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TIBERIUS CLAUDIUS TIBERI FILIUS THERMODON: DA VOLSINII A PRAENESTE MARCO BUONOCORE UDK: 904:295.21(375)“01“ Biblioteca Apostolica Vaticana Izvorni znanstveni članak Città del Vaticano Primljeno: 1. X. 2010. La dedica sacra che Tiberius Claudius Thermodon, glio di Tiberius, sod- disfatto per il voto che innalzò al dio Mitra ci informa nel dettaglio sulle altre iniziative di cui il cultor Mithrae si era fatto promotore al ne di omaggiare in modo conveniente la divinità. La forma delle lettere e tutto l’impianto del dettato epigraco unitamente alla tipologia del supporto consentono di datare il monumento almeno nella seconda metà del II sec. d.C. Lo stesso personaggio sembra inoltre potersi riconoscere in quel Ti. Clau- dius Thermodon che, unitamente a Mettia M. f. Lochias, pone la dedica a For- tuna Primigenia. Quantunque il documento, anch’esso noto dalla sola tradizio- ne manoscritta, sia di Praeneste, nulla vieta pensare che il personaggio debba essere identicato appunto con il Tiberius Claudius Thermodon delle dedica a Mitra sopra ricordata. La presenza di Tiberius Claudius Thermodon quale testimone di offerte a Mitra e Diana nel territorio di competenza amministrativa dell’antica città di Volsinii, e poi anche a Palestrina, conferma ancora una volta come determinati personaggi afdassero la propria visibilità proprio all’espletamento dei sacra. Da tempo si conserva a Ficulle (Terni) all’interno della chiesa del sec. XIII intitolata “Santa Maria Vecchia”, con portale gotico di pregevole fat- tura ed alcuni importanti affreschi della seconda metà del Quattrocento, alla sinistra dell’altare, un cippo in calcare (76 x 35 x 27; campo epigr. 31 x 27; lett. 2; interpunzione a triangolo), lisciato sulla fronte, parzialmente lavorato a gradina nel retro 1 (gg. 1-3) 2 : 1. L’ho potuto recentemente visionare l’11 aprile 2009 grazie alla cortesia di don Luca Seidita, che nuovamente ringrazio per la sua disponibilità. 2. Sul sito internet “http://it.wikipedia.org/wiki/Ficulle” è fatto riferimento a questa iscrizione, ma con simile errata indicazione: “All’interno di questa chiesa si trova anche 145

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TIBERIUS CLAUDIUS TIBERI FILIUS THERMODON:DA VOLSINII A PRAENESTE

MARCO BUONOCORE UDK: 904:295.21(375)“01“Biblioteca Apostolica Vaticana Izvorni znanstveni članakCittà del Vaticano Primljeno: 1. X. 2010.

La dedica sacra che Tiberius Claudius Thermodon, fi glio di Tiberius, sod-disfatto per il voto che innalzò al dio Mitra ci informa nel dettaglio sulle altre iniziative di cui il cultor Mithrae si era fatto promotore al fi ne di omaggiare in modo conveniente la divinità. La forma delle lettere e tutto l’impianto del dettato epigrafi co unitamente alla tipologia del supporto consentono di datare il monumento almeno nella seconda metà del II sec. d.C.

Lo stesso personaggio sembra inoltre potersi riconoscere in quel Ti. Clau-dius Thermodon che, unitamente a Mettia M. f. Lochias, pone la dedica a For-tuna Primigenia. Quantunque il documento, anch’esso noto dalla sola tradizio-ne manoscritta, sia di Praeneste, nulla vieta pensare che il personaggio debba essere identifi cato appunto con il Tiberius Claudius Thermodon delle dedica a Mitra sopra ricordata.

La presenza di Tiberius Claudius Thermodon quale testimone di offerte a Mitra e Diana nel territorio di competenza amministrativa dell’antica città di Volsinii, e poi anche a Palestrina, conferma ancora una volta come determinati personaggi affi dassero la propria visibilità proprio all’espletamento dei sacra.

Da tempo si conserva a Ficulle (Terni) all’interno della chiesa del sec. XIII intitolata “Santa Maria Vecchia”, con portale gotico di pregevole fat-tura ed alcuni importanti affreschi della seconda metà del Quattrocento, alla sinistra dell’altare, un cippo in calcare (76 x 35 x 27; campo epigr. 31 x 27; lett. 2; interpunzione a triangolo), lisciato sulla fronte, parzialmente lavorato a gradina nel retro1 (fi gg. 1-3)2:

1. L’ho potuto recentemente visionare l’11 aprile 2009 grazie alla cortesia di don Luca Seidita, che nuovamente ringrazio per la sua disponibilità.

2. Sul sito internet “http://it.wikipedia.org/wiki/Ficulle” è fatto riferimento a questa iscrizione, ma con simile errata indicazione: “All’interno di questa chiesa si trova anche

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Soli Invicto Mitrhae Tiberius Claudi- us Tiberi fi lius 5 Thermodo[n] spelaeum cụ[m] signis et ar[a] ceterisquẹ voti compoṣ 10 dedit.

