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BRUNO MUNARI GRAFICA E PSICO PEDAGOGIA

TESINA MUNARI

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Tesina Munari Storia comunicazioni Visive

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brunomunari

grafica e psico pedagogia

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brunomunari

grafica e psico pedagogia

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La vita

iL genio

La grafica

La pedagogia

bibLiografia

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passionee soprattutto vogLia

di cambiare Le cose.

premessa

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Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch’io, vuol dire che lo sa rifare altri-menti lo avrebbe già fatto prima.Così diceva Munari in un testo personale. Ed è vero. La nostra società, il modo in cui siamo stati cresciuti ci ha portato a pensare sempre meno creativamente e sempre più in maniera standardizzata. E questo era quello che Munari voleva cambiare. Nel momento in cui mi sono tro-vato a dover affrontare una tesi su Bruno Munari mi sono trovato un po’ spaesato; un po’ perché non conoscevo bene il personaggio, un po’ perché mi sono reso conto della po-chezza delle informazioni reperibili sul web sui suoi lavo-ri. Ma dopo l’iniziale disappunto mi sono messo di buona lena alla ricerca di informazioni su questo che, a mio modo di vedere è un genio sottovalutato, perché si contano real-mente sulle dita della mano gli artisti (anche se non è cor-retto ridurre Munari al solo concetto di artista) che han-no affrontato tanti campi d’azione e sperimentato tante tecniche produttive come ha fatto Munari durante la sua

vita. Mi ha colpito il suo desiderio di colpire, divertire e provocare, in ogni opera, ma sempre con toni molto gentili e non impattanti come magari facevano i futuristi con cui si è trovato a lavorare agli inizi della propria carriera. Ha sviluppato un proprio stile, ma soprattutto, negli ultimi anni di produzione, si è dedicato al futuro, lavorando con i bambini anche se sapeva che quello che sarebbe andato a creare non sarebbe andato direttamente a valorizzare la sua opera di designer. Ma quello che ha provato a fare con i più piccoli ha contribuito a valorizzarne la figura di uomo.Questa tesina mi ha fatto capire ulteriormente l’importan-za del pensare creativo e di come l’ambiente che ci circon-da e il modo in cui ci hanno abituato a pensare condizioni tutto il nostro agire.

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La vitadaLLa provincia

aLLa fama passando per La sperimentazione.

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Il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali...Nato a Milano, Bruno Munari passò l’infanzia e l’adolescenza Bruno Munari nasce a Milano e dopo un’infanzia e un’adole-scenza passata a Badia Polesine nel 1925 torna a Milano per lavorare con lo zio ingegnere. Inizia a frequentare Marinetti e il movimento futurista, esponendo con loro in varie mostre. Nel 1930 si associa con Riccardo Ricas Castagnedi, creando lo Studio R+M dove opera come grafico fino al 1938. Nel 1930 realizzò quello che può essere considerato uno dei primi mo-bile della storia dell’arte, noto con il nome di macchina aerea e che Munari ripropose nel 1972 in un multiplo a tiratura 10 esemplari per le edizioni Danese di Milano. Nel 1933 proseguì la ricerca di opere d’arte in movimento con le macchine inutili, oggetti appesi, dove tutti gli elementi sono in rapporto armoni-co tra loro, per misure, forme, pesi. Durante un viaggio a Parigi, nel 1933, incontrò Louis Aragon e André Breton. Dal1939 al

1945 lavorò come grafico presso l’editore Mondadori, e come art director della rivista Tempo, cominciando contempora-neamente a scrivere libri per l’infanzia, inizialmente pensati per il figlio Alberto. Nel1948, fonda il MAC (Movimento Arte Concreta) insieme a Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Galliano Mazzon e Atanasio Soldati. Il movimento si proponeva di pro-muovere le arti non figurative ma concrete e astratte senza al-cun riferimento al mondo esterno.Sperimentando negli anni cinquanta realizza i negativi-posi-tivi, quadri astratti che giocano sulla possibilità di scelta, da parte dello spettatore, di quale sia la figura principale e quale sia quella secondaria. Nel 1951presenta le macchine aritmiche in cui il movimento ripetitivo della macchina viene spezzato dalla casualità mediante interventi umoristici. Seguono i libri illeggibili in cui il racconto è puramente visivo stravolgendo completamente il concetto di libro. Nel 1954 utilizzando le lenti Polaroid costruisce oggetti d’arte cinetica noti come Po-lariscopi grazie ai quali è possibile utilizzare il fenomeno della scomposizione della luce a fini estetici. Nel 1953 presenta la ricerca il mare come artigiano recuperando oggetti lavorati dal mare, mentre nel 1955 crea il museo immaginario delle

