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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA
LAUREA MAGISTRALE IN GIURISPRUDENZA
TESI DI LAUREA
DALL’EUROPA ALL’ITALIA:
LA LIBERALIZZAZIONE DEL TRASPORTO FERROVIARIO
DI PASSEGGERI
Relatore: Prof. MAURIZIO RIGUZZI
Laureando: ANDREA MATTIATO
VR076636
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
I
DALL’EUROPA ALL’ITALIA:
LA LIBERALIZZAZIONE DEL TRASPORTO
FERROVIARIO DI PASSEGGERI
INDICE
INTRODUZIONE ................................................................................................... pag. 1
CAPITOLO I
IL CONTRATTO DI TRASPORTO FERROVIARIO DI PERSONE
1. Il contratto di trasporto: evoluzione e note introduttive generali ........................ pag. 7
2. L’unitarietà del contratto di trasporto e i suoi sottotipi .................................... pag. 10
3. Il contratto di trasporto ferroviario: le fonti normative
3.1. Le convenzioni internazionali. La COTIF ................................................. pag. 16
3.2. L’ambito di applicazione della CIV .......................................................... pag. 22
3.3. La disciplina internazionale uniforme del trasporto passeggeri
nella CIV .................................................................................................... pag. 26
4. La normativa interna. Le Condizioni e Tariffe per il trasporto delle persone
sulle Ferrovie dello Stato
4.1. Genesi e natura giuridica ........................................................................... pag. 33
4.2. La disciplina del trasporto dei passeggeri di Trenitalia ............................. pag. 44
4.3. La responsabilità del vettore ferroviario .................................................... pag. 53
CAPITOLO II
LA POLITICA FERROVIARIA EUROPEA
1. Dalle origini agli anni ’80 ................................................................................. pag. 60
2. Gli anni ’90: l’impegno della Comunità per il riequilibrio modale .................. pag. 65
3. 2001: Il Primo Pacchetto ferroviario ................................................................ pag. 78
II
4. Il Secondo Pacchetto ferroviario ....................................................................... pag. 88
5. La prima apertura alla liberalizzazione del traffico passeggeri:
il Terzo Pacchetto ferroviario ........................................................................... pag. 95
6. Il Regolamento OSP ....................................................................................... pag. 105
7. La legislazione ferroviaria europea dopo il Trattato di Lisbona:
verso il Quarto Pacchetto ferroviario? ............................................................ pag. 110
CAPITOLO III
LA RIFORMA DELLE FERROVIE IN ITALIA
1. La situazione delle FS alla vigilia della liberalizzazione:
da Azienda Autonoma a S.P.A. ...................................................................... pag. 121
2. Il recepimento delle direttive degli anni ’90:
la nascita di Trenitalia e RFI ........................................................................... pag. 126
3. La liberalizzazione del servizio ferroviario: i riferimenti normativi e
le competenze nel settore ferroviario
3.1. Il d.lgs. 188/2003 come Testo Unico della liberalizzazione
ferroviaria italiana .................................................................................... pag. 132
3.2. Le competenze di vigilanza e regolamentazione
nel settore ferroviario ............................................................................... pag. 143
a) Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ........................... pag. 144
b) L’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari .................... pag. 147
c) L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie ................. pag. 151
d) La Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e
gli altri regolatori del settore ferroviario ..................................... pag. 155
e) Verso un’Autorità dei trasporti? .................................................. pag. 158
CAPITOLO IV
LA LIBERALIZZAZIONE DEL SERVIZIO PASSEGGERI IN ITALIA
1. I segmenti del mercato del trasporto ferroviario di persone ........................... pag. 161
2. Il trasporto passeggeri locale e regionale ........................................................ pag. 166
3. La concorrenza nel mercato: i servizi a media e lunga percorrenza ............... pag. 178
III
3.1. Eurocity tedeschi ed austriaci sul Brennero ............................................ pag. 178
3.2. La vicenda di Arenaways ........................................................................ pag. 185
3.3. Italo per l’Alta Velocità ........................................................................... pag. 192
CONCLUSIONI .................................................................................................. pag. 204
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................ pag. 208
1
INTRODUZIONE
Con la rivoluzione industriale si è affacciato sulla scena mondiale un nuovo e vitale
mezzo di trasporto per le moderne esigenze dell’economia e della mobilità: il treno.
La costruzione della prima ferrovia nel 1825 in Inghilterra1 ha suscitato un grande
interesse in tutto il mondo per il mezzo su rotaia, tanto che, nel breve volgere di pochi
anni, in molti Stati europei e in Nord America sono entrate in esercizio numerose linee
ferroviarie, all’inizio sparse sul territorio nazionale senza un apparente disegno
organico, ma che poi sono diventate parte integrante di vere e proprie reti.
Nella nostra Penisola (che all’epoca ovviamente non poteva definirsi politicamente
come Italia, visto che il processo di unificazione nazionale non era ancora iniziato)
l’interesse per i treni non ebbe lo stesso seguito che altrove: la prima ferrovia italiana fu,
come è noto, la Napoli – Portici inaugurata nel 1839. Solo il Regno di Sardegna, invece,
a partire dal 18482 iniziò la costruzione di una vasta e capillare rete ferroviaria, che
rimase per molto tempo unica nel panorama italiano. Fu solo con l’Unità d’Italia e il
deciso favore di Camillo Benso Conte di Cavour verso le ferrovie che anche il nostro
Paese vide lo sviluppo deciso del trasporto ferroviario.
L’avvento delle ferrovie pose ovviamente il problema della regolamentazione giuridica
dei multiformi aspetti che caratterizzano tale “universo”: dal regime delle concessioni
per la costruzione delle linee alle norme per la circolazione dei convogli, senza
dimenticare gli aspetti concernenti i rapporti (di tipo privatistico) tra Ferrovia (intesa
come gestore del servizio nonché vettore) e utenti. Di pari passo con l’evoluzione delle
reti vennero quindi disciplinati ex novo o innovati tutti i settori del trasporto ferroviario.
Essendo le ferrovie deputate a svolgere un pubblico servizio, quello di garantire la
mobilità delle persone e di incentivare lo sviluppo economico (attraverso il
miglioramento dei commerci), ed essendo il perseguimento di questi fini nelle funzioni
dello Stato moderno, questo, una volta che la situazione finanziaria dei gestori le varie
reti si mostrò altamente deficitaria rendendo l’esercizio ferroviario precario, assunse
1 Si tratta della linea Stockton - Darlington, costruita dall’ing. Stephenson.
2 Con l’apertura della ferrovia Torino - Moncalieri, primo tronco del collegamento col porto di Genova
attraverso il valico dei Giovi. Giova ricordare che, prima del Piemonte, anche il Regno Lombardo –
Veneto e il Granducato di Toscana avevano inaugurato alcune tratte. Per un rassegna storica, si vedano S.
MAGGI, Le ferrovie, in L’identità italiana, Bologna, 2003, pp. 23-35 e P. BERENGO GARDIN (a cura
di), Ferrovie Italiane. Immagini del treno in 150 anni di storia, Roma, 1988.
2
direttamente la gestione della maggior parte delle ferrovie allora costruite3. Anche in
Italia, con la legge 22 aprile 1905, n. 137 (in anticipo rispetto a molti altri Stati europei),
nacque così l’Azienda Autonoma statale (le FS, acronimo di Ferrovie dello Stato) che
avrebbe garantito, coi fondi pubblici, il proseguimento del servizio sulle linee già
esistenti e la costruzione di nuove4. La creazione delle FS segnò così l’instaurazione di
un vero e proprio monopolio statale delle ferrovie, in quanto tutte le reti, ad eccezione
delle ferrovie cd. concesse5, passarono sotto il controllo statale. Controllo manifestatosi
nella dipendenza dalla Pubblica Amministrazione che assunse connotati diversi a
seconda del periodo storico. All’inizio, le FS erano sotto la sorveglianza del Ministero
dei Lavori pubblici6, ma dal 1924 vi subentrò il nuovo Ministero delle Comunicazioni
7,
il cui responsabile assumeva anche la funzione di Presidente del consiglio di
amministrazione. Un ulteriore mutamento fu portato dal decreto luogotenenziale 12
dicembre 1944, n. 413, il quale rese le FS (pur mantenendo la veste di azienda
autonoma) una direzione generale nel nuovo Ministero dei Trasporti. Questo assetto
rimase inalterato fino alle fondamentali (ma insoddisfacenti) riforme degli anni ’80 e
’90 del secolo passato, necessarie per contenere l’enorme deficit di bilancio che
l’Azienda aveva accumulato nei decenni precedenti8 e per ridare competitività al treno.
Le cause dell’innalzamento esponenziale dei costi di gestione, sia in Italia che in altri
paesi europei, sono state determinate dal declino progressivo del traffico ferroviario (a
3 Fin dall’apertura delle prime ferrovie dominò un’estrema incertezza circa la convenienza della gestione
pubblica rispetto a quella privata. In Italia lo Stato scelse la via delle concessioni ai privati (legge 14
maggio 1865, n. 2239), ma già nel 1885 (legge 27 aprile, n. 3048) dovette operare una concentrazione
delle stesse in poche compagnie e istituire l’Ispettorato Generale delle Ferrovie per meglio controllare
l’operato dei concessionari nell’esercizio ferroviario. 4 Con tale legge lo Stato riscattò le precedenti concessioni di esercizio delle tre grandi reti private, la Rete
Mediterranea (RM), quella Adriatica (RA) e quella Sicula (RS). Solo con la cd. legge organica del 7
luglio 1907, n. 429 (“Ordinamento dell’esercizio di Stato delle ferrovie non concesse ad imprese private”)
venne delineato compiutamente l’assetto organizzativo delle FS. 5 Le nozioni di ferrovie concesse e ferrovie in gestione commissariale governativa verranno approfondite
nel Capitolo IV dell’opera, nel paragrafo dedicato al trasporto locale. Occorre però ricordare che tali
linee, a seguito del decreto legislativo 19 dicembre 1997, n. 422, sono soggette all’amministrazione e alla
programmazione delle Regioni e degli Enti Locali ove si sviluppano (tanto che sono spesso indicate come
ferrovie regionali). 6 Tale dicastero, dopo qualche anno dove lasciò alle FS larghi margini d’azione, limitò l’autonomia
dell’Azienda, verso cui aveva sempre “l’alta direzione”. Il regio decreto legge 2 febbraio 1920, n. 130, ad
esempio, eliminò la figura del direttore generale, sostituendola con una figura esterna nominata dal Capo
del Governo. Cfr. MAGGI, op. cit., p. 133 e M. CRUCIANI, R. ZANOTTI, Pubblico e privato nella
storia delle ferrovie, in iTreni oggi, n. 233/2002, pp. 12-19. 7 Istituito con il regio decreto legge 30 aprile 1924, n. 596, il nuovo Ministero raggruppava ferrovie, poste
e telegrafi, marina mercantile. Al Ministero dei Lavori pubblici rimase la direzione dei lavori di
costruzione di nuove strade ferrate. 8 Nel 1994 le FS, divenute due anni prima una società per azioni, lamentavano una perdita di 2.520
miliardi di lire.
3
vantaggio sia di quello automobilistico che di quello aereo sulle lunghe distanze) e
vanno ricercate in una molteplicità di fattori.
Prime fra tutte, le scelte politiche adottate nell’immediato dopoguerra, dove gli
investimenti maggiori sono stati dirottati verso il traffico stradale a scapito del
miglioramento del sistema ferroviario, creando così un gap tra treno e automezzo che in
Italia ha fatto sentire i suoi effetti maggiori9.
Altro fattore rilevante è da ricercare nell’organizzazione dell’offerta di trasporto10
.
Molti Stati europei, e, come abbiamo visto, anche l’Italia, concepivano (e regolavano) le
aziende di trasporto ferroviario come monopoli naturali, ritenuti “la forma ottimale di
mercato in tutti quei settori di attività economica caratterizzati da barriere all’entrata a
carattere tecnologico, cioè interne al mercato stesso”11
. La rete ferroviaria, non essendo
duplicabile, se non a costi proibitivi, è un classico esempio di settore caratterizzato da
peculiarità tecniche di tal genere. Dato decisivo è però la concezione degli Stati della
proprietà dell’azienda ferroviaria monopolistica: poiché questa fornisce un servizio
pubblico, è necessario garantire la maggiore capillarità possibile dello stesso. Se il
monopolista fosse un soggetto privato, che agisce secondo le regole del profitto, egli
avrebbe tutto l’interesse a svolgere servizio solo sulle tratte più remunerative
(abbandonando le altre) e ad innalzare il prezzo del trasporto oltre “quello che i
consumatori sarebbero stati disposti a pagare”12
. Da qui la necessità di mantenere
pubblica la proprietà della rete e del materiale circolante e controllare le tariffe,
sacrificando il profitto e garantendo un cospicuo e continuo finanziamento statale13
.
9 Qualche dato è al riguardo emblematico. Nel 1965 la quota di traffico passeggeri sulle ferrovie italiane
era pari al 16,7% dell’intero traffico passeggeri nazionale, ma nel 1970 scese all’11,3% e nel 1980 si
attestò al 9,31% (fonte: MINISTERO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE. Direzione generale
programmazione, organizzazione e coordinamento, Conto nazionale dei Trasporti, Roma, 1995).
Secondo il Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti 2010-2011, nel 2010 gli automezzi
stradali hanno movimentato 1.527.763.000 tonnellate di merce (pari al 91% dell’intero traffico merci
nazionale) a fronte di sole 46.720.000 tonnellate trasportate su carri ferroviari. Per confronto, nel 2004,
ancora il 40% delle merci viaggiava negli Stati Uniti su rotaia (cfr. E. CELLI, L. PETTINARI, R.
PIAZZA, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, Torino, 2006, p. 5). 10
Come riferisce C. BATTISTINI, Liberalizzazioni e concorrenza nella regolamentazione del trasporto
ferroviario europeo, in Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2010, pp. 571-623. 11
Ibidem, pp. 585-586. 12
Ibidem, p. 586. 13
Per F. TRAMPUS, The liberalization of the railway in Europe, in Trasporti – diritto, economia,
politica, n. 82/2000, pp. 158, “… the studies carried out have pointed out the unsuitableness of the old
model of railway’s organization, I mean, that of the 50’s, characterized in all European countries by the
complete State monopoly and financial dependence on the State, by a culture in the railway that was not
business orientated at all, by a system of internal recruitment and bad engineering”.
4
L’insieme di questi fattori ha quindi determinato un vero e proprio crollo del mercato
ferroviario sia a livello nazionale che internazionale, contribuendo all’innalzamento del
debito pubblico in molti Stati (i cui effetti sono oggi alla ribalta della cronaca).
La situazione delle ferrovie europee è passata al vaglio della Commissione Europea, che
a partire dagli anni ’80 ha diretto parte della propria attività verso il rilancio del settore
ferroviario, attraverso atti normativi che hanno profondamente mutato l’assetto
giuridico delle vecchie imprese monopolistiche di trasporto ferroviario nei Paesi
Membri. Tale interesse derivava direttamente dalla necessità di perseguire uno dei fini
del Trattato CEE14
, ossia la creazione, ai sensi dell’art. 2, del mercato comune15
,
attraverso (tra gli altri) una politica comune in materia di trasporti, come prevede l’art.
3, lett. f).16
La politica comunitaria in materia di ferrovie si mosse nella direzione di cercare di
invertire il trend negativo che aveva portato al declino del traffico passeggeri e merci,
attraverso “un approccio basato su due pilastri fondamentali: la liberalizzazione del
mercato del trasporto merci […] e la messa in opera di un’armonizzazione tecnico –
amministrativa che permettesse a tale liberalizzazione di realizzarsi”17
. Non va
dimenticato infatti che le reti ferroviarie nazionali degli Stati hanno peculiarità tecniche
e giuridiche (quali il tipo di materiale circolante, il senso di marcia dei treni,
l’infrastruttura, il sistema di elettrificazione ecc.) che rendono molto difficile il traffico
internazionale.
L’obiettivo delle istituzioni comunitarie fu pertanto quello di “ottenere la creazione di
un mercato aperto con un ruolo definito per tutti gli attori, il consolidamento dei
vantaggi competitivi della ferrovia […]e la promozione di un cambiamento culturale
[…]”18
tale da modernizzare finalmente anche il settore del traffico su rotaia.
14
Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, firmato a Roma il 25 marzo 1957. 15
L’art. 2, nella versione originaria, così disponeva: “La Comunità ha il compito di promuovere,
mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche
degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme delle Comunità,
un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del
tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano”. 16
Ex art. 3, “Ai fini enunciati all’art. 2, l’azione della Comunità comporta, alle condizioni e secondo il
ritmo previsti dal presente Trattato: [… ] f)una politica comune nel settore dei trasporti; […]”. Con
l’entrata in vigore, il 1o dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, firmato nella capitale lusitana il 13
dicembre 2007 (GUCE C 306 del 17 dicembre 2007) il Trattato che istituisce la Comunità Economica
Europea (TCE) è divenuto Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e le disposizioni di
cui agli artt. 2 e 3 di cui sopra sono state abrogate (anche se l’art. 2 è stato sostituito nella sostanza
dall’art. 3 del Trattato sull’Unione Europea). In linea generale, oggi il mercato interno e la politica dei
trasporti sono previsti tra le competenze concorrenti dell’Unione (art. 4, lett. a e g). 17
R. FERRAVANTE, La politica ferroviaria europea, in iTreni oggi, n. 314/2009, p.16. 18
Ibidem, p. 17.
5
L’apertura del mercato, dapprima riguardante il traffico delle merci19
, venne
progressivamente ad investire anche quello del servizio passeggeri, creando però
notevoli problematiche in virtù delle particolarità di tale ambito (un esempio è la
conciliabilità tra gli obblighi di servizio pubblico nel trasporto ferroviario e la normativa
comunitaria in materia di aiuti di Stato).
La Comunità Europea individuò nella chiara separazione dallo Stato del sistema
ferroviario (cambiando radicalmente quella che era la prassi negli Stati membri) e,
all’interno di esso, nella separazione tra gestore dell’infrastruttura ferroviaria e impresa
di trasporto20
la via per permettere la realizzazione di un mercato del trasporto
ferroviario uniforme nella Comunità e aperto a tutti i competitors, nella speranza di
rilanciare il settore.
Ed eccoci finalmente giunti, dopo una lunga ma necessaria premessa, a delineare quello
che sarà l’oggetto del nostro lavoro. Verrà analizzata la liberalizzazione del trasporto
ferroviario, così come la prevedono gli atti normativi emanati nei decenni dalla
Comunità Europea prima, dall’Unione Europea poi21
, focalizzando l’attenzione su come
tale processo sia stato seguito e attuato nel nostro Paese. L’Italia rappresenterà infatti la
chiave di lettura privilegiata per vedere come il mercato del trasporto ferroviario si sia
evoluto dopo la crisi della fine del XX secolo, ma permetterà soprattutto di delineare
quelli che sono i molteplici aspetti ancora oscuri delle riforme, tra difficoltà oggettive e
resistenze statali non sempre disinteressate.
La parte più rilevante di questo lavoro sarà dedicata proprio al settore che presenta gli
aspetti più controversi ma interessanti, quello del trasporto passeggeri, in quanto
sicuramente di maggior interesse per il cittadino (soprattutto i pendolari) e perché
finalmente balzato agli onori della cronaca grazie alla sfida serrata sulle linee ad Alta
Velocità tra i convogli Frecciarossa di Trenitalia e gli Italo di Nuovo Trasporto
Viaggiatori, le cui vicissitudini, insieme a quelle di altre due imprese private di trasporto
ferroviario operanti sulla rete nazionale, saranno messe a confronto.
19
La direttiva 91/440/CEE, primo atto fondamentale della liberalizzazione, prevedeva infatti il libero
accesso alle infrastrutture ferroviarie alle imprese che effettuassero trasporti combinati internazionali. 20
Come si vedrà nel Capitolo II, sempre la direttiva 91/440/CEE conteneva, rispettivamente, negli art. 4-5
e 6-8 le previsioni cui si è fatto riferimento. 21
L’art. 1, par. 3 del Trattato sull’Unione Europea (GUUE C 83/13 del 30 marzo 2010), così come
modificato dal Trattato di Lisbona, statuisce che “l’Unione sostituisce e succede alla Comunità Europea”:
dal combinato disposto con l’art. 46 del TUE, si evince come l’Unione avrà personalità giuridica unica.
“Il Trattato di Lisbona ha comportato «una successione» dell’Unione Europea alla Comunità Europea
ed una revisione in senso proprio del TUE e del Trattato CE; la denominazione di quest’ultimo […] ora è
mutata in TFUE”: G. TESAURO, Diritto Comunitario, 7a edizione, Padova 2012, p. 15.
6
In definitiva, questo lavoro vuole dare uno sguardo d’insieme alla regolamentazione
giuridica del trasporto ferroviario in Italia, dai requisiti che la normativa vigente
richiede agli operatori per poter effettuare servizi sulla rete nazionale e internazionale,
alle singole condizioni generali del contratto di trasporto di passeggeri, predisposte dalle
varie aziende ferroviarie. Una parte dell’opera sarà dedicata al trasporto regionale, ove
la liberalizzazione, formalmente iniziata per prima (già nel 1997) viaggia ora su binari
decisamente più “incerti” rispetto al traffico passeggeri sulle lunghe distanze o a quello
delle merci.
7
CAPITOLO I
IL CONTRATTO DI TRASPORTO FERROVIARIO DI PERSONE
1. Il contratto di trasporto: evoluzione e note introduttive generali
Abbiamo detto in apertura di questo lavoro che il treno è sicuramente un mezzo di
trasporto. L’attività di trasporto si sostanzia in un’operazione materiale che, attraverso
l’utilizzo di energia cinetica o motrice, “azionata e guidata da un «soggetto» (il
vettore)”1, permette di modificare la posizione nello spazio di un corpo o di qualsiasi
altra entità fisica attraverso una via di comunicazione. Come qualsiasi attività che
interessa la vita di relazione e, in questo caso, gli scambi commerciali, anche il trasporto
è soggetto ad una sua disciplina giuridica, dotata di una certa autonomia e rilevanza nel
nostro ordinamento, in particolare nel diritto privato, ambito che prenderemo in esame
in questa prima parte, per poi concentrarci maggiormente sugli aspetti prettamente
“pubblicistici” (sia amministrativi che comunitari) del mondo delle ferrovie.
Come autorevolmente sostenuto2, tale rilevanza è stata determinata dall’avvento delle
ferrovie, che hanno dato inizio all’età dei grandi trasporti collettivi di massa, incidendo
in modo notevole sulla vita economica e sociale, che “d’ora in avanti sarà dominata dal
fenomeno della circolazione”3 di cose o persone. La specificità di tale operazione
vettoriale necessitava quindi una sua compiuta e quanto più possibile analitica
regolamentazione giuridica, non essendo più sostenibile l’inquadramento di siffatta
operazione nello schema della locatio operis (emblematiche suonano le parole di
VIVANTE4 per cui “il contratto di trasporto ha i suoi requisiti essenziali nel contratto
di locazione d’opera, poiché regola uno scambio di mercede e di lavoro considerato nel
suo risultato, un opus”). Infatti questo era lo scenario giuridico in cui si inquadrava il
trasporto all’avvento delle prime ferrovie italiane, considerato dall’art. 1627 del Codice
Civile del 1865 null’altro che una delle “tre principali specie del contratto di locazione
di opere o di industria: […] 2o quella dei vetturini per terra come per acqua, che
1 Cfr. U. LA TORRE, La definizione del contratto di trasporto, Napoli, 2000, p. 11.
2 Ibidem, p. 125. L’Autore mostra come il passaggio dall’utilizzo dell’energia animale a quella meccanica
delle locomotive a vapore abbia inciso, ancor prima che sulla dinamica del contratto di trasporto, sulla
ripartizione del lavoro nell’ambito del trasporto. 3 Ibidem, p. 126.
4 C. VIVANTE, Trattato di Diritto Commerciale, vol. IV, Le obbligazioni (contratti e prescrizione),
Milano 1935.
8
s’incaricano del trasporto delle persone e delle cose; […]”5. Sebbene la legge sui lavori
pubblici (legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) contenesse una compiuta disciplina delle
neonate strade ferrate6, solo con il Codice del Commercio del 1882 il contratto di
trasporto poté finalmente godere di una normativa ad esso dedicata, seppur con
un’importante limitazione: negli artt. 388-416 nessuna norma faceva riferimento al
trasporto di persone, bensì solo a quello di cose.
In considerazione dell’enorme importanza che avevano assunto nei decenni successivi i
trasporti terrestri (con quello su ferro in testa) e l’emergere del traffico stradale e aereo,
le esigenze di riforma della materia in esame vennero recepite infine solo con il Codice
Civile del 1942. Il legislatore dedicò, all’interno del Titolo III (Dei singoli contratti) del
Libro IV (Delle obbligazioni), un Capo VIII dedicato al contratto di trasporto, diviso in
tre sezioni, la prima contenente le disposizioni generali, le successive riferite l’una al
trasporto di persone, l’altra a quello di cose.
Il Codice contiene una definizione molto valida di contratto di trasporto, utile punto di
partenza per la nostra analisi. A norma dell’art. 1678, “col contratto di trasporto il
vettore si obbliga a trasferire persone o cose, verso un corrispettivo, da un luogo ad un
altro”: il tipo contrattuale così individuato è “un contratto a prestazioni corrispettive
nel quale le rispettive obbligazioni tra le parti hanno ad oggetto l’una la prestazione di
una somma di denaro, l’altra la prestazione del trasferimento di cose da un luogo ad un
altro”7.
Proprio il trasferimento è la prestazione tipica che identifica questa fattispecie
negoziale: esso si sostanzia nella “prestazione delle energie necessarie a modificare la
posizione di una cosa rispetto allo spazio, sia usando le proprie energie sia […] usando
le energie proprie come direttrici di trazione non umane”8. Tale nozione bene indica
quella che è l’obbligazione del soggetto che esegue il trasporto, ossia il vettore: il
trasferire persone o cose, cioè conseguire il risultato del trasferimento. Si tratta quindi
5 Per completezza, occorre dire che le altre due specie di locazione di opere o di industria erano “quella
per cui le persone obbligano la propria opera all’altrui servizio” e infine “quella degli imprenditori delle
opere d’arte e a cottimo”. Ex art. 1570, la locazione di opere era “… un contratto per cui una delle parti
si obbliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede”. 6 Pur riguardando in massima parte l’aspetto pubblicistico delle ferrovie (costruzione, esercizio e
concessione delle linee, servitù ferroviarie, proprietà delle opere…)vi era qualche disposizione sul
contratto di trasporto di persone e di cose. Ad esempio, come cita il LA TORRE, op. cit., p. 127, nota
233, gli artt. 290 e 313 di suddetta legge prevedevano la responsabilità civile per i danni causati nello
svolgimento del servizio. 7 Come riporta M. RIGUZZI, I contratti speciali. Il contratto di trasporto, in Trattato di diritto privato
diretto da M. BESSONE, vol. XIV, Torino, 2006, p. 3. 8 Ibidem, p. 6.
9
della prestazione di un lavoro indipendente, considerato nel suo risultato finale
(trasporto da un luogo ad un altro). Il debitore della prestazione (il vettore) si assume
quindi il rischio dell’esecuzione del lavoro: da qui si desume come, dalla presenza di
un’obbligazione di facere connessa al rischio dell’esecuzione della stessa, il contratto di
trasporto rientri nello schema generale della locatio operis. Pertanto, pur distinguendosi
dalla locazione d’opera in quanto l’obbligazione riguarda il trasferimento (di persone o
cose), al contratto di trasporto possono applicarsi quelle disposizioni generali dettate per
la locatio operis per supplire le eventuali lacune della disciplina della fattispecie in
esame. Addirittura, nel caso del contratto di trasporto di persone9, la scarna disciplina
codicistica può essere integrata (oltre che dalle disposizioni generali in materia di
obbligazioni) sia dalle norme della locatio operis come da quelle del contratto
d’appalto: alle prime si potrà ricorrere quando chi esegue la prestazione del trasporto
impiega una più complessa organizzazione di mezzi, mentre alle altre si farà riferimento
qualora “l’assuntore del trasporto esegua l’opera mediante un’attività prevalentemente
personale”10
.
Riguardo al concetto di trasferimento vanno precisati alcuni aspetti. Innanzitutto,
sebbene nel sentire comune questo venga inteso come materiale spostamento da un
luogo ad un altro di persone o cose, la dottrina è concorde nel ritenere che nel concetto
in esame vi rientri anche un trasporto in cui il luogo di partenza coincida con quello di
arrivo. Come autorevolmente sostenuto, “la nozione di trasferimento da un luogo ad un
altro implica bensì il concetto di uno spostamento di carattere fisico e materiale nello
spazio, ma non importa affatto la necessità che al termine dello spostamento l’oggetto
trasportato si trovi in luogo diverso da quello originario”11
. Può ben darsi che la
prestazione del trasporto abbia ad oggetto un viaggio con ritorno allo stesso luogo di
partenza (possiamo pensare ad un biglietto cd. circolare o al classico viaggio di andata e
ritorno), dove comunque si configura un’obbligazione di trasferimento a carico del
vettore. Ulteriore dato portato dalla dottrina a sostegno della tesi qui esposta sta nel
dettato dell’art. 1685 sul diritto di contrordine del mittente: egli può (entro congrui
limiti) chiedere la restituzione della cosa trasportata con ritorno della stessa al luogo di
partenza.
9 Occorre fin da subito dire che nell’ambito del trasporto ferroviario la grande quantità di leggi speciali,
alle volte derogatrici la disciplina codicistica (ex art. 1680, infatti, le disposizioni del Codice si applicano
anche ai trasporti ferroviari, in quanto non derogati dalle leggi speciali), rendono superfluo il ricorso a
fonti integrative. 10
Ibidem, p. 45. 11
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, Padova, 1959, p. 5.
10
Altro punto riguarda l’esclusione dalla nozione di trasferimento del trasporto di pure
energie, quali quelle aventi un valore economico (elettricità, gas ecc…). Classificate
dall’art. 814 come beni mobili, queste non formano oggetto di un contratto di trasporto,
sebbene il loro sfruttamento renda necessario uno spostamento su infrastrutture ad hoc,
bensì di un contratto di somministrazione (obbligazione di dare). Infatti, se vengono
fornite in condotte gestite dal fornitore di energie, esse saranno nel dominio di costui
finché non arriveranno direttamente all’utente nella misura richiesta: nel contratto di
trasporto, normalmente, il vettore trasferisce invece cose altrui e non proprie12
.
2. L’unitarietà del contratto di trasporto e i suoi sottotipi
Con il Codice Civile del 1942 il contratto di trasporto gode finalmente di una propria
disciplina, a differenza di quanto avveniva in passato. Le regole ivi dettate si pongono
come regole generali della fattispecie, in quanto l’art. 1680 prevede che “le disposizioni
di questo capo si applicano anche ai trasporti per via d’acqua e d’aria e a quelli
ferroviari e postali, in quanto non siano derogate dal Codice della Navigazione e dalle
leggi speciali”. Il legislatore ha quindi previsto una disciplina generale e ha tenuto conto
delle già molteplici leggi speciali esistenti al momento di emanazione del Codice13
. Dal
tenore della norma e dalla definizione data dall’art. 1678 si evince, inoltre, come,
nell’ambito dell’unitaria fattispecie contrattuale “contratto di trasporto”, species del più
ampio genus della locatio operis, si distinguano dei sottotipi in base a vari elementi14
.
Partendo dal dettato dell’art. 1680, possiamo subire notare come il primo criterio
distintivo sia rappresentato dal diverso mezzo utilizzato per l’effettuazione del trasporto
medesimo15
: quello che interessa a noi sarà ovviamente il trasporto ferroviario, dove le
12
Questa impostazione viene data da LA TORRE, op. cit., p. 239. Altri autori, tra cui ROMANELLI, op.
cit., p. 6, invece tendono a ricondurre nell’alveo del contratto di trasporto “il trasporto di liquidi, gas,
elettricità mediante condutture” in quanto ciò “dà luogo ad una prestazione che, pur avendo sue
particolari caratteristiche, presenta però i caratteri essenziali di una prestazione di trasporto”. 13
Per LA TORRE, op. cit., p. 179, “… il disegno unitario delineato dal codice civile rende più compatta
la trama, poiché, accentuando nelle norme ivi contenute il valore di regole sempre più generali, le
rafforza con intensità al tempo stesso in cui le restringe in estensione, senza intaccare il nucleo
irriducibile dei principi entro i quali si colloca ogni manifestazione del fenomeno trasporto.” 14
E’ interessante rilevare l’opinione di L. F. PAOLUCCI, Il trasporto di persone, 2a edizione, in
Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, Torino, 1999, p. 16, per cui l’identità di natura
giuridica del contratto di trasporto è confermata anche “da una serie di principi generali che
caratterizzano i due sottotipi del contratto di trasporto […], specialmente per quanto attiene al prezzo del
trasporto, considerato in relazione al suo risultato e non al suo costo di energia, e per ciò che riguarda
l’incidenza normale sul vettore del rischio per l’impossibilità del trasporto”. 15
Cfr. RIGUZZI, op. cit., p. 8.
11
norme dettate da leggi speciali, sia di diritto interno16
che derivanti da Convenzioni
internazionali ratificate dall’Italia (a cui viene data esecuzione con le leggi di
recepimento)17
pongono in essere una disciplina che si discosta sotto molti aspetti da
quella dettata dal Codice. La diversità di disciplina si spiega ovviamente in ragione
delle peculiari caratteristiche del mezzo, che, soprattutto per trasporti che necessitano di
una particolare infrastruttura (come quelli ferroviari) o si svolgono in condizioni di
esercizio particolarmente delicate (i trasporti aerei) necessitano di una compiuta e
separata regolamentazione. Pertanto, il Codice Civile si riferirebbe in via immediata al
trasporto stradale18
ma si può affermare che, permanendo esso la fonte di riferimento
del contratto di trasporto nel nostro ordinamento, le molteplici norme derogatrici e
integrative emanate nei vari ambiti del trasporto (dal Codice della Navigazione per i
traffici aerei e per via d’acqua alle norme dettate in materia di autotrasporto di merci su
strada per conto terzi, di cui al decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e
successive modificazioni) abbiano, di fatto, attenuato in molti settori l’importanza delle
norme di cui agli artt. 1678-1702.
Altra distinzione che si suole far discendere dalle norme del Codice è quella tra
trasporto di persone e trasporto di cose, distinzione che si pone quindi con riguardo
all’oggetto del trasferimento.
Col contratto (oneroso) di trasporto di persone il vettore assume l’obbligo di trasferire, a
proprio rischio e assumendosi la direzione tecnica, una o più persone da un luogo ad un
altro o per un certo periodo di tempo19
, verso un determinato corrispettivo. Si desume
quindi come l’obbligazione del vettore si concreti nella prestazione di un risultato,
quello di trasferire il passeggero. Dottrina e giurisprudenza sono concordi
nell’annoverare nel concetto di “persona” qualsiasi soggetto (persona fisica) dotato di
intelligenza e volontà, ossia un essere umano vivente dotato di capacità giuridica e di
16
Si possono citare il Testo Unico 9 maggio 1912, n. 1447 (e successive modificazioni), per i trasporti
ferroviari in concessione e per gli autoservizi in concessione e le Condizioni e Tariffe per il trasporto di
persone sulle Ferrovie dello Stato, approvate con regio decreto legge 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito
in legge 4 aprile 1935, n. 911. 17
Ad esempio, tra le più risalenti fonti vi sono la Convenzione internazionale per il trasporto merci (CIM)
firmata a Berna il 14 ottobre 1890 e la Convenzione per il trasporto dei viaggiatori e bagagli per ferrovia
(CIV) approvata a Berna il 23 novembre 1924. Le due Convenzioni, dopo varie modifiche negli anni,
sono state sostituite dalle versione più recenti di cui alla Convenzione di Berna del 1980 e al Protocollo di
Vilnius del 1999. 18
Come sostiene G. ROMANELLI, Riflessioni sulla disciplina del contratto di trasporto e sul diritto dei
trasporti, in Diritto dei Trasporti, 1993, p. 296. 19
Il contratto di trasporto a tempo è quello ove la determinazione del viaggio è lasciata alla scelta del
viaggiatore entro certi limiti di tempo; ad esso si contrappone il contratto di trasporto a viaggio, ove sono
determinati ab origine il luogo di partenza, l’itinerario e l’arrivo, mentre la durata, se non determinata,
sarà quella consona al tipo di veicolo utilizzato.
12
propri diritti, che, oltre ad essere il creditore della prestazione, è anche “il soggetto
contraente ed è, per definizione, presente durante il viaggio”20
. Quello che conta è
pertanto la capacità giuridica, ma non anche quella di agire, per cui anche il
trasferimento di persone incapaci (come i minori o gli interdetti) rientra nel contratto di
trasporto di persone, seppur caratterizzato da talune prescrizione necessarie in virtù del
soggetto trasportato21
. Il trasporto di persone ha, nel Codice, una disciplina abbastanza
“stringata”, essendo previste solo due norme nella Sezione II del Capo VIII, dedicate,
tra l’altro, alla responsabilità del vettore (artt. 1681-1682): da ciò discende la necessità
di integrare l’apparenta lacuna legislativa attraverso il ricorso sia alle norme dettate in
materia di contratto d’opera o di appalto sia a quelle previste per il trasporto di cose
(ovviamente che non presuppongono la consegna della cosa trasportata o la detenzione
della stessa), al fine di disciplinare profili del contratto quali, ad esempio, l’entità del
corrispettivo, le conseguenze dell’impossibilità oggettiva e il diritto di recesso22
. Ai
nostri fini occorre ricordare che, in virtù della già citata norma di coordinamento con la
legislazione speciale (l’art. 1680), nel trasporto ferroviario di persone vige una
disciplina che si discosta sotto molti aspetti da quella codicistica23
(e che verrà
esaminata tra breve).
L’ultimo sottotipo del contratto di trasporto è quello che ha ad oggetto il trasferimento
di cose da un luogo ad un altro. Con il termine “cosa” si fa riferimento alle cose
materiali24
, ossia quelle entità dotate di una consistenza materiale e spazialmente
determinata (cose corporali) e che formano oggetto di diritti: vengono pertanto escluse
le cose immateriali (come le opere dell’ingegno) e, come abbiamo visto in precedenza,
le energie. Al contratto di trasporto di cose il Codice dedica la Sezione III del Capo
VIII, dettando una disciplina più articolata di quella del trasporto di persone, anche se,
pure in questo ambito, nei decenni si sono moltiplicate le leggi speciali.
20
Così PAOLUCCI, op. cit., p. 44. Si veda anche A. ASQUINI, voce Trasporto di persone (contratto di),
in Novissimo Digesto italiano, vol. XIX, Torino, 1973, p. 613, per cui il viaggiatore, essendo presente
durante il viaggio con la sua intelligenza e la sua volontà, resta sempre consegnato a sé stesso. 21
Per la maggioritaria dottrina, il trasporto di cadavere rientra nel trasporto di cose. 22
Per una più approfondita analisi di questo aspetto, si veda RIGUZZI, op. cit., pp. 45-47. 23
La deroga più significativa riguardava determinati aspetti del regime di responsabilità del vettore
ferroviario. Per App. Brescia, 10 febbraio 1954, citato in PAOLUCCI, op. cit., p. 15, “le Condizioni e
Tariffe delle FS costituiscono legge speciale e pertanto devono essere applicate, ai sensi dell’art. 1680, ai
trasporti ferroviari, in quanto derogano alle diverse disposizione del Codice Civile…”. Con l’emanazione
della legge 7 ottobre 1977, n. 754, il sistema di responsabilità delle FS è mutato sensibilmente, essendo
ricondotto, pur con qualche particolarità, alla previsione dell’art. 1681. 24
Per RIGUZZI, op. cit., p. 5, la necessità del riferimento alle cose materiali si evincerebbe anche dal
dettato dell’art. 1683, dove si prevede che il mittente debba indicare al vettore, tra l’altro, “il peso, la
quantità e il numero delle cose da trasportare”. Della definizione del concetto di cosa ai fini del trasporto
tratta anche LA TORRE, op. cit., pp. 235-238.
13
Il trasporto di cose, a differenza di quello di persone, comporta (nella maggioranza dei
casi) la detenzione dei beni da trasportare nelle mani del vettore, dal momento della
consegna a quello della riconsegna, e la verifica dell’esecuzione della prestazione ad
opera del creditore del trasporto avviene al momento della riconsegna a destinazione;
nel trasporto di persone, invece, il passeggero “rimane consegnato a sé stesso”, in
quanto partecipa al viaggio e può controllare in modo continuativo l’esecuzione della
prestazione del trasporto25
. Questa distinzione, basata essenzialmente sulle concrete
modalità attuative dei due sottotipi del contratto di trasporto, non incide ovviamente
sulla struttura unitaria di tale negozio, ma permette di delineare in linea generale il
regime di responsabilità del vettore. Infatti, poiché nel trasporto di cose queste sono
nella detenzione del vettore (il creditore non può quindi esercitare su di esse alcuna
attività di sorveglianza), su di esso graverà l’obbligo di custodirle e riconsegnarle a
destinazione nello stato in cui furono consegnate26
: in applicazione del principio
generale per cui “l’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di
custodirla fino alla consegna” (art. 1177), il vettore dovrà porre in essere “tutte quelle
precauzioni imposte dal dovere di diligenza specifico di cui all’art. 1176” al fine di
andare esente dal regime di responsabilità ex recepto di cui all’art. 1693. Nel trasporto
di persone, invece, il viaggiatore è presente durante il viaggio con la sua intelligenza e
la sua volontà e quindi è lui stesso che deve provvedere alla sua sicurezza: ciò non
significa che il vettore può disinteressarsi completamente dell’incolumità di chi
trasporta, ma il passeggero deve collaborare col vettore al fine di far sì che le misure
predisposte da quest’ultimo per evitare qualsiasi danno al viaggiatore e al suo bagaglio
(nonché la perdita o l’avaria dello stesso) possano compiutamente realizzare il loro
scopo. Tali misure, che rappresentano la prova liberatoria che l’art. 1681 richiede al
vettore al fine di dimostrare la propria assenza di colpevolezza, sono, secondo la
dottrina27
, espressione del principio per cui chi, per contratto, è tenuto ad una data
obbligazione deve ritenersi altresì tenuto a tutte le obbligazioni accessorie che
rappresentano il mezzo necessario per il raggiungimento dello scopo dell’obbligazione
principale.
25
PAOLUCCI, op. cit., pp. 17-18. 26
Salvo il caso dell’art. 1695 per l’eventualità di cose “soggette durante il trasporto a diminuzione nel
peso e nella misura”, ove il vettore risponde solo per le diminuzioni che oltrepassano il calo naturale. 27
Cfr. A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortuni al viaggiatore, in Rivista di Diritto
Commerciale, 1919, II, p. 350, citato sia da RIGUZZI, op. cit., p. 54 che da PAOLUCCI, op. cit., p. 18.
14
Un ulteriore elemento di diversità che intercorre tra contratto di trasporto di persone e
contratto di trasporto di cose risiede nella struttura soggettiva degli stessi: mentre nel
primo caso abbiamo a che fare sicuramente con un rapporto bilaterale, caratterizzato
dalla presenza di uno stipulante (il passeggero, creditore della prestazione) e di un
promittente (il vettore nonché debitore), nella seconda fattispecie il creditore della
prestazione assume una duplice veste. Costui, infatti, è mittente nella fase costitutiva del
rapporto e destinatario in quella esecutiva: normalmente, mittente e destinatario sono
soggetti distinti. Mittente è colui in nome del quale il contratto viene stipulato, mentre il
destinatario è il soggetto al quale le merci devono essere riconsegnate nel luogo di
destinazione; quest’ultimo si pone come un terzo rispetto al contratto, “non avendo
partecipato alla stipulazione, acquistandone tuttavia i relativi benefici”28
. Il destinatario
è quindi un terzo beneficiario del contratto, in quanto, salvo il caso ove costui debba
pagare gli assegni o i crediti di cui le cose sono gravate, acquista il diritto verso il
vettore senza oneri a suo carico, essendo il mittente a pagare il corrispettivo del
trasporto. Il contratto di trasporto di cose è quindi un contratto a favore di terzi, ma con
un’importante particolarità: mentre nella previsione comune dell’art. 1411 il terzo
acquista il suo diritto nei riguardi del promittente per effetto della stipulazione del
contratto, in questo caso egli acquista il suo diritto nel momento indicato dal I comma
dell’art. 1689, ossia quando “arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine entro
cui sarebbero dovute arrivare, il destinatario ne chiede la riconsegna al vettore”. Per
esercitare poi tale diritto, costui deve, ex art. 1689, II comma, pagare al vettore i crediti
derivanti dal trasporto e gli assegni di cui le cose siano eventualmente gravate.
L’ultimo elemento che distingue i due sottotipi di contratto di trasporto che stiamo
analizzando riguarda la derogabilità o meno del regime di responsabilità del vettore.
L’art 1681, dopo aver previsto (nel I comma) che “salva la responsabilità per il ritardo
e per l'inadempimento nell'esecuzione del trasporto, il vettore risponde dei sinistri che
colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell'avaria
delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure
idonee a evitare il danno”, il II comma vieta, a pena di nullità, “le clausole che limitano
la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore”: tale
fondamentale assunto sancisce quindi l’inderogabilità delle norme poste a tutela
dell’integrità fisica del viaggiatore durante il trasporto, in quanto esse sono considerate
28
RIGUZZI, op. cit., p. 94.
15
dal nostro ordinamento norme di ordine pubblico. Diversamente, nel contratto di
trasporto di cose, il regime di responsabilità ex recepto codificato dall’art. 1693 per la
perdita o l’avaria delle cose trasportate può subire una diversa pattuizione negoziale,
entro determinati limiti29
: il legislatore ha quindi ritenuto di introdurre un regime
derogabile della responsabilità così come prevista nel Codice Civile.
Per concludere questa breve rassegna sugli aspetti generali del contratto di trasporto nel
nostro ordinamento, e prima di passare all’analisi del contratto di trasporto ferroviario
(che, ai nostri fini, si concentrerà su quello passeggeri), occorre ancora spendere due
parole sulla formazione e la conclusione di tale contratto. Di regola, esso non è un
contratto solenne, non richiedendo la forma scritta né ad substantiam né ad
probationem 30
. Nel caso del contratto di trasporto di persone il biglietto rilasciato
dall’impresa di trasporto assume il valore di un documento di legittimazione, utile solo
al fine di identificare l’avente diritto alla prestazione31
. Esistono però delle deroghe al
regime di libertà della forma: l’art. 396 del Codice della Navigazione, ad esempio,
richiede che “Il contratto di trasporto di persone deve essere provato per iscritto,
tranne che si tratti di trasporto su navi minori di stazza lorda non superiore alle dieci
tonnellate, se a propulsione meccanica, o alle venticinque in ogni caso”. La stessa
regola vale per il trasporto merci marittimo, ex art. 420 del suddetto Codice, mentre nel
trasporto stradale di cose, in forza del dettato dell’art. 6 del d.lgs. 286/2005, il contratto
di autotrasporto di merci per conto terzi è di regola formulato in forma scritta (e
comunque con data certa) per favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti tra i
contraenti. Anche nel trasporto aereo il contratto deve sempre esser provato per iscritto
(artt. 940 e 950 del Codice della Navigazione).
Circa il momento di perfezionamento del contratto di trasporto, esso è consensuale nel
caso del trasporto di persone, ove esso si perfeziona, ad esempio, nei trasporti pubblici
con l’accettazione del vettore della proposta del viaggiatore (essendo il primo obbligato
a contrarre ex art. 1679)32
o con l’offerta al pubblico del vettore accettata dal
29
Limiti che, come osserva RIGUZZI, op. cit., p. 188, sono dati dagli artt. 1229 e 2698, per cui sono nulle
le clausole di esonero da responsabilità del vettore per dolo o colpa grave così come sono nulli “i patti
con i quali è invertito ovvero è modificato l'onere della prova, quando si tratta di diritti di cui le parti non
possono disporre o quando l'inversione o la modificazione ha per effetto di rendere a una delle parti
eccessivamente difficile l'esercizio del diritto”. 30
Cfr. G. TRABUCCHI (a cura di), Istituzioni di diritto civile, XLIII edizione, Padova, 2007, p. 844. 31
RIGUZZI, op. cit., p. 51. 32
L’art. 1679 disciplina i “pubblici servizi di linea”, cioè quei servizi di trasporto che operano, sulla base
di una concessione amministrativa, in modo continuativo o periodico, con itinerari, orari, frequenze e
tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato od indirizzato a specifiche categorie di utenti. Si ritiene che la
norma sia applicabile anche ai trasporti ferroviari, qualora le leggi speciali non dispongano diversamente
16
viaggiatore, anche per facta concludentia, ossia attraverso comportamenti che indicano
la volontà di obbligarsi (il pendolare che sale sul tram pur non avendo ancora acquistato
il biglietto)33
. Anche il contratto di trasporto di cose può dirsi validamente concluso con
il consenso delle parti legittimamente manifestato, ma con una importante eccezione
(che ci coinvolge direttamente): il contratto di trasporto ferroviario di cose è un
contratto reale, il quale si intende concluso solo con la consegna della merce alla
Ferrovia di partenza34
.
3. Il contratto di trasporto ferroviario: le fonti normative
3.1. Le convenzioni internazionali. La COTIF
Dopo aver delineato brevemente quella che è la disciplina del contratto di trasporto nel
nostro ordinamento secondo il dettato della lex generalis in materia, ossia il Codice
Civile, occorre adesso rivolgere la nostra attenzione ai molteplici profili di interesse che
presenta il contratto di trasporto ferroviario. L’analisi svolta qui di seguito ci permetterà
di enucleare le caratteristiche del contratto in questione, al fine di mostrare sia come,
per effetto dei ripetuti mutamenti di veste giuridica delle Ferrovie dello Stato (ora
divenute Trenitalia S.p.a.), le regole concernenti i rapporti tra viaggiatori e vettore si
siano evoluti nel tempo e come il processo di privatizzazione e liberalizzazione abbia
inciso su tali dinamiche, sia per mettere a confronto, nel proseguo di quest’opera, le
(sempre in virtù della norma di coordinamento di cui all’art. 1680). Il fine dell’art. 1679, in particolare del
primo comma, per cui “coloro che per concessione amministrativa esercitano servizi di linea per il
trasporto di persone o di cose sono obbligati ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili
con i mezzi ordinari dell'impresa […]”, è quello di parificare la posizione delle imprese che svolgono tali
servizi in regime di esclusiva a quelle che esercitano un monopolio legale (art. 2597), obbligandole quindi
a contrarre con l’utenza per assicurare un servizio alla generalità del pubblico. 33
Si tratterebbe dei casi dei cd. rapporti contrattuali di fatto, cioè di “rapporti modellati secondo il
contenuto di un determinato contratto tipico, che non scaturiscono da atti di autonomia privata ma da
fatti socialmente rilevanti” (C. M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il contratto, 2a edizione, Milano, 2000, p.
39). 34
Per quanto riguarda i trasporti internazionali, infatti l’art. 11, I paragrafo, dell’appendice B (CIM) della
Convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) firmata a Berna il 9 maggio 1980
(entrata in vigore per l’Italia con la legge 18 dicembre 1984, n. 976) stabilisce che “Il contratto di
trasporto è concluso nel momento in cui la ferrovia di partenza ha accettato al trasporto la merce
accompagnata dalla lettera di vettura. L'accettazione è comprovata dall'apposizione sulla lettera di
vettura e, quando del caso, su ciascun foglio complementare, del bollo della stazione mittente o
dell'indicazione della macchina contabile, recante la data di accettazione”. In seguito al Protocollo
modificativo di Vilnius del 1999, la nuova CIM (art. 6) prevede che il contratto di trasporto è validamente
stipulato in forma orale e la consegna della merce con la lettera di vettura rappresenta solo un momento di
esecuzione dello stesso.
17
condizioni di trasporto dell’ex monopolista statale (le FS appunto) con quelle delle
aziende di trasporto ferroviario che si sono affacciate recentemente sui binari italiani.
Come già detto sopra, nell’ambito della legislazione ferroviaria vigono, in maggioranza,
regole proprie, differenti da quelle del Codice Civile, che fanno di questo genus del
contratto di trasporto una fattispecie dotata di molteplici aspetti peculiari. Poiché quindi
il Codice è fonte non sufficiente per una compiuta analisi della disciplina del contratto
di trasporto ferroviario, si rende necessario ricercare altre fonti che integrino o
deroghino la normativa generale.
Abbiamo già detto che all’avvento delle prime ferrovie poche erano le disposizioni
emanate concernenti il rapporto tra utenti e vettore e come il contratto di trasporto non
fosse previsto, nel nostro ordinamento, come una fattispecie contrattuale a sé stante ma
rientrasse nello schema negoziale della locatio operis. Solo il Codice del Commercio
del 1882 introdusse alcune disposizioni circa il trasporto di cose, lasciando però “in
bianco” la regolamentazione del trasporto di persone. A livello quindi di traffici interni
al territorio italiano la disciplina ottocentesca del contratto di trasporto, non solo
ferroviario, era alquanto lacunosa. Le reti ferroviarie, però, sviluppatesi dapprima in
un’ottica meramente nazionale, con l’espandersi delle linee costruite e con la necessità
di rendere sempre più celeri i traffici di cose e persone che gli stessi treni avevano reso
possibile su distanze e con tempi prima impensabili, iniziarono ben presto a saldarsi alle
reti di altri Stati presso i valichi di confine: si creavano così i presupposti tecnici del
traffico ferroviario internazionale. La vocazione del mezzo su rotaia fu infatti subito
quella di muovere grandi quantità di merci e ingenti masse di persone sulle lunghe
distanze, che spesso intercorrevano tra Stati o città non dotati di sbocchi al mare e i porti
più vicini. Già nella seconda metà del XIX secolo vennero aperte al traffico linee che
univano le reti fino allora sviluppatesi di Nazioni differenti, anche attraverso ardite
opere di ingegneria quali i valichi alpini35
. Con la nascita dei primi traffici
internazionali si pose ben presto il problema delle regole applicabili agli stessi e
dell’armonizzazione delle differenti discipline che intercorrevano negli Stati ove il
servizio si svolgeva; di fondamentale esigenza era poi la conclusione di accordi che
35
Sentitissima fu nell’Impero Austro-Ungarico la necessità di collegare la capitale del Regno con il porto
allora più importante dell’Adriatico, Trieste, che faceva sempre parte del dominio asburgico. Nel 1854
venne aperta al traffico la ferrovia del Semmering, primo valico alpino e primo tronco del collegamento
tra Vienna e Trieste via Graz e Maribor. Il primo valico costruito espressamente per il traffico
internazionale fu quello del San Gottardo (aperto all’esercizio nel 1882), dove, sebbene il tratto alpino
fosse tutto in territorio elvetico, la costruzione di tale linea serviva al collegamento tra la Germania
meridionale, la Svizzera e le prime industrie della pianura padana nonché ovviamente al porto di Genova,
già unito a Milano dalla ferrovia dei Giovi e dalla diramazione da Arquata Scrivia al capoluogo lombardo.
18
permettessero di normare le condizioni per cui investitori di una certa nazionalità
potessero gestire linee ferroviarie all’estero36
. All’inizio venivano conclusi accordi di
tipo bilaterale e solo raramente multilaterale, ma ben presto gli Stati europei, dando
corpo alle richieste delle compagnie ferroviarie ottocentesche, quasi tutte ancora nelle
mani dei privati37
, si decisero ben presto a stipulare accordi per la gestione del traffico
internazionale e per regolare il rapporto tra ferrovie e utenti in modo compiuto,
attraverso una disciplina che permettesse, una volta recepita dallo Stato contraente, di
essere conforme a quella degli altri Paesi firmatari l’accordo. Una delle forme ritenute
più adatte ai fini suddetti fu quella della Convenzioni di diritto materiale uniforme. Si
tratta di accordi internazionali volti a definire un assetto sostanziale degli aspetti
privatistici fondamentali della materia38
(nel caso in esame, del trasporto), quali la
documentazione del contratto, la responsabilità del vettore, la prescrizione dei diritti tra
i contraenti. Tali Convenzioni vengono introdotte nel nostro ordinamento attraverso
leggi ordinarie di adattamento al dettato internazionale pattizio: lo Stato infatti si
assume l’obbligo, nei confronti degli altri contraenti, di adeguare il proprio ordinamento
al testo internazionale uniforme al fine di garantire l’applicazione della Convenzione
nella misura in cui lo Stato ha ritenuto opportuno farlo (vi può essere, infatti,
l’eventualità dell’apposizione di qualche riserva)39
.
La più importante Convenzione di diritto materiale privato uniforme che regola il
contratto internazionale di trasporto per ferrovia è la Convenzione di Berna del 14
ottobre 1890 sul trasporto di merci (conosciuta anche come Convenzione Internazionale
di Berna, CIB, o, più notoriamente, Convenzione Internazionale sul traffico merci, CIM,
in vigore dal 1o gennaio 1893 tra Germania, Austria-Ungheria, Belgio, Francia, Italia,
Lussemburgo, Olanda, Russia e Svizzera). L’accordo di Berna mirava a creare una
36
Nel 1871, ad esempio, venne concluso un accordo tra Francia e Gran Bretagna per definire le regole tra
investitori dei rispettivi Stati contraenti circa la costruzione e la gestione delle prime ferrovie in Belgio.
Cfr. D. LOST – SIEMINSKA, Railway Transport, International Regulation, in Max Planck Encyclopedia
of Public International Law, banca dati on line del Max Planck Institute for Comparative Public Law and
International Law in “www.mpepil.com”, Heidelberg 2007. 37
In Italia, la legge 27 aprile 1885, n. 3048, operò solo una concentrazione delle concessioni nelle mani
delle tre grandi compagnie che nel 1905 lasceranno il posto alle FS: si trattava della Rete Mediterranea,
Rete Adriatica (il cui esercizio era affidato ad una preesistente compagnia, la Società per le Strade Ferrate
Meridionali) e Rete Sicula. 38
In realtà, la Convenzioni di diritto privato uniforme rappresentano un’intesa tra vari Stati circa due
aspetti (alternativi): la determinazione della legge applicabile ad una fattispecie che presenti collegamenti
con una dato ordinamento (si parla quindi di norme di diritto internazionale privato, come quelle
contenute nella Convenzione di Roma del 1980 relativa alle obbligazioni contrattuali) oppure la
predisposizione di regole per una uniforme disciplina di una data materia (ed è il caso in esame). 39
Cfr. S. BUSTI, Contratto di trasporto terrestre, in Trattato di Diritto Civile e Commerciale, vol. XXVI,
Milano, 2007, p. 298.
19
international administrative union40
dotata di un segretariato permanente, l’Ufficio
centrale per il traffico merci internazionale, con sede nella capitale svizzera e posto
sotto “la sorveglianza” del governo locale41
, e un insieme di norme42
volte e regolare il
traffico merci tra gli Stati firmatari. L’art. 59 della Convenzione prevedeva una sua
periodica revisione, che puntualmente avvenne dapprima nel 1896, poi nel 1905 e
infine, il 23 ottobre 1924, venne approntata, oltre a qualche modifica nel dettato della
stessa, anche la stesura e la firma della Convenzione di Berna sul trasporto ferroviario
internazionale di persone e bagagli, nota come CIV. Entrambe le Convenzioni, che
erano documenti separati, vennero periodicamente aggiornati fino a ché non venne
deciso di operare un restyling delle norme sul sistema internazionale di traffico per
ferrovia, attraverso la Convenzione di Berna del 9 maggio 198043
, universalmente nota
come COTIF (Convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia): da questa
data in poi, la CIV e la CIM sono divenute rispettivamente gli Appendici A e B della
COTIF, che, assieme ai loro allegati, sono parte integrante del COTIF del 1980 (artt. 3,
IV comma e 4 della stessa)44
. Occorre ricordare che l’art. 24, II comma, della
Convenzione in esame codificava il principio per cui, sia per la CIV che per la CIM,
l’entrata in vigore della nuova versione della stessa comporta il contemporaneo venir
meno del testo precedente, e ciò anche tra gli Stati che non avessero aderito al nuovo
testo: questo ha permesso un costante aggiornamento delle regole di “diritto ferroviario”
in ambito internazionale. Con la stipulazione della Convenzione di Berna del 1980, gli
Stati firmatari diedero vita ad una stabile organizzazione internazionale (dotata di
personalità giuridica di diritto internazionale), l’OTIF, acronimo per designare
40
Il termine indicava associazioni governative per il perseguimento di fini specifici create attraverso
accordi multilaterali tra Stati nel XIX secolo. Le international administrative unions si caratterizzavano
proprio per essere state siglate al fine di dettare una disciplina internazionale del servizio postale, del
traffico ferroviario, del servizio telegrafico e delle comunicazioni radio, oltre alla tutela del diritto
d’autore in molteplici ambiti. Tale termine è caduto in desuetudine nel secolo scorso e oggi si utilizza il
più noto “organizzazioni internazionali”. 41
“Die Geschäftsführung des Zentralamtes für den internationalen Eisenbahnverkehr wurde den
damaligen Regeln entsprechend von der schweizerischen Regierung überwacht”, secondo quanto riporta
il documento scaricabile on line dal sito dell’OTIF (“www.otif.org”) riguardo alla genesi storica
dell’organizzazione. 42
Per LOST – SIEMINSKA, op. cit., p. 1, si trattava di un vero e proprio “… international code of
merchandise traffic between countries that signed it”. 43
Una esauriente analisi della genesi della COTIF, da cui abbiamo tratto spunto, si trova in BUSTI, op.
cit., pp. 292-298. 44
La COTIF del 1980 aveva quattro annessi all’appendice B, dotati della stessa forza di diritto
internazionale della Convenzione: si trattava dei Regolamenti sul traffico internazionale di merci
pericolose (RID), di carri privati (RIP), di contenitori (RICo) e di colli espressi (RIEx).
20
l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia45
, che ad
oggi si compone di 47 Stati, divisi tra Europa (vi fa parte ovviamente anche l’Italia, che
ha reso esecutivo nel nostro ordinamento il dettato della COTIF attraverso la legge 18
dicembre 1984, n. 976, in vigore dal 1o maggio 1985), Nord Africa e Medio Oriente. Il
fine dell’OTIF46
è di promuovere e migliorare il traffico ferroviario internazionale sotto
ogni aspetto, attraverso la predisposizione di regole uniformi circa la disciplina del
traffico merci e passeggeri internazionale, l’utilizzo del materiale rotabile e
dell’infrastruttura nazionale nel traffico transfrontaliero, la periodica revisione delle
disposizioni circa il traffico di merci pericolose; al fine di rendere possibile il
perseguimento di questi obiettivi, l’OTIF emana regole circa l’interoperabilità del
materiale rotabile, la certificazione e l’immissione in servizio dello stesso nonché
l’armonizzazione tecnica e giuridica nell’ambito ferroviario.
Per effetto del Protocollo modificativo fatto a Berna il 20 dicembre 1990 la COTIF del
1980 ha subito ulteriori emendamenti ed è rimasta in vigore fino al 30 giugno 2006: dal
successivo 1o luglio essa è stata sostituita
47 dalla nuova versione approvata con il
Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999. L’Italia, a differenza della maggior parte degli
altri membri dell’OTIF, non ha ancora provveduto però alla ratifica del Protocollo:
secondo parte della dottrina, ad oggi l’ambito di applicazione delle regole CIV nel
nostro Paese si rifà alle previsioni della COTIF 198048
, mentre altri ritengono49
che
l’entrata in vigore della nuova versione comporti la generale inefficacia di quella
precedente anche verso i Paesi che non abbiano proceduto alla sua ratifica, al fine di
45
L’art. 1, I comma, della COTIF stabilisce che “Le Parti della presente Convenzione costituiscono, in
quanto Stati membri, l'Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia
(OTIF). La sede dell'Organizzazione è fissata a Berna.” Nel II comma si precisa come “L'Organizzazione
è dotata di personalità giuridica. Ha segnatamente la capacità di contrarre, di acquistare e alienare beni
immobili e beni mobili nonché di stare in giudizio […]”. L’OTIF è divenuta operativa dal 1o maggio del
1985, ha sede a Berna e struttura amministrativa propria, composta (art. 5) di Assemblea generale (organo
plenario dell’organizzazione, essendo composta dai rappresentanti degli Stati membri) Comitato
amministrativo (composto da 1/3 dei rappresentanti degli Stati membri, scelti durante una seduta apposita
dell’assemblea), Comitato per la revisione della Convenzione, Commissione di esperti per il trasporto di
merci pericolose e ufficio centrale per i trasporti internazionali per ferrovia e Segretario generale. 46
I fini si desumono dalla struttura dell’organizzazione dall’art. 2, che estende il regime di diritto
uniforme della COTIF ai “trasporti internazionali diretti che impegnino, oltre che linee ferroviarie, vie di
comunicazione terrestri, marittime e vie d'acqua interne.” 47
Ma, a differenza dei precedenti mutamenti della Convenzione, solo per gli Stati che hanno proceduto
alla ratifica, ex artt. 4 COTIF 1999 e 20 COTIF 1980, una volta che questa sia stata ratificata da almeno i
2/3 degli Stati membri. 48
A. CAGNAZZO, S. TOSCHEI, C. POZZI (a cura di), Le sanzioni amministrative in materia di
trasporto marittimo, aereo, terrestre e codice della strada, Torino, 2012, p. 685, nota 37. Nei rapporti tra
i tre Stati che non hanno ancora ratificato il Protocollo di Vilnius del 1999 (che, oltre all’Italia, sono
Irlanda e Svezia), si applicherebbero le previsioni di tale convenzione solo su base contrattuale, secondo
quanto prevede una dichiarazione del CIT, il Comitato internazionale del trasporto ferroviario. 49
BUSTI, op. cit., pp. 307-308.
21
garantire l’applicabilità in ambito internazionale di un solo testo di diritto materiale
uniforme.
L’attuale versione della COTIF si compone un testo principale e sette appendici, le cui
prime due sono rimaste la CIV e la CIM, mentre le successive sono quelle riguardanti: il
traffico internazionale di merci pericolose (RID), i contratti di utilizzo dei veicoli nel
traffico internazionale di merci (CUV), il contratto di utilizzo dell’infrastruttura per il
traffico internazionale (CUI), il riconoscimento dei requisiti tecnici e l’adozione di
norme tecniche uniformi per il traffico internazionale (APTU) e l’immissione in
servizio del materiale rotabile nel traffico internazionale (ATMF).
La revisione operata nella capitale lituana fu dettata dall’esigenza di adeguare la COTIF
al mutato quadro internazionale del trasporto ferroviario, in quanto, per effetto della
Comunità Europea, erano state emanate molteplici norme circa la liberalizzazione del
traffico ferroviario, attraverso la separazione della proprietà delle ferrovie dagli Stati di
riferimento, la separazione contabile e gestionale dell’infrastruttura dalle imprese di
trasporto, l’apertura del mercato alla concorrenza su ferro. La maggior parte dei membri
dell’OTIF erano poi Stati membri anche della Comunità e questo rese possibile
l’inserimento a Vilnius di un nuovo art. 38 nella COTIF, che prevede come oggi anche
“le organizzazioni regionali per l’integrazione economica”50
di cui facciano parte uno o
più Stati membri dell’OTIF possano aderire alla Convenzione di Berna, attraverso “an
agreement concluded between the Organization and the regional organization”. Fu
proprio sulla base di questo articolo che avvenne il (difficile) negoziato tra il Segretario
dell’OTIF e la Commissione Europea, avviato nel 2003: secondo questa, alcune
disposizioni contenute negli allegati CUI, APTU e ATMF erano contrarie all’acquis
communitaire51
. Nuovi negoziati condotti tra il 2009 e il 2011 sciolsero i nodi su cui si
era arrestata la trattativa per l’adesione, attraverso la modifica degli allegati in questione
al fine di renderli compatibili col diritto comunitario, modifiche entrate in vigore il 1o
dicembre 2010: ciò ha reso possibile l’ingresso dal 1o luglio 2011 dell’Unione Europea
nella COTIF. La più rilevante novità che l’interazione tra Unione Europea e OTIF ha
portato è stata l’incorporazione dell’Appendice A della COTIF, ossia la Convenzione
sul trasporto internazionale di viaggiatori e bagagli (CIV), al fondamentale regolamento
50
“Regional economic integration organizations which have competence to adopt their own legislation
binding on their Member States, in respect of the matters covered by this Convention and of which one or
more Member States are members”. Le lingue ufficiali dell’OTIF sono l’inglese, il tedesco e il francese. 51
Cfr. L. LANUCARA, Il contesto normativo comunitario nel settore ferroviario a seguito
dell’approvazione del Terzo Pacchetto Ferroviario, in Diritto Comunitario e Scambi Internazionali,
2008, pp. 848-849.
22
comunitario 1371/2007 sui diritti e gli obblighi dei passeggeri52
: ciò ha permesso, in
virtù della diretta applicabilità del regolamento all’interno di uno Stato membro, di
estendere i diritti riconosciuti dalla CIV ai passeggeri del trasporto nazionale53
.
3.2. L’ambito di applicazione della CIV
Dopo aver delineato la genesi di questa importante fonte normativa, occorre adesso
vedere quali sono i suoi presupposti di applicabilità, per poi passare ad una rassegna
delle sue disposizioni più rilevanti. Come detto sopra, l’Italia non ha ratificato il
Protocollo del 1999 che apporta alcune modifiche alla COTIF del 1980, pertanto
bisognerà fare riferimento ad entrambe le versioni della Convenzione per un’analisi dei
suoi presupposti di applicabilità nel nostro ordinamento così come in quelli degli altri
Stati contraenti.
Ogni convenzione internazionale contiene una disposizione che indica quando il
trasporto si considera internazionale, anche se, in linea generale, l’internazionalità può
essere di due tipi54
:
Internazionalità soggettiva, quando il rapporto intercorre tra soggetti
appartenenti a Stati diversi
Internazionalità oggettiva, quando si verifica il trasferimento di persone o cose
tra due o più Stati (indipendentemente dalla lunghezza e dalla durata del
viaggio).
L’appendice A della COTIF 1980, ossia la CIV55
, definisce il suo campo di
applicazione all’art. 1, dove si afferma che “le Regole uniformi si applicano a tutti i
trasporti di viaggiatori e bagagli che si effettuano con documenti di trasporto
internazionali validi per un percorso che tocchi i territori di almeno due Stati membri e
che comprenda esclusivamente linee iscritte nella lista prevista agli articoli 3 e 10 della
52
Regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007,
pubblicato in GUUE L 315 del 3 dicembre 2007. Assieme alle direttive 2007/58/CE e 2007/59/CE esso fa
parte del cd. Terzo pacchetto ferroviario. 53
Cfr. G. MERONE, Ferrovie più competitive e maggiore tutela dei diritti dei passeggeri nel nuovo Reg.
1371/2007, in Quotidiano legale (quotidiano on line consultabile alla banca dati Pluris), “http://pluris-
cedam.utetgiuridica.it/”, 24 gennaio 2008. 54
Secondo M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti. La disciplina contrattuale,
Milano, 2007, p. 41. 55
Ci occuperemo, in quanto rilevante ai nostri fini, del dettato uniforme in materia di trasporto
passeggeri, precisando che le regole previste nella CIM circa la sua sfera di applicazione sono
sostanzialmente analoghe, con la differenza che qui l’unicità del contratto era data dalla lettera di vettura
diretta “quale testimonianza dell’impegno collettivo ed unitario delle Ferrovie dei diversi Stati
contraenti, toccati nel viaggio, di trasportare le merci dalla stazione di partenza a quella di destinazione,
sempre sulle linee iscritte nella lista di quelle dedicate al traffico internazionale” (BUSTI, op. cit., pp.
347-349).
23
Convenzione”56
. La CIV sembra quindi rifarsi all’accezione oggettiva
dell’internazionalità del trasporto e prevede che esso debba svolgersi tra Stati contraenti
la Convenzione stessa, in forza di un valido titolo di viaggio57
, sulle linee designate,
ossia su quelle relazioni previamente individuate dagli Stati per essere dedicate al
traffico internazionale di persone e bagagli. Tale lista di linee era tenuta dall’OCTI,
l’Ufficio centrale dei trasporti internazionali per ferrovia. Con l’iscrizione della linea
ferrata nella lista, lo Stato si rendeva garante dell’operato del proprio vettore ferroviario
nazionale nel traffico transfrontaliero. La prestazione del trasporto, inoltre, doveva
essere diretta, cioè non doveva risultare dalla combinazione di due trasporti distinti, che
avessero come punto di arrivo e successiva ripartenza una stazione di confine tra Stati
contraenti (artt. 2 e 3 CIV). Era lasciata alla discrezionalità del Paese o del vettore
interessato la possibilità di applicare la CIV in ipotesi ove il servizio, svolto
congiuntamente dalle imprese ferroviarie di Stati diversi, collegava una stazione di
partenza e una di destinazione site nel medesimo Stato, ma con parte del percorso in
territorio straniero, mentre essa non si applicava qualora il servizio fosse curato
solamente dall’impresa ferroviaria dello Stato di partenza58
: in quest’ultimo caso si
applicava la legge dello Stato del vettore esercente, salvo che ciò non fosse inibito dalle
leggi dell’ordinamento dove si effettuava il transito (art. 2, II comma). L’art. 3,
rubricato “Riserva relativa alla responsabilità in caso di morte e di ferimento di
viaggiatori”, ammetteva le riserve apposte da uno Stato al momento della sottoscrizione
o ratifica della Convenzione circa l’applicabilità delle sue regole sulla responsabilità dei
vettori ferroviari per danni alla persona del passeggero che avesse la nazionalità o la
residenza nello Stato riservatario.