2 Mitrhae pro Mithrae3.

Il primo a darne notizia era stato Pierio Valeriano (1477-1560), dotto personaggio vissuto in quel periodo quasi irripetibile per gli studi tra tardo Umanesimo e primo Rinascimento4, precisamente nelle Castigationes et varietates Virgilianae lectionis5; nel commentare la iunctura virgiliana del v. 52 della decima ecloga (scil. inter spelaea ferarum) portava a so-stegno della forma speleum questa iscrizione (tuttavia con errata versuum divisio e grossolani errori di trascrizione, primi fra tutti speleum, appunto, e Thermodorus)6, con la seguente indicazione topica: “ex oppido Ficulli Dioc. Urbeuetanae”.

Ho voluto ricordare tale editio princeps in quanto proprio da questa edizione romana dipende il Metello (Jean Matal / Johannes Matalius Me-

un cippo marmoreo di età greca”. Una foto dell’iscrizione è anche nel sito “http://pene-lope.uchicago.edu/Thayer/E/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Umbria/Terni/Ficulle/Ficulle/churches/S.Maria_Vecchia/Mithraic_inscription.html”.

3. Per questa forma del teonimo cfr. anche ILS, 1264, 4196, 4226, 4238. Vd. anche l’onomastica veicolata da ICUR, 6562: Arrio Mitrheti alumno.

4. Per cui mi limito a rimandare all’introduzione di J. HAIG GAISSER alla sua mo-nografi a De litteratorum infelicitate. Pierio Valeriano on the ill fortune of learned men. A Renaissance humanist and his world, Ann Arbor 1999.

5. Cito dall’edizione romana del 1521 di Antonius Blades Asulanus, p. XXVIII.6. Questa la trascrizione: SOLI • INVICTO • MYTHRAE / TIBERIVS • CLAVDIVS • TIBERI •

FILIVS • THERMODORVS / SPELEVM • CVM • SIGNIS • ET • ARA • CAETERISQVE / VOTI • COMPOS • DEDIT.

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tellus: 1520-1597)7 nel suo codice Vat. lat. 6039 al f. 121r (già f. 348r). Ov-viamente l’iscrizione fu vista e schedata da Eugen Bormann (1842-1917), il grande studioso tedesco a cui Theodor Mommsen (1817-1903) aveva affi dato, tra l’altro, l’incarico di raccogliere le iscrizioni latine delle regioni augustee Aemilia-Etruria-Umbria per un volume del Corpus Inscriptio-num Latinarum (il Bormann fu anche il fondatore della scuola epigrafi ca viennese, dove insegnò dal 1885 succedendo ad Otto Hirschfeld, nonché

7. Su cui vd. principalmente A. HOBSON, The iter Italicum of Jean Matal, in Studies in the Book Trade. In Honour of Graham Pollard (Oxford Bibliographical Society. Publi-cations, n. s., 18), Oxford 1975, pp. 33-61; M. H. CRAWFORD, The Epigraphical Manus-cripts of Jean Matal, in M. CRAWFORD (cur.), Antonio Agustin between Renaissance and Counter-Reform (Warburg Institut Surveys and Texts, 24), London 1993, pp. 279-289; J.-L. FERRARY, Onofrio Panvinio et les antiquités romaines (Coll. de l’École Fr. de Rome, 214), Rome 1996, pp. 108-110, 238-242. Altre considerazioni in H. SOLIN, Corpus inscriptionum Latinarum X. Passato, presente, futuro, in H. SOLIN (cur.), Epigrafi e studi epigrafi ci in Finlandia (Act. Inst. Rom. Finl., 19), Roma 1998, 90-91 ed ora anche in G. VAGENHEIM, «Manus epigraphicae». Pirro Ligorio et d’autres érudits dans les recueils d’inscriptions latines de Jean Matal, in M. DERAMAIX - G. VAGENHEIM (cur.), L’Italie et la France dans l’Europe latine du XIVe au XVIIe siècle. Infl uence, émulation, traduction (Publications des Universités de Rouen et du Havre), Mont-Saint-Aignan 2006, pp. 233-270.

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portatore della tradizione mommseniana)8. La inserì pertanto nel volume XI del CIL (pubblicato nel 1888), nella sezione Volsinii (Bolsena)9 dopo che, per mancanza di sicuri dati topografi ci così come si era desunto da una scheda anonima presente in uno dei numerosi codici Vat. lat. 9529-9668 di Angelo Mai (1782-1854), custode della Biblioteca Vaticana (1819-1833) poi cardinale bibliotecario (1853-1854)10, il testo era stato erroneamente attribuito a Roma nel volume VI del CIL11. Fu infatti il marchese Gio-vanni Eroli di Narni (1813-1904)12, spigolando nell’archivio privato dei conti Saracinelli di Orvieto, a recuperare preziose informazioni sul luogo di rinvenimento di detta iscrizione che risulterebbe essere stata scoperta in epoca imprecisabile (ma come visto già nota nel Cinquecento) “nelle vigne al di là del Paglia”. Bormann, pertanto, volle inserire nella raccolta epigrafi ca attinente all’area di competenza amministrativa dell’antica città romana di Volsinii anche quelle iscrizioni recuperate nel circondario di Orvieto (Urbs vetus).