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isole Eolie dove nascono le ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari, composizioni astratte al limite tra antropologia, humour e fantasia. Nel 1958 crea le forchette parlanti model-lando i denti di alcune forchette cercando di conferire loro sembianze umane. Nel 1958 presenta le sculture da viaggio che sono una rivisitazione rivoluzionaria del concetto di scultura, non più monumentale ma da viaggio, a disposizione dei nuovi nomadi del mondo globalizzato di oggi. Nel 1959 crea i fossili del 2000 che con vena umoristica fanno riflettere sull’obsole-scenza della tecnologia moderna.Negli anni sessanta diventano sempre più frequenti i viaggi in Giappone, verso la cui cultura Munari sente un’affinità cre-scente, trovandovi precisi riscontri al suo interesse per lo spi-rito zen, l’asimmetria, il design ed il packaging della tradizione giapponese. Nel 1965 a Tokyo progetta una fontana a 5 gocce che cadono in modo casuale in punti prefissati, generando una intersezione di onde, i cui suoni, raccolti da microfoni posti sott’acqua, vengono riproposti amplificati nella piazza che ospita l’installazione.Negli anni ‘60 si dedica: alle opere seriali con realizzazioni come aconà biconbì, sfere doppie, nove sfere in colonna, te-

tracono (1961-1965) o flexy (1968); alle sperimentazioni cine-matografiche con i film i colori della luce (musiche di Luciano Berio), inox, moire (musiche di Pietro Grossi), tempo nel tem-po, scacco matto, sulle scale mobili (1963-64); alle sperimenta-zioni visive con la macchina fotocopiatrice (1964); alle perfor-mance con l’azione far vedere l’aria (Como, 1968).Infatti, insieme a Marcello Piccardo e ai suoi cinque figli a Cardina, sulla collina di Monteolimpino a Como, tra il 1962 e il 1972 ha realizzato pellicole cinematografiche d’avanguardia. Da questa esperienza la nascita della “Cineteca di Monteolim-pino - Centro internazionale del film di ricerca” A Cardina, co-nosciuta anche come “La collina del cinema”, Bruno Munari ha vissuto e lavorato a lungo tutte le estati, fino agli ultimi anni della sua vita. La sua abitazione-laboratorio, tuttora esisten-te, era situata proprio in fondo alla strada carrozzabile, in via Conconi di fronte al ristorante Crotto del Lupo. nel libro “La collina del cinema” diMarcello Piccardo (Nodo libri, Como, 1992) è riassunta l’esperienza di quegli anni. Nel racconto “Alta tensione” (1991) di Bruno Munari, l’artista espone il suo stretto rapporto con i boschi della collina di Cardina.Nel 1974 esplora le possibilità frattali della curva che prende il

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nome del matematico italiano Giuseppe Peano, curva che Mu-nari riempie di colori a scopi puramente estetici.Nel 1977, a coronamento dell’interesse costante verso il mon-do dell’infanzia, crea il primo laboratorio per bambini in un museo, presso la Pinacoteca di Brera a Milano.Continua a creare anche negli anni 80-90: le sculture filipesi (1981), le costruzioni grafiche dei nomi di amici e collezionisti (dal 1982), i rotori (1989), le strutture alta tensione (1990), le grandi sculture in acciaio corten esposte sul lungomare di Na-poli, Cesenatico, Riva del Garda, Cantù, gli xeroritratti (1991), gli ideogrammi materici alberi (1993). Morì nel 1998 a Milano ancora in attività.

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iL geniosperimentatore

ecLetticoestroverso

e provocatore

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Bruno Munari è artista unico ed eccez-zionale del nostro novecento, eppure solo negli ultimi anni della sua vita e dopo la sua morte, l’interesse per la sua arte si è risvegliato.

Destino di tanti non essere riconosciuto in vita, ma per lui non è stato proprio così, fuori dal nostro paese, in Giappone soprat-tutto, grandi tributi gli sono stati dedicati, come il Kodomo no shiro, il castello dei bambini a Tokyo.

Probabilmente la difficoltà più grande per la critica è riusci-re a vedere Munari nei tanti campi in cui si è cimentato, un problema di mancata definizione, di impossibilità di incasel-lare la sua opera. Molti infatti vengono tratti in inganno ad un superficiale sguardo, credono che ci siano tanti Munari: il Munari pittore dell’avanguardia futurista, il Munari scultore delle Macchine inutili e delle Tavole tattili, il Munari designer dell’Abitacolo, il Munari grafico delle collane per Einaudi e dei manifesti per Campari, il Munari teorico delle lezioni al

