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Poste Italiane spa - Spedizione in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB/CN - anno II - numero 02 - Febbraio - Marzo 2010 e 5,00

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Il magazine della provincia di Cuneo febbraio/marzo 2010

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via degli artigiani, 17 - 12100 cuneo - tel. +39.0171.60.36.33 - fax. +39.0171.68.14.15www.tipolitoeuropa.com - [email protected]

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Grazie! Una nuova esperienza editoriale è sempre una sfida e UNICO lo è stata davvero! Un “magazine” che raccontasse la nostra grande e bella Provincia, presentando le tante eccellenze che spesso ignoriamo, non era certamente un’impresa sicura. Ma grazie a Voi, possiamo affermare di averla superata! Le tante manifestazioni di consenso che ci avete dimostrato, ci stimolano a proseguire su questa strada e tutti i vostri consigli, spunti, critiche e suggerimenti, statene pur certi, saranno tenuti in grande considerazione.Abbiamo forse commesso qualche errore o delle imprecisioni, di cui chiediamo scusa, ma ciò non deve sminuire l’impegno e la serietà dei grandi professionisti e dei collaboratori che lavorano in redazione.Ed eccoci pronti per un nuovo numero, in cui cercheremo di proporre aspetti e particolari del nostro territorio con il nostro consueto stile “Unico”. La situazione di crisi che stiamo vivendo, non deve farci rinunciare a credere nelle nostre potenzialità, ma deve essere di stimolo per re-inventare nuove strategie di sviluppo. I segnali che arrivano dai mass-media sono contrastanti e certamente non aiutano. Ma la nostra Provincia ha un grande punto di forza nelle persone che la vivono, laboriose e serie, come i molti operai che arrivano dalla montagna o dalla pianura, che riescono a superare momenti come questi anche grazie al duro lavoro della terra che affianca, o sostituisce, quello della catena di montaggio. Grazie a questo, e grazie alla diversificazione della nostra economia, riusciamo, seppur con grandi sforzi, a superare momenti come questi. Non dobbiamo abbassare la guardia, ma i risultati degli investimenti ci dicono che stiamo crescendo, ad esempio, nel settore turistico, che ha grandi potenzialità nelle montagne, il trekking, lo sci, le terme, lo sport, l’ambiente e la natura. Dovremo riuscire a elaborare nuovi schemi consapevoli che il futuro sarà certamente diverso dal passato. E soprattutto riflettere sui reali bisogni della nostra vita: una responsabilità che abbiamo verso le generazioni future.

Roberto Audisiodirettore artistico

[email protected]

EDITORIALE

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Rivista bimestrale della Provincia di CuneoAnno II • Numero 02 • Febbraio - Marzo 2010

Direttore responsabile:Alessio Botto • [email protected]

Direttore artistico:Roberto Audisio • [email protected]

Responsabile di redazione:Daniela Milardi• [email protected]

Concessionaria unica di pubblicità:BB Europa Edizioni • via degli artigiani, 17 - Cuneo

Responsabile marketing & pubblicità:Jolanda Bivona • [email protected]. +39.388.61.86.091

Stampa:TIPOLITOEUROPA • [email protected] • www.tipolitoeuropa.com

[UNICO] è una pubblicazione di BB Europa EdizioniVia degli Artigiani, 17 • 12100 Cuneo Reg. Trib. di Cuneo n. 617 del 1 Agosto 2009

Tutti i diritti riservati, è vietata la pubblicazione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Editore© BB Europa Edizioni.Nell’eventualità che testi e illustrazioni di terze persone siano riprodotti in questa pubblicazione, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non citati. L’editore porrà inoltre rimedio, a seguito di segnalazione, ad eventuali non volute omissioni e/o errori nei relativi riferimenti.

Garanzia di riservatezza per gli abbonatiL’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: “BB Europa Edizioni” - Responsabile dati UNICO - Via degli Artigiani, 17 - 12100 Cuneo.Le informazioni custodite nell’archivio elettronico della “BB Europa Edizioni” saranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96).

Puoi trovare [UNICO] nelle migliori Edicole della Provincia di Cuneo.

questo numero è stato chiuso in redazione il 30 gennaio 2010

in copertina: Profumo di primaveraimmagine di Daniele Molineris.

w w w . u n i c o p s . n e t

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CONTRIBUTORS

con il patriocinio di:

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero

hanno scritto:

Osvaldo BellinoAmy Marcelle BellottiAndrea CortellaFederico ChiavazzaMarc LanteriGuido MartiniStefania MilardiEnrica MondinoLuca MorosiAlessandro ParolaGianluca PasqualeSusanna PicattoGuido Testa

hanno fotografato:

Gian CeratoDaniele MolinerisGian Andrea PorroArchivio Terre dei SavoiaArchivio ATL AlbaArchivio FotoserviceBeppe Lo FasoArchivio Il SaviglianeseRoberto AudisioMaurizio Roatta

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Cari lettori,Grazie anche da parte della redazione per aver accolto così, semplicemen-te e garbatamente, il nuovo magazine di Cuneo e Provincia.Dopo i vostri primi consensi, abbiamo continuato a lavorare ininterrotta-mente per essere puntuali in abbonamento ed in edicola con il secondo numero anche perché, fra Natale, Santo Stefano, Capodanno ed Epifania, di tempo ne abbiamo avuto davvero poco.So per caso, grazie alle previsioni meteo, che il freddo ed il gelo hanno toccato anche la nostra provincia, ho intravisto nevicare dalle vetrate della redazione, ho brindato al nuovo anno in pantofole prima di mezzanotte e ho atteso la calza della befana stravolta sul divano.Non mi sono neppure accorta che in città i negozi traboccavano di saldi, che la neve aveva creato cumuli di ghiaccio e che erano cambiati i par-cheggi e i diritti di precedenza.Così, mentre il mio frigo vuoto chiedeva pietà e le piante in casa mi mori-vano, qua, in redazione, il giornale prendeva corpo e, mentre una decina di collaboratori si dava da fare in giro per la provincia, io mi arrovellavo il cervello per cercare di trovare il modo più giusto, corretto ed imparziale per parlare di elezioni regionali. Poi, la decisione, il linea con l’editore: preparare uno speciale esclusivamente sui due candidati alla Presidenza, Mercedes Bresso e Roberto Cota, raccontando i loro pensieri politici, i loro impegni, le promesse, la campagna elettorale (in questo momento è in pieno fermento) ma, cercando, soprattutto, di farveli conoscere anche al di là dei loro ruoli istituzionali. Così, adesso, sappiamo che la Bresso predilige cucinare pasta e verdure mentre Cota, si tiene in forma corren-do sulle sponde del fiume di casa sua.

Alla prossima.

Daniela Milardiresponsabile di redazione

[email protected]

REDAZIONE

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LUOGHI8 | il trionfo dell’illusione

RITRATTO14 | un regista che spunta dal buio

TERRITORIO19 | benvenuti nelle nostre terre

ATTUALITÀ22 | ombre sull’industria cuneese

LUOGHI24 | la rinascita di palazzo samone

SPECIALE ELEZIONI28 | la presidente non molla32 | il ragazzo di galliate

SOCIETÀ E COSTUME37 | ciaferlin va a sanremo

SPORT40 | si riparte dal cuneo

AZIENDE44 | l’ospedale delle eccellenze

SPECIALE SPOSI50 | io ti prendo come mia sposa

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SOMMARIO

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70 | ARTE73 | VIAGGIARE74 | DESIGN & LIVING78 | MODA80 | SHOPPING MON AMOUR84 | BONTÀ A TAVOLA86 | VINI87 | SEMPLICE-MENTE

88 | ASSICURAZIONI89 | PILLOLE DI FISCALITÀ90 | FINANZA91 | LEGGE92 | A TEATRO93 | IN LIBRERIA94 | ESSERCI

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SPECIALE ELEZIONI REGIONALI

Vi presentiamo i due candidati alla presidenza della Regione Piemonte alle

elezioni regionali del 28 e 29 marzo. Mercedes Bresso per il centro-sinistra e Roberto Cota per il centro-destra. Rigorosamente in ordine alfabetico.

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il trionfodell’illusione

Tre città profondamente diverse, Roma, Trento e Mondovì, sono accomunate

dalle celebrazioni dell’anniversario della morte (1709-2009) del grande artista barocco Andrea Pozzo, che nel suo lungo peregrinare ha lasciato tracce consistenti del suo lavoro di pittore prospettico e figurativo anche in terri-torio cuneese. Il capoluogo tridentino, vera e propria fuci-na dei precetti teorici controriformistici che avrebbero tanto influenzato le arti figurative nel corso del Seicento, diede i natali al pitto-re: qui si tiene la mostra “Andrea Pozzo, pittore prospettico in Italia settentrionale” (19 dicem-bre 2009 - 5 aprile 2010). A Roma, invece, in cui l’artista si sarebbe trasferito nella maturità in seguito alla commissione affidatagli dall’or-dine dei gesuiti per la realizzazione del suo più grande capolavoro quadraturistico nella chiesa di Sant’Ignazio, è stata concepita l’esibizione “Mirabili disinganni. Andrea Pozzo pittore e architetto gesuita” (5 marzo - 2 maggio 2010). Ed eccoci infine giunti a Mondovì: dopo anni di alacre lavoro di restauro, dal 20 dicembre 2009 al 30 aprile 2010 riaprono provvisoriamente i battenti della chiesa di San Francesco Saverio

A MONDOVÌ UN FANTASTICO PERCORSO GUIDATO ATTRAVERSO GLI AFFRESCHI DI ANDREA POZZO

(nel rione di Piazza) svelando al pubblico gli straordinari affreschi realizzati dall’artista nel triennio 1676-78, che si colloca cronologica-mente tra il soggiorno genovese e il successi-vo periodo torinese, al servizio dei Savoia per decorare la volta della chiesa dei Santi Martiri a Torino. L’appuntamento si preannuncia imper-dibile, tanto più che l’organizzazione propone una visita ravvicinata alle immagini della volta attraverso un percorso su speciali impalcature situate ad oltre venti metri di altezza. “Andrea Pozzo. Il trionfo dell’illusione” – questo il titolo dell’evento – offre quindi la possibilità di visita-re un cantiere di restauro ancora attivo: accom-pagnati da una guida, i visitatori seguono il per-corso della mostra che si articola in diversi epi-sodi tra cui spicca l’installazione multimediale video-sonora allestita nella cappella invernale, per culminare nel momento clou del tragitto rappresentato dalla salita alla cupola.Il complesso intervento di restauro delle de-corazioni della volta e delle pareti della chiesa, interamente finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo – in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Città di Mondovì – per un ammontare di oltre tre milioni di

DI LUCA MOROSI

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euro, si sta rivelando fondamentale per la co-noscenza delle modalità attraverso cui l’artista realizzò l’intera opera: le varie campagne d’in-dagine condotte in più riprese sia dal Getty Institute di Los Angeles sia dal Dipartimento di Chimica del Politecnico di Milano hanno con-sentito un’analisi approfondita dei materiali, dei pigmenti, dei leganti e delle tecniche di ese-cuzione che il Pozzo adottò per la realizzazione dell’impegnativo ciclo decorativo a trompe-l’oeil. Questo studio scientifico ha inoltre con-sentito di mettere a punto, con il contributo dei funzionari di soprintendenza Laura Moro e Walter Canavesio, un articolato progetto di intervento che prevedesse di rimuovere dalle pareti tutte le cupe colorazioni tardo ottocen-tesche e gli spessi strati di concrezioni saline sotto i quali sono emerse intere zone dipinte, nonché di rinsaldare al supporto murario gli

“La prospettiva ci tira a vedere ciò che non è” scriveva nel trattato del 1693 Andrea Pozzo, genio dellaprospettiva, dell’inganno (ottico),

della teatralizzazione del sacro

Nella pagina d’apertura:1676-78, Apoteosi di San Francesco Saverio, tema della volta centrale. Creatore d’inganni prospettici con falsi marmi, colonne deformate, finte cupole e scenografiche macchine barocche popolate di nuvole, angeli e santi, Andrea Pozzoè fedele interprete dell’arte gesuitica.

A fianco dall’alto:Il cantiere-restauro aperto al pubblico rende possibile scoprire da vicino, nei ponteggi a 25 metri dal pavimento, il gioco di distorsioni che trasformano una chiesa sostanzialmente squadrata, in un trionfo di anfratti, cupole, colonnati che sfondano il cielo.

Alcuni particolari.

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“IL TRIONFO DELL’ILLUSIONE”Chiesa di San Francesco Saverio detta “La Missione”Piazza Maggiore - Mondovìdal 20 dicembre 2009 al 30 aprile 2010info e prenotazioni: tel. 0174 330675www.andreapozzo2009.it - www.iltrionfodellillusione.it

Dall’alto:Nel centro della volta centrale l’artista riproduce se stesso bambino, unico fra i putti e gli angeli suonatori che accolgono San Francesco Saverio nei cieli. Questo bimbo che controlla gli sguardi degli avventori seduto sulla strepitosa vertigine è l’ANIMA di Andrea Pozzo.

Particolare della volta centrale: rappresentazione di America.

Particolare della volta centrale: rappresentazione di Asia.

intonaci che in alcuni casi minacciavano il crol-lo. L’osservazione ravvicinata delle superfici, anche con l’ausilio di sofisticati sistemi ottici, ha permesso infine di rilevare e documenta-re tutte le fasi operative e di approfondire lo studio degli accorgimenti tecnici escogitati dal Pozzo per realizzare i mirabili artifici prospetti-ci, i giochi chiaroscurali e gli intensi ritratti che caratterizzano la sua esuberante vena artistica.

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Approfittiamo della disponibilità dell’asses-sore alla Cultura del Comune di Mondovì,

architetto Marco Manfredi, per rivolgere una domanda sull’impatto che il restauro della chie-sa della Missione ha certamente determinato sul sistema economico-culturale del capoluogo monregalese.

Assessore, cosa significa quest’intervento di restauro per la città? Quali sono le possibili ricadute sul turismo e quali le ripercussioni sul progetto di riqualifi-cazione del rione di Piazza?La chiesa della Missione ha evidentemente una rilevanza assoluta nel tessuto dei beni cultura-li della città di Mondovì e del monregalese in generale. L’intento dell’amministrazione comu-nale è quello di inserire questo edificio – che oggi grazie al contributo della Fondazione CRC si presenta come cantiere-evento e che è destinato a ritornare presto agli antichi splen-dori – all’interno del nuovo sistema culturale di Piazza, composto dal Museo della Ceramica (che aprirà i battenti a giugno), dal Museo della Stampa e, non ultime, dalla biblioteca civica e dall’archivio storico. Si creerà così un polo ad alta densità culturale che a sua volta dovrà essere messo a sistema in una rete che comprenderà le istituzioni muse-ali e il patrimonio storico delle altre cittadine monregalesi. Alcuni passi in questo senso sono già stati fatti: la visita agli affreschi è stata inserita nel circu-ito dell’Abbonamento Musei Torino Piemonte 2010, ma il nostro obiettivo è di rendere i no-stri monumenti maggiormente fruibili anche per un flusso turistico più esteso, proveniente dalla Liguria o dalla Francia. Un simile propo-sito, chiaramente, deve essere supportato da un’adeguata risposta delle strutture alberghiere e ristorative della zona, che vanno sensibilizza-te opportunamente: solo così potremo creare itinerari enogastronomici e culturali all’altezza delle aspettative e in linea coi tempi.

Nei dipinti del catino dell’abside Andrea Pozzo si autoritrae nelle vesti del gesuita che indica il centro

della scena volgendo lo sguardo verso i fedeli, ponendo la sua immagine come firma dell’opera.

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un regista che spuntadal buio

Ditemi Voi, come posso fare un’intervista facendo finta di non farla, parlando di un

regista candidato a Berlino senza fargli doman-de. Ma, Davide Sordella, regista di “Corazones de Mujer” è proprio così. C’è e non c’è. Dice e non dice. Ti guarda in fac-cia e poi sfugge.D’altronde, solo da una mente così geniale, po-teva nascere un bellissimo film, senza lo strac-cio di un una sceneggiatura, girato con una telecamera, a bordo di una Alfa Romeo spider con attori non professionisti e il protagonista scovato fra i fumi e l’alcol di un locale sotterra-neo in zona Barriera Milano a Torino.

C’è dell’altro Sordella?Mi guarda divertito e scuotendo la testa ammet-te: “È tutto vero. Il film è nato per caso e ancora oggi non riesco a credere che abbia ricevuto un premio alla 58° Edizione dell’Internationa-le Filmfestspiele di Berlino. Forse la critica e il pubblico hanno apprezzato l’improvvisazione, la verità della storia, i delicati argomenti di ses-sualità trattati nel mondo arabo, ma soprattutto la grande umanità e la sensibilità che trapela da Shakira.

INTERVISTA AL REGISTA FOSSANESE DAVIDE SORDELLAIL SUO FILM “CORAZONES DE MUJER”HA RICEVUTO UN PREMIO AL FESTIVAL DI BERLINO

Chi è Shakira?È il protagonista del film. Un personaggio uni-co, che io e Pablo Benedetti (co-regista della pellicola), abbiamo avuto la fortuna di incon-trare a Torino per caso.

Ci racconti.Una sera, come altre volte, sono andato a bere una birra in un locale davvero particolare, L’Heja, in zona Barriera Milano a Torino. Là, die-tro la saracinesca, giù per le scale, nel ventre della città, ho conosciuto Shakira: un uomo sul-la quarantina, omosessuale, con abiti marocchi-ni ed una parrucca bionda. Ballava sulla “caeda” e il rumore dei suoi passi andavano d’accordo con il ritmo della musica. Ne sono rimasto affascinato e così, fra un bic-chiere e l’altro, lui ha iniziato a raccontarci la sua storia: una vita segnata da tratti di omoses-sualità, da verità nascoste, da attimi di tristezza e da altri di follia.

E da qui l’idea di un film.Era impossibile non rimanere affascinati da lui, così, al termine del suo racconto, io e Pablo (Benedetti ndr) gli abbiamo proposto di fare

DI DANIELA MILARDI

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un viaggio con noi, da Torino a Casablanca, all’avventura, sperando che dietro ad ogni cur-va, la storia prendesse vita, grazie ai personaggi che incontravamo, alle storie che ascoltavamo e ai posti dove ci fermavamo.

E così è stato.Si è trattata di un’esperienza incredibile, fan-tastica. Durante il viaggio, abbiamo incontrato

gente incredibile, razze diverse, luoghi da sco-prire che mai avrei immaginato esistessero. Si tratta dell’improvvisazione che racconta la verità.

Nel film colpiscono i dialoghi fra Shakira e Zina, altro personaggio carismatico ed affa-scinante della pellicola.Sì, Zina è una donna non più vergine e, per la

Piemontese di nascita (Fossano-Cn) e londinese d’adozione, Davide Sordella ha studiato alla London International Film School diretta da Mike Leigh.

Esordisce come documentarista e studia con Daniele Segre.

Dal 1996 al 2000 lavora in America Latina per organismi internazionali, dirigendo documentari, pubblicità e video clip.

Dal 2000 al 2002, dirige cortometraggi di produzione inglese in tutto il mondo.

Nella Rassegna “Sguardi di Cinema” Sordella presenta il lungometraggio “La Radio”, un bellissimo lavoro, ispirato al passato, al Natale, alla famiglia.

Il suo primo film è “Fratelli di Sangue” presentato alla Mostra di Venezia nel 2006 e distribuito da Medusa e Sky.

Il grande successo di critica e di pubblico arriva nel 2008 insieme a Pablo Benedetti con il road-movie “Corazones de Mujer”, premiato al Festival di Berlino.

I lavori con Pablo Benedetti sono firmati con lo pseudonimo “Kiff Kosoof ” che significa “eclisse”, in arabo

Attualmente sta lavorando in Giappone al suo terzo film “ Sleeping Doll”, una co-produzione internazionale

Da mesi, la Provincia di Cuneo gli ha affidato la regia di tutti gli spettacoli, gli avvenimenti e le manifestazioni per l’anniversario dei “150 della Provincia di Cuneo”.

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religione musulmana, questo è un sacrilegio. Si trattava quindi di un argomento difficile da affrontare ma Zina è riuscita ad usare la tele-camera come fosse lo specchio magico, per raccontarsi e guardarsi dentro, sino in fondo e forse per la prima volta. Lo ha fatto con sincerità, verità e grande deli-catezza.

Perché ha scelto di trattare temi così importan-ti e difficili, soprattutto per il mondo arabo?Perché mi piace scavare dentro l’animo umano dove trovi tante risorse, tante bellezze e anche molti segreti. Proprio come il locale dove ho conosciuto Shakira: nascosto nelle viscere della terra dove vive un mondo a parte mentre, sopra, sulla te-sta, ne esiste un altro di asfalto, case, palazzi, gente che corre e rincorre chissà che cosa e non si ferma mai a pensare e a guardarsi den-tro, in silenzio.

Sa che parla proprio come un’analista?Appoggia la testa sul tavolo e scoppia in una risata: Le confesso una cosa: sa invece chi è il mio analista?

Non saprei...Sono i miei film. Grazie al mio lavoro, ogni volta scopro qualcosa di me che non conosco o che ho paura di conoscere, però sto al gioco e vado fino in fondo a vedere cosa c’è al di là del buio.

Ma lei sa cosa c’è al di là del buio.In arabo si dice “Kosoof ” che in italiano signifi-ca “eclisse”. Ecco, per me e per Pablo è stato un viaggio nel buio improvviso prima del ritorno alla luce totale.

E poi?E poi la luce è rimasta, insieme alle spiagge di Casablanca, alla sabbia bianca e fine mentre, da lontano, Zina sussurrava a Shakira... “È una malattia mentale, viene dal cervello.”

In apertura:la cooprotagonista del film, Zina, durante la lavorazione sulle spiagge di Casablanca.

Nella pagina a fianco:Davide Sordella, il regista di origini fossanesi, durante l’intervista rilasciata ad Unico.

Lo sguardo intenso di Zina (Ghizlane Waldi) e Shakira (Aziz Amehri), i due protagonisti del film “Corazones de Mujer”.

Sopra:la soddisfazione di Davide Sordella e Pablo Benedetti alla premiazione dell’Internationale Filmfestspiele di Berlino, dove il film ha letteralmente incantato il pubblico.

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In tutto il mondo già decine di migliaia di persone hanno ritrovato una nuova vita con la TECNICA IMPLANTO-PROTESICA ALL ON-4; più di mezzo miliardo di persone oltre i 45 anni d’età hanno perduto tutti i denti di un’arcata o di entrambe o li stanno perdendo, o portano con disagio una protesi mobile instabile e fastidiosa!Con le soluzioni fisse convenzionali essi saranno probabilmente sottoposti a un anno e mezzo di terapie, con costi proibitivi sia in termini di denaro speso sia in ore di lavoro perdute.La tecnica ALL ON-4 consente di applicare UN’INTERA ARCATA FISSA con soli 4 impianti in un’unica seduta risparmiando il 90% del tempo ed almeno il 40% dei costi, ed è una soluzione definitiva!NEI CENTRI MEDICO ODONTOIATRICI del Dott. Marco CAVALLARI viene applicata questa tecnica dalla sua nascita e l’implantologia rapida a “carico immediato” che permette, ove le condizioni anatomiche e cliniche lo consentano, di applicare immediatamente un impianto ed una corona o un ponte provvisorio fisso nella sede del dente appena estratto. Le moderne tecnologie di cui siamo dotati ci consentono altresì in molti casi, una progettazione totalmente computerizzata delle riabilitazioni a carico immediato, che abbrevia ulteriormente il tempo trascorso dall’intervento al posizionamento dell’arcata fissa, da un giorno a poche ore eliminando completamente bisturi e suture.Le riabilitazioni implanto-protesiche vengono eseguite applicando i principi della MEDICINA OLISTICA, per una migliore integrazione nell’equilibrio corporeo complessivo del singolo individuo, in collaborazione con il progetto dell’AISOP (Associazione Italiana Studi Occluso Posturali), ed il Reparto di Diagnostica Visio-Occluso-Posturale e gnatologia clinica dell’Università S.Raffaele di Milano.

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“Un paese ci vuole”. Non è soltanto un’evocazione di Cesare Pavese o una

pura suggestione letteraria, ma un vero e pro-prio stato d’animo che esprime il desiderio di tornare in questi luoghi, tra queste lingue di terra, queste creste: “le langhe”, come vuole il dialetto locale. Alte colline striate dai filari dei vigneti, verdi, rossi o bruni, ora spogli e nudi, che segnano i cambi di stagione e l’intero ter-ritorio. Colline animate da presenze misteriose, che possono avere le fattezze di contadini ru-gosi e un po’ rudi, ma dal cuore grande, o delle ombre proiettate dalle notti di luna piena. “Descrivere paesaggi è cretino” scriveva Pavese a Fernanda Pivano nel 1942. “Bisogna che l’al-bero, la casa, la vite, il sentiero, il burrone, viva-no come persone, come contadini …”. Certo,

al suo tempo, la campagna e la collina di Pavese erano sicuramente diversi rispetto a ciò che vediamo oggi. Il limpido fiume Belbo, i salici accanto alle vigne, gli alti tigli, il ciclo lunare a cui lo scrittore fa riferimento, ci rimandano ad un sapore unico e ormai perduto nel tem-po. Ma, in fondo, la Langa è sempre là, remota come un miraggio, impalpabile e indefinibile, come un sogno. Non occorre per forza cono-scere la letteratura di Pavese o di Fenoglio per apprezzarne le qualità: anche al passeggero veloce le Langhe appaiono come un mare di colline da scoprire ed esplorare. Paesaggi unici, buon vino – c’è chi dice il migliore del mondo, – castelli e borghi che ne fanno una terra im-pregnata di fascino, pronta per essere scoperta attraverso chiavi di lettura sempre diverse.

benvenuti nellenostre terreIL TURISMO IN LANGA E ROERO È CRESCIUTO ANCHE NEL 2009 E SI PREPARA AD AFFRONTARE UNA NUOVA STAGIONE GRAZIE ALL’IMPEGNO DELL’ENTE TURISMO ALBA BRA LANGHE E ROERO

Una “missione” per l’Ente del Turismo Alba Bra Langhe e Roero, che, negli anni, ha sapu-to valorizzare le numerose e varie risorse di un territorio ricco di arte, natura ed enoga-stronomia, promuovendone, le eccellenze in Italia e all’estero.Con Fausto Perletto, Presidente dell’Ente Turismo, e Liliana Allena, vice Presidente del Comitato di Alto Indirizzo interno all’Ente, pro-viamo a tracciare un bilancio della stagione 2009. “Nonostante il periodo di crisi mondiale, il calo dei consumi e le preoccupazioni generali, per Langhe e Roero è stato un altro anno turistico con segno positivo, con una crescita del 4-5% sia negli arrivi che nelle presenze, in linea con i risultati del 2008. La conferma di una tendenza in costante crescita”.

