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tUtto SU Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina ... · della mente e dello spirito del bambino affetto da malattia inguaribile e della sua famiglia, curandone aspetti

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Le cure palliative pediatriche: la nuova medicina per un vecchio problema La famiglia e il paziente devono essere messi al centro del sistema, che deve evolvere da un modello centrato sull’ospedale e sulla patologia ad un modello centrato sulla persona e sui suoi bisogni.

Lucia De Zen1, Luca Manfredini2, Franca Benini31 Assistenza domiciliare e cure palliative pediatriche – UO Pediatria, AAS5 Friuli Occidentale, Pordenone2 Assistenza domiciliare e cure palliative pediatriche – Dipartimento di Ematologia e Oncologia Pediatrica – Istituto G. Gaslini, Genova3 Centro Regionale Cure Palliative Pediatriche – Azienda Ospedaliera di Padova

CASO 1 – MALATTIA RARA INGUARIBILE: GIOVANNI, L’ACCOMPAGNA-

MENTO. Dati anamnestici e clinici: Giovanni nasce a termine, primogenito,

genitori sani, non consanguinei, anamnesi familiare muta. La gravidanza decorre

regolarmente a parte oligoidramnios nell’ultima settimana. Il parto è spontaneo,

IA 9-10-10. Il piccolo presenta lesioni cutanee ai gomiti, alle ginocchia, alle mani che

fanno pensare ad una patogenesi meccani-ca intrauterina. Nei giorni successivi però le lesioni aumentano notevolmente soprattut-to al podice e agli arti con aspetto bolloso seguito da rottura della cute e sanguina-mento. Giovanni viene inviato in un centro specialistico, geograficamente lontano dalla residenza, per biopsia cutanea nel sospetto di epidermiolisi bollosa confermata come

forma giunzionale all’esame istologico, nella forma grave tipo Herlitz all’indagine molecolare. I genitori scoprono quindi di essere portatori di una patologia estrema-mente grave, incompatibile con la vita, ca-ratterizzata da decesso nei primi mesi di vita.

Diagnosi di inguaribilità: l’equipe di CPP si affianca da subito al centro specialisti-co, condivide con i genitori la presa in carico,

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la tipologia di assistenza molto specialistica e peculiare, le medicazioni, la terapia del dolo-re, la dieta speciale, mantenendo il bambino a domicilio per terapie ev, trasfusioni, tranne nei giorni di ricovero per inevitabili episodi infettivi gravi, garantendo tuttavia la dimis-sione precoce come chiesto dai familiari. Con i genitori l’equipe CPP concorda giorno dopo giorno, passo dopo passo, la strategia assi-stenziale, l’invasività o meno delle manovre, l’adeguatezza della terapia antalgica. Si offro-no moduli respiro con personale specializzato per permettere ai genitori un tempo libero da dedicare a se stessi e alla coppia. Inoltre, l’equipe CPP si mantiene in stretto contatto con il centro specialistico condividendo la difficoltà della diagnosi e l’inevitabilità della prognosi quoad vitam.

Diagnosi di terminalità: si affronta insieme l’avvicinarsi della terminalità, coin-volgendo anche altri familiari (nonni, zii), figure estremamente presenti per sollevare i genitori dal carico assistenziale. Il dolore per la diagnosi di malattia inguaribile è, anche a testimonianza dei genitori, mitigato dalla forza trasmessa nel sentirsi parte di una rete, di una squadra che da subito ha condiviso il vissuto di Giovanni e della famiglia, con la derivante consapevolezza di aver dato la migliore qualità di vita possibile al loro bambino. Progressivamente, tutti insieme, si accompagna il piccolo Giovanni.