Si tratta della dedica sacra che Tiberius Claudius Thermodon, fi glio di Tiberius, soddisfatto per il voto (voti compos) innalzò al dio Mitra13, ma

8. Vedi essenzialmente E. WEBER, L’impresa epigrafi ca di Eugen Bormann, in G. A. MANSUELLI - G. SUSINI (cur.), Il contributo dell’Università di Bologna alla storia del-la città: l’evo antico. Atti del 1° convegno. Bologna, 11-12 marzo (Convegni e Colloqui. Nuova serie, 9), Bologna 1989, pp. 333-342.

9. CIL XI, 2684 = ILS, 4223 (Dessau legge il teonimo Mithrae).10. Sembrerebbe essere il codice Vat. lat. 9530, ma non sono riuscito a recuperarlo

in questo testimone. Oltre ai già citati Vat. lat. 9529-9668 (in cui è compreso un gruppo di esemplari provenienti dal Sacro Convento di Assisi: Vat. lat. 9657-9668), vd. i Vat. lat. 10163, 13144, 13179, 13180, 13182. Su Angelo Mai vd. recentemente Angelo Mai sacer-dote e umanista (Roma 1982: celebrazione bicentenaria), Roma 1984; D. ROTA (cur.), Angelo Mai e la cultura del primo Ottocento. Atti del convegno. Bergamo, 8-9 aprile 1983, Bergamo 1985; A. CARRANNANTE, Mai, Angelo, in Dizionario biografi co degli Italiani, 67, Roma 2006, pp. 517-520.

11. CIL VI, 3723 (ma vd. già CIL VI, p. 3007); ora A. FASSBENDER, Index nume-rorum. Ein Findbuch zum Corpus Inscriptionum Latinarum (Corpus Inscriptionum Lati-narum. Auctarium, Series Nova, 1), Berlin - New York 2003, p. 477).

12. Su cui vd. gli apprezzamenti di Bormann apud CIL XI, pp. 601 n. III, 664 n. VI; ne dò notizie anche io nel mio Tra i codici epigrafi ci della Biblioteca Apostolica Vaticana (Epigrafi a e antichità, 22), Bologna 2004, pp. 123-124. Vd. sempre T. ZAMBROTTA, Eroli, Giovanni, in Dizionario biografi co degli Italiani, 43, Roma 1993, pp. 236-238; R. COVINO - F. BUSSETTI (cur.), Giovanni Eroli: uomo, intellettuale, gastronomo. Vita, cultura e pratiche materiali di un nobile narnese dell’Ottocento tra antico regime e mo-dernità, Perugia 2003.

13. Il dedicante è sempre ricordato nei repertori attinenti ai mysteria Mitrae; cito, ad esempio: F. CUMONT, Textes et monuments fi gurés relatifs aux Mystères de Mithra, I, Bruxelles 1896, p. 122 n. 161; M. J. VERMASEREN, Corpus Inscriptionum et Monumen-

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non solo; il dettato epigrafi co dell’altare - dalle semplici modanature di raccordo, provvisto di focus nel piano superiore e le consuete raffi gurazio-ni dell’urceus sul fi anco sinistro e della patera su quello destro, in linea con lo specimen tettonico maggiormente utilizzato14 - ci informa nel det-taglio sulle altre iniziative di cui il cultor Mithrae si era fatto promotore al fi ne di omaggiare in modo conveniente la divinità: volle infatti allestire la grotta sacra al dio (spelaeum) con le statue (signis)15, l’ara (ara)16, ap-punto, ed ogni altro arredo (ceteris) necessario per il corretto espletamento dei sacra17. La forma delle lettere e tutto l’impianto del dettato epigrafi co unitamente alla tipologia del supporto consentono di datare il monumento almeno nella seconda metà del II sec. d.C.

Il medesimo personaggio è noto da altra documentazione epigrafi ca sempre collegata con i sacra che ci consegna Gian Francesco Gamurri-ni, (1835-1923), archeologo, studioso soprattutto di antichità aretine, socio corrispondente dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma, di-rettore dei Musei di Antichità di Firenze nel 1867, membro della Deputa-zione per la Conservazione e l’Ordinamento dei Musei e delle Antichità Etrusche nel 1871, membro della Direzione Generale dei Musei e delle Antichità di Roma con delega per l’Italia settentrionale nel 187518; egli,

torum Religionis Mithriacae, I, Hagae Comitis 1956, p. 244 n. 660; L. A. CAMPBELL, Mithraic iconography and ideology (Études préliminaires aux religions orientales dans l’Empire romain, 11), Leiden 1968, p. 212; M. CLAUSS, Cultores Mithrae. Die Anhän-gerschaft des Mithras-Kultes (Heidelberger Althistorische Beiträge und Epigraphische Studien, 10), Stuttgart 1992, p. 50. Vd. anche (ma ancora con l‘errato rinvio a CIL VI, 3723) E. SCHRAUDOLPH, Römische Gotterweihungen mit Reliefschmuck aus Italien. Altäre, Basen und Reliefs, Heidelberg 1993, p. 83.