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Per raggiungere questi obbiettivi, il lavoro di pro-mozione deve necessariamente essere organizza-to con vere e proprie strategie di marketing.“È certamente un lavoro continuo e costante, senza il quale sarebbe impensabile ottenere risultati in un mercato come quello del turi-smo, in cui la richiesta dell’utente è sempre più specifica ed esigente. Nel 2009 siamo stati impegnati a promuovere il territorio ovun-que, insistendo nei mercati tradizionali, e già consolidati, a noi più vicini fisicamente, come Francia, Austria, Germania e Svizzera, ma ci siamo anche spinti nei paesi del Nord Europa, con risultanti assolutamente incoraggianti. La scorsa estate abbiamo registrato presenze da record soprattutto grazie a svedesi, norvegesi e danesi”.

State puntando molto anche sul mercato americano.“Abbiamo continui contatti con gli Stati Uniti ed il Canada, con richieste da parte degli operatori turistici locali che dimostrano sempre più inte-resse per le nostre terre. Purtroppo, il dollaro debole e la crisi economica, hanno giocato a nostro sfavore facendo diminuire le presenze degli americani. Rimane comunque il mercato su cui stiamo puntando, perché proprio loro ci stanno dimostrando di essere quelli che più apprezzano Langhe e Roero. Per questo, stiamo

insistendo con eventi, partecipazioni e manife-stazioni, anche oltre oceano, nell’attesa di una ripresa economica che, sicuramente, ci troverà pronti ad accoglierli.Buoni segnali, in tale direzione, li abbiamo già registrati durante la cena di gala organizzata dall’Associazione Stampa Estera, a Roma, in occasione del Natale. Insieme a colossi multi-nazionali e a marchi prestigiosi dell’industria italiana come Barilla, Indesit e molti altri, sia-mo stati invitati ufficialmente per presentare il meglio delle nostre eccellenze. Ebbene molte importanti testate giornalistiche internazionali hanno voluto approfondire la conoscenza delle Langhe e verranno a realizzare reportages sulle nostre colline, sull’arte e la gente, assicurando, inoltre, la partecipazione alla prossima Borsa Internazionale del Turismo Enogastronomico, che si svolgerà a maggio ad Alba”.

A questo punto siamo curiosi di conosce-re quali sono gli altri grandi eventi a cui le Langhe si stanno presentando.“Dopo la partecipazione al “9° Monte Carlo Film Festival de la Comedie” abbiamo prose-guito sul filone cinematografico trasferendoci a Berlino per il Festival del Cinema. In collabo-razione con “Alitalia” abbiamo organizzato un evento per far conoscere le nostre terre e, so-prattutto, i nostri tartufi, molto ricercati dai te-deschi. A dicembre siamo stati invece ospiti di “Caesus”, a San Paolo del Brasile, una boutique che mette in vetrina i prodotti tipici d’élite di tutto il mondo. Il Console italiano, con gli espo-nenti dell’Enit e della Camera di Commercio, hanno molto apprezzato i tartufi e gli altri pre-giati prodotti nostrani, come formaggi e vini, sorprendendosi del nostro stupendo territorio. L’entusiasmo ha coinvolto le più importanti testate della stampa specializzata brasiliana - Mesa, Gourmet Life e Gosto - al punto che, al-cune importanti emittenti televisive, verranno in visita sul territorio nella prossima primavera per realizzare servizi e documentari”.

Dall’alto:all’Alba White Truffle Award, foto di gruppo con al centro lo chef olandese pluristellato Jonnie Boer.

Fausto Perletto e Natalie Bush premiano la vincitrice della lotteria di beneficenza, al Montecarlo Film Festival con un importante tartufo bianco di Alba.

Liliana Allena, Vice Presidente del Comitato di Alto Indirizzo, portavoce degli esponenti locali, comuni e società private membri dell’Ente.

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Continui scambi di cultura enogastronomica, e non solo.“Crediamo molto negli scambi culturali come sistema per promuovere i nostri prodotti. Per esempio l’ultimo “Alba White Truffle Award”, evento che ha coinvolto famosi chef impegnati nella preparazione di piatti di alta gastronomia con il tartufo, ha premiato a dicembre lo chef olandese pluristellato Jonnie Boer, che ci ha subito invitati nel suo ristorante di Zwolle - il famoso “De Librije” - per una cena in cui pre-sentare le Langhe agli olandesi”.

Dalle sue risposte trapela un entusiasmo che, nonostante i tanti anni di lavoro, non accen-na a diminuire.“Assolutamente! E se ci sarà data l’opportuni-tà, vorremmo poter continuare sul sentiero tracciato. Sono proprio i risultati confortanti che continuiamo a raccogliere a darci la ca-rica. Siamo in tanti a lavorare per ottenerli, dal nostro Collegio Sindacale al Consiglio di Amministrazione, che ringrazio. È inoltre fondamentale, l’apporto del nostro “Comitato di Alto Indirizzo”, portavoce di vari esponenti locali, dei Comuni, di varie società private, che orienta e indirizza l’attività dell’En-te, contribuendo sostanzialmente alle scelte strategiche”.

Come dire: “Squadra che vince, non si cambia”“Il nostro biglietto da visita per i turisti, è sem-pre stata l’enogastronomia. Il mondo ci cono-sce e ci apprezza per i nostri vini, i tartufi d’Al-ba e gli altri prodotti eccellenti; non dobbiamo mai dimenticarlo, né peccare di presunzione pensando di modificare strategie di marketing, ormai collaudate, con troppa leggerezza. Sarà invece utile, arricchire le nostre proposte, con eventi culturali, creando percorsi storici ed al-tri dedicati all’ambiente, puntando sulle varie attività di outdoor che il territorio può offrire. Nuovi e stimolanti obbiettivi che ci poniamo per il futuro, con l’aiuto da parte di tutti!

Ente Turismo Alba Bra Langhe & RoeroPiazza Risorgimento, 212051 - Alba (Cn)[email protected]

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Nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, la crisi economica globale è arrivata

a colpire persino la Granda, da tempo conside-rata un’isola felice. Nella pianura saviglianese sono molte le fabbriche che hanno dovuto fare i conti con questo inatteso e sgradito ospite.A Savigliano, nel 2009 è stata la “Saint Gobain”, azienda che produce vetri per auto, a cataliz-zare l’attenzione su di sé. Ad aprile era giunto l’annuncio della chiusura. Sono seguiti tre mesi di lotta, con la protesta dei lavoratori che è arrivata sino a Parigi. Trecento famiglie hanno vissuto per mesi col fiato sospeso. Poi, grazie all’interessamento delle istituzioni (della que-stione si occuparano persino i ministri Bossi e Sacconi), a luglio è ripresa l’attività, ma soltanto con cento persone.Savigliano, però, ospita anche la più grande

azienda metalmeccanica della provincia, l’Al-stom Ferroviaria, “patria” del celeberrimo treno Pendolino. Qui le cose vanno meglio. Sono ol-tre 1.200 i dipendenti che ogni giorno varcano i cancelli di via Ottavio Moreno. Nei mesi scorsi c’è stato il ricorso alla cassa integrazione, ma a fine anno tutti sono rientrati e la produzione è ripresa. Si sta costruendo il nuovo Agv, un tre-no superveloce. Altre imprese però sono finite nelle pastoie del-la crisi, ad esempio la “Bonelli legnami”, azien-da conosciuta in tutto il mondo per le sue pre-stigiose realizzazioni; attualmente, quasi tutti i dipendenti (poco più di trenta) sono in cassa integrazione. E poi c’è la “Trafilati Martin” di Monasterolo, ditta che occupava trenta lavora-tori e che è stata chiusa a fine anno. Produceva molle per auto. I lavoratori da oltre un mese

ombre sull’industria cuneeseNEANCHE LA PROVINCIA DI CUNEO È STATA RISPARMIATA DALLA CRISI. MOLTE LE FABBRICHE IN DIFFICOLTÀ E TROPPI I LAVORATORI IN CASSA INTEGRAZIONE. IL SAVIGLIANESE, FRA LE ZONE PIÙ COLPITE.

DI GUIDO MARTINI

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presidiano il posto di lavoro, opponendosi a questa decisione.Anche a Racconigi il “polo siderurgico” – che occupa circa 400 persone – non versa in buone acque: nel 2010 si prevede che la “Ilva” faccia ancora ricorso alla cassa integrazione, mentre alla “Profilmec” ed alla “Lita” da molti mesi non ce n’è stato più bisogno. Chi sta “sbaraccando” è invece la “Cln”, che manterrà la produzione in città solo fino a luglio, per poi trasferire tutto il personale a Caselette. In questo momento diffi-cile le istituzioni non restano a guardare. A Savigliano il Comune ha messo in campo mi-sure di sostegno a disoccupati e cassintegrati, prevedendo anche ribassi su servizi e tariffe scolastiche. A Racconigi alcuni negozi hanno offerto sconti ai lavoratori in difficoltà, mentre il Comune ha messo in piedi un “tavolo di crisi” per mediare sulle singole vertenze ed una serie di agevolazioni per le famiglie bisognose.Anche un’importante banca del territorio, la Cassa di Risparmio di Savigliano, ha voluto venire incontro alle esigenze del tessuto eco-nomico locale, sostenendo sia le aziende che i lavoratori, versando gli anticipi sulla cassa inte-grazione per molte ditte della zona.La Provincia, da mesi, ha aperto una serie di tavoli – ai quali partecipano la presidente Gianna Gancia, l’assessore al Lavoro Pietro Blengini ed alcuni consiglieri – per seguire tutte le crisi apertesi nella Granda e cercare una mediazione tra le parti. «La difesa dei posti

di lavoro – dichiara la presidente – è uno dei compiti delle istituzioni, soprattutto in periodo di crisi. Chiedo a tutti di tenere duro in questa particolare congiuntura economica, non priva di conseguenze per la Granda». Si pensi che la cassa integrazione autorizzata dall’Inps è pas-sata dai due milioni di ore nel 2005 ai quasi 15 milioni del 2009.

Se i comparti tradizionali patiscono la recessio-ne, anche nella nostra provincia si dovrà guar-dare a settori innovativi e d’eccellenza, capaci di rilanciare l’imprenditoria e garantire nuovi posti di lavoro, in modo che la nostra econo-mia possa ripartire e torni ad essere superve-loce proprio come quel treno che si costruisce a Savigliano.

I lavoratori in cassa integrazionedurante momenti di protesta.

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Cuneo, città con un centro storico spesso sottovalutato, o poco valorizzato, ma con

una propria identità che la caratterizza dagli al-tri centri della provincia, conserva molti piccoli e grandi esempi di architettura: il complesso di San Francesco, gli edifici religiosi nascosti nelle strade laterali, i palazzi più o meno nobili che si affacciano su via Roma, la sinagoga e l’intera contrada Mondovì, caratteristica con i suoi edi-fici piacevolmente disuguali, in parte porticati, di origine medievale. Lo spopolamento e l’esodo verso le aree nuove della città stanno finalmente subendo un’inver-sione di tendenza, a favore di un felice ‘ritorno all’antico’, riappropriandosi di edifici storici che vengono restaurati con cura. Si sta così ri-vitalizzando e animando quella porzione della città che più di ogni altra dovrebbe racchiuder-ne e trasmetterne i valori simbolici. Siamo di

fronte ad un nuovo riconoscimento del centro storico come bene culturale, un luogo che non è sicuramente rappresentato da grandi monu-menti, ma che nel suo complesso rivela omoge-neità ed originalità davvero significative. Uno dei protagonisti di questa nuova fase, è sicuramente il Comune di Cuneo che, insieme ad altri Enti pubblici, sta procedendo al restau-ro di una serie di edifici, divenendo promotore di questa inversione di tendenza e di gusto.La recente apertura al pubblico del restaurato “Palazzo Samone”, in cui trova sistemazione la nuova Pinacoteca, è l’ultimo di questi gio-ielli ritrovati. Il Palazzo, noto come “Monte di Pietà”, fu costruito dall’architetto cuneese Pio Eula nel 1786, per conto della famiglia Bruno di Samone che, nella persona del conte Francesco Bernardino, era entrata a far parte dell’élite cu-neese impegnata negli organi di governo della

la rinascita dipalazzo samoneNEL CENTRO STORICO DI CUNEO UN NUOVO GIOIELLO A SERVIZIO DELLA CULTURA

città. Della stessa famiglia è sicuramente più conosciuto il Conte Vittorio Bruno di Samone, autore del disegno del vecchio Ospedale di Santa Croce, ma soprattutto Amedeo Bruno di Samone, primo vescovo di Cuneo.L’edificio sorge su un antico impianto medieva-le, caratterizzato dalla presenza di un palazzo tardo cinquecentesco, a cui era annessa un’am-pia area libera, destinata a giardino. Il fabbrica-to, passato nelle proprietà del Conte Boniforti De Morri di Castelmagno, fu acquistato nel 1882 dall’Amministrazione dell’ex Ospedale di Santa Croce per ospitarvi gli Uffici dell’Ospeda-le e quelli del Monte di Pietà, con relativi ma-gazzini dei pegni. Dopo la chiusura dell’attività avvenuta negli anni ‘80 il fabbricato è stato abbandonato ed è cominciato un lungo periodo di degrado che ne ha notevolmente compromesso le struttu-

DI ROBERTO AUDISIO

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re edilizie. Il complesso edilizio, si compone di tre differenti corpi di fabbrica: quello che si affaccia su via Santa Croce è stato oggetto nel 2007-08 di un intervento di ristrutturazione per trasformarlo in residenza per studenti univer-sitari, il secondo, su via A. Rossi sarà destinato ad alloggi mentre il terzo, compreso tra via F.lli Vaschetto e via A. Rossi, di epoca settecentesca é considerato la parte più nobile, dopo il recen-te restauro che accoglie la nuova Pinacoteca cittadina. All’esterno, i prospetti sono molto semplici, con mattoni a vista, arricchiti al primo piano da un bel balcone ad angolo con ringhie-ra in ferro battuto, in cui sono inserite le ini-ziali della famiglia Samone mentre, nel cortile interno, esiste un pozzo in pietra, coperto da un baldacchino in legno curvato e rifinito con insolita leziosità. È questo l’unico pozzo citta-dino rimasto, la cui profondità arriva alla falda acquifera posta al livello dello Stura, utilizzato anticamente da tutto il quartiere, assicurando l’acqua al vicino Ospedale di Santa Croce. “Obbiettivo principale dell’intervento - ci

spiega l’architetto Salvatore Vitale, funziona-rio dell’ufficio lavori pubblici del Comune di Cuneo, progettista e direttore dei lavori delle opere - è stato il recupero delle volumetrie interne originali, eliminando tutte le strutture che si erano sovrapposte nei secoli e restituen-do così, i locali, alla loro originaria funzione”.

Normalmente, lavori di restauro di questo tipo possono nascondere insidie o sorprese inaspettate.“Sì. In effetti i locali, inutilizzati per moltissimo tempo, erano in uno stato di manutenzione veramente fatiscente. Durante i lavori sui sof-fitti delle sale del primo piano, nascoste da controsoffitti posticci, abbiamo scoperto le volte originarie, decorate con affreschi e de-corazioni geometriche policrome. In accordo con la Soprintendenza ai Beni Architettonici, li abbiamo accuratamente ripuliti e restaurati. Con lo stesso criterio sono stati ripristinati due pavimenti in legno lavorato di ciliegio e noce, risalenti all’epoca originaria del palazzo, come

In apertura:le stanze di Palazzo Samone sono state restaurate nel rispetto delle caratteristiche architettoniche edotate delle più moderne attrezzature tecnologiche per consentirne un utilizzo polifunzionale, adeguato alle esigenze museali contemporanee.

Sotto:il prospetto di ingressosu via Amedeo Rossi.

A piano terreno sono stati ripristinati gli originali soffitti in legno, nascosti per lungo tempo da strati di calce e soffitti posticci.

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tutte le porte interne del XVIII sec. e la piccola stanza al primo piano, rivestita da un elegante boiserie in legno e tappezzeria in tessuto. Una particolare attenzione è stata rivolta alla siste-mazione del vano scala, recuperando i vecchi pavimenti in pietra di Barge, ed i gradini in lu-serna. In quasi tutti i locali, i pavimenti sono in cotto fatto a mano e, anche all’esterno, si è cercato di dare un nuovo significato agli spazi dei due cortili interni, pensati come un nuovo spazio scenografico a disposizione per eventi anche autonomi”.

La destinazione d’uso a pinacoteca, ha sicura-mente condizionato i progettisti: la necessità di inserire nuovi impianti tecnologici, fonda-mentali con le esigenze odierne e l’obbligo di rispettare l’architettura esistente, non sem-pre si possono conciliare.“È vero. Uno dei principali problemi che abbia-mo dovuto affrontare è stato quello di integra-re tutti i nuovi impianti senza pregiudicare le strutture. Siamo comunque riusciti a dotare tutti i locali delle più moderne attrezzature tecnologiche, con sensori per allarme e video-sorveglianza, prese per collegamenti multi-mediali e illuminazione scenografica, sia negli ambienti interni che all’esterno. Pensando alla salvaguardia delle future opere esposte, abbia-mo scelto un sistema di riscaldamento innova-tivo, posizionato nella zoccolatura battiscopa per garantire condizioni climatiche ottimali. La temperatura di ogni sala, costantemente moni-torata, viene gestita anche in funzione dell’af-flusso di pubblico, con un notevole risparmio sui consumi. Nello stesso momento, tale siste-ma, ci ha consentito di eseguire un intervento non invasivo, riuscendo a salvaguardare buona parte dei pavimenti esistenti.

Una realizzazione tutta a carico del Comune?Il costo complessivo dell’opera è stato di 1.840.000 euro dei quali 1.190.000 euro finan-ziati dall’amministrazione comunale e 650.000

euro coperti da Stato e Regione nell’ambito del programma “Contratti di Quartiere II”.

Insomma, un intero palazzo riportato agli an-tichi splendori!Sì. Un piano interrato è destinato ai locali tec-nici, il piano terreno e il primo piano sono destinati alla nuova pinacoteca, il secondo e il sottotetto sono per gli uffici del personale del settore “cultura” del Comune di Cuneo che qui, hanno trovato una sede più idonea e funziona-le di quella precedente.

Un’altro tassello importante che si va ad ag-giungere al progetto di Polo Culturale pre-visto dal Piano Strategico della città, come ci spiega meglio l’Assessore alla Cultura del Comune di Cuneo, Alessandro Spedale.Nel centro storico sono situati molti dei luoghi della cultura cittadini: museo civico, bibliote-ca, teatro a cui si stanno aggiungendo le sedi universitarie con i vari servizi complementari. L’area di Piazza Viriginio con il Complesso mo-numentale di San Francesco - attualmente in fase di restauro - la chiesa di Santa Croce, in cui si prevede l’allestimento delle collezioni di arte sacra, la nuova pinacoteca in Palazzo Samone, a cui si dovrà aggiungere il trasferimento del-la Biblioteca nel Palazzo Santa Croce, rappre-sentano, nell’insieme, un nuovo polo museale della città, una vera “cittadella della cultura e dei saperi”.

Di cui la Pinacoteca rappresenta ora uno dei punti di forza.Certo, per Cuneo ha rappresentato un traguar-do fondamentale. Alla città è stato restituito un palazzo importante, un contenitore in cui ospi-tare eventi importanti e di qualità. Per la sua inaugurazione abbiamo voluto aprire le nuove sale espositive con la mostra “Da Rubens a Van Dyck – pittura fiamminga e olandese dal XV al XVIII secolo”, con l’ambizione di creare interes-se e richiamo anche a livello nazionale.

A piano primo, il pavimento in legno di ciliegio risalente all’epoca originale del palazzo,

è stato accuratamente restaurato, come i dipinti delle volte, emersi dopo la demolizione

dei controsoffitti costruiti nelle epoche successive.

La scala di collegamento dei vari livelli, riportata all’antico splendore, mette in risalto le caratteristiche barocche dell’intero edificio.

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Quindi avete già in programma altri grandi eventi?Gestire grandi eventi non è semplice: movi-mentare opere d’arte, curarne gli allestimenti e organizzare tutto ciò che ruota intorno ad una grande mostra, richiede sforzi notevoli sia in termini logistici che economici.La nostra aspirazione è quella di alternare un paio di grandi eventi all’anno a rassegne di por-tata minore. Per esempio stiamo già lavorando ad una grande mostra su Picasso che possa introdurre la nostra pinacoteca nei percorsi d’arte internazionali. Ma contemporaneamen-te stiamo pensando di esporre, in momenti differenti, le varie opere di proprietà comunale ora inaccessibili, proponendo percorsi tematici

diversi, in base agli autori, ai periodi, ai temi. In primavera stiamo organizzando una impor-tante mostra fotografica mentre, pensando all’estate, vorremmo sfruttare gli spazi del cor-tile all’aperto, unendo magari arte, musica, e, perché no, gastronomia in un nuovo modo di vivere la cultura.

Insomma anche Cuneo avrà un suo piccolo “Palazzo Grassi”?Diciamo che finalmente anche a Cuneo abbia-mo ora a disposizione una struttura adatta ad ospitare le più svariate manifestazioni cultu-rali, in un luogo agevole e centrale della città, facilmente raggiungibile dalle principali vie di comunicazione.

Ancora al primo piano, il ritrovamento dell’antica boiserie che rivestiva lo studio personale del nobile inquilino,

ha impegnato i restauratori in un lavoro filologico di recupero degli originali colori e dei particolari architettonici e scenografici.

DA RUBENS A VAN DYCKPITTURA FIAMMINGA ED OLANDESE DAL XV AL XVIII SECOLO.

L’esposizione, organizzata dal Comune di Cuneo e dal Centro Italiano per l’Arte e la Cultura - curata da Didier Bodart e Vincenzo Sanfo - ha presentato una raf-finata ed elegante raccolta di oltre 60 di-pinti, provenienti da collezioni pubbliche e private, ripercorrendo l’evoluzione della pittura fiamminga dalle origini del 1400 sino allo splendore della maturità. Sono stati esposti capolavori di maestri di chiara fama quali Rubens e van Dyck, contornati da una varietà di altri importanti maestri, forse meno noti ma fondamentali per ap-prezzare il periodo in esame. La ricchezza dei soggetti proposti, rappresentati da scene sacre, allegoriche, ritratti, paesaggi e nature morte, costituisce, di fatto, la cifra di questa esposizione veramente comple-ta. Una mostra dal taglio raffinato, che ha registrato un’ottima affluenza di pubblico, addirittura al di sopra delle aspettative, fa-vorito, probabilmente, anche dal periodo festivo natalizio. Un ottimo inizio che contribuisce ad in-serire Cuneo in un nuovo ed ambizioso percorso culturale.

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E perché dovrebbe farlo?In fondo la gente la ama, ha governato in

Piemonte per cinque anni, va d’accordo con il sindaco di Torino Chiamparino, la città è omo-logata a sinistra e Lei, ha ancora tanti progetti da realizzare perché...Per compiere bene un mandato - mi conferma nel suo bellissimo studio in Regione - il modu-lo giusto di Governo è di dieci anni, il tempo necessario per vedere finito qualcosa a cui hai lavorato tanto, sino ad arrivare all’irreversibilità dell’operato anche se, nel futuro, l’amministra-zione può cambiare

Allora la sua ricandidatura non ha nulla a che vedere con il potere, con il desiderio di co-mandare o di occupare la poltrona.Indaga fra le parole, mi osserva e in modo estremamente garbato determina: “Se il potere serve solo a pavoneggiarsi non mi interessa ma, se è usato per fare e cambiare le cose, allora sì,

mi piace. Intanto, come già le ho accennato, il desiderio di tornare “in gara” non arriva assolu-tamente dalla sete di potere, ma dal desiderio di avere ancora degli anni davanti per poter governare, per completare alcune cose che in cinque anni non è stato possibile terminare”.

Come la TAV ad esempio?Sì. Questo è un tema estremamente delicato al quale ho dedicato, insieme ai miei collaborato-ri, tanta energia e molto tempo.Mi creda, non è stato facile, e non lo è neanche adesso, convincere gli abitanti della Val Susa che la TAV non andrà ad intaccare e rovinare l’ambiente anzi, porterà un miglioramento in tutta la vallata e rilancerà la zona anche sul pia-no economico.