Le regole fin qui delineate circa i presupposti di applicabilità della CIV sono parse
inadeguate a partire dagli ’90, quando la Comunità Europea ha iniziato ad intervenire in
ambito ferroviario, sancendo la separazione dal gestore dell’infrastruttura dell’esercente
i servizi ferroviari, mentre il dettato uniforme ancorava il traffico internazionale alla
56
Per Convenzione si fa sempre riferimento alla COTIF. 57
La CIV conteneva all’art. 11 una serie di indicazioni che i biglietti dovevano aver per rientrare nel
campo di applicazione della Convenzione (primo fra tutti, ex I comma, l’indicazione CIV), indicazioni
che potevano essere anche concordate tra le varie amministrazioni ferroviarie. 58
E’ il caso dei cd. Korridorzug, treni corridoio che dal 1947, col Trattato tra Italia e Austria, collegano
Innsbruck con Lienz attraverso l’Alto Adige e le linee del Brennero e della Val Pusteria. Fino al 1998
questi convogli, composti di solo materiale rotabile delle Ferrovie Federali Austriache (ÖBB), non
potevano effettuare servizio viaggiatori nelle stazioni poste in territorio italiano. Altri servizi di tal genere
interessano la linea internazionale del Colle di Tenda, dove i treni provenienti da Torino e Cuneo
raggiungono Ventimiglia attraverso uno spettacolare percorso nella francese Valle Roya.
24
collaborazione, attraverso la presa in carico al confine del convoglio, tra le aziende
ferroviarie monopolistiche dei diversi Stati. Fu questa una delle esigenze che portarono
alla firma del Protocollo di Vilnius del 1999, recante la nuova disciplina della COTIF e
delle sue Appendici, sensibile al processo di liberalizzazione in atto negli ultimi
decenni. Ed infatti, le nuove norme uniformi non prevedono più la necessità di iscrivere
la linea dove si intende svolgere il servizio internazionale nella lista da comunicare
all’OCTI: l’art. 1 della CIV 1999 infatti afferma che le regole della stessa si applicano a
qualsiasi contratto di trasporto passeggeri per ferrovia, anche a titolo gratuito59
, quando
il luogo di partenza e quello di destinazione sono situati in Stati membri diversi,
indipendentemente dal domicilio, dalla sede di affari o dalla nazionalità delle parti del
contratto. Dalla norma si evince chiaramente che il legislatore dell’OTIF ha
riconosciuto la possibilità che il vettore sia anche un soggetto diverso dalle vecchie
imprese ferroviarie statali. Le previsioni della CIV (art. 1, II comma) e della CIM (art.
1, III comma) si applicano poi anche ai trasporti su strada e per via lacuale o fluviale,
interni ad uno Stato contraente, qualora questi siano stati previsti contrattualmente come
complementari ad un trasporto internazionale ferroviario60
. Degna di nota in chiave di
liberalizzazione è poi la previsione del V comma del citato art. 1 (sia della CIM che
della CIV), per cui le disposizioni uniformi non si applicheranno qualora le stazioni
ferroviarie di partenza e di arrivo di un trasporto tra Stati confinanti siano gestite da uno
o più soggetti, pubblici o privati, appartenenti però ad uno solo dei due Paesi. Anche la
CIV del 1999 prevede il caso di riserve circa la non applicabilità da parte di uno Stato
delle norme su responsabilità del vettore per morte o ferimento del viaggiatore per
sinistri accaduti sul proprio territorio, qualora il soggetto sia cittadino o residente
abituale in tale Paese (art. 2), al fine, verosimilmente, di applicare la legge nazionale o
di domicilio del danneggiato61
.
In determinate materie, la stessa fonte convenzionale prevede che per dare esecuzione ai
principi che essa pone occorre la predisposizione di regole complementari62
: gli artt. 7
CIV 1980 e 10 COTIF 1999 delegano due o più Stati o due o più imprese ferroviarie a
concordare l’emanazione di disposizioni supplementari, col limite del rispetto delle
norme inderogabili poste dalla Convenzione stessa (negli altri casi, pertanto, il dettato di
59
La CIM richiede invece, per il traffico merci, l’onerosità della prestazione del vettore ferroviario (art.
1). 60
La norma mira quindi alla promozione dell’intermodalità attraverso il trasporto combinato. 61
BUSTI, op. cit., p. 366. 62
Ibidem., pp. 314-319.
25
queste norme può anche divergere dalla fonte uniforme). Qualora le disposizioni in
parola siano effetto di un negoziato tra Stati sovrani, allora l’accordo che le conterrà
avrà il valore di un trattato, subordinato all’intera COTIF; se, invece, saranno le
Ferrovie a dettare le disposizioni integrative, anche attraverso una loro organizzazione
internazionale (come la CIT), esse avranno il valore di condizioni generali di contratto,
pubblicate dal vettore in forma di tariffe internazionali. Alle condizioni generali di
contratto63
dei vettori nazionali, inoltre, frequentemente viene fatto richiamo nelle varie
versioni della CIV, assumendo, anch’esse, il ruolo di fonte integrativa della
Convenzione e quindi potendo prevalere sul diritto nazionale. La CIV del 1999, ad
esempio, prevede, tra le altre cose, che siano le condizioni generali di contratto delle
varie imprese ferroviarie a disciplinare: forma e contenuto del biglietto di viaggio
internazionale (art. 7, I comma), la possibilità per il viaggiatore di portare bagagli a
mano e animali di piccola taglia (art. 12), le condizioni per l’accettazione di veicoli al
seguito (art. 23).
Prima di passare in rassegna alcune delle disposizioni della CIV circa la disciplina del
contratto di trasporto, riteniamo utile dare un breve sguardo alla normativa applicabile
ai trasporti internazionali misti con tratta ferroviaria e al trasbordo su altro mezzo. Nel
primo caso si ha il classico esempio del convoglio ferroviario che viene istradato su una
nave traghetto per parte del proprio percorso (sempre nel traffico internazionale)64
: la
fattispecie è presa in esame dall’art. 31, II comma, della CIV 1999, che estende le
norme sulla responsabilità del vettore per morte o lesioni al passeggero e danni al suo
bagaglio a mano anche ai sinistri accaduti fuori dall’esercizio ferroviario, ma che siano
in rapporto di causalità con l’istradamento del treno sulla nave, e che, inoltre,
colpiscano il viaggiatore sul convoglio (o all’atto di salirvi o scendervi) e solo qualora il
traghettamento sia considerato dai contraenti come parte di un’unitaria prestazione
contrattuale dovuta dal vettore ferroviario. Fuori dai casi di utilizzo di ferry boat nel
traffico internazionale, l’art. 31, I comma, esclude l’applicabilità delle norme sulla
responsabilità del vettore ferroviario alla parte di percorso non eseguita su ferro65
.
Infine, nel caso di trasbordo necessitato dal treno ad un altro mezzo in presenza di
63
Per la CIV del 1999 esse sono (art. 3, lett c) “… the conditions of the carrier in the form of general
conditions or tariffs legally in force in each Member State and which have become, by the conclusion of
the contract of carriage, an integral part of it.” 64
Come avviene, ad esempio, per il treno notturno internazionale (Euronight) Berlino-Malmö. 65
“[…]the provisions relating to the liability of the carrier in case of death of, or personal injury to,
passengers shall not apply to loss or damage arising in the course of carriage which, in accordance with
the contract of carriage, was not carriage by rail”.
26
circostanze eccezionali (frana che ostruisce la linea ferroviaria e impone il trasbordo dei
passeggeri su autobus), si applicano comunque le norme uniformi sulla responsabilità
del vettore ferroviario (art. 31, III comma)66
.
3.3. La disciplina internazionale uniforme del trasporto passeggeri nella CIV
La CIV del 1980, che costituiva l’Allegato A della COTIF, era divisa in sei Titoli,
dedicati rispettivamente alle disposizioni generali, al contratto di trasporto (diviso in tre
capitoli, dedicati al trasporto di passeggeri, bagagli e alle disposizioni comuni ai due),
alla responsabilità del vettore (a sua volta tripartita come nel Titolo II), all’esercizio dei
diritti, ai rapporti tra le Ferrovie tra loro e infine una sola norma (l’art. 62) componeva il
Titolo VI sulle disposizioni eccezionali.
Col contratto di trasporto di cui alla CIV il vettore ferroviario si obbliga, verso
corrispettivo, al trasferimento dei passeggeri, dei bagagli e degli animali di piccola
taglia al seguito del viaggiatore dal luogo di partenza a quello di destinazione. Nessuna
particolare forma era richiesta per la conclusione del contratto, in quanto si trattava
un’offerta al pubblico67
. Per quanto riguarda i passeggeri, la Ferrovia doveva, essendo la
CIV emanata in un’epoca caratterizzata dal monopolio statale del trasporto su ferro,
accettare le richieste di trasporto in modo non discriminatorio, potendo escludere
dall’accesso ai convoglio solamente i soggetti di cui all’art. 10 (ad esempio, i malati
contagiosi gravi e le persone in manifesto stato di ubriachezza). Il viaggiatore poteva
salire sul treno internazionale anche senza biglietto, potendo regolarizzare la sua
posizione acquistandolo a bordo ma dovendo “pagare, oltre al prezzo relativo al
trasporto, una soprattassa calcolata in conformità delle prescrizioni della ferrovia che
esige il pagamento della soprattassa”, pena l’esclusione dal trasporto (art. 12). Qualora,
pertanto, il soggetto avesse acquistato il biglietto a bordo del treno, il contratto di
trasporto internazionale si intendeva concluso nel momento in cui il viaggiatore mostra
la propria accettazione, al controllore, delle condizioni poste dal vettore, inclusa quella
di pagare la soprattassa.
Per bagaglio, l’art. 18 faceva riferimento a “gli oggetti che sono attinenti agli scopi di
viaggio purché contenuti in bauli, cesti, valigie, sacchi da viaggio o altri imballaggi
66
Diversamente avveniva nella CIV 1980, dove l’art. 33, III comma, affermava come “se, a seguito di
circostanze eccezionali, la ferrovia è costretta a sospendere provvisoriamente l'esercizio ferroviario e
trasporta o fa trasportare i viaggiatori con altro mezzo di trasporto essa è responsabile in base al diritto
che disciplina tale mezzo di trasporto […].” 67
Il principio di libertà di forma del contratto internazionale di trasporto passeggeri è rimasto inalterato
nella CIV 1999.
27
similari, come pure gli imballaggi stessi”, potendo comunque “le tariffe internazionali
[…] ammettere a determinate condizioni, come bagaglio, animali ed oggetti non
indicati nel I comma, segnatamente le autovetture al seguito del viaggiatore […]”. I
bagagli, distinti dai colli a mano68
, erano soggetti alla registrazione da parte della
Ferrovia solo dopo presentazione da parte del viaggiatore di biglietti validi fino alla
stazione di destinazione del viaggio (art. 19); successivamente avveniva la registrazione
tramite l’emissione di uno scontrino con la scritta CIV, che era il titolo di legittimazione
che il viaggiatore doveva esibire per vedersi riconsegnato il bagaglio a destinazione69
(artt. 20 e 23).
La parte più rilevante della CIV 1980, in un’ottica di una successiva comparazione con
le Condizioni e le Tariffe per il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato (e oggi le
Condizioni Generali di Trasporto dei passeggeri di Trenitalia)70
, è sicuramente quella
rappresentata dal Titolo III dedicato alla responsabilità del vettore ferroviario. Il suo
Capitolo I, dedicato alla responsabilità della Ferrovia in caso di morte o ferimento dei
viaggiatori, si apre con l’art. 26, il cui I comma prevede come il vettore risponda per
morte, ferimento o per qualunque altro danno all’integrità fisica o mentale del
passeggero, causato da un sinistro che sia in relazione con l’esercizio ferroviario,
avvenuto durante la permanenza del soggetto sulla carrozza o mentre vi sale o vi
scende71
. Per la definizione di sinistro (“accident”)72
si intende l’evento inusuale che
colpisce e danneggia qualcuno dall’esterno. Vittima del danno è il viaggiatore, che
subisce un infortunio, cioè un fatto di per sé anomalo nelle operazioni di trasporto: per
l’applicabilità del regime di responsabilità della Ferrovia ci deve essere una relazione
tra il sinistro e l’esercizio ferroviario (quindi al danneggiato basta provare un nesso di
causalità tra danno e trasporto). Il vettore risponde altresì per perdita totale o parziale o
per l’avaria sia degli oggetti che il viaggiatore porta addosso sia dei colli a mano sia
68
Il cui trasporto era gratuito purché avvenisse negli spazi appositi nelle vetture; i colli a mano sono
definiti come “oggetti facilmente trasportabili a mano” dall’art. 15. 69
“In mancanza di restituzione dello scontrino, la ferrovia è obbligata a riconsegnare i bagagli soltanto
a colui che provi il suo diritto; se tale prova appare insufficiente, la ferrovia può esigere una cauzione”
(art. 23, IV comma). 70
Analisi presente anche in M. GRIGOLI, Profili di diritto dei trasporti nell’attuale realtà normativa,
Bologna 2003, pp. 162-165. 71
“La ferrovia è responsabile dei danni derivanti dalla morte, dal ferimento o da qualsiasi altro
pregiudizio all'integrità fisica o mentale del viaggiatore causati da un incidente che sia in relazione con
l'esercizio ferroviario e sopravvenga durante la permanenza del viaggiatore nei veicoli ferroviari, od al
momento in cui egli vi entra e ne esce”. 72
Occorre ricordare, come fa BUSTI, op. cit., p. 794, nota 19, che le fattispecie presenti in una
Convenzione di diritto uniforme, in mancanza di una norma che le definisca esplicitamente, si
determinano con riferimento alla lex fori.
28
degli animali che porta con sé; per tutti la Ferrovia è responsabile solamente in caso di
sinistro che rechi pregiudizio anche al viaggiatore (in caso contrario, questo dovrà
dimostrare che il danno subito da animali o oggetti dipende da colpa del vettore). In
questi casi sarà quindi il vettore a dover dare la prova liberatoria73
, e infatti il successivo
comma II prevede le due cause di esonero totale di responsabilità della Ferrovia: quando
“l'incidente è stato causato da circostanze estranee all'esercizio che la ferrovia,
nonostante abbia posto la diligenza richiesta dalle particolarità del caso di specie, non
poteva evitare ed alle cui conseguenze non poteva ovviare” e nel caso in cui l'incidente
è dovuto al comportamento di un terzo che la Ferrovia, nonostante abbia posto la
diligenza richiesta dalle particolarità del caso di specie, non poteva evitare ed alle cui
conseguenze non poteva ovviare. L’esonero è parziale in caso di colpa concorrente col
passeggero (“nella misura in cui l'incidente sia dovuto a colpa del viaggiatore o ad un
comportamento di questi non conforme alla normale condotta dei viaggiatori”). In
sostanza, l’evento fortuito così come il fatto del terzo, inevitabili ed imprevedibili dal
vettore ma soprattutto estranei all’esercizio ferroviario, lo esonerano totalmente dalla
responsabilità (idem in caso di dolo del passeggero), qualora sia riuscito a dimostrare il
nesso di causalità col danno al viaggiatore, mentre il fatto (colposo) concorrente del
viaggiatore permette solo un’attenuazione dell’obbligo risarcitorio. Al riguardo,
l’importo del risarcimento per danni alla persona è stabilito secondo le disposizioni
della legge dello Stato ove si verifica il sinistro (art. 8, III comma), fermo restando il
tetto massimo di cui all’art. 30, II comma (700.000 unità di conto per ogni passeggero,
limite che scende a 700 nel caso di oggetti personali e bagagli, compresi gli animali, ex
art. 31). Il carattere inderogabile delle norme sulla responsabilità del vettore è stabilito
dall’art. 32, che esprime a chiare lettere come siano “nulle di pieno diritto le
disposizioni tariffarie e quelle contenute negli accordi particolari conclusi tra la
ferrovia e il viaggiatore tendenti ad esonerare preventivamente, in tutto o in parte, la
ferrovia dalla sua responsabilità in caso di morte o ferimento del viaggiatore, o che
hanno per effetto l'inversione dell'onere della prova che incombe sulla ferrovia, o che
fissano limiti inferiori a quelli stabiliti dagli articoli 30, II comma e 31”; la nullità in
esame rientra nelle nullità parziali, per cui (II comma) “tale nullità non importa quella
del contratto di trasporto”.
73
Sarebbe di eccessivo favore per il trasportatore la pretesa che sia il viaggiatore o i suoi aventi diritto a
dimostrare le situazioni di anormalità in cui il danneggiato è occorso.
29
Il Capitolo II è dedicato alla responsabilità della Ferrovia per i bagagli, intesi come
quelli consegnati al vettore di cui sia emesso uno scontrino (ex art. 18). Il vettore è
responsabile per la perdita totale, l’avaria nonché per il ritardo nella riconsegna degli
stessi (art. 35, I comma). La responsabilità è esclusa se il vettore prova che i danni siano
dovuti a colpa del viaggiatore, ad una sua particolare richiesta o derivino da un vizio
proprio dei bagagli o da circostanze che il vettore non poteva evitare o alle cui
conseguenze non poteva ovviare (II comma)74
. Come ricorda il I comma dell’art. 36, è
la Ferrovia che deve dare la prova di come la perdita, l’avaria o il ritardo abbiano
fondamento in una delle cause indicate dal II comma dell’art. 35, al fine quindi di
andare esente da responsabilità; nel caso in cui il vettore non riesca a fornire la prova
liberatoria, egli dovrà corrispondere al viaggiatore le indennità75
stabilite nell’art. 38 per
perdita, nell’art. 39 per l’avaria e nell’art. 40 per il ritardo nella riconsegna 76
. In caso di
dolo del vettore, però, non si applicano tali limiti risarcitori né quelli eventualmente
previsti dal diritto nazionale (art. 42), mentre in caso di colpa grave “l'indennità per la
perdita, l'avaria o il ritardo nella riconsegna dei bagagli è limitata al doppio dei
massimali previsti negli articoli da 38 a 41”. Infine, il vettore risponde, ex art. 45, anche
del fatto dei suoi dipendenti e preposti.
Il Protocollo di Berna del 199077
e quello più importante di Vilnius del 1999 hanno
mutato alcune disposizioni della CIV, tanto che essa, nella versione attualmente in
vigore tra gli Stati che hanno provveduta alla ratifica dell’ultimo protocollo, consta di
sette titoli, in quanto è stato introdotto un nuovo Titolo V78
dedicato alla responsabilità
del viaggiatore: è interessante notare subito come sia stata prevista la responsabilità di
questo per danni o perdite subite dal vettore a causa dell’inadempimento da parte del
viaggiatore dei propri obblighi previsti dalle condizioni generali di contratto del vettore,
dal Regolamento sul traffico internazionale di merci pericolose (RID) o
dall’inadempimento di formalità amministrative (artt. 10 e 14) o dalla mancata
indicazione delle proprie generalità sul bagaglio (art. 20) così come per i danni causati
74
Per il III comma del medesimo articolo esiste un’ulteriore causa di esonero, ossia quando “la perdita o
l'avaria derivino da particolari rischi inerenti a uno o più delle seguenti cause:
a) mancanza o stato difettoso dell'imballaggio;
b) natura speciale dei bagagli;
c) spedizione a bagaglio di oggetti esclusi dal trasporto”. 75
La previsione di massimali serve a “compensare” il regime piuttosto gravoso posto in essere dalla
normativa uniforme per il debitore del trasporto. 76
Il ritardo si calcola a partire dalla domanda di riconsegna fino ai 14 giorni successivi, oltre i quali esso
si considera perduto e quindi soggetto alla disciplina dell’art. 38. 77
Che è stato ratificato dall’Italia con la legge 12 maggio 1995, n. 211. 78
Composto di una sola norma, l’art. 53.
30
da oggetti o animali portati dal viaggiatore sul convoglio. In ogni caso, egli non
risponde se dimostra che, nonostante l’uso della diligenza richiesta ad un “conscientious
passenger”, tali perdite o avarie siano causate da circostanze imprevedibili e inevitabili.
La norma serve quindi a “responsabilizzare” il passeggero, ponendo a suo carico le
conseguenze di eventuali comportamenti negligenti o superficiali durante il viaggio
interstatale.
Circa le novità introdotte a Vilnius, degna di nota è l’inserimento di una norma
definitoria, il nuovo art. 3, che definisce il vettore (“carrier”) come il soggetto
contrattuale con cui il viaggiatore ha concluso il contratto di trasporto soggetto alla
disciplina delle regole uniformi, oppure un successivo vettore che è comunque
responsabile in base al contratto79
. La norma prende in esame anche la figura del
“substitute carrier”, ossia il soggetto che non ha concluso il contratto di trasporto col
passeggero ma che è stato designato successivamente come vettore per una parte del
trasporto internazionale dal primo vettore (si tratta di un trasporto con sub-trasporto). La
figura del subvettore era estranea alla disciplina della CIV 1980, in quanto la Ferrovia
era considerata all’epoca come gestore dell’infrastruttura e del servizio, non potendo
(normalmente) l’impresa di un altro Stato movimentare convogli all’estero: la
liberalizzazione voluta dalle istituzioni comunitarie, attraverso la già citata direttiva
91/440/CEE circa la separazione della rete ferroviaria dall’impresa di trasporto, ha
permesso al vettore di “presentarsi alla clientela come unico ed esclusivo soggetto
contraente, e di avvalersi poi di subvettori”80
. Il “substitute carrier” si considera un
ausiliario del vettore principale (art. 51), al fine di renderlo solidalmente responsabile
col primo, secondo lo stesso regime previsto nelle disposizioni uniformi (artt. 26, V
comma e 34, IV comma): per poter operare tale estensione occorre però che il vettore di
fatto non sia incaricato solo della trazione del convoglio (appartenente quindi al vettore
principale) né sia legato a questi da un mero contratto di noleggio81
. Il vettore principale
rimane responsabile dell’intera prestazione (da lui assunta negozialmente per l’intera
tratta col viaggiatore) mentre il subvettore risponde per la sua parte, salva l’azione di
regresso del primo verso il secondo.
79
Ossia il vettore successivo, cioè colui che ha assunto l’obbligo cumulativo di eseguire la prestazione dl
trasporto con il creditore dello stesso ed è quindi legato contrattualmente a vettore e passeggero. 80
BUSTI, op. cit., pp. 874-875. 81
L’incarico deve quindi avere ad oggetto una prestazione di trasporto e viene conferito in qualunque
forma, essendo il contratto di trasporto ferroviario internazionale di natura consensuale ex art. 6.
31
La programmata separazione dell’infrastruttura dalle imprese di trasporto ferroviario ha
permesso, inoltre, di inserire nella CIV (art. 51)82
come nella CIM (art. 40) la previsione
dell’equiparazione del gestore dell’infrastruttura ad ausiliario del vettore ferroviario.
L’art. 5 (rubricato “Mandatory law”) chiarisce che le disposizioni della Convenzione
sono inderogabili, salvo diversamente in essa disposto; tuttavia, una deroga prevista in
un contratto non importa la nullità dello stesso. Anche nell’ultima versione della CIV si
prevede come le norme sulla responsabilità del vettore siano inderogabili, ma è
consentito un aggravio del regime di responsabilità dello stesso; il regime di
responsabilità non ha comunque subito sostanziali cambiamenti nelle due recenti
versioni della CIV.
Ex art. 6, II comma, il contratto di trasporto va provato da uno o più biglietti rilasciati al
passeggero: il biglietto indica la legittimazione del creditore del trasporto nonché il
contenuto del contratto stesso. In caso di assenza o perdita del biglietto (eventi a cui
viene assimilata la sua irregolarità), non viene inficiata la validità del contratto.
Il Titolo III, riguardante le disposizioni sui colli a mano, sugli animali e i bagagli
registrati è stato integrato da un Capitolo IV dedicato al trasporto di veicoli83
, a cui si
applicano le disposizioni in materia di trasporto di bagagli (art. 25). Interessante
comunque notare come, mentre per i danni subiti dal veicolo è presuntivamente
responsabile il vettore dal momento di consegna a quello di riconsegna a destinazione,
per le avarie subite dagli oggetti contenuti nei veicoli suddetti, la CIV 1999 prevede
(art. 46, I comma) la responsabilità del vettore ferroviario solo in caso di dolo (anche
degli ausiliari) o colpa.
Infine, di grande rilievo è la previsione di una norma, il “nuovo” art. 32, che disciplina i
casi di responsabilità del vettore per ritardo, soppressione di treni e mancate coincidenze
(la CIV 1980 non conteneva una norma ad hoc come questa, limitandosi a prevedere
nell’art. 47, I comma, che “la responsabilità della ferrovia per il danno causato dal
ritardo o dalla soppressione di un treno o da una mancata coincidenza resta soggetta
alle leggi e ai regolamenti dello Stato in cui si è prodotto il fatto”). Il vettore è
responsabile verso il viaggiatore per il danno occorso da uno dei suddetti eventi, qualora
non sia possibile proseguire il viaggio nello stesso giorno “o comunque la sua
82
“The managers of the railway infrastructure on which the carriage is performed shall be considered as
persons whose services the carrier makes use of for the performance of the carriage.” (I gestori
dell’infrastruttura ferroviaria su cui il trasporto è effettuato sono considerati come persone dei cui servizi
il trasportatore si avvale per l’esecuzione del trasporto). 83
Per “vehicle” si intendono, ex art. 3 lett. d, i veicoli a motore o i rimorchi trasportati a seguito del
viaggiatore.
32
continuazione non è ragionevolmente esigibile nello stesso giorno per via di circostanze
contingenti”: in tali casi, il vettore deve risarcire i danni conseguenti a spese
“ragionevoli”, quali l’alloggio e le chiamate alle persone che attendono il viaggiatore.
Costituiscono cause di esonero da responsabilità, ex art. 32, II comma, i fatti esterni
all’esercizio ferroviario imprevedibili ed inevitabili dal trasportatore, la colpa del
viaggiatore e il fatto del terzo. A quest’ultimo riguardo, è interessante notare come le
dinamiche della liberalizzazione ferroviaria abbiano inciso sulla disciplina della CIV,
dato che la lettera c dell’art. 32, II comma, afferma che “un’altra impresa che utilizzi la
stessa infrastruttura ferroviaria non è considerata parte terza”: da ciò sembra
discendere che in caso di ritardo di un treno di un’impresa ferroviaria dovuto alla
circolazione di treni di altri operatori, il vettore deve comunque rispondere del danno,
ma “il diritto di regresso (verso l’impresa responsabile, NdA) rimane impregiudicato”.
Qual è il “valore” di queste Convenzioni nel nostro ordinamento?
Come abbiamo visto all’inizio del paragrafo, una volta che lo Stato ratifica la
Convenzione, le disposizioni di diritto uniforme presenti nella stessa entrano a far parte
dell’ordinamento giuridico statale attraverso la legge di esecuzione: le stesse regole
internazionali, una volta incorporate in quest’ultima, assumono il valore di legge
ordinaria, sia che il recepimento avvenga attraverso l’ordine di esecuzione (come in
Italia) sia attraverso l’integrale riproduzione del testo della fonte convenzionale (prassi
tipica degli ordinamenti di Common Law). Per quanto riguarda il nostro ordinamento, la
riforma del Titolo V della Costituzione, operata con legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, ha modificato l’art. 117 Cost., per cui oggi il suo I comma “impone al
legislatore regionale e nazionale di rispettare i vincoli derivanti al nostro Paese
(anche) dagli obblighi internazionali, tra cui quello di rispettare e far rispettare i
Trattati di cui l’Italia è […] parte contraente”84
. Trattandosi di regole contenute in una
Convenzione, le disposizioni di diritto privato uniforme (come quelle della COTIF)
assumono oggi il rango di interposta costituzionalità nei confronti delle leggi ordinarie:
una eventuale legge statale successiva, in contrasto con la legge di esecuzione della
Convenzione, sarebbe pertanto costituzionalmente illegittima. Da qui deriva “la
persistente vigenza delle leggi internazionali di esecuzioni delle fonti convenzionali in
tema di trasporto internazionale”85
.
84
BUSTI, op. cit., p. 299. 85
Ibidem, p. 301.
33
4. La normativa interna. Le Condizioni e Tariffe per il trasporto delle persone sulle
Ferrovie dello Stato
4.1. Genesi e natura giuridica
Come abbiamo più volte ricordato, la disciplina privatistica del trasporto ferroviario nel
nostro ordinamento è caratterizzata da una pluralità di fonti, coordinate tra loro dall’art.
1680 del Codice Civile, che dà prevalenza alle leggi speciali di “diritto ferroviario”
rispetto alla normativa dello stesso Codice. C’è subito da dire che il trasporto ferroviario
nazionale, dal punto di vista delle regole di diritto privato, ossia quelle che attengono
sostanzialmente alla regolamentazione del rapporto tra vettore e creditore del trasporto
(il cliente, secondo la dicitura attualmente in voga presso un po’ tutte le amministrazioni
ferroviarie europee), si è sempre caratterizzato per “un connotato costante: la
predisposizione di regole da parte dello stesso soggetto chiamato, anche
pubblicisticamente, ad eseguire tale servizio, con la successiva approvazione, mediante
atto avente forza di legge, materiale e formale, delle predette regole”86
. L’assunto
dell’illustre autore ben evidenzia qual è stata la strada scelta per la regolamentazione del
contratto di trasporto ferroviario in Italia: fin dall’inizio della gestione statale della
maggior parte della rete ferroviaria sono state le condizioni generali del contratto di
trasporto il mezzo negoziale adottato dal vettore su rotaia. Non solo, perché anche per le
ferrovie in concessione, regolate dal regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447 (più volte
modificato) e gestite per lunghi periodi da soggetti privati (oggi queste ferrovie sono
divenute parte della cd. rete secondaria regionale), i “regolamenti di trasporto” hanno
rappresentato il modo di formazione del contratto87
. L’art. 120 del suddetto
provvedimento riconosceva ai concessionari la libertà di adottare i regolamenti per
l’amministrazione interna, mentre subordinava quelli dedicati all’esercizio ferroviario
alla preventiva approvazione governativa, che, se intervenuta, concedeva valenza
normativa gli stessi88
. Tornando all’esercizio statale, la legge 27 aprile 1885, n. 3048,
che aveva operato la concentrazione delle precedenti concessioni nelle mani di tre
86
Ibidem, p. 321. 87
D . BOCCHESE, La natura giuridica delle condizioni di trasporto merci e passeggeri praticate dalle
Ferrovie dello Stato, in Diritto dei Trasporti, 2002, pp. 405-406. 88
L’art. 120 recitava “Gl'individui e le società concessionarie di ferrovie pubbliche sono autorizzati a
fare quei regolamenti che credano opportuni per la loro amministrazione interna. I regolamenti però che
essi facciano pel servizio esterno e per l'esercizio delle ferrovie sono soggetti alla preventiva
approvazione del Governo, e sono anche obbligatori per quegli individui o società che ottengano
ulteriormente la concessione di diramazioni o di prolungamenti delle dette ferrovie, per tutto quanto può
riguardare il servizio comune”.
34
grandi compagnie (la Rete Adriatica, quella Sicula e quella Mediterranea), riconosceva
la persistente vigenza delle condizioni e tariffe già emanate dai concessionari, le
concedeva valore di legge formale e materiale ma obbligava a sottoporre
all’approvazione del Governo le nuove tariffe che modificassero le precedenti. Le
condizioni e tariffe delle tre Reti rimasero in vigore anche dopo la nascita delle Ferrovie
dello Stato, in quanto la legge 22 aprile 1905, n. 137, ne confermava la vigenza mentre
la legge 7 luglio 1907, n. 429 (cd. legge organica), ne programmava la revisione (anche
per coordinarsi con la CIM del 1890) nei successivi tre anni (art. 38): in realtà,
l’intervento riformatore non vedrà la luce prima della metà degli anni ’3089
. Infatti, il
“nuovo testo delle Condizioni e Tariffe pel trasporto delle persone sulle Ferrovie dello
Stato”90
venne approvato con il regio decreto legge 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito
in legge 4 aprile 1935, n. 911, mentre per il trasporto di cose91
occorre attendere il 1940,
anno nel quale venne adottato il regio decreto legge 25 gennaio 1940, n. 9 (“Nuove
condizioni e tariffe per il trasporto di cose sulle Ferrovie dello Stato”) convertito con
legge 13 marzo 1940, n. 674. Entrambi i nuovi testi determinarono la caducazione delle
disposizioni precedentemente in vigore, a far data rispettivamente, dal 1o
gennaio 1935 e
dal 1o febbraio 1940. Le successive modificazioni delle condizioni generali del servizio
ferroviario nazionale sarebbero dovute avvenire attraverso l’emanazione di decreti
ministeriali (artt. 3 l. 911/1935 e 6 l. 674/1940), mentre per le innovazioni delle tariffe
(ossia dei prezzi del trasporto) la legge 22 dicembre 1948, n. 1456, prevedeva la forma
del decreto del Presidente della Repubblica. Fu infatti il d.p.r. 30 marzo 1961, n. 197
(emanato dopo la delega conferita al Governo dalla legge 27 febbraio 1960, n. 183) a
riformare integralmente la disciplina delle condizioni generali per il trasporto di cose
sulle Ferrovie dello Stato.
Per comprendere meglio la successiva evoluzione delle condizioni generali di trasporto
ferroviario in Italia, occorre soffermarsi, a questo punto, sulle loro caratteristiche e sulla
loro natura giuridica.
Le condizioni generali del contratto di trasporto sono un complesso di clausole
predisposte unilateralmente dal vettore per disciplinare uniformemente tutti i rapporti
con la propria clientela sotto ogni aspetto. Si tratta di un testo standard predisposto
dall’imprenditore per regolamentare in modo potenzialmente indefinito il proprio potere
89
In realtà una prima novella delle condizioni e tariffe fu rappresentata dal regio decreto legge 12
novembre 1921, n. 1585, convertito con legge 27 aprile 1925, n. 1585. 90
Secondo la rubrica del r.d.l. 1948/1934. 91
Oltre ai colli a mano dei passeggeri e i bagagli consegnati dal viaggiatore.
35
di fatto sulla generalità dei propri clienti, attraverso l’indicazione delle obbligazioni
delle parti. Il tenore del contratto non è quindi negoziabile dal creditore del trasporto, in
quanto costui non ha la possibilità di trattare modalità e termini del trasporto92
. La
standardizzazione in questione rende la fattispecie in esame un contratto di massa, il cui
contenuto, in virtù della predisposizione unilaterale dal vettore – imprenditore, è spesso
ignorato dalla generalità dei fruitori del servizio. Tale situazione si ritrova spesso nel
caso del servizio pubblico di linea, dove la prestazione “dev’essere improntata a criteri
di imparzialità e di eguaglianza dei diritti degli utenti”93
: proprio per raggiungere tale
fine, la definizione della prestazione di trasporto deve essere concordata tra la Pubblica
Amministrazione affidataria del servizio e il soggetto esercente lo stesso, attraverso le
previsioni contenute nell’atto di concessione. L’art. 1679 impone infatti agli esercenti
un pubblico servizio di linea di predisporre le condizioni generali di contratto stabilite o
autorizzate nell’atto di concessione e di renderle note al pubblico94
. A tal proposito,
l’opinione maggioritaria95
ritiene che le condizioni generali del contratto di trasporto
terrestre, autorizzate dalla PA o stabilite addirittura dalla stessa, “hanno efficacia
regolamentare con conseguente loro qualificazione come fonti di diritto oggettivo e, in
quanto tali, applicabili nei confronti di tutti gli utenti del servizio”.
Ancor prima dell’emanazione dell’attuale Codice Civile, la natura normativa delle
condizioni e tariffe predisposte dalle tre società concessionarie del 1885 era riconosciuta
dalla dottrina maggioritaria, in virtù del fatto che le stesse erano “approvate con legge
dall’autorità amministrativa nell’atto di concessione al quale questo complesso di
previsioni veniva, di regola, allegato”96
. Tale natura venne poi confermata per le
successive condizioni e tariffe delle Ferrovie dello Stato, in quanto l’art. 1, I comma, del
r.d.l. 1948/1934 affermava che “le presenti Condizioni e tariffe devono essere
strettamente applicate in ogni loro parte, qualunque deroga ad esse è nulla di pieno
diritto e qualunque errore nell’applicazione delle tariffe e nel calcolo delle tasse del
92
Per ragioni di celerità nel traffico giuridico, il vettore non può certo procedere a trattative particolari
con ogni utente, salve limitate possibilità di scelta lasciate al secondo (come la scelta della classe in cui
viaggiare, cosa che accade però molto raramente sui treni regionali, attualmente dotati quasi sempre della
sola seconda classe). 93
BUSTI, op. cit., p. 540. 94
Il primo comma della suddetta norma prevede che “Coloro che per concessione amministrativa
esercitano servizi di linea per il trasporto di persone o di cose sono obbligati ad accettare le richieste di
trasporto che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa, secondo le condizioni generali stabilite
o autorizzate nell’atto di concessione e rese note al pubblico.” 95
Riportata da P. CENDON (a cura di), Commento all’art.1679, in Commentario al Codice Civile, artt.
1655-1702, Milano, 2008, p. 484. 96
BOCCHESE, op. cit., p. 408.
36
trasporto e dei diritti accessori, sia a danno del pubblico, sia a danno
dell’Amministrazione dà diritto a correzione”97
. Con tale previsione si sanciva quindi la
forza vincolante e obbligatoria delle condizioni e tariffe e la nullità di ogni contraria
pattuizione: ciò era funzionale alla successiva fissazione degli obblighi di servizio
pubblico delle FS, “tra i quali primariamente rilevano quello a contrarre, ad eseguire il
trasporto con i mezzi corrispondenti ai bisogni ordinariamente prevedibili, ad
osservare la parità di trattamento nell’espletamento del servizio in connessione
all’ordine delle richieste nell’esecuzione del trasporto”98
, obblighi che verranno poi
sanciti, dal 1942, negli artt. 1679 e 2597 del Codice Civile.
Nel caso dei trasporti pubblici di linea, le condizioni generali di trasporto devono
applicarsi a tutti i contratti stipulati tra esercente e utenza, pena la mancata applicazione
della parità di trattamento99
. Il dato dell’art. 1679 è però, a detta di parte della dottrina e
della giurisprudenza, inapplicabile alle condizioni e tariffe delle FS, in quanto la norma
richiede per la sua operatività la concessione all’esercizio del pubblico servizio: fino
almeno al 1992, cioè all’atto di privatizzazione delle FS voluto dal decreto legge 11
luglio 1992, n. 333, la nostra impresa ferroviaria statale operava infatti in regime di
monopolio legale100
. Da ciò discende anche l’inapplicabilità dell’art. 1341 del Codice
Civile alle condizioni e tariffe, data la loro riconosciuta valenza normativa e non
negoziale: esse, una volta che erano rese pubbliche, attraverso la presenza nelle stazioni
(cosa che, in realtà, è accaduta molto di rado)101
o pubblicate alla fine dell’orario
ufficiale si ritenevano conosciute dalla generalità dei clienti e dagli interessati.
Nel 1985 viene attuata la prima riforma che mira a riorganizzare e mutare la veste
giuridica delle FS102
: la legge 17 maggio 1985, n. 210, sostituisce all’Azienda
Autonoma Ferrovie dello Stato il nuovo Ente, dotato di personalità giuridica e
autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria (art. 1, I comma), destinato a rilanciare
l’immagine delle ferrovie, all’epoca in profonda crisi di credibilità e di bilancio,
97
Analogamente era disposto, dall’art. 3, I comma, per le Nuove condizioni e tariffe per il trasporto di
cose sulle Ferrovie dello Stato. 98
BOCCHESE, op. cit., p. 414. 99
In quanto l’adeguatezza e l’equità delle stesse sono valutate dal legislatore nell’atto di concessione, per
parte della dottrina (CENDON, op. cit., p. 484) le condizioni in parola sono da inquadrarsi nelle clausole
normative dell’art. 1339. 100
BOCCHESE, op. cit., p. 416, con cui concorda P. COMMELLINI, Le condizioni generali del
contratto di trasporto ferroviario, in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 1999, p. 959. 101
L’art. 1, II comma, delle condizioni e tariffe per il trasporto di persone imponeva all’Amministrazione
ferroviaria di tenere “a disposizione nelle stazioni per la consultazione gli orari, le tariffe, i bollettini, i
manifesti e i regolamenti che interessano il pubblico”. 102
Questa parte, come quella sulla privatizzazione del 1992, sarà compiutamente approfondita all’inizio
del Capitolo III.
37
attraverso la previsione di poter operare secondo criteri di economicità ed efficienza
(art. 2, lett. a). L’Ente Ferrovie dello Stato subentrava nelle posizioni attive e passive
dell’ex Azienda (art. 1): in realtà, non si trattava di una continuità di tipo successorio103
,
in quanto un fenomeno del genere è ammissibile solo tra due soggetti entrambi dotati di
personalità giuridica, bensì di una atto di dotazione di un patrimonio spettante al
dismesso organismo statale. La riforma del 1985 non ha comunque inficiato la natura
giuridica delle condizioni e tariffe né del settore passeggeri né di quello merci: l’art. 14,
II comma, l. 210/1985 faceva salve le disposizioni di legge concernenti in generale il
trasporto per ferrovia, disposizioni che per la dottrina maggioritaria104
comprendono
anche il contratto di trasporto ferroviario. L’unica vera novità al riguardo, che non ha
mancato di suscitare perplessità, è stata la devoluzione, ex art. 16, V comma, della citata
legge, agli organi dell’Ente della facoltà di determinare le condizioni generali di
trasporto. Si trattava di una forma di delegificazione, situazione per cui lo Stato rilascia
la propria competenza a disciplinare determinate attività ad un’autorità amministrativa,
ma che doveva riguardare solo gli aspetti non disciplinati prima dalle condizioni e
tariffe, altrimenti si sarebbe dato vita alla “progressiva contrazione dell’area di
specialità sino ad allora riconosciuta alle disposizioni ferroviarie e, quindi, un
arretramento del pubblico dalla disciplina del rapporto con l’utenza”105
. In ogni caso,
le condizioni di trasporto non hanno subito alcuna modifica durante la breve vita
dell’Ente, mentre, per quanto concerne le tariffe, la l. 210/1985 ha previsto uno
snellimento nella loro determinazione, rimettendole a decreti del Ministro dei Trasporti,
per le tariffe del trasporto passeggeri e di alcuni tipi di merce, alle scelte dell’Ente
stesso per i traffici residui.
L’assetto giuridico e gestionale delle Ferrovie dello Stato è mutato nel 1992: con
l’intento di risanare la finanza pubblica e per dare seguito alle prescrizioni del
legislatore comunitario, il decreto legge 5 dicembre 1991, n. 386 conferiva al Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) la delega a trasformare “gli
enti di gestione delle partecipazioni statali e gli altri enti pubblici economici, nonché le
aziende autonome statali” in società per azioni (art. 1, I comma). Si iniziava così il
processo di privatizzazione di ampi settori economici del nostro Paese, prima soggetti al
103
BOCCHESE, op. cit., pp. 427-428. La norma afferma testualmente che il nuovo Ente “succede in tutti
i rapporti attivi e passivi – beni, partecipazioni, gestioni speciali – già di pertinenza dell’Azienda
autonoma Ferrovie dello Stato”. 104
BUSTI, op. cit., pp. 325-326 e BOCCHESE, op. cit., p. 433. 105
BOCCHESE, op. cit., p. 432.
38
diretto controllo statale. In particolare, il decreto legge 11 luglio 1992, n. 333
(convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359), legittimava lo stesso CIPE a trasformare
in società per azioni gli enti pubblici economici, qualunque fosse il loro settore di
attività: tale facoltà venne esercitata dall’organo con la deliberazione del 12 agosto 1992
con cui si disponeva la trasformazione in S.p.a. dell’Ente Ferrovie dello Stato106
. L’art.
14 d.l. 333/1992 ha reso la nuova S.p.a. concessionaria ex lege per le attività già svolte e
per i diritti già attribuiti all’Ente mentre, successivamente, il decreto del Ministro dei
trasporti 26 novembre 1993, n. 225T, ha concesso (per 70 anni) alla società l’esercizio
ferroviario sulla rete appartenente all’Ente, oltre ai servizi via mare tra i terminali
ferroviari e la progettazione e costruzione di nuove linee assieme al miglioramento di
quelle esistenti107
. L’atto di concessione ha poi previsto che (art. 13) “la società
concessionaria stabilisce le condizioni generali di trasporto e determina il prezzo dei
servizi offerti alla clientela, nonché le relative condizioni di utilizzo in regime di libertà
di impresa”.
La trasformazione in esame ha diviso la dottrina e la giurisprudenza circa gli effettivi
riflessi che la stessa ha avuto sull’assetto delle FS e sulla dinamica del contratto di
trasporto ferroviario. Per parte della dottrina la nuova S.p.a. rappresenta un soggetto
totalmente diverso dal precedente Ente108
, mentre la giurisprudenza è orientata nel
ritenere la trasformazione soltanto formale, inficiante cioè solamente l’organizzazione
di uno stesso soggetto giuridico109
. Rispetto alla natura delle condizioni e tariffe, la
privatizzazione del 1992 sembra aver portato avanti quel processo di delegificazione
iniziato già nel 1985, visto che l’art. 13 dell’atto di concessione ribadisce
sostanzialmente quanto disponeva l’art. 16, V comma, della l. 210/1985, per cui la
competenza a determinare le condizioni e le tariffe del servizio ferroviario nazionale
spettava adesso alla deliberazione degli organi societari. E infatti, con ordine di servizio
n. 6 del 16 marzo 1995 dell’amministratore delegato di FS S.p.a. (allora era Lorenzo
106
La nuova denominazione dell’ex Azienda divenne “Ferrovie dello Stato società di trasporti e servizi
S.p.a.”. 107
GRIGOLI, op. cit., p. 153. 108
Cfr. E. FANARA, La responsabilità del vettore e i suoi limiti risarcitori nel trasporto ferroviario di
persone e cose tra normativa interna e disciplina internazionale uniforme, in Il trasporto ferroviario
nell’Europa del 2000: atti del convegno, Villaggio Marispica, Ispica-Ragusa, 30 agosto-4 settembre
1998,Messina, 1999, pp. 270-271. 109
La più nota sentenza al riguardo è Cass., sez. un., 7 luglio 1994, n. 6378, dove si riconosce che “con la
trasformazione, attuata in concreto in maniera pura e semplice, non si è avuta l'estinzione di un ente con
la creazione di nuovo distinto ente che sia succeduto al precedente, né un mutamento di stato dello stesso
ente, che ha invece mantenuto la sua identità soggettiva, solo mutando la forma della sua organizzazione
e sopravvivendo a tale vicenda modificativa senza soluzione di continuità.”
39
Necci) venivano abrogate le vecchie condizioni e tariffe per il trasporto di cose, allora
regolate dal già visto d.p.r. 197/1961, e sostituite dalla nuove Condizioni Generali di
Vendita (C.G.V.), in vigore dal 1o aprile dello stesso anno. La più importante novità
della riforma fu la definitiva scomparsa della rete nazionale del servizio merci a carro
singolo110
e del trasporto di bagagli con franchigia, essendosi orientate le FS per il
trasporto merci a treno completo. In base a questo ordine di servizio, che ha posto il
problema di come “un soggetto privato possa abrogare norme aventi valore di legge
formale”111
, si palesò la volontà delle FS di “connotare in termini maggiormente
imprenditoriali le condizioni in esame, non qualificate più come di trasporto bensì di
vendita”112
: ciò ha indotto parte della dottrina113
a qualificare le C.G.V. non più come
un atto avente valore di legge formale (come era per le abrogate condizioni generali di
trasporto) bensì come un atto negoziale, ossia di vere e proprie condizioni generali di
contratto, come tali soggette alla disciplina “garantista” dell’art. 1341 del Codice Civile
e del cd. Codice del Consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206).
Poiché analogo fenomeno di delegificazione non si è avuto nell’ambito del trasporto
passeggeri, per cui le FS S.p.a. si sono sempre considerate vincolate alle datate
Condizioni e Tariffe della l. 911/1935, la dottrina che obiettava l’intervenuta
trasformazione in senso privatistico della natura del contratto di trasporto ferroviario
nazionale ha fatto valere tale disparità di trattamento, sostenendo come neppure per le
C.G.V si debba parlare di atto negoziale. E’ stato fatto notare114
come è stata male
intesa la portata del fenomeno di delegificazione. La l. 210/1985 lasciava all’intervento
degli organi dell’Ente la possibilità di stabilire solamente gli aspetti del servizio non
disciplinati dalle condizioni e tariffe in vigore, mentre il d.m. 225T/1993 imponeva alla
nuova S.p.a. di esercitare tutte le attività già espletate dall’Ente, sulla base delle
“disposizioni di legge o di regolamento concernenti in generale il trasporto per
ferrovia” (art. 4), con riferimento, secondo questa impostazione, alle condizioni e tariffe
del 1935 e del 1940. Pertanto, le modificazioni introdotte sia con il citato ordine di
servizio che con successivi provvedimenti devono ritenersi nulle di pieno diritto per
quanto riguarda la determinazione delle condizioni, mentre appare legittimo (ex art. 13
110
Scomparivano per sempre i treni merci “raccoglitori”, caratterizzati dal fatto che “raccoglievano”,
attraverso lunghe manovre, i vari carri nelle stazioni del percorso, contenenti merci in piccole partite. In
altri Stati europei, come l’Austria, la pratica in esame, considerata in Italia poco redditizia, continua ad
essere esercitata, sotto forma di treni merci “a traffico diffuso”. 111
BUSTI, op. cit., pp. 329-330. 112
BOCCHESE, op. cit., p. 451. 113
COMMELLINI, op. cit., p. 959. 114
BUSTI, op. cit., pp. 334-335.
40
del già citato atto di concessione) il potere del vettore di determinare le tariffe non
fissate con decreto del Ministro dei Trasporti. Inoltre, si sostiene come, non potendo in
linea di massima atti di natura normativa essere sottoposti al vaglio del Codice del
Consumo o all’approvazione scritta del II comma dell’art. 1341 del Codice Civile,
esistono nondimeno alcune disposizioni delle condizioni e tariffe che integrano vere e
proprie clausole negoziali standardizzate (ad esempio, quella sulla validità di alcuni
titoli di viaggio a partire dalla loro obliterazione), pertanto assoggettabili al controllo di
vessatorietà ed abusività. A sostegno di questa tesi vengono addotte alcune pronunce
della giurisprudenza di legittimità115
che riconducono nell’alveo delle condizioni
generali di trasporto quelle predisposte dalle FS S.p.a., ribadendo quindi la loro valenza
normativa.
Altra dottrina116
fa invece leva sull’art. 15 del d.l. 333/1992, che conferisce mero valore
transitorio alla normativa precedente (ossia alla l. 210/1985, contenente il famoso art. 16
prima citato) e prevede la sua caducazione con l’entrata in vigore dello statuto delle FS
S.p.a., per affermare l’assoggettamento integrale della disciplina ferroviaria alle norme
del Codice Civile sulle condizioni generali di contratto, poiché lo statuto della società
prevede espressamente che “per quanto non espressamente disposto nel presente statuto
valgono le regole del codice civile” (art. 28). Di conseguenza, lo statuto non fa altro che
ribadire quanto si desume dall’art. 1680 del Codice, laddove sancisce la sottoposizione
del trasporto ferroviario alla normativa codicistica, qualora non sia derogata da leggi
speciali. Tale corrente di pensiero riconosce quindi natura negoziale al rapporto che
viene ad instaurarsi tra utente del servizio ferroviario e gestore dello stesso, in quanto
tale relazione deriva dalla stipulazione di un vero e proprio contratto regolato dalle
norme del Codice.
La disputa tra le opposte posizioni che abbiamo ora sintetizzato non è venuta meno a
seguito della nascita di Trenitalia S.p.a., società nata dalla liberalizzazione del servizio
ferroviario voluta dalle direttive europee degli anni ‘90 e attuata in una prima fase con
la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 marzo 1999 che ha fissato
come termine il 1o gennaio 2000 per la costituzione di almeno due distinte società per la
115
Normalmente viene citata la Cass., sez. III civile., 15 maggio 1997, n. 4275, nella parte in cui afferma
che “le condizioni generali stabilite o autorizzate in favore di coloro che esercitano il trasporto di
persone e cose in regime di concessione, le quali sono richiamate dall'art. 1679, primo comma, cod. civ.
e che comprendono anche quelle predisposte dalle Ferrovie dello Stato, sono espressione di potere
regolamentare e, quindi, fonti di diritto obbiettivo […]. In definitiva si tratta di norme regolamentari
generali, le quali sono efficaci nei confronti di tutti gli utenti del servizio ferroviario e non sono
disposizioni contrattuali ai sensi del primo comma dell'art. 1341 cod. civ.”. 116
COMMELLINI, op. cit., pp. 968-970.
41
gestione dell’infrastruttura e per il servizio di trasporto, mentre la legge 23 dicembre
2000, n. 388, ha previsto le prime disposizioni per la liberalizzazione del trasporto
ferroviario nazionale.
Per quanto rileva ai nostri fini, le Condizioni Generali di Vendita sono state oggetto di
un periodico rinnovamento da parte sempre di organi interni all’azienda ferroviaria e da
ultimo sono state sostituite dalle “Condizioni Generali di Contratto per il trasporto delle
merci per ferrovia”, adottate con delibera del Consiglio di Amministrazione di
Trenitalia S.p.a. del 31/01/2011 e in vigore dal 1o marzo 2012. L’art. 2 afferma
testualmente, al I comma, che “per quanto non espressamente previsto dalle presenti
Condizioni Generali e dagli altri documenti contrattuali di cui al precedente art. 1,
trovano applicazione le disposizioni stabilite in materia dal codice civile e dalle altre
disposizioni di legge e/o regolamenti”. Dall’intitolazione delle stesse come “Condizioni
Generali di Contratto” e dal tenore dell’art. 2, in mancanza di riferimenti dottrinali al
riguardo, ci sembra di aderire, seppur con qualche riserva, alla tesi che riconosce ormai
carattere negoziale alle condizioni di trasporto, quanto meno nel trasporto merci.
Per il traffico passeggeri si pone il problema invece della già citata diarchia, perché,
mentre alle condizioni per il trasporto merci ci sembra giocoforza di dover riconoscere
natura negoziale, l’ultima versione delle “Condizioni Generali di Trasporto dei
passeggeri di Trenitalia” (che ha subito alcune modifiche con l’entrata in vigore
dell’orario 2011-2012) sancisce espressamente, all’art. 2 (“Principali fonti normative
riguardanti il trasporto ferroviario passeggeri”), come tra le fonti normative legislative
vi sia anche la l. 911/1935 che, come già sappiamo, incorpora le risalenti Condizioni e
Tariffe per il trasporto di persone sulle FS. Al riguardo è però opportuno fare alcune
riflessioni, dettate sia dagli sviluppi giurisprudenziali che dal dato normativo,
interpretato alla luce della prassi in materia di liberalizzazione dei servizi ferroviari
passeggeri di questi ultimi anni.
Sotto il primo aspetto, c’è da rilevare che i giudici di merito molto spesso considerano
le condizioni generali predisposte dal vettore ferroviario come clausole negoziali,
qualora non siano riprodotte in testi di legge o di regolamento, al fine di apprestare una
maggiore tutela al passeggero – utente attraverso il sindacato di vessatorietà ai sensi
degli artt. 1341 del Codice Civile e 36 e ss. Codice del Consumo117
. Emblematica è la
117
CAGNAZZO, TOSCHEI, POZZI (a cura di), op. cit., p. 690, nota 67.
42
sentenza del 30 dicembre 2008 del Giudice di pace di Piacenza118
: su ricorso di un
pendolare esasperato dalle pessime condizioni del materiale rotabile e dai continui
ritardi del suo treno regionale Piacenza - Milano, il giudice ha riconosciuto al ricorrente
un cospicuo risarcimento danni (sia patrimoniali che non), in deroga al regime previsto
dalla l. 911/1935, sul presupposto che detto servizio era concordato attraverso la
convenzione (cd. Contratto di servizio) stipulata tra Trenitalia e la Regione Emilia –
Romagna per la gestione del traffico ferroviario regionale. Poiché in detta convenzione
non veniva fatto riferimento alla citata legge del 1935, gli obblighi specifici a cui
Trenitalia è tenuta ad adempiere sono quelli previsti nell’accordo con la Regione, le cui
clausole possono essere sottoposte, in quanto contenute in un atto negoziale, al controllo
di vessatorietà ex art. 101 d.lgs. 206/2005 (dedicato alla tutela degli utenti di servizio
pubblico), il cui II comma prevede come “il rapporto di utenza deve svolgersi nel
rispetto di standard di qualità predeterminati e adeguatamente resi pubblici”119
. Alla
luce di questo ragionamento, pare potersi riconoscere, quantomeno alle condizioni di
trasporto riguardanti i servizi regionali, erogati dalle varie Direzioni Trasporto
Regionale di Trenitalia nel quadro del Contratto di Servizio stipulato con le Regioni
italiane, valenza privatistica di condizioni generali di contratto120
.
Quid iuris invece per le condizioni applicabili ai servizi passeggeri a media e lunga
percorrenza?
Anche se verrà approfondito in seguito, con la liberalizzazione dei servizi ferroviari, il
titolo autorizzativo per esercitare trasporto merci e passeggeri sulla rete nazionale non è
più la concessione ex art. 1679 bensì la licenza ferroviaria (dapprima prevista dal d.p.r.
146/1999, poi modificata dal d.lgs. 188/2003 e da ultimo dalla l. 99/2009): il possesso
della stessa legittima l’operatore ferroviario allo svolgimento del servizio, sulle tracce
che gli sono state assegnate, verso il pagamento di un canone di utilizzo
118
Pubblicata ne I primi passi del danno non patrimoniale per inadempimento contrattuale dopo le
Sezioni Unite di San Martino, in Danno e Responsabilità, 2009, pp. 771 e ss. con nota di C. AMATO. 119
Secondo la ricostruzione del giudice piacentino, “l’asserzione di Trenitalia […] non può essere
condivisa: quanto stabilito dall’invocata e «datata» legge 911/1935 (tra l’altro mai richiamata dal
contratto di servizio tra Regioni Lombardia /Emilia e Trenitalia) deve essere coordinata con la mutata
realtà rappresentata dalla privatizzazione delle ferrovie e conseguentemente con le disposizioni di cui al
d. lgs. 6 settembre 2006 n. 206 (codice del consumo) che con specifica norma sui servizi pubblici prevede
che «il rapporto di utenza deve svolgersi nel rispetto di standard di qualità predeterminati», escludendo,
all’evidenza, che nella fattispecie l’obbligo di Trenitalia possa esaurirsi nel trasporto dell’utente alla
destinazione prevista a prescindere dalle «modalità esecutive» di quest’obbligo”. 120
BUSTI, op. cit., pp. 497-498, ritiene che, stante l’autonomia del contratto di servizio, esso non sarebbe
altro che una sorta di riproduzione pattizia degli impegni già previsti per l’esercente un servizio pubblico
di linea, ai sensi dell’art. 1679, norma che, a detta dell’autore, ha ancora valenza cogente per quanto
concerne l’obbligo di non discriminazione degli utenti.
43
dell’infrastruttura (oggi gestita da Rete Ferroviaria Italiana, RFI). Trenitalia è titolare
della licenza n.1, rilasciata il 23 maggio 2000, a cui si sono affiancate quelle di molte
altre imprese ferroviarie, prima solo per il trasporto merci, poi anche per quello
passeggeri (la licenza n. 44, ad esempio, è rilasciata a Nuovo Trasporto Viaggiatori).
Ebbene, ogni vettore è libero di predisporre le proprie “Condizioni Generali del
Contratto di trasporto” (secondo la formula adottata dagli attuali competitors di
Trenitalia nel traffico passeggeri a lunga percorrenza), nel rispetto della disciplina
internazionale uniforme e comunitaria. Per allinearsi alla concorrenza, Trenitalia ha più
volte recentemente modificato le proprie condizioni generali di trasporto, senza che
queste modifiche fossero contenute in atti normativi. Il fatto, poi, che esistono servizi a
lunga percorrenza stabiliti dal Contratto di Servizio tra Stato e Trenitalia (ad esempio, i
pochi espressi notturni Nord – Sud ancora presenti in orario) erogati dietro sussidio
statale (che quindi potrebbe rappresentare una contropartita per il mantenimento di
quegli obblighi di servizio pubblico previsti dall’art. 1679), accanto a servizi
interamente “a mercato” (ci riferiamo a tutti i collegamenti sulle linee ad Alta Velocità)
non fa altro che complicare la situazione. A nostro modesto avviso, nonostante
l’espresso richiamo nelle condizioni di trasporto di Trenitalia alla l. 911/1935, ci sembra
di poter riconoscere valenza negoziale anche a queste, considerando come cadute in
desuetudine le risalenti condizioni e tariffe degli anni ’30121
.
Dal riconoscere natura di condizioni generali di contratto alle clausole unilateralmente
predisposte dai vettori ferroviari per la regolamentazione del contratto di trasporto
discende, come detto, l’importante conseguenza della loro sottoposizione al controllo di
vessatorietà ai sensi del Codice del Consumo. Come è noto, tale testo normativo
appresta tutela però solo alla “persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività
imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3,
lett. a), dovendo la stessa dare la prova delle proprie qualità di consumatore: nel caso
dell’utente di un servizio di trasporto, la dottrina ritiene che quasi sempre costui assuma
121
La nostra impostazione del problema ricalca quella espressa da CASANOVA, BRIGNARDELLO, op.
cit., pp. 38-39, dove si ragiona, come abbiamo fatto noi, nell’ottica di competizione tra imprese
ferroviarie in un settore dove Trenitalia non è più concessionaria in esclusiva del trasporto. Per gli autori,
ogni vettore può predisporre le proprie condizioni contrattuali, “eventualmente ispirandosi, così come ha
fatto Trenitalia S.p.a., alle implicitamente abrogate Condizioni e Tariffe”, e queste assumono quindi
valore negoziale, potendo essere sottoposte alla disciplina degli artt. 1341-1342 del Codice Civile. Inoltre,
le imprese che effettuano servizio ferroviario nazionale sarebbero soggette in generale alla disciplina dei
contratti così come prevista nel Codice (artt. 1321 e seguenti), mentre per le disposizioni particolari
bisognerebbe rifarsi alle previsioni in materia di contratto di trasporto “e per gli aspetti non disciplinati,
sull’appalto di servizi (artt. 1655 e seguenti)”.
44
la qualifica prevista dal d.lgs. 206/2005. Infatti, la normativa è sicuramente sempre
applicabile quando l’utente non è un imprenditore o un professionista, mentre nel caso
di questi ultimi basterà loro dare la prova che il contratto di trasporto è in relazione solo
strumentale alla loro attività122
.
Infine, per giuste ragioni di completezza, ci pare doveroso riportare una posizione
“intermedia” nella disputa circa la natura giuridica delle C.G.T di Trenitalia, orientata
alla perdurante vigente delle risalenti Condizioni e Tariffe delle FS: certa dottrina ha
recentemente affermato che “ogni clausola delle Condizioni di trasporto praticata, sia
essa di natura contrattuale, che di natura normativa, possa incontrare i limiti posti dal
codice civile e dal codice del consumo, a meno che non sia una clausola riproduttiva di
disposizioni di legge non in contrasto con la normativa europea in tema di trasporto
ferroviario o sia attuativa di principi contenuti in convenzioni internazionali della quale
siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione Europea”123
.
4.2. La disciplina del trasporto dei passeggeri di Trenitalia
Una volta delineata quella che è stata l’evoluzione delle risalenti Condizioni e tariffe per
il trasporto di passeggeri sulle Ferrovie dello Stato, fino a divenire, anche per effetto dei
mutamenti della struttura del vettore ferroviario nazionale, le attuali Condizioni
Generali di Trasporto dei passeggeri di Trenitalia, passiamo ora in rassegna queste
disposizioni, potendo così enucleare quelli che sono i profili caratteristici del contratto
di trasporto di persone stipulato dal vettore che detiene ancora oggi la stragrande
maggioranza dei servizi passeggeri sulla rete italiana. E’ necessario infatti ricordare che
Trenitalia non è più l’unica impresa esercente servizi ferroviari in Italia, poiché,
tralasciando i treni gestiti dalle compagnie regionali sulla rete statale (che rientrano
comunque nella previsione di un contratto di servizio stipulato anche da Trenitalia) e
quelli merci erogati da imprese private (alle volte controllate da grandi vettori
stranieri)124
, dall’orario 2009/2010, con l’inizio dei servizi Eurocity tra Italia e
Germania sulla linea Verona – Brennero (affidati alla joint venture tra le ferrovie
tedesche, DB, quelle austriache, ÖBB e Le Nord) si sono affacciati sui binari italiani
122
BUSTI, op. cit., pp. 581-583, per cui, stando a questa ricostruzione, solo un soggetto “la cui
professione è quella di viaggiare” non potrebbe beneficiare della tutela prevista dal Codice del Consumo. 123
C. TOSORATTI, Il contratto di trasporto ferroviario di persone, in R. LOBIANCO (a cura di),
Compendio di diritto ferroviario, Milano, 2012, p. 102. 124
L’esempio è quello di NordCargo S.r.l., la prima compagnia privata italiana ad effettuare servizio
merci in proprio (2001), controllata al 60% da DB Schenker Rail, ramo merci internazionale delle
Ferrovie tedesche.
45
anche i servizi passeggeri di imprese totalmente indipendenti dall’ex monopolista
nazionale.
Le attuali (versione aggiornata al 24 settembre 2012)125
Condizioni Generali di
Trasporto (in proseguo C.G.T.) sono divise in quattro parti: la Parte I è dedicata alle
Norme Comuni, la Parte II al Trasporto Nazionale126
(comprensiva di un copioso
allegato contenente le tariffe per tutti i servizi passeggeri non regionali), la Parte III
dedicata al Trasporto Regionale e l’ultima (la IV) a quello Internazionale.
La Parte I è quella che contiene le norme di carattere generale applicabili al contratto di
trasporto stipulato tra Trenitalia e gli utenti, valenza che infatti è subito ribadita dall’art.
1127
. Premettiamo che il testo delle C.G.T. si ispira in alcuni punti al dettato delle
“vecchie” Condizioni e Tariffe di cui alla l. 911/1935, per cui, ove lo riterremo
opportuno, verrà confrontata l’attuale disciplina con quella precedente. Alle suddette
Condizioni e Tariffe fa poi espresso riferimento il successivo art. 2 delle C.G.T.,
facendole assurgere al rango di “principali fonti normative riguardanti il trasporto
ferroviario passeggeri”, unitamente al regolamento (CE) 1371/2007 (che, come
sappiamo, disciplina i diritti e gli obblighi dei viaggiatori sulla scorta delle disposizioni
della CIV, che costituisce un Allegato dello stesso)128
, alla legge 18 febbraio 2009, n.
9129
, e al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753 (“Nuove norme
in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi
di trasporto”). Come fonte integrativa della disciplina del servizio ferroviario regionale
e metropolitano vengono previste le leggi regionali “che disciplinano specificamente la
materia” le cui disposizioni vengono recepite dal Contratto di Servizio stipulato con la
125
Si trovano pubblicate sul sito internet di Trenitalia all’indirizzo:
“http://www.trenitalia.com/cms/v/index.jsp?vgnextoid=6a65f19d7485a110VgnVCM10000080a3e90aRC
RD”. 126
Rientrano tra i collegamenti nazionali, ex art. 1 della Parte II, i “servizi Trenitalia di trasporto
ferroviario di passeggeri effettuati in ambito nazionale con i treni classificati Espressi (E), Intercity (IC),
Intercity Notte (ICN), Frecciabianca (FB), Eurostar Italia (ES), Alta Velocità Frecciarossa e
Frecciargento (AV) e, salvo eccezioni espressamente indicate, con treni internazionali limitatamente a
relazioni nazionali”. 127
Esso prevede che “le presenti Condizioni Generali di trasporto dei passeggeri (di seguito “Condizioni
Generali”) si applicano ai servizi di trasporto ferroviario passeggeri effettuati da Trenitalia in ambito
regionale, nazionale e internazionale limitatamente a percorsi effettuati sul territorio italiano e, per
quanto applicabili, anche ai percorsi effettuati fuori dal medesimo territorio.
Le norme comuni contenute nella Parte I delle Condizioni Generali si applicano a tutti i suddetti servizi,
salvo che non siano specificatamente derogate nella Parte II - Trasporto nazionale, nella Parte III –
Trasporto regionale e nella Parte IV – Trasporto internazionale”. 128
Il sito di Trenitalia contiene un riferimento a tale normativa nella sezione dedicata alla Guida del
Viaggiatore, che consiste in un riassunto di più agevole lettura delle C.G.T. 129
Essa si segnala solo per aver ripristinato l’efficacia delle Condizione e Tariffe del 1935 dopo che
l'articolo 24 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 ne aveva disposto l’abrogazione.
46
Regione (secondo quanto prevede l’art. 1 della Parte III). Inoltre, per effetto di
quest’ultimo articolo, è interessante notare come, in seguito alla costituzione di
Trenord130
, la Parte III delle C.G.T. non sia più applicabile “entro i confini territoriali
amministrativi della Regione Lombardia”, ove prevalgono le Condizioni Generali di
Trenord stessa.
L’art. 3 della Parte I ci offre l’occasione di compiere alcune riflessioni sul contratto di
trasporto ferroviario di passeggeri, analizzando anche brevemente quella che era la
disciplina più risalente. Esso è rubricato “Contratto di trasporto” e prevede come “con il
contratto di trasporto Trenitalia si obbliga a trasportare i passeggeri, dal luogo di
partenza fino al luogo di destinazione, previo pagamento del prezzo previsto”; si
comprende bene come si abbia a che fare con un contratto (consensuale) a prestazioni
corrispettive. Il momento perfezionativo è variabile: normalmente esso si perfeziona
con l’acquisto del biglietto131
, ma la possibilità, riconosciuta dall’art. 23 del d.p.r
753/1980 di acquistare il biglietto a bordo del treno, ha indotto parte della dottrina e
della giurisprudenza a ritenere che il contratto si perfezioni, come per gli altri mezzi
pubblici, non appena il viaggiatore, sfornito di biglietto, salga sul treno (purché poi
regolarizzi la sua posizione col capotreno). Quest’ultima considerazione può dirsi oggi
valida solo in rari casi, riguardanti spesso (e quasi solamente) i treni regionali. Infatti,
l’art. 5, II comma, della Parte I delle C.G.T. afferma che “l’acquisto a bordo dei treni è
consentito solo in particolari circostanze definite espressamente nelle Condizioni
Generali, a seconda della categoria di treno che si intende utilizzare e soltanto per
determinate tipologie di titoli di viaggio”. La politica di Trenitalia si è orientata negli
ultimi anni verso la predisposizione dell’obbligo, per tutti i treni a lunga percorrenza
(Espressi, Intercity, Intercity Notte, Euronight, Frecciabianca, Eurostar Italia,
Frecciarossa e Frecciargento), di prenotazione del posto al momento dell’acquisto del
biglietto: di conseguenza, essendo l’accesso a questi treni vincolato, di norma, al solo
numero di posti a sedere disponibili (e alla tratta ove lo sono), il biglietto non è
acquistabile in treno e il contratto si perfeziona con l’acquisto, da parte del viaggiatore,
del biglietto con il posto prenotato per un determinato giorno su un determinato
130
Trenord S.r.l. è la società, composta in maniera paritetica dalla Divisione Trasporto Regionale di
Trenitalia della Lombardia e da Le Nord (società del Gruppo Ferrovie Nord Milano che gestiva il servizio
su alcune ex ferrovie concesse lombarde), che dal 3 maggio 2011 gestisce tutto il servizio ferroviario
regionale della Lombardia, con servizi che sconfinano in Veneto ed Emilia – Romagna. 131
Secondo quella che è l’impostazione classica riportata da PAOLUCCI, op. cit., p. 23
47
convoglio per una determinata tratta132
. Senonché, la “selva” di disposizioni
sull’argomento presente soprattutto nella Parte II delle C.G.T. prevede anche che,
solamente per i treni Frecciarossa, Frecciabianca e Intercity, sia possibile, qualora “i
posti a sedere disponibili risultino esauriti, per un numero predefinito di biglietti e
salvo che non sia diversamente stabilito dalle singole offerte, acquistare un biglietto a
prezzo Base intero […]valido per il treno ed il giorno prenotato ma senza garanzia del
posto a sedere”, disposizione che sembrerebbe consentire in tali casi anche l’acquisto a
bordo del treno133
. Per il resto, “per motivi di politica antifrode e a causa dell’obbligo
della prenotazione del posto, l’acquisto a bordo del treno del biglietto di norma non è
consentito. Tale possibilità è prevista, limitatamente al percorso servito dal treno,
previo avviso al personale di bordo, esclusivamente per i viaggiatori che siano partiti
da stazioni in cui la biglietteria non era aperta nell’orario di partenza del treno, a
condizione che le stazioni di partenza non siano dotate di self service funzionanti che
rilascino la tipologia di titolo di viaggio richiesta dal viaggiatore. Tale possibilità è
limitata a determinate tipologie di biglietti” (art. 2, V comma). Normalmente tale
eventualità si verifica sui treni regionali, che fermano in stazioni dove (purtroppo
sempre più frequentemente) i servizi per l’erogazione dei biglietti sono chiusi o non
funzionanti a causa di guasti o atti vandalici. In questi casi, l’art. 3 della Parte III
prevede che l’acquisto possa avvenire a bordo del treno “senza applicazione delle
previste soprattasse e penalità”, purché l’impianto di partenza non possieda punti
vendita alternativi (quali le agenzie di viaggio o le tabaccherie autorizzate) e sia dato
pronto avviso al personale di condotta del treno. La possibilità di acquisto del biglietto a
bordo del treno era consentita anche dalle Condizioni e Tariffe, dove però le preclusioni
a tale modalità erano decisamente meno che oggi (artt. 3 e 8)134
.
