviamo, in embrione, il primo tentativo diRostow di “biologizzare” la vita sociale, ifenomeni socio-economici e politici e le scienzesociali, promosso successivamente nella suaopera “La politica e le fasi di crescita”(Cambridge 1971, p. 410).In questo libro appare un tentativo fallimentaredi far rivivere alcune vecchie concezioni sulla“biologizzazione” della vita sociale, in altre

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parole Rostow cerca una “scienza biologica dellapolitica”, promuove una “fusione” della “scienzapolitica con la psichiatria” e proclama che “lascienza politica può essere, al più, solo unavariante della scienza biologica e dell’arte.”Oltre all’approccio soggettivo-idealista, il valore“scientifico” di Rostow è tale che raggiungel’assurdo: inserisce nel concetto di “societàtradizionale” tre modi di produzione: ilcomunismo primitivo, la schiavitù e ilfeudalesimo, mentre gli altri due, “capitalismo” e“socialismo-comunismo”, sono presentati comevarianti di una “unica società industriale”. Sitratta di affermazioni totalmente infondate esenza alcuna base sul piano teorico. Di più, nonhanno alcun rapporto con lo sviluppo storicodella società moderna.Tuttavia, il libro di Rostow, che porta ilsignificativo sottotitolo “Un manifesto noncomunista” fu ampiamente utilizzato dallareazione internazionale borghese-imperialistaper confutare il marxismo. Fu presentato comeun “contraltare“ del “Manifesto Comunista” - inparticolare della teoria marxista dello sviluppodelle formazioni economico-sociali. Lo stessoRostow afferma ciò quando scrive che la teoriadelle “fasi” è “una spiegazione alternativa allateoria marxista della storia moderna“:“Alternative zu der Marxschen Theorie dermodernen Geschichte “ (p. 16), concezionepresentata nell’ultimo capitolo del suo libro (pp.174-198). Superfluo notare che, sebbene lareazione borghese si vanti che la teoria diRostow riesce a “confutare” il marxismorivoluzionario, questi ingenui e smisuratamenteambiziosi sforzi sono un fiasco totale edesprimono la profonda crisi del “pensiero”borghese in quel periodo storico.Uno dei primi rappresentanti della teoria della“convergenza”, l’economista americano WalterBuckingham (“Sistema economico teorico”,New York 1958), sostiene che il sistemacapitalista è cambiato radicalmente, che i“sistemi non capitalisti continuano ad esserepresenti”, e che in futuro un “unico sistemaeconomico” emergerà dalla reciprocaconvergenza fra capitalismo e socialismo.In relazione alle riforme economichecapitalistiche in corso nell’Unione Sovietica,

apparve nel 1957 un articolo del DirettoreEsecutivo del “Comitato economico Unito“ delCongresso degli Stati Uniti, Dr. Grover W.Ensley. Egli - dopo essere tornato da Mosca,dove si incontrò con economisti sovietici –pubblicò un articolo dal significativo titolo “Larivoluzione nel pensiero economicodell’Unione Sovietica“, in cui tra l’altro scrisseche, secondo gli economisti sovietici, la crescitadella produttività sarà raggiunta attraverso la“ricerca del profitto“ (in: “Nation’s Business“1/1957 e in tedesco: “Die Revolution imwirtschaftlichen Denken der Sowjetunion” in:“Konjunkturpolitik» 5-6 / 1957, pp. 301-314).Pitirin A. Sorokin, nel suo articolo“Soziologische und kulturelle Annaeherungzwischen der Verinigten Staaten und derSowjetunion», “Zeitschrift für Politik“ n.4/1960, p.341) sviluppò i suoi punti di vista sullaconvergenza dell’Unione Sovietica e degli StatiUniti nel settore sociologico e culturale.Nel 1960 Jan Tinbergen scrisse il suo famosoarticolo intitolato “Le economie libere e quellecomuniste mostrano un modello diconvergenza?” (in: Studi Sovietici, Vol 12,Oxford 1960-1961, p.333 - in tedesco “Kommtes zu einer Annaeherung zwischen denKommunistischen und den freiheitlichenWirtschaftsordnungen?» nel « HamburgerJahrbuch fuer Wirtschafts-undGesellschaftspolitik”, 1963, pp.11-20), dove

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espose l’opinione che entrambi i sistemi“cambiarono”, che “ci sono alcune tendenze disviluppo convergente” e che “questicambiamenti implicano, per certi aspetti, unosviluppo convergente”, “cambiamenti” cheportano ad un auspicato “sistema di economiamista ottimale“. Nel 1959 aveva già pubblicatola sua opera intitolata “La Teoria del RegimeOttimale” (in: Jan Tinbergen: “Scrittiselezionati“, Amsterdam 1959) in cui parlava diuna “situazione economica perfetta”, che si erasviluppata per la prima volta. Questa tesi fuanche sostenuta più avanti in altri articoli, tra cui“Die Rolle der Planungstechniken bei einer derAnnaeherung Strukturen en Ost und West”,1966, eccetera. Considerando tutte le riformeeconomiche capitaliste attuate in UnioneSovietica, Tibergen sostiene in questo articolo:“Poiché gli obiettivi della politica sociale edeconomica dell’Occidente e dell’Oriente – amio parere- si avvicinano sempre di più traloro, e tra molte strutture, una sola è quellaeccellente, le due strutture si fonderannogradualmente in questa Ottima. Questo tipodi convergenza si realizzerà rispettivamenteattraverso una migliore conoscenza delleforze sociali e l’applicazione di tecniche dipianificazione”.Un anno dopo scrisse: “I sistemi dell’Occidentee dell’Oriente sono dinamici: stannosperimentando continui cambiamenti ... disolito questi cambiamenti sono convergenti,

quindi le differenze tra i due sistemi si vannoriducendo” (Jan Tinbergen: “Percorsi verso ilsistema socio-economico ideale” in: “TheOriental Economist”, Febbraio 1967, pag. 94).La teoria reazionaria anti-comunista della“convergenza” presenta tre tesi di fondo: a) unatesi generale secondo la quale i due sistemisocio-economici, “capitalismo” e “socialismo-comunismo” convergeranno nel futuro performare un presunto sistema industriale“unificato”; b) una tesi specifica secondo laquale il “socialismo“ dell’Unione Sovietica neglianni ’50 e ’60 ha preso in prestito alcuni“elementi” dal capitalismo (“profitto“,“interesse” “prezzo di produzione capitalistico“ecc.), mentre il capitalismo dei paesi occidentaliha preso in prestito dal “socialismo“ “elementi”,come la “pianificazione“, che conducono allaconvergenza dei due sistemi, dell’uno versol’altro, che sfocerà nella formazione di unsistema misto “capitalista-socialista” (!); c) unaseconda tesi specifica, secondo la quale questosistema economico “unificato“ rappresenterànel futuro la “formazione economica ideale”(!).Di seguito alcune brevi e essenziali osservazionivolte a confutare completamente le tesi infondatee non scientifiche della teoria borghesereazionaria della “convergenza”, mosse dalpunto di vista del marxismo rivoluzionario, valea dire il leninismo-stalinismo.