CASO 2 – MALATTIA SCONOSCIU-TA: SOFIA, LA PERDITA DELLA GENITORIALITÀ, LA DIFFICILE ASSISTENZA, LA DIFFICILE AC-CETTAZIONE DI UNA MANCANZA DI DIAGNOSI. Dati anamnestici e cli-nici: Sofia, secondogenita di genitori sani, non consanguinei, nasce a 28 settimane di gestazione mediante taglio cesareo elettivo per oligoanidramnios: pesa 1,065 kg, IA 3-5,

intubata e ventilata, grave quadro di malat-tia delle membrane ialine con ipertensione polmonare grave secondaria all’ipoplasia polmonare, rimane intubata per 69 giorni, poi NIV con FiO2 elevate (70-80%). Accanto a grave displasia broncopolmonare, si ipotiz-za una patologia congenita neuro-muscolare per la gravità dello stato neurologico no-nostante una relativa stabilità del quadro generale: scarsa motricità spontanea in un quadro di artrogriposi multipla, stato di vigi-lanza alterato con mimica facciale assente, assenza di suzione e di deglutizione. Viene e-seguita biopsia muscolare. Sofia si stabilizza, arriva il referto della biopsia muscolare che mostra un quadro compatibile con malattia d’accumulo di tipo glicogenosico.

Diagnosi di inguaribilità: per le modalità precoci di presentazione, le ca-ratteristiche fenotipiche di Sofia (artrogri-posi, pterigi multipli, facies caratteristica) e l’assenza di ipoglicemia significativa viene fortemente posto il sospetto diagnostico di glicogenosi tipo IV forma fetale, carat-terizzato da morte precoce nelle primissime settimane di vita per insufficienza cardio-respiratoria da accumulo. Viene inviato il materiale all’estero per indagine genetica. L’equipe specialistica accompagna i geni-tori a prendere coscienza di tale diagnosi e fin da subito i genitori sanno che la loro “piccola è attaccata ad un filo” e che po-trebbe morire da un giorno all’altro. Per il momento non è più intubata, è in alti flussi con FiO2 70-80%, alimentata con SNG, in FKT riabilitativa, condizioni generali relativa-mente stabili. Viene proposto ai genitori un avvicinamento all’ospedale più vicino a casa in grado di accoglierla, con il messaggio di “accompagnare” Sofia nelle settimane che rimarranno vista la grave patologia di base. Questa vicinanza permetterà loro di gestire con più facilità la sorellina, che fino ad ora passava le sue giornate con la mamma in

attesa che rientrasse il papà dal lavoro per poi andare a far visita alla sorella. Il tempo dedicato a Sofia appare fin da subito ridotto.

Diagnosi di terminalità: Sofia, che ormai ha 3 mesi, necessita tuttavia di assistenza continua da parte del persona-le e dei genitori, per cui risulta impossibile la permanenza in un reparto di Pediatria e viene trasferita in Neonatologia, seppur vi-cino a casa. Nel frattempo arriva la risposta molecolare di esclusione della glicogenosi tipo IV. Sofia non ha una diagnosi certa. Nel corso delle settimane la bambina si stabilizza e migliora. Risponde ai suoni, riconosce le voci dei genitori, riduce la frequenza e la gravità delle crisi di apnea, cresce. Diventa via via chiaro che Sofia non è letteralmente “terminale”. È una bambina con una malat-tia inguaribile, per la quale però non si ha possibilità di previsione della terminalità. A questo punto l’equipe delle CPP incontra la famiglia, fortemente provata dal lungo rico-vero, dalla mancanza di diagnosi certa, dalla criticità del quadro clinico, dalla necessità di dedicare poco tempo alla piccola per poter continuare a lavorare e ad accudire l’altra figlia. Appare chiaro che al di là dei problemi sanitari, il primo aspetto da affrontare è il recupero della genitorialità, il permettere di ridiventare famiglia, genitori, sorella. L’equi-pe CPP si trova ad affrontare con i genitori e tutti gli operatori sanitari coinvolti nella presa in carico dilemmi etici emergenti: se sia giusto lasciare da sola così tanto tempo la piccola; come si potrebbe aiutare Sofia a stare di più con la sua famiglia (domicilio? Hospice pediatrico?); data la mancanza di diagnosi e quindi di una prognosi certa, si mette in discussione l’eventuale indicazione a interventi invasivi tipo posizionamento di gastrostomia o tracheostomia nell’ottica di chiedersi se abbia senso seguire una medici-na che lavora con la diagnosi della persona e non con la persona.