14. Per confronti vd. A. BUONOPANE, Aspetti della produzione epigrafi ca nordi-talica in ambito cultuale, in G. CRESCI MARRONE - M. TIRELLI (cur.), Orizzonti del sacro. Culti e santuari antichi in Altino e nel Veneto orientale. Venezia, 1-2 dicembre 1999 (Studi e ricerche sulla Gallia Cisalpina 14. Altinum: studi di archeologia, epigrafi a e sto-ria, 2), Roma 2001, pp. 345-357.

15. Per la distinzione tra imagines e signa (= statue) vd. C. LETTA, Le imagines Caesarum di un praefectus castrorum Aegypti e l’XI coorte pretoria, in Athenaeum, 56 (1978), pp. 14-19.

16. In CIL VI, 746 = ILS, 4202 abbiamo ara cum suis ornamentis.17. Le iscrizioni fanno riferimento anche a exedrae, aquae, hypobasis, parembolii,

praesepia, sacraria: vd. l’indice epigrafi co in VERMASEREN, Corpus Inscriptionum cit. (nota 13), pp. 345-351.

18. Vd. G. M. DELLA FINA, Gamurrini, Gian Francesco, in Dizionario biografi co degli Italiani, 52, Roma 1999, pp. 133-135; A. FARALLI, Per una storia delle scoperte e delle ricerche su Arezzo antica, in G. CAMPOREALE - G. FIRPO (cur.), Arezzo nell’an-tichità (Accademia Petrarca di Lettere e Scienze), Roma 2009, pp. 30-31.

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infatti, nel 1883 pubblicava19 un’iscrizione del seguente tenore, che Bor-mann, confortato anche dall’autoscopia di Wolfgang Helbig (1839-1915), inserisce sempre nel volume di CIL XI20:

[D]iana[e sacr]um. Ti(berius) Cla(udius) Thermodon d(onum) d(edit)21.

2 gruppo TH in legatura.

Molto utile è riportare la relazione del Gamurrini trasmessa a Giuseppe Fiorelli, al fi ne di defi nire meglio natura e signifi cato del supporto e l’area geografi ca di rinvenimento che ben si collega a quello dell’iscrizione con dedica a Mitra appena ricordata:

“In un terreno del sig. Filippo Mariani di Ficulle, vocabolo piano di Mealla, posto a nord-est del versante che guarda il castello di Parrano, e precisamente alla distanza di circa met. 150 dalla destra sponda del fi ume Chiana, / facendosi alcune fosse per piantagione di ulivi, si scoprì una pie-tra rettangolare di marmo bianco, lunga met. 0,345 [ma 0,25 secondo la ricognizione di Helbig], alta met. 0,088, larga met. 0,16, in forma di urna, che doveva essere sostenuta da qualche colonnetta. È di lavoro piuttosto rozzo, ed ha nella parte inferiore un profondo incavo, per meglio essere te-nuta ferma. Superiormente poi ricorre in giro un canaletto, e verso il centro una traccia quasi circolare, che deve farci conoscere esservi stata collocata qualche statuetta, o qualche piccolo busto. La detta pietra ha poi per tre lati, meno nel posteriore, due piccole cornici, formanti quasi due gole rovescie ed opposte.

Che quivi fosse stata situata una statuetta di Diana, viene dimostrato dalla iscrizione che vi si legge, così trascritta dal R. Commissario cav. G. F. Gamurrini, a cui sembra probabile che in quel sito sussistesse una villa piuttosto sontuosa, di un liberto di Claudio (!), cognominato Termodonte, il quale aveva dedicata quella scultura votiva.

d I A N A e s a c r V MTI · CLA · THERMODON ·D · D

19. NS, 1883, pp. 162-163 [= Mem. Accad. Lincei s. 3°, 11 (1883), pp. 273-274].20. CIL XI, 2683.21. Le litterae singulares D D possono essere anche sciolte d(e)d(icavit) o, se con

soggetto plurale, d(e)d(icaverunt).

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Inoltre, soggiunge lo stesso sig. Commissario, lì presso, sopra un muro divisorio (forse dell’atrio), quasi resentato a terra, si cavò un bel frammento marmoreo, a fedele imitazione di antifi sse fi ttili, che si ponevano sopra alle porte. Vi è raffi gurata la pestatura dell’uva, con un Fauno saltante tanto a destra che a sinistra, che suona la dobbia tibia, e con altri due Fauni, i quali tenendosi per le mani, calpestano l’uva, di cui la sottoposta corba è ricol-ma. Mentre che in altri edifi zi tali antefi sse erano di terracotta, il trovarne qui una di marmo e di buona mano, fa credere che si tratti di una villa (nè altro si presenta dalla posizione del luogo) appartenente ad un ricco, come pur troppo lo erano i liberti di Claudio (!). E che con i pochi saggi, che dopo la causale (!) scoperta vi ha fatto l’ing. Mancini22, noi siamo prossimi all’atrio, è lecito dedurlo dalla estremità superiore di un pilastrello marmo-reo, che termina ad erma, con testa di Ninfa, coronata di fi ori e di grappoli; e da due canaletti di terracotta che traversavano il muro, e facilmente sfo-gavano nell’impluvio”.