1. La teoria della “convergenza” si basa su unapproccio soggettivo-idealista per lo studio delleformazioni economico-sociali e su diversi puntidi vista non scientifici dell’economia politicaborghese volgare, che ha perso il suo caratterescientifico da molto tempo.Come è stato scritto, “Da quel momento la lottafra le classi raggiunse, tanto in pratica che inteoria, forme via via più pronunciate eminacciose. Per la scienza economicaborghese quella lotta suonò la campana amorte. Ora non si trattava più di vedere sequesto o quel teorema era vero o no, ma se erautile o dannoso, comodo o scomodo alcapitale, se era accetto o meno alla polizia. Airicercatori disinteressati subentraronopugilatori a pagamento, all’indagine

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scientifica spregiudicata subentrarono lacattiva coscienza e la malvagia intenzionedell’apologetica.... E’ quella la dichiarazionedi fallimento dell’economia «borghese»”(Marx, Il Capitale, Poscritto alla secondaedizione). E altrove: “l’economia borghesevolgare diventa sempre più apertamenteapologetica... l‘ultima sua forma è la formaprofessorale... queste specie di lavori non sifanno che quando l’economia politica ha,come scienza, terminato il suo ciclo, noi vitroviamo, nello stesso tempo, la tomba diquesta scienza“ (Marx, in “Storia delle dottrineeconomiche”, Tomo VIII, ed. Lacoste).L’analisi scientifica di Marx permise a RudofHilferding, quando era ancora marxista agli inizidel XX secolo, di concludere il suo importantearticolo polemico “Boehm-Bawerks Marx-Kritik” (Marx-Studien, Wien 1904), con lafamosa condanna “L’ultima paroladell’economia politica borghese è la sua auto-distruzione”: «diese oekonomische Theoriebedeutet die Leugnung der Oekonomie; dasletzte Wort, das die buergerlicheNationaloekonomie dem wissenschaftlichenSozialismus antwortet, ist dieSelbstaufhebung der Nationaloekonomie».

2. La tesi generale sulla “convergenza” dei duesistemi socio-economici, “capitalismo” e“socialismo-comunismo” fu una tesicompletamente infondata e arbitraria – che nonfu mai verificata - perché sono sistemidiametralmente opposti. Ognuno ha le propriecaratteristiche fondamentali in tutti gli ambiti(economico, politico e ideologico) e si sviluppasecondo proprie leggi oggettive, conformiall’inevitabile corso storico generale disostituzione del capitalismo con la societàcomunista senza classi per mezzo di unarivoluzione proletaria violenta.Inoltre, l’affermazione fatta da questa teoriareazionaria, riguardo la “convergenza” di questidue sistemi diametralmente opposti, fu ancheconfutata dall’oggettivo fatto storico dellasimultanea presenza di capitalismo e socialismo(la prima fase del comunismo) durantel’esistenza di quest’ultimo per oltre 35 anninell’Unione Sovietica di Lenin e di Stalin, senza

alcun tipo di “convergenza” tra le dueformazioni economico-sociali.

3. La prima tesi specifica sulla“convergenza” tra il “socialismo” dell’UnioneSovietica e gli altri paesi dell’Est - durante Ilperiodo di Krusciov-Breznev-Gorbaciov - con ilcapitalismo dei paesi occidentali verso unsistema unificato “misto” che combina lecaratteristiche positive del “socialismo” e del“capitalismo”, mancò completamente e findall’inizio di fondamento, perché quello che èeffettivamente accaduto non fu lo “scambio” dielementi tra l’uno e l’altro sistema, ma, alcontrario, qualcosa di completamente diverso.Questo fu la restaurazione del capitalismo,come confermato dal successivo corso storicodell’Unione Sovietica, con l’introduzione dicaratteristiche capitaliste (“profitto“, “interesse”,“prezzo di produzione capitalistico“, ecc.)nell’economia socialista dell’Unione Sovieticaattraverso riforme economiche capitalistiche chefurono realizzate - dopo la morte-omicidio diStalin e il trionfo del revisionismocontrorivoluzionario kruscioviano- sotto la guidadiretta del PCUS imborghesito. L’obiettivo diqueste riforme fu l’eliminazione del socialismonella sfera economica e la graduale restaurazionedel capitalismo, completata nella metà degli anni‘60 con le vaste riforme capitalistiche approvatenel settembre del 1965 dal plenum del ComitatoCentrale del PCUS. A livello politico, la dittaturadel proletariato era già stata rovesciata, mentrenell’ambito ideologico l’ideologia borghesecontrorivoluzionaria del krusciovismo fudominante. Tale capitalismo restaurato fu ciò checrollò alla fine degli anni ‘80, avviando lacompleta e definitiva dissoluzione dell’UnioneSovietica imperialista (1990-1991).

4. Inoltre, la seconda tesi specificaformulata dalla teoria della “convergenza” sullaformazione di un “sistema unificato” che sitrasformerebbe in un “eccellente sistemaeconomico”, non è solo infondata e nonverificata, ma anche consapevolmente fuorvianteperché ciò che successe NON fu l’avvicinamentoreciproco tra le economie dei paesi capitalisti equelle dei paesi revisionisti per formare un

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presunto “unificato”, e assai meno “ottimale”,sistema economico, ma, al contrario, fu laregressione inevitabile dell’Unione Sovietica alsistema capitalista di sfruttamento dopo ilrovesciamento della dittatura del proletariato nel1953.

5. Poiché la teoria anticomunista ereazionaria della “convergenza“ consideravaerroneamente il capitalismo restaurato in UnioneSovietica nel periodo di Krusciov-Breznev-Gorbaciov come “socialismo”, essa screditò il“socialismo-comunismo” costruito in quel paesedurante il periodo di Lenin e Stalin in conformitàcon la concezione marxista del comunismo. Cosìil socialismo- comunismo fu presentato allastregua di un sistema che venivapretestuosamente ritenuto incapace di operaresulla propria base e con proprie leggieconomiche, costretto a “prendere in prestito”elementi capitalisti (“profitto“, “interesse“,“prezzo di produzione capitalistico“).In altre parole, fu presentato come un sistemaeconomico presumibilmente “fallito” e in“bancarotta”, nell’intento di “dimostrare”l’inesistente superiorità del capitalismo sulsocialismo-comunismo.

6. Presentando la regressione dell’UnioneSovietica al capitalismo come se fossesocialismo, la teoria della “convergenza“confuse deliberatamente il punto di vista delproletariato per diversi decenni. Invece delcomunismo, si è fatto vedere al proletariatoesattamente l’opposto: il processo reazionario direstaurazione del capitalismo che si sviluppavanell’Unione Sovietica durante quel periodo(1953-1990).

7. La teoria della “convergenza“ ha negatola sostituzione inevitabile del capitalismo con il socialismo-comunismo e le leggi che sottendonoquesto cambiamento, attaccando la teoriamarxista dello sviluppo sociale concepito comeuna successione necessaria di formazioni socio-economiche.

8. La teoria della “convergenza“ haripudiato il carattere del XX secolo come un

periodo storico di passaggio dal capitalismo alsocialismo-comunismo.In cambio, ha sostenuto l’infondata tesi secondocui il 20° secolo è stato l’epoca della “societàindustriale unificata” e della presunta “fusionecapitalismo-socialismo”. Entrambe le cose nonavevano assolutamente nulla a che fare con larealtà di quel periodo storico, perché l’unica cosache effettivamente successe allora – com’è statostoricamente confermato - è stato il ritornodell’Unione Sovietica al capitalismo.Infine, nel sostenere il punto di vista secondo cuii due sistemi economico-sociali, diametralmenteopposti, si “avvicinavano l’uno all’altro” econvergevano verso un “ottimo sistemaeconomico”, la teoria della “convergenza” hanegato la contraddizione irreconciliabile tracapitalismo e socialismo e ha tentato, senzasuccesso, di corroborare la tesi arbitrariasostenuta anche dalla teoria della “societàindustriale unificata”, formulata da uno dei suoiprincipali rappresentanti, Raymon Aron; fecequesto per evitare l’avanzamento dellacontraddizione socialismo-capitalismo.Concludendo è necessario segnalare chel’obiettivo di questo breve e incompleto articolonon è fare luce su tutti o sulla maggioranza degliaspetti della teoria reazionaria e anticomunistadella “convergenza”, bensì di mostrare ciò che èrilevante per il nostro principale argomento didiscussione, vale a dire, l’occultamento delprocesso regressivo di restaurazione capitalistanell’Unione Sovietica e in altri paesi dell’est.