Se lo dice Lei, che è laureata e specializzata proprio in economia dell’ambiente, difficile non crederle!

la presidentenon molla DI DANIELA MILARDI

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Eppure con gli ambientalisti è proprio dura. Sembra un paradosso per me, che ho speso anni ad insegnare questa materia all’università, a tenere congressi e convention in tutta Europa, non riuscire a far capire che la Torino-Lione, se costruita con i giusti criteri e nel totale rispet-to di uomo-ambiente, risulterà un’opera utile a tutti. Creda, sono anni che studio progetti a riguardo, ne ho preparati addirittura quattro e oggi, grazie all’Osservatorio del Commissario straordinario Mario Virano, siamo riusciti a tro-vare la soluzione più idonea nel totale rispetto dell’uomo e dell’ambiente, cercando di non interferire dove ci sono le falde, di produrre la sostenibilità con un’opera di sviluppo di oggi, senza distruggere quella di domani.

Anche il suo avversario Roberto Cota è favo-revole alla costruzione della TAVSì, certo. Però, diciamoci la verità: chi si è bat-tuta in tutti questi anni in Piemonte per questo progetto? Io, mica Cota! Insieme all’assessore Brizio, sono scesa in campo in mezzo alla gente che conte-stava per discutere e parlare con loro, e adesso arriva la destra, e si fa paladina della TAV. Ma per favore, credo che Ghigo non sia mai andato in Val Susa a presentare qualcosa in un dibattito istituzionale e si sia preso gli insulti come la sottoscritta.

Stavolta sono io ad osservarla stupita: però, la signora del Palazzo, la Presidente misurata e bon-ton, quando serve scende in piazza e combatte, dice ciò che pensa e se ne rientra trionfante. Non ho bisogno di parlare né di chiederle altro, perché Lei mi precede.Cosa crede, che il mio operato si svolga soltan-to su questa poltrona schiacciando dei bottoni? Governare una regione, significa essere attenti ai problemi della gente, all’amministrazione, alla viabilità, ai trasporti, alla salute e a tutte le problematiche legate al Piemonte. Quando si deve combattere sono sempre in prima linea.

Sopra:Mercedes Bresso con il Premio NobelRita Levi Montalcini.

Mercedes bresso con il Presidente della Republica Giorgio Napolitano.

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Siamo in piena campagna elettorale e Lei ha sempre confermato che “fare campagna” le piace, proprio perché è un’occasione per in-contrare gente e scendere in mezzo a loro ed ascoltarne i problemi.Sì, infatti ho improntato la mia campagna elet-torale proprio al servizio dei miei cittadini per ascoltarli, fare tesoro delle loro problematiche, cercare di trovare soluzioni a tanta tristezza e ad una scontentezza generale che ha toccato anche la nostra regione. Vede, il Piemonte si è sempre distinto per le sue industrie, dalla Fiat ad altre del comparto, e la provincia di Cuneo era il fiore all’occhiello delle aziende piccole-medie e grandi sia del settore metalmeccanico, che siderurgico che agroalimentare. Per questi motivi mi ricandido, per poter avere a dispo-sizione altri cinque anni per affrontare temati-che vecchie e nuove e smuovere le poltrone di Roma affinché ci supportino di più anche economicamente. Sa, non sono una persona che si accontenta facilmente o che si arrende di fronte agli ostacoli.

Già, scordavo che la considerano la “Zapatera” italiana, un po’ “comandoira” e un po’ “zarina”Prende fiato, ma solo per rispondermi a tono: Chiariamo subito il perché di questi appellativi:

Zapatera sta per una persona che difende i di-ritti a tutti i costi anche se, sui diritti dell’uomo, proprio perché tali, non si dovrebbe trattare poi, che io sia una donna che ama comandare è vero solo in parte, sono piuttosto una decisionista

Però quando la chiamano Zarina, un po’ le piace. Ride e il suo volto è davvero bello: E a chi non piacerebbe essere considerata una principessa? Però, se è detto in chiave ironica non ci sto. Le principesse vivono rinchiuse nei loro castelli, servite e riverite e, quando escono, sono attese dal principe sul cavallo bianco.

Ma anche Lei, sta molto tempo rinchiusa nel suo Palazzo con i suoi collaboratori e ha un principe azzurro?Se esco poco da queste stanze, non è perchè sto a guardarmi allo specchio. Lavoro quindici ore al giorno e le assicuro che mi pesa tanto non poter uscire per strada e stare in mezzo alla gente, ma i problemi da risolvere in Regione, sono sempre troppi. Poi, terminate le mie ore di lavoro, stanca morta, salgo sulla mia panda rossa e rientro a casa.

Dove l’attende quel bellissimo uomo di suo marito.Sì, anche se non sempre riusciamo a conciliare i nostri impegni. Lui è un geografo, esperto in ecologia umana e in scienze del paesaggio, ed è spesso in giro per il mondo.

Ma in casa, comanda lei?No, perché Claude (ndr. Raffenstein) sa tener-mi testa e su certe sciocchezze lui preferisce sorvolare e se la fila ridacchiando...

Bello, bravo e magari sa anche cucinare.Nessuno dei due ha molto tempo. Quando sto in cucina, sicuramente prediligo i primi piatti con le verdure. Sa, io sono ligure e quando pos-so, cerco di applicare la mia cucina di origine. Quando invece ceniamo fuori, spesso chiedo

Mercedes Bresso all’inaugurazione del blocco opratorio dell’Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo.

Insieme alla sorella è stata fondatrice del Fan Club di Claudio Villa.

La Presidente fra i componenti della staffetta azzurra durante le Olimpiadi di Torino 2006.

Nella pagina a fianco:tenere effusioni con il marito prof. Claude Rafestin.

Fra i compiti istituzionali c’è tempo anche per un momento piacevole come l’inaugurazione del birrificio interno al carcere di Saluzzo.

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delle verdure ma da noi, in Piemonte, (ci ha fat-to mai caso?) ti offrono sempre patate, carote o piselli.

Mentre Lei sogna i carciofi liguri.È normale, le radici stanno dentro ad ognuno di noi e puoi girare il mondo ma ti rimangono nel cuore. Anche se a Sanremo, dove sono nata, ho vissuto poco, sono ugualmente molto lega-ta. Sa perché mi chiamo Mercedes? Perché mia madre era devota alla Madonna della Mercede, una bellissima chiesa del capoluogo ligure.

Se dovesse essere rieletta Presidente dovrà occuparsi anche di Federalismo.E che problema c’è? Il Federalismo è nato con la sinistra, anche se poi, la Lega l’ha fatto suo. Quando ho vissuto per un certo periodo in Svizzera, ho trovato là il mio ideale di federa-lismo: semplice e lineare, dove ogni stato si occupa delle proprie competenze, problemati-che ed imposte. Altro che la perequazione che vuole la Lega! E poi, il federalismo fiscale é già esistente nella Costituzione, peccato che non sia stato completato dal Senato federale e con le leggi applicative.

In sincerità Cota Le è proprio antipatico?Diciamo che non andrei a cena con lui.

Ma se proprio non potesse rifiutare l’invito, cosa indosserebbe per l’occasione?Un tailleur pantaloni scuro abbinato ad una ca-micetta carina e dei gioielli.

E con lui, di cosa parlerebbe?Della sua esperienza parlamentare.

E non di chi vincerà le elezioni?No, perché credo di vincere anche stavolta. È una sensazione che provo come alla vigilia della scor-sa campagna elettorale quando, non ho neanche atteso il risultato alzata, ma sono andata a dormi-re e mi sono svegliata, “Bresso Presidente”.

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Sono passati parecchi anni da allora, da quando quel ragazzo con gli occhi azzurri,

lo sguardo intelligente e la vivacità dell’età, si nascondeva insieme ad altri quattro amici, nel sottoscala del bar Otello, per parlare di politica e non di pallone, di Bossi e non di De Mita, di Lega e non di DC.Ma chi le ha raccontato tutte queste cose?

Mi sono semplicemente documentata, per-ché non è così? Anzi perché non ci racconta Lei la storia del sottoscala?È successo una ventina di anni fa. Ricordo, (e i suoi occhi tradiscono momenti di nostalgia), che ero stato letteralmente folgorato dalla let-tura di un articolo uscito su Panorama, dal ti-tolo “Bossi contro tutti”, durante la sua prima legislatura. Chiuso il giornale, io e il mio amico Giorgio Ferrari di Galliate, eravamo già in Lega a prendere la tessera del Partito. In seguito, per le riunioni, ci riunivamo (eravamo in cinque)

nel sottoscala del bar di Otello perché lui, pure leghista, non voleva che parlassimo di politica all’interno del locale. Così, ogni pomeriggio, ci trovavamo a parlare nel nostro rifugio, in attesa di poter entrare nel-la nuova sede di via Custodi.

Adesso capisco perché studiava poco e non brillava a scuola!Ma cosa dice? Non è vero. Quando frequentavo il liceo classico ero nella media e non sono mai stato rimandato, mentre all’Università mi sono laureato con 110 e lode in giurisprudenza e ho passato l’esame da avvocato al primo colpo e a Torino.

Ma l’avvocato penalista l’ha fatto per poco perché, intanto, la politica occupava tutto il suo tempo.Ho dovuto scegliere. Il diritto mi piaceva, ma per Bossi avevo provato davvero un colpo di

il ragazzo di galliate

Nella pagina a fianco:Roberto Cota nella sua casa di Galliatecon la moglie Rosanna e la figlia Elisabetta.

L’Onorevole fra la gentein piazza S. Carlo a Torino.

DI DANIELA MILARDI

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fulmine: un uomo intelligente, onesto, con le idee chiare e alternative a quelle ormai supera-te che c’erano in politica in quel periodo. Così ho deciso di percorrere il mio cammino con la Lega e da semplice consigliere comu-nale, dopo tutte le trafile d’obbligo, sono di-ventato Presidente del Consiglio regionale del Piemonte e Sottosegretario alle attività produt-tive nei Governi Berlusconi II e III. Sono deputato dalla 15esima legislatura e, attualmente, ricopro anche l’incarico di Presidente del gruppo Parlamentare della Lega Nord, mentre all’interno del partito sono Segretario nazionale dal 2001.

C’è dell’altro?Potrei descriverle il mio lavoro in Parlamento nelle varie commissioni che ho ricoperto e che ricopro, ma per questo la rimando a leggere il libro che ho appena scritto “Dalla parte del Popolo” dove racconto proprio un’ottantina di cronache parlamentari per Tribuna, dal marzo 2008 al 31 dicembre 2009”.

Non mi dica che ha festeggiato la fine dell’an-no a Montecitorio?Non ricordo, ma ho ben chiaro cos’ho scritto l’ultimo giorno dell’anno: si è trattato di un 2009 importante per l’approvazione del federa-lismo fiscale, una riforma epocale che cambierà il Paese e che si completerà coi decreti attuativi, già all’esame del Consiglio dei Ministri. Il paese ha bisogno di riforme e di risposte e non di un eterno scontro di polemiche e di battibecchi”

A proposito, lo sa che la sua avversa-ria Mercedes Bresso ha ribadito che il Federalismo non è stata un’invenzione della Lega ma che appartiene alla sinistra e che, il loro Federalismo, è molto più diretto, chiaro e lineare del vostro e, non passa da Roma?La Bresso arriva tardi per fare la federalista e se voleva la tessera della Lega poteva chiederla in

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tempi non sospetti. La realtà è che Noi abbiamo avviato un percorso di trasformazione verso uno stato federale con tanto di decreti attua-tivi, il primo è sul federalismo demaniale. Noi facciamo i fatti e non parole: andremo avanti su questa strada anche con l’approvazione del PD e non della Bresso che, ancora una volta, ha perso un’occasione per essere positiva

Perché la Bresso le è così antipatica?Deciso e irremovibile: Non si tratta di simpa-tia o meno ma di chiarezza e coerenza. Scusi, come si fa ad essere favorevole alla TAV, farsi paladina dei progetti e scendere in piazza con gli ambientalisti a discutere quando, all’interno del suo partito, ci sono delle forze NO TAV? Così, sa qual è il risultato che ha ottenuto in questi cinque anni di presidenza della Regione? Che il Piemonte si è chiuso sempre di più in se stesso, è rimasto fermo a leccarsi le ferite dei tanti problemi irrisolti.

È un’eredità che Le tocca, nel caso vincesse queste elezioni.Se dovesse succedere, una cosa è certa: starò dalla parte del popolo proprio come fa il mio partito, che è l’unico partito popolare in Italia. Scenderò in mezzo alla strada per ascoltare la gente, quelle persone che hanno perso il posto di lavoro, che non ce la fanno ad arrivare a fine mese, che devono attendere anni prima di una visita medica, di quelle piccole-medie impre-se che, anche in isole felici come la Provincia Granda, sono state costrette a lasciare i lavora-tori a casa, e poi cercherei di risolvere il pro-blema dei pendolari sulla tratta Cuneo-Torino e combattere i disservizi dei treni regionali: a questa gente va detto che tutte queste proble-matiche sono di competenza regionale e che oggi la situazione è drastica perchè è stata ge-stita male. Basta agli sprechi (mi viene in mente il premio Grinzane Cavour e la vicenda Sorìa), bisogna reperire fondi e destinare nuove risor-se per risolvere i problemi del Piemonte.

Un momento della presentazione del suo libro “Dalla parte del popolo”.

Una pausa di relax, fra i tanti impegni parlamentari, a passeggio con la famiglia.

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Scusi se mi permetto, ma tutti i politici, alla vigilia delle elezioni, promettono tanto, poi una volta conquistata la poltrona...Stavolta schizza davvero dalla sedia dov’è ac-comodato e, arrabbiato puntualizza: Ma quale poltrona! Ma cosa me ne importa! Si tratta di impegno e basta. Ma lei sa qual è il sogno di un leghista? Preoccuparsi della propria regione cercando di fare tutto il possibile e l’impossibi-le per governarla bene.Occuparsi della propria terra sta proprio nel DNA della Lega. È solo scendendo in strada con la gente che puoi capire e risolvere i problemi. Avrà sicuramente avuto modo di osservare come ho impostato la mia campagna elettora-le: minimalista e spendendo poco, mentre la Bresso mi pare più impegnata ad osservare la “gestione” della sua campagna elettorale! Ma Cota, un po’ di cavalleria!Gli torna il sorriso: Chieda a mia moglie Rosanna se non sono un cavaliere. Prima di sposarla, l’ho corteggiata per parecchio tem-po finchè non le ho chiesto di sposarmi. Oggi sono un marito ed un padre felice: mia moglie

è una donna estremamente intelligente che non interferisce nel mio lavoro ma mi osserva da lontano e, quando è il caso, mi consiglia o mi invita a riflettere. A volte mi sento in colpa nei confronti di mia figlia Elisabetta che, soprat-tutto in questo periodo, vedo troppo poco: ha quasi due anni e mi assomiglia.

E non ha neanche più il tempo per correre in moto sulla sua Cagiva o correre a piedi ai bordi del fiume di casa suaLa passione per la moto la coltivo ancora (an-che se non ho più la Cagiva) ma, negli ultimi tempi, preferisco correre a piedi perché os-servo meglio tutto ciò che mi circonda. Voglio raccontarle una cosa, visto che mi fa domande al di fuori delle istituzionali: quando andiamo in vacanza in un posto nuovo, io esco subito a correre per poter vedere le strade, i luoghi i po-sti e le spiagge dove andare il giorno dopo. Ho capito che solo correndo a piedi puoi osservare ciò che ti circonda, fermarti e riflettere.

E non ha paura che la Bresso la raggiunga?No, perché poi, la sorpasso.

L’Onorevole impegnatoin un dibattito.

Il Presidente del gruppo parlamentare della lega nord con il ministro

delle politiche agricole Luca Zaia, durante un’intervista sulle politiche agricole.

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A Saluzzo la movidanon conosce tregua

Se vi capita di trascorrere il sabato o la domenica pomeriggio passeggiando per la Vecchia Saluzzo, vi consigliamo una sosta all’ora dell’aperitivo nella suggestiva via Volta, dove troverete il Bicchio, locale trendy della movida cittadina, che si snoda fra le antiche mura e, motivo di orgoglio, confina con la casa che fu di Silvio

Pellico.Si ritrovano diversi ambienti in successione, dall’ingresso fashion alle nicchie con romantici tavolini, per passare ad una taverna più informale per compagnie più numerose.L’aperitivo qui è chiamato APERICENA dato che viene accompagnato da un buffet ricco e sfizioso ma soprattutto di gran qualità, la stessa che accompagna la selezione dei vini proposti. È un’alternativa curiosa rivolta anche a target di persone differenti, pensiamo alle famiglie, dato che si comincia alle 19, un orario più che confacente ai bambini, una scelta per una cena informale e più allegra della solita pizza, il tutto accompagnato da una variopinta offerta di bevande analcoliche.E poi, una novità: da giovedì 11 febbraio il Bicchio è anche Restaurante caribeno. In un ambiente allegro e raffinato, lo chef Rafy Ramirez vi proporrà le gustose ricette della cucina creola portandovi in un viaggio culinario alla scoperta dei Caraibi. Un evoluzione culinaria che passa dal Messico a Santo Domingo, dalla Colombia al Venezuela, da Portorico a Cuba fino alla Florida. Il tutto accompagnato da vini pregiati e particolari birre. Le serate continuano con gustosi snak’s, drink’s e cocktail che vi accompagna fino a tarda notte. Da segnalare l’ampia rumerie a disposizione dei clienti più esigenti. Il ristorante è aperto dal mercoledì alla domenica, dalle 19 alle 23.

Ma non c’è vera festa senza musica e non è possibile scindere il Bicchio dal resident DJ Faber Moreira che, non solo ha curato personalmente la scelta dei colori e dell’arredamento dimostrando gran gusto artistico, ma si occupa ovviamente della selezione musicale.Il DJ saluzzese, dopo aver lavorato nei locali nazionali ed internazionali più a la pàge, da 9 anni è al Bicchio per proporre alla clientela suoni musicali ricercati …..esclusivamente su vinile! Merita ricordare che il locale dà anche il nome ad una compilation prodotta da Moreira nel 2007 in collaborazione con Ludovico Gosmar e il DJ Fede, venduta con successo in Italia, Francia e Giappone. C’è un “tocco tecnologico” rappresentato da maxischermi che, comunque, non stonano tra i mattoni a vista e sono collegati con le discoteche più famose del Nord Italia.

Si possono reperire ulteriori informazionied immagini sul sito www.bicchio.it.Lo staff vi aspetta numerosi per un aperi..bicchio!

Via Volta, 28Saluzzo (CN) - Piemonte

www.bicchio.it

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Il momento della verità è quando la banda municipale del maestro Aurelio Seimandi

sfila in corso Italia suonando “Ciaferlin”, l’in-no del gran carnevale di Saluzzo. La prova del nove per i veri saluzzesi, che sentono ribollire il sangue. C’è tutto un mondo in, e dietro, quella canzone. Asili. Case di riposo. Balli in maschera. Lotterie. Notti in bianco. Sbornie. Tenerezze. Ricordi. Affettuosità. Pazzie. Trasgressioni. Sogni. Lacrime. Baci. Abbracci.C’è una storia, con radici profonde. L’allegria che arriva con la cicogna, quella che ha portato Ciaferlin, nel 1957, quando la nuova masche-ra usciva dal cilindro creativo di Piero Ceppi e Renzo Sabena, indimenticabili animatori dell’allora Pro Saluzzo. Il primo a vestirne i pan-ni fu Alberto Segre.La canzone, ben presto balzata in testa alla classifiche delle migliori e peggiori bettole del

Monviso, è opera di Kely Colombari, geniale protagonista di tante invenzioni carnevalesche.Ciaferlin è nato per far sparire magoni e maga-gne, l’allegria e il buonumore porta a “cavagne”, in gran quantità. Tutti sono intorno a Ciaferlin per fare carnevale perché lui è l’unico grande nemico dei “sagrin”, delle preoccupazioni.In piemontese, con tipica cadenza saluzzese, il testo e la musica della canzone richiamano nell’ultima strofa un’altra iniziativa carnevale-sca che in quegli anni ebbe notevole successo: la lotteria. In palio c’era la mitica Seicento di Ciaferlin, il quale canta, appunto, che a Saluzzo si viene a piedi, ma se si ha fortuna si torna a casa su quattro ruote nuove fiammanti.Ciaferlin è il diminutivo dialettale del nome del santo patrono cittadino, Chiaffredo. Vuole rap-presentare la semplicità e l’arguzia dei caratteri-stici contadini della collina saluzzese e la sua fi-

ciaferlinva a sanremoLA TRADIZIONALE MASCHERA DI SALUZZO OSPITE DEL CARNEVALE LIGURE

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DI OSVALDO BELLINO

Ciaferlin, con il suo seguito, insieme al gruppo Marchesato di Brossasco ed al Complesso Bandistico “Città di Saluzzo”, sfila in qualità di ospite d’onore al celebre corso fiorito “Sanremoinfiore 2010”.

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gura compare già nei manifesti del carnevale di Saluzzo dell’Ottocento, con il nome di Ciafrè, il figlio di Giandoja.E’ affiancato dalla Castellana, che in realtà lo ha preceduto di cinque anni nel raccogliere le liberatorie istanze carnevalesche del dopo-guerra cittadino. La maschera della Castellana, impersonata la prima volta da Lea Fissore Vineis, usciva dall’antica Porta di Santa Maria per l’inaugurazione del carnevale del 1952. Anche su di lei, qualche anno più tardi, verrà scritta una canzone, con la musica di Vittorio Delfino e il testo, anch’esso in piemontese, di Vittorio Delfino e Gianni Neberti: sarà Griselda o Margherita, si domanda la lirica, che dal pas-sato viene a vivere i nostri giorni? Benvenuta Castellana, bentornata, sei la stella della città.Il riferimento è a due grandi donne del glorio-so passato marchionale della città: Griselda, il celebre personaggio della novella boccaccesca ambientata a Saluzzo, e Margherita de Foix, la marchesa che resse le sorti del Marchesato nel periodo del suo massimo splendore, alla fine del XV secolo, dopo la scomparsa del marito Ludovico II.Non è un caso che si vada a scomodare il Medioevo, perché è qui, al di là delle seppur bastevoli ragioni storiche legate al Marchesato, che si ritrova la prima traccia del Carnevale di Saluzzo. Siamo nel 1497, la città è sotto il lungo ed estenuante assedio delle truppe sabaude, ma trova lo spirito e la forza di ordinare delle feste in maschera per celebrare il carnevale. L’annotazione, una perla rara, è dello storico Delfino Muletti, che documenta la rispettabi-le tradizione della manifestazione saluzzese. Nell’Ottocento le cronache si fanno più copio-se, raccontando del contestuale sviluppo del Teatro sociale, delle prime sfilate in maschera e dei succulenti veglioni.Nel Novecento il carnevale di Saluzzo viene considerato tra i più importanti del Piemonte. Si aggiungono fiere enogastronomiche, con-corsi, polentate…

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Fino all’approdo, quest’anno, al celebre corso fiorito di Sanremo, con diretta televisiva nazio-nale, Elenoire Casalegno e decine di migliaia di spettatori sulle strade della capitale rivierasca. Ciaferlin, con la banda musicale di Saluzzo e il gruppo mascherato di Brossasco, ha cantato la sua canzone davanti al monumentale tea-tro Ariston, portandosi via una cesta di intra-montabili motivetti festivalieri, riversati, dieci giorni dopo, sul pubblico saluzzese riunito nell’ex caserma Mario Musso, dove le canzoni di Sanremo hanno mosso le migliori ugole lo-cali, rincorse dai ricordi giornalistici degli ultimi decenni di storia cittadina.E’ così che il gran carnevale di Saluzzo è diven-tato, con il tempo, una cosa seria. Talvolta per-fino troppo, come puntualmente dimostra la scelta delle maschere, con le immancabili rive-lazioni dei giornali che fanno saltare i nervi agli organizzatori della Fondazione Amleto Bertoni, tra scambi di accuse, depistaggi, favoritismi e minacce di vertenze legali. La battaglia più insi-diosa è quasi sempre sul nome della Castellana, che ogni anno (salvo un paio di eccezioni) cambia interprete. Gli organizzatori raccolgono o fanno finta di raccogliere la disponibilità di qualche signora, che come formale requisito deve risultare sposata. Dopo di che il Consiglio di amministrazione della stessa Fondazione opera la scelta, in base a non si sa bene qua-le criterio, prestando regolarmente il fianco ai pettegolezzi e alle indiscrezioni più disparate, con puntuale “disagio” delle candidate, rigoro-samente coperte da riserbo ma in realtà note quanto basta, escluse dall’imbarazzante cernita degli indefessi consiglieri.Per Ciaferlin è la stessa cosa, se non peggio, con la differenza che in genere il nome “dura” più anni. Quando è ora di cambiare, succede di tut-to. L’ultima volta la questione finì in Consiglio Comunale e dovette occuparsene in prima per-sona il Sindaco. Cosi è, quando si consegnano alle maschere le chiavi della città. Onori e oneri della fantasia al potere.

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Ricordo quel giorno come fosse ieri.Era una sera di luglio del 2008 e la salet-

ta dello stadio Paschiero, era affollata da tifosi, tecnici, sportivi, giornalisti, fotografi ed opera-tori che si accalcavano in quei pochi metri dove avrebbe avuto inizio la prima conferenza stam-pa della nuova dirigenza dell’AC Cuneo.Il clima e l’atmosfera che si respirava era quel-la delle grandi attese perché, giorni prima, un quotidiano aveva anticipato che si sarebbe trat-tata di una bella rivoluzione del mondo “calci-stico” cuneese.Difatti: “Siamo felici di annunciarVi - aveva esordito il vice presidente Furio Morano - che quest’anno il Cuneo volerà alto, con una stagio-ne calcistica di grande rispetto perché questa nuova dirigenza, a partire dal presidente Marco Rosso, ha preso l’impegno di rafforzare la squa-dra con l’acquisto di giocatori importanti per

condurre un campionato che possa riportare il calcio professionistico in città e rimanerci”.Applausi e ovazioni, naturalmente.Poi, era seguita la presentazione del nuovo trai-ner, Giancarlo Corradini che, da giocatore della Nazionale e di squadre blasonate di A (Torino, Napoli, Juventus), aveva accettato quella sfida per motivi personali e logistici.Baci, abbracci e tanto entusiasmo.