Le considerazioni appena svolte ci permettono subito di delineare le caratteristiche del
biglietto. Il contratto di trasporto ferroviario di persone non esige alcun requisito di
132
Art. 2, III comma, Parte II: “Per i treni del servizio nazionale Alta Velocità Frecciarossa e
Frecciargento, Eurostar Italia, Frecciabianca, Intercity, Intercity notte ed Espressi, per il servizio
cuccette, VL, Excelsior, Excelsior E4 viene emesso un biglietto con assegnazione contestuale del posto
sul treno e per il giorno riportato sul biglietto stesso.
Il biglietto con assegnazione del posto è valido per il giorno ed il treno prenotati.” 133
L’esclusione dei treni Frecciargento da questa modalità è dettata da ragioni tecniche, spesso
sconosciute: questi convogli sono dotati di un sistema di inclinazione della cassa che premette loro di
iscriversi celermente nelle curve, compensando la forza centrifuga, per aumentare la velocità su linee che
altrimenti non lo consentirebbero (da qui il soprannome di “Pendolini”), pertanto non è consentita la
presenza di viaggiatori in piedi. 134
BUSTI, op. cit., pp. 610-611 compara le Condizioni e Tariffe con le Condizioni Generali di Trenitalia
del 2004.
48
forma e nemmeno di prova: di conseguenza, il biglietto è documento che identifica
l’avente diritto alla prestazione del trasporto (è, cioè, un mero titolo di legittimazione
per il creditore del trasporto)135
. E infatti, l’art. 5, I comma, delle Norme Comuni
afferma che “per essere ammesso al trasporto il viaggiatore deve essere in possesso di
un titolo di viaggio (biglietto, abbonamento, pass, etc.) valido per il treno, il servizio e,
ove applicabile, la classe che utilizzerà”. Il biglietto può considerarsi valido quando, nel
caso dei treni Regionali, Regionali Veloci, Suburbani e Metropolitani, questo si stato
convalidato nelle apposite validatrici: il biglietto regionale infatti, ex art. 4 Parte IV, ha
validità di due mesi dal momento dell’acquisto (alcuni autori parlano di “biglietto
aperto”) e di 6 ore da quello della convalida. Per queste sue peculiarità, la dottrina si è
interrogata circa il momento di perfezionamento del contratto di trasporto136
. Alcuni
ritengono che l’acquisto del biglietto si sostanzi in un’anticipazione, da parte del
viaggiatore, del prezzo del trasporto, e che quindi il contratto sia concluso con la
convalida del biglietto, mentre la visione opposta ritiene la convalida e la scelta
conseguente di quale treno utilizzare attinente solo alla fase esecutiva, perfezionandosi
il contratto con l’acquisto del biglietto (momento perfezionativo indubbiamente valido
per tutti i treni a lunga percorrenza, dove, come abbiamo visto, la prenotazione del posto
è, di norma, obbligatoria)137
. Il possesso del valido titolo di viaggio, che indica come il
passeggero abbia esercitato la modalità di scelta riconosciuta dalla normativa
ferroviaria, legittima poi lo stesso a invocare la responsabilità del vettore per sinistri o
altri inconvenienti del trasporto, in quanto è titolo che indica come il creditore stia
usufruendo della prestazione negozialmente dovuta dal vettore.
Il biglietto è, di norma, cedibile, purché la cessione non avvenga “a bordo del treno, né
nelle fasi di salita e discesa dal treno, fino all’uscita della stazione” (art. 5, III comma);
il biglietto non è invece cedibile qualora lo stesso riporti particolari qualità del soggetto
(ad esempio, i biglietti nominativi, per cui è previsto che, all’atto di controllo da parte
del personale viaggiante, l’avente diritto mostri un valido documento di identità). Il
biglietto, in linea generale, contiene “tutte le indicazioni necessarie a definire il
contenuto del contratto di trasporto”, per tali dovendosi intendere la stazione di
partenza e di arrivo, l’itinerario, la classe e la tariffa applicata, il giorno di rilascio, il
135
PAOLUCCI, op. cit., pp. 27-29. 136
Posizioni riportate da BUSTI., op. cit., pp. 612-613. 137
Ricordiamo chi il biglietto può essere convalidato dal personale di bordo del treno qualora sia dato
pronto avviso della mancata convalida, dettata da mancanza di validatrici funzionanti nella stazione di
partenza.
49
prezzo e l’indicazione, per i biglietti nominativi, degli elementi atti a identificarne il
legittimo possessore (art. 2 della Parte III; il contenuto “minimo” è quello dei biglietti
regionali), oltre a indicazioni specifiche in relazione alla tipologia di biglietto emesso e
al relativo treno (art. 2, VI comma per il traffico interno a lunga percorrenza): le
disposizioni degli articoli citati ricalcano fedelmente quello che era il disposto dell’art. 5
delle Condizioni e Tariffe.
Le C.G.T. di Trenitalia si discostano invece sotto un rilevante aspetto dalla legislazione
ferroviaria del 1935. Infatti, dall’art. 1, I comma138
, delle Condizioni e Tariffe si
desumeva come “l’offerta di trasporto interno di persone per ferrovia non è implicita
nella stessa circolazione del convoglio: […] le FS eseguono i trasporti ad essa chiesti
dai viaggiatori, sia pure con obbligo per la stessa di accettare tale domanda […] per
darvi poi corso nei limiti della normale capacità dell’esercizio ferroviario”139
. Oggi
questa disposizione non si trova più in alcun articolo delle C.G.T. di Trenitalia,
probabilmente a testimoniare il fatto che la stessa non si sente più soggetta ad obblighi
di servizio pubblico (anche se poi l’espressa applicabilità delle Condizioni e Tariffe è
prevista dall’art. 2 delle Norme Comuni e, quanto meno per i treni regionali e per alcuni
treni a lunga percorrenza rientranti tra i servizi cd. universali, gravano ancora sulla
società obblighi di tal genere).
Come si evince dal già visto art. 3, il contratto di trasporto di persone su Trenitalia è un
contratto a prestazioni corrispettive, dove all’obbligazione del vettore di trasportare il
passeggero da un luogo all’altro corrisponde l’obbligo per quest’ultimo di versare il
prezzo del trasporto, “cioè il corrispettivo dovuto al vettore per il trasferimento della
persona”140
. In verità, poiché il corrispettivo dovuto al vettore è determinato dal
risultato del trasporto, il prezzo dovrebbe essere corrisposto al termine del viaggio141
.
Invece, con formulazione analoga, l’art. 6 delle attuali C.G.T. e l’art. 5, V comma, delle
Condizioni e Tariffe prescrivono che il pagamento del prezzo deve avvenire “prima
della partenza del treno e con moneta avente corso legale nello Stato”, salvo poi la
norma più recente ammettere il pagamento anche con carte di credito, soprattutto per i
biglietti acquistati nei punti vendita self service o attraverso il sito internet di Trenitalia.
138
“L'amministrazione delle ferrovie dello Stato eseguisce sulle linee da essa esercitate, alle condizioni
ed ai prezzi in vigore, i trasporti delle persone dei quali sia richiesta, quando vi possa dar corso coi
mezzi corrispondenti ai bisogni ordinariamente prevedibili e quando non ostino circostanze straordinarie
o di forza maggiore”. 139
BUSTI, op. cit., p. 610. 140
PAOLUCCI, op. cit., p. 44. 141
Ibidem, p. 47.
50
L’obbligo di pagare anticipatamente il prezzo del trasporto non è l’unico obbligo che
grava sul passeggero: costui deve esibire, a richiesta sia del personale di condotta del
treno che di quello di terra, il biglietto con cui sta viaggiando142
, oltre agli eventuali
documenti che debbano correlarsi allo stesso. Al riguardo, il rifiuto all’esibizione del
titolo di viaggio o a fornire le proprie generalità, unitamente a proteste e comportamenti
che possano integrare una fattispecie penale, configurano oggi dei veri e propri reati, in
quanto al personale viaggiante di Trenitalia è riconosciuta, per effetto della sentenza
della Cass, sez. I penale, 18 settembre 2009, n. 38389, la qualifica di pubblico ufficiale,
“in quanto munit(o) di poteri autoritativi e certificativi e svolgent(e) una funzione
amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico”. La sentenza lascia però
qualche perplessità, in quanto non viene fatto alcun riferimento alla qualifica che
dovrebbero rivestire i controllori di altre aziende di trasporto ferroviario, che pure
svolgono le medesime mansioni di quelli di Trenitalia, potendo così configurarsi un
ingiustificato trattamento di favore verso questi ultimi.
Altro obbligo che il passeggero deve adempiere è quello di cooperazione col vettore
ferroviario, al fine di proteggersi sia dalle cause estranee che possano provocargli dei
danni sia di evitare che questi possano comunque occorrergli per un suo comportamento
non conforme alle norme ferroviarie. A questo proposito, l’art. 2 delle Condizioni e
Tariffe (“Obblighi di chi si serve della ferrovia”) prevedeva un ampio catalogo di
comportamenti che il passeggero doveva tenere per garantirsi sicurezza e incolumità
durante il viaggio. Oggi, l’art. 9 (Parte I) delle C.G.T. disciplina gli “obblighi e
responsabilità del viaggiatore” sulla scorta della normativa del 1935: viene infatti
ribadito (con testo pressoché identico) che “il viaggiatore deve usare le precauzioni
necessarie e vigilare, per quanto da lui dipenda, alla sicurezza ed incolumità della sua
persona e delle persone o degli animali e dei bagagli che sono sotto la sua custodia
[…]”, oltre ad osservare tutte le prescrizioni date dal gestore del servizio o da quello
dell’infrastruttura per il corretto utilizzo del servizio ferroviario e degli ambienti di
stazione. In caso di mancata osservanza di queste disposizioni, il viaggiatore, a cui sia
occorso un danno a causa proprio del suo comportamento negligente o imprudente, non
può invocare la responsabilità del vettore ferroviario, su cui grava sempre e comunque
un dovere di diligenza e prudenza, al fine di garantire la sicurezza e la regolarità del
142
Ex art. 5, III comma, delle Norme Comuni, per cui “Il viaggiatore deve esibire, su richiesta del
personale ferroviario, in prossimità della salita, a bordo del treno e fino all’uscita dalla stazione
ferroviaria il titolo di viaggio […]”.
51
servizio143
. Inoltre, lo stesso articolo sancisce che “il viaggiatore è responsabile nei
confronti di Trenitalia per qualsiasi danno causato dagli oggetti o animali che porta
con sé, a meno che non provi che il danno sia stato causato da circostanze che non
poteva evitare, ed alle cui conseguenze non poteva ovviare, benché avesse dato prova
della diligenza richiesta ad un viaggiatore coscienzioso”: tale norma ricalca fedelmente
l’art. 53 della CIV 1999 e addossa al viaggiatore la responsabilità per danni causati da
animali, oggetti o persone di cui aveva la custodia, salvo che dimostri che essi si sono
verificati a causa di una situazione eccezionale, a cui, nonostante l’uso della diligenza
(possiamo assimilare il viaggiatore coscienzioso al buon padre di famiglia dell’art. 1176
del Codice Civile), non ha potuto opporre rimedio.
Prima di passare in rassegna gli aspetti salienti della responsabilità del vettore
ferroviario, occorre spendere qualche parola sulla nozione di bagaglio e sulle
disposizioni corrispondenti. Il bagaglio di cui ci occupiamo è però solo quello
considerato “collo a mano”, ossia facente parte di quella schiera di “oggetti facili da
portare (non necessariamente rinchiusi in un imballaggio) perché di modesto valore e
volume e collocabili sotto o sopra il sedile occupato dal viaggiatore”144
: infatti, il
trasporto di bagagli registrati (ossia quelli che vengono consegnati al vettore e per i
quali viene emesso uno scontrino a testimonianza del deposito) non è più previsto sui
servizi di Trenitalia (accanto alla spedizione di piccole partite di merce), in quanto esso
era previsto fino all’ultima versione delle Condizioni e Tariffe per il trasporto di cose
sulle FS (d.p.r. 197/1961) ma è stato abolito con l’introduzione, nel 1995, delle
Condizioni Generali di Vendita. I colli a mano, che viaggiano gratuitamente, possono
contenere sia merci destinate al commercio che effetti personali del viaggiatore o
oggetti suscettibili di spedizione: il dato per identificarli però risiede nella sorveglianza
che il viaggiatore deve apprestare agli stessi. Infatti, dei colli a mano il viaggiatore
conserva la detenzione durante il viaggio, in quanto essi sono collocati nelle bagagliere
o in vani prossimi al proprietario (situazione frequente per valigie, zaini ecc.), “senza
però che il vettore abbia accettato la custodia del bagaglio stesso e assunto quindi, al
143
La risalente sentenza Cass, 10 agosto 1949, n. 2264, riportata da PAOLUCCI, op. cit., pp. 53-54,
riconosce che qualora l’evento dannoso ha per causa, oltre al comportamento colposo del passeggero,
anche la condotta negligente e imprudente delle FS e l’inosservanza da parte del relativo personale di
norme regolamentari, le FS rispondono in concorso di responsabilità del viaggiatore. La sentenza della
Corte dei Conti del 26 gennaio 1994, n. 82352, aggiunge che “l’essere sceso dal treno in corsa dimostra
violazione sia di precise norme che concernono il trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato sia del
principio della comune diligenza; per cui si concretizza la fattispecie della colpa grave tale da escludere
il nesso di causalità tra l’evento e il servizio”. 144
BUSTI, op. cit., p. 176.
52
suo riguardo, alcuna responsabilità ex recepto”145
. L’art. 10, V comma, delle Norme
Comuni, esclude infatti la responsabilità del vettore ferroviario, salvi i casi di “perdita
totale o parziale o avaria durante il viaggio a seguito di incidente se delle conseguenze
dell'incidente Trenitalia è tenuta a rispondere, ovvero nel caso in cui la perdita o
avaria sia dovuta a colpa di Trenitalia”. Il trasporto di colli a mano, oggi definiti
indistintamente come bagagli dalle C.G.T., è disciplinato dall’art. 4 del III Capitolo
(Servizi aggiuntivi)146
delle norme dedicate al trasporto nazionale e dall’art. 9 delle
norme sul trasporto regionale: entrambi gli articoli prevedono, in linea generale,
l’ammissibilità di oggetti facilmente trasportabili negli appositi spazi all’intero delle
carrozze, purché non rechino disturbo agli altri passeggeri e non siano d’intralcio al
personale ferroviario, mentre viene escluso il trasporto di particolari oggetti e materie
pericolose o nocive (ai sensi dell’Allegato RID alla COTIF 1999).
Come bagagli (nel senso di colli a mano) sono considerate le biciclette al seguito del
viaggiatore, che possono viaggiare solo sui treni (normalmente del Trasporto Regionale
e qualche Intercity) con un apposito scomparto dedicato, previo pagamento di un
“supplemento bici utilizzabile per 24 ore dal momento della convalida” (art. 11, Parte
III). La bicicletta deve essere caricata e scaricata a cura del passeggero, che deve
esercitare la custodia sulla stessa, non spettando tale compito al personale ferroviario;
Trenitalia, inoltre, si assume la responsabilità per danni solo in caso di incidente ad essa
imputabile, nel qual caso corrisponderà al danneggiato un importo fisso (attualmente
260 euro, salva la dimostrazione di un maggior danno). La bicicletta che sia smontata e
contenuta nell’apposita sacca può invece viaggiare gratuitamente su tutti i convogli di
Trenitalia.
Anche gli animali di piccola taglia sono considerati colli a mano e vanno trasportato in
un apposito contenitore, mentre quelli più grandi possono nondimeno prendere posto sul
treno, dall’estate 2012 anche sui convogli Frecciarossa (art. 5, Parte II), purché il
proprietario acquisti un biglietto ridotto per l’animale.
Infine, il d.p.r. 197/1961 disciplinava il trasporto di auto al seguito del viaggiatore come
quello di un bagaglio consegnato al vettore e registrato, essendo esso oggetto di uno
specifico contratto di trasporto, funzionalmente collegato a quello del trasporto del
145
Ibidem, p. 178. 146
La rubrica ci permette di ricordare che il trasporto di bagaglio è considerato una prestazione accessoria
nell’ambito dell’unitario contratto di trasporto di persone (non l’oggetto di un patto aggiunto al contratto).
53
passeggero al cui seguito l’autoveicolo viaggiava147
. Il servizio auto al seguito sul
territorio nazionale è stato unilateralmente soppresso da Trenitalia con l’orario
2011/2012 (in vigore dall’11 dicembre 2011), giustificando la scelta con la (presunta)
scarsa frequentazione dei treni adibiti a tale servizio e il loro costo elevato per il vettore.
4.3. La responsabilità del vettore ferroviario
Concludiamo questo primo capitolo dedicato alla disciplina del contratto di trasporto
ferroviario di persone nel nostro ordinamento con l’analisi della normativa in materia di
responsabilità del vettore. Tale analisi verterà essenzialmente sul regime dettato a suo
tempo dal legislatore per le FS e poi ripreso da Trenitalia, che anche le altre imprese
ferroviarie operanti nel trasporto di passeggeri hanno adottato, allineandosi alla
normativa comunitaria di riferimento. L’argomento è stato oggetto di una costante
evoluzione nel tempo, sia a livello legislativo che giurisprudenziale, soprattutto per
quanto concerne la responsabilità per danni alle persone e quella per ritardo
nell’esecuzione del trasporto.
Iniziamo la rassegna trattando della responsabilità per danno alle persone, mettendo in
evidenzia l’evoluzione della disciplina. Inizialmente, le Condizioni e Tariffe di cui alla
l. 911/1935, all’art. 13, IV comma, affermavano che le FS rispondevano solamente dei
danni derivanti da anormalità del servizio, a meno che le stesse non fossero riuscite a
provare che l’anormalità era avvenuta per caso fortuito o forza maggiore148
. La norma si
discostava sensibilmente dal regime previsto in via generale per il trasporto di persone
dall’art. 1681 del Codice Civile: infatti, nella norma codicistica è previsto che il
danneggiato debba dare la prova del pregiudizio subito durante il viaggio e del nesso di
causalità tra il trasporto e l’evento lesivo, mentre nella normativa ferroviaria costui
doveva dimostrare altresì che il sinistro era dovuto ad una anormalità del servizio.
Veniva quindi aggravato l’onere della prova a carico del danneggiato (attraverso una
disciplina di chiaro favore per l’Amministrazione ferroviaria), in quanto lo stesso
doveva dare la prova del nesso di causalità tra l’anormalità del sevizio e l’evento
dannoso. Il viaggiatore danneggiato, infatti, doveva dimostrare il fatto specifico in cui si
147
BUSTI, op. cit., pp. 195-198, indica come “l’acquisto del titolo di viaggio per i passeggeri è
condizione per poter accedere al servizio auto al seguito”. Le cose lasciate all’interno del veicolo non
sono oggetto del contratto di trasporto, in quanto delle stesse il vettore non accetta né la custodia né la
consegna. 148
La formulazione originaria del IV comma della suddetta norma recita: “Se il viaggiatore subisce un
danno nella persona inconseguenza di anormalità verificatasi nell'esercizio ferroviario,
l’amministrazione ne risponde, a meno che provi che l’anormalità è avvenuta per caso fortuito o forza
maggiore”.
54
era manifestata l’anormalità del servizio, attraverso l’individuazione del comportamento
negligente o imprudente delle FS, pena la mancata operatività della presunzione di
colpa a carico delle Ferrovie. Circa la nozione di anormalità del servizio149
, la
giurisprudenza affermava che l’individuazione della stessa dipendeva da una causa
specifica che aveva provocato il danno e che potesse rifarsi al modo di essere o al
funzionamento del servizio stesso (ad esempio, uno scontro o un deragliamento):
l’anormalità risiedeva quindi nella diversità da quanto normalmente si verificava
nell’esercizio ferroviario, a causa dell’inosservanza, da parte delle FS, di norme
tecniche, regolamentari e di comune prudenza regolanti l’esercizio sulle linee
ferroviarie150
.
L’art 13, IV comma, delle Condizioni e Tariffe venne poi riformato dalla legge 7
ottobre 1977, n. 754, che sostituì la formulazione originaria con una nuova, più vicina al
dettato dell’art. 1681 del Codice e più in linea con le disposizioni internazionali
uniformi151
. A norma dell’art. 1 della suddetta legge, “se il viaggiatore, durante la
permanenza sui veicoli ferroviari ovvero al momento in cui vi sale o ne discende,
subisce un danno alla persona in conseguenza di un incidente che sia in relazione con
l'esercizio ferroviario, l’Amministrazione ne risponde, a meno che provi essere
l'incidente avvenuto per causa ad essa non imputabile”. Veniva così introdotto un
regime di responsabilità più favorevole al passeggero, in ossequio alla tendenza ad
ampliare l’area di responsabilità dei gestori di servizi pubblici, tanto che per parte della
dottrina si avrebbe a che fare con un’ipotesi di “responsabilità oggettiva, seppur nei
limiti contemplati dalla norma”152
.
Per la maggioritaria dottrina la responsabilità così introdotta è “contrattuale, soggettiva,
presunta e illimitata”153
: soggettiva in quanto è ammessa la prova liberatoria; presunta
poiché, qualora essa non venga fornita dal vettore, costui sarà ritenuto automaticamente
149
Ci rifacciamo all’analisi condotta da PAOLUCCI, op. cit., pp. 183-188. L’autore passa in rassegna una
notevole quantità di ipotesi per cui la giurisprudenza ha riconosciuto l’anormalità del servizio, quali
l’apertura improvvisa di una porta durante il viaggio, la discesa del viaggiatore su un tratto di stazione
sprovvisto di marciapiede, qualora fosse stato il convoglio a fermarsi in tale punto e non il viaggiatore a
scendere di propria iniziativa, ecc. 150
Per la Cass., sez. I, 22 marzo 1996, n. 2487, l’anormalità del servizio risiede in “un fatto che,
ricollegabile a cause varie, costituisca nella sua obiettività una deviazione rispetto all'ordinato e
regolare svolgimento del servizio stesso”. 151
La riforma fu dettata infatti anche dalla ratifica (ed esecuzione con legge 24 ottobre 1975, n. 810)
dell’Italia alla Convenzione addizionale alla Convenzione sul trasporto per ferrovia dei viaggiatori e dei
bagagli (CIV) del 25 febbraio 1961, concernente la responsabilità delle ferrovie per la morte ed il
ferimento dei viaggiatori e dei relativi protocolli, adottati a Berna il 26 febbraio 1966 e il 9 novembre
1973. 152
GRIGOLI, op. cit., p. 162. 153
FANARA, op. cit., p. 273.
55
responsabile; illimitata in quanto, a differenza della responsabilità per danni alle cose,
non vengono previsti dei limiti risarcitori.
Circa l’ambito temporale, la norma in esame opera per tutto il tempo in cui il
passeggero si trova sul veicolo ferroviario, dal momento in cui vi sale a quello in cui vi
discende: alcuni autori parlano di “materiale e personale contatto col mezzo
ferroviario”154
, ma quello che conta è indubbiamente un collegamento temporale tra
l’evento dannoso e l’operazione di trasporto, comprensiva, quindi, anche di alcuni
momenti antecedenti e successivi alla presenza del soggetto sulla carrozza. Al riguardo,
è bene precisare che con l’intervenuta separazione del gestore dell’infrastruttura da
quello del servizio che si svolge sulla stessa, i regimi di responsabilità dei due operatori
vanno tenuti distinti. Questi possono comunque pattuire che chi usufruisce
contrattualmente della prestazione di trasporto possa anche utilizzare determinati luoghi
di pertinenza dell’infrastruttura (come le sale d’attesa delle stazioni), nel qual caso
“poiché l’acquisto del biglietto fa sorgere il diritto non solo al trasporto ma anche
all’utilizzo di tali servizi, sussiste per essi una responsabilità del vettore nei confronti
del viaggiatore, senza però un automatico assoggettamento alla disciplina
peculiarmente riservata al trasporto”155
.
La nozione di incidente corrisponde sostanzialmente a quella di sinistro, ossia
quell’evento riconducibile ad accidentalità o ad anormalità inerenti lo svolgimento
dell’operazione di trasporto, e che comprende sia le accidentalità concernenti il modo di
essere del veicolo nel suo insieme (che abbiano un’incidenza negativa sulla persona del
viaggiatore) sia le altra anomalie e i difetti relativi al funzionamento del complesso dei
mezzi e dell’attività organizzativa ed esecutiva necessaria per l’attuazione del
trasporto156
.
La ripartizione dell’onere probatorio è mutata in seguito alla novella del 1977: con
l’introduzione del nuovo regime, il passeggero che abbia subito il danno “in relazione
all’esercizio ferroviario” dovrà dimostrare la valida stipulazione del contratto di
trasporto con il vettore ferroviario, la verificazione di un danno alla sua persona e
l’accadimento del sinistro nell’ambito temporale previsto dalla norma. La responsabilità
infatti viene presuntivamente accollata al vettore, che per liberarsi dalla stessa deve dare
la prova liberatoria, ossia deve indicare come il sinistro che ha colpito il passeggero sia
154
C. DE MARCO, La responsabilità civile nel trasporto di persone e cose, Milano, 2005, p. 232. 155
BUSTI, op. cit., pp. 793-794. 156
Secondo quanto si desume dalla ricostruzione di PAOLUCCI, op. cit., pp. 149-155.
56
dovuto a forza maggiore, caso fortuito, a colpa del danneggiato o al fatto del terzo che
abbia determinato in modo esclusivo la produzione del danno. In ossequio al principio
generale, la causa ignota resta a carico del vettore157
. L’Amministrazione ferroviaria
dovrà quindi dare la prova positiva della derivazione della danno da uno degli eventi qui
elencati, e, al fine di prevenirli, dovrà altresì predisporre misure opportune per
assicurare il corretto e sicuro svolgimento dell’esercizio (la prova di aver adottato tali
misure spetta alla Ferrovia). Ciò si ricollega al dettato dell’art. 8 del d.p.r. 753/1980, che
pone l’obbligo per ogni vettore ferroviario di adottare tutte le cautele e le misure
suggerite dalla pratica e dalla tecnica per evitare sinistri. Occorre dire però che la
dottrina e la giurisprudenza non sono concordi nello stabilire quale sia il grado di
diligenza richiesto al vettore158
: l’orientamento tradizionale ritiene applicabile l’art.
1176, II comma, per cui costui dovrebbe attenersi alla condotta del debitore qualificato,
mentre altra dottrina assimila l’esercizio del servizio ferroviario a quello di attività
pericolose ex art. 2050, configurandosi quindi un’ipotesi di responsabilità oggettiva;
un’ultima corrente invece ritiene che si “tratterebbe di adeguare il parametro di
diligenza richiesto dalla norma alla peculiarità della fattispecie”. La giurisprudenza ha
invece ricondotto l’obbligo di predisporre le misure necessarie a garantire la sicurezza
dell’esercizio ferroviario a quello ascrivibile al debitore qualificato.
Proprio la giurisprudenza per molti anni non ha tenuto conto della riforma della l.
754/1977 e ha continuato a richiedere al danneggiato la prova dell’anormalità del
servizio159
, alle volte anche attraverso la prova del nesso causale tra l’evento dannoso e
l’attività del vettore160
: recentemente, la sentenza Cass., sez. III civile, 27 aprile 2011, n.
9409, ha finalmente preso posizione sulla questione, sancendo come la disciplina
applicabile sia quella dettata dalla legge del 1977, per cui “il viaggiatore non deve più
provare l’anormalità del servizio, ma solo il nesso eziologico tra il servizio ferroviario
ed il danno subito, dal quale fatto discende una presunzione di colpa a carico
dell'amministrazione ferroviaria, salvo che questa provi che l’incidente è avvenuto per
causa non ad essa imputabile”.
Oggi, nelle C.G.T. di Trenitalia si ribadisce quella che è stata la valenza della novella
del 1977, in quanto l’art. 10, IV comma, delle Norme Comuni, dedicato alla
157
FANARA, op. cit., p. 273. 158
Cfr. G. ADILARDI, Diligenza qualificata del gestore del trasporto ferroviario e principio di
autoresponsabilità dell'utente, in Giustizia civile, 2011, pp. 2603 ss. 159
PAOLUCCI, op. cit., p. 181-188. 160
BUSTI, op. cit., pp. 798-799.
57
responsabilità per danno alle persone, non fa che ribadire testualmente quello che è il
dettato dell’art. 13, IV comma, delle Condizioni e Tariffe, la cui applicabilità è ribadita
(in modo, ci sembra, pleonastico) dall’art. 10, I comma, oltre al già citato regolamento
1371/2007.
Abbiamo già detto, trattando dei colli a mano e degli animali, della responsabilità di
Trenitalia per danni alle cose, prevista dall’art. 10, V comma, della Parte I161
, per cui
non ci resta che concludere questa rassegna con una breve panoramica sul regime di
responsabilità di Trenitalia per ritardo, ipotesi di gran lunga più frequente, in particolare
sulla rete nazionale.
Le ipotesi di inadempimento da ritardo non sono contemplate dalle norme del Codice
sulla responsabilità del vettore nel trasporto di persone: di conseguenza, la dottrina e la
giurisprudenza ritengono che per disciplinare questa fattispecie si debba fare riferimento
alle norme generali degli artt. 1218 e ss., legittimando quindi l’avente diritto alla
prestazione (che non è stata tempestivamente eseguita) al risarcimento del danno,
comprendente “così la perdita subita come il mancato guadagno, in quanto siano
conseguenza immediata e diretta” (art. 1223).
La legislazione ferroviaria si discosta, anche su questo punto, dalla normativa
codicistica: l’art. 10, I comma, delle Norme Comuni, rimanda per la determinazione
della responsabilità per ritardi, soppressioni, interruzioni di linea e mancate coincidenze
alle norme del regolamento 1371/2007 e alla l. 911/1935, salvo poi la previsione di
alcune norme specifiche negli artt. 7 e 9 della Parte II162
e 8 e 12 della norme sul
trasporto regionale. Occorre prendere in esame allora la risalente disciplina delle
Condizioni e Tariffe, in particolare l’art. 11. Esso prevede come il viaggiatore abbia
diritto al risarcimento del danno derivatogli dal ritardo, dalla soppressione del treno, da
mancata coincidenza, da interruzioni, indipendentemente dalla causa che ha dato luogo
al disservizio, ma con l’importante limitazione ai soli casi previsti dagli artt. 9 e 10 delle
161
Occorre solo aggiungere che questa responsabilità è limitata, in quanto l’art. 9, II comma, della Parte
III, prevede che “Trenitalia, in caso di incidente, corrisponde, su richiesta del viaggiatore, per la
distruzione o smarrimento delle valigie e degli altri oggetti ammessi al trasporto, € 260 a viaggiatore,
salvo la dimostrazione di un maggior danno. Nel caso di deterioramento corrisponde al viaggiatore
l’ammontare del deprezzamento subito dalle cose oggetto di trasporto”. La disposizione potrebbe però
prestarsi al sindacato di vessatorietà ai sensi del Codice del Consumo. 162
L’art. 7 delle norme sul trasporto nazionale si apre affermando che “ferme restando le limitazioni di
responsabilità previste dal R.D.L. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911 e
successive modificazioni riportate nella Parte I e quanto previsto in tema di responsabilità del vettore
ferroviario dal Regolamento CE n.1371/2007[…], ai trasporti nazionali disciplinati nella presente Parte
II si applicano, per i casi di interruzioni, soppressioni, mancate coincidenze e ritardi, le disposizioni del
presente punto 7, nonché quelle riportate ai successivi punti 8 e 9.1”.
58
medesime Condizioni, ossia nei casi in cui vi siano difficoltà d’esercizio che provochino
dei ritardi (ad esempio, il necessario trasbordo su un altro treno o la soppressione di una
coincidenza) e nei casi in cui sono ammessi i rimborsi. La norma pone quindi una
limitazione di responsabilità a favore del vettore ferroviario, limitazione che era prevista
solo per le Ferrovie dello Stato ma che Trenitalia ha ben pensato di ribadire. In realtà, la
giurisprudenza di merito ha sempre cercato di sostenere l’inapplicabilità della
disposizioni in esame al risarcimento del danno da ritardo e, da ultimo, il Giudice di
pace di Pescara, con la sentenza del 14 febbraio 2012, n. 237, ha riconosciuto ad una
coppia un congruo risarcimento per il danno derivante da ritardo dell’Intercity ove essa
viaggiava, sul presupposto che “la responsabilità della Trenitalia nei confronti del
passeggero ha natura contrattuale, in quanto l'acquisto del biglietto determina la
nascita di un rapporto contrattuale […]. In tale relazione contrattuale l'utente si
obbliga a pagare il prezzo per l'utilizzo del servizio e la Trenitalia si impegna ad
eseguire la controprestazione. Nel caso in cui la prestazione oggetto del contratto di
viaggio non venga seguita l'utente ha, quindi, diritto a vedersi riconosciuto il
risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale”163
. Alcuni giudici hanno poi
ritenuto che la limitazione di responsabilità in esame costituisse una clausola vessatoria
ai sensi degli artt. 1341 Codice Civile e 36 Codice del Consumo, e di conseguenza
l’hanno considerata illegittima, accordando al ricorrente il risarcimento del danno in
base al combinato disposto degli artt. 1218 e 1681164
.
Non solo l’art. 11 della l. 911/1935 prevede una limitazione al danno risarcibile, ma
anche l’art. 7, V comma, della Parte II, disciplina dei limiti per l’arrivo in ritardo a
destinazione (per tale si intende quella indicata nel biglietto). Trenitalia corrisponde al
soggetto un’indennità pari al 25% del prezzo del biglietto in caso di ritardo compreso
tra 60 e 119 minuti, altrimenti viene risarcito il 50% del prezzo del biglietto (ossia in
caso di ritardo pari o superiore a 120 minuti), attraverso l’emissione di una bonus per
l’acquisto di un altro biglietto di valore pari al risarcimento o il pagamento della somma
dovuta in denaro. La richiesta dell’indennità può essere avanzata a qualsiasi biglietteria
o agenzia di viaggio che ha emesso il biglietto a partire da 20 giorni e fino a 12 mesi
successivi al giorno in cui si è verificato il ritardo. L’indennità che Trenitalia si sente
vincolata a corrispondere è, a nostro avviso, in molti casi irrisoria e la limitazione del
163
Anche la dottrina da tempo sostiene l’iniquità della norma: per GRIGOLI, op. cit., p. 163, “la
fattispecie deve essere regolata in virtù dei principi generali di cui all’art. 1218, legittimando l’avente
diritto alla prestazione al risarcimento del danno nei limiti previsti dalla norma”. 164
Ad esempio, Giudice di pace di Bari, 30 giugno 2006.
59
risarcimento a ritardi superiori o pari all’ora, che può apparire altresì penalizzante, è in
realtà dettata da uniformazione al regolamento 1371/2007, che prevede la stessa soglia.
Il vettore, inoltre, cerca di cautelarsi ulteriormente prevedendo, all’art. 7, VI comma,
una vasta gamma di cause di esonero da responsabilità per ritardo. Per i treni regionali,
invece, l’indennità viene corrisposta, in caso di ritardo tra i 60 e i 119 minuti, solo se il
biglietto è di valore almeno pari a 16 euro, mentre per i ritardi superiori alle due ore
anche per biglietti di valore almeno pari a 8 euro (art. 8, lett. B).
Diverso dalla indennità per il ritardo è il rimborso del biglietto, ossia la restituzione del
prezzo pagato per l’acquisto dal passeggero, qualora costui non abbia potuto usufruire
della prestazione di trasporto. Esso è previsto per i treni a lunga percorrenza (art. 9), ove
i casi elencati sono quelli, tra gli altri, di ritardo del treno in partenza di almeno un’ora,
soppressione dello stesso, assegnazione di un posto diverso da quello prenotato. L’art. 9
prevede il rimborso integrale (senza trattenute dell’intero prezzo) nel caso in cui la
prestazione del trasporto non sia stata eseguita per nulla, e il rimborso con trattenute,
che avviene quando il passeggero è riuscito nondimeno a compiere una parte del
tragitto. Per i treni del Trasporto Regionale, invece, il rimborso del biglietto è
riconosciuto in caso di ritardo del treno in partenza superiore ai 60 minuti o in caso di
soppressione nella stazione di partenza del viaggiatore (art. 12, III comma; altri casi
sono previsti nell’art. 8, lett. A).
60
CAPITOLO II
LA POLITICA FERROVIARIA EUROPEA
1. Dalle origini agli anni ‘80
Nel delineare la disciplina del contratto di trasporto ferroviario di persone abbiamo fatto
più volte riferimento, analizzando l’evoluzione delle fonti sovranazionali e interne
regolanti la materia, alle trasformazioni che hanno continuamente pervaso l’ambito
ferroviario a partire dagli ultimi decenni del XX secolo. Tali trasformazioni sono
riconducibili, sostanzialmente, alla penetrante attività nel settore dei trasporti, e in
quello ferroviario in particolare, di un’organizzazione internazionale sui generis1,qual è
stata la Comunità Europea (oggi divenuta, per effetto del già visto “nuovo” art. 1, III
par. del Trattato sull’Unione Europea, Unione Europea). Il nostro lavoro si concentrerà
quindi, a questo punto, sull’analisi di come l’attività normativa e la politica comunitaria
si siano evolute, a partire dalla nascita stessa della Comunità fino alle attuali prospettive
di ulteriori traguardi che l’Unione si prefigge di raggiungere nel medio – lungo periodo.
Il processo di integrazione europea che portò alla nascita della Comunità fu dettato
dall’esigenza, nell’immediato dopoguerra, di impedire il riprodursi delle situazioni
politiche, economiche e militari che avevano condotto l’Europa allo sfacelo con la
Seconda Guerra Mondiale. Questa volontà venne perseguita dapprima attraverso una
stretta collaborazione nel campo dell’industria pesante che portò alla firma, il 18 aprile
1951 a Parigi, del Trattato CECA, istitutivo della Comunità Europea del carbone e
dell’acciaio2: veniva perseguito sì “un fine economico, ma trasparentemente anche
politico: mettere fine alla rivalità tra le industrie, pacificare la due aree (Germania e
Francia, NdA) da sempre oggetto di contesa”3. Con il Trattato di Parigi si incominciò a
parlare della possibilità di integrazione completa tra i Paesi europei, da realizzarsi con
gradualità. Il passo successivo del dialogo si spostò infatti sulla proposta di creare un
mercato liberalizzato e iniziative comuni nei settori dei trasporti e dell’energia nucleare.
Si delinearono così le premesse per la firma a Roma, il 25 marzo 1957, dei Trattati
1 Secondo la definizione classica che identifica lo status giuridico internazionale dell’Unione Europea (F.
POCAR, Diritto dell’Unione e delle Comunità Europee, 10a edizione, Milano, 2006, p. 2, parla di
“sistema giuridico disomogeneo sui generis”). 2 Il Trattato, firmato da Italia, Francia, Germania e i tre Paesi del Benelux (Belgio, Lussemburgo e
Olanda) mirava a mettere in comune la produzione di queste materie prime tra i Paesi membri; esso entrò
in vigore il 25 luglio 1952. 3 G. TESAURO, Diritto Comunitario, 5
a edizione, Padova, 2008, p. 5.
61
istitutivi della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità europea per
l’energia atomica (Euratom).
Proprio il Trattato CEE recepiva le indicazioni emerse nella politica dei trasporti
attraverso una specifica disciplina contenuta dell’allora Titolo IV (“I trasporti”). L’art.
744 parlava per la prima volta di “una politica comune dei trasporti”, dovendo per tali
intendersi, ex art. 84, quelli ferroviari, su strada e per vie navigabili, potendo comunque
il Consiglio5, con deliberazione unanime, prendere “opportune disposizioni per la
navigazione marittima e aerea”. Sempre al Consiglio era riconosciuta un’amplissima
potestà legislativa dall’art. 75, in quanto era legittimato ad adottare, su proposta della
Commissione e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato
delle Regioni, “ogni altra utile disposizione” in materia di trasporti (I par., lett. c), oltre
a norme comuni applicabili ai trasporti transfrontalieri tra Stati membri (lett. a) e le
condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato
membro (lett. b). La politica comune dei trasporti era quindi uno degli obiettivi originari
della Comunità, poiché l’art. 3, lett. f del Trattato stabiliva espressamente che l'azione
della stessa richiedesse il perseguimento di una politica comune in tale ambito: come è
stato giustamente rilevato, “il processo di integrazione tra i mercati aveva evidenziato
che non può esservi un effettivo mercato unico se non in presenza di un efficiente
sistema di trasporti. Qualsiasi sistema economico presuppone, infatti, l'esistenza e il
buon funzionamento di un valido supporto logistico, senza il quale possono venir
compromessi tanto lo sviluppo futuro quanto l'efficienza del sistema stesso”6.
Nonostante l’importanza che il settore del trasporto rivestiva nell’ottica
dell’instaurazione di un mercato comune, attraverso la libera circolazione delle merci e
delle persone, il settore ferroviario faticò per molti anni ad essere oggetto dell’azione
della Comunità. Tale limite derivò dal fatto che esso era caratterizzato da “una quota
particolarmente elevata di traffico interno ai singoli Stati membri”7: per comprendere
questa affermazione occorre spendere qualche parola su quale era l’assetto giuridico ed
4 La numerazione degli articoli seguenti corrisponde a quella originaria contenuta del Trattato di Roma.
5 Inteso come Consiglio dei Ministri, composto dai rappresentanti di tutti gli Stati membri, scelti
nell’ambito dei rispettivi governi, in funzione della materia trattata. Esso era uno delle istituzioni della
Comunità, assieme, ex art. 4 TCE, alla Commissione, al Parlamento Europeo, alla Corte di Giustizia e alla
Corte dei Conti. 6 C. BATTISTINI, Liberalizzazioni e concorrenza nella regolamentazione del trasporto ferroviario
europeo, in Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2010, p. 579. 7 L. LANUCARA, Il contesto normativo comunitario nel settore ferroviario a seguito dell’approvazione
del Terzo Pacchetto Ferroviario, in Diritto Comunitario e Scambi Internazionali, 2008, p. 827.
62
economico tradizionale (in quanto presente presso le Amministrazioni ferroviarie non
solo di tutti gli Stati membri, ma anche del resto d’Europa) delle ferrovie europee.
Come abbiamo avuto modo di anticipare sia nell’introduzione che nel primo capitolo, la
concezione largamente dominante in Europa sulla proprietà delle strade ferrate e sulla
gestione del loro esercizio voleva che esse fossero interamente sotto il controllo statale,
con l’eccezione di alcune linee, normalmente di interesse locale, affidate in gestione a
dei concessionari per determinati periodi di tempo, ma con la possibilità per lo Stato di
un loro riscatto (in tempi abbastanza rapidi). La presenza di reti nazionali gestite
direttamente dallo Stato di appartenenza attraverso aziende con più o meno ampi
margini di autonomia era dettata da ragioni economico - finanziarie: le ferrovie sono
infatti il classico esempio di settore economico caratterizzato da forti barriere
all’ingresso, conseguenza di peculiarità tecniche insite nel settore stesso. A differenza
degli altri sistemi di trasporto, ove l’infrastruttura necessita di fondi minori sia in
termini di costruzione che (successivamente) di manutenzione, in quello ferroviario essa
non è duplicabile, se non a costi, anche ambientali, proibitivi e di conseguenza presenta
dei costi complessivi più elevati, che scoraggiano l’intervento privato. Inoltre, il fatto
che, essendo il treno un mezzo di comunicazione, questo sia deputato a svolgere un
servizio di interesse pubblico ha fatto sì che gli Stati europei, dopo una prima fase
storica in cui la gestione privata dei concessionari era dominante, tendessero a
concentrare nelle mani di un unico vettore nazionale (dipendente dall’assetto
istituzionale della pubblica amministrazione) l’intera offerta di trasporto, creando così le
premesse per l’instaurazione di quei monopoli naturali che hanno caratterizzato la storia
del trasporto ferroviario europeo del ‘9008. L’azienda di proprietà statale non ha infatti
la necessità di perseguire fini di mercato, potendo contare, per il riequilibrio delle
proprie finanze, sull’intervento dell’amministrazione governativa: nel caso del trasporto
ferroviario, la forma dell’azienda monopolistica permetteva di garantire la capillarità
maggiore possibile del servizio (estendendolo anche a linee non remunerative per
un’azienda che agisce secondo la logica del profitto) e la sua offerta a tariffe
8 L’Italia è stato uno dei primi Stati ad accentrare la proprietà delle ferrovie in un’azienda monopolistica,
a partire, come già visto, dal 1905 con le FS. Nel resto d’Europa il processo di riscatto delle reti private
avvenne più tardi: a titolo di esempio, in Germania la prima compagnia statale fu la DRG all’epoca della
Repubblica di Weimar (1923); in Francia la SNCF nacque nel 1938 (ma solo nel 1982 perse l’azionariato
privato di cui era composta); in Spagna la RENFE fu creata nel 1941 per riscostruire la rete distrutta dalla
Guerra Civile.
63
controllate9. Le Ferrovie pertanto “dipendevano dallo Stato, soprattutto dal punto di
vista finanziario, e non dovevano perseguire obiettivi economici, come la necessità di
fare profitto”10
.
L’assetto così delineato della compagnie ferroviarie statali europee influì notevolmente
sullo sviluppo tecnologico e logistico del trasporto stesso su rotaia: ogni rete ferroviaria
infatti aveva caratteristiche sue proprie, che andavano dallo scartamento dei binari
(differente nei Paesi iberici e nell’Unione Sovietica rispetto all’Europa centrale), al
sistema di elettrificazione (tuttora analogo solo tra pochi Stati, alle volte nemmeno
confinanti); dal senso di marcia dei treni (in Italia, ad esempio, essi tengono la sinistra,
mentre in Austria e Germania la destra) al tipo di materiale rotabile utilizzato, senza
tenere conto dell’insieme delle norme di esercizio. Questa frammentazione delle reti
europee portò ad uno sviluppo del traffico ferroviario in un’ottica prettamente
nazionale, in quanto gli ostacoli tecnici e quelli politici (spesso di natura militare) non
permettevano certo un fiorente traffico internazionale. Fu solo con il miglioramento
delle relazioni tra gli Stati e il progresso dell’industria ferroviaria che anche i servizi
ferroviari transfrontalieri iniziarono a svilupparsi e ad avere un certo successo11
.
Fu questo il background in cui venne emanato il primo atto comunitario di una certa
importanza per il mondo delle ferrovie, ossia il regolamento (CEE) 1191/6912
che
conteneva la prima regolamentazione compiuta dei servizi pubblici relativi ai trasporti
di terra, tra cui ovviamente quello ferroviario. Il regolamento era volto alla soppressione
degli obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico, intesi come intesi come “gli
obblighi che l’impresa di trasporto, ove considerasse il proprio interesse commerciale,
9 Bene dice BATTISTINI, op. cit., p. 586, quando afferma che “in tale contesto l'intervento pubblico
diretto è parso per lungo tempo la migliore se non l'unica possibilità per assicurare la fornitura a tutti di
un servizio considerato essenziale, a tariffe controllate”. 10
“… the railways depended on the State, for finance above all, and did not have clear financial
objectives, like responsibility for profit”: J. WILSON, Il trasporto ferroviario nella politica dell’Unione
Europea: la separazione tra gestione dell’infrastruttura ed esercizio del trasporto, in Il trasporto
ferroviario nell’Europa del 2000: atti del convegno, Villaggio Marispica, Ispica-Ragusa, 30 agosto-4
settembre 1998,Messina 1999, p. 47. L’ex membro della Commissione europea aggiunge che “the old
model was the interference in the day – to – day management of the railways […]. So there was a
confusion about the relationship between the State and the railways, in particular in their commercial
aims, the Government’s role, the financial responsibilities of the railways and the State”. 11
In occasione del Trattato di Roma venne creato un raggruppamento tra le principali compagnie europee
(tra cui le FS) per gestire in modo comune servizi diretti internazionali di sola 1a classe tra le rete aderenti
al pool, denominato Trans Europ Express (TEE). Stesso nome venne dato ai servizi, che erano svolti con
materiale moderno e costruito ad hoc per il traffico internazionale. Sulla linea del Brennero circolò dal
1957 al 1984 il TEE “Mediolanum” Milano – Monaco di Baviera. 12
Regolamento CEE 1191/1969 del Consiglio del 26 giugno 1969, relativo all’azione degli Stati membri
in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su
strada e per via navigabile (pubblicato in GUCE L 156 del 28 giugno 1969). Il regolamento rimarrà
vigente fino al 3 dicembre 2009, quando è entrato in vigore il nuovo Regolamento 1370/2007.
64
non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni” e
che comprendono “l’obbligo di esercizio, l’obbligo di trasporto e l’obbligo tariffario”13
.
Alle autorità competenti degli Stati membri era comunque espressamente riconosciuta
la possibilità del mantenimento totale o parziale degli obblighi di servizio pubblico,
“nella misura in cui siano indispensabili a garantire la fornitura di sufficienti servizi di
trasporto” (art. 2, I par.). Questi vengono imposti, infatti, per favorire o permettere
all’ente produttore di assolvere la sua missione d’interesse generale, ossia il garantire, a
determinate condizioni, la fruibilità del servizio alla generalità dell’utenza. Il
regolamento vincolava quindi gli Stati membri a eliminare tali obblighi, mantenendo
solo quelli indispensabili ad assicurare la fornitura di servizi di trasporto sufficienti, che,
però, dovevano essere affidati al vettore, ferroviario o stradale (per incentivare la
concorrenza intermodale) che meglio garantisse un livello sufficiente di servizio e la
maggiore efficienza economica. Il regolamento, adottato in un periodo caratterizzato,
come detto, dall’assetto di monopolio legale delle ferrovie europee, “non si interessava
in alcun modo della possibilità di instaurare processi concorrenziali per l’affidamento
dei servizi ma, piuttosto, si preoccupava di porre un limite agli obblighi di servizio
pubblico imposti agli Stati ed a prevedere il principio della loro remunerazione”14
(la
Sezione IV del regolamento prevedeva dei metodi comuni per la compensazione di tali
obblighi). Infatti era previsto che “gli eventuali trasferimenti finanziari che lo Stato
ritiene di voler assegnare alle imprese ferroviarie, a titolo di compensazione per gli
obblighi di servizio pubblico cui sono soggette, possano non sottostare alle norme sugli
aiuti di Stato”15
(art. 17); inoltre, lo Stato non aveva nessun obbligo di mutare il regime
giuridico dell’impresa titolare della gestione del servizio ferroviario come
dell’infrastruttura.
La limitata azione della Comunità in questa fase storica non impedì di frenare il declino
progressivo del traffico ferroviario in tutta Europa. A partire dal secondo dopoguerra, la
concorrenza del trasporto stradale (e del mezzo privato per eccellenza, l’automobile)
fece calare drasticamente la quota di traffico detenuta dalle ferrovie: nel 1970 il traffico
merci si svolgeva solo per il 30% su rotaia, nel 1998 era sceso fino al 14%, mentre il
traffico passeggeri era ancora più esiguo (11% del traffico europeo, solo il 6% nel
13
Art 2, I e II par., reg. 1191/69. 14
LANUCARA, op. cit., p. 843. 15
BATTISTINI, op. cit., p. 578.
65
1998)16
. Le cause del calo di traffico su ferro sono da imputare, in una certa misura, alla
descritta organizzazione di trasporto delle ferrovie europee, per cui le aziende
monopolistiche, non dovendo perseguire fini di mercato, non si sentivano nemmeno
stimolate a migliorare il servizio attraverso investimenti infrastrutturali e nel materiale
rotabile. La necessità di garantire il servizio in maniera quasi universale e, alle volte, in
situazioni di scarsità di risorse finanziarie, indusse le Ferrovie a non investire per
adeguare le reti all’evoluzione della tecnologia e del mercato. Oltre a ciò, non vanno
certo dimenticate le scelte politiche operate dai vari Governi europei, che, in misura
maggiore o minore, si sono orientate verso il trasporto stradale, attraverso un cospicuo
impegno finanziario per la costruzione di sempre nuove autostrade, la predisposizione
di una normativa di favore per l’autotrasporto e l’erogazione di incentivi per l’acquisto
di automobili private (al fine di sviluppare un settore commerciale particolarmente
importante in Italia, Germania e Francia). Lo squilibrio negli investimenti e nella
conseguente offerta di trasporto variò a seconda dei Paesi europei, essendo
particolarmente pesante in Italia (tanto che da più parti si vedeva il treno come un
mezzo destinato alla scomparsa con la fine del XX secolo) e più attenuato in Germania
e in altri Paesi nordici.
2. Gli anni ’90: l’impegno della Comunità per il riequilibrio modale
La situazione così descritta portò ad un vero e proprio crollo del mercato del trasporto
ferroviario e, poiché questo era generalizzato in tutti gli Stati della Comunità
Economica Europea17
, il problema arrivò ben presto al tavolo della Commissione. I
membri di questa importante istituzione erano convinti che “le ferrovie non erano
differenti da altri settori. Per riprendere vigore, esse dovevano diventare vere e proprie
aziende, intese in senso commerciale”18
. Il nuovo passo che l’Europa comunitaria
doveva compiere nel trasporto ferroviario si doveva concentrare quindi sugli aspetti
economici dello stesso, con l’introduzione nel settore di logiche di mercato, oltre ad un
16
WILSON, op. cit., p. 46. Un esempio che ci tocca da vicino può essere emblematico al riguardo. Agli
inizi degli anni ’60, il 98% del trasporto complessivo tra Italia e Germania, attraverso il valico del
Brennero, si svolgeva sulla linea ferroviaria inaugurata nel 1865; con l’apertura dell’ultimo tratto
dell’autostrada, quello in Alto Adige (1972), la quota di traffico detenuta dalla ferrovia scese, nel breve
volgere di pochi anni, al 37% (il 63% restante passò ovviamente alla strada). Fonte: R. VAHRENKAMP, Driving globalization: The rise of logistics in Europe 1950 – 2000, in European Transport\Trasporti
Europei, n. 45/2010, pp. 1 ss. 17
Nel periodo che qui ci interessa, oltre ai Paesi fondatori (Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, Olanda,
Germania) si aggiunsero Danimarca, Regno Unito e Irlanda nel 1973, Grecia nel 1981, Spagna e
Portogallo nel 1986. 18
WILSON, op. cit., p. 47.
66
necessario potenziamento infrastrutturale19
. L’obiettivo generale da perseguire era la
ricerca dell’efficienza del sistema dei trasporti, al fine di garantire alle aziende europee
maggiore competitività, nell’ottica di un mercato unico da porsi al centro dei
cambiamenti economici della fine degli anni ’80. Questo obiettivo poteva realizzarsi
attraverso il cd. riequilibrio modale, ossia la ripartizione ottimale (ed equa) delle quote
di trasporto tra i vari mezzi esistenti, per sviluppare una concorrenza non falsata
all’interno della Comunità e il rispetto dell’ambiente.
Il modo per intervenire risiedeva, secondo l’orientamento della Commissione, nella
chiara definizione del ruolo dello Stato all’interno del sistema ferroviario, il quale
doveva emanciparsi gradualmente dalla dipendenza dall’amministrazione governativa.
Proprio la consapevolezza che il processo di modernizzazione del settore sarebbe stato
lungo e non privo di rilevanti difficoltà fu sempre nella mente delle istituzioni
comunitarie, consapevoli che “l’uguaglianza concorrenza=sviluppo può aver luogo
solo se si verificano particolari condizioni di contesto, che devono risultare dall’aver
affrontato, risolto o minimizzato in modo ottimale […] le problematiche, le criticità e le
barriere legati a rilevanti aspetti di sistema, quali ad esempio il risanamento delle
aziende, gli assetti proprietari ecc.”20
.
La via individuata dalla Commissione fu quella di destinare i propri sforzi (e quelli
degli Stati membri) dapprima nella privatizzazione delle aziende statali di trasporto,
ossia nella loro trasformazione da imprese monopolistiche in società per azioni, e poi
nella liberalizzazione del settore ferroviario, consistente nella possibilità di accesso ad
esso anche a nuove imprese private 21
.
La misura più importante emanata dalle istituzioni comunitarie per il rilancio del
trasporto ferroviario risale al 1991, ma i suoi effetti si sono propagati per molti anni. Si
19
Molti Stati europei, e l’Italia purtroppo non fu da meno, non apportarono grandi modifiche alle loro reti
a partire dal dopoguerra, ricostruendo spesso le linee danneggiate sullo stesso tracciato. Ciò aumentò
l’arretratezza del sistema ferroviario, in quanto spesso l’infrastruttura era inadeguata alla nuova velocità
richiesta ai convogli, e anche gli standard di sicurezza ne risentivano parecchio. 20
E. CELLI, L. PETTINARI, R. PIAZZA, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, Torino, 2006, p.
34. 21
“… qualcuno a Bruxelles 30 anni fa pensò che l’unico mezzo per impedire alle ferrovie di soccombere
fosse quello di «imporre» anche in tale campo una liberalizzazione dall’alto, in modo da innescare un
circolo virtuoso di competizione ed efficienza che avrebbe portato benefici non solo al trasporto su rotaia
ma in generale all’intero sistema dei trasporti europeo”: R. FERRAVANTE, La politica ferroviaria
europea, in iTreni oggi, n. 314/2009, p. 22.
67
tratta della fondamentale direttiva 91/440/CEE sullo sviluppo delle ferrovie
comunitarie22
.
Innanzitutto si tratta di una direttiva: essa viene annoverata tra gli atti vincolanti emanati
a livello comunitario dall’art. 249 del Trattato CE, con la particolarità che “vincola lo
Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva
restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi” (III
par.). Essa pone quindi agli Stati che ne sono specifici destinatari (non è un regolamento
e come tale non ha portata generale) un obbligo di risultato, quello di adottare tutte le
misure necessarie per realizzare il risultato voluto dalla direttiva. Si tratta di “un obbligo
cogente e investe tutti gli organi dello Stato, compresi gli organi giurisdizionali”23
, che
hanno piena discrezionalità nel modo di attuazione, purché ciò avvenga nei limiti
prefissati dalla direttiva stessa. Anticipiamo subito che la direttiva è stato lo strumento
giuridico di gran lunga più utilizzato dal legislatore comunitario in materia di trasporto
ferroviario, stante la sua natura di strumento volto ad armonizzare le legislazioni
nazionali, nel rispetto delle peculiarità delle singole esperienze giuridiche nazionali24
.
La direttiva 91/440 (nella sua versione originaria) si apriva definendo qual era lo scopo
della stessa, in quanto l’art. 1 sanciva che essa era “intesa a favorire l'adeguamento
delle ferrovie comunitarie alle esigenze del mercato unico e ad accrescere l'efficienza
delle medesime”: si comprende subito come il legislatore si fosse concentrato sulle
problematiche di tipo economico del settore ferroviario, consapevole della situazione di
crisi e inefficienza del medesimo. Lo stesso art. 1 continuava elencando quali erano gli
strumenti prescelti per perseguire l’obiettivo di miglioramento sostanziale delle
ferrovie:
assicurare l'autonomia gestionale delle imprese ferroviarie25
;
separare la gestione dell'infrastruttura ferroviaria e l'esercizio di servizi di
trasporto da parte delle imprese ferroviarie;
risanare la struttura finanziaria delle imprese ferroviarie;
22
Direttiva n. 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991 relativa allo sviluppo delle ferrovie
comunitarie, in GUCE L 237 del 24 agosto 1991. 23
TESAURO, op. cit., p. 145. 24
La già vista firma del Trattato di Lisbona non ha influito sulle caratteristiche della direttiva, che
conserva il suo status di atto comunitario di diritto derivato in base alla previsione dell’art. 288, III par.,
TFUE. 25
Per tali dovendosi intendere, ex art. 3, le imprese “a statuto privato o pubblico la cui attività principale
è rappresentata dalla fornitura di prestazioni di trasporto ferroviario di merci e/o di persone e che
garantisce obbligatoriamente la trazione”.
68
garantire il diritto d'accesso alle reti ferroviarie degli Stati membri per le
associazioni internazionali di imprese ferroviarie nonché per le imprese
ferroviarie che effettuassero trasporti combinati internazionali di merci.
La direttiva26
imponeva quindi agli Stati membri quattro obbligazioni di risultato.
Per quanto concerne la prima, già dai considerando della direttiva veniva enunciato il
principio base, per cui “al fine di rendere efficienti e competitivi i trasporti su rotaia
rispetto agli altri modi di trasporto, gli Stati membri dovevano garantire che le imprese
di trasporto ferroviario operassero secondo criteri imprenditoriali e si adeguassero alle
necessità del mercato”27
. In sostanza, si doveva riconoscere alle imprese ferroviarie uno
status indipendente dall’amministrazione statale in materia di direzione, gestione,
amministrazione e controllo amministrativo, economico e contabile interno, attraverso
la predisposizione di misure atte a riconoscere loro una piena autonomia di tipo
patrimoniale, contabile e di bilancio (art. 4). Coerentemente con tali previsioni, l’art. 5
obbligava gli Stati membri ad adottare le misure necessarie affinché le imprese, gestite
sotto la responsabilità dei loro organi direttivi, adattassero la loro attività alla logica di
mercato, ossia agissero secondo principi validi per le società commerciali, anche per
quanto riguarda l’assolvimento di obblighi di servizio pubblico imposti dallo Stato. Le
imprese, inoltre, potevano definire i loro programmi di attività, compresi i piani di
finanziamento e di investimento, avviare nuove attività in settori associati a quello
ferroviario, stabilire la propria organizzazione interna (salvi alcuni limiti, quali quelli
derivanti dall’obbligo di mantenere separati la gestione dell’infrastruttura da quella del
servizio su di essa), costituire una o più imprese diverse da un’associazione
internazionale ecc. In definitiva, quello che veniva chiesto agli Stati era di organizzare
le Ferrovie in enti autonomi, normalmente “società di proprietà pubblica distinte dallo
Stato, con un alto livello di autonomia dall’intervento governativo”28
.
La seconda obbligazione era quella più “innovativa” dell’intero testo normativo: per la
prima volta si riconosceva la necessità di separare l’attività di gestione
26
Il campo di applicazione della stessa era definito dall’art. 2, per cui essa si applicava “alla gestione
dell'infrastruttura ferroviaria ed alle attività di trasporto per ferrovia delle imprese ferroviarie stabilite o
che si stabiliranno in uno Stato membro”, con l’esclusione delle imprese che effettuassero solo trasporti a
carattere urbano o regionale. 27
S. BUSTI, Profili innovativi della disciplina comunitaria del trasporto ferroviario, in Diritto dei
Trasporti, 2003, p. 28. 28
“… usually publicly owned companies distinct from the State, with a high degree of autonomy from
government intervention”: F. TRAMPUS, The liberalization of the railway in Europe, in Trasporti –
diritto, economia, politica, n. 82/2000, p. 159.
69
dell’infrastruttura ferroviaria29
da quella del trasporto ferroviario. Tale necessità era data
da due ragioni30
: innanzitutto, per aprire il mercato di settore ai competitors bisognava
avere ben chiaro il costo dell’infrastruttura, al fine di definire i valori per la
remunerazione del suo utilizzo. La seconda ragione stava nella doverosa trasparenza
nell’impiego di denaro pubblico, in quanto nel settore ferroviario sono presenti sussidi
statali per l’assolvimento di obblighi di servizio pubblico. La misura in oggetto era
disciplinata dalla Sezione III della direttiva (“Separazione fra la gestione
dell'infrastruttura e l'attività di trasporto”), il cui art. 6 prevedeva la separazione
contabile31
, a norma della quale le imprese detentrici dell’infrastruttura e del trasporto
dovevano tenere una contabilità separata. Inoltre, gli aiuti concessi ad una di queste due
imprese non potevano essere “dirottatati” verso l’altra. La previsione più importante di
questa Sezione risiedeva nella fissazione, ad opera del gestore dell’infrastruttura, di un
canone di utilizzo della stessa (art. 8), che qualunque impresa operante sui binari di un
certo gestore doveva corrispondere: questa disposizione era funzionale direttamente alla
liberalizzazione, in quanto l’accesso alla rete doveva avvenire su base equa e non
discriminatoria.
La terza obbligazione prevista nella direttiva 91/440/CEE consisteva nell’obbligo di
risanare le finanze delle Ferrovie europee. In particolare, l’art. 9 obbligava gli Stati,
d’accordo con le imprese ferroviarie, a ridurre il loro indebitamento ad “un livello che
non ostacol(asse) una sana gestione finanziaria”; inoltre, era necessario tenere una
contabilità separata per il traffico passeggeri, in quanto esso può godere, nei limiti e alle
condizioni previste dal Trattato32
, di fondi erogati dallo Stato a compensazione del
servizio pubblico, mentre il traffico merci dovrebbe reggersi unicamente in base al
29
Secondo il rinvio operato dall’art. 3 della direttiva in esame all’Allegato I, parte A, del regolamento
CEE n. 2578/70 della Commissione del 18 dicembre 1970, l’infrastruttura era (in linea generale) il
complesso delle vie e degli altri impianti fissi dei tre modi di trasporto (su ferro, su strada, per via
navigabile) nella misura in cui gli stessi fossero necessari per la circolazione dei veicoli e la sicurezza
della circolazione stessa. L’infrastruttura ferroviaria, più specificatamente, si considerava composta degli
elementi elencati nella parte A dell’Allegato I (terreni, opere d’arte, edifici, ecc.) purché facessero parte
dei binari di corsa e di servizio. 30
Secondo WILSON, op. cit., pp. 48-49. 31
Per alcuni, essa era “la forma più blanda” di separazione (BATTISTINI, op. cit., p. 599) poiché non
veniva posto correlativamente l’obbligo anche della separazione societaria (che, alla luce degli sviluppi,
soprattutto italiani, del recepimento della direttiva, sarebbe stato auspicabile). 32
Sia l’art. 7 che l’art. 9 obbligavano gli Stati a sottostare, in caso di erogazione di aiuti, al rispetto degli
articoli 77, 92 e 93 del Trattato, ossia alla normativa specificatamente volta a regolamentare la delicata
materia degli aiuti di Stato. Questo punto è un’altra rilevante novità della direttiva, dato che la Comunità è
infatti “passata da una regolamentazione apertamente permissiva del sostegno degli Stati alle imprese
(Regolamento 1191/69) ad un approccio apertamente liberistico”: CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op.
cit., p. 38.
70
profitto generato sul mercato (i fondi destinati al trasporto passeggeri non potevano
essere destinati a quello merci)33
.
Infine, il quarto punto mirava all’ampliamento del mercato contendibile, attraverso il
riconoscimento della possibilità di accedere all’infrastruttura sia alle imprese ferroviarie
singole stabilite nella Comunità che alle associazioni internazionali di imprese
ferroviarie che effettuassero trasporti transfrontalieri merci di tipo combinato (art. 10).
Prima di tutto, per associazione di imprese si intendeva “qualsiasi associazione
comprendente almeno due imprese ferroviarie stabilite in Stati membri diversi che
abbia lo scopo di fornire prestazioni di trasporto internazionale tra Stati membri” (art.
3): si trattava, in sostanza, di accordi tra imprese ferroviarie di Stati membri per gestire
il traffico merci in modo comune. Qui si poneva però un’ulteriore limitazione della
direttiva34
: il diritto di libero accesso e transito negli Stati membri dove avevano sede le
imprese partecipanti a questa sorta di joint venture, e il diritto di transito negli altri Stati
CEE, era riconosciuto solamente qualora venisse effettuato trasporto combinato di
merci. Esso consiste in quei traffici di tipo intermodale (normalmente treni carichi di
container o semirimorchi stradali o la cd. autostrada viaggiante35
) che permettono alla
merce di viaggiare su più mezzi di trasporto, minimizzando le operazioni di carico o
scarico, poiché, nel caso del trasporto ferroviario, è lo stesso veicolo stradale (o il
container scaricato dalla nave) ad essere messo sui carri ferroviari. L’accesso di queste
associazioni di imprese all’infrastruttura doveva avvenire in modo non discriminatorio
rispetto alle imprese nazionali, previo pagamento del canone di accesso al gestore della
stessa.
La direttiva 91/440 si poneva quindi come vera e propria miliare del processo di
ammodernamento e risanamento delle ferrovie europee, perché imponeva agli Stati un
approccio completamente nuovo verso le imprese di trasporto ferroviario, poneva i
primi concreti obiettivi da raggiungere in materia di privatizzazione e di liberalizzazione
e favoriva direttamente l’intermodalità e i traffici internazionali, prima di allora oggetto
di una limitata disciplina, anche se solo per quanto concerne il rapporto tra vettore ed
utente, nei già analizzati Allegati A (CIV) e B (CIM) alla COTIF. La direttiva aveva
33
Cfr. TRAMPUS, op. cit., p. 161. 34
“The Directive created limited and conditional rights for new operators to enter the market, in order to
operate international railway services. I said «limited and conditional»: in fact this piece of legislation
has had a little effect in reality”: WILSON, op. cit., p. 49. 35
Pratica nata in Germania ed Austria (Rollende Landstrasse, alias RoLa) che consiste nel carico di un
intero automezzo su veicoli ferroviari speciali (carri ultrabassi), con la possibilità per il conducente di
prendere posto in una vettura cuccette in composizione al treno. Il fatto che l’intero convoglio sia caricato
solo con camion ha reso noto tale soprannome.
71
anche dei limiti, in quanto la liberalizzazione era concessa a determinate condizioni (e
solo per imprese di fatto già esistenti); inoltre, era lasciata “inizialmente ai singoli Stati
membri la valutazione sulla possibilità di introdurre altresì una effettiva
liberalizzazione dell’accesso all’infrastruttura”36
.
Il processo di cambiamento iniziato dalla direttiva in esame venne integrato quasi subito
con altri provvedimento che servirono a creare un quadro giuridico più chiaro agli Stati
circa i loro obblighi in materia di trasporto ferroviario e circa le intenzioni della
Comunità.
Sempre nel 1991 venne emanato il Regolamento n. 1893/199137
per limitare
l’erogazione dei sussidi alle imprese ferroviarie. Esso si applicava nei caso di
compensazioni agli operatori per particolari esigenze tecniche, operative, di qualità,
sicurezza o ambientali e alle compensazioni per oneri di servizio pubblico; inoltre
introduceva la nozione di contratto di servizio pubblico, ossia (art. 14) un contratto
concluso tra le autorità competenti di uno Stato membro e un’impresa di trasporto allo
scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto efficienti.
Nel 1992 il processo di integrazione comunitaria mise a segno un altro colpo, con la
firma del Trattato di Maastricht38
: nacque così l’Unione Europea. Le intese raggiunte
nella cittadina olandese contribuirono alla nascita della moneta unica (e quindi veniva
perseguito un fine ancora di carattere economico), ma accanto ad essa si iniziò a
delineare una “struttura che tendeva, quantomeno a lungo termine e comunque nelle
intenzioni, al modello federale”39
. La firma di questo importante atto permise di
compiere contemporaneamente alcune modifiche al Trattato di Roma, prima fra tutte la
scomparsa della classificazione come “Economica” della Comunità Europea (d’ora in
poi si parlerà di CE e di TCE, per quanto riguarda il Trattato). Ai nostri fini rileva
l’introduzione del Titolo XV dedicato alle reti transeuropee di trasporto. Normalmente
identificate dall’acronimo inglese TEN – T (Trans-European Networks – Transport),
esse si sostanziano in assi di collegamento che permettono la connessione tra le reti di
trasporto dei vari Stati membri (tra cui quelle ferroviarie) al fine di migliorare e
velocizzare il trasporto merci e passeggeri all’interno della Comunità. Le TEN – T sono
36
LANUCARA, op. cit., p. 828. 37
Regolamento (CEE) n. 1893/91 del Consiglio del 20 giugno 1991 che modifica il regolamento (CEE) n.
1191/69 relativo all'azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio
pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile, in GUCE L 169 del 29
giugno 1991. 38
Trattato sull’Unione Europea, firmato il 2 febbraio 1992, in GU C191 del 29 luglio 1992, in vigore dal
1o novembre 1993.
39 TESAURO, op. cit., p. 9.
72
considerate infatti prioritarie per il mercato interno e per il rafforzamento della coesione
economica e sociale. L’art. 154 del TCE, mentre al I paragrafo prevedeva che le reti
transeuropee riguardassero i settori delle infrastrutture dei trasporti, delle
telecomunicazioni e dell'energia, nel II affermava che “nel quadro di un sistema di
mercati aperti e concorrenziali, l'azione della Comunità mira a favorire
l'interconnessione e l'interoperabilità delle reti nazionali, nonché l'accesso a tali reti.
Essa tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni centrali della
Comunità le regioni insulari, prive di sbocchi al mare e periferiche”. Venivano
introdotte pertanto nella terminologia giuridica comunitaria le nozioni di
interconnessione e interoperabilità. La prima si può definire semplicemente come il
collegamento tra reti nazionali, collegamento non solo di tipo materiale ma anche
regolamentare, attraverso politiche comuni per armonizzare e favorire il traffico
internazionale; l’interoperabilità è, nell’ambito ferroviario, “la capacità del sistema
ferroviario transeuropeo di permettere la circolazione sicura e senza soluzione di
continuità dei treni garantendo al contempo il livello di prestazione richiesto per le
linee”40
. Torneremo a breve sul concetto di interoperabilità (i cui risvolti pratici e
giuridici sono in continua evoluzione): per ora basta ricordare che essa è stata la risposta
europea allo sviluppo prettamente nazionale del traffico interno (visto nel paragrafo
precedente), in quanto mira a predisporre norme comuni per la costruzione e l’utilizzo
del materiale rotabile, il segnalamento, il sistema di elettrificazione, lo scartamento e
per la regolazione dell’esercizio ferroviario in generale.
Tornando al TCE, l’art. 155 assegnava alla Comunità (nella figura del Consiglio, che
deliberava previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle
regioni, ex art. 156)41
il compito di stabilire una serie di orientamenti che
contemplavano gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel
settore delle reti TEN e di dare il proprio sostegno ai progetti di interesse comune
sostenuti dagli Stati membri, contribuendone al finanziamento. I primi progetti (in tutto
14) di reti TEN – T vennero elaborati durante il Consiglio Europeo di Essen del
dicembre 1994: di rilievo il fatto che essi riguardavano relazioni tra l’Europa centrale e i
Paesi mediterranei (l’Italia era particolarmente coinvolta) e che presso la Banca Europea
40
FERRAVANTE, op. cit., p. 17. 41
A norma del II paragrafo, però, “gli orientamenti ed i progetti di interesse comune che riguardano il
territorio di uno Stato membro esigono l'approvazione dello Stato membro interessato”.