Carpenter Center for the Visual Arts di Cambridge, il Munari pedagogo dei Prelibri e dei giochi didattici per Danese. La li-sta potrebbe continuare a lungo, come lui stesso ci ricorda in una inusuale autobiografia. Ma infondo ad un osservazione più attenta non può non sfuggire che Munari è uno e solo, che un filo conduttore lega tutte le sue creazioni, per quanto distanti possano sembrare le une dalle altre. Questo è ciò che mi propongo di mettere in luce, analizzando gli eventi più importanti della sua vita e ripercorrendo il cam-mino della sua creatività: che Munari è stato un grande mae-stro, che la sua opera più importante è il metodo che ci ha la-sciato e che attraverso la sua attività nuovo vigore può trovare l’estetica contemporanea. Molti hanno scritto di lui, quasi tutti dopo essere rimasti af-fascinati dalla sua personalità. Questo perchè non si può se-parare il Munari-uomo dal Munari-artista (anche se a lui non avrebbe certo fatto piacere essere definito così), perchè il suo è infondo un progetto di vita. In vario modo tutti i suoi collabora-tori hanno affermato di essere stati trasformati da lui, dal suo modo di lavorare, dal suo modo di rapportarsi alle cose, agli al-tri. A volte è proprio la sua semplicità a scardinare tutti i nostri

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punti fermi; è un ribaltamento del nostro punto di vista quello che Munari ci propone con umiltà e giocosa ironia.

Partendo da una massima di Lao Tze a Munari molto cara: “Produzione senza appropriazione, azione senza imposizione di sè, sviluppo senza sopraffazione”, che può essere considera-ta il cardine del suo pensiero, il nostro percorso alla scoperta di questo grande personaggio si dividerà in tre momenti, che sono a mio avviso i tre campi principali in cui la sua multi-forme creatività si è espressa. Il primo capitolo Spirito d’a-vanguardia analizza i ricordi caratteristici della sua infanzia, le sue prime esperienze nella Milano degli anni trenta come pittore futurista, le influenze dei fermenti artistici che esplo-devano in quegli anni in Europa e non solo, poi la sua evolu-zione passando per l’Astrattismo, il MAC, l’Arte programmata. Attraverso un secolo movimentato come il novecento, gli inte-ressi di Munari spaziano in esperienze sempre nuove perchè hanno alla base il sentimento, comune alle avanguardie, di in-novazione, di ricerca di nuove tecniche, nuovi materiali, di un confronto diverso con la città, il progresso, il quotidiano, quasi un “impegno civile”.

Il secondo capitolo Il mondo dei bambini analizza l’esperienza educativa di Munari, che inizia con il rapporto personale con suo figlio, nato nel 1940, e per cui crea i primi giochi e libri, che poi trasformerà nelle esperienze con la Mondadori, nei Preli-bri, nei giochi didattici, ma soprattutto nei laboratori Giocare con l’arte, che fanno la loro prima apparizione nel 1977 a Brera e che da allora si sono diffusi in tutto il mondo, dando vita ad esperienze meravigliose, grazie all’opera di formazione che Munari ha iniziato e che ora i suoi “amici” portano avanti. Il terzo capitolo Tutti : arte = tutto : vita analizza, attraverso un cammino parallelo a quello propriamente artistico, i capo-lavori di grafica e design di Munari che hanno affiancato fin dai suoi esordi le altre opere. La mente di Munari è quella del grafico che scompone il mondo, lo analizza, lo taglia per poi ri-montarlo, è questa sua natura che ha influenzato tutte le sue creazioni (o sarebbe meglio dire scoperte?) e che è infondo la chiave di volta per accedere ai suoi più profondi insegnamenti.

Regina Bracchi, Salto Jr. Luigi Veronesi, Gianni Bertini, Bruno Munari,

Nini di Salvatore, Calliano Mazzon, Gianni Monnet, Gillo Dorfles

e Giuseppe Salto alla Galleria Salto, 1951

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La graficaiLLustratore,

progettista,editore,

sperimentatore

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L’arte è ricerca continua, assimilazione di esperienze passate, aggiunta di espe-rienze nuove, nelle forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi.La produzione grafico editoriale di Munari si estende dal 1929 al 1998 e comprende illustrazioni, copertine, opuscoli pubbli-citari fino alla progettazioni di libri veri e propri. Non perde l’occasione di utilizzare le sue opere come banco di prova per sperimentazioni grafice e progettuali che gli sono poi valse la fama di progettista creativo per eccellenza.

Gli esordi con il Futurismo.Munari entra in contatto con il Futurismo alla fine degli anni Venti quando la tendenza macchinista sta per essere soppiantata dall’Areopittura; esordisce come illustrato-re con cinque disegni pubblicati nel luglio del ‘28 su “Li-del” a corredo di un articoli di Arturo Lanocita intitolato “L’arte di sembrare intelligenti” per poi proseguire gli anni

seguenti con delle illustrazioni per l’inserto per l’infanzia del Corriere della Sera, “Il Corriere dei Piccoli”. Nel 1929 realizza illustrazioni progettando figure umane e animali solo assembrando forme geometriche, creando dei perso-naggi-macchina tanto da guadagnarsi un ulteriore pub-blicazione su “Lidel”, ma al contrario della pubblicazione precedente le sue illustrazioni diventano parte integrante se non fondamentale dell’impaginazione, tanto da far pen-sare al primo intervento editoriale di Munari.Con i suoi lavori inizia a farsi un nome tanto da ricevere, alla mostra Trentatrè Futuristi, svoltasi nel 1929 a Pesaro l’investitura da parte di Marinetti che lo definisce giova-ne guida del gruppo futurista milanese, nomina celebrata da “La Rivista Illustrata del Popolo d’Italia” che gli dedica un’intera pagina di caricature con una nota al seguito che diceva «Munari ha ingegno se avrà carattere, e cioè volon-tà di migliorarsi costantemente e di soddisfare il proprio gusto prima di quello altrui, se diffiderà delle compiacenti lusinghe e seguirà invece il suo più intimo impulso, farà molta strada».