Seconda parte

La teoria borghese reazionaria eanticomunista del “socialismosviluppato” della socialdemocraziakruscioviana

Dopo il violento rovesciamento della dittaturadel proletariato ed il trionfo dellacontrorivoluzione revisionista kruscioviananell’Unione Sovietica nel 1953, il gruppodirigente anticomunista di Krusciov-Brezhnev diquello che da allora è divenuto ilsocialdemocratico e borghese Partito Comunista

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dell’Unione Sovietica (PCUS), mentre portavaavanti una sistematica e programmata politica direstaurazione graduale del capitalismo, facilitatadall’implementazione di riforme economichecapitaliste, cercò di formulare una convenienteteoria per occultare questo processoreazionario dal socialismo-comunismo alcapitalismo.I revisionisti kruscioviani-brezneviani, nel lorointento di formulare una nuova ed adeguata“teoria” per nascondere questo processoreazionario e l’emergente società del capitalismorestaurato, eufemisticamente chiamata“socialismo sviluppato” (!), vennero alloscoperto con la nota teoria del “socialismoavanzato”.Tanto la teoria del “socialismo sviluppato”,promossa dai traditori kruscioviani, quanto lateoria della “convergenza”, promossa dallareazione borghese occidentale, sono teorieborghesi reazionarie e anti-comuniste perchédurante il periodo del loro predominio (1955-1990) furono dirette contro la prospettivacomunista del proletariato, oscurarono laprospettiva comunista del proletariato,presentando il capitalismo restauratodell’Unione Sovietica come il futuro“comunista” mentre, allo stesso tempo,rompevano totalmente con l’oggettivo progressostorico della società verso il socialismo-comunismo.Il carattere di classe e il contenuto delle dueteorie era basato sulla difesa del capitalismo: lateoria della “convergenza” difese il capitalismotradizionale dei paesi occidentali, mentre lateoria del “socialismo sviluppato” difese ilcapitalismo restaurato nell’Unione Sovietica enegli altri paesi revisionisti (i dettagli sonopubblicati su “Anasintaxi”, n. 373, agosto 2012,p. 3).Dopo che il gruppo traditore e rinnegato diKrusciov-Breznev “manipolò” il 20° Congressodel PCUS nel 1956, per presentare in formaarbitraria e provocatoria la Yugoslaviacapitalista-fascista di Tito come “socialista” (!)– questa visione fu imposta al movimentocomunista internazionale (N. Krusciov nel suo“Rapporto al 20° Congresso del Partito del 1956,disse “La Yugoslavia ha successi non piccoli

nella costruzione socialista“, e questa è unachiara riprova del fatto che i krusciovianiavevano deciso di seguire la via contro-rivoluzionaria e capitalistica di Tito) – epromosse una specie di “socialismo” (!) che siconquisterebbe “pacificamente”, senza lanecessità della dittatura del proletariato. Questostesso gruppo confessò ufficialmente ed ammisepubblicamente, durante il 22° Congresso delPCUS (1961), che non esisteva più né ladittatura del proletariato, né un partito comunistarivoluzionario nell’Unione Sovietica di quelperiodo e che essi erano stati sostituiti dallo“Stato di tutto il popolo” e dal “Partito di tutto ilpopolo”; inoltre menzionò, per la prima volta, il“periodo di transizione dal capitalismo alsocialismo”, al quale “corrispondeva” laDittatura del Proletariato. Allo stesso tempo,formulò la teoria del “socialismo sviluppato”senza tuttavia utilizzare i termini che poidivennero ben noti, quali “socialismosviluppato” e “società socialista avanzata”.La teoria del “socialismo sviluppato” promossadai rinnegati kruscioviani costituisce, come sivedrà in seguito, una revisione completa e unrifiuto flagrante e volgare del marxismorivoluzionario.In quanto teoria, il cosiddetto “socialismosviluppato” non ha niente a che vedere con lateoria rivoluzionaria di Marx-Engels-Lenin-Stalin, ma equivale alla sua negazione ed è unateoria borghese anticomunista.

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La tanto pubblicizzata, ma inesistente, “societàsocialista avanzata” non è stata altro che ilcapitalismo restaurato durante il periodokruscioviano-brezneviano, come è mostratonegli articoli precedenti.Secondo l’anticomunista Breznev, questo tipo disocietà esisteva già nel novembre del 1967, cioè,quando il capitalismo era statocompletamente restaurato (in occasione del50° anniversario della Rivoluzione d’Ottobredichiarò che: “Nell’URSS si era costruita unasocietà socialista sviluppata”). La teoria del “socialismo sviluppato” dominòpiù tardi la nuova Costituzione borghese delperiodo brezneviano (cioè, la costituzione delcapitalismo restaurato), mentre laeufemisticamente chiamata “società socialistaavanzata” trovò la sua piena espressione in unaCostituzione che, per la prima volta, non sololegalizzò e confermò lo stato capitalista(articoli 10-11), e la proprietà collettiva-capitalista (articolo 12), ma anche la proprietàcapitalista individuale (articoli 13-17) nellasocietà dell’Unione Sovietica di quell’epoca.Legalizzò perfino la concorrenza capitalistica trale imprese autonome, i c.d. “produttori socialistidi merci”, ed il profitto capitalista (articolo16).In questa Costituzione, il contenuto della“società socialista avanzata”, cioè, delcapitalismo restaurato dell’Unione Sovietica, èdescritto in generale.

I punti di vista fondamentali a partire dai quali èstata elaborata la teoria del “socialismosviluppato” sono i seguenti: “il partito di tuttoil popolo”, “lo stato di tutto il popolo”, il“periodo di transizione dal capitalismo alsocialismo”, le “tre fasi della societàcomunista”, il “socialismo: un nuovo modo diproduzione autonomo”. Riguardo la teoria del “socialismo avanzato” edell’ eufemisticamente detta “società socialistaavanzata” esiste una vasta letteratura, con moltiarticoli e libri. Tuttavia, faremo un uso limitatodi essi e citeremo solo quei passi che mettono inrilievo l’essenza contro-rivoluzionaria di questateoria borghese reazionaria.

”Partito di tutto il popolo” o partitocomunista rivoluzionario?

Nel 22° Congresso del PCUS (1961) si afferma:“il nostro partito marxista-leninista, chenacque come un partito della classe operaia, èdivenuto il partito di tutto il popolo”; questa èuna concezione anti-marxista che in seguitovenne trasferita nella nuova costituzioneborghese brezneviana (1977), nella quale è statacosì formulata: “Il PCUS esiste per il popoloed è al servizio del popolo“. (Articolo 6 dellaCostituzione del 1977 dell’URSS).Alcune rapide osservazioni sulla concezioneanti-marxista del “partito di tutto il popolo”.1. L’adozione di questo punto di vista significòl’abbandono della teoria marxista non solo sulpartito rivoluzionario, di tipo nuovo, ma anchesu tutti i partiti politici considerati comeorganizzazioni specifiche che difendono idifferenti interessi di classi particolari.I kruscioviani socialdemocratici promosserol’arcinoto punto di vista borghese secondo ilquale i partiti si trovano al di sopra delle classi esono, pertanto, i difensori degli interessi della“maggioranza” o di “tutte le classi”.2. Come è noto, secondo il marxismorivoluzionario non ci sono organizzazioni epartiti che appartengono a “tutto il popolo”, cioèpartiti di tutte le classi. Di conseguenza, glistessi revisionisti kruscioviani ammisero chenon c’era più un partito comunistarivoluzionario nell’Unione Sovietica di

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quell’epoca, poiché, secondo costoro, il partitomarxista leninista era stato sostituito dal partitodi “tutto il popolo”; dunque il nuovo PCUS, ilcosiddetto partito di “tutto il popolo”, nonpoteva essere altro che un partitosocialdemocratico borghese. Pertanto il PCUS,che fino agli inizi del decennio del 1950 era unpartito rivoluzionario, cambiò il suo carattere diclasse: da partito marxista-leninista della classeoperaia si trasformò in un partito borghese, in undifensore degli interessi di classe dell’emergenteborghesia sovietica. Il carattere di un partito, secondo il marxismo, èdeterminato in primo luogo dalla sua ideologia e,tra gli altri aspetti, dal suo programma. Il nuovoPCUS, cioè il cosiddetto “partito di tutto ilpopolo”, non fu più guidato dall’ideologia delmarxismo rivoluzionario, vale a dire dalleninismo-stalinismo, ma dall’ideologia contro-rivoluzionaria del revisionismo kruscioviano(che è una versione dell’ideologia borghese).Il nuovo PCUS di Krusciov-Breznev, così comei partiti kruscioviani di tutti i paesi nei decenniseguenti, furono (e continuano ad essere) partitiborghesi, socialdemocratici, perché: a) nonerano guidati dal marxismo rivoluzionario; b)avevano programmi riformisti che non potevanocondurre alla distruzione del capitalismo, c)adottarono punti di vista anti-marxisti riguardo ilsocialismo-comunismo, dal momento cheproclamarono il capitalismo restaurato delperiodo di Krusciov-Breznev-Gorbaciov come il“socialismo” (!); in altre parole, affermavanoche esisteva un presunto “socialismo”nell’Unione Sovietica durante il periodo 1953-1991.