Introduzione

L e cure palliative pediatriche (CPP) rap- presentano la presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito del bambino affetto da

malattia inguaribile e della sua famiglia, curandone aspetti sanitari/assistenziali, psicologici, sociali, economici, reli-giosi.1 Hanno come obiettivo la qualità di vita del piccolo paziente e della sua famiglia. Nelle cure palliative la Me-dicina torna ad essere “Medicina della persona”, come lo era in passato, senza perdere la sua acquisita scientificità, recuperando piuttosto la sua dimensione olistica. Il ruolo del palliativista, reinterpretato allo stato attuale, si arricchi-

sce di nuove competenze professionali, legate al progresso della Medicina moderna, associate ad una grande capacità e attitudine a lavorare in gruppo, in rete. Non è infatti più sostenibile né appropriato per un singolo specialista farsi carico e seguire in solitudine bambini estremamente complessi, non certo per incapacità professionali o umane, ma per il grande ed eterogeneo numero di bisogni a cui dare risposta per garantire un approccio globale al malato e alla sua famiglia. Le risposte fornite dalle CPP sono molto complesse, toccano tutti gli ambiti del “sistema salute”, dal domicilio alla residenzialità, dall’ospedale al territorio, con forte interdisciplinarietà e trasversalità tra le varie istitu-

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zioni. La malattia grave e la morte di un bambi-no sono da sempre state percepite come inique e ingiuste, quasi che la dimensione della sofferenza ‒ che è ammessa e riconosciuta come parte inte-grante dell’esperienza umana ‒ non sia estendibile all’età pediatrica. I bambini purtroppo possono soffrire di malattie inguaribili e, indipendentemente dall’età, sperimentano tutte le problematiche umane, cliniche, psicologiche, eti-che e spirituali che una malattia grave e irreversibile e la morte comportano. Oltre a ciò, l’incidenza della malattia inguaribile è andata aumentando in questi ultimi anni in tutti i Paesi Occidentali, così come è aumentata la disabilità. Il progresso medico e tecnologico ha di fatto ridotto la mortalità neonatale e pediatrica ma nello stesso tempo ha aumentato la sopravvivenza di pazienti pediatrici portatori di malattia grave e potenzialmente letale. L’obiettivo di cura non è più la guarigione ma il “massimo di salute” e di “qualità di vita” possibili, pur nella malattia.

A questo “vecchio” problema della malattia grave e della morte anche per l’età pediatrica deve ora corrispondere un nuovo approccio determinato da un profondo ripensa-mento culturale, sociale, etico e sanitario. Le CPP sono in questo senso una nuova Medicina che pone gli operatori di fronte ad una richiesta di nuove competenze e a un nuovo modello di organizzazione dell’assistenza sanitaria e del sistema sanitario stesso per rispondere a bisogni emergenti.

Quali bambini

Un’importante e fondamentale distinzione per capire quali siano i bambini eleggibili alle CPP ri-

guarda la definizione di cure palliative e cure terminali.

Queste ultime si riferiscono alla presa in carico del bambino nel periodo strettamente legato all’evento della morte (settimane, giorni, ore), tipicamente confuse con le cure “palliative”

dell’adulto che reclutano quasi esclusivamente pazienti oncologici sulla base della previsione di durata della vita (90–180 giorni). Invece per l’età pediatrica le cure terminali non sono le cure palliative, ma le cure palliative compren-dono le cure della terminalità.2 L’errore della definizione di “palliativo” e “terminale” ha comportato in questi anni grande confusione soprattutto per quanto riguarda la deter-minazione dei criteri di eleggibilità, dei bisogni, delle mo-dalità di offrire risposte adeguate e la necessità di formare e istituire team specialistici dedicati. Il criterio temporale è fallace per il bambino, perché le patologie hanno traiettorie di vita completamente diverse a seconda della tipologia e anche per la stessa patologia a seconda del paziente. Pos-sono durare mesi ma anche anni, con un’eterogeneità nei bisogni che varia al variare dell’età del bambino come fisio-logicamente avviene (Figura 1). Anche il paziente in CPP cresce, da neonato diventa bambino, adolescente, giovane adulto con bisogni e problemi estremamente diversi.