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Lo studio R+MNel 1930 dopo l’investitura da parte di Marinetti e la parteci-pazione alla Biennale di Venezia, Munari si associa a Riccar-do Ricas fondando uno studio futurista di grafica editoriale e pubblicitaria. Il nome venne progettato in piena logica futu-rista con le sole iniziali dei cognomi separate da un + e si pone come pietra miliare del panorama degli studi pubblicitari italiani in quanto venne fondato addirittura 3 anni prima del celebre Studio Boggeri e della rivista Campo Grafico. Dopo quasi due anni di interventi ancora d’impronta macchinista e aeropittorica, lo stile di R+M si aggiornerà sia al clima astratto razionalista e costruttivista oramai consolida-to a livello internazionale sia – unico caso nel nostro paese prima dell’uscita di «Minotaure» nel 1933 – alle istanze del Surrealismo la cui influenza è evidente soprattutto nell’il-lustrazione e nel fotomontaggio. Come si è detto, sia Muna-ri che Ricas, oltre all’attività a firma congiunta, continuano però a produrre anche interventi grafici in totale autonomia. In concomitanza all’uscita della ‘summa’ pubblicitaria futu-rista si inaugura per Munari, a partire dal n. 5, un intenso rap-

Copertina Rivista LIDEL

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porto con il mensile milanese. Importante è notare che da que-sto momento in poi la cultura visiva di Munari appare sempre più aggiornata a istanze internazionali. Il suo sistema imma-ginativo comincia a riferirsi in modo esplicito sia alla cultura razionalista e all’astrattismo internazionale sia – e forse caso unico nell’Italia di quegli anni – in modo netto e appassionato al Surrealismo.

Il surrealismoProprio riguardo al Surrealismo, si ricordano alcuni fatti che provano il contatto – ben più complesso da dimostrare con prove documentarie anche se facilmente desumibile dalle opere – con Munari: la mostra Tre pittori di Parigi: Lurcat, Max Ernst, Louis Marcoussis, che si inaugura sempre alla Gal-leria del Milione il 9 gennaio 1932, rappresenta la prima occa-sione di confronto diretto in Italia con l’opera di uno dei padri del Dadaismo e dei protagonisti indiscussi del Surrealismo. La pubblicazione, sempre nello stesso anno, del primo numero della rivista parigina «Abstraction création art non figuratif 1932», nel quale viene riprodotta l’opera Universe del 1931 di

Alexander Calder che Munari ripubblicherà cinque anni dopo sulla rivista «La Lettura» in testa ad un articolo interamente dedicato alle ‘macchine inutili’. Tale evento è da considerarsi una prova documentaria della conoscenza da parte del nostro artista della cultura a cavallo tra astrattismo e surrealismo. Proprio del ’32 – anno di gestazione delle Macchine inutili che saranno esposte per la prima volta alla Galleria Tre Arti di Milano del ’33 – sono infatti i primi «Mobiles» dello scultore americano allora residente a Parigi e in stretto contatto pro-prio con gli ambienti surrealisti. Prampolini figura fra gli arti-sti protagonisti della rivista dal primo numero al 1934, anno in cui compariranno gli astrattisti lombardi.

Il fotomontaggio e il collagePer quanto riguarda il fotomontaggio e il collage realizza an-che un’altra copertina per il numero di agosto de «L’Ufficio moderno», sulla quale compaiono, sovrapposti l’uno all’altro, due ritagli: sopra una foto aerea di Manhattan e sotto quella di una gran folla intenta a guardare verso sinistra; sull’imma-gine superiore campeggia il titolo in caratteri meccanici. Il

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fascicolo di dicembre contiene, oltre alla copertina a collage fotografico vicina alla precedente, un articolo intitolato Il Futurismo alla pubblicità firmato «Noi due», probabilmente Munari e Ricas, che ripercorre le influenze del movimento marinettiano proprio nel campo pubblicitario: «La pubblici-tà, arricchendosi dei concetti di sintesi e simultaneità propri della lirica – diciamo lirica e non filosofia – futurista, si fece più viva e ardente nelle sensazioni, anche se non pervenute a chiarezza, delle masse. Sintetica, forte, costruttiva, essen-ziale sino alla linearità, espressiva, veloce, così da cogliere e generare impressioni simultanee, insinuanti e persistenti, la pubblicità ha acquistato di suggestione. Il cartello, il bianco e nero per il giornale, la copertina per il libro e per la rivista, mostrano quali siano le influenze benefiche del movimento futurista esercitate su la pubblicità, la quale guadagna due tipici mezzi di espressione: il fotomontage e il fotodramma. Costruzione ed impaginazione, colori e caratteri, ecc., han-no assunto una fisionomia assolutamente nuova e tale da non potersi immaginare raggiungibile senza un movimento rivoluzionario, ad un tempo distruttore e costruttore, quale fu certamente quello futurista». A titolo esemplificativo del-