3. Il socialismo non può esistere e la costruzionedel socialismo non può continuare senza unpartito comunista rivoluzionario di tipo nuovo,cioè di tipo leninista-stalinista. Dunque, dopo il1953, divenne inevitabile l’arresto dellacostruzione del socialismo in Unione Sovietica eche il nuovo PCUS, cioè il “partito di tutto ilpopolo”, passò all’avanguardia delle riformeeconomiche capitalistiche che eliminaronocompletamente il socialismo e sfociarono nellarestaurazione completa dal capitalismo a metàdegli anni ‘60.

4. Il socialismo-comunismo non può esserecostruito senza un partito marxista-leninista-stalinista, precisamente perché questo partito“ha sempre come obiettivo primario la classe,l’organizzazione politica del proletariato comepartito politico autonomo e stabilisce comeobiettivo della lotta la dittatura delproletariato”. (Marx-Engels: Bd.18, pp. 267-268, Berlino 1969). Questo è il partito che: in primo luogo, èl’organizzatore e il dirigente della gigantescaopera della costruzione socialista-comunista; insecondo luogo, senza questo partito non puòesistere la dittatura del proletariato. Per tale motivo Stalin è nel giusto quandoosserva che “la dittatura del proletariato siesercita attraverso il Partito, che senza unpartito unito e coeso non può esistere ladittatura del proletariato“, che “la dittatura delproletariato è possibile solo attraverso il partitoche è la forza dirigente” e che “la dittatura delproletariato è completa solo se è diretta da unpartito, il Partito Comunista, che non condividee non può condividere il potere con altri partiti”.(Stalin, Opere complete, vol.10).

“Stato di tutto il popolo” o dittatura delproletariato?

In relazione allo Stato dell’Unione Sovietica diquel periodo, nel 22° Congresso del PCUS(1961) si affermò che lo Stato della classeoperaia si era trasformato nello “Stato di tutto ilpopolo”: “Lo stato di tutto il popolo è il nuovostato nello sviluppo dello Stato socialista, lapietra miliare più importante nel corso dellosviluppo dello stato socialista verso una societàcomunista auto-governata“ (22° Congresso delPCUS, p. 205, Atene 1961) e che “la dittaturadel proletariato non era oramai necessaria”(ibid. p. 208) per la costruzione del socialismonell’Unione Sovietica. Più tardi, questo punto di vista anti-marxistapassò nella nuova Costituzione (1977) – nellaquale venne soppresso il termine Dittatura delProletariato (a ragion veduta, dato che era stataabbattuta già nel 1953) - confermando chel’Unione Sovietica non era più lo stato delladittatura del proletariato come fu nell’epoca di

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Lenin e Stalin, bensì lo “Stato di tutto il popolo”(Costituzione del 1977, art.1: “L’Unione delleRepubbliche Socialiste Sovietiche è uno Statosocialista di tutto il popolo”).Il punto di vista anti-marxista dei krusciovianisullo “Stato di tutto il popolo” suscita alcuneimportanti questioni, meritevoli di specialeattenzione.In primo luogo, negando la necessità delladittatura del proletariato durante una fasedecisiva dello sviluppo del socialismo-comunismo, i revisionisti sovieticisocialdemocratici su tale questione centrale efondamentale abbandonarono il marxismo. E’risaputo che nessuno può essere consideratomarxista senza il riconoscimento della dittaturadel proletariato, come Lenin osservò: “Marxista è soltanto colui che estende ilriconoscimento della lotta delle classi sino alriconoscimento della dittatura del proletariato.In questo consiste la differenza più profonda trail marxista e il banale piccolo-borghese (e ancheil grande). E’ questo il punto attorno al qualebisogna mettere alla prova la comprensione e ilriconoscimento effettivi del marxismo.“ (Lenin,Stato e rivoluzione).In secondo luogo, è importante notare chel’aperta confessione e l’ammissione ufficialefatta dai kruscioviani, secondo cui in quelperiodo non c’era più dittatura del proletariato inUnione Sovietica, è precisamente la ragione percui ormai non c’era più il socialismo. Infatti, lacostruzione del socialismo si era fermata nel1953, dopo la morte-assassinio di GiuseppeStalin. La continuazione della costruzionesocialista in un paese senza la dittatura delproletariato è completamente impossibile edinconcepibile. Di più, è inconcepibile ilmantenimento del socialismo senza la dittaturadel proletariato, poiché, per Marx, i concetti disocialismo e dittatura del proletariato sonoinseparabili. Già nel 1850, Marx osservò che ilsocialismo è “la dittatura di classe delproletariato, quale punto di passaggionecessario per l’abolizione delle differenze diclasse in generale, per l’abolizione di tutti irapporti di produzione su cui esse riposano, perl’abolizione di tutte le relazioni sociali checorrispondono a questi rapporti di produzione,

per il sovvertimento di tutte le idee chegermogliano da queste relazioni sociali.”(Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al1850).In terzo luogo, il concetto kruscioviano di“Stato di tutto il popolo” non significò soltantoun rifiuto alla dittatura del proletariato, macostituì una revisione completa della teoriamarxista sullo Stato di dittatura del proletariato edello Stato in generale, ed è per tale motivo cheLenin evidenziò che “L’essenza della dottrinadello Stato di Marx può essere compresa fino infondo soltanto da colui che comprende che ladittatura di una sola classe è necessaria non soloper ogni società classista in generale, non soloper il proletariato dopo aver abbattuto laborghesia, ma per un intero periodo storico, chesepara il capitalismo della “società senzaclassi”, dal comunismo.” (Lenin, Stato eRivoluzione). In quarto luogo, il concetto kruscioviano dello“Stato di tutto il popolo” non ha alcuna relazionecol marxismo. È alieno al marxismo perché,secondo la teoria marxista, non esiste uno Statoche si elevi al di sopra delle classi, cioè uno“Stato di tutte le classi” di una data società;questo è un punto di vista borghese. Al contrario,lo Stato ha sempre un carattere di classe: sia seesso è lo Stato della borghesia, sia se è lo Statodel proletariato. Nel periodo di transizione dalcapitalismo al socialismo-comunismo non ci puòessere sia la dittatura del proletariato, sia ladittatura della borghesia. Questa è la ragione percui il famoso marxista inglese George Thomson,nel 1971, sottolineò correttamente che lo “Statodi tutto il popolo” dichiarato dalla criccatraditrice kruscioviana era, in realtà, “unadittatura della borghesia”, o per essere più esatti,una dittatura della nuova borghesia sovietica.In quinto luogo, la dittatura del proletariato, inconformità con gli insegnamenti di Marx-Engels-Lenin-Stalin si stabilisceimmediatamente dopo la vittoria la rivoluzionearmata del proletariato e dell’annientamentocompleto dell’apparato statale borghese, simantiene, si rafforza ed è assolutamentenecessaria durante tutto il periodo di transizionedal capitalismo al socialismo.Lo Stato di dittatura del proletariato non si

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trasforma mai nello “Stato di tutto il popolo” (èrisaputo che Marx ed Engels respinsero conironia il cosiddetto “Stato libero” nella Criticadel Programma di Gotha). La dittatura delproletariato esiste finché si estingue nello stadiosuperiore del comunismo, nella societàcomunista senza classi: “Perché lo Stato siestingua completamente occorre il comunismointegrale”, e “lo Stato potrà estinguersi completamentequando la società avrà realizzato il principio“ognuno secondo le sue capacità; a ognunosecondo i suoi bisogni“, (Lenin, Stato eRivoluzione).