Lo stesso personaggio sembra inoltre potersi riconoscere, come già dia-gnostico da Hermann Dessau nelle sue Inscriptiones Latinae selectae ed in seguito da altri studiosi confermato23, in quel Ti. Claudius Thermodon che, unitamente a Mettia M. f. Lochias, pone la seguente dedica24:

Fortunae Primigeniae Ti(berius) Claudius Thermodon et Mettia M(arci) f(ilia) Lochias eius simulacra duo Spei corolitica d(onum) d(ederunt)25.

Quantunque il documento, anch’esso noto dalla sola tradizione mano-scritta, sia di Praeneste, nulla vieta pensare che il personaggio (il quale omette nella formulazione onomastica l’indicazione della fi liazione, come nell’iscrizione dedicata a Diana) debba essere identifi cato appunto con il Tiberius Claudius Thermodon delle dedica a Mitra sopra ricordata. I duo simulacra per la Fortuna Primigenia e la Spes erano stati foggiati con quel

22. Riccardo Mancini.23. Vd. ad esempio CAMPBELL, Mithraic iconography cit. (nota 13), p. 212.24. CIL XIV, 2853 = ILS, 3688.25. Vd. supra alla nota 21.

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particolare tipo di lapis, proveniente dall’Asia Minore, assai prezioso per il candore simile all’avorio con venature rosate tipiche, appunto, del corallo; informazione su questa tipologia, che non può essere identifi cata con il cosiddetto “palombino”26, si recupera nella naturalis historia di Plinio, il quale lo paragona per il candore al marmo Pario denominato lygdinus27: Paulum distare ab eo (scil. onyche) in unguentorum fi de multi existimant lygdinos, in Paro repertos amplitudine qua lances craterasque non exce-dant, ante ex Arabia tantum advehi solitos, candoris eximii. magnus et duo-bus contrariae inter se naturae honos, corallitico in Asia reperto mensurae non ultra bina cubita, candore proximo ebori et quadam similitudine28; da cui dipende Isidoro nel paragrafo V (De marmoribus) del libro XVI (De lapidibus et metallis): Parius candoris eximii, lygdinus cognomento: hic apud Paron insulam nascitur, unde et Parius nuncupatus. Magnitudo eius, qua lances craterasque non excedat; unguentis et ipse aptus. Coralliticus in Asia repertus, mensurae non ultra cubita bina, candore proximo eboris et quadam similitudine29.

Abbiamo poi la seguente iscrizione di Bulla Regia (Africa proconsu-laris) datata al 196 d.C. che ricorda un templum dedicato a Diana dall’in-dicativa epiclesi di Corollitica: [Pro salute Im]p(eratoris) Caes(aris) divi M(arci) Antonini Pii Germanici Sarmat(ici) fi l(i) / divi Hadr(iani) adnepot(is) / [divi Antonini P]ii nepotis divi Traiani Part(hici) abnep(otis) divi Nervae adnepoti(s) / [L(uci) Septimi Severi P]ii Pertinacis Aug(usti) Arabici Adiabenici pont(ifi cis) max(imi) tribunic(ia) / [potestate III]I co(n)-

26. Vd. sempre R. GNOLI, Marmora romana, Roma 1988², p. 260.27. Per le fonti vd. TLL, IV, 4, Lepizig 1908, col. 942; Diz. epigr., II, Roma 1910, p.

1225. Vd. anche E. J. FORSDYKE, Archaeology. Monthly Record, in Classical Review, 21 (1907), p. 252; L. LEURINI, Il corallo nei testi greci e latini, in J.-P. MOREL - C. RONDI-COSTANZO - D. UGOLINI (cur.), Corallo di ieri corallo di oggi. Atti del Con-vegno. Ravello, Villa Ruffolo, 13-15 dicembre 1996 (Scienze e materiali del patrimonio culturale, 5 - Travaux du Centre Camille Jullian), Bari 2000, p. 87; R. S. BAGNALL - J. A. HARRELL, Knekites, in Chronique d’Égypte, 78 (2003), p. 230.

28. PLIN. nat. hist. 36. 13. 62 (ed. MAYHOFF). “Molti ritengono che poco meno effi cace dell’onice, nel conservare i profumi, siano le pietre ligdine, che si sono trovate anche a Paro – in blocchi comunque non più grandi di un piatto o di un cratere – e che in passato si era soliti importare solo dall’Arabia, ove sono di un candore eccezionale. Sono tenute in grande considerazione entrambe le qualità, che hanno caratteristiche opposte l’una all’altra. Quella corallitica dell’Asia non si trova in blocchi superiori ai due cubiti, di un colore bianco che tende all’avorio, con cui presenta certe somiglianze” (Gaio Plinio Secondo. Storia naturale. V. Mineralogia e storia dell’arte. Libri 33-37, Traduzione e note di A. CORSO – R. MUGELLESI – G. ROSATI, Torino 1988, pp. 620-621; nulla in apparato sul lapis coralliticus).