Giochi di Luce, fotomontaggio, 1950

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le istanza teoriche e programmatiche espresse dall’articolo, vengono pubblicate quattro «figurazioni» tratte dalla quarta raccolta de Il cantastorie Campari che, con ventisette illustra-zioni di aeropittoricismo astratto e veste grafica di Munari co-adiuvato da Ricas, correda la raccolta di poesie pubblicitarie di Renato Simoni.

Le collaborazioniIl 1933 si apre con l’uscita dell’annuario di pubblicità denomi-nato «Guida Ricciardi», sul quale è inserita la pubblicità dello studio Boggeri. Essa è stata significativamente progettata ed eseguita dallo studio R+M e presenta un fotomontaggio rica-vato da una foto «del Dr. Paul Wolff» che ritrae una ‘arciera’ prelevata dall’articolo intitolato L’estetica femminile appar-so, nel dicembre del 1931, sul numero della rivista «Natura». Unica differenza rispetto all’immagine di partenza è costituita dal fatto che le gambe della ragazza fotografata sono ‘tagliate’ e sostituite dal loro disegno.Una collaborazione importante, che con ogni probabilità, è favorita dal fatto che Marinetti pubblica nella Guida Ricciardi

ben due scritti, entrambi completamente illustrati da Munari con disegni satirici e caricature, intitolati Il teatro totale e Il Futurismo al 1933 che «promuovono i trionfi» dell’Areopittura e dell’Aeropoesia. È importante notare che, poche pagine dopo, vengono riprodotti anche due ‘disegni automatici’ surrealisti: il primo è intitolato Struttura metafisica di un paesaggio di T. C. Valentine Hugo e Paul Eluard; il secondo, senza titolo, è fir-mato Greta Knutson e Tristan Tzara. Essi, forse scelti proprio dal nostro artista, influenzano e condizionano molte delle ses-santadue illustrazioni realizzate da Munari in questo nume-ro, come Nudista, il frontespizio del mese di marzo, o Bellico, quello del mese di maggio, o ancora Avanti lettera del mese di settembre, che anticipa di nove anni le illustrazioni del libro Le macchine di Munari. I lavori più avanzati e sperimentali che emergono dal volume sono però le otto tavole foto montate del-la serie «Atmosfera 1933». La serie, ben distribuita nel testo, si apre con Anno X°, che raffigura un giovane armato di vanga nell’atto di scavare con alle spalle una folla a perdita d’occhio; poco dopo Ginevra risente vagamente dell’aeropittura con le immagini fotografiche della testa di una modella sulla quale sta camminando una tartaruga intenta a fumare un sigaro,

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mentre è osservata da un vegliardo occhialuto.Per chiudere l’intensa carrellata, si segnala anche l’inizio della fruttuosa collaborazione tra Munari e il mensile «L’Ala d’Ita-lia», organo ufficiale del Regio Aeronautico Club Italiano. Il rapporto lavorativo, cominciato con il n. 2 del 1933, anche que-sta volta sembra preparato da un articolo, in questo caso di An-ton Giulio Bragaglia, intitolato Le origini dell’Aeropittura e ap-parso sull’ultimo numero dell’anno precedente. Il breve saggio introduce e approfondisce le istanze aeropittoriche ai lettori del periodico. Pertanto, da febbraio, Munari appare il portatore di novità tra illustratori molto più tradizionali.

L’editoriaMunari ha collaborato con Max Huber per realizzare la grafica di diverse collane Einaudi: Piccola Biblioteca famose per la co-pertina bianca fatta eccezione per il grande quadrato colorato in alto; la Nuova Universale caratterizzata da un impaginazio-ne razionalista con 5 strisce orizzontali rosse a separare la foto dell’autore dal titolo e dal nome dell’autore; la Collezione di Poesia dove venivano riportati dei versi in grigio con bandiera

a destra sul fondo bianco della copertina; il Nuovo Politecnico celebre per il grande quadrato rosso centrale; Paperbacks che riprende in toto la grafica della collana precedente sostituendo il quadrato rosso con uno blu e molte altre opere singole non facenti parte di specifiche collane come la Nuova Biblioteca di Cultura e le opere di Marx-Engels.

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Copertine collane Einaudi progettate da Munari:

Piccola Biblioteca, La Nuova Universale, Il Nuovo Politecnico,

Paperbacks, La Nuova Biblioteca di Cultura.