La letteratura propone quattro categorie diverse3 di bambini con patologie eleggibili alle CPP:

· bambini con patologie per le quali esiste un tratta-mento specifico ma che può fallire e in parte fallisce (neoplasie, insufficienza d’organo irreversibile);

· bambini con patologie in cui la morte precoce è inevitabile ma terapie appropriate possono prolun-gare e assicurare una buona qualità di vita (fibrosi cistica del pancreas, infezione da HIV): le cure palliative intervengono in fase di aggravamento quando il paziente presenta bisogni complessi;

Figura 1. Il percorso della malattia (da Oxford Textbook of Palliative Care for Children, 2012).

PreSa iN CariCo

PreSa iN CariCo PerCorSo di CUra diMiSSioNe

Sospettoiniziale

Progressione della malattia e dei sintomi

Effetti psicologici, sociali, educativi, spirituali, …sulla qualità della vita

Impatto sulla famiglia (lavoro, risorse economiche, relazioni, fratelli)

Utilizzo di farmaci e presidi medici, ospedale, ambulatorio, domicilio, hospice pediatrico

Diagnosi di terminalità

Diagnosidi inguaribilità Morte

(mesi, anni)

Illness Journey

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· bambini con patologie pro-gressive, per le quali il tratta-mento è quasi esclusivamente palliativo e può essere esteso anche per molti anni (malattie degenerative metaboliche e neurologiche, patologie cromosomiche e genetiche): le cure pal-liative intervengono quando il paziente presenta bisogni complessi;

· bambini con patologie irreversibili ma non progres-sive, che causano disabilità severa e morte prematu-ra (paralisi cerebrale infantile, disabilità per sequele di danni cerebrali e/o midollari): le cure palliative intervengono quando il paziente presenta bisogni complessi.

L’approccio a questi bambini può comportare una coesistenza tra trattamento della malattia e intervento palliativo con una prevalenza ora dell’uno ora dell’altro a seconda della malattia o della fase di malattia (Figura 2). Un altro elemento di criticità conseguente alla difficoltà di definizione dell’eleggibilità alle CPP è la valutazione della numerosità dei pazienti. Stime internazionali recenti concordano sull’incremento della prevalenza, raddoppiata da 16 su 10.000 nel 2007 a 32 su 10.000 da 0 a 18 anni d’età nel 2010.4 In Italia almeno 12.000 bambini con malattie inguaribili sono eleggibili alle CPP.5

Quali bisogni: un nuovo modello di lavoro

Erogare CPP comporta un profondo cambia- mento nel metodo di lavoro, che non si basa più

sulla diagnosi di patologia o su protocolli, ma si fonda principalmente sulla soluzione di problemi, su risposte

da dare ai bisogni che i bambini e le loro famiglie ma-nifestano. I bisogni prioritari dei bambini con malattia inguaribile eleggibile alle CPP e delle loro famiglie sono estremamente diversi e dinamici, in continua evoluzione sia come intensità che come prevalenza, lungo tutto il percorso di malattia. In sintesi, includono:

· bisogni clinici: misurazione e controllo dei sintomi, in particolar modo il dolore, individualizzazione del piano assistenziale, deresponsabilizzazione e condi-visione delle scelte cliniche, organizzative e sociali;

· bisogni psicologici, del bambino, della famiglie;

· bisogni sociali: istruzione, gioco, sostegno econo-mico, messa a disposizione di servizi;

· bisogni spirituali di bambino e famiglia.Per il bambino il bisogno principale è il controllo dei