29. IS. etym. 16.5.9 (ed. LINDASY).

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s(ulis) II p(atris) p(atriae) et M(arci) Aureli Antonini Caes(aris) totiusq(ue) domus divin(ae) / [res p(ublica) coloniae B]ullens(ium) regior(um) tem-plum Dianae Corolliticae / [quod ex testame]nto suo Marcius Tertullus c(larissimae) m(emoriae) v(ir) alumnus et patro/[nus rei publ(icae) i]nter cetera eximiae liberalitatis suae in patriam / [documenta conlata ex HS - - -] mil(ibus) fi eri iussit suscepta pecunia ab herede eius perfecit30. Già Al-fred Merlin, nel pubblicare l’iscrizione commentava: “L’adjectif corolliti-cus = coralliticus, qui s’applique ici à Diane n’est pas nouveau; on le touve déja sur une inscription de Préneste: «simulacra duo Spei corolitica»; sans doute à Bulla Regia, la statue de Diane était faite de cette pierre spéciale dont la blancheur égale celle de l’ivoire, et cette particularité avait valu à la déesse son surnom”31; “corollitica Diana dicta (così in apparato di CIL VIII), fortasse quod statua eius e lapide corollitico fuit facta”. In ogni caso l’impiego di questo raffi nato e raro tipo di lapis microasiatico per i duo simulacra prenestini è prova delle disponibilità economiche del Nostro.

Veramente raro è il cognome del dedicante: Termodonte. Esso ci riporta alla mente la nona delle dodici fatiche di Ercole, da lui compiute per ordine del re di Micene Euristeo, cioè la conquista delle armi della regina delle Amazzoni: Ercole e gli eroi Teseo, Telamone e Alceste giungono presso il fi ume Termodonte32 (odierno “Terme Çayı” nell’Anatolia centro-setten-trionale) ove risiedono le Amazzoni e perciò si scontrano con la regina Antiope, le sue sorelle Ippolita e Orizia e la fi glia Martesia. Ricordo che questo episodio fece da soggetto, su libretto di Giacomo Francesco Bussa-ni, della sedicesima delle quarantotto opere composte da Antonio Vivaldi (Ercole sul Termodonte) rappresentata la prima volta a Roma al Teatro Ca-pranica nel carnevale del 1723. A quanto mi risulta33 in Italia questo co-gnome è presente nell’onomastica di un liberto [P(ublio) Numisio P(ubli) l(iberto) Thermodont(i)] sepolto nel II sec. d.C. nel municipio peligno di Corfi nium34. Fuori d’Italia si ritrova su una stele funeraria marmorea, recu-perata ad ͑Ωραιο′καστρον (oggi Daout-Bali) posta μνει′ας χα′ριν, a quan-to pare nel 207/8 d.C., dalla moglie ֨Ισιδω′ρα al proprio marito defunto, di

30. AE 1907, 25 = CIL VIII, 25515.31. Lettre de M. Alfred Merlin, directeur des antiquités de Tunisie, sur le fouilles de

Bulla Regia, in Académie des Inscripiones & Belles-Letters. Comptes Rendus des Séances de l’année 1906, Paris 1906, pp. 562-563.

32. Sui cognomi grecanici coniati sul nome di fi umi vd., per Roma, H. SOLIN, Die griechischen Personennamen in Rom. Ein Namenbuch (Corpus Inscriptionum Latinarum. Auctarium. Series nova, 2), Berlin - New York 2003², III, pp. 694-701.

33. Ringrazio Edgar Pack ed Hekki Solin per queste indicazioni.34. CIL IX, 3246.

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nome, appunto, Thermodon (Θερμοδο′ντι τῷ ἰδίῳ ἀνδρί)35. Tutto lascia pensare che l’origine del nostro sia asiatica, forse proprio del Ponto di cui certamente Termodonte conosceva la rarità e la preziosità di quel particola-re tipo di lapis utilizzato per i duo simulacra prenestini.

La presenza di Tiberius Claudius Thermodon quale testimone di of-ferte a Mitra e Diana (si ricordi sempre che la dea era intesa anche quale custode delle acque e delle sorgenti con funzione di vera e propria divinità guaritrice36) nel territorio di competenza amministrativa dell’antica città di Volsinii37, e poi anche a Palestrina, conferma ancora una volta come deter-minati personaggi (ingenui o liberti) affi dassero la propria visibilità proprio all’espletamento dei sacra. Fra i tanti esempi che potrei ricordare, signifi -cativo è quello di Apronianus, arcarius della res publica Aequiculanorum, che negli anni intorno al 172 d.C. ebbe un vero e proprio monopolio delle cerimonie religiose connesse con il culto di Mitra, Iside e Serapide38:

Invicto Mithrae / Apronianus arka(rius) / rei p(ublicae) d(onum) d(edit). / Dedicatum (ante diem) VII k(alendas) Iul(ias), / Maximo et Orfi to co(n)-s(ulibus), / per C(aium) Arennium Rea/tinum patrem39.

35. IG X, 2, 1, 1014. Cf. anche P. M. FRASER - E. MATTHEWS ET ALII, Lexicon of Greek Personal Names. IV: Macedonia, Thrace, Northerns of the Black Sea, Oxford 2005, p. 387.