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pedagogiaLa creatività

La fantasiaLe sensazioni

iL metodo

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Giocare è una cosa seria! I bambini di oggi sono gli adulti di domani: aiutiamo-li a crescere liberi da stereotipi perché un bambino creativo è un bambino felice! Così rispondeva Munari a chi gli chiedeva il perché desse così tanta importanza ai bambini e alla loro creatività. “…dobbia-mo occuparci di loro per fare in modo che crescano con una mentalità più elastica e libera, capace di prendere decisioni...”. Sì perché il suo sogno di didatta e di educatore era quello di promuovere un futuro migliore in una società fatta di uomini creativi e non ripetitivi. Munari inizia a dedicarsi al mondo dell’infanzia con la nascita del figlio Alberto nel 1940 realiz-zando per lui libri e giochi ed entrando sempre più nel mondo dell’infanzia e dell’educazione. Calandosi sempre maggior-mente nell’universo dei più piccoli si rese conto della grande importanza del gioco, dell’azione combinata dei bambini per sviluppare la creatività. Secondo il suo personale pensiero se si cerca di imporre ai bambini il proprio personale pensiero, un pensiero da adulti, i bambini crescono male.

Il rapporto con Gianni RodariSi parla del suo personale pensiero, ma in realtà esso fu forte-mente influenzato da quello di Lao Tse, filosofo cinese fautore del pensiero “azione senza imposizione di sè” e da Gianni Ro-dari e Giovanni Belgrano. Con questi due influenti personaggi del panorama del’educazione infantile collaborò illustrando le opere di Rodari e realizzando i laboratori Giocare con l’Arte insieme a Belgrano.Ciò che unisce Munari a Rodari, a parte le illustrazioni di mol-te sue opere tra cui Favole al Telefono, Il libro degli errori, Fi-lastrocche in cielo e in terra (...), è l’importanza che entrambi danno alla creatività. Tra i due si crea una sinergia, entrambi guardano le cose con una diversa sensibilità, e cercano di tra-smetterlo ai bambini che leggono le loro opere. Entrambi schi-vano le convenzioni e se per Rodari la scrittura è testimonian-za di libertà, così per Munari il segno è un’invenzione efficacie di libertà. Per Rodari la creatività poggia sull’immaginazione, che è comune a tutti gli uomini, e può essere incrementata attraverso l’educazione; attraverso lo sviluppo del pensiero creativo si crea un uomo completo capace di mutare la società

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Illustrazioni di Munari per i libri di Gianni Rodari.

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proprio perché uomo indipendente e libero. La creatività è si-nonimo di pensiero divergente, capace di rompere gli schemi dell’esperienza; e quì l’importanza del gioco come metodo di apprendimento, perché giocare con le cose serve a conoscerle meglio e poi a capirle. Stessa cosa per Munari, anche per lui l’individuo necessita di un intelligenza elastica libera da pre-concetti che gli permetta di cambiare opinione quando se ne presenta una più giusta; ed è per questo che nel 1974 scrive un articolo Proposta di una scuola di design che comincia dall’asi-lo nel quale evidenzia l’importanza di stimolare alla mentalità progettuale in modo che un individuo sia in grado di risolvere i propri problemi autonomamente. E per fare questo i bambini devono poter sperimentare in modo graduale strumenti e re-gole, manipolando materiali e affinando la capacità di analisi e scambio con esperienze altrui. Secondo Munari non si può stabilire un confine preciso tra fantasia e creatività in quan-to i prodotti di entrambe nascono da relazioni che il pensiero stabilisce con ciò che conosce; un individuo di cultura limita-ta non potrà mai avere una fantasia molto fervida. Obiettivo dell’educatore è quindi quello di fornire al bambino il maggior numero di informazioni possibile in modo che possa risolvere

da solo con gli strumenti che gli sono stati forniti.Sia Rodari che Munari sono fortemente convinti che per rap-portarsi con i bambini non sia necessario abbassare di livello la realtà banalizzandola, sottovalutando le loro potenzialità conoscitive, quanto piuttosto spiegare loro, mediante i mezzi più consoni, concetti anche complessi.

Metodo Munari e i Laboratori d’Arte.Come detto prima altro personaggio fondamentale per lo svi-luppo dell’idea didattica in Munari è Giovanni Belgrano, inse-gnante orientato verso nuove strategie didattiche, specializzatosi sulla ricerca di processi culturali educativi della scuola elemen-tare. Con Munari realizza diversi giochi didattici tra cui le Carte da Gioco, figure che il bambino deve riordinare seguendo una succesione temporale, e Più e Meno, costituito da cartoncini bianchi, cartoncini forati, fogli trasparenti e semitrasparenti su cui è stampata un immagine di una possibile composizione ideale (albero, muretto, nuvole, pioggia...) che possono essere sovrappo-ste all’infinito creando immagini senza partire da una sequenza preordinata di creazione e ottenendo immagini sempre originali.

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I bambini durantei laboratori Giocare con l’Arte

giocano con i prelibrie con i materiali.