73
per gli Investimenti (BEI) fosse stato istituito uno “sportello” volto proprio al
finanziamento di tali reti.
L’art. 14 della direttiva 91/440 prevedeva che la Commissione doveva presentare al
Consiglio, entro il 1o gennaio 1995, una relazione sull’applicazione della direttiva,
accompagnata eventualmente, da proposte per continuare l’azione per lo sviluppo delle
ferrovie comunitarie. Tale azione venne portata avanti con l’emanazione di due ulteriori
direttive, necessarie per permettere a quella del 1991 di poter operare pienamente. Si
tratta delle direttive 95/18/CE42
e 95/19/CE43
, riguardanti rispettivamente
l’armonizzazione dei diversi sistemi per il rilascio delle licenze alle imprese ferroviarie
e l’introduzione di un sistema armonizzato per le condizioni e le tariffe di accesso
all’infrastruttura nonché per la certificazione di sicurezza. Entrambe le direttive
miravano a definire “un assetto che faceva uscire definitivamente le imprese ferroviarie
comunitarie dalla tradizionale configurazione di pubbliche amministrazioni od enti
pubblici concessionari, per riconfigurarle come società gestite secondo criteri di
efficienza e trasparenza, tenute a rispettare requisiti tecnici in grado di portare al
rilascio di una licenza (valida nell’intero territorio dell’Unione) e di un certificato di
sicurezza (specifico in ciascun Paese) per accedere all’infrastruttura”44
.
La direttiva 95/1845
concerneva la determinazione dei criteri per il rilascio, la proroga e
la modifica della licenza da parte di uno Stato membro alle imprese ferroviarie (purché
stabilite nel territorio comunitario) che effettuassero trasporti combinati internazionali ai
sensi dell’art. 10 della direttiva 91/440. La licenza “ferroviaria” era infatti lo strumento
scelto dalle istituzioni comunitarie per legittimare l’impresa, che rispettasse i requisiti
posti dallo Stato per poter operare sulla propria rete ferroviaria, all’esercizio di trasporto
su ferro: ex art. 2, lett. b della direttiva, la licenza era “un'autorizzazione rilasciata da
uno Stato membro a un'impresa cui è riconosciuta la qualità di impresa ferroviaria”.
Dall’ambito di applicazione della direttiva erano escluse determinate imprese, ossia (art,
1, II par.) quelle che effettuavano solo trasporti urbani o regionali, le imprese che
effettuassero servizi merci a carattere regionale e quelle che gestivano il trasporto di
42
Direttiva n. 95/18/CE del Consiglio del 19 giugno 1995, relativa alle licenze delle imprese ferroviarie,
in GUCE L 143 del 27 giugno 1995. 43
Direttiva n. 95/19/CE del Consiglio del 19 giugno 1995, riguardante la ripartizione delle capacità di
infrastruttura ferroviaria e la riscossione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura, in GUCE L 143 del 19
giugno 1995. 44
LANUCARA, op. cit., p. 828. 45
La direttiva teneva conto del principio di sussidiarietà, per cui la Comunità stabiliva i principi generali
di tali sistema di licenze, mentre agli Stati membri era lasciata la responsabilità per il rilascio e la gestione
delle stesse.
74
autoveicoli nel tunnel ferroviario della Manica. Gli Stati membri dovevano designare un
organismo, che non fosse un’impresa di trasporto e indipendente da imprese di tal
genere, per il rilascio della licenza (art. 3).
La licenza era assegnata alle aziende ferroviarie che dimostrassero il possesso di
determinati requisiti di in materia di onorabilità, capacità finanziaria e competenza
professionale nonché di copertura della propria responsabilità civile (art. 5). Per
capacità finanziaria, l’art. 7 imponeva all’impresa richiedente di fornire la prova della
possibilità di “far fronte ai suoi obblighi effettivi e potenziali, stabiliti in base a
presupposti realistici, per un periodo di dodici mesi”; la capacità professionale
ricorreva all’adempimento dei requisiti dell’art. 8, per cui occorreva dimostrare una
elevata competenza nell’ambito ferroviario, nonché di possedere, in organico, personale
(tra cui quello destinato al servizio come i macchinisti) pienamente qualificato e
materiale rotabile adeguato al livello di sicurezza richiesto dal servizio a cui sarà
destinato. Una volta data la prova positiva delle condizioni per il rilascio, la licenza di
uno Stato membro era valida in tutto il territorio della Comunità (art. 4, V par.), salva la
possibilità di una sua revoca o sospensione in base a verifiche compiute dall’ente
certificatore (art. 11)46
, ma non dava, di per sé stessa, diritto all’accesso
all’infrastruttura ferroviaria (art. 4, IV par.). Occorreva infatti uno specifico titolo di
legittimazione all’esercizio dell’attività di trasporto ferroviario, titolo che era
disciplinato nella contemporanea direttiva 95/19/CE47
.
La direttiva48
poneva i principi generali in materia di ripartizione della capacità di
infrastruttura e di riscossione dei diritti per il suo utilizzo (secondo i principi di
riduzione dei costi dei trasporti e di miglioramento dell’efficienza), ma lasciava gli Stati
membri il compito di predisporre norme ad hoc per amministrare il sistema49
. Anche in
questo settore si lasciava la competenza agli Stati membri nel designare l’organo
46
A tal fine, l’art. 10 obbligava l’ente ad effettuare un periodico esame della licenza ad intervalli regolari
della durata massima di 5 anni. La revoca o la sospensione potevano essere disposte solo dall’organo di
rilascio dello Stato in cui l’impresa era stata certificata: qualora l’organo di un altro Stato nutrisse dubbi
circa la validità di una licenza rilasciata all’estero, questo doveva prontamente informare l’ente
certificatore al fine di compiere le opportune verifiche (art. 11, II par.). 47
Il regime previsto dal legislatore comunitario “rispecchia debitamente la diversa rilevanza che sussiste
tra il titolo abilitativo dell’esercente una determinata attività e titolo di legittimità allo svolgimento di un
tipo di attività, condizionato, com’è noto, alla emanazione di uno specifico provvedimento abilitativo; il
che segna, ulteriormente, un’eloquente riconferma dell’acclarata pregnanza dell’oggettività nell’assetto
della materia”: GRIGOLI, Profili di diritto dei trasporti nell’attuale realtà normativa, Bologna, 2003,
pp. 137-138. 48
Essa verrà abrogata nel 2001 con l’emanazione del cd. Primo pacchetto ferroviario (che verrà trattato a
breve), mentre la direttiva 95/18 subirà delle modifiche di minore rilievo. 49
L’art. 1, III par., infatti affermava che “le capacità di infrastruttura ferroviaria sono ripartite secondo
l'attribuzione delle linee ferroviarie conformemente alla legislazione comunitaria e a quella nazionale”.
75
preposto alla ripartizione della capacità di infrastruttura, nel rispetto della direttiva, e
che doveva garantire l’accesso equo e non discriminatorio alla rete (premettendo altresì
un suo uso efficace e ottimale) alle imprese ferroviarie (o alle associazioni
internazionali di imprese) detentrici della licenza (art. 3). Gli artt. 4 e 5 riconoscevano la
possibilità di concedere diritti speciali, nei limiti del Trattato in materia di aiuti di Stato,
alle imprese che fornivano determinati servizi (o in determinate regioni), se tali diritti
erano indispensabili per garantire un buon livello di servizio pubblico o un utilizzo
efficace delle capacità di infrastruttura.
La Sezione III della direttiva fissava i criteri per la riscossione dei diritti per l’utilizzo
dell’infrastruttura, che dovevano permettere un equilibrio, nei conti del gestore della
rete, tra gli aiuti statali concessi e il gettito di tali diritti. In generale, stante la
competenza ai singoli Stati membri per la fissazione del canone di utilizzo
dell’infrastruttura50
, esso doveva essere riscosso senza alcuna discriminazione tra
servizi equivalenti (art. 7) direttamente dal gestore dell’infrastruttura (art. 9). Degna di
nota, nella versione originaria della direttiva 95/19, è, infine, la previsione dell’art. 11, a
norma del quale gli Stati membri dovevano obbligare le imprese ferroviarie a presentare
un certificato di sicurezza, contenente l’attestazione del possesso dei prescritti requisiti
tecnici e operativi da parte del materiale rotabile e del personale, che garantisse come
fossero pienamente rispettati gli standard imposti alle imprese ferroviarie in materia di
sicurezza, per garantire un servizio sicuro sulla rete nazionale. Il certificato di sicurezza
andava rilasciato da un organo specifico dello Stato sulla cui infrastruttura l’impresa
intendeva svolgere servizio.
In linea con il descritto approccio graduale seguito dalla Comunità, nel 1996 venne
emanata la direttiva 96/48/CE51
, che dettava i requisiti essenziali per garantire
l’interoperabilità della rete ferroviaria ad alta velocità52
(anche se le prime prescrizioni
operative vedranno la luce solo nel 2002) e quindi era volta a superare le barriere
tecniche che fino a quel momento erano una delle cause di difficoltà del traffico
internazionale. Innanzitutto, la direttiva traeva fondamento dagli artt. 129B, che
prevedeva come fossero le reti transeuropee di trasporto lo strumento necessario per
50
“I diritti dovuti al gestore dell'infrastruttura sono fissati segnatamente secondo la natura del servizio, il
tempo del servizio, la situazione di mercato nonché il tipo e l'usura dell'infrastruttura”: così l’art. 8. 51
Direttiva 96/48/CE del Consiglio del 23 luglio 1996 relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario
transeuropeo ad alta velocità, in GUCE L 235 del 17 settembre 1996. 52
Le reti ad alta velocità erano quelle previste nell’Allegato I della direttiva, ossia linee costruite o
adattate per essere esercite a velocità superiori a 200 km/h, su cui avrebbero dovuto circolare treni
costruiti appositamente per il traffico internazionale.
76
l’instaurazione di uno spazio senza frontiere nella Comunità, e 129C, per cui il mezzo
per favorire lo sviluppo delle reti risiedeva nelle misure sull’interoperabilità, del
Trattato di Maastricht53
. La direttiva forniva una nozione di interoperabilità che può
dirsi tuttora valida: ex art. 2, lett. b, essa consiste nella “capacità del sistema ferroviario
transeuropeo ad alta velocità, di consentire la circolazione sicura e senza soluzione di
continuità di treni ad alta velocità effettuando le prestazioni specificate. Tale capacità
si fonda sull'insieme delle condizioni regolamentari, tecniche ed operative che debbono
essere soddisfatte per ottemperare ai requisiti essenziali”. L’interoperabilità si fonda
sull’insieme di condizioni regolamentari, tecniche ed operative che debbono essere
soddisfatte per ottemperare ai requisiti essenziali, definiti come “l'insieme delle
condizioni descritte nell'allegato III che devono essere soddisfatte dal sistema
ferroviario transeuropeo ad alta velocità” (art. 2, lett. e). Tali requisiti impongono la
distinzione tra i cd. sottosistemi, ossia specifici settori di natura strutturale o
funzionale54
: ciascun sottosistema è poi oggetto di una cd. Specifica Tecnica di
Interoperabilità (STI o Technical Specification for Interoperability, TSI). Le STI
(necessarie per garantire la “coerenza del sistema ad alta velocità”, ex art. 2, lett. g)
precisano i requisiti essenziali per i sottosistemi e le interfacce, fissano i parametri di
base e le condizioni da rispettare per effettuare le prestazioni sia sulle linee
specialmente costruite per l'alta velocità che sulle linee adattate per l'alta velocità,
fissano le modalità di applicazione per quanto necessario in alcuni casi specifici,
determinano i componenti di interoperabilità e le interfacce che devono essere oggetto
di specifiche europee (art. 5). Le STI sono redatte, a norma dell’art. 6, da un organismo
comune rappresentativo, su mandato della Commissione: esso verrà identificato nella
neocostituita AEIF (Association Européenne pour l’Interopérabilitè ferroviaire),
un’associazione nata dall’UIC e dall’UNIFE55
. Proprio l’AEIF iniziò già nel 1996 a
redigere le prime STI, in particolare quelle sull’unificazione del sistema di
segnalamento, da sempre considerato “la maggiore barriera tecnica per l’utilizzo di
53
Cfr. A. PREDIERI, Le reti transeuropee nei Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Il Diritto
dell’Unione Europa, 1997, pp. 287 ss. 54
I sottosistemi di carattere natura strutturale sono Infrastrutture, Energia, Controllo-comando e
segnalamento, Materiale rotabile; i sottosistemi di natura funzionale sono Manutenzione, Ambiente,
Esercizio, Utenti. 55
L’UIC (Union internationale des chemins de fer) è un’associazione di varie Ferrovie europee con sede
a Parigi nata nel 1922 per definire regole comuni per la costruzione e l’esercizio di carrozze (accordo e
standard RIV) e vagoni merci (norme RIC). L’UNIFE (Union des industries ferroviaires européennes) è
invece l’organizzazione che riunisce le aziende che operano nel settore ferroviario in Europa (nella
costruzione di veicoli, segnalamento, componenti elettronici ecc.).
77
locomotive tra le frontiere”56
, individuando nell’innovativo sistema ERTMS (European
Rail Traffic Management System) il mezzo per garantire livelli di interoperabilità e
sicurezza richiesti dalla velocità dei treni e per unificare i ben 14 sistemi diversi di
controllo della marcia dei treni allora esistenti nella Comunità. Poiché, però, l’art. 7
della direttiva 96/48 legittimava lo Stato membro a non applicare una determinata STI
nei casi ivi elencati, questo sistema di segnalamento è, attualmente, utilizzato solo in
pochi Stati (ricordiamo che, con scelta lungimirante, tutti i treni ad alta velocità di
Trenitalia di ultima generazione ne sono dotati). Nel proseguo del lavoro tratteremo
ancora delle STI e dell’ERTMS; nel frattempo, passiamo in rassegna l’ultimo atto di
una certa rilevanza per il settore ferroviario del secolo passato.
Nel corso del 1996 venne pubblicato il Libro Bianco della Commissione Una strategia
di rilancio delle ferrovie comunitarie57
. Esso conteneva una dettagliata analisi condotta
dai suoi redattori circa le cause della crisi del trasporto ferroviario all’alba del 2000: si
trattava, brevemente, della concorrenza di mezzi di trasporto più flessibili ed economici,
come l’autobus, dell’offerta di trasporto prettamente nazionale delle ferrovie (aspetto
già visto), che aveva fatto perdere un ambito a loro congeniale, come quello del
trasporto di merci sulle lunghe distanze, e della “cattiva gestione, interferenze politiche
e (della) inadeguatezza della rete ferroviaria ai nuovi modelli di attività economica,
all’urbanizzazione e al conseguente cambiamento nei flussi di traffico”58
. Il Libro
Bianco individuava in alcuni capisaldi la strategia necessaria al rilancio delle ferrovie:
a. l’apertura del mercato attraverso la liberalizzazione del trasporto merci e del
trasporto internazionale di passeggeri, per indurre le imprese, attraverso la
competizione così generata, a migliorare le loro prestazioni e abbassare i costi. Fu
con questo Libro Bianco che prese corpo il progetto delle freight freeways, ossia dei
corridoi attraverso l’Europa per favorire il trasporto merci sulle lunghe distanze59
;
56
“This is the greatest single technical barrier to operating locomotives across borders”: J. WILSON,
Armonizzazione degli standards tecnici e della sicurezza tra normative comunitaria e diritto interno: le
ricadute delle direttive comunitarie sulla rete europea del trasporto ferroviario, in Il trasporto
ferroviario nell’Europa del 2000: atti del convegno, Villaggio Marispica, Ispica-Ragusa, 30 agosto-4
settembre 1998,Messina, 1999, p. 162. 57
White Paper, A strategy for revitalising the Community’s railways, COM (1996) 421 del 30 luglio
1996. 58
“… bad management, political interference, and inadequate adaptation of the rail network to new
patterns of economic activity, to the urbanization and the consequent charging in the traffic flows”:
TRAMPUS, op. cit., p. 165. 59
Le freeways vennero progettate a settembre del 1996 e poi, con il lavoro di un High level group,
formato dai dirigenti dei Ministeri dei Trasporti e dai responsabili delle infrastrutture europee, vennero
implementate con gli aspetti tecnici. Esse toccavano cinque Stati della Comunità ed erano volte a mettere
in comunicazione i porti del Nord della Germania e dell’Olanda con quelli mediterranei di Brindisi e
78
b. la gestione delle imprese ferroviarie secondo le regole valide per le imprese
commerciali;
c. la riduzione del debito di queste imprese, anche con l’aiuto finanziario della
Comunità;
d. lo sviluppo del trasporto passeggeri per favorire il ruolo “sociale” delle ferrovie. Gli
obblighi di servizio pubblico vanno imposti dallo Stato con un contratto negoziato
col vettore ferroviario per il corretto e migliore adempimento degli stessi,
soprattutto nel trasporto urbano e locale (in continua crescita), e per dimostrare alla
collettività in modo trasparente l’utilizzo di fondi pubblici per compensare detti
obblighi;
e. la necessità di emanare una normativa per l’utilizzo ottimale e secondo criteri di
economicità dell’infrastruttura, il cui accesso deve avvenire secondo criteri non
discriminatori.
Il Libro Bianco del 1996 determinò, assieme alla Comunicazione sul grado di
implementazione e sull’impatto della direttiva 91/440 sul processo evolutivo delle
ferrovie comunitarie e sui diritti di accesso per il trasporto ferroviario delle merci
(1998)60
, la politica della Comunità negli anni successivi, perché sulla base dei rilievi
qui mossi vennero emanate le direttive dell’inizio del XXI secolo.
3. 2001: Il Primo Pacchetto ferroviario
Successivamente all’analisi dei dati non troppo confortanti che il Libro Bianco del 1996
e la Comunicazione del 1998 avevano fornito alla Commissione, da cui si poteva
evincere un perdurante stato di inefficienza delle ferrovie europee, la mancanza di validi
sforzi per pervenire effettivamente all’interoperabilità, quanto meno nel traffico
passeggeri (quello merci, grazie all’apertura di sempre maggiori scali intermodali61
e
all’arrivo sul mercato ferroviario europeo delle prime locomotive universali capaci di
viaggiare su varie reti, sembrava invece godere di miglior salute) e una certa diversità
Gioia Tauro. L’accesso alle freeways doveva avvenire, secondo il Libro Bianco, a condizioni più
favorevoli di quelle previste nelle direttive fino allora emanate. Cfr. A. LAGANA’, La rete europea e le
freeways, in Il trasporto ferroviario nell’Europa del 2000: atti del convegno, Villaggio Marispica, Ispica-
Ragusa, 30 agosto-4 settembre 1998,Messina, 1999, pp. 125 ss. 60
COM (1998) 480 del 22 luglio 1998. 61
Nel 1989 venne aperto all’esercizio il raccordo ferroviario tra le linee Milano-Venezia e Verona-
Brennero con il neonato Interporto Quadrante Europa, destinato a diventare il più importante scalo
intermodale d’Italia. La crescita del traffico combinato con la Germania avvenne proprio alla fine degli
anni ’90 quando vennero costruiti altri scali a Padova e Busto Arsizio e i raccordi ferroviari con i porti di
Chioggia e Gioia Tauro.
79
nel modo con cui le direttive degli anni precedenti erano state attuate nei singoli Stati
della Comunità62
, si palesò la necessità di procedere ad una riforma della legislazione
ferroviaria vigente. L’impatto delle prime direttive fu infatti limitato e quindi “la
Commissione ha ritenuto indispensabile l’accelerazione dell’apertura delle
concorrenze appena avviata”63
. Stavolta, l’intervento era volto ad avviare la
liberalizzazione del trasporto merci, a garantire norme eque d’accesso all’infrastruttura
(anche sotto il profilo della tariffazione per il suo utilizzo) e infine a ripartire la capacità
d’infrastruttura ferroviaria: “ciò si otteneva, in particolare, imponendo la netta
distinzione fra i soggetti che determinano le regole del mercato e gli operatori;
ribadendo che le operazioni di trasporto sono appannaggio delle imprese ferroviarie,
mentre il gestore […] deve sviluppare l’infrastruttura e garantire un accesso equo”64
.
Nel 2001 vennero quindi emanate una serie di misure per fare fronte alla situazione
appena descritta e per riformare alcuni aspetti della normativa allora vigente: tali misure
vennero inserite sia in tre direttive contemporanee65
che vengono solitamente indicate
come parte del “Primo Pacchetto ferroviario” sia in una direttiva di poco successiva,
necessaria per estendere le previsioni in materia di interoperabilità. Verso la fine dello
stesso anno venne emanato un ulteriore Libro Bianco per porre “gli indirizzi, i principi e
le linee guida per l’effettuazione di una nuova fase evolutiva del processo di
liberalizzazione”66
.
Iniziando la nostra analisi dal Pacchetto ferroviario, noto altresì come “Pacchetto
Infrastruttura” (a causa dell’oggetto predominante delle riforme), il primo atto che viene
in rilievo è la direttiva 2001/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che
modifica la direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie. La
riforma della direttiva del 1991 serviva per realizzare “una ancora più marcata
separazione tra le funzioni inerenti la gestione nonché le mansioni relative alla
62
Il nodo più “spinoso” riguardava l’attuazione della direttiva 91/440. Alcuni Stati europei avevano
proceduto ad un rapido adattamento del loro ordinamento alle previsioni comunitarie, mentre altri non
avevano correttamente adempiuto ai loro obblighi (o lo avevano fatto con notevole ritardo, caso, come
vedremo, dell’Italia). Tra gli Stati virtuosi vanno sicuramente citati la Gran Bretagna e la Svezia. Tuttora,
la prima è l’unico esempio europeo di una compiuta liberalizzazione, avvenuta a partire già dal 1993; la
Svezia, dove le riforme erano iniziate addirittura prima che a livello comunitario (1988) invece dimostra
come la separazione tra gestore del servizio e quello dell’infrastruttura genera notevoli benefici economici
(il bilancio del gestore della rete passò da una perdita di 1,52 milioni di dollari del 1988 a un utile di 1,75
milioni nel 1995: TRAMPUS, op. cit., p. 184). 63
M. MERGER, La politica ferroviaria europea: dalla prudenza alle liberalizzazione (1957-2007), in
Memoria e ricerca, n. 30/2009, p. 103. 64
LANUCARA, op. cit., pp. 831-832. 65
Risalgono tutte al 26 febbraio 2001 e furono pubblicate assieme in GUCE L 75 del 15 marzo 2001; per
tutte era previsto che gli Stati membri dovessero attuarle entro il 15 marzo 2003. 66
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 40.
80
sicurezza”67
: lo strumento su cui la direttiva 2001/12 faceva leva era, come si evince già
dai suoi considerando, la necessità di dotare il gestore dell’infrastruttura di uno statuto
indipendente da quello dello Stato, che avesse piena libertà di agire e un bilancio e una
contabilità separati da quelli del gestore del servizio ferroviario (in sostanza, venivano sì
indicati con maggiore enfasi i principi del 1991, ma non veniva, purtroppo, introdotta
l’obbligatorietà della separazione societaria tra le due realtà). A parte questo aspetto, e il
fatto che (considerando n. 15) la Comunità sottolineava l’esigenza che la sua azione, nel
rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità di cui all’art. 5 TCE, dovesse
essere adeguatamente supportata da quella degli Stati membri, le novità rilevanti
introdotte erano:
a. l’estensione della nozione di impresa ferroviaria, per cui è tale sia “qualsiasi
impresa pubblica o privata titolare di una licenza e la cui attività principale
consiste nella prestazione di servizi per il trasporto di merci e/o di persone per
ferrovia e che garantisce obbligatoriamente la trazione” ma anche quella che
fornisce solo la trazione (ad esempio, al soggetto che detiene la traccia oraria entro
cui far viaggiare i suoi convogli)68
ex art. 3, lett. a;
b. la previsione della liberalizzazione del traffico internazionale di merci sulla rete
TERFN (Trans European Rail Freight Network), che rappresentava la trasposizione
in una direttiva dei progetti delle freight freeways69
elaborati a partire dal Libro
Bianco nel 1996 e ora contenute nell’Allegato I alla direttiva 2001/12; veniva
riconosciuto, all’inizio, il diritto di accesso e di transito su tali reti a qualsiasi
impresa ferroviaria titolare di licenza per il trasporto internazionale di merci, poi
(dopo il 15 marzo 2008) la liberalizzazione doveva essere estesa a tutti i 150.000 km
della rete ferroviaria europea (compresi gli itinerari alternativi, qualora vi fosse
congestione di quello principale, e le linee di accesso a terminal e porti indicati
sempre nell’Allegato I)70
;
c. nuovi obblighi agli Stati di predisporre adeguate misure in materia di standard e
norme di sicurezza, garantendo sempre la certificazione (e quindi la rispondenza a
67
BUSTI, op. cit., p. 29. 68
In Italia la novità venne subito colta da Rail Traction Company S.P.A. (RTC), una delle prime società
nate dalla liberalizzazione del trasporto merci (febbraio 2000), che, tuttora, garantisce solo la trazione di
treni merci sull’asse del Brennero per altri clienti, normalmente operatori del trasporto intermodale. 69
Cfr. C. JUNG, Das erste Eisenbahnpaket von 2001, in C. CALLIESS/M. RUFFERT, EGV/EUV
Kommentar, AEUV Art. 91 Rn. 9 – 12, 4. Auflage, München, 2011. 70
Con questa previsione (contenuta nell’art. 10, II e VIII par.), l’intera rete ferroviaria europea diveniva
“uno spazio ferroviario integrato, in cui ogni impresa ferroviaria comunitaria sarò libera di competere
con le altre”: BUSTI, op. cit., p. 30.
81
tali requisiti) del materiale rotabile e delle imprese ferroviarie in generale. L’ente
certificatore deve essere terzo ed indipendente da qualsiasi impresa di trasporto (art.
7);
d. la Commissione poteva controllare l’applicazione e l’attuazione delle disposizioni
della direttiva, anche su ricorso degli Stati membri, in particolare quelle sull’accesso
all’infrastruttura ferroviaria (art. 10 ter); essa poteva poi presentare al Parlamento
europeo una relazione circa lo stato di attuazione della direttiva in esame;
e. infine, interessante è osservare la possibilità per l’organismo di regolamentazione
(istituito ex art. 30 direttiva 2001/14/CE, che tratteremo a breve) di valutare i ricorsi
dei soggetti che ritenessero di “essere stati oggetto di trattamento iniquo o di una
discriminazione o lesi in altro modo” (art. 10, VII par.) e di decidere sugli stessi
“quanto prima” (anche d’ufficio).
La direttiva 2001/12 poneva quindi finalmente le basi per la liberalizzazione
dell’accesso alla rete ferroviaria europea nel trasporto merci, ma tale apertura
necessitava di un “rafforzamento del sistema di licenze alle imprese ferroviarie”71
: per
questo venne emanata la direttiva 2001/13/CE, che modificava la direttiva 95/18/CEE
relativa alle licenze delle imprese ferroviarie. La nuova direttiva era stata emanata in
quanto alcuni Stati membri avevano introdotto diritti di accesso più ampi di quelli
previsti nel 1991: era quindi necessario garantire a tutte le imprese ferroviarie
interessate al rilascio della licenza un trattamento equo, trasparente e non
discriminatorio (considerando n.4). La strada scelta per raggiungere questo obiettivo
consisteva nell’estendere il regime delle licenze a tutte le imprese presenti nel settore (e
non solo alle imprese o alle associazioni internazionali previste nella direttiva 95/18),
potendo comunque lo Stato (a propria discrezione) escludere le imprese rientranti nella
previsione del “nuovo” art. 1, II par72
. Sempre alla scelta discrezionale dello Stato era
lasciata l’individuazione dell’ente preposto al rilascio della licenza (sempre valida nel
territorio della Comunità ma che non dava di per sé diritto all’accesso all’infrastruttura,
ex art. 4), purché fosse indipendente dalle imprese di trasporto. L’impresa ferroviaria
otteneva la licenza qualora l’ente avesse riscontrato la sussistenza dei requisiti di
onorabilità, capacità finanziaria, competenza professionale e di copertura della
71
MERGER, op. cit., p. 104. 72
Il regime delle licenze poteva infatti essere escluso per le imprese ferroviarie che effettuassero servizi
passeggeri su “infrastruttura locale e regionale autonoma”, per quelle di trasporto passeggeri urbano e
suburbano, oltre che per le imprese operanti con servizi merci diversi da quelli contemplati dalla direttiva
91/440 o svolti esclusivamente su infrastruttura privata (ossia raccordi industriali).
82
responsabilità civile già visti a proposito della direttiva 95/18. La procedura per il
rilascio delle licenze andava resa pubblica dallo Stato: l’ente doveva tenere in conto tutti
gli elementi descritti dal soggetto richiedente, e in caso di decisione di rigetto era
necessaria la motivazione. Nel 2001 vennero previsti degli obblighi informativi a carico
dello Stato verso la Commissione Europea: nel caso venisse revocata o sospesa una
licenza (ai sensi degli artt. 10 e ss.), lo Stato doveva informare “immediatamente” la
Commissione, che poi “senza indugio” doveva a sua volta darne notizia agli altri Stati
membri (nuovo art. 11, VIII par.). Sempre la Commissione era “l’organo comunitario
di riferimento in caso di incertezza circa l’applicazione delle disposizioni della
direttiva”73
, in quanto l’art. 12, II par., riconosceva all’impresa ferroviaria la possibilità
di presentare all’istituzione europea “la questione della compatibilità delle disposizioni
nazionali con il diritto comunitario, nonché la questione dell'applicazione non
discriminatoria di dette disposizioni”; la Commissione emetteva, in caso di riscontrata
incompatibilità, una dichiarazione in merito alla corretta interpretazione della direttiva
stessa, salva la possibilità di adire la Corte di Giustizia in caso di persistente
inadempimento dello Stato (art. 226 TCE).
Gli ultimi punti che il legislatore comunitario si era prefissato di riformare nel 2001
riguardavano la ripartizione della capacità d’infrastruttura ferroviaria, l’imposizione dei
diritti per il suo utilizzo e la delicata questione dei certificati di sicurezza: a questo fine
venne emanata la direttiva 2001/14/CE che abrogava la precedente direttiva 95/19/CE,
gettando quindi nuove basi per garantire un accesso equo e non discriminatorio alla rete
ferroviaria dei vari Paesi della Comunità. I principi che governano l’ultima direttiva del
Primo Pacchetto ferroviario possono essere così riassunti:
garantire l’accesso alla rete a condizioni eque e non discriminatorie74
al fine di
sviluppare la concorrenza tra i vettori e la qualità del servizio (in questa prima
fase solo nel trasporto merci);
ridurre i costi di gestione dell’infrastruttura e parallelamente migliorare la sua
efficienza (anche con un esame della capacità d’infrastruttura disponibile e dei
metodi per potenziarla, ex considerando n. 29);
73
BUSTI, op. cit., p. 33. 74
“Entscheidend sind die Prinzipien «Transparenz», «Diskriminierungsfreiheit», «Gleichbehandlung»
und «Kostenorientierung» (Decisivi sono i principi «trasparenza», «assenza di discriminazione», «parità
di trattamento» e «trasparenza nei costi») ”: JUNG, op. cit., Rn. 11.
83
migliorare la sicurezza della circolazione dei convogli e dell’intera rete
attraverso una serie di garanzie necessarie per poter operare servizi di trasporto
ferroviario.
La direttiva ha un campo d’azione molto vasto, in quanto, a norma dell’art. 1, II par., si
applica all'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria adibita a servizi ferroviari nazionali e
internazionali, salvo la possibilità, per gli Stati membri, di escludere dall’ambito di
applicazione alcune reti (ad esempio, quelle locali o regionali isolate di trasporto
passeggeri). Una delle più rilevanti novità introdotte consiste nell’obbligo, per il gestore
dell’infrastruttura75
, di predisporre e pubblicare il Prospetto Informativo della Rete,
ossia il documento che indica dettagliatamente “le regole generali, le scadenze, le
procedure e i criteri relativi ai sistemi di imposizione dei diritti e di assegnazione della
capacità” e che contiene anche ogni altra informazione necessaria per presentare
richieste di utilizzo della rete (art. 2, lett. j). Tale Prospetto indica la natura
dell’infrastruttura disponibile, determinandone altresì le relative condizioni di accesso, e
va periodicamente aggiornato, attraverso consultazione di tutte le parti interessate (art.
3). Sempre il gestore dell’infrastruttura fissa i criteri per il calcolo e la riscossione dei
diritti dovuti dall’impresa ferroviaria per l’utilizzo della rete76
e provvede alla sua
riscossione (art. 4) nel rispetto del principio di parità di trattamento delle imprese e
garantendo diritti analoghi a quelli contenuti nel Prospettivo stesso. Il legislatore
comunitario ha riconosciuto al gestore della rete di poter usufruire di incentivi per
ridurre i costi di mantenimento dell'infrastruttura e il livello dei diritti di accesso,
incentivi che vanno determinati in un contratto concluso tra l'autorità competente
(statale) e il beneficiario, per un periodo minimo di tre anni (art. 6): il fine è quello di
permettere, in condizioni normali, un equilibrio tra il gettito dei diritti per l’utilizzo
dell’infrastruttura, le eccedenze provenienti da altre attività commerciali (che il gestore
può compiere) e i contributi statali da una parte e i costi dell’infrastruttura dall’altra.
Il Capo III della direttiva disciplina l’assegnazione della capacità d’infrastruttura: questa
spetta al gestore della stessa, che deve assicurare un’assegnazione equa, non
discriminatoria e nel rispetto del diritto comunitario (art 14). La capacità che è stata
75
Essendo tale “qualsiasi organismo o impresa incaricata in particolare della creazione e della
manutenzione dell'infrastruttura ferroviaria, compresa eventualmente anche la gestione dei sistemi di
controllo e di sicurezza dell'infrastruttura” (art. 3, lett. h). 76
Diritti che devono servire al gestore dell’infrastruttura unicamente per finanziare le sue attività, ex art.
7, I par.
84
assegnata ad un richiedente77
(e che si sostanza nelle tracce orario che gli vengono
assegnate) non può essere trasferita ad un'altra impresa o servizio (art. 13): essa perdura
per tutta la vigenza di un orario di servizio. Qualora il richiedente intenda ottenere delle
tracce orarie per periodi di tempo superiori può concludere un accordo quadro con il
gestore dell’infrastruttura, che, a norma dell’art. 17, “dovrebbe mirare a rispondere alle
legittime esigenze commerciali del richiedente”. L’accordo deve durare normalmente 5
anni, potendo essere stipulato anche per periodi maggiori o minori, purché non esso non
ostacoli mai l'utilizzo dell'infrastruttura da parte di altri richiedenti o servizi.
Per poter ottenere la capacità d’infrastruttura richiesta, le imprese e gli altri soggetti
menzionati nell’art. 2, lett. b devono inoltrare richiesta di conclusione di un accordo per
la concessione dei diritti di utilizzo della rete, dietro pagamento dei relativi oneri. Una
volta che sono prevenute le richieste, il gestore consulta le parti per la redazione
dell’orario di servizio e concede loro un mese di tempo per presentare osservazioni (art.
19). Egli deve operare secondo i criteri dati dall’art. 20, ossia deve soddisfare, per
quanto possibile, tutte le richieste che gli pervengono, comprese quelle per più linee:
qualora accerti che sussistono richieste confliggenti, si adopera, tramite coordinamento
tra le imprese, per conciliare al massimo tutte le richieste e i relativi vincoli (art. 21). Se,
nonostante la consultazione, il gestore non può adeguatamente soddisfare le richieste di
capacità d’infrastruttura, egli deve immediatamente dichiarare la saturazione della parte
di rete in questione (art. 23). Quando l’infrastruttura è satura, e sempre che non sia già
in atto un piano per il suo potenziamento, il gestore deve compiere un’analisi della sua
capacità, a norma dell'articolo 2578
.
Al Capo IV (Disposizioni generali) viene disciplinata l’istituzione dell’organismo di
regolazione, il cui compito è quello di vigilare sulla corretta applicazione dei principi
contenuti nella direttiva: l’art. 30 infatti, nel delineare quelli che sono i suoi compiti,
afferma testualmente (III par.) che “l'organismo di regolamentazione garantisce che i
diritti determinati dal gestore dell'infrastruttura siano conformi al capo II e non siano
77
L’art. 2, lett. b prevede che i richiedenti siano imprese ferroviarie e le loro associazioni internazionali e,
“negli Stati membri che prevedono tale possibilità, altre persone fisiche o giuridiche con un interesse di
pubblico servizio o commerciale ad acquisire capacità di infrastruttura per la prestazione di un servizio
ferroviario nei rispettivi territori, quali le autorità pubbliche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69,
nonché i caricatori, gli spedizionieri e gli operatori di trasporti combinati”. 78
Analisi che “mira a determinare le restrizioni di capacità di infrastruttura che impediscono il
soddisfacimento adeguato delle richieste e a proporre metodi volti al soddisfacimento di richieste
supplementari. L'analisi individua i motivi della saturazione e le misure da adottare a breve e medio
termine per porvi rimedio”. L’analisi deve condurre, entro 6 mesi dalla dichiarazione di saturazione, a
modificare le tracce assegnate e riprogrammare i servizi richiesti.
85
discriminatori”. L’organismo deve essere istituito in ogni Stato membro e si incardina
nella figura del ministero competente in materia di trasporti o in qualsiasi altro
organismo, a patto che sia indipendente sul piano organizzativo, giuridico, gestionale,
decisionale e finanziario dai gestori dell’infrastruttura e dagli organi eventualmente
delegati da questi nonché dai richiedenti stessi (I par.). I compiti dell’organismo di
regolamentazione sono di impugnazione e regolamentazione. Sotto il primo profilo, è
previsto che i richiedenti hanno diritto di adirlo qualora ritengano di essere stati vittime
di un trattamento ingiusto o di qualsivoglia altro tipo di discriminazioni da parte del
gestore dell’infrastruttura (sia attraverso comportamenti scorretti nella fase di
negoziazione della capacità di infrastruttura che nella menomazione dei diritti garantiti
dal Prospetto Informativo della Rete). Una volta che viene presentato reclamo,
l’organismo può chiedere informazioni al gestore dell’infrastruttura, e ha due mesi di
tempo per prendere una decisione che rimedi alla situazione; il VI par. obbliga, poi, gli
Stati membri, a garantire che le decisioni dell’organismo possano essere oggetto di
sindacato giurisdizionale79
.
Come nella “vecchia” disciplina di cui alla direttiva 95/19, anche la direttiva 2001/14
richiede alle imprese ferroviarie, per poter validamente operare sulle reti delle ferrovie
comunitarie, oltre al possesso della licenza e delle tracce negoziate col gestore
dell’infrastruttura, la presentazione obbligatoria di un certificato di sicurezza. Previsto
dall’art. 32, viene assegnato all’impresa ferroviaria che dimostri di essersi conformata ai
requisiti in materia di sicurezza richiesti80
: in particolare, essa deve possedere personale
incaricato della guida e dell’accompagnamento dei treni con la formazione necessaria
per il rispetto delle disposizioni in materia di circolazione oltre a materiale rotabile
approvato dall’autorità pubblica o dal gestore dell’infrastruttura e verificato secondo le
regole di esercizio. La certificazione di sicurezza viene rilasciata da un organismo
designato ad hoc da ogni Stato membro, qualora sia riscontrato, nell’impresa ferroviaria
richiedente, il possesso dei requisiti previsti per il materiale rotabile, il personale e
l’organizzazione interna dell’impresa stessa.
Per concludere, possiamo affermare che la terza ed ultima direttiva del Primo Pacchetto
ferroviario ha “un contenuto sostanzialmente regolatorio”81
e mira a creare i
79
In ogni caso, la decisione dell’organo di regolamentazione è vincolante per tutte le parti in causa (art.
30, II par.). 80
Requisiti previsti sia dalla normativa comunitaria che da quella nazionale (compatibile con il diritto
comunitario e applicata in modo non discriminatorio), come prevede l’art. 32, III par. 81
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 42.
86
presupposti per la terzietà dei soggetto coinvolti nelle procedure di ripartizione della
capacità d’infrastruttura; altre novità risiedono nei criteri di maggior dettaglio con cui
viene calcolato il canone di accesso all’infrastruttura.
Nel 2001 non venne emanato solo il Primo Pacchetto ferroviario, ma la legislazione in
esso prevista venne subito integrata da un’ulteriore direttiva, la 2001/16/CE82
, che
estese i criteri di interoperabilità di cui alla direttiva 96/48 (previsti dapprima solo per la
rete europea ad alta velocità) alla rete ferroviaria convenzionale: ciò era funzionale
direttamente allo sviluppo del traffico merci internazionale83
(di cui era prevista la
liberalizzazione), in quanto avrebbe permesso di definire in modo uniforme sul
territorio comunitario “i requisiti essenziali da seguire nella progettazione e
realizzazione delle nuove ferrovie classiche e dei rotabili ad esse destinate, da
completarsi più tardi con l’adozione di Specifiche Tecniche di Interoperabilità
dedicate”84
. Brevemente, la direttiva 2001/16 introduceva, anche nel campo delle
ferrovie tradizionali (ossia quelle diverse da quelle ad alta velocità, e che rappresentano
tuttora l’estensione di gran lunga dominante) le procedure da seguire per la
progettazione e l’adozione delle STI, demandando il primo aspetto al lavoro di un
gruppo di esperti che dovevano presentare le loro conclusioni entro i tre anni
successivi85
. Tra le prime STI redatte sulla base di questa direttiva (che vedranno la luce
nel 2005) rilevano, in chiave di liberalizzazione del trasporto merci, quelle dedicate alla
“Telematica merci”, al “Rumore ferroviario” e ai “Vagoni merci”. Il quadro giuridico in
cui si inserisce l’interoperabilità europea può quindi essere schematizzato come “una
piramide a tre livelli, in cima alla quale figurano le Direttive dell’UE che stabiliscono i
requisiti essenziali, basate su livello intermedio di legislazione costituito dalle
Specifiche Tecniche di Interoperabilità (STI)- obbligatorie […]- a loro volta appoggiate
sulle Norme Europee volontarie, che forniscono i dettagli di tali prescrizioni nonché i
metodi di verifica corrispondenti”86
.
82
Direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001 relativa
all’interoperabilità del sistema ferroviario convenzionale, in GUCE L 110 del 20 aprile 2001. 83
Considerazione valevole anche per quello passeggeri: a norma dell’art. 1, II par., la direttiva si
prefissava, tra le altre cose, di “facilitare, migliorare e sviluppare i servizi di trasporto ferroviario
internazionale all'interno dell'Unione europea e con i paesi terzi”. 84
FERRAVANTE, op. cit., p. 18. 85
Vedremo a breve che con la direttiva 2004/50/CE sono stati apportati alcuni emendamenti alla direttiva
2001/16, per cui il compito di predisporre le STI è passato alla neocostituita Agenzia Ferroviaria Europea
(ERA). 86
Ibidem, pp. 17-18. In questo caso, per Norme Europee volontarie, l’Autore intende gli standard europei
sull’interoperabilità, chiamati anche costituenti d’interoperabilità.
87
Le misure predisposte nel 2001 (e che dovevano essere attuate entro il 2003, quanto
meno per quelle contenute nel Pacchetto ferroviario) servivano a rimediare
all’insufficiente intervento sia degli Stati membri sia del Consiglio nel settore
ferroviario, agevolato dal fatto che, accanto all’adozione di atti meno incisivi di altri
come le direttive, non vi fossero state poi adeguate misure statali per rivitalizzare il
settore87
. La Commissione prese atto della limitata azione della Comunità nella
dichiarazione di apertura del Libro Bianco del 2001 La politica europea dei trasporti
fino al 2010: il momento delle scelte88
: “per lungo tempo, la Comunità europea non ha
saputo o voluto attuare la politica comune dei trasporti prevista dal trattato di Roma. Il
Consiglio dei ministri non è stato capace, per quasi trent'anni, di tradurre in azioni
concrete le proposte della Commissione”. Il Libro Bianco conteneva una serie di
proposte che la Commissione faceva per riequilibrare i modi di trasporto (volte quasi
tutte a promuovere l’intermodalità)89
, rilanciare il ruolo delle ferrovie della navigazione
marittima e interna e controllare lo sviluppo del traffico aereo. Ai nostri fini, le direttrici
di intervento nel mondo delle ferrovie erano rivolte a “creare un sistema equo di tariffe
per tutti i trasporti; dare alle ferrovie una collocazione prioritaria nello sviluppo delle
reti transeuropee e completare la costruzione di uno spazio ferroviario giuridicamente
e tecnicamente integrato”90
. Gli strumenti che la Commissione individuò per
raggiungere questi obiettivi furono:
l’effettiva apertura del mercato alla concorrenza, attraverso la liberalizzazione
dapprima dell’accesso da parte di tutti gli operatori comunitari ai servizi di
cabotaggio per il trasporto delle merci e poi a quelli internazionali di trasporto
passeggeri91
;
l’individuazione di linee da dedicare prevalentemente al trasporto merci
(soprattutto transfrontaliero, sollecitando gli Stati ad adottare le prescrizioni in
87
Cfr. BATTISTINI, op. cit., p. 577. 88
COM (2001) 370 del 12 settembre 2011. Il White Paper fu la risposta alla strategia di sviluppo
sostenibile elaborata durante il Consiglio Europeo di Göteborg del giugno 2001. 89
Come è stato acutamente osservato da S. ZUNARELLI, Il Libro Bianco sui trasporti: elementi di
novità e di continuità della politica dell’Unione Europea nel settore dei trasporti, in Diritto dei Trasporti,
2002, p. 464, “filo conduttore del Libro Bianco approvato il 12 settembre 2001 può individuarsi nella
formula riequilibrio modale”. Infatti, l’intera Parte Prima era intitolata “Riequilibrare i modi di
trasporto”. 90
MERGER, op. cit., p. 104. 91
La seconda previsione è rilevante per il nostro lavoro perché è quella su cui si fonda l’intero processo di
apertura del mercato del trasporto ferroviario di passeggeri, che verrà gradualmente attuato negli anni
successivi, proprio sulla scorta del Libro Bianco e del suo Capo III della Parte Terza (“Trasporti dal volto
umano”), dedicato all’intermodalità del trasporto passeggeri.
88
tema di interoperabilità dei servizi)92
anche migliorando l’efficienza delle linee
dedicate al trasporto passeggeri ma sottoutilizzate;
la separazione effettiva e non solamente formale tra la gestione
dell’infrastruttura e la gestione dei servizi di trasporto ferroviario.
I progetti elaborati nel Libro Bianco, rappresentando per alcuni “l’ultima chance per il
trasporto ferroviario prima della definitiva marginalizzazione del suo ruolo”93
,
dovevano essere più incisivi e innovativi di quelli presentati dalle istituzioni
comunitarie negli anni precedenti. Fu questo il motivo che spinse la Commissione,
nell’intenzione di creare uno spazio ferroviario integrato, efficiente, competitivo e
sicuro (mettendo a punto una rete apposita per il trasporto di merci), a presentare, tra il
2002 e il 2004, cinque misure di liberalizzazione e armonizzazione tecnica delle
ferrovie, che si concentravano sui temi della sicurezza ferroviaria, dell’interoperabilità e
dell’apertura alla liberalizzazione del trasporto internazionale (per poi fare altrettanto
con quello interno).
4. Il Secondo Pacchetto ferroviario
Le cinque nuove proposte divennero la base per il Secondo Pacchetto ferroviario, che la
Commissione propose il 23 gennaio 2002 e che fu adottato il 29 aprile del 200494
nella
forma di tre direttive e di un regolamento, ossia alla vigilia dell’integrazione, il primo
maggio 2004, di dieci nuovi Stati membri95
: era chiaro quindi l’intento non solo di
creare uno spazio ferroviario europeo quanto più ampio possibile ma anche di estendere
le riforme ai nuovi Stati, la cui situazione ferroviaria necessitava delle stesse riforme
che il resto d’Europa stava lentamente attuando.
Tale nuovo pacchetto di misure serviva ad accelerare il processo di liberalizzazione del
trasporto ferroviario di merci e ad aggiornare la legislazione precedente in materia di
interoperabilità di sicurezza: non va dimenticato, infatti, che oltre al risanamento
economico delle imprese ferroviarie e alla loro necessaria separazione dall’apparato
92
Il Libro Bianco faceva esplicito riferimento all’ERTMS, il cui sviluppo su ogni rete nazionale interna
alla Comunità doveva essere “una condizione per il cofinanziamento comunitario delle infrastrutture e
attrezzature ferroviarie”. 93
ZUNARELLI, op. cit., p. 464. 94
Tutti gli atti che lo compongono sono pubblicati in GUUE L 164 del 30 aprile 2004. 95
Da tale data fanno parte dell’Unione Europea Cipro, Malta (che non possiedono reti ferroviarie),
Ungheria, Polonia, Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituania, Repubblica Ceca e Slovenia. Le tre
repubbliche baltiche, in quanto facenti parte dell’Unione Sovietica, presentano notevoli difficoltà in
materia di interoperabilità poiché adottano lo scartamento largo di tipo russo (1520 mm) invece di quello
“standard” di buona parte d’Europa (1435 mm).
89
statale, una compiuta liberalizzazione necessita la fissazione di standard di sicurezza
(nella circolazione dei convogli) molto precisi, per garantire all’utente – viaggiatore un
servizio efficiente e sicuro (facendo preferire il treno agli altri mezzi). E’ stato
giustamente osservato, inoltre, che “tale Pacchetto normativo contiene norme e
raccomandazioni mirate alla realizzazione di un mercato sempre più aperto e
concorrenziale per il trasporto ferroviario all’interno dell’Unione Europea, a sostegno
del crescente bisogno di coesione territoriale ed economica tra gli Stati membri”96
.
Prima di passare all’analisi degli atti del 2004, torniamo brevemente al 23 gennaio
2002: nel giorno in cui la Commissione presentò le misure che poi diventeranno parte
del Secondo Pacchetto ferroviario, essa emanò una Raccomandazione97
circa le
condizioni per iniziare i negoziati di adesione della Comunità Europea all’OTIF98
. La
Commissione rilevò, prima di tutto, che la possibilità per “le organizzazioni regionali di
integrazione economica” di aderire alla COTIF fosse riconosciuta dall’art. 38 del
Protocollo di Vilnius; secondariamente, con le riforme introdotte nel Primo Pacchetto
ferroviario, la competenza comunitaria nel settore ferroviario si era ampliata, andando a
coincidere, in larga misura, con le misure previste dalla COTIF. La Commissione
riconobbe quindi che fosse “fondamentale che la Comunità aderis(se) alla COTIF, per
poter esercitare le proprie competenze nel settore ferroviario in seno all'OTIF” (pag.
3): per l’adesione, essa chiedeva pertanto al Consiglio di essere autorizzata a negoziare
le condizioni con il Segretario generale dell’OTIF.
Iniziando la nostra analisi del Secondo Pacchetto ferroviario riprendendo quanto detto
poco sopra circa la liberalizzazione del trasporto ferroviario di merci, il primo atto che
viene in rilievo è la direttiva 2004/51/CE, dedicata ad aggiornare ulteriormente la
fondamentale direttiva 91/440/CEE99
. La misura più importante consisteva
nell’anticipazione del diritto di libero accesso alla rete ferroviaria da parte degli
96
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 43. 97
Annoverata insieme al parere tra gli atti giuridici non vincolati del diritto comunitario derivato dall’art.
249, V par., TCE (e oggi dal medesimo paragrafo dell’art. 288 TFUE), la raccomandazione viene
adottata, normalmente, dalla Commissione Europea o dal Consiglio dell’Unione Europea per incitare una
determinata istituzione o uno Stato membro a tenere un certo comportamento, senza bisogno
dell’emanazione di un atto con forza vincolante. 98
Raccomandazione di Decisione del Consiglio che autorizza la Commissione a negoziare le condizioni
di adesione della Comunità alla Convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del
9 maggio 1980, come modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999, COM (2002) 24 del 23
gennaio 2002. 99
Direttiva 2004/51/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che modifica la
direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie.
90
operatori ferroviari100
del trasporto merci. La direttiva 2001/12 fissava infatti la
liberalizzazione a partire dal 15 marzo 2008, mentre nel 2004 si scelse di anticipare tale
data (art. 1, II par., direttiva 2004/51):
entro il 1o gennaio 2006 veniva riconosciuto, a condizioni eque, l’accesso alla
rete ferroviaria transeuropea per il trasporto internazionale di merci, indicata
nell’Allegato I della direttiva 2001/12 e nota con l’acronimo di TERFN101
;
entro il 1o gennaio 2007 la liberalizzazione del traffico merci europeo doveva
essere completata con l’accesso all'infrastruttura di tutti gli Stati membri per
l’esercizio di tutti i tipi di servizi di trasporto ferroviario di merci.
L’intenzione del legislatore comunitario era diretta, pertanto, all’integrazione del
trasporto ferroviario di merci con gli altri sistemi di trasporto, “in una logistica globale
nell’ambito dei corridoi che erano in via di costruzione”102
. La direttiva 2004/51
conteneva quindi le misure che si risolveranno funzionali alla compiuta liberalizzazione
del trasporto ferroviario di merci103
, settore che, grazie alle minori resistenze degli Stati
e alla più decisa politica della Comunità/Unione Europea, può dirsi oggi (2012)
completamente liberalizzato quanto alla possibilità di accesso all’infrastruttura da parte
di imprese ferroviarie che abbiano “le carte in regola” per poter operare.
L’apertura del mercato del traffico merci, sia internazionale che nazionale, necessitava
di una aggiornamento delle disposizioni in materia di interoperabilità e sicurezza della
circolazione ferroviaria: la Commissione decise di intervenire nei due ambiti
integrandoli tra loro e istituendo il primo ente con competenze specificatamente
ferroviarie a livello comunitario.
100
Ossia, ex art. 2 della direttiva 91/440/CEE come modificata dalla direttiva 2001/12/CE, le imprese
ferroviarie di trasporto stabilite o che si stabiliranno in uno Stato membro. L’impresa ferroviaria è
l’impresa pubblica o privata titolare della licenza che effettua sia servizi di trasporto merci e/o passeggeri
che solo di trazione. 101
La misura era giustificata con la previsione del considerando n. 2, per cui “l'estensione di tali diritti di
accesso per i servizi di trasporto ferroviario internazionale di merci a tutta la rete dal 1º gennaio 2006
dovrebbe consentire l'aumento dei vantaggi previsti in termini di trasferimento fra modi e di sviluppo del
trasporto ferroviario internazionale di merci”. 102
MERGER, op. cit., p. 105. 103
In realtà, l’intero Secondo Pacchetto ferroviario si concentrava essenzialmente sul trasporto di merci,
per accelerarne e ampliarne l’integrazione a livello comunitario: “auch das Zweite Eisenbahnpaket
beschäftigt sich noch allein mit dem Schienengüterverkehr. Primäres Ziel ist die Beschleunigung und
Ausweitung des Marktzugangs für grenzüberschreitenden Gütertransport auf der Schiene” (“anche il
Secondo Pacchetto Ferroviario si occupa ancora solamente di traffico merci su rotaia. Obiettivo
primario è l’accelerazione e l’ampliamento dell’accesso al mercato per i servizi ferroviari merci
transfrontalieri”): C. JUNG, Das Zweite Eisenbahnpaket von 2004, in C. CALLIESS/M. RUFFERT,
EGV/EUV Kommentar, AEUV Art. 91 Rn. 13 – 14, 4. Auflage, München, 2011.
91
La direttiva 2004/49/CE104
(nota come “direttiva sulla sicurezza delle ferrovie”) venne
emanata, come è ammesso nel considerando n. 2, per rimediare all’insufficienza delle
disposizioni di sicurezza fino a quel momento entrate in vigore, dettata sostanzialmente
dall’estrema frammentarietà della legislazione in materia vigente negli Stati membri: di
conseguenza, il legislatore europeo riconosce come “risulta particolarmente importante
armonizzare il contenuto delle norme di sicurezza, la certificazione di sicurezza delle
imprese ferroviarie, le funzioni e il ruolo delle autorità preposte alla sicurezza e le
indagini sugli incidenti”. Per raggiungere questo obiettivo, la direttiva si concentra
sull’uniformazione della struttura normativa degli Stati membri, mediante
l’armonizzazione delle norme nazionali attraverso la predisposizione di obiettivi e
standard europei di sicurezza, nonché sull’istituzione in ogni Paese membro di
un’autorità preposta alla sicurezza e di un organismo incaricato di effettuare indagini
sugli incidenti (art. 1).
Sotto il profilo degli standard e degli obiettivi di sicurezza, la direttiva, esortando gli
Stati europei a garantire il mantenimento e il costante miglioramento della sicurezza
(incombendo sul gestore dell’infrastruttura e sulle imprese ferroviarie l’obbligo di
mettere in atto le misure necessarie)105
, introduce nuovi concetti tecnici: il primo è
quello di “Obiettivi comuni di sicurezza” (CST, ossia Common Safety Targets), definiti
come “i livelli di sicurezza che devono almeno essere raggiunti dalle diverse parti del
sistema ferroviario” (parti composte dalle linee convenzionali e veloci) dall’art. 3, lett.
e; l’altro riguarda i “Metodi comuni di sicurezza” (CSM, Common Safety Methods),
cioè le procedure che vanno seguite per valutare i livelli di sicurezza e per realizzare i
rispettivi CST106
. Questi indicatori, che (anticipiamo) sono redatti dall’Agenzia
Ferroviaria Europea (ERA), servono per delineare quelli che sono i livelli di sicurezza
richiesti per poter garantire la circolazione sulle reti europee e sono il parametro per
valutare la rispondenza agli standard europei delle norme nazionali: a norma dell’art. 8,
infatti, queste ultime devono rispettare i CST previsti per un determinato ambito
104
Direttiva 2004/49/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa alla sicurezza
delle ferrovie comunitarie e recante modifica della direttiva 95/18/CE del Consiglio relativa alle licenze
delle imprese ferroviarie e della direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di
infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e alla
certificazione di sicurezza. 105
L’art. 4 ricorda anche come si debba tener conto di uno spazio ferroviario integrato: “gli Stati membri
provvedono affinché l’emanazione, l’applicazione e il controllo dell’applicazione delle norme di
sicurezza avvengano in maniera trasparente e non discriminatoria, incoraggiando lo sviluppo di un
sistema di trasporto ferroviario europeo unico”. 106
Il contenuto di questi indicatori è disciplinato, per i CSM, dall’art. 6 (che obbliga a tener conto, in fase
di progettazione, dei metodi esistenti negli Stati membri) e dall’art. 7 per i CST.
92
ferroviario (infatti i CST rappresentano i livelli minimi di sicurezza che devono essere
raggiunti dalle diverse parti del sistema ferroviario e dal sistema nel suo insieme in ogni
Stato membro). Come ben si comprende, la direttiva mira ad armonizzare le varie
legislazioni nazionali, obbligando gli Stati a conformarsi ad indicatori comuni redatti da
esperti del settore.
L’art 10 della direttiva disciplina i certificati di sicurezza, mirati a fornire la prova che
l’impresa ferroviaria ha elaborato un proprio sistema di gestione della sicurezza ed è
pertanto in grado di soddisfare i requisiti delle STI, di altre pertinenti disposizioni della
normativa comunitaria e delle norme nazionali di sicurezza. Il certificato è rilasciato
dalla competente autorità di ogni Stato membro107
e può essere rinnovato ogni cinque
anni. Degna di nota è invece una rilevante novità: l’art. 11 obbliga anche i gestori
dell’infrastruttura a possedere un titolo autorizzatorio per poter esercitare la loro attività,
chiamata autorizzazione di sicurezza. Questa “autorizzazione” viene rilasciata
dall’autorità statale preposta alla sicurezza, qualora abbia riscontrato che il gestore abbia
adottato misure per garantire la sicurezza della circolazione compatibili con il dettato
comunitario e con la normativa nazionale.
Ma chi è “l’autorità preposta alla sicurezza”? A norma dell’art. 16, la cd. Safety
Authority deve essere un soggetto “indipendente sul piano organizzativo, giuridico e
decisionale da qualsiasi impresa ferroviaria, gestore dell’infrastruttura, soggetto
richiedente la certificazione e ente appaltante”108
a cui lo Stato membro in cui è
stabilita deve affidare i compiti di verificare la messa in opera dei requisiti di
interoperabilità, rilasciare i certificati di sicurezza (per le imprese ferroviarie) e le
autorizzazioni di sicurezza (per il gestore della rete), verifica l’idoneità del materiale
rotabile ai requisiti di sicurezza richiesti dalla normativa di riferimento, che può essere
elaborata anche dall’autorità stessa. Essa inoltre ha poteri ispettivi e di ricerca di
documentazione; inoltre opera in sinergia con la ERA, cui deve trasmettere
annualmente un rapporto sull’attività svolta.
L’autorità preposta alla sicurezza non è l’unico organo la cui istituzione viene prevista
dalla direttiva 2004/49: “affinché, dopo incidenti gravi nel sistema ferroviario, siano
svolte indagini finalizzate al miglioramento della sicurezza ferroviaria e alla
107
Ma, a differenza della di quanto affermava l’art. 32 della direttiva 2001/14, a norma del quale il
rilascio doveva essere effettuati dall’autorità dello Stato ove era situata l’infrastruttura, l’art. 10 della
direttiva 2004/49 riconosceva tale facoltà all’autorità dello Stato dove l’impresa ferroviaria iniziava la
propria attività. 108
Le sue funzioni possono comunque essere svolte anche dal Ministero competente per i trasporti.
93
prevenzione di incidenti” (art. 19, I par.), ogni Stato membro deve creare un organismo
investigativo indipendente (da qualsiasi soggetto che opera nel settore ferroviario,
compresa l’autorità preposta alla sicurezza). L’organismo è composto di esperti che
devono intervenire sia per valutare le cause di qualsiasi incidente o inconveniente109
che
colpisca l’esercizio ferroviario sia per valutare l’impatto di situazioni che possono
potenzialmente dare luogo a eventi analoghi: si tratta di un’indagine di natura tecnica,
con funzione di raccogliere dati per l’adozione di misure di prevenzione, ma che non
“mira in alcun caso a stabilire colpe o responsabilità” (art. 19, IV par.).
Prima di passare in rassegna finalmente l’atto che istituisce l’Agenzia Ferroviaria
Europea, occorre evidenziare come la restante direttiva che compone il Secondo
Pacchetto Ferroviario sia la 2004/50/CE110
. Essa aggiornava le due direttive precedenti
sull’interoperabilità, in quanto il compito di elaborare i progetti delle STI, sia per il
sistema ferroviario europeo ad alta velocità che per quello convenzionale111
, era
divenuto appannaggio della neocostituita Agenzia.
L’Agenzia Ferroviaria Europea (ERA, dal nome ufficiale European Railway Agency)
venne prevista dal Regolamento 881/2004112
, facente anch’esso parte del Secondo
Pacchetto ferroviario.
Innanzitutto si tratta di una agenzia comunitaria, nel novero delle cd. agenzie settoriali:
nel diritto europeo la locuzione indica un organismo avente personalità giuridica di
diritto pubblico comunitario, distinto dalle istituzioni (quali sono quelle indicate
nell’art. 13 TUE) e dotato di competenze tecniche e/o di supporto informativo per gli
Stati membri e le istituzioni comunitarie. Queste agenzie, incaricate dello svolgimento
di determinati compiti relativi alla gestione dei programmi comunitari (per cui sono
richiesti massimi livelli di professionalità e competenza), sono chiamate anche agenzie
109
Per incidente l’art. 2, lett. k, indica una serie di eventi (collisioni, deragliamenti ecc.) assimilati dal
fatto di rappresentare eventi improvvisi indesiderati e non intenzionali o una specifica catena di siffatti
eventi aventi conseguenze dannose; l’inconveniente è, invece, “qualsiasi evento diverso da un incidente o
da un incidente grave, associato alla circolazione dei treni e avente un’incidenza sulla sicurezza
dell’esercizio” (art. 2, lett. m). 110
Direttiva 2004/50/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che modifica la
direttiva 96/48/CE del Consiglio relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta
velocità e la direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'interoperabilità del
sistema ferroviario transeuropeo convenzionale. 111
“La Direttiva 2004/50/CE […] aggiornava la legislazione in materia di interoperabilità tecnica ma
soprattutto ne estendeva il campo di applicazione dalle precedenti poche linee comprese nella rete
transeuropea dei trasporti all’intero sistema ferroviario europeo”: FERRAVANTE, op. cit., p. 18. 112
Regolamento (CE) n. 881/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che
istituisce un’Agenzia Ferroviaria Europea (cd. Regolamento sull’Agenzia).
94
esecutive europee e traggono la loro disciplina generale nel Regolamento 58/2003113
.
Lo status di “organismo della Comunità dotato di personalità giuridica” è ribadito, per
l’ERA, dall’art. 22 del Regolamento 881/2004; essa è dotata di una propria struttura
organica, al cui vertice vi è il direttore esecutivo114
.
La Commissione ritenne utile devolvere ad un soggetto comunitario, dotato di rilevanti
competenze tecniche, la materia della determinazione degli indici di sicurezza e
interoperabilità per uniformare e armonizzare la disciplina di queste materie tra gli Stati
membri e per garantire un loro sviluppo comune nel futuro (art. 1, I par.)115
. I compiti
principali di questo organismo si sostanziano infatti nel rafforzare e implementare il
livello di sicurezza e interoperabilità del sistema ferroviario europeo, oltre a gestire
l’elaborazione delle Specifiche Tecniche di Interoperabilità (STI). E’ bene subito
sottolineare che, per l’assolvimento di questi compiti, l’Agenzia116
non dispone di poteri
decisionali in quanto tali, perché è previsto (ex art. 2 del citato Regolamento) che essa
emetta solo o raccomandazioni per la Commissione europea o pareri indirizzati sempre
alla Commissione o agli Stati membri: il suo compito è quindi quello di assistere questi
due soggetti sul piano tecnico117
.
Il Capitolo II del Regolamento 881/2004 è dedicato alla sicurezza. In questo delicato
settore, l’operato dell’Agenzia può così essere riassunto:
l’art. 6 prevede, in linea generale, che l’Agenzia “raccomanda alla Commissione
i metodi comuni di sicurezza (CSM) e gli obiettivi comuni di sicurezza (CST)”;
armonizzazione dei certificati di sicurezza richiesti dalle varie reti europee e
delle domande per ottenerli (art. 7);
113
Regolamento (CE) n. 58/2003 del Consiglio del 19 dicembre 2002 che definisce lo statuto delle
agenzie esecutive incaricate dello svolgimento di alcuni compiti relativi alla gestione dei programmi
comunitari, in GUCE L 11 del 16 gennaio 2003. Cfr. A. CIASULLI, Le Agenzie esecutive europee nel
sistema amministrativo comunitario, in Giornale di diritto amministrativo, 2004, pp. 569 ss. 114
Il Capitolo V della direttiva disciplina la struttura interna e il funzionamento: in breve, il consiglio di
amministrazione dell’Agenzia è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro e da quattro
rappresentanti della Commissione, nonché da sei rappresentanti (senza di diritto di voto) degli operatori
del settore ferroviario. Il C.d.A. elegge il direttore esecutivo, il cui mandato è quinquennale con
possibilità di un solo rinnovo. 115
Sempre l’art. 1 afferma che l’ERA concorre a realizzare uno spazio ferroviario europeo senza
frontiere, tenendo conto del processo di allargamento dell’Unione europea e dei vincoli specifici relativi
ai collegamenti ferroviari con i paesi terzi. 116
Essa è divenuta effettivamente operativa dal 2006 con una sede a Valenciennes e un centro per le
riunioni internazionali a Lilla (entrambe località francesi). 117
Sotto questo aspetto, l’Agenzia nomina e sorveglia i gruppi di lavoro incaricati di trovare soluzioni
comuni nell’ambito della sicurezza e a trasmettere i principali risultati così ottenuti alla Commissione, la
quale adotta le decisioni in merito previo parere dei comitati di rappresentanti degli Stati membri (artt. 3-
5).
95
valutazione delle norme nazionali di sicurezza elaborate dagli Stati membri e
presentate alla Commissione (art. 8) e sorveglianza delle prestazioni di sicurezza
degli organi nazionali deputati a vigilare sulla sicurezza delle reti ferroviarie
(art. 9);
sviluppo di una banca dati pubblica dei documenti relativi alla sicurezza
ferroviaria (art. 11).
Il secondo ambito su cui si deve concentrare il lavoro dell’Agenzia è lo sviluppo
dell’interoperabilità, attraverso la redazione delle nuove STI o l’aggiornamento di
quelle esistenti (art. 12). Normalmente l’ERA supervisiona l’evoluzione
dell’interoperabilità europea e, qualora sia richiesta dalla Commissione, può
raccomandare “le modalità di realizzazione dell’interoperabilità dei sistemi ferroviari,
facilitando il coordinamento tra le imprese ferroviarie e tra i gestori dell’infrastruttura,
in particolare per organizzare la migrazione dei sistemi” (art. 14). Inoltre, l’Agenzia
provvede alla certificazione delle officine di manutenzione del materiale rotabile (art.
16) e all’uniformazione dei criteri di certificazione del personale ferroviario e dei
rotabili (artt. 17-18).
In definitiva, da quanto delineato a proposito di questa agenzia comunitaria, si può ben
concordare con chi sostiene che essa svolga “il ruolo di «motore» per il coordinamento
e lo sviluppo della sicurezza e dell’interoperabilità dei diversi sistemi ferroviari
nazionali”118
.
5. La prima apertura alla liberalizzazione del traffico passeggeri: il Terzo Pacchetto
ferroviario
Sulla scia dell’entusiasmo per l’approvazione del Secondo Pacchetto ferroviario, la
Commissione, poche settimane dopo (3 marzo 2004), presentava una serie di misure119
,
destinate specificatamente al traffico merci e finalmente anche a quello passeggeri, che
sarebbero dovute confluire in un nuovo Pacchetto ferroviario, il Terzo. Le proposte
erano suddivise in quattro atti:
a. una direttiva prevedeva la liberalizzazione del trasporto passeggeri internazionale a
partire dal 1o gennaio 2012 e di quello nazionale dal 1
o gennaio 2015, riconoscendo
il diritto di operare con servizi commerciali alle imprese che possedessero la licenza
e il certificato di sicurezza;
118
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 44. 119
Contenute nella COM (2004) 140.
96
b. una seconda direttiva era volta ad istituire la certificazione dei macchinisti, per avere
un meccanismo armonizzato a livello europeo per definire meglio le competenze e
le responsabilità in materia di formazione, valutazione e riconoscimento dei
macchinisti e del personale di scorta dei convogli;
c. un regolamento che fissasse i diritti dei passeggeri nel trasporto internazionale, sulla
scia del regolamento (CE) 261/2004120
sugli obblighi dei vettori aerei (ma che
conteneva norme giudicate decisamente più severe per l’impresa ferroviaria);
d. un ulteriore regolamento per migliorare la qualità del trasporto merci, attraverso
l’introduzione di clausole minime di qualità nei contratti tra le imprese ferroviarie e
i clienti (la carenza di qualità incide infatti negativamente sui trasporti merci
internazionali ed è una delle cause del calo del traffico su ferro).
L’apertura del mercato ferroviario del settore passeggeri rispondeva, come aveva
sottolineato l’allora Commissario ai Trasporti e all’Energia Loyola de Palacio, alla
necessità di porre in competizione il trasporto ferroviario con quello aereo, in quanto la
concorrenza delle compagnie aeree low cost costituiva ormai, sulle distanze medio –
lunghe, un’assodata realtà. Il Parlamento Europeo era altresì consapevole del fatto che
la liberalizzazione del traffico passeggeri era assolutamente necessaria per completare il
percorso intrapreso dall’Europa comunitaria per migliorare e modernizzare il mondo
delle ferrovie, tanto che già nell’ottobre del 2003 aveva proposto di aprire alla
concorrenza tutti i servizi passeggeri, anche nazionali, addirittura entro il 1o gennaio
2008. L’approvazione delle misure originarie che componevano il Terzo Pacchetto è
stata lunga e difficile e ha portato a notevoli cambiamenti delle previsioni originarie.
Per comprendere meglio l’iter di approvazione, dobbiamo precisare che la normativa
europea proposta dalla Commissione nel settore dei trasporti era soggetta alla procedura
di codecisione121
, una delle procedure legislative in seno alla Comunità, che era stata
introdotta dal Trattato di Maastricht all’art. 251 TCE. La codecisione prevedeva una
incisiva partecipazione del Parlamento: infatti, per determinati atti proposti dalla
Commissione, era prescritto che il Consiglio emettesse una posizione comune a
maggioranza qualificata, che andava poi comunicata al Parlamento. Questo aveva tre
mesi di tempo per approvarla (se era d’accordo con l’orientamento del Consiglio); la
120
Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 11 febbraio 2004 che
istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato
imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91, in
GUCE L 46 del 17 febbraio 2004. 121
Con le riforme del Trattato di Lisbona oggi si parla di procedura legislativa ordinaria ex art. 294
TFUE.
97
proposta si considerava approvata anche in caso di inerzia del Parlamento entro tale
termine. Qualora il Parlamento, invece, intendesse proporre emendamenti o respingere
(a maggioranza qualificata) la posizione comune, il Consiglio era tenuto a precisarla
ulteriormente: se il Parlamento rigettava ancora l’atto, questo non poteva essere
adottato. In caso fosse il Consiglio ad essere in disaccordo con la posizione del
Parlamento, doveva attivarsi un Comitato di conciliazione composto da un numero pari
di membri delle due istituzioni e con la partecipazione della Commissione. A questo
punto, l’atto poteva essere adottato solo se il Comitato perveniva, entro sei settimane dal
suo insediamento, a definire un progetto comune che doveva essere approvato (entro le
sei settimane successive) dal Consiglio a maggioranza qualificata e del Parlamento a
maggioranza assoluta.