36. Recentemente si può vedere A. M. VÁZQUEZ HOYS, Diana en la religiosidad hispanorromana, Madrid 1999; C. M. C. GREEN, Roman Religion and the Cult of Diana at Aricia, Cambridge 2007. Altra bibliografi a specifi ca nei recenti lavori: S. PANCIERA, Nuovi documenti epigrafi ci per la topografi a di Roma antica, in Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., s. 3, 43 (1970-1971), pp. 125-134 [= Epigrafi , epigrafi a, epigrafi sti. Scritti vari e inediti (1956-2006) con note complementari e indici (Vetera. Ricerche di storia, epigrafi a e antichità, 16), I, Roma 2006, pp. 197-202]; M. G. GRANINO CECERE, Nemi: l’erma di C. Norbanus Sorex, ibid., 61 (1988-1989), pp. 131-151; D. ISAC, Diana Stabilis Ve-natrix Examinatrix, in Chiron, 21 (1991), pp. 345-351; U. FUSCO, Iscrizioni votive ad Ercole, alle Fonti e a Diana dal sito di Campetti a Veio: ulteriori elementi per l’interpre-tazione archeologica, in Rend. Pont. Acc. Rom. Arch., s. 3, 81 (2008-2009), pp. 479-482 (con riferimento anche a CIL XI, 2683).

37. Per cui si può consultare F. COLIVICCHI - [C. ZACCAGNINI], Orvieto (Vol-sinii), in Umbria, con la presentazione di S. RINALDI TUFI (Archeologia delle regioni d’Italia), Roma 2008, pp. 161-175.

38. Ne ho recentemente discusso anche nel mio La res sacra nell’Italia centro-ap-penninica fra tarda repubblica ed impero, in J. BODEL - M. KAJAVA (cur.), Dediche sacre nel mondo greco-romano. Diffusione, funzioni, tipologie. Religious Dedications in the Greco-Roman World. Distribution, Typology, Use. Institutum Romanum Finlandiae - American Academy in Rome, 19-20 aprile 2006 (Acta Instituti Romani Finlandiae, 35), Roma 2009, pp. 253, 288.

39. CIL IX, 4109 = ILS, 4190. Cf. CUMONT, Textes et monuments cit. (nota 13), p. 120 n. 152; VERMASEREN, Corpus Inscriptionum cit. (nota 13), p. 240 n. 647.

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M. Buonocore, Tiberius Claudius Tiberi filius Thermodon: iz Volsinija u Praeneste

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[- - - sacellu- vel speleu]m Solis Invic[ti / Mithrae pro salut]e ordinis et pop[uli / Apronianus arka]rius rei p(ublicae) vetustate [dilap- vel collap]/-sum / [perm(ittente) ordin(e) de s]ua pecunia restit[uit]40.

Apronianus / rei p(ublicae) ark(arius) / sua pecunia fecit41.

Se per l’iscrizione a Diana siamo bene informati sul suo contesto archeo-logico, per quella a Mitra non possiamo certifi care nulla di sicuramente preciso. In ogni caso interessa considerare l’area geografi ca di entrambe le iscrizioni: quella del fi ume Paglia per la dedica a Mitra, quella del fi ume Chiani per la dedica a Diana. Il fi ume Paglia (a regime prevalentemente tor-rentizio), che nasce a circa m 1.000 s.l.m alle pendici meridionali del Mon-te Amiata in località “Pian dei Renaì” (comune di Abbadia San Salvatore), è il più importante affl uente di destra del Tevere, in cui confl uisce a valle del Lago di Corbara tra Orvieto e Baschi, dopo aver percorso circa 86 km attraversando da Nord-Ovest a Sud-Est le regioni Toscana, Lazio e Umbria (province di Siena, Viterbo e Terni); la sua portata varia da circa 0,3 m3/s in periodo di magra estiva, fi no a 800 m3/s in massima piena; presso Orvieto ha una portata media di 12,4 m3/s. Il fi ume raccoglie lungo il suo corso nu-merosi affl uenti; fra questi alcuni sono di scarsa importanza, mentre altri, di notevole portata, sono responsabili delle piene del fi ume. In particolare gli affl uenti di destra, provenendo dal ripido altopiano di origine vulcani-ca che sovrasta la sua riva, hanno una notevole pendenza e le loro acque acquistano forte velocità, impedendone il regolare smaltimento. A sinistra l’affl uente più importante è proprio il Chiani. Esso (dalle acque di discreta qualità), lungo circa 42 km, nasce dalla confl uenza del torrente Astrone (proveniente dalle colline di Chianciano e Sarteano) con il canale Chianetta (opera realizzata dallo Stato Pontifi cio) in località Ponticelli, presso Chiusi e raccoglie tutte le acque della Val di Chiana romana. Nei suoi primi 13 km l’alveo del Chiani si trova più in alto rispetto al piano della campagna in

40. CIL, IX, 4110. Cf. CUMONT, Textes et monuments cit. (nota 13), p. 120 n. 153; VERMASEREN, Corpus Inscriptionum cit. (nota 13), p. 240 n. 648; CLAUSS, Cultores Mithrae cit. (nota 13), pp. 49-50.