sintomi. I bambini con malattia inguaribile presentano una miscellanea di sintomi, spesso poco trattati, che con-diziona in maniera drammaticamente negativa la qualità della vita: circa il 90% presenta una sofferenza globale, più del 70% presenta un dolore che deve essere sempre misurato, trattato e rivalutato. Anche i bisogni psicologici, di comunicazione, di socialità e di spiritualità sono spesso non corrisposti e le risposte delegate in massima parte alle famiglie. La famiglia, d’altro canto, è parte integrante del programma di CPP e come tale esprime bisogni a cui deve essere data risposta. L’intero nucleo familiare (genitori, fratelli ma spesso anche nonni, zii) partecipa attivamente alle cura, ne è responsabile, è chiamato a prendere deci-sioni difficili, paga in prima persona il prezzo sociale ed economico dell’inguaribilità e spesso, se non sostenuta, perde la propria identità, si disgrega. La famiglia ha im-portanti bisogni educativi e formativi sui vari aspetti di cura ed assistenza, bisogni psicologici, spirituali ma anche economici e sociali. Si tratta spesso di famiglie isolate, in situazioni economiche difficili per la perdita del lavoro, il costo delle cure e dell’assistenza. L’inguaribilità e la morte di un bambino possono avere effetti devastanti a lungo termine, in particolare per i fratelli e le altre figure fragili (nonni, anziani) della famiglia stessa. Le CPP rispondono anche a questo bisogno, con programmi di gestione ed elaborazione del lutto che non si esauriscono al momento dell’evento drammatico, ma seguono la famiglia nel tempo. Anche l’equipe di CPP ha bisogni specifici, di formazione-abilitazione, ma anche di supervisione. L’impatto emotivo e lo stress sono innegabili in un contesto di cronicità e inguaribilità, possono determinare situazioni di burnout importante. L’equipe ha bisogno di supporto, di sostegno, di condivisione. Fare rete con una chiara suddivisione dei compiti impedisce la fuga di fronte a situazioni difficili sia

SU

P P O R T O P S I C O S O C I A L E E S P I R I T U A

L E

diagNoSi

Entitàdellecure

Morte

trattamento della malattia

approccio palliativo

Cure palliative specialistiche

Figura 2. Il modello ideale di erogazione delle cure ai bambini eleggibili alle CPP.

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sul piano scientifico (rarità delle malattie) sia di relazione. Infine, le Istituzioni si trovano ad affrontare una richiesta assistenziale del tutto nuova e complessa sia per la tipologia di pazienti che per la modalità di risposta ai bisogni. Im-portante è la messa a disposizione di dati epidemiologici relativi a numerosità e tipologia di pazienti, età, modalità di assistenza e costi, di strumenti indicatori/standard per il monitoraggio della qualità delle cure e della vita dei piccoli pazienti e delle loro famiglie, di sviluppo di progetti di ricerca per la valutazione della best practice nelle CPP. La risposta a bisogni così complessi non è semplice e richiede durante tutto il percorso di malattia l’intervento mutispe-cialistico e condiviso di servizi e istituzioni diversi, che insieme offrano un punto unico di riferimento.6

Nuove competenze

Prendere in carico bambini così complessi e rispondere adeguatamente ai loro bisogni impone

l’acquisizione di conoscenze e competenze peculiari e spe-cifiche che richiedono una formazione ad hoc; competenze e conoscenze che si affiancano ai trattamenti della patologia di base in un percorso comune, accompagnando paziente e famiglia anche per molti anni; si rivolgono a bambi-ni estremamente eterogenei spesso con un alto livello di intensità assistenziale; implicano soluzioni, decisioni e scelte che esigono competenze in ambiti diversi e capacità di analisi e di confronto; richiedono abilità comunicative e di lavoro in equipe, capacità di affrontare problematiche etiche e bioetiche e di offrire risposte ponderate e attuali.7 Tutti i professionisti della salute che lavorano con il pa-ziente pediatrico hanno la necessità di acquisire strumenti e competenze in CPP, perché ogni operatore, dal pediatra di libera scelta al medico di Medicina generale, al pediatra ospedaliero, allo specialista, al rianimatore incontrerà e assi-sterà un bambino con bisogni di cure palliative, sicuramente declinando e contestualizzando l’intervento palliativo in rapporto al ruolo e all’ambito professionale. Si va dall’ap-proccio palliativo ‒ che deve far parte della formazione di base di ogni operatore della salute e che prevede, secondo i principi fondanti di base delle cure palliative, la competenza nel gestire ogni atto o scelta socio-sanitaria anche in caso di patologie relativamente frequenti e meno severe ‒ alle

CPP generali e alle CPP specialistiche. Quest’ultime pre-vedono conoscenze, competenze e attitudini specifiche tali da permettere adeguate capacità nella gestione dei bambini eleggibili e delle loro famiglie (limitatamente a un solo tipo di patologia per le CPP generali, rivolto a tutte le patologie eleggibili per le CPP specialistiche) attraverso l’attuazio-ne di risposte assistenziali interdisciplinari, continuative e altamente competenti.