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In questo modo è il bambino attraverso la propria fantasia a in-ventare la propria storia autonoma e non condizionata dal proget-tista o dai genitori.Entrambi sono convinti che i vecchi modelli educativi vadano sostituiti con progetti più freschi e mirati al futuro. Le scuole, secondo il loro pensiero, dovrebbero essere dotate di un adegua-ta strumentazione didattica che permetta ai bambini molteplici esperienze in un ambiente ricco e stimolante in modo da passare da fruitori passivi a creatori del proprio apprendimento. Lascian-do i bambini liberi di giocare con tutte le tecniche della rappre-sentazione visiva senza dire loro cosa fare svilupperanno una creatività personale e non si adatteranno alle convenzioni, male del nostro tempo. Devono poter riconoscere i limiti propri di ogni strumento esplorando gradualmente tutti i supporti e i materiali; compito dell’insegnante in questo caso è fornire tutte le indica-zioni tecniche, fornendo spiegazioni che stimolino l’attività senza suggerire soggetti da riprodurre.Credendo negli stessi valori Belgrano e Munari finiscono per col-laborare creando nel 1977 il primo laboratorio Giocare con L’arte presso la Pinacoteca di Brera. L’idea nasce dall’esperienza dell’an-no precedente con la manifestazione Museo Vivo realizzata per

distaccarsi dall’idea di Museo come spazio espositivo, noioso per i bambini. Il successo del laboratorio è immediato; i bambini non smetterebbero mai di giocare e di scoprire nuove cose attraverso le loro potenzialità sensoriali. I bambini infatti non vengono par-cheggiati a giocare con colori e tempere, nei laboratori si gioca con l’arte visiva sperimentando tecniche e trasformandole in giochi. Fare senza interferenze degli adulti, imparando a risolvere i pro-pri problemi da soli secondo il principio didattico del “Non dire cosa fare, ma come”. Comunicare attraverso esempi visivi e non spiegazioni dove i bambini pensano ad altre cose distraendosi; Munari sostiene come ai bambini piacciano le regole, perché ogni gioco ha le sue regole, anche se possono essere trasgredite.Tutti questi concetti sono quelli che vanno a formare il cosiddetto Metodo Munari, fornire stimoli multisensoriali ai bambini, senza imporre loro nulla e lasciarli creare, esprimere e sviluppare la loro creatività. Favorire l’esperienza diretta sottoforma di gioco e l’agi-re in prima persona per raggiungere un effettiva comprensione, coinvolgendo il bambino nella rielaborazione cognitiva e operati-va dell’esperienza vissuta. Ed è il metodo che si può ritrovare an-che nelle altre opere pedagogiche di Munari come i Prelibri, i Li-bri Illeggibili e le fiabe Visive oltre ai giochi progettati da lui stesso.

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Prelibro n°9 Libro Illeggibile

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I prelibriRealizzati in collaborazione con Danese nel 1980, oggi editi dalla Corraini, i prelibri sono i veri precursori dei moderni libri per bambini. Nati per avvicinare i più piccoli ad un og-getto spesso odiato dai più grandi, questi piccoli quadernetti di poche pagine sono realizzati con diversi materiali in modo da stimolare le diverse percezioni e sensazioni nel bambino e lasciarlo libero di immaginare e viaggiare con la fantasia. L’idea di fondo di un progetto del genere è sfruttare la sempli-cità per creare stupore nel bambino attraverso questa sorta di libri-gioco. I libri sono 12 tutti realizzati in materiali di-versi: di cartoncino, di cartone, di legno, di panno, di panno spugna, di friselina, di plastica trasparente; ognuno rilegato in maniera diversa. Sono tutti double face e su entrambe le copertine compare la scritta LIBRO capovolta in modoche possano essere letti anche al contrario. Questi libretti sono piccoli per poter stare agevolmente nelle piccole mani del bambino e forniscono al bambino stimoli visivi, tattili e ma-terici e passano all’infante messaggi diversi in base alle sen-sazioni percepite.

I libri illeggibiliNascono anche come una forma di provocazione verso i testi letterari, filosofici e storici che non prestano im-portanza alla carta alla rilegatura e al colore dell’inchio-stro. Sono definiti “illeggibili” perché non hanno parole da leggere, ma hanno una storia visiva che si può capire seguendo il filo del discorso visivo. Munari si chiede: “ Si può comunicare visivamente e tattilmente solo con i mezzi editoriali di produzione del libro?” E così crea i libri illeggibili nel 1949 e da allora sono comparsi in varie mostre in tutto il mondo. Nel ca-talogo delle Edizioni Corraini, che hanno realizzato e pubblicato molte idee di Munari, figurano naturalmente anche i libri “illeggibili”. “La più elementare manifesta-zione della fantasia - scriveva Munari - nasce, forse, dal capovolgimento di una situazione, dall’uso dei contrari, degli opposti, dei complementari: lui dice verde? Io dico rosso. Un’antica stampa popolare, molto nota, intitolata Il mondo alla rovescia mostra un cavallo che cavalca un uomo, un paesaggio sopra alle nuvole, alcune pecore che