Tornando al processo di adozione del Terzo Pacchetto, la proposta di regolamento sulla
qualità del servizio merci è stata addirittura ritirata per la forte pressione delle lobby
della CER (Community of European Railways and Infrastructure Companies)122
. Anche
le misure oggetto del trasporto passeggeri hanno avuto un percorso molto tormentato,
soprattutto la proposta di regolamento sui diritti dei passeggeri. Infatti, prevedendo una
disciplina più gravosa per le imprese di trasporto ferroviario, il Parlamento aveva fatto
rilevare che si sarebbero, invece che sviluppati, disincentivati gli investimento in questo
settore. Altro punto controverso riguardava il fatto che “la proposta della Commissione
si discostava sensibilmente anche dal regime internazionale già previsto dalla
convenzione intergovernativa COTIF – CIV, generando dubbi interpretativi rilevanti e
potenziali conflitti sull’ordine di prevalenza fra diverse fonti normative
convenzionali”123
. Su questa proposta di regolamento, la procedura di codecisione
arrivò alla fase del Comitato di conciliazione, dove si è stabilito, in primis, di
armonizzare il regolamento con la CIV nel senso di includere la seconda nel primo sotto
forma di Allegato I124
, e poi di consentire agli Stati membri di limitare, attraverso
deroghe, l’applicabilità delle disposizioni del regolamento a determinati tipi di servizi
(ad esempio, quelli a carattere regionale). Per quanto riguarda la direttiva sulla
liberalizzazione del trasporto passeggeri, il Parlamento aveva subito proposto di
anticipare l’apertura del mercato internazionale al 2008 e quelli nazionali al 2012,
122
Come riportato da FERRAVANTE, op. cit., p. 18. 123
LANUCARA, op. cit., p. 840. 124
E’ stato rilevato che tale tecnica normativa appare discutibile, poiché, “in caso di modifiche alla CIV
attualmente in vigore si avrà una COTIF – CIV allegata in quanto tale al regolamento, ma differente
rispetto a quella effettivamente in vigore”: Ibidem, p. 841.
98
“suscitando così numerose polemiche negli ambienti politici ed economici”125
che solo
con la seduta del Consiglio del 5 dicembre 2005 si è riusciti a trovare un accordo,
fissando l’apertura del traffico internazionale al 2010 e a quelli nazionali solo nel 2017.
Si è riusciti così a giungere all’emanazione del Terzo Pacchetto ferroviario, avvenuta il
23 ottobre 2007126
, menomato del regolamento per imporre standard minimi di qualità
nel servizio merci e composto dalle direttive 2007/58/CE sulla liberalizzazione dei
trasporti internazionali di passeggeri e 2007/59/CE sulla certificazione dei macchinisti,
oltre al regolamento (CE) 1371/2007 sui diritti e doveri dei passeggeri127
.
Per poter analizzare in modo unitario le importanti riforme adottate nel 2007 nel campo
del trasporto passeggeri, occorre quindi soffermarsi, brevemente, fin da subito sulla
direttiva 2007/59 relativa alla cd. patente europea dei macchinisti128
. Lo scopo della
direttiva è di “dare vita ad un meccanismo armonizzato a livello europeo di
certificazione delle competenze e delle responsabilità in materia di formazione,
valutazione e riconoscimento delle qualifiche dei macchinisti e del personale di scorta
ai treni”129
, favorendo contemporaneamente la libera circolazione dei lavoratori, ossia
uno degli obiettivi principali dell’azione comunitaria130
. La direttiva si applica (art. 2) a
tutte le imprese ferroviarie in possesso dei requisiti per poter validamente operare sui
binari europei, potendo comunque gli Stati escludere quelle che svolgono servizi
regionali su reti isolate o quelle responsabili del trasporto pubblico locale (tram,
metropolitane ecc.). Per poter assicurare la condotta dei treni, un macchinista deve
possedere (art. 4) sia “una licenza che attesti che […]soddisfa le condizioni minime per
quanto riguarda i requisiti medici, la formazione scolastica di base e la competenza
professionale generale” sia i certificati che indicano su quali linee è autorizzato a
operare e con quali mezzi. La licenza è valida su tutto il territorio della Comunità,
mentre il certificato di sicurezza solo per le infrastrutture e il materiale indicato (art. 7).
125
MERGER, op. cit., p. 105. 126
Tutti gli atti sono pubblicati in GUUE L 315 del 3 dicembre 2007. 127
Il Terzo Pacchetto ferroviario si compone, secondo molti autori (ad esempio, C. JUNG, Das Dritte
Eisenbahnpaket von 2007, in C. CALLIESS/M. RUFFERT, EGV/EUV Kommentar, AEUV Art. 91 Rn.
15 – 17, 4. Auflage, München, 2011), in quanto pubblicato nella stessa edizione della GUUE, anche del
Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai
servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio
(CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70. 128
Direttiva 2007/59/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla
certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni sul sistema ferroviario della
Comunità. 129
E. CARGNIEL, Sicurezza ferroviaria e prevenzione: ANSF e DGIF, in Diritto dei Trasporti, 2011, p.
817, nota 40. 130
Alla libera circolazione dei lavoratori era dedicato il Capo I del Titolo III (“Libera circolazione delle
persone, dei servizi e dei capitali”) del TCE.
99
Per conseguire la licenza, il macchinista deve soddisfare dei requisiti minimi previsti
quanto ad età (art. 10) e formazione (art. 11); sarà poi l’autorità competente dello Stato
membro a rilasciare l’attestazione (il certificato di sicurezza invece viene rilasciato
dall’impresa ferroviaria e dal gestore dell’infrastruttura). Spetta a tali soggetti, infine, un
controllo periodico sulla validità degli atti appena descritti.
Passando alla normativa sul trasporto passeggeri, il primo atto che viene in rilievo è il
regolamento 1371/2007131
. Esso è entrato in vigore, ex art. 37, dopo 24 mesi dalla sua
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ossia il 3 dicembre 2009, in quanto le nuove
disposizioni imponevano una serie di adattamenti alla normativa degli Stati membri che
non potevano essere effettuati nel breve periodo132
. Inoltre, per effetto del già visto
compromesso raggiunto in sede di procedura di codecisione, gli Stati membri possono
escludere dall’ambito di applicazione del regolamento133
alcuni tipi di servizi ferroviari
nazionali per un periodo iniziale di cinque anni, eventualmente estendibile per due
ulteriori periodi massimi di cinque anni (art. 2, IV-VI parr.). Ricordiamo che
l’applicabilità del regolamento è espressamente riconosciuta per il traffico ferroviario
passeggeri di Trenitalia dall’art. 2 delle Norme Comuni sulle Condizioni Generali di
Trasporto dei passeggeri di tale vettore134
.
In linea generale, il regolamento mira a rafforzare i diritti dei passeggeri, per incentivare
le imprese ferroviarie ad elevare le loro prestazioni in termini di qualità del servizio e
per accordare un elevato livello di tutela ai consumatori, attraverso l’imposizione di
determinati obblighi, soprattutto informativi, alle imprese stesse.
A norma dell'art. 1, il regolamento ha ad oggetto le informazioni che le imprese
ferroviarie devono fornire all’utenza (anche riguardo la conclusione del contratto di
trasporto), i loro obblighi in caso di ritardo, il loro regime di responsabilità e infine la
tutela delle persone con mobilità ridotta135
.
Le imprese devono adeguatamente informare i passeggeri su orari e condizioni del
viaggio più veloce o della tariffa più bassa (anche nel trasporto ferroviario a lunga
131
Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli
obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario. 132
Cfr. G. MERONE, Ferrovie più competitive e maggiore tutela dei diritti dei passeggeri nel nuovo Reg.
1371/2007, in Quotidiano legale (quotidiano on line consultabile alla banca dati Pluris), “http://pluris-
cedam.utetgiuridica.it/”, 24 gennaio 2008. 133
Altrimenti applicabile a tutti i servizi ferroviari per passeggeri all’interno della Comunità, ex art. 2, III
par. 134
Stessa cosa vale per le Condizioni Generali di Trasporto di GoConcept/Arenaways e per le rispettive
norme del contratto di trasporto di NTV. 135
A cui è dedicato l’intero Capo V del regolamento.
100
percorrenza si sono infatti diffuse le tariffe low cost), accessibilità e disponibilità delle
infrastrutture per le persone disabili, procedure per il recupero dei bagagli smarriti e per
la presentazione di reclami, servizi a bordo dei treni, ritardi, principali coincidenze ecc.
(artt. 7-10). Importante è poi l’obbligo informativo dell’art. 29, il cui I par. prevede che
“quando vendono biglietti per viaggi ferroviari, le imprese ferroviarie, i gestori delle
stazioni e i tour operator informano i passeggeri in merito ai diritti di cui beneficiano e
agli obblighi che loro incombono ai sensi del presente regolamento”.
Per la disciplina della responsabilità in relazione ai passeggeri e a bagagli e per ritardi,
perdite di coincidenze e soppressioni, gli artt. 11 e 15 rinviano alle norme dell’Allegato
I (ossia la CIV, che abbiamo già compiutamente analizzato nel Capitolo I di questo
lavoro). Le più rilevanti previsioni in materia di responsabilità si concentrano negli artt.
16-18. Il primo disciplina il caso in cui sia prevedibile che l’arrivo a destinazione
avvenga con un ritardo superiore a 60 minuti, lasciando al viaggiatore la scelta tra la
richiesta di essere messo nelle condizioni di intraprendere comunque il viaggio
(attraverso un itinerario alternativo) o di chiedere il rimborso del biglietto. In caso di
ritardo tra il luogo di partenza e il luogo di destinazione indicati sul biglietto, l’art. 17
accorda al passeggero il diritto di ottenere un’indennità pari al 25% dell’importo del
biglietto in caso di ritardo tra i 60 e i 119 minuti, altrimenti l’indennità sale al 50% per
ritardi uguali o superiori alle due ore (previsione trasposta in toto nelle C.G.T. di
Trenitalia, ma solo per i servizi a lunga percorrenza). Il diritto al risarcimento
naturalmente non sussiste se si viene informati del ritardo prima dell'acquisto del
biglietto. La norma più importante di questo ambito è sicuramente l’art. 18, laddove
riconosce ai passeggeri il cui convoglio abbia un ritardo superiore ai 60 minuti136
il
diritto di ottenere pasti e bevande in quantità ragionevole, il trasbordo su un altro mezzo
qualora la linea sia interrotta o il convoglio impossibilitato a partire e, nei casi più gravi,
una sistemazione in albergo per il tempo strettamente necessario (“qualora sia
fisicamente possibile”).
Ultime previsioni degna di rilievo sono quelle degli artt. 27 e 28; la prima obbliga le
imprese ferroviarie ad istituire un meccanismo per il trattamento dei reclami per i diritti
e gli obblighi contemplati dal regolamento; entro un mese dalla proposizione del
reclamo, l’impresa ferroviaria deve fornire una risposta motivata al soggetto. L’art. 28
136
A norma del I par, in caso di ritardo all’arrivo o in partenza, l’impresa ferroviaria o il gestore della
stazione (normalmente corrisponde a quello dell’infrastruttura) devono informare i passeggeri del
disservizio e del previsto orario di partenza e di arrivo, “non appena tale informazione è disponibile”.
101
invece si occupa della qualità del servizio, per cui le imprese ferroviarie devono
disciplinare gli aspetti di cui all’Allegato III (tra cui, puntualità dei treni, pulizia del
materiale rotabile e delle stazioni e indagini sul grado di soddisfazione della clientela)
attraverso norme che permettano di garantire un certo livello qualitativo, dovendo
inoltre pubblicare annualmente, anche su internet, un rapporto sulle “prestazioni in
materia di qualità del servizio”.
La misura più importante del Terzo Pacchetto ferroviario è sicuramente quella
contenuta nella direttiva 2007/58137
che, come anticipato, ammette la liberalizzazione
del trasporto ferroviario internazionale di passeggeri dal 1o gennaio 2010, necessaria per
completare il processo di apertura al mercato del trasporto ferroviario, essendo già dal
1o gennaio 2007 operativa la liberalizzazione del trasporto merci su tutte le reti delle
ferrovie comunitarie138
. Già dai considerando della direttiva in questione si comprende
bene come la materia del servizio ferroviario passeggeri sia molto delicata, per via della
presenza di obblighi di servizio pubblico previsti da specifici contratti e che possono
portare a conflitti economici tra l’operatore che effettua servizio internazionale, ma a
cui la direttiva riconosce la possibilità di effettuare cabotaggio139
, e quello che invece
effettua servizi pubblici sulla medesima tratta. Proprio per questo motivo, venne
emanato parallelamente al Terzo Pacchetto ferroviario anche il regolamento 1370/2007,
che ridefinisce la disciplina comunitaria dei servizi pubblici di trasporto passeggeri su
strada e per ferrovia (lo tratteremo a breve)140
. Sempre tra i considerando, il n. 6
riconosce che esiste ormai una normativa comunitaria, corredata da quella nazionale di
recepimento, che può permettere di svolgere servizi ferroviari internazionali per il
trasporto di persone in condizioni ottimali di sicurezza e di interoperabilità.
137
Direttiva 2007/58/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 che modifica la
direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie e la direttiva
2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all’imposizione dei diritti
per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria. 138
C’è da dire che la liberalizzazione del trasporto passeggeri era una delle misure che la Commissione
aveva inserito nel Libro Bianco del 2001 La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle
scelte, come ci ricorda il considerando n. 3 della direttiva 2007/58. 139
Per tale si intende, nell’ambito ferroviario, la possibilità di trasportare anche viaggiatori in servizio
interno in un Paese, ma sempre nell’ambito del servizio internazionale (ossa il diritto di far salire e
scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso di un servizio internazionale, tra cui stazioni
situate nel medesimo Stato membro). Fu su questo punto che si incontrarono le maggiori resistenze degli
Stati membri. 140
I considerando nn. 9 e 18 della direttiva sottolineano infatti lo stretto legame tra i servizi di trasporto
ferroviario di persone e gli obblighi di servizio pubblico; il considerando n. 9 ricorda l’importanza di
garantire il coordinamento tra le disposizioni contenute nel regolamento 1370/2007 e il principio
dell’apertura alla concorrenza dei servizi di trasporto internazionale di passeggeri.
102
L’art. 1 della direttiva 2007/58 concerne le misure di modifica della direttiva
91/440/CEE141
(per cui gli articoli che seguono si riferiscono alla medesima):
innanzitutto, viene subito indicato cosa si debba intendere per “servizio di trasporto
internazionale di passeggeri”: esso è “il servizio di trasporto di passeggeri nel quale il
treno attraversa almeno una frontiera di uno Stato membro e la cui finalità principale è
trasportare passeggeri tra stazioni situate in Stati membri diversi”142
. Tale servizio di
trasporto deve essere effettuato, a norma dell’art. 2, dalle imprese ferroviarie che sono
stabilite o si stabiliranno nel territorio della Comunità.
L’art. 10 è la norma che prevede la liberalizzazione, oltre ad un articolato sistema di
conciliazione tra i servizi “a mercato” (ossia quelli liberalizzati) e i servizi pubblici
presenti sul tratto interno del servizio internazionale. Innanzitutto, il nuovo art. 10, par.
III bis, riconosce alle imprese ferroviarie europee il diritto di svolgere servizio
ferroviario passeggeri tra Stati membri e di far salire o scendere passeggeri durante il
tragitto, anche tra stazioni situate nel medesimo Stato, a partire dal 1o
gennaio 2010. La
maggiore novità si sostanzia quindi nel permettere alle imprese dotate di licenza di
effettuare servizi internazionali, abbandonando l’obbligo, a suo tempo previsto anche
per il traffico merci, dell’associazione internazionale di imprese143
, e con la possibilità
di effettuare cabotaggio144
. Subito dopo, il legislatore comunitario ha inserito uno dei
primi “paletti” al libero accesso all’infrastruttura: negli Stati in cui il trasporto
internazionale di passeggeri rappresenta almeno il 50% del fatturato viaggiatori delle
imprese ferroviarie l’apertura del mercato può essere rinviata di due anni (ossia entro il
1o gennaio 2012)
145.
A questo punto la direttiva del 2007 si concentra sull’aspetto più delicato, quello del
(possibile) conflitto tra il servizio internazionale liberalizzato e “gli equilibri economici
dei servizi di trasporto sussidiati che sono esercitati lungo le stesse tratte o che
141
L’art. 2 invece riguarda le modifiche alla direttiva 2001/14, ma che non presentano aspetti rilevanti ai
nostri fini. 142
La direttiva si applica anche ai treni a sezioni, ossia a quei convogli che vengono scomposti durante il
percorso per permettere a parte delle vetture di raggiungere destinazioni diverse, “purché tutte le carrozze
attraversino almeno una frontiera”. 143
E infatti dall’art. 8 viene cancellato il riferimento alle associazioni internazionali di imprese (cfr. art. 1,
I par., n. 6, direttiva 2007/58). 144
Come si chiarirà nel Capitolo IV di quest’opera, la disposizione ha influito sulla scelta di DB, ÖBB e
Le Nord di svolgere servizi Eurocity tra Verona e altre città del Nord Italia e Monaco di Baviera, ma
vedremo anche che non può essere considerata propriamente la base giuridica. 145
Spetta all’organismo nazionale di regolazione (istituito, come abbiamo visto, ex art. 30, direttiva
2001/14) accertare, su richiesta delle autorità competenti o di un’altra impresa ferroviaria, il volume di
traffico transfrontaliero dell’impresa ferroviaria.
103
effettuano le stesse fermate”146
. Il legislatore comunitario ha indicato due vie per
risolvere detto conflitto147
: la prima consiste nel potere, accordato all’organismo di
regolazione dei servizi ferroviari di cui all’art. 30, direttiva 2001/14, di vietare al
convoglio in servizio internazionale di effettuare fermate sul territorio di uno Stato
membro, qualora il volume di viaggiatori attratto da tale servizio comprometta
l’equilibrio di un contratto di servizio pubblico (conforme alla normativa comunitaria
vigente; art. 10, par. III ter). L’intervento dell’organo di regolazione avviene su
richiesta dell’impresa ferroviaria aggiudicataria del contratto di servizio di pubblico (o
dell’amministrazione aggiudicatrice) o del gestore dell’impresa ferroviaria148
;
successivamente, l’organismo indipendente deve emettere un decisione motivata e
comunicarla a tutti i soggetti coinvolti e agli interessati entro 2 mesi149
. Il punto debole
della normativa in oggetto si palesa però proprio qui, non essendo previsto alcun
meccanismo o indice per quantificare la modifica dell’equilibrio economico dei servizi
sussidiati (lacuna che ha permesso ai legislatori nazionali di introdurre sottili differenze
con la direttiva). La limitazione al diritto di far salire o scendere viaggiatori è dovuta
anche nel caso in cui “un’esclusiva per il trasporto di passeggeri tra le stazioni in
questione è stata concessa a titolo di un contratto di concessione attribuito prima del 4
dicembre 2007, mediante una procedura di aggiudicazione in concorrenza equa e
secondo i pertinenti principi della normativa comunitaria”. Il secondo metodo per
risolvere il conflitto è una sorta di compensazione economica. L’art. 10, par. III septies,
prevede infatti che l’autorità competente per i trasporti ferroviari di viaggiatori possa
riscuotere dalle imprese di trasporto passeggeri “diritti sull’esercizio di collegamenti
che sono di competenza di detta autorità e sono effettuati fra due stazioni di tale Stato
membro”: questi diritti (royalties) servono a compensare l’assolvimento degli obblighi
di servizi pubblico gravanti su tale autorità in virtù di un contratto di servizio
pubblico150
.
146
G. STAGNI, La liberalizzazione dei servizi ferroviari. I servizi a lunga percorrenza, la normativa e le
aspettative reali, luglio 2010, in “http://www.miol.it/stagniweb/”. 147
Ma non tutti i Parlamenti nazionali le hanno adottate (basta vedere l’esempio dell’Italia con l. 99/2009,
che analizzeremo a tempo debito). 148
Tutti i ricorrenti devono portare “le informazioni ragionevolmente necessarie per addivenire ad una
decisione”. 149
A norma dell’art. 10, par. III sexies, gli Stati membri devono garantire che la decisione sia poi
impugnabile in sede giurisdizionale. 150
La direttiva si premura di precisare che i diritti devono essere versati nella misura necessaria per
coprire tutti o parte dei costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico e che questi
non debbano compromettere la redditività economica del servizio ferroviario a cui si applicano.
104
La direttiva 2007/58 ha poi espressamente riconosciuto “la legittimità di clausole di
reciprocità da parte di quei Paesi che liberalizzino prima di quanto imposto dalla
normativa comunitaria”151
: si tratta della previsione dell’art. 10, par. III quinquies, per
cui fino al 1o gennaio 2010 uno Stato membro può non accordare il diritto di accesso
alla impresa ferroviaria stabilita in uno Stato dove non sono concessi diritti di accesso di
analoga natura. Detto in positivo, l’articolo in esame dispone che, se uno Stato ha già
riconosciuto il diritto di accesso all’infrastruttura alle imprese dotate di licenza in uno
Stato membro che riconosce diritti analoghi in condizione di reciprocità, il primo Stato
potrà introdurre restrizioni solo verso imprese di Paesi che, viceversa, neghino tale
diritto di accesso152
.
Da quanto abbiamo appena descritto si comprende bene come il Terzo Pacchetto
ferroviario segni quindi una decisa svolta verso l’apertura al mercato del trasporto
passeggeri su ferro, anche se le limitazioni che ciascuno Stato membro può ancora
adottare in presenza di determinate ipotesi possono ridurre l’accesso di nuovi operatori
(ed è ciò che puntualmente è avvenuto), determinando pertanto livelli di
liberalizzazione differenti all’interno dell’Europa unita. E infatti, “la Direttiva 2007/58
realizza un’apertura del mercato più attenuata rispetto a quella auspicata dalla
Commissione nella proposta originaria: le soluzioni adottate dalle istituzioni
comunitarie si caratterizzano per garantire ampi margini di azione agli Stati, i quali –
ancora una volta – possono dare efficacia alla direttiva comunitaria all’interno dei
singoli ordinamenti con diversa intensità col rischio che persistano nel dare attuazione
«minima» della disciplina comunitaria, vanificando in tal modo la portata
dell’intervento normativo”153
.
Per delineare un quadro normativo adeguato alla liberalizzazione del trasporto
internazionale di passeggeri, mancano ancora degli aspetti molto importanti da chiarire.
Il primo riguarda il trasporto internazionale dal punto di vista prettamente tecnico.
Essenza stessa di questo tipo di operazione vettoriale è il passaggio del convoglio tra
151
LANUCARA, op. cit., p. 842, che fa riferimento all’istituto del titolo autorizzatorio italiano di cui alla
l. 388/2000 (e oggi riproposto nel d.lgs. 188/2003). 152
Il principio di reciprocità è espressione del diritto internazionale privato e processuale ed impone, in
linea generale, di permettere allo straniero (persona fisica o giuridica) di godere di un diritto di natura
civilistica (o commerciale) nella stessa misura in cui nell’ambito dell’ordinamento interno sia
riconosciuto al cittadino (nel nostro ordinamento, ad esempio, la clausola di reciprocità è codificata
dall’art. 16 delle cd. Preleggi). L’art. 18 TFUE, riprendendo la formulazione dell’art. 12 TCE, ricorda che
nell’ordinamento giuridico europeo vige il divieto di discriminazione in base alla nazionalità. 153
L. CARPANETO, Il diritto comunitario dei trasporti tra sussidiarietà e mercato. Il caso del trasporto
ferroviario, Torino, 2009, p. 218.
105
varie reti europee: era quindi necessario implementare ulteriormente le previsioni in
materia di interoperabilità ferroviaria, cosa che puntualmente avvenne con l’emanazione
della direttiva 2008/57154
destinata a contenere, in una sorta di Testo Unico, le
disposizioni sull’interoperabilità a suo tempo presenti nelle direttive 96/48 e 2001/16,
aggiornate per la necessaria coordinazione con le competenze ferroviarie dell’ERA. La
direttiva si concentra sugli aspetti tecnici della progettazione, esecuzione e messa in
esercizio dei vari componenti del sistema di interoperabilità europeo (comprensivo delle
già viste STI) nonché determina le qualifiche professionali e le condizioni di salute e
sicurezza del personale addetto all’esercizio e alla manutenzione di detto sistema. La
direttiva contiene, brevemente, una serie di misure atte a facilitare la circolazione dei
treni in Europa (rendendo più trasparente ed efficace la procedura di omologazione delle
locomotive) contribuendo alla “riduzione delle restrizioni all’utilizzo internazionale dei
rotabili, (ad) una accresciuta certezza legale per gli operatori ferroviari e l’industria,
procedure di omologazione più veloci ed economiche e in definitiva minori costi di
acquisizione dei rotabili da parte degli operatori ferroviari, elemento essenziale per la
competitività dei servizi internazionali”155
.
6. Il Regolamento OSP
Il secondo aspetto che merita la nostra attenzione è tipico del settore del trasporto
ferroviario di passeggeri e riguarda i servizi pubblici. Come abbiamo visto poco sopra,
la direttiva 2007/58 cerca di conciliare la liberalizzazione del traffico internazionale con
le esigenze economiche dei vettori che, su parte della tratta ferroviaria ove circolano i
servizi a mercato, svolgono servizio pubblico. Il problema della disciplina degli
obblighi di servizio pubblico e della compatibilità degli aiuti di Stato al settore
ferroviario si è fatto sentire in maniera marcata una volta che la Comunità ha cercato di
far scomparire il vecchio regime di monopolio legale delle imprese ferroviarie. Infatti,
sia la nuova concezione del trasporto ferroviario e di quello pubblico locale come
servizi orientati a perseguire logiche di mercato sia certe rilevanti decisioni
154
Direttiva 2008/57/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 relativa
all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario, in GUUE L 191 del 18 luglio 2008. Aggiungiamo
subito, per ragioni di brevità, che la disciplina dell’interoperabilità del sistema ferroviario europeo è stata
successivamente integrata ed aggiornata dalle direttive 2009/131/CE (16 ottobre 2009, in GUUE L 273
del 17 ottobre 2009) e 2011/18/UE (1o marzo 2011, in GUUE L 57 del 2 marzo 2011).
155 FERRAVANTE, op. cit., p. 22.
106
giurisprudenziali156
hanno reso improcrastinabile una riforma del sistema, fino a quel
momento disciplinato nel regolamento 1191/69 (così come modificato dal regolamento
1893/91). Fu così che venne emanato, parallelamente al Terzo Pacchetto ferroviario, il
regolamento (CE) 1370/2007157
, destinato ad abrogare gradualmente, dal momento della
sua entrata in vigore (il 3 dicembre 2009, ossia due anni dopo la sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale, ex art. 12) la disciplina previgente e indicato spesso con l’acronimo
OSP (avendo ad oggetto gli “oneri di servizio pubblico”). Esso si concentra, infatti,
sulla compensazione degli obblighi di servizi pubblico gravanti sulle imprese erogatrici
di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia e sulle modalità di affidamento dei
contratti di servizio con le imprese suddette158
. Tale regolamento traeva la sua base
giuridica nell’art. 73 TCE (oggi riproposto nell’art. 93 TFUE)159
, che legittimava il
legislatore comunitario ad adottare regolamenti “relativi al settore dei trasporti che
autorizzano, in casi specifici, la concessione di aiuti di Stato alle imprese di trasporto
ferroviario. Tra i casi previsti, la normativa dell’Unione prevede che lo Stato possa
effettuare i trasferimenti compensativi alle imprese, in contropartita dell’onere di
servizio pubblico che grava sull’impresa, la quale si vede obbligata ad erogare un
servizio in condizioni di anti – economicità”160
.
L’art. 1 del regolamento, nell’indicare le finalità, precisa che esso è volto a definire le
modalità di intervento delle autorità competenti (nazionali e locali) nel settore dei
trasporti pubblici di passeggeri161
via terra “per garantire la fornitura di servizi di
interesse generale che siano, tra l’altro, più numerosi, più sicuri, di migliore qualità o
offerti a prezzi inferiori a quelli che il semplice gioco delle forze del mercato
156
Il riferimento è ovviamente alla sentenza Altmark della Corte di Giustizia europea del 24 luglio 2003
nel procedimento C 280/00 (avente ad oggetto una questione pregiudiziale sottoposta dal
Bundesverwaltungsgericht della Germania), in cui venivano stabiliti alcuni fondamentali principi in
materia di finanziamento alle imprese di trasporto per l’espletamento degli obblighi di servizio pubblico,
stabilendo che in determinate condizioni non si tratta di aiuti di Stati (cfr. LANUCARA, op. cit., pp. 844-
845 e CARPANETO, op. cit., pp. 305-306). 157
Regolamento (CE) del Parlamento e del Consiglio n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 relativo ai servizi
pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE)
n. 1191/69 e 1107/70. 158
Cfr. O. OTTING, C. SCHEPS, Direktvergabe von Eisenbahnverkehrsdienstleistungen nach der neuen
Verordnung (EG) Nr. 1370/2007, in Neue Zeitschrift für Verwaltungsrecht, 2008, pp. 499 ss. 159
A norma dell’art. 73 TCE, “sono compatibili con il presente trattato gli aiuti richiesti dalle necessità
del coordinamento dei trasporti ovvero corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione
di pubblico servizio”. 160
BATTISTINI, op. cit., p. 616. 161
Il trasporto terrestre di merci resta escluso dall’ambito di applicazione del regolamento 1370/2007,
dovendo pertanto sottostare alle previsioni dell’art. 73 TCE (oggi art. 93 TFUE) che costituisce “l’unica
norma di riferimento per valutare l’eventuale compatibilità con il diritto comunitario degli aiuti di Stato
al coordinamento del trasporto di merci” (CARPANETO, op. cit., p. 45).
107
consentirebbe di fornire”: c’è subito da rilevare che il regolamento usa
indifferentemente la nozione di servizio di interesse generale (come nell’articolo
suddetto) di servizio pubblico (intitolazione) e servizio di interesse economico generale
(nei considerando) per cui i concetti vanno considerati ormai equivalenti162
.
L’art. 3 prevede come sia il contratto di servizio pubblico il mezzo con cui le autorità
competenti163
affidano la gestione dei servizi di trasporto pubblico soggetti all’ambito di
applicazione del regolamento: esso si sostanzia in un atto giuridicamente vincolante che
formalizza l’accordo tra l’autorità competente e l’operatore di servizio pubblico
(l’impresa di trasporto passeggeri) e che permetta al secondo l’affidamento della
fornitura del servizio164
. Il contenuto minimo del contratto è disciplinato dall’art. 4, per
cui devono essere definiti con chiarezza gli obblighi di servizio pubblico, la zona
geografica interessata, i parametri per il calcolo della compensazione e gli eventuali
diritti di esclusiva165
nonché le modalità di ripartizione dei costi per la fornitura dei
servizi. Lo stesso articolo si preoccupa di definire anche la durata del contratto, che, per
il servizio ferroviario (compresi tram e le metropolitane) non può eccedere i 15 anni
(prorogabili solo in due casi speciali previsti dal par. IV)166
.
A questo punto il regolamento 1370/2007 si preoccupa di indicare qual è la modalità di
affidamento generale del servizio pubblico: a norma dell’art. 5 ciò deve avvenire
attraverso una gara pubblica nel rispetto della disciplina comunitaria degli appalti
contenuta nelle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE167
, con l’importante precisazione
che, mentre in linea generale per servizi di trasporto con autobus e tram vige la
disciplina delle direttive, per i servizi ferroviari prevalgono le modalità descritte dalle
162
Ibidem, p. 306. 163
Ossia “un’amministrazione pubblica o un gruppo di amministrazioni pubbliche di uno Stato membro,
o di Stati membri, che ha il potere di intervenire nei trasporti pubblici di passeggeri in una zona
geografica determinata, o qualsiasi altro organismo investito di tale potere” (art. 2, lett. b). 164
L’art. 2, lett. i, riconosce la validità di un affidamento del servizio anche tramite una decisione
unilaterale dell’autorità, “secondo l’ordimento giuridico degli Stati membri”. 165
Il legislatore ammette l’esclusiva, ossia la possibilità che per un determinato territorio vi sia solo un
operatore che eroghi il servizio. 166
Ossia quando i costi derivanti dalla particolare situazione geografica di regioni ultraperiferiche lo
giustificano o quando l’operatore del servizio pubblico fornisce beni di entità significativa in rapporto
all’insieme dei beni necessari per la fornitura dei servizi di trasporto oggetto del contratto di servizio
pubblico e prevalentemente destinati a tali servizi. 167
Direttiva 2004/17/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che coordina le
procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di
trasporto e servizi postali e direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo
2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di
forniture e di servizi, entrambe in GUUE L 134 del 30 aprile 2004.
108
norme del regolamento168
. La clausola di prevalenza (sempre) del regime regolamentare
sul trasporto ferroviario permette di applicare allo stesso le importanti deroghe che lo
stesso articolo successivamente prevede: esse sono frutto della dura opposizione che il
Consiglio mosse alle proposte della Commissione in sede di procedura di codecisione.
Le deroghe riguardano i casi di “autoprestazione” di servizi pubblici (affidamento del
servizio da parte dell’autorità competente ad un operatore interno senza necessità della
gara; art. 5, par. II), di servizi o somme di modesta entità (anche qui è consentita
l’aggiudicazione diretta) e, infine, la più rilevante ai nostri fini, ossia la possibilità,
riconosciuta solo per i trasporti su ferro diversi dalle metropolitane e dai tram, di
aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico, a meno che ciò non sia vietato
dalla legge nazionale (art. 5, par. VI). In caso di aggiudicazione diretta, poi, il
legislatore comunitario ha previsto che, derogando anche la regola generale dell’art. 4,
par. III, i contratti non abbiano durata superiore a 10 anni (una eventuale maggior durata
deve essere giustificata dall’ammortamento di forti investimenti). In caso di
aggiudicazione diretta, l’autorità competente deve adempiere una serie di obblighi
informativi, a norma dell’art. 7, par. III, che si sostanziano, tra le altre cose,
nell’indicazione dell’ente aggiudicatore, della durata del contratto e dei servizi di
trasporto passeggeri da effettuare. Infine, sempre per quanto riguarda il regime di
aggiudicazione del servizio pubblico ferroviario, l’art. 8 lascia agli Stati membri un
termine davvero lungo (fissato al 3 dicembre 2019) per adeguarsi169
: questo significa
che l’obbligo di effettuare le gare, dove è previsto, scatterà solo da questa data. Ci
sentiamo, quindi, di concordare su quanto è stato affermato a proposito
dell’introduzione della facoltatività della gara ad evidenza pubblica, per cui “il
legislatore europeo riconosce per la prima volta che la ferrovia è un caso un po’ a
parte, rispetto agli altri servizi pubblici, per i quali invece la normativa comunitaria ha
sempre sposato il ferreo principio dell’ineluttabilità della messa a gara. Con il […]
168
L’art. 5, par. I, afferma che “i contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle
norme previste nel presente regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico
di cui alle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con
autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non
assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive […]”. 169
Gli Stati devono comunque adeguarsi gradatamente alla nuova disciplina comunitaria. Poiché è
previsto, inoltre, che durante questo periodo transitorio, i Paesi membri possano dare attuazione al
regolamento 1370/2007 in tempi diversi, questo si riflette su una ulteriore frammentazione della
disciplina a livello europeo.
109
regolamento, la scelta di fare o meno le gare viene ricondotta alla normativa nazionale
[…]”170
.
Per concludere il nostro discorso sul regolamento OSP occorre ancora dire che l’art. 9
prevede che le compensazioni erogate secondo la disciplina dello stesso siano in linea di
principio compatibili con il mercato comune e, quindi, dispensate dall’obbligo di
notifica (ex art. 88, par. III, TCE, oggi art. 108, par. III, TFUE). La compatibilità delle
compensazioni, nel trasporto pubblico terrestre di passeggeri, sussiste qualora esse
vengano concesse per garantire servizi di interesse generale, ma non possono eccedere
quanto necessario per coprire i costi netti originati dall’assolvimento degli obblighi di
servizio pubblico. Il 13 dicembre 2007, la Commissione ha emanato le Linee guida
comunitarie per gli aiuti di Stato alle imprese ferroviarie171
, in cui si è ricordato che le
compensazioni per l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico imposti dagli Stati
membri a certe imprese ferroviarie non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87
TCE (oggi art. 107 TFUE). Le Linee guida della Commissione sono il necessario
completamento della disciplina delineata nel regolamento 1370/2007, in quanto la
fondamentale direttiva 91/440 sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie (e successive
modifiche) prevede la possibilità di misure statali di tipo finanziario per l’eliminazione
dei debiti delle imprese ferroviarie (art. 9, par. III) o per far fronte agli investimenti per
la gestione delle infrastrutture (art. 6, par. III). La Commissione precisa, quindi, come
vadano trattate “le grandi questioni che riguardano i finanziamenti necessari per
garantire lo sviluppo delle imprese ferroviarie, tradizionalmente afflitte da una
situazione di grave indebitamento”172
. Sono sei le questioni trattate dalle Linee Guida: il
sostegno pubblico alle imprese ferroviarie (attraverso il finanziamento delle
infrastrutture), gli aiuti per il rinnovo e l’acquisto di materiale rotabile, la cancellazione
dei debiti operata dagli Stati per risanare i bilanci delle imprese, gli aiuti alla loro
ristrutturazione, gli aiuti per il coordinamento dei trasporti e la concessione di garanzie
di Stato alle imprese. Tralasciando l’analisi dei singoli punti, concludiamo affermando
che dalle Linee guida si evince il modo con cui le istituzioni comunitarie tendano a
considerare i finanziamenti pubblici tipici del settore dei trasporti e ancor di più di
170
G. STAGNI, La liberalizzazione dei servizi ferroviari: a che punto (non) siamo, giugno 2010,
“http://www.miol.it/stagniweb”. Posizione analoga è stata espressa anche da LANUCARA, op. cit., p.
846, per cui “l’impostazione del legislatore comunitario, che ha definitivamente rinunciato al progetto di
imporre nei contratti di servizio pubblico del settore ferroviario la concorrenza per il mercato, appare
particolarmente significativa, in quanto sembra riconoscere la peculiarità del settore ferroviario, che non
necessariamente funziona al meglio in un regime di gare”. 171
Comunicazione della Commissione n. 2008/C 184/07 in GUUE C 184 del 22 luglio 2008. 172
CARPANETO, op. cit., p. 314.
110
quello ferroviario, dove l’apertura alla concorrenza può essere effettuata solo se si
realizza il risanamento delle imprese in situazione di dissesto finanziario, per poter
permettere loro di competere validamente con i nuovi operatori del settore173
.
7. La legislazione ferroviaria europea dopo il Trattato di Lisbona: verso il Quarto
Pacchetto ferroviario?
Il processo di integrazione dell’Europa è proseguito negli anni, non senza ostacoli che
lo hanno rallentato o ne hanno ridimensionato la portata; è così che, nonostante il
fallimento del progetto di Costituzione Europea firmato a Roma il 20 ottobre 2004, il
Consiglio europeo di Bruxelles del 23 giugno 2007 è riuscito comunque a indicare il
cammino per proseguire il processo di unione del Vecchio continente, attraverso la
Conferenza Intergovernativa che ha predisposto una serie di riforme sfociate nel
Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore il 1o dicembre
2009. A seguito di tali riforme, l’Unione Europa, che per effetto della nuova versione
del Trattato sull’Unione Europea (TUE) “succede e sostituisce la Comunità Europea”
(art. 1, par. III), e che conta oggi 27 Stati membri174
, rivolge maggiormente la propria
attenzione alla tutela dei diritti fondamentali175
, riconosce maggiore incisività alla
partecipazione del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali nel processo
decisionale e consolida la propria azione del campo delle politiche dell’ambiente,
dell’energia e dell’immigrazione176
.
Per quanto rileva ai fini di questo lavoro, il settore dei trasporti rientra negli ambiti in
cui l’Unione dispone di una competenza concorrente con gli Stati membri177
: entrambi i
soggetti possono quindi esercitare attività legislativa in questo settore, anche se
l’esercizio della competenza statale è costruito in termini residuali rispetto a quello
dell’Unione (l’art. 2, infatti, afferma che la competenza statale può essere esercitata
173
“Ecco che, pertanto, gli aiuti di Stato individuati dalla Commissione sono concepiti come un vero e
proprio strumento di rilancio delle imprese ferroviarie e del settore in esame”: Ibidem, p. 323. 174
Dal 1o
gennaio 2007 fanno parte dell’Unione anche la Bulgaria e la Romania, entrambi Stati dotati di
un’estesa rete ferroviaria, anche se alquanto obsoleta e bisognosa di interventi. 175
Grazie all’adesione dell’Unione alla CEDU, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, e all’equiparazione della Carta di Nizza sui diritti fondamentali ai
Trattati (per cui ha valore vincolante). 176
Altre novità introdotte a Lisbona riguardano la competenza degli organi giurisdizionali, la
predisposizione di un Protocollo ad hoc sulla concorrenza e “il richiamo, quasi ossessivo, al principio
delle competenze di attribuzione”: G. TESAURO, Diritto Comunitario, 7a edizione, Padova, 2012, p. 16.
177 Ex art. 4, n. 2 TFUE (ultima versione pubblicata in GUUE C 326 del 26 ottobre 2012) l'Unione ha una
competenza concorrente con quella degli Stati membri nei settori dei trasporti (lett. g) e delle reti
transeuropee (lett. h); l’elenco è comunque esemplificativo, potendo essere integrato o modificato alla
luce di esigenze contingenti.
111
soltanto quando le istituzioni comunitarie non abbiano fatto uso della propria, oppure
qualora abbiano deciso di cessare di esercitarla). Qualora l’Unione intervenga con una
disciplina non autoapplicativa nel settore di competenza concorrente (come è quasi
sempre avvenuto nel trasporto ferroviario, dove, come abbiamo visto, lo strumento
privilegiato per intervenire è stata la direttiva), gli Stati sono chiamati ad adottare le
norme di attuazione, mentre dispongono dell’intera competenza normativa nel caso in
cui l’Unione si astenga da qualsiasi forma di intervento (è il caso, per certi versi, della
liberalizzazione del trasporto passeggeri intero, dove, sebbene si sia deciso di
posticipare l’apertura almeno al mercato al 2017, nessuna disposizione è più stata
emanata, lasciando agli Stati la scelta su come intervenire)178
.
Il Titolo VI del TFUE è dedicato specificatamente alla politica dei trasporti: esso si apre
con l’art. 90, che riprende sostanzialmente il dettato dell’art. 70 TCE, laddove afferma
che “gli obiettivi dei trattati sono perseguiti, per quanto riguarda la materia
disciplinata dal presente titolo, nel quadro di una politica comune dei trasporti”, ma si
distingue dalla previgente disciplina eliminando il riferimento agli Stati: ciò perché
“l’ormai chiara qualificazione della competenza in materia di trasporti quale
competenza concorrente rende superfluo il riferimento esplicito agli Stati membri”179
.
In realtà, è tutto il Titolo VI a non aver subito grandi cambiamenti nella trasformazione
del TCE in TFUE, salvo la numerazione degli articoli. Una piccola novità si ritrova
nell’art. 100 (già art. 80 TCE): mentre sotto la vigenza del TCE, l’art. 80 prevedeva una
disciplina diversa tra i trasporti marittimi ed aerei da una parte e quelli terrestri
dall’altra, sotto il profilo della base giuridica e della procedura decisionale, oggi si è
prevenuti ad una reductio ad unum180
, nel senso che l’adozione di atti in materia di
trasporto marittimo ed aereo si basa sulla procedura legislativa ordinaria (che riprende
la procedura di codecisione), ossia la stessa valevole per gli altri tipi di trasporto,
coinvolgendo in più il Comitato Economico e Sociale e il Comitato delle Regioni.
Le altre norme che meritano una breve analisi sono quelle degli artt. 91 – 93 (già artt. 71
– 73)181
. Innanzitutto, l’art. 91 TFUE rimane ancor oggi la norma centrale per
178
Nell’esercizio della propria potestà legislativa, l’Unione deve rispettare i principi di sussidiarietà e
proporzionalità, per cui il suo intervento deve risultare il più adeguato per quel settore (in relazione al
grado di impatto che intende conferire all’azione stessa) e deve essere graduato, quanto ai mezzi prescelti,
in base alle caratteristiche dell’obiettivo perseguito. 179
CARPANETO, op. cit., p. 29. 180
Ibidem, p. 25. 181
Gli artt. 94 – 97 (il 98 può considerarsi caduto in desuetudine) riguardano, globalmente, la materia dei
prezzi, delle tariffe e delle condizioni di trasporto, e, rispettivamente, l’art. 94 contiene la clausola di
112
l’attuazione della politica comune dei trasporti, in quanto individua le finalità
dell’intervento del legislatore europeo, delimita lo spazio di azione delle istituzioni e
prevede la procedura per emanare gli atti in tale ambito182
. Sotto il primo profilo, le
finalità e le modalità sono previste nell’incipit della norma, ma il legislatore europeo,
sia nel TCE che nel TFUE, pur mantenendo il riferimento alla “peculiarità dei
trasporti”, non hai mai dato una definizione degli stessi; si può comunque comprendere
come le particolarità derivino sicuramente sia dalla diversa modalità tecnica con cui
l’operazione vettoriale si realizza sia dal fatto che le relative imprese agiscono “in un
mercato all’interno del quale è particolarmente complesso realizzare condizioni
concorrenziali”183
. L’art. 91 costituisce poi la base giuridica per i provvedimenti
elencati nel paragrafo I, e cioè quelli in materia di trasporti internazionali di persone o
cose (dove l’elemento caratteristico risiede nel percorso all’interno di almeno un altro
Paese membro rispetto a quello di partenza)184
, in materia di cabotaggio (lett. b), in
materia di sicurezza (previsione che ha permesso di emanare le importanti direttive in
materia di sicurezza delle ferrovie, soprattutto la direttiva 2004/49/CE e di istituire
l’ERA) nonché, come clausola di chiusura, in qualsiasi altro ambito che sia funzionale
alla politica dei trasporti. L’art. 91 non indica i tipi di atti adottabili (analogamente a
quanto faceva l’art. 71), lasciando quindi alle istituzioni europee un certo margine di
scelta, tenuto conto delle finalità da perseguire e del grado di coesione degli Stati su una
determinata materia.
Solo il II paragrafo dell’art. 91 ha subito una modifica rispetto al TCE, in quanto è stata
eliminata la clausola di salvaguardia: mentre prima (dal Trattato di Maastricht) era
previsto che “le disposizioni riguardanti i principi del regime dei trasporti e la cui
applicazione potrebbe gravemente pregiudicare il tenore di vita e l'occupazione in
talune regioni, come pure l'uso delle attrezzature relative ai trasporti” dovevano essere
salvaguardia dei vettori, l’art. 95 il divieto di discriminazioni nel settore dei trasporti, l’art. 96 il divieto
delle cd. tariffe di sostegno e l’art. 97 contempla le tasse e gli altri oneri doganali. 182
Per quanto ci riguarda rileva il I paragrafo, a norma del quale “ai fini dell'applicazione dell'articolo 90
e tenuto conto degli aspetti peculiari dei trasporti, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando
secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del
Comitato delle regioni, stabiliscono:
a) norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o
a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri;
b) le condizioni per l'ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro;
c) le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti;
d) ogni altra utile disposizione”. 183
Ibidem, p. 31. 184
Come abbiamo visto, il trasporto internazionale è stato il primo ad essere liberalizzato (seppur nella
forma del trasporto combinato gestito da associazioni internazionali di imprese), già con l’originaria
versione della direttiva 91/440/CEE.
113
prese all’unanimità dal Consiglio (si trattava quindi di un’importante garanzia per gli
Stati), oggi la procedura legislativa ordinaria (ex art. 294 TFUE) trova applicazione per
tutte le misure relative ai trasporti. E’ stata inserita però un’espressione che ha suscitato
perplessità in dottrina per la sua scarsa chiarezza: il II paragrafo afferma che “all'atto
dell'adozione delle misure di cui al paragrafo 1, si tiene conto dei casi in cui la loro
applicazione rischi di pregiudicare gravemente il tenore di vita e l'occupazione in
talune regioni come pure l'uso delle attrezzature relative ai trasporti”.
L’art. 92 TFUE185
contiene la cd. clausola di stand – still, ossia la disposizione che
impone agli Stati membri di non vanificare (direttamente o indirettamente) la politica
comune dei trasporti con l’adozione di misure discriminatorie nei confronti di imprese
di altri Paesi dell’Unione. La norma permette alle istituzioni di colpire ogni
comportamento o prassi che renda meno favorevole nei confronti dei vettori stranieri la
disciplina interna nel settore dei trasporti (cosa che è avvenuta varie volte nel settore
ferroviario, e le recenti diatribe tra Trenitalia, beneficiaria di disposizioni governative a
lei favorevoli, e le altre imprese ferroviarie lo dimostrano).
Infine, si è già detto del rapporto tra l’art. 93 e il regolamento OSP. Adesso occorre dire
che la norma introduce due ipotesi speciali (perché riferite solo al settore dei trasporti)
di aiuti di Stato compatibili con il Trattato186
: si tratta delle misure di sostengo
necessarie per soddisfare il coordinamento dei trasporti187
e dei rimborsi di servitù
inerenti alla nozione di servizio pubblico. Proprio questo ultimo termine è indicato nel
TFUE sotto l’onnicomprensiva formula di “servizi di interesse economico generale”
dall’art. 14, che “li eleva a valore dell’Unione, sottolineandone il ruolo fondamentale
nella promozione della coesione sociale e territoriale, ma soprattutto richiedendo
all’Unione e agli Stati membri di provvedere al loro funzionamento”188
. Sempre l’art.
14 TFUE (già art. 16 TCE) ha innovato la disciplina precedente al Trattato di Lisbona,
perché attribuisce oggi al Parlamento Europeo e al Consiglio la facoltà di stabilire con
185
“Fino a che non siano emanate le disposizioni di cui all'articolo 91, paragrafo 1, e salvo che il
Consiglio adotti all'unanimità una misura che conceda una deroga, nessuno degli Stati membri può
rendere meno favorevoli, nei loro effetti diretti o indiretti nei confronti dei vettori degli altri Stati membri
rispetto ai vettori nazionali, le varie disposizioni che disciplinano la materia al 1o gennaio 1958 o, per gli
Stati aderenti, alla data della loro adesione”. 186
Ipotesi giustificate da “uno degli aspetti caratteristici del settore dei trasporti, ossia la naturale
propensione a beneficiare di sussidi pubblici”: Ibidem, p. 43. 187
Per molti (Ibidem, p. 42, nota 123 dove vengono riportate le opinioni di vari autori) il coordinamento
dei trasporti consiste negli interventi degli Stati per assicurare la coesistenza delle differenti modalità di
trasporto all’interno del mercato. 188
BATTISTINI, op. cit., p. 607.
114
procedura legislativa ordinaria i principi e le condizioni su cui deve basarsi il
funzionamento di tali servizi.
Torniamo ora allo sviluppo delle ferrovie comunitarie. Con l’emanazione del Terzo
Pacchetto ferroviario, l’Unione Europea ha delineato una disciplina molto dettagliata di
quello che, nel tempo, dovrà essere l’assetto delle reti e del servizio ferroviario in
Europa: le imprese ferroviarie dovranno conformarsi ai principi del libero mercato,
coordinato con la presenza di obblighi di servizio pubblico, all’interno di reti cui sarà
riconosciuto il libero accesso, in modo trasparente e non discriminatorio, in caso di
possesso dei requisiti interni e comunitari per poter svolgere servizio. In realtà tutti i
propositi riformatori della Commissione non sono stati applicati così come dovrebbe
essere, tanto che già nel 2006 essa rilevava significative carenze nella disciplina interna
di recepimento delle direttive comunitarie189
: in particolare, veniva rilevato lo scarso
grado di indipendenza del gestore dell’infrastruttura rispetto agli operatori del servizio
ferroviario, l’insufficiente attuazione delle norme relative all’imposizione dei diritti per
l’utilizzo dell’infrastruttura e per l’incentivo al suo sviluppo e miglioramento, nonché la
mancata istituzione di un organo di regolazione indipendente. Sulla base di questi
rilievi, la Commissione ha inviato, il 26 giugno 2008, una lettera di diffida a 24 Stati
membri (rimasero esclusi solo Cipro e Malta, sprovvisti di rete ferroviaria, e Olanda)
con cui si invitava ad attuare correttamente il Primo Pacchetto ferroviario, pena
l’apertura della procedura d’infrazione (ex artt. 211 e 226 TCE, oggi riproposti,
rispettivamente, come artt. 17 TUE e 258 TFUE). La maggior parte degli Stati
destinatari della lettera di diffida non hanno posto in essere le misure richieste per
rimediare ai loro adempimenti e quindi la Commissione ha deciso, gradualmente, di
adire la Corte di Giustizia di Lussemburgo con una serie di ricorsi190
che sono ancor
oggi (novembre 2012) all’esame dei giudici europei, eccetto quello contro il Portogallo
che è stato deciso il 25 ottobre 2012. In particolare, ci sembra interessante soffermarci
brevemente sulle conclusioni che l’avvocato generale Niilo Jääskinen ha emesso nelle
189
Relazione sull’attuazione del Primo Pacchetto ferroviario, COM (2006) 189 del 3 maggio 2006. Si
ricorda che il termine per attuare le direttive del 2001 era il 15 marzo 2003. 190
Ci riferiamo alle seguenti cause: C-483/10 Commissione vs Spagna, C-512/10 Commissione vs
Polonia, C-528/10 Commissione vs Grecia, C-545/10 Commissione vs Repubblica Ceca, C-555/10
Commissione vs Austria, C-556/10 Commissione vs Germania, C-557/10 Commissione vs Portogallo, C-
625/10 Commissione vs Francia, C-627/10 Commissione vs Slovenia, C-369/11 Commissione vs Italia e
C-412/11 Commissione v Lussemburgo, (il loro sviluppo è rintracciabile sul sito
“http://curia.europa.eu/”). Per quanto riguarda il ricorso contro l’Italia (in GUUE C 282 del 24 settembre
2011), la Commissione ha fatto valere la mancanza di indipendenza del gestore dell’infrastruttura
(rientrante, come vedremo, nella holding di cui fa parte Trenitalia), dell’organismo di regolamentazione e
dell’interferenza del Ministero dei trasporti nella determinazione dei diritti di accesso alla rete.
115
cause contro Ungheria, Spagna, Portogallo, Austria e Germania191
. Egli ha proposto di
non condannare per inadempimento delle obbligazioni previste dalla direttiva 91/440
(così come modificata dalla direttiva 2001/12) la Germania e l’Austria, sostenendo,
contrariamente alla Commissione, che tali direttive non richiedono una “institutional
separation”, ossia non verrebbe imposto allo Stato membro il divieto di mantenere nella
stessa holding le attività inerenti la gestione del servizio ferroviario e quelle
dell’infrastruttura. Secondo Jääskinen, la separazione societaria, che in effetti non è mai
stata richiesta da alcuna direttiva, è una scelta lasciata agli Stati membri, i quali hanno
comunque preferito spesso la separazione organica, in cui, all’interno di una holding, il
gestore dell’infrastruttura e quello del trasporto ferroviario sono soggetti giuridici
indipendenti192
. Di conseguenza, tale assetto non contrasterebbe col diritto comunitario,
mentre sarebbero incompatibili con lo stesso le previsioni adottate in Spagna circa
l’accesso all’infrastruttura (volte palesemente a inibire qualsiasi tipo di concorrenza), in
Ungheria circa i costi di gestione della rete e la loro ripartizione e in Portogallo riguardo
alla subordinazione dell’impresa ferroviaria statale (CP) rispetto all’apparato
governativo e alla mancata separazione contabile col gestore dell’infrastruttura193
.
L’opinione in questione è stata, ovviamente, salutata con favore dalle Ferrovie di mezza
Europa, che per voce del loro raggruppamento (CER) hanno sottolineato come venga
così avvallata la prassi di molti Stati membri sulla trasposizione della direttiva 91/440.
Proprio la relazione sull’attuazione del Primo Pacchetto ferroviario ha suggerito alla
Commissione l’esigenza di procedere ad un intervento riformatore di ampio respiro
sulle misure contenute in questo pacchetto. Dapprima, si è deciso di rivitalizzare
ulteriormente il trasporto merci, visto che, complice anche la crisi economica alle porte,
i risultati che la liberalizzazione aveva dato non erano ancora quelli sperati: la
Commissione riconobbe che la realizzazione di corridoi internazionali dedicati al solo
trasporto merci avrebbe reso il treno più competitivo dell’aereo o dei mezzi su gomma.
191
Il testo in inglese è contenuto nel comunicato stampa n. 109/12 del 6 settembre 2012 della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea. Una breve analisi del parere e delle sue ricadute si trova in N.
JÄÄSKINEN, Institutional separation not required, in Railway Gazette International, n. 11/2012, p. 26. 192
Cfr. CARPANETO, op. cit., p. 275. 193
La Corte ha riconosciuto il comportamento del Portogallo come incompatibile con le direttive 91/440 e
2001/14 (in quanto viene subordinata ad un’approvazione del governo ogni singola decisione di acquisto
o di cessione di partecipazioni al capitale di società da parte dell’impresa pubblica di trasporto ferroviario
CP, e non sono stati adottato i provvedimenti nazionali necessari per conformarsi all’obbligo di definire le
modalità necessarie per garantire che sia in equilibrio la contabilità del gestore dell’infrastruttura) e
pertanto l’ha condannato con la sentenza del 25 ottobre 2012.
116
Nel settembre 2010 è stato pertanto emanato il regolamento (UE) 913/2010194
che
contiene una lista di corridoi che permettono di collegare le aree europee maggiormente
industrializzate entro il novembre 2015 e prevede che, per la loro realizzazione, vi
debba esserci una stretta sinergia tra i gestori dell’infrastruttura195
. Nel 2009, inoltre,
volgeva alla fine il decennio coperto dal Libro Bianco del 2001 (La politica europea dei
trasporti fino al 2010: il momento delle scelte): nel marzo del 2011 la Commissione ha
adottato pertanto un nuovo Libro Bianco intitolato Tabella di marcia verso uno spazio
unico europeo dei trasporti - Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile196
,
destinato ad indicare i nuovi sviluppi della politica dei trasporti dell’Unione. Già dal
titolo si comprende come il focus dell’opera sia rivolto alla cd. mobilità sostenibile,
ossia alla ricerca di una integrazione dei diversi mezzi di trasporto che permetta di
pervenire al riequilibrio modale e di ridurre le emissioni di sostanze inquinanti
nell’atmosfera197
. La via indicata dalla Commissione in questo Libro Bianco consiste
nella predisposizione e nello sviluppo di una “single European transport area”, dotata
di infrastrutture moderne e che permettano una perfetta interazione tra i mezzi di
trasporto, al fine di dare ai cittadini dell’Unione un sistema di mobilità a prezzi
contenuti e con alte prestazioni in termini di efficienza.
L’intervento di gran lunga più importante che l’Europa ha recentemente varato è
sicuramente il cd. Recast del Primo Pacchetto ferroviario, ossia una rivisitazione dello
stesso attraverso nuove disposizioni che andranno ad integrare quelle precedenti, per
risolvere i problemi interpretativi generatisi nel 2001 e per ovviare alle conseguenti
disparità nella trasposizione delle direttive nei vari Stati membri. Il 17 settembre 2010 la
Commissione infatti ha adottato una proposta di direttiva che riunisca le tre contenute
nel Primo Pacchetto ferroviario (2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE) e le aggiorni
in base alle necessità che si sono riscontrate nell’ultimo decennio198
: le misure previste
mirano a migliorare la competitività nel settore ferroviario, a dare più potere alle
autorità nazionali di regolazione e a definire meglio il quadro degli investimenti. La
194
Regolamento (UE) n. 913/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2010 relativo
alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo, in GUUE L 276 del 20 ottobre 2010. 195
Nel 2011 sono stati stanziati i fondi per la realizzazione di questi corridoi, che si ispirano ad una sorta
di revisione della rete TEN – T alla luce dell’ampliamento ad Est dell’Unione. 196
COM (2011) 144 del 28 marzo 2011. 197
Il tema del rispetto dell’ambiente è sempre stato connesso a quello dei trasporti e l’attenzione di
Bruxelles verso un mezzo di trasporto ecocompatibile come il treno va proprio in questa direzione. 198
Il Recast è contenuto nella Comunicazione relativa allo sviluppo di uno Spazio unico ferroviario
europeo, in COM (2010) 475. La procedura legislativa ordinaria che ha condotto all’emanazione della
direttiva che riunisce quelle del 2001 si trova alla voce 2010/0253(COD), consultabile sul sito internet del
Parlamento Europeo (“http://www.europarl.europa.eu/”).
117
Commissione ha ravvisato infatti nella mancanza della necessaria indipendenza degli
organismi di regolamentazione uno dei motivi di difficoltà nell’accesso al mercato
ferroviario di nuove imprese: per questo ha previsto la netta separazione di tale organo
anche dal Ministero competente, a cui, nelle intenzioni, non andrebbe lasciata più
alcuna funzione regolatoria del trasporto ferroviario. La via per garantire maggiore
imparzialità e sicurezza è stata individuata nel conferimento all’ERA, anche se con
tempi lunghi, di tutte le funzioni circa la certificazione e l’autorizzazione alla
circolazione del materiale rotabile all’interno dell’Unione, per pervenire al massimo
grado di interoperabilità e armonizzazione di tipo tecnico199
. Le proposte della
Commissione sono state sostanzialmente accettate dal Consiglio che si è espresso
favorevolmente il 16 giugno 2011, mentre le disposizioni sull’unbundling, ossia sulla
separazione tra il gestore dell’infrastruttura e quello del servizio, non solo dal punto di
vista contabile ma anche societario, e sull’apertura al mercato anche del traffico interno
di passeggeri sono state bocciate dalla prima lettura del Parlamento del 16 novembre
2011. Contemporaneamente, lo stesso ha invitato la Commissione a formulare dei
progetti di norme che prendano posizione proprio su questi due aspetti della
liberalizzazione, da presentarsi entro la fine del 2012: queste misure, attualmente allo
studio della Commissione, e che il Commissario ai Trasporti Siim Kallas ha detto più
volte essere in fase avanzata di sviluppo200
, assieme al Recast andranno, con molta
probabilità, a formare il Quarto Pacchetto ferroviario (il primo dell’Unione Europea
dopo il Trattato di Lisbona)201
. Il Consiglio ha successivamente esposto la sua posizione
sugli emendamenti proposti dal Parlamento nella seduta del 8 maggio 2012 (prima
lettura del Consiglio); la posizione, come prevede la procedura legislativa ordinaria, è
passata alla seconda lettura del Parlamento, che il 3 luglio 2012 ha apportato le ultime
modifiche al testo, espresse nella sua posizione. Da ultimo, il 29 ottobre 2012 il
Consiglio ha approvato la direttiva nella forma così risultante dagli ultimi emendamenti
(come prevede l’art. 294, par. VIII, TFUE)202
. Il Recast ha finalmente preso corpo, così,
199
L. VARADKAR, Give ERA more authority, in Railway Gazette International, n. 4/2012, p. 25. 200
C. NASH, Unravelling the fourth railway package, in Railway Gazette International, n. 11/2012, p.
90. 201
Secondo il rapporto di O. MARINIG, La liberalizzazione del sistema ferroviario europeo: un
pacchetto tira l’altro, del settembre 2012, scaricabile dal sito internet della FIT – CISL
“http://fitcisl.indemo.it/”, il Quarto Pacchetto dovrebbe essere presentato a dicembre 2012 e entro la
primavera del 2013 dovrebbe essere designato il relatore per dare avvio all’iter legislativo. 202
L. LOCHMAN, European Transport Ministers give green light to Recast of the First Railway
Package, in European Railway Review, 29 ottobre 2012,
“http://www.europeanrailwayreview.com/16066/rail-industry-news/european-transport-ministers-give-
green-light-to-recast-of-the-first-railway-package/”.
118
nella direttiva 2012/34/UE del 21 novembre 2012203
: importante è la data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (14 dicembre 2012), poiché da essa si determina
il giorno della sua entrata in vigore e il termine lasciato agli Stati membri per la sua
trasposizione204
.
Vediamo brevemente le misure che sono state adottate in quella che è la “direttiva per la
creazione di uno Spazio ferroviario europeo” (“directive of establishing a single
European railway area (Recast)”). Innanzitutto, il Recast consiste nella riunione, in un
unico testo normativo, dell’intero Primo Pacchetto ferroviario, quindi le norme hanno
come base le previsioni del 2001: ad esse sono state apportate delle modifiche, tenuto
conto della prassi degli Stati membri e dei dati di mercato. In particolare, ai nostri fini
interessano i considerando nn. 19 – 25, in cui viene posta l’esigenza di conciliare i
servizi passeggeri liberalizzati con quelli gestiti in regime di servizio pubblico: la
disposizione più importante è il considerando n. 21, che indica, finalmente anche se in
modo generico, quali sono i criteri con cui valutare l’eventuale squilibrio economico del
contratto di servizio pubblico (che legittima, a norma dell’art. 10, direttiva 91/440, così
come modificata dalla direttiva 2007/58, la limitazione alle fermata del servizio
internazionale o l’obbligo per l’impresa che lo gestisce di versare una compensazione
all’autorità competente): il legislatore li indica, in modo chiaramente esemplificativo,
nell’impatto sulla sostenibilità economica di ogni servizio incluso nel contratto, alla
luce della domanda di passeggeri, del costo dei biglietti, dei servizi offerti dall’impresa
liberalizzata e dalla loro frequenza.
L’art. 1 della direttiva indica il suo ambito di operatività, in quanto si chiarisce come le
norme contenute riguardino le regole applicabili ai gestori dell’infrastruttura e alle
imprese ferroviarie stabilite (o che si stabiliranno) nell’Unione, i criteri per il rilascio, il
rinnovo o la modifica della licenza alle imprese ferroviarie nonché i principi e le
procedure per la determinazione dei costi dell’infrastruttura e la sua ripartizione205
.
Circa il primo aspetto, la direttiva rafforza il concetto di separazione, anche se non
totale e definitivo, per le imprese “storiche” che hanno una posizione dominante nel
mercato ferroviario affinché non ostacolino la concorrenza, anche se, nuovamente, non
203
Direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 che istituisce uno
spazio ferroviario europeo unico (rifusione), in GUUE L 343 del 14 dicembre 2012. 204
A norma dell’art. 66, infatti, essa entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella
GUUE. Da quel momento, gli Stati membri avranno 30 mesi di tempo per la trasposizione delle
disposizioni nei loro ordinamenti (ex art. 64), essendo il termine fissato al 16 giugno 2015. 205
Il par. II precisa che “This Directive applies to the use of railway infrastructure for domestic and
international rail services”(“Questa direttiva riguarda l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per servizi
interni e internazionali”).
119
viene posto l’obbligo di separare anche dal punto di vista societario l’infrastruttura dal
servizio (Capitolo II, Sezione I, intitolata “Managment indipendence”). Sempre
nell’ambito delle norme mirate a garantire un accesso equo e non discriminatorio
all’infrastruttura ferroviaria, la direttiva si preoccupa di risolvere il problema della
scarsa indipendenza riscontrata negli organismi di regolamentazione (ossia i soggetti di
cui all’art. 30 della “vecchia” direttiva 2001/14/CE), spesso dovuta alla mancanza di
personale qualificato per entrare a far parte del loro organico (normalmente infatti il
personale proviene dall’impresa ferroviaria dominante sul mercato e dal gestore
dell’infrastruttura). L’art. 55 del Recast (rubricato “Regulatory body”) prevede allora
che tali organismi siano indipendenti sotto il profilo organizzativo e funzionale da
qualsiasi pubblica autorità e il personale di questi non deve intrattenere rapporti con
simili autorità né col ministero competente in materia. Il personale deve esser scelto in
modo trasparente, attraverso una valutazione delle competenze in materia ferroviaria ed
economica; annualmente, il soggetto che presta servizio presso l’organismo deve
dichiarare eventuali rapporti con imprese operanti sul mercato. E’ previsto inoltre che,
una volta cessato il rapporto di lavoro con l’organismo indipendente, il soggetto non
possa, nei 12 mesi successivi, essere assunto in un’impresa di trasporto o in qualsiasi
soggetto giuridico sottoposto a regolazione. L’art. 57 introduce un’ulteriore novità,
ossia l’obbligo di cooperazione tra gli organismi di regolamentazione, attraverso il
periodico scambio di informazioni, anche in sessioni ad hoc sotto la direzione della
Commissione. Circa le funzioni dell’organismo, la direttiva prevede (art. 56) che questo
possa imporre provvedimenti per sanzionare comportamenti confliggenti con le regole
del mercato (nel rispetto sempre delle competenze delle autorità garanti della
concorrenza nei vari Stati membri), richiedere documentazione e audizioni dei manager
delle imprese ferroviarie o del gestore dell’infrastruttura e condurre investigazioni.
Per quanto riguarda la licenza ferroviaria, la direttiva si pone come Testo Unico in
materia, non apportando comunque grandi novità in questo ambito. Vengono introdotti,
invece, nuovi criteri per la determinazione del canone di utilizzo dell’infrastruttura (artt.
31 e 32), che devono essere previamente comunicati all’organismo di regolamentazione
affinché valuti la loro idoneità ed equità. Circa il Prospetto Informativo della Rete, l’art.
27 (“Network statement”) prevede che esso debba indicare dettagliatamente le
caratteristiche dell’infrastruttura206
, al fine di permettere a tutti i competitors di
206
Esso va rinnovato annualmente e deve essere pubblicato su sito web del gestore dell’infrastruttura.
120
conoscere le caratteristiche delle linee su cui intendono operare. E’ interessante
evidenziare, poi, il fatto che venga consentito anche a soggetti terzi la possibilità di
richiedere le tracce per la circolazione dei convogli, purché si servano di un’impresa
ferroviaria (art. 41).
E la liberalizzazione del trasporto passeggeri nazionale?
Ancora una volta le forti resistenze statali hanno impedito che si potesse includere nel
Recast una disposizione che la imponesse. L’unica norma che sembra aprire una
spiraglio ad un intervento della Commissione su questa delicata materia è l’art. 63,
laddove prevede come questa istituzione comunitaria debba, entro il 31 dicembre 2012,
presentare al Parlamento, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e a quello
delle Regioni un rapporto sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie, che tenga conto
degli aspetti economici del settore ferroviario e dell’applicazione del regolamento
1370/2007 negli Stati membri e contenga, se verrà ritenuto opportuno, proposte di
misure per liberalizzare anche il trasporto interno di passeggeri (con le necessarie
disposizioni per garantire l’accesso ai potenziali operatori). Come abbiamo già detto
poco sopra, il rapporto è in avanzata fase di redazione da parte della Commissione e le
proposte che (sembra) siano contenute207
stanno già provocando le reazioni della CER,
non molto intenzionata ad accelerare i tempi delle riforme (vista anche la situazione
economica decisamente sfavorevole).
207
Le proposte della Commissione andranno a formare quello che è già stato ribattezzato Quarto
Pacchetto ferroviario, in cui verrà previsto il conferimento di tutte le funzioni in materia di
determinazione della sicurezza e dell’interoperabilità delle reti e dei rotabili all’Agenzia Ferroviaria
Europea.
121
CAPITOLO III
LA RIFORMA DELLE FERROVIE IN ITALIA
1. La situazione delle FS alla vigilia della liberalizzazione: da Azienda Autonoma a
S.P.A.
Il modo migliore per analizzare da vicino gli effetti della politica ferroviaria europea,
che abbiamo delineato compiutamente nel capitolo che precede, è offerto dal “modello
di riferimento normativo concernente il processo di privatizzazione e liberalizzazione
dei servizi ferroviari in Italia”1. Il nostro Paese infatti è un ottimo esempio di come la
riforma del settore ferroviario abbia contribuito a cambiare il modo di gestire e
concepire il trasporto ferroviario, attraverso un processo lento e che ha incontrato (e
continua ad incontrare) rilevanti ostacoli per una compiuta attuazione. Solo negli ultimi
anni abbiamo assistito infatti ad una effettiva apertura al mercato anche del traffico
passeggeri, dopo che la liberalizzazione di quello merci, a partire dall’inizio del XXI
secolo, ha mostrato come anche le ferrovie possano competere con altri mezzi di
trasporto nel garantire i traffici commerciali ma, soprattutto, uno sviluppo economico e
sociale rispettoso dell’ambiente.
Prima di occuparci del recepimento della normativa europea e della sua
implementazione nell’ordinamento italiano, è bene vedere in che contesto essa è andata
ad inserirsi, per comprendere appieno i mutamenti che ne sono scaturiti.
Abbiamo già mostrato nell’introduzione qual è stato il processo che ha portato la
concentrazione della proprietà della netta maggioranza della rete ferroviaria della
Penisola (creando così una situazione di monopolio), attraverso la costituzione, nel
1905, dell’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato. Il modello dell’azienda autonoma
statale è stata la veste giuridica che ha caratterizzato le FS fino agli anni ’80 senza
sostanziali mutamenti: essa consisteva in “un organo tecnico dell’amministrazione
statale”2, che provvedeva alla gestione di un servizio con mezzi tecnici propri e con
un’organizzazione interna adatta a tale scopo. Le FS erano però un’azienda autonoma
dotata di tratti peculiari, poiché, sebbene fosse dipendente totalmente dal Ministero dei
Trasporti e non avesse personalità giuridica, possedeva notevoli ambiti di autonomia, a
1 M. GRIGOLI, Profili di diritto dei trasporti nell’attuale realtà normativa, Bologna, 2003, p. 152.
2 C. MOCCI, voce Ferrovie dello Stato, in Enciclopedia del diritto, XVII, Milano, 1968, p. 226.
L’Autore, nel proseguo della sua analisi delle FS, riconosce che le stesse erano un’azienda svolgente
attività a prevalente carattere imprenditoriale, tanto che afferma come questa fosse “un organo tecnico
autonomo gestore d’impresa”.