Note:

1. La previsione scientifica iniziale e la successivavalutazione realizzata dai marxisti rivoluzionari, valea dire, leninisti-stalinisti, riguardo il ritorno alcapitalismo dell’Unione Sovietica dall’epoca in cui ladittatura del proletariato fu abbattuta, dopo la morte-omicidio di Stalin, fu confermata da: a) la completarestaurazione del capitalismo a metà degli anni1960: e b) il successivo corso storico dell’Unionesovietica fino al definitivo crollo alla fine degli anni1980 e la definitiva rottura dell’Unione Sovietica(1990-1991).

2. Come per esempio il sovietico L. Leontiev(Mosca, 1972) che segnala: “una esaltazione senzaprecedenti della teoria della convergenza “; il tedescodell’est H. Meissner (Berlino-DDR, 1969): “Non èsorprendente che questi punti di vista (si riferisce aiconcetti della teoria della “convergenza”) ricevetterol’appoggio di alcuni teorici socialisti le cui basimarxiste non erano tanto stabili….” e il cecoslovaccoJ.Filipec, in: Freyer / Bossle / Filipec (Mainz 1966),e un altro Sovietico, Lew Alter, che ammettono che lateoria della “convergenza” si basa sui nuovifenomeni” (<<Pr. d. Fr. Ud S>>, 9/1968).

3. Il reale corso storico dell’Unione Sovietica duranteil periodo 1953-1990 non ha confermato nessunadelle due teorie borghesi anticomuniste, vale a dire,le teorie della “convergenza” e del “socialismosviluppato”, bensì, al contrario, le confuta. Non solol’affermazione secondo cui il “socialismo” fucostruito nell’Unione Sovietica durante il periodo diKrusciov, Breznev e Gorbaciov (1953-1990), maanche l’altra affermazione secondo cui l’economiasovietica si “avvicinò” all’economia dei paesi

capitalisti occidentali per convergere in un “sistemaeconomico perfetto” crollarono simultaneamente, daun giorno all’altro, con la caduta e la definitivadissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1990-1991,precisamente perché nessuna di quelle due tesi sirealizzò. Come è stato detto prima, quello chesuccesse in realtà fu il ritorno dell’Unione Sovieticaal capitalismo, che fu anticipato da parte deicomunisti rivoluzionari , sebbene in formaincompleta e in linee generali, dall’inizio (dalla metàdegli anni 1950).Tuttavia, nonostante la completa confutazione diqueste due teorie reazionarie anticomuniste , ladiscussione riguardo alle cause che provocarono ilcrollo dell’Unione Sovietica – specialmente ladiscussione sul carattere delle riforme posteriori al1953, senza le quali ovviamente è impossibiledeterminare la natura dell’economia sovietica in quelperiodo - non solo ha un interesse storico, ma ancheè totalmente opportuna e di grande importanza per ilcorretto orientamento del movimento operaio ecomunista, vale a dire, per la sua prospettivasocialista-comunista, considerato che è direttamentelegata con la concezione marxista (o anti-marxista)del socialismo.

Da: “Unidad y Lucha”, n. 27 e 29 – Organodella Conferenza Internazionale di Partiti eOrganizzazioni Marxisti-Leninisti - CIPOML (nostra traduzione).

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Contesto e situazione attuale

I lacchè che hanno governato il Venezuela pergran parte del ventesimo secolo, hanno agitocome rappresentanti diretti del governo degliStati Uniti, in contrasto con i loro programmi e leloro promesse elettorali demagogiche; una voltaal governo hanno applicato le politiche piùconvenienti ai piani delle èlite governativeamericane, per le quali l'intervento negli affariinterni è sempre stata una cosa normale. Taleinterferenza è una pratica quotidiana dellepotenze imperialiste, che si arrogano il diritto diagire per intervenire nella politica interna, al finedi perseguire i loro interessi economici estrategici. Protetto dalla sua pratica egemonica e di forza, ilpresidente degli Stati Uniti ha emanato undecreto esecutivo che ha dichiarato il Venezuelauna minaccia straordinaria e in modo inusuale hachiesto poteri speciali per affrontarla; hasostenuto per questo la presunta violazione deidiritti umani e alti livelli di corruzione da parte difunzionari del governo Maduro. Ma a prescindere dalle motivazioni, reali ofittizie per emanare tale decreto, dobbiamo averchiaro che in precedenti occasioni questo tipo diregole interne è servito solo come giustificazione"legale" per l'aggressione militare, il chedovrebbe attirare l'attenzione, soprattutto perchél'azione interventista indiretta già è una realtà, edè stata una costante per tentare di riprendere ladirezione assoluta dell'economia del Venezuela edi tutti i paesi dipendenti, d’accordo agliinteressi dei grandi capitali americani.Il decreto esecutivo di Obama è unadichiarazione di guerra, indipendentemente dalpunto in cui arriverà all’aggressione diretta,perchè definisce il Venezuela come unaminaccia. Per cui ha mobilitato le risorse di ognitipo per far fronte a questo pericolo, che puòraggiungere qualsiasi estremo immaginabilesecondo gli interessi dell'imperialismo

americano in questa particolare congiunturaeconomica e politica mondiale, nella qualehanno deciso di usare la guerra come mezzo perrisolvere le contraddizioni, così come hannofatto negli ultimi anni; in Afghanistan, Iraq,Libia, Siria, Ucraina e altri paesi in trecontinenti, Asia, Europa e Africa. Si propongonodi riattivare con queste misure un apparatoindustriale-militare per cercare di superare lacrisi economica, posizionare grandi contingentimilitari per azioni belliche come una forza dioccupazione in aree strategiche (ora anchel'America) in preparazione di una guerra globalecontro il blocco imperialista cinese-russo, e ditrarre vantaggio dai loro alleati della NATO,oltre che di saccheggiare i popoli appropriandosidelle ingenti risorse come bottino di guerra,riattualizzando la dottrina Monroe, il criterionazista di spazio vitale e saccheggiando il popoloconsiderato da loro "inferiore".Nel caso della Repubblica Bolivariana delVenezuela, durante il fallito colpo di Statodell’11 aprile 2002, così come nel 2014 durantetutta l’offensiva violenta dei "guarimbas" si resepubblico che gli Stati Uniti esercitarono ladirezione ideologica, politica ed economicadell’opposizione più reazionaria. Oltre a questo, è stato anche dimostrato chehanno diretto le azioni militari, irregolari, palesie occulte, guidando le forze di opposizione,chiarendo che ora siamo passati ad un altrolivello di confronto, fornendo tutti i mezzi che ladestra venezuelana richiedeva per attuare il suopiano antidemocratico, antipopolare e fascista,per riproporre i modelli di Guatemala, Indonesia,Cile e Nicaragua come strumento di interventodiretto, come un livello superiorenell'aggressione contro il popolo del Venezuela.Hanno già incorporato tutte le opzioni del loroarsenale per far fallire il processo democraticovenezuelano e il suo potenziale rivoluzionario.I "guarimbas", con un crescente livello diviolenza di strada, sono riusciti a organizzare le

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Partito Comunista Marxista Leninista del Venezuela (PCMLV)

La situazione in Venezuela e l'aggressivitàdell'imperialismo americano

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forze d'urto interne, indottrinarle e addestrarleconsolidando il loro stampo fascista. Questi gruppi applicano tattiche dicombattimento urbano, combinando con lamobilitazione dei loro sostenitori le operazionispeciali effettuate da mercenari, paramilitaricolombiani e venezuelani, concentrati nelleregioni di frontiera con la Colombia, mobilitatinel paese per posizionarsi in aree strategichesecondo le loro prescrizioni operative, a indicareche già esiste nel territorio venezuelano ungrande contingente attivo come punta didiamante delle forze reazionarie.Il decreto di Obama ha segnato il destino delVenezuela e della regione, generando unaintensificazione della lotta di classe che è inascesa, superando quello che si è verificato nel2012, 2013 e 2014, anni in cui la minaccia diaggressione violenta non aveva un avallo legaleda parte dell'imperialismo statunitense come haoggi, e tuttavia, i livelli di violenza reazionariafurono piuttosto alti e in crescita.

Gli scenari

Il nostro partito ha analizzato diversi scenari: 1°- Gli Stati Uniti continuano ad applicare latattica dell’intervento progressivo: aumentandoil sabotaggio economico, la carestia,l'accaparramento, la speculazione, fino al bloccoper continuare l’indebolimento per viaeconomica del governo (obiettivo economico),collocando propagandisti e agitatori nelle areeurbane, rurali, nei quartieri e nelle imprese perdelegittimare i rivoluzionari (obiettivo politico),preparando l’invasione paramilitare conoperazioni speciali e le azioni di strada,consolidando l’embrione di un esercitoirregolare, mentre si preparano meccanismi didivisione tra i militari progressisti e leorganizzazioni rivoluzionarie (obiettivo militareinterno), agendo con i mezzi di propagandamondiali, giustificando la necessitàinternazionale di intervenire per risolvere iproblemi interni (obiettivo internazionale),realizzando manovre militari congiunte con altripaesi in forma di una "coalizione" guidata dagliStati Uniti per una "missione di pace", o di"ripristino della democrazia" (obiettivo militare

esterno). La concatenazione di questi obiettivipunta a generare una azione a tenaglia su diversielementi sensibili, per arrivare a un colpo di statocon militari reazionari, prima del quale lacontroffensiva rivoluzionaria regionale deveessere la nostra risposta.

2°- L'invasione da parte degli Stati Uniti stessi odi una forza multinazionale. Noi crediamo chenon sia stata sollevata nel breve termine. Ma unafase del suo piano dipende dalla risposta che laCina e la Russia adotteranno nel processo didivisione del mondo e in particolare deinegoziati in relazione al capitale investito inAmerica Latina e nelle aree di influenza di ognipotenza imperialista.

3°- L'offensiva del movimento di massarivoluzionario per frenare l'imperialismo,sottomettendo la borghesia e i riformisti permezzo del Fronte Popolare. La crescita delmovimento popolare e della sinistra, conautonomia di classe e indipendenza politica, cheva respingendo le illusioni intrise disocialdemocrazia e di pacifismo borghese, puòconsentire l'aggregazione di forze nel FrontePopolare che preme per generare azioni concretecontro i borghesi sabotatori, industriali proamericani, grandi proprietari terrieri,accaparratori e media per metterli sotto il

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controllo operaio, a beneficio della maggioranzapopolare, organizzando anche la difesa popolareantimperialista e l’offensiva rivoluzionarianazionale e regionale contro imperialisti eriformisti che cercano di negoziare conl'imperialismo statunitense direttamente eattraverso la borghesia e la piccola borghesianativa. Il Fronte Popolare deve avere comepremessa la lotta di liberazione nazionale, cherichiede l'indipendenza da ogni espressionedell'imperialismo, generando la sovranitàeconomica e per questo è essenzialel'instaurazione del socialismo in forma didemocrazia popolare rivoluzionaria. Questaopzione è l'unica in grado di svolgere i compiti diUnità Nazionale per affrontare l'offensivadell'imperialismo, solo l'Unità Nazionale direttadalla classe operaia, dai contadini, dai membridella comunità e in generale dal popolo puògarantire di portare la lotta per la difesa dellasovranità nazionale alla sua conclusione.

4°- L'Unità Nazionale guidata dalla borghesiaemergente e dalla piccola borghesia. Con unprogramma socialdemocratico, volto a darepreminenza agli elementi concilianti, dispiaciutaper gli "eccessi" del processo, negoziando laconsegna di imprese e terre espropriate,disprezzando i settori popolari e rivoluzionariper quanto "radicali", neutralizzando i progressipolitici e sociali, un settore socialdemocraticopiccolo-borghese sociale pretende di sollevare loslogan dell’Unità Nazionale, che viene sollevatocome unità con la borghesia per riconciliarsi conl'imperialismo.

Una copia degli errori del 23 gennaio 1958quando le forze popolari, dirette dalrevisionismo, si posero alla coda della borghesia,non avanzarono verso obiettivi rivoluzionari epermisero la ricomposizione delle forze pro-statunitensi, che una volta al governo hannolanciato un attacco feroce contro il movimentopopolare, distruggendo le aspettative diprogresso democratico e l'avvio di 40 anni diterrore borghese pseudo-democratico.Ovviamente le cose non sono esclusivamentefocalizzate sul piano politico e delledichiarazioni. Il Dipartimento di Stato lavoraaffinché le forze progressiste perdano lamaggioranza nell'AN e le elezioni del 2015,attraverso azioni politiche e atti prova a creare lecondizioni per arrivare al referendumrevocatorio presidenziale nel 2016, mentre è incorso il blocco economico e prepara le forze perpromuovere il sabotaggio violento e unintervento militare diretto, se questo scenarionon funziona.La violenza è parte del piano aggressivo degliStati Uniti per la regione che in questa fase cercadi posizionare forze combattenti in tutti icontinenti, in modo di creare un accerchiamentostrategico prima dell'avanzata del blocco Russia-Cina, che ha occupato aree strategiche inAmerica Latina e in altre regioni del mondo,mentre colpisce i settori rivoluzionari, il popoloe la classe operaia impedendo che si consolidicome alternativa proletaria alla crisi capitalista."E' sempre più evidente che il governo diMaduro non è omogeneo, è composto da correntidissimili, è interclassista, e i fatti dimostrano chenon ha ancora chiara la strada da seguire...”(Acero Revolucionario n. 30, marzo 2015).Questa diversità di vedute su come affrontare laminaccia, e la mancanza di una leadership forte,fanno manifestare queste contraddizioni indiversi modi: 1- Tra i settori della borghesia emergente (proCina-Russia) che aspirano solo a difendere leloro proprietà e mantenere i loro privilegi primadi un possibile cambio di governo, forse unnegoziato che sarebbe una condivisione dellerisorse naturali, soprattutto petrolio, gas eminerali tra le potenze belligeranti. 2- I settori piccolo borghesi non ancora arricchiti

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che cercano di guadagnare tempo per adattarsi epreparare la loro salita insieme con i vincitori. 3- I settori di base popolari rivoluzionari chesono disposti a restare alla coda della borghesiaemergente e piccola borghesia, che sono dispostia combattere contro una aggressione violentadegli americani, cercando il sostegno di Cina eRussia, chiamando il popolo a difendere"l'eredità di Chavez" contro "l'impero", anche seciò significa la consegna a cinesi e russi. Tuttoquesto delinea un discorso nazionalista,patriottico, ma il suo intento è di mantenersisfruttando i vantaggi di stare al governo a scapitodi qualsiasi altra cosa, compreso consegnarsi adun altro l'imperialismo, senza la volontà disviluppare una vera lotta di resistenza fino alleultime conseguenze, impregnati come sono dipacifismo borghese, ancor meno disposti aportare avanti la rivoluzione proletariadall’interno con i settori più avanzati e guidarela vera resistenza nazional-popolare. 4- Infine, la maggioranza del popolo che sa chenessuna forma di imperialismo è buono;sicuramente si richiede un certo livello diaccordo con coloro che sono disposti a sostenerciper affrontare l'aggressione degli Stati Uniti conuna risposta popolare. Questa resistenza ecrescita rivoluzionaria significano oggisemplicemente generare un processo acceleratodi produzione di alimenti, l'attivazione di tutte leindustrie, l’espropriazione e il carcere per isabotatori, il controllo operaio della produzione,il potere popolare rivoluzionario attraverso iconsigli, il disarmo della borghesia e dei suoilacchè, l’armamento del popolo el’intensificazione del lavoro per una resistenza,non solo nazionale, ma anche regionale.

La nostra risposta

La proposta che veramente può difendere gliinteressi del popolo prima dell’aggressioneamericana deve aver chiaro che la lotta per lavera liberazione nazionale nel nostro paeserichiede obbligatoriamente l’attuazione dimisure per accelerare la costruzione delsocialismo, sviluppando entrambi le due faccedello stesso processo di emancipazione, e chetale processo deve attuare con mano dura misure

rivoluzionarie, per cui solo la classe operaiaorganizzata in partito può avere la chiarezza e lavolontà di andare avanti senza esitazioni netimori.Prima dell'acceleramento delle azionidell'imperialismo e dei suoi servi interni diventaefficace l’immediata organizzazione delle forzepopolari, nazionali, regionali e internazionali.E' necessario denunciare che l'aggressionedell'imperialismo statunitense fa parte dei suoitentativi di rilanciare la propria economia,superare la crisi e riprendere il controllo dellaregione, che si pone come espressione di unperiodo di esacerbazione di tutte lecontraddizioni:

1- La contraddizione inter imperialista, cheesprime la lotta tra il blocco USA-UE e il bloccoCina-Russia come un processo di creazione diuna nuova divisione del mondo, che stapreparando la prossima fase della crisi generaledel capitalismo, con guerre e rivoluzioni a livellomondiale.

2- La contraddizione tra le potenze imperialiste ei loro paesi dipendenti in base alla quale gliimperialisti, al di là del blocco cherappresentano, vogliono semplicementeappropriarsi delle risorse naturali, dei vantaggistrategici e della forza lavoro dei paesidipendenti per garantirsi le loro fonti diapprovvigionamento e affrontare al meglio lacrisi economica che li colpisce, per queste stesseragioni entrano in conflitto.

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3- La contraddizione tra la proposta capitalista ela proposta socialista, che nonostante le sconfittedel secolo scorso prevale ancora nelle mentidegli sfruttati e nelle lotte.

4- La contraddizione capitale lavoro cheall’interno di tutti i paesi, sia imperialisti chedipendenti, e a livello mondiale spinge e portaalla lotta grandi contingenti umani oppressi dalcapitale.Queste quattro contraddizioni sono in pienaespansione in Venezuela, primo perché è stataaperta agli investimenti cinesi e russi; laborghesia emergente si è associata con i capitalidi questi paesi, il governo ha cercato rifugiomilitare, tecnologico ed economico, di fronte allaposizione del capitale statunitense, privilegiandoprincipalmente la Cina in campo economico e laRussia nel campo militare. Allo stesso modol'aumento del business del petrolio e delleminiere con queste potenze è in crescita,cercando di sostituire le imprese del bloccoUSA-UE. D'altra parte il discorso socialista è piùpermeabile all'interno delle cupole dominanti inCina e Russia, che ostentano il loro passatorivoluzionario, mentre gli Stati Uniti hanno unaposizione apertamente ostile a ciò; infine laclasse operaia venezuelana e latino-americanaha, in generale, un rifiuto della borghesiaamericana ed europea, e dell'imperialismoamericano, che tradizionalmente è stato ilgestore diretto della nostra forza lavoro, inaggiunta alle azioni storiche di tutte leorganizzazioni rivoluzionarie control'imperialismo, definito in molti casidirettamente ed esclusivamente comeimperialismo americano.Tutto ciò crea una condizione favorevole perchiamare in questo momento il nostro popolo aserrare le fila contro l'intervento degli Stati Unitiin Venezuela e in altri paesi della regione, aunificare regionalmente e a livello continentalegli sforzi in tutti i campi, per preparare unacontroffensiva rivoluzionaria regionale peraffrontare l'imperialismo americano, per crearele condizioni per generare un nuovo Vietnamguidato dalle organizzazioni più consistenti, daimarxisti-leninisti, nel momento in cui il pianoviolento degli Stati Uniti entrerà nella sua fase

più aggressiva. Questo deve essere il segnale percui da ogni angolo dell'America Latina simobilitino i piccoli e grandi partiti, movimenti,associazioni e gruppi veramente rivoluzionari,principalmente marxisti-leninisti, per colpire contutte le risorse a disposizione gli aggressoriamericani ed i loro capitali ovunque essi sitrovino.Nel nostro giornale Acero Revolucionario n. 21,di aprile-maggio 2013, abbiamo detto che "laclasse operaia venezuelana si trova ad affrontareuna grande sfida: assumere definitivamente ilsuo ruolo storico; essere l'avanguardiarivoluzionaria, organizzarsi nel proprio partito efinirla di stare alla coda della borghesia e dellapiccola borghesia, stabilire una stretta alleanzacon i contadini, unire gli altri settoririvoluzionari per frenare l’offensiva borghese eprendere l'iniziativa alla testa degli sfruttati".Tale necessità è oggi più che mai rilevante, e ciobbliga a continuare ad andare in questadirezione se vogliamo avere una risposta chiaraalle complesse vicende del futuro immediato.

IL SOCIALISMO PUÒ ESSERE COSTRUITOSOLO CON L’ALLEANZA OPERAI-CONTADINI AL POTERE E IL POPOLO INARMI.TRASFORMIAMO LA RESISTENZA ANTI-IMPERIALISTA IN RIVOLUZIONEPROLETARIA!

CC del PCMLV Venezuela, 2015.

Da: “Unidad y Lucha”, n. 30 – Organo dellaConferenza Internazionale di Partiti eOrganizzazioni Marxisti-Leninisti - CIPOML (nostra traduzione).

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Proletari e lavoratori di tutti i paesi, popolioppressi!

Questo 1° Maggio – Giornata internazionale disolidarietà e di lotta dei proletari di tutti i paesi –ci vede di fronte a una crescente offensivadell’imperialismo.

Durante lunghi anni di crisi, in cui masse enormidi lavoratori sono state gettate sul lastrico, igoverni borghesi e le istituzioni del grandecapitale avevano promesso una ripresaeconomica che avrebbe portato occupazione,prosperità e una migliore qualità della vita.

Ma le sofferenze dei lavoratori e dei popoli nonsono finiti. Le misure adottate dai governi peruscire dalla crisi impongono nuovi sacrifici.

Lo sfruttamento nelle fabbriche assumeproporzioni insopportabili, mentre ladisoccupazione continua a flagellare gli operai ei giovani. Oltre 200 milioni di disoccupati intutto il mondo cercano un lavoro che ilcapitalismo non riesce più a dare.

I contadini poveri, i pescatori, i piccoli artigianie commercianti, i pensionati, languono sotto ilgiogo capitalista. Un insostenibile fardello ditasse grava sulle spalle della povera gente.

Questo 1° Maggio manifestiamo nelle stradeper rivendicare i nostri interessi, persconfiggere i comuni nemici della classeoperaia e degli altri sfruttati!Contro l’offensiva del capitale, suscitiamo unpotente fronte di classe del proletariato,creiamo i suoi organismi di lotta composti daoperai di tutte le tendenze per difenderci uniticontro i capitalisti, i ricchi e i loro governi! Solo realizzando e organizzando la resistenzadelle ampie masse della classe operaia in unfronte unico sarà possibile sconfiggere

l’offensiva capitalista, impedire la distruzionedei diritti dei lavoratori e rafforzare la lottaper farla finita con lo sfruttamento dell’uomosull’uomo.

Negli ultimi anni la classe dominante ha esaltatodemagogicamente la sua “democrazia” e la sua”libertà”. Ma da tempo questa classe genera soloreazione e oppressione delle masse, che si stadiffondendo in tutto il mondo.

Per trovare una soluzione alla crisi,all’instabilità economica e politica, la borghesiastabilisce governi restauratori, prepotenti eautoritari. Calpesta violentemente i dirittidemocratici dei lavoratori, rafforza lacriminalizzazione e la repressione della protestasociale come metodo di governo.

I padroni e i loro governi attaccano i sindacatidei lavoratori, mirano a liquidare lacontrattazione collettiva. I diritti di sciopero e diorganizzazione sono limitati e addirittura negati,per gettare nell’illegalità le battaglie della classeoperaia.

Allo stesso tempo, rafforzano la xenofobia e ilrazzismo, impongono leggi e politiche“securitarie” contro i migranti, che diventanocosì il capro espiatorio della situazione.

L’imperialismo si conferma come reazione sututta la linea, come intensificazionedell’oppressione sociale e nazionale. Lademocrazia borghese si disgrega ed assume ilvolto feroce della dittatura aperta dei monopoli.

Questo 1° Maggio manifestiamo ovunquecontro le misure reazionarie e fasciste, controla repressione antipopolare, la xenofobia e ilrazzismo!Contro la politica antidemocraticadell’imperialismo e della borghesia, la

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Manifesto della CIPOML per il 1° Maggio 2015

Per un Primo Maggio di unità, lotta e organizzazione!

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liquidazione delle nostre libertà e diritti,diamo impulso e forza alla resistenza creandoampi fronti popolari, secondo le circostanze!Solo unendo attorno alla classe operaia tuttele vittime del capitalismo, organizzando frontie alleanze popolari con le genuine forzeproletarie, di sinistra, antimperialiste eantifasciste, con i coerenti democratici, saràpossibile fermare la reazione borghese,sconfiggere i fascisti e aprire la strada a verigoverni degli operai e popolari che la faccianofinita con l’oppressione dei popoli.

I governi delle potenze imperialiste e le loroistituzioni sovranazionali (ONU, FMI, UE, etc.)continuano a parlare di pace. Però mai nelmondo, dal dopoguerra a oggi, c’è stata tantaguerra e tensione, tante guerre civili reazionarie,tanta corsa agli armamenti.

La crescente ineguaglianza di sviluppoeconomico, l’implacabile concorrenza per imercati e le fonti di materie prime, il controllodelle sfere di influenza, il desiderio di scaricaresui rivali le conseguenze della crisi, fanno sì chele contraddizioni fra i briganti imperialisti ecapitalisti si inaspriscano giorno dopo giorno.

La preparazione della guerra di rapina è divenutaun elemento fondamentale della politica dellaborghesia imperialista. Ne vediamo leconseguenze nei conflitti armati, negli interventie nelle ingerenze imperialisti in Africa, nelMedio Oriente e in Asia, in Europa orientale, inAmerica Latina.

Gli USA sono ancora la potenza imperialistadominante e vogliono mantenere sotto controllol’ascesa di altre potenze. La Cina, la Russia, laGermania e altri paesi imperialisti e capitalistisopportano sempre meno il dominiostatunitense, puntano a infrangere il regime deldollaro e affermare i loro interessi. La Franciaimperialista difende con le armi le sue zone diinfluenza.

Nella lotta per il dominio i briganti imperialisti,istigano il nazionalismo, appoggiano efinanziano gruppi religiosi fondamentalisti perpreparare le condizioni di nuovi interventimilitari, smembrano paesi sovrani e colpisconole lotte popolari e nazionali progressiste. Il pesodelle contraddizioni imperialiste ricadesistematicamente sui popoli e le nazionioppresse, come nel caso dei popoli palestinese ecurdo che, malgrado le brutali aggressionisofferte, proseguono coraggiosamente la lorolotta per il diritto di autodeterminazione.

Questo 1° Maggio, così come nel 70°Anniversario della grande vittoria sulfascismo, diamo vita a grandi dimostrazionicontro i pericoli di guerra imperialista! Sbarriamo il cammino ai governiguerrafondai con l’unità e la lottaantimperialista della classe operaia e deipopoli, delle forze rivoluzionarie, dellaresistenza popolare e nazionale.Solo con l’unità e la solidarietà internazionaledei lavoratori potremo fermare la politicaguerrafondaia e aggressiva dell’imperialismo,il saccheggio delle risorse naturali, la corsaagli armamenti, il sanguinoso terrorismoreazionario e imperialista, e aprire la via alsocialismo, per una politica di pace esolidarietà tra i popoli.

Proletari e lavoratori di tutti i paesi, popolioppressi!

Nonostante il feroce attacco capitalista. lareazione politica e i venti di guerra, crescono lamobilitazione e la lotta dei lavoratori che nonvogliono più arretrare, non vogliono più pagarela crisi e la “ripresa” degli sfruttatori.

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La classe operaia torna fortemente in campo.Dall’India alla Turchia, dal Brasile alla Cina,dalla Grecia alla Polonia, dal Canadaall’Australia, dal Messico agli USA, si leva dinuovo la protesta contro il regime dellosfruttamento, della disoccupazione e dellamiseria.

Milioni di operai, di minatori, di braccianti, disalariati dei trasporti, etc., scioperano erivendicano pane e lavoro, esigono il rispettodella contrattazione collettiva e dei sindacati,respingono le leggi e i progetti che minano i lorodiritti e garanzie sociali, dicono basta ai sacrifici,ai licenziamenti, alla schiavitù salariale.

Milioni di contadini poveri, di piccoli produttorie pubblici impiegati, si ribellano contro ilpeggioramento delle condizioni di lavoro e divita, i tagli ai servizi sociali, per farla finita conl’oppressione dei monopoli sulla stragrandemaggioranza della società.

I giovani e gli studenti sono attivi nelle lotte peril lavoro, a difesa dell’educazione pubblica,contro i programmi neoliberisti dei governiborghesi e delle istituzioni dell’oligarchiafinanziaria.

Le donne lavoratrici e degli strati popolari sonoalla testa della resistenza contro l’arretramentosociale, l’aggravamento dell’oppressione e dellosfruttamento, la politica bellicista e le minacceall’ecosistema.

Questo 1° Maggio passiamo in rassegna leforze rivoluzionarie della classe operaia edegli altri lavoratori, rafforziamo l’unità dilotta degli sfruttati e degli oppressi control’offensiva capitalista, le misure reazionarie ei pericoli di guerra imperialista!

Mentre le lotte operaie e popolari prendonovigore e si radicalizzano, i capi revisionisti,socialdemocratici e opportunisti portano avantila loro politica di collaborazione di classe.Parlano di “riforme”, ma per aiutare ilcapitalismo e conservare le basi della societàattuale. Fanno il fronte unito con la borghesia e

nascondono alle masse la natura del populismo edel fascismo. Si sforzano di tenere la classeoperaia lontana dalla lotta, dividono le sue file, ladisarmano ideologicamente, politicamente edorganizzativamente di fronte all’offensivacapitalistica.

Nonostante la propaganda della borghesia e deisuoi lacchè, i fatti dimostrano che il capitalismoè incapace di eliminare la disoccupazionemassiva, la povertà, il fascismo, le guerre. E’incapace di assicurare alla schiacciantemaggioranza delle donne e degli uomini, deigiovani, una vita degna di questo nome, unfuturo di pace e di sviluppo sociale.

Perciò il sistema capitalista-imperialistadev’essere abbattuto dalla lotta rivoluzionariadel proletariato e dei popoli e sostituito con unpiù elevato ordinamento sociale ed economico: ilsocialismo, prima tappa della società comunista,unica via di uscita dal vicolo cieco delcapitalismo.

La storia dimostra che senza autentici partitimarxisti-leninisti che dirigano i proletari allalotta per il potere, senza combatterel’opportunismo, non si può abbatterel’imperialismo e condurre fino in fondo labattaglia per la liberazione sociale e nazionale,non si può abolire la proprietà privata capitalistae costruire un’economia socialista pianificata.

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Perciò questo 1° Maggio chiamiamo all’unitàdei comunisti e degli operai avanzati sotto lebandiere del marxismo-leninismo edell’internazionalismo proletario, percostruire forti Partiti e Organizzazionicomunisti dove non esistono, sviluppare quelliesistenti e rafforzare l’unità internazionaledel proletariato rivoluzionario.

Viva il 1° Maggio, giornata internazionale disolidarietà e di lotta dei proletari di tutto ilmondo!

Viva il 70° Anniversario della Vittoria sullabestia fascista!

Realizziamo grandi manifestazioni unitarieovunque!

Lavoratrici e lavoratori, popoli oppressi di tutti i paesi, uniamoci!

Aprile2015

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Conferenza Internazionale di Partiti eOrganizzazioni Marxisti-Leninisti

(CIPOML)

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