41. N. MANCINI, Il culto mitriaco nel territorio abruzzese, in Atti e Memorie del Convegno Storico Abruzzese-Molisano. Casalbordino 1931, I, Casalbordino 1935, pp. 43-47; VERMASEREN, Corpus Inscriptionum cit. (nota 13), p. 241 nn. 650-651; CAM-PBELL, Mithraic iconography cit. (nota 13), pp. 10, 84, 88-90, 255, 263, 280-281, 376-379. La lastra marmorea, ora conservata al Museo Nazionale Romano (inv. n. 124668), cm 101 x 81 x 8, è interamente occupata dal rilievo mitriaco costituito, al centro, dal consueto gruppo di Mitra tauroctono, ai lati dalla mistica grotta, dai dadofori Cautes e Cautopates e dalle raffi gurazioni di Sol e Luna. Chiudono la scena sei soggetti minori lungo i margini atti a narrare le origini e le gesta del dio.

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quanto scorre fra argini artifi ciali; più a valle l’argine scompare ed assume, come il Paglia, regime torrentizio; la sua portata infatti è fortemente varia-bile, a carattere stagionale, e dipende strettamente dal regime delle piogge: al ponte di Morrano, in comune di Orvieto si misurano normalmente da 0,5-1 m³/s in estate fi no ai 50-100 m³/s in tardo autunno. Insieme al “Canale Maestro della Chiana” in Toscana, il Chiani ripercorre gran parte del corso del Clanis, l’antico fi ume che fu ostruito nel 1055 d.C. dagli abitanti di Orvieto con l’innalzamento del cosiddetto “Muro grosso”, per ragioni stra-tegiche militari al fi ne di controllare i territori delle comunità di Sarteano, Chianciano, Chiusi e Monteleone. Ricordo che proprio alla confl uenza del Tevere con il Paglia era il sito del porto romano di Pagliano. I recenti scavi nell’area archeologica, tra cui è emerso il complesso di una villa rustica che copre una superfi cie di 8000 mq., hanno restituito l’immagine di un insediamento assai vivace, attivo tra il I secolo a.C. ed il IV d.C., al centro di una rete di commerci svolti prevalentemente per via fl uviale che coin-volgeva un territorio ampio e ricco compreso tra Arezzo e Chiusi a nord e Roma a sud; vi transitavano con sicurezza prodotti agricoli diretti verso il grande mercato romano e ceramiche di qualità destinate, una volta giunte nella capitale, ad inserirsi in reti commerciali a scala mediterranea42.

L’importanza strategica ed economica di questi assi fl uviali così fre-quentati già prima della romanizzazione43 doveva essere stata pienamen-te intesa dal nostro Tiberius Claudius Thermodon, titolare di “una villa piuttosto sontuosa” (come ricorda Gamurrini) a poca distanza dal Chiani, forse proprio un mercator di una certa notorietà, il quale naturalmente nel Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, vetrina di ben più ampia visibilità rispetto alla sua area di residenza, non poteva che autorappresen-tarsi mediante l’offerta di eccezionali e quanto mai rara simulacra, simboli di un raggiunto stato economico assai invidiabile.

42. Sul complesso vd. L. ROMIZZI, Ville d’otium dell’Italia antica (II sec. a.C. - I sec. d.C.), Napoli 2001, pp. 205-206; COLIVICCHI, Orvieto cit. (nota 37), pp. 172-174; ora anche I. CUCCHIARINI, Orvieto (TR). Il porto romano di Pagliano, in ArcheoMedia. Rivista di archeologia on-line, 20 febbraio 2010 (sito: http://www.archeomedia.net/studi-e-ricerche/36577-orvieto-tr-il-porto-romano-di-pagliano.html).

43. Sull’importanza di questa area, anche in epoca precedente alla romanizzazione, vd. ora A. CHERICI, Genesi e sviluppo di Arezzo etrusca e romana, in Arezzo nell’anti-chità cit. (nota 18), p. 159.

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M. Buonocore, Tiberius Claudius Tiberi filius Thermodon: iz Volsinija u Praeneste

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SAŽETAK - SUMMARIUM

TIBERIUS CLAUDIUS TIBERI FILIUS THERMODON:IZ VOLSINIJA U PRAENESTE

Posveta, koju je Tiberius Claudius Thermodon, sin Tiberija, nakon što mu je uslišan zavjet, podigao bogu Mitri, detaljno nas izvješćuje i o drugim inici-jativama, koje je taj cultor Mithrae promovirao u čast božanstva. Oblik slova i epigrafi čka cjelina, kao i tipologija spomenika, omogućuju datirati taj spomenik u drugu polovinu II. st. po Kr.

Ista je osoba, izgleda, i onaj Ti. Claudius Thermodon, koji je zajedno s Mettia M. f. Lochias, postavio posvetu za Fortuna Primigenia. Kako je spomenik, poznat nam samo po rukopisnoj tradiciji, moguće smjestiti u Praeneste, ništa ne priječi da tu osobu identifi ciramo s onim Tiberius Claudius Thermodon-om sa spomenute posvete Mitri.

Nazočnost Tiberius Claudius Thermodon-a kao svjedoka prinosa Mitri i Dija-ni na području administrativne uprave antičkoga grada Volsinii, a potom također u Palestrini, potvrđuje još jednom kako pojedinci žele svoje očitovanje uprisutniti upravo kroz fenomen sacra.

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