122
cominciare da quella di bilancio, contabile e finanziaria fino a quella tecnica, godeva di
capacità processuale e negoziale, il tutto unito alla presenza di un personale (vastissimo)
proprio, dislocato in uffici centrali e periferici, oltre ovviamente che sulla rete e nei
treni. Il Ministro dei Trasporti presiedeva l’azienda autonoma (ex regio decreto legge 22
maggio 1924, n. 868) e le rivolgeva il proprio potere di indirizzo politico –
amministrativo, per cui costui cumulava le funzioni di membro del Governo, organo di
vertice del suo Ministero e presidente dell’Azienda. In quest’ultima veste era a capo del
consiglio di amministrazione, massimo organo consultivo delle FS ma che, oltre al
potere di emanare pareri su questioni di rilevanza interna, aveva solo la facoltà di
deliberare su alcune materie concernenti il personale. Infine, il direttore generale3,
coadiuvato da un comitato tecnico – amministrativo, aveva il compito di dirigere e
sorvegliare il complesso del servizio sulla rete, in ossequio alle direttive ministeriali.
Nel corso della loro pluridecennale attività, le FS si sono trovate a dover gestire il
servizio nazionale spesso in situazioni finanziare molto precarie, a causa degli scarsi
investimenti che venivano erogati al settore ferroviario e dell’opinabile uso che veniva
fatto di quelli effettivamente pervenuti4, contribuendo così a favorire l’arretratezza
tecnologica del servizio ferroviario, incapace di reggere l’agguerrita concorrenza dei
mezzi su gomma. Tutto ciò generò un crollo delle quote di traffico detenute dalle
ferrovie, che portò, tra gli anni ’60 e gli anni ’80, alla chiusura di molte linee
considerate a scarso traffico. La situazione deficitaria della più grande azienda
autonoma statale e le disposizioni che la Comunità Economica Europea aveva emanato
in termini di trasporti, aiuti di Stato e obblighi di servizio pubblico obbligarono il
legislatore italiano a intervenire sull’assetto organizzativo delle FS, nel tentativo di
risanare le finanze dell’impresa e frenare il declino del traffico ferroviario. Fu così che,
nel cercare “una nuova formula organizzativa per operare l’intervento pubblico sul
mercato”5, venne emanata la legge 17 maggio 1985, n. 210, che sopprimeva (a partire
dal 1o gennaio 1986) l’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato e faceva subentrare in
3 Costui era nominato con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministero dei Trasporti. 4 Unica eccezione a quanto detto venne rappresentata dal cd. Programma Integrativo, contenuto nella l. 12
febbraio 1981, n. 17, con cui venivano stanziati (inizialmente) 12.450 miliardi di lire destinati ad
interventi urgenti di ammodernamento e potenziamento della rete e del materiale rotabile. I fondi vennero
erogati progressivamente negli anni e contribuirono alla costruzione di rotabili ancora oggi in servizio e
alla costruzione di nuove linee, anche se, in alcuni casi, vennero destinati ad opere rivelatesi poi
assolutamente inutili. 5 D. SCICOLONE, I trasporti ferroviari in Italia: tra Stato e mercato, in Rivista amministrativa della
Repubblica italiana, 2005, p. 800.
123
tutti i rapporti attivi e passivi già di pertinenza di questa l’Ente Ferrovie dello Stato, un
ente pubblico economico, dotato di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale,
contabile e finanziaria, la cui attività doveva conformarsi a criteri di efficienza ed
economicità (art. 1). La forma dell’ente pubblico economico doveva servire ad
emancipare gradualmente le Ferrovie dall’apparato statale, al fine di ottenere una loro
gestione più orientata a perseguire obiettivi di mercato. In realtà, sebbene alle FS veniva
riconosciuto un margine maggiore di autonomia, “l’Ente era nondimeno sottoposto ad
una invasiva ingerenza, in termini di vigilanza gestionale e tecnico – economica, oltre
che di fissazione degli obiettivi e degli indirizzi”6 da parte del Ministro dei trasporti e
della navigazione, che, in virtù dell’art. 3, l. 210/1985, aveva il potere di indicare gli
obiettivi della gestione ferroviaria, vigilare sul loro perseguimento, approvare i bilanci e
i programmi approvati dal consiglio di amministrazione (che diventò organo a
competenza deliberativa generale grazie all’art. 7), proporre la nomina o la revoca del
presidente7 o degli altri componenti del consiglio. Come è stato giustamente rilevato,
l’obiettivo della riforma del 1985 era “superare i molti vincoli, legami e procedure
ancora esistenti per creare un’azienda imprenditorialmente più autonoma e
maggiormente presente sul mercato. […] La nuova formula non bastò ad arginare le
interferenze politiche, non vi fu alcun cambiamento sostanziale e le FS continuarono ad
essere un monopolio pubblico”8. L’Ente infatti non riuscì a compiere il processo di
risanamento economico per cui era stato creato né contribuì al miglioramento del
servizio sulla rete italiana, ma, al contrario, i suo vertici vennero investiti ben presto da
scandali giudiziari che fecero rilevare la necessità di rivedere nuovamente
l’organizzazione delle FS9.
La riflessione sull’opportunità di cambiare l’assetto giuridico dell’Ente si sviluppò
parallelamente alla tendenza, iniziata alla fine degli anni ’80, di ristrutturare le aziende
pubbliche: il massiccio indebitamento che le caratterizzava obbligò i loro vertici a
6 G. MASTRANDREA, Il trasporto ferroviario, in M .RIGUZZI, A. ANTONINI (a cura di), Trasporti e
turismo, in Trattato di diritto privato dell’Unione Europea, vol. X, Torino, 2008, p. 394. 7 Nel 1985 venne istituita la figura del presidente delle FS, “organo monocratico centrale” (assieme al
direttore generale, a norma dell’art. 5), che aveva la rappresentanza legale dell’Ente e poteva convocare e
dirigere i lavori del consiglio di amministrazione, vigilando poi sull’esecuzione delle decisioni adottate. Il
primo presidente fu Ludovico Ligato. 8 A. NASCIMBENE (a cura di), Tutto Tema n. 16: Ferrovie italiane anni ’80, Albignasego (PD), 2000,
p. 14. 9 Già alla fine del 1988 il presidente e l’intero consiglio di amministrazione dovettero dimettersi sulla scia
del celebre scandalo delle “lenzuola d’oro”. Alla guida dell’Ente subentrò Mario Schimberni, un
finanziere che limitò notevolmente l’impiego di denaro pubblico nelle FS e accantonò, durante la sua
presidenza, i progetti appena approvati per la costruzione della rete italiana ad alta velocità, giudicati
troppo onerosi.
124
reperire capitali attraverso la smobilitazione di settori non strategici. Poiché questo
sistema non poteva portare ad un completo risanamento delle aziende, si decise di
avviare un imponente processo di privatizzazione con l’inizio del nuovo decennio. Col
termine privatizzazione, in linea generale, si suole designare il passaggio da un regime
di diritto pubblico ad un regime di diritto privato, anche se poi le accezioni sono
molteplici: quella che viene in luce nella presente analisi indica la trasformazione del
regime giuridico dell’impresa pubblica o di diritto pubblico, comprendente la
dismissione o l’alienazione di compendi aziendali o di beni già di proprietà di enti
pubblici10
. A sua volta, la privatizzazione degli enti pubblici può avvenire in due modi,
ossia attraverso la privatizzazione sostanziale, riconoscendo l’effettività del controllo
sull’impresa in capo a soli soggetti privati, svincolati da qualsiasi influenza dominante
dei poteri pubblici; al contrario, con la privatizzazione formale si trasforma la
configurazione giuridica dell’impresa di diritto pubblico in un soggetto di diritto
privato, lasciando però in mano ai pubblici poteri il controllo totale o comunque
l’influenza dominante, in vista di una successiva completa emancipazione dall’apparato
statale. La forma della privatizzazione formale è stata scelta per la trasformazione degli
enti di gestione delle partecipazioni statali, degli pubblici economici e delle aziende
autonome in società per azioni dal decreto legge 5 dicembre 1991, n. 386 (convertito in
legge 29 gennaio 1992, n. 35), la cui disciplina è stata ben presto semplificata e
razionalizzata, in virtù dei notevoli problemi interpretativi che si erano riscontrati, dal
decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 (convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359). Con il
d.l. 333/1992 venne riconosciuta al CIPE la facoltà di disporre la trasformazione in
società per azioni, con una propria delibera, degli enti pubblici, qualunque fosse il loro
settore di attività. Fu pertanto su questa base normativa che il CIPE deliberò il 12 agosto
1992 la trasformazione dell’Ente Ferrovie dello Stato in Ferrovie dello Stato S.p.a.,
società che divenne concessionario ex lege per tutte le attività già svolte e i diritti
attribuiti al soppresso ente. Successivamente, il decreto ministeriale 26 novembre 1993,
n. 225T attribuiva alle FS S.p.a. la concessione, della durata di 70 anni, per l’esercizio
del trasporto ferroviario sulle relazioni già di pertinenza dell’Ente, sotto l’indirizzo e la
vigilanza del Ministero dei Trasporti, e per la progettazione, la costruzione e il
10
Secondo la ricostruzione che compie M. CIRCI, voce Privatizzazioni, in Enciclopedia giuridica,
XXVII, Roma, 1991.
125
potenziamento della rete e degli impianti11
. Trattandosi di privatizzazione solo formale,
l’intero pacchetto azionario rimase in mano pubblica, nelle mani dell’allora Ministero
del Tesoro, cosa che suscitò notevoli perplessità circa l’opportunità di questa ennesima
trasformazione, visto che uno dei punti sui cui il programma di risanamento delle FS
elaborato nel 1988 si concentrava era proprio “l’eccessiva dipendenza dalle risorse
pubbliche”12
, a cui si faceva massiccio ricorso per contenere le perdite di esercizio.
Oltre a questo, la novella del 1992 ha dato adito ad un acceso dibattito in giurisprudenza
ed in dottrina tra chi sosteneva che la successione della S.p.a. all’Ente non fosse in
realtà avvenuta e chi invece riconosceva l’intervenuta estinzione dell’Ente a favore della
nuova società. La diatriba era scaturita dal fatto che il d.l. 333/1992 prevedeva
l’abrogazione solo delle disposizioni sugli enti pubblici economici che fossero
incompatibili con la privatizzazione, per cui, anche dal dato fattuale, si è creata una
situazione ove “elementi della vecchia e della nuova regolamentazione convivono
rendendo la situazione particolarmente complessa e di difficile interpretazione”13
. Sul
punto, il Consiglio di Stato, nel parere del 1o ottobre 1995, n. 93, sembrava, per buona
parte della dottrina14
, aver optato per la tesi del fenomeno successorio, desumibile dal
fatto che il Ministero dei Trasporti avesse dovuto rilasciare la (nuova) concessione alle
FS S.p.a. col d.m. 225T/1993. Di diverso avviso fu invece la Cass., sez. lav., 23 ottobre
1995, n. 11016, che ammise come “la trasformazione dell’Ente Ferrovie dello Stato in
società per azioni non ha causato l’estinzione del medesimo e la successione allo stesso
di una diversa persona giuridica, essendosi avuta solamente una modificazione della
forma e della relativa organizzazione in un soggetto giuridico che ha mantenuto la
propria identità”. La dottrina si allineò a questa posizione, riconoscendo che, sebbene
fosse improprio l’utilizzo del termine “trasformazione” ex art. 2498 del Codice Civile
(infatti non si aveva una deliberazione dell’assemblea dei soci che autorizzava la
11
Il rapporto tra FS S.p.a. e Stato venne regolato, a partire dal 29 dicembre 1992, dal contratto di
programma stipulato col Ministero dei Trasporti, cioè l’atto negoziale che definisce i criteri contabili,
economici e tecnici di gestione delle infrastrutture ferroviarie della società, gli obblighi reciproci, gli
obiettivi di gestione e di sviluppo dell’impresa, i criteri di contribuzione dello Stato. Assieme alla
concessione e al contratto di servizio pubblico definisce la consistenza dei servizi offerti e il prezzo degli
stessi, nonché gli obblighi a carico di Stato e FS. Cfr. A. TIGANO, Concessione per l’esercizio del
servizio ferroviario di trasporto pubblico, contratto di servizio e contratto di programma: profili
strutturali, in Il trasporto ferroviario nell’Europa del 2000: atti del convegno, Villaggio Marispica,
Ispica-Ragusa, 30 agosto-4 settembre 1998, Messina, 1999, pp. 215 ss. 12
L. FIORENTINO, Il risanamento e la riforma dell’ordinamento dell’Ente Ferrovie dello Stato, in
Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 1989, p. 566. 13
V. MALFATTI, D. RANZI, Obiettivi e natura della trasformazione dell’ente pubblico economico nelle
Ferrovie dello Stato S.p.a., in Trasporti – diritto, economia, politica, n. 75/1998, p. 74. 14
MASTRANDREA, op. cit., pp. 395-396 e M. COLAFIGLI, Effetti della trasformazione in società per
azioni dell’Ente Ferrovie dello Stato, in Diritto dei Trasporti, 1997, p. 490.
126
trasformazione societaria, bensì un atto legislativo)15
, andava affermata la continuità
soggettiva tra l’Ente e la nuova S.p.a. e la perdurante vigenza di quelle disposizioni
della l. 210/1985 riguardanti i poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dei Trasporti
e la facoltà (già vista nel Capitolo I) di determinare le condizioni di trasporto e i prezzi
del servizio. Tutto ciò ha reso, secondo alcuni16
, le FS S.p.a. una società di diritto
speciale, che ricalca sì lo schema delineato nel Codice Civile ma se ne discosta per il
profilo genetico, quello funzionale e del rapporto con l’apparato di Governo.
2. Il recepimento delle direttive degli anni ’90: la nascita di Trenitalia e RFI
Già nell’atto di concessione del 199317
venivano recepite le prime indicazione del
legislatore comunitario contenute nella fondamentale direttiva 91/440/CEE, poiché l’art.
17 dell’atto stesso prevedeva la separazione della contabilità tra la attività di gestione
dell’infrastruttura e quelle di gestione dei servizi di trasporto18
. Nel nuovo contratto di
programma stipulato il 25 marzo 1996 veniva auspicata la separazione societaria tra le
due attività, e anche il Governo, attraverso la cd. direttiva Prodi (direttiva del Presidente
del Consiglio dei Ministri del 30 gennaio 1997) riconosceva la necessità di attuare
compiutamente la direttiva 91/440, prevedendo addirittura la separazione istituzionale
(che non vedrà però la luce per l’ostracismo delle associazioni sindacali). L’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato riconobbe infatti, nel parere AS 140 del 5
giugno 1998, che la separazione contabile doveva essere solo la necessaria premessa per
pervenire ad una rapida riorganizzazione del settore ferroviario che aprisse le porte alla
liberalizzazione, così come voluta in sede europea: il primo passo consisteva proprio
nella “realizzazione di un assetto societario diversamente strutturato, in cui lo
15
G. BAVETTA, La trasformazione delle FS da ente pubblico a S.p.a.: profili giuridici e problematiche
normative, in Il trasporto ferroviario nell’Europa del 2000: atti del convegno, Villaggio Marispica,
Ispica-Ragusa, 30 agosto-4 settembre 1998,Messina, 1999, pp. 240 ss. 16
MALFATTI, RANZI, op. cit., p. 79. 17
L’art. 14 disciplinava il contratto di servizio, atto negoziale destinato a disciplinare la quantità e la
qualità delle linee destinate al servizio di trasporto, l’orario dei servizi passeggeri, il prezzo delle
prestazioni di trasporto, gli adeguamenti dei servizi alle reali esigenze ecc. La legge 24 dicembre 1993, n.
538 (Legge finanziaria 1994) prevedeva che, dal 1994, i rapporti tra Stato e FS S.p.a. fossero regolati, nel
rispetto della direttiva 91/440 e dei regolamenti comunitari, dal contratto di programma e dal contratto di
servizio (art. 4, IV comma). 18
La separazione contabile venne realizzata con la divisionalizzazione delle FS, che portò alla creazione
di sette ASA (Aree Strategiche di Affari) con cui vennero divisi i settori operativi delle nostre Ferrovie
(ordine di servizio n. 5 AD del 4 marzo 1996). La gestione dell’infrastruttura passò all’ASA Rete, mentre
le attività di trasporto erano ripartite tra ASA Materiale e Trazione, ASA Passeggeri (responsabile del
traffico passeggeri a lunga percorrenza), ASA Trasporto Metropolitano e Regionale, ASA Logistica
Integrata (servizi merci). Le restanti due divisioni si occupavano di Servizi di Ingegneria e delle Attività
Immobiliari.
127
svolgimento delle due attività di gestione della rete e di erogazione dei servizi fosse
affidato a due entità distinte sia sotto il profilo giuridico che quello proprietario”19
.
In ossequio, quindi, alle prescrizioni provenienti dall’AGCM, il Governo diede
attuazione, in netto ritardo rispetto alla scadenza fissata dal legislatore comunitario, alla
direttiva 91/440 con il decreto del Presidente della Repubblica dell’8 luglio 1998, n.
277, che annoverava tra i suoi principi quelli di autonomia gestionale e di risanamento
della struttura finanziaria delle imprese ferroviarie, nonché il principio di separazione
contabile (alternativo alla costituzione di imprese separate per la gestione della
dell’infrastruttura ferroviaria e per l’esercizio dell’attività di trasporto); trasponendo
l’art. 10 della direttiva, infine, veniva riconosciuta libertà di accesso al mercato a
condizioni non discriminatorie alle associazioni internazionali di imprese ferroviarie che
espletassero servizi di trasporti combinati internazionali di merci. L’art. 4 del d.p.r.
277/1998 prevedeva come il gestore dell’infrastruttura dovesse essere un soggetto
autonomo ed indipendente rispetto alle imprese operanti nel settore dei trasporti, ma
veniva presa in considerazione anche l’ipotesi che questo fosse titolare anche di
un’impresa ferroviaria: in tal caso, la gestione della rete andava espletata “attraverso
una struttura aziendale autonoma e distinta, sotto il profilo contabile, dalle altre
strutture destinate allo svolgimento delle attività espletate in qualità di impresa
ferroviaria e di servizi” (art. 4, II comma)20
. A norma dell’art. 5, i rapporti tra il gestore
dell’infrastruttura e lo Stato erano disciplinati dall’atto di concessione e dal contratto di
programma, mentre il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura andava determinato dal
Ministero dei Trasporti e della Navigazione, su proposta del gestore dell’infrastruttura
ferroviaria, previo parere del CIPE, con decreto del Ministro dei Trasporti e della
Navigazione. L’accesso all’infrastruttura era riconosciuto solo alle associazioni
internazionali di imprese per tutti i tipi di servizi di trasporto, anche alle singole imprese
ferroviarie stabilite nell’Unione Europea per il trasporto merci combinato
transfrontaliero (art.8); inoltre, poiché non erano state ancora recepite le direttive
95/18/CE e 95/19/CE concernenti la licenza ferroviaria e la ripartizione della capacità di
infrastruttura, il IV comma obbligava le imprese, che volevano utilizzare la rete italiana,
a stipulare con la Divisione Infrastruttura delle FS (in quanto gestore della rete) un
19
SCICOLONE, op. cit., p. 825. 20
Fu proprio sulla base di questa disposizione che venne emanato l’ordine di servizio (FS) n. 90 AD del
27 luglio 1998, con cui l’ASA Rete venne sostituita dalla Divisione Infrastruttura posta alle dipendenze
però dell’amministratore delegato delle FS. Successivamente, nel corso del 1999, si completò il processo
di riassetto interno delle Ferrovie, con la costituzione di altre quattro Divisioni, cioè Passeggeri, Trasporto
Regionale e Cargo, più l'Unità Tecnologia e Materiale Rotabile (ex ASA Materiale Rotabile e Trazione).
128
accordo amministrativo, tecnico e finanziario per l'assegnazione di capacità, mentre il
successivo V comma autorizzava la medesima Divisione a rilasciare il certificato di
sicurezza per questo primo periodo transitorio.
Il recepimento delle direttive 95/18 e 95/19 è poi avvenuto con l’emanazione del
decreto del Presidente della Repubblica del 16 marzo 1999, n. 146, che ha dettato la
prima disciplina italiana della licenza ferroviaria, del certificato di sicurezza e della
ripartizione della capacità d’infrastruttura, limitandosi comunque a “recepire
pedissequamente l’assetto imposto dalle direttive”21
. L’art. 3 chiarisce che l’impresa
ferroviaria22
che voglia effettuare servizi di trasporto merci o passeggeri sulla rete
nazionale deve possedere una licenza (o un altro titolo equiparato rilasciato da uno Stato
membro dell’Unione Europea), un certificato di sicurezza e deve aver stipulato col
gestore dell’infrastruttura l’accordo per definire l’assegnazione della capacità
d’infrastruttura richiesta (ossia devono essere state contrattate e assegnate le tracce per
la circolazione dei convogli). A norma dell’art 4, la licenza ferroviaria, valida su tutto il
territorio della Comunità, viene rilasciata, dal Ministero dei Trasporti e della
Navigazione, alle imprese ferroviarie che posseggono materiale rotabile e personale per
la gestione del servizio di trasporto (oltre che di debita copertura assicurativa) qualora
venga data la prova della sussistenza dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e
competenza professionale disciplinati dettagliatamente dall’art. 5. La licenza ha validità
temporale illimitata, potendo comunque il ministero competente controllare in ogni
momento la situazione dell’impresa ferroviaria in ordine ai requisiti di cui sopra e
prendere i provvedimenti opportuni (sospensione della licenza o sua revoca). Il
certificato di sicurezza invece “attesta la conformità agli standard in materia di
sicurezza della circolazione definiti dal Ministero dei trasporti e della navigazione, per
le singole linee e per i singoli servizi, al fine di garantire il sicuro e affidabile
espletamento dei servizi ferroviari”: così l’art. 7 (II comma) che poi prevede come il
suo rilascio, ad opera del gestore dell’infrastruttura, avvenga qualora l’impresa
ferroviaria abbia provveduto all’espletamento delle formalità per la certificazione e
l’omologazione del materiale rotabile, del personale e dell’azienda stessa23
. Da ultimo,
21
L. LANUCARA, Il contesto normativo comunitario nel settore ferroviario a seguito dell’approvazione
del Terzo Pacchetto Ferroviario, in Diritto Comunitario e Scambi Internazionali, 2008, p. 829. 22
Per tale dovendosi intendere, in perfetta linea con le prescrizioni comunitarie, “qualsiasi impresa
privata o pubblica la cui attività principale consiste nell'espletamento di servizi di trasporto di merci o di
persone per ferrovia e che garantisce obbligatoriamente la trazione” (art. 2, lett. a). 23
Si fa riferimento, come ricorda M. NARDOVINO, Lo sviluppo del sistema ferroviario nazionale verso
la liberalizzazione, in Rivista di Diritto Europeo, II, 1999, p. 65, alla “qualificazione dell’apparato
129
la ripartizione della capacità d’infrastruttura, il cui compito spetta al suo gestore, è
disciplinata dagli artt. 8 e 9, per cui l’impresa deve inoltrare la richiesta al gestore della
rete, qualora la località di partenza dei servizi sia ubicata in territorio italiano, secondo
le modalità rese pubbliche dallo stesso. C’è ancora da dire che, in attuazione dei d.p.r.
277/1998 e 146/1999, sono stati definiti il sistema di pedaggi per l’accesso
all’infrastruttura ferroviaria (decreti ministeriali 43T e 44T del 21 e 22 marzo 2000), la
definizione delle norme e degli standard di sicurezza per la circolazione dei treni
(decreto dirigenziale 22 maggio 2000, n. 247) e sono state compiute le prime istruttore
per il rilascio delle licenze.
Tornando ora al processo di unbundling, nel 1999 venne emanata la seconda direttiva
D’Alema (direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 marzo 1999 per il
risanamento delle FS)24
sulla cui base venne completato un altro tassello della
riorganizzazione delle FS S.p.a., attraverso la costituzione nel 2000 di Trenitalia S.p.a.,
società nata dall’accorpamento delle precedenti Divisioni che si occupavano dell’attività
di trasporto e interamente partecipata da FS S.p.a., mentre la gestione dell’infrastruttura
rimaneva in capo alla Divisione Infrastruttura delle FS. A Trenitalia venne assegnato
l’intero parco rotabili di spettanza delle FS così come il personale adibito alla scorta e
alla condotta dei treni, in quanto la neocostituita società era titolare della licenza n. 1
assegnata il 23 maggio 2000 a Italiana Trasporti Ferroviari S.r.l. dal Ministero dei
Trasporti e della Navigazione e trasferita subito dopo a Trenitalia25
. Il rilascio della
licenza determinò la caducazione del precedente atto di concessione26
, poiché durante la
breve vigenza dell’art. 5 del decreto legge 28 marzo 2000, n. 7027
, era stata disposta
l’abrogazione degli artt. 18 e 19 del d.l. 333/1992, base normativa per il rilascio della
concessione alle FS S.p.a., per cui la medesima poteva dirsi valida solo per l’esercizio
dell’infrastruttura. La legge finanziaria per il 2001 (l. 23 dicembre 2000, n. 388) all’art.
dirigente, l’organizzazione della sicurezza stessa, il quantitativo, i profili professionali e la dislocazione
del personale utilizzato e la capacità degli impianti di manutenzione”. 24
Tra i programmi previsti, vi era il potenziamento del servizio di trasporto e l’attenzione alla sua qualità
totale, alla luce del processo di liberalizzazione voluto da Bruxelles. Già dal precedente decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 1998 era stata prevista la Carta dei servizi,
documento con cui vengono indicati gli standard di qualità che le imprese ferroviarie, sia nazionali che
regionali, mirano a perseguire, anche in termini di efficienza e sicurezza. 25
Tutte le attività di trasporto vennero attribuite con un contratto d’affitto del 30 maggio 2000 alla società
Italiana Trasporti Ferroviari (ITF) S.r.l. (costituita il 12 novembre 1997) interamente di proprietà delle
FS, trasformata in società per azioni con delibera assembleare del 29 febbraio 2000. Dal 7 giugno la
denominazione sociale è diventata Trenitalia S.p.a. 26
Secondo MASTRANDREA, op. cit., p. 397 e SCICOLONE, op. cit., p. 836. 27
La disposizione non venne infatti riproposta in sede di conversione del decreto.
130
13128
confermò poi questa previsione: occorre subito dire che la norma in questione
segna la prima vera apertura al mercato del trasporto ferroviario, in quanto abolisce
definitivamente la concessione alle FS, eliminando pertanto il monopolio che le stesse
detenevano sulla base di questo atto amministrativo. La liberalizzazione del settore
impone infatti “un generale ripensamento dell’istituto della concessione come
strumento di gestione del servizio pubblico nel nuovo contesto comunitario”29
e la
direttiva 91/440 va proprio in questo senso, in quanto prevede che lo strumento
giuridico per l’esercizio dell’attività di trasporto ferroviario debba concretarsi in un atto
autorizzativo30
. Successivamente, le due direttive del 1995 recepite nel d.p.r. 146/1999
realizzano questo obiettivo, subordinando l’esercizio del diritto di accesso
all’infrastruttura ferroviaria per lo svolgimento di servizi di trasporto all’ottenimento
della licenza ferroviaria (rilasciata dal Ministero dei Trasporti) e del certificato di
sicurezza (rilasciato dal gestore della rete). Grazie alla l. 388/2000, già alla fine
dell’anno erano sei le imprese ferroviarie diverse da Trenitalia titolari di licenza, che nel
corso del 2001 inizieranno a effettuare servizi merci internazionali in partenza dall’Italia
(ad esempio, Ferrovie Nord Milano S.r.l. tra Melzo e Domodossola e Rail Traction
Company S.p.a. tra Verona e Brennero, con proseguimento su Monaco ad opera della
partecipata Locomotion).
Nel frattempo, il decreto ministeriale 31 ottobre 2000, n. 138T, aveva rinnovato alle FS
la concessione per il solo esercizio e manutenzione dell’infrastruttura e al contempo
obbligava il concessionario a espletare l’attività di gestione della rete tramite un
soggetto giuridico distinto dall’impresa (o dalle imprese) esercenti il servizio di
trasporto. Pertanto, analogamente alla concessione, il contratto di programma
riguardava ora solo i rapporti tra il gestore dell’infrastruttura e lo Stato, prevedendo i
28
Il I comma della norma è la fondamentale clausola di liberalizzazione e di reciprocità: “al fine di
garantire il contenimento delle tariffe e il risanamento finanziario delle attività di trasporto ferroviario, il
Ministro dei trasporti e della navigazione può rilasciare titoli autorizzatori ai soggetti in possesso dei
requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 146, anche in deroga a
quanto disposto dagli articoli 1, comma 1, lettera a), e 3, comma 1, lettera a), del medesimo decreto, a
condizione di reciprocità qualora si tratti di imprese aventi sede all'estero o loro controllate; può altresì
autorizzare la società Ferrovie dello Stato Spa e le aziende in concessione ad effettuare operazioni in
leasing per l'approvvigionamento d'uso di materiale rotabile. Gli articoli 14 e 18 del decreto-legge 11
luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, si applicano per la
parte concernente l'infrastruttura ferroviaria e cessano di applicarsi al trasporto ferroviario. La società
Ferrovie dello Stato Spa delibera le conseguenti modifiche statutarie”. 29
SCICOLONE, op. cit., p. 834. 30
Questo infatti “rimuove un limite all’esercizio di diritti e facoltà preesistenti in capo ai richiedenti e
legittima, quindi, un pluralità di soggetti ad esercitare in concorrenza una determinata tipologia di
servizi”: Ibidem, p. 835.
131
reciproci obblighi in ordine al finanziamento e alla gestione della rete31
. Occorre
ricordare che l’infrastruttura ferroviaria costituisce demanio pubblico ai sensi dell’art.
822 del Codice Civile32
e questo è il fondamento della necessità di rinnovo della
concessione al gestore. Gestore che, all’esito degli ultimi riassetti organizzativi della
Divisione Infrastruttura di FS S.p.a. è diventato dal 1o luglio 2001 Rete Ferroviaria
Italiana S.p.a. (RFI): ad RFI sono stati trasferiti la proprietà e la responsabilità di
gestione della rete, con il compito di garantire la sicurezza della circolazione, curando la
manutenzione degli impianti fissi (binari, opere civili, segnalamento ecc.) e sviluppando
nuove tecnologie per il miglioramento del servizio ferroviario. Contemporanea si è
costituita Ferrovie dello Stato Holding S.p.a., società capogruppo, detentrice dell’intero
azionariato di Trenitalia e RFI, oltre a quello di altre società nate dallo scorporo di FS
S.p.a.33
; socio unico della holding è stato individuato nel Ministero dell’Economia e
delle Finanze (già Ministero del Tesoro). Si è delineato così, all’inizio del XXI secolo,
quello che tuttora è l’esito della ristrutturazione dell’ex Azienda Autonoma Ferrovie
dello Stato. L’unica novità di un certo rilievo è stata, a partire dal 22 giugno 2011, il
cambio di denominazione della società capogruppo in Ferrovie dello Stato Italiane
S.p.a., prodromica, a detta di molti, all’eliminazione di ogni riferimento allo Stato nella
denominazione sociale, per evidenziare definitivamente l’avvenuta cessazione (anche se
solo di fatto) del monopolio pubblico del trasporto ferroviario in Italia.
La separazione tra attività di gestione del servizio ferroviario e dell’infrastruttura si è
sviluppata così in Italia (e, seppur con alcune differenze, in Germania ed Austria)
andando oltre il principio della separazione contabile, che era il requisito minimo
richiesto dalla direttiva 91/440 per l’apertura alla liberalizzazione dei servizi ferroviari.
Si sono create così due società distinte dal punto di vista istituzionale, ma la loro
riconducibilità al medesimo gruppo societario, a sua volta completamente in mano
pubblica, ha fatto riflettere sull’opportunità delle trasformazioni che abbiamo descritto,
31
Cfr. A BOITANI, Liberalizzazione e regolazione dei servizi ferroviari, in Economia pubblica, n.
4/2002, pp. 45 ss. 32
La previsione è conforme alla normativa europea, in quanto la direttiva 91/440 lasciava una peculiare
responsabilità agli Stati solo per quello che concerne la rete, al fine di garantire comunque le risorse
necessarie per mantenere elevati livelli di sicurezza ed efficienza della circolazione dei treni. 33
Si tratta delle società per azioni TAV, controllata a sua volta da RFI, responsabile della progettazione e
realizzazione delle linee ad alta velocità, di Italferro (servizi di ingegneria), Metropolis (patrimonio
immobiliare), Centostazioni e Grandi Stazioni (destinate alla valorizzazione delle più importanti stazioni
della rete). Negli anni si sono avuti alcuni mutamenti, per cui attualmente la Holding Ferrovie dello Stato
Italiane è composta, oltre che da Trenitalia e RFI, da Italferr, Ferservizi, FS Sistemi Urbani, FS Logistica,
Fercredit, Busitalia, Grandi Stazioni e Censtazioni. Inoltre, a partire dal dicembre 2010, la Holding
detiene il 51% della società di trasporto regionale Netinera, operante in Germania (fonte:
http://www.fsitaliane.it/ilgruppo.html”).
132
anche alla luce della prassi della liberalizzazione, in cui, fino al dicembre 2009, nessun
servizio passeggeri era svolto sulla rete nazionale da un’impresa ferroviaria diversa da
Trenitalia. Proprio questi rilievi sono stati oggetto di un intenso dibattito politico34
e
giuridico circa la necessità o meno di pervenire ad una separazione effettiva (che si
avvicinasse al modello inglese), come era stato auspicato dal già visto parere
dell’AGCM sulla direttiva 91/440. La stessa Autorità è nuovamente intervenuta nella
questione con il parere AS 265 del 13 agosto 2003, ove rileva che “il Gruppo Ferrovie
dello Stato continua a configurarsi, dato l’assetto organizzativo che lo connota, come
un’unica entità economica”: è indubbio infatti che la capogruppo, soggetta interamente
al controllo dell’azionista di Governo, possa influenzare le scelte sia del gestore
dell’infrastruttura (ossia colui che dovrebbe garantire un accesso equo e non
discriminatorio alla rete di cui ha la responsabilità) che di una delle imprese ferroviarie
operanti nel nostro Paese. L’AGCM ha quindi rilevato come la situazione creata nel
2001 possa frenare (se non addirittura vanificare) il processo di liberalizzazione del
settore ferroviario e ha nuovamente auspicato un’effettiva distinzione tra le attività di
gestione dell’infrastruttura e quelle di erogazione del servizio di trasporto ferroviario,
“perseguibile mediante la definitiva separazione proprietaria delle imprese incaricate
di tale attività”35
.
3. La liberalizzazione del servizio ferroviario: i riferimenti normativi e le competenze
nel settore ferroviario
3.1. Il d.lgs. 188/2003 come Testo Unico della liberalizzazione ferroviaria italiana
Una volta che abbiamo analizzato qual è stato il processo di ristrutturazione
dell’impresa monopolistica del settore ferroviario alla luce delle prescrizioni del
legislatore europeo, contenute nella direttiva sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie,
al fine di far cessare questa situazione di monopolio e creare i presupposti tecnico –
giuridici per l’apertura al mercato del trasporto ferroviario, occorre adesso dare conto di
quali sono le norme che regolano la liberalizzazione del servizio ferroviario sulla rete
italiana e quali organismi sono deputati alla vigilanza e alla regolamentazione di questo
importante settore di mercato.
34
Dibattito che fu intenso soprattutto durante il Governo Prodi II (2006-2008) allorché l’allora Ministro
delle Infrastrutture Antonio di Pietro pose l’accento sulle rilevanti perdite di bilancio che la holding FS
aveva accumulato e sull’opportunità di mantenerla in mano pubblica. 35
SCICOLONE, op. cit., p. 833.
133
Come abbiamo già anticipato, la norma che riconosce la possibilità per imprese
ferroviarie private di affacciarsi sui binari italiani è contenuta nella Legge finanziaria
per il 2001 (l. 388/2000), all’art. 131, che si segnala, nonostante la formulazione poco
chiara, per due aspetti. Il primo concerne la liberalizzazione vera e propria, in quanto
uno dei periodi del I comma (“Gli articoli 14 e 18 del decreto-legge 11 luglio 1992, n.
333, convertito con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, si applicano per la
parte concernente l'infrastruttura ferroviaria e cessano di applicarsi al trasporto
ferroviario”) sanciva la cessazione della concessione per l’esercizio dell’attività di
trasporto ferroviario, precedentemente rilasciata a FS S.p.a., eliminando, di fatto, la
situazione di monopolio che tale atto amministrativo legittimava36
. La seconda
previsione, che sebbene nel I comma dell’art. 131 sia anteposta a quella di cui sopra, era
la logica conseguenza del venir meno dell’atto di concessione37
: dal 2001 in poi
l’ottenimento della licenza legittimava l’impresa a effettuare servizi di trasporto sulla
rete nazionale. In verità, la norma in esame parla di titolo autorizzatorio, ossia di un
ulteriore atto amministrativo, abbinato alla licenza di cui all’art. 4, d.p.r. 146/1999, “che
estendeva l'accesso alla rete ferroviaria nazionale per l'espletamento di quei servizi
«liberalizzati» non ancora previsti dalla Direttiva Europea, in particolare i servizi
merci prima del 2006”38
. Il titolo autorizzatorio era inserito in una cd. clausola di tutela,
che serviva ad evitare che imprese ferroviarie stabilite in Stati europei con politiche dei
trasporti ferroviari maggiormente protezionistiche potessero aggredire il mercato
italiano. Tale clausola è basata sul principio di reciprocità, per cui l’impresa italiana
doveva poter svolgere gli stessi servizi ferroviari nel Paese estero da cui proveniva
l’impresa ferroviaria a cui era stato rilasciato il titolo autorizzatorio dal Ministero dei
Trasporti e della Navigazione.
L’art. 131 della l. 388/2000 venne poi ripreso e chiarito dal decreto legislativo 8 luglio
2003, n. 188, che recepiva il Primo Pacchetto Ferroviario (direttive 2001/12/CE,
36
“… all’art. 131 veniva soppresso il monopolio delle Ferrovie dello Stato per tutti i servizi merci e
passeggeri, con una netta scelta di liberalizzazione, coerente con quanto avvenuto nello stesso periodo in
Italia anche per altre industrie a rete in corso di regolazione comunitaria”: LANUCARA, op. cit., p.
829. 37
“Al fine di garantire il contenimento delle tariffe e il risanamento finanziario delle attività di trasporto
ferroviario, il Ministro dei trasporti e della navigazione può rilasciare titoli autorizzatori ai soggetti in
possesso dei requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 146, anche
in deroga a quanto disposto dagli articoli 1, comma 1, lettera a), e 3, comma 1, lettera a), del medesimo
decreto, a condizione di reciprocità qualora si tratti di imprese aventi sede all'estero o loro controllate”.
Le licenze abbinate a titolo autorizzatorio erano dette anche “licenze estese”. 38
G. STAGNI, La liberalizzazione dei servizi ferroviari. I servizi a lunga percorrenza, la normativa e le
aspettative reali, luglio 2010, in “http://www.miol.it/stagniweb/”.
134
2001/13/CE e 2001/14/CE) e contemporaneamente abrogava la disciplina contenuta nei
già visti d.p.r. 277/1998 e 146/1999, per raccogliere in un unico testo normativo le
previsioni in materia di liberalizzazione del trasporto ferroviario. E’ stato rilevato,
infatti, che “il decreto rappresenta per l’Italia la sintesi del lungo ciclo normativo […]
avviato negli anni ’90 e teso alla costruzione di strumenti giuridici necessari al
raggiungimento di un unico obiettivo: incrementare il trasporto ferroviario quale scelta
obbligata se si intende affrontare in modo incisivo il problema del riequilibrio
modale”39
.
Il decreto ha subito integrazioni e modifiche nel tempo per effetto del recepimento dei
due successivi pacchetti ferroviari40
e di provvedimenti normativi italiani che hanno
modificato l’originaria disciplina così come l’ambito di applicazione. In particolare,
l’art. 1, II comma, prevede che il decreto non si applichi, oltre che alle linee dedicate a
servizi metropolitani o solo a servizi merci su infrastruttura privata (normalmente i
raccordi industriali), alle reti ferroviarie locali e regionali isolate41
. Per quanto riguarda,
invece, le altre ferrovie regionali (interconnesse con la rete di RFI, secondo l’elenco del
decreto ministeriale 28T del 5 maggio 2005)42
la loro regolamentazione si deve attenere
(ex art. 1, III comma) ai principi contenuti nelle direttive del Primo Pacchetto
ferroviario e nel decreto in esame, oltre alle disposizioni del d.lgs. 422/1997. Per i
servizi nazionali di trasporto passeggeri vigono, oltre alle disposizioni del
d.lgs.188/2003, i criteri della legge 23 luglio 2009, n. 99 (in attuazione della direttiva
2007/58/CE sulla liberalizzazione dei servizi di trasporto passeggeri internazionali) e
del regolamento (CE) 1370/2007 (in vigore dal 3 dicembre 2009).
Il d.lgs. 188/2003 è diviso in cinque Titoli (escludendo il primo, dedicato alle
disposizioni generali) che idealmente possono rappresentare la suddivisione delle
materie che vengono trattate. Il Titolo II (“Imprese ferroviarie”) si occupa de “l'attività
di trasporto per ferrovia effettuata da imprese ferroviarie operanti in Italia e i criteri
39
E. CELLI, L. PETTINARI, R. PIAZZA, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, Torino 2006, p.
54. 40
Anticipiamo subito che le direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE sono state recepite attraverso il decreto
legislativo 10 agosto 2007, n. 162, mentre la direttiva 2004/50/CE è stata recepita nel decreto legislativo
10 agosto 2007, n. 163; il Terzo Pacchetto ferroviario ha trovato attuazione con il decreto legislativo 25
gennaio 2010, n. 15, che peraltro rinvia alla legge 23 luglio 2009, n. 99 (per la direttiva 2007/58/CE), e
con il decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 247 (direttiva 2007/59/CE). 41
Queste reti sono quelle appartenenti alle ferrovie ex concesse o in gestione commissariale governativa
(su cui più avanti) che non hanno collegamento con la rete “nazionale” di RFI. Si tratta, in sostanza, delle
ferrovie a scartamento ridotto ancora esistenti in Italia, quali, ad esempio, la Trento-Marilleva, Genova-
Casella o l’estesa rete delle ex Ferrovie Calabro Lucane. 42
Emanato, come gli altri decreti ministeriali, in attuazione dell’art. 1, V comma.
135
relativi al rilascio, alla proroga ed alla modifica delle licenze per la prestazione di
servizi di trasporto ferroviario da parte delle imprese ferroviarie e delle associazioni
internazionali di imprese ferroviarie” (art. 1, I comma, lett. b). Premesso che la
definizione di impresa ferroviaria (ex art. 3, lett. g) è la stessa già vista più volte
(comprese quindi le imprese che forniscono solo la trazione), per essa vengono dettati i
principi di organizzazione e gestione contabile ed individuati i requisiti necessari per
l’utilizzo dell’infrastruttura. Le imprese ferroviarie devono essere indipendenti dallo
Stato, dalle Regioni/Provincie Autonome e dagli enti locali oltre che dal gestore
dell’infrastruttura (art. 4) e hanno l’obbligo di tenere una contabilità separata per le
attività per la prestazione di servizi merci e per quelle di trasporto passeggeri, oltre a
dover indicare le eventuali sovvenzioni per l’espletamento di servizio pubblico che non
possono essere trasferite per compensare costi derivanti da altre attività (art. 5). C’è da
dire che il d.lgs. 188/2003 ha introdotto la figura del richiedente autorizzato (soggetto
non previsto nelle direttive comunitarie), abilitato anch’esso, al pari delle imprese
ferroviarie, a richiedere la capacità d’infrastruttura: si tratta delle persone fisiche o
giuridiche con un interesse di pubblico servizio o commerciale, oltre alle Regioni e alle
Province Autonome, nei limiti dei servizi di loro competenza (art. 3, lett. b)43
.
L’art. 6 disciplina i requisiti che le imprese ferroviarie devono possedere per accedere
all’infrastruttura: licenza, titolo autorizzatorio44
, certificato di sicurezza, stipulazione del
contratto per l’utilizzo della rete. Fino al recepimento del Terzo Pacchetto ferroviario,
questo articolo contemplava un solo tipo di licenza (quella cd. europea estesa, ossia
concessa a condizione di reciprocità e valida in tutto il territorio dell’Unione)45
; in
seguito, è stato aggiunto, ad opera del d.lgs. 15/2010 un comma II – bis, a norma del
quale, i servizi internazionali di passeggeri sono soggetti, in territorio nazionale, alle
disposizioni dell’art. 59, l. 99/2009, che a sua volta rinvia all’art. 58 della medesima
legge, nella parte in cui obbliga l’impresa esercente il servizio internazionale a dotarsi
della cd. licenza nazionale46
(tranne quando la finalità principale del servizio sia il
43
Il richiedente autorizzato non può compiere attività di intermediazione con la capacità acquisita con la
stipulazione dell’accordo quadro, dovendo comunicare tempestivamente all’impresa ferroviaria che
svolgerà il servizio di trasporto la medesima capacità. 44
Oggi deve sussistere solo per l’effettuazione dei servizi di trasporto “nazionale passeggeri
limitatamente ai servizi a committenza pubblica”, a norma dell’art. 6, II comma, lett. b, dopo che il
legislatore europeo ha imposto la completa apertura al mercato dei servizi merci (dal 1o gennaio 2007) e
di quelli internazionali di passeggeri (1o gennaio 2010).
45 A norma dell’art. 7, V comma.
46 Cfr. X. SANTIAPICHI, Una licenza per accedere ai nostri servizi ferroviari, in Guida al Diritto, n.
38/2009, p. XL ss.
136
trasporto di passeggeri tra stazioni situate in Stati membri diversi), così denominata
perché valida solo in territorio italiano e necessaria per l’espletamento di servizi
ferroviari passeggeri aventi come origine o destinazione l’Italia. La licenza è rilasciata
esclusivamente a imprese con sede legale in Italia e, se controllate da imprese con sede
all’estero, la licenza è rilasciata solo a condizioni di reciprocità (art. 58, III comma, l.
99/2009). Qualora l’impresa ferroviaria, in possesso del titolo autorizzatorio, abbia già
iniziato il servizio sulla rete nazionale, può chiedere la sua conversione in licenza
nazionale (V comma), conversione che viene concessa anche all’impresa, che non
avendo ancora iniziato l’attività di trasporto, dimostri l’avvio delle attività finalizzate
all’ottenimento del certificato di sicurezza (IV comma). Ci sembra doveroso
sottolineare che questo tipo di licenza non era affatto prevista in sede comunitaria47
e
presenta requisiti per certi versi restrittivi, contenuti anche nel decreto del Ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti del 2 febbraio 2011 (emanato in attuazione dell’art. 58, II
comma) laddove prevede un ferreo controllo sull’assetto societario dell’impresa, al fine
di non eludere la clausola di reciprocità, oltre alla previsione che il mancato inizio
dell’attività di trasporto entro sei mesi dal rilascio della licenza determina la sua
sospensione.
La licenza48
disciplinata dal d.lgs. 188/2003 è quella cd. europea, in quanto ricalca i
requisiti che la Commissione europea aveva indicato nella direttiva 2001/12 ed è valida
in tutto il territorio dell’Unione. Essa viene rilasciata alle imprese che siano in possesso
dei requisiti di cui all’art. 8 (onorabilità, capacità finanziaria e competenza
professionale)49
, che dispongano di materiale rotabile, personale adatto alla guida e alla
scorta dei convogli e che dimostrino l’esistenza di una loro copertura assicurativa della
responsabilità civile in caso di incidenti (art. 7, I comma). La licenza è rilasciata dal
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti entro tre mesi dal ricevimento della
47
Per STAGNI, op. cit., “http://www.miol.it/stagniweb/”, “i motivi che hanno portato a questa nuova
licenza non sono del tutto chiari, anche se temiamo di non sbagliare troppo ad immaginare che una
normativa specifica nazionale possa favorire eventuali strategie protezionistiche ancora una volta a
favore del monopolio”. 48
Definita dall’art. 3, lett. p., come “autorizzazione, valida su tutto il territorio comunitario, rilasciata
dalle apposite autorità degli Stati membri a un’impresa che ha sede nel territorio comunitario, con cui
viene riconosciuta la qualità di «impresa ferroviaria» e viene legittimato l'espletamento di servizi
internazionali di trasporto di merci o di persone per ferrovia; la licenza può essere limitata alla
prestazione di determinati tipi di servizi”. 49
Sempre l’art. 8 provvede ad esplicitare la portata di tali requisiti; in linea generale, l’onorabilità
consiste nell’accertamento di un comportamento conforme, dal punto di vista etico e giuridico, all’attività
da svolgere, la capacità finanziaria attiene ai requisiti di carattere finanziario e societario necessari a
gestire un’impresa ferroviaria, la competenza professionale invece all’idoneità del materiale rotabile e del
personale.
137
documentazione del richiedente; in caso di rigetto, il provvedimento va motivato50
. Una
volta rilasciata, la licenza europea (che indica i tipi di servizi per cui è rilasciata) ha
validità temporale illimitata (art. 9), potendo comunque, in ogni momento, il Ministero
compiere i necessari accertamenti al fine di controllare il permanere dei requisiti previsti
per il suo ottenimento, potendo, in caso di verifica con esito negativo, procedere alla
revoca (si ha sospensione della licenza quando il Ministero ha un dubbio fondato circa
l’effettiva sussistenza dei requisiti di cui all’art. 8 e deve procedere, entro un mese dalla
sospensione, ai dovuti accertamenti).
L’art. 10 del d.lgs. 188/2003 disciplina il certificato di sicurezza: per effetto del
recepimento della direttiva sulla sicurezza delle ferrovie (2004/49/CE), avvenuto con il
d.lgs. 162/2007, l’articolo ha perso buona parte della sua rilevanza pratica, in quanto
oggi le disposizioni di riferimento si trovano in quest’ultimo provvedimento normativo.
Il certificato di sicurezza ha l’importante funzione di “fornire la prova che l'impresa
ferroviaria ha elaborato un proprio sistema di gestione della sicurezza ed è pertanto in
grado di soddisfare i requisiti delle STI, di altre pertinenti disposizioni della normativa
comunitaria e delle norme nazionali di sicurezza ai fini del controllo dei rischi e della
prestazione di servizi di trasporto sulla rete in condizioni di sicurezza” (art. 14, I
comma, d.lgs. 162/2007): in sostanza, il certificato attesta che l’impresa ferroviaria ha
adottato un proprio sistema di gestione della sicurezza (in particolare riguardo al
personale adibito all’esercizio ferroviario e al materiale rotabile) e questo è conforme ai
requisiti previsti dalle norme europee ed italiane per la prestazione in sicurezza del
servizio di trasporto ferroviario51
. Per effetto del provvedimento del 2007, viene istituita
l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF), che tratteremo a breve, a
cui è stato demandato il compito, in precedenza del gestore dell’infrastruttura (RFI), di
rilasciare il certificato di sicurezza alle imprese ferroviarie. A differenza della licenza, il
certificato di sicurezza è valido solo cinque anni, potendo comunque il titolare
rinnovarlo su richiesta; esso è revocabile o può essere sospeso, solo dall’ANSF, negli
stessi casi in cui ciò può avvenire per la licenza, ma con l’obbligo di dare avviso
50
La procedura per il rilascio della licenza è attualmente disciplina in ogni suo aspetto dal Protocollo
0003056 del 14 gennaio 2009, reperibile sul sito internet del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
(“http://www.mit.gov.it”). 51
Secondo l’ANSF (“http://www.ansf.it/Certificazioni%20ed%20Autorizzazioni/certificazioni.shtml” ), il
certificato si compone di una parte A, che indica l’accettazione, da parte dell’Agenzia, del sistema di
sicurezza dell’impresa, e da una parte B, che attesta l’accettazione, da parte dell’impresa ferroviaria, delle
norme di esercizio della circolazione e degli standard di sicurezza previsti al momento di rilascio del
certificato (mentre la parte A vale in tutto il territorio dell’Unione Europea, la parte B è valida solo in
Italia).
138
all’Agenzia Ferroviaria Europea (ERA). Anche il gestore dell’infrastruttura deve
possedere un documento che contenga le stesse due attestazioni del certificato di
sicurezza, con identica validità52
: si tratta dell’autorizzazione di sicurezza, di cui all’art.
15 del d.lgs. 162/2007.
Proprio al gestore dell’infrastruttura è dedicata la disciplina di apertura del Titolo III,
contenuta nell’art. 11, il quale non introduce particolari novità rispetto a quanto già
visto, imponendo la sua indipendenza ed autonomia sul piano giuridico, organizzativo o
gestionale, dalle imprese dei trasporto53
. Il suo compito è di garantire la sicurezza della
circolazione sulla rete, di cui deve curare manutenzione e rinnovamento (stessa cosa per
le stazioni e gli altri impianti fissi). In via esclusiva, il gestore della rete determina
l’ammontare del canone di accesso e assegna la capacità d’infrastruttura. Compito
principale del gestore è comunque garantire l’accesso a condizioni eque, non
discriminatorie e trasparenti, alle imprese ferroviarie in possesso dei requisiti previsti
dalla legge per poter svolgere servizio (art. 12), oltre a dover prestare, negli stessi
termini, i servizi accessori di cui all’art. 20. Un altro onere, non meno rilevante, che
incombe su RFI e gli altri soggetti a livello di rete regionali interconnesse, è la
redazione del Prospetto Informativo della Rete (PIR), d’accordo con le
Regioni/Provincie Autonome e le altre parti interessate (tra cui l’organismo di
regolamentazione istituito ex art. 37, che oggi, come vedremo, è l’Ufficio per la
Regolazione dei Servizi Ferroviari). Il PIR contiene la descrizione dettagliata delle
caratteristiche dell’infrastruttura, delle condizioni di accesso alla rete oltre ai criteri, i
principi, le procedure, le modalità ed i termini per l’assegnazione della capacità
d’infrastruttura e per il calcolo e la riscossione del canone di accesso (art. 13). Il PIR
normalmente ha la durata dell’orario di esercizio (ossia un anno, a partire da dicembre).
Infine, i rapporti tra il gestore dell’infrastruttura e lo Stato sono disciplinati (a norma
dell’art. 14) da un atto di concessione (per RFI vige ancora il decreto ministeriale
138T/2000) e da un contratto di programma (la cui durata minima è tre anni, ma quello
52
Salvo la necessità di procedere a nuovi accertamenti in caso di modifiche sostanziali all'infrastruttura,
al segnalamento o alla fornitura di energia ovvero ai principi che ne disciplinano il funzionamento e la
manutenzione. 53
Obbligo di separazione che viene ribadito anche per i gestori di infrastrutture ferroviarie regionali e
locali, che siano titolari di un’impresa ferroviaria (situazione di concentrazione che avveniva praticamente
sempre, prima dell’emanazione del d.lgs. 188/2003): in questo caso si prevede anche che “le attività ed i
compiti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, devono essere espletati senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica,
attraverso una struttura aziendale autonoma e distinta, sotto il profilo patrimoniale e contabile, dalle
altre strutture destinate allo svolgimento delle attività espletate in qualità di impresa ferroviaria” (V
comma).
139
con RFI normalmente è di cinque), che “può prevedere la concessione di finanziamenti
per investimento all’infrastruttura ferroviaria nonché l’indennizzo per perdite dovute
all’esistenza di oneri di servizio pubblico”54
.
Il Titolo IV del d.lgs. 188/2003 disciplina il diritto delle imprese ferroviarie di accedere
alla rete unitamente al corrispondente obbligo del pagamento al gestore della rete del
relativo canone di accesso. L’art. 16, indicando i soggetti cui è riconosciuto il diritto di
accesso e transito sulla rete italiana, afferma (in seguito alle modifiche conseguenti al
recepimento del Terzo Pacchetto ferroviario e apportate dal d.lgs. 15/2010) che questo è
sempre riconosciuto alle imprese ferroviarie (stabilite nel territorio comunitario) che
effettuino trasporti internazionali (sia merci che passeggeri) o a carattere nazionale (per
le imprese che effettuino trasporto passeggeri occorre, in questo caso, anche il titolo
autorizzatorio). La prima delle due norme cardine su cui si incentra il Titolo in esame è
sicuramente l’art. 17, che contiene dettagliate previsioni per la determinazione del
canone di accesso alla rete. L’ammontare viene determinato con decreto del Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, una volta acquisita una motivata relazione da parte
del gestore dell’infrastruttura: gli elementi che concorrono alla determinazione del
canone di accesso sono i costi diretti e indiretti di circolazione, i costi di energia
sostenuti dal gestore, nonché tutte le altre spese generali dirette (insieme ad una quota di
quelle indirette)55
. Importante è sottolineare che il canone non è fisso, ma giustamente si
differenzia in base agli elementi caratteristici dell’infrastruttura (il tipo di linea
ferroviaria) a cui è riferito, quali la presenza di due binari o di uno singolo o
l’elettrificazione56
, e in base alle peculiarità del convoglio (velocità impostata, peso
assiale, assorbimento di corrente ecc.). Tenuto conto, quindi, delle necessarie
differenziazioni in base al tipo di linea e al tipo di treni che la dovranno percorrere, il
comma IX ricorda che, in ogni caso, il canone deve essere calcolato, applicato e
riscosso in modo tale da evitare discriminazioni tra le imprese ferroviarie: appare quindi
poco in linea con i principi a cui si ispira il decreto l’introduzione, a far data dal cambio
54
SCICOLONE, op. cit., p. 853. Gli impegni assunti dallo Stato vengono contabilizzati nella legge di
bilancio, mentre l’attuale legge di stabilità (già legge finanziaria) determina il concorso dello Stato al
finanziamento degli investimenti di RFI. 55
Dal valore che viene determinato in questo modo vanno detratti gli eventuali contributi pubblici di
qualsiasi natura. 56
La legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha modificato il comma VIII, ove si
afferma che “il canone dovuto per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria è soggetto a revisione annuale
in base al tasso di inflazione programmato. L’incremento annuo del canone dovuto per l’utilizzo
dell’infrastruttura ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità non dovrà comunque essere inferiore al 2 per
cento. Eventuali modifiche agli elementi essenziali per il calcolo del canone devono essere rese pubbliche
con almeno tre mesi di anticipo rispetto alla data di applicazione”.
140
d’orario del 13 dicembre 201157
, di “un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio
dei servizi di trasporto di passeggeri a media e a lunga percorrenza, non forniti
nell'ambito di contratti di servizio pubblico, per la parte espletata su linee
appositamente costruite o adattate per l'alta velocità, attrezzate per velocità pari o
superiori a 250 chilometri orari” (comma XI – ter, introdotto dal decreto legge 6 luglio
2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111)58
.
Le imprese che accedono all’infrastruttura ferroviaria hanno diritto di poter usufruire
dei servizi che il gestore dell’infrastruttura deve garantire a norma dell’art. 20: si tratta
di servizi obbligatori (quelli compresi nel I comma e necessari per l’espletamento
dell’attività di trasporto) e altri la cui disciplina è di più difficile inquadramento. In
particolare ci riferiamo ai servizi di cui al II comma, quali, ad esempio, l’accesso (in
maniera equa e non discriminatoria) alle stazioni, ai fasci di ricovero del materiale
rotabile, agli impianti di manutenzione, e a quelli dei commi V e VI (tra gli altri,
manovra dei convogli, verifica tecnica del materiale rotabile, indicazioni sussidiarie ai
passeggeri nelle stazioni); per queste due ultime tipologie è previsto che tali servizi
“complementari” vengano forniti dal gestore della rete su richiesta delle imprese
ferroviarie (singole o nella forma dell’associazione internazionale): nel caso del V
comma, il gestore deve dare seguito alla richiesta, mentre per quelli del VI comma
costui “non è obbligato a fornire i servizi”59
. Per tutti i servizi dell’art. 20, l’art. 17, XI
comma, prevede che vengano definiti con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti le regole e i corrispettivi per l’erogazione di tali servizi: poiché tale decreto
non è stato ancora emanato, il Prospetto Informativo della Rete di RFI60
in vigore fino
all’8 dicembre 2012 contiene varie disposizioni che suppliscono alla lacuna normativa.
In particolare, riteniamo rilevante quella contenuta nel Capitolo 5 (“Servizi”), punto 2.7,
57
L’orario 2011-2012 è proprio quello in cui sono iniziati i servizi passeggeri ad alta velocità da parte
della compagnia privata Nuovo Trasporto Viaggiatori. 58
M. CRUCIANI, Liberalizzazione ferroviaria?, in iTreni oggi, n. 341/2011, p. 11, fa rilevare come
l’introduzione di questo sovrapprezzo rappresenta un vantaggio per il gruppo FS Italiane: se infatti, da un
lato, Trenitalia dovrà pagarlo, dall’altro questo finirà nelle casse di RFI, che come il vettore rientra nello
stesso gruppo, mentre per chi sarà un vero e proprio aumento di costi è NTV. 59
Per semplificare, secondo lo schema proposto da L. CARPANETO, Il diritto comunitario dei trasporti
tra sussidiarietà e mercato. Il caso del trasporto ferroviario, Torino, 2009, p. 330, si tratta di servizi
obbligatori, che vengono forniti senza alcun onere aggiuntivo rispetto al canone di accesso (I comma),
obbligatori con l’obbligo di versare un corrispettivo equo e non discriminatorio (II comma, ma con la
possibilità di rifiuto “qualora sussistano valide alternative a condizioni di mercato”, senza peraltro
specificare l’assunto ambiguo), servizi complementari, da fornirsi obbligatoriamente qualora vengano
richiesti e siano disponibili (V comma) e facoltativi (o ausiliari) per i quali non è previsto alcun obbligo di
prestazione (VI comma). 60
Scaricabile da sito internet di Rete Ferroviaria Italiana (“http://www.rfi.it/cms-
file/allegati/rfi/pir/PIR_ed_2011.pdf”).
141
dedicata, tra gli altri, al servizio di manovra. Già la l. 99/2009 era intervenuta
sull’argomento, facendo rientrare le manovre tra i servizi obbligatori una volta richiesti
(ma con la possibilità per il gestore di rifiutarsi in svariati casi): oggi il PIR prevede che
“a partire dall’orario di servizio 9 dicembre 2012 - 7 dicembre 2013 il servizio di
manovra sarà espletabile in tutti gli impianti in autoproduzione, previa autorizzazione e
sotto il coordinamento del gestore dell’infrastruttura”. Ciò significa che sulle imprese
ferroviarie, diverse da Trenitalia (che possiede una rilevante dotazione di mezzi da
manovra) graverà l’ulteriore onere di procurarsi tali mezzi, dovendo altrimenti limitare i
loro sevizi. Un’altra novità che ha suscitato molte polemiche, anche in dottrina, è stata
la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2009 con cui “si
prescrive di trasferire da RFI a Trenitalia la proprietà di parecchi depositi e centri
intermodali, senza specificare l’obbligo per quest’ultima di concedere l’accesso ai
concorrenti a condizioni non discriminatorie”61
: si tratta proprio di quegli impianti fissi
di cui l’art. 20 prevede la messa a disposizioni ai competitors della società di trasporto
della holding FS Italiane.
Una volta che l’impresa ferroviaria entra in possesso dei requisiti necessari per poter
espletare servizio sui binari italiani, deve compiere gli adempimenti descritti nel Titolo
V per ottenere l’assegnazione della capacità d’infrastruttura62
, ultimo passo per poter
concretamente iniziare l’esercizio dell’attività di trasporto ferroviario. In sintesi,
l’assegnazione deve essere effettuata dal gestore dell’infrastruttura su base equa e non
discriminatoria con l’obiettivo di garantire un utilizzo efficace ed ottimale
dell’infrastruttura. Le tracce orarie, una volta che vengono assegnate, non possono
essere trasferite (a pena di nullità) e la loro assegnazione si riferisce alla durata di un
solo orario di servizio (art. 22). Qualora il richiedente intenda invece utilizzare
l’infrastruttura per un periodo superiore, può stipulare con il gestore dell’infrastruttura
un accordo quadro (art. 23): tale strumento è stato introdotto nella legislazione
ferroviaria proprio dal d.lgs. 188/2003 e si sostanzia in un accordo che non identifica
specifiche tracce orarie ma parametri fondamentali di massima per l’assegnazione della
capacità (quali, ad esempio, il numero di tracce orarie giornaliere e le fasce orarie entro
cui si desidera che queste siano inserite). L’accordo quadro ha una durata di cinque
anni, potendo comunque essere prolungato per un analogo periodo; in casi specifici la
61
A. BOITANI, Ferrovie: il lato oscuro delle riforme, in Mercato Concorrenza Regole, n. 2/2010, p.
225. 62
La cui procedura specifica è disciplinata dettagliatamente dall’art. 27.
142
durata può anche essere superiore. Una volta che vengono assegnate le tracce orarie
richieste, le parti stipulano un contratto per la concessione dei diritti di utilizzo (art. 25),
dietro pagamento del canone di accesso: tale contratto rappresenta l’atto formale di
assegnazione a ciascuna impresa ferroviaria della capacità di infrastruttura in termini di
tracce orario. Anche su questa norma è intervenuta la l. 99/2009, che ha imposto,
preliminarmente alla sottoscrizione del contratto per la concessione dei diritti di
utilizzo, il possesso del certificato di sicurezza (comma IV – bis). Infine, in caso non sia
possibile soddisfare le richieste che sono state inoltrate, il gestore deve dichiarare che
l’infrastruttura è saturata e procedere ad un’analisi della sua capacità, salvo che non
siano già in corso dei piani di potenziamento (art. 30)63
.
Il d.lgs. 188/2003 si chiude con una serie di disposizioni finali, le cui prime due
rivestono una certa rilevanza ai fini del nostro lavoro. La prima di queste, l’art. 36,
elenca una serie di ulteriori requisiti che l’impresa ferroviaria deve possedere, previsti
sia dalla legislazione nazionale che da quella di fonte europea, concernenti i requisiti
tecnici ed operativi del materiale rotabile e dell’impresa in generale, oltre ai requisiti in
materia di trattamento di lavoro e di salute e sicurezza applicabili al personale
ferroviario.
L’altra norma che ci interessa è l’art. 37 con il quale viene istituito, anche in Italia,
l’organismo di regolamentazione dei servizi ferroviari, previsto (come abbiamo avuto
modo di vedere) dall’art. 30 della direttiva 2001/14/CE: in base a tale disposizione è
stato costituito, all’interno del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’Ufficio
per la Regolamentazione dei Servizi Ferroviari (URSF). Le caratteristiche di questo
importante (e controverso) organismo verranno analizzate a breve, nella sezione
dedicata al riparto di competenze nel settore ferroviario italiano.
Per concludere l’analisi di quello che, come si è visto, può essere considerato ancora
oggi, il Testo Unico in materia di liberalizzazione ferroviaria, si deve ricordare che
ancor prima della sua emanazione, “in Italia è stata adottata una politica di riforma del
settore per larga parte in anticipo rispetto alle norme successivamente emanate dal
legislatore comunitario con il Pacchetto Infrastruttura. Che l’Italia sia stata tra i primi
Paesi ad adottare una serie di misure normative ed organizzative volte ad accogliere il
63
La rete ferroviaria è, per sua natura, limitata nell’utilizzo, pertanto il legislatore ha previsto l’adozione
di un sistema di misurazione delle prestazioni (art. 21), che, introducendo penalizzazioni per il cattivo
utilizzo delle tracce orarie o forme premiali per il loro utilizzo efficiente, mira a garantire la ripartizione
migliore delle capacità della rete. Il sistema di controllo delle prestazioni va elaborato dal gestore
dell’infrastruttura nel rispetto delle direttive del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
143
principio dell’apertura al mercato del trasporto ferroviario è stato riconosciuto
ufficialmente dall’OCSE nel marzo 2001, dalla Commissione Europea nel 2003 e da
diversi studi specialistici sullo stato del processo di liberalizzazione”64
. L’originaria
versione del d.lgs. 188/2003 conteneva ancora una disciplina di chiaro favore per la
liberalizzazione del trasporto ferroviario: negli anni successivi, invece, le continue
interpolazioni del legislatore hanno prodotto un arretramento nel processo di riforma
avviato, per effetto di strategie protezionistiche volte a garantire al vettore ferroviario
italiano “storico” (Trenitalia) il mantenimento (quasi) intatto della propria quota di
mercato nei servizi più remunerativi (e dove è prevista la liberalizzazione), quali il
servizio merci e quello passeggeri sulle lunghe distanze, soprattutto ad alta velocità.
3.2. Le competenze di vigilanza e regolamentazione nel settore ferroviario
Il processo di riforma del settore ferroviario, necessario per la compiuta attuazione della
liberalizzazione, impone la presenza di determinati organismi che garantiscano il
rispetto delle “regole del gioco già esistenti”65
e promuovano la correzione e lo sviluppo
strategico del sistema. L’importanza della regolazione del mercato ferroviario si
comprende ancora di più alla luce del processo di riorganizzazione degli ex vettori
monopolisti: la non completa separazione del gestore dell’infrastruttura dall’impresa
ferroviaria incumbent e la posizione che la stessa detiene per effetto delle sue origini66
possono portare (e nella prassi è spesso avvenuto) a distorsioni nella concorrenza oltre a
scoraggiare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato in esame. Sono questi i motivi che
hanno indotto la Commissione Europea ad inserire, nei Pacchetti Ferroviari, norme
volte a creare organi e meccanismi di controllo, regolazione e regolamentazione
dell’universo ferroviario (a livello europeo abbiamo già visto l’Agenzia Ferroviaria
Europea, disciplinata dal regolamento 881/2004): in fase di attuazione, il legislatore dei
vari Stati membri ha poi individuato i soggetti deputati a svolgere tali compiti, o
conferendo nuove competenze ad enti già esistenti o istituendoli ex novo. Nel caso
dell’Italia si è assistito alla divisione delle competenze nel settore ferroviario tra
soggetti, sempre istituzionali salvo il gestore dell’infrastruttura, già esistenti e altri di
64
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 75. 65
Ibidem, op. cit., p. 123. 66
Le imprese ferroviarie europee, nate dalla riforma dei monopoli pubblici, si trovano in una chiara
posizione di vantaggio in partenza rispetto alle imprese private, data dall’eredità della dotazione della
vecchia impresa monopolistica (materiale rotabile, personale e soprattutto know - how) e dal consolidato
volume di traffico detenuto. Solo la Gran Bretagna ha compiuto la decisa scelta, con lo scorporo di
British Rail, di assegnare i rotabili a più imprese che si sarebbero poi contese il mercato.
144
nuova costituzione, legati comunque all’apparato statale (cosa che, come rilevato
dall’Unione Europea, può portare a reciproci condizionamenti tra questi organi, il
Governo e Trenitalia, interamente detenuta da un soggetto pubblico, il Ministero
dell’Economia e delle Finanze).
a) Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Le principali funzioni di vigilanza e di pianificazione della politica dei trasporti (e di
quello ferroviario in particolare) nel nostro Paese sono attribuite al Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti e alle sue molteplici articolazioni interne. Il nome con cui
tale dicastero viene attualmente designato è frutto dell’evoluzione del suo assetto e
dell’accorpamento di altre strutture dell’apparato governativo, di cui daremo
brevemente conto.
Iniziando la nostra analisi dalle funzioni di vigilanza, queste sono state istituite in
concomitanza con la trasformazione delle FS da Azienda Autonoma a Ente. La l.
210/1985 prevedeva infatti (già all’art. 3) che l’allora Ministero dei Trasporti avesse
importanti compiti circa la designazione del personale dirigenziale delle Ferrovie (ad
esempio, proponeva la nomina del Presidente e dei consiglieri di amministrazione),
l’approvazione del bilancio e del programma operativo dell’Ente FS e, soprattutto, il
ministro doveva indicare gli obiettivi che la gestione delle attività di trasporto
ferroviario dovevano perseguire e verificare il loro effettivo conseguimento67
. La
trasformazione dell’Ente in società per azioni, per effetto della delibera del CIPE del 12
agosto 1992, non ha sottratto ad un’autorità governativa la vigilanza sulla società, anche
se, a seguito della legge 24 dicembre 1993, n. 537, tale compito è passato al
neocostituito Ministero dei Trasporti e della Navigazione. Esso ha esercitato il controllo
sull’attività delle FS S.p.a. e sulle ferrovie in concessione (o che erano già passate alla
gestione commissariale governativa) tramite la Direzione Centrale della Motorizzazione
Civile e dei Trasporti in Concessione, fino a che, nel 1998, il decreto del Presidente
della Repubblica del 24 aprile, n. 202, vi ha fatto subentrare il Servizio di vigilanza sulle
Ferrovie dello Stato. Poco tempo dopo, l’intera organizzazione di Governo è stata
riformata per effetto della legge 15 marzo 1997, n. 57, che ha costituito la base per
emanare il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, istitutivo del Ministero delle
67
L’art. 3 affermava infatti che “spetta al Ministro dei trasporti: 1) indicare in coerenza con gli indirizzi
generali della politica dei trasporti, gli obiettivi che la gestione ferroviaria deve perseguire; 2) vigilare
che la gestione si svolga nel rispetto degli indirizzi generali indicati; […]”.