Nuovo modello assistenziale e organizzativo

Nelle CPP il luogo fondamentale e principale di cura è la casa, la gestione domiciliare rappresenta

l’obiettivo assistenziale.8 La scelta della domiciliarità attra-verso l’assistenza domiciliare integrata è fortemente voluta dal paziente, perché lo mantiene nella sua realtà familiare e sociale nonostante la malattia riducendo quindi il vissuto di malattia stesso, e dalla famiglia che vede in parte risolti i problemi legati all’attività lavorativa, alla gestione di altri figli che possono condizionare in maniera importante la qualità della vita. Inoltre poter trasferire a domicilio l’assi-stenza sanitaria favorisce le dimissioni precoci riservando così posti letto a bambini in condizioni cliniche acute e critiche, con indubbi vantaggi sia di tipo organizzativo/assistenziale sia economico. L’ambito familiare però de-ve essere adeguato alle esigenze di un paziente in rapida evoluzione di malattia, di elevata complessità e intensità assistenziale, garantendo la medesima qualità rispetto al ricovero ospedaliero. L’assistenza domiciliare pone inoltre problemi legati alla continuità delle cure, alla carenza di formazione e di risorse dedicate. Secondo il report sulle cure palliative domiciliari in Italia pubblicato dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari nel 20109 meno dell’1% di queste cure sono rivolte ai minori. Accanto a problematiche di tipo culturale, sicuramente vi sono anche motivazioni tecniche. Organizzare l’assistenza domiciliare nell’ambito di una rete di CPP non è facile. Assistere a domicilio un bambino comporta notevoli variazioni nell’assetto statico del sistema sanitario, ancora fortemente ospedalocentrico. A casa devono essere portate competenze, specializzazio-ni, supporti tecnici e tecnologici, messi in rete tra tutti gli operatori coinvolti nel piano di cura. È impensabile

Nelle CPP il luogo fondamentale e principale di cura è la casa, la gestione domiciliare rappresenta l ’obiettivo assistenziale.

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ritenere che i servizi territoriali siano in grado di rispon-dere autonomamente a questi bisogni, dal momento che la maggior parte dell’attività e di conseguenza la maggior esperienza e preparazione professionale sono dedicate al paziente adulto/anziano; così come occorre considerare che lo stesso pediatra di famiglia spesso si sente inadeguato per comprensibile mancanza di competenza rispetto ai bisogni specialistici che il piccolo paziente richiede, come alimentazione artificiale, ventilazione assistita, trattamenti specialistici (ad esempio una chemioterapia) proprio per la rarità e la complessità delle patologie. Quando le cure domiciliari non sono idonee o qualitativamente garantite, può essere necessario ricorrere alla residenzialità, in hospice pediatrico e/o in case dedicate a pazienti con patologie specifiche. La residenzialità ha il vantaggio di concentrare l’esperienza per la gestione di casi rari e complessi, garantire bacini d’utenza sufficientemente ampi per avere competen-za e risorse dedicate economicamente sostenibili, ma ha lo svantaggio di sradicare il bambino dal suo contesto di vita. Tale modalità assistenziale contrasta con il desiderio del bambino e della famiglia di ritornare nella propria casa e non può essere, in ogni caso, l’unica soluzione nel caso di decorsi di durata molto lunga. Anche per quanto riguarda la gestione in ospedale valgono gli stessi problemi; inoltre, come riportato in letteratura2 e nel Documento tecnico sulle CPP del Ministero della Salute del 2006,10 è confer-mato come l’ospedale per acuti sia lontano per missione e attitudine, per organizzazione e opportunità offerte, dal luogo ideale da cui fornire cure palliative al bambino, e lo stesso vale per l’hospice dell’adulto.