Ma questa, è storia di ieri.Perché oggi, dopo un anno e mezzo, la realtà è completamente un’altra.

È così Dott. Morano?Lo sguardo saettante mi colpisce, ma altrettan-to la sua schiettezza: “Sì, purtroppo oggi è pro-prio un’altra storia. Quando nel 2008 insieme al presidente Rosso decidemmo di rilevare la

si ripartedal cuneoINTERVISTA A FURIO MORANO VICE PRESIDENTE AC CUNEO 1905

DI DANIELA MILARDI

La formazione dell’AC Cuneo 1905campionato serie D 2009-2010.

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Il vicepresidente Furio Morano osserva attentamente la squadra.

Il centrocampista Vincenzo Frisio.

Si ringrazia per la disponibilità l’addetto stampa del AC Cuneo Sig. Marco Lombardo.

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società, avevamo grandi progetti, eravamo con-vinti di costruire un’impalcatura solida con l’ac-quisto di giocatori professionisti, di rinnovare completamente lo staff tecnico e con l’arrivo di Corradini ci sentivamo al sicuro”.

Forse avete agito con troppo entusiasmo e peccato di ingenuità.Sì lo ammetto. Forse siamo stati anche un po’ presuntuosi e sicuramente abbiamo sbaglia-to qualcosa. Sa cosa ho capito durante questi mesi? Che non sono sufficienti l’entusiasmo e la volontà, né essere grandi tifosi ed avere di-sponibilità economiche per condurre bene una squadra. Ci vuole davvero altro.

Si riferisce alla competenza?Annuisce: Certamente. Ed è per questo moti-vo che abbiamo chiamato a lavorare con noi il Sig. Cavallo, l’attuale direttore generale, che di calcio ne mastica da tanto tempo ed ha la giu-sta competenza calcistica, oltre ad essere una persona leale, lineare e corretta.

Insieme a lui, avete ripescato anche l’attuale mister, Danilo Bianco.Sì, credo che abbiamo fatto le scelte giuste. Poi, parliamoci chiaro (e lui lo fa benissimo…), quando abbiamo acquistato l’intero pacchetto da Arese, le giuro che ci siamo trovati di fron-te ad una squadra tutta, o quasi, da rifare, ad uno staff tecnico inesistente e a molti calciatori da rispedire al mittente. Noi, e parlo anche a nome del Presidente, avremmo pur peccato di presunzione ma, sfido chiunque, a mettere in-sieme una squadra ex novo in così poco tempo.

E ora, a che punto siete?Intanto, come già le accennavo, dal mese di ot-tobre, è tornato Danilo Bianco alla guida della squadra come primo allenatore e lo spogliatoio è stato rinforzato con acquisti importanti du-rante il calcio mercato di settembre e di dicem-bre. Abbiamo speso molto perché si tratta di

calciatori che già militavano in serie professio-nistica ed altri giovani interessanti come Jacopo Zenga, il figlio del grande portiere.

Sarà, però il Cuneo continua a trovarsi nella metà-bassa classifica.Non si può sperare in un miracolo. Intanto la squadra in campo c’è, l’allenatore è prepara-to sia tecnicamente che psicologicamente nel tenere uniti i ragazzi, il sig. Cavallo segue con attenzione e meticolosità ogni movimento e la dirigenza impegna tutte le proprie forze.

Parla di denaro?Adesso basta. Abbiamo veramente speso oltre ogni previsione. Ora tocca ai giocatori dimo-strare il loro valore in campo, ogni domenica, ai tifosi di supportarci e alle istituzioni di darci una mano.

È un appello?Sì, chiaro ed onesto. Per poter far bene, abbia-mo bisogno di uno sponsor importante che ci aiuti nella gestione societaria per riuscire a rag-giungere gli obbiettivi che ci siamo prefissati.

Quali?Intanto concludere questo campionato in modo decoroso e poi gettare le basi per arri-vare a categorie più alte e riportare tanti tifosi allo stadio.Per favore, lo scriva: Morano non molla!

È sicuro?Assolutamente Sì.

A. C. Cuneo Calcio 1905 srlCorso Monviso 21, 12100, CuneoTel.+ 39 0171.65730 e-mail: [email protected]

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A CASA MIA intervista a Danilo Bianco allenatore dell’AC CUNEO 1905

Guarda chi si rivede. Danilo Bianco, classe 1972 centallese, dopo cinque stagioni nel Cuneo come allenatore in seconda e nel Crema insieme a Fortunato, è stato scelto dalla neo gestione Rosso - Morano, come nuovo trainer dell’AC Cuneo.

Una promozione attesa, sperata o meritata?Diciamo sperata. D’altronde ho trascorso molti anni fra le fila bianco-rosse come vice di Barbieri, Viviani e Fortunato, così quando il Cuneo, nell’ottobre scorso, mi ha chiamato per affidarmi la squadra in qualità di primo allena-

tore, non ho esitato ad accettare neppure un secondo. Non ho pensato né al guadagno né al contratto ma soltanto alla realizzazione di un mio desiderio.

Non mi dica che fra tante squadre, anche di serie superiore, lei sperava di essere chiama-to dal Cuneo?E perché non avrei dovuto? Non c’è nulla di più gratificante che poter lavorare per la pro-pria città, allenare la squadra in cui sono cre-sciuto calcisticamente e cercare di raggiungere obbiettivi soddisfacenti per accontentare la dirigenza, per me stesso, e per i tifosi che ci seguono ogni domenica.

Tifosi un po’ arrabbiati e un tantino delusi.Ma è proprio per questo motivo che, insieme ai miei ragazzi, ogni domenica, cerchiamo di dare il meglio in campo e di risalire, a fatica, la classifica. Certo, il Cuneo ha avuto delle stagioni altalenanti dove in alcuni momenti ha sfiorato la promozio-ne in C, ed in altri è caduto in baratri profondi. Per quanto mi riguarda, (ndr: l’intervista è stata rilasciata nella seconda metà di gennaio) posso ritenermi abbastanza soddisfatto dei risultati che ho ottenuto sino ad ora, anche se difficilmente mi accontento.

Scusi mister ma la squadra, con lei, all’inizio, ha perso tre partite su cinque. Come fa a rite-nersi soddisfatto?Perché siamo riusciti a superare anche quel momento negativo. Sicuramente il mio non è stato un esordio fortunato ma creda che le tre sconfitte subite erano davvero immeritate. Sicuramente una parte di colpa è stata mia che non ho saputo adottare il giusto modulo di gio-co, un po’ i ragazzi non erano ancora affiatati e poi, ha inciso anche la sfortuna. Nel calcio nulla è mai scontato ed ogni partita è a sé, perché incidono fattori che vanno al di là del gioco. Quante volte vinci o perdi una gara al novantesimo minuto?

Il neo acquisto Jacopo Zenga, figlio del portiere Walter.

Il nuovo trainer del CuneoDanilo Bianco.

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Questo è vero, però è la classifica che conta.Intanto le cose sono migliorate (con la scara-manzia del caso) e dopo quelle prime tre do-meniche negative, siamo riusciti a portare a casa otto risultati positivi di seguito. La squadra inoltre è stata ulteriormente rafforzata con altri acquisti ed ora, dopo gli sforzi economici della dirigenza, non possiamo più accampare scuse ma lavorare bene e cercare di raggiungere gli obbiettivi che ci siamo prefissati.

Gli stessi della dirigenza?Io guardo al calcio giocato e non mi lascio con-dizionare da punti e classifiche. Vado dritto per la mia strada cercando di disputare buone gare, di metterci tutto l’impegno possibile e pre-tendo il massimo dai miei ragazzi. Ho cercato di impostare gli allenamenti come si fa per le squadre professionistiche: tutti i giorni e spes-so anche due sedute al giorno anche se, a que-sti livelli di categoria, non è facile.

Severo ed esigente.Le voglio confidare una cosa. Quando alla sera, torno a casa e non sono soddisfatto dell’allena-mento della mia squadra, non riesco a pensare ad altro: me ne sto in silenzio e rimango im-bambolato davanti ad un libro che non leggo o di fronte ad un programma che non seguo. Pensi che, giorni fa, la mia compagna mi ha trovato seduto a guardare la televisione con il telecomando in mano e lo schermo spento. Mi ha guardato come fossi diventato matto.

E allora, come riesce ad esorcizzare tanto stress?Prendo la bicicletta e vado a fare quattro chiac-chiere in paese, a giocare a scala quaranta o mi fermo al bar con gli amici.

Tutto lavoro e casa.Non mi faccia passare per quello che non sono. Anch’io amo divertirmi, viaggiare, uscire, gio-care a tennis e soprattutto andare a cena fuori.

Ma non deve rispettare un certo regime ali-mentare?Sì e lo faccio tutti i giorni anche perché, la mia compagna Eleonora, non è molto brava in cu-cina e così andiamo avanti a pasta in bianco, mozzarella e qualche verdura.

E lei... la sposa ugualmente?Mi guarda, ride e i suoi occhi azzurri rispon-dono per lui: quando c’è l’amore il resto non conta. Sì, la sposerò a giugno, a fine campionato.

Il centrocampista biancorosso Marco Garavelliimpegnato in un’azione sportiva.

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Un polo sanitario che, mentre disegna il futuro di un nuovo ospedale con spazi

più funzionali, lo ha anticipato nei contenuti di una crescente umanizzazione che ne ispi-ra gli interventi strutturali fin qui attuati e le attività di accoglienza, diagnosi e terapia del paziente. Aspetti diversi di un solo progetto complessivo portato avanti dal Direttore ge-nerale dell’Azienda sanitaria ospedaliera Santa Croce e Carle Giorgio Gatti, con la collabora-zione della dirigenza e degli operatori esterni, il sostegno delle Istituzioni e il gradimento dei cittadini utenti. Tre anni in cui il metodo seguito ha permes-so di migliorare ulteriormente il livello della ricettività e della specializzazione come servizi rivolti alla persona in senso umano prima anco-ra che all’utente in senso tecnico. Un approccio che si è confermato premiante per l’Azienda, e

per i progetti che ha saputo esprimere, e ancor più per le aspettative dei pazienti e delle loro famiglie.

Direttore, si conclude il primo triennio al vertice dell’Azienda sanitaria ospedaliera. Come l’aveva trovata all’atto del suo inse-diamento e come la vede oggi dopo questi primi 36 mesi?Ho trovato un’Azienda in splendida forma, in equilibrio finanziario e con una buona imma-gine verso utenti e cittadini. Oggi l’equilibrio finanziario c’è ancora, anche se le condizioni economiche a livello generale risentono della situazione attraversata dalle economie occiden-tali e dalla nostra. La politica adottata in questi tre anni si può de-finire di equilibrio, ma in senso più generale: abbiamo cercato di garantire e migliorare la

l’ospedale delleeccellenzeIL DIRETTORE - DOTT. GATTI - ILLUSTRA IL BILANCIO DEL PRIMO TRIENNIO DI UN’AZIENDA SANITARIA OSPEDALIERA CHE GUARDA ALLE PERSONE

Una delle nuove sale operatorie a disposizione dell’Ospedale,in cui equipe di medici e professionisti lavorano utilizzando gli strumenti più all’avanguardia.

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qualità tramite una gestione corretta e finanzia-riamente solida.

Insomma, l’efficienza gestionale come mezzo per mantenere e rafforzare i servizi socio-sa-nitari, nel presente e ancor più in futuro. Una combinazione doverosa e, fatti alla mano, possibile.Fin dall’inizio ho pensato che il rigore gestio-nale e la qualità dei servizi rappresentassero un tratto distintivo e qualificante per l’azienda, ol-tre che un grande patrimonio per la comunità locale e non solo. Il compito che mi spettava era quello di proteggere quel patrimonio e far-lo crescere, perché di fronte alle sfide presenti non ci si può illudere di conservare i propri punti di forza semplicemente giocando in dife-sa: è necessaria una visione strategica ed anche una sana dose di ottimismo. Credo di poter dire che questa Azienda ospedaliera si è mos-sa nel contesto locale e generale orientandosi col famoso “sguardo strabico”: un occhio fisso sul presente e l’altro puntato sul futuro. Nella nostra gestione non abbiamo voluto snatura-re le qualità storiche della realtà che abbiamo trovato, ma non abbiamo neppure voluto che l’identità di questa Azienda si trasformasse col tempo in una sorta di fortino, precludendoci la libertà di innovare e rinnovare.

Obiettivi che avete raggiunto, sulla base dei giudizi di Istituzioni e utenti.Se siamo riusciti in questo compito devono dir-lo gli altri, la Regione e soprattutto i cittadini e gli utenti. A mio conforto c’è però la situazione dei conti, i risultati di bilancio e i risultati della certificazione (per la prima volta si è chiusa la periodica ispezione dell’Ente certificatore sen-za neanche una “non conformità”) e più ancora mi sostengono le molte lettere di elogio che giungono ai nostri uffici e ai giornali.

Il triennio è stato denso di realizzazioni, in particolare per il consolidamento e lo svilup-

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po di alcune vocazioni specialistiche, di ec-cellenza e di base dell’Aso. Quali sono i setto-ri che hanno evidenziato il maggior livello di progresso e innovazione?Da noi progrediscono tutti, perché è l’Ospe-dale che cresce investendo sul piano gestio-nale e su quello professionale e specialistico. D’altronde innovazioni come il blocco opera-torio o i nuovi strumenti (ad esempio le due gamma-camera) introdotti in Radiologia o il nuovo sistema informativo del Cardiovascolare o la nuova anagrafe degli utenti introdotta con il Cup (Centro Unico di Prenotazione) provin-ciale sono novità che servono a tutti, o perlo-meno a molti operatori diversi all’interno (e a volte anche all’esterno) dell’Ospedale. Forse non è del tutto casuale che il concorso per fi-nanziare i progetti di ricerca, organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, con una giuria di esperti di grande prestigio, abbia finanziato ben sei progetti presentati dall’Ospe-dale. Per quest’anno, inoltre, abbiamo in pre-visione investimenti importanti in materia di sicurezza per il materno-infantile, per l’emer-genza, per il cardiovascolare.

Sviluppi che si realizzano e si perfezionano an-che nell’agire quotidiano dei vostri operatori. Accanto a novità che hanno avuto una più immediata visibilità, come l’avvio del blocco operatorio e ambulatoriale, ci sono però altri aspetti che inevitabilmente cadono un po’ più nell’ombra, ma che hanno una rilevanza non trascurabile. Penso alle concrete iniziative di umanizzazione intraprese in questi anni per mi-gliorare l’assistenza “alla persona”, prima anco-ra che “al paziente”, specialmente se quella per-sona è un bambino, un anziano o un individuo che vive un disagio psichico o emotivo. Sono aspetti della cura che non si possono misurare, ma che sono fondamentali per coloro che ne hanno esperienza. Infine, penso alla tenacia dei professionisti di questa Azienda che, a qualsiasi livello, danno sempre il meglio di sé. Il Santa

Il Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Ospedaliera Santa Croce e Carle, dott. Giorgio Gatti.

Tecnologie innovative nel nuovo blocco operatorio recentemente inaugurato.

L’ingresso su via Bassignano riflette anche all’esterno i caratteri tecnologici della struttura.

Nella pagina seguente:la nuova reception e il centro di prenotazioni che gestisce l’anagrafe degli utenti.

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Croce e Carle ha tanti punti di eccellenza, che potrà rafforzare ancora mantenendo questa ca-ratteristica di fondo.

Il suo sogno nel cassetto per la seconda parte del mandato, aspettando il nuovo ospedale e, prima ancora, il quadro politico ammini-strativo che si formerà dopo le regionali di primavera?Il mio mandato termina al 31 dicembre di

quest’anno, fatto salvo ciò che deciderà la Giunta nominata dopo le elezioni di marzo. Posso solo dire che a Cuneo mi sono trovato molto bene e che considero ormai l’Aso Santa Croce una parte di me e della mia vita profes-sionale. Quanto ai sogni nel cassetto credo che oramai sappiano tutti che spero di far passare la decisione di realizzare una nuova sede ospe-daliera “unificata” qui a Cuneo. Sono assolu-tamente convinto che la città e la provincia di

Ottimi rapporti con il mondo delle Fondazioni di origine bancaria e del volontariato: due tas-selli vitali al fine di rafforzare il rapporto diretto con il territorio e di promuovere una sanità autenticamente partecipata dalla cittadinanza e dalle sue espressioni sociali e organizzate. L’Aso Santa Croce e Carle intende realizzare anche in questo modo i propri obiettivi di uma-nizzazione di servizi e attività.Il rapporto con il mondo degli Enti di origine bancaria - spiega il direttore generale Giorgio Gatti - è ottimo, soprattutto con la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo. La collaborazione ovviamente implica momenti di convergenza e altri di natura più dialettica e di confronto: del resto, solo confrontandosi e dia-logando è possibile far crescere il territorio e co-

struire insieme il futuro della nostra comunità. Lo stesso può dirsi per il volontariato: la nostra Azienda può vantare un consolidato rapporto di dialogo e sinergia con il mondo delle asso-ciazioni, che nel corso della sua storia ha dato frutti concreti e di grande impatto, quali l’ana-lisi partecipata della qualità, le conferenze dei servizi e le indagini di soddisfazione gestite e condivise con la cittadinanza. L’insediamento della Conferenza di partecipa-zione, organismo che riunisce rappresentanti dell’Azienda e personalità del volontariato e del terzo settore, ha rappresentato per l’Aso l’istituzionalizzazione di un metodo di lavoro già ampiamente sviluppato. Il primo frutto di questo nuovo corso è stato l’Audit Civico: un momento di verifica, ma

anche un’occasione per noi di guardare alla nostra organizzazione attraverso gli occhi del cittadino.

L’umanizzazione si traduce anche in politiche preventive: altro settore nel quale le tendenze innovative dell’Aso hanno prodotto risultati evidenti e tangibili: le attività di prevenzione - precisa il direttore generale Gatti - spettano istituzionalmente alle Asl, ma la nostra Azienda non ha fatto mancare il proprio contributo sul versante della creazione di conoscenze e competenze, basti pensare alla Commissione Ricerca e sviluppo. Senza contare alcune me-ritevoli iniziative di promozione degli stili di vita, quali le attività di fit-walking destinate ai pazienti diabetici e ai loro familiari.

Cuneo, i medici dell’Ospedale e tutti i collabo-ratori meritino questo, anche come riconosci-mento del lavoro svolto in tutti questi anni e una garanzia per un futuro eccellente che la sanità cuneese è potenzialmente in grado di assicurare ai suoi cittadini.

I suoi rapporti con le Amministrazioni locali come procedono? La collaborazione diventa un aspetto fondamentale in vista della pro-grammazione urbanistica e finanziaria del nosocomio del futuro.La collaborazione e le relazioni sono ottime con tutti gli Enti locali interessati all’Ospedale. Sono particolarmente costruttive e cordiali con il Comune di Cuneo ma questo anche perché abbiamo occasioni di collaborazione più fre-quenti ed intense e perché il Comune è dive-nuto un importante sostegno per realizzare il sogno dell’ospedale del futuro: evidentemente è un sogno non soltanto nostro, ma di tutta la comunità locale.

DIALOGO, SINERGIA, VOLONTARIATO E PREVENZIONE

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Il respiro si ferma per un attimo, gli occhi si illuminano d’immenso e il cuore si riempie di gioia di fronte a tanta bellezza. Prima guardi il cielo azzurro, terso e

luminoso e poi vedi la terra con le sue zolle, le colline degradanti, i colori che cambiano con le stagioni e quei filari che scendono sui dolci pendii sino a perdersi sull’orizzonte langarolo.E là, in quel paradiso naturale che nella seconda metà dell’ottocento nasce la dinastia delle Cantine Moscone, il cui nome da allora è legato alla produzione del vino per eccellenza.A dare continuità all’azienda paterna e onorare i principi che da sempre hanno distinto la cantina Moscone, sono oggi i due fratelli Livio e Giacinto, i quali pur mantenendo le tradizioni di un tempo, selezionando i vitigni più adatti e i tipi di terreno più idonei, hanno modernizzato la tecnologia della produzione, sino a far diventare la CANTINA MOSCONE una delle realtà vinicole più prestigiose d’Italia.Lo scettro dei rossi Moscone, è andato di recente al Barolo DOC 2005, che ha vinto il premio “DOUJA D’OR” al 37° Concorso Nazionale dei Vini indetto dalla Camera di Commercio di Asti.

Una combinazione esclusiva e speciale di staff e territorio per i vini di casa Moscone che merita non solo una degustazione ma anche una visita nella cantina principale in frazione Roddoli per rendersi conto della personalità del vino di fronte alla bellezza delle colline piemontesi e alla maestosità della catena alpina. Oggi, l’azienda possiede due diverse cantine e diciotto ettari di terreno coltivato a vitigni sulle solatie colline d’Alba. Così, dai vitigni della Bussìa, rinomata area produttiva di Monforte, provengono le uve per l’apprezzato Barolo Moscone come per il Dolcetto d’Alba o lo Chardonnay; dalle altre aree di Monforte derivano le uve per il Nebbiolo d’Alba, il Barbera superiore, il Barbera d’Alba e il Dolcetto. I vini, sono analizzati, controllati e seguiti da uno dei più famosi enologi-scienziati a livello internazionale, il Prof. Donato Lanati, docente di tecnologia enologica all’Università di Torino, membro dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino e Moschettiere de la Compagnie des Mousquetaires de l’Armagnac.La sua filosofia naturalista, le competenze scientifiche e la magia del luogo, hanno dato vita a “Enosis Meraviglia”, un mirabolante

laboratorio a Fubine, in provincia di Alessandria, dove strumenti d’avanguardia, esperti nella scienza dell’alimentazione, biologi e tecnici, selezionano e analizzano i vini e le viti da dove provengono. Fra le infinite etichette che spiccano nelle cantine illuminate da led colorati dell’ “Enois Meraviglia” anche quelle dei Fratelli Moscone, naturalmente e soltanto DOC.

È possibile effettuare le visite alla Cantina Moscone, tradotte anche in lingua inglese, francese e tedesco, tutti i giorni dalle 8.30 alle 12 e dalle 14 alle 18, mentre il sabato e la domenica è gradita la prenotazione allo 0173.78458 (fax 0173.789281 o scrivendo via e-mail [email protected]).

F.lli Moscone s.c.a.località sant’anna, 9 - Frazione roddoli

12065 MonForte d’alba (cn) - italia

tel. +39 0173.78458 - Fax 0173.789281e-Mail: [email protected]

www.cantinaMoscone.coM

Una meraviglia di cantinaL’evoluzione di una tradizione attraverso centocinquant’anni di storia

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Nel luglio del 2005, una delegazione della Regione Piemonte, con l’assessore

Lido Riba e alcuni imprenditori piemontesi, si impegna in una missione conoscitiva in Costa Rica. È il progetto DOCUP 1,1 B Suerte, destinato alla promozione sui mercati internazionali del prodotto piemontese, soprattutto quello enologico e caseario.

Grazie all’intervento dell’API CUNEO, (l’Associazione che cura le piccole, medie imprese) è possibile seguire scrupolosamente la progettazione, la promozione e l’internalizzazione delle industrie piemontesi anche sui mercati del Costa Rica e del Nicaragua, dove molte aziende famose del comparto agroalimentare piemontese sono presenti per far conoscere le proprie eccellenze ancora sconosciute in quei paesi.

Così, nel 2007, analizzato il mercato e considerate tutte le infinite potenzialità per la posizione geografica del Paese, nel cuore del centro America, tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico, ai confini con Panama e Nicaragua, i FRATELLI MOSCONE avviano il progetto “NOSTRO PIEMONTE”.

Oltre ad avere una posizione strategica per lo sviluppo della esportazione dei prodotti e della diffusione della cultura piemontese, il mercato in questione conta 3,5 milioni di turisti all’anno,prevalentemente nord-americani ed europei, occasione unicaper una promozione mirata dei prodotti piemontesi nel mondo.

Diviso in cinque zone, il Costa Rica vanta un territorio ricco per la diversità della fauna e della flora, con magnifici resort a 5 stelle, complessi turistici per le famiglie e molti ristoranti italiani,nei quali si possono degustare anche le eccellenze piemontesi.

Il “Nostro Piemonte” conta oggi un portafoglio di oltre 1000 clienti, concentrandosi principalmente nel “food-service”, grazie alla professionalità di sommelier, chef e tecnici che offrono ai turisti le più complete informazioni sulle caratteristiche dei prodotti e dei loro abbinamenti, con un servizio curato ed inappuntabile per promuovere al meglio la diffusione dell’autentica cultura piemontese.

Non si tratta di un’impresa facile perché, come conferma l’export manager della Cantina Moscone, Andressa Rodriguez De Castro “Non si tratta soltanto di un’operazione di esportazione ma di un lavoro laborioso da seguire in ogni dettaglio, con lo scopo principale di far conoscere i prodotti del Piemonte oltreoceano, in paesi di cultura enogastronomica diversa, per arrivare poi al “cliente finale” quello che, tornando a casa, richiederà il prodotto “made in Piemonte” e non si accontenterà più di un barolo o di un dolcetto qualsiasi, ma punterà il dito verso il rosso “Moscone”.

NOSTRO PIEMONTEDAL COSTA RICA AL MONDOMISSIONE DELLA REGIONE PIEMONTE

1. Il caratteristico carretto per le degustazioni dei rossi e dei bianchi offerti ai visitatori che arrivano da tutto il mondo.

2. Il Dott. Livio Moscone, proprietario con il fratello Giacinto delle Cantine.

3. Una panoramica dei vigneti dell’Azienda Moscone a Monforte d’Alba.

4. Lo scienziato-enologo Prof. Donato Lanati, proprietario del laboratorio enologico “Enosis Meraviglia”

di Fubine - Alessandria.

5. Il re dei Baroli D.O.C. premiato al Concorso “Douja D’Or”.

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Io ti prendo come

Il matrimonio, punto di partenza per una nuova vita a due,è ancora un valore per molte coppie che decidono di condividere il proprio futuro.

Un giorno speciale, da organizzare nei minimi particolari,perché sia davvero un evento da ricordare.

Vi proponiamo una selezione dei migliori operatori del settoreper immaginare un matrimonio costruito davvero su misura: classico o glamour,

a voi la scelta!

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mia Sposa...

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Una sposa da sogno

L’abito da sposa: per ogni donna un sogno da realizzare nella propria vita, un desiderio che si porta fin dall’infanzia, dal tempo delle favole. Quale ragazza non

ha conservato in qualche cassetto una foto del matrimonio di un’attrice famosa o dell’abito che vorrebbe indossare per il proprio matrimonio? Un momento unico, magico, da vivere intensamente e nella completezza di ogni minimo istante. Ogni sposa deve essere all’altezza di quel momento, affascinante ed elegante, ma allo stesso tempo comoda e completamente a proprio agio. Che sia il sogno di un abito vaporoso come una nuvola di

tulle, un importante vestito dalle linee ricercate, un abito semplice impreziosito da morbidi ricami o sobrio ma elegante, è sempre un’aspettativa che non può essere tradita nel momento della scelta tanto attesa, quando le convinzioni vengono a mancare e non si sa davvero in che modo orientarsi.

La scelta dell’abito da sposa è sicuramente un’esperienza unica che merita di essere assaporata in tutte le sue sfumature, un momento irripetibile che esige un’attenzione particolare. Esperienza, serietà, onestà, buon gusto e disponibilità sono

le chiavi necessarie e fondamentali per scegliere l’Atelier a cui affidarsi. A Cuneo “Alca Spose” è, ormai da anni, un punto di riferimento unico per chi cerca un abito esclusivo e di classe, protagonista assoluto nel giorno più importante della vita. Una affermazione conquistata nel tempo dalla grande professionalità di Paola e Gabriella, le titolari, che con grande passione e competenza propongono, stagione dopo stagione, splendide e ricercate collezioni di abiti, attentamente selezionati dalle sfilate dei grandi stilisti del settore. La cura di ogni particolare, fino a quel piccolo dettaglio che fa la differenza, è l’assicurazione

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ROSA CLARÀ

di vestire, nel giorno più bello, un abito unico e personale, raffinato, di rara bellezza e di alta qualità.

Nella boutique di via Statuto, a due passi da piazza Galimberti, il salotto di Cuneo, toni sobri ed eleganti vi introdurranno in un vero mondo da favola, circondate dalle stoffe preziose che rivelano, sinuose ed inaspettate, abiti dal design esclusivo e raffinato, tutti pezzi unici, dallo stile classico, glamour o decisamente fashion. Tessuti pregiati, cady, georgette, pizzi francesi e organza sembrano animarsi e dar vita all’evento per cui sono creati: un matrimonio da favola. Delizioso, e

assolutamente riservato, il salottino per la prova dell’abito si anima come una vera sartoria, dove abili mani modellano bustini, tulli e nastri di seta, rendendo questo momento naturale e rilassato. Al centro dell’attenzione c’è lei, la futura sposa, i cui desideri sono accolti ed esauditi con discrezione e professionalità. In un momento così importante è fondamentale sentirsi coccolate e rassicurate in ogni momento. “Provare da noi l’abito è gratuito e mai impegnativo” dice sorridendo Paola, “è sempre un piacere presentare i nostri abiti e far sì che ogni donna li possa indossare per apprezzarne bellezza e qualità. Sarà poi lei a decidere, con tutta calma,

se corrispondono al proprio “sogno”. È importante individuare l’abito giusto in sintonia con lo stile della cerimonia, e, da noi, la scelta è veramente ampia, sia nello stile che nelle linee, in qualsiasi fascia di prezzo, con la certezza di capi unici ed esclusivi, in un rapporto che seguirà la sposa dal momento della scelta dell’abito a quello del fatidico “Sì”. Da Alca Spose puoi trovare le migliori firme del settore: Elisabetta Polignano, Rosa Clarà, Galvan Sposa, Domo Adami, Linea Raffaelli, Juliet, insieme ai migliori accessori moda, il velo da sposa, la stola, le scarpe, la lingerie o l’intimo adatto, i guanti, la bigiotteria e tutto ciò che concerne l’acconciatura.

DOMO ADAMI

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Anche nel campo della bomboniera Alca Spose è protagonista, con un reparto esclusivamente dedicato, in cui fanno bella mostra di sé vari oggetti, piccoli e semplici, o ricchi e fastosi, delicatamente confezionati e abbinati a nastri variopinti, per la passione di mantenere viva una bella tradizione. Anche un semplice sacchettino, con i gustosi confetti di mandorla d’Avola, legato da un piccolo fiore e un semplice nastro, confezionato con fantasia e abilità, renderà indimenticabili i nomi di due persone care.

ELIASABETTA POLIGNANO

ROSA CLARÀ

Via Statuto, 3/D - CuneoTel. 0171.692660 - [email protected]

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a...Il vestito della sposa deve corrispondere davvero a quel sogno tanto

atteso, e pertanto deve essere scelto secondo il proprio stile, romantico o con un tocco di originalità, glamour o retrò, purché rappresenti davvero la propria personalità. Deve esaltare la figura di chi lo indossa, per cui,

mentre una donna esile potrà scegliere liberamente un abito “importante”, con qualche volant e un velo, una sposa che desidera slanciare la propria figura, dovrà scegliere un abito dalle linee semplici, morbide e cadenti che scivolino

dolcemente sul corpo.La sposa con fianchi vistosi dovrebbe optare per abiti senza tagli in vita, mentre se la futura sposa è di statura alta, potrà tranquillamente permettersi una gonna ampia, di tessuto morbido per esaltare un punto vita ben disegnato. Per le spose magrissime linee fluide e maniche lunghe, anche velate d’estate, per non evidenziare braccia troppo esili. Per chi ha forme più abbondanti, ottima soluzione è “lo stile impero”, il modello che, tagliato sotto il seno, si allarga dolcemente verso il basso, mentre le figure più minute saranno esaltate da linee aderenti che sottolineano le curve del corpo. Una parte del corpo

da non dimenticare è la schiena, sotto gli occhi di tutti gli invitati per tutta la cerimonia: valorizzarla con ampie scollature o tagli particolari farà apprezzare l’abito anche visto da dietro.

Curiosità e spunti diversi possono venire dalla tradizione e dalla storia, a partire dall’antica Grecia: qui le future mogli indossavano semplici tuniche adornate da cordoni che cingevano la vita. Sulla testa, inoltre, portavano coroncine di mirto, il fiore sacro ad Afrodite, Dea

dell’amore. Nell’antica Roma, nel giorno del matrimonio, si addobbava la casa con corone di fiori di mirto e di alloro. L’abito della sposa era una tunica bianca, ricevuta in dono dai genitori, chiusa da un nodo, detto d’Ercole, che poteva

essere sciolto soltanto dallo sposo. Sui capelli, pettinati con sei trecce in onore delle vergini vestali, si posava una corona formata da gigli, grano, rosmarino e mirto (simboli di purezza, fertilità, virilità maschile e lunga vita), e il “velo”, di colore giallo zafferano, tolto il giorno dopo la consumazione del matrimonio, simboleggiava il fuoco di Vesta, la dea che proteggeva il focolare domestico. Nell’Inghilterra del ’300, le spose vestivano con ricchi abiti, portando in mano rametti di rosmarino, pianta forte e resistente che simboleggia l’amore femminile rappresentato del ricordo, e della fedeltà. Nel Medioevo il vestito da sposa era tipicamente rosso, a

simboleggiare amore ardente, cucito con stoffe preziose, come velluti, broccati e damaschi. In epoca napoleonica il porpora fu sostituito da colori pastello, con abiti stile impero stretti sotto il seno.Il primo abito bianco lo troviamo in Francia, indossato da Anna di Bretagna, sposa di Luigi XII, seguito dalla regina Vittoria nel 1840, che sostituirà un abito candido a quello d’argento fino ad allora usato nei matrimoni regali. Inizia così la tradizione dell’abito bianco, che diventa una vera e propria moda.Il bianco d’altronde, oltre ad essere simbolo di purezza e candore, dona una nota di eleganza in più all’evento, differenziandosi dai normali colori di uso quotidiano.Oggi il bianco, in tutte le sue sfumature, è ancora il colore più usato dalle spose, d’obbligo per i matrimoni più eleganti e formali.

L’abitoda sogno

Storia, tradizioni e colori dell’abito da sposa

Il bouquetUno degli accessori principali della sposa, rappresenta l’ultimo regalo da fidanzati che lo sposo dona alla propria compagna. Per il suo continuo e stretto contatto con la sposa dovrà assolutamente essere in armonia con il colore e il modello del vestito indossato, scelto esclusivamente in base al gusto ed al carattere personale, per rappresentare al meglio la personalità della donna. Di forma

tonda e compatta, con piccoli fiori, a mazzo, a cascata, a grappolo, a fascio appoggiato sul braccio o anche un semplice fiore decorato da nastri, gemme, fili di perle, piume o frutti, l’importante è che i fiori scelti non macchino l’abito e si mantengano belli e freschi per tutta la giornata. Un’idea carina: mantenere una tradizione familiare e onorare la mamma o la nonna portando gli stessi fiori che scelsero per il loro matrimonio.

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L’accessorioil particolare da non trascurare

La tradizione vuole che il velo abbia un valore ed una funzione simbolica: servirebbe infatti a proteggere il candore della futura sposa e ripararla dagli spiriti maligni invidiosi. In

passato, quando i matrimoni erano combinati, il velo serviva a nascondere la futura sposa agli occhi del marito fino alla fine del rito, quando ormai non si poteva più ritrattare. Oggi è diventato un bellissimo accessorio per dare alla sposa un’aria sofisticata, un tocco di romanticismo e di mistero, avvolgendola in una nuvola affascinante nel suo incedere lento ed elegante. In chiesa svolge anche l’utile funzione di coprire le spalle nel caso di abiti scollati e sbracciati. Dovrà essere naturalmente adeguato all’abito scelto, fermato con un’acconciatura, una coroncina di fiori o un diadema. Normalmente sarà più corto davanti, mentre avrà una lunga coda posteriormente, che non superi però i 3 metri se non nei matrimoni di gran gala, in cui saranno le damigelle a sostenerlo. No assoluto al velo corto, filo spalla, da Prima Comunione.Le scarpe, in qualsiasi stagione, dovrebbero essere chiuse ma scollate, con un tacco non troppo alto, senza punte esagerate, e di un tessuto uguale o simile all’abito, in modo che il colore sia il medesimo. Ovvio che esistono delle variazioni al tradizionale tema: ecco quindi sandali e tacchi, che slanciano la figura.Le regole dell’etichetta consigliano di non

adornarsi di alcun monile, ma se la sposa deve essere, almeno per quel giorno, una bellissima principessa, qualche gioiello deve avere.Solitamente orecchini e una collana, di perle o di brillanti, oppure un diadema tra i capelli. Anche il cappello è un accessorio in voga. Ma attenzione, è difficile da portare e non permette acconciature particolari. E poi il viso della sposa deve essere sempre ben visibile. I guanti sono necessari in caso di matrimonio dal tono particolarmente formale. Dopo l’entrata in chiesa, comunque, devono essere appoggiati sull’inginocchiatoio, accanto al bouquet, per permettere lo scambio delle fedi nel corso della cerimonia. Tanti sono i modelli tra i quali è possibile fare la propria scelta: corti al polso o lunghi al gomito, di pizzo o capretto, in tulle o in raso.La lingerie ha il compito di rendere impeccabile l’immagine finale della sposa senza dimenticare tuttavia che deve essere preziosa, sensuale e, allo stesso tempo, comoda. I modelli devono lasciare ampia libertà di movimento, vestire bene senza

segnare l’abito, soprattutto se aderente.Un reggiseno o un body con coppe ben disegnate sono indicati per mettere in risalto una bella scollatura. I materiali più adatti sono la seta e la microfibra, mentre il colore d’obbligo è il bianco.E non dimenticare la giarrettiera, rigorosamente blu.

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■ La sposa Tradizionale Riservata, leggiadra, eterea, elegante, sofisticata, raffinata, aggraziata e signorile: sei sicuramente una sposa Tradizionale. Il tuo addobbo preferito è ricco di delicati dettagli e semplice nella sua eleganza. Con un occhio rivolto al passato, prendi ispirazione da tutto ciò che è tradizione, raffinato e senza tempo. La location ideale per il tuo matrimonio è un antico maniero, un country club, un casale di campagna o una villa d’epoca.La tonalità base per il tuo bouquet è il bianco, classico e chic allo stesso tempo. Il tuo bouquet sarà rotondo e simmetrico, raffinato e di buon gusto. Per renderlo ancora più elegante, lo puoi avvolgere con della seta fissata da spille di perle. L’addobbo floreale ed i centrotavola saranno sofisticati e raffinati, di colori tenui e forme eleganti. Potrai anche usare bocce di vetro per disporre piccole e delicate composizioni. Potrai usare rose, tulipani francesi color crema, gigli e calle, peonie e gardenie con un’aggiunta di edera, simbolo di fedeltà.Colori: preferirai il bianco, il crema e i colori pastello.

■ La sposa Glamour Se sei amante della bella vita, del jet set e del lusso, ami essere protagonista, allora sei sicuramente una sposa Glamour. Colori vibranti e dettagli che catturano l’attenzione caratterizzano il tuo amore per la ribalta. La location ideale per il tuo matrimonio è un castello, un loft di tendenza o un bordo piscina in un resort cinque stelle.Il tuo bouquet sarà particolare e luminoso, di fiori belli e soprattutto rari. Potrai arricchirlo con un accessorio vintage, con gioielli e strass o con piume che contribuiranno a renderlo di grande effetto.I tavoli del tuo ricevimento di matrimonio saranno addobbati da centrotavola molto grandi, a piani e ornamentali. Ricche composizioni floreali faranno inoltre da base a candelabri regali.Potrai usare tulipani, orchidee, anemoni, giacinti, calle porpora e mimose.Colori: preferirai il porpora, lo scarlatto, il prugna, l’argento e l’avorio.

■ La sposa Gitana Hippy chic, affascinante, stravagante ed eccentrica ma con classe, insomma sei uno spirito libero. Un po’ bambina ribelle e un po’ zen, abbracci tutto ciò che è etereo, leggiadro e selvaggio.La location ideale per il tuo matrimonio è in una struttura nel verde più assoluto, un bosco, luoghi in cui si fondono sapori, colori e culture diverse in una miscela unica. Il tuo bouquet sarà molto grande, irregolare e arricchito con elementi naturali come bacche, erbe e felci, legato da molti nastri per dare l’idea di movimento. Addobbi con tessuti contrastanti ed un mix di colori daranno al tuo allestimento un aspetto ricco e splendido. Lunghi rami, salici e vasi riempiti di ghiaia arricchiranno il tutto di un fascino selvatico. Ultima tendenza è quella di avere grossi vasi riempiti con frutta e verdura. Potrai usare erbe profumate, cardi, girasoli e fiori di campo. Puoi usare anche salvia, lavanda, origano e peperoncino acquistati dal tuo fruttivendolo di fiducia. I colori preferiti sono quelli della terra mescolati all’arancio, viola, rosa e turchese.

■ La sposa Romantica Se sei femminile, sognatrice, sentimentale, poetica, amante delle favole e sontuosa sei sicuramente una sposa Romantica.Hai trovato il tuo principe azzurro, ti resta solamente da mettere in piedi la favola del tuo matrimonio: atmosfera magica e scenario incantevole. La location ideale per il tuo matrimonio è un castello, una villa d’epoca o un poetico giardino.Il tuo bouquet sarà rotondo o a cascata, dai gambi stretti da nastri in seta o della stoffa dell’abito che daranno al bouquet un aspetto estremamente femminile e da sogno.Il luogo del ricevimento sarà abbellito da archi di fiori, vasi ricchi di delicate composizioni e da petali di rosa sparsi ovunque. I fiori adatti sono rose, iris, viole, peonie e ranuncoli.I colori consigliati sicuramente il rosso, il rosa e il bianco.

Tante donne,tante spose

Busca (cN) - Via D’Azeglio, 43 - Ang. Piazza S. Maria - Tel. 0171.945233 - Cell. 335.6992222

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a... Da parte nostra ci sentiamo di darvi

un consiglio: non delegate il servizio fotografico ad un ospite del matrimonio, per quanto bravo questo sia. Anzitutto

gli impedireste di godersi la cerimonia e tutto l’evento, sempre intento come sarebbe a fare scatti, oltre al fatto che per fotografare un matrimonio bisogna avere esperienza nel settore, sapere cogliere al volo i momenti del rito, e anticipare i gesti per poter fotografare velocemente ora le mani, ora lo sguardo, ora il celebrante.Ricordate che il giorno del matrimonio è unico, irripetibile, e come tale è sempre meglio affidarsi a dei professionisti in quanto non vi sarà mai rimedio ad eventuali dimenticanze, errori o disattenzioni!Altro consiglio è quello di far rimanere il fotografo anche durante il ricevimento, fino alla fine della festa: è proprio qui che gli sposi e gli invitati saranno più spontanei, e sarà possibile cogliere le emozioni di quel giorno in tutta la loro forza.Di fondamentale importanza è concordare in anticipo con il fotografo lo stile che vorrete dare al vostro album, in modo da evitare sgradite sorprese: romantico, classico, spontaneo, reportage. L’importante è che il tocco di questo professionista non alteri completamente quella che è l’atmosfera vera del vostro matrimonio, inserendo oggetti ed effetti artefatti che in realtà durante quel giorno non ci sono mai stati. A nostro parere, il miglior risultato sarà un perfetto bilanciamento tra le foto scontate in un matrimonio (necessarie, anche se noiose) e le foto improvvisate che immortalano emozioni spontanee: è preferibile accordarsi prima sugli scatti che

non possono mancare.Per il video del matrimonio, valgono esattamente le stesse regole del sevizio fotografico: scegliere un professionista e concordare sin dall’inizio lo stile che si preferisce per la realizzazione del filmino, valutando anche la colonna sonora. È importante ricordare di non superare i 40 minuti circa di video montato: i vostri parenti ed amici, riguardandolo, vi ringrazieranno!

Scatti d’autoreper un giorno irripetibile

LA LUNA DI MIELE

Districarsi fra le mille destinazioni possibile è un vero dilemma, ma una cosa è certa: la luna di miele è un viaggio unico ed irripetibile, quello che nella vita non rifarai mai più.

Per gli sportivi più avventurosi un tour in mountain bike alla scoperta di qualche città d’arte in Europa, magari in Spagna, uno dei paesi più colorati del Mediterraneo. Per unire la tranquillità di mari incontaminati con gite più intrepide, consideriamo la Repubblica Dominicana: acque cristalline e un entroterra per attività più estreme come rafting, canioning, speleologia e cascading (doccia fredda sotto cascate mozzafiato!).

Per chi ama il lusso e il relax non ci sono dubbi: la super crociera nelle isole dei Caraibi, tra mare cristallino, spiagge bianche e divertimenti a tutte le ore, oppure la Spa di lusso in Thailandia, immersa nel verde, una vera e propria oasi di completo relax tra luoghi misteriosi e suggestivi.

Per le coppie romantiche alla scoperta dell’arte e dei luoghi spirituali ci sono bellissimi itinerari tra antichi castelli e monasteri: la valle della Loira, fra castelli che ospitano inattesi alberghi o bed & breakfast; l’incantevole e verdissimo territorio della Scozia, oppure un tour alla scoperta degli antichi monasteri della Grecia, un perfetto connubio tra spiritualità e storia dell’arte.

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Un esclusivo sistema per effettuare il trattamento di bellezza ai tuoi capelli durante la piega.Una rivoluzione nel mondo dell’asciugatura, un’incredibile tecnologia che in un solo gesto permette

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Luoghi da sognoProposte inconsuete per il ricevimento

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CASTELLO DI VERDUNOUn punto d’incontro, idee e sogni

Dal 1953 i settecenteschi ambienti del Castello ospitano l’albergo e il ristorante. Le camere per gli ospiti occupano parte del Castello, la Castalderia e la Foresteria. Le sale del ristorante sono al piano terra e si affacciano sui rigogliosi

giardini che circondano la casa.Un mondo in cui sono sono custodite le memorie del tempo passato: la cortesia, la discreta ma sempre presente ospitalità sono frutto di antiche tradizioni. Ci sono alcuni luoghi dove il tempo sembra essersi fermato, dove la storia fa ancora parte del presente e la si può percepire ovunque. Nel Castello le stanze si trovano nell’ala ristrutturata nel 1737 dal Marchese Caisotti su progetto dello Juvarra. Arredi, decori e pavimenti d’epoca evocano memorie d’altri tempi. Le pareti a volte diventano uno specchio, un cielo azzurro, altre volte un villaggio di campagna. Avvolti da tonalità calde, gusterete le Langhe e la tradizione. Nelle settecentesche sale del piano terra del Castello gli ospiti possono assaporare le pietanze della cucina di famiglia. Oltre ai grandi piatti tradizionali come la “giura,” “la minestra da bate ‘l gran” e la torta di nocciole, si è integrata una sottile linea di freschezza, tra voglia di novità e continua selezione degli ingredienti stagionali. Una ricca scelta di vini pregiati, sia delle Cantine del Castello che di altri produttori, è il compendio naturale dell’insieme. PER CERIMONIE FINO A 60 PERSONE.

CASTELLO DI VERDUNO - Via Umberto I, 9 - 12060 Verduno (CN) - Tel. +39 0172.470284

L’EREMO DI CHERASCOIl fascino della storia

L’Eremo di Cherasco fu edificato nel 1618 e costituiva, insieme a quelli di Torino e di Busca, l’organizzazione di base dell’Ordine Camaldolese nel Piemonte Meridionale. La struttura ospita al suo interno resti importanti, fra affreschi e decorazioni, attribuibili in parte a Bartolomeo Operti. Nel 1801, durante il periodo napoleonico, l’Eremo fu

sconsacrato, e nel corso del XX secolo assunse la funzione di Base Geodetica dell’Istituto Geografico Nazionale. L’Eremo oggi ospita il rinomato ristorante, dagli splendidi locali ristrutturati con charme e raffinatezza, dove nella Sala degli Affreschi, l’antica Sacrestia e la bellissima Cappella, diventano un magnifico scenario per quegli eventi che ricercano un’atmosfera di fascino. La cucina, dotata delle migliori e moderne tecnologie, è regno dello Chef Davide Biginelli, abilissimo nel coniugare freschezza e genuinità, tradizione ed esotismo, gusto e leggerezza per la gioia dei palati più raffinati ed esigenti.

RISTORANTE L’EREMO - Località Eremo 170/A - 12062 Cherasco (Cn)Tel +39 0172 497101 - [email protected]

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L’anellodi fidanzamento

L’anello di fidanzamento è il dono simbolo per antonomasia della promessa di matrimonio, pegno d’amore che la futura sposa indosserà all’anulare della mano

sinistra. In passato, in molte civiltà, gli aspiranti fidanzati offrivano una mela alla ragazza scelta

come dichiarazione d’amore, mentre l’anello era il dono più impegnativo simbolo della promessa: per i Visigoti e i Germani, ad esempio, aveva valore di

contratto nuziale. Gli anelli più classici sono il solitario, la riviera con piccoli brillanti o il “trilogy”, composto da tre diamanti simbolo di amore passato, presente e futuro. La tradizione di regalare un diamante come

anello di fidanzamento risale al 1477, quando il futuro Imperatore Massimiliano I d’Asburgo donò a Maria di Borgogna un anello d’oro sovrastato da un brillante come promessa di matrimonio. Questa tradizione reale è rimasta viva nei secoli e regalare un solitario è diventato quasi una tappa fissa nel cammino del matrimonio stesso.Esistono diversi tipi di pietre ed ognuna ha un suo significato simbolico. La scelta della pietra per l’anello di fidanzamento può essere dettata anche da particolari intenzioni o sentimenti che lo sposo vorrebbe trasmettere alla sua amata.Le fedi rappresentano da sempre il simbolo principale ed il legame del matrimonio. Risvegliandosi il giorno dopo la cerimonia, quando si

torna a lavoro e alla vita di tutti i giorni, il simbolo più evidente è proprio quell’anello che si porta all’anulare della mano sinistra.

Da sempre è noto chele pietre racchiudonodei messaggi unici e profondi che possono guidareil fidanzato nella sua scelta:

Diamante: durata, solidità; Rubino: amore ardente; Zaffiro: fedeltà; Smeraldo: speranza; Acquamarina: matrimonio duraturo e felice; Berillio: forza del legame d’amore; Opale: amore sincero.

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Fedi nuziali:il simbolo del matrimonio

La fede nuziale, in qualche modo, deve rispecchiare voi ed il vostro amore: è quindi bene scegliere insieme questo prezioso simbolo e tenere a mente che dovrà durare

tutta una vita! Le fedi sono, infatti, un simbolo divenuto indissolubile dal concetto stesso di matrimonio, rappresentando, nella loro perfezione sferica, l’unione delle vite di due persone

innamorate in una sola.Il galateo prevede che siano pagate dallo sposo, e l’arduo compito di portarle in chiesa spetta al suo parente maschile più importante. Nel caso in cui siano presenti dei paggetti o delle damigelle le fedi devono essere sistemate su di un cuscino, rigorosamente della stessa stoffa e dello stesso colore dell’abito da sposa, e portate all’altare da

questi, che precederanno gli sposi durante la marcia nuziale.La tradizione di trarre pronostici dal grado di facilità con cui s’introduce la fede sull’anulare della sposa dice che se oltrepassa in modo impetuoso la seconda falange, lo sposo sarà un marito prepotente, mentre se si attarda alla prima falange, comanderà in casa la moglie.

Se agli sposi è concesso di scegliere il tipo di fede, lo stesso non si può dire in merito al “dove indossarla”: la fede va messa all’anulare della mano sinistra. L’usanza dell’anulare ha due diverse origini: la prima deriva probabilmente da un antico rito della Liturgia Cattolica, quando il celebrante, toccate le prime tre dita della mano sinistra dice: “…nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...” mettendo poi l’anello, così benedetto, nel quarto dito della mano degli sposi. La seconda spiegazione è più romantica, dall’anulare passerebbe la “vena amoris” (vena dell’amore) che da lì porta direttamente al cuore. In realtà presso molte culture del Nord Europa sembra che la fede venga messa nella mano destra, mentre in Inghilterra in passato la fede veniva indossata sul pollice.

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In particolare, la progettazione e lo studio della “mise en place” e dell’ambientazione scenografica sarà proposta in linea con le nuove tendenze: i futuri sposi potranno scegliere presso lo show room di Vicoforte Mondovì il tema che meglio rappresenti il loro gusto ed i loro desideri, un leitmotiv che sarà sviluppato in sinergia da Chiara, Lorella e Paola in tutte le sfumature e secondo le singole competenze attraverso la creazione di tavoli dimostrativi concepiti in base alle richieste dei futuri sposi. I servizi personalizzati di catering & banqueting si avvalgono di collaborazioni con chef di alto livello attivi sul territorio, garantendo l’utilizzo di materie prime di qualità, maestria d’esecuzione ed estro. Si inizia dai dinamici aperitivi in finger food e si accompagnano gli Ospiti del ricevimento lungo un percorso dove gusto ed eleganza contraddistinguono il servizio fino al momento più scenografico dedicato al taglio della torta nuziale, classica o rivisitata con la fantasia di un “cake designer”.A seguire colorati open bar movimenteranno la festa.La wedding planner curerà, se richiesti, i servizi fotografici e video affidandoli ai migliori professionisti del settore, come pure il music service o gli spettacoli di animazione ed intrattenimento con la possibilità di spaziare tra i vari generi musicali, tutti di ottimo livello. Lo staff, inoltre, potrà organizzare il servizio di accompagnamento e alloggiamento degli ospiti, coordinandone gli spostamenti con puntualità e precisione, nonché provvedere all’accoglienza con impeccabile discrezione ed eleganza.

Paola Bruno (catering& banqueting), Lorella Corrado (decor design) e Chiara Viarisio (wedding planner) uniscono le loro professionalità e l’esperienza acquisita nell’organizzazione di matrimoni ed eventi con l’obiettivo di rendere ogni ricevimento nuziale semplicemente Unico.

Il loro wedding planning inizia con una stretta di mano ed un sorriso, per stabilire la giusta armonia con i clienti, una sorta di complicità per riuscire a capire veramente i loro desideri e poterli realizzare al meglio. La progettazione rappresenterà lo stile degli sposi, suggerendo soluzioni classiche o moderne in base alle esigenze, ed anche incantevoli allestimenti luminosi o in ghiaccio per stupire gli Ospiti sotto le stelle. Dopo la proposta e il sopralluogo in suggestive dimore storiche ed affascinanti locations (due nuove collaborazioni esclusive nascono proprio quest’anno in Langa e sulla collina monregalese), la scelta può essere corredata da eventuali allestimenti con tensostrutture progettate per meglio integrarsi con il contesto, scendendo poi in dettaglio con originali proposte per gli inviti, la celebrazione del rito, la mise en place e il menu, la decorazione e gli addobbi floreali, e quant’altro si desideri.

Paola Bruno • BanquetingTel. +39 335 6532313 - [email protected]

Chiara Viarisio • Wedding planningTel. +39 333 3983934 - [email protected]

Lorella Corrado • DecorTel. +39 334 3958167 - [email protected]

Il giorno del fatidico “Sì”, un traguardo importante ed impegnativo per gli sposi,sempre troppo coinvolti nell’evento e spesso con poco tempo per occuparsi dell’aspetto organizzativo.

Affinché la festa di nozze sia indimenticabile è bene affidarsi ad uno staff di professionisti,che non si limitano ad offrire un servizio standard di catering&banqueting,

ma una regia personalizzata e concordata in ogni dettaglio.Gusto, originalità e professionalità diventano quindi parametri indispensabili

per quei matrimoni che vorranno distinguersi per classe e fascino e per consentire agli sposidi godere di tutte le grandi e piccole emozioni del “magico giorno”.

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In particolare, la progettazione e lo studio della “mise en place” e dell’ambientazione scenografica sarà proposta in linea con le nuove tendenze: i futuri sposi potranno scegliere presso lo show room di Vicoforte Mondovì il tema che meglio rappresenti il loro gusto ed i loro desideri, un leitmotiv che sarà sviluppato in sinergia da Chiara, Lorella e Paola in tutte le sfumature e secondo le singole competenze attraverso la creazione di tavoli dimostrativi concepiti in base alle richieste dei futuri sposi. I servizi personalizzati di catering & banqueting si avvalgono di collaborazioni con chef di alto livello attivi sul territorio, garantendo l’utilizzo di materie prime di qualità, maestria d’esecuzione ed estro. Si inizia dai dinamici aperitivi in finger food e si accompagnano gli Ospiti del ricevimento lungo un percorso dove gusto ed eleganza contraddistinguono il servizio fino al momento più scenografico dedicato al taglio della torta nuziale, classica o rivisitata con la fantasia di un “cake designer”.A seguire colorati open bar movimenteranno la festa.La wedding planner curerà, se richiesti, i servizi fotografici e video affidandoli ai migliori professionisti del settore, come pure il music service o gli spettacoli di animazione ed intrattenimento con la possibilità di spaziare tra i vari generi musicali, tutti di ottimo livello. Lo staff, inoltre, potrà organizzare il servizio di accompagnamento e alloggiamento degli ospiti, coordinandone gli spostamenti con puntualità e precisione, nonché provvedere all’accoglienza con impeccabile discrezione ed eleganza.

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Nuove idee per la lista nozze

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T.A.C. E T.A.C. 021969/2010 OLTRE 40 ANNI DI CONTEMPORANEITÀDESIGN: WALTER GROPIUSDopo le simmetrie speculari e le linee spezzate proprie dell’origi-nale forma della teiera T.A.C, Walter Gropius stava progettando per Rosenthal anche un servizio da tavola. Purtroppo non riuscì a por-tare a termine il progetto, ma dopo oltre trent’anni, il centro creativo Rosenthal ha ripreso i suoi disegni originali e, con un’attenta ope-razione filologica, ha creato un intero servizio tavola. Con T.A.C. e T.A.C. 02 gli appassionati di design potranno portare in tavola l’ele-ganza e la perfetta semplicità in stile Bauhaus.

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Orientare gli inviatati nella scelta dei regali più graditi, fa risparmiare tempo, evita doppioni e risolve l’imbarazzo della decisione. Sempre più spesso la lista comprende il finanziamento del viaggio di nozze, unico ed indimenticabile, meritato riposo dopo l’onerosa organizzazione dell’evento del matrimonio.

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Boutique CuneoPalazzo Alfieri - Via Roma, 27 - 12100 CuneoTel (+39) 0171 1890430 Fax (+39) 0171 [email protected] - www.bradipotravel.com

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LA LENTE D’INGRANDIMENTO VORTICOSE NUVOLENEGLI AFFRESCHI DI TARICCO A CHERASCO

Percorrendo la via principale di Cherasco fino all’im-bocco del secondo arco che conduce alla scarpata, ci si imbatte sulla sinistra nella magnifica chiesa di Sant’Agostino, capolavoro seicentesco di sobrietà formale dell’architetto Giovenale Boetto. All’interno, nel dossale dell’altare maggiore, è tuttora collocato uno dei dipinti più significativi della pittura barocca di area basso-piemontese: la Strage degli innocenti (1661), realizzato dall’artista di origini vercellesi Bar-tolomeo Caravoglia. Ma quel che meraviglia di più è certamente l’affresco della cupola rappresentante l’Allegoria del paradiso, dipinto con tonalità vivide e brillanti nel 1676 dal cheraschese Sebastiano Taric-co: un esempio straordinario della cultura figurativa locale del XVII secolo, aggiornata sui modelli della grande tradizione italiana rinascimentale e barocca. Sì, perché è innegabile che i modelli iconografici imprescindibili per l’esecuzione dovettero essere innanzitutto i celeberrimi affreschi parmigiani di Correggio nella cupola di San Giovanni Evangeli-sta (Avvento di Cristo sulla terra, 1520-22) e nella cupola del duomo (Assunzione della Vergine, dal 1526): fu quest’ultimo, infatti, ad inventare una nuo-va soluzione per dispiegare gli affreschi sulla nudità delle volte senza ricorrere ad artifici architettonici e prospettici, ma utilizzando una moltitudine di figu-re di angeli e santi disposti su una scia di nuvole in un vorticoso turbinio elicoidale ascendente verso la luce con moto centripeto. Il “bagaglio visivo” di Ta-ricco dovette senza dubbio contenere inoltre i risul-tati dell’esperienza romana di Giovanni Lanfranco che, suggestionato anch’egli dal Correggio, avrebbe ricoperto con la stessa strategia “a spirale” la cupola della chiesa di Sant’Andrea della Valle (Incoronazio-ne della Vergine, 1625-27), rendendo credibile il mi-raggio paradisiaco e l’effetto di continuum spaziale dovuto all’illusionistico scardinamento delle superfi-ci della volta verso l’esterno.

Info: www.cherasco2000.com

Sebastiano Taricco, Allegoria del paradiso, 1676, affresco, chiesa di Sant’Agostino, Cherasco

a cura di Luca Morosi

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FOCUSGUIDO VIGNA,POETA DELLA CERAMICA

A pochi passi da Cuneo c’è un interessante laboratorio di ceramica condotto da Guido Vigna che dall’inizio degli anni Ottanta svolge con passione e dovizia questo mestiere a cavallo fra arte e artigianato, producendo oggetti ornamentali di grande qualità strutturale e di pregevole impatto estetico. Durante la sua attività, Vigna ha attraversato diverse fasi: ha infatti cominciato con una tradizionale produzione al tornio, smaltata con tecniche “classiche”, per passare in seguito ad un impiego massiccio della tecnica giapponese del Raku – di cui è divenuto maestro – e poi ancora ad una produzione di pannelli, formelle, dischi, bassorilievi e sculture realizzate con svariate lavorazioni, dalle terre sigillate ai gres, dagli ingobbi ossidati ai vetri fusi nell’impasto. Le componenti fondamentali del suo lavoro sono fondamentalmente la natura dei materiali, particolarmente espressivi, la tonalità dei colori – talvolta esacerbata dall’utilizzo di smalti lucidi – e la “grana” (textures) delle superfici: il tutto è governato da uno stile immaginifico e comunicativo che alterna un delicato lirismo ai rigori dell’astrazione, così come derive espressioniste e informali a un surrealismo di carattere visionario. Una poetica del tutto personale, insomma, che funge da trait d’union fra il pensiero dell’artista-creatore e le sfaccettature del suo territorio, ultimo lembo dell’Occitania in terra italiana, indagato in profondità dal punto di vista culturale e sociale. Inven-tore di nuove tecniche, tra cui spicca quella dei “rullini ossidati”, Vigna insegna da vent’anni nel workshop “Laboratorio Aperto”, un insieme di corsi ceramici per amatori, operatori e professionisti organizzato nel suo atelier di San Bernardo di Cervasca. Nel novembre 2000, la Regione Piemonte, in collaborazione con l’associazione Marcovaldo, ha proposto una selezione di suoi lavori presso il Piemonte Artistico Culturale di Torino e gli ha inoltre conferito il riconoscimento dell’“eccellenza artigiana”. Dopo aver partecipato nel 2009 alla rassegna “Approdi d’arte” presso il Porto di Savona e ad “Arte in grotta” presso Bossea (CN), il prossimo appuntamento lo vedrà protagonista di un’importante personale all’Urban Gallery di Marsiglia (2 - 15 febbraio 2010).

Info: www.ghironda.com/guivigna/index.htm

Guido Vigna, Langa, 2007, ceramica raku, 20 x 60 cm (courtesy Ivo Chiapello)

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MOSTRETREPIDANTE ATTESA PER LO ZAR DI RUSSIA A RACCONIGI

Quest’anno nell’ambito dell’appuntamento invernale con la rassegna “Racconigi, il palazzo, il giardino, l’inverno”, si è scelto di celebrare il centenario della visita dello zar di Russia Nicola II con una mostra intitolata “Aspettando lo zar”, organizzata in concomitanza con l’evento del Museo civico d’arte antica di Palazzo Madama a Torino, “Porcellane Imperiali dalle collezioni dell’Ermitage” (1 dicembre 2009 - 14 febbraio 2010). Cento anni fa lo Zar Nicola II – che nel 1917 sarebbe stato trucidato dalla compagine comunista – giunse a Torino e fu ospitato al Castello di Racconigi, in visita di stato a Re Vittorio Emanuele III. L’in-contro, organizzato dal 23 al 25 ottobre 1909, doveva apparire come un cordiale scambio di cortesie fra regnanti, dal momento che i due erano legati da un rapporto di sincera amicizia instauratosi fin dal 1896, quando l’allora principe ereditario italiano aveva presenziato alle nozze dello zar con Alessandra d’Assia e del Reno. Almeno sulla carta, quindi, il soggiorno del despota in Italia poteva giustificarsi agli occhi indiscreti del pubblico e della stampa come un semplice cerimoniale per ricambiare la visita che il sovrano sabaudo aveva com-piuto nel 1902 a San Pietroburgo. Ma la diplomazia estera sapeva che c’era altro in ballo: la discussione di un accordo segreto, per tentare di mantenere nei Balcani quella stabilità che sarebbe poi saltata nel 1914, provocando lo scoppio della prima guerra mondiale. La visita, “blindata” come un contemporaneo summit di capi di stato, costituì un evento di grande portata che determinò a livello internazionale una fremente attesa, tanto più che nel corso dello stesso anno, in occasione di due partecipazioni ufficiali dello zar in Francia e Regno Unito, Parigi e Londra erano state teatro di vibranti manifestazioni di protesta, soprattutto per opera delle frange più accesamente democratiche e anarchiche. La notizia di una sua prossima visita in Italia scatenò polemiche, minacce di scioperi e dimostrazioni “rumorose” di dissenso. Roma pareva perciò una sede poco adatta e pericolosa per ospitare l’evento e la scelta ricadde così su Racconigi: a favore della residenza campestre, accanto al più agevole controllo del territorio, giocò anche il desiderio del re di ospitare Nicola II in un contesto intimo e famigliare, analogo a quello in cui era stato accolto in terra russa.Al pubblico viene presentato un percorso nelle stanze del Castello che ospitarono lo zar, con allestimenti coevi, oggetti originali dell’epoca – gentilmente prestati dal Quirinale, dal Palazzo Reale di Torino e dal Museo della Posta di Roma (fra le curiosità spicca la slitta che lo Zar donò ai principini sabaudi e la carrozza che lo accolse al treno, quando giunse a Racconigi) – e con l’ausilio di immaginifiche ricostruzioni dei preparativi della vigilia: dal Castello promana una vertiginosa attesa, si sistemano le stanze da letto, la cucina è in fer-mento, le porcellane vengono lucidate, ma tutto è estremamente ordinato da un protocollo rigidissimo.La mostra, organizzata dal Castello di Racconigi con il contributo della Regione Piemonte ed insieme al Progetto Cantoregi, fa seguito al successo ottenuto nelle edizioni precedenti da numerosi eventi del medesimo calibro, tra cui spicca la collaborazione dello scorso anno con il Teatro Regio di Torino che aveva fornito le suggestive scenografie per la realizzazione della memorabile “Regine a Racconigi: la promenade”.

Info: Racconigi (CN), Castello di Racconigidal 6/12/2009 al 21/3/2010 - mart-dom 9.00-18,30

tel. 017284005 - www.castellodiracconigi.it

Alcune immagini del percorso espositivo

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a cura di Enrica Mondino

Sarà per il cognome che mi accompagna e che da bambina mi sembrava un diminuti-

vo poco appropriato per una realtà così grande e affascinante come il mondo, che oggi grazie a tante possibilità per conoscerlo è diventato davvero un po’ più piccolo.E pensandoci bene è come per il buon vino, il contenitore piccolo racchiude i prodotti miglio-ri. Nel mondo ci sono davvero tante meraviglie anche se non tutte nell’accezione più positiva del termine, e a volte sono proprio quelle che sanno attrarre di più l’attenzione semplicemen-te perché sono rese più visibili.Oso. Nel mondo ci sono già tutte le meraviglie che possiamo immaginare. Di qui l’idea di raccontare del mondo: perché è unico e meraviglioso, come unico è lo sguardo che ognuno gli può rivolgere, unica la sensa-zione di riuscire a gustarlo piano piano o di su-birlo, unico il caleidoscopio di diversità offerte.Ancora quando ero piccola una signora mi dis-se “Ricordati, qualunque cosa ti accada nella vita, anche ti trovassi a perdere tutto, ci sono due cose che niente potrà mai portarti via: la curiosità saziata e le esperienze di viaggio vissu-te. Saranno tue per sempre”.Mi è rimasta impressa e col passare del tempo le riconosco la ragione.Ci sono tanti modi per avventurarsi nel mondo delle meraviglie, per scoprirlo, viverlo e riporlo con cura nel bagaglio personale della vita. Uno di questi è approfittare di quelle che si comportano da lenti di ingrandimento della bellezza.Le mostre di arte, un concentrato di meraviglie itineranti che riescono a volte a portare a do-micilio interpretazioni del mondo con l’intento di esaltarne il valore attraverso l’occhio di un

fotografo, la mano di un artista, il suono di cul-ture diverse, altre volte aiutano chi le avvicina a comprendere meglio la bellezza della natura, dell’arte e dell’architettura.Oppure le espressioni della tavola che con na-turale semplicità predispongono a godere dei sapori della terra, opere d’arte del clima e della fantasia. Il modo di nutrirsi racconta molto di luoghi e persone, come il saper notare il senso estetico del vestire , i suoi colori le sue forme e le sue esigenze. Da queste lenti nasce l’idea di viaggiare dapprima con la curiosità, poi con

viaggiarteL’ARTE DEL VIAGGIARE E VIAGGI ATTRAVERSO L’ARTE

la proposta di viaggi reali che sappiano unire il piacere della scoperta di nuovi luoghi con l’arte del saperli interpretare, oggi come un tempo. Ogni paese può essere un Paese delle mera-viglie e chi desidera partire con noi è il ben-venuto.

Venghino Signore e Signori, Artisti e Viaggiatori. Venghino.La carrozza sta per partire. “C’era una volta, in un piccolo mondo meraviglioso,… e c’è ancora oggi.”

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Ai giorni nostri, il ruolo della cucina va ben oltre la tradizionale funzione di spazio adi-

bito alla preparazione e alla cottura dei cibi. In molte abitazioni è il locale in cui si svolgono buona parte delle attività quotidiane, fungendo da sala da pranzo, zona attrezzata per il lavoro e luogo in cui trattenere gli ospiti, diventando così il centro nevralgico della casa.L’idea della cucina come zona giorno a tutti gli effetti, è relativamente nuova: l’ambiente viene concepito come uno spazio multi-funzionale, che necessita di superfici sempre più ampie, anche se sappiamo che oggi lo spazio in casa è sempre più prezioso. Per risolvere questo pro-blema è necessario organizzare e distribuire in modo creativo le varie funzioni che nel tempo vi si sono trasferite, partendo dalla zona pranzo fino all’intera zona giorno. Ciò ha portato a cre-are ambienti sempre più aperti, o quantomeno zone funzionali all’interno di un ambiente or-ganico in cui vivere con libertà, facendo scom-parire la classica ‘cucina’ come entità separata e isolata.

cosa si fain cucina?

a cura di Roberto Audisio

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La cucina è uno spazio domestico sotto-posto a uso molto intenso e quello in cui tendiamo a trascorrere gran parte del no-stro tempo. Una cucina ben studiata vi permetterà di passare da un’attività all’altra seguendo una sequenza logica in maniera agevole, sicura ed efficace. Il progetto deve tenere conto di ogni esi-genza personale, pur rimanendo sufficien-temente flessibile per consentire eventuali modifiche future.

Negli anni ’50, e nel decennio successivo, le cucine più ambite erano straordinari model-li di efficienza, con superfici immacolate e i primi moduli integrati con elettrodomestici all’avanguardia. Al contrario, negli anni ’70 si è assistito al diffondersi dello stile ‘country’, con l’utilizzo di materiali caldi come il legno, che si è poi trasformato in un’estetica più confusa e nostalgicamente retrò degli anni ’80. L’ultimo decennio, influenzato dal boom dei ristoranti, ha infine consacrato a status-symbol la cucina di tipo professionale, con il trionfo dell’acciaio inossidabile e delle attrezzature hi-tech. Oggi, tuttavia, la cucina ideale deve avere caratteri-stiche totalmente diverse dal passato: comoda e piacevole, deve, soprattutto, funzionare alla perfezione, coniugando efficienza ed estetica, con una illuminazione corretta e studiata nei particolari. La vita dei nostri giorni è fin trop-po complessa: la cucina dovrebbe essere uno di quei luoghi in cui rilassarsi e godersi la casa.

ERGONOMIA Nella progettazione di una cucina l’ergonomia svolge un ruolo fondamentale. La regola più importante da rispettare è quella del ‘triangolo di lavoro”, ponendo i tre principali punti opera-tivi – lavello, frigorifero e piano di cottura – nei vertici di un ipotetico triangolo, in modo che le distanze corrispondano a non più di qualche passo, così da consentire di lavorare in maniera efficace, sapendo che lo spazio di lavoro più importante si trova fra il lavello ed il piano cot-tura, poiché è qui che si svolge gran parte delle attività. L’esperienza delle cucine professionali ha por-tato in questi ultimi anni a sviluppare cucine ‘a isola’, adatte a locali molto ampi, in cui si inse-riscono vere e proprie isole di lavoro al centro del locale, contrapposte alle pareti attrezzate. Questi elementi possono contenere piani cot-tura, intorno ai quali gli ospiti possono chiac-chierare con chi cucina senza essere d’intralcio, in un clima conviviale ed informale.

ILLUMINAZIONEAppurato che la cucina è diventata un luogo dove cucinare, mangiare e rilassarsi, è impor-tante che anche l’illuminazione assecondi le diverse aree sottolineandone le funzioni. Sono necessarie due diverse tipologie di illuminazio-ne: una funzionale, localizzata nei punti dove si preparano i cibi, e una generale per vivere l’ambiente in relax, tutte rapportate alla luce naturale che, soprattutto in un ambiente come questo, non deve assolutamente mancare. Le fonti luminose dovrebbero sempre essere col-

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locate davanti a noi, piuttosto che alle spalle, per evitare zone d’ombra di disturbo alle atti-vità. Per questo sono sempre consigliate fonti luminose applicate sotto i pensili e dirette ver-so il piano di lavoro, il lavello o il piano cottura. Un’efficace illuminazione generale o ambienta-le può contribuire a creare atmosfere diverse. In una cucina aperta sarà necessario avere un sistema versatile, con luci d’atmosfera accura-tamente posizionate, associate a sospensioni sul tavolo per rendere più accogliente la zona pranzo e differenziare le aree.

Bianca, moderna e funzionale sono le caratteristiche più richieste oggi in cucina.In queste pagine i nuovi modelli Arc Linea, Ernesto Meda e Veneta Cucine proposte da Serenodesign - Cuneo.

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LA CUCINA TEATROStile e personalità per un ambienteconviviale aperto sulla zona giorno

Nella sistemazione dell’abitazione destinata ad un committente che ricerca stile e personalità, la cucina ha assunto un ruolo principale, esten-sione naturale della zona living in cui vivere e ri-cevere ospiti. Luogo conviviale in cui consumare pasti veloci o cene importanti, è stato concepi-to come un ambiente direttamente aperto sul soggiorno, in cui l’isola centrale, che accoglie il grande tavolo sospeso, direttamente collegato al piano cottura, diventa l’elemento cerniera fra i due diversi ambienti. Il piano, in legno zebrano a forte spessore, appoggia su un unico setto centrale, rivestito in acciaio inox, esaltandone l’effetto di sospensione. Intorno ad esso, quattro

poltrone di design contribuiscono a caratterizza-re l’atmosfera sofisticata ma, nello stesso tempo, informale. Per questo sono state scelte delle icone dell’arredamento come le ‘Pantom Chair’ prodotte da Vitra. Il blocco cottura, collocato esattamente al centro dello spazio destinato alla preparazione, è separato dal tavolo da una pic-cola alzata in cristallo trasparente, (a protezione dei commensali), ed è attrezzato con un piano cottura in acciaio inox di tipo professionale, in-cassato in una lastra di pietra nera con superficie strutturata. Sopra, è sospesa una grande cappa, costituita da un’unica lastra in cristallo trasparen-te in cui è incastonato un cilindro in acciaio, ele-mento che assolve alla funzione cui è destinato senza prevalere sulla forma.Sulla parete di fondo, alla base della grande ve-trata che si apre sul panorama, è stata prevista

Un ambiente caratterizzato da uno stile contemporaneo,

in cui la cucina si apre direttamente sul soggiorno. Il blocco centrale ad isola è costituito

dal blocco cottura a cui è direttamente collegato il piano del grande tavolo da pranzo.

Ante laccate bianche accostate a superficiin legno zebrano e particolari in acciaio inox.

Nella pagina a fianco:la zona operativa, con il piano di lavoro in pietra nera

accostato alla grande finestra che si apre sul paesaggio circostante, la grande parete attrezzata,

ed il blocco di cottura ad isola centrale.

La planimetria dell’ambiente mette in evidenza la funzionalità del progetto.

Progetto: Roberto AudisioRender: Igor Selle

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una base attrezzata, che si sviluppa per tutta la sua lunghezza, dove sono stati incassati i lavelli; il grande piano, nella stessa pietra nera del bloc-co cottura, consente di poter lavorare al meglio, godendo la luce naturale diretta dell’esterno. La parete laterale, è stata invece dotata di conte-nitori a tutta altezza, suddivisi fra ante e casset-toni, collocando al centro della composizione, ad altezza ideale per la loro funzione, il forno tradizionale ed il forno a microonde. Per le ante dell’intera cucina è stato scelto un pannello li-scio, laccato bianco lucido, spezzato nella parte centrale della parete attrezzata, da due ante in legno zebrano, richiamo del piano tavolo adia-cente. Il tetto, in legno a vista, è stato vernicia-to in bianco, per esaltare la pulizia delle linee ed esaltare la spazialità e la luminosità di tutto l’ambiente. Per il pavimento, è stato scelto un parquet in legno di rovere naturale oliato, con superficie spazzolata: un contrasto voluto tra superfici orizzontali e verticali, superfici lucide e opache. L’illuminazione, non facile per un am-biente grande con un soffitto articolato come quello in oggetto, è stata risolta suddividendo-ne le funzioni: il cassonetto in cartongesso, pre-visto nella parte alta della parete attrezzata per ospitare l’impianto di aria condizionata, nascon-de dei corpi luminosi fluorescenti per un’ illu-minazione generale morbida e diffusa, mentre due gruppi di faretti orientabili, fissati al travetto perimetrale al di sopra della vetrata, illuminano il piano di lavoro senza creare fastidiose ombre. Sul tavolo è stata invece collocata una sospen-sione tecnica, con luce diretta sul piano, mentre più sotto, per esaltare l’effetto scenografico di sospensione, sono stati inseriti dei led orientati verso il pavimento.Sulla parete laterale due piccole appliques pro-iettano fasci di luce raso muro sottolineando una mensola in legno zebrano mentre, poco so-pra lo zoccolo battiscopa, altri piccoli faretti in-cassati nella muratura, illuminano il pavimento con un effetto ‘segna-passo’. Discreto e ideale come illuminazione notturna di cortesia.

AS+studioArchitettura e designv. martiri, 71 - 12081 Beinette - Cntel. 0171.385185e-mail: [email protected]

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Ho sentito dire che la moda è finita negli anni cinquanta, e che tutto quello che ne

è seguito non è altro che una forma di speri-mentazione.Nel termine stesso di moda è racchiusa un’idea di mutabilità in quanto deriva dal latino “mo-dus” che significa maniera, norma, ma anche tempo, melodia e ritmo, termini legati al con-cetto di variazione.Nel 1900, in occasione dell’Esposizione Inter-nazionale di Parigi, la “haute couture” viene presentata al mondo. L’uomo per cui viene coniato il termine “haute couture” è un ingle-se trapiantato a Parigi, il suo nome è Charles Frederick Worth, il primo a rinnovare ciclica-mente le sue collezioni, introducendo così, questa nuova idea promozionale, ancora oggi usata come la più efficace tra le strategie com-merciali.Tornando all’Esposizione Internazionale parigi-na del 1900, i capi presentati per l’evento da se-lezionate case di moda, non costituivano delle vere novità. Si trattava di strutture in crinolina

mutazionie moda

a cura di Andrea Cortella

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sormontate da corsetti avvitati fino a scolpire una silhouette a clessidra, ricoperti da tessuti in tinte pastello disegnati da ghirlande floreali e percorsi da nastri, fiocchi e passamanerie che celavano una scarsità di idee nel taglio.L’ultimo vero stile, infatti, non è nemmeno sta-to creato nel XIX secolo, ma nel XVIII, generan-do continue imitazioni, comprese le creazioni presentate all’esposizione internazionale del 1900.Paul Poiret, nel 1906, crea un abito da sera so-briamente essenziale e liberato da busti, in cui la gonna, da sotto il seno cade a terra, confe-rendo così alla figura femminile, morbidezza e leggerezza. Con questa operazione di sintesi, Poiret estrae dalla funzionalità e dalla natura-lezza l’estetica stessa dell’abito.È la nascita di una nuova figura nella storia della moda: lo stilista, che si differenzia dal couturier o dal sarto, mette in discussione proporzioni, forme, tagli e colori, divenuti convenzioni comuni, proponendo soluzioni ed idee alternative.

Molti sono i nomi che hanno fatto la storia della moda del’900: Jeanne Lanvin, Jean Patou, Ga-brielle Chanel, Elsa Schiaparelli, Cristobal Ba-lenciaga, Christian Dior e Hubert de Givenchy per citarne alcuni tra i più conosciuti. Alcuni di loro, hanno sperimentato, altri hanno rappre-sentato la voglia di rinascita, (dopo gli anni bui della guerra), con vestiti nuovamente opulenti o portando avanti una visione più classica e di circostanza. Tutti accomunati da un’unica tipo-logia di abito ad appannaggio delle classi sociali abbienti. L’abito infatti, ha imprescindibilmente rappresentato, negli anni in cui hanno operato questi stilisti, una sorta di “divisa sociale”, dalla quale era impossibile esimersi o volerlo fare; concezione della moda che perdurerà fino agli anni ’50.

Solo dagli anni ’60 in poi si avverte lo sgretolar-si di questo principio cardine che fino ad allo-

ra aveva connotato la moda: con l’invenzione del “prèt à porter” e la sempre più crescente produzione dell’abbigliamento in serie, avendo come paese leader l’America, la moda diventa alla portata di tutti. È anche per questo motivo che gli stravolgimenti sociali, differentemente da altri momenti storici, vanno ad incidere ed imprimersi, dettando fogge e modi degli abiti frastagliandone i ruoli che rappresentano “in-taccandone” i principi comuni.Movimenti di protesta, come gli hippy e i punk, hanno fatto dei loro abbigliamenti i pro-pri manifesti.Il jeans, rivoluzionario capo simbolo del secolo, diventa uno dei capisaldi degli hippy e assume una nuova foggia, lontana da quella delle origini, quando ancora era solo un indumento da lavoro.I punk, ponendosi come individui ai margini della società, si abbigliano come tali: capi usati e usurati, evocano una situazione di degrado marcata da un totale disinteresse per il proprio aspetto fisico. Appaiono così le prime catene, gli aghi da balia infilzati in più parti, per simula-re uno stato di prigionia e profondo disagio, an-che se, quest’ultima fase dell’immagine punk, riguarda più la parte inglese del fenomeno. Questi movimenti, sono nati in America mentre, nel passato (fin dal XVII secolo), lo stato di rife-rimento per mode, modi, novità, correnti artisti-che e culturali, era la Francia.Nonostante tutto, la “Mecca” della moda per gli stilisti, il luogo dove presentare le proprie col-lezioni di “haute couture” e di “prèt à porter”, è rimasta, e rimarrà fino ai giorni nostri, Parigi.Saranno le collezioni ad avere nuove visuali e, in particolare, quelle di “prèt à porter” che, attraverso rielaborazioni delle nuove realtà fil-trate dal linguaggio degli abiti, restituiranno al pubblico, un’immagine di contenuti più vera e liberata dal limitante stereotipo perbenista del-la moda del passato.Da questo momento in poi, la sperimentazione è in atto, non solo per il progresso dell’indu-stria tessile e manifatturiera, (dovuta all’appor-

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to di nuove tecnologie) ma per l’apertura di nuove espressioni. Oggi, la MODA, si è completa-ta di nuove importanti funzioni ed ha raggiunto la sua consapevolezza espressiva, come vera forma di comunicazione.

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a cura di Stefania Milardi

nuovi arrivi 1 - K-WAY - BOTTA & B SPORTSWEAR - C.SO NIZZA, 7 CUNEO2 - BORSA DA VIAGGIO CAMOSCIO ALTEA - DOC - VIA ROMA, 55 FOSSANO

3 - CARDIGAN COTONE E SETA MICHELE PECORA - DOC - VIA ROMA, 55 FOSSANO 4 - SCIARPE COTONE E SETA - DOC - VIA ROMA, 55 FOSSANO

5 - JEANS JACOB COHEN - DOC - VIA ROMA, 55 FOSSANO6 - LACOSTE CAMPANAS + LACOSTE - LACOSTE - C.SO NIZZA, 38 CUNEO

7 - OROLOGIO SWATCH VANCOUVER 2010 - ERREDUE - C.SO NIZZA, 10 CUNEO8 - SNEAKER DESQUARED 2 - L’ANGOLO CALZATURE - C.SO NIZZA, 15 CUNEO

9 - OCCHIALE PRADA - OTTICA GRASSO - C.SO NIZZA, 2 CUNEO

SONO ARRIVATE LE NUOVE COLLEZIONI PRIMAVERA ESTATE 2010

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1 - TUNICA SETA MICHAEL KORS - ISOARDI - C.SO NIZZA, 9 CUNEO2 - IMPERMEABILE CELYN B - MIROGLIO - C.SO NIZZA, 6 CUNEO3 - BORSE BIRIKIN MAURO GOVERNA - ISOARDI - C.SO NIZZA, 9 CUNEO4 - OCCHIALI PRADA - OTTICA GRASSO - C.SO NIZZA, 2 CUNEO5 - OMBRELLO JEAN PAUL GAUTIER - PORTICI - P.ZZA GALIMBERTI, 4 CUNEO6 - STIVALE GOMMA ROSSO HUNTER - CARILLON - VIA FELICE CAVALLOTTI, 4 CUNEO7 - PROFUMO LOLA MARC JACOBS - GARELLI PROFUMERIE - C.SO NIZZA, 46 CUNEO8 - LEGGING JERSEY MARITHÈ FRANCOIS GRIBAUD - ISOARDI - C.SO NIZZA, 9 CUNEO9 - BALLERINE VERNICE MOUSE MARC JACOBS - SIVÌ - C.SO GIOVANNI XXIII, 18 CUNEO

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1 - JEANS BOTTOM UP LIU.JEANS COLLECTION - MIROGLIO - C.SO NIZZA, 6 CUNEO2 - JEANS JACOB COHEN - ISOARDI - C.SO NIZZA, 9 CUNEO

3 - JEANS DIAMONT MET - JEANS STORE - VIA ROMA, 45 CUNEO4 - MINIGONNA JEANS LIU.JEANS COLLECTION - MIROGLIO - C.SO NIZZA, 6 CUNEO

5 - STIVALETTO FRANGE FORNARINA - GUPPY 99 - VIA CARLO EMANUELE, 34 CUNEO6 - STIVALETTO INTRECCIATO CATARINA - GUPPY 99 - VIA CARLO EMANUELE, 34 CUNEO

7 - BORSA CAMOSCIO DOLCE & GABBANA - L’ANGOLO CALZATURE - C.SO NIZZA, 15 CUNEO8 - JEANS CON STRAPPI ROBERTO CAVALLI - BRUNA ROSSO - C.SO NIZZA, 36 CUNEO

9 - CAMICIA COTONE E SETA TWIN-SET - MIROGLIO - C.SO NIZZA, 6 CUNEO

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1 - FOULARD GUCCI - BRUNA ROSSO - C.SO NIZZA, 36 CUNEO2 - MAGLIA CASHMERE E SETA - DELFI - C.SO NIZZA, 36 CUNEO 3 - OCCHIALI CHANEL - OTTICA GRASSO - C.SO NIZZA, 2 CUNEO 4 - BORSA PELLE MAISON MARTIN MARGELA - SIVÌ - C.SO GIOVANNI XXIII, 18 CUNEO 5 - CINTURA PELLE MAISON MARTIN MARGELA - SIVÌ - C.SO GIOVANNI XXIII, 18 CUNEO 6 - PANTALONI COTONE TRUENYC - SIVÌ - C.SO GIOVANNI XXIII, 18 CUNEO

7 - CAPPELLO BORSALINO MAISON MARTIN MARGELA - SIVÌ - C.SO GIOVANNI XXIII, 18 CUNEO 8 - STIVALI GOMMA HUNTER - CARILLON - VIA FELICE CAVALLOTTI, 4 CUNEO 9 - OMBRELLO JEAN PAUL GAUTIER - PORTICI - P.ZZA GALIMBERTI, 4 CUNEO 10 - OROLOGIO CHRONO SWATCH - ERREDUE - C.SO NIZZA, 10 CUNEO 11 - SPOLVERINO BRUNELLO CUCINELLI - DELFI - C.SO NIZZA, 36 CUNEO

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L’agnello arrostito al forno, aromatizzato con il rosmarino, il timo, l’alloro e gli spic-

chi d’aglio, per me segnano la fine della Quare-sima e l’arrivo di Pasqua. Un sapore particolare, che mi riporta alla mente l’infanzia e i profumi della mia terra. Proprio per questo nella mia carta al Baluardo lo ripropongo spesso.Normalmente mi piace utilizzare l’agnello “pré-salé” francese, quello allevato sui pascoli “sa-lati” che si affacciano sul mare, con un sapore caratteristico, forte e deciso, ricco dei profumi dell’aria marina che ha assorbito. Per non parla-re poi di una delle eccellenze della Provincia di Cuneo, l’agnello Sambucano della Valle Stura,

il pranzo di pasquaa cura di Marc Lanteri - Chef

COSTOLETTE D’AGNELLO SAMBUCANO CON GALLINACCI

Ingredienti per 4 persone:2 carrè di 8 coste di agnello sambucano½ carota - ½ cipolla - ½ gambo di sedano1 spicchio di aglio - 1 rametto rosmarino2 cucchiai di olio di oliva½ bicchiere di vino bianco1 bicchiere di brodo vegetale

Rosolare l’agnello su tutti i lati con l’olio di oliva in una casseruola. Aggiungere le verdure tagliate a pezzetti. Sfumare con il vino bianco e unire il brodo ed i gusti. Salare e pepare. Portare in forno a 180° per 12-15 minuti secondo la cottura desiderata. Togliere i carrè dal forno, avvolgerli nella carta stagnola e lasciare riposare circa 10 minuti. Nel frattempo, passare la salsa al colino e farla ridurre leggermente a fuoco lento. Comporre, in un piatto già caldo, 4 costolette per persona, adagiandole sui gallinacci saltati, guarnendo con la salsa e un rametto di rosmarino fresco.

Gallinacci saltati:800 gr. funghi gallinacci puliti1 scallogno, tritato fineolio di oliva - 1 spicchio di aglio1 tazzina da caffè di vino bianco - sale q.b.

Saltare in una padella i funghi gallinacci nell’olio di oliva. Aggiungere lo scalogno tritato e lo spicchio d’aglio. Sfumare con il vino bianco, salare, e ultimare la cottura.

Il BaluardoPiazza d’Armi, 212084 Mondovì (Cn)tel. +39.0174.330244cell. +39.338.7001914www.marclanteri.it

uno dei presidi Slow Food, con una carne stra-ordinaria, sapida, saporita, poco grassa e ricca di proteine. I piatti con la carne d’agnello che amo e che suggerisco? Il “gigot” (cosciotto) arrostito inte-ro e servito con la sua salsa ristretta, oppure il “ragù di spallotto” per condire i sugelli, pasta tradizionale della Valle Roya, o ancora il “carré in crosta di erbe aromatiche”, sapori e profumi tutti da gustare. Nella ricetta che segue, il “carré di agnello” è servito insieme ai funghi gallinacci e alla salsa ristretta profumata al timo fresco. Un piatto semplice, gustoso, e dal sapore autentico.

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Per gli esperti sommelier con il cioccolato si possono abbinare molti tipi di vino, esal-

tando sfumature sia sul piano olfattivo che su quello gustativo. Il cioccolato - cibo degli dei - è un alimento di grande complessità e molteplici aromi dovuti alle varie fasi della sua lavorazione: il processo di fermentazione, la tostatura e la raffinazione, fino al concaggio. Il vino abbina-to deve pertanto possedere un elevato titolo alcolometico, una struttura e complessità ele-vate, un tannino elegante e morbido, un con-siderevole residuo zuccherino, una morbidezza avvolgente, una buona intensità gusto-olfattiva e una persistenza aromatica intensa. Il gioco di sensazioni creato nell’abbinamento cibo-vino deve costruire un equilibrio fra sensazioni simi-li, complementari, diverse e/o contrastanti. Un abbinamento per certi versi creativo, legato ad esperienze e sperimentazioni sul binomio tradizione-innovazione, ispirato al desiderio di proporre soluzioni creative e originali.

La prima proposta è un prodotto piemontese, il ‘Barolo Chinato’, un vino aromatizzato prodotto già dalla fine dell’800, partendo dal barolo, a cui si aggiungono corteccia di china calisaia, radice di rabarbaro e di genziana per estrarne i principi attivi e le componenti aromatiche mediante ma-cerazione a temperatura ambiente. Nella tradi-zione piemontese il Barolo Chinato è stato per lungo tempo l’antidoto principale a tanti ma-lanni e raffreddori, oltre che squisito digestivo naturale. Oggi viene considerato il vino ideale per reggere e completare il gusto persistente del cioccolato, anche quello più ricco di cacao. Ma un buon dessert al cioccolato fondente può essere accompagnato anche da un passito di Malvasia, un passito di Moscato Rosa, un passito di Pantelleria, o ancora, guardando ai vini d’ol-tralpe, un Banyuls, vino dolce naturale.

il vino per il cioccolatoIngredienti per 6/8 persone :Per il cilindro croccante1 albume135 gr. di zucchero velo (divise 50 gr. + 85 gr.)38 gr. di farina (divise 20 gr. + 18 gr.)70 gr. burro fuso (40 gr. + 30 gr.)35 gr. succo di arancia7 gr. cacao in polvere

Sbattere leggermente l’albume; aggiungere 50 gr. di zucchero velo, 20 gr. di farina, 40 gr. di burro fuso e mescolare bene.In una ciotola a parte mescolare 85 gr. di zuc-chero velo, 18 gr. di farina, 30 gr. di burro fuso, e il succo di arancia. Unire i due impasti e ag-giungere il cacao. Con una spatola tirare su un “SILPAT” (silicone da forno) delle strisce di 10 cm. per 4 cm. molto fini e cuocere a 160 ° per

Amy Marcelle Bellotti - Sommelier

CILINDRO CROCCANTE CON MOUSSE AL CIOCCOLATO ARAGUANI

5 minuti. Appena cotte avvolgerle intorno a un piccolo mattarello formando dei cilindri.

Per la mousse al cioccolato Araguani65 gr. di latte65 gr. di panna1 tuorlo d’uovo12 gr. di zucchero160 gr. copertura nera a 72%, cru Araguani220 gr. panna montataBollire il latte e la panna e versare nel tuorlo sbattuto con lo zucchero; cuocere come una crema inglese a 84°. Versare la crema sul cioc-colato fuso a 45° e mescolare bene. Quando il composto si è quasi raffreddato aggiungere la panna montata. Con questa mousse riempire i cilindri utilizzan-do una sac-a-poche.

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CERETTO - BAROLO CHINATO una ricetta che prevede, oltre naturalmente alla china e ad alcune spezie, una decina di erbe che crescono spontaneamente anche in Langa, rafforzando il legame del prodotto con la terra di origine. Le erbe e la china sono state messe in infusione separatamente in alcool e gli estratti ottenuti sono stati aggiunti al Barolo. Il tutto è stato zuccherato e posto in piccoli fusti per circa sei mesi. Nel prodotto così ottenuto, le note speziate e gli aromi delle essenze sono mischiati con il bouquet del vino, che è ancora presente e riconoscibile. In bocca, l’impatto amaro della china è ben bilanciato dallo zucchero e dall’alcool, ed il prodotto è un continuo susseguirsi di sapori con una lunga persistenza, che si chiude con una nota piacevolmente amarognola. ottimo a fìne pasto, può accompagnare egregiamente dessert a base di cioccolato. Tradizionalmente, nelle famiglie langarole era offerto in qualsiasi momento della giornata all’ospite in segno di rispetto oppure veniva usato per preparare “punch” caldi.

TERRE DA VINO - IL DIAVOLO SULLE COLLINE - BAROLO CHINATOil vino Barolo utilizzato come base nasce dall’assemblaggio di uve provenienti dai comuni di Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba e Monforte d’Alba, di grande carattere e struttura, con uve dell’area di Barolo e La Morra che danno vini più profumati ed eleganti. Ne deriva un barolo DOCG che segue scrupolosamente i dettami della tradizione e del disciplinare di produzione. La macerazione dura circa 20 giorni ad una temperatura controllata di circa 30° C. Viene posto quindi nelle tradizionali botti di legno di rovere dove riposa per almeno due anni. L’azienda utilizza una ricetta a base di infuso naturale di corteccia di China Calissaja, di radice di Rabarbaro e di una decina di altre erbe aromatiche.La scelta di una bassa gradazione alcolica è motivata dalla volontà di valorizzare il Barolo d’origine. Il titolo di Cesare Pavese “Il Diavolo sulle Colline” ne vuole esprimere tutta la complessità olfattiva, la potenza e la piacevolezza aromatiche, ma naturalmente anche il grande legame con il territorio.

TENUTA MONTEMAGNO - NECTAR - PASSITO DI MALVASIA DI CASORZOuna Malvasia Rossa Passita prodotta dalle vigne con esposizione Sud, Sud/Ovest e ottenuta con appassimento naturale in pianta. Colore rosso intenso, dal profumo aromatico, sprigiona note fruttate di fragoline di bosco e confettura di frutti rossi. Pieno e armonico in bocca, è un passito di grande struttura con delicate note di sciroppo di mirtillo e frutta naturale. Servire a temperatura ambiente di 12° C.

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Ritorno nella mia classe dopo una pausa da scuola per le vacanze natalizie. Gli alunni si

assiepano intorno alla cattedra, sono riposati e abbronzati.Dopo i saluti, la domanda di rito è: “Dove avete trascorso le vacanze?”Si fa avanti una biondina col caschetto, il sorri-so simpatico mentre, i suoi occhi chiari, si illu-minano quando inizia a descrivere con enfasi la splendida località marina che l’ha ospitata per qualche giorno, soffermandosi soprattutto sull’azzurro intenso del cielo, sul caleidoscopio di colori, dal verde al turchese più intenso, del mare. Che VISIVA simpatica! La sua compagna, amica per la pelle, sua ospite per qualche giorno, da AUDITIVA quale è, con-tinua a decantare le bellezze del luogo, sottoli-neando come, il grido dei gabbiani, il frangersi delle onde contro gli scogli, il rilassante rumore della risacca, abbiano giocato un ruolo determi-nante nel rendere indimenticabile la vacanza.Spunta poi, tra le teste, una ragazza che bacia e abbraccia i compagni appena ritrovati, dimo-strando la sua felicità con amichevoli pacche sul-le spalle: è evidente che è una CENESTETICA. Anche lei, è stata al mare e ci racconta la sua vacanza sottolineando soprattutto la gradevole sensazione del sole sulla pelle, parlando della sabbia fine e bollente sotto i suoi piedi, della sensazione di frescura lasciata dall’acqua salata dopo un piacevole tuffo.Come ho fatto a definire le tre allieve rispettiva-mente visiva, auditiva, cenestesica?Ognuno di noi percepisce il mondo attraverso

i cinque sensi e, lo studio della PNL, distingue proprio le tre tipologie di persone in base al canale utilizzato per elaborare le informazioni trasmesse: ci sono persone che prediligono ela-borare le informazioni attraverso le immagini, altre attraverso i suoni, altre ancora attraverso le emozioni che provano.C’è comunque da precisare che “TUTTI utiliz-ziamo i tre metodi” anche se, esiste per ciascu-no di noi, un canale preferenziale.

Queste modalità, vengono definite “SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI” in quanto, gli uomini, attraverso gli organi sensoriali, ricevono e poi rappresentano le informazioni provenienti dal mondo esterno.E allora, dopo questi esempi, Voi come Vi de-finite?VISIVI, AUDITIVI, CENESTETICI?Il metodo per scoprirlo ve lo svelerò nel pros-simo capitolo.

a cura di Susanna Picatto

i sistemi rappresentazionali

LA PNL

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impiantifotovoltaici

NASCONO NUOVI PRODOTTI ASSICURATIVI

esposta, come la grandine, la forza del vento, i fulmini, il furto e il guasto. Questa tipologia di polizza è creata per chiun-que scelga di dedicarsi agli impianti fotovoltaici: il privato con un piccolo impianto per la propria abitazione, l’azienda con una struttura indu-striale o l’installatore professionista, possono disporre della copertura adeguata, estendibile anche ai propri clienti per un miglior servizio, attraverso un impianto sicuro ed ampiamente tutelato in operatività e valore con un’unica so-luzione assicurativa. Ma, nello specifico, come è strutturata la mag-gior parte di queste polizze?Di solito vi sono tre distinte sezioni dedicate a specifiche categorie di danni:la prima sezione, sempre operante, è dedicata

Con il diffondersi di una sempre più sentita coscienza ambientale, cresce il numero di

enti e società, pubbliche e private, dediti alla produzione di energia attraverso fonti rinno-vabili. Risorse come il geotermico, l’eolico e soprattutto il solare trovano larga diffusione e forte impiego in realtà sempre più grandi. In concomitanza con l’affermarsi di nuove tecno-logie e strutture, aumenta la domanda di pro-dotti assicurativi adatti, in grado di rispondere alle specifiche esigenze di sicurezza e tutela che le nuove tipologie di impianti richiedono. Le polizze per questa tipologia di rischio ven-gono di solito modulate a seconda del tipo di impianto: a partire da un minimo di 3 KwP di potenza installata, si può’ garantire l’indenniz-zo dei danni a cui la struttura è maggiormente

Dott. Federico ChiavazzaAgente Generale Cuneo Este-mail: [email protected] Statuto, 812100 CuneoTel. 0171.693104/05Fax 0171.67735

a cura di Federico Chiavazza - Agente Generale Fondiaria Sai

ai Danni diretti e assicura nella forma “all risks”, tutti i danni materiali, compresi gli eventi natu-rali e catastrofici come l’alluvione o il terremoto, con specifici limiti di indennizzo e franchigie. La prima sezione prevede inoltre la Garanzia atti di terzi, che estende la copertura ai danni causati agli impianti fotovoltaici da atti dolosi di terzi, compresi gli atti vandalici, il furto e la rapina, e la Garanzia guasti macchine e fenomeno elet-trico, che garantisce i danni materiali e diretti all’impianto collaudato e pronto all’uso, deri-vanti da guasto o fenomeno elettrico causato da qualsiasi evento accidentale non espressamente escluso.Nella seconda sezione, è invece integrata la co-pertura per i Danni da interruzione di esercizio, che indennizza le perdite di introiti derivanti dall’interruzione o dalla diminuzione della pro-duzione di energia elettrica dell’impianto, cau-sata da un sinistro indennizzabile dalla prima sezione.La terza sezione infine è pensata per la Responsabilità Civile verso terzi: nei limiti del massimale, risarcisce l’Assicurato per i danni cagionati a terzi, in relazione alla proprietà e all’uso dell’impianto fotovoltaico di cui l’Assicu-rato sia civilmente responsabile.E possibile inoltre, una copertura completa, anche per l’energia non prodotta, se l’impian-to, produce energia per uso proprio, esiste la possibilità di avere come indennizzo, anche l’acquisto dell’energia non prodotta a seguito di sinistro presso il gestore della rete.

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Un soggetto residente in Italia detiene una partecipazione in una società este-

ra. Questa partecipazione non ha mai dato di-videndi. Il quadro RW deve essere compilato?Il fatto che la partecipazione non abbia dato né darà dividendi è irrilevante ai fini della compila-zione del quadro RW. Infatti, con la C.M. n.9/02, l’Amministrazione Finanziaria ha affermato che le partecipazioni, al pari di ogni altro investi-mento di natura finanziaria, devono essere sempre indicate nel predetto quadro, poiché questi investimenti si considerano sempre su-scettibili di produrre redditi imponibili il Italia. Se non sono stati effettuati gli adempimenti dovuti è tutt’ora possibile scudare l’attività fi-nanziaria non dichiarata.

Detengo da anni un immobile in Francia che uso saltuariamente per vacanze, mai indicato nel quadro RW perché non sussisteva l’obbli-go. Mi risulta, però, che dal 2009 l’indicazio-ne è dovuta anche per questa fattispecie. L’immobile è stato pagato euro 100.000, ma oggi vale euro 150.000. Che valore devo indi-care nel quadro RW?L’Agenzia delle Entrate non ha ancora dato indicazioni precise a proposito dei valori da indicare nel quadro RW per il caso proposto. Tuttavia, si ritiene che nella Sez.II del quadro RW sia corretto indicare il costo di acquisto, quindi euro 100.000.

È possibile “scudare” il denaro contante dete-nuto in una cassetta di sicurezza in uno Stato dell’UE mediante la procedura di rimpatrio al seguito? Occorre una dichiarazione da parte dell’istituto di credito estero per giustificare la detenzione della cassetta di sicurezza?

La procedura di rimpatrio mediante trasporto al seguito è possibile. Tuttavia, è opportuno ri-cordare che la nota dell’Agenzia delle Dogane del 16 ottobre 2009 prevede che, in caso di tra-sporto al seguito di contante per un ammonta-re superiore a euro 10.000, è sempre dovuta la dichiarazione doganale, anche se la provenien-za è da uno Stato UE. Si ritiene, inoltre, non necessario il rilascio di una dichiarazione da parte dell’intermediario non residente circa la detenzione della cassetta di sicurezza.

È possibile rimpatriare la partecipazione in una società semplice francese o deve essere effettuato lo scudo sugli immobili conside-rando questo come soggetto interposto?In linea di principio, la suddivisione tra interpo-sizione reale e fittizia è lasciata alla valutazione del contribuente. Nel caso di specie, sarà pos-sibile accedere al rimpatrio della partecipazio-ne o dell’immobile tenendo presente che le attività in questione, in quanto esistenti in uno Stato UE, possono anche formare oggetto di regolarizzazione.

È causa ostativa la segnalazione “indiretta” contenuta in verbali o altri atti riferiti a sog-getti terzi che hanno rapporti con il contri-buente che intende scudare? (È il caso della verifica in capo ad un forni-tore con contestazione di fatture inesistenti).Si ritiene non esistente la causa di esclusione. Infatti, il contribuente non ha mai ricevuto comunicazioni ufficiali al riguardo da parte dell’Amministrazione Finanziaria e, quindi, per ovvie ragioni di privacy, non può conoscere il contenuto della verifica nei confronti del terzo (nel caso di specie, il fornitore).

Studio PasqualeCuneoe-mail: [email protected]

Qualora due soci di una Snc intendano acce-dere allo scudo fiscale, la società si può rite-nere “al sicuro”? Posto che le somme scudate derivano dalla società, la stessa può essere accertata con riferimento all’Iva od all’Irap?La procedura di scudo fiscale è modalità di sa-natoria destinata, essenzialmente, alle persone fisiche. Pertanto, laddove i soci della Snc pro-cedano alla definizione della loro posizione, la società potrà essere accertata in relazione all’Iva ed all’Irap. I soci risulterebbero “pro-tetti” in caso di accertamento che, a sua volta, discende da una rettifica in capo alla società, qualora quanto sanato sia connesso con quanto accertato.

Nel caso di una verifica fiscale nei confronti di una società a responsabilità limitata, il so-cio che ha effettuato lo scudo dovrà esibire subito la dichiarazione riservata?Si ritiene che, nel caso di specie, l’esibizione della dichiarazione riservata, possa essere rin-viata al momento in cui, eventualmente, l’Am-ministrazione Finanziaria dovesse notificare un avviso di accertamento al socio per effetto, ad esempio, della presunzione di distribuzione di utili da parte della società accertata.

a cura di Gianluca Pasquale - Dottore Commercialista e Revisore Contabile

scudo fiscale

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a cura di Guido Testa - Promotore Finanziario

parola di steve jobsLA GENTE NON SA COSA VUOLE, IO SI

Guido Testapromotore finanziarioe-mail: [email protected]

Penso che in questa frase ci sia la vera essen-za di quest’uomo capace di vedere cosa il

futuro ci riserverà, interpretarlo e confezionar-lo nei suoi prodotti, pur non inventando nulla, infatti non fu lui ad inventare il primo perso-nal computer ma il suo fraterno amico Steve Wozniak, genio dell’elettronica, con l’hobby di inventare gadget, ma fu Jobs a vederne le potenzialità, il business che poteva derivare da quella piccola macchina di legno piena di circu-iti elettronici.Wozniak, vedeva nella sua creatura un’idea finalmente trasformata in realtà ma fine a se stessa: era timido e geniale, voleva continuare a giocare con la sua nuova scoperta e condivider-la con i suoi pochi amici in grado di capirla ed entusiasmarsi come lui. Jobs, invece, in quell’idea ci vide il futuro, tanto che, dopo averla presentata ad una fie-ra dell’elettronica, si vide già in gara contro i grandi del settore, mentre Wozniak pensava di produrne “almeno una decina”.Ed è questo che rende “geniale” la visione di questa idea, trasformata in domanda di merca-to: un prodotto che prima non esisteva e che improvvisamente diventa oggetto di vendita per il pubblico. Ciò dimostra che non è suffi-ciente avere idee futuristiche se nessuno ne viene a conoscenza. Ogni idea, dalla più genia-le alla più banale, funziona quando si riesce a divulgarla e a creare un desiderio così forte di

acquisto nei confronti del pubblico, che prima non ne sentiva la necessità.Far conoscere, divulgare, creare aspettative, curare il design, il packaging, pianificare la di-stribuzione, la pubblicità di un’idea o un pro-dotto nuovo, viene racchiuso sotto il nome di marketing. Certo, la definizione di marketing è più ampia, diversa e poliedrica a seconda delle situazioni ma, in fondo, è questo che fa la diffe-renza: creare una macchina perfetta che diffon-de nel grande pubblico curiosità, aspettative e desiderio. Non fu, ad esempio, l’inventore della Coca Cola che creò il colosso che conosciamo, ma colui che ne vide le potenzialità e la portò a conoscenza del grande pubblico, creando una vasta rete di distributori.Steve Jobs, visionario egocentrico sociopatico spesso definito burbero e scostante nel gesti-re un prodotto dall’origine al grande pubbli-co, chiede aiuto per non accollarsi da solo il problema e agisce con lucida determinazione

anche se questo, a volte, comporta l’essere de-finito un tiranno, non da ascolto ai propri clien-ti: “Loro non sanno quello che vogliono fino a quando, qualcuno, glielo mostra”.Un altro esempio di “Marketing d’eccellenza” lo svolge la multinazionale ”Apple” dove, quando un prodotto è in fase di lancio, tutto è studiato a tavolino e nulla è lasciato al caso, persino la di-vulgazione di voci sul nuovo nato che, a prima vista, sembrerebbe una fuga di notizie, in realtà fa parte del progetto di lancio. È il Marketing all’ennesima potenza che crea un’aspettativa senza lasciar trapelare la vera essenza del pro-dotto portando la gente a desiderare “quel so-gno” più della stessa realtà.Così Jobs prima crea le basi per sognare e poi indica la strada per raggiungere quel sogno, racchiuso in una confezione tanto elaborata, quanto l’oggetto che contiene. È l’oggetto dei nostri sogni, quello che “nessuno” pensava di poter desiderare prima.

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a cura di Alessandro Parola - Avvocato

contratti di locazioneL’INDENNITÀ DI PERDITA DELL’AVVIAMENTONELLE LOCAZIONI COMMERCIALI

un’unica soluzione. La prassi commerciale si è quindi orientata verso la previsione di due “escamo tages”, avallati dalla Suprema Corte di Cassazione in alcune recenti pronunce che ne hanno dichiarato l’Ammissibilità. Per evitare al locatore la corresponsione “una tantum” delle mensilità, è possibile, al momento della stipula del contratto, prevedere la rinuncia del condut-tore alla futura percezione dell’indennità, per la perdita dell’avviamento commerciale al termi-ne del contratto, a fronte di una corrisponden-te e diluita diminuzione dell’importo del ca-none di affitto. In poche parole, la somma alla quale il conduttore rinuncia, al momento della sottoscrizione del contratto, viene comunque, dallo stesso, percepita a titolo di una corrispon-dente diminuzione dell’ammontare del canone di locazione mensile.Un’altra soluzione, praticata anch’essa frequen-temente, è quella di prevedere nel contratto, la rinuncia del conduttore alla futura percezione “una tantum” delle mensilità di affitto previ-ste al termine della locazione, a fronte di una rinuncia da parte del locatore alla percezione delle ultime 18 o 21 mensilità di affitto (se si tratta di attività alberghiere). In entrambi i casi, viene quindi realizzato un pieno contempera-mento dei reciproci interessi: quello del con-duttore di vedersi riconosciute le mensilità che per Legge gli spettano a titolo di perdita dell’ avviamento commerciale e quello del locatore di non doversi trovare nella condizione di do-ver sostenere un esborso economico conside-revole e da effettuarsi in un’unica soluzione.Giova poi ricordare come la validità della semplice previsione contrattuale, tendente ad escludere la corresponsione della suddetta in-

Nella nostra operosa Provincia, sono mol-te le attività commerciali che svolgono la

propria attività in locali non di proprietà, ma concessi loro in locazione da terzi.Quasi sempre però, colui che conduce in locazio ne un immobile altrui, non è a conoscen-za di un notevole beneficio concessogli dalla L. 392/78, che regolamenta la disciplina delle locazioni commerciali. L’art. 34 della suddetta Legge prevede infatti che, alla naturale scaden-za del contratto di locazione, il locatore - ovve-ro il “padrone dei muri” - debba riconoscere al conduttore - colui che ha goduto dell’immobile affittato - un’indennità per la perdi ta dell’avvia-mento commerciale. Tale indennità è dovuta qualora il locatore sia rientrato nel possesso dell’immobile non per ina dempimento, causa o colpa contrattualmente prevista a carico del conduttore, e a condizione che quest’ultimo in esso abbia svolto un’ at tività industriale, com-merciale, ar tigianale o di interesse turistico che abbia comportato accesso di retto del pubblico nel locale. In tal caso il conduttore ha diritto ad un inden nizzo pari a 18 mensilità dell’ulti-mo canone di locazione corrispo sto e di 21 se si tratta di attività al berghiere, che diventano il doppio 36 o 42, qualora il locale, entro un anno dal termine del contratto di locazione, venga adibito all’esercizio della stessa attività. È fuori di dubbio che, 18 o 21 mensilità e a maggior ragione 36 o 42 dell’ultimo ca none di locazione corrisposto, costituiscano per il con duttore una ghiottissima opportu nità che, per contro, grava in ma niera considerevole sul locatore il quale, si trova a dover affrontare un notevole esborso economico (visto che molto spesso i canoni di locazione sono di una certa consistenza) ed in

Studio Legale PAROLA - MARABOTTO - QUARANTA Corso Nizza 18, 12100 CuneoTel. e fax 0171.692855Mobile +39 3387339360E-mail [email protected]

dennità alla fine del contratto senza una contro-partita economicamente favorevole al condut-tore, sia stata più volte esclusa dalla Suprema Corte. La Cassazione, con orientamento pres-soché uniforme, ha infatti molte volte ribadito il “principio” secondo il quale una semplice previsione di rinuncia all’indennità da parte del conduttore, contravverrebbe al dettato dell’art. 79 della L. 392/78, il quale prevede la nullità di ogni pattuizione diretta ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni previste dalla Legge - e quindi anche dall’art. 34 che prevede l’indennità. Per tale motivo, ogni pattuizione contraria al dettato della Legge e quindi tendente ad eliminare o limitare in qualsiasi modo l’entità del pagamento che il locatore dovrà effettuare a titolo di indennità alla fine del contratto di locazione, dovrà, per non essere nulla, necessariamente prevedere un “controbilanciamento” economicamente quantificabile in favore del conduttore.

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GIOVEDÌ 25 MARZOTeatro Milanollo – Savigliano

ASPETTANDO GODOTTeatro Out Off - Milano

GIOVEDI 4 E VENERDÌ 5 MARZOTeatro Sociale “Busca” – Alba

DONA FLOR E I SUOI DUE MARITICompagnia Mario Chiocchio

Una piacevole e tormentata metafora dei nostri desideri più segreti, tratta dal romanzo di Jorge Amado, con protagonista una dolce e pudica donna brasiliana, Dona Flor. Dopo un anno di sofferta vedovanza per la morte del primo ma-rito, un adorabile mascalzone, giocatore e sciu-pafemmine, la donna si risposa con un affet-tuoso, devoto e morigerato farmacista. Scopre però che il suo appetito d’amore non si può saziare con un solo uomo. Per un idillio per-fetto occorre semplicemente mettere insieme onestà e premure di uno con la fantasia e l’ero-tismo dell’altro. Ecco allora che lo spirito vivace del primo amore s’intrufolerà nel letto del se-condo legittimo marito, regalando l’illusione di una pienezza altrimenti irraggiungibile. Un affresco di un Brasile magico e colorato che sprigiona ilarità e poesia visionaria, fra il quo-tidiano delle chiacchiere di quartiere, calunnie e illazioni, riti magici, cordogli ed esultanze, in cui emerge, protagonista assoluto, il candore di Dona Flor e la sua predisposizione all’amore senza calcolo.

Con: Caterina Murino, Pietro Sermonti,Paolo CalabresiRegia: Emanuela GiordanoMusiche dal vivo: Bubbez Orchestra

LUNEDÌ 19 APRILETeatro “Toselli” - CuneoFIGARO IL BARBIERE

Produzione Just in Time

Il popolare Elio, leader dissacrante del gruppo ‘Elio e le storie tese’, si cimenta con un classico dell’opera lirica, diventando l’ironico narratore de “Il barbiere di Siviglia”, con l’obiettivo di renderla apprezzabile dal pubblico giovanile. Diventa così Figaro, il narratore che, dialogan-do con il pubblico, racconta i momenti salienti e introduce i vari personaggi, facendosi ben gradire per la sua simpatia e la sua inventiva, ma soprattutto per la sua umanissima esperien-za nell’arte di arrangiarsi. Sulla scia della tradi-zione del melodramma il personaggio si presta a far da spalla a protagonisti di più illustre ca-sata, emergendo ora come astuto diplomatico, ora come consumato stratega manipolatore di uomini e cose per assecondarne interessi e desideri. Diventa così il soccorritore dell’amo-re contrastato, promotore delle buone cause, paladino della giustizia spicciola che intriga ai danni degli intriganti. Il tutto con le semplici ed innocue armi del pennello da barba, del rasoio e del pettine.

Con: ElioDirezione: Mauro BiazziMusiche ridotte da “Il barbiere di Siviglia” di Giochino Rossini

“Aspettando Godot” è una piéce che porta con sé la tragicità della condizione umana, in cui l’autore – Samuel Beckett – affronta il tema che sarà sempre al centro di ogni sua opera teatrale: il vuoto, nelle parole, nelle situazioni, nelle intenzioni.I due protagonisti, un po’ miserabili e un po’ giullari, stanno fermi, in un paesaggio desola-to, facendo passare il tempo nell’attesa di un incontro con un certo ‘signor Godot’, che non conoscono, e che è stato evidentemente vago sul luogo, le modalità e i tempi del loro incon-tro. In questa attesa si consuma il loro tempo, un giorno dietro l’altro.Tutto si muove circolarmente: pensieri, emo-zioni, situazioni si susseguono senza reali cam-biamenti lungo un percorso che non si disco-sterà mai da se stesso. L’essenza del discorso è l’uomo, in modo astratto. Si fa passare il tempo, perché è probabile che – per quanto si speri e si abbia fiducia – Godot non arriverà. Non oggi, ma sicuramente domani.

Con: Gigio Alberti, Mario Sala, Giorgio Minneci, Alessandro Tedeschi, Davide GiacomettiRegia: Lorenzo Loris

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LA VOCE DELLE COSE di Donatella Signetti

Primalpe - 192 pagine - 13 Euro

Una giovane donna, Cristina, che vive isolata dai suoi sentimenti, dagli uomini che frequenta, dal posto in cui lavora. “Non è poi così strano - pensa - per chi è venuto fuori da questi luoghi, chiusi dalle montagne, da durezze maligne e brividi glaciali”.Marta, che apre la sua casa e il suo cuore a chi è senza legami e senza storia.Mila, bambina esile come una spiga di grano, sospesa tra la vita e la morte, capace con il suo silenzio di portare chi le si avvicina ad ascoltare la voce delle cose.Tre microcosmi i cui destini si incrociano in una storia di generazioni, d’amore, d’incontri mancati, di dialoghi impossibili.Fino alla scoperta dentro di sé della capacità di superare le proprie montagne personali.

Un libro che ci conduce in profondità senza fatica. Una storia che ci guida lasciandoci liberi. (Davide Longo)

GLI IMBALSAMATORIdi Elena Giuliano

Primalpe - 168 pagine - 21 Euro

La tassidermia dei Giuliano è iniziata con un merlo a fine ‘800 e ferretto dopo ferretto, calco dopo calco, è migliorata fino a ricreare anima-li in movimento tali e quali quelli vivi: ricordo Giuseppe (bisnonno e nonno), Ferdinando, Mi-chelangelo, Beppe, Nando, Angelo, Nini e Gian-galeazzo per quanto hanno modestamente e onestamente fatto e perché hanno reso noto il loro paese, Borgo San Dalmazzo, in Italia e nel mondo. Con la morte di Ferdinando Giuliano e la scelta di Giangaleazzo di fare lo scultore, l’attività tassidermica a Borgo San Dalmazzo è finita. Nessuno ha ereditato i segreti di questa pratica in quanto Angelo, Beppe, Nando e Nini non hanno lasciato quasi nulla di scritto. Sol-tanto io ho seguito più da vicino questa attività e sono fiera di averlo fatto perché vivendola da “dentro” ho capito cosa provassero mio padre e i miei zii quando prendevano in mano un ani-male morto e lo restituivano alla “vita”.

COME IN VOLOdi Gabriella Daniele

Primalpe - 88 pagine - 10 Euro

La casa è il filo conduttore del romanzo.È uno spazio fisico abitato da Irene e da Elena, figlia illegittima, nata fuori dal matrimonio, ma è anche uno spazio interiore, attraversato e provato dalle sofferenze della vita. Sarà Elena a ripercorrere le tappe della sua esistenza per dare un senso alle vicende vissute e per avvicinarsi alla madre con uno sguardo nuovo, capace di guardare al di là delle apparenze e cogliere il volo.

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Per la colonna sonora è stato utilizzato il nuovo inno ufficiale della Provincia di Cuneo, compo-sto dal maestro Giuseppe Nova, rendendo così omaggio al 150° Anniversario della sua fonda-zione.Un ricco buffet a base di finger-food, in un suggestivo allestimento a cura di Paola Bruno e Chiara Viarisio - specialiste nel banqueting - ha reso l’avvenimento ancora più coinvolgente, ed un piccolo omaggio gastronomico, firmato Inaudi, ha rappresentato il ringraziamento a quanti hanno voluto partecipare alla “nascita” di UNICO.

debutto in societàCuriosità ed entusiasmo per la nascita del nuovo magazine della Provincia di Cuneo

È stata accolta con grande entusiasmo la con-ferenza stampa organizzata per presentare il 1° numero di [UNICO people & style]. La boutique Bradipo Travel Designer di Cuneo ha ospitato nel suo salotto lo staff al completo del nuovo magazine che ha illustrato a giornalisti, fotografi, televisioni ed esponenti del mondo della politica e dell’imprenditoria presenti, la filosofia del nuovo prodotto editoriale.Un vero e proprio “debutto in società” in un evento organizzato con gusto e garbo, che ha messo in evidenza la grande professionalità di tutto il team responsabile.

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Biodream® è stata definita “la Macchina della Gioia”: ogni trattamento è stato studiato al fine di permettere ad ogni cellula del corpo della persona che si sottopone ad esso di vivere un’esperienza che sia in sintonia con la sua Natura, e la gioia emotiva e l’incremento dell’energia vitale che ne derivano sono un effetto di tale esperienza. Biodream® è il primo originale Sistema Biosincronizzato di Luce-cromoterapia, ipertermia a Infrarossi, musicoterapia, terapia informazionale, massaggio pneumatico dolce, esso prevede

l’esecuzione, in sequenza e in tempi diversi, di tre programmi, tutti personalizzati automaticamente attraverso un sistema di sincronizza-zione al ritmo cardiaco tramite cardiofrequenzimetro. ORDINE: è il programma che agisce prevalentemente sul piano fisico, allo scopo di ridurre le informazioni “distruttive” presenti nell’organismo sotto forma di tossine. Questo obiettivo si ottiene stimolando un’abbondante sudorazione. ENERGIA: è il trattamento mirato a risvegliare l’energia. Agisce a livello biologico, sempre sfruttando l’azione positiva del calore, ma a temperature più basse. GIOIA: l’azione dominante del programma “gioia” avviene a livello mentale. Vengono utilizzati suoni, colori e temperature che generano messaggi positivi e informazioni “costruttive” che spazzano via dalla mente quelle non in sintonia con la propria Natura. Il miglioramento dell’Umore è solo uno degli effetti che si accompagna ad un miglioramento dell’Energia Vitale, dello Stato di Benessere, del proprio Aspetto Fisico e molto altro. E’ un’ esperienza che va al di là dell’aspetto meramente razionale e che può essere compresa solo vivendola.

Il Biodream® (il “bio-sogno” contro la depressione) è lo straordinario e rivoluzionario risultato di una ricerca effettuata sulla base di un desiderio dell’Ing. Fabio Paolo Marchesi al fine di

realizzare uno strumento che potesse rivelarsi utile a migliorare la qualità della vita. Ingegnere, scienziato, ricercatore, appassionato di ermetismo e fisica quantistica, considerato il massimo

esperto nazionale sulle applicazioni terapeutiche della luce nonché autore di decine di brevetti internazionali sui sistemi ed apparecchiature terapeutiche basate sui raggi infrarossi, ultravioletti e ad ampio spettro, autore dei libri “La Fisica dell’Anima”, “La Luce che cura”, “Amati”,

“Exotropia”, “La Coppia Illuminata” e l’ultimo “Io Scelgo, Io Voglio, Io Sono” .

L’Ambra e la Farfalla di Moroncini Vanessa - Via Alba, 49 - 12100 CUNEO - Tel. 393.8941020

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