145
Infrastrutture e dei Trasporti (art. 2)68
. Lo stesso decreto ha esteso le funzioni del
Servizio di vigilanza sulle Ferrovie dello Stato all’intero settore del trasporto
ferroviario, salvo poi il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 177,
ripartire le competenze “ferroviarie” del nuovo dicastero a due strutture operative di
primaria importanza, ossia la Direzione generale del trasporto ferroviario e la
Direzione generale dei sistemi di trasporto ad impianti fissi, incardinate entrambe nel
Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici. Per effetto
del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n.211, il Ministero in
esame esercita oggi anche le funzioni di vigilanza sull’Agenzia Nazionale per la
Sicurezza delle Ferrovie e viene investito del compito di svolgere le inchieste in ambito
ferroviario tramite una propria struttura interna, la Direzione generale per le
investigazioni ferroviarie (art. 1). Lo stesso decreto contiene l’attuale regolamentazione
dell’articolazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e delinea quelle che
sono le sue competenze. In particolare, l’art. 2, I comma, lett. b, assegna al
Dipartimento per i trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici i compiti
(rilevanti in ambito ferroviario) in materia di programmazione, indirizzo, regolazione e
vigilanza in materia di trasporti terrestri; omologazione di veicoli ed abilitazione
conducenti; programmazione e regolazione in materia di trasporto intermodale,
trasporto pubblico locale, trasporto su ferrovia69
; vigilanza sull'Agenzia Nazionale per la
Sicurezza delle Ferrovie; monitoraggio, elaborazione e controllo dei dati statistici;
sistemi di trasporto a impianti fissi nonché sicurezza e regolazione tecnica dei trasporti
terrestri. Questo dipartimento è a sua volta suddiviso in nove Direzioni generali (art. 6):
tra di esse, la Direzione generale del trasporto ferroviario assurge a principale struttura
dotata di competenze ferroviarie nel Ministero70
. Essa infatti esercita (art. 6, V comma),
oltre alla già vista vigilanza sull’ANSF, i poteri di azionista sulla holding FS Italiane
68
A norma dell’art. 42, al Ministero vennero assegnati i compiti di programmazione, finanziamento,
realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali di interesse nazionale, integrazione modale tra i sistemi
di trasporto, vigilanza sui servizi di trasporto, vigilanza sulla sicurezza e regolazione tecnica e
pianificazione delle reti, della logistica e dei nodi infrastrutturali di interesse nazionale. 69
Dall’elencazione generica e meramente esemplificativa si comprende la vastità delle competenze del
Ministero, che può quindi essere considerato il principale soggetto preposto alla vigilanza e alla
regolazione dell’intero settore ferroviario nazionale. 70
Non va comunque dimenticato che anche la Direzione generale per il trasporto pubblico locale si
occupa di aspetti normativi e regolatori dell’ambito ferroviario, poiché, ex art. 6, VI comma, determina
l’allocazione delle risorse per i vari mezzi di trasporto (tra cui i treni regionali, metropolitani e suburbani),
coordina e monitora le funzioni delegate in materia di trasporto ferroviario locale e gestione dei servizi
locali non trasferiti e predispone interventi adeguati per la mobilità dei pendolari. Questa Direzione è
sorta, a seguito del d.p.r. 211/2008, per sostituire la Direzione generale dei sistemi di trasporto ad
impianti fissi, che si occupava dei medesimi aspetti del trasporto ferroviario locale e regionale.
146
S.p.a. (funzione solo di supporto a quella dell’azionista vero e proprio, il Ministero
dell’Economia e delle Finanze), vigila sull’atto di concessione rilasciato a RFI,
concorre, insieme ai soggetti interessati, a determinare i contratti di servizio con cui
saranno erogati i servizi di trasporto ferroviario passeggeri a media e lunga percorrenza,
regola i servizi di trasporto merci per ferrovia, vigila sugli interventi finanziari di
settore. In materia di liberalizzazione, vengono previste competenze in materia di
rilascio e controllo sulle licenze ferroviarie, sull’interoperabilità del materiale rotabile e
riguardo alla determinazione del canone di accesso all’infrastruttura. A sua volta, questa
Direzione generale si articola in cinque Divisioni ( a norma del decreto ministeriale 29
aprile 2011, n.167T). La Divisione I è deputata al coordinamento, alla regolazione e al
controllo e svolge quindi attività di coordinamento tra le varie strutture della Direzione
generale a cui appartiene. La Divisione II si occupa delle funzioni di vigilanza sulle FS
e sull’ANSF71
, mentre la Divisione III (Servizi di trasporto ferroviario) vigila
sull’attuazione dei contratti di servizio per il trasporto merci e quello passeggeri (e
sull’erogazione delle relative compensazioni) nonché sulla corretta determinazione delle
tariffe ferroviarie. La Divisione IV si occupa più specificatamente dell’ambito della
liberalizzazione del trasporto ferroviario, in quanto esercita tutte le funzioni connesse
alle licenze e ai titoli autorizzatori (individuazione, istruttoria, rilascio, modificazione,
revisione, sospensione, revoca, oltre al controllo del permanere dei requisiti necessari al
mantenimento della licenza): in linea generale, questa Divisione ha il compito di dare
attuazione al d.lgs. 188/2003 e implementare la normativa nazionale e comunitaria in
materia di trasporto ferroviario. Infine, alla Divisione V sono riconosciute competenze
in materia di interoperabilità e trasporto di merci pericolose.
Le articolazioni interne del Ministero sono poi rappresentate sul territorio nazionale dai
Provveditorati Interregionali per le Opere Pubbliche (artt. 8 - 10, d.p.r. 211/2008) e
dalle Direzioni Generali Territoriali (art. 11 - 13): queste ultime si compongono di sette
Uffici speciali per i trasporti ad impianti fissi (USTIF)72
. Gli USTIF sono competenti in
materia di trasporto regionale e locale per il controllo delle ex ferrovie in concessione73
,
71
In particolare, è questa Divisione che predispone l’atto di indirizzo annuale rivolto all’Agenzia; essa
riferisce poi in Parlamento dell’attività svolta nel corso dell’anno. 72
Essi sono stati istituiti dalla legge 1o dicembre 1986, n. 870, e successivamente il decreto ministeriale
del 29 settembre 2003 ha individuato le loro funzioni e competenze, che, per l’ambito ferroviario, sono
contenute nell’art. 3. 73
Questi hanno competenza esclusiva sulle ferrovie regionali non interconnesse con la rete nazionale
(ossia, come sappiano, le linee a scartamento ridotto); su tali linee, gli USTIF svolgono anche i compiti in
materia di sicurezza che, per il resto della rete, sarebbero di spettanza dell’ANSF (art. 2, IV comma, d.lgs.
162/2007).
147
in quanto possono compiere verifiche tecniche sullo stato degli impianti fissi, dei loro
accessori e del materiale rotabile per assicurare che la circolazione ferroviaria sia svolta
entro gli standard di sicurezza richiesti dalla normativa italiana ed europea. In caso di
esito negativo della verifica, viene revocato il nullaosta all’esercizio e deve essere
sospeso il traffico ordinario dei convogli sulla linea ferroviaria interessata74
.
Infine, non va dimenticato il dettato del decreto del Presidente della Repubblica 11
luglio 1980, n. 753, concernente la determinazione del presupposti per l’ordinato
svolgimento del trasporto ferroviario e delle sanzioni (amministrative) da irrogarsi
nell’ambito dell’attività di polizia ferroviaria. All’interno di tale testo normativo, il
Titolo IX autorizza il Ministero ad adottare provvedimenti aventi natura regolamentare
con oggetto le materie degli artt. 95 (tra cui, le modalità di svolgimento dell'esercizio, il
movimento e la circolazione dei treni e veicoli e le caratteristiche generali delle linee e
degli impianti) e 100 (disposizioni specifiche per le ex ferrovie in concessione).
b) L’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari
L’art. 30 della direttiva 2001/14/CE prevedeva l’istituzione di un organismo cui affidare
la funzione di regolazione del mercato dei servizi di trasporto ferroviario. Lo stesso
articolo riconosceva la necessità che l’organismo fosse indipendente, sul piano
giuridico, organizzativo, finanziario e contabile dal gestore dell’infrastruttura, dagli
organi deputati a stabilire i canoni d’accesso all’infrastruttura e dalle imprese
ferroviarie, salvo poi consentire che le funzioni di regolamentazione potessero essere
affidate anche al ministero competente in materia di trasporti. Sulla base di questa
facoltà dettata dal legislatore comunitario, l’art. 37 del d.lgs. 188/2003 ha previsto che (I
comma) “l'organismo di regolazione indicato all'articolo 30 della direttiva 2001/14/CE
è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o sue articolazioni”: a questa
previsione è stata data attuazione istituendo, ex art. 16 del decreto del Presidente della
Repubblica 2 luglio 2004, n. 184, l’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari
(URSF), precisando che tale organismo “è posto alle dirette dipendenze del Ministro”
(IV comma) e che “svolge i compiti individuati nell'articolo 37 del decreto legislativo 8
luglio 2003, n. 188, con particolare riferimento alla vigilanza sulla concorrenza nei
74
Negli ultimi anni, i competenti USTIF hanno determinato la sospensione del servizio sulla ferrovia a
scartamento ridotto Gioia Tauro – Cinquefrondi (appartenente alla rete delle Ferrovie della Calabria) per
accertato stato precario del binario (attualmente la linea è ancora “sospesa” e nulla fa pensare ad un suo
ripristino, vista la difficile situazione finanziaria dell’impresa proprietaria) e, per lo stesso motivo, è stato
sospeso il traffico sulla tramvia interurbana Milano – Limbiate (proprietà dell’ATM di Milano), ripreso
comunque ad ottobre 2012 a seguito dei necessari interventi di manutenzione.
148
mercati del trasporto ferroviario ed alla risoluzione del relativo contenzioso” (V
comma). Si comprende allora subito come il legislatore italiano abbia preferito conferire
le funzioni di regolazione di un settore delicato e in continua evoluzione come quello
del trasporto ferroviario ad un organo facente parte del più importante soggetto
istituzionale che, come abbiamo visto, accentra in sé la maggior parte delle competenze
ferroviarie. In sostanza, questo organismo, che dovrebbe avere un importante “ruolo di
governo del sistema e di mediazione”75
, non assurge ad autorità amministrativa
indipendente, bensì si tratta di “uno specifico ufficio posto a diretta collaborazione con
il Ministro competente in materia di trasporti”76
. C’è subito da dire che questa scelta è
stata criticata da molti77
, tra cui la Commissione Europea, che infatti ha compreso tra i
motivi del ricorso avverso l’Italia, presentato alla Corte di Giustizia il 12 luglio 2011,
proprio la mancanza di indipendenza dell’organismo di regolamentazione, che, essendo
composto solo da funzionari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
continuerebbe ad esercitare un’influenza decisiva su una delle imprese ferroviarie
(Trenitalia), dato che la holding a cui appartiene è sottoposta alla vigilanza del
Ministero stesso. Anni prima, la Commissione aveva sottolineato come considerasse le
autorità di regolamentazione “suoi stretti collaboratori e co-promotori del processo di
liberalizzazione del trasporto ferroviario”: pertanto era stato raccomandato
“l’attribuzione di funzione proattive (compresa la funzione di proposta normativa) e
l’adeguata indipendenza da parte degli Stati membri di appartenenza, per ottimizzare
l’efficienza del processo di confronto internazionale e di scambio delle best – practices
di regolazione”78
.
Circa la sua organizzazione, l’URSF è presieduto da un soggetto dotato di comprovate
capacità e conoscenze nell’ambito dei servizi ferroviari, nominato (per la durata di tre
anni) con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti (art. 37, comma I – ter, d.lgs. 188/2003), ed è
composto da due Divisioni. La prima è la Divisione Vigilanza e monitoraggio, che si
75
SCICOLONE, op. cit., p. 857. 76
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 132. 77
Per BOITANI, op. ult. cit., p. 236, “in Italia esiste formalmente un Ufficio di regolamentazione del
servizio ferroviario, ma non risulta distinguibile dal Ministero dei trasporti né risulta essere dotato di
personale e di requisiti tecnici adeguati. Esso, inoltre, non ha alcun potere in materia tariffaria, che
invece compete al CIPE ”. 78
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op.cit., p. 132. Fino ad oggi il modello per la configurazione migliore
dell’organismo di cui all’art. 30 della direttiva 2001/14 è quello di un’authority pienamente o
funzionalmente indipendente dall’apparato di governo, con competenze specifiche ed esclusive in materia
di trasporto ferroviario (Office of Rail Regulator in Gran Bretagna, Bundesnetzagentur in Germania e
Banverket in Svezia).
149
occupa di monitorare il grado di contendibilità del mercato ferroviario, compie le
verifiche prescritte dall’art. 13 d.lgs. 188/2003 per la corretta stesura del Prospetto
Informativo della Rete (PIR) da parte del gestore dell’infrastruttura (al fine di garantire
a tutte le imprese ferroviarie un accesso equo e non discriminatorio alla rete), partecipa
alle attività di cooperazione e di scambio di informazioni con gli altro organi degli Stati
membri (secondo quanto è previsto nella direttiva 2001/14) ed esercita il potere
conoscitivo di cui all’art. 37, IV comma, ossia richiede al gestore dell’infrastruttura e
alle parti interessate tutte le informazioni che ritiene necessarie per garantire che i diritti
di accesso all’infrastruttura e i servizi elencati nell’art. 20 siano determinati in maniera
trasparente ed erogati equamente e senza discriminazioni.
La Divisione Regolazione è quella che si occupa delle competenze contenziose
dell’URSF79
: l’art. 37, III comma, riconosce infatti a qualsiasi richiedente che ritenga di
“essere stato vittima di un trattamento ingiusto, di discriminazioni o di qualsiasi altro
pregiudizio” la possibilità di adire l’Ufficio. In particolare, la norma precisa che i
comportamenti che possono essere valutati dall’URSF alla luce della loro contrarietà al
mercato del trasporto ferroviario devono provenire dal gestore dell’infrastruttura o dalle
imprese ferroviarie e devono riguardare il Prospetto Informativo della Rete, la
procedura di assegnazione della capacità di infrastruttura, i canoni di accesso
all’infrastruttura e le disposizioni concernenti i servizi di cui all’art. 20. Il ricorso può
essere proposto da qualsiasi interessato ma l’URSF può attivarsi anche d’ufficio,
avendo in ogni caso due mesi di tempo per poter decidere80
. In caso di ricorso contro le
decisioni del gestore dell’infrastruttura, l’Ufficio può imporre allo stesso di rivedere la
sua decisione circa l’assegnazione della capacità d’infrastruttura (VI comma); il comma
successivo, introdotto con il decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, prevede il
catalogo delle sanzioni amministrative (di rilevante importo) che l’organismo di
regolamentazione può infliggere ai soggetti che non forniscano le informazioni richieste
o non ottemperino alle sue decisioni.
Le competenze contenziose dell’URSF si sono notevolmente ampliate con il
recepimento della direttiva 2007/58/CE che ha permesso la liberalizzazione del
trasporto passeggeri internazionale su rotaia. Come abbiamo già avuto modo di vedere
79
Essa svolge anche attività generali di supporto al Ministro per la definizione delle linee guida per la
regolazione del settore e per lo sviluppo della concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari. 80
Le decisioni dell’URSF sono vincolanti per le parti in causa, che possono comunque sottoporre al
sindacato del giudice amministrativo (il TAR del Lazio) la pronuncia emanata nei loro confronti. Avverso
la decisione è possibile esperire, altrimenti, il rimedio del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199.
150
per la licenza “nazionale”, la l. 99/2009 (intitolata “Disposizioni per lo sviluppo e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”) contiene anche
norme che stanno avendo grande incidenza (purtroppo in negativo)81
sulla
liberalizzazione del trasporto ferroviario di passeggeri. La direttiva 2007/58 prevedeva
la possibilità di limitare il diritto di far salire o scendere passeggeri in stazioni situate
all’interno dello stesso Stato membro (ma nell’ambito del servizio internazionale gestito
da un’impresa ferroviaria privata) qualora ciò compromettesse l’equilibrio economico di
un contratto di servizio pubblico (art. 10, comma III – ter, direttiva 91/440 così come
modificata nel 2007) oppure obbligava la medesima impresa (art. 10, comma III –
septies) a versare “all’autorità competente per i servizi ferroviari” una compensazione
economica per gli obblighi di servizio pubblico a cui la seconda era soggetta (e che il
servizio liberalizzato poteva alterare). Nel recepimento in Italia di questa direttiva è
sparita la seconda opzione: l’art. 59, II comma, l. 99/2009 prevede che “lo svolgimento
di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi
internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto
di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei
casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto
di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto”82
.
Come si vede, la norma estende addirittura la possibilità di limitare le fermate e il
servizio anche delle imprese ferroviarie i cui convogli percorrano una tratta interamente
in territorio nazionale, cosa non prevista dal legislatore europeo. Il successivo III
comma conferisce all’URSF la competenza a stabilire (preliminarmente) se “la finalità
principale del servizio svolto dalle imprese ferroviarie richiedenti sia il trasporto di
passeggeri tra stazioni situate in Stati membri diversi” (a norma del I comma) e,
successivamente, se il servizio così definito comprometta l’equilibrio del contratto di
servizio pubblico (ex II comma): in caso di esito positivo della verifica, l’Ufficio
dispone le limitazioni del servizio che ritiene opportune (qualora vi sia però una
richiesta in tal senso del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del gestore
dell’infrastruttura, delle Regioni titolari del contratto di servizio pubblico o dell’impresa
81
Per STAGNI, op. cit., “http://www.miol.it/stagniweb/”, “la parte essenziale del recepimento della
direttiva 58 si è avuta con la legge 99/2009, la terza del pacchetto del monopolista […]. La relazione
illustrativa […] parla con pudore di «una correzione di direzione del processo di liberalizzazione sino ad
ora attuato in Italia»”. 82
Quali indicatori dell’alterazione di tale equilibrio economico vengono indicati, a titolo esemplificativo,
“le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto, domanda dei
passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero
delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto”.
151
ferroviaria che fornisce il servizio pubblico). Sempre il III comma afferma che le
limitazioni al servizio disposte dall’URSF devono basarsi su “un’analisi economica
oggettiva e a criteri prestabiliti”: il primo atto che conteneva tali criteri è stato il decreto
dirigenziale n. 203 del 6 maggio 2010, le cui disposizioni sono state poi riviste per
effetto sia della Comunicazione interpretativa in merito ad alcune disposizioni della
Direttiva 2007/58/CE della Commissione Europea83
sia della prassi applicativa (che,
come vedremo più avanti, aveva generato continue polemiche tra l’Ufficio e le imprese
ferroviaria vittime delle limitazioni, coinvolgendo anche il dibattito politico) sia, infine,
della segnalazione AS 986 del 21 settembre 2012 dell’AGCM. L’Autorità Antitrust ha
rilevato, infatti, come le misure contenute nel decreto 203/2010 “siano suscettibili di
pregiudicare gravemente il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario di
passeggeri nella misura in cui introducono margini eccessivi di indeterminatezza nella
valutazione dell’impatto economico di un nuovo servizio e dell’eventuale
compromissione dell’equilibrio economico del contratto di servizio pubblico”; pertanto
l’AGCM ha formulato l’auspicio di modificare le disposizioni del decreto secondo i
rilievi mossi e ha esortato esplicitamente l’URSF a “evitare che i propri provvedimenti
introducano restrizioni della concorrenza”. Il 20 novembre 2012 il decreto dirigenziale
n. 901/URSF ha quindi modificato i criteri contenuti nel decreto del 2010, oggi volti ad
definire la finalità principale del trasporto internazionale di passeggeri e l’eventuale
compromissione dell’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico. In
breve, per valutare il primo fattore (art. 4), l’Ufficio deve analizzare la percentuale del
volume di carico (ossia il numero di passeggeri in servizio interno e quello in servizio
internazionale), il volume d’affari, la prevalenza e la vocazione del servizio. Circa il
secondo aspetto, l’art. 6 delinea una formula matematica, i cui fattori si ottengono
dall’analisi delle informazioni che l’URSF ottiene dai soggetti coinvolti nel
procedimento.
c) L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie
E’ noto che, in base ai risultati di frequenti analisi statistiche, “il trasporto ferroviario
rappresenta il sistema che offre i livelli più alti sia nel campo del rispetto dell’ambiente
che in quello della sicurezza, registrando una sinistrosità assai ridotta, specie se
83
Pubblicata in GUUE C 353 del 28 dicembre 2010.
152
paragonata al trasporto stradale che ne costituisce il principale concorrente”84
. Il tema
della sicurezza ferroviaria è infatti uno degli elementi su cui far leva per il rilancio del
trasporto su rotaia: questo è stato notato anche dalla Commissione Europea che, anche
in seguito ai gravi incidenti verificatesi sulle reti europee verso la fine degli anni ‘9085
,
ha diretto la propria azione in materia di liberalizzazione del settore anche in questo
ambito. Come già abbiamo visto, il Secondo Pacchetto ferroviario (2004) è stato
emanato specificatamente per dettare norme comuni in materia di sicurezza ed
interoperabilità: il regolamento (CE) 881/2004 istituisce infatti l’Agenzia Ferroviaria
Europea (ERA), mentre la direttiva 2004/49/CE imponeva agli Stati membri l’obbligo
di affidare i compiti in materia di sicurezza ferroviaria (fino ad allora di competenza del
gestore dell’infrastruttura) ad un’autorità indipendente, oltre a costituire un organismo
deputato all’investigazione sugli incidenti ferroviari.
Il recepimento delle direttive 2004/49 e 2004/51 è avvenuto in Italia con il decreto
legislativo 10 agosto 2007, n. 162. Esso contiene, in linea generale, la disciplina delle
condizioni di sicurezza per l’accesso al settore del trasporto ferroviario (con l’obiettivo
di mantenere e migliorare la sicurezza del servizio in Italia, tenendo conto
dell’evoluzione normativa e tecnica), le modalità per l’adozione dei Metodi comuni e
degli Obiettivi comuni di sicurezza e individua sia l’organismo nazionale incaricato di
compiere indagini sugli incidenti e gli inconvenienti ferroviari che quello preposto alla
sicurezza ferroviaria (art. 1). Quest’ultimo è stato individuato nell’Agenzia Nazionale
per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF), con sede presso la stazione di Firenze Santa
Maria Novella, operativa dal 6 giugno 2008, disciplinata dal Capo II del decreto in
esame, oltre che dai decreti del Presidente della Repubblica del 25 febbraio 2009, nn. 34
(contenente lo statuto dell’Agenzia), 35 (disciplina organizzativa) e 36 (gestione
amministrativa e contabile).
L’Agenzia, a norma dell’art. 4, III comma, d.lgs. 162/2007, è dotata di personalità
giuridica ed autonomia amministrativa, regolamentare, patrimoniale, contabile e
finanziaria e il suo statuto (art. 1) precisa che tale personalità giuridica è di diritto
pubblico (a norma del decreto legge 30 luglio 1999, n. 300). L’art. 5, II comma, d.lgs.
84
R. LOBIANCO, La sicurezza ferroviaria, in R. LOBIANCO (a cura di), Compendio di diritto
ferroviario, Milano, 2012, p. 173. 85
I Paesi dove si registrarono i sinistri più gravi furono la Gran Bretagna, dove il precario stato di
manutenzione della rete impose al Governo un ripensamento sulla struttura del gestore (Railtrack), in
Germania (il tragico incidente di Eschede, dovuto alla rottura di una ruota di treno ad alta velocità ICE
costò la vita a 101 persone) e Italia, dove una serie di deragliamenti (i più gravi a Piacenza e Firenze)
posero all’attenzione dell’opinione pubblica lo stato in cui versavano le FS.
153
162/2007 aggiunge che la stessa deve essere indipendente da qualsiasi impresa
ferroviaria, dal gestore dell’infrastruttura e da qualsiasi richiedente il certificato di
sicurezza. Da quando evidenziato si può quindi comprendere come la natura giuridica
dell’ANSF sia assimilabile a quella degli “organismi tecnici di amministrazione
decentrata”86
, trattandosi quindi di un’agenzia, ossia di una struttura di carattere
operativo e di interesse nazionale che si caratterizza per la specificità del compito ad
essa assegnato e per la rilevanza dell’attività svolta. Come la altre agenzie di diritto
pubblico presenti in Italia, essa “opera al servizio e al rapporto delle amministrazioni
pubbliche, in piena autonomia”87
ma è comunque soggetta sia al controllo della Corte
dei Conti che alla vigilanza del Ministero competente. E’ infatti il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti a vigilare sull’attività dell’ANSF (art. 4, IV comma, d.lgs.
162/2007 e art. 1, V comma, dello statuto, di cui al d.p.r. 34/2009), essendo poi
obbligato a riferire annualmente in Parlamento dell’attività svolta dalla stessa88
.
Circa la sua struttura organizzativa, l’Agenzia è composta da un direttore generale (in
carica per un periodo di tre anni), nominato con decreto del Presidente della Repubblica,
su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, da un comitato direttivo e
dal collegio dei revisori dei conti (art. 3 dello statuto). Oltre ad questi, ad oggi l’ANSF
non dispone ancora di un proprio organico (che dovrebbe essere reclutato tramite
concorso pubblico ex art. 4, VI comma, d.lgs. 162/2007) ma il personale proviene
esclusivamente dal Ministero competente oltre che da società del gruppo FS Italiane
S.p.a. e dalle ferrovie regionali (secondo apposite convenzioni). Questa situazione mina
però l’indipendenza e la terzietà dell’organo, perché, come abbiamo visto, questo
dovrebbe essere distinto sia dalle imprese ferroviarie che dal gestore dell’infrastruttura,
essendo soggetti sottoposti all’attività dell’Agenzia89
.
86
E. CARGNIEL, Sicurezza ferroviaria e prevenzione: ANSF e DGIF, in Diritto dei Trasporti, 2011, p.
814. 87
Ibidem, p. 812. 88
L’Agenzia, vista la sua stretta dipendenza dall’indirizzo amministrativo dello Stato, non può quindi
essere qualificata come autorità amministrativa indipendente, svincolata dalla soggezione al potere di
direttiva del Governo. 89
Addirittura, fino all’emanazione del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, l’Agenzia non era
operativa e solo su pressione della Commissione Europea (e in conseguenza del tragico incidente
ferroviario di Viareggio) si è cercato di rendere funzionante questo organismo. Cfr. G. PALLIGGIANO,
Ferrovie: più poteri all’Agenzia della sicurezza, in Guida al Diritto, n. 41/2009, p. 69 e ss.
154
I compiti di questa sono assai vasti ed elencati negli artt. 5 e 6 d.lgs. 162/200790
; si
suddividono a seconda della loro natura normativa, autorizzativa o di controllo. Sotto il
primo profilo, vengono in rilievo il riordino del quadro normativo in materia di
sicurezza della circolazione ferroviaria91
(in quanto vengono emanate norme tecniche e
standard di sicurezza, potendo l’ANSF consultare le imprese ferroviarie e il gestore
dell’infrastruttura, oltre alle imprese costruttrici e responsabili della manutenzione del
materiale rotabile), l’aggiornamento delle norme sulla sicurezza in base alle prescrizioni
europee in materia di CSI (Indicatori comuni di sicurezza), CSM (Metodi comuni di
sicurezza) e CST (Standard di sicurezza), il miglioramento della sicurezza attraverso
l’integrazione dei sottosistemi previste dalle STI (Specifiche Tecniche di
Interoperabilità). Le competenza di natura autorizzativa si sostanziano
nell’autorizzazione alla messa in servizio e all’omologazione, verifica e controllo delle
disposizioni tecniche della manutenzione, nell’aggiornamento del registro di
immatricolazione nazionale del materiale rotabile, nel rilascio, rinnovo, modifica e
revoca del certificato di sicurezza delle imprese ferroviarie e dell’autorizzazione di
sicurezza per il gestore dell’infrastruttura. L’attività di controllo, infine, consiste nella
verifica della corretta applicazione dei requisiti e degli standard di sicurezza,
dell’immatricolazione del materiale rotabile. Nell’esercizio delle sue competenze,
l’Agenzia può svolgere studi e formulare proposte, oltre al potere di emanare atti di tre
tipi: le direttive, atti amministrativi di indirizzo con destinatari specifici (ad esempio,
RFI), i decreti, atti amministrativi generali ed astratti, non dotati di forza di legge, che
dettano norme attuative di dettaglio, e infine le prescrizioni92
, volte a risolvere
specifiche questioni incidentali (che comunque non necessitano dell’emanazione di una
direttiva). All’ANSF è riconosciuto anche il potere di compiere indagini, solo se
necessarie all’assolvimento dei propri compiti (art. 5, VII comma), qualora il Ministero
competente rilasci ai funzionari dell’Agenzia il documento che garantisca l’accesso
incondizionato all’infrastruttura, agli impianti e al materiale rotabile (anche durante
90
Il loro svolgimento deve avvenire in maniera non discriminatoria e trasparente (art. 5, X comma), in
quanto l’Agenzia deve operare sempre con indipendenza di giudizio e di valutazione, nel rispetto della
normativa comunitaria e nazionale in materia (art. 5, I comma). 91
Le prescrizioni di sicurezza riguardano tanto il materiale rotabile (di qualsiasi tipo, anche non dedicato
al servizio commerciale come i veicoli storici) quanto gli impianti fissi, essendo tutti funzionali alla
circolazione ferroviaria. 92
Per LOBIANCO, op. cit., pp. 182-183, tali atti verrebbero qualificati come provvedimenti con impatto
normativo.
155
l’esercizio ferroviario)93
. Molto importante è la collaborazione che deve essere
instaurata tra le varie safety authorities ferroviarie degli Stati membri e soprattutto con
l’ERA, per “lo sviluppo di obiettivi comuni di sicurezza e di metodi comuni di sicurezza
per consentire una progressiva armonizzazione delle norme nazionali” (art. 6, II
comma, lett. q). Sempre in materia di collaborazione a livello internazionale, in caso di
infrastrutture ferroviarie transfrontaliere (come la futura linea ad Alta Velocità Torino –
Lione, oggetto sempre di accesi dibattiti), l’art. 4, II comma, prevede che le competenze
in materia di sicurezza possono essere affidate, tramite apposite convenzioni, all’ANSF,
all’organismo per la sicurezza ferroviaria del Paese limitrofo interessato o ad un
apposito organismo creato dagli Stati confinanti, a cui l’Agenzia italiana può
partecipare.
La costituzione dell’Agenzia “risulta essere un passo fondamentale che si inserisce nel
[…] processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario. A tale proposito basta
ricordare come, prima dell’istituzione dell’ANSF, funzioni operative e di controllo
fossero attribuite agli stessi soggetti, venendo, così, a mancare il requisito
dell’indipendenza e della terzietà”94
. Infatti, c’è da ricordare come la società RFI S.p.a.
cumulasse in sé le funzioni di gestore della rete nazionale (eccetto quella affidata ai
gestori delle reti regionali), ente preposto alla determinazione degli standard di
sicurezza nonché al rilascio del certificato di sicurezza. Il d.lgs. 162/2007 ha creato
quindi un organo che dovrebbe essere caratterizzato da elevata competenza tecnica e
terzietà dai soggetti regolati, con compiti in materia di sicurezza valevoli per l’intero
sistema ferroviario nazionale95
.
d) La Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e gli altri regolatori del
settore ferroviario
Parallelamente all’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, il d.lgs. 162/2007
ha previsto l’istituzione di uno specifico organismo preposto all’inchiesta tecnica nel
93
Non si tratta comunque dell’attività investigativa che spetta alla Direzione generale per le
investigazioni ferroviarie. 94
CARGNIEL, op. cit., p. 804. 95
L’art. 4, II comma, afferma che all’ANSF è sottratta la competenza su metropolitane e altri sistemi di
trasporto urbano su rotaia, sulle reti regionali non interconnesse a quella nazionale e sulle infrastrutture
private adibite esclusivamente al servizio merci dal proprietario. L’applicabilità del d.lgs. 162/2007 alle
reti regionali interconnesse è posticipato, a norma dell’art. 27, IV comma, al momento in cui “risultino
completati sistemi di attrezzaggio idonei a rendere compatibili i livelli tecnologici delle medesime reti
regionali a quelli della rete nazionale per permettere l'unificazione degli standard di sicurezza, dei
regolamenti e delle procedure per il rilascio del certificato di sicurezza”.
156
settore ferroviario a seguito di incidenti o inconvenienti di esercizio. A tale soggetto è
dedicato il Capo V del decreto suddetto, che si apre con l’art. 18, il quale prevede la
costituzione di un “Organismo investigativo permanente, costituito da una nuova
direzione generale per le investigazioni ferroviarie”: fino al 1o aprile 2009 esso si
identificava nella già vista Direzione generale per il trasporto ferroviario del Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, salvo poi il decreto del Presidente della Repubblica 3
dicembre 2008, n. 211, e il decreto ministeriale 2 aprile 2009, n. 307, istituire la
Direzione generale per le investigazioni ferroviarie (DGIF). La struttura così individuata
è posta alle dirette dipendenze del Ministro ma svolge i propri compiti con piena
autonomia funzionale (art. 18, II comma); anche gli investigatori preposti alle indagini
ferroviarie godono della necessaria indipendenza, potendo essere affiancati da “corpi
tecnici dello Stato e di altre organizzazioni specializzate sulla base di apposite
convenzioni”, ossia da esperti esterni provenienti dalle università, dal Genio ferrovieri o
anche da imprese ferroviarie (purché ovviamente al momento dell’indagine non
svolgano attività presso di esse). Gli investigatori della DGIF, nel corso dell’attività
d’indagine, godono dello status di pubblici ufficiali (art. 20, I comma) ma la loro attività
è subordinata a quella relativa ad eventuali procedimenti penali. Il compito della DGIF
è infatti non di stabilire eventuali responsabilità in merito ad un incidente o ad un
inconveniente dell’esercizio ferroviario96
bensì fornire eventuali raccomandazioni con
l’obiettivo di perseguire il miglioramento della sicurezza ferroviaria e la prevenzione
degli incidenti (art. 19, I comma). Le raccomandazioni sono indirizzate all’ANSF, alle
parti interessate e, se necessario, ad altre autorità o organismi dello Stato e vanno tenute
debitamente in conto da questi soggetti, come dalle imprese ferroviarie e dal gestore
dell’infrastruttura (art. 24). Inoltre, dell’attività svolta, la DGIF deve redigere una
relazione annuale, in quanto questa struttura deve essere in continuo contatto sia con gli
attori del settore del trasporto ferroviario italiano che con quelli europei (prima fra tutti
l’ERA ex art. 23), oltre a dover scambiare informazioni con soggetti esterni all’ambito,
quali la polizia giudiziaria e la magistratura nel caso di procedimenti penali avviati sul
fatto oggetto dell’indagine ferroviaria.
96
Ai sensi dell’art. 3, l’incidente (lett. z) è un “evento improvviso indesiderato e non intenzionale o
specifica catena di siffatti eventi aventi conseguenze dannose; gli incidenti si dividono nelle seguenti
categorie: collisioni, deragliamenti, incidenti ai passaggi a livello, incidenti a persone causati da
materiale rotabile in movimento, incendi e altro”, mentre l’inconveniente viene definito (lett. bb) come
“qualsiasi evento diverso da un incidente o da un incidente grave, associato alla circolazione dei treni e
avente un'incidenza, anche potenziale, sulla sicurezza dell'esercizio”.
157
Come detto, l’attività di “inchiesta tecnica amministrativa è volta all’individuazione
degli elementi che hanno determinato l’evento dannoso o pericoloso con finalità
meramente preventiva, venendo a escludere in modo assoluto le finalità punitive”97
. A
questo proposito, è previsto che, una volta verificatisi un incidente grave, un incidente o
un inconveniente, il gestore dell’infrastruttura, le imprese ferroviarie e l’ANSF devono
informare prontamente la DGIF dell’accaduto, la quale poi ha 24 ore per decidere se
svolgere l’inchiesta. Essa viene condotta dalla Divisione 2 Indagini sugli incidenti
ferroviari della Direzione stessa98
e si sostanzia nell’accesso degli investigatori al luogo
dell’incidente e al materiale rotabile coinvolto, oltre che all’infrastruttura, e nella
redazione di un primo rapporto dello stato dei luoghi; successivamente, viene acquisito
ed analizzato il contenuto di registrazioni di bordo (come, ad esempio, del sistema di
ripetizione segnali), si procede all’interrogatorio del personale ferroviario e
all’acquisizione di qualsiasi altra registrazione o informazione pertinente in possesso del
gestore dell’infrastruttura, delle imprese ferroviarie o dell’ANSF (artt. 20 e 21). E’ bene
sottolineare che tutte queste attività sono subordinate all’autorizzazione dell’autorità
giudiziaria procedente “ove l'attività investigativa sia compiuta a seguito del verificarsi
di un fatto di reato” (art. 20, II comma). Una volta che l’inchiesta si considera conclusa,
della stessa viene redatta una relazione o una raccomandazione di sicurezza, al fine di
portare a conoscenza della collettività le cause dell’evento per evitare il ripetersi di casi
analoghi in futuro (l’atto conclusivo dell’inchiesta ha il valore di una mera
dichiarazione di scienza).
Concludiamo questo paragrafo dedicato al riparto delle competenze di vigilanza e
regolamentazione del settore ferroviario italiano trattando brevemente gli altri soggetti
istituzionali coinvolti.
Abbiamo più volte fatto riferimento all’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato (AGCM): tale ente, rientrante nel novero delle cd. autorità amministrative
indipendenti99
, è stato istituito dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, con l’obiettivo di
intervenire in caso di intese restrittive della concorrenza e abuso di posizione dominante
(fattispecie che, in un settore come quello ferroviario dominato da un’impresa
incumbent, non è certo rara); essa ha anche compiti in materia di pubblicità ingannevole
97
CARGNIEL, op. cit., p. 826. 98
Essa si compone infatti di due Direzioni; la Divisione 1 si occupa di rapporti istituzionali ed
internazionali e cura la Banca dati sicurezza. 99
Indipendenza che si manifesta nell’autonomia dal potere politico, anche se poi esse sono obbligate a
riferire in Parlamento dell’attività svolta, e nella loro neutralità rispetto agli interessi imprenditoriali in
gioco.
158
e pratiche commerciali scorrette tra consumatori e professionisti. Importante è il ruolo
che l’AGCM assume in merito alla liberalizzazione, dovendo essa vigilare sulla corretta
apertura del mercato: “le Autorità […] hanno il precipuo compito di regolare e
controllare ciascuna un settore sensibile, proteggendo in particolare gli interessi degli
utenti e disponendo poteri di segnalazione, di fissazione di standard, criteri e parametri
di riferimento, nonché poteri in tema di decisione dei reclami, di fissazione delle tariffe
e così via”100
. All’Autorità Antitrust è riconosciuto anche un potere sanzionatorio,
potendo irrogare sanzioni pecuniarie qualora accerti un abuso di posizione dominante o
un’intesa restrittiva della concorrenza.
Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE)101
ha
competenze (nel settore ferroviario) in materia di approvazione degli investimenti
pubblici sulla rete, determinazione delle tariffe del trasporto ferroviario e del canone per
l’utilizzo dell’infrastruttura (ufficialmente contenuto in un decreto del Ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti). Nello svolgere la sua attività in materia tariffaria e di
regolazione dei servizi di pubblica utilità, ma solo se “non regolamentati da una
specifica Autorità di settore”102
, il CIPE si avvale della consulenza del NARS (Nucleo
per l’Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica Utilità), un
organismo tecnico formato sì da rappresentanti delle amministrazioni interessate però, a
detta di alcuni, “privi di conoscenze tecniche adeguate sui tanti settori da regolare
(autostradale, aeroportuale, marittimo, ferroviario e postale)”103
.
Infine, rimandando alla parte successiva la determinazione delle competenze delle
Regioni e delle Province Autonome in materia di trasporto regionale e locale, rimane
ancora da dire che il Ministero dell’Economia e delle Finanze esercita, attraverso il
Dipartimento del Tesoro, tutte le funzioni di azionista (ai sensi della normativa
civilistica) di una serie di importanti imprese italiane, prima fra tutte la holding FS
Italiane S.p.a. (in questo caso, il Ministero è azionista unico).
e) Verso un’Autorità dei trasporti?
La presenza di una molteplicità di soggetti, che si dividono le competenze ma che
spesso vedono sovrapporsi i proprio ruoli o agiscono con scarsa efficacia, non produce
effetti negativi sul settore del trasporto italiano in generale? La domanda è lecita, tanto
100
E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, p. 253. 101
E’ stato istituito dalla legge 27 febbraio 1967, n. 48. 102
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 141. 103
BOITANI, op. ult. cit., p. 236.
159
che la necessità di un profondo riassetto del riparto delle competenze nel settore in
esame, volto alla semplificazione e alla riduzione degli attori “istituzionali”, si è
avvertito fino dal 1995, quando la legge 14 novembre, n. 481, aveva previsto
l’istituzione di un’Autorità (unica) di regolazione dei servizi di pubblica utilità, che però
non vide mai la luce, visto che tutti i successivi disegni di legge vennero sempre
bocciati dal Parlamento. Il problema della creazione di un’Autorità indipendente per i
Trasporti è stato nuovamente affrontato molto recentemente dal Governo presieduto da
Mario Monti, in quanto è stata prevista, nel decreto legge 24 gennaio 2012, n.1 (cd.
decreto “cresci Italia”), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27,
la creazione di “un’Autorità indipendente di regolazione dei trasporti” (ex art. 36, d.l.
1/2012). La medesima disposizione, dopo aver previsto che l’Autorità è organo
collegiale composto da “persone di indiscussa moralità e indipendenza e di comprovata
professionalità e competenza” nei settori in cui opera, afferma che questa garantisce
“condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie,
portuali, aeroportuali e alle reti autostradali, [...] nonché in relazione alla mobilità dei
passeggeri e delle merci in ambito nazionale, locale e urbano anche collegata a
stazioni, aeroporti e porti” (II comma, lett. a). Per quanto rileva ai fini del nostro
lavoro, l’Autorità assume rilevanti competenze in ambito ferroviario: oltre a dover
determinare le condizioni di qualità dei servizi nazionali, a norma del II comma, lett. i,
essa si sostituisce all’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari (nell’esercizio di
tutti i compiti che spetterebbero a quest’ultimo) oltre a poter definire, in particolare, i
criteri per la determinazione dei pedaggi da parte del gestore dell'infrastruttura e quelli
per l’assegnazione delle tracce e della capacità d’infrastruttura. L’Autorità ha poi il
difficile compito, a norma del successivo art. 37, I comma, di dirimere la questione
circa la separazione della proprietà di RFI da Trenitalia (ma anche di quella delle reti
regionali dall’impresa ferroviaria che le gestisce): a tali fine, essa dovrà esaminare
“dopo un congruo periodo di osservazione delle dinamiche dei processi di
liberalizzazione […] l’efficienza dei diversi gradi di separazione tra l’impresa che
gestisce l'infrastruttura e l’impresa ferroviaria, anche in relazione alle esperienze degli
altri Stati membri dell'Unione europea e all’esigenza di tutelare l’utenza pendolare del
servizio ferroviario regionale”. A seguito di questa analisi, entro metà del 2013,
l’Autorità indipendente dovrà presentare al Governo e al Parlamento un rapporto sul
160
lavoro svolto. Oltre a queste “funzioni normative in senso ampio”104
, alla nuova
Autorità è riconosciuto anche un compito di vigilanza sul mercato del trasporto
ferroviario, attraverso il controllo sulla corretta applicazione da parte del gestore
dell’infrastruttura dei criteri per la determinazione dei pedaggi e per l’assegnazione
delle tracce e delle capacità. In materia di trasporto regionale è previsto che, quando
verranno emanati i bandi per le gare d’appalto del servizio, la stessa verifichi che non
vengano previste condizioni discriminatorie o che impediscano l’accesso al mercato
delle imprese ferroviarie.
Come si evince da questa breve analisi delle disposizioni del decreto “cresci Italia”, la
nuova Autorità si pone come organismo di regolazione indipendente del settore dei
trasporti in generale, andando addirittura oltre quanto avviene in altri Paesi europei,
dove la politica dei trasporti ha un chiaro indirizzo (quello di favorire il riequilibrio
modale attraverso la ricerca e l’incentivazione di mezzi di trasporto ecocompatibili e
sicuri) e seri fautori ma non è prevista un’autorità di regolazione e vigilanza come
quella voluta dal “Governo tecnico”105
. In realtà, l’Autorità in esame, dopo essere stata
per un breve periodo transitorio incardinata nell’Agenzia per l’energia elettrica e il gas,
è stato (giustamente, vista l’assoluta mancanza di competenza di questa struttura in
materia di trasporti) deciso di separarla da altre autorità del settore. In seguito alla
nomina di alcuni membri del suo collegio, però, non è stato fatto più nulla, con
l’assurda situazione che a quasi un anno dalla sua istituzione formale, l’Autorità non è
mai entrata in funzione e nemmeno è previsto che ciò avvenga a breve, visto che non
rientra tra le priorità dell’attuale Governo e quello che uscirà dalle urne del 2013
difficilmente scontenterà i grandi monopolisti (Trenitalia in primis) su cui l’Autorità
dovrà vigilare106
.
104
A. TONETTI, L’Autorità di regolazione dei trasporti, in Giornale di diritto amministrativo, 2012, p.
592. 105
Solo in Germania esiste la Bundesnetzagentur, ossia “l’Agenzia Federale dell’elettricità, gas, poste,
telecomunicazioni, delle infrastrutture ferroviarie e della tutela dei consumatori dei relativi servizi”, con
il compito di monitoraggio della concorrenza e, quindi, è responsabile nell’assicurare un accesso non
discriminatorio alle infrastrutture. Cfr. L. VECERE, A. PALUMBO, Autorità dei Trasporti,
privatizzazioni e liberalizzazioni, normativa d’indirizzo e regolamentazione comunitaria in materia di
trasporto e l’esperienza di alcune realtà europee, in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti,
2012, p. 13. 106
Il fatto che questo organo non goda delle simpatie di molte imprese del settore dei trasporti è evidente
dalle dichiarazioni, ad esempio, dell’amministratore delegato di FS Italiane, Mauro Moretti (riportate da
A. MOIZO, L’Autorità per i trasporti? A Trenitalia piace se non c’è, in Linkiesta, 15 ottobre 2012,
“http://www.linkiesta.it/autorit%C3%A0-trasporti-fs-trenitalia”) ,che ha segnalato l’inutilità dell’Autorità
in materia di liberalizzazione del trasporto ferroviario.
161
CAPITOLO IV
LA LIBERALIZZAZIONE DEL SERVIZIO PASSEGGERI IN
ITALIA
1. I segmenti del mercato del trasporto ferroviario di persone
Nel capitolo precedente abbiamo mostrato ed analizzato la normativa italiana specifica
in materia di liberalizzazione del servizio ferroviario, con un’ottica privilegiata proprio
verso il settore del trasporto di passeggeri, visto che questo rappresenta la chiave di
lettura scelta per delineare il lungo processo di riforma e modernizzazione delle
Ferrovie europee. Una volta, quindi, che sono stati elencati i requisiti giuridici e tecnici
che un operatore deve possedere per poter operare sulla rete ferroviaria italiana, e a
quali condizioni questo può avvenire (sempre sotto il controllo di una pluralità di
organismi di regolazione e vigilanza), sarà interessante adesso mettere in luce qual è il
reale grado di apertura al mercato del settore passeggeri, attraverso l’analisi della prassi
italiana in materia di liberalizzazione, visto che si è arricchita di nuovi spunti proprio
negli ultimi anni.
Preliminare a questo studio è, però, l’indicazione di quali sono le caratteristiche
tecniche ed economiche che caratterizzano il trasporto ferroviario di persone, affinché si
possa comprendere lo stato attuale dei servizi passeggeri in Italia. Questo settore del
servizio ferroviario si distingue, infatti, per comprendere due grandi categorie:
servizi a carattere regionale o locale
servizi a media e lunga percorrenza.
I servizi regionali (una volta chiamati locali) si caratterizzano, dal punto di vista tecnico,
per la brevità del percorso, per l’effettuazione con materiale rotabile più spartano e
funzionale ad una clientela universale, oltre che per la presenza di numerose fermate
lungo il percorso. I treni passeggeri a media e lunga percorrenza, invece, sono quelli che
collegano importanti centri urbani posti ad una certa distanza tra di loro, senza toccare i
centri minori, e che vengono offerti ad un prezzo generalmente più elevato degli altri, in
virtù, tra le altre cose, dei servizi che offrono (dalla ristorazione al posto letto, a seconda
del convoglio).
Sotto i profili giuridico ed economico, invece, gli elementi di discrimine sono differenti.
Un fattore che dovrebbe permettere di distinguere i due segmenti del mercato di
trasporto passeggeri su ferrovia è dato dal tipo di forma concorrenziale scelta per quel
162
settore. Infatti, come vedremo tra breve in dettaglio, per il servizio regionale si è scelto
(inizialmente, ma poi vi sono stati troppi ripensamenti del legislatore), al pari di altri
Stati europei, come la Germania, di optare per la cd. concorrenza per il mercato
(competitive tendering): “le imprese ferroviarie concorrono per l’assegnazione
temporanea di alcuni servizi; il momento della competizione concorrenziale è spostato
a monte e le gare pubbliche riguardano l’affidamento di diritti di monopolio su specifici
mercati o segmenti di questo”1. Essa si sostanzia, quindi, nell’assegnazione del servizio
ferroviario locale di una determinata zona territoriale attraverso una normale gara
d’appalto, sottoposta alle regole del diritto amministrativo, con cui l’amministrazione
competente aggiudica all’impresa vincitrice (quella che presenta le condizioni migliori e
più vantaggiose per operare) lo svolgimento del servizio ferroviario. L’aggiudicazione
si perfeziona con la stipulazione del contratto di servizio, ossia l’atto negoziale, di
durata temporale limitata, che prevede i reciproci obblighi delle parti contraenti2.
L’aggiudicazione conferisce all’impresa ferroviaria “il diritto temporaneo a gestire il
servizio di trasporto in regime di monopolio legale”3: l’apertura al mercato (ossia la
liberalizzazione) si sostanzia, in questo caso, nella possibilità di scelta del vettore
migliore ad opera dell’amministrazione pubblica. La concorrenza per il mercato è stata
riconosciuta come la forma competitiva più adatta per il trasporto regionale e per quello
pubblico locale in generale, poiché è quella funzionale all’esigenza pubblica di garantire
servizi minimi sociali ad un livello tariffario controllato4, permettendo pertanto al
cittadino di esercitare quel diritto alla mobilità che l’art. 16 della Costituzione gli
riconosce5. L’amministrazione aggiudicatrice interviene, infatti, sussidiando l’impresa
ferroviaria per la copertura di quei costi di esercizio di relazioni non remunerative, che,
1 E. CELLI, L. PETTINARI, R. PIAZZA, La liberalizzazione del trasporto ferroviario, Torino, 2006, p.
63. 2 Una definizione valida di contratto di servizio pubblico si ritrova nel già visto regolamento (CE)
1370/2007, laddove l’art. 2, lett. i chiarisce che esso si sostanzia in “uno o più atti giuridicamente
vincolanti che formalizzano l’accordo tra un’autorità competente e un operatore di servizio pubblico
mediante il quale all’operatore stesso è affidata la gestione e la fornitura dei servizi di trasporto pubblico
di passeggeri soggetti agli obblighi di servizio pubblico”. 3 L. IERA, Concorrenza e liberalizzazione nei servizi di trasporto pubblico, in Giornale di diritto
amministrativo, 2006, p. 1206. 4 Si tratta quindi di una forma di concorrenza organizzata, in cui la pubblica amministrazione si adopera
per garantire che l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico imposti all’impresa di trasporto siano
compensati da necessarie compensazioni finanziarie. 5 Oltre a questo diritto costituzionalmente garantito, non va dimenticato che la scelta di
un’amministrazione pubblica di sovvenzionare il trasporto ferroviario è indice di uno “strumento di
sostegno ad una modalità alternativa rispetto a quella su gomma, che produce costi di congestione ed
esternalità ambientali negative più elevate rispetto a quella ferroviaria”: C. CAMBINI, G. CATALANO,
A. SAVOLDI, L’intervento pubblico nel trasporto ferroviario, in Mercato Concorrenza Regole, n.
2/2009, p. 253.
163
se lasciate al libero “gioco” del mercato, non verrebbero servite (o non con la frequenza
richiesta).
Per il servizio passeggeri a media e lunga percorrenza (e per quello ad alta velocità) si è
optato per la forma della cd. concorrenza nel mercato, dove ciascun concorrente, una
volta che è entrato in possesso di tutti i requisiti che la normativa internazionale e
nazionale richiede per accedere a quel segmento di mercato, può operare sulla rete
ferroviaria. In sostanza, l’impresa ferroviaria, titolare di licenza, certificato di sicurezza
e (eventualmente) titolo autorizzatorio, può liberamente svolgere servizio di trasporto
ferroviario passeggeri per le tratte che le sono state assegnate: in questo tipo di
concorrenza sarà “di volta in volta il viaggiatore/cliente (e non la Regione/regolatore) a
scegliere l'impresa a cui affidarsi”6. La scelta di lasciare questo segmento del trasporto
ferroviario di persone al mercato contendibile è dettata dal fatto che, di norma, i servizi
veloci e sulle lunghe distanze non sono gravati da oneri di servizio pubblico e quindi le
imprese ferroviarie possono impostare il loro servizio secondo l’effettiva domanda di
passeggeri. Esse non sono nemmeno vincolate quanto alla determinazione delle tariffe,
potendo quindi differenziarle o abbassarle a determinate condizioni per attrarre i
viaggiatori (offerte speciali, biglietti low cost, carnet di viaggi ecc.). La concorrenza nel
mercato, ove concretamente praticabile, permette quindi, attraverso la competizione tra
le imprese, un costante miglioramento del servizio in termini di comfort, efficienza,
tariffe e prestazioni aggiuntive. Anticipiamo subito che questo è quanto avvenuto in
Italia a seguito dell’inizio del servizio di Nuovo Trasporto Viaggiatori, visto che anche
Trenitalia ha finalmente messo a disposizione dei “clienti”, sul sito internet e a numero
limitato, convenienti tariffe scontate (Economy o Supereconomy) per l’utilizzo del treni
ad alta velocità Frecciarossa e Frecciargento.
Tuttavia, non sempre il confine tra servizi a mercato e servizi sussidiati si basa sulla
distinzione tra trasporto regionale e trasporto e media – lunga percorrenza: esistono
infatti, in Italia, alcuni treni a lunga percorrenza, nella specie Intercity, Intercity Notte e
Espressi che vengono effettuati dalla Divisione Passeggeri di Trenitalia sulla base del
contratto di servizio stipulato con lo Stato7. La scelta di stipulare un contratto di
6 G. STAGNI, La liberalizzazione dei servizi ferroviari. I servizi a lunga percorrenza, la normativa e le
aspettative reali, luglio 2010, in “http://www.miol.it/stagniweb.” 7 Ricordiamo che il contratto di servizio tra il vettore ferroviario (all’epoca FS S.p.a., ora Trenitalia)
venne previsto, per la prima volta, nella legge finanziaria per il 1994 (legge 24 dicembre 1993, n. 538), il
cui art. 4, IV comma, prevedeva che “a decorrere dal 1994, i rapporti tra lo Stato e la società Ferrovie
dello Stato S.p.A. concernenti gli obblighi di esercizio, di trasporto e tariffari sono regolati, ai sensi della
direttiva 91/440/CEE e dei Regolamenti comunitari vigenti in materia, mediante il contratto di
164
servizio, e correlativamente di finanziare il vettore (parte contraente), nasce dal fatto
che, anche nei servizi passeggeri sulle medie – lunghe distanze occorre garantire il
servizio universale8, per le già viste ragioni di utilità sociale: molte tratte a carattere
interregionale sono troppo brevi per poter essere coperte da una rotta aerea e spesso non
vengono servite da servizi automobilistici (eccetto la Sicilia, dove gli autobus collegano
i principali capoluoghi di regione). In questo settore vi sono però molteplici spunti di
discussione, dettati dalla scarsa chiarezza del dettato normativo e dalla pratica di
Trenitalia, che meritano di essere analizzati.
Innanzitutto, trattandosi anche in questo caso (al pari, almeno in linea teorica, del
trasporto pubblico locale e regionale) di una forma di concorrenza per il mercato,
l’affidamento del servizio ferroviario dovrebbe avvenire tramite gara: questo infatti era
il regime che l’art. 38 della legge 1o agosto 2002, n. 166, aveva previsto, laddove
affermava (II comma) che “per i servizi di trasporto ferroviario viaggiatori di interesse
nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico, con particolare
riferimento al trasporto passeggeri notturno […], il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti provvede, allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici
e di introdurre condizioni di concorrenzialità dei servizi stessi, ad avviare procedure
concorsuali per la scelta delle imprese ferroviarie per l'erogazione del servizio sulla
base dei principi stabiliti con il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e
successive modificazioni”. Il terzo comma dello stesso provvedimento fissava però al 31
dicembre 2003 il termine ultimo per individuare i servizi passeggeri a lunga percorrenza
da inserire nel contratto di servizio, mentre le gare sarebbero dovute iniziare almeno nel
2005, ossia alla scadenza del contratto di servizio (ancora in vigore) stipulato tra
Trenitalia e i Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Economia e delle
Finanze. Una volta scaduto il contratto in questione, però, non si è proceduto a nessun
affidamento del servizio passeggeri nazionale tramite “procedure concorsuali”, ma si
sono stipulati annualmente nuovi contratti di servizio con Trenitalia. La situazione di
fatto instauratasi è stata “legalizzata” dal decreto legge 1o ottobre 2007, n. 159
9, il cui
art. 9 (rubricato in maniera fin troppo eloquente “Contratto di servizi pubblico con
programma ed il contratto di servizio pubblico i cui oneri a carico dello Stato sono iscritti in appositi
capitoli del bilancio dello Stato”. 8 Il servizio universale nel trasporto ferroviario può essere definito, secondo le indicazioni del NARS
riportate da CAMBINI, CATALANO, SAVOLDI, op. cit., p. 269, come “insieme minimo di servizi di
qualità predefinita e secondo prezzi controllati dall’autorità pubblica, che si ritiene debbano essere
garantiti alla collettività, ancorché non remunerativi […] per l’operatore che li fornisce”. 9 Il decreto legge è stato convertito con modificazioni, che però non hanno interessato la norma in esame,
nella legge 29 novembre 2007, n. 222.
165
Trenitalia S.p.a.”) da una parte autorizza il Ministero dell’Economia e delle Finanze a
corrispondere direttamente al vettore suddetto le somme erogate con la legge finanziaria
per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), dall’altra elimina dall’art. 38, II comma, l.
166/2002, ogni riferimento alle gare, prevedendo che i contratti di servizio pubblico
devono durare almeno cinque anni e che l’affidamento del servizio avviene “nel rispetto
della normativa comunitaria”. Ebbene, la normativa comunitaria a cui il legislatore fa
riferimento è il ben noto regolamento (CE) 1370/200710
, il quale prevede (art. 5, VI
par.) che, qualora non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti
possono procedere ad aggiudicazione diretta del contratto di servizio pubblico, che non
può avere una durata superiore a dieci anni. Dal combinato disposto di queste norme lo
Stato e Trenitalia si sono sentiti legittimati a stipulare contratti di servizio, all’inizio di
durata annuale, ma dal 2009 quinquennali (con possibilità di cambiamenti ogni anno, in
base alla risorse erogate)11
, senza che si sia mai proceduto ad un gara.
Per quanto concerne i servizi sussidiati, attualmente questi sono, come detto, tutti i
servizi Intercity, Intercity Notte e Espressi che percorrono le linee escluse dalla
cosiddetta “T”, ossia la direttrice trasversale Torino – Venezia e la dorsale Milano –
Napoli. L’elenco di questi treni è stato ampliato con la legge finanziaria per il 2008
(legge 24 dicembre 2007, n. 244) che ha autorizzato un ulteriore finanziamento a
Trenitalia di 104 milioni di euro (in aggiunta ai 134 che già le spettavano in base alla
legge finanziaria dell’anno precedente). Successivamente, la deliberazione del CIPE del
23 maggio 2009 ha confermato il sussidio (pari a 110 milioni di euro all’anno) per i
treni a lunga percorrenza inseriti nel contratto di servizio con Trenitalia per gli anni
2009 – 2011. Per il 2012, il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito in legge
22 dicembre 2011, n. 214) ha confermato l’erogazione della stessa somma del triennio
precedente (art. 47, II comma).
Per concludere l’analisi sui servizi a lunga percorrenza “sussidiati”, pare opportuno dare
conto della segnalazione AS 528 del 1o giugno 2009 resa dall’AGCM e intitolata “Oneri
di servizio pubblico nel settore ferroviario”12
. Per prima cosa, l’Autorità Antitrust rileva
che la difficoltà di distinguere, all’interno dei servizi svolti da Trenitalia, tra servizi “a
10
All’epoca di emanazione del d.l. 159/2007 vigeva ancora il regolamento (CEE) 1191/69, così come
modificato dal regolamento (CE) 1893/91, in quanto l’entrata in vigore del regolamento (CE) 1370/2007
era posticipata al 3 dicembre 2009. 11
Attualmente il contratto di servizio vigente si riferisce al periodo 2009-2014, ma nel corso del 2012 è
stato oggetto di varie modifiche, che si sono riscontrate nell’offerta di servizi contemplata dall’orario in
vigore dal 9 dicembre 2012. 12
Un’analisi della segnalazione si trova in X. SANTIAPICHI, Una licenza per accedere ai nostri servizi
ferroviari, in Guida al Diritto, n. 38/2009, p. XLII-XLIII.
166
mercato” e servizi “a contribuzione” (così definiti testualmente) può portare a “possibili
distorsioni sia in termini di tutela del consumatore che di tutela della concorrenza”. Per
questo ultimo tipo di servizi, e in special modo per quelli a media e lunga percorrenza,
viene riconosciuto che non vengono definiti con chiarezza i criteri di scelta degli stessi
(in vista dell’inserimento nel contratto di servizio) né le obbligazioni a carico di
Trenitalia, che “potrebbe spostare parte dei sussidi sui servizi aperti al mercato,
distorcendo il confronto competitivo con gli altri operatori”: lo spostamento avverrebbe
non solo con il materiale trasferimento delle finanze, ma anche con la ridefinizione
dell’offerta ai viaggiatori, ai fini di imporre loro l’utilizzo di treni di categorie più
costose (e più redditizie per il vettore)13
. L’AGCM conclude l’analisi sul punto con una
interessante osservazione: “una migliore e più chiara definizione degli ambiti di servizio
pubblico potrebbe andare anche a vantaggio di Trenitalia, che, vista la minore entità
dei finanziamenti pubblici in confronto a quelli di altri paesi europei (in particolare
Francia e Germania), si trova in condizioni di difficoltà sul fronte dell’adeguamento
agli standard di qualità previsti dalla regolamentazione di servizio”. Sul punto c’è
comunque da dire che un comunicato stampa del CIPE datato 17 dicembre 2009
annunciava l’individuazione del “perimetro dei servizi di utilità sociale relativi al
trasporto di passeggeri sulla media e lunga percorrenza per i quali non è possibile
raggiungere l’equilibrio economico” sulla base di una analisi conoscitiva predisposta
dal Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti: l’indagine non è stata, però, resa
pubblica, e quindi non sono noti “i criteri con cui l’area del servizio universale è stata
individuata”14
.
2. Il trasporto passeggeri locale e regionale
Come detto, il trasporto ferroviario di passeggeri si caratterizza per la sua divisione in
due categorie: la prima che analizziamo, brevemente, è quella del servizio a carattere
vicinale (oggi considerato metropolitano e regionale).
13
Bisogna riconoscere che l’AGCM azzeccò la previsione su questo punto: in occasione dell’apertura
della linea ad alta velocità Milano-Bologna si è assistito, diversamente da quanto sarebbe possibile visto
la maggiore capacità della linea, ad un peggioramento del servizio regionale e interregionale tra il
capoluogo lombardo e l’Emilia. Inoltre, i treni Espressi ed Intercity diretti al Sud, che prima avevano
origine a nord di Bologna, sono stati attestati nella città felsinea, obbligando così molti passeggeri a
utilizzare i più costosi treni ad alta velocità per raggiungere Milano o Torino, ma anche Bolzano, Verona
e Venezia. 14
A. BOITANI, Ferrovie: il lato oscuro delle riforme, in Mercato Concorrenza Regole, n. 2/2010, p.
227.
167
E’ ormai noto che nel 1905 lo Stato assunse direttamente l’esercizio della rete
ferroviaria italiana, escludendo però le linee ferroviarie a carattere prevalentemente
locale, che vennero lasciate ai privati che già le gestivano: si trattava delle cd. ferrovie
in concessione. La concessione era infatti l’atto, scelto dalla legislazione italiana
preunitaria e poi confermato con l’unificazione, che conferiva al titolare la possibilità di
costruire o esercire (anche entrambe le attività) una linea ferroviaria; più
specificatamente, la concessione era l’atto amministrativo, regolato dalle norme di
diritto pubblico, che creava in capo al destinatario “un diritto esclusivo all’esercizio di
determinate attività in ordine ai servizi concessi, assumendo o subentrando – rispetto
all’esercizio stesso – nella speciale posizione di privilegio e di autorità propria
dell’amministrazione”15
. La concessione ferroviaria era disciplinata dal regio decreto 9
maggio 1912, n. 1447, meglio noto come “Testo unico delle disposizioni di legge per le
ferrovie concesse all’industria privata, le tramvie a trazione meccanica e gli
automobili”, il quale contemplava tre tipi di concessioni (per la costruzione e l’esercizio
di strade ferrate pubbliche, per il solo esercizio di linee secondarie appartenenti allo
Stato, per la costruzione di strade ferrate) e prevedeva che fossero accordate con regio
decreto (poi con decreto del Presidente della Repubblica) quelle per la costruzione e
l’esercizio, con legge quelle per il solo esercizio. Le concessioni erano rilasciate dallo
Stato sia a imprese private (si può fare l’esempio della Società Veneta per le imprese e
costruzioni pubbliche, nota come Società Veneta, la più importante impresa titolare di
ferrovie concesse) che alle Province e ai Comuni, separatamente o riuniti (come nel
caso dell’Azienda Consorziale Trasporti o ACT, nata nel 1975 per gestire le linee
afferenti Reggio Emilia)16
. Una volta ottenuto questo atto amministrativo, il
concessionario godeva di vari diritti, primo fra tutti il “privilegio esclusivo” rispetto ad
ogni altra concessione di ferrovia per la zona in cui era rilasciata (art. 49, r.d.
1447/1912), ed era soggetto ad obblighi, come l’allacciamento della “propria” rete con
altre ferrovie, oltre ad essere “responsabile per tutti gli eventi ordinari e straordinari
strettamente connessi con la costruzione e l’esercizio delle strade ferrate”17
.
15
C. RIBOLZI, voce Ferrovie concesse, in Enciclopedia del diritto, XVII, Milano, 1968, p. 269. 16
In realtà, le concessioni potevano essere rilasciate anche dagli enti locali, ma solo quelle per le linee
“metropolitane” che interessassero esclusivamente un centro urbano (ex regio decreto legge 10 luglio
1925, n. 1036). 17
Ibidem, p. 273.
168
Le funzioni statali, in ordine alle ferrovie concesse, si dividevano tra:
vigilanza sulla costruzione e l’esercizio della rete e sorveglianza circa
l’amministrazione, la gestione e l’esercizio finanziario della concessione
(entrambe ad opera del Ministero dei Lavori Pubblici prima, di quello dei
Trasporti poi);
erogazione di sovvenzioni al concessionario sia per la costruzione che per
l’esercizio e di contributi per l’ammodernamento degli impianti fissi e del
materiale rotabile18
.
Non meno importante, tra le funzioni pubbliche, era la gestione commissariale
governativa. Si trattava di un istituto a carattere temporaneo ed eccezionale che
conferiva allo Stato, tramite il ministero competente, la gestione delle ferrovie concesse
nel caso in cui situazioni di dissesto economico del concessionario o gravi problemi
all’esercizio pregiudicassero lo svolgimento del servizio. La gestione commissariale
governativa venne prevista dall’art. 184 del TU del 1912 (così come modificato dal
regio decreto legge 4 giugno 1936, n. 1336), il quale legittimava il Ministero dei
Trasporti e della Navigazione, qualora il concessionario non avesse ripristinato, entro il
termine perentorio fissato dal ministro, l’esercizio ferroviario previamente sospeso, a
“prendere d'ufficio, a spese e rischio del concessionario, le misure necessarie per il
ripristino e la continuazione del servizio assumendone eventualmente anche la
gestione”. In seguito, il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 10
luglio 1947, n. 787, all’art. 7, riconobbe allo Stato (con gestione diretta) o all’Azienda
Autonoma Ferrovie dello Stato la facoltà di esercire le ferrovie per le quali la
concessione era decaduta per varie cause, mentre la legge 2 agosto 1952, n. 1221,
legittimò il Ministero dei Trasporti ad assumere la gestione delle linee per le quali era
invece scaduta la concessione d’esercizio. In tutti questi casi la gestione a mezzo di un
commissario governativo, che operava “utilizzando anticipazioni di fondi prelevati
dall’apposito capitolo di bilancio dello Stato”19
, doveva essere un rimedio temporaneo,
in attesa di un nuovo concessionario o, qualora non vi fossero state le condizioni
tecniche ed economiche necessarie a proseguire l’esercizio, prodromico alla chiusura
della linea. In realtà questo istituto divenne la norma per la gestione di linee, non
appartenenti alle FS, caratterizzate da oggettive difficoltà di esercizio e dalla loro scarsa
18
I fondi venivano erogati in quanto si trattava pur sempre di un servizio fondamentale per la collettività,
al pari di quello delle FS, e doveva quindi essere garantito anche su tratte non redditizie. 19
CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 11.
169
redditività, tanto che la rete di ferrovie concesse venne notevolmente ridimensionata tra
gli anni ’50 e gli anni ’7020
. Negli anni è quindi sorta l’esigenza di procedere ad
un’ampia ristrutturazione delle linee concesse o in gestione commissariale governativa
ancora in esercizio, da attuarsi attraverso il progressivo conferimento di funzioni e
risorse destinate alle stesse (incluse ormai nel concetto di trasporto pubblico locale)21
alle Regioni o agli enti locali. Fu così che nel 1972, il decreto del Presidente della
Repubblica del 14 gennaio, n. 5, sancì il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario
delle competenze in materia di trasporto regionale, mentre il decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, delegò alle Regioni tutte le funzioni amministrative
sulle linee in concessione o in gestione commissariale governativa22
. L’assegnazione
delle funzioni alle Regioni venne accompagnata, nei due decenni successivi, da un
importante piano di risanamento tecnico ed economico di queste linee, grazie allo
stanziamento di 5.000 miliardi di lire con la legge 22 dicembre 1986, n. 910, e
all’affidamento alle FS S.p.a., attraverso l’art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
del compito di attuare tale risanamento, limitatamente alle linee in gestione
commissariale governativa.
I servizi a carattere locale non si svolgevano solamente sulle linee date in concessione ai
privati ma interessavano (e interessano tuttora) anche la rete nazionale, all’epoca
posseduta dalle Ferrovie dello Stato. In particolare, già il d.p.r. 616/1977 prevedeva la
delega alle Regioni per “l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di linee
ferroviarie secondarie gestite dall’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato, dichiarate
non più utili all’integrazione della rete primaria nazionale dal ministro dei trasporti”
(art. 86, II comma): veniva riconosciuto, così, che anche le ferrovie cd. secondarie (a
causa dello scarso traffico che le interessava e, di conseguenza, la loro bassa redditività)
e, in genere, tutti i servizi classificati come “locali” prima, come “regionali” o
interregionali” poi, potevano essere valorizzati qualora fossero stati sottoposti alla
programmazione delle Regioni interessate.
L’esigenza di procedere ad un più ampio intervento riformatore che avesse come
“obiettivo immediato lo spostamento di competenze dallo Stato alle Regioni e,
20
Le Ferrovie Padane, con sede a Ferrara, vennero gestite da un commissario governativo fin dal 1933,
ossia pochi anni dopo la loro nascita. 21
Trattandosi di un pubblico servizio di linea, alle ferrovie concesse si applicava il disposto dell’art. 1679
del Codice Civile. 22
L’art. 86, I comma, d.p.r. 616/1977 dispone che “è delegato alle Regioni l’esercizio delle funzioni
amministrative in materia di linee ferroviarie in concessione, anche in gestione commissariale
governativa, da effettuarsi con l’assenso delle Regioni interessate, previo risanamento tecnico ed
economico a cura dello Stato”.
170
mediatamente […] quello di consolidare ulteriormente le basi su cui poggiare la
riorganizzazione dei pubblici poteri in una diversa visione politica ed istituzionale”23
è
stata finalmente soddisfatta con la cd. riforma Bassanini, le cui linee d’intervento erano
contenute nella legge 15 marzo 1997, n. 59. Per quanto rileva ai nostri fini, l’art. 1, I
comma, conferiva la delega al Governo per l’emanazione di una normativa volta al
conferimento (inteso come trasferimento, delega o attribuzione) di funzioni e compiti
amministrativi alle Regioni e agli enti locali, mentre l’art. 4, IV comma, da una parte
(lett. a) prevedeva che i decreti emanati dal Governo sulla base dell’art. 1
disciplinassero la delega alle Regioni dei compiti di programmazione ed
amministrazione in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e
locale, pervenendo, al contempo, alla definizione dei servizi minimi per soddisfare le
esigenze di mobilità dei cittadini; dall’altra (lett. b), i servizi di trasporto pubblico locale
dovevano essere erogati secondo le previsioni di un contratto di servizio pubblico
(indice di “certezza finanziaria e copertura di bilancio”), che subentrasse a quello
stipulato tra lo Stato e le FS S.p.a.; infine veniva introdotta una rilevante novità, per cui
si obbligavano le Regioni a “definire le modalità per incentivare il superamento degli
assetti monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano ed extraurbano e per
introdurre regole di concorrenzialità nel periodico affidamento dei servizi”.