Nessuna soluzione organizzativa, presa singolarmente, è esente da limiti. La risposta assistenziale adeguata a rispondere ai bisogni dei bambini e delle loro famiglie è una combinazione delle varie opzioni, considerandole quasi come moduli organizzativi da utilizzare congiun-tamente in una rete assistenziale, privilegiando ora l’una ora l’altra a seconda delle condizioni e delle situazioni specifiche. L’obiettivo è la presa in carico condivisa tra servizi territoriali, pediatra di famiglia, ospedale e pal-liativisti mediante la creazione di una equipe multispe-cialistica e multidisciplinare che sia in grado di lavorare in rete garantendo continuità assistenziale, approccio e supporto globali. Lavorare in rete comporta anche lo svi-luppo di programmi di comunicazione, trasmissione di dati, che siano scambiabili e disponibili in tempo reale e raggiungano tutti gli operatori coinvolti, nel rispetto della privacy e della sicurezza. Anche in questo ambito le CPP propongono una nuova Medicina, incentivando lo sviluppo di progetti di telemedicina che sfruttino le

enormi potenzialità del web e delle tecnologie digitali da mettere al servizio del paziente e degli operatori, con la trasmissione anche di parametri vitali rilevati a domicilio per garantire la sicurezza e la qualità dell’assistenza a casa.

La normativa italiana

A livello normativo, in questi ultimi anni, sono stati fatti notevoli progressi e molte questioni sono

state messe sul tavolo della discussione a livello nazionale:

· Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, recante l’adozione del Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 che, all’obiettivo strategico 3.10, evidenzia come “par-ticolare attenzione va posta alle esigenze di cure palliative nell’età neonatale, pediatrica e adolescenziale, tenuto conto della considerevole diversità dei problemi da affrontare rispetto a quelli presentati nell’età adulta e anziana, della grande varietà e frammentazione delle patologie in causa, spesso rare e richiedenti interventi di alta specializzazione e dell’intervallo temporale interessato a tali cure spesso assai lungo e non prevedibile. Per quanto sopra esposto si ritiene indispensabile l’organizzazione di reti di cure palliative dedicate a questa fascia di popolazione, che permettano di garantire la qualità e la specialità degli interventi richiesti unitamente alla globalità e multidimensionalità della presa in carico del bambino e della sua famiglia”.

· Documento tecnico sulle cure palliative rivolte al ne-onato, bambino e adolescente, licenziato dal Ministro della Salute nel dicembre 2006, dove vengono definiti gli ambiti e le peculiarità, i modelli assistenziali attualmente proposti in Italia e a livello internazionale, e le risorse necessarie.

· Documento riguardante “Prestazioni residenziali e semiresidenziali”, approvato in Commissione LEA il 30 maggio 2007, che comprende una parte specifica per l’area pediatrica.

· Accordo Stato-Regioni, approvato il 27 giugno 2007 in Conferenza Stato-Regioni, sulle cure palliative nell’età neonatale, pediatrica e adolescenziale. L’accordo pone le basi per l’attuazione, su tutto il territorio nazionale, di azioni e programmi atti a garantire ai minori con malattia inguaribile e alle loro famiglie un’assistenza omogenea di cure palliative pediatriche, che, indipendentemente dall’età e dalla malattia, offrano concretezza di risposte, competenza multispecialistica, continuità di cure e di obiettivi, supporto e condivisione.

· Documento tecnico Accordo Stato-Regioni, approva-to il 20/3/2008 in cui vengono definiti i campi di inter-

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vento sanitario e socio-sanitario per un concreto supporto al processo di implementazione delle cure palliative pe-diatriche in tutte le regioni italiane.