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fanno da guardiani a un gregge di uomini, e altre ameni-tà. I bambini ridono se noi gli diciamo che lo zucchero è amaro e si divertono molto se gli raccontiamo una storia di una tartaruga che corre come un lampo” (da Fantasia , Laterza, 1977).Munari sperimenta tutte le carte possibili, da quelle da stampa a quelle da imballaggio, di stracci e vegetali, ri-gide e sintetiche; sperimenta sui formati organizzandoli all’interno del libro in modi ritmati o alternati creando una ritmica visuale-temporale utilizzando anche i colori della carta. I fogli vengono tagliati, piegati creando dina-micità nel modo di sfogliare il libro, pagine da voltare in due tempi...Questi libri illeggibili possono essere letti da bambini e adulti di tutto il mondo perché raccontano, a chi li tiene in mano, una storia senza usare le parole, ma solo attra-verso i materiali e sono l’ennesimo tentativo di stimolare la fantasia da parte di Munari.

Tutti i prelibri

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Le fiabe visiveMunari si cimenta anche nella riscrittura di diverse fiabe at-traverso l’uso delle immagini e delle pagine. La più famosa che riscrive è sicuramente quella di Cappuccetto Rosso riscritta in modo meno crudo e crudele in tre diverse versioni: Cappuccet-to Verde, Cappuccetto Giallo e Cappuccetto Bianco. Le prime due sono riscritture attraverso l’uso di illustrazioni e poco testo e nella storia è l’amicizia a trionfare come valore supremo con la rana Verdocchia e i pennutti della città Gial-la a neutralizzare il lupo prima che possa nuocere a chiunque; la terza versione invece è un po’ diversa. . Il lupo c’è ma non si vede, ricoperto da una soffice coltre bianca purificatrice che nasconde agli occhi di un lettore disattento quasi tutto. Ma non a un bambino: il bambino sotto tutta quella neve intravede gli occhi di Cappuccetto, intravede la panchina di pietra, intra-vede i contorni dell’aiola. Sente la presenza del lupo, ma non lo vede, sepolto da tanta neve. Povero lupo! E adesso cosa farà? Nemmeno il lupo vede Cappuccetto Bianco, che arriva a casa della nonna ma non la trova. C’è solo un cartello: Partita per l’Africa Nera. Non piangere. Mai vista tanta neve!

Anche la paura del lupo cattivo è stata spazzata via da tutto quel bagliore. E dalla forza dell’immaginazione. Quest’opera è uno dei capolavori della produzione munariana, un progetto in cui riesce a racchiudere tutta la sua idea di edu-cazione e di fantasia. Le poche pagine che compongono il libro sono quasi tutte bianche se non le prime in cui con qualche parola viene illustrata la storia e l’ultima in cui compaiono in mezzo al foglio candido quelli che possono essere gli occhi di Cappuccetto Bianco e che danno un senso a tutto il libro.Sullo stesso piano si pongono i libri di illustrazioni come “Di-segnare il sole” e “Disegnare un albero” che si propongono di mostrare, attraverso esempi visivi, diverse modalità di rappre-sentazione del sole e dell’albero nelle varie stagioni stimolando allo stesso tempo la fantasia e l’immaginazione del bambino.

I giochi e le sperimentazioni.“Conoscere i bambini è come conoscere i gatti - ha scritto in Arte come Mestiere - Chi non ama i gatti non ama i bambini e non li capisce... Per entrare nel mondo di un bambino (o di un gatto) bisogna almeno sedersi per terra, non disturbare il

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bambino dalle sue occupazioni e lasciare che si accorga della vostra presenza.”E aggiunge: “...il mio primo gioco fu un gattino vero, ed è forse stato il giocattolo più completo e bello che abbia mai avuto.”; forse è per questo che ha ideato nel 1952 il gatto Meo Romeo, un gatto di gomma piuma con all’interno un sottile e mallea-bile filo di metallo che consente al bambino di fargli assumere tutte le posizioni possibili simulando il movimento e allo stes-so tempo dà piacere al tatto. E’ un bellissimo esemplare di gio-co-azione che consente al bambino di essere attivo e partecipe, e non semplicemente un soggetto passivo. E lo stesso concetto è stato applicato alla scimmietta ZiZi che gli valse il Compasso d’Oro nel 1954: multisensorialità.

Meo Romeo, 1949, Quittenbaum, Munchen

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bibLiografia

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STORIA DEL DESIGN GRAFICO - Daniele Baroni, Maurizio Vitta - Longanesi 2003DA COSA NASCE COSA - Bruno Munari - LaterzaDESIGN E COMUNICAZIONE VISIVA - Bruno Munari - Economia LaterzaARTE COME MESTIERE - Bruno Munari - Economia LaterzaBRUNO MUNARI - Marco Meneguzzo, Beppe Finessi - SilvanaWIKIPEDIAMUNART

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ValentinoBorghesiC1 - 747165

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