La delega è stata puntualmente esercitata dal Governo con l’emanazione del decreto
legislativo 19 novembre 1997, n. 422, che individua i compiti e le funzioni conferiti alle
Regioni e agli enti locali in materia di trasporto pubblico locale24
, oltre a fissare i criteri
di organizzazione del trasporto stesso. L’art. 6 del medesimo decreto prevedeva che, tra
i tre strumenti scelti per il conferimento, la delega era quella che aveva come
destinatarie le Regioni e includeva i compiti di programmazione25
e amministrazione
delle ferrovie concesse e di quelle in gestione commissariale governativa (disciplinate
23
P. FULCINITI, Spunti critici per uno studio del trasporto pubblico locale nell’attuale assetto
istituzionale ed organizzativo, in Diritto dei Trasporti, 2004, p. 716. 24
Esso si riferisce, ex art. 1, II comma, a “i servizi di trasporto di persone e merci, che non rientrano tra
quelli di interesse nazionale tassativamente individuati dall'articolo 3; essi comprendono l'insieme dei
sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo
continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato,
nell’ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale”. L’art. 3 elenca i
servizi pubblici di interesse nazionale, per cui la competenza è rimasta allo Stato: tra essi, quelli ferroviari
(I comma, lett. c) comprendono i servizi internazionali e “nazionali di percorrenza medio-lunga
caratterizzati da elevati standards qualitativi” (poi specificati nel decreto ministeriale 3 novembre 1999,
n. 109) oltre ai servizi di collegamento via mare tra terminali ferroviari (ad esempio, il traghettamento dei
treni attraverso lo Stretto di Messina, di competenza, attualmente, di RFI) e ai trasporti di merci
pericolose, nocive ed inquinanti. 25
La programmazione riguarda, a norma dell’art. 14, gli investimenti, la definizione dei servizi minimi da
erogare e degli obblighi di servizio pubblico, l’attività negoziale per la stipula dei contratti di servizio.
171
dall’art. 8) e dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale affidati a FS S.p.a. (art.
9). Per poter permettere alle Regioni di adempiere alle loro “nuove” funzioni, occorreva
che queste disponessero di tutti i beni necessari all’esercizio ferroviario: l’art. 8, IV
comma (sostituito dal decreto legislativo 20 settembre 1999, n. 400), prevedeva che
tramite accordi di programma venissero trasferiti alle Regioni, a titolo gratuito, i beni,
gli impianti e l’infrastruttura destinati al trasporto ferroviario; lo schema di tali accordi26
venne allegato ai due decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 novembre
2000, che disciplinavano, appunto, il conferimento alle Regioni delle risorse,
provenienti dalle Ferrovie dello Stato o dalle altre reti, necessarie per l’espletamento dei
servizi ferroviari di interesse vicinale. Al riguardo è bene precisare che il compendio
ferroviario, composto di materiale rotabile e impianti fissi, di pertinenza delle ex
ferrovie concesse o commissariate passò in proprietà delle Regioni27
, mentre i beni delle
FS (poi di Trenitalia) rimasero proprietà dell’azienda, potendo la Regione solo
finanziare l’acquisto di nuovi treni da adibire durante la vigenza del contratto di servizio
con il vettore al servizio in quella Regione; inoltre, per i servizi sulla rete FS, il termine
per il subentro della competenza di programmazione regionale venne fissato al 1o
giugno 1999 (art. 9, d.lgs. 422/1997).
Con il trasferimento di beni e competenze in materia di trasporto ferroviario regionale il
legislatore italiano ha contemporaneamente deciso di tentare la liberalizzazione di
questo settore, in anticipo rispetto ad altri settori del trasporto nazionale e anche rispetto
agli indirizzi della Comunità Europea, attraverso due novità. La prima consisteva
nell’estensione del principio di separazione contabile del gestore dell’infrastruttura
dall’impresa ferroviaria, già previsto dalla direttiva 91/440/CE nella sua prima versione,
anche alle reti comprendenti le ferrovie ex concesse. L’art. 8, comma IV – bis, del d.lgs.
422/1997, inserito dalla l. 400/1999, prevedeva infatti che la gestione della rete e quella
dell’attività di trasporto fossero regolate secondo i principi della direttiva suddetta,
all’epoca trasposta nel d.p.r. 277/1998, e della direttiva 95/19/CE (attuata con il d.p.r.
146/1999), relativi al canone di accesso all’infrastruttura e alla determinazione degli
standard di sicurezza per l’esercizio ferroviario. Successivamente, l’emanazione del
26
Gli accordi di programma sono stati sottoscritti dalle Regioni a statuto ordinario con il Ministero dei
trasporti e della Navigazione a partire dal gennaio 2001. 27
Con il definitivo passaggio alle Regioni di tutte le competenze in materia di ferrovie concesse o in
gestione commissariale governativa, si procedette gradualmente “al riassetto organizzativo e alla
trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in società di capitali, ovvero in cooperative a
responsabilità limitata”: CELLI, PETTINARI, PIAZZA, op. cit., p. 68.
172
d.lgs. 188/2003, abrogando i due decreti di cui sopra, ha suddiviso la rete delle ferrovie
regionali in due categorie:
linee per cui è esclusa l’applicazione di questo testo unico (art. 1, II comma),
ossia le reti ferroviarie locali e regionali isolate, adibite al trasporto di
passeggeri e merci (oltre, tra le altre, le reti di trasporto urbano e suburbano);
il concetto di “isolamento” discende dal fatto che esse non hanno
collegamenti con la rete nazionale, dato dal fatto che queste ferrovie adottano
uno scartamento diverso (nel caso italiano, sempre minore dei 1435 mm
ordinari);
linee cd. interconnesse, individuate dal decreto ministeriale 5 agosto 2005, n.
28T (emanato in attuazione dell’art. 1, V comma, d.lgs. 188/2003), cioè le 23
reti a scartamento ordinario28
collegate alla rete RFI; per queste reti il
legislatore ha previsto l’estensione dei principi valevoli per la rete nazionale
e per le altre imprese ferroviarie29
, al fine di unificare la normativa nazionale
per garantire l’accesso anche ad altri operatori e favorire la concorrenza. In
realtà, ad oggi solo sulla rete di Ferrovienord (Lombardia) si svolgono
servizi merci e passeggeri di altri operatori (Trenitalia), mentre sulle altre
linee tutti i servizi vengono svolti dall’impresa operante in precedenza. Per
converso, molte imprese ferroviarie nate dal riassetto dei gestori delle linee
concesse, una volta ottenuti la licenza e il certificato di sicurezza
(eventualmente il titolo autorizzatorio, qualora parte del loro azionariato sia
detenuto da una società estera), hanno iniziato ad intraprendere servizi
passeggeri e merci, anche di una certa importanza, sulla rete nazionale (come
le Ferrovie Emilia Romagna, o FER).
L’altra novità introdotta nel 1997 riguardava il meccanismo di scelta del vettore
deputato a svolgere i servizi di trasporto ferroviario regionale. Esigenze di risanamento
della finanza pubblica e di apertura al mercato, ancorché non dettate dal legislatore
comunitario, indussero a introdurre nel trasporto pubblico locale il meccanismo delle
28
In realtà sono 22, poiché è stato curiosamente inserito nell’elencazione del decreto anche il sistema di
trasporto a mezzo di funivie del carbone dal porto di Savona a San Giuseppe di Cairo. 29
Infatti l’art. 1, III comma, d.lgs. 188/2003, riconosce che “le reti ferroviarie rientranti nell'ambito di
applicazione del presente decreto e per le quali sono attribuite le funzioni e i compiti di programmazione
e di amministrazione, sono regolate, con particolare riferimento a quanto attiene all'utilizzo ed alla
gestione di tali infrastrutture, all’attività di trasporto per ferrovia, al diritto di accesso all’infrastruttura
ed alle attività di ripartizione ed assegnazione della capacità di infrastruttura, sulla base dei principi
delle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE e dal presente decreto, nonché dal decreto
legislativo n. 422/1997 e successive modificazioni”.
173
procedure concorsuali, ossia vere e proprie gare, con cui scegliere, al termine di un
periodo transitorio, l’impresa ferroviaria che avrebbe gestito l’intero servizio ferroviario
regionale o alcuni suoi lotti. La versione originaria dell’art. 18 del d.lgs. 422/1997
prevedeva, al I comma, che, per i servizi di trasporto pubblico regionale e locale
“comunque effettuati” era obbligatorio stipulare “contratti di servizio pubblico di durata
non superiore a nove anni”30
e che per l’affidamento di tali servizi, ex II comma lett. a,
le Regioni e gli enti locali dovevano far “ricorso alle procedure concorsuali per la
scelta del gestore del servizio o dei soci privati delle società che gestiscono i servizi,
sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all'articolo 19 e in conformità
alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizi e sulla
costituzione delle società miste”. Veniva introdotta così la forma competitiva della
concorrenza per il mercato, secondo quanto abbiamo già visto nel paragrafo
precedente31
. Occorreva però fissare un termine per l’effettiva operatività di questa
previsione: la l. 400/1999 riscrisse allora l’art. 18 in esame, introducendo un comma III
– bis, a norma del quale veniva contemplato un periodo transitorio, da concludersi entro
il 31 dicembre 2003, entro il quale mantenere gli affidamenti agli attuali concessionari;
una volta scaduto il termine, la gara pubblica sarebbe diventata l’unico strumento
riconosciuto per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale. Prima
della scadenza del periodo transitorio, il legislatore italiano ha iniziato l’opera di
continua dilazione dello stesso, in ossequio ad una chiara strategia protezionistica:
dapprima, la legge 1o agosto 2002, n. 166, ha prorogato il termine di un biennio
(previsione esplicitata dal decreto legge 24 dicembre 2003, n. 355 che ha posticipato
l’inizio delle gare al 1o gennaio 2006), poi la legge finanziaria per il 2006 (legge 23
dicembre 2005, n. 266) ha spostato il termine al 31 dicembre 2006 e successivamente il
decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300, ha fissato la nuova scadenza al 31 dicembre
2007. A questo punto non viene concessa nessuna altra proroga, creandosi così una
situazione di estrema confusione: all’inizio del 2008 la maggior parte dei contratti di
servizio stipulati tra Trenitalia e le Regioni era in scadenza e, di conseguenza, si sarebbe
30
Il contratto di servizio è lo strumento negoziale, di natura giuspubblicistica (secondo quanto ha
riconosciuto il TAR del Piemonte nella sentenza 10 giugno 2010, n. 2750, anche se si trattava, nello
specifico, di un contratto per l’esercizio di attività di autotrasporto), che definisce dati e parametri per la
piena corrispondenza tra oneri per i servizi resi e le risorse disponibili, pena la nullità (art.19, d.lgs.
422/1997). Per quanto riguarda i contratti conclusi con Trenitalia, le caratteristiche del servizio dedotte
nel contratto sono stabilite sulla base dell’offerta disponibile sul catalogo della società e secondo le
condizioni qualitative e quantitative richieste dalle Regioni. 31
Di conseguenza, “l’evidenza pubblica diventa così la regola per l’affidamento dei servizi”: IERA, op.
cit., p. 1206.
174
finalmente dovuto ricorrere alle procedure ad evidenza pubblica per la scelta del gestore
del servizio. In realtà nulla di questo è avvenuto, perché il Governo, spinto dalle
minacce di Trenitalia di ulteriori tagli ai servizi vicinali, dopo quelli che avevano
provocato l’ira dei pendolari, ha autorizzato, con il decreto legge 8 aprile 2008, n. 60, la
corresponsione direttamente al vettore monopolista di 80 milioni di euro, oltre ai 300
milioni erogati con il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112. Con questi fondi, le Regioni
hanno “prorogato” tacitamente di un anno i contratti di servizio con Trenitalia, che sono
stati tutti effettivamente rinnovati nel corso del 2009, grazie a tre norme che non vanno
proprio nel senso della liberalizzazione. La prima di queste è l’art. 25 del decreto legge
29 novembre 2008, n. 185 (convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2), che “ha
autorizzato la spesa di 480 milioni di euro (da ripartire successivamente tra le Regioni)
per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 al fine della stipula dei nuovi contratti di
servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia (nome e
cognome)”32
; successivamente, per tutti i nuovi contratti da stipulare, la legge 9 aprile
2009, n. 33 (art. 7, comma III – ter), modificava il I comma dell’art. 18, d.lgs.
422/1997, che ora prevede come “i contratti di servizio relativi all’esercizio dei servizi
di trasporto pubblico ferroviario comunque affidati hanno durata minima non inferiore
a sei anni rinnovabili di altri sei, nei limiti degli stanziamenti di bilancio allo scopo
finalizzati”. Con la locuzione “comunque affidati” il legislatore riconosceva, quindi, la
legittimità delle proroghe che abbiamo appena visto. Infine, “mancava ancora un
passaggio per finire l’opera: l'effettiva cancellazione dell’obbligo delle gare”33
. Questo
è avvenuto con la già vista legge 23 luglio 2009, n. 99, il cui art. 61 legittimava le
amministrazioni competenti ad aggiudicare i contratti di servizio “anche in deroga alla
disciplina di settore” secondo le modalità previste dal regolamento (CE) 1370/2007
(che entrerà in vigore il 3 dicembre 2009), ossia, come prevede l’art. 5, VI par., del
medesimo, tramite aggiudicazione diretta, “a meno che non sia vietato dalla
legislazione nazionale” (ma proprio la l. 99/2009 rimuoveva questo limite).
L’insieme di queste novelle ha quindi modificato radicalmente quella che era l’idea di
risanamento e riforma del trasporto ferroviario regionale delineata nel 1997 e ha
introdotto un regime per cui sarà, forse, rimandato alla scadenza dei contratti
attualmente in vigore l’utilizzo di procedure concorsuali, anche se loro facoltatività
32
BOITANI, op. cit., p. 229. 33
G. STAGNI, Liberalizzazione dei servizi ferroviari: a che punto (non) siamo, giugno 2010, in
“http://www.miol.it/stagniweb/”.
175
lascia dubitare del fatto che le Regioni vogliano intraprendere questa strada34
. C’è da
dire, comunque, che alcune gare per l’aggiudicazione del servizio ferroviario si sono
svolte nel nostro Paese, ma in numero veramente limitato e senza apportare quasi
nessuna novità al panorama ferroviario italiano. La prima è stata bandita nel 2004 dalla
Lombardia per l’affidamento del servizio sulla linea suburbana S5 ed è stata aggiudicata
nel 2008 ad un raggruppamento di imprese che già operavano in Regione (ATM di
Milano, Le Nord e Trenitalia) e che hanno presentato l’unica offerta ritenuta valida (si
erano presentati anche operatori esteri, come Connex), comunque vantaggiosa perché
l’aggiudicatario ha offerto un prezzo inferiore al 15% della base d’asta. Sempre ad
operatori già attivi sono andate la gare bandite in Emilia - Romagna nel 2008 (il
contratto scadrà nel 2014) e quella in Veneto (Trenitalia e Sistemi Territoriali) per
l’affidamento di circa il 75% del servizio regionale a partire dal 1o gennaio 2009. Il
Piemonte, invece, è stata l’unica Regione ad aver messo a gara, con bando pubblicato
l’11 novembre 2009, circa il 60% del servizio, suddividendolo in tre lotti; Trenitalia
aveva poi dato la sua disponibilità a gestire il servizio nel periodo intercorrente tra
l’aggiudicazione della gara e l’inizio della gestione dei vincitori. Al bando hanno
risposto con quattro “manifestazioni di interesse” sia il raggruppamento Trenitalia –
Gruppo Torinese Trasporti (GTT), che altri tre operatori come le Ferrovie Federali
Svizzere (FFS), Arriva e Veolia. Le FFS hanno ritirato presto l’offerta, avendo
riscontrato la non sostenibilità economica dell’operazione, mentre per le altre imprese
non c’è stato bisogno di fare nulla, dato che la giunta regionale uscita dalle elezioni del
2010 ha deciso di cancellare la gara e ricorrere all’affidamento diretto del servizio (a
Trenitalia e GTT, ovviamente). La scelta non pare essere stata delle più felici visto che,
da giugno 2012, il Piemonte e Trenitalia hanno deciso di sopprimere il servizio su ben
11 linee regionali, considerate a scarso traffico e quindi non remunerative. Il fatto che i
servizi automobilistici sostitutivi siano gestiti non da Trenitalia ma da operatori privati
vicini alla giunta leghista e che la riduzione del servizio sia stata giustificata da un taglio
alle risorse finanziarie che, in realtà, avrebbe permesso di gestire comunque parte di
queste linee, la dice lunga sulla politica di riequilibrio modale di certe amministrazioni
pubbliche.
34
Come è stato riconosciuto dall’AGCM nella già vista segnalazione AS 528 del 2009, il nuovo termine
di durata dei contratti “unitamente alla reintroduzione della possibilità dell’affidamento diretto, avrebbe
l’effetto di continuare a sottrarre ad ogni confronto concorrenziale il settore […] di fatto fino al 2015 –
se non al 2021”.
176
La questione dell’affidamento del servizio di trasporto pubblico non si è arrestata con la
“novella” del 2009. Senza dar conto dei ben 17 accordi e provvedimento normativi che
si sono succeduti in materia di trasporto locale tra il 2010 e il 201235
, e che hanno
continuamente mutato l’entità dei finanziamenti da destinare ai servizi di trasporto, a
seguito dei referendum del 12 e 13 giugno 2011, in cui un quesito era dedicato alle
modalità di affidamento dei servizi locali di rilevanza economica, il Governo ha
proceduto a recepire le indicazioni dell’elettorato attraverso il decreto legge 13 agosto
2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148). Dal
combinato disposto degli artt. 3 – bis (introdotto in sede di conversione) e 4, che
all’inizio non si applicavano al trasporto ferroviario, risulta che il legislatore aveva
l’intenzione di liberalizzare completamente il servizio pubblico locale: prima di
procedere all’affidamento del servizio stesso, gli enti locali dovevano attuare una
verifica della realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici di
rilevanza economica, il cui esito positivo legittimava l’ente a liberalizzare il servizio,
nei limiti della rilevanza sociale dello stesso. Se la verifica invece indicava come
necessaria una via più “cauta”, l’ente locale, a seguito di una delibera quadro che
illustrasse i motivi della scelta, procedeva all’attribuzione di cd. diritti di esclusiva: si
procedeva, cioè, all’affidamento tramite gara, il cui vincitore poteva vantare un diritto di
servire in esclusiva il lotto assegnato (concorrenza per il mercato). Il decreto legge 24
gennaio 2012, n. 1 (“cresci Italia”), ha successivamente esteso questa disciplina al
trasporto ferroviario regionale, ma l’art. 25, I comma, n. 9.3, ha comunque fatto “salvi
fino alla scadenza naturale dei primi sei anni di validità, gli affidamenti e i contratti di
servizio già deliberati o sottoscritti in conformità all'articolo 5 del regolamento (CE) n.
1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, ed in
conformità all’articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99”, ossia i contratti di servizio
già stipulati con Trenitalia, ma solo per i primi sei anni, non potendo, quindi, procedersi
al loro prolungamento per altri sei anni, compre prevede la l. 33/2009. I due governi che
si sono succeduti nel dettare queste previsioni avevano, per esigenze di risanamento
della finanza pubblica, deciso di procedere ad una liberalizzazione generalizzata,
abbattendo le barriere che erano state introdotte nel 2009 per l’affidamento del servizio.
Sul punto è, però, intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2012, n.
199, che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 13
35
Secondo la ricostruzione dettagliata compiuta da G. STAGNI, Uno Stato allo sbando: in due anni, 17
leggi e accordi sul Trasporto Pubblico Locale, agosto 2012, in “http://www.miol.it/stagniweb/”.
177
agosto 2011, n. 138 […], sia nel testo originario che in quello risultante dalle
successive modificazioni” in quanto è stato ritenuto incompatibile con la volontà
popolare espressa dal referendum del 201136
. Di conseguenza, è ritornata in vigore la
disciplina introdotta, da ultimo, dalla l. 99/2009: le gare per l’affidamento del servizio
di trasporto ferroviario regionale ritornano ad essere facoltative, venendo privilegiato
l’affidamento diretto, e i contratti di servizio possono essere rinnovati alla scadenza dei
primi sei anni di validità.
Infine, il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, sulla cd. Spending Review (convertito, con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135), ha indicato nell’art. 16 – bis, I
comma, le modalità per ripartire le risorse a favore di tutti i sistemi di trasporto pubblico
(incluso quello ferroviario), al fine di “incentivare le Regioni e gli enti locali a
razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi”: il sistema
prevede che l’offerta di servizio debba essere “più idonea, più efficiente ed economica
per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico”, risultato ottenibile con “la
progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il
corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata”.
Poiché, come è noto, il mezzo di trasporto pubblico che determina i costi maggiori e
necessita, quindi, di maggiori sussidi dalle autorità pubbliche, è il treno, la norma
potrebbe segnare “la definitiva emarginazione della ferrovia italiana”37
, in quanto le
suddette autorità indirizzerebbero i loro sforzi verso il mezzo su gomma, per ridurre i
costi del trasporto pubblico e rientrare, quindi, nei parametri fissati dal Governo per
l’erogazione delle risorse secondo criteri di premialità, basati proprio sulla capacità di
risparmiare di ogni amministrazione. Queste preoccupazioni hanno trovato, purtroppo,
riscontro nel comportamento di Regioni come il Piemonte, l’Abruzzo e la Campania,
che, a partire da giugno 2012, hanno proceduto a massicci “tagli” al servizio ferroviario
regionale. Altre Regioni, come il Trentino – Alto Adige, hanno invece decisamente
incrementato negli ultimi anni l’offerta di treni regionali, attraverso una perfetta
integrazione logistica e tariffaria con gli altri mezzi di trasporto, eliminando corse inutili
o parallele e creando un vero e proprio “sistema” di trasporto per i cittadini.
36
Come fa notare brevemente G. DI MARCO, Brevi dalla Consulta, in Quotidiano legale, 23 luglio
2012, “http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/”, “la normativa censurata costituisce ripristino della
normativa abrogata, considerato che essa introduce una nuova disciplina della materia, «senza
modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina normativa preesistente né i contenuti
normativi essenziali dei singoli precetti», in palese contrasto, quindi, con l’intento perseguito mediante il
referendum abrogativo”. 37
STAGNI, op. ult. cit., “http://www.miol.it/stagniweb/”.
178
3. La concorrenza nel mercato: i servizi a media e lunga percorrenza
A differenza dei servizi di interesse locale e regionale, in cui il tipo di livello
concorrenziale prescelto non è quasi mai stato attuato e pertanto la liberalizzazione non
ha ancora avuto alcun risultato pratico, nell’ambito dei servizi a più ampio raggio la cd.
concorrenza nel mercato sta registrando, invece, un discreto sviluppo negli ultimi anni.
In particolare, a seguito della liberalizzazione del trasporto internazionale di passeggeri
e all’apertura al traffico della rete ad alta velocità italiana (di proprietà di RFI), anche
imprese ferroviarie diverse da Trenitalia si sono, dapprima timidamente, affacciate sul
mercato del trasporto ferroviario italiano: vediamo come.
3.1. Eurocity tedeschi ed austriaci sul Brennero
Proprio l’emanazione della direttiva 2007/58/CE sulla liberalizzazione del trasporto
internazionale di passeggeri, effettiva dal 1o gennaio 2010 per tutte le imprese (non più
obbligate ad operare nella forma dell’associazione internazionale), ha permesso di
apportare qualche novità, non sempre però positiva, al traffico ferroviario europeo. Per
quanto riguardo l’Italia, grazie alla normativa europea e al suo recepimento in Italia (l.
99/2009 e d.lgs. 15/2010), le imprese ferroviarie risultanti dalla riorganizzazione delle
Ferrovie di Stati confinanti con il nostro hanno subito guardato con interesse alla rete
nazionale. Negli ultimi anni, infatti, sono state sciolte progressivamente le
collaborazioni che Trenitalia aveva con le rispettive imprese ex monopoliste estere per
la gestione dei servizi passeggeri internazionali (classificati come Eurocity i treni diurni
ed Euronight quelli notturni), così che ogni vettore, posseduti i necessari requisiti
tecnici e giuridici per richiedere la capacità d’infrastruttura, potesse operare
separatamente e solo sulle tratte che ritenesse redditizie. Una volta libere di svolgere
servizio singolarmente, le imprese ferroviarie, forse per evitare che il titolo
autorizzatorio di cui al d.lgs. 188/2003 permettesse di “intaccare” il loro mercato
nazionale, hanno preferito acquistare la partecipazione azionaria di imprese già operanti
(e quindi già in possesso dei requisiti di legge) o stipulare accordi con le medesime per
svolgere, in territorio italiano, i servizi internazionali.
Quest’ultima pratica fu sperimentata nel nostro Paese per la prima volta dalla Ferrovia
Tedesca (Deutsche Bahn, in proseguo DB) e dalle Ferrovie Federali Austriache
179
(Österreichischen Bundesbahnen, ÖBB)38
che nel 2009 conclusero un accordo di
collaborazione con la compagnia ferroviaria lombarda Le Nord S.r.l.39
, creando così una
joint venture, per la gestione dei treni Eurocity lungo l’asse Verona – Brennero –
Monaco di Baviera a partire dal cambio di orario del 13 dicembre 2009. Sia la DB che
le ÖBB non hanno mai richiesto né la licenza né il certificato di sicurezza e, pertanto, si
sono “appoggiate” ad un’impresa ferroviaria già in possesso di questi requisiti40
, da anni
molto attiva nel trasporto merci in tutta Italia e con cui la DB collaborava. Le Nord
(oggi Trenord) fornisce tutto il personale di condotta del treno sulla tratta italiana e
controlla il movimento dei treni attraverso un sistema informatico apposito41
; fino
all’immatricolazione delle locomotive austriache gruppo 1216 (all’interno del parco Le
Nord come E 190) forniva anche la trazione, mentre le carrozze sono, attualmente, tutte
di proprietà di ÖBB. La DB coordina la gestione dei servizi e cura la vendita dei
biglietti, il marketing e i rapporti con la clientela42
.
I treni Eurocity tra l’Italia (da Milano, Roma, Venezia e Verona) e il Sud della
Germania non sono certo una novità, essendo stati istituiti fin dagli anni ’80 e gestiti
sulla tratta italiana dalle FS (poi dalla Divisione Passeggeri di Trenitalia): la scelta di
abbandonare la collaborazione con questo vettore venne dettata dal comportamento di
Trenitalia stessa, che, a causa di scelte unilaterali e dallo scarso interesse per questi
servizi (la DB lamentava continui ritardi nel tratto italiano, oltre a vetture sporche e con
frequenti guasti), non ha fatto poi nulla per “ricucire” lo strappo. Le tracce richieste da
Le Nord erano le stesse degli Eurocity gestiti da Trenitalia (con alcune limitazioni di
percorso): il servizio prevedeva una coppia di treni Monaco – Bolzano, una Monaco –
Bologna, una Monaco – Milano e due Monaco – Verona, per un totale quindi di 10 treni
38
Le DB, il cui acronimo viene spesso sciolto in Die Bahn (La Ferrovia), sono la società per azioni
risultante dalla privatizzazione della Ferrovia Federale Tedesca (Deutsche Bundesbahn) ma ancora
totalmente in mano pubblica. Il settore passeggeri a media e lunga percorrenza come quello internazionale
è di competenza di DB Fernverkehr. Anche le ÖBB sono una holding detenuta al 100% dallo Stato, che
gestisce i servizi passeggeri che qui ci interessano attraverso la controllata ÖBB Personenverkehr. 39
Si tratta della società del gruppo Ferrovie Nord Milano S.p.a. che ha svolto, dal 2004 fino alla
costituzione di Trenord nel 2011, i servizi regionali della Lombardia sulla rete sociale e nel Passante di
Milano. 40
In particolare, il certificato di sicurezza per la linea del Brennero, la Milano – Venezia e la Verona -
Bologna è stato rilasciato a Le Nord il 5 agosto 2008 (certificato 3/2008) per l’espletamento di servizi
merci, mentre il certificato 35/2009 ha esteso a tali linee la possibilità di svolgere servizi passeggeri. 41
“Le NORD non ha rischio commerciale in quanto viene pagata come un fornitore, a un prezzo fisso,
indipendentemente dai viaggiatori trasportati” secondo G. STAGNI, La liberalizzazione dei servizi
ferroviari. I primi due casi del Brennero e di Arenaways, novembre 2010, in
“http://www.miol.it/stagniweb/”. 42
Le “Condizioni di trasporto per l’uso dei treni della cooperazione DB-ÖBB (traffico via Brennero) in
Italia” riconoscono la qualifica di vettore contrattuale, ai sensi dell’art. 3 regolamento (CE) 1371/2007,
solo alle DB.
180
giornalieri lungo la linea del Brennero, pari a circa l’1,2% dei servizi passeggeri
nazionali (o all’1,6% dei servizi passeggeri totali delle Regioni attraversate).
Ancor prima di iniziare il servizio, la joint venture ha dovuto sperimentare i
comportamenti di Trenitalia e RFI che hanno cercato, in vario modo, di limitare il più
possibile l’accesso al mercato di nuovi concorrenti. Come già abbiamo visto nel
capitolo precedente, la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio
2009 ha trasferito la proprietà di alcuni immobili di RFI ad altre società del gruppo FS
Italiane, tra cui Trenitalia. Il trasferimento riguardava anche gli impianti di
manutenzione dei rotabili, ossia degli immobili “essenziali per la gestione dei servizi
ferroviari, a suo tempo realizzati con fondi del bilancio statale, che vengono ceduti […]
senza alcuna procedura ad evidenza pubblica, che consenta di realizzare non solo il
massimo ricavo possibile per lo Stato, ma anche di attuare il principio di concorrenza
tra tutte le imprese ferroviarie”43
. Grazie a questa direttiva, Trenitalia non ha concesso a
Verona e Bologna l’utilizzo dei servizi elettrici di terra per alimentare, durante la sosta
notturna, i servizi ausiliari delle vetture (riscaldamento, frigoriferi delle vetture
ristorante ecc.), obbligando Le Nord a tenere accesa nottetempo la locomotiva44
. Oltre a
questo, il soggetto deputato ad omologare il materiale rotabile al fine di poter circolare
in sicurezza sulla rete, RFI, ha, prima, limitato le locomotive di Le Nord ad una velocità
massima inferiore a quella potenziale, poi ha ritardato l’omologazione delle nuove
locomotive austriache; sempre RFI ha assegnato delle tracce, per fortuna riviste a partire
dall’estate 2010, diverse da quelle richieste, che comportavano un ingiustificato
aumento dei tempi di percorrenza e sembravano studiate apposta per evitare le
coincidenze dirette a Bolzano e Fortezza con i servizi per Merano e la Val Pusteria, da
cui provengono molti passeggeri di questi Eurocity.
Una volta iniziato il servizio, RFI non ha più indicato nei tabelloni luminosi delle
stazioni questi convogli45
, che sono scomparsi da tutti gli orari ufficiali italiani, sia
cartacei che telematici, eccetto quelli situati nelle stazioni servite. Infine, “un altro
43
M .CRUCIANI, tra il dire e il fare c’è di mezzo…il binario, in iTreni oggi, n. 322/2010, p. 4. 44
Occorre far notare che, tra i servizi che il gestore dell’infrastruttura dovrebbe garantire alle imprese
ferroviarie, dietro corrispettivo, vi sono anche, ex art. 20, II comma, lett. e, d.lgs. 188/2003, le “aree,
impianti ed edifici destinati alla sosta, al ricovero ed al deposito di materiale rotabile e di merci”. 45
E’ interessante notare che la questione dei servizi da fornirsi alle imprese ferroviarie viene trattata dalla
recentissima direttiva 2012/34/UE all’art. 13, il quale prevede, al II par, che “gli operatori degli impianti
di servizio forniscono, su base non discriminatoria, a tutte le imprese ferroviarie l’accesso, incluso
l’accesso alle linee, alle strutture di cui all’allegato II, punto 2, e ai servizi forniti in tali strutture”: tra
queste strutture vi sono proprio le “stazioni passeggeri, loro edifici e altre strutture inclusi i sistemi di
informazione di viaggio e spazi adeguati per i servizi di biglietteria”.
181
problema è stata la vendita dei biglietti, negata nelle stazioni italiane benché […] un
accordo in merito fosse stato proposto a Trenitalia”46
. Per ovviare a questa grave
mancanza, che nel primo anno di esercizio ha contribuito ad attribuire a questi convogli
il soprannome di “treni fantasma”, la DB hanno permesso di acquistare il biglietto
anche in treno ma senza il pagamento di alcun sovrapprezzo (a differenza di quanto
avviene per tutti i treni di Trenitalia): le “Condizioni di trasporto per l’uso dei treni della
cooperazione DB-ÖBB (traffico via Brennero) in Italia”47
affermano, al punto 2.1.2, che
a bordo dei treni vengono di regola venduti biglietti al prezzo normale, con l’importante
precisazione del punto 3.12, a norma del quale “al fine di rendere più allettanti e di far
conoscere meglio i treni della cooperazione DB-ÖBB […] sul territorio italiano si
rinuncia fino a nuovo ordine alla riscossione dei diritti per la vendita a bordo dei
biglietti per le tratte su cui fanno servizio i treni DB-ÖBB”. In internet48
si trovano
vantaggiose offerte, soprattutto per viaggi interni all’Italia, essendo stata sfruttata
appieno la possibilità, riconosciuta dalla direttiva 2007/58/CE, di effettuare cabotaggio
nell’ambito del servizio internazionale. Soffermandoci brevemente sulle medesime
condizioni, il punto 1 detta il loro ambito di validità: esse regolano il contratto di
trasporto, ma solo per la parte italiana del percorso, unitamente al regolamento (CE)
1371/2007. Per i viaggi transfrontalieri si applicano le regole già viste della CIV oltre ad
altre disposizioni poco note al pubblico italiano (anche perché consultabili solo in
lingua tedesca), ossia le “Condizioni speciali internazionali di trasporto” della DB stessa
(Besondere Internationale Beförderungsbedingungen der Deutschen Bahn AG). Come
si evince dall’analisi della “Introduzione” di queste ultime (“Einleitung”), esse si
applicano ai biglietti venduti dalla DB Fernverkehr o da società del medesimo gruppo e
da rivenditori legati da un rapporto contrattuale con il vettore tedesco. Le Condizioni di
trasporto in esame, a cui ci sembra di dover riconoscere valenza negoziale (al pari di
quelli di Trenitalia, per certa parte della dottrina), non presentano grandi differenze con
quelle del vettore nazionale, salvo un fattore di non poco conto: i treni Eurocity sul
Brennero non sono a prenotazione obbligatoria (punto 2.3) per ragioni di flessibilità
46
G. SCOLARI, Eurocity tedeschi sul Brennero, in iTreni oggi, n. 325/2010, p. 16. 47
Scaricabili o consultabili dal sito web “www.bahn.com/i/”. 48
Il biglietto on – line viene disciplinato dalla seconda parte delle condizioni; in particolare, il punto 3
(stipula del contratto) prevede che, nel caso di acquisto su internet, il contratto si intende “stipulato
momento in cui si fa clic sul pulsante di prenotazione su www.bahn.com/it o su www.obb-italia.com”,
mentre in caso di acquisto tramite prenotazione telefonica, il contratto si perfeziona con la consegna dei
biglietti all’ordinante (o alla persona da lui indicata).
182
apprezzate dai passeggeri tedeschi , mentre, come abbiamo visto, per tutti i treni a
media e lunga percorrenza di Trenitalia la prenotazione è divenuta obbligatoria.
Nonostante tutti questi problemi iniziali, il servizio è partito regolarmente il 13
dicembre 2009 con l’offerta di 10 treni giornalieri, anche se l’utenza è stata scarsa, in
quanto i convogli erano frequentati principalmente da passeggeri tedeschi ed austriaci
che conoscevano già questi treni, mentre i viaggiatori italiani, abituati da sempre a
rivolgersi solo a Trenitalia per le loro esigenze di mobilità ferroviaria, non erano a
conoscenza del nuovo servizio, anche a causa della scarsa informazione sugli organi di
stampa nazionali e locali. Solo il Trentino – Alto Adige ha cercato di promuovere da
subito i nuovi Eurocity, ben consapevole del loro potenziale turistico e della loro
importanza per i pendolari tra Bolzano e Innsbruck.
Nel corso del primo anno di esercizio, grazie anche alle campagne pubblicitarie
promosse dopo un braccio di ferro con Trenitalia che ostacolava la messa in opera di
cartelloni pubblicitari nelle stazioni e a molte offerte per i viaggiatori italiani, il servizio
ha visto crescere i loro utenti, tanto che Le Nord, seguendo le indicazioni della DB, il 7
maggio 2010 richiedeva al gestore dell’infrastruttura l’assegnazione di nuove tracce, a
partire da nuovo orario 2010/2011, per la velocizzazione del servizio e per la sua
estensione a ben 14 treni, la maggior parte con destinazione Bologna. Come prevede
l’art. 24, comma I - bis, d.lgs. 188/200349
, Le Nord informava l’Ufficio per la
Regolazione dei Servizi Ferroviari (URSF) di aver richiesto tali tracce, cosi che lo
stesso potesse valutare, ai sensi dell’art. 59, III comma, l. 99/2009, se i servizi
programmati potessero compromettere l’equilibrio di contratti di servizio pubblico
esistenti e se, quindi, i primi dovessero essere soggetti a limitazioni nel diritto di far
salire o scendere passeggeri nella tratta italiana, come prevede il II comma della
medesima disposizione. Trenitalia aveva già inviato una nota all’URSF con cui
affermava che i servizi della joint venture si sovrapponevano a quelli che essa erogava a
livello regionale in Trentino – Alto Adige, Veneto, Lombardia e Emilia – Romagna.
L’URSF, come prevede la procedura di cui agli artt. 37, d.lgs. 188/2003, e 59, l.
99/2009, richiede la documentazione pertinente a tutti i soggetti appena visti, sia
istituzionali che imprese ferroviarie e RFI, per poter decidere sull’eventuale limitazione.
Per tutte le Regioni interessate, tranne il Veneto, i servizi non creano alcuna distorsione
49
Per la parte che ci riguarda, esso recita: “qualora un richiedente intenda chiedere capacità di
infrastruttura al fine di svolgere un servizio di trasporto internazionale di passeggeri di cui all'articolo 3
della direttiva 91/440/CEE, informa i gestori dell’infrastruttura e gli organismi di regolamentazione
interessati”. La norma è stata introdotta dal d.lgs. 15/2010.
183
al servizio pubblico affidato a Trenitalia, a causa della loro frequenza inferiore rispetto
ai treni regionali, né, pertanto, sussiste alcun rischio al riguardo. L’unica Regione che la
pensa diversamente è il Veneto, per il quale le tracce richieste da Le Nord interferiscono
con alcuni treni della Regione e possono creare problemi di circolazione, oltre a
sottrarre utenza. Trenitalia, dal canto suo, sostiene che “anche una perdita contenuta
nella quota di mercato contendibile causa la perdita della metà del risultato dei bacini
netti presi a riferimento, senza che la società abbia modo di incidere su tale perdita”.
L’URSF richiede anche un parere sull’impatto dei servizi di Le Nord alla Direzione
Generale Trasporto Ferroviario del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ma
questa si limita ad affermare la difficoltà di valutazione circa l’effettivo spostamento di
utenza dai treni regionali di Trenitalia agli Eurocity. L’URSF emette infine la sua
decisione nel protocollo n. 659 del 6 dicembre 2010, con cui dispone che i servizi di
DB/ÖBB/Le Nord non possano effettuare alcuna fermata intermedia in Italia: di
conseguenza, viene previsto che i viaggiatori possano salire solo nella stazione di
partenza (Bologna, Milano, Venezia, Verona o Bolzano) e scendere esclusivamente
oltre confine, cioè a partire da Innsbruck. La decisione ha suscitato un vespaio di
polemiche, visto che l’URSF ha dato peso maggiore alle voci (minoritarie) del Veneto e
di Trenitalia e ha adottato la sua decisione solo pochi giorni prima del cambio di orario
(e del probabile avvio del servizio) fissato per il 12 dicembre 2010, creando così un
danno a livello organizzativo per l’impresa vittima del provvedimento. A questo punto,
Le Nord citano in giudizio davanti al T.A.R. del Lazio l’URSF per chiedere
l’annullamento di questa decisione.
Solo quattro giorni dopo l’URSF sospende il divieto di fermata per i tre mesi successivi
(decisione n. 671 del 10 dicembre 2010). La nuova decisione viene giustificata proprio
dalla necessità di “evitare gravi problemi commerciali” alla joint venture e “per
salvaguardare i passeggeri già in possesso di biglietti” venduti in grande quantità per le
festività di dicembre e gennaio. In realtà, la sospensione del divieto di fermata è stata
dettata anche da ragioni politiche, ossia dal pressing dei vertici tedeschi della DB e delle
giunte provinciali di Trento e Bolzano sul Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti,
Altero Matteoli (come sappiamo, l’URSF è incardinato all’interno di detto Ministero, e
quindi, nonostante venga rimarcata la sua indipendenza, è sicuramente soggetto
all’influenza del responsabile del dicastero). Pertanto, grazie a questo provvedimento, i
treni hanno continuato ad effettuare le fermate già servite in precedenza, con
184
l’eccezione del nuovo collegamento Eurocity Venezia – Monaco, a cui fu inibita la
sosta tra Venezia e Verona.
La sospensione verrà poi prorogata dalla decisione n. 134 del 17 febbraio 2011, che ha
disposto una ulteriore proroga temporanea fino all’emanazione del provvedimento di
riesame50
, richiesto in precedenza da Le Nord. Tale provvedimento verrà emanato con
la decisione n. 471 del 24 giugno 2011: all’URSF pervengono le nuove valutazioni dei
soggetti interessati, ed in particolare, la Provincia Autonoma di Bolzano rileva che “in
base ai dati della frequentazione annua dei treni DB/ÖBB/Le Nord sulla tratta
Brennero – Verona risulta che l’89% deriva da traffico internazionale, il 10% da
passeggeri sulla tratta Brennero – Verona e l’1% da passeggeri provenienti da altre
relazioni internazionali: questo dimostrerebbe l’internazionalità dei servizi e la scarsa
ripercussione economica sulle entrate di Trenitalia S.p.a.”. Anche le altre Regioni,
Veneto compreso, si allineano a questa posizione, e, in più, Le Nord propongono una
ridefinizione del servizio con l’orario 2011/2012 (attraverso l’accordo del 12 maggio
2011 tra DB Fernverkehr e Trenitalia), abbandonando il collegamento Milano –
Monaco e prevendendo che la fermata di Padova possa essere utilizzata solo dai
viaggiatori diretti sulla linea del Brennero o all’estero. Pertanto, l’URSF, non
ravvisando più alcuna compromissione dei contratti di servizio pubblico, dispone che il
servizio delle Nord possa essere avviato senza limitazioni dal 12 dicembre 2011,
secondo quanto previsto dall’accordo del 12 maggio con Trenitalia51
. Anche in questo
caso, la decisione dell’organismo di regolazione discende anche da altri fattori: “DB e
Trenitalia avevano raggiunto un accordo e […] quindi il nuovo entrante era stato
«accettato» dall’incumbent. Del resto […] l’entrante era uno dei grandi monopolisti
europei, per di più alleato di una compagnia regionale italiana (Le Nord) con cui
Trenitalia aveva appena costituito una società comune per monopolizzare l’attraente
mercato lombardo. Inoltre, nel dicembre 2010, FS aveva acquistato proprio da
50
La decisione n. 659 prevedeva la possibilità di un suo riesame, ex art. 59, IV comma, l. 99/2009, solo a
seguito di “significative modifiche dei contratti di servizio pubblico”: tali modifiche sono intervenute con
la rimodulazione dei servizi di Trenitalia a partire dall’orario 2010/2011, e quindi il 5 gennaio 2011 Le
Nord hanno avanzato all’URSF richiesta di riesame. 51
Grazie a questa decisione, il 29 settembre 2011 Le Nord hanno presentato al T.A.R. del Lazio istanza
per la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso avverso la decisione n. 659 dell’URSF.
Il 7 ottobre 2011 il tribunale ha dichiarato definitivamente improcedibile il ricorso (sentenza emessa dalla
III Sezione, n. 7784).
185
Deutsche Bahn la società Arriva Deutschland. Insomma tra FS e DB c’è un
«business»”52
.
Da ultimo, dal 23 agosto 2011 i biglietti per i treni Eurocity del Brennero sono venduti
anche nelle biglietterie di Trenitalia, ad eccezione di quelle self service, contribuendo a
rendere più “visibili” questi servizi ad una clientela italiana maggiormente estesa. Il
ripristino dei collegamenti Frecciargento tra Verona e Bolzano ha contribuito a creare
una vera concorrenza (nel mercato) lungo la linea del Brennero, in quanto i passeggeri
possono scegliere tra un’offerta e una gamma di promozioni tariffarie relativamente
ampie (ma speculari) di due imprese ferroviarie diverse, a tutto vantaggio della mobilità
ferroviaria lungo un importante valico internazionale.
3.2. La vicenda di Arenaways
Se per DB ed ÖBB, nonostante le molteplici difficoltà incontrate, è stato possibile
comunque garantire un servizio che a grandi linee ricalca quello originariamente
previsto, peggio è andata alla prima impresa ferroviaria interamente italiana di trasporto
passeggeri. Arenaways è stata fondata nel 2006 dall’imprenditore Giuseppe Arena, già
attivo presso altre imprese ferroviarie, e da altri soci tutti piemontesi. Alla società per
azioni venne rilasciata la licenza ferroviaria “europea” (quella prevista dall’art. 7 del
d.lgs. 188/2003) n. 47 nel luglio 2007, mentre la certificazione di sicurezza per lo
svolgimento di servizi passeggeri (tutti su linee lombarde e piemontesi) era contenuta
nel certificato n. 28/2009, rilasciato il 26 agosto 2009. Arenaways iniziò la propria
attività operativa nel trasporto merci e nella trazione53
di convogli turistici notturni tra la
Germania o l’Olanda e il Nord – Ovest dell’Italia (limitatamente al percorso sulla rete
RFI). Successivamente, la società dichiarò la volontà di iniziare un servizio passeggeri,
senza alcun sussidio né regionale né statale, tra Torino e Milano, attraverso un percorso
ad anello che permettesse di collegare i due capoluoghi sia via Novara – Vercelli che
via Pavia – Alessandria; il servizio si sarebbe svolto con composizioni fisse di carrozze
moderne costruite in Romania, caratterizzate da una classe “Unica” (a metà strada tra
prima e seconda) e dotate alcune di servizi veramente innovativi (emettitrice di biglietti,
52
A. BOITANI, F. RAMELLA, Arenaways e altre storie ferroviarie (poco edificanti), in Mercato
Concorrenza Regole, n. 1/2012, p. 110. 53
Come già sappiamo, sia il legislatore comunitario (da ultimo nella direttiva 2012/34/UE, all’art. 3, n.1)
che quello interno (art. 3, lett. g, d.lgs. 188/2003) considerano impresa ferroviaria anche quelle imprese
che forniscono solo la trazione.
186
bottega dove comprare generi alimentari, lavanderia e wi - fi gratuita)54
, trainate da
locomotive detenute in base ad un contratto di leasing con il costruttore Bombardier55
.
Questo tipo di servizi si rivolgeva ad una clientela pendolare di tipo più “alto” rispetto
ai viaggiatori dei treni regionali, visto che la tariffa intera era più vicina a quella di un
Intercity che di un Regionale e, nelle intenzioni della società, tali convogli dovevano
viaggiare classificati come “Rapidi”. Proprio la qualificazione del servizio fu oggetto,
tra il 2008 e il 2009, di “una fitta corrispondenza tra Ministero (delle Infrastrutture e
dei Trasporti; NdA), RFI, URSF […] e Regioni interessate”56
, in quanto, per alcuni, il
d.lgs. 422/1997 riconosceva competenza esclusiva alle Regioni per il trasporto di
carattere regionale, mentre il Ministero affermò che detta competenza si limitava
all’erogazione dei servizi (verso corrispettivo) necessari a soddisfare le esigenze di
mobilità, potendo le tracce rimaste libere essere sfruttate per servizi non sussidiati (cd.
“a mercato”)57
.
Una volta richieste da Arenaways le tracce per lo svolgimento del suo servizio
passeggeri, il destinatario della richiesta di capacità di infrastruttura, RFI, comunica
all’URSF (il 13 maggio 2010) la richiesta dell’impresa ferroviaria, affinché l’organismo
di regolazione possa compiere le sue valutazioni ai sensi dell’ormai noto art. 59, l.
99/2009, come avvenuto per gli Eurocity del Brennero. A questo punto inizia il
procedimento istruttorio davanti all’URSF e l’atteggiamento dei soggetti coinvolti
rispecchia, purtroppo, lo stesso del caso DB/ÖBB: Trenitalia usa addirittura la stessa
espressione, quando (il 5 agosto 2010) comunica all’URSF che “i nuovi servizi
annunciati dall’impresa ferroviaria Arenaways presenterebbero un forte impatto
rispetto ai servizi esercitati dalla stessa Trenitalia in regime di obbligo di servizio
pubblico, e che è sufficiente perdere ridotte quote di mercato […] per mettere in causa
la metà dell’utile conseguito da Trenitalia sulle linee/bacini di traffico interessati”.
Anche l’atteggiamento delle Regioni interessate non è certo favorevole alla nuova
compagnia: dapprima il Piemonte si esprimeva a favore del servizio proposto, purché le
tariffe fossero superiori a quelle del trasporto regionale, salvo poi, dopo l’ennesima
54
Importante è sottolineare anche la dotazione di sicurezza delle vetture, visto che la presenza del
defibrillatore e di un sistema antincendio automatico sono assolute novità nel panorama ferroviario
italiano. Inoltre su queste vetture l’accesso dei disabili era sempre consentito senza necessità di preavviso
(addirittura l’AD della società, Arena, dichiarava di concedere gratuitamente due posti per i disabili ad
ogni viaggio). 55
Cfr. M. MINARI, Arenaways è partita, in iTreni oggi, n. 332/2010, pp. 13-15. 56
STAGNI, op. ult. cit., “http://www.miol.it/stagniweb/”. 57
Una volta iniziato il servizio, i treni venivano però indicati negli orari e nei tabelloni luminosi come
Regionali.
187
minaccia di Trenitalia di sopprimere alcune corse, cambiare idea e sostenere, in modo
contraddittorio, che il servizio di Arenaways rientra tra “i servizi di trasporto pubblico
locale di interesse regionale” nonostante somigli più ad “un servizio passeggeri in
ambito nazionale di «media – lunga percorrenza»”. La Lombardia si è dimostrata fin da
subito contraria al nuovo competitor in quanto l’impresa ferroviaria regionale, Le Nord,
si era appena alleata con la locale Divisione Trasporto Regionale di Trenitalia, creando
la società TLN (dal maggio 2011 Trenord), “quindi non ha certo remato a favore del
nuovo entrante e potenziale concorrente della (in parte) «sua» compagnia
ferroviaria”58
. Come si può ben immaginare, stavolta l’URSF si è trovato a decidere
con gli “avversari” di Arenaways tutti concordi e quindi appare scontato che la
decisione n. 589 del 9 novembre 2010, emessa ai sensi dei commi II e III dell’art. 59, l.
99/2009, riconosca la compromissione dell’equilibrio economico dei contratti di
servizio pubblico e che, conseguentemente, alla nuova impresa ferroviaria vengano
inibite tutte le fermate intermedie lungo il percorso, con la possibilità di far salire e
scendere i viaggiatori solo nelle stazioni di Milano (Rogoredo e Porta Garibaldi) e
Torino (Lingotto e Porta Susa)59
. Anche stavolta la decisione viene emanata solo pochi
giorni prima dell’inizio del servizio, che è partito il 15 novembre 2010 con due coppie
no – stop tra Torino e Milano (via Novara), incrementate da un’ulteriore coppia a
dicembre. Oltre a questo, le tracce assegnate da RFI erano particolarmente
svantaggiose, visto che i tempi di percorrenza erano addirittura superiori a quelli di un
Regionale e gli orari concessi sembravano studiati apposta per evitare l’utilizzo da parte
dei pendolari (arrivo a destinazione fissato dopo le ore 9): tutto ciò ha contribuito ad una
frequentazione da subito abbastanza scarsa.
Il 17 novembre 2010 Arenaways ha presentato ricorso all’AGCM, assieme a due
associazioni di consumatori60
, nel quale lamentava le barriere all’entrata nel mercato dei
servizi ferroviari poste da due società del gruppo FS, ossia RFI e Trenitalia; in
particolare, si affermava che il gestore dell’infrastruttura avrebbe ingiustificatamente
ostacolato l’utilizzo della rete, ritardando l’assegnazione delle tracce. La società di
Giuseppe Arena sosteneva, infatti, che “pur essendo in possesso dei requisiti necessari
58
BOITANI, RAMELLA, op. cit., p. 105. 59
Arenaways ha avanzato domanda di riesame di questa decisione il 2 marzo 2011, a seguito del nuovo
accordo tra Trenitalia e Regione Piemonte per la definizione del nuovo contratto di servizio, ma l’URSF,
con la decisione n. 768/4 del 27 ottobre 2011 ha confermato le limitazioni imposte nel 2010. 60
Si tratta di Altroconsumo e del CODACONS (Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela
dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), che hanno presentato le loro segnalazioni il 23
novembre 2010.
188
all’esercizio dell’attività di impresa ferroviaria e della documentazione richiesta dalla
normativa (licenza, certificato di sicurezza, autorizzazione all’accesso
all’infrastruttura) e nonostante abbia presentato […] la richiesta di assegnazione delle
tracce orarie, il contratto con RFI per l’uso delle tracce per il periodo 2008-2009 non è
mai stato stipulato e quello per il periodo 2009-2010 è stato sottoscritto soltanto il 12
novembre 2010”, ritardando così l’avvio del servizio. Sulla base dei rilievi svolti anche
dai convenuti, ossia RFI e il gruppo FS, l’Autorità decideva, nella seduta del 15
dicembre 2010, di avviare l’istruttoria nei confronti di questi due soggetti per accertare
l’esistenza di violazioni dell’art. 102 TFUE61
(si tratta del procedimento A436). A
settembre 2011 l’istruttoria è stata estesa a Trenitalia, in quanto l’AGCM ha rilevato
che, nel corso del procedimento appena visto davanti all’URSF, la società del gruppo
FS (oggi FS Italiane) ha fornito “una rappresentazione non corretta dell’impatto del
prospettato ingresso di Arenaways sui contratti di servizio pubblico stipulati di
Trenitalia stessa” ed è ricorsa ad “un utilizzo strumentale dei propri treni sussidiati” al
fine di ostacolare il servizio della nuova impresa ferroviaria.
Nel frattempo, visti i pochi viaggiatori, i servizi Torino – Milano sono stati sospesi
durante l’estate del 2011 nei giorni festivi e prefestivi, per consentire ai convogli di
svolgere il servizio turistico “Treni del Mare” tra Santhià e Livorno via Genova – La
Spezia e un servizio Livorno – Sestri Levante per conto di un operatore croceristico.
Anche in questa occasione, Trenitalia non ha mancato di far pervenire all’URSF le sue
valutazione sull’impatto di tali servizi sui contratti stipulati con Piemonte e Liguria.
Stavolta l’URSF non ha proceduto però ad alcuna limitazione delle fermate (decisione
n. 427 dell’8 giugno 2011), in quanto ha riconosciuto che la stagionalità del servizio,
oltre alla sua ridotta frequenza rispetto ai treni dell’incumbent e alle caratteristiche
tariffarie e di orario dei treni di Arenaways, non possono compromettere l’equilibrio
economico dei contratti di servizio pubblico. La decisione ha fatto infuriare i vertici di
Trenitalia, che hanno minacciato ripercussioni sull’offerta dei treni in Liguria62
.
Purtroppo, la precaria situazione societaria ha provocato, alla fine di luglio 2011,
l’abbandono dei soci di Arena dall’impresa, facendo sì che, il 1o agosto successivo, il
61
Come è noto, tale articolo (già art. 82 TCE) punisce il cd. abuso di posizione dominante: brevemente,
nell’intento di garantire una concorrenza non falsata (come affermava l’art. 3 TCE), viene fatto divieto
all’impresa in posizione dominante di mantenere quel comportamento o quella politica commerciale “che
utilizzando sistemi diversi da quelli propri di una normale politica concorrenziale […] incide sulla
struttura del mercato e ne riduce il livello di concorrenzialità a proprio vantaggio”: G. TESAURO,
Diritto Comunitario, 5a edizione, Padova, 2008, p. 699.
62 Secondo quanto riportano BOITANI, RAMELLA, op. cit., p. 108.
189
Tribunale di Torino dichiarasse il fallimento di Arenaways; tutti i servizi ferroviari sono
stati ben presto sospesi e le locomotive restituite al costruttore. Il 2 dicembre 2011 il
giudice fallimentare depositò la sentenza che autorizzava la cessione della società ad
una nuova cordata di imprenditori, di cui faceva parte lo stesso Arena. Infine, nel marzo
2012 è subentrata la nuova ragione sociale Go Concept/Arenaways S.p.a., composta, tra
gli altri, dall’impresa trasporti e di logistica Ambrogio Trasporti S.p.a. oltre che da
Arena. Nella nuova veste societaria, l’impresa ferroviaria piemontese ha annunciato
l’avvio di un servizio di treni notturni tra Torino e Reggio Calabria e tra Torino e Bari,
svolti da composizioni di vetture tipo Talgo noleggiate dalle Ferrovie Spagnole
(RENFE) e con la possibilità di trasportare le auto al seguito (servizio dismesso
unilateralmente da Trenitalia su tutta la rete dal dicembre 2011). Il servizio, che sarebbe
dovuto partire dapprima a luglio e poi ad agosto 2012, si sarebbe conformato ai
Trenhotel spagnoli, in quanto le vetture sono dotate sia di posti a sedere che di
scompartimenti con letti e servizi igienici privati (delle vere e proprie cabine).
Nel sito internet di Arenaways63
si possono trovare le Condizioni generali di trasporto,
che meritano qualche breve cenno in chiave di comparazione con quelle di altri vettori.
Già dalla Premessa si comprende come, stavolta, i rapporti tra Arenaways e Trenitalia
sono ben diversi dal passato: al gestore nazionale è riconosciuta la possibilità di vendita
dei biglietti dell’impresa privata, che “è responsabile dei servizi di trasporto erogati e
dell’assistenza alla propria clientela”. A riprova dello stretto rapporto tra le due
imprese, tra le “Principali fonti normative” vi sono le risalenti Condizioni e tariffe per il
trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato, di cui alla l. 911/1935: stupisce
l’applicabilità di un testo normativo, dettato a suo tempo per un’impresa differente e che
sarebbe, a detta di molti, caduto in desuetudine, ad un operatore privato. Sempre nella
Premessa, all’interno della sezione “Il contratto di trasporto” si afferma, però, che i
biglietti di Trenitalia e di Arenaways fanno sorgere due contratti di trasporto distinti: in
caso di ritardo di un treno, la compagnia non è tenuta a rimborsare il viaggiatore per la
perdita dell’eventuale coincidenza con un treno dell’altra.
Le Condizioni sono formate da tre Capitoli: il primo è dedicato alla Parte Generale.
L’art. 3 prevede che, al pari dei treni a lunga percorrenza di Trenitalia, anche l’accesso
ai Trenhotel è consentito solo previa prenotazione obbligatoria del posto. In realtà, tutte
le disposizioni della attuali Condizioni generali ricalcano fedelmente le già viste
63
“http://www.arenaways.com/”.
190
Condizioni Generali di Trasporto dei passeggeri di Trenitalia, mentre il rinvio al
regolamento (CE) 1370/2007 ha eliminato un’importante previsione contenuta nelle
“vecchie” Condizioni di trasporto di Arenaways per l’utilizzo dei treni Torino - Milano:
a differenza della normativa comunitaria, l’impresa ferroviaria aveva concesso ai
viaggiatori la possibilità di fruire di un bonus anche in caso di ritardo di 30 minuti,
addirittura nell’ipotesi in cui esso fosse causato da problemi dell’infrastruttura. Il
Capitolo II è dedicato alla Gamma delle Offerte e l’ultimo, il III, ai servizi aggiuntivi; in
quest’ultima parte, a differenza del nome, vengono disciplinate anche le condizioni per
il trasporto del bagaglio (a mano), che, come sappiamo, è una prestazione accessoria del
vettore, a cui è tenuto in virtù del contratto di trasporto. Tra i servizi aggiuntivi vi è
anche il trasporto di biciclette, autovetture e motocicli al seguito del passeggero: tutti
questi mezzi possono essere caricati/scaricati sugli appositi carri solo nei terminal di
Alessandria, Bari e Villa San Giovanni (artt. 3 e 5 del Capitolo III).
Questo servizio, che nelle premesse appariva appetibile dopo l’abbandono delle
relazioni notturne da parte di Trenitalia, in realtà non è mai partito, e non è dato
conoscere le cause (una dovrebbe essere la mancata disponibilità delle composizioni di
vetture spagnole).
Tornando al contenzioso davanti all’AGCM (procedimento A436), questo si è concluso
nella seduta del 25 luglio 2012: l’Autorità Antitrust ha inflitto la pesante sanzione
amministrativa di 300.000 euro in solido a Trenitalia, RFI e Ferrovie dello Stato Italiane
S.p.a. poiché “la condotta posta in essere da Ferrovie dello Stato S.p.A. per il tramite
delle società controllate Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Trenitalia S.p.A., costituisce
un abuso di posizione dominante contrario all’articolo 102 del TFUE, finalizzato ad
ostacolare, ed in ultima analisi, ad estromettere la società Arenaways dal mercato del
trasporto ferroviario passeggeri”. L’AGCM ha rilevato che il gruppo FS “ha messo in
atto una complessa e unitaria strategia”64
volta a questo fine; tale strategia si è
sostanziata nel comportamento dilatorio di RFI nell’assegnazione delle tracce
(giustificato dall’avvio del procedimento davanti all’URSF, ma nessuna norma vieta al
gestore della rete di concedere la capacità d’infrastruttura in pendenza di giudizio) e in
quelli, ben più gravi, di Trenitalia, che, a detta dell’Autorità Antitrust, “ha fornito
all’URSF, nell’ambito dei procedimenti ex articolo 59, una rappresentazione dei fatti
non corretta, concretamente idonea ad indurre in errore il regolatore, al fine di
64
Punto 240 della sentenza.
191
orientarne la decisione a proprio favore ed ostacolare così l’ingresso di Arenaways nel
mercato del trasporto ferroviario passeggeri”65
. Il vettore avrebbe anche cercato di
sottrarre la (residua) clientela di Arenaways aumentando i servizi sulla linea Torino –
Milano con l’orario 2010/2011 e di influenzare tutti i soggetti coinvolti nel
procedimento (in particolare, ci sentiamo di includere sicuramente le Regioni)
sostenendo la natura regionale dei servizi prospettati dall’altra impresa ferroviaria. E’
interessante riportare anche l’argomentazione dell’AGCM laddove, a risposta
dell’eccezione di FS S.p.a. che sosteneva la non imputabilità a sé del comportamento di
RFI, viene affermato che “dubbi circa la reale indipendenza di FS rispetto al gestore
della rete continuano a persistere anche a livello europeo nella misura in cui, proprio
di recente, la Commissione Europea, con ricorso presentato in data 12 luglio 2011, ha
adito la Corte di Giustizia per constatare l’accertamento della non corretta attuazione
del primo pacchetto ferroviario”66
. Infine, circa l’accertamento della posizione
dominante ai sensi dell’art. 102 TFUE, nel caso di RFI questa discende direttamente
dall’atto di concessione di cui al d.m. 138T/2000, mentre per Trenitalia gli indici sono
l’integrazione verticale con RFI e la posizione sul mercato dei servizi passeggeri, in
particolare quello regionale dove “non appare ipotizzabile – almeno nel medio termine -
neanche una eventuale concorrenza potenziale”67
a causa della durata dei contratti di
servizio. Proprio per la gravità dei comportamenti posti in essere da questi soggetti,
l’AGCM ha diffidato loro dal ripeterli in futuro, in quanto recano pregiudizio anche al
commercio intracomunitario, avendo rilevanza diretta sui flussi commerciali interni ad
uno Stato membro68
.
Dall’analisi di questi primi due casi pratici abbiamo subito potuto notare che i parametri
su cui l’URSF giudica sono ancora, in larga parte, dipendenti da scelte politiche più che
dall’analisi del dato economico e fattuale (indici che invece dovrebbero essere gli unici
ad orientare le valutazioni dell’organismo e che sono disciplinati nel decreto
dirigenziale 203/2010): nel caso DB/ÖBB, la possibilità di effettuare comunque un
servizio, seppur diverso dalle aspettative, è dipesa, sostanzialmente, dal peso delle due
imprese monopolistiche estere e dalle pressioni esercitate, mentre per Arenaways, priva
65
Ibidem, Punto 240. 66
Ibidem, Punto 251. 67
Ibidem, Punto 264. 68
Secondo quanto prevede la Commissione Europea nella comunicazione COM (2004) C 101/07 Linee
direttrici sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 e 82 del
Trattato, in GUCE C 101/81 del 27 aprile 2004.
192
di “appoggi” a livello politico ed economico di pari importanza, purtroppo la via
dell’emarginazione dal mercato è parsa da subito concreta.
Queste affermazioni sembrano tuttavia dover essere attenuate alla luce della
recentissima decisione n. 966 del 6 dicembre 2012, con cui l’URSF, sempre su solerte
ricorso di RFI, non ha decretato alcuna limitazione ai (futuri) servizi Intercity che GO
Concept/Arenaways sembra intenzionata a svolgere tra Torino e Livorno a partire dalla
primavera 2013. Come si evince chiaramente dalla decisione, il decreto dirigenziale n.
901/URSF del 20 novembre 2012 ha migliorato il decreto dirigenziale 203/2010, in
quanto l’organismo di regolazione ha, questa volta, articolato le sue valutazioni in modo
più analitico e quindi convincente, tenendo finalmente conto di indicatori di un certo
rilievo, quali il grado di frequentazione dei treni sussidiati di Trenitalia (sia regionali
che a lunga percorrenza) circolanti nelle stesse fasce orarie del convoglio di Arenaways,
un confronto tra tutte le tariffe praticate dalle due imprese ferroviarie oltre ad una
valutazione sul tipo di materiale rotabile impiegato sui servizi offerti dall’impresa
privata, al fine di non ripetere il grave errore del novembre 2010, quando i servizi
Torino – Milano vennero classificati come regionali e sottoposti ad inique limitazioni.
3.3. Italo per l’Alta Velocità
La nostra rassegna sulla prassi italiana della liberalizzazione del trasporto ferroviario di
passeggeri non può dirsi conclusa né completa senza l’analisi delle recentissime
vicissitudini della più importante impresa ferroviaria privata di trasporto passeggeri
operante in Italia, ossia Nuovo Trasporto Viaggiatori (NTV). Questa società per azioni
nasce nel 2006 per sviluppare e poi iniziare un servizio di trasporto di persone con
moderni treni sulla rete italiana ad alta velocità, allora in massima parte ancora in
cantiere69
. I soci fondatori sono personalità note nel mondo della finanza italiana, quali
gli imprenditori Diego della Valle e Luca Cordero di Montezemolo (che detengono
69
L’idea di collegare le più importanti città italiane attraverso un sistema ferroviario veloce che unisse
Torino e Venezia con il centro Italia attraverso Firenze e proseguisse fino a Napoli e Salerno risale già
agli anni ’70, quando iniziò la costruzione della prima linea ad alta velocità italiana, la “Direttissima”
Roma – Firenze (terminata ben 20 anni dopo). Il progetto di creare un sistema di trasporto ad alta velocità
venne poi accantonato negli anni dell’Ente FS, cosa che creò un grave ritardo infrastrutturale con altri
Stati Europei (soprattutto Francia e Germania, ma anche Spagna). I progetti della rete AV vennero ripresi
a metà degli anni ’90, anche se la lentezza dei lavori di costruzione delle linee Torino – Milano – Bologna
– Firenze e Roma – Napoli venne superata solo con la famosa “legge obiettivo” (legge 21 dicembre
2001, n. 443). Tra il 2005 e il 2009 sono quindi entrate in servizio le nuove linee, con caratteristiche
tecniche diverse dalla rete tradizionale, ma sempre di proprietà RFI: attualmente sono ancora in cantiere
le nuove stazioni dedicate appositamente al traffico veloce di Reggio Emilia, Bologna, Firenze (queste
ultime due sotterranee) e Acerra. Non è ancora stata completata, invece, linea ad alta velocità tra Milano e
Venezia (con proseguimento per Trieste e la Slovenia).
193
assieme il 33,5% della società); tra il 2008 e il 2009 si aggiungono altri soggetti, tra cui
una società legata alla Banca Intesa San Paolo, ma soprattutto fanno il loro ingresso le
Ferrovie Francesi (SNCF), titolari del 20% del capitale sociale. L’arrivo delle SNCF,
intenzionate a svilupparsi oltre il florido mercato dell’alta velocità transalpina, di cui
detengono l’assoluto monopolio, ha richiesto l’ottenimento del titolo autorizzatorio di
cui all’art. 3, lett. r, del d.lgs. 188/2003, rilasciato dal Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti con decreto ministeriale n. 111T del 28 luglio 2007. Come sappiamo, il
rilascio del titolo medesimo implica l’avvenuto riconoscimento di un’analoga apertura
del mercato ferroviario dello Stato membro del richiedente, al fine di permettere alle
imprese ferroviarie italiane di svilupparsi in esso: finora solo Trenitalia e Veolia
Transdev, attraverso la nuova società TVT, hanno intrapreso un servizio passeggeri in
Francia con i treni notturni Thello Venezia – Parigi e Roma – Parigi.
NTV è titolare della licenza ferroviaria n. 44 rilasciata dal Ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti il 6 febbraio 2007 nonché del certificato di sicurezza n. 75/2010
rilasciato dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF) il 22 dicembre
2010, da ultimo aggiornato il 30 ottobre 2012.
La nuova impresa ferroviaria ha rivolto fin da subito il suo interesse per il settore
dell’alta velocità ferroviaria, settore in continua evoluzione a livello europeo e che
rappresenta il futuro del servizio ferroviario sulle medie e lunghe distanze. Secondo dati
del 201070
, in Francia ben il 60% dei passeggeri viaggia sui TGV, i treni ad alta velocità
attivi fin dal 1981, mentre in Germania la quota è del 32% e in Spagna del 24%. In
Italia solo il 17% dei viaggiatori utilizzava i servizi AV di Trenitalia nel 2008, ma con
l’apertura delle nuove linee veloci e con l’arrivo sul mercato di NTV la quota di persone
che utilizzano il treno per gli spostamenti sull’asse Roma – Milano è salita fino al 50%
del totale 71
. Per lanciare la sfida ai convogli Frecciarossa di Trenitalia72
, NTV ha
acquistato dalla francese Alsthom 25 modernissimi treni ad alta velocità tipo AGV,
battezzati e indicati negli orari come Italo. Attualmente i servizi che questi treni
svolgono si concentrano esclusivamente sulla rete ad alta velocità italiana, ossia tra
70
Ricavabili da O. BACCELLI, F. CATTANEO, Scenari e prospettive del sistema ferroviario italiano
nel contesto di liberalizzazione europea, Rapporto del Centro di Economia regionale, dei Trasporti e del
Turismo, Milano, 2011, pp. 37-38. 71
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI. Direzione generale
programmazione, organizzazione e coordinamento, Conto nazionale dei Trasporti Anni 2010-2011,
Roma, 2011, p. 129. 72
Rientrando nel segmento di mercato di cui fanno parte i servizi passeggeri a media e lunga percorrenza,
anche per l’alta velocità ferroviaria, non beneficiando alcun servizio di contributi pubblici, la forma
concorrenziale prescelta è quella della concorrenza nel mercato.
194
Torino e Salerno, mentre da ottobre 2012 vengono servite anche Padova e Venezia.
NTV utilizza sia a Milano che a Torino e Roma le stazioni recentemente ristrutturate ma
che non sono le principali: la scelta di fermarsi a Roma Tiburtina piuttosto che a
Termini o a Milano Porta Garibaldi invece che Centrale è dettata da ragioni
economiche, in quanto le tracce per accedere a stazioni “periferiche” sono meno
costose, e per ragioni di praticità coi collegamenti urbani.
Proprio nella fase della richiesta di capacità di infrastruttura, NTV ha instaurato il primo
contenzioso con una società del gruppo FS, nella specie RFI in quanto gestore della
rete. L’art. 37, III comma, d.lgs. 188/2003, legittima infatti ogni richiedente la capacità
d’infrastruttura ad adire l’URSF “se ritiene di essere stato vittima di un trattamento
ingiusto, di discriminazioni o di qualsiasi altro pregiudizio”, in particolare quando tali
comportamenti riguardino il Prospetto Informativo della Rete (PIR) o la procedura di
assegnazione della capacità di infrastruttura. Ai sensi del successivo VI comma,
l’organismo di regolazione può imporre al gestore della rete di modificare la propria
decisione in ossequio alle valutazioni dell’URSF73
. Nel caso in esame, NTV e RFI
avevano concluso, il 17 gennaio 2008, l’accordo quadro (ex art. 23, d.lgs. 188/2003) per
negoziare l’assegnazione delle tracce e le rispettive modalità. Una volta siglato
l’accordo, che riconosceva la disponibilità dell’infrastruttura per 10 anni, RFI ha
introdotto alcune modifiche al PIR allora in vigore, tra cui la possibilità per un’impresa
ferroviaria, “subordinatamente al verificarsi di circostanze di e/o eventi imprevisti e/o
imprevedibili e comunque non imputabili alle parti dell’Accordo Quadro […] di
richiedere ed ottenere uno slittamento del periodo di validità dell’Accordo medesimo,
per un periodo massimo di 9/10 mesi”, previsione che è stata inserita nell’accordo tra
RFI e NTV. Le due parti avevano inizialmente convenuto di iniziare il servizio il 1o
gennaio 2011, salvo accordarsi poi per la data del 1o settembre 2011. L