· Legge 38 del 15 marzo 2010: sancisce il diritto del bam-bino al controllo del dolore e alle cure palliative. Definisce la specificità pediatrica di operatori, servizi, rete e hospice. Promuove l’istituzione di Centri regionali di terapia del dolore e CP pediatriche che gestiscono e coordinano la rete, a cui pazienti, famiglie e operatori fanno riferimento continuo. Definisce la necessità di una formazione ade-guata e una informazione in grado di portare pazienti e famiglie alla richiesta. La legge 38/2010 pone, a vari livelli, delle indicazioni del tutto innovative nell’ambito delle CPP. La prima grande novità è che la legge sancisce il diritto del bambino alla presa in carico, nei casi eleggibili, in CP secondo programmi dedicati e specifici per l’età pediatrica (Art. 1). La legge 38 conferma un principio fondamentale di equità di diritto alla salute e all’assistenza e obbliga le Istituzioni a intraprendere percorsi e strategie atte ad assicurare anche a questa parte di popolazione ade-guate risposte nell’ambito delle CPP. Il modello proposto dalla Legge 38 è di un’unica rete specialistica dedicata, con riferimento ad ampi bacini d’utenza, coordinata da un Centro di riferimento regionale; risponde ai bisogni di salute dei minori e delle famiglie e permette di valorizzare le risorse esistenti, di ottimizzare l’utilizzo di competenze, strutture, strumenti e tempi, e contemporaneamente di migliorare e rendere omogenea la risposta assistenziale a questi pazienti. La rete fornisce in maniera congiunta, e in continuità e unicità di riferimento, sia risposte residenziali che domiciliari, risposte in grado di integrarsi e modularsi nei diversi momenti della malattia a seconda delle neces-sità. La rete si potrà contestualizzare in modo differente nelle singole regioni (risentirà infatti di fattori di contesto quali per esempio della più o meno alta dispersione della popolazione e/o situazioni geografiche particolari), ma dovrà rispondere a criteri di continuità, unicità e qualità assistenziale. Negli artt. 4 e 8 la legge rispettivamente propone una formazione di base per tutti gli operatori della salute, e rimanda agli organi istituzionali competenti il mandato di definire il percorso formativo specialistico per le CP pediatriche. Definisce inoltre la necessità di implementare la conoscenza e le capacità di richiesta della popolazione su dolore e CP, anche pediatriche, attraverso campagne d’informazione specifiche.

· Piano Sanitario Nazionale 2011–2013: particolare at-tenzione andrà indirizzata allo specifico sviluppo di una rete assistenziale di CP e terapia del dolore per bambini e ragazzi.

Bibliografia1. World Health Organization. Cancer Pain Relief and Palliative Care in Children, Geneva: WHO-IASP, 1998.2. European Association of Palliative Care (EAPC) Taskforce. IMPaCCT: standards for paediatric palliative care in Europe. EJPC 2007;14(3):109-114. 3. Goldman A, Hain R, Liben S. Oxford Textbook of Palliative Care for Children. New York: Oxford University Press, 2006.4. Fraser LK, Miller M, Hain R et al. Rising National prevalence of life-limiting conditions ion children in England. Pediatrics 2012;129(4):e923-e929.5. BeniniF,FerranteA,BuzzoneS,TrapanottoM,FacchiniP,Cornaglia Ferraris P. Childhood deaths in Italy. EJPC 2008;15(2):77-81.6. HimelsteinBP,HildenJM,BoldtAM,WeissmanD. Pediatric palliative care. N Engl J Med 2004;350:1752-62.7. Il Core Curriculum in terapia del dolore e cure palliative pediatriche: il lavoro in equipe. Curriculum del medico, dell’infermiere e dello psicologo. Società Italiana Cure Palliative in collaborazione con Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus. 2014.8. Liben S, Goldman A. Home care for children with life-threatening illness. J Palliat Care 1998;14(3):33-8.9. Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari. Le cure palliative domiciliari in Italia. Monitor 2010;26(7).10. Ministero della Salute, Direzione Generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema, Commissione per le cure palliative pediatriche. Cure palliative rivolate al neonato, bambino e adolescente. Documento tecnico, 2006.

· Il 4 aprile 2012 il Ministero dell’Istruzione dell’Uni-versità e della Ricerca di concerto con il Ministero della Salute decreta la Istituzione del Master Universitario di lata formazione e qualificazione in “Terapia del Dolore e Cure Palliative Pediatriche per medici pediatri”, con l’obiettivo di formare figure professionali con specifiche competenze in terapia del dolore e CPP

· Il 25 luglio 2012 la Conferenza permanente per i rap-porti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sancisce l’accordo relativo alla “Defini-zione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di Cure Palliative della terapia del dolore”.

Conclusioni

La famiglia e il paziente devono essere messi al centro del sistema che deve evolvere da un modello

centrato sull’ospedale e sulla patologia ad un modello centrato sulla persona e sui suoi bisogni. È sicuramente un cambiamento culturale, sociale, professionale ed orga-nizzativo molto importante, ma solo se si saprà cogliere la sfida saremo in grado di rispondere in maniera adeguata ai bisogni emergenti di pazienti così “speciali” .

Gli autori dichiarano di non avere nessun conflitto di interesse.