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Poste Italiane spa - Spedizione in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB/CN - anno III - numero 12 - Novembre - Dicembre 2011 Version française e 5,00 Fabrizio Quiriti | Venaria Reale | Lou Fantome | Menù di Natale | Caccia | Abbazia San Dalmazzo Pedona noa ritratto di donna bollicine da cuneo tonda e gentile: la nocciola atmosfere che conducono oltre il freddo

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Il magazine della provincia di Cuneo novembre/dicembre 2011

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Questo è il nostro secondo compleanno.Due anni passati insieme a voi, portandovi a conoscere meglio personaggi, luoghi e particolari della nostra grande ed unica provincia. Un crescendo di emozioni e grandi soddisfazioni che ci danno la carica per proseguire in quella che all’inizio era partita come una sfida e che ora, dodici numeri dopo, è diventata una conferma. All’inizio ci avete guardato con la naturale curiosità di chi scopre un nuovo prodotto e lo vuole assaggiare, “per vedere com’è...”, attirati dalle grandi fotografie, ricercate ed esclusive, e dalla carta patinata, di grande qualità. Poi, numero dopo numero, avete iniziato ad apprezzarne anche i contenuti: articoli e servizi realizzati da grandi giornalisti e scrittori che conoscono bene il territorio e lo sanno raccontare con passione ed entusiasmo. Avete scoperto, insieme a noi, che la nostra è davvero una provincia UNICA, e ci auguriamo, la avete apprezzata un po’ di più. Perché lo merita. Ora, come voi, la stanno apprezzando anche molti lettori fuori provincia, stimolandoci ad estendere il magazine anche oltre i confini cuneesi. E così, dopo la redazione nel Principato di Monaco, chissà che nei prossimi mesi non arrivino novità anche da altri territori. Già in questo numero vi portiamo a Venaria Reale, alle porte di Torino, la “Versailles” italiana raccontata dal suo direttore, Alberto Vanelli, e fra le strade di Monte-Carlo vestite di luce per le prossime feste natalizie. Ci prepariamo quindi con anticipo anche noi al Natale, scoprendo insieme a grandi chef che possiamo preparare gustosi menu per le feste con i prodotti del territorio, seguendo lo stile eco-gastronomico che fa tendenza, brindando con bollicine made in Cuneo, poco conosciute ma senza timore di paragoni rispetto alle etichette più blasonate. E poi, come sempre, la natura, che in questa stagione si tinge del bianco della prima neve, le interviste e le rubriche dei nostri esperti. Due anni sono passati, ma, siamo certi, molti altri ne verranno. Ci auguriamo di potervi ritrovare sempre più numerosi, e vi dedichiamo, con un po’ di anticipo, un augurio speciale per le prossime festività.Buona lettura.

Roberto Audisiodirettore artistico

[email protected]

EDITORIALE

PROPRIO ADESSOQualcuno ti sta pensando.Qualcuno si sta preoccupando per te.Qualcuno sente la tua mancanza. Qualcuno vuole parlarti.Qualcuno vuole stare insieme a te.Qualcuno spera che tu non sia nei guai.Qualcuno ti è grato per l’appoggio che hai fornito.Qualcuno vuole tenerti la mano.Qualcuno spera che tutto ti vada per il meglio. Qualcuno vuole che tu sia felice.Qualcuno vuole che tu trovi il tuo lui o la tua lei.Qualcuno celebra il tuo successo.Qualcuno ti vuol bene. Qualcuno ammira la tua forza.Qualcuno ti pensa e sorride.Qualcuno desidera essere la spalla su cui tu puoi piangere.Qualcuno vuole farti un regalo.Qualcuno pensa che tu sia un regalo.

lo staff [UNICO]

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AlessioBotto DIRETTORERESPONSABILE

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CONTRIBUTORS

con il patriocinio di:

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero

hanno scritto:

Mariuccia AssolaBepi AudinoRoberto AudisioEnrico BertoneLalla BluMaria BolognaVanina Maria CartaLaura ConfortiRiccardo CeliFiorenzo CravettoMario De MasiFrancesco DoglioNicola FerreroGiovanna FocoFabrizio GardinaliLuca GiacconeAxel IbertiLuca MorosiAlessandro ParolaGianluca PasqualeMonia ReAlida RoggiaGuido TestaGiorgio Trichilo

hanno fotografato:

Alex AstegianoBepi AudinoRoberto AudisioEnrico Bertone Marianna BotteroSergio CraveroS. Danna - RéalisG. FarahLuca FumeroMatteo GanorePetr KratochvilDaniele MolinerisLuca MorosiCristiano ProiaSandra Salerno (www.untoccodizenzero.it)

Marco SasiaValentina Varini (www.lacuocapasticciona.blogspot.com)

Paolo Viglione Michelle VipondPaolo Zorniottipress office Mairie Monacopress office atelier Montblanc – MCpress office Riserva Biancapress office Venaria Realepress office Noa

traduzioni: Lidia Dutto

aderente a:

RobertoAudisio DIRETTOREARTISTICO

[email protected]

JolandaBivona DIREZIONEMARKETING & PUBBLICITÀ

[email protected]

Rivista bimestrale della provincia di CuneoAnno III • Numero 12 • Novembre - Dicembre 2011

Direttore responsabile:Alessio Botto • [email protected]

Direttore artistico:Roberto Audisio • [email protected]

Redazione Centrale:Giovanna Foco • [email protected]

Redazione Monaco:Maria Bologna • [email protected]

Concessionaria unica di pubblicità:BB Europa Edizioni • via degli artigiani, 17 - Cuneo

Direzione Marketing & pubblicità:Jolanda Bivona • [email protected]. +39.388.61.86.091

[UNICO] è una pubblicazione di BB Europa EdizioniVia degli Artigiani, 17 • 12100 Cuneo tel. +39.0171.60.36.33Reg. Trib. di Cuneo n. 617 del 1 Agosto 2009

Stampa:TIPOLITOEUROPA • [email protected] • www.tipolitoeuropa.com

Tutti i diritti riservati, è vietata la pubblicazione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Editore© BB Europa Edizioni. Nell’eventualità che testi e illustrazioni di terze persone siano riprodotti in questa pubblicazione, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non citati. L’editore porrà inoltre rimedio, a seguito di segnalazione, ad eventuali non volute omissioni e/o errori nei relativi riferimenti.

Garanzia di riservatezza per gli abbonati.L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: “BB Europa Edizioni” - Responsabile dati UNICO - Via degli Artigiani, 17 - 12100 Cuneo. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico della “BB Europa Edizioni” saranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96).

Puoi trovare [UNICO] nelle migliori Edicole della provincia di Cuneo. A Torino nella Libreria Internazionale Luxembourg. Nei migliori locali del Principato di Monaco

Questo numero è stato chiuso in redazione il 30 ottobre 2011.

In copertina: Lapponia monregalese di Daniele Molineris.

Seguici su facebookUNICO PEOPLE & STYLE

RITRATTO16 | skema 5. casorati e altro 20 | la verità dell’emozione22 | a cena da sua maestà26 | noa, musica senza confini

STORIA E STORIE29 | cavallermaggiore e le auto reali34 | lou fantome di torrette

SOCIETÀ E COSTUME38 | natale con i tuoi...

TRADIZIONI48 | abete, l’albero che fa festa

SPORT52 | a caccia nel terzo millennio56 | voglia di neve

ITINERARI60 | itinerari unici a monte-carlo

SCATTI DI GUSTO63 | luxury flair

LIFE-STYLE68 | bollicine made in cuneo

EVENTI72 | cuneo, orizzonte verticale

ATTUALITÀ74 | il boato per la vita76 | automobilista, dica A3382 | salviamo il nostro pianeta

SOMMARIO

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9 | EDITORIALE

13 | SOMMARIO

14 | PRIMO PIANO

93 | L’INTERVISTA IMPOSSIBILE

102 | LIFE-STYLE

107 | PASSAPAROLA

111 | PILLOLE DI FISCALITÀ

112 | BONTÀ A TAVOLA

113 | FINANZA

114 | BON TON

115 | IN VETRINA – DESIGN

116 | LEGGE

117 | ARTE

118 | ESSERCI

126 | TRADUCTION FRANÇAISE

RUBRICHE

BENESSERE80 | il benessere terapeutico

AZIENDE84 | la qualità ha i piedi per terra88 | bontà senza limiti90 | il sarto della gioielleria

ECONOMIA86 | monte-carlo per lo sviluppo

GUSTO96 | regina del mondo

LUOGHI99 | passioni archeologiche

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PrimoPianoMONDO SPA, L’OLIMPIADE A PORTATA DI PIEDEL’azienda di Gallo d’Alba è fornitore ufficiale dei Giochi Olimpici per la decima edizione consecutiva: è stata presentata nel Regno Unito la pista su cui si disputeranno tutte le gare di atletica leggera a Londra nel 2012. Mondotrack Ftx, che conta una superficie comples-siva di 16mila metri quadrati è nata dall’analisi biomeccanica del piede durante la corsa frontale e laterale: gli studi effettuati hanno portato alla creazione di una pista capace diassecondare e agevolare il movimento del piede, rendendolo più reattivo e diminuendo il tempo di rolling, ovvero il tempo che intercorre tra la fase di appoggio del piede fino a quella di stacco. Nei mesi scorsi è stato testato anche Fast Break System2, il campo di basket che ospiterà le gare di pallacanestro a cinque cerchi.Mondo, presente ai Giochi Olimpici e a quelli Paralimpici, garantirà la propria tecnologia anche per numerose altre discipline.

A PIOZZO TESTE DI ZUCCAPasseggiare immersi nei colori e osservare forme variegate e sinuose: accade a chi sceglie di vivere una giornata un po’ da favola tra le zucche. C’è un paese in provincia di Cuneo che, in autunno, si tinge di mille colori in occasione della fiera regionale, giunta quest’an-no alla diciottesima edizione e che ha visto un afflusso di oltre ventimila visitatori: è Piozzo, ridente località ad un soffio dalle Langhe. Zucche piccine, zucche enormi, differen-ti per foggia e sfumature: 450 le qualità. Tutte sono state coltivate a Piozzo, ma i semi provengono da ogni parte del mondo. Ecco così che le zucche sono protagoniste non solo per la notte di Halloween, ma anche per quella che è divenuta la fiera più importante dedicata a questo ortaggio e è unica del suo genere in Italia.

MERANO WINE FESTIVALNelle sontuose sale del maestoso Kurhaus va in scena, dal 4 al 7 novembre, la 20esima edizione del Merano Wine Festival, l’evento enogastronomico europeo che per primo ha proposto al pubblico solo il meglio del wine&food, creando uno stile inconfondibile connotato da eleganza ed esclusività. 20 anni dedicati a selezionare, scoprire, met-tere in luce, solo l’eccellenza della produzione enologica italiana e mondiale.Come è tradizione, sui banchi d’assaggio allestiti nelle sale della storica “casa termale” di Merano, considerato l’edificio più bello in stile storicista di tutta la zona alpina, le aziende vi-tivinicole possono proporre unicamente i vini che hanno superato le rigide selezioni della Commissione di degustazione del Festival.Le sessioni di degustazione, conclusesi in questi giorni dopo tre mesi intensi di lavoro, hanno stabilito l’ammissione al Festival dei prodotti di sole 290 aziende italiane (ben 362 sono state escluse) provenienti da tutte le regioni, ed altrettanti produttori internazio-nali, fra cui 32 storici chateaux dell’Union des Grand Crus de Bordeaux.Sono 40 le aziende vitivinicole della provincia di Cuneo, e ciò decreta anche nei numeri il riconoscimento di una diffusa elevata qualità delle nostre produzioni; etichette importanti del panorama enologico internazionale accanto a giovani emergen-ti: Pio Cesare, Cordero di Montezemolo, Renato Ratti, Bruno Giacosa, Massolino, Elio Grasso, Moccagatta, Voerzio, Sottimano, Luigi Oddero, Malvirà sono alcune delle aziende di Langa e Roero presenti alla prestigiosa ed esclusiva rassegna altoatesina.

Merano - Kurhauswww.meranowinefestival.com

photo: Marianna Bottero

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PrimoPianoLA BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA PROTAGONISTA A SALUZZO“Il Piemonte ha una presenza notevole di artisti con visioni originali e consapevolezza delle radici locali” parola di Vittorio Sgarbi, curatore della 54ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Il critico d’arte ferrarese ha scelto la Castiglia di Saluzzo come sede per questa mostra inserita nel progetto che coinvolge le regioni, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Saluzzo afferma così la sua vocazione per i grandi eventi culturali. “Sul piano espositivo l’arte contemporanea in Piemonte è chiusa nei confini dell’arte povera e concettuale, a Saluzzo abbiamo allargato gli orizzonti“ afferma Sergio Anelli, lo studioso dell’arte che ha condiviso l’organizzazione con Sgarbi. Spazio, dunque, a diverse forme di espressione: dal video alla fotografia, dalla grafica al design, nei lavori di oltre quaranta artisti. Tra le opere in mostra spicca quella situata nel cortile della Castiglia, realizzata dall’artista monregalese Corrado Ambrogio che ne sintetizza così il significato: “Questa installazione si intitola “M” che si presta a molte interpretazioni. In questo caso vuol dire Mille in omaggio all’Unità d’Italia. È un chiaro riferimento al famoso esercito di Garibaldi”. Spiega ancora Ambrogio: “L’installazione è realizzata in modo da permettere un’interazione con il pubblico. Desidero, infine, sottolineare l’utilizzo di attrezzi di lavoro agricolo: esprimono la tradizione della nostra terra e mettono in risalto il lavoro e la fatica: due valori che le generazioni del passato ci hanno consegnato per un Paese migliore.” Da sottolineare come evento collaterale la mostra “Nei limiti”, a cura dall’associazione Art.ur., e l’omaggio a Carlo Sismonda, l’artista di Racconigi recentemente scomparso. La mostra è in programma fino al 27 novembre. Info: www.fondazionebertoni.it

SAVIGLIANO A FUMETTINon esiste città in Italia simile a Savigliano, e non soltanto, che possieda una storia raccontata col fumetto: una storia vera, una storia narrata nel dettaglio, resa credibile grazie alle fonti consultate ed all’attendibilità delle notizie storiche affrontate. Se Savigliano è in condizione di avere una simile iniziativa editoriale è grazie soprattutto alla piacevole ed intelligente «follia» di Luigi Botta e di Franco Blandino, che hanno voluto prendere di petto l’argomento e, nonostante le difficoltà incontrate, sono riusciti a mettere in cantiere i primi due volumi di una così importante ed esclusiva iniziativa. Botta è l’autore delle ricerche (che si avvale delle fonti edite, inedite e dell’indagine sul territorio) e Blandino dei disegni (eseguiti con estrema attenzione all’inquadramento epocale e territoriale). Il secondo volume della storia saviglianese a fumetti ha per titolo «Savigliano - Racconto per immagini di una città e della sua gente (dal 1366 al 1439)», è edito dall’associazione culturale «Cristoforo Beggiami», si presenta in legatura cartonata con 160 pagine di formato 21 x 29,7. È in prenotazione sino al 26 novembre 2011 presso librerie, edicole, giornali ed incaricati di Savigliano e dintorni o direttamente presso l’associazione editrice ([email protected]). L’uscita è prevista per i primi giore di dicembre.

CELIÀ, SENZA GLUTINE CHE SPETTACOLOA Mondovì, il primo evento italiano “gluten free”: approfondimenti, laboratori, interventi scientifici e progetti concreti rivolti al mondo dell’intolleranza alimentare. Tra i partner scientifici che hanno sostenuto la manifestazio-ne: AIC - Associazione Italiana Celiachia e SIGE - Società Italiana di Gastroenterologia. Celià, una risposta necessaria rivolta non solo ai medici, agli operatori sanitari e pazienti celiaci ma anche agli operatori del settore agroalimentare e al grande pubblico, sempre più attento a individuare corrette abitudini alimentari per salvaguardare la propria salute.Celià porta a conoscenza realtà diversificate, accomunate dalla volontà di garantire altissima qualità gluten free, strada intrapresa con suc-cesso da soggetti autorevoli come Eataly, part-ner della manifestazione monregalese. “Eataly è stata molto contenta di collaborare al primo evento italiano dedicato alla Celiachia - dichiara Francesco Farinetti, amministratore delegato - e ringrazia l’Associazione Intolleranza Zero per l’entusiasmo dimostrato nell’organizza-zione di questa importante manifestazione. Il quarto punto del manifesto di Eataly s’intitola “TUTTI”, perchè Eataly è un luogo aperto in cui chiunque può sentirsi protagonista di un informale percorso di avvicinamento e com-prensione dei cibi e delle bevande di qualità. Proprio in questo solco abbiamo aderito con convinzione a Celià, perchè pensiamo che fra quei “tutti” rientrino a pieno diritto le persone che soffrono di intolleranze alimentari.”

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Sono trascorsi 28 anni da quando, nel 1983, alla ex Galleria degli Orti, Francesco

Casorati tenne la sua prima personale a Cuneo. Delle sue realizzazioni dice: “Il mio lavoro è di-ventato via via più intimista, il tessuto pittorico è condotto con amore, direi, ossessivamente, i contenuti letterari, che continuano a esserci, sono attinti da un repertorio di immagini, sono dei pretesti per fare pittura. La mia attenzione principale è quella di dipin-gere degli spazi armonici, giusti, ben equilibrati e condotti correttamente; la mia ambizione e la mia speranza è che questi lavori siano anche dei momenti poetici”.È la seconda esposizione “di peso” della gio-vane galleria cuneese, aperta da un anno nella sede di Via XX Settembre 10. Infatti, nel dicem-bre 2010, si è tenuta la collettiva Grandi maestri del XX secolo, con opere dei più importanti au-tori di arte moderna del mondo, come il grup-po Cobra, Appel, Jorn, Alescchinsky Botero, Carrà, Morandi, Utrillo, Arman.Un alto profilo, quindi, garantito dalla presen-za, quale direttore artistico, di Fabrizio Quiriti, 37 anni di esperienza a livello internazionale maturati con la “Galleria Il Prisma”, note ben

DAL 29 OTTOBRE 2011 AL 10 GENNAIO 2012 LA GALLERIA SKEMA 5 OSPITA UNA MOSTRA DI FRANCESCO CASORATI. UN RICCO CATALOGO PRESENTATO DA IDA ISOARDI CON UN COMPLETO APPARATO BIO-BIBLIOGRAFICO, EDITO DA ADRIANO PARISE IN OMAGGIO AI VISITATORI, ILLUSTRA LE CIRCA QUARANTA OPERE ESPOSTE CHE RIPERCORRONO GLI ULTIMI DIECI ANNI DELL’ATTIVITÀ DELL’ARTISTA.

oltre i confini provinciali, attiva fino al 2006 e sede per decenni di appuntamenti con la gran-de arte moderna e contemporanea. L’elenco degli aventi è lungo. Senza seguire un partico-lare ordine cronologico, si possono ricordare le retrospettive di pittura dell’Ottocento, con le migliori firme e scuole italiane: dai Macchiaioli al Simbolismo, al Divisionismo di De Nittis e Segantini, fino al raffinato estetismo di Boldini.Nel 1995 venne esposto “Il cammino del la-voratori”, più noto come “Il Quarto Stato”, di Pelizza da Volpedo, un quadro icona del Novecento. All’epoca, ricorda Quiriti, l’allora sindaco di Cuneo, Elio Rostagno, auspicò che la Fondazione CRC lo acquistasse per poi ce-derlo in comodato d’uso al Museo cittadino. Era una visione illuminata: con un solo quadro, ma di altissimo valore non solo economico, ma in specie simbolico e culturale, si poteva quali-ficare un’intera struttura. Com’è noto, in realtà non se ne fece nulla.Numerose le iniziative condotte dal direttore artistico di Skema 5. Nel 1983 è una perso-nale di De Chirico, a fine anni Ottanta una di Schifano, del 2005 è una personale di Mimmo Rotella e una di Arman, che hanno entrambe

DI FABRIZIO GARDINALI - PHOTO: DANIELE MOLINERIS

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la particolarità di essere le ultime con gli artisti ancora in vita.E ancora: nel 1994 “Arte nascosta”, una panora-mica dell’arte sovietica non ufficiale, non gradi-ta al regime comunista dell’epoca, vincendo la diffidenza degli stessi autori, poco inclini, per ragioni di sicurezza personale, a farsi conosce-re. Del 2001 è una personale di Basquiat dal titolo provocatorio “Basquiat a Cuneo”, il cata-logo della quale, edito per l’occasione, è ancora oggi richiesto dai collezionisti di tutto il mon-do. Nel 2003 è “Some rivers, some trees, some rocks, some seas” di Thomas Joshua Cooper, uno dei massimi, se non il massimo, fotografi paesaggisti statunitensi. Ritornando a Basquiat, al novembre 2001 le sue opere erano valutate dai 300.000 ai 700.000 dollari, oggi oscillano fra i 3 e i 12 milioni di euro. Prova che, in questo campo, chi ha saputo vedere lontano ha anche avuto buoni ritorni economici. “Certamente - afferma Quiriti - chi ha creduto nell’opera d’arte ha avuto buone performance, con in più la soddisfazione di godersi il bello. C’è anche un aspetto squisitamente speculativo, specie nell’ambito del contemporaneo. Io però diffi-do di chi ha solo in vista l’aspetto finanziario. La mia clientela è formata da collezionisti, da persone che amano il quadro a prescindere dal valore monetario assoluto. Non è tanto quanto si spende, ma come. La mission di Skema 5 è seguire questa filosofia di qualità destinata a chi è amatore, prima, e solo dopo investitore, per altro in un mercato in evidente controten-denza.” Come per altro dimostrato dai top pri-ce raggiunti nelle aste di ottobre 2008 a New York e Londra, dopo le note vicende finanziarie made in Usa, e ancora a Basilea 2011, che ha confermato il trend positivo sia pure in piena bufera economica. È un mercato anch’esso glo-balizzato, con una crescente presenza di Paesi emergenti che, specie nell’arte contempora-nea, influenzano la clientela internazionale.“L’attenzione che cerchiamo di porre al tema della qualità è fondamentale - prosegue il di-

“La mia clientela è formata da collezionisti, da persone che amano

il quadro a prescindere dal valore monetario assoluto”. Fabrizio Quiriti

Nella pagina precedente: in primo piano Fabrizio Quiriti, con alle spalle Gianni Mosca, il titolare di “Skema 5”. Insieme ci aprono le porte della Galleria che ospita, in questi giorni, la mostra “Francesco Casorati”.

Scorci della galleria dove è possibile ammirare le opere inserite in ambienti allestiti con importanti elementi di design contemporaneo

rettore artistico di Skema 5 - con la presenza di grandi maestri moderni “storicizzati” e un occhio alle nuove proposte a cui si aggiungono alcuni artisti che seguiamo con particolare in-teresse, come il centallese Imberti o Giuseppe Scaiola. L’essere poi in provincia è interessante, specie per me che qui sono nato e torno dopo dodici anni. Vi è sensibilità e curiosità per le proposte serie. Poi non è più il confine isolato: con i mezzi odierni, se hai competenza e co-noscenza, puoi operare dovunque e la location non è più così determinante. Determinante è il livello e la proprietà dell’of-ferta che si avanza.” UN

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Siamo a Castiglione Falletto, nel cuore delle Langhe. A pochi giorni dal lancio del suo

ultimo disco intitolato Vitamia, incontriamo, a casa sua, Gian Maria Testa. Si parla di musi-ca, anima, emozioni, concerti, lavoro, libertà e aneddoti della sua carriera. C’è una certa assonanza tra l’atmosfera in cui ci troviamo e questo incontro: la pace del luogo enfatizza lo spettacolo delle colline vitate che presto si addormenteranno nell’inverno. Poco più in là dalla terrazza del Bar di Renza ad interrompere il silenzio le risate degli stranieri. È uno di quei momenti di Langa in cui si tiranno le somme, della vendemmia, dell’anno trascorso. Si fanno progetti per il futuro. E Vitamia di Gian Maria Testa è un po’ questo: un frangente di riflessio-ne di un capostazione che dopo aver viaggiato in tutto il mondo come musicista osannato dal-

la verità dell’emozioneGIANMARIA TESTA, POETA DELLA CANZONE ITALIANA, ALLA VIGILIA DELL’USCITA DEL SUO ULTIMO DISCO “VITAMIA” CI RACCONTA LA SUA VISIONE DELLA VITA.

DI AXEL IBERTIPHOTO: ALEX ASTEGIANO

la critica internazionale si ferma a tradurre in parole e suoni appunti del suo passato e del suo presente. Tra amici che purtroppo non ci sono più e figli che crescono, prova a definire un’invocazione laica per il futuro. In origine il disco doveva chiamarsi “18 mila giorni”, sullo stimolo che un amico gli aveva dato per tra-sformare in tramonti la sua età anagrafica. Un numero che per un uomo che ha passato i 50 anni sembra limitato e calcolato con questo pa-rametro ti fa capire quanto ogni nuova alba che si affronta sia ancora di più un dono. Così come la libertà. Altro tema caro a Gian Maria Testa, alla quale dedica riflessioni a scala differente: da quella personale a quella collettiva. La sua, mi racconta, ha avuto modo di guadagnarsela tramite il lavoro. Ed io penso al suo mestiere di musicista ma lui mi corregge: per lui la mu-

sica è una pulsione, una dimensione salvifica dalla quale non può sottrarsi che non definisce come professione: “Dal lavoro stacchi, dalla musica no”. Ed è quindi grazie al suo lavoro di capostazione che ha potuto seguire la sua strada nel mondo senza compromessi, ricatti o acceleratori mediatici, conquistandosi un pub-blico fedele ai quattro angoli della terra al quale si è sempre proposto con sincerità. E a questo punto c’è una domanda a cui non rie-sco dare una risposta: come ha fatto un italiano che canta in italiano a fare il tutto esaurito nei teatri e nelle sale da concerto di tutto il mondo? “Forse” risponde lui “perché la nostra lingua è amata, e nell’insieme compositivo della parola inquadrata dal suono e dallo strumento riesce ad avere un potere evocativo unico. Questo probabilmente è il bello della canzone: fin dalla notte dei tempi sa entrarti dentro senza filtro”. E lui è la prova provata. Già, perché Testa, da Cavallermaggiore, prima di essere corteggiato dallo show business italiano, al quale spesso ha anche saputo dire di no, ha fatto il giro largo. Molto largo. Prima si è affermato in Francia, a Parigi dove si è anche esibito all’Olympia Hall, tempio sacro della chanson française e da lì ha toccato il cuore del pubblico in Belgio e quindi quello olandese e tedesco. E poi grazie al circuito culturale francofono, sempre però cantando in italiano, i suoi dischi hanno attra-versato l’oceano raggiungendo il Quebec base d’appoggio per conquistare il Canada e la cultu-ra anglo-americana a New York, raggiungendo così un successo planetario che non ha scalfito il suo approccio creativo. Ma anzi, sembra averlo rafforzato. E lo si leg-ge ed ascolta nelle tematiche e nei contenuti delle sue canzoni con cui viene confermato il suo impegno nel raccontare la verità di un’e-mozione partendo dal presupposto come dice lui “che deve esserci o perlomeno chi ha diritto di ascolto, di pubblico, deve avere una respon-sabilità etica in quello che dice”. E mi fa capire meglio questo concetto spostan-

do l’attenzione su alcuni esempi dell’attuale situazione politica globale, dove spesso chi è al potere si sente autorizzato a fare e dire ciò che vuole ignorando anche i requisiti minimi di adeguatezza richiesti dal ruolo che ricopro-no. Vede il mondo, e forse qui esce fuori la sua preoccupazione di padre, “in cui il presente ci sopravanza, e non si ha il tempo di digerire, di far sedimentare ciò che succede, un periodo di pochissimo futuro” nel quale però è convinto “che sia giunto il momento di trovare delle al-ternative collettive”. E se lo dice chi si è conquistato la sua libertà di artista con il sudore del lavoro, non dobbiamo avere paura. Forse le canzoni non possono cambiare le cose, ma di sicuro ci possono aiutare.

VITAMIA

Dopo cinque anni dalla pubblicazione dell’ultimo disco intitolato “Da questa parte del mare”, esce “Vitamia”. 11 canzoni che rappresentano una riflessione personale e sociale lunga 50 anni, un affresco sentimentale ed umano che, come la vita, porta con sé diverse sfumature e diversi colori musicali. Suonato tutto in diretta in una settimana con i musi-cisti che da molto tempo collaborano con Gianmaria Testa: Claudio Dadone alle chitarre (autore anche di alcuni arrangiamenti e parteci-pante attivo al lavoro di pre-produzione artisti-ca insieme a Gianmaria Testa e Paola Farinetti), Giancarlo Bianchetti alle chitarre, Nicola Negrini al contrabbasso, Philippe Garcia alla batteria e Roberto Cipelli al pianoforte a cui si uniscono poi ospiti diversi. All’uscita del disco farà seguito una lunga tournée che toccherà Italia, Germania, Francia e Olanda.

La musica è una pulsione, una dimensione salvifica

dalla quale non posso sottrarmi.Dal lavoro stacchi, dalla musica no.

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“La Versailles italiana”, vanto della storia e della cultura piemontese è un incantesi-

mo che si svela ogni giorno allo sguardo di chi desidera lasciarsi affascinare. Un incantesimo che quest’anno si è arricchito di gusto: in occa-sione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, la Reggia ha ospitato le “Cene Regali”. Sette appunta-menti con le specialità di sette regioni, un viag-gio alla scoperta dei sapori tipici del Belpaese. Di gusto, di arte e di bellezza abbiamo piace-volmente chiacchierato con Alberto Vanelli, direttore della Reggia di Venaria. La Reggia di Venaria ha concluso il ciclo delle “Cene Regali”, l’evento organizzato in occasio-ne dei festeggiamenti di “Italia 150”. Cultura ed enogastronomia sono due eccellenze del Piemonte e dell’Italia: un bilancio a caldo. Le “Cene Regali” sono state senza dubbio un

a cena dasua maestàUN GRANDE AMORE. CONDIVISO DA QUATTRO MILIONI DI CUORI: TANTI SONO STATI I TURISTI DAL 2007 AD OGGI PER QUELLA CHE È DIVENUTA LA SECONDA META ITALIANA PIÙ FREQUENTATA. LA REGGIA DI VENARIA

DI GIORGIO TRICHILOPHOTO: PRESS OFFICE VENARIA REALE

successo. Ogni appuntamento è stato un sold out con 600 posti a sedere e un overbooking di 400 posti. Attraverso questo evento, abbiamo reso omaggio alla varietà e alla ricchezza della tradizione culinaria italiana: una cucina fatta dalle diverse cucine regionali; sapori unici che da sempre esprimono storie, culture, valori, identità sociali. Le “Cene Regali” hanno voluto soprattutto valorizzare e far conoscere questo patrimonio. Gran finale con la cucina piemontese. Quali chef e quali piatti?Abbiamo deciso, naturalmente, di chiudere con un omaggio alla tradizione della nostra regione. Il Piemonte è una terra ricca di sapori: abbiamo quindi proposto, grazie alla maestria di chef come Davide Scabin del Combal.Zero, Alfredo Russo del Dolce Stil Novo, Ugo Alciati del

La Reggia di Venaria, considerata la “Versailles” italiana, rifulge nella grande peschiera del Parco Basso.

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Ristorante Guido di Pollenzo, e Pier Bussetti del Castello di Govone, una rivisitazione dei grandi piatti della cucina piemontese. Le “Cene Regali” hanno celebrato l’Unità d’I-talia a tavola; quali sono i commenti del pub-blico che le hanno fatto più piacere?La carta vincente è stato il binomio arte-gusto. Le cene si sono svolte all’interno di uno stra-ordinario palcoscenico: la Galleria Grande detta “di Diana”. La location ha dato un valore aggiunto, contribuendo a creare un’atmosfera unica e irripetibile. I commenti del pubblico sono stati, quindi, molto lusinghieri.Pensa di ripetere la manifestazione?Penso di sì, visto il successo di questa prima edizione. Abbiamo in programma di rivedere il format e trasformare la manifestazione in un “Gran Galà dell’Enogastronomia italiana”. Fabrizio Del Noce (Presidente del Consorzio Venaria Reale, che gestisce la Reggia Sabauda, ndr) sta lavorando a un possibile evento tele-visivo. Parliamo della Reggia di Venaria e diamo un po’ di numeri. Quanti visitatori conta la Reggia dalla sua apertura? Quanti sono i tu-risti stranieri?I numeri valgono più delle parole. In quattro anni abbiamo accolto 4 milioni di turisti, di que-sti il 70% è giunto da fuori Piemonte e il 10% è rappresentato da stranieri. In che modo la Reggia di Venaria ha trainato il turismo in Piemonte? Ha contribuito ad allungare il soggiorno sul ter-ritorio da tre a quattro giorni. Si va alla Reggia e ci si ferma per vedere anche altro. Naturalmente è stata Torino a beneficiare delle ricadute mag-giori, penso al commercio: l’Ascom torinese ha registrato un aumento negli ultimi anni del 30% per quanto riguarda i negozi del centro storico. Ma l’intera regione piemontese ha tratto van-taggio da questo trend positivo. Secondo lei, oggi il Piemonte è una regione trendy?Senza dubbio. Piemonte è sinonimo di natura,

cultura e grandi eventi. Dal lago Maggiore alle Langhe, passando per Torino e le località sci-istiche. La riprova è la forte attrattività che la regione riscuote fra i turisti inglesi, americani, francesi, tedeschi e spagnoli, che ancora oggi, a oltre cinque anni di distanza della Olimpiadi Invernali, vengono qui. In che cosa deve migliorare, secondo lei, il sistema turistico piemontese? Organizzazione, professionalità, progettualità. Sono queste le carte su cui puntare in futuro. Dobbiamo non solo consolidare il trend, ma favorire il prolungamento della villeggiatura da parte del turista in Piemonte. Molto è stato fatto - lo riconoscono tutti dentro e fuori il settore - ma non dobbiamo abbassare la guardia e possiamo senza dubbio fare me-glio. Non bisogna, ad esempio, perdere l’occa-sione dell’Expo di Milano 2015, per agganciarvi anche il turismo piemontese. Sul piano del rapporto della Reggia con le altre Residenze Sabaude, esiste una sinergia (pacchetti e altre formule) o su questo punto c’è ancora da lavorare?Più coraggio e maggior spirito di squadra sono due ingredienti indispensabili per creare si-nergia. A volte vi sono resistenze, ma è un at-teggiamento che con il tempo va superato per centrare grandi risultati. Tocchiamo un tasto dolente: i tagli alla cul-tura. Oltre a essere un problema di finanzia-menti, non è anche una questione di mentali-tà? Nonostante i risultati, la cultura continua a essere considerata un optional?Dici “cultura” e dici “turismo”: quindi, occupa-zione e crescita economica. Investire in cultura vuol dire innescare un circolo virtuoso in termi-ni di sviluppo. Certo, servono soldi e strategie. Le faccio un esempio: con il ricavato del costo del biglietto, qui alla Reggia, copriamo solo il 50% delle spese. Ricette magiche non ce ne sono, ma una solu-zione concreta potrebbe essere l’immissione di una tassa di scopo per finanziare la cultura.

Alberto Vanelli, direttore del complesso monumentale.

Una vista della “Galleria di Diana” allestita per le Cene Regali, appuntamento nato per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, che, dato il successo diverrà permanente.

La Sala delle Arti.

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La Reggia di Venaria però guarda avanti. Quali sono gli appuntamenti per il 2012?Innanzitutto, desidero sottolineare la mostra, in programma fino a gennaio 2012, dedicata a Leonardo Da Vinci: “Leonardo. Il genio, il mito.” Per la Reggia, si tratta di un altro evento di prestigio e di risonanza internazionale. Il ce-lebre autoritratto è esposto per la prima volta accanto alle opere degli artisti che si sono ispi-rati al genio leonardesco nel corso dei secoli. Sempre fino a gennaio, è di scena anche un’al-tra mostra, “Moda in Italia, 150 anni di elegan-za”, un viaggio nello stile italiano dal 1861 a oggi, dalle donne del Risorgimento agli artisti del Futurismo, dalle dive del cinema agli stili-sti contemporanei. Inoltre, nel 2012, la Reggia ospiterà 100 opere di scuola fiamminga della collezione del Principe Eugenio, che si trovano alla Galleria Sabauda di Torino. Per finire, desidero ancora ricordare l’esposi-zione dell’aurea Peota reale di Carlo Emanuele III di Savoia, l’unico bucintoro ancora esistente al mondo, fatto costruire a Venezia da Filippo

Juvarra nel 1730, per 33.539 Lire venete. Naturalmente la Reggia di Venaria vi attende anche la prossima estate con il suo calendario di eventi musicali e di spettacoli. Lei è il direttore della Reggia, ma le è mai capi-tato di abbandonarsi a questo splendore con gli occhi del turista?Certo. Personalmente ho seguito i lavori di re-stauro fin dai primi progetti e ho visto questo sogno prender forma giorno dopo giorno: un sogno a cui pochi all’inizio credevano. Sa qual è il segreto del fascino della Reggia? La capacità di proiettare il turista in un’altra dimensione storica. Non si visita la Reggia come un museo, perché si entra nella sua magia: rivivere la vita di corte, passeggiare tra i tesori della natura e dell’arte, e magari fermarsi al ristorante o assi-stere alle varie attrazioni; trascorrere insomma un’intera giornata in un viaggio fuori dal tem-po. Chi l’ha visitata, come noi che ci lavoriamo, è affetto da quella malattia di nome “venarite”: ammalarsi è facile e straordinario. Ed è una ma-lattia contagiosa!

Giardino a Fiori nel Parco Alto e Allea della Fontana dell’Ercole

La Cappella di Sant’Uberto

Il Teatro d’Acqua della Fontana del Cervo nell Corte d’Onore

www.lavenaria.it

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via degli artigiani, 17 - 12100 Cuneo - tel. +39.0171.603633 • fax +39.0171.681415e-mail: [email protected] - www.tipolitoeuropa.com

P R O V A L A Q U A L I T ÀD E I N O S T R I S T A M P A T I

e l e n o s t r e U N I C H E N O B I L I T A Z I O N I

Si è recentemente conclusa la sesta edizione “La Santità Sconosciuta - Piemonte Terra di

Santi”, organizzata dai fratelli Ivan e Natascia Chiarlo, dell’Associazione “Arturo Toscanini” di Savigliano. In questi anni, la rassegna è cresciuta nei consensi di critica e di pubblico, divenendo uno degli appuntamenti clou del panorama culturale in provincia di Cuneo. In programma, incontri tra intellettuali e uomini di fede sui temi che coinvolgono da sempre l’umanità. La musica, tuttavia, è sempre regina. Dal 2006 si sono succeduti sul palco dell’Ab-bazia di Staffarda - sede storica de “La Santità sconosciuta - star della musica, come Raina Kabaivanska e Salvatore Accardo. Accanto al gradito ritorno del Maestro Uto Ughi, che da quest’anno affianca i fratelli Chiarlo nella di-rezione artistica, l’edizione 2011 ha avuto tra i

noa, musica senza confini A TU PER TU CON LA CANTANTE ISRAELIANA DI ORIGINE YEMENITA, OSPITEDELL’ULTIMA EDIZIONE DI “LA SANTITÀ SCONOSCIUTA - PIEMONTE TERRA DISANTI” ALL’ABBAZIA DI STAFFARDA. RITRATTO DI ARTISTA E DI DONNA.

DI GIORGIO TRICHILOPHOTO: PRESS OFFICE NOA

protagonisti Noa. L’abbiamo incontrata in occa-sione del suo concerto a Staffarda. Un ritratto di donna e artista, curiosa e sensibile. Sei stata una delle guest star della “Santità sconosciuta - Piemonte Terra di Santi”, che ha come sottotitolo “Musica, cultura, spiri-tualità”: che significato hanno per te queste parole?Secondo me la musica è una delle migliori forme di espressione per purificare la nostra anima e aprire la mente. È, quindi, uno stru-mento essenziale per creare empatia e condi-visione tra gli esseri umani.Attraverso la musica, possiamo sentire armo-nia non solo tra gli uomini, ma anche con la natura. In questo, per me, sta l’essenza della spiritualità. Questa edizione de “La Santità sconosciuta” è

Noa, cantante israeliana famosa per la colonna sono-ra de “La vita è bella” di Roberto Benigni, portavoce mondiale dell’interreligiosità, pilastro essenziale per costruire la pace.

dedicata alla pace e al dialogo tra le religioni. Cosa vuol dire “pace” per te, che sei nata in Israele?Penso che il dialogo tra le religioni sia un pilastro essenziale per costruire la pace. In Medioriente, purtroppo, si assiste all’esplosione del fanati-smo religioso che produce paura, pregiudizio e un’impennata dell’integralismo. Tutto questo è un ostacolo per il percorso di pace. Da parte mia, auspico la nascita di un’istituzione mon-diale interreligiosa sull’esempio delle Nazioni Unite, per promuovere i valori che uniscono, anziché quelli che dividono. Potrebbe essere una soluzione per stanare la violenza e ritrovare l’unità dei popoli, in nome di Dio. Oltre a essere una cantante e una donna im-pegnata, sei anche una mamma israeliana. Come spieghi ai tuoi figli la situazione nel tuo Paese?

Parlo molto con i miei figli della nostra storia e del nostro futuro. Li educo al rispetto degli altri, così come della natura. La difesa dei diritti umani è il primo passo verso la pace ed è un valore che interessa credenti e non credenti. Amare il prossimo è un atto di fede. Parliamo di musica. Esiste una musica medi-terranea e tu ti senti una cantante di questa tradizione?

Sicuramente. C’è una cultura mediterranea e io sono fiera di farne parte. Il Mare Mediterraneo è un serbatoio di valori comuni: l’amore per la famiglia, il calore, l’amicizia, l’allegria, il buon cibo. La storia mediterranea è fatta di naviga-tori, che si sono imbarcati alla scoperta di terre lontane, e di migranti partiti alla ricerca di un futuro migliore. E poi c’è anche una storia di guerre e di pace, di poesia e di dolore. Quante

Per me la musica è una delle migliori forme

d’espressione per purificare l’anima e aprire la mente.

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esperienze! E molte sono state raccontate da canzoni stupende. Hai più volte collaborato con musicisti ara-bi o palestinesi. Tra di voi c’è più speranza o frustrazione, per un’evoluzione pacifica della storia dei vostri Paesi?È vero, ho stretto numerose collaborazioni. Naturalmente è difficile trovare un terreno d’incontro su argomenti così complicati. Con pazienza e apertura al dialogo, però, l’intesa tra musicisti è più a portata di mano. Sono molto amica di Nabil Salmeh, fondatore del gruppo musicale palestinese Radiodarvish e della can-tante araba Mira Awad. Da questi due artisti ho imparato molto. In Italia sei ancora ricordata per la tua inter-pretazione della colonna sonora del film La vita è bella di Roberto Benigni. Ci racconti il tuo incontro con lui e la sua scelta di affidarti la canzone?Essere scelta come interprete di questa canzo-ne è stata una delle esperienze più emozionanti della mia carriera artistica. Il testo e la musica di questo brano hanno un’intensità sorprendente e sarò sempre grata a Nicola Piovani per averla affidata a me, così come mi rende felice aver instaurato un rapporto di amicizia con questo musicista. Quando Roberto ha sentito la mia interpretazione, mi ha subito chiamata e ci siamo visti spesso: con lui ho vissuto momenti eccezionali. Benigni è una persona eccezionale. Sei un’estimatrice della musica napoletana, non è vero?Certamente. È una musica profonda, sugge-stiva, unica sia per quanto riguarda la melodia sia per i testi. Penso che ci siano molti punti in comune tra la musica napoletana e quella della tradizione ebraica. Entrambe esprimono forti emozioni: amore, passione, dolore, storie di emigranti. Alla base c’è un intenso roman-ticismo. Cosa canta Noa sotto la doccia?Sotto la doccia è il momento migliore per scri-verle le canzoni!

Ivan e Natascia Chiarlo, fondatori dell’Associazione culturale “Arturo Toscanini” di Savigliano, che organizza la rassegna “La Santità sconosciuta - Piemonte Terra di Santi” (www.associazionetoscanini.it)

photo: Luca Fumero

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Sono in molti a sapere che tra le eccellenze imprenditoriali della Granda va annoverata

anche una grande tradizione nella manifattura della carrozzerie d’automobile. Nell’ambiente, i battilastra e gli atelier del Cuneese sono fa-mosi almeno quanto i grandi stilisti dell’auto per i quali hanno prestato la loro opera. È assai meno conosciuta, invece - anzi è stata presso-ché dimenticata - l’attività di una piccola azien-da di Cavallermaggiore, che ha legato la propria storia a quella di una stravagante casa automo-bilistica americana, per la quale realizzava le vetture interamente a mano. La casa è la Stutz Motor Company, miscono-sciuta da noi e nota solo a pochi storici dell’au-tomobile. Oltreoceano, invece, e in qualche altro angolo del mondo, il ricordo della Stutz è coltivato da un ristretto numero di appassionati

cavallermaggiore e le auto realiIL RICORDO DELLA CARROZZERIA “SATURN”, OFFICINA AUTOMOBILISTICA CHE,DALLA PROVINCIA DI CUNEO, REALIZZAVA I SOGNI DEI POTENTI NEL MONDO PER L’AMERICANA “STUZ MOTOR COMPANY”.

DI RICCARDO CELI

che conservano gelosamente i pochi esempla-ri esistenti delle sue mastodontiche creature. L’azienda, invece, è, o meglio era, la Carrozzeria Saturn, ormai scomparsa da tempo. Eppure, anche se si stenta a crederlo, proprio dall’ano-nimo capannone oggi abbandonato, situato al 14 di Via Trento e Trieste a Cavallermaggiore, a ridosso dei binari della ferrovia, sono uscite decine di sontuose e rifinitissime vetture, finite nei garage di stelle di Hollywood, sceicchi ara-bi, imperatori e personaggi del jet set interna-zionale. Ma andiamo con ordine.Harry Clayton Stutz, un ingegnere dell’Ohio, nel 1911 fonda la Ideal Motor Car Company a Indianapolis, piazzando lo stesso anno una propria vettura all’11° posto alla leggendaria “500 Miglia”. L’anno dopo, la factory dell’India-na cambia nome in “Stutz Motor Company” e

Il primo esemplare della “Royale”, diplomatica allungata, entrata nei garage imperiali di Re Fahd d’Arabia negli anni ‘70.

l’imprenditore comincia a produrre la Bearcat, una roadster con un notevole (per l’epoca) 4 cilindri a 16 valvole. Nel 1914, una Bearcat si piazza al quarto posto alla “500 Miglia” e, appe-na qualche anno dopo, l’attore Gary Cooper e il romanziere Francis Scott Fitzgerald (autore de Il grande Gatsby) scorazzano per Hollywood e Long Island con la loro Bearcat. Negli anni se-guenti la fama della Stutz aumenta: arriva il mo-dello Black Hawk, cresce il numero dei cilindri (8 in linea) e arrivano un paio di record mon-diali di velocità, a Daytona e a Le Mans. Tuttavia, la grande depressione seguita alla crisi del ‘29 spazza via molte leggende dell’automobilismo americano: una dopo l’altra, scompaiono la lussuosissima Duesenberg, la Pierce Arrow e la Mormon, e la Stutz cessa la produzione nel 1934, per chiudere i battenti l’anno dopo. In 23 anni, dallo stabilimento di Indianapolis, oggi un business center che ospita lavori di vari artisti,

DALLA GRANDA AI GARAGE REALINel 1976, Paolo Martin disegna per la Stutz, rispettando gli stilemi tipici della casa, una gigantesca limousine, la Royale, una “diplomatica” allungata, basata a sua volta sulla Cadillac De Ville. Il nome “Royale” indica già a quale clientela è destinata. Il primo esemplare va, infatti, a Re Fahd d’Arabia. L’auto, però, torna presto a Cavallermaggiore per una singolare modifica: le reali terga del sovrano non possono sedersi sul cuoio Connolly dei sedili, che, benché prezioso, è di “volgare” origine animale. La Saturn lo sostituisce quindi con un son-tuoso velluto. Un’altra Royale viene acquistata nel 1977 dall’oggi scomparso El Hady Omar Bongo, Presidente del Gabon (nel cui garage vi è anche una “IV Porte” targata “A BONGO”), e alcune fonti sostengono che in realtà fu questa vettura a subire il cambio del rivestimento dei sedili. In ogni caso, anche la limousine di Bongo tornerà a Cavallermaggiore, ma per ben altri motivi: ridotta in uno stato pietoso, piena di sabbia e muffa, verrà affidata alla Saturn per un restauro completo e restituita, insieme a una fattura d’importo non noto, ma certo degno di un presidente. Un secondo restauro verrà poi affidato a un’azienda francese e persino il Presidente Nicolas Sarkozy, durante la sua visita in Gabon del 2007, è stato ospitato sulla limousine di Ca-vallermaggiore. È avvolta nel mistero, invece, la sorte delle 12 Stutz acquistate dallo Shah di Persia, Reza Pahlavi.

Immagini della campagna pubblicitaria americana del modello Blackhawk. Queste auto, realizzate

partendo dalla “Pontiac Grand Prix”, erano personalizzate nelle officine cuneesi e,

con grande cura nel trasporto, consegnate a stelle di Hollywood,

e a personaggi del jet set internazionale

sono uscite oltre 35.000 vetture. Per oltre 30 anni, “Stutz” rimase un nome sepolto nell’o-blio, sopravvivendo solo nella memoria di chi ricorda i mitici roaring twenties americani, il charleston, le piume di struzzo, Al Capone e il proibizionismo. Poi, magicamente, arriva qual-cuno che lo riporta in vita. È Virgil “Ex” Exner, uno sperimentato designer, ormai in pensione, che ha già lavorato per due case automobili-stiche americane, Chrysler e l’oggi scomparsa Studebaker. A Exner viene l’idea di produrre una vettura di stile neo-classico, abbinando il nome di una delle marche storiche, ora de-funte, alla tecnologia moderna americana e l’arte dei grandi carrozzieri italiani. È il 1968 quando Exner, con la sua idea in tasca, con-tatta il private banker James O’Donnell per cercare finanziamenti. Inizialmente, pensa proprio alla Duesenberg, ma l’idea non piace al banchiere, che dopo una serie di viaggi in Italia per cercare “contatti”, rinuncia all’idea. Tuttavia ci ripenserà, questa volta proponendo di “resuscitare” la Stutz. Exner accetta: lui sarà il designer, O’Donnell troverà i fondi. La “base” per la nuova Stutz sarà una famosa sportiva a stelle e strisce, la Pontiac Gran Prix. Creata rapidamente la struttura finanziaria della nuova Stutz, un esemplare di Gran Prix viene affidato nel 1969 a un “modellista” di Detroit, il quale realizzerà un modello d’argilla partendo dal suo telaio, che verrà vestito con la carrozzeria dise-gnata da Exner. Ed è proprio in questa fase che il destino della rinata Stutz, ora divenuta Stutz Motor Car of America, si lega indissolubilmen-te alla provincia Granda. Mentre il modello è ancora in costruzione, O’Donnell compie una serie di viaggi in Italia per selezionare il luogo dove verrà costruita la macchina, chi la realiz-zerà e il piccolo gruppo di aziende che forni-ranno la componentistica. La scelta cade sulla Carrozzeria Saturn di Cavallermaggiore. “Un luogo - dirà poi O’Donnell - selezionato per la disponibilità di aziende adatte, di personale qualificato e per il basso costo della vita e dei

trasporti, ma anche per ragioni estetiche. La città risale al Medioevo e possiede suggestioni legate all’antichità classica, ideali per riportare in vita un’auto d’epoca. Il richiamo all’antichi-tà riguarda anche i lavoratori: le competenze e l’arte della lavorazione dei metalli degli ar-tigiani di Cavallermaggiore sono riconducibili ai loro antenati, che forgiavano le armature in acciaio indossate dai soldati più nobili d’Italia.” Quando la maquette d’argilla è pronta, viene rivestita con una “pelle” di materiale plastico. Spedita in Italia, dalla pelle viene ricavato un modello di legno (sarà pronto nel luglio 1969), sul quale gli abili battilastra della ILCAS dei fratelli Ceresa, a Sparone (nel Canavese), mar-tellano le lamiere della carrozzeria che, verni-ciata dalla carrozzeria Rattalino di Bra (tuttora esistente), viene saldata dalla Saturn al telaio Pontiac. Il prototipo costerà 300.000 dollari.

A parte il telaio, il motore (un poderoso V8 da XX CV ) e i sedili, tutta la vettura, battezza-ta Blackhawk, viene realizzata grazie a com-ponenti e lavorazioni di aziende piemontesi. O’Donnell ne seleziona parecchi che dovranno fornire più di una trentina di particolari diversi. E poiché il target di clientela è alto, nella mac-china non mancano dettagli in grado di sedurre quella molto esigente. Per esempio, parte della corona del volante, l’accendisigari, i pulsanti dei vetri elettrici e altri particolari sono placcati in oro 14K e così anche la coppia di chiavi d’ac-censione consegnate all’acquirente.Il primo esemplare della Blackhawk, un’im-ponente “due porte” lunga oltre 7 m, viene completato nel dicembre 1969 e trasportato in aereo a New York dove, il 20 gennaio 1970, all’Hotel Waldorf Astoria, avviene la presenta-zione al pubblico.

Cromature e linee inusuali per uno dei modelli più richiesti.

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MASSIMO MONDINO DÀ VOCE ALLE “VECCHIE SIGNORE”È lui il meccanico che mise le mani sulla Alfa Romeo 8C Mille Miglia del 1938 della collezione di Ralph Lauren, lo stilista con la passione dei motori: Massimo Mondino. È bovesano. Ha trascorso anni a Los Ange-les, Colorado Springs, Boston e Tampa in Florida. Ora è “tornato alle origini” - come dice lui. Lavora in provincia di Cuneo in una frazione di Peveragno, a San Lorenzo. Ha aperto una officina. Senza riflettori da primadonna. L’unico rimando oltreocea-no è quel Mondino&co, sull’insegna. Pare una follia, a cinquant’anni, e un passato di rango nel settore auto. Ma il cuore ha ragioni - sostengono i filosofi - che la ra-gione non comprende. L’esperienza negli Stati Uniti è stata trentennale, con macchi-ne top di gamma e d’epoca che attende-vano il turno nelle sue officine per essere anche restaurate. Lui ha superato la prova

più dura: guadagnarsi la fiducia dei clienti, divenendo un nome per le richieste di dia-gnosi che poi divenivano cura. Gli venivano affidate vetture miliardarie. Quelle a cui si mette la coperta sopra la carrozzeria, come si fa con i cavalli da corsa. L’esperienza negli Stati Uniti che cosa le ha dato? “Pro-fessionalità” - risponde Massimo Mondino. E continua: “Lavorare su auto di altissima gamma richiede una elevata abilità accerta-ta, senza sbavature. Occorre tenere i piedi per terra e non dimenticare il valore non solo affettivo ma anche commerciale dei mezzi. Ricordo un Gto Ferrari del 1959/60 che aveva un po’ di problemi: quell’auto era stata pagata 16milioni di dollari. La respon-sabilità è altissima e l’aspettativa del cliente è elevata”. Che ricordi ha di Ralph Lauren? “ Tutti sull’attenti. È una potenza ed è tra gli uomini che hanno le più preziose colle-zioni d’auto. Tratta ogni singolo pezzo alla stregua di un figlio”. E ora, il Mondino Made in Italy? “Questo ritorno è stato dettato da una pulsione interiore. Mia moglie, Lia, con i miei due figli che ora frequentano il Liceo Scientifico a Cuneo hanno condiviso la mia scelta. Ho la mia famiglia a Boves. Mia ma-dre è ultraottantenne. Poi, i miei fratelli: Bruno, Enzo, Rita e Donatella. Questione di sangue. È durissima ricominciare. Là ho la-sciato tutto. Ma è una sfida che mi prefiggo e tengo duro. In un certo senso sono ritor-nato nella patria che mi ha reso famoso in America, grazie alle auto su cui ho lavorato: dalle Ferrari alle Alfa Romeo. E io sono fie-ro di essere italiano”. Gira su una utilitaria anonima tra le stradine in mezzo ai campi ai piedi della Bisalta. Le sei corsie sono solo più un ricordo. Parla in piemontese, con un accento marcatamente americano. È sinte-tico. Va subito al dunque, a tu per tu con l’auto. Il tratto è rimasto severo da uomo di montagna, ma quando sorride è in grado di far rombare il cuore.

Il meccanico cuneese (a destra nella foto), nella sua officina americana, accoglie la

Alfa Romeo 8C Mille Miglia della collezione di Ralph Lauren.

Grazie alla sua abilità e alla collaborazione del suo staff è ritornata all’originale fulgore

per essere presentata all’ultimo Salone dell’Auto di Parigi dopo anni di lavoro.

Sotto: l’auto dopo il restauro

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Un villaggio addossato al versante della montagna e le antiche case in pietra ar-

roccate su uno spuntone roccioso lasciano trasparire una secolare vocazione agricola e pa-storale, che in parte si è mantenuta fino ai gior-ni nostri. Se vogliamo dirlo nell’antica parlata occitana, qui tuttora in uso, siamo a La Toureto, in italiano Torrette, una delle più importanti frazioni del Comune di Casteldelfino. Nell’antica borgata sono state conservate molte consuetudini della vita di un tempo. Tra queste, una in particolare spicca per la propria origina-lità: è la tradizione del Fantome, un rito che segna il trapasso dell’anno vecchio e la nascita di quello nuovo.L’inverno a Torrette è particolarmente freddo e dall’8 dicembre, festa dell’Immacolata, al 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, le case

lou fantomedi torretteRIVIVE OGNI ANNO IN VALLE VARAITA UN ANTICO RITO CHE SEGNA IL TRAPASSO DELL’ANNO VECCHIO

TESTO E PHOTO:ENRICO BERTONE

della frazione non vengono più raggiunte dai raggi del sole. Il 31 dicembre, i ragazzi del borgo passano di casa in casa urlando: “paio, paio...”, per chiedere un po’ di paglia di segale in rega-lo e per ritrovarsi poi, nel pomeriggio, con gli uomini più adulti in un fienile a costruire lou Fantome. Su un’intelaiatura in legno realizzata in precedenza, che ricorda le stilizzazioni prei-storiche antropomorfe, viene legata la paglia di segale fino a dar forma a un pupazzo gigantesco che mostra una particolarità: come molte figu-re primordiali, è dotato di un vistoso attributo maschile. Nelle civiltà antiche e primitive, era il simbolo propiziatorio della forza generatrice della natura, come la morte dell’anno vecchio che lascia spazio a quello nuovo rappresenta il rinnovamento del creato e l’inizio di un nuovo ciclo vitale che, se prolifico, darà i frutti per il

Il rogo finale del Fantome, una tradizione che rappresenta la fine dell’anno e l’inizio di un nuovo ciclo vitale.

Nella pagina a fianco:l’allegro funerale del Fantome, portato a spalle dai giovani del paese, con i suonatori in testa al corteo.

sostentamento delle famiglie contadine.Una volta costruito, lou Fantome viene nasco-sto in un posto segreto, noto solo a poche fida-te persone: in passato veniva addirittura veglia-to dai giovani per tutta la notte, per paura che qualcuno potesse rubarlo. Nella tarda mattinata del primo giorno dell’anno nuovo, il pupazzo fa la sua comparsa sulla piazzetta della borgata di fianco alla fonte: la gente lo osserva divertita per poi sparire in casa e consumare il pranzo delle grandi occasioni, dove difficilmente man-cano le tipiche raviole della Valle Varaita.Un tempo, al pomeriggio, si celebrava il pro-cesso, una parte del rito caduta in disuso da qualche anno. Oggi è stata ripresa con grande

successo, ma con una cadenza biennale: l’edi-zione di quest’anno, come una volta, avverrà in forma completa. Il processo inizia al suono del tamburo; l’impu-tato, immobile, viene sorvegliato da due guar-die armate di vistosi tridenti di legno, mentre il giudice, vestito di nero, si trova vicino a un tavolino su cui sono posti il “grande libro della legge” e il martelletto ligneo per fare silenzio tra i presenti. L’avvocato accusatore imputa a lou Fantome le malefatte che sono avvenute nel paese durante l’anno appena trascorso, ma la difesa cerca in tutti i modi di discol-parlo elencando, al contrario, i fatti positivi. Vengono chiamati in causa diversi testimoni

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TORRETTE: LEMBO ESTREMO DELLA VAL VARAITATorrette deve il suo nome all’antica torre di avvistamento i cui resti sono rimasti inglobati nell’abside della Chiesa di San Giovanni Battista. Qui, un tempo, correva il confine tra il Marchesato di Saluzzo e il territorio della Castellata, che comprendeva i comuni dell’alta Valle Varaita: Casteldelfino, Bellino e Pontechianale. Questo territorio fece anche parte della Repubblica degli Escartons, quella che fu un’avanzata forma di ordinamento politico appartenente al Delfinato, costituita il 29 maggio del 1343 con la firma de La Grande Charte des Libertés Briançonnaises tra il Delfino Umberto II e i rappresentanti dei territori di Briançon, del Queyras, e delle alte Valli Chisone, Susa e Varaita: senza dubbio, un modello di governo innovatore per quei tempi.Torrette faceva parte dell’Escarton di Casteldelfino, che includeva la parte alta della Valle Varaita: il territorio rappresentava, per l’appunto, uno dei cinque dipartimenti della confederazione che aveva come capitale Briançon, ma che passò sotto il governo di Casa Savoia con il Trattato di Utrecht del 1713.

che espongono le loro storie stravaganti; tra questi, l’ultimo racconta di una storia d’amo-re struggente finita tragicamente e l’imputato viene inesorabilmente condannato a morte per rogo. A questo punto, prende forma l’allegro funerale con il tamburino e i suonatori in testa al corteo. Lou Fantome viene portato a spalle da quattro persone che si danno il cambio di tanto in tanto; la sfilata compie un lungo giro che attraversa tutta la borgata e si ferma in un prato al limitare del paese. Qui avviene l’atto fi-nale della rappresentazione: lou Fantome viene sistemato in piedi sulla neve e dato alle fiamme

tra l’allegria generale. È un momento di grande festa e si beve vin brulé per attenuare il freddo pungente: le ultime faville della paglia di segale si librano nell’aria portandosi via definitivamen-te l’anno vecchio, i suonatori intonano allegre melodie occitane e qualcuno improvvisa un ballo, cercando di restare in equilibrio sulla neve ghiacciata. Così l’anno nuovo è iniziato in allegria e ami-cizia, è il tempo del rinnovamento e fra pochi giorni i raggi del sole torneranno a scaldare le case di Torrette: tutto sembra di buon auspicio e fa ben sperare in un’annata favorevole.

L’inverno a Torrette è particolarmente freddo: dall’8 dicembre al 17 gennaio le case della frazione

non vengono raggiunte dal sole.

www.occitania-torrette.it

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Rieccoci. Manca poco a Natale e, come molti degli eventi e delle esperienze che

riempiono la nostra vita di gioia e letizia, an-che il Natale “ha le sue spine”. Alzi la mano chi, nemmeno una volta, si è lasciato prendere dalla corsa natalizia alle spese dissennate o chi, pre-so dalla disperazione del regalo dell’ultima ora, non ha mai dato libero sfogo all’acquisto del ciarpame più inutile, oppure chi non ha mai of-ferto o assaggiato un cocktail di scampi o gam-beretti “risuscitati” dal gelo, o un qualsiasi an-tipasto “tartufato”, “salmonato” o “cavializzato” alla mensa di Natale o Capodanno! Tranquilli: non siete i soli. È un virus molto diffuso e pochi ne sono immuni: sono certi isterismi del Natale consumistico, che spesso offuscano il senso della Festa, e che la rendono decadente nelle sue manifestazioni esteriori.

natale coni tuoi...A COMINCIARE DAL MENU. NON SOLO MODA GASTRONOMICA, MA ANCHE NECESSITÀ DI CAMBIARE: I PRODOTTI DELL’ECCELLENZA CUNEESE, “A KM 0”, FANNO BENE AL NOSTRO TERRITORIO, AL PALATO E ALLA QUALITÀ DELLA VITA.

DI VANINA MARIA CARTA

Oggi, la situazione globale di crisi economica e di impoverimento delle risorse del pianeta impone tutto l’anno, e a maggior ragione a Natale, nuovi paradigmi di comportamento nei consumi. E se è vero che dovremmo iniziare a “pensare in modo differente” - come proclama-va il compianto Steve Jobs - dovremmo anche cambiare abitudini per “pensare in verde” (dif-ferenziare, riciclare, risparmiare energia, non sprecare), iniziando soprattutto dalla tavola, o meglio, dalla scelta del cibo. Allora, perché non cominciare con un Natale “eco-gastronomico” e un menu 100% sostenibile?Basta con la frutta esotica, che percorre miglia-ia di chilometri stipata in container; con il cavia-le russo o iraniano; con gli astici, le ostriche e i gamberi del Mare del Nord o il pesce congelato che arriva dall’Oceano Pacifico.

A Natale zampone e cotechino, se da produzioni locali, coniugano tradizione, sostenibilità e bon ton. photo: Giorgio Sandrone.

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In sintesi: a Natale, no ai cibi “da calendario” che arrivano da chissà dove - sì a quelli di sta-gione, provenienti da una filiera corta presen-te sul territorio. Oggi sono queste le parole d’ordine che ci rendono eco-friendly e, a dire il vero, anche eco-trendy. L’attenzione, infatti, verso l’eco-sostenibilità di tutto ciò che ci cir-conda - dall’architettura agli elettrodomestici (di classe A), passando per il packaging dei pro-dotti che consumiamo, per finire (anzi iniziare, come detto poc’anzi) con il cibo - è in forte cre-scita. Secondo una recente ricerca della fonda-zione internazionale Dnv (Det Norske Veritas), uno dei principali organismi indipendenti di certificazione delle aziende e di gestione dei ri-schi, gli Italiani sono sempre più attenti a come vengono prodotti i cibi che acquistano. Dunque a noi la scelta: continuare a mangiare “con gli occhi chiusi”, o imparare a guardare non solo nel piatto, ma aldilà di questo, parten-do dalla spesa. Il Natale offre un’occasione unica per mettere in pratica un nuovo modello di scelta, che si riassume in un concetto immediato: “km 0”. E per chi, come noi, vive in una terra meraviglio-sa che è la Provincia di Cuneo, ricca di risorse agroalimentari di altissima qualità e varietà, è ancora più semplice passare alla pratica, poiché il “km 0” e la filiera corta sono davvero sotto casa: sono la frutta dell’azienda agricola a un tiro di schioppo, le uova dell’agricoltore appe-na fuori paese, i formaggi del caseificio di valle, le carote dell’orto della nonna, oppure li trovi ai farmers markets, e ormai persino al super-mercato (contrassegnati dal marchio “km 0” di Campagna Amica-Coldiretti). Ma non solo: sono anche i prodotti di quelle aziende locali che creano sinergie di sostenibilità con la rea-lizzazione di filiere corte, dove allevamento o coltivazione, trasformazione, produzione e di-stribuzione avvengono nel raggio di alcuni chi-lometri. Basta qualche piccola ricerca, il giusto consiglio dall’amico che conosce il territorio, una guida gastronomica e un po’ di Google,

per venire a sapere che esistono le cosiddette Pat (Produzioni Agricole Tradizionali), le Igp, le Dop (Doc e Docg nel caso dei vini) o i Presìdi Slow Food, che - guada un po’ - si scoprono a pochi passi da noi. Pensiamo alla Gallina Bianca di Saluzzo, all’Agnello Sambucano, al Peperone di Carmagnola, alla Nocciola Tonda e Gentile (e qui l’elenco si fa infinito). I loro punti di forza? Semplice: sono peculiari del proprio territorio - quindi, anche nel gusto, ne identificheranno le caratteristiche - sono freschi, di stagione e, non da ultimo, sostenibili poiché provenienti entro un raggio di pochi chilometri. Infine nel caso dell’acquisto presso le aziende produttri-ci, sono senza particolari imballaggi, in genere richiesti da trasporto e distribuzione. Allora, nei giorni di festa che sono a venire, ve-diamo come stupirci o stupire i nostri ospiti, senza ricorrere agli “effetti speciali” di prodotti esotici, ma con scelte mirate per provare un menu “a km 0”.

Vacche di razza Bruna Alpina presso le Fattorie Fiandino a Villafalletto.photo: Paolo Zorniotti.

Oggi diffusissimi nei nostri orti, i caki sono originari della Cina e dell’Estremo Oriente.

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Passiamo alla praticaAbbiamo chiesto a tre grandi ristoranti del-la Provincia di Cuneo, individuati in tre aree morfologicamente molto diverse ( Valle Stura, colline di Langa e pianura saluzzese), di in-terpretare il Natale nella sua dimensione eco-gastronomica per “educarci” alla giusta scelta. Proprio perché parliamo di “km 0” e di una varietà eccezionale delle produzioni su tutto il territorio provinciale, la geografia conta, poi-ché ognuna di queste zone offrirà una propria gamma di eccellenze peculiari.

Valle SturaIl nostro viaggio parte dalla montagna, da Aisone, in Valle Stura (830 m slm), dove trovia-mo il Ristorante Da Renzo, un punto di riferi-mento per la ristorazione cuneese, attivo ormai dal 1975 e gestito oggi del figlio del fondatore, Giacomo Spada, e da Gianmaria Rossi. La filo-sofia dello chef è sempre quella di seguire le stagioni e di scegliere i grandi classici della tra-dizione di montagna, con l’utilizzo dei prodotti davvero del posto: dal burro d’alpeggio per i crostini, alle patate di montagna per il timballo da accompagnare alla trota fario. Ecco come stupire a Natale: pesce sì, ma del-le nostre valli. La trota fario non ha nulla da invidiare ai pesci blasonati da gran menu: salmonide di origine europea, è presente nei nostri torrenti e fiumi montani, ed è frequente soprattutto nel tardo autunno. Ha una carne delicatissima che si presta al nostro tipico car-pione, così come ai canoni di una presentazio-ne d’effetto: un prodotto che coniuga, quindi, sostenibilità gastronomica (perché “a km 0” e di stagione), il recupero delle usanze culinarie locali (in questo caso del carpione) e l’esigenza di stile e bon ton per il nostro menu. E poi non mancano dei must della tradizione cuneese, come il raviolone ris e coi (il classi-cissimo ripieno di riso e cavolo) con il ragù di cinghiale, e l’Agnello Sambucano con i cardi: carni rosse di alta valle che hanno tutto il sapo-re della montagna selvaggia e integra.

Due prodotti a “km 0”, reperibili nelle nostre vallate, così come in pianura:

la trota e il burro artigianale. photo: Michelle Vipond (in alto)

e Sandra Salerno.

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Infine, come non chiudere con un ricco zabaio-ne, preparato magari con uova del posto, e una bavarese di caki? Ecco un’altra provocazione invitante: lasciamo perdere l’avocado e provia-mo a cogliere quei dolci frutti invernali che ve-diamo spesso ciondolare, rossi e solitari, sugli alberi ormai spogli dei nostri orti, per provare un dessert nuovo e allo stesso tempo di stagio-ne. Rimarremo senza fiato: nulla di più rivolu-zionario per il nostro Natale eco-gastronomico.

Alta LangaScendiamo ora di altitudine passando per quel mondo mitico che, per i gastro- ed enonauti, sono le Langhe. Qui approdiamo a Benevello (680 m slm), il primo paese della Comunità Montana Alta Langa salendo da Alba. Siamo in una terra di passaggio, dove la viticoltura im-perante lascia il posto alla Nocciola e ai grandi formaggi ovini e caprini. Qui, in Frazione Manera, veniamo stregati dal fascino del Relais Villa d’Amelia: un’antica re-sidenza magistralmente ristrutturata, dove, nell’omonimo ristorante, lo chef Damiano Nigro ha da poco festeggiato la sua prima stella. Entrato nel firmamento Michelin, Nigro stupisce per la naturalezza con cui coniuga pro-duzioni locali e l’estro creativo che si esprime negli abbinamenti e nella cura della presenta-zione. Ma vediamo cosa ha in serbo per le nostre feste e com’è possibile reinventare magnificamente

il menu di Capodanno, proponendo prodotti locali e “a km 0” in una veste di gran classe. Si parte dalle entreés, tra cui una fonduta di Blu delle Cozie, dal sapore piccante, bilanciato dal-la dolcezza dell’uovo e del cioccolato bianco, per arrivare al primo, che riassume nuove e an-tiche commistioni: cannelloni di patate dell’Al-ta Langa ripieni di baccalà e accompagnati da salsa al peperone. In pochi piatti, un tripudio di tipicità interpretate con stile e innovazione, che ci offrono nuovi spunti. Ideale è, ad esempio, la scelta del Blu di Cozie, magari da sostituire agli altisonanti formaggi francesi: un ovino a latte crudo che rappresenta l’essenza del territorio (disseminato di greggi e allevamenti), dalla pa-sta paglierina e compatta, con sapore intenso e dalle note ovine e di penicillo. E poi la patata di Alta Langa, riproposta persi-no in una variante tutta da provare di crème brûlée: la vecchia, cara e umile patata, esaltata dal baccalà - altro cibo povero: merluzzo essic-cato, un tempo venduto dai carrettieri insieme ad acciughe e aringhe - torna alla ribalta vestita di nuovo. E poi, dopo aver ritrovato vecchi amici dimenti-cati, perché non continuare e concludere con il trionfo della tradizione più pura? Con l’agnello, beato tra i cardi, le crocchette di topinambur e la bagna caoda; con lo zampone, rigorosa-mente nostrano, su un letto di lenticchie be-naugurali; infine con l’immancabile soffice alla nocciola con abbinamento al caffè.

Lo splendido skyline del Monviso, godibile dal Relais Villa d’Amelia.L’agnello, una delle meravigliose creazioni di Damiano Nigro e, in basso, lo chef “stellato”. photo: Villa d’Amelia.

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Pianura saluzzeseÈ ora di scendere in pianura per l’ultima le-zione di eco-gastronomia natalizia. Dopo le delizie alpine e collinari, partiamo alla volta di Saluzzo e della pianura che si estende fino a Torino. La nostra ultima sosta è al Ristorante D’la Picocarda, ai piedi della città marchiona-le, in direzione Cavour e Pinerolo (a Crocera di Barge). In un cascinale ristrutturato con eleganza e sobrietà, Giuseppe Picotti, Caterina Vignolo e figli si dedicano totalmente alla ricer-ca della perfezione, nell’accoglienza, come in cucina. La scelta di una materia prima impec-cabile è alla base della filosofia della Famiglia Picotti: o il meglio o nulla. Per il nostro menu natalizio, gli chef Beppe e Andrea Picotti con-sigliano i funghi porcini, che crescono facil-

cuneesi, con un tocco di innovazione: i ravio-li con ripieno al cotechino e cavolo rosso all’aceto di lamponi, oppure i gnocchetti al Sairass dal Fen, che strizzano l’occhio al vicino Pinerolese con le Valli Pellice e Chisone (zone di provenienza del Sairass). Infine, il trionfo del bue di Razza Piemontese, con una degna con-clusione di gianduja e zabaione al moscato, e pere Martin sec al vino.Altro grande prodotto della nostra terra, le pere della cultivar Martin sec d’hiver hanno un nome chic (poiché di origine francese), ma sono profondamente nostrane. Poco adatte alla coltivazione intensiva (poiché molto consisten-ti e piccole, quindi con una scarsa resa in ter-mini di produttività commerciale), sono ancora diffuse nelle zone pedemontane e nelle vallate alpine, e sono particolarmente predisposte alla cottura. Lo sapevano già le nostre nonne, che le facevano cuocere nel vino con chiodi di ga-rofano e cannella. Nulla di nuovo, quindi, ma quanta soddisfazione ritrovarle a Natale, dopo tanto tempo, come un déjà vu che è un ritorno all’infanzia. E allora, senza retorica, rendiamo onore a tutti quei cibi delle nostre terre - oggi poco noti, un po’ svalutati o semplicemente re-legati nella sfera delle nicchie gastronomiche - che hanno fatto la nostra identità gastronomica e che oggi tornano a regalarci antiche emozio-ni: dedichiamo a loro questo Natale.

mente nei boschi sulle alture verso il Monviso. Sempre di moda e sempre di classe, i porcini, soprattutto se locali, e se presentati con stile sotto forma di un curioso cappuccino alla spu-ma di prosciutto crudo, naturalmente cuneese (il Prosciutto Crudo Cuneo Dop). E poi perché non riproporre il buon vecchio cappone della festa contadina, in una sfiziosa insalata con ver-dure e il melograno, vera chicca invernale, e un tortino di topinambur in abbinamento a una crema di acciughe? Ancora una volta tornano i prodotti poveri della tradizione in intriganti rivisitazioni (acciughe, topinambur), e pare che proprio quest’ultimo faccia da trait d’union tra le aree oggetto della nostra indagine. L’helianthus tuberosus è una varietà di girasoli perenni coltivata per il tubero, che assomiglia a una piccola patata bitorzoluta e dal sapore che ricorda il carciofo. Un tubero decisamente umi-le e antiestetico, ma storicamente importante, poiché in passato, in epoca di carestie e pover-tà, ha salvato dalla fame molti dei nostri nonni. La cosiddetta trifula bastarda - e il nome pie-montese dice tutto - è tanto snobbata quanto poco esigente, poiché nell’orto, a differenza di altre piante perenni o annuali, inizia a produrre sin dal primo anno e, una volta piantata, non ci si deve più preoccupare di semine e trapianti, perché continua a moltiplicarsi.E poi, anche in questo caso, grandi classici

In autunno, i porcini diventano l’oggetto di un arduo contendere da parte dei cercatori di funghi. photo: Petr Kratochvil.

Pere al vino, un classico che si presta a sfiziosi abbinamenti. photo: Valentina Varini

UN TOPOLINO IN CUCINALa “cucina del mouse”, quella dei foodblogger, così diffusi sulla rete, non offre solo spunti interessanti e alternativi, ma è anche uno stru-mento di grandissima divulgazione e di con-fronto diretto - a costo zero - per tutti coloro che vogliono capire e imparare piccoli e grandi segreti in cucina. E allora, dopo tanto orgoglio cuneese e tanto peregrinare tra le nostre pre-libatezze, perché non provare a imbarcarci in quell’oceano infinito che è internet, per capire cosa ci offre un altro punto di vista? Se abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri grandi chef di darci un consiglio sul Natale, ora proviamo, invece, a vedere cosa suggerisce quel mondo dinamico, chiassoso, coinvolgente e appassionante che è quello dei foodblogger. La 28enne reggiana Do-natella Simeone, creatrice dello splendido blog “Il Cucchiaio d’oro - Un mondo di cucina”

(ilcucchiaiodoro.blog.tiscali.it), per il dessert natalizio, punta sulla semplicità e la genuinità della pasticceria secca a base di farina di meli-ga. Piccole delizie al forno che, in innumerevoli varianti, sono una specialità diffusa in tutta l’Ita-lia settentrionale, parallelamente alla vastissima e storica coltivazione di mais sulla Pianura del Po e su tutto l’arco alpino.Se fatte come si deve, le cosiddette “paste di meliga” sono friabili, leggermente granulose e si sciolgono letteralmente in bocca, specie se intinte nel Vin Santo o accompagnate da altro vino passito o liquoroso. Farina di mais, uova, burro e scorza di limone: pochi ingredienti, ma un risultato commoven-te, per un Natale davvero all’insegna di una ri-trovata semplicità. Ecco a voi il segreto dello chef Donatella, ovve-ro la sua ricetta.

PASTE DI MELIGA

Ingredienti: 250 g di farina 00250 g di farina di mais fumetto100 g di zucchero a velo3 uova280 g di burroScorza di un limoneUn pizzico di bicarbonato

Procedimento: Lasciate ammorbidire il burro a temperatura ambiente (circa 3-4 ore). Nel frattempo, se-tacciate insieme le farine con un pizzico di bicarbonato e mettete da parte. Preriscaldate il forno a 180 °C. Quando il burro sarà pronto, in una ciotola, aggiungetevi lo zucchero e la scorza di limone, lavorando con la frusta fino a ottenere un composto spumoso. Sempre aiutandovi con la frusta, unite un uovo alla volta, aggiungendo l’altro solo quando il precedente sia com-pletamente amalgamato, e incorporate le farine poco alla volta. Quando avrete ottenuto un impasto omogeneo, trasferitelo in una sac à poche con una bocchetta rigata e larga, e formate delle ciambelline di circa 5-6 cm su una teglia ricoperta da carta forno. Infornate per 15-20 minuti, senza far dorare troppo.

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Sempreverde. Ha una posizione speciale agli occhi dell’umanità: è la personificazione

del potere perenne della vita e della promessa del ritorno della luce e della primavera. Odora di Alpi. È l’abete: bianco o rosso, appartiene alle montagne. La sua geometria è perfetta. Conica. Eretta. È il gigante che dialoga con le rocce. Magari anche quando il fiocco di neve, con levità, si posa sui suoi rami e gli aghi ac-colgono i cristalli con la sapienza di chi cede all’unione. Basta un battito di ciglia ed ecco: è già festa. L’abete entra nella dimora nudo, splendido nella sua beltà. Ma un accenno di trucco fa ancor più festa e lui, paziente, lo sa: palline, merletti, lucine. L’abito tradizionale che non segue le mode, ma si rinnova incessante. Il Piemonte è la regione con il maggior nume-ro di abeti bianchi in Italia. Ve ne sono quasi

abete, l’albero che fa festaIL PIEMONTE È LA REGIONE CON IL MAGGIOR NUMERO DI ABETI BIANCHI IN ITALIA. NELLE NOSTRE CASE DIVIENE ELEMENTO D’ARREDO CON LAVORAZIONI DI TENDENZA NUOVE ED ELEGANTI.

DI GIOVANNA FOCOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

quattordici milioni. Segue a ruota il Trentino che invece la fa da padrone per gli abeti ros-si. I dati sono resi possibile grazie all’INFC, l’inventario nazionale delle foreste e del car-bonio del Corpo Forestale dello Stato. Quali sono le zone con il maggior numero di abeti, in provincia di Cuneo? «L’abete bianco - spie-ga Stefano Gerbaldo, Commissario Capo nel Comando provinciale di Cuneo del Corpo Forestale dello Stato - è presente nelle nostre vallate alpine prevalentemente sui versanti set-tentrionali, grazie alla sua grande capacità di resistere al freddo invernale. È specie micro-terma. La sua diffusione, oggi, è anche legata all’impiego che se ne fece nel passato quando il suo valore economico era assai elevato. Si pensi che, agli inizi del 1900 un metro cubo di que-sta conifera valeva all’incirca la paga mensile

Nelle nostre vallate alpine gli abeti rossi sono molto diffusi specie nella media val Maira, in valle Stura e in valle Gesso

Nella pagina a fianco: interno di uno chalet interamente rivestito in pino asciato: una sobria eleganza arredata con un materiale locale.

Oggettistica ricavata dal residuo della produzione artigianale per un uso consapevole della materia prima.

di un operaio. I Certosini della Valle Pesio, ad esempio, favorirono sistematicamente l’abete bianco per arricchire i fertili boschi della valle, tanto che ancora oggi, nonostante i forti tagli boschivi che seguirono, si possono ancora am-mirare esemplari monumentali. Altre abetine di rilievo, come può essere visualizzato sulla carta forestale della Regione Piemonte, sono radica-te nell’alta Val Maira, nella Valle Stura in zona Pietraporzio e anche a mezza valle, nei dintor-ni di Pratolungo.» E l’abete rosso? «Ve ne sono nella media Val Maira, in Valle Stura nella zona del vallone dei Bagni sotto l’Ischiator e qualche stazione sul versate sud dell’Argentera in valle Gesso». Come riconoscere un abete bianco da uno rosso? Dalle pigne: rivolte verso l’alto negli abeti bianchi, mentre tendono al basso quelle del rosso. Non è Natale senza abete, ma c’è chi ha pensato a una alternativa a quello tradizio-nale. È la falegnameria Giraudo Giovanni & C di Borgo San Dalmazzo che ripropone l’albero di Natale - con marchio registrato - realizzato in legno dolce resinoso al 100% senza fibre grezze in superficie e con collanti che lo fanno rientra-re nella Classa E1, a bassa emissione di formal-deide. E, anche, pinetti in abete rosso, abete bianco e pino asciato. Quest’ultimo è la vera tendenza. Anche in termini di arredamento. «Si tratta - puntualizza Roberto Giraudo - di legno invecchiato bio-therm che si ottiene attraverso

OROSCOPO CELTICOI NATI SOTTO L’ABETE DAL 2 ALL’11 GENNAIO - DAL 5 AL 14 LUGLIO L’Abete è stato considerato con rispetto fin dalla notte dei tempi ed è uno degli alberi più antichi. Eterno scopo della vita dei nati sotto questo segno è la Ricerca, votata verso la verità e verso gli ideali. L’Abete è vitale e battagliero e non rinuncia mai alla lotta in qualunque campo con chi lo vuole superare. Si lascia però poi andare in un’ondata di tristezza al momento dell’inevitabile vittoria. L’Abete è un amante fedele e totale, a volte addirittura soffocante in certe manifestazioni. E’ onesto ma suscettibile. La positività del Castagno e la Betulla sono in grado di conferire ulteriore sano vigore ai nati sotto questo segno, e di fornire le spinte necessarie per migliorare e progredire. L’Abete nell’età più matura è una persona deliziosa, per niente acida o lamentosa, anche se l’ambizione spesso soffoca la sua esuberante e simpatica energia. L’Abete è sia intimorito che attratto dalla metafisica e, se cede al richiamo di questa materia, diventa un esperto conoscitore del mondo astratto e fantastico.

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l’uso combinato di calore e vapore senza l’ag-giunta di additivi chimici. In seguito al tratta-mento le caratteristiche del legno termotratta-to sono: maggior stabilità rispetto ai legni essi-cati, assenza di resine, maggiore proprietà di isolamento, maggiore resistenza all’attacco di muffe e funghi quindi più adatto all’uso ester-no per infissi, porte, pavimenti, rivestimenti, terrazze e arredi per giardini, nuova tonalità di colori, grande resistenza all’umidità». Il tratta-mento di essicazione è ad elevate temperature: attorno ai 200 gradi. Conferisce al legno speci-fiche tonalità cromatiche di colore completa-mente naturali. Le fibre cambiano colore, più

CUORI, ANGELI E LUCI A LED: LE NOVITÀ DELLE FESTEC’è un negozio in provincia di Cuneo che fa vivere l’ambiente incantato na-talizio 360 giorni l’anno. È tra i fiori all’occhiello in Italia. Si tratta di Petit Chateau. Piccolo Castello, in lingua francese. Un gioco di parole che ri-chiama l’etimo dei proprietari, i fratelli Castellino. Nasce nel 2003, su iniziativa di Walter e Antonella che sono già un nome per lo storico negozio di luci Ca-stelmar. L’ambiente di Petit Chateau è incastonato nella via più suggestiva di Cuneo: Contrada Mondovì. La musica è soave. Conduce di passo in passo, tra presepi, sfere dipinte a mano, stelle, angeli e tanti cuori. «Proprio i cuori e gli angeli - sottolinea Antonella Castel-lino - sono la tendenza di quest’anno. Credo alla presenza degli angeli. Sono un appoggio che mi ha sempre soste-nuto. L’essenziale è mettersi in ascol-to. Poi, arriva un leggero venticello: è l’angelo». L’ambiente è importante. Per rilassarsi occorre scegliere tonalità e colori. È possibile arredare i propri spazi festivi con effetti visivi che ren-dono ancor più suggestive le giornate del proprio Natale. «Come sempre - ar-gomenta Walter Castellino - i negozi specializzati propongono tende line-ari o frastagliate, pavé, con fascioni a moduli, catenarie estensibili. I colori moda sono il verde, rosso, blu, rosa, viola arancio. Ma la novità indiscussa è il cavo del medesimo colore della lampadina». Il tocco di classe? L’effetto flashing. Uno scintillio che ripropone la rifrazione della luce del sole su un diamante. Il Natale è qui.

o meno scura, a seconda della temperatura del trattamento: omogenee fin nel durame restano inalterate nel tempo, anche dopo una eventua-le rilevigatura. «Nella nostra azienda - conclu-de Giraudo - badiamo all’uso consapevole del materiale: per questo, acquistiamo esclusiva-mente legname che proviene da zone soggette a riforestazione controllata e quando abbiamo lavorazioni che prevedono scarti, ci ingegnia-mo per creare oggettistica da regalare anche ai nostri clienti o giochi per bambini». Il gioco. Eh già. Sotto le possenti braccia di quell’abete che cinge i sogni di chi crede ancora nell’incanto di Gesù Bambino e di Babbo Natale.

È possibile arredare i propri spazi festivi con effetti visivi che rendono

ancora più suggestive le giornate del proprio Natale. La tendenza di

quest’anno: cuori e angioletti

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La caccia è un argomento che suscita reazio-ni a volte diametralmente opposte nell’opi-

nione pubblica. Va premesso che dell’attività venatoria si hanno quasi sempre conoscenze approssimative e per lo più si focalizza l’atten-zione su aspetti negativi, che - a ben vedere - sono presenti in ogni attività umana. Per giu-dicare bisognerebbe almeno approfondire tali impressioni. Sovente, i media non specializzati offrono della caccia un’immagine stereotipata, sul modello anni ‘50, quando un cacciatore poteva esercitare la propria attività su tutto il territorio nazionale, sparare a quasi tutti i sel-vatici, con eccezione di pochissime specie par-ticolarmente protette, senza limiti di carniere, giornate di caccia, etc.Bene, tutto questo appartiene al passato, per-ché oggi la caccia è strettamente regolamentata

a caccia nel terzomillennioUN PO’ DI CHIAREZZA SU UNO SPORT SPESSO DISCUSSO, CHE RAPPRESENTA INVECE UN MOMENTO DI FORTE COESIONE, PASSIONE E RISPETTO PER L’AMBIENTE E LA FAUNA

TESTO E PHOTO:BEPI AUDINO

e gestita con criteri conservazionistici, determi-nati da rigidi protocolli elaborati da importanti istituti di ricerca in collaborazione con le uni-versità e gli enti preposti.Ma per capire meglio qual è la realtà a noi vici-na, prendiamo ad esempio un istituto di gestio-ne del nostro territorio. Nella zona alpina, in base alla Legge 157/96, sono stati costituiti degli enti di gestione di por-zioni di territorio, denominati “Comprensori Alpini”, che organizzano il programma operati-vo funzionale all’attività venatoria: censimenti, miglioramenti ambientali, ripopolamento, ela-borazione di piani prelievo, controllo dei risul-tati, vigilanza. In Provincia di Cuneo, nella zona montana, esistono sette Comprensori Alpini che includono il territorio di una o più valli. Ogni cacciatore è vincolato per legge a un solo

Nella pagina a fianco: maschio adulto di capriolo in abito estivo

Comprensorio Alpino, quindi il nomadismo venatorio non esiste più. Il territorio della pia-nura cuneese è suddiviso in 5 Ambiti Territoriali di Caccia che hanno le medesime funzioni dei Comprensori.Ogni comprensorio è governato da un consi-glio di dieci persone, ove sono rappresentati cacciatori, agricoltori, ambientalisti, esponenti degli enti locali, al cui vertice è il Presidente. Inoltre, per finalità istitutiva, l’ente program-ma le attività gestionali e stila i regolamenti di fruizione, avvalendosi indicativamente di re-sponsabili amministrativi, addetti alla vigilanza e tecnici faunistici.I cacciatori, per svolgere la loro attività, devono partecipare a corsi di formazione e sostenere esami sia teorici che pratici, per poter essere in grado di valutare i selvatici oggetto di prelievo, approfondendo elementi di biologia, etologia, valutazione dello stato sanitario degli animali, tecnica dei censimenti, metodologie di prelie-vo, legislazione, etc. Ogni anno, vengono previsti censimenti di va-rie specie di fauna selvatica: si inizia a primave-ra con quelli notturni di lepri e volpi, per segui-re con fagiani e starne, e con quelli del capriolo che, in questo contesto territoriale, vengono svolti con il metodo della battuta su aree cam-pione. Si prosegue con i censimenti primaverili di gallo forcello e coturnice, per arrivare a giu-gno a quelli per il camoscio, e terminare in ago-sto con quelli svolti ricorrendo ai cani da ferma, per verificare il successo riproduttivo di fagiano di monte e coturnice.La partecipazione dei cacciatori a queste attivi-tà è massiccia e supera mediamente il centinaio di persone per ogni giornata di censimento.In relazione ai risultati censuali, vengono ela-borati, da parte dei tecnici faunistici, i piani di prelievo, che sono controllati da coordinatori tecnici rappresentanti della Regione Piemonte, che dopo il parere dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) deli-bera i piani di abbattimento.

Le specie di maggiore interesse cinegetico nei comprensori delle Alpi Marittime sono: il ca-moscio, il capriolo, il cinghiale e la lepre, tra i mammiferi; il fagiano di monte e la coturnice, tra le specie avifaunistiche.Il camoscio, da sempre, è il selvatico principe dei cacciatori alpini, poiché costituisce un mito per i residenti nelle aree montane; inoltre, la passione con cui i valligiani nel passato hanno praticato questa caccia non trova riscontro con nessun’altra pratica venatoria. Nell’ultimo ven-tennio la presenza del camoscio ha registrato un progressivo aumento nei comprensori, qua-druplicando gli effettivi.Un’altra specie che ha segnato un incredibile

Oggi la caccia ha un ruolo nella conoscenza e nella gestione

della fauna selvatica, frutto di una maturazione e di una presa di coscienza degli stessi praticanti

incremento è il capriolo, che presente a se-guito di reintroduzioni operate nella seconda metà degli anni ‘80, è arrivato in breve a densi-tà che oggi sono da considerarsi molto elevate (mediamente 40 capi per 100 ettari nelle aree campione). Si pensi che i piani di prelievo sono passati da 5 capi assegnati nel 1997, di cui un solo capo abbattuto, a 194 capi assegnati nel piano di prelievo 2011. La caccia al capriolo è ora una delle forme di attività venatoria più ap-paganti e concorre a limitare i danni alle colture e gli incidenti automobilistici. Ricordiamo che il Comune di Chiusa Pesio ha avuto, purtroppo, il primato in Provincia di Cuneo con il maggior numero di collisioni tra auto e questo piccolo

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cervide. La caccia, quindi, va vista anche come fattore positivo, in grado di controllare eccessi-vi accrescimenti di alcune specie con impatto pesante sulle attività umane.Tra le specie avifaunistiche oggetto di caccia, merita particolare attenzione il fagiano di monte, che nelle Alpi Marittime raggiunge ele-vate densità, in quanto le condizioni ambientali (orientamento dei versanti con conseguente aspetto vegetazionale a rodoreto vaccinieto e ontaneto alpino molto diffusi) favoriscono la permanenza di questo tetraonide. Anche il fagiano di monte è oggetto di accurati cen-simenti primaverili ed estivi. Nella primavera del 2011, sono stati registrati sulle “arene di canto” 207 maschi in parata nuziale, cifra che ci fa capire come la specie non sia affatto da considerare in pericolo di estinzione, ma che,

anzi, stia attraversando un momento positivo per eventi climatici favorevoli e per la riduzione del cinghiale. A proposito del cinghiale, la ridu-zione dei popolamenti è stata causata dalle pe-santissime nevicate del 2008-09, accompagnate dalla mancanza di fruttificazione del castagno nell’autunno del 2008. Oggi, la caccia ha quin-di un ruolo nella conoscenza e nella gestione della fauna selvatica, che è il frutto di una ma-turazione e di una presa di coscienza dei prati-canti, i quali hanno compreso come il prelievo debba essere impostato con criteri conservati-vi, per poter continuare a fruire negli anni di un bene rinnovabile. La produzione di carne di selvaggina ha un’importanza economica non secondaria e fa parte di una forma di produzio-ne di carni alternative dai valori organolettici di altissima qualità. I risvolti gastronomici legati alle materie prime derivanti da animali selvatici trovano degna cornice nei ristoranti tipici delle nostre valli, che sempre più spesso propongo-no menu dove la selvaggina è protagonista.Non si dimentichi come la possibilità di parteci-pare all’attività venatoria nei comprensori alpi-ni, costituisca per i cacciatori che non risiedono sul teritorio un forte incentivo ad acquistare o affittare unità abitative nelle nostre località montane, apportando quindi non solo benes-sere economico, ma anche favorendo scambi di esperienze tra culture di mondi diversi che, conoscendosi, diventano complementari. La caccia, infine, favorisce un fortissimo senso d’identità culturale per le comunità rurali e crea una coesione trasversale tra persone di estrazione sociale, età, censo, anche molto di-versi, che nessun’altra attività riesce ad attuare. Spesso vediamo, infatti, arzilli pensionati oltre l’ottantina, passare le loro giornate in monta-gna con ragazzi di vent’anni, che imparano ad apprezzare il valore dell’esperienza e il rispetto di chi, un giorno, aveva i garretti saldi e la vista acuta come loro, e che ancora oggi è fiero di condividere le emozioni con coloro che hanno nel cuore la stessa passione.

Setter dell’autore (Ambra) in ferma su covata di galli forcelli.

Maschio di camoscio in fuga.

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Sono stati anni di grandi investimenti nel Cuneese per le stazioni sciistiche: il traino

dei Giochi Olimpici di Torino 2006 ha portato un po’ ovunque alla costruzione di nuovi im-pianti e strutture, che hanno rilanciato l’offerta turistica della neve della Granda. Modernizzare l’offerta in un mercato, quello della neve appunto, sempre più concorrenziale e internazionale: lo sanno bene gli operatori del turismo cuneesi, che ormai non guardano solo ai vicini di casa, ma anche alle stazioni dell’Est Europa in grado di competere con pac-chetti a prezzi vantaggiosi. Anche nel Cuneese, a Levaldigi, arrivano i charter della neve dall’O-landa o dall’Inghilterra, ma l’obiettivo è quello di proporre non solo piste e impianti all’avan-guardia, ma anche un’offerta nel dopo-sci che sia attraente e intrigante.

voglia di neveRISERVA BIANCA E MONDOLÈ SKI PUNTANO A CONSOLIDARE LE PROPRIE POSIZIONI DI MERCATO PER ATTIRARE UNA CLIENTELA SEMPRE PIÙINTERNAZIONALE CON INIZIATIVE NON SOLO SPORTIVE.

DI LUCA GIACCONE

In questa direzione, le possibilità nella Granda sono quasi infinite, spaziando dalle terme alle specialità enogastronomiche: valorizzare le pe-culiarità del nostro territorio per permettere al turista di sentirsi a casa, come un residente tra i residenti. Le seconde case sono il punto di forza delle no-stre stazioni, ma occorre forse credere con più forza nelle potenzialità di quello che il Cuneese può offrire, per puntare di più anche sul mer-cato delle settimane bianche. Gli sciatori non sono mancati sulle nostre piste, nonostante le difficoltà economiche, ma spesso li troviamo in tanti solo nel fine settimana: per questo, l’idea di un biglietto unico per tutte le stazioni delle Granda può essere un valido strumento di pro-mozione, magari “condito” con qualche offerta extra-sciistica che punti alle eccellenze della

L’arrivo della seggiovia Cabanaira (1972 slm) nel comprensorio della Riserva Bianca.photo: press office Riserva Bianca

Nella pagina a fianco: Capanna Niculin tipico punto di sosta sulla “Panacani”, una delle piste più frequentate di Limone Piemonte.photo: press office Riserva Bianca

Nella pagina seguente: Prato Nevoso strizza l’occhio ai giovani freestylers con uno degli snowpark più importanti d’Italia.photo: Matteo Ganore

nostra terra e includa divertimenti anche per le famiglie. L’appassionato cuneese ha la neve sotto casa. In alcuni casi, in meno di mezz’o-ra di viaggio è con gli sci ai piedi, ma quando parte per una settimana bianca in qualche lo-calità lontana, magari sceglie le Dolomiti, dove un giorno può sciare a Cortina e quello dopo in Val Badia, sempre con un solo biglietto setti-manale. E alla fine torna a casa con lo speck o una bottiglia di Teroldego Rotaliano in valigia. Da noi, chi viene nella Granda non avrebbe che l’imbarazzo della scelta su cosa portare a casa, oltre a poter divertirsi su chilometri di piste. Adesso si guarda alla stagione alle porte, non senza qualche polemica per l’assegnazione in estate di un finanziamento regionale di oltre 2 milioni di euro alla vicina Via Lattea, proprio per il “mantenimento di alcuni impianti delle Olimpiadi di Torino 2006”. “In questo caso - spiega Pietro Blengini, Assessore al Turismo della Provincia di Cuneo, oltre che Vicepresidente del Comitato Piemontese della Federazione Sport Invernali - credo che debba valere un principio di equità e che proporzionalmente i contributi in conto gestione debbano essere dati anche al Cuneese e alle altre stazioni piemontesi. Sulla questione c’è stato un intervento importante dell’Asses-sore regionale Alberto Cirio che sta lavorando per risolvere la situazione. La speranza è poi quella che la stagione sciistica possa iniziare presto come l’anno scorso con tanta neve, ma-gari concedendoci qualche giornata di sole in più durante il fine settimana. Certamente do-vremo valutare quali saranno, anche per noi, le ricadute della crisi economica attuale sulle scelte dei turisti della neve.” I due comprensori più grandi della Granda, la Riserva Bianca di Limone Piemonte e il Mondolè che collega Artesina, Prato Nevoso e Frabosa Soprana, puntano a consolidare le proprie posizioni di mercato. A Limone Piemonte, dopo una stagione che ha portato al completamento di tutti gli impianti di risa-

LIMONE PIEMONTEBAITE DI MONTAGNA TRA LE TOP NELLA RISTORAZIONEIl Marachella Gruppo ha acquisito due strutture, Bai-ta 2000 e Chalet Morel, con l’obiettivo di estendere la propria offerta al settore del turismo di montagna. Baita 2000 è collocata a duemila metri, all’arrivo della seggio-via Cabanaira, ha una splendida terrazza panoramica, ed è il luogo ideale per la sosta in alta quota. Propone taglieri di salumi e formaggi, polenta con cinghiale e altri piatti tipici di montagna accompagnati da vino e buona musica. Chalet Morel si trova a quota 1500 metri, nella località di Limone 1400, all’arrivo di due seggiovie, circondata da un bosco di abeti. La strut-tura è molto caratteristica, interamente in legno, garantisce oltre 150 coperti ed è aperta tut-to il giorno, per offrire agli sciatori un punto di ristoro confortevole, con una cucina semplice ma di qualità e ottimi vini. A partire dalle ore 18.30 Chalet Morel si trasforma in cocktail bar, per stare in compagnia e divertirsi fino a tardi, con eventi, feste e serate a tema, per vivere la notte in montagna. La struttura rimane aperta fino alle 4 del mattino e la seggiovia viene illuminata, creando uno scenario suggestivo.

RACCHETTE E FORCHETTE Cenare in quota in uno chalet di montagna, arrivan-doci a piedi, a pelo di neve e sentire la fragranza dei cristalli sgretolarsi tra le ciastre con-templando il manto stellato. L’iniziativa, ora alla sua seconda edizione, è di Dario Castelli (328.2154885), maestro di sci e accompagnatore naturalistico che, in collaborazione con la Scuola di Sci di Limone , propone “una cena sotto le stelle” in alcuni selezionati chalets da raggiungere in notturna.

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lita, corredata da una ricca stagione agonistica, (ospitando, tra l’altro, la Coppa del Mondo di snowboard per il quarto anno consecutivo, ol-tre al ritorno dello sci alpino di vertice con due gare femminili di Coppa Europa), si “tira” un po’ il fiato, cercando soprattutto di arricchire l’offerta ricettiva di qualità, sia in paese sia sulle piste. Nel Monregalese, si strizza l’occhio ai più giovani con lo sci in notturna o uno snowpark per gli appassionati di snowboard e freestyle a Prato Nevoso oppure il freeride (lo sci su neve fresca, tanto per intenderci) ad Artesina. Ma la bellezza della neve nella Granda è anche il fatto di poter sciare guardando il mare o la maestosità del Monviso direttamente dai suoi piedi: da Garessio 2000 a Pontechianale (due centri che quest’inverno avranno due nuovi im-pianti), passando per Entracque, San Giacomo di Roburent, Lurisia o Argentera. Stazioni più piccole, ma dal fascino unico.

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C’è tempo fino all’8 gennaio per scoprire, anche solo di passaggio in Costa Azzurra,

i nuovi tesori esposti sui due piani di Villa Paloma, sede del Nuovo Museo Nazionale di Monaco (NMNM), e raccolti con il titolo “3 ex-positions +1 film”.Dell’allestimento, sicuramente non facile, ne sono fieri la sua direttrice, Marie-Claude Beaud e la sua equipe che è composta anche da un italiano, Cristiano Raimondi, giovane respon-sabile dello sviluppo del museo.Un’occasione “UNICA” che consigliamo di non perdere anche perché, per la prima volta, è esposta al pubblico l’intera collezione, appena acquistata dal sovrano monegasco, composta da ben 300 fotografie originali del Principato di Monaco che vanno dal 1859 al 1880. Suddivise per quartieri, si parte con gli scatti dell’enigma-

itinerari unici a monte-carloCOLORI E LUCI ATTENDONO I SOGNATORI CHE NELLE VIE E PIAZZE DEL PRINCIPATO DI MONACO SCOPRONO IL ROMANTICISMO DI UNA CITTA’ VESTITA CON L’ABITO DELLE FESTE.

DI MARIA BOLOGNA

tica Rocca, villaggio di 800 abitanti, ai tempi per lo più pescatori, che vivevano ancora arroccati intorno al Palazzo dei Grimaldi; si scende poi alle spiagge di Fontvieille ed a quelle di Port Hercule, una volta sede dell’impianto idro-termale, proseguendo al primo Casinò, una costruzione su più piani che ora, come condo-minio, si trova poco distante da Santa Devota. Il cambio epocale del Principato, celebrato con enfasi quando i fotografi immortalavano incre-duli le opere di trasformazione, giunge con l’arrivo della linea ferroviaria nel 1868 e la co-struzione del monumentale edificio dell’Opera di Charles Garnier, monumento che fin d’allora contribuì a caratterizzare morfologicamente l’attuale città-stato.Terminata la passeggiata nella storia si sale an-cora di un piano per giungere nella vita “arti-

Il Christmas Village au XIXème siècle allestito al Port Hercule.

Nella pagina a fianco: i sontuosi addobbinella piazzza del Casinò vestono di luci e colori la città.

stica” ma privata di SAR la Principessa Carolina di Hannover: con l’esposizione “I Ritratti di Caroline de Monaco” ecco le immagini che furono un tempo copertine di note riviste di moda: i 10 scatti di Karl Lagerfeld, che ritrae la sua musa preferita mentre posa a seconda delle diverse ambientazioni storiche proposte dall’eccentrico stilista, le quattro foto “di casa” interpretate da Helmut Newton; i due ritratti della Regina Cristina di Svezia con le sembian-ze della stessa Principessa Carolina firmati nel 2009 da Francesco Vezzoli; i tre foto-ritratti, da-tati 1983, di Andy Warhol ed, infine, il cortome-traggio-monografico del 1985 dell’americano Robert Wilson, dedicato sempre alla primoge-nita di casa Grimaldi.Come giusta conclusione, dopo questa esplo-sione di colori ed immagini, e da vedere asso-lutamente per ultima, è la proiezione di una pellicola firmata dallo spagnolo Javier Téllez, prodotta solo in quattro copie: “Letter on the blind, for use of those who see”, intensa quanto provocante istallazione - film di circa 30 minuti, in bianco e nero, che racconta in immagini e parole le sensazioni di sei non vedenti di fronte ad un docile elefante che si lascia accarezzare e tastare solo per farsi conoscere. PROSEGUENDO PER IL CARRÉ D’ORLuogo d’eccellenza e sede delle boutique più alla moda che circondano giardini fioriti e sem-pre ricchi di luci ed aria di festa, ci avvicinia-mo agli hotel più prestigiosi del quartiere di Monte-Carlo. Durante il periodo natalizio, oltre alle consuete feste e galà, si annunciano tante esclusive novità. Dopo la consueta vendita de-gli alberi di Natale a profitto dell’associazione Action Innocence, il 15 dicembre, seguirà un’e-vento che potrebbe rientrare, per la sua origi-nalità, nei guinness dei primati: pare infatti che il 17 dicembre sera si materializzerà, sulla piaz-za del Casinò, una Ferrari 330 P3/P4 interamen-te in panettone, in scala 1:1, ricoperta di cioc-colato, realizzata grazie all’opera di 15 maestri

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artigiani pasticceri, provenienti dal Piemonte. Una golosità mai vista, che sarà festeggiata inoltre dall’arrivo di più di 150 equipaggi che, provenienti a bordo di bolidi del cavallino sono stati selezionati dai Club Ferrari del nord Italia.Poco più in là, dopo qualche giorno, dal 22 al 25 dicembre, la festa natalizia si trasforma in un sogno perché potrebbe capitare di vedere il calesse di Babbo Natale parcheggiato davan-ti all’Hermitage, pronto a caricare bambini e genitori per un giro tra le stradine del Carré d’Or. Incredibile magia che si può vivere solo a Monaco. GRANDE FESTA GIÙ AL PORTO.Durante la consueta Foire d’autunno, giostre e divertimenti garantiti come ogni anno fino al 19 novembre mentre, poco prima, il 10 novembre sera, esplosivi fuochi d’artificio annunceranno il Monster FMX e Outdoor Laser Show orga-nizzato dal MICS. Feste senza sosta poi perché, a dicembre, giungeranno le capannine, le ban-

carelle natalizie e le giostre per i bimbi dell’at-teso villaggio di Natale, quest’anno dedicato al “Christmas Village au XIXème siècle.”

UN’INTERESSANTE INIZIATIVA DA SEGNALARE.Come affrontare la crisi economica attuale e su-perarla con successo? Si possono apprendere delle tecniche efficaci per essere vincenti nella propria vita personale e professionale?Per avere queste ed altre risposte la socie-tà Ability2Relate di Ornella Bonaccorsi ha de-ciso di organizzare il prossimo 15 e 16 novem-bre, presso la sala Prince Pierre del Grimaldi Forum, la prima Conferenza Internazionale dedicata alle risorse umane.L’evento, indirizzato al grande pubblico ma anche a manager e professionisti di ogni set-tore, è stato presentato nei locali del Roxy Bar direttamente dall’organizzatrice, Ornella Bonaccorsi, accompagnata dal Dr. Marco Paret, direttore della scuola nizzarda ISI-CNV partner della manifestazione. In programma, per due giorni, diversi articolati talk-show durante i quali gli oratori, esprimendosi in inglese - con traduzione simultanea in francese ed in italia-no - riveleranno le ultime novità in termini di tecniche comunicative, della formula Zinglar, dell’utilizzo efficace di alcune tecniche di ven-dita, di formazione, di comunicazione non ver-bale e molto altro ancora. Saranno perle di sag-gezza, impartite sapientemente da relatori di fama internazionale, Owen Fitzpatrick in testa, che per la prima volta tutti insieme si confron-teranno con il pubblico presente dando spunti di riflessione interessanti ed inediti. La “I Conferenza Internazionale” dedicata alle risorse umane si proporrà dunque come un’op-portunità unica ed irripedibile per aiutare a cambiare punto di vista, a migliorare le proprie perfomances professionali e diventare leader di sè stessi oltre che una guida efficace per gli altri. Per informazioni ed iscrizioni: www. mee-tingtrainers.com

Ornella Bonaccorsi e Marco Paret alla presentazione della Prima Conferenza

Internazionale delle Risorse Umane organizzata da Ability2Relate.

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ART-DIRECTOR: ROBERTO AUDISIO | PHOTO: DANIELE MOLINERIS | COPY: GIOVANNA FOCO

L’occhio si posa. Lo sguardo diviene attenzione. È questione di un attimo. Protagonista è il dettaglio. Eccellenze della provincia di Cuneo che si

uniscono. Sono scatti d’autore. Materiali e policromie si fondono. Arione accende i riflettori sul cioccolato che fu caro a Hemingway. La Boîte d’Or propone assaggi delle proprie collezioni firmate Prandoni, giovane cuneese che crea gioielli unici e preziosi.Il dettaglio è quel valore aggiunto che si coglie in un attimo. E in quell’attimo ci si accorge che l’eccellenza fa la differenza.

ANDREA ARIONE, nipote del fondatore della storica pasticceria “Arione” che dal 1923 si affaccia sulla piazza salotto di Cuneo, piaz-za Galimberti, famosa anche fuori i confini nazionali soprattutto per gli inimitabili “Cuneesi al Rhum”, piccoli dolci ricoperti di cioccolato, fatti a mano uno per uno, con ingre-dienti accuratamente selezionati.

ALBERTO PRANDONI, titolare de “La Boîte d’Or”, gemmologo in-ternazionale del GIA (Gemological Institue of America), membro ufficiale del CRJP (Council for Responsible Jewellery Practise), da dieci anni crea con passione gioiel-li unici con pietre preziose, Opali, Perle, Tormaline, Granati e altro.

Cuneesi al Rhum (meringa ripiena di crema al rhum, ricoperta di cioccolato) | Anello in oro bianco con smeraldo cabochon a goccia e diamanti naturali taglio a brillante, bianchi e neri. Spilla Butterfly in oro bianco e diamanti naturali taglio a brillante a pioggia. Collezione Gioielli del Nilo.

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Gianduiotti, cioccolatini con pasta di cacao e nocciola tonda gentile delle langhe | Anello in oro rosa con smalto LNB e diamanti naturali taglio a brillante. Bracciale in oro rosa con smalto LNB e diamanti naturali taglio brillante. Collezione Fleur de Lis per la Nouvelle Bague.

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Mont Blanc con crema di marroni | Anello in oro bianco rodiato nero con diamanti neri etzavoriti naturali taglio a brillante. Collezione Sphere.

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Frizzante, effervescente, vivace, brioso, spu-meggiante, gasato, allegro, mille bolle da

capogiro e guarda che perlage… Fermi tutti.Fermiamoci un attimo, perché mi sono accor-to che nel parlare di vini che hanno un’anima “effervescente”, spesso facciamo una gran confusione. Gli esperti enologi, i sommelier e gli stessi produttori hanno le idee certamente chiare, noi consumatori ed appassionati del mangiare e bere bene, invece, facciamo spesso fatica a orientarci e a nominare correttamente ciò che degustiamo. E, volenti o nolenti, perdiamo il punto di ri-ferimento “cardinale” più importante che ci è dato dalla geografia. Roba semplice sì, ma che se mischiata a quella raccontata nei bar di paese che prende forma tra le cascine, la geometria perfetta dei filari e il girare della terra intorno

bollicinemade in cuneoI NOSTRI “TERROIR” SONO CAPACI DI TRASFORMARE VITIGNI INTERNAZIONALI ED AUTOCTONI IN STUPENDE BOLLICINE DAI PROFUMI INTENSI E COMPLESSI

DI AXEL IBERTI

al sole, diventa uno strumento di assoluta pre-cisione. Ci permette di capire il microclima di una zona, l’influenza delle correnti del mare, la presenza o meno del fiume, piuttosto che comprendere le potenzialità di un versante o le implicazioni dell’altitudine sulle uve. Sono queste le chiavi per iniziare a decifra-re il criptico codice storico delle bollicine in Provincia di Cuneo. La nostra tradizione, infat-ti, non ha nulla da invidiare ad altre che han-no fatto del marketing recente il loro punto di forza. Ricordiamo, anzitutto, che il Piemonte è stato la patria primigenia della produzione di metodo classico in Italia, più di un secolo in anticipo rispetto ad altre regioni italiane. E il Consorzio dell’Asti Docg è uno degli attori principali nella promozione di spumanti e di vini a tappo raso, prodotti nella nostra provin-

Bottiglie di spumante sulle “pupitre”, classiche rastrelliere in legno utilizzate per ottenere la presa di spuma naturale e far depositare lieviti esausti che verranno eliminati con la successiva operazione di degorgement.

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cia. E noi spesso facciamo l’errore di dimenti-carceli, a favore di etichette con nomi più eso-tici. Ma cosa c’è di più bello che farci un giro tra le nostre colline, per capire quanto sia affa-scinante sapere che un vino arriva proprio da quel filare, piuttosto che da un altro? Andiamo a scoprire queste preziose miniere a cielo aper-to, coltivate con amore e saggezza ancestrale. Ognuna con una magica storia da raccontare. Paolo Saracco, in quel di Castiglione Tinella, lembo ad Est della provincia prima che diventi Monferrato, rappresenta la terza generazione di produttori di Moscato d’Asti. Paolo è stato il primo a essere consapevole che, solo lì, quel vitigno avrebbe espresso tutta la sua anima, e di un’occasione simile ha fatto una virtù, pro-ducendo un vino capace di accompagnarti, con la sua naturale dolcezza di carattere, anche a

distanza di 10 anni dall’imbottigliamento. E per assecondare le necessità dei lavori in cantina, ha avuto il coraggio di costruire una nuova struttura moderna, che gli Architetti Delpiano e Boffa hanno inserito delicatamente nel pae-saggio. Una vibrante scatola aperta che permet-te al moscato di essere lavorato nell’immediato come richiede la tradizione, una celebrazione tra passato e futuro. Ma anche sulle colline dove il nebbiolo la fa da padrone, ci sono produttori che ci mettono lo stesso amore nel creare vini a presa di spuma, che sono fuori dal coro ma che posseggono la stessa maturità e nobiltà dei vini rossi più osan-nati di Langa. È il caso di Podere Rocche dei Manzoni, che più di 30 anni fa, sfidando l’orto-dossia, ha capito che il pinot nero e lo chardon-nay, su versanti con determinate condizioni

Rodolfo Migliorini della Cantina Podere Rocche dei Manzoni, a Monforte d’Alba,

produce uno spumante di Pinot Nero e Chardonnay rivendicando il “Made in Langa”

Paolo Saracco rappresenta la terza generazione di produttori di Moscato d’Asti

Lo sky-line di Castiglione Tinella con la nuova cantina Saracco, esempio di architettura

contemporanea inserita nel paesaggio.

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microclimatiche e altezze, avrebbero trovato terreno fertile per crescere e trasformare una certa irrequietezza intrinseca in stupende bolli-cine persistenti, dai profumi intensi e comples-si. Questo è il terroir. Oggi “Valentino” è uno spumante leggendario che prende il nome dal quel coraggioso pioniere, la cui opera è perse-guita, oggi, dal figlio, Rodolfo Migliorini, il qua-le rivendica sul collo delle bottiglie il marchio “Made in Langa”. Rodolfo stesso ricorda come, all’inizio, presero il padre per pazzo. Spumante nella zona del Barolo con uve esclusivamen-te raccolte nel comune di Monforte d’Alba? E portate in cassette della frutta per non schiac-ciare gli acini? Era pura follia all’epoca; oggi è diventata una scuola di pensiero che continua a fare proseliti. E sempre più numerosi sono i

giovani produttori che hanno compreso l’altra anima dei nostri suoli. A Treiso, nella zona del Barbaresco, Paolo Stella, Federico Scarzello, Erik Dogliotti e Cristian Calatroni, hanno cre-ato l’“Erpacrife”, spumante metodo classico di nebbiolo in purezza, che hanno iniziato a pro-durre come divertissement per non perdersi di vista una volta finita l’università di enologia. A distanza di 10 anni, sono ancora uniti nel cele-brare insieme quell’esperimento, che segna un punto d’incontro tra le vigne nobili di Langa e le competenze tecniche centenarie proprie del Monferrato. Uno scambio riuscito come quello tra il cielo e la terra, un miracolo che si com-pie nell’Alta Langa Docg: uno spumante che proviene da uve coltivate al di sopra dei 250 m sul livello del mare, e il cui territorio di origine abbraccia una vasta area di 149 Comuni, che dalle colline monregalesi corre verso Est. Da Mombarcaro scende a Ceva fino a Mondovì e risale a Dogliani, per arrivare fino alla Valle del Belbo. Giacomo Mollo, della “boutique winery” MonteOliveto di Casà, ha battezzato il proprio “Asterope”: un omaggio alla doppia stella della costellazione del Toro. Un invito fatto di sentori di crosta di pane che ti fanno sentire a casa. Un invito a salire sulle terre alte della nostra pro-vincia e osservare quell’orizzonte impetuoso, che s’inchina ai piedi del Monviso e che da lì sale a toccare il firmamento, ogni stella una bol-licina. Le nostre.

Paolo Stella, Federico Scarzello, Erik Dogliotti e Cristian Calatroni, producono “Erpacrife”,

spumante metodo classico di nebbiolo in purezza.

La famiglia Mollo della cantina “Monteoliveto di Casà”, produttore dello spumante

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Osservata dall’alto, Cuneo appare come una città piatta, quasi del tutto orizzon-

tale, sdraiata sul suo altipiano come su un letto dalle sponde lattiginose: i due fiumi ai lati. Ma quell’armonia orizzontale è turbata dalla spes-sa e grigia geometria assai verticale dei palazzi degli uffici finanziari, che anche nei giorni di nebbia riescono a bucare la coltre e sentenziare la loro assurda altezza.Osservata dalle sponde aldilà dei fiumi, la città, invece, si mostra con un profilo che va su e giù: case, campanili, viali e giardini e poi, in fondo, la linea che s’inerpica sulle montagne e si di-stende verso i colli delle Langhe.Insomma, che Cuneo sia un orizzonte verticale, lo si capisce anche solo cogliendo quello che in termini anglosassoni si definisce come skyline: la linea contro il cielo.

cuneo, orizzonte verticaleELEVARE LA MENTE PER COGLIERE LA PAROLA NELLA SUA ESSENZA. QUESTO È SCRITTORINCITTÀ, FESTIVAL LETTERARIO INTERNAZIONALE PER CHI AMA IL PROFUMO DEI LIBRI.

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Ed è una verticalità verso due direzioni. Verso l’alto, dall’altipiano in su, attraverso la spinta delle Alpi verso il cielo, oppure verso il basso, verso “le basse”, luogo umido dove d’autunno trovi funghi buoni e d’estate le more per la marmellata.Ma Cuneo è un orizzonte verticale anche per la sua storia. Fondata in alto per chiudere la via prospettica agli eserciti assedianti, si diede come confine le montagne dopo l’8 settembre 1943, quando uomini ancora ragazzi organiz-zarono “lassù” le prime formazioni partigiane, mentre, nascosti dalla dimensione verticale delle vette, passo dopo passo, sui sentieri irti, costruivano la nostra Italia.Oggi Cuneo, come ogni altra realtà, vive la dimensione incrociata delle due linee: quella piatta della vita che scorre senza troppe diffi-

SCRITTORINCITTÀORIZZONTI VERTICALI17 - 20 novembre 2011 - Cuneo www.scrittorincittà.it

coltà in una piccola città di provincia e quella in salita, che s’inerpica sulle mille fatiche quotidia-ne di una società complessa.In questo intersecarsi di dimensioni, Cuneo ospita anche quest’anno una straordinaria edi-zione di Scrittorincittà: festival in perenne evo-luzione e manifestazione che ogni anno si pone come orizzonte per chi ama leggere, sfogliare libri e ascoltare autori alla ricerca di domande prima che di risposte, e che, come mai prima, è un orizzonte verticale, per le difficoltà di orga-nizzare un evento dall’impatto così rilevante in un periodo di magre risorse e scarsi sostegni.Pertanto, il tema della XIII edizione di Scrittorincittà 2011 non poteva che essere Orizzonti Verticali: un tema che, davvero, ben si applica alla città di Cuneo e alla realtà cune-ese in tutti i suoi più variegati aspetti. Un tema che vuole essere uno spunto per riflettere su ciò che scorre e sulle possibilità di cambiarne il corso. Infine, un titolo che vuole creare un’oc-casione e proporre un invito a considerare il futuro in un’ottica più costruttiva, ad abbando-nare atteggiamenti di rassegnazione e qualun-quismo per costruirsi, davvero, un orizzonte a cui guardare e verso il quale muoversi.

scrittor ncittàCuneo 17-18-19-20 novembre

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“Giù la testa!” suggeriva il grande James Coburn, alias John Mallory, in un film

di Sergio Leone del ’71, mentre con un sigaro accendeva la miccia e faceva brillare candelotti di dinamite tra le montagne del Messico. Per molti bambini di allora, ormai piuttosto adulti adesso, giocare con i candelotti è rimasto un sogno, tale e quale a quello di diventare astro-nauta. Molti ma non tutti: qualcuno, di quell’in-fatuazione infantile, ha fatto un vero e proprio lavoro e forse, anche oggi quel “giù la testa” lo pensa spesso, mentre dà fuoco alle micce e aspetta l’esplosione.Dimenticatevi le lande desolate e aride del Messico, i “dinamitardi” di oggi - che tecnica-mente si chiamano “fochini” - lavorano princi-palmente d’inverno, nella neve. Il loro compito è importante quanto poco conosciuto: sono

il boato per la vitaQUANDO IN MONTAGNA LE CONDIZIONI SONO DI ALLERTA PER PERICOLO VALANGA INTERVENGONO LORO: I FOCHINI. ARMATI DI DINAMITE PROVOCANO IL DISTACCO ARTIFICIALE DELLA NEVE.

DI FRANCESCO DOGLIO

quelli che, prima dell’apertura delle piste da sci, salgono nei canaloni e sulle creste con le pelli di foca e lo zaino imbottito di dinamite, per far cadere, artificialmente, le valanghe.“Il sistema funziona così: - racconta Silvio Bassignano, guida alpina e fochino del com-prensorio Mondolè Ski - quando nevica o il vento crea accumuli e cornici, noi risaliamo le piste ancora da battere, piazziamo qualche cari-ca e “boom”, cerchiamo di far cadere in modo controllato valanghe che potenzialmente po-trebbero essere pericolose per chi scia sulle piste.”Sembra semplice. Ma non lo è affatto.L’azione del fochino e l’innesco di quello che, pudicamente, viene chiamato “il materiale”, è un singolo anello di una catena molto più det-tagliata e grande. Gli impianti e i comprensori

Il distacco controllato delle valanghe ad opera dei fochini prevede un vero e proprio piano d’azione: guide alpine esperte che si muovono con cautela e perizia in canali e pendii instabili per innescare candelotti di dinamite con l’obbiettivo di ridurre al minimo i pericoli e i danni causati.

sciistici si devono dotare, prima, di un piano di gestione del rischio valanghe e, in seguito, di uno per il distacco artificiale: è un obbligo di legge, non se ne può più fare a meno.Poi la preparazione del “materiale”, l’esplosivo, deve sottostare a una rigida procedura. “La sera prima dell’eventuale distacco - dice Bassignano - facciamo un piano d’azione e ordiniamo il ma-teriale che ci viene consegnato il mattino pre-sto da una ditta specializzata. Siamo obbligati a consumarlo tutto quanto nell’arco della giorna-ta, non ne possiamo portare indietro nemme-no un grammo.” E se poi, per le condizioni me-teo o per altri problemi, non si riesce a salire fin dove gli accumuli sono pericolosi, si fa brillare in una buca. La giornata tipo inizia molto pre-sto la mattina. “Siamo sempre in coppia - con-tinua Bassignano - due guide alpine con una vasta conoscenza della montagna e della neve. Quando arriva il materiale lo carichiamo negli zaini, ancora da innescare ovviamente, e inizia-mo l’avvicinamento al fronte di neve pericolo-so.” Già in questa fase ci vuole cautela. Cornici instabili, pendii con neve fresca e alta, canali: il fochino va esattamente dove nessun sciatore “normale” dovrebbe andare. Per questo, solita-mente, il lavoro di “disgaggiatore di valanghe” è delegato a una guida alpina. Inoltre, è neces-sario un particolare patentino rilasciato dalla questura e una serie di competenze in fatto di nivologia e meteorologia.“Una volta sul posto - spiega Bassignano - de-cidiamo come fare cadere la valanga, tenendo sempre a mente il nostro obiettivo: ridurre al minimo i pericoli e i danni che la massa di neve, cadendo, potrebbe causare. Le tecniche sono molte, dal singolo candelotto, caricato con 3,5 kg di esplosivo, alla serie da far saltare contem-poraneamente. Una volta accesa la miccia, ab-biamo circa un minuto e mezzo per metterci al riparo.”E se non scoppia? “Succede raramente - rispon-de Bassignano - ma anche per quell’eventualità c’è una procedura. I candelotti, comunque,

devono essere riportati indietro, non possiamo lasciarli lì. Si spera sempre, però, che quella sia un’eventualità molto remota.”Qualche numero? Nell’inverno del 2009, la squadra di Bassignano, da sola, ha consumato 2.000 kg di esplosivo. “Sono capitati anche in-verni con poca neve - continua la guida - come quello del 2003, dove abbiamo lavorato pochis-simo. Il lavoro è delicato, ma a volte capitano certe giornate, magari iniziate con la nebbia, in cui il vento apre il cielo e le condizioni della vallata diventano perfette, tutt’attorno c’è neve e silenzio, momenti bellissimi.”Bassignano ha iniziato a “giocare” con gli esplo-sivi nel 2005: “Certo - conclude - con il tempo le tecniche si affinano: all’inizio c’era molto da inventare, facevamo grandi buchi nella neve e tanto rumore, ora sappiamo bene come otte-nere un risultato perfetto”.

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“Dica 33”. Battuta dei medici di una volta, quando misuravano con lo stetosco-

pio lo stato sanitario del soggetto cagionevole, per intuirne le condizioni dell’apparato cuore-polmoni. Ai Cuneesi, oggi, bisogna chiedere: “Dica A33”. La A33 è la mitologica autostrada Cuneo-Asti. Che sta arrivando, lungo l’asse del fiume Stura. La si vede benissimo dalla rotonda davanti al Miac, dove si tiene la grande fiera e dove sta sorgendo il Polo agroalimentare con l’atelier della carne di Razza Piemontese. Ma come ha detto un giorno a “Repubblica” Maurilio Verna, imprenditore nel campo delle strade, leader dei costruttori della provincia, “se nel Cuneese ci fossero le infrastrutture, probabilmente avremmo i marciapiedi d’oro”. Per sottoline-are come la mancanza di collegamenti veloci

automobilista,dica a33STORIA DELL’AUTOSTRADA INFINITA, QUELLA CHE COLLEGHERÀ FINALMENTECUNEO CON IL RESTO DELLA RETE NAZIONALE, AVVERANDO IL SOGNO DIIMPRENDITORI, POLITICI E AUTOMOBILISTI.

DI FIORENZO CRAVETTOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

(anche con la vicina Francia) non abbia impe-dito a imprese quali Ferrero e Balocco, Mondo Rubber e Cometto, Maina e Miroglio di conqui-stare i mercati mondiali - anche se certamente ne ha rallentato la corsa. La Cuneo-Asti avanza: entro l’anno verranno ultimati altri 17 chilometri, da Sant’Albano alla periferia di Cuneo. Un aggancio importante alla rete autostradale, visto che la A33 garantisce l’immissione sulla Verdemare A6, la Torino-Savona, consentendo dunque di raggiungere in tempi rapidi il capoluogo regionale e la vi-cina Liguria. Per viaggiare verso Asti, via Alba, bisognerà attendere il 2015, sempre che i tempi siano rispettati. L’autostrada fatta a zigzag, o “a zeta rovesciata”, procede lemme lemme, in sin-tonia con la lentezza caratteristica della nostra terra. Viene da pensare: anche le strade, quan-

Il viadotto che supera il fiume Stura, visto da Ronchi, alle porte di Cuneo, prima di immettersi nella galleria che conduce al casello di ingresso della nuova autostrada.

do giungono in vista del Cuneese, si confondo-no, si perdono, quasi spariscono, sopraffatte dalla bellezza di un territorio unico.La storia dell’autostrada infinita è già diventata un libro. Lo ha scritto anni fa Paolo Chiarenza, per conto dell’amministrazione provinciale. Il volume ricostruisce le vicissitudini che hanno accompagnato l’iter progettuale e le batta-glie per la realizzazione dell’autostrada. Raffaele Costa, allora presidente della Provincia, chiosa-va nella presentazione: “Un documento impor-tante che sta a testimoniare anche gli impegni e i sacrifici degli amministratori locali. Non dimentichiamo, infatti, che i risultati positivi sono stati raggiunti grazie all’unità d’intenti dei vari soggetti operanti sul territorio. Il simbolo di questa intesa resta la Conferenza dei Servizi, presa a modello in altre parti d’Italia”.Allora si auspicava che la sede legale della costituenda Società autostradale Cuneo-Asti fosse collocata in provincia di Cuneo, ad Alba. E Costa rassicurava il consigliere regionale Alberto Cirio, oggi assessore al Turismo, che da politico attento (e da rappresentante dell’a-rea albese) poneva questioni dirimenti. “Da decenni - scriveva Cirio - è stato negato a cit-tadini e aziende un collegamento autostradale all’altezza dei tempi e delle esigenze. Le nostre imprese, solo facendosi forti delle proprie risorse, sono riuscite, non senza difficoltà, a colmare uno svantaggio competitivo in termini di infrastrutture; ma la nostra gente ha pagato col sangue questa grave carenza come testi-moniano, crudelmente, statistiche di mortalità che, in rapporto alla popolazione, nella nostra provincia toccavano picchi quasi doppi rispetto alla media nazionale. A tutto ciò si aggiunga il senso di scoramento della popolazione di que-sta parte della provincia che ha visto i cantieri partire da Cuneo, e non da Asti, come sarebbe stato più logico (le strade si dovrebbero iniziare a costruire da dove ci sono già...) condannando la Langa e il Roero a un prolungato isolamento dagli snodi autostradali più importanti.”

Cirio si soffermava poi sull’aggiudicazione dell’appalto per il completamento e la gestione dell’arteria alle aziende del gruppo Gavio: “Non possiamo nasconderci come non manchino in-quietudini, tra gli addetti ai lavori e non solo, per alcuni dei lotti restanti, particolarmente impegnativi sotto il profilo tecnico (e finanzia-

I nastri d’asfalto della doppia carreggiata inserite nel territorio in località Castelletto Stura.

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rio), specialmente per il tratto di competenza territoriale albese (...). Considerato che nei prossimi mesi si dovrà passare alla costituzione effettiva della nuova società tra Anas (35%) e partner privato (65%) e che dalla ratifica della convenzione di questa nuova società trascorre-

ranno i famosi quattro anni entro i quali l’auto-strada dovrà essere completata, sollecito i sog-getti competenti affinché la sede legale e ope-rativa della nuova società venga collocata ad Alba.” Risulta dal sito web della A33 che la sede sia felicemente collocata in Via XX Settembre 98/E a Roma. In fondo, poco importa. I Cuneesi, e gli Albesi, più che altro pretendono che l’arteria proceda alacremente. Il presidente nazionale e piemontese di Unioncamere, il “no-stro” Ferruccio Dardanello, col suo proverbia-le pragmatismo, taglia corto: “Si poteva far me-glio. Le discussioni sul tracciato sono trenten-nali, quella zeta rovesciata è stata contestata da tutti. Certo, non è il percorso ottimale. Ma or-mai quella è la conformazione e quella rimane, a posteriori non possiamo discutere. La priorità è completare l’autostrada.” La preoccupazione di Dardanello è evidente: “Bisogna concludere l’opera nel più breve tempo possibile, perché l’economia della Provincia Granda ne ha trop-po bisogno, per mantenere le posizioni che è riuscita a costruirsi negli anni e per fargliene guadagnare di nuove. È impensabile che una realtà straordinaria come quella cuneese non sia collegata al sistema autostradale italiano. È un’incongruenza senza uguali.”La presidente della Provincia, Gianna Gancia, che ha ripetutamente incontrato l’ammini-stratore delegato della società concessionaria, Giuseppe Sambo, assicura: “Avremo l’autostra-da a Cuneo entro la primavera 2012.” All’ultimo summit era presente il sindaco di Alba Maurizio Marello. È stato fatto il punto sulla situazione del lotto Roddi-Verduno. Le nuove tempistiche prevedono che la procedura di valutazione di impatto ambientale venga conclusa a settem-bre, dopo le firme dei ministri Prestigiacomo (Ambiente) e Galan (Beni Culturali), mentre per le procedure burocratiche bisognerà at-tendere la fine dell’anno. “Un confronto posi-tivo, - ha sottolineato la presidente Gancia - è stato tracciato il cronoprogramma definitivo, che, come stiamo facendo da due anni, verrà

LE TAPPE DECISIVE DELLA A33• 3 agosto 1998: l’autostrada è finanziata con la legge 295. • 31 luglio 2000: il collegamento autostradale viene finanziato ed è oggetto di Protocollo

d’Intesa del Presidente del Consiglio e del Presidente della Giunta della Regione Pie-monte. Partono i lavori.

• Luglio 2005: viene aperto il primo tratto di 11 km, compreso tra Carrù (Frazione Mas-simini) e Sant’Albano Stura.

• 16 aprile 2007: il tratto tra Motta di Costigliole e Guarene viene aperto al traffico ed è introdotto il pedaggio di 2 Euro, che si paga dalla barriera di Govone.

• 23 maggio 2007: il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) dà il via libera alla convenzione per l’autostrada Asti-Cuneo gestita dalla Sias, società del gruppo Gavio. L’investimento complessivo per il collegamento autostrada-le (lungo 93 km) è di circa 2 miliardi di euro, dei quali 1,6 miliardi per i lotti ancora da realizzare e circa 400 milioni per quelli in via di completamento.

• 18 giugno 2007: aperto il tratto tra la Diga Enel e Cherasco e tra Cherasco e Marene, in concomitanza con l’ultimazione dei lavori del casello di pedaggio autostradale. Ciò porta a 37 i chilometri di autostrada completati, su un totale di 93.

• 21 febbraio 2008: il Cipe approva il progetto preliminare per il primo lotto funzionale della Tangenziale di Cuneo (7,5 km), costato 118,49 milioni di euro.

Sul tratto Cuneo-Sant’Albano si stanno installando i cartelli della segnaletica verticale e si stanno

completando velocemente tutte le opere accessorie per l’apertura prevista entro la primavera del 2012.

seguito passo a passo.” Che sia un’autostrada complicata è cosa testimoniata da un episodio che ha fatto il giro mediatico d’Italia. Nei mesi scorsi c’è stato un improvviso stop: ci sono i pipistrelli da salvare. I progettisti della A33 han-no dovuto rimettere mano ai loro disegni, per non disturbare l’habitat dei chirotteri nottur-ni nelle vecchie cave di gesso tra Santa Vittoria e Monticello d’Alba, dove il Roero si unisce alle Langhe. È stato studiato un tracciato alternati-vo e si sono spostati di un chilometro e mezzo il casello e lo svincolo per Alba ovest, lontano dalla dimora “storica” dei pipistrelli. Non tutti i mali vengono per nuocere. “Il nuovo casello - sostiene Giuseppe Rossetto, vicepresidente della Provincia di Cuneo - con-sentirà un accesso più facile al nuovo ospeda-le di Alba-Bra, a Verduno, e farà sparire alcuni tornanti nello svincolo, aumentando la sicu-rezza stradale.”

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Il progetto Zenit parte all’inizio degli anni ’70, allora la struttura si chiamava Gymnasium e

si occupava principalmente di quella che un tempo veniva generalmente considerata ginna-stica o attività motoria.Da subito l’attenzione verso la ginnastica, la ginnastica medica, la ginnastica correttiva e le prime impostazioni dettate dalle tecniche di riposturazione globale (RPG) trovano nel-la struttura che nel frattempo diventa Zenit, terreno fertile. Dopo oltre 20 anni il conti-nuo processo di rinnovamento trasforma la palestra Zenit (anni’80/90) in un Centro di Rieducazione Funzionale e Poliambulatorio Medico Specialistico (2004).Durante questi anni di continuo aggiornamen-to in cui la fisioterapia e la riabilitazione funzio-nale in genere, sono state il principale cataliz-

il benessere terapeuticoPATOLOGIE O INCIDENTI RICHIEDONO DI AFFIDARSI NELLE MANI GIUSTE: A TORINO IL CENTRO DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE E POLIAMBULATORIO MEDICO SPECIALISTICO ZENIT

DI LALLA BLUPHOTO: MARCO SASIA

zatore di tutte le nostre azioni, vengono anche avviate collaborazioni con l’Istituto di Medicina dello Sport di Torino, in cui si instaurano pro-tocolli per l’attività fisico motoria della Terza Età. Queste hanno dirette applicazioni alle di-sabilità minimali croniche che necessitano di interventi di mantenimento e prevenzione del degrado motorio. A questo si è poi aggiunto un progetto dedicato ai pazienti diabetici e con problematiche legate a patologie di carattere cardiovascolare.Come abbiamo sottolineato sin d’ora lo Zenit investe molto nella terapia manuale in quan-to assume un importanza fondamentale nel percorso rieducativo del paziente. Le tecniche utilizzate dai professionisti presenti nel centro spaziano su tutte le possibili tecniche grazie ad un arricchimento continuo nel campo dell’ag-

ZENIT srlV. Stellone, 5 - TorinoTel. +39.011.6634901e-mail: [email protected]

giornamento, inoltre le possibilità terapeutiche e le competenze sono ben delineate a massima garanzia del paziente stesso.Presso la struttura in campo fisioterapico ope-rano esclusivamente fisioterapisti e masso fi-sioterapisti con specializzazione in osteopatia.Con le terapie manuali interagiscono durante il percorso riabilitativo, le terapie fisiche e stru-mentali (laser ad alta potenza, diatermia/tecar, ultrasuoni, onde d’urto, magnetoterapia) che possono offrire una valida alternativa al tratta-mento farmacologico. Il loro utilizzo in sinergia con le terapie manuali e la rieducazione funzio-nale offrono le migliori opportunità di guarigio-ne con tempi ridotti.Qui si opera attraverso singoli studi ed ambien-ti comuni attrezzati (palestre per la riabilitazio-ne) con strumenti deputati al potenziamento muscolare (isotonici ed isocinetici) ed al mi-glioramento della mobilità articolare e flessibi-lità muscolare. Parallelamente all’attività svolta in palestra, si offre al paziente un’area di riedu-cazione dedicata, che si svolge in acqua (idro-kinesiterapia). Questo consente di anticipare i tempi del processo rieducativo quasi del 50% con tutti i vantaggi che da questo derivano e di intervenire anche su patologie acute che non consentirebbero altri tipi di terapia.Sempre in acqua sono attivi due percorsi (cam-minamenti vascolari) completamente dedicati per integrare la terapia su problemi di carattere reumatico e soprattutto per il recupero di ma-lattie di tipo vascolare (azione caldo-freddo con massaggi ad idrogetto e percorsi propriocettivi in acqua).Così concepita la rieducazione funzionale ha campi di applicazione e tecniche applicative pressoché infinite ed il paziente viene assisti-to con tecniche e metodi più idonei attraverso diagnosi e valutazioni specialistiche.Questo può avvenire esclusivamente con la stretta collaborazione con lo Staff Medico composto da Chirurghi Ortopedici, Fisiatri e Medici dello Sport; attraverso le loro indicazio-

ni viene gestito l’iter riabilitativo messo in atto dal terapista con indicati gli obiettivi ed i tempi per raggiungerli.Un’interazione che consente di offrire al pa-ziente un servizio integrato che prevede la “ge-stione” dell’infortunio cronico ed acuto, dalla diagnosi al completo recupero delle attività di vita di relazione oppure della performance sportiva quando invece si parla di atleti.La fine del ventesimo secolo ha velocizzato in modo incontrollato i processi evolutivi e com-portamentali dell’uomo, costringendolo ad una continua mobilità durante la sua vita quotidia-na ma paradossalmente lo ha immobilizzato fisicamente indebolendo così la sua capacità di movimento dinamico e funzionale. Aiutare il prossimo a gestire nel modo migliore le conse-guenza dettate da questo evento è la mission di Zenit.

Scorci dell’interno della struttura con la sala principale, ambulatori per le visite, e le vasche dell’idroterapia.

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Il nostro pianeta sta male, questo è fuor di dubbio: l’inquinamento di aria e corsi d’ac-

qua, i cambiamenti climatici, la deforestazione, l’erosione delle coste sono tutti argomenti di primario interesse per l’opinione pubblica mondiale e in genere vengono trattati poco, e male, dai principali media internazionali, sem-pre più interessati al gossip o alla cronaca nera. C’è, però, chi crede che queste tematiche debbano avere maggior spazio e l’Associazio-ne Greenaccord è fra questi: da 9 anni, infatti, organizza il Forum internazionale dell’in-formazione per la salvaguardia della natura. Cento giornalisti da 40 Paesi, a confronto con sociologi, economisti, filosofi e studiosi, per cercare di capire come coinvolgere il pubblico su tematiche di fondamentale importanza, qua-li la recessione economica, la crisi ecologica e

salviamo il nostro pianetaCONTINUA L’ATTIVITÀ DI GREENACCORD RIVOLTA A SOLLECITARERIFLESSIONI AI PROFESSIONISTI DELL’INFORMAZIONESULLE TEMATICHE ECOLOGICHE

DI NICOLA FERREROPHOTO: CRISTIANO PROIA

la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Per il secondo anno consecutivo, Cuneo è sta-ta la sede di questo importante convegno e noi abbiamo incontrato Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord, che ci ha spiegato in dettaglio cosa sia, e quali fini abbia, la sua organizzazione.Presidente, che cos’è Greenaccord? Come e quando nasce? Quali sono le sue finalità?Greenaccord è un’Associazione Culturale, da quest’anno diventata Onlus, che ha la finalità di formare i formatori: è uno slogan che abbiamo coniato per evidenziare come l’obiettivo sia la sensibilizzazione e la formazione dei giornalisti sui temi dell’ambiente. Questo nostro deside-rio è nato 10 anni fa, per dar maggior qualità e consistenza alle informazioni legate a quest’am-bito: l’informazione ambientale, intatti, era li-

Immagini dal 9 Forum Internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura, tenuto a Cuneo, con la partecipazione di oltre 100 giornalisti provenienti da 40 Paesi del mondo.

Nella pagina a fianco:Alfonso Cauteruccio, Presidente di Greenaccord.

Media PartnerGreenaccord

mitata ai disastri che si verificavano nel mondo e i poveri giornalisti che trattavano questi temi erano costretti dalle redazioni a scrivere solo di eventi tragici. Noi, invece, sosteniamo che esse-re giornalisti ambientali significhi partecipare a una delle più belle storie del giornalismo, per il fascino che ha la natura in tutti i suoi aspetti, e soprattutto perché si ha la possibilità di forma-re cittadini consapevoli, di creare un’opinione pubblica che abbia la coscienza di quali sono i problemi più grandi, e che sia capace di pressa-re i politici per fare scelte lungimiranti - poiché purtroppo la politica di oggi tende a guardare solo fino ai prossimi 5 anni e alle future elezio-ni. Perciò riteniamo importantissimo il ruolo dei giornalisti, che non sono quelli che raccon-tano i disastri, ma quelli che in qualche maniera preparano il terreno per le scelte future. Non più comparse, ma attori principali, in un con-testo internazionale che richiede questo tipo di impegno e di qualità molto spesso assente.Sul vostro sito si legge: “Greenaccord è un’As-sociazione Culturale, di ispirazione cristiana e senza fini di lucro (...) che si rivolge al mon-do dell’informazione, allo scopo di sollecita-re una riflessione laica approfondita (...) sul ruolo e la responsabilità del giornalista nei confronti delle tematiche ecologiche”. Avete affiancato la vostra ispirazione cristiana a una riflessione laica, perché?La scelta di esplicitare “di ispirazione cristiana” è nata dal nostro essere cattolici impegnati. Siamo rimasti molto colpiti dalla lettura della lettera apostolica Novo Millennio Ineunte di Papa Giovanni Paolo II, in cui si affermava che i Cristiani non possono rimanere indifferenti di fronte al profilarsi di un dissesto ecologico. Noi, questa frase, l’abbiamo intesa come una fotografia dell’immagine attuale dei Cattolici, che praticamente vivono nella totale indifferen-za l’ipotesi di un disastro ecologico. Quindi: i Cristiani poco impegnati, poco sensibili e poco lungimiranti. Allora ci siamo detti: perché non darci da fare per creare sensibilità? Ci sembra-

va naturale, per un Cristiano, essere consa-pevole di quanto il Creato rappresenti in ter-mini di valori, soprattutto a livello spirituale. Quando, invece, ci mettiamo a confronto con una platea di tipo mondiale, abbiamo scelto di vagliare i problemi in una maniera decisamen-te laica. Per quale motivo? Perché vogliamo discutere di questi temi con tutti. Qualsiasi giornalista, qualunque sia la sua fede, può condividere con noi questa grande preoccupazione per la casa comune, tanto è vero che il prefisso “eco-” deriva dal greco oikos (“casa”) che è anche la radice di “eco-nomia”. Riteniamo che una forma di visione comune possa arricchire entrambi, sia coloro che non condividono le nostre opinioni in ter-mini di fede, sia coloro che le condividono. Il Creato, per chi crede, è stato messo a dispo-sizione dell’umanità intera, senza distinzioni di razze o di religione. Siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo, a prescindere dalle nostre credenze o dalle nostre convinzioni,

e noi, su questo, basiamo la laicità di ciò che facciamo. Per la seconda volta il Forum internazionale si svolge a Cuneo: come vi siete trovati nella nostra provincia?In conferenza stampa, la primavera scorsa, ho usato una citazione in latino: hic manebimus optime, che vuol dire “staremo benissimo”, sottintendendo che l’anno scorso siamo stati talmente bene, che abbiamo voluto tornare. Abbiamo verificato che ci fossero le condizioni, le abbiamo trovate e siamo molto grati alle isti-tuzioni, ai partner, alle aziende della Provincia Granda che ci hanno sostenuto e che ci hanno dato la possibilità di realizzare questo even-to. Mi piace ringraziare chi ha reso possibile questo nostro “pensatoio” in cui si elaborano idee e le si rilanciano a livello mondiale. Siamo alla ricerca di nuovi fondamenti che possano sostenere l’economia del futuro, perché nella condizione in cui siamo adesso, non andiamo davvero da nessuna parte.

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Il prossimo anno saranno cinquanta cande-line. La Maes di Savigliano - azienda specia-

lizzata in pavimentazioni, rivestimenti e arredi bagno - compie mezzo secolo di attività. Un anniversario nobilitato dalla fedeltà ai valori più veri dell’imprenditorialità cuneese: serietà, rigore, rispetto del cliente e, naturalmente, un profondo legame con il territorio. Sono queste le parole che hanno scritto la storia di Maes (Materiali Edili Savigliano). Tutto comincia nel 1962 per iniziativa della fa-miglia Occello che apre una rivendita specia-lizza per la commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di rivestimenti di vario genere. In seguito l’offerta si estende agli arredi bagno e ai sanitari. Si sviluppa, intanto, il costumer ser-vice: Maes diventa sinonimo non solo di pro-dotto, ma di competenza e capacità di fornire

la qualità ha i piedi per terraALLA SOGLIA DEI CINQUANT’ANNI DI ATTIVITÀ L’AZIENDA DI SAVIGLIANO PRESENTA L’ULTIMA NOVITÀ: LA LINEA DI PARQUET MWOOD®: DESIGN E TENDENZA ALL’INSEGNA DEL GUSTO E DELLA CLASSE MADE IN ITALY.

DI MARIO DE MASI

risposte a ogni esigenza. Per questo il marchio diventa un punto di riferimento per progettisti, architetti, designer che trovano nei responsa-bili dell’azienda un interlocutore preparato e responsabile in una serie di servizi: dalla scelta dei prodotti alla misurazione e posa in opera, all’assistenza post vendita. Oggi Maes è una dinamica realtà imprenditoria-le che conta sulla professionalità di trenta ad-detti e sulla collaborazione di settanta artigiani. L’offerta è quanto mai ampia: accanto ai pro-dotti classici, il catalogo propone porte, tessuti, rivestimenti per piscine e materiali particolari. La ricerca dell’eccellenza fa parte della tra-dizione Maes e proprio in occasione dei cinquant’anni di attività, l’azienda presen-ta un nuovo prodotto: la linea di parquet MWOOD®.

MAES s.r.l.Via Montebianco 1412038 Savigliano (CN)tel. 0172 714700 - Fax 0172 21005e-mail: [email protected]

Di questa novità parliamo con l’attuale AD dell’azienda Roberto Occello, che ci apre le porte dell’esposizione per farci conoscere più da vicino il prodotto. “Una delle parole d’ordi-ne in Maes è made in Italy - tiene subito a preci-sare Occello - Anche nel caso della scelta della linea di parquet non abbiamo fatto eccezione. Made in Italy è sinomino di artigianalità di li-vello superiore, qualità del materiale, elevato grado di performance”.Insomma, in un mercato sempre più competiti-vo e pieno di sfide, la tradizione italiana riesce ancora ad affermarsi. “Questa tipologia di par-quet ne è la prova” sottolinea l’ad Maes. Ma quali sono i punti di forza MWOOD®? In pri-mo luogo l’ottimo rapporto qualità/prezzo: “Si tratta di un prodotto di fascia medio-alta che si distingue per la sua estrema versatilità.” osser-va Roberto Occello. La linea di parquet MWOOD® si presenta in una serie di finiture con possibilità di perso-nalizzazioni su richiesta del cliente. Anche sul piano del formato la scelta è quanto mai ampia, partendo dal classico format a doga, 20x190 cm. “Questi parquet sono ideali per qualsiasi tipo di ambientazione, dall’alloggio alla casa di

campagna fino agli edifici del settore contract” spiega Occello, sottolineando nello stesso tem-po un aspetto essenziale: “Il parquet è una tipo-logia di pavimentazione che si distingue per il calore, lo stile e l’eleganza. Nel caso di MWOOD® si garantisce un valore aggiunto: una maggior possibilità di scelta sul piano dal gusto contemporaneo che si sposano con interni di stile moderno, secondo le ultime tendenze del design”. Sul piano dei materiali la linea MWOOD® - disponibile su catalogo in cinque serie diverse - è realizzata in rovere (de-clinato in diverse finiture: naturale, spazzolato, sbiancato...), teak e noce. “Si tratta dei classici

legni da parquet che garantiscono la resistenza nel tempo e la facilità di manutenzione”. Cosa rappresenta l’inserimento di questa nuovo prodotto all’interno delle proposte Maes? Su questo punto Roberto Occello non ha dub-bi: “Cinquant’anni di presenza sul mercato ci hanno insegnato quanto sia importante essere lungimiranti e sapere anticipare e interpretare le richieste della clientela, dal professionista al privato. La scelta di presentare i parquet MWOOD® si inserisce perfettamente nella no-stra filosofia aziendale, legata alla tradizione e proiettata verso l’innovazione”. Il futuro ha radici antiche: da buoni cuneesi.

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Prudenti, disciplinati e visionari! Con questi tre aggettivi il Min. delle Finanze, Marco

Piccinini, ha riassunto, concludendo il suo intervento di fronte a circa 250 imprenditori residenti a Monaco, le caratteristiche che con-tradistingueranno l’imprenditore vincente del futuro. Invitato in occasione della X Réunion des Entrepreneur organizzata dalla Chambre de Développement Economique (CDE), Piccinini, italiano d’origine ma naturalizzato monegasco alcuni anni fa, ancora una volta è riuscito a magnetizzare l’attenzione del pub-blico presente fornendo il suo personale pa-rere soprattutto sull’avvenire del Principato di Monaco. “È necessario promuovere il prodotto Monaco con un approccio ‘non convenzionale’ - ha detto il ministro nel suo discorso, anche perché, a causa dei cambiamenti causati dagli

monte-carlo per lo sviluppo LA CHAMBRE DE DÉVELOPPEMENT ECONOMIQUE DE MONACO (CDE):UNA MARCIA IN PIÙ PER GLI IMPRENDITORI DI DOMANI IN UN TERRITORIO DOVE INVESTIRE È GARANZIA DI SUCCESSO.

DI MARIA BOLOGNA

effetti della crisi economica internazionale, chi vuole investire con successo, cerca paesi che abbiano un equilibrio politico accertato, una solida finanza pubblica e, cosa fondamentale, luoghi in grado di garantire una certa sicurezza e qualità di vita. Tutte caratteristiche, queste, appartenenti di fatto al Principato di Monaco ma non sempre messe all’onore dai media e dai nostalgici dei bei tempi tutto feste, casinò e champagne del secolo scorso”.È tempo di cambiamenti anche nel Principato di Monaco? Pare proprio di sì, soprattutto se consideriamo che lo stato monegasco, parte integrante dell’Europa senza averne il peso dell’Eurocrazia, ha deciso di farsi conoscere al mondo attraverso azione mirate one-to-one. Da qualche tempo, infatti, il successo di missioni economiche importanti, come quelle

M. Piccinini, ministro delle Finanze di Monte-Carlo, e Michel Dotta, presidente della Chambre de Développement Economique (CDE).photo: Réalis - S. Danna

Nella pagina a fianco:Michel Dottaphoto: G. Farah

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promosse dalla CDE con la Turchia e la Polonia, non si fermeranno qui. Infatti, in programma ci sono visite e incontri per conoscere le realtà imprenditoriali di Londra, Hong Kong e Brasile, volte a esportare inoltre l’attrattività di Monaco, come sostenuto dal Presidente della CDE, Michel Dotta, imprenditore monegasco ma anche lui con lontane origini piemontesi. Resta evidente che l’avvenire di Monaco e di tutti i Paesi industrializzati dipenderà dalla loro capa-cità di reagire alle nuove sfide mondiali. Per il Principato di Monaco, come più volte sottoli-neato nel corso della presentazione alla stampa governativa relativa alle previsioni budgetarie, ci si proietterà, ottimizzando le risorse e le spese, a raggiungere l’optimum che uno stato moderno può oggigiorno offrire: la sicurezza, il servizio sanitario nazionale e l’istruzione. Per il governo monegasco solo attraverso una mo-derna ed efficace disciplina finanziaria, agile e trasparente si potrà essere in grado di attrarre un sempre maggior numero di imprenditori ed investitori. Non a caso poi, grazie anche ai con-trolli effettuati regolarmente dalla CCAF, che vigila anche sui fondi di gestione, le previsioni per bilancio pubblico mirano al pareggio entro tre anni, seguendo il principio del buon padre di famiglia, disciplinato e prudente al tempo stesso. Senza dimenticare che il Principato non ha debiti con altri stati e vanta un Fondo di Riserva Costituzionale (FRC) di ben 4,3 miliardi di Euro, incluso i depositi d’oro, la partecipa-zione a società come SBM ed altre entità, vari immobili situati a Monaco e nei paesi limitrofi, contando anche le sedi diplomatiche all’estero.A questo aggiungiamo una riflessione: dopo una favorevole stagione turistica favorita anche dagli effetti del matrimonio del suo sovrano, è la modernizzazione delle procedure burocra-tiche per istallarsi a Monaco, tutta improntata per favorire la crescita d’impresa già esistente, che potrà attirare giovani ed innovativi investi-tori (grazie anche alle numerose azioni della JCEM). Del resto Monaco risulta ancora uno

dei Paesi a più alto reddito pro capite (secondo solo al Lussemburgo, ndr). Nel frattempo poi ci sono alcune certezze innegabili: russi ed arabi già da tempo si affacciano nel Principato men-tre con un occhio particolare osserviamo come anche alcune attività appartenenti a cittadini provenienti dai paesi emergenti facenti parte del BRICS, Brasile, Russia, India e Cina più la S finale, che sta per Sud Africa, cominciano a es-sere presenti a Monaco. E sarebbe da accoglier-li con interesse, ovviamente: di questo avviso non è invece la dirigenza dell’SBM, contraria all’apertura, nel breve tempo, ai popoli dell’Asia mentre quest’anno, come annunciato nel cor-so della recente assemblea straordinaria degli azionisti, non ha distribuito i dividendi a causa dei cattivi risultati di gestione, –17,3 milioni di euro. Intanto gli investimenti del gruppo non si fermano (vedi la residenza del Balmoral o la nuova destinazione per l’ex Moods a favore del Jimmy’z d’Hiver, ndr) mentre all’estero prose-guono gli accordi per il lancio del resort di Abu Dhabi Monte-Carlo Beach Club Saadiyat Island o la finalizzazione del Resort in costruzione in Marocco. In definitiva pare proprio che l’avve-nire di Monaco possa essere più roseo di altri stati pur essendo legata al sistema europeo che, in questo momento, risulta fragile sot-

to molti profili. E forse, come ha sostenuto il Ministro di Stato Michel Roger, pur non lonta-no dalla recessione che contagerà un po’ tutti i Paesi dell’area del Mediterraneo, pare che nel soleggiato Principato di Monaco il rigore faccia rima anche con un certo ottimismo: come non esserlo se l’avvenire, supportato dai privilegi che una fiscalità leggera offre agli imprenditori, favorisce anche una certa qualità di vita e pro-spettive economiche rassicuranti? Si può dire lo stesso della vicina Italia? La risposta, ovvia-mente, al lettore.

MICHEL DOTTA, PRESIDENTE DELLA CHAMBRE DE DÉVELOPPEMENT ECONOMIQUE DE MONACO (CDE)

In carica dal luglio 2009, Michel Dotta, monegasco ma con origini lontane nel basso Pie-monte, è stimato professionista nel settore immobiliare.Ricopre numerose cariche importanti: membro del CDA della Société des Bains de Mer (SBM), ricopre la carica di Presidente della Commission Urbanisme et Prospective du Conseil Economique et Social, della Chambre Immobilière Monégasque e membro del Conseil Fédéral de la Fédération Patronale Monégasque.Inoltre preside anche la Commissione Media del Grand-Prix F1 di Monaco e del Rallye Automobile de Monte-Carlo mentre da numerosi anni è anche membro del Comitato di-rettivo del Monte-Carlo Golf.

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La confezione è bella alla vista, accattivante al gusto, vitale per molti.

Tra una manciata di settimane sarà in vendita, una nuova linea di pasta “gluten free”- rigoro-samente artigianale - per celiaci. Il nome non è stato ancora diffuso. Le pratiche di autoriz-zazione per contrassegnare i prodotti con la etichettatura a norma di legge sono alla firma del ministero della Salute.L’iniziativa nasce dopo l’incontro tra intenti di due realtà imprenditoriali della provincia di Cuneo: il pastificio “Michelis” di Mondovì e La Monfortina, il laboratorio che ad oggi produce per “Antica Dispensa” della famiglia Ribezzo a Monforte d’Alba. «Michelis - spiega Alberto Ribezzo, partner del progetto - mette a disposizione di questa nuova sfida la sua conoscenza che si tramanda di ge-

bontà senzalimitiUNA NUOVA LINEA DI PRODOTTI “GLUTEN FREE” PRODOTTA ARTIGIANALMENTE DALL’UNIONE DI DUE STORICI MARCHI, “LA MONFORTINA” E “MICHELIS”, ASSICURA QUALITÀ SENZA TRASCURARE IL GUSTO.

DI MATILDE GABUTTI

nerazione in generazione dagli Anni Venti del Novecento. Noi, che siamo riusciti ad affermarci grazie ai risultati ottenuti con Antica Dispensa, mettiamo la linea di produzione e un impianto di essicazione, esclusivamente dedicati a que-sta produzione di pasta senza glutine».La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine: sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. L’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100 perso-ne. Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni, come pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più pic-cole tracce di glutine dal piatto. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che, ad oggi, garantisce al celiaco un perfetto

per informazioni:Tel. +39.0174.43818e-mail: [email protected]

stato di salute. La gamma di prodotti per celiaci e per tutti coloro che soffrono di intolleranze alimentari rappresenta quindi un settore che va incontro alle esigenze di un vasto pubblico. «Abbiamo presentato due formati di pasta e due gusti di biscotti - puntualizza Marco Michelis, partner strategico e compagno di viaggio in questa sfida - a Celià, il primo evento italiano che si è svolto a Mondovì, dove si è toccato con mano l’alto numero di persone con intolleran-za al glutine. La linea di pasta, che sarà in vendi-ta da gennaio, contiene un mix di farine - mais, riso, lupino - e uova fresche. Abbiamo avuto riscontro positivo su quello che possiamo de-finire il “prototipo”: il gusto piace, tiene bene la cottura e le rotture della pasta sono limitate».La malattia celiaca è riconosciuta come malat-tia sociale. Il celiaco si sente spesso ghettizzato al momento di sedersi a tavola. La nuova linea “Cuore Michelis” vuole essere anche appetibi-le agli occhi: confezioni raffinate, per chi ama la buona tavola. Il costo sarà contenuto: si parla di

un 10% in più rispetto alle altre paste. «Da sempre - conclude il trentenne Ribezzo - sosteniamo che per far qualcosa di buono nella vita, bisogna fare ciò che più piace, altrimenti le cose si fanno senz’anima. Questo è insieme un segreto e una ricetta. Abbiamo a cuore il territorio, la sua conservazione, la sua fortuna e il benessere degli uomini. Per questo, cer-chiamo non solo di recuperare la tradizione, ma anche di aggiornarci sempre, di usare le tecnologie più all’avanguardia che non com-promettono la genuinità dei prodotti, ma che anzi la esaltano, per offrire il massimo dell’at-tenzione al dettaglio». Non appena la produzione gluten free sarà a regime, partiranno altre sfide: la linea “Cuore Michelis” toccherà altre intolleranze, come quella al latte e ai suoi derivati così da ampliare la gamma di produzione. Scenari imprendito-riali che si aprono nella terra di Langa, vocata al piacere del palato e sorrisi di chi non ha più voglia di sentirsi malato.

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La caratteristica naturale e distintiva del ter-ritorio albese è rappresentata dalle Langhe,

con la loro terra adatta alla coltivazione delle nocciole e delle viti e particolarmente frut-tuosa nella raccolta dei funghi e dei tartufi. Il tubero, tuber magnatum pico nero, ma so-prattutto bianco, è la vera gemma locale, tanto da essere spesso paragonata all’oro per la sua preziosità, esclusività e… per il suo prezzo! Partendo da queste risorse, la creatività locale ha sviluppato profumi, aromi, colori, suoni ed accoglienza; tutti elementi che fanno di questa terra un patrimonio di eccellenza ormai uni-versalmente riconosciuto. Il panorama quasi geometricamente scandito dalle coltivazioni ed i colori che si esaltano soprattutto nell’au-tunno, quando le foglie si tingono di giallo sfu-mando nell’oro, contribuiscono a donare alla

il sarto della gioielleriaNEL CUORE DI ALBA UN LABORATORIO DI CREATIVITÀ DOVE LE GEMME SI LAVORANO ESCLUSIVAMENTE MADE IN ITALY: TEBALDO GIOIELLI

DI ALIDA ROGGIA

Fiera Internazionale del Tartufo d’Alba (appe-na terminata) un allure di emozioni che, non solo segna il cuore dei moltissimi visitatori, ma nobilita il grande valore commerciale della ma-nifestazione. Da pochi anni la città di Alba si è arricchita di un atelier decisamente esclusivo: Tebaldo Gioielli, casata Dall’Oro, vera e propria “sartoria della gioielleria”, esempio del made in Italy di altissimo prestigio e contraddistinta da colori inalterabili, neppure con il passare delle stagioni. Si tratta della lucentezza, trasparenza e purezza dei diamanti, sia bianchi che fancy color; così, accanto alla gemma tipica locale - il tartufo - fanno splendida mostra le gemme e l’alta gioielleria della Casata Dall’Oro.

LA STORIA E LA SQUADRALa Tebaldo Gioielli, Casata Dall’Oro, nasce

Alessandro Dall’Oro, al tavolo di lavoro nel laboratorio orafo, segue le lavorazioni artistiche di un maestro anziano.

Nella pagina a fianco:Il controllo accurato di ogni fase di lavoro è fondamentale per assicurare la qualità delle lavorazioni, a partire dalla pulitrice.

nel centro storico di Valenza Po (AL), capitale orafa di respiro internazionale, storicamente collegata alla borsa dei diamanti di Tel Aviv ed alla borsa delle gemme di colore di Bogotà. In particolare, si tratta di un consorzio di quattro fabbriche orafe e di tanti laboratori satellite di-slocati sul territorio nazionale, ma uniti dal fine comune di farsi forza e di creare una solida e capace organizzazione operante nel settore dell’alta qualità orafa, rigorosamente di fattura italiana. La squadra è composta da quindici per-sone tra orafi, incassatori, pulitrici, un maestro pietraio e persino un modellista. Si tratta di abi-li artigiani, professionisti di comprovata espe-rienza che, con passione e creatività, riescono ad esprimere al meglio il loro amore per l’oro e per le pietre preziose, realizzando monili di al-tissimo prestigio, esclusivi, esempi emblematici dell’alta gioielleria italiana. Ogni oggetto, infat-ti, è unico, senza uguali, eseguito interamente a mano ed impreziosito da pietre incassate una ad una, con l’ausilio del solo microscopio.Al vertice di questo consorzio c’è Alessandro Dall’Oro: seguendo le orme del nonno orafo e grazie la sua formazione commerciale, si oc-cupa da anni della vendita e dei rapporti con i clienti, collaborando con una valida “equipe” di maestri orafi. “La febbre dell’oro” è per lui un richiamo sempre più forte, cosicchè, nel 1987 assume le redini del consorzio stesso e, dopo tale data, affianca al tradizionale lavoro per grossisti, per i prestigiosi marchi d’alta gioiel-leria italiana e francese, quello per i dettaglisti esclusivi e per i privati. L’azienda punta sulla re-alizzazione di prodotti “calzati ad hoc”, frutto di un’assodata esperienza artigianale (attualmen-te rara, ma decisamente apprezzata dai clienti), diversi l’uno dall’altro e, dal punto di vista qua-litativo, espressione del made in Italy nel vero senso della parola. Basti pensare, infatti, che sia la lavorazione dell’oro che l’incastonatura delle gemme preziose avvengono tutte in Italia e manualmente. Nonostante l’elevato standard qualitativo, i costi dei gioielli sono abbastanza

contenuti, dal momento che la materia prima viene acquistata direttamente dalla fonte pro-duttiva.

LE GEMME QUALE PUNTO DI FORZALe pietre con cui la Tebaldo Gioielli può dimo-strare la sua forza sono molte. Primeggiano sicuramente i brillanti, diamanti puri e di al-tissimo livello e caratura, provenienti per lo più dal Botswana, stato africano noto a livello mondiale per la produzione ed il commercio di questi preziosi minerali. Si tratta, in ogni caso, di un commercio assolutamente legalizzato, le-cito, gestito in dollari e con prezzi oggi molto competitivi. Un cenno particolare meritano i diamanti fancy color (diamanti colorati), cioè i brillanti rosa, gialli o blu, rarissimi, pregiatissi-mi e definiti giustamente come eccezioni della natura. Oltre al carbonio, infatti, che compone il classico diamante bianco puro, contengono

delle piccole quantità di minerali differenti che conferiscono loro una particolare colorazione. Il corindone, ad esempio, unito al carbonio, genera il caratteristico colore blu. I fancy color, pertanto, sono cocktail creati da Madre Natura e, proprio per questo, di eccezionale e straordi-naria bellezza. Particolarmente luminescenti e trasparenti - dunque apprezzate dagli estimato-ri - sono poi le gemme colorate, tra cui spicca-no gli smeraldi, direttamente estratti dalle cave di Bogotà. Non meno preziose e ricercate sono anche le perle naturali, specie quelle di origi-ne australiana, poiché meno manipolate dalla mano dell’uomo e, quindi, non sottoposte a trattamenti chimici che potrebbero inficiarne la purezza. Altro punto di forza della Tebaldo sono i gioielli antichi (di stile liberty, borboni-co e barocco, ad esempio), destinati per lo più a clienti di nicchia, selezionati ed amanti del genere. Tali monili, infatti, ben rappresentano

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quella zona; ogni limone conteneva circa quat-trocento pietre preziose, tutte rigorosamente incassate a mano. Per il territorio langarolo, invece, sono allo studio nuove linee… chissa? ...la vite, il tartufo o la nocciola?

LA STRATEGIA DI MARKETINGL’accuratezza dei particolari, unita all’originalità del design ed all’armonia delle composizio-ni, caratterizza tutti i prodotti della Tebaldo Gioielli, riconosciuta realtà esclusivamente ita-liana. I maestri orafi che compongono la squa-dra, infatti, realizzano, su richiesta, gioielli da sogno, assolutamente unici e volti a soddisfare il desiderio di distinzione di ognuno. “In questo modo il nostro cliente si sente pienamente sod-disfatto, in quanto riesce non solo ad esprimere al meglio la propria personalità ma a realizzare anche il proprio sogno di gioiello”: queste le parole del Responsabile il quale tiene a rimarca-re che la Gioielleria Tebaldo è in grado di garan-tire prezzi decisamente interessanti, per effetto dell’azzeramento della filiera distributiva. “E’, dunque, possibile - sostiene - acquistare prezio-si e monili di eccezionale fattura con un ottimo rapporto qualità-prezzo”. Il suo motto pertanto è: “Gioielli esclusivi, a prezzi competitivi!”. “Le nostre creazioni sono un classico modernizza-to, rivisitato in chiave attuale, coprono tutte le fasce di età e cercano di soddisfare al meglio le esigenze di ciascun cliente”. Con queste parole si conclude l’intervista ad Alessandro Dall’Oro, originario di Valenza Po, cittadino del mondo per ragioni di lavoro ed oggi anche albese di adozione perché “si prende a cuore” la realizza-zione dei nostri gioielli.

il patrimonio di una cultura ormai passata ed estinta, ciononostante il loro fascino perdura nel tempo. Dal momento, però, che l’arte, la creatività e la tradizione artigianale non disde-gnano l’adeguamento con le innovazioni tec-nologiche e, in particolare, con l’adozione di lavorazioni altamente innovative, la Gioielleria è famosa per la linea tennis (anelli, orecchi-ni, bracciali, collane semplici o a pendaglio) che realizza in modo esclusivo servendosi di un sistema laser volto a ridurre il costo della manodopera sino ad 1/3, accantonando così il vecchio metodo della saldatura manuale tra una maglia e l’altra. I grandi marchi dell’ore-ficeria, italiana e non solo, comprano oramai esclusivamente le montature della linea tennis prodotte dalla Tebaldo. Infine, la meritata fama di abile orafo si esalta ulteriormente con le riparazioni express: interventi molto veloci di qualsiasi tipo e genere, effettuati non solo per i negozianti ma anche per i privati ed in tempi rapidissimi.

LA VETRINA ESPOSITIVAIl gruppo Tebaldo dispone di ben sette show-rooms sul territorio nazionale, uno in partico-lare a Capri, nella famosa Piazzetta Umberto, ove collabora con una nota gioielleria locale. La prima ed unica vetrina “di forte credo” è però stata aperta ad Alba, in Piazza Savona, nel pieno cuore della città. Perché proprio ad Alba? Perché è la capitale delle Langhe ed il palcoscenico ideale per una vendita qualificata. La vetrina albese, poi, soprattutto in occasione della Fiera Internazionale del Tartufo, è capace di trascendere i confini italiani, permettendo i contatti con visitatori di tutto il mondo.

IL LEGAME CON IL TERRITORIOL’inserimento nel territorio ed il legame con la terra si erano, già in passato, concretizzati a Capri con la realizzazione di una particolare li-nea di gioielli, soprattutto braccialetti, il cui leit motiv era il limone, prodotto locale e tipico di

TEBALDO GIOIELLIPiazza Savona, 2 - AlbaTel. +39.0173.366300

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Alcune delle creazioni della Tebaldo Gioielli, pezzi unici e inimitabili.

Alessandro Dall’Oro ricerca personalmente le pietre preziose per i gioielli che crea:

in questa foto è con un importante brillantaio di Tel Aviv, amico personale.

Gli attrezzi del mestiere, insostituibili strumenti di lavoro, testimoni di lavorazioni artigianali

e abilità manuali uniche.

DI FABRIZIO GARDINALI

l’intervista impossibile

dal presepere di speranza

Oggi siamo solo tre statuine più o meno belle. Tre uomi-

ni dalle fattezze che denotano le tre più importanti “razze” umane, come da tradizione: bianca, asiatica e negra o africana. Rigorosamente rappresentati con ricchi abiti, mol-te volte a dorso di cammello (chissà perché poi, in verità non li abbiamo mai usati), intenti ad andare verso la capanna (o la grotta, dipende dai gusti) dove si trova Gesù, o ad adorarlo.Sì, tre statuine del Presepe, nulla di più, che per usanza vengono ag-giunte solo all’Epifania. E in gene-re, specie ai bambini, noi tre, i Magi intendo, non siamo tanto simpati-ci, perché quando ci collocate, fra pecorelle e muschio in improbabili paesaggi alpino-africani, ormai le vacanze di Natale stanno per finire e si deve tornare a scuola.La nostra storia è, brevemente, nar-rata in primo luogo da San Matteo nell’omonimo Vangelo, secondo cui veniamo dall’Oriente per andare dal Re dei Giudei. Quando lo abbiamo tro-vato, grazie alle indicazioni della stella con la coda, che voi chiamate “cometa”, gli abbiamo regalato oro, incenso e mirra.Già: si era anche messo di mezzo Erode, che della nascita non sapeva nulla. Senza volerlo l’abbiamo informato noi. Ignoravamo che fosse un po’ invidioso e quando sentiva la parola “re”, gli saltava la mosca al naso, perché pensava che solo lui fosse degno di quel titolo e vedeva cospiratori da tutte le parti (un po’ come il vostro “premier” là in Italia, che vede i “comunisti” anche dietro i cespugli di casa sua a spiarlo travestiti da giudici o giornalisti). Ci aveva anche pregato di informarlo dov’era, il Cristo, così poteva andare pure lui a rendergli omaggio, a modo suo. Ma ci hanno avvertito in sogno che non aveva proprio buone intenzioni e allora ce ne siamo andati zitti zitti e non gli abbiamo detto nulla. Si è arrabbiato molto, però, e per sfogarsi ha fatto una bella strage: di bambini innocenti per avere più soddisfazione.Di noi parlano anche i Vangeli cosiddetti apocrifi, insomma quelli “non ufficiali” della Chiesa. Per la precisione, il “Protovangelo di Giacomo”, il “Vangelo del-lo pseudo Matteo”, quello dell’Infanzia arabo-siriaco e quello armeno. Proprio

quest’ultimo ci dà anche un nome e dice che eravamo fratelli: Melkan, re dei Persiani, Gaspar, re degli Indi, Balthasar, re degli Arabi. Dice an-che che, tra i doni, abbiamo dato al Cristo il documento scritto e sigil-lato dalla mano di Dio che Adamo diede al figlio Seth, il cui contenuto, ovviamente, ignoravamo.Leggenda, verità? Fate voi secondo la vostra coscienza. Eravamo re o sacerdoti del mazdeismo, detentori di una sapienza antica e perduta? Eravamo fratelli o ci ignoravamo e ci siamo incontrati per caso? Eravamo di pelle e razze diverse o uguali? Beh, come uomini di certo eravamo uguali e con gli stessi dirit-ti. E come tali abbiamo fatto un lun-go viaggio, a cercare un bambino in una stamberga di pastori. A cercare una speranza, non una risposta. Perché, a ben guardare, le risposte sono già tutte in noi.Poi siamo tornati nelle nostre terre e tutto è ricominciato come prima.

Di quel Gesù, nato in quella remota parte del mondo, non abbiamo più saputo nulla.Solo tanto tempo dopo, quando ci avete fatto dei personaggi dei vostri Presepi, siamo venuti a conoscenza che era diventato uomo. Che aveva predicato parole d’amore e che, per questo, i suoi conterranei l’avevano massacrato. Che quelle parole si erano diffuse in tutto il mondo. I vostri popoli, però, hanno continuato a combattersi; qualcuno ha fatto schiavo l’altro; qualcuno si è arricchito sulle spalle del vicino o del suo lavorante. L’odio, l’egoismo, la miopia del proprio interesse hanno dominato sempre più il globo.E se qualcuno, oggi, cerca una speranza, un percorso nuovo, non vedrà la stella cometa in cielo ad indicargli la via, come è successo a noi: è oscurata dalla luce di un satellite geostazionario per le telecomunicazioni.

Adorazione dei Magi – Botticelli (particolare)

GRAN GALÀ DI FINE ANNO

In una cornice suggestiva ed un clima gioiosol’appuntamento all’insegna della qualità e del gusto di fi ne anno

è nel grande salone della tenuta, gustando le ricche e svariate proposte a buffet dello chef Claudio Cagliero.

Serata all night long, allietata da musica dal vivo, danze e simpatia.

Prezzo per l’evento € 95 tutto incluso Su prenotazione

Il Ristorante è a disposizione per il Pranzo di Natale e le Cene delle Festività. L’ambiente ed il convivio saranno allietati, a seconda delle esigenze,

da festosa accoglienza, sempre all’insegna dello charme e del buon gusto.

L’Antico Podere Tota Virginia è una dimora che sorge sulle antiche mura dell’originario podere di Virginia Ferrero.

Affacciata su un panorama bello da mozzare il fi ato, la struttura ospita, oltre ai due saloni ristorante, l’hotel quattro stelle

composto da tredici camere che garantiscono un estremo comfort e si affacciano sul giardino con piscina.

Durante tutto l’anno è sempre aperto il ristorante con servizio “a la carte”.Lo Chef Claudio Cagliero, di eccellente scuola,

propone sia piatti tipici del territorio che ricette di pesce, con particolari presentazioni creative per deliziare il palato e stupire lo sguardo.

Il servizio è impeccabile con il giusto tocco di classe.

Ottima e varia la scelta dei formaggi, che derivano dalle migliori produzioni locali e piemontesi in genere.

Splendida la carta dei vini, che l’ampia cantina naturale propone, in una vasta scelta fra prestigiose etichette internazionali e nazionali

e ai produttori locali di Barolo e Barbaresco.Ottima location per pranzi e cene aziendali, meeting e cerimonie.

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GRAN GALÀ DI FINE ANNO

In una cornice suggestiva ed un clima gioiosol’appuntamento all’insegna della qualità e del gusto di fi ne anno

è nel grande salone della tenuta, gustando le ricche e svariate proposte a buffet dello chef Claudio Cagliero.

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Affacciata su un panorama bello da mozzare il fi ato, la struttura ospita, oltre ai due saloni ristorante, l’hotel quattro stelle

composto da tredici camere che garantiscono un estremo comfort e si affacciano sul giardino con piscina.

Durante tutto l’anno è sempre aperto il ristorante con servizio “a la carte”.Lo Chef Claudio Cagliero, di eccellente scuola,

propone sia piatti tipici del territorio che ricette di pesce, con particolari presentazioni creative per deliziare il palato e stupire lo sguardo.

Il servizio è impeccabile con il giusto tocco di classe.

Ottima e varia la scelta dei formaggi, che derivano dalle migliori produzioni locali e piemontesi in genere.

Splendida la carta dei vini, che l’ampia cantina naturale propone, in una vasta scelta fra prestigiose etichette internazionali e nazionali

e ai produttori locali di Barolo e Barbaresco.Ottima location per pranzi e cene aziendali, meeting e cerimonie.

È “tonda e gentile”, è regina della tradizione dolciaria in terra di Piemonte e ha contri-

buito, insieme ai grandi vini del territorio, a rendere famosa nel mondo la terra langarola. È la nocciola, annoverata a pieno titolo fra le “eccellenze” gastronomiche, un frutto sulla cui qualità concordano esperti di alimentazione, cuochi e tecnici dell’industria, riconoscendo la cultivar piemontese come la più pregiata al mondo. Questo frutto antico, umile e genero-so, si inserisce e vive in una stupenda geografia di vigneti, cascinali e castelli arroccati sulle col-line. Lungo i crinali, gruppi di piccoli noccioleti circondano paesi che portano il nome e l’aura di grandissimi vini: Barolo, Monforte, Dogliani. Ma proseguendo a scavalco verso il mare, man mano che ci si addentra in Alta Langa, ecco che le vigne lasciano spazio alle distese verdi

regina del mondoCLIMA E TERRITORIO: UN BINOMIO VINCENTE PER LA “TONDA GENTILE”,ECCELLENZA GASTRONOMICA RICONOSCIUTA DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON L’INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA (IGP)

DI MARIUCCIA ASSOLA

dei grandi noccioleti. Siamo a Cravanzana, Cortemilia, Feisoglio, Bossolasco: nei luoghi, appunto, dove la nocciola diviene “essenza” del territorio. Qui la “Tonda gentile del Piemonte”, ricono-sciuta dalla Comunità Europea con l’Indicazio-ne Geografica Protetta (Igp), è parte integrante del tessuto economico con oltre 7.000 ettari di coltivato e 12.000 tonnellate di prodotto nel 2010 (17.000 in tutta la regione).Nella zona si è espansa un’economia che ruota a 360 gradi attorno al prodotto nocciola: dalla rilevante produzione dolciaria artigianale, fino alla trasformazione del frutto per i semilavorati della grande industria; dall’invenzione e dalla fabbricazione dei macchinari per la lavorazio-ne, fino all’indotto di un turismo in crescita e legato all’enogastronomia.

La Tonda Gentile del Piemonte, il particolare tipo di nocciola che ha ottenuto il marchio IGP, “essenza” del territorio dell’Alta Langa Cuneese.

Nella pagina a fianco:Torrone e praline al Gianduja non mancano nelle vetrine delle pasticcerie locali.

Dalla nocciola si ricavano vari prodotti della gastronomia, fra cui farine e dolci tipici.

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Quando non tutti i mali vengono per nuocereNei tempi più antichi, i contadini langaroli puntavano sul vigneto, in coltura specializzata o mista. Poi, sul finire del XIX secolo, arrivò il grande flagello della fillossera e della pero-nospera a devastare le viti, provocando una grande ondata di emigrazione verso la Francia e le Americhe. I contadini rimasti persistevano, tuttavia, nella ricostituzione delle vigne perdu-te, continuando a sopportare anni di carestia e di fame. L’idea e il merito di aver sperimentato l’im-pianto di nuovi noccioleti nel comprensorio dell’Alta Langa e di avere constatato l’idoneità di terreno, clima e altitudine (fra i 500 e i 700 m) va al Professor Emanuele Férraris. Nella campagna di Feisoglio, Férraris creò colture-pilota, dimostrando la maggior produttività e la miglior resistenza della pianta alle affezioni pa-rassitarie rispetto alla vite. E oggi, quest’ultima, poco adatta a questa zona, è stata praticamente abbandonata.

Si scopre il binomio perfettoQuesto il punto di partenza. Ma vi fu poi un se-guito, un grande seguito di espansione. E qui la storia della nocciola segue di pari passo l’evolu-zione dell’industria dolciaria.Nel XIX secolo, la richiesta proveniva dai pastic-ceri torinesi che, a causa del blocco economico ordinato da Napoleone per i prodotti dell’indu-stria britannica e delle sue colonie, comincia-rono a miscelare il cacao con la più economica Nocciola Tonda Gentile delle Langhe. Il chocolatier Michele Prochet, in società con Caffarel, perfezionò l’impasto nel 1852, tostan-do le nocciole e macinandole finemente: nac-que il Giandujot, presentato in occasione del Carnevale del 1865 come il primo cioccolatino incartato e distribuito dalla maschera popo-lare di Torino, Gianduja. Da quel momento, l’impiego delle “Tonde” in pasticceria divenne enorme: sgusciate e torrefatte intere, a pezzi grandi o in pasta, si diffusero nella preparazio-

ne dei torroni, del cioccolato alle nocciole, dei croccanti, dei gelati. A Gallo Grinzane, invece, Giuseppe Sebaste inaugurò la produzione di un torrone finissimo (era il 1885), che da allora è presente su tutte le piazze e in tutte le Fiere italiane.

Ferrero, ovvero come valorizzare un’eredità preziosaL’azienda che diede l’impulso maggiore e deci-sivo alle coltivazioni fu senza dubbio la Ferrero. I primi esperimenti dolciari dell’azienda - tra le più grandi attualmente, e alla quale è stato attribuito il prestigioso “Winning Italy Award”, ovvero la prima posizione nell’indice di re-putazione delle aziende mondiali - portano anch’essi il nome di “Gianduja”. Siamo ad Alba, nel primo dopoguerra, in un periodo di grande povertà. Nel suo piccolo laboratorio di pastic-ceria, Pietro Ferrero ebbe l’idea di sfruttare una risorsa del territorio, le nocciole. Creò un inedito impasto compattandolo in pani avvolti

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nella carta stagnola. Era economico e buonissi-mo. Era reperibile tagliato a fette e fu una delle prime dolcezze da assaporare dopo i lunghi anni bui. Il successo arrivò immediato, oltre ogni aspettativa: nel maggio del 1946, nacque la Ferrero. E da quel momento, insieme alla crescita dell’azienda, per la quale le nocciole di-ventavano materia prima per eccellenza, iniziò davvero a crescere e a svilupparsi sulle colline di Langa la coltura del nocciolo, incoraggiata e sostenuta dalla Ferrero, in una politica mai di-smessa, nei tanti luoghi del mondo, ove sono dislocati i suoi stabilimenti.

Il legame con la realtà contadinaMa oltre all’industria vi è un’altra realtà: un profondo legame tra i contadini che portano il frutto delle loro fatiche. Sono le organizza-

zioni cooperative, che raggruppano i piccoli e piccolissimi produttori, aiutandoli a inserirsi in un mercato dove è ormai fondamentale la concentrazione dell’offerta, al fine di ottenere il riconoscimento della qualità e la giusta remu-nerazione. Sostiene Mario Abrate, presidente regionale di Fedagri-ConfCooperative: “È grazie alla capacità dei nostri padri che hanno saputo dare vita ad aggregazioni virtuose, che noi oggi possiamo ulteriormente migliorare le proposte agroalimentari di eccellenza al grande pubbli-co”. Continua Abrate: “Il rilancio del settore passa anche attraverso il lavoro delle coopera-tive aderenti a Fedagri, un sistema cooperativo che fornisce ai suoi associati assistenza tecnica e orientamento produttivo, consentendo di re-alizzare quei processi di tracciabilità a garanzia della qualità e dell’origine del prodotto”.

NOCCIOLA PIEMONTE IGP: LA MIGLIORE AL MONDOL’Ente Fiera della Nocciola e Prodotti Tipici dell’Alta Langa nasce con l’intento di valorizzare colline uniche per caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche, che danno origine, in particolare, alle prelibate Nocciole Piemonte Igp, a formaggi straordinari, funghi, tartufi, miele e grandi vini. UNICO ne parla con Alberto Cirio, Assessore al Turismo della Regione Piemonte.

Lei è tra gli ideatori e da sempre un grande sostenitore dell’Ente; quali sono gli intenti e le motivazioni di questa iniziativa?La Nocciola Piemonte Igp è la migliore del mondo e rappresenta una risorsa essenziale per tutto il territorio dell’Alta Langa. Una risorsa non soltanto per l’agricoltura, ma per tutti i comparti economici (artigianale, commerciale, turistico): essa costituisce un vero e proprio biglietto da visita dell’eccellenza di questo territorio e del Piemonte, nei confronti del mondo intero. La scelta di valorizzare il prodotto nocciola, la sua filiera (dalla coltivazione nei campi alla trasformazione, alla commercializzazione e alle rica-dute sulla salvaguardia e sulla promozione del territorio) significa aver finalmente individuato la chiave di volta per consentire lo sviluppo di un’area geografica poco nota, ma meritevole di un’adeguata promozione.

Da sempre si dice che la Tonda Gentile è la cultivar più pregiata. Possiamo affermare, riprendendo la sua dichiarazione, che è la migliore al mondo?Lo afferma un’autorevole certificazione rilasciata l’autunno scorso dal Centro Studi Assaggiatori di Brescia (l’unità di ricerca sull’analisi sensoriale più avanzata e completa in Italia, la stessa che ha siglato la certificazione sensoriale di prodotti quali l’Espresso Italiano e il Tartufo Bianco d’Al-ba). Un team di giudici ha analizzato nocciole provenienti dal Piemonte, dal Lazio e dalla Turchia, le qualità più diffuse al mondo. Il risultato? Ha vinto la Nocciola Piemonte Igp, per consistenza, dolcezza, aroma. Dopo tanto parlare - conclude l’Assessore - è d’obbligo ora venire in Langa, e assaggiare.”

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“Archeologia” è una parola abbastanza rara alle nostre latitudini. Per carità, la

provincia di Cuneo ospita numerose tracce del passato, anche remoto, all’interno di siti di notevole interesse - come i resti romani di Augusta Bagiennorum - ma in generale la mag-gior parte degli insediamenti del nostro territo-rio è relativamente “giovane” dal punto di vista anagrafico. Esiste, però, un’archeologia meno nota, che resta un po’ ai margini del discorso, in sordina, ma che riserva piacevoli sorprese: è l’archeo-logia medievale, disciplina prevalentemente tecnica perché legata soprattutto alle indagini scientifiche e allo scavo stratigrafico rispetto alla ben più blasonata sorella “classica” (greco-romana), che evidentemente viaggia a più stretto contatto con gli studi umanistici visti i

passioni archeologicheLA VISITA ALLE ROVINE DELL’ANTICA ABBAZIA DI SAN DALMAZZO DI PEDONA È UN VERO VIAGGIO NEL TEMPO, DAL VI AL XVII SECOLO, FRA ARCHITETTURA E RELIGIONE.

TESTO E PHOTO: LUCA MOROSI

forti legami con le fonti letterarie antiche. L’archeologia medievale, dicevamo, ha per-messo di riscoprire a Borgo San Dalmazzo le spoglie di un’antica abbazia, detta di Pedona, che dominava dalle pendici ai monti le Valli Vermenagna, Gesso e Stura, non solo attraver-so la sua presenza imponente e autorevole, ma anche grazie allo stanziamento sulla propria giurisdizione di numerose chiesette-satellite (con presìdi importanti fin nell’entroterra ligu-re), dipendenti tutte dalla “chiesa madre” come moderne filiali di banca. All’interno del museo dell’abbazia, collocato al pianterreno di una villa quattrocentesca adiacente alle rovine, una serie di pannelli esplicativi, mappe e reperti aiutano il visitato-re a immaginare l’aspetto di quello che era a tutti gli effetti uno dei complessi monastici

Nelle sale espositive pannelli, mappe e reperti aiutano il visitatore a capire quello che era uno dei complessi monastici più influenti dell’Italia settentrionale.

più influenti dell’Italia settentrionale e della Provenza. Le sale del museo, in cui trova posto anche uno straordinario plastico che facilita la lettura delle varie sovrapposizioni degli edifici succedutisi nel tempo, fungono da anticamera per il percorso vero e proprio all’interno dell’a-rea di scavo. Subito dopo, infatti, ci si immerge “per davvero” nel sottosuolo, percorrendo i vari livelli di profondità a seconda delle epoche storiche, in un saliscendi molto coinvolgente, grazie alla scelta museografica di lasciare visibili le preesistenze attraverso la pavimentazione in vetro trasparente dei camminamenti “sospesi” e a giochi di luce molto meditati che aumen-tano il pathos del tragitto. Un piccolo labirinto in miniatura, insomma, che compie crono-logicamente balzi, strappi e curve a gomito, proiettando in pochi istanti il visitatore dalle pietre del primo edificio di culto paleocristiano del VI secolo, alla “chiesetta” longobarda a tre navate ( VIII sec.), fino alle absidi romaniche dell’XI secolo e a ciò che resta della grande chiesa abbaziale a cinque navate del XII secolo. Quest’ultima rappresenta storicamente il cul-mine dello splendore dell’intero complesso, sia per quanto riguarda le dimensioni architettoni-che, sia per la qualità dell’ornato, testimoniata dal ritrovamento dei lacerti di una notevole decorazione parietale policroma in stucco. Per non parlare della ricchezza delle tombe (anco-

MUSEO DELL’ABBAZIA DI SAN DALMAZZO DI PEDONAVia Ospedale, 2Borgo San DalmazzoSabato e domenica: 15.00-18.00Gruppi e scuole su prenotazionetel. 0171.262573 www.sandalmazzo.com

ra dotate di corredo funebre), che si possono “sorvolare” a mezz’aria e che mostrano via via l’evoluzione della pratica dell’inumazione nei secoli, e di tutte le altre “attrazioni” di cui si compone il percorso, tra cui spiccano anche i frammenti - è proprio il caso di dirlo - degli affreschi quattrocenteschi di un’antica cappella innestata a mo’ di dependance. Risalendo la “scala delle epoche”, infine, si rag-giunge la Cappella Superiore decorata nel XVII secolo: qui sono custodite le reliquie di San Dalmazzo e da qui si accede anche all’ultima tappa del tour, una camera in cui sono esposti paramenti e arredi sacri di pregevole fattura.Inutile dire che una visita così affascinante, e a tratti anche divertente, è consigliatissima a tutti i curiosi e agli appassionati del “genere”. Il periodo per apprezzare al meglio il complesso è sicuramente quello tardo-autunnale, perché l’atmosfera ovattata dell’antica abbazia si coniu-ga bene al clima rigido dell’inverno che incom-be, mentre nel borgo, o meglio “a Borgo”, si festeggiano i giorni della Fiera Fredda.

LA FIERA FREDDAA dispetto del nome, la fiera è una di quelle che scaldano il cuore, per la straordinaria bontà del prodotto a cui è dedicata: l’Helix pomatia alpina, la chiocciola dalla carne bianca che sulle Alpi Marittime ha trovato il suo habitat naturale. Qui a Borgo San Dalmazzo, dove si svolge la fiera, le lumache sono un punto di riferimento per la cultura gastronomica. Servite lessate nel proprio guscio, dal quale venivano estratte con il chiodo per ferrare i cavalli (usato ancora oggi), erano intinte in una salsa piccante, detta cartunera, ovvero la salsa dei car-tuné (carrettieri di passaggio, diretti verso la Francia). La festa, che risale addirittura alla metà del XVI secolo, era un momento di incontro importante per gli abitanti delle valli circostanti, che convergevano a Borgo per le ultime provviste prima dell’inverno. Gustare presso le oste-rie locali i piatti divenuti ormai classici di questa manifestazione, era d’obbligo: il minestrone di trippe, il cotechino con i crauti e le lumache cucinate nelle ricette più svariate. Oggi, come allora, la festa si rinnova in nome della gastronomia elicica, per rendere omaggio alla tradizione. Quest’anno la Fiera Fredda si svolgerà dal 2 al 5 dicembre.

Per informazioni: Ente Fiera Fredda - Via Vittorio Veneto, 19 - 12011 Borgo San Dalmazzo (CN)Tel. 0171 266080 - Fax 0171-262054 - [email protected] - www.fierafredda.it

Nella pagina precedente:il plastico dell’abbazia facilita la lettura delle sovrapposizioni temporali e dell’evoluzione del complesso.

La cappella superiore del XVII sec.

La sala con i paramenti e arredi sacri di pregevole fattura.

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A COLAZIONE SUCCO D’UVA, ZERO ALCOL, TUTTO GUSTO E SALUTEIl progetto portato avanti dalle imprese vitivinicole del gruppo “Enoteca Fattoria Amica”- Coldiretti Cuneo, insieme alla Scuola Enologica di Alba, prevede di sottrarre un po’ d’uva alla vinificazione per produrre il succo d’uva, e punta a diversificare le produzioni delle aziende, per ampliare la gamma delle offerte e quindi per approcciare tutta la famiglia, compresi i bambini. È anche ulteriore sbocco di mercato per l’uva che deriva dagli stessi vigneti che originano le DOC e DOCG note ed affermate. Gli agriturismi ed i ristoranti locali potranno quindi servire succo d’uva a kmO, insieme o in sostituzione degli altri succhi di frutta. Con la Scuola Enologica si stanno effettuando analisi e valutazioni finalizzate ad individuare il processo produttivo più idoneo a conservare intatte le peculiarità dell’uva ed a trasmet-tere al succo le sostanze che ne caratterizzano la sua qualità. Il succo d’uva in oggetto è ottenuto semplicemente spremendo i grappoli per ottenerne il mosto che poi è lasciato decantare, chiarificato e infine sottoposto a pastorizzazione e immediato imbottigliamento. Tutto il processo dalla raccolta dell’uva all’imbottigliamento è concentrato in due giorni per preservare intatti tutti gli aromi primari dell’uva.

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GRAN GALÀ DI DANZA AL TEATRO TOSELLISilenzio. Il sipario si apre. L’occhio di bue illumina il palco. Passi. Sono di danza. L’appunta-mento è per il 16 dicembre. Il galà al Teatro Toselli giunge quest’anno alla ottava edizione. E’ organizzato dalla Maison de la Danse di Cuneo a favore della sezione LILT (Lega italiana per la lotta contro i tumori) di Cuneo, presieduta dal professor Sergio Giraudo. Ospiti atte-si: la Compagnia torinese Effemme della coreografa Lara Terzuolo e la ballerina Francesca Ossola della Compagnia Susanna Egri di Torino. «La danza a favore della ricerca contro i tumori - spiega Simona Rivotti, direttrice e coreografa della Maison de la Danse - affinché anche i giovani si sensibilizzino alla solidarietà e alla beneficenza». La storica scuola di dan-za cuneese, che è sede d’esame della Royal Academy of Dance, in questo galà fa sognare con coreografie di danza classica, moderna e contemporanea . Per molti, grazie a questo gesto, si alimenta la speranza. Lilt non smette di lottare.

PAN ED LANGA TUTTO UN ALTRO PANEIl grano è tornato a maturare in Alta Langa, tra boschi di castagno e noccioleti. Han dato il primo raccolto per preparare il Pane di Langa. Il primo campo di grano, seminato a fine otto-bre 2010 con varietà antiche come il “Gambo di ferro” e il “Rosso gentile”, è stato trebbiato in agosto nei pressi di Somano: un campo di grano coperto di steli insolitamente alti, oltre il metro e completamente libero da infestanti, nonostante non siano stati impiegati diserbanti nella coltivazione. L’idea di riprendere queste antiche colture, ma soprattutto di chiudere il cerchio dal campo alla tavola, è di un gruppo di nove panificatori, quasi tutti albesi, che si sono costituiti in Consorzio per la tutela e la promozione del “Pan ed Langa”. Per le loro superiori caratteristiche organolettiche, i grani coltivati in Alta Langa in passato erano consi-derati “migliorati” nei confronti di tipologie più diffuse ed erano mescolati alle altre qualità per ottenere prodotti più fragranti e gustosi. Dicono:”il nostro pane è diverso”.

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LifeStyLeNUOVO SHOW ROOM MCLARENBagno di folla e di curiosi all’aperura dello showroom ufficiale della McLaren, lo scorso settembre. In bella mostra un modello fiammante della MP4-12C, vero e proprio gioiello tecnologico concepito per la prima volta interamente in fibra di carbonio e presentato, sempre a Monaco in anteprima europea. Inoltre, a ricordare la storia della prestigiosa casa automobilistica, è esposta in permanenza anche la celebre Formule 1TM MP4-8 , auto vincitrice del Grand-Prix di Monaco nel 1993 pilotata ai tempi dal campione indimenticato Ayrton Senna.

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NEI GIARDINI DI CAP MARTIN SI RESPIRA ARIA D’ARTE E DI GENEROSITÀPegaso, la scultura monumentale in bronzo realizzata dall’artista croato Matéo Mornar, è volato nei giardini degli Ulivi di Roquebrune Cap-Martin per celebrare un evento straor-dinario: un’opera originale ispirata all’olivo millenario del Mediterraneo, donata alla municipalità e collocato al centro della piazza Louis Lottier. Autrice di un tale gesto generoso è stata la mecenate ed architetto Kawther Al Abood, nella foto con Mornar e SAS il Principe Alberto. Alla cerimonia, inserita nelle giornate ‘ART-BRE, erano presenti anche l’artista Sasha Sosno e molti altri generosi mecenati, come Lars Eriksson, Erminio Giraudi e numerose personalità della regione PACA e di Monaco.

dal Principato di Monaco

IL CINEMA A DIFESA DELL’AMBIENTELa premiér mondiale del film FELINS, prodotto dalla Disneynature, è stata la gradita intro-duzione della cerimonia di assegnazione dei tre awards consegnati dalla Fondazione Prince Albert II de Monaco a tre personalità che si sono distinte per le loro azioni a tutela ed in difesa dell’ambiente. Per saperne di più di questa ONLUS, pre-sente con i suoi uffici anche a Milano: www.fpa2.com.

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LifeStyLeCENERENTOLA: IL MUSICAL SHOW DI FRANKIECome rivivere la magia della fiaba di Cenerentola? Basta venire a Monaco il prossimo mercoledi 23 novembre e, come per incanto, nella Sala dei Principi, alle 18,30, un musical unico, presentato da un vero Principe, Guglielmo Giovannelli Marconi, proporrà i personaggi che renderanno la favola di Cenerentola la commedia musicale più generosa al mondo, con le sue sorprese, i clown, gli acrobati ed ballerini. In tutto saranno quasi 60 gli artisti che, senza alcun compenso, entrano in scena per una parodia mozzafiato, divertente e romantica, creata a Londra e diretta da Julius Green per aiutare l’associazione mo-negasca «Les enfants de Frankie» che porterà aiuto e sostegno ai bambini malati e non fortunati di Monaco, della vicina Liguria e della regione PACA.Sarà uno spettacolo indimenticabile, per piccoli e grandi, da vedere con tutta la famiglia. Chi vorrà poi partecipare alla cena di Gala con tutti gli attori si rechi sul sito www.frankiemonaco.org e troverà tutte le in-formazioni necessarie per vivere davvero una favola…indimenticabile.

DA MONTE-CARLO ALLA PATRIA DEL TARTUFOBIANCOll 1° Concorso di eleganza per auto storiche e di prestigio, svoltosi ad Alba in apertura alla Fiera internazionale del tartufo ha un patron monegasco. Si tratta della GRIFO GROUP che ha deciso, secondo quando dichiarato dalla portavoce Marina Caselli, di raggruppare in una ventina le splendide auto d’epoca per un concorso d’eleganza d’altri tempi con premiazione avvenuta al Castello di Neive. Fiore all’occhiello della manifestazione sono state le Alfa Romeo storiche: come quella appartenuta a Gabriele d’Annunzio, un’altra a Vittorio Emanuele e la mitica 8C appartenuta al grande pilota Juan Manuel Fangio. A quando la prossima avventura?

ANTONIO NOCERA OLTRE L’IMMAGINAZIONEIn attesa di ammirare, anche a Monaco, le sue numerose opere, sculture e litografie, che l’hanno reso famoso in tutto il mondo, l’artista Antonio Nocera, ha segnato il suo passag-gio monegasco con un’imponente scultura ‘Oltre il Mare’ allestita di fronte al Grimaldi Fo-rum in occasione del mese dedicato alla cultura ed alla lingua italiana Il maestro, di origini campane, è stato accolto con la scultura ‘Il naufragio’ presso il padiglione Italia allestito alla Biennale di Venezia. Un tocco di classe dal profumo di mare.

dal Principato di Monaco

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LA GIUSTIZIACHE FUNZIONALa solenne e tradizionale apertura dell’anno giudiziario monegasco è stata l’occasione per ricordare l’arrivo del nuovo procuratore generale, Jean-Pierre Dréno e che il rispetto della giustizia nazionale o l’applicazione delle norme contemplate dalle convenzioni interna-zionali funzionano, nel Principato di Monaco, quasi come un orologio svizzero. Lo dimostra infatti il gran lavoro effettuato dai magistrati monegaschi soprattutto nei confronti dei vari processi aperti per illeciti internazionali o con le azioni portate contro affari legati al riciclag-gio di denaro sporco. Un esempio da seguire...

LifeStyLedal Principato di Monaco

LE MERIDIEN: A MONACO UN POSTO SPECIALE PER PERSONE UNICHEPer chi ancora non lo sapesse, l’hotel Le Meridien del Principato di Monaco è l’UNICO albergo sul suolo del Principato a vantare, tra i suoi ‘must’, una spiaggia privata direttamente accessibile dalla hall, cosa non trascurabile visti gli spa-zi della Costa Azzurra. A questo, aggiungiamo che è un luogo ama-to soprattutto da chi predilige la cultura e l’eccellenza. Non a caso, infatti, il management de Le Me-ridien, fedele alla missione come importante mecenate dell’arte, è riuscito anche a rendere UNICO ogni gesto comune. Il ‘viaggio’ in ascensore, ad esempio: tra un pia-no e l’altro si apprezzano le melodie trasmesse, grazie alle musiche personalizzate create da un artista, tra i cento selezionati in tutto il mondo. E poi la chiave elettronica, quella che oltre a permettere di entrare in camera è anche un “pass partout” per visitare gratuitamente il Nuovo Museo Nazionale di Monaco (NMNM): anch’essa è frutto dell’interpretazione di un artista cinese, Yan Lei.E, visto quanto proposto in questi giorni a Monaco, perché non approfittarne per un week-end culturale ed epicureo?Per la parte gastronomica, si potrebbe approfittare dell’esclusiva formula ‘Sunday Lunch’ proposto dal ristorante, l’ INTEMPO, aperto tutto l’anno 24H su 24. Un diverso modo di affrontare il pranzo domenicale, evento dedicato alla famiglia, ma che a Monaco avrà l’aria certamente più glamour: il suo buffet capace di accontentare ogni palato sarà un momento divertente anche per i bimbi che potranno scatenarsi grazie alla presenza di animatori e clown degni di questo nome. E per le feste natalizie? Beh, oltre al successo dell’ormai consolidato Brunch di Natale, anche quest’anno sarà proposto il ‘Réveillon’ di San Silvestro che includerà uno speciale ‘Live cooking’ aperto a tutti i partecipanti. Inoltre quest’anno il tema del Cenone di Capodanno de LE MERIDIEN, sarà tutto italiano: “IL CARNEVALE DI VENEZIA” , con musiche ed atmosfere capaci di risvegliare sensi e ricordi sopiti.Insomma, ci sono poche scuse per non approfittare di così tante sorprese e delizie. Soprattutto perché, esclusivamente AI LETTORI DEL MAGAZINE UNICO, LA DIREZIONE DELL’HOTEL LE MERIDIEN DI MONACO OFFRIRÀ UNO SPECIALE COCKTAIL DI BENVENUTO, PER ASSAPORARE LA SENSAZIONE DI ESSERE SPECIALI ED UNICI, soprattutto in Costa Azzurra, specialmente nel Principato di Monaco.

LIGURIA FOOD COLLECTION APPRODA A MONACOLa Regione Liguria, in partenariato con il gruppo Filse della Liguria International e la Confartigianato ha organizzato lo scorso 3 ottobre, sotto l’egida della Camera di Commer-cio Italiana a Marsiglia, una proficua giornata B2B indirizzata ad una ventina di aziende agroalimentari provenienti dalla Liguria. Dopo una giornata di lavoro e più di 80 incontri con partner e potenziali clienti locali, la serata si è conclusa con una cena di Gala presso la Sale Belle Epoque dell’Hotel Hermitage alla quale hanno partecipato un centinaio di ospiti ed istituzioni locali. Tra le autorità italiane presenti, oltre all’assessore della Regione Liguria, Giovanni Barbagallo, la direttrice ed il segretario della Confartigianato ligure, Barbara Biale e Luca Costi, il presidente del gruppo Filse Franco Aprile e, per la CCIAA di Marsiglia, il segretario generale Marie Bottai.

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Vola da Cuneo Levaldigi

Da oggi anche a CASABLANCA

SEMPRE PIÙ

B a c a u - B u c a re s t - C a g l i a r i - L o n d r a - P r i s t i n a - T i r a n a - Tr a p a n i - H u rg h a d a

PassaParolaNEW PENTA SI RINNOVAAvrà luogo il 9 dicembre alle ore 18 l’inaugurazione della New Penta nella nuova sede di Castelletto Stura fortemente voluta dall’attuale amministra-tore delegato, nonché primogenito della fondatrice dr.ssa Cinzia Pasta, Guido Paolo Dracone. All’evento parteciperanno i più stretti collaboratori e partner aziendali nonché numerosi medici legati all’azienda da un rap-porto di collaborazione e stima. New Penta offre una valida soluzione ai problemi legati al sovrappeso e all’obesità proponendo un’ampia gamma di preparati proteici e ipoglucidici Protiligne nell’ambito del metodo Penta-diet, metodo che, opportunamente gestito dal medi-co, può facilmen-te ricondurre le persone verso una giusta ed equilibrata nutri-zione.

AVAGNINA, 100 ANNI DI PASSIONE SCOLPITA NEL MARMOUna grande festa, quella di sabato 8 ottobre presso la Avagnina Marmi di via Coronata, per celebrare degnamente il centenario dell’azienda, sorta nel 1911 dall’antenato Giovanni Avagnina, e in tributo a Chicco (Enrico), classe ‘53, prematuramente scomparso lo scorso giugno. “Era da tempo che mio papà parlava di questo evento - confessa Micol - e ci teneva in modo particolare. Ho cercato di fare del mio meglio, per non deluderlo”. E di certo ci è riuscita. Micol, architetto trentatreenne (oggi la quarta ge-nerazione) motivata, entusiasta, dotata di grinta, determinazione, capacità e competenza, ha preso le redini dell’azienda di famiglia, proseguendo l’eredità lasciata dal padre. “Un grazie sentito a Enrico che, con coraggio e lungimiranza - ha sottolineato il sindaco Francesco Balocco nel suo discor-so - ha lasciato un’importante realtà, ricca di storia, a sua figlia e ai giovani collaboratori. Una scommessa sul futuro, quella sui giovani che hanno vo-glia di fare impresa; un esempio da imitare per dare tangibilità alle nostre piccole e medie imprese, un augurio ricco di aspettative”.Molto apprezzata la mostra dal titolo “Una storia lunga un secolo”, sugge-stiva e curata nei dettagli, allestita nello stabilimento, dove si sono potuti visionare i nuovi materiali lavorati, alcuni macchinari in funzionamento e i pregevoli manufatti nati, a inizio secolo scorso, dalla storica collabora-zione del capostipite Giovanni con il prof. Erbetta, docente di Modellato all’Accademia Albertina di Torino.

TICKET COMPLIMENTS TOP PREMIUM:UN MONDO DOVE I RISULTATI INCONTRANO LE EMOZIONISe volete sviluppare la motivazione individuale o collettiva dei vostri colla-boratori, migliorare il rendimento delle reti di vendita o favorire la fidelizza-zione dei clienti, Ticket Compliments è la soluzione per voi. Qualunque sia la dimensione della vostra azienda e la tipologia del vostro business, Ticket Compliments è la soluzione più adatta in per dare un segno di apprezza-mento concreto. Il buono regalo Ticket Compliments Top Premium può essere speso in oltre 8.000 punti shopping in tutta Italia e in particolare, grazie all’accordo con ASCOM CUNEO, in oltre 60 negozi in Cuneo. Inoltre è spendibile anche su www.complimentStore.it: ol-tre 78.000 prodotti e gli eventi sportivi di Blufreccia.com ac-quistabili on-line.

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Calato ormai il sipario e spente le luci della ribalta di Montecatini Terme, le bellissime della 72a edizione di Miss Italia sono avviate verso nuove, affascinanti destinazioni. Sensazioni, profumi ed espe-rienze che resteranno vive per sempre. L’emozione di trovarsi in un sogno e lavorare in un grande evento televisivo.La possibilità di confrontarsi con una trentina di parrucchieri di tutta Italia. Il sostegno, la cura, le attenzioni che questi professionisti dedi-cano loro mentre ciascuno svolge la propria mansione, è molto di più che un semplice lavoro d’equipe: è calore, sorriso, passione, un mix di competenza ed umanità che culmina con le ragazze sorridenti che sfi lano, tranquillizzate e serene nella loro fresca bellezza.Le acconciature create per le Miss hanno portato ancora una volta la fi rma degli stilisti Wella Professionals.Uno di loro è Flavio Lentini, titolare insieme alla moglie Emanuela, del Salone Lentini Team di Saluzzo, che ha inoltre curato l’hair style del-le candidate durante le selezioni per l’assegnazione dei titoli legati agli sponsor del concorso. Tra di essi un posto di riguardo merita Miss Wella Professionals, testimonial di bellezza e fascino rappresentato soprattut-to dai capelli.LENTINI TEAM ha portato il nome di Saluzzo in molteplici eventi nazio-nale ed internazionali, ed ancora una volta quest’anno, nell’evento della “bellezza per tradizione” italiana. E, come sempre, ha dato il massimo.Lentini team opera a Saluzzo ed è particolarmente apprezzato per la sua capacità di cogliere con un solo sguardo lo stile perfetto per ogni donna. La sinergia con Wella Professionals, che si rivolge al mondo degli acconcia-tori con una consolidata esperienza, con prodotti e iniziative di formazione innovativi e con un servizio completo e all’avanguardia, permette al salone di proporre tipi di colorazioni, tagli e styling visti in maniera olistica e con scelte ogni volta diverse, volte a creare quella formula perfetta che rende ogni donna unica e irresistibile.Un quotidiano lavoro al servizio della bellezza.

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RUOTA D’ORO A MONCHIEROIl Touring Club Italiano ha assegnato all’Antico Borgo Monchiero il Premio Ruota d’Oro Stan-ze Italiane 2012 per il Nord Ovest Italia con la seguente motivazione: “Un antico monastero trasformato in un boutique hotel di prestigio, che conserva ancora affreschi, stucchi e de-corazioni originali. Nulla è lasciato al caso: le camere hanno soffitti Liberty e la cisterna per la raccolta dell’acqua è diventata la piscina del centro benessere.” Il Marachella Gruppo ha recuperato l’edificio nel 2011 per trasformarlo in un prestigioso hotel a 4 stelle. L’arredamen-to è raffinato, l’ospitalità comprende nuovi servizi come il centro benessere e la piscina, le camere sono dotate aria condizionata, wi-fi e televisione satellitare, la ristorazione propone il meglio della produzione enogastronomica locale, ma le finestre aperte tra le spesse mura of-frono ancora al viaggiatore gli squarci suggestivi sulle Langhe dei secoli passati. L’Antico Borgo Monchiero è la più recente struttura del Marachella Gruppo, che vanta nel cuneese un’ampia offerta di alberghi e ristoranti con il Somaschi Hotel e Il Marachella Ristorante a Cherasco, il Golf Relais Monforte e il BVH a Bene Vagienna. A Limone Piemonte Il Gruppo dispone di due strutture collocate sulle piste da sci: Baita 2000 e Chalet Morel. A Pinerolo, in provincia di Tori-no, l’offerta è variegata, con l’Hotel Barrage, un quattro stelle di nuova concezione e raffinato design, i ristoranti Le Siepi e Mimosa e la pizzeria griglieria Pomotori - Briglie Sciolte. Infine a Torino, nel cuore del Quadrilatero Romano, il Gruppo gestisce due locali storici, l’Antica Bruschetteria Pautasso e l’Antica Pescheria Pautasso.

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L’ORDINARIO NON ABITA QUIUn marchio che si può ormai ben definire “storico”. Una filosofia che punta a reinterpretare capi ormai desueti per proporre nuovi modelli che antici-pano le tendenze della moda. Sono questi i due capisaldi di Paola Atelier, laboratorio che da anni è punto di riferimento per la lavorazione di pelli e pellicce. Visoni, volpi, persiani e montoni non hanno segreti: modellati, rinnovati, o proposti in nuovi stili. Cinquant’anni di esperienza illuminano l’attività, nata negli anni ’60 a Cambiano (To), e cresciuta dal 1991 a Saluzzo, città d’elezione di Paola Ellena, titolare e cuore dell’Atelier. A “firmare” ine-quivocabilmente i capi, rendendoli unici, sono la lavorazione artigianale e la cura dei particola-ri, che identificano i nuovi modelli tanto quanto quelli rivisitati, con la stessa fantasia e creativi-tà, coniugando pelliccia, renna, organza, pizzo, nappa e tessuti di ogni genere. Inoltre il labo-ratorio esegue riparazioni, pulitura, custodia estiva. Su ordinazione confeziona abiti da sposa e cappelli. Spesso ospita sfilate, ma anche eventi artistici come piccole mostre o serate letterarie, in un riuscito connubio tra moda e cultura.

DORMIRE A PALAZZODopo il lungo restauro, sono giunti al termine i lavori per il completamen-to dell’offerta alberghiera di Palazzo Righini a Fossano (CN). In occasione dell’inaugurazione si terrà nel Centro Congressi Sant’Agostinio una tavola rotonda dal tema Investire sulla qualità per dare valore al territorio. Arte, Storia, Cultura, Enogastronomia, Accoglienza.Dai primi di dicembre saranno operative le prime camere della struttura, per un periodo di soft-opening che si protrarrà fino alla fine di gennaio, quando la strut-tura sarà attiva a pieno regime. Muoven-dosi tra i vari appartamenti, la sensazione è quella di essere in una vera e propria casa, dove ogni ambiente ha una propria personalità, grazie a tessuti e scelte cro-matiche raffinate e agli arredi realizzati su misura per sfruttare al meglio gli spazi a disposizione in una dimora storica tute-lata dal Ministero per i Beni Architettoni-ci e Paesaggistici.

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PassaParolaLA TRATTORIA SOTTO IL CASTELLOQuando mamma Wanda era intenta tra i fornelli del vecchio San Marco di Carmagnola, luogo di tradizione culinaria antica, la piccola Monica non perdeva occasione per sbirciare ed impara-re, per sentire gli aromi, per far crescere la passione per la cucina di una volta. Oggi, dopo anni di lavoro in cucine altrui, si è decisa per il grande salto. Un locale nuovo di zecca a Govone, nel Roero, tra Alba ed Asti. Si chiama Trattoria Pautassi, col cognome di Monica che più piemontese (e km zero...) non si può. Cucina di territorio, che segue le stagioni, dalla filiera cortissima di fornitori selezio-nati, soprattutto bio. All’inaugurazione mezzo paese per vedere la vecchia osteria di Battista, rinata a nuova vita e perfettamente ristrutturata in via Boetti , sotto il Castello sabaudo patrimonio Unesco.

VERA WANG NEW YORKIN ESCLUSIVA DA MARCOS ATELIER

Nuovo importante inserimento all’Atelier Marcos di Mondovì, con l’esclu-siva per tutto il Piemonte dei vestiti da sposa chic e raffinati della stilista americana Vera Wang. Vera Wang ormai da più di 20 anni è specializzata nella moda nuziale dove si è costruita una fama internazionale. Le star di Hollywood si rivolgono puntualmente a lei per i loro abiti da sposa. Ma-riah Carey, Uma Thurman, Jennifer Garner, Victoria Beckham e tante altre celebrità si sono affidate alle mani esperte di Vera Wang. La stilista viene più volte citata anche nel serial “fashion” per eccellenza, Sex and the City. Charlotte York, interpretata da Kristin Davis, sceglie infatti un modello Vera Wang per coronare il suo sogno di un matrimonio da favola. Vera Wang é una maestra nella cura dei particolari, e la collezione di vestiti da sposa 2012 stupisce per l’originalità di accessori, rifiniture e dettagli unici e per i colori ultrachic, quali il panna e il color champagne. La leggia-dria dei tessuti, seta e organza, disegna sul corpo della sposa forme soavi ed impalpabili con dettagli ricercatissimi e di inconfondibile eleganza che garantiscano un effetto delicato, molto femminile e sensuale.Fra gli altri marchi proposti dall’Atelier Marcos sicuramente è degno di nota Pronovias, uno dei brand più importanti al mondo quando si parla di abiti da sposa e abiti da cerimonia in genere. L’azienda veste le spose in 75 paesi del mondo e le sue creazioni sono sinonimo di eleganza, di versati-lità, di attenzione alle nuove tendenze internazionali, e perché no, di un ottimo rapporto qualità prezzo. La collezione Pronovias 2012 è venduta in esclusiva per tutta la provincia da Marcos Atelier, ‘premiun dealer’ in Piemonte per quantità di modelli disponibili.L’Atelier Marcos, che si distingue per ricercatezza e spirito di innovazione, è perfettamente in linea con lo stile delle altre prestigiose boutiques del gruppo dove è possibile trovare capi da uomo, donna e bambino di tutte le più grandi firme.

IL MUSEO DELLA CAVALLERIA DI PINEROLO SCEGLIE IL LEDL’innovazione tecnologica dell’illuminazione a LED ha raggiunto anche il Museo della Cavalleria di Pinerolo grazie all’intervento di Sololed, che ha illuminato la prestigiosa “sala coloniale”. Sono state infatti eliminate tutte le vecchie lampade al neon e ad incandescenza. La sostituzione con lam-pade e faretti a LED ha consentito di ottenere una migliore resa croma-tica, un’esaltazione dei particolari ed una riduzione dei consumi da oltre 2000W agli attuali 250 W.

TRATTORIA PAUTASSI - VIA BOETTI, 21 - 12040 GOVONE (CN)TEL. 0173.58010

ATELIER MARCOS SPOSA - VIA S. AGOSTINO, 6 - MONDOVÌLOC. STALLE LUNGHE - PRATO NEVOSO

SOLOLED - VIA TRENTO E TRIESTE, 4 - 12042 BRA (CN)TEL. +39 0172 430481 - [email protected]

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a cura di Gianluca Pasquale - Dottore Commercialista e Revisore Contabile

La “Manovra di ferragosto”NOVITÀ FISCALI 2011

Il D.L. 13 agosto 2011 n. 138 (cd. “manovra di Ferragosto”), convertito nella Legge 14 set-

tembre 2011 n. 148, contiene numerose novità fiscali.

Da quando decorre la nuova aliquota IVA del 21% e come faccio a sanare eventuali errori?L’Agenzia delle Entrate, con la circ. 12.10.2011 n. 45, ha fornito alcune indicazioni in merito all’operatività della nuova aliquota ordinaria IVA del 21%, modifica introdotta dall’art. 2 co. 2-bis del D.L. 138/2011.Per individuare la corretta decorrenza delle nuove disposizioni, occorre far riferimento al momento di effettuazione delle operazioni, disciplinato:• dall’art. 6 del D.P.R. 633/72, per le cessioni

di beni e le prestazioni di servizi;• dall’art. 39 del D.L. 331/93, per gli acquisti

comunitari;• dall’art. 201 del Codice Doganale

Comunitario, per quanto riguarda le im-portazioni.

È stato, inoltre, ribadito che, nel caso di fatture emesse in via anticipata, o acconti corrisposti, il momento di effettuazione dell’operazione e, quindi, la decorrenza della nuova aliquota cor-risponde con la data della fattura o con il versa-mento del corrispettivo. Anche per gli acquisti intracomunitari di beni, se – anteriormente al verificarsi della consegna – è stata ricevuta la fattura o è stato pagato in tutto o in parte il cor-rispettivo, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo pagato, alla data di ricezione della fattura o a quella del pagamento del corrispettivo.Con il comunicato stampa n. 156 del 16.9.2011, sono state impartite le prime istruzioni in vista

dell’entrata in vigore della nuova aliquota IVA del 21%, integrate dalla circolare in commen-to. È stato affermato che, qualora nella prima fase di applicazione delle nuove norme, ragioni di tipo tecnico e interpretativo comportino la commissione di errori, sarà possibile regolariz-zare gli stessi senza dover versare le sanzioni, ma unicamente i relativi interessi. Sono, quindi, state indicate due date ultime, per la correzio-ne degli errori per evitare le sanzioni:• versamento dell’acconto (27.12.2011),

per le fatture emesse entro il mese di novembre (settembre per i soggetti tri-mestrali);

• versamento del saldo (16.3.2012), per le fatture messe entro il mese di dicembre (quarto trimestre per i soggetti trimestrali).

La circolare fornisce, altresì, chiarimenti in merito a settori particolari, quali agenzie di viaggio, regime speciale del margine, servizi di somministrazione di acqua, luce, gas, etc.

Quali sono le novità in tema di reati tributari?Il D.L. 13 agosto 2011 n. 138 apporta rilevanti novità in materia di reati tributari. In particola-re, le novità introdotte determinano:• l’irrigidimento delle soglie di punibilità

delle c.d. “fattispecie dichiarative”, carat-terizzate dalle stesse (ovvero dichiara-zione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele e omessa dichiara-zione);

• l’abrogazione delle ipotesi attenuate, con-nesse alle fattispecie di emissione e utiliz-zazione di fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti;

• una minor riduzione di pena in relazione alla circostanza attenuante, correlata al

pagamento dei debiti tributari (circostan-za che diviene condizione imprescindibile per richiedere il c.d. “patteggiamento”);

• limiti, per talune fattispecie, al riconosci-mento della sospensione condizionale della pena;

• l’ampliamento, per talune fattispecie, dei termini di prescrizione.

Quali sono le novità in tema di società in perdita?Le manovre correttive approvate nell’estate del 2011 (D.L. 98/2011 e D.L. 138/2011) hanno modificato in più parti il regime fiscale delle so-cietà in perdita. In primo luogo, limitatamente ai soggetti IRES (enti non commerciali esclusi), per effetto del nuovo art. 84 co. 1 del TUIR, le perdite stesse potranno compensare il reddito imponibile dei successivi periodi di imposta, nel limite dell’80% di ciascuno di essi, pur sen-za più alcuna limitazione temporale.In secondo luogo, dal 2012 saranno conside-rate non operative, ai sensi dell’art. 30 della L. 724/94, le società (anche di persone) che pre-senteranno, per tre periodi d’imposta consecu-tivi, dichiarazioni fiscali in perdita, ovvero che nello stesso arco temporale presenteranno due dichiarazioni in perdita e una in cui il reddito dichiarato è inferiore a quello minimo.A seguito della non operatività, le società sud-dette saranno soggette, a decorrere dal 2012, ad un’aliquota IRES del 38%.

Studio PasqualeCuneoe-mail: [email protected]

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a cura di Francesco Musso - chef

sapori di stagioneSALAME DI PATATA SU CREMA DI CIME DI RAPA

Una moderna osteria, un punto d’incontro alle porte delle Langhe: questo è il Duvert

di Cherasco, un luogo dove non importa di cosa abbiate voglia: un caffè, una cena in compagnia o anche solo un veloce pranzo di lavoro. Questo locale-ibrido a due passi dal casello autostradale di Cherasco è infatti, allo stesso tempo, un bar, uno spaccio di ghiottonerie casearie e non, ma anche un ristorante/vineria... insomma riesce ad essere, in una, tutte le mete dei buongustai della zona. Alfredo Bernocco, proprietario del locale, è riuscito splendidamente a mettere d’accordo modernità e tradizione, tavoli di legno e sedie di plastica, in un’atmosfera calda e vivace.L’ambiente suggestivo del Duvert trasmette le

emozioni di una cucina semplice e creativa, ad opera del cuoco Francesco Musso, che si avvale di prodotti freschi e di un’appassionata ricerca per offrire alta qualità a prezzi sostenibili. Il menù varia ogni giorno e prevede piatti del territorio ma anche piatti unici creativi e vegeta-riani, paste di Gragnano, risotti e zuppe, un’am-pia selezione di carni e il menù del venerdì tutto a base di pesce. La cantina propone una vasta scelta che spazia dai vini, champagne e spuman-ti, a birre artigianali e di abbazia, rum agricole, whisky e distillati. Gli stessi prodotti e i vini se-lezionati sono in vendita nella zona bottega, per portarsi direttamente a casa tutti i profumi delle Langhe.

la ricetta1kg di patate gialle2 uova intere150 gr di burro200 g di salame crudocime di rapa1 cipolla piccolasale e pepeMettere a cuocere le patate con la buccia in una telia con sotto del sale grosso per 40 minuti a 200°. Per la crema tagliare a fettine la cipolla e soffriggerla dolcemente con olio, aggiungere le cime di rapa e una patata a cubetti per adden-sare, bagnare con acqua e cuocere coperto per 30 minuti salare e pepare e poi frullare con il minipimer.Quando le patate saranno fredde sbucciarle e passarle con lo schiaccia patate, aggiungere il butto fuso le uova, il pepe il sale e il salame a cubetti. Formare dei salami lunghi circa 30cm e avvolgerli nella carta da forno mettere in frigo.Tagliare le fette del salame di patate spesse cir-ca 1 cm , infarinarle e rosolarle in padella con olio da ambo i lati, servire sulla crema di cime di rapa calda.

RISTORANTE DUVERTvia Moglia 12/b12062 Cherasco (CN)tel. 0172487049www.duvert.it

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a cura di Guido Testa - Promotore Finanziario

Guido Testapromotore finanziarioe-mail: [email protected]

l’italia non fallisce IN QUESTO PERIODO DI INCERTEZZE INTERNAZIONALI

“Stiamo andando a rotoli, siamo vicino al fal-limento, il nostro rating è sceso.” Queste

sono le frasi di uso comune in Italia negli ultimi mesi. Ogni persona che incontro per lavoro o altro, dopo qualche minuto, esordisce con affer-mazioni del genere e non solo: idraulici ed elet-tricisti, operai e panettieri mi parlano di rating con una precisione da professore di economia! Strano, però, costatare che le società di rating esistono da molti anni e che analizzano da sem-pre aziende o Stati, per dare una valutazione in base alla loro rischiosità, catalogando con lettere e numeri il rating di merito creditizio - la capacità cioè di far fronte agli impegni e ai debiti.In merito alle società di rating, tengo a precisare che, in passato, più di una volta hanno dato va-lutazioni che poi si sono rilevate totalmente sba-gliate (vedi Lehman Brothers) e sottolineo che proprio le famose società di rating sono aziende private, che fanno un sacco di utili sparando giu-dizi su altre società, le quali spesso sono a loro legate per motivi politici o per business.Queste società, quindi, esistono da molti anni, ma solo in questi mesi sono diventate di moda anche in Italia e gli Italiani, sempre molto attenti alle mode, non parlano d’altro, sicuri che presto andremo tutti a catafascio perché “ci hanno ab-bassato il rating”.“Che dramma: siamo scesi da AA- ad A.” Ora, per prima cosa, mi chiedo se prima tutti sapevano che eravamo “AA-”. Non solo, mi chiedo anche se tutti sanno cosa vogliono dire queste benedette letterine che oggi vanno tanto per la maggiore. Oggi siamo “A”, che tradotto vuol dire “valutazio-ne medio-alta qualità media”, e francamente non mi sembra una valutazione da fallimento.“Abbiamo un debito da 1.900 miliardi di euro!” Ecco, questo è l’unico dato vero e certo a cui

tutti si appellano quando chiedo di giustificare il perché dovremmo fallire: ogni Italiano ha in capo un debito da 31.000 euro, certo, ma vorrei analizzare a fronte di questo debito quali sono i suoi crediti.Noi Italiani, schiacciati da questo enorme peso, abbiamo 2.800 miliardi di euro di risparmi che, dividendo come prima, diventano 47.000 euro a testa. I nostri ricchi cugini tedeschi, con il rating “tripla A”, ne hanno 3.400, ma sono 80 milioni, mentre noi solo 60 milioni, pertanto il loro ri-sparmio arriva a 41.000 euro a testa. Non solo: noi siamo possessori di prima casa per oltre l’80% (i Tedeschi solo per il 44%) e ci avvicinia-mo al dato del 44% con la seconda casa. In altri termini: il nostro patrimonio immobiliare sfiora gli 8.700 miliardi di euro.Analizziamo ora lo Stato italiano. A fronte di que-sti debiti, è possessore di beni immobiliari per 700 miliardi, ha partecipazioni e proprietà nelle più grandi società del Paese come le Poste, le Ferrovie e decine di municipalizzate - tutti beni che lo Stato può vendere per fare cassa.Inoltre, abbiamo un disavanzo primario (entra-te meno uscite senza il montante degli interessi passivi) tra i più alti d’Europa e sottolineo “di-savanzo”, quindi significa che “l’Azienda Italia” produce utile già oggi.A fronte di un’analisi realistica, basata su dati cer-ti e non su supposizioni o catastrofismi che tanto servono a far aumentare le tirature dei giornali, mi sento di poter dire che è assurdo, se non ri-dicolo, pensare a un fallimento dell’Italia come quello che diventerà inevitabile per la Grecia, se non viene salvata.È inconcepibile, quindi, che i Titoli del Tesoro italiani paghino quasi 400 punti base in più ri-spetto a una Germania che vanta le famose tre

“A” di rating. Per capirci: un titolo tedesco, a pa-rità di durata con uno italiano, paga un interesse di quasi quattro punti in meno rispetto al nostro. Assurdità, questa, che però può essere un’ottima opportunità per il risparmiatore italiano, il quale potrà comprare un BTP percependo un tasso molto alto.Come si è visto, l’Italia non è la Grecia, quindi perché non approfittare dei nostri Buoni del Tesoro a prezzi scontati, invece di vagare dispe-rati alla ricerca di tassi d’interesse appena accet-tabili nella giungla delle offerte dei conti correnti remunerati o delle obbligazioni strutturate, spes-so contorte e incomprensibili? Non dimentican-do, per chi punta a un rendimento più alto, che i “saldi” in Borsa Titoli continuano...

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a cura di Monia Re

natale con stileLE BUONE MANIERE NON PASSANO MAI DI MODA

Perché parlare ancora di bon ton ai gior-ni nostri? A me piace pensare che esista

ancora oggi, per molte persone, il piacere di mantenere le buone maniere in società. Forse la risposta è racchiusa proprio in quel piacere diffuso, prima ancora che nel dovere, di rivisi-tare le rigide norme del XIX secolo, per rileg-gerle in chiave moderna. Per accorgersi che, con il passare del tempo, certe regole sono cambiate, ma che la cortesia e la sensibilità verso il prossimo, quelle che nascono dal cuo-re, no. Alcune semplici indicazioni ci possono agevolare nelle varie occasioni quotidiane, magari facilitando qualcuno a destreggiarsi in situazioni imbarazzanti. Buon senso e rispetto reciproco ci aiuteranno a reinterpretare le in-dicazioni dell’etichetta e a rendere i rapporti umani più facili e piacevoli. Partirei con una ricorrenza, considerata da mol-ti la più importante dell’anno, il Natale. Siamo pronti per farci abbracciare nuovamente dalla sua magia, dalla sua tenerezza e dal suo calore? Il Natale ha subìto un incredibile cambiamento nei vari secoli; forse originariamente era una festa pagana, trasformata poi dal Cristianesimo nel ricordo della nascita di Cristo. A partire dal XIX secolo, è diventata la festa dei bimbi per eccellenza e, negli ultimi anni, un inno al con-sumismo sfrenato, come alle tavole imbandite. Dalle strenne si è passati al fascino suggestivo di Gesù Bambino, per approdare ultimamente a Babbo Natale, il buon vecchietto dalla barba bianca che a mezzanotte conquista i piccoli con i suoi doni. Ma quali sono le buone maniere del Natale che, anche con il passare degli anni, rimangono sempre di moda e che un compor-tamento galante consiglia di rispettare? Ben posizionati sotto l’albero, i regali non de-

vono mancare, senza però essere eccessivi. È importante avere l’accortezza di non mettere nessuno in imbarazzo, pertanto consiglio di non ostentare la propria generosità con doni che difficilmente possono essere contraccam-biati. Fantasia e originalità suggeriranno un re-galo semplice, ma di forte impatto emozionale.Per quanto riguarda i biglietti di auguri, di-mentichiamoci - almeno nelle feste comandate - degli “spersonalizzatissimi” SMS, molto usati ormai da tutti. Direi che, se non è possibile evi-tarli persino per gli auguri di Natale, cerchiamo perlomeno di firmarli: ditemi voi quanti SMS, seguiti da una serie smisurata di emòticon, rice-viamo senza neanche sapere chi sia il mittente!Ma soffermiamoci un attimo sul tradizionale e semplicissimo biglietto cartaceo. Prima di tutto è consigliata la spedizione a coloro che sapete essere particolarmente legati alle consuetudi-ni, i quali potrebbero “rinfacciarvi” per tutto l’anno successivo di non aver ricevuto nemme-no un biglietto d’auguri per Natale. Al fine di scavalcare l’ingorgo postale degli ultimi giorni, deve essere inviato con appropriato anticipo, senza dimenticare le persone con cui s’intrat-tengono rapporti di lavoro e d’affari. Per i fami-gliari, è decisamente più simpatico e cordiale farlo scrivere dai bimbi di casa, affiancando la propria firma sul fondo e invitando a cena il destinatario, oppure a bere qualcosa tutti in-sieme. Naturalmente, ogni biglietto d’auguri dovrà essere seguito da un ringraziamento - a stretto giro di posta, oppure telefonicamente (mi raccomando, non ringraziate con un SMS). I protagonisti per eccellenza nella mise in place della tavola di Natale, non possono che essere i servizi di piatti e di posate più belli, e le tovaglie ricamate a mano - magari delle nostre nonne o

bisnonne - che, riposte accuratamente nei cas-setti tutto l’anno, non aspettano altro che esse-re utilizzate per una gran festa. Quindi, le linee guida dovranno ricalcare unicamente le regole del bon ton classico: semplicità e tradizione; il contenuto, invece, ci deve ricondurre alla fami-glia e agli affetti, quegli argomenti che sono il tema principe del Natale.Alcuni affermano di non interessarsi a questa ricorrenza, ma in fondo a nessuno piace essere dimenticato, soprattutto in un clima di festa e di famiglia. Ecco, allora, che la sensibilità sugge-risce i giusti comportamenti per non ferire nes-suno, per non far involontariamente del male a chi vive accanto a noi e, soprattutto, per dare il giusto valore al momento. Il regalo più pensato sarà destinato a chi ne riceve di meno. La persona più coccolata sarà quella che ne ha più bisogno. Il posto d’onore a tavola andrà a chi generalmente non lo ricopre. La telefonata più calorosa sarà per quell’amico, solo, che non si sente da troppo tempo. E poi un’attenzione particolare alla “famiglia allarga-ta” e un gesto di solidarietà a chi nella vita co-nosce poche fortune. Il tutto renderà il Natale ancora più profondo e all’insegna di quella clas-se che troppo spesso dimentichiamo.Abbiamo ricordato alcune regole, ma in fondo è tutto molto più semplice di un insieme di norme. Il bon ton è quell’accessorio prezio-so che non costa nulla, ma che vale tanto, e che rende chi lo indossa una persona unica, una di quelle belle persone che difficilmente si scordano. Vogliamo dunque provare a sal-vare una sola regola delle buone maniere per questi giorni di festa? Non possiamo sbagliare: “A Natale non si dimentica e non si lascia mai nessuno da solo”.

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a cura di Alessandro Parola - Avvocato

il risarcimento del dannoDANNI PATRIMONIALI E NON PATRIMONIALI

Qualunque fatto doloso o colposo, che ca-giona ad altri un danno ingiusto, obbliga

colui che l’ha commesso a risarcire il danno (art. 2043 del Codice Civile). L’art. 2043 del nostro Codice Civile costituisce, all’interno del nostro ordinamento, la norma cardine per la risarcibilità di quei fatti che, nella vita di tutti i giorni, posso-no verificarsi provocando eventi dannosi, a cose o a persone. Nel caso di danni cagionati a cose - pensiamo per esempio a un veicolo coinvolto in un sinistro stradale - una volta stabilito chi sia il responsabile del sinistro, la valutazione del ri-sarcimento sarà ancorata al valore del bene dan-neggiato, attualizzato al momento del verificarsi del danno. Solitamente, quindi, il risarcimento del danno cagionato a cose non costituisce un particolare problema, poiché la valutazione del-lo stesso è ancorata al valore commerciale del bene. Come si possono, invece, quantificare i danni subìti dalle persone e quali sono i tipi di danni risarcibili?Se, muovendo dall’esempio fatto, la valutazione del mezzo non presenta particolari problemi, è al contrario sempre più complicato definire il risarcimento dei danni sofferti dai soggetti coin-volti in un sinistro. Schematicamente, il danno risarcibile per le lesioni cagionate a un soggetto, si distingue in “danno patrimoniale” e in “danno non patrimoniale”. Per “danno patrimoniale” s’intende quello subìto dal soggetto, che risulti suscettibile di una valutazione economica. Si pensi, per esempio, alle spese sostenute per le cure ospedaliere o per le terapie riabilitative e/o fisioterapiche necessarie per ristabilire la piena salute fisica del soggetto. Il danno patrimoniale, a sua volta, si distingue in due categorie. Esso, infatti, è costituito dal “danno emergente”, ovve-ro dall’effettiva diminuzione del patrimonio del

danneggiato a seguito del verificarsi del sinistro - spese mediche, etc. - e dal “lucro cessante”, ovvero il danno subìto dal soggetto a causa del mancato guadagno conseguente, per esempio, alla sua assenza dal lavoro nel periodo di con-valescenza successivo al sinistro. Nella categoria del c.d. “lucro cessante”, e qualora si verifichi un grado di invalidità destinato a perdurare nel tempo con ripercussioni sulla propria attività la-vorativa, potrà essere risarcito anche il danno da perdita di capacità lavorativa, ovvero quel danno che si verificherà nel futuro sul patrimonio del soggetto a causa dell’impossibilità di svolgere le mansioni lavorative (e, quindi, di produrre red-dito) che svolgeva prima del verificarsi del fatto. In tale caso, il criterio utilizzato per il calcolo del risarcimento, sarà quello del reddito effet-tivo percepito prima del danno. Il danno non patrimoniale è costituito, invece, da quello che il soggetto patisce a conseguenza della lesione del proprio diritto alla salute. Tale categoria di danno si definisce “non patrimoniale”, poiché il “bene salute” non è suscettibile di un’immedia-ta stima economica, come avviene invece per i danni patrimoniali. Tuttavia, deve essere valutato - come vedremo - caso per caso, e perché va ri-sarcito comunque e indipendentemente dai suoi riflessi sulla situazione patrimoniale della vittima. La lesione, quindi, del diritto alla salute di una persona disoccupata è quindi, correttamente, valutata alla stessa stregua della lesione del dirit-to alla salute di un soggetto con un’occupazione produttiva di reddito. La sottocategoria principale del danno non pa-trimoniale è il c.d. danno biologico (o danno alla salute), ovvero la lesione temporanea o per-manente all’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che

esplica un’incidenza negativa sulle attività quo-tidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato. Il danno biologico, cioè il danno alla salute, ricomprende sia quelli fisici sia quelli psichici: si pensi all’ansia che diventa patologica, alla sindrome post-traumatica da stress, agli attacchi di panico che necessitano di un intervento specialistico. Il criterio di quantifi-cazione del danno biologico, a seguito del prin-cipio dettato dalla sentenza n. 14402/2011 della Corte di Cassazione, è costituito dalle tabelle per la liquidazione del danno elaborate dal Tribunale di Milano. Tale sistema, che mira a evitare la di-screzionalità dei vari Tribunali nella liquidazione, dispone che la quantificazione tenga conto: a) dei punti di invalidità permanente, accertati mediante apposita visita medico-legale;b) dell’età del soggetto danneggiato. La perizia medico-legale provvederà quindi a quantificare il danno biologico in rapporto all’e-tà del soggetto danneggiato - c.d. invalidità per-manente - e a calcolare l’invalidità temporanea subìta dal soggetto a seguito del verificarsi del danno (si pensi, ad esempio, ai giorni di conva-lescenza). Dopo tali valutazioni e sulla base del già citato “sistema tabellare”, si provvederà alla quantificazione del risarcimento e alla sua liqui-dazione.

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appuntamenti artisticiA SPASSO PER MOSTRE

CINQUECENTENARIO DELLA DIOCESI DI SALUZZO - fino al 27 novembre 2011L’Antico Palazzo Vescovile di Saluzzo accoglie la mostra 1511-2011. Cinquecento anni della Diocesi di Saluzzo. I documenti e le arti, dedicata alla storia della Diocesi, nel più ampio contesto delle celebrazioni per i 500 anni dalla fondazione dell’istituzione ecclesiastica, fortemente promossa dalla famiglia marchionale. Negli spazi del piano nobile la storia della Diocesi racconta l’evoluzione del territorio, fra religione, politica e cultura. I personaggi e gli episodi, gli arredi e i paramenti sacri guidano il visitatore alla scoperta della fede e dei suoi cambiamenti nei secoli. Antico Palazzo Vescovile - Via Maghelona, 7 - Saluzzo - Sabato: 15.00-19.00; domenica: 10.00-13.00 / 15.00-19.00 - www.saluzzo.chiesacattolica.it

“00 ITALIA” ED “ESPONENZIALE” - Filatoio di Caraglio - fino al 30 novembre 2011La mostra 00 Italia. Non c’è un’ombra nella quale scomparire nasce in collaborazione con la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, sulla base di un’indagine sull’arte italiana del primo de-cennio del XXI secolo, attraverso le opere più significative segnalate direttamente da 200 giovani artisti attivi nel nostro Paese. Le opere esposte, datate fra il 2000 e il 2010, restituiscono uno sguardo articolato sul Paese, componendo una sorta di viaggio che si snoda, tra passato e presente, attraverso una serie di stazioni e temi paradigmatici: luoghi, lavoro e convivenza con migranti e rifugiati. La mostra Esponenziale presenta invece opere di Francis Alys, John Armleder, Miroslaw Balka, Lynda Benglis, Patty Chang & David Kelley, Helen Mirra, Mike Nelson, Roman Ondák, Gina Pane, selezionate da parte di sei artisti all’interno del patrimonio della Collezione La Gaia di Busca. Il Filatoio - Via Matteotti, 44 - Caraglio - sabato: 14.30-19.00; domenica e festivi: 10.00-19.00 - tel. 0171 618300 - www.marcovaldo.it

“AMORE E PSICHE” - Cherasco - fino al 15 gennaio 2012 La mostra indaga 200 anni di vicende artistiche attraverso le opere di pittori neoclassici e romantici, quelle di macchiaioli e pre-impressionisti, di divisionisti e scapigliati. Atmosfere vaporose che hanno caratterizzato la pittura fin de siècle, passando poi alla scomposizione dinamica delle forme tipica del Cubismo e del Futurismo. Rappresentazioni peculiari del periodo metafisico e del “ritorno all’ordine” della compagine di Novecento fino alla pittura post-impressionista dei Sei di Torino e del movimento chiarista lombardo. Palazzo Salmatoris - Via Vittorio Emanuele II, 29 - Cherasco - Da mercoledì a sabato: 9.30-12.30 / 14.30-18.30 - Domenica e festivi: 9.30-19.00 - tel. 0172 427050 - [email protected] - www.comune.cherasco.cn.it

“SILVIO PORZIONATO” - Antiche Scuderie di Saluzzo - fino al 20 novembre 2011 La mostra, curata da Giuseppe Biasutti, giornalista, critico e gallerista, raccoglie le opere di un artista emer-gente che, attraverso la semplice rappresentazione di corpi racconta attimi fuggenti, storie di vita quotidiana catturati come scatti fotografici. Una pittura violenta, che scuote. Citazioni che richiamano Degas o Arnulf Rainer, dover il rosso placenta sporca i ritratti per restituire la sua visione del mondo. Antiche scuderie – Fondazione Amleto Bertoni - Piazza Montebello, 1 - Saluzzo - venerdì: 16,00-21,00; sabato e domenica: 10.00-20.00 - tel. 0171 618300 - www.fondazionebertoni.it

a cura di Luca Morosi

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Il campionato ha dimostrato ampiamente che è possibile coniugare potenza e prestazioni ad alimentazioni ecologiche, senza rinunciare a performance e affidabilità.Ecologia ed innovazione: valori che acco-munano gli sponsor della manifestazione ed i team che hanno creduto in un evento che certamente scriverà una nuova pagina nella storia sportiva motoristica. ra tutti cogliamo l’orgoglio della Maligno In-dustriarredamenti di Cuneo (rappresentata dal pilota Brioschi) che da sempre crede

auto ecologiche sul podioSI È CONCLUSO IL PRIMO TROFEO GREEN CUP

Il Green Scout Cup è giunto al termine e, dopo sei tappe ha decretato il vincitore del 1° Trofeo monomarca per auto Kia Venga 1,6 alimentate a GPL, organizzato dalla BRC Gas Equipment di Cherasco in collaborazione con Kia Motors. Sul circuito di Franciacorta è il di-ciassettenne Alberto Viberti (team Kaster Ma-chines) a salire sul gradino più alto del podio, svelando un talento fuori dal comune, davanti a Lorenzini (Europlast) e Gimmy Ghione (Bi-emmedue), noto inviato televisivo di Striscia la Notizia.

nell’innovazione e nello sviluppo con un oc-chio di riguardo all’ecologia. Il prossimo ap-puntamento sarà per le premiazioni, al prossi-mo Motorshow di Bologna dove verrà anche presentata la stagione 2012. Durante le varie tappe sono state raccolte of-ferte e donazioni che, nella penultima tappa, sono state consegnate al Direttore Scientifico della Onlus Operation Smile, Domenico Sco-pelliti, da Gimmy Ghione, Mariano e Piero Co-stamagna in una brillante serata organizzata al BRC Village.

Piero, Gimmy, Domenico e Mariano

Il podio finale

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intervenuti a centinaia. La forza di Inaudi è la storia, fatta di radici familiari, coraggio, intui-zioni, perseveranza e amore per la qualità. Le esigenze dei consumatori sono cambiate e l’a-zienda ha saputo stare al passo dei tempi. Ne è testimonianza il catalogo con un centinaio di prodotti differenti, tutti improntati alla qualità e al rispetto dei valori del territorio.

auguri con gustoLA INAUDI FUNGHI E TARTUFI HA CELEBRATO 40 ANNI DI ATTIVITÀ

Quarant’anni a servizio della Madre Terra. Che poi diviene zolla e offre i suoi gioielli: fun-ghi, tartufi. Ne sa qualcosa l’azienda di Borgo San Dalmazzo che esporta in tutto il mondo e ha festeggiato la sua quarta decade: Inaudi. Clemente Inaudi, fondatore della società, insie-me ai figli Emiliano e Davide, ai collaboratori e dipendenti, ha dato il benvenuto agli invitati

photo: Roberto Audisio

Emiliano, Clemente e Davide Inaudi

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negli affascinanti spazi di Casa Delfino, dove gli esperti consulenti si sono messi a disposi-zione di giovani futuri sposi per consigli per-sonalizzati. Protagonisti sono stati gli stupendi abiti di Alca Spose, Botta e B., Isoardi boutique, Osvaldo Montalbano e Naturalmente Mamma, insieme ad altri numerosi partner, coordinati dall’organizzazione di Extraordinary Wedding.Musica, luci, e colori per raccontare la fiaba del giorno più bello.

sfila il matrimonioCambia il periodo ma non cambia lo stile. L’appuntamento cuneese dedicato al matri-monio di classe, organizzato dai migliori ope-ratori del settore, è stato celebrato quest’anno come “Equinozze d’autunno”, anticipando le tendenze moda della prossima stagione. Ed è raddoppiato: una sfilata serale sotto i portici della centrale Corso Nizza, apprezzata da un pubblico sempre più numeroso ed attento, ed un’intera giornata di “vetrine viventi”, esposte

A CUNEO L’EQUINOZZE D’AUTUNNO SI VESTE DI BIANCO photo: Marco Sasia

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Greenaccord è associazione culturale Onlus, di ispirazione cristiana e senza fini di lucro, nata per stimolare l’impegno di tutti gli uomi-ni di buona volontà di qualsiasi credo o con-fessione religiosa sul tema della salvaguardiadella natura. Sono oltre cento i giornalisti in-tervenuti in quello che si è rivelato essere un indiscusso successo mediatico.

greenaccordGIORNALISTI DA TUTTO IL MONDO A CUNEO PER PARLARE DI AMBIENTE

Cuneo, Saluzzo e Alba: come un triangolo che verte alla perfezione. Le tre città sono state le protagoniste che hanno ospitato convegni, seminari e visite guidate, organizzate in oc-casione della nona edizione di Greenaccord, realtà volta a sensibilizzare giornalisti interna-zionali sul tema del rapporto dei mass media della democrazia e della sostenibilità.

photo: Cristiano Proia

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A. Cauteruccio e H. Kennou

Il banco oratori

Jon Dee (Australia)Gianna Gancia (Pres. Provincia di Cuneo)

Felix FinkbeinerAndrea Masullo

Stefania Belmondo con i ragazzi Felix Finkbeiner (Planet for the Planet) William Rees (British Columbia University)

pessa Carolina d’Hannover. Infine, oltre alla presenza di alcune personalità del protocollo monegasco, hanno accolto l’invito della mai-son svizzera numerose star del jet set interna-zionale come Naomi Watts, Emmanuelle Beart, Daryl Hannah, Jerry Hall, Eva Herzigova, Car-men Kass, Elsa Pataki, Natalie Imbruglia, Sarah Marshall et Jean Claude Jitrois, Viktor and Rolf, Gisella Marengo, Olivia Palermo, tanto per cita-re qualche nome.

gioielli realiÈ stato scelto il Principato di Monaco per pre-sentare la nuova collezione di gioielli ‘Princes-se Grace de Monaco’ firmata Montblanc.Per l’occasione ha avuto luogo uno spettacolo all’Opéra Garnier, a cui è seguito un altrettan-to esclusiva cena di gala presso la Salle Empire dell’ Hôtel de Paris. Sono stati ben 350 invitati e tra questi, accolti con entusiasmo, il sovrano di Monaco accom-pagnato dalla sua consorte e da SAR la Princi-

CELEBRATA LA BELLEZZA DELL’INDIMENTICABILE PRINCIPESSA GRACE

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Eva Herzigova e Lutz Bethge

Sarah MarshallElsa PatakiBracciale collezione “Princess Grace”

Grace Kelly Natalie Imbruglia Orologio collezione “Princess Grace”

Carolina d’Hannover, Princess Charlene e Prince Albert II

Le dîner par Sa Majestéde Giorgio Trichilo - Pg 22Un grand amour partagé par 4 millions de cœurs : le nombre de visiteurs du palais royal de Venaria, de 2007 à ce jour. « La Versailles italienne », chef-d’œuvre de l’histoire et de la culture piémontaise est un enchante-ment qui se dévoile chaque jour au regard de ceux qui veulent se laisser transporter. Un enchantement qui, cette année, s’est enrichi du goût : à l’occasion des 150 ans de l’unité de l’Italie, le palais a accueilli les « Cene Regali » (« Dîners Royaux »). Sept rendez-vous avec les spécialités de sept régions : un voyage à la découverte des saveurs typiques de l’Italie. Nous avons agréable-ment conversé sur le goût, l’art et la beauté avec Alber-to Vanelli, directeur du palais royal de Venaria. Le palais

royal de Venaria a conclu le cycle des « Cene Regali » (Dîners Royaux »), l’évènement organisé dans le cadre des célébrations dédiées à « Italia 150 ». La culture et l’œnogastronomie sont deux excellences du Piémont et de l’Italie : un bilan à chaud. Les « Dîners Royaux » ont, sans nul doute, été un grand succès. Chaque rendez-vous a attiré 600 personnes avec une surréservation de 400 places. À travers cet évènement, nous avons rendu hommage à la variété et à la richesse de la tradition culinaire italienne : une cuisine faite de saveurs uniques, d’histoires, de cultures, de valeurs, d’identités sociales. Les « Dîners Royaux » ont souhaité valoriser et faire connaître ce patrimoine. Le bouquet final avec la cuisine piémontaise. Quels chefs et quels plats ? Nous avons naturellement décidé de clôturer la manifestation avec un hommage à la tradition du Piémont, une terre riche en saveurs : nous avons donc proposé, grâce à la maestria de chefs comme Davide Scabin du Combal.Zero, Alfredo Russo du Dolce Stil Novo, Ugo Alciati du restaurant Guido de Pollenzo et Pier Bussetti du château de Govone, des grands plats revisités de la cuisine piémontaise. Les Dîners Royaux ont célébré l’unité de l’Italie à table. Quelles sont les remarques du public qui vous ont le plus touché ? Le succès est venu du binôme art-goût. Le site a représenté une valeur ajoutée et a contribué à créer une atmosphère unique et exceptionnelle. Les commentaires du public ont été, à cet égard, très élogieux. Pensez-vous réitérer la manifestation ? Je pense que oui, vu le succès de cette première édition. Nous avons en programme de transformer la manifestation en un « grand gala de l’œnogastronomie italienne ». Parlons du palais royal de Venaria et donnons quelques chiffres. Combien de visiteurs depuis l’ouverture du palais royal ? Quelle est la part des touristes étrangers ? Les chiffres en disent plus long que les mots. En quatre ans, nous avons accueilli 4 millions de touristes, dont 70% en provenance d’autres régions que le Piémont et 10% en provenance de l’étranger. De quelle manière le palais royal de Venaria a contribué au développement du tourisme au Piémont ? Il a contribué à prolonger le séjour sur le territoire de trois à quatre jours. Certes, Turin a bénéficié des plus grandes retombées, mais toute la région a observé une évolution positive. D’après vous, le Piémont est-il aujourd’hui une région à la mode ? Sans aucun doute. Le Piémont est synonyme de nature, de culture et de grands évènements. Du lac Majeur aux Langhe, en passant par Turin et les stations de ski. La preuve en est la forte attractivité que la région a su conserver sur les touristes anglais, américains, français, allemands et espagnols, cinq ans après les jeux olympiques d’hiver. Nous touchons là un point sensible : les restrictions à la culture. Outre un problème de financement, n’est-ce-pas également une question de mentalité ? Malgré les résultats, la culture est-elle toujours vue comme une option ? Qui dit « culture » dit « tourisme » : et donc, emplois et croissance économique. Investir dans la culture, c’est amorcer un cercle vertueux en termes de développement. Le palais royal de Venaria regarde toutefois de l’avant. Quels sont les rendez-vous de 2012 ? Je souhaiterais souligner, avant tout, l’exposition en cours jusqu’en fin janvier 2012, dédiée a Léonard de Vinci : Léonard. Le génie, le mythe. Jusqu’en fin janvier également, une autre exposition : Mode en Italie, 150 ans d’élégance, un voyage dans le style italien de 1861 à nos jours. Par ailleurs, en 2012, le palais royal accueillera 100 œuvres de l’école flamande de la collection du prince Eugène, qui se trouvent à la Galerie de la Maison de Savoie de Turin. Et bien d’autres choses encore. Vous êtes le directeur du palais royal, mais ne vous est-il jamais arrivé de le contempler avec les yeux du touriste ? Certainement. J’ai suivi les travaux de restauration dès les premiers projets et j’ai vu ce rêve prendre forme jour après jour. Savez-vous quel est le secret du charme du palais ? Sa capacité de transporter le touriste dans une autre dimension historique. Visiter le palais, ce n’est pas visiter un musée mais se plonger dans la vie de la cour, se promener parmi les trésors de la nature et de l’art, et s’arrêter peut-être au restaurant ou bien assister aux différentes attractions. En somme, passer une journée entière hors du temps.

Noël dans la famillede Vanina Maria Carta - Pg 38A’ partir du menu. Non pas seulment une mode mais une véritable nécessité de changer: les produits de la province de Cuneo, ceux à “km. 0”, font du bien au ter-ritoire et à la qualité de la vie. Surtout à Nöel. Nöel va bientôt arriver. Nous voilà avec les courses, les cadeux, les hystérismes de la dernière minute qui correspon-dent à la société de consommation et que, en certains cas, voilent le sens véritable de la Fête. Aujourd’hui, la situation globale de crise économique et l’ appauvris-sement des ressources de la planète demandent impérativement, le long de toute l’année et surtout à Nöel, de nouveaux paradigmes de comportément pour nos achats et pour nos consommations: il faut changer

d’habitude, “penser éco” (séparer, trier, recycler, épargner l’énergie, ne pas gaspiller, en commençant surtout de la table, ou mieux encore, à partir du choix des aliments. Alors, pourquoi ne pas commencer avec un premier Nöel “éco-gastronomique” et par un menu 100% écosoutenable? Non à l’exotique, donc, et oui aux produits de saison, qui arrivent de la filière courte présente sur le terroir. Aujourd’hui, ceux-ci sont les mots d’ordre

qui nous rendent éco-friendly et, à vrai dire, même éco-trendy. L’attention envers l’ approche écosoutenable nous demande de faire un choix: continuer à manger “yeux fermés” ou apprendre à regarder non seulement dans l’assiette, mais au delà ce celle-ci, à partir de nos achats. Les fêtes de Noël sont une occasion unique pour mettre en pratique un nouveau modèle de vie, de choix, que l’on peut résumer dans un principe immédiat: “km 0”. Et pour ceux qui, comme nous, vivent dans un terroir merveilleux, la Province de Cuneo, riche en ressources agroalimentaires d’haute qualité et de grande variété, la notion de “km. 0” doit devenir habituelle, avec tous ses produits: les fruits, les oeufs, les fromages des fromageries des vallées, les légumes de notre jardin ou ceux que l’on trouve chez les fermes ou les farmers’ markets. Les Productions Agricoles Traditionnelles, simplement appelées Pat, les produits Igp, le Dop (Doc et Docg dans le domaine des vins) ou le Slow Food sont à deux pas de chez nous. Nous pensons à la Poule Blanche de Saluces, à l’Agneau de Sambuco, au Poivron de Carmagnola, à la Noisette Tonde et Gentille, et ainsi de suite. Leur point de force? C’est simple. Ce sont des produits du terroir et donc, même au niveau du goût, ils gardent les caractéristiques de cette région; de plus, ils sont frais, de saison et écosoutenables puisqu’ils arrivent de nos fermes ou dans le cas des entreprises de production, sans d’emballages particuliers, ceux-ci étant surtout demandés pour le transport et la grande distribution. En pratique Nous avons demandé à trois grands restaurants de la Province de Cuneo, sélectionnés dans trois zones morphologiquement très différentes (la Vallée Stura, les collines des Langhe et la plaine de Saluces), d’interpréter le Noël selon une approche éco-gastronomique afin de nous “éduquer” au juste choix. Vallée Stura Notre voyage part de la montagne, exactement de Aisone en Vallée Stura, à 830 mètres sur le niveau de la mer. Ici, on trouve le restaurant Da Renzo, dont l’histoire commence en 1975. La philosophie du chef a toujours été celle de suivre les saisons et de choisir les grands classiques de la tradition de la montagne, en utilisant des produits du terroir: le beurre des alpages, les pommes de terre de montagne, la truite qualité fario, celle pointillée. Du poisson, oui, mais celui de nos vallées, celui qu’on trouve dans nos ruisseaux et dans les fleuves de la montagne surtout vers la fin de l’automne. La viande de cette truite est très délicate, parfaite pour préparer ce poisson à l’escabèche. Ensuite, les gros raviolis ris e coi préparés avec du riz et des choux, à servir avec une sauce au sanglier, et l’Agneau de Sambuco avec les cardons: des viandes qui arrivent de l’haute vallée et qui gardent toute la saveur de la montagne naturellement sauvage. E pour finir, un riche sabayon, préparé avec les oeufs des fermes de la vallée et une bavaroise aux kakis. Haute Langa Nous descendons maintenant vers les Langhe, spécifiquement à Benevello (680 mètres), le premier village de la Communauté de Montagne de l’Haute Langa en partant de Alba. Nous sommes dans une terre de passage, où les vignes laissent leur place aux noisetiers et aux grands fromages de brebis et de chèvre. Ici, en Frazione Manera, se trouve le Relais Villa d’Amelia, une ancienne résidence restorée avec grand soin où il y a le restaurant du chef Damiano Nigro qui vient de fêter sa première étoile. Entré dans le firmament Michelin, Monsieur Nigro étonne les clients par la grande simplicité avec laquelle il sait soigneusement adapter les productions locales à la créativité de son esprit qui s’exprime par le mariage des produits locaux et le soin qui revèle en présentant les plats. Pour le menu du dernier jour de l’an, le start se fait par les entrées, parmi lesquelles on trouve la fondue au Bleu des Alpes Cozie, et ainsi de suite jusqu’ aux pâtes: les cannellonis aux pommes de terre de l’Haute Langa, préparés avec une farce de morue et accompagnés d’une sauce aux poivrons. Ensuite, la crème brulée, l’agneau avec les cardons, les croquettes de topinambur et la bagna caoda, avec le zampone (le pied de porc farci) servi sur un lit de lentilles que l’on croit, ici, porter bonheur. Et pour terminer, un gâteau souple à la noisette. Plaine de Saluces Après les délices des montagnes et des collines, nous nous dirigeons vers Saluces et la plaine qui s’étend jusqu’à Turin. Notre dernière étape est le Restaurant D’la Picocarda, direction Cavour et Pinerolo, exactement à Crocera de Barge. Dans une ferme restaurée avec élégance et sobriété, Giuseppe Picotti, Caterina Vignolo et leurs enfants se dédient totalement à la recherche de la perfection, dans l’accueil comme en cuisine. Le choix des matières premières impeccables est à la base de la philosophie de la Famille Picotti. Pour notre menu de Noël, les chefs Beppe et Andrea Picotti conseillent les champignons, les cèpes, que l’on trouve dans les bois sur les hauteurs vers le Monviso. Toujours à la mode et toujours classiques, les cèpes avec du jambon cru, naturel-lement de Cuneo (le Jambon Cru Cuneo Dop). Et, après, pourquoi pas le chapon des fêtes paysannes, avec une amusante salade de légumes et de grenadier, fruit typiquement de l’hiver, une petite tourte de topinambour servie avec une crème d’anchois? Et tout cela accompagné des grands classiques de Cuneo mais avec un peu d’innovation: les raviolis farcis au saucisson et choux rouge au vinaigre de framboises, ou bien les gnocchettis au fromage Sairass. Enfin, le triomphe du boeuf de Race Piémontaise, avant de conclure avec un dessert gianduja et sabayon au vin moscato et des poires qualité Martin sec cuites dans le vin rouge, celles-ci encore présentes en petite quantité dans nos vallées alpines. Et alors, grand honneur à tous ces prouits de notre terre, qui parlent de notre identité gastronomique et qui nous font vivre, aujourd’hui encore, de grandes émotions. Nous dédions à eux les prochaines fêtes de Noël.

Des bulles made in cuneode Axel Iberti - Pg 68Pétillant, effervescent, vivace, sémillant, écumant, ga-zeux, allègre, perlant… Arrêtons-nous un instant. En effet, parler de vins présentant une âme « effervescen-te » est souvent source de confusion. Les œnologues, les sommeliers et les producteurs ont, sans nul doute, les idées plus claires que nous, les consommateurs et les passionnés. Nous perdons le point de référence « cardinal » : le lieu géographique qui nous permet de mieux appréhender le microclimat d’une zone, l’influence des courants marins, la présence ou pas de fleuves, et pas seulement les potentialités d’un versant ou les implications de l’altitude sur les raisins. Ce sont là les clés permettant de déchiffrer le code

énigmatique des « bulles » dans la province de Coni. En effet, notre tradition n’a rien à envier à celles qui ont fait du marketing leur point fort. Rappelons, tout d’abord, que le Piémont est la patrie de la production de méthode classique en Italie, une centaine d’années avant la présence des autres régions sur le marché. Le consortium de l’Asti DOCG est l’un des principaux acteurs de la promotion des mousseux et des vins produits dans notre province. Partons à la découverte de ces précieuses mines à ciel ouvert, où chaque cépage est cultivé

avec amour et une sagesse ancestrale. À Castiglione Tinella, Paolo Saracco représente la troisième génération de producteurs de Muscat d’Asti. Paolo a été le premier à prendre conscience qu’ici seulement, ce cépage exprimerait toute son âme en produisant un vin exceptionnel capable de conserver sa douceur de caractère naturelle, même 10 ans après sa mise en bouteilles. Et, pour satisfaire les exigences des travaux de la cave, il a eu le courage de construire une structure moderne, que les architectes Delpiano et Boffa ont délicatement insérée dans le paysage. Une vibrante boîte ouverte permettant de travailler immédiatement le muscat comme l’exige la tradition, une célébration entre passé et futur. Mais, même sur les collines où le nebbiolo règne en maître, des producteurs mettent le même amour dans la création de vins à prise de mousse en dehors des sentiers battus, mais qui présentent la même maturité et la même noblesse que des vins rouges réputés des Langhe. C’est le cas du producteur Podere Rocche dei Manzoni qui, depuis plus de 30 ans, a compris que le pinot noir et le chardonnay avaient trouvé là, sur des versants présentant certaines conditions microclimatiques et à certaines hauteurs, un terrain fertile pour pousser et transformer leur instabilité intrinsèque en de super-bes bulles persistantes, au bouquet intense et complexe. En un mot, un terroir. Aujourd’hui, le « Valentino » est un mousseux légendaire qui a pris le nom de ce courageux pionnier dont l’œuvre est perpétuée par son fils Rodolfo Migliorini, qui revendique la marque « Made in Langa » apposée sur le goulot des bouteilles. Rodolfo rappelle lui-même qu’au début, il n’avait pas pris son père au sérieux. Du mousseux dans les terres du Barolo avec des raisins exclusivement vendangés sur la commune de Monforte d’Alba ? Et portés dans des cageots à fruits pour ne pas écraser les grains ? C’était, à l’époque, une pure folie. C’est devenu, aujourd’hui, une façon de faire qui continue de faire école. Les jeunes producteurs qui ont su appréhendé l’autre âme de nos terres sont de plus en plus nombreux. À Treiso, sur la zone du Barbaresco, Paolo Stella, Federico Scarzello, Erik Dogliotti et Cristian Calatroni ont créé « l’Erpacrife », un mousseux en méthode classique 100% nebbiolo, qu’ils ont com-mencé à produire par pur divertissement afin de ne pas se perdre de vue au sortir de l’université d’œnologie. 10 ans après, ils sont encore là pour célébrer cette expérience qui unit les vignes nobles de la Langa et les compétences techniques centenaires propres au Monferrato. Un échange réussi comme celui entre le ciel et la terre, un miracle qui s’accomplit dans l’Alta Langa DOCG : un mousseux produit à partir de raisins cultivés au-dessus de 250 m d’altitude, et dont le territoire d’origine embrasse une vaste zone de 149 communes qui, des collines de Mondovi, s’étend vers l’est. Il descend de Mombarcaro vers Ceva jusqu’à Mondovi et remonte vers Dogliani, pour s’étendre jusqu’à la vallée du Belbo. Giacomo Mollo, de la « boutique winery » Monte Oliveto di Casà a baptisé son propre « Asterope » : un hommage à l’étoile double de la constellation du Taureau. Une invitation à monter sur les hautes terres de notre province et observer cet horizon impétueux qui s’incline aux pieds du Mont Viso et qui, de là, part toucher le firmament : une bulle pour chaque étoile.

Monte-Carlo pour le développe-mentde Maria Bologna - Pg 86Prudents, disciplinés et visionnaires ! C’est avec ces adjectifs que le ministre des finances, Marco Piccinini, a résumé, en conclusion de son intervention devant 250 entrepreneurs monégasques, les caractéristiques de l’entrepreneur du futur. Invité à l’occasion de la Xe réunion des entrepreneurs organisée par la chambre de développement économique (CDE), Piccinini, ita-lien d’origine mais naturalisé monégasque il y a quel-ques années, a captivé l’assistance en livrant ses réfle-xions sur l’avenir de la Principauté de Monaco. « Il faut promouvoir le produit MONACO avec une approche non conventionnelle », a indiqué le ministre dans son

discours, « car, à cause des effets de la crise économique internationale, ceux qui veulent investir avec succès cherchent des États présentant un équilibre politique établi, des finances publiques solides et, surtout, en mesu-re de garantir la sécurité et une certaine qualité de vie. Toutes ces caractéristiques s’appliquent, de fait, à la Prin-cipauté de Monaco ». Le temps du changement est-il également venu pour la Principauté de Monaco ? Il semble bien que oui, surtout si l’on tient compte du fait que l’État monégasque, partie intégrante de l’Europe, a décidé de se faire connaître au monde à travers des actions ciblées « one-to-one ». En effet, depuis quelques temps, le succès des missions économiques importantes, comme celles promues par la CDE avec la Turquie et la Pologne, ne s’arrête pas là : des visites et des promotions toujours plus ciblées sont programmées à Londres, à Hong Kong et au Brésil. Ces actions visent l’exportation de l’attractivité de Monaco, comme le soutient le président de la CDE, Michel Dotta, monégasque et, lui aussi, d’origine piémontaise. Il est évident que l’avenir de Monaco et de tous les pays industrialisés dépend de leur capacité de réaction face aux nouveaux défis mondiaux. Pour la Principauté de Monaco, il faut ajouter l’optimum que peut offrir, à ce jour, un état moderne : la sécurité, le service sanitaire national et l’instruction. Pour le gouvernement monégasque seule une discipline financière moderne et efficace, souple et transparente sera en mesure d’attirer un nombre toujours plus grand d’entrepreneurs et d’investisseurs. Sans oublier que la Principauté de Monaco n’a pas de dettes envers d’autres États et possède un fonds de réserve constitutionnel (FRC) de 4,3 milliards d’euros, y compris les dépôts en or, la participation dans des sociétés comme la SBM, des immeubles situés à Monaco ou dans les pays limitrophes et les sièges di-plomatiques à l’étranger. Ajoutons qu’après une saison touristique favorable et la modernisation des procédures bureaucratiques d’installation à Monaco, tout ceci dans le but de favoriser la croissance des entreprises existantes et d’attirer des investisseurs jeunes et innovants, Monaco reste l’un des pays où le revenu par habitant est le plus élevé. Dans l’intervalle, des confirmations indéniables : les Russes et les Arables sont depuis longtemps présents dans la Principauté et des activités de résidents en provenance des pays émergents comme le Brésil, l’Inde, la Chine et l’Afrique du Sud se créent à Monaco. Et il faut, bien évidemment, les accueillir avec intérêt : par contre, la direction de la SBM, contraire à l’ouverture à court terme aux peuples de l’Asie, n’est pas de cet avis, alors que, cette année, comme annoncé à la récente assemblée extraordinaire des actionnaires, elle n’a pas distribué de dividendes à cause d’un mauvais résultat d’exploitation de -17,3 millions d’euros. Entre temps, les investisse-ments locaux ne sont pas à l’arrêt - voir la résidence du Balmoral ou la nouvelle destination pour l’ex Moods en faveur du Jimmy’z d’hiver, n.d.r. - alors qu’à l’étranger, se poursuivent les accords pour le lancement du complexe d’Abu Dhabi Monte-Carlo Beach Club Saadiyat Island ou la finalisation du complexe hôtelier en construction au Maroc. En définitive, l’avenir de Monaco peut s’avérer plus rose que celui d’autres États, tout en restant lié au

système européen qui, en cette période, reste fragile sous de nombreux aspects. Malgré le fait que la récession touchera un peu tous les pays de la Méditerranée, un certain optimisme est de rigueur dans la Principauté de Monaco, au regard des privilèges qu’une fiscalité légère offre aux entrepreneurs, d’une certaine qualité de vie et des perspectives économiques rassurantes.

La reine du mondede Mariuccia Assola - Pg 96Elle est « ronde et délicate » (« Tonda e Gen-tile ») et la reine de la tradition pâtissière de la terre du Piémont. Elle a contribué, avec les grands vins du terroir, à la renommée inter-nationale de la terre des Langhe. C’est la noi-sette, faisant partie, à plein titre, des produits gastronomiques d’excellence, un fruit dont la qualité est reconnue comme la meilleure du monde par les experts en alimentation, les chefs cuisiniers et les techniciens de l’indu-strie. Ce fruit antique s’insère et se développe dans un magnifique panorama de vignobles, de bastides et de châteaux perchés sur les col-

lines. Des groupes de petites noiseraies entourent les villages portant le nom et l’aura de très grands vins : Barolo, Monforte, Dogliani. Mais en allant vers la mer, au fur et à mesure que l’on pénètre dans l’Alta Langa, les vignes s’effacent pour laisser la place aux vertes étendues des grandes noiseraies à Cra-vanzana, Cortemilia, Feisoglio, Bossolasco, là où la noisette devient « essence » du territoire. La « Tonda gentile del Piemonte » (« Ronde délicate du Piémont »), reconnue par la Communauté Européenne à travers l’indication géographique protégée (IGP), fait partie intégrante du tissu économique avec plus de 7.000 hectares de culture et 12.000 tonnes de produit en 2010 (17.000 sur l’ensemble de la Région). L’économie de cette zone est entièrement tournée vers le « produit noisette » : de l’importante pro-duction pâtissière artisanale jusqu’à la transformation du fruit pour les produits semi-finis de la gran-de industrie, de la conception et de la fabrication des machines de production jusqu’à l’induit d’un tourisme en pleine croissance et lié à l’œnogastronomie. À quelque chose malheur est bon Depuis les temps les plus reculés, les paysans des Langhe se sont appuyés sur le vignoble, en culture spécialisée ou mixte. Puis, vers la fin du XIXe siècle, les fléaux du phylloxéra et du mildiou dévastèrent les vignes et provoquèrent une vague d’émigration vers la France et l’Amérique. La disette et la famine poussèrent les paysans à expérimenter de nouvelles noiseraies sur la zone de l’Alta Langa, qui constatèrent alors l’aptitude de la terre, du climat et de l’altitude (entre 500 et 700 m) à cette culture. La découverte du binôme parfait Ce fut là le point de départ qui, par la suite, donna naissance à l’industrie pâtissière. Au XIXe siècle, la demande provenait des pâtissiers turinois qui, à cause du blocus économique décidé par Napoléon sur les produits de l’industrie britannique et de ses colonies, commencèrent à mélan-ger le cacao avec la noisette ronde et délicate des Langhe plus économique. Le chocolatier Michele Prochet, associé à Caffarel, perfectionna la pâte en 1852, en grillant les noisettes et en les broyant fine-ment : c’est ainsi que naquit le Giandujot, présenté à l’occasion du carnaval de 1865 comme le premier chocolat emballé et distribué par le personnage populaire de Turin, Gianduja. Dès lors, l’emploi des « noisettes rondes » en pâtisserie devint incontournable : décortiquées et torréfiées entières, en gros morceaux ou en pâte, elles entrèrent dans la préparation des nougats, du chocolat aux noisettes, des croquants, des glaces. En 1885, à Gallo Grinzane, Giuseppe Sebaste inaugura, par contre, la production d’un nougat ultrafin. Ferrero, ou comment valoriser un précieux héritage La société qui donne une im-pulsion décisive aux cultures fut, sans nul doute, Ferrero. Les premières expérimentations pâtissières de la société - parmi les plus grandes à ce jour et à laquelle a été attribué le prestigieux « Winning Italy Award », c’est-à-dire la première place dans l’indice de réputation des sociétés mondiales - portent également le nom de « Gianduja ». Nous sommes à Alba, au sortir de la deuxième guerre mondiale, dans une période de grande pauvreté. Dans son petit laboratoire de pâtisserie, Pietro Ferrero eut l’idée d’exploiter une ressource du territoire, la noisette. Il créa une pâte inédite en la compactant en pains enroulés dans du papier d’étain. C’était économique et excellent. Elle se vendait coupée en morceaux et ce fut l’une des premières douceurs à savourer après ces longues années noires. Le succès fut immédiat et au-delà de toute attente : en mai 1946, la société Ferrero fut créée. Depuis lors, la croissance de la société, pour laquelle la noisette devint la matière première par excellence, lança et développa véritablement la culture de la noisette sur les collines des Langhe, toujours encouragée et soutenue par la société Ferrero, une politique jamais démentie dans ses nombreux établissements répartis dans le monde entier. Le lien avec le monde paysan Mais il n’y a pas que l’industrie : il existe un lien profond avec les paysans qui portent le fruit de leur labeur. Ce sont des coopératives qui, en regroupant les petits producteurs, leur permettent de s’insérer dans un marché où il est désor-mais fondamental de concentrer l’offre, afin d’obtenir une reconnaissance de la qualité et une juste rémunération. Noisette du Piémont le meilleur dans le monde L’organisme de la foire de la noisette et des produits typiques de l’Alta Langa est né dans l’intention de valoriser ces collines uniques par leurs caractéristiques environnementales, culturelles et paysagères, qui produisent, en particulier, les déli-cieuses noisettes Piémont IGP, des fromages extraordinaires, des champignons, des truffes, du miel et de grands vins. « Vous en êtes l’un des créateurs et vous soutenez l’organisme depuis toujours. Quelles sont les intentions et les motivations de cette initiative ? » « La noisette Piémont IGP est la meilleure au monde et représente une ressource essentielle pour tout le territoire de l’Alta Langa. Une ressource non seulement pour l’agriculture, mais pour tous les secteurs économiques : artisanal, commercial et touristique ». « Le fait qu’elle soit la meilleure au monde est confirmé par la certification relâchée par le Centre d’Études des Dégustateurs de Brescia (l’unité de recherche sur l’analyse sensorielle la plus avancée et la plus complète d’Italie, celle ayant paraphé la certification sensorielle de produits comme l’expresso italien et la truffe blanche d’Alba). Une équipe de juges-experts a analysé des noisettes pro-venant du Piémont, du Latium et de la Turquie, les qualités les plus répandues au monde. Le résultat ? C’est la noisette Piémont IGP qui a séduit par sa consistance, sa douceur et son arôme. D’où l’obligation de venir dans les Langhe pour y goûter. »

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