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8/16/2019 Tesina Il Dolore Esistenziale Dell'Uomo
http://slidepdf.com/reader/full/tesina-il-dolore-esistenziale-delluomo 1/10
Istituto Statale di Istruzione Superiore ‘’Archimede’’
IL DOLORE ESISTENZIALE
DELL’UOMO.
Tayeb Subhi
Classe 5° sezione E lic.
Anno scolastico: 2014/2015
8/16/2019 Tesina Il Dolore Esistenziale Dell'Uomo
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1.
Giacomo Leopardi: il poeta della vita.
Cenni biografici.
Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798, nell’arretrata Recanati,
primogenito del conte Monaldo e di Adelaide Antici. Giacomo viene istruito
da precettori ecclesiastici, in seguito, prosegue i suoi studi da solo,
chiudendosi nella biblioteca paterna per quei ‘’sette anni di studio matto e
disperatissimo’’ come egli stesso definisce e che contribuirono a minare il suo
fisico già fragile. In questo periodo egli compone le sue prime opere, ispirate a
modelli arcadico-illuministici; ne emerge dunque una cultura arcaica e ormai
superata. Tra il 1815 e il 1816, Leopardi attua quella che egli stesso chiama
‘’La conversione dall’erudizione al bello’’, ovvero, abbandona gli aridi studi
filologici e si entusiasma per i grandi poeti quali Omero, Virgilio, Dante;
inoltre, comincia a leggere i moderni, Rosseau, la Vita di Alfieri, L’Ortis.
Nell’estate del 1819 tenta la fuga dalla casa paterna, ma il tentativo viene
scoperto e sventato: questa situazione lo portò a uno stato di totale
prostrazione e aridità. Questa crisi del 1819 segna un altro passaggio, sempre
a detta di Leopardi stesso, dal ‘’bello’’ al ‘’vero’’, ovvero dalla poesiad’immaginazione alla filosofia. Nel 1822 compie un viaggio a Roma, terminato
però in una cocente delusione, infatti, gli ambienti letterari della Capitale gli
apparvero vuoti e meschini. Tornato a Recanati, si dedica alla composizione
delle ‘’Operette Morali’’. Successivamente lascia ancora la famiglia, per
soggiornare a Bologna e a Firenze e nel frattempo lavora per l’editore Stella.
In seguito è costretto a tornare a Recanati per problemi economici. Qui
comporrà i ‘’Grandi Idilli’’. Nel 1830 si stabilisce a Firenze, città dove fa
l’esperienza della passione amorosa con Fanny Targioni Tozzetti. Negli ultimi
anni di vita si trasferisce a Napoli dove lo coglierà la tanto attesa morte, nel 14
giugno del 1837.
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Il pensiero di Leopardi.
Leopardi, in versi come in prosa, ha trovato gli accenti più intensi e al tempo
stesso più limpidi per esprimere il male di vivere, ovvero l’infelicità
necessariamente connaturata con la condizione umana. Ma Leopardi non è un
lamentoso poeta adolescenziale, ripiegato vittimisticamente a contemplare la
propria infelicità, isolato dal mondo e dai suoi problemi. Egli non è il poeta del
nulla, bensì il poeta della vita, infatti, il suo pessimismo non ha le radici in un
vagheggiamento compiaciuto della sconfitta e della rinuncia a vivere. Il dato
primario dell’esperienza leopardiana è al contrario un bisogno di pienezza e
gioia vitale , vita intensa, attiva ed energica. Il pessimismo, deriva dalla
delusione di queste profonde aspirazioni. A questo proposito, il poeta scrive in
una lettera destinata al fratello Carlo: ‘’ Amami, per Dio. Ho bisogno d'amore, amore,
amore, fuoco, entusiasmo, vita: il mondo non mi par fatto per me’’ 1.
Leopardi, identifica la felicità con il piacere sensibile e materiale, ma l’uomo
non desidera un piacere, bensì il piacere: aspira cioè a un piacere che sia
infinito, per estensione e per durata. Pertanto, siccome nessuno dei piaceri
particolari goduti dall’uomo può soddisfare questa esigenza, nasce in lui un
senso di insoddisfazione perpetua. L’uomo è, dunque, necessariamente
infelice. In un primo periodo, egli, afferma, che la natura, ha voluto sin dalle
origini offrire un rimedio all’uomo: l’immaginazione e le illusioni, che hanno il
compito di velare agli occhi della misera creatura le sue effettive condizioni.
Questa prima fase del pensiero leopardiano è chiamata ‘’fase del pessimismo
storico’’, ed è tutta costruita sull’antitesi tra natura e ragione, tra antichi e
moderni. Successivamente la concezione di una natura benigna e
provvidenziale entra in crisi. Egli comincia a concepire la natura come un
meccanismo cieco e totalmente indifferente alla sorte delle sue creature.Questa fase del pensiero leopardiano viene chiamata ‘ ’fase del pessimismo
cosmico’’ ed è quella che caratterizzerà il poeta per il resto della vita:
l’infelicità diviene un dato eterno e immutabile di natura. Il poeta recanatese,
tuttavia, nell’ultimo periodo di vita, arriverà a costruire tutta una concezione
della vita sociale e del progresso, dove il senso dell’esistenza è dato dalla
compassione e dal conforto reciproco tra gli uomini.
1 Giacomo Leopardi, lettera al fratello Carlo, 25 Novembre 1822, Roma.
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2.
Arthur Schopenhauer e il pessimismo irrazionalistico.
Cenni biografici.
Nacque a Danzica nel 1788. Suo padre era un banchiere; la madre una notascrittrice. Intraprese quindi gli studi presso le università di Gottinga dove ebbe come
maestro il filosofo Schulze. Quindi nel 1811 andò a Berlino per ascoltare le lezioni di
Fichte, e nel 1813 si laureò a Jena. Durante gli studi potè confrontarsi sia con le
filosofie di Platone e di Kant, che con l'antica sapienza indiana dei Veda. Tra il 1813 e
il 1814, a Weimar, entrò in contatto con Goethe. Nel 1819 pubblicò il suo
capolavoro, ‘’Il mondo come volontà e rappresentazione’’, che ottenne
un'accoglienza piuttosto fredda dal pubblico. Nel 1820 conseguì a Berlino la libera
docenza: in quell'occasione entrò in contrasto con Hegel, cui tentò invano, nei
semestri accademici successivi, di contendere la fama. Nel 1833 si stabilì a
Francoforte sul Meno, dove iniziò a lavorare a una nuova edizione della sua opera
maggiore, la quale vedrà la luce solo nel 1844. Il successo e il riconoscimento del
pubblico arrivarono però più tardi, quando nel 1851 pubblicò i Parerga e
paralipomena, un'opera che esponeva in forma divulgativa le dottrine del Mondo.
Morì infine nel 1861 a Francoforte sul Meno.
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Il pensiero di Schopenhauer.
« Leopardi e Schopenhauer sono una cosa. Quasi nello stesso tempo l'uno creava la metafisica e
l'altro la poesia del dolore. Leopardi vedeva il mondo così, e non sapeva il perché. [...] Il perché l'ha
trovato Schopenhauer con la scoperta del Wille. »2
Con queste brevi e concise parole, lo scrittore e critico Francesco De Sanctis,
descrive il rapporto fra la poesia leopardiana e la filosofia di Schopenhauer.
La filosofia di Schopenhauer si apre con la distinzione kantiana tra ‘’fenomeno’’ e
‘’noumeno’’, ovvero tra ‘’cosa così come appare’’ e ‘’cosa in sé’’. Il fenomeno è
‘’parvenza’’, ‘’illusione’’ e ‘’sogno’’ mentre il noumeno è quella realtà che si
‘’nasconde’’ dietro l’ingannevole trama del fenomeno, inoltre, tale fenomeno di cui
parla Schopenhauer, coincide con la rappresentazione, ed esiste solo dentro lacoscienza. La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili: il soggetto
rappresentante e l’oggetto rappresentato: essi sono le facce della stessa medaglia.
In seguito, il filosofo, continua affermando che il nostro sistema nervoso e cerebrale,
risultano corredati da tre forme a priori: spazio, tempo e causalità. Le tre forme a
priori sono paragonate a dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si
deforma: da qui nasce la concezione della vita, considerata come un sogno, o ancor
più precisamente, ‘’un tessuto di apparenze’’.
Noi uomini, in quanto ‘’animali metafisici’’ non possiamo fare a meno di interrogarci
sull’essenza ultima della vita, ovvero sul noumeno. Ma come si ha accesso al
noumeno? Se noi fossimo soltanto rappresentazione e conoscenza, non potremmo
mai uscire dal mondo fenomenico, ma poiché siamo dati a noi medesimi non solo
come rappresentazione, ma anche come corpo, non ci limitiamo a vederci dal di
fuori, bensì ci viviamo anche dal di dentro, godendo e soffrendo. Ripiegandoci così
su noi stessi, ci rendiamo conto che l’essenza profonda del nostro io, è la ‘’volontà
di vivere’’ (Wille zum leben), cioè un impulso prepotente e irresistibile che ci spinge
ad esistere e ad agire. La volontà di vivere, si trova al di là del fenomeno, dunque, si
sottrae alle tre forme a priori; la Wille risulta così inconscia, unica, eterna, incausata
e senza scopo.
2 Schopenhauer e Leopardi, Francesco De Sanctis, pubblicato su ‘’Rivista Contemporanea’’ nel 1858.
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La concezione della vita come dolore, arriva proprio affermando che l’essere è
nient’altro che la manifestazione di una volontà infinita, infatti, volere significa
desiderare e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di
qualcosa che si vorrebbe avere. Così, per Schopenhauer, la gioia e il godimento, già
come aveva sostenuto Leopardi, non sono altro che una cessazione di dolore. E il
ripetersi di tale cessazione, ossia, di tale gioia o godimento, porta inevitabilmente
alla noia; usando le stesse parole del filosofo, si potrebbe riassumere il tutto nella
seguente citazione: « La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il
dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia. »3
3 Arthur Schopenhauer, Il mondo come Volontà e Rappresentazione,
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3. Edvard Munch; importante precursore dell'arte espressionista.
Il dolore, la morte e l’angoscia sono le caratteristiche più frequenti della pittura diMunch. Egli ebbe un’infanzia che venne attraversata da due gravi lutti, quello per la
morte della madre, quando Munch aveva solo cinque anni e più tardi quello per la
malattia e la morte della sorella maggiore, avvenuta a soli quindici anni.
Quest’ultimo evento gli ispirò l'opera ‘’La bambina malata’’. Le due donne morirono
entrambe di tubercolosi e il padre di Munch si ammalò di depressione: da medico, si
rimproverava di non essere stato capace di modificare il destino dei suoi cari.8
Munch restò segnato per sempre da questa tragedia, che contribuì all’instabilità
emotiva del suo carattere e a formare una sensibilità unica. Sulla sua arte egli
dichiarò: “Mi rifiuto di realizzare piccole tele con la cornice dorata destinate a ornare le pareti
delle case borghesi. Non si possono ritrarre eternamente donne che lavorano a maglia e uomini
intenti alla lettura; voglio rappresentare esseri che respirano, provano sentimenti, amano e
soffrono. Lo spettatore deve prendere coscienza di ciò che di sacro vi è in loro, per poi scoprirsi il
capo davanti a essi come se fosse in chiesa”.
Una sera passeggiavo per unsentiero, da una parte stava la
città e sotto di me il fiordo.Ero stanco e malato.
Mi fermai e guardai al di là delfiordo- il sole stava tramontando-
le nuvole erano tinte di un rossosangue. Sentii un urlo
attraversare la natura:mi sembrò quasi di udirlo.Dipinsi questo quadro,
dipinsi le nuvole come sanguevero.I colori stavano urlando.9
8 Di Stefano E., Munch, Firenze, 1994. 9 Edvard Munch, descrizione affiancata all’opera ‘’Il grido’’.
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Bibliografia:
Baldi-Giusso-Razetti-Zaccaria , L’attualità della letteratura, paravia editore
Giacomo Leopardi, Operette Morali, Dialogo di Plotino e Porfirio.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, tr.it di A.Vigliani,
Mursia, Milano 1982,
Arthur Schopenhauer, O si pensa o si crede, scritti sulla religione , Bur Classici
editore, 2000.
Icilio Vecchiotti, Introduzione a Schopenhauer , Editori Laterza, 19
Giovanni Fornero, Nicola Abbagnano, Il nuovo protagonisti e testi della filosofia, Da
Schopenhauer alle nuove tecnologie’’, Paravia Editore.
Demartini-Gatti-Tonetti- Villa, Il nuovo Vivere l’Arte , Ed.Scolastiche Bruno
Mondadori, vol. 3
Di S tefano, E. Munch, F irenze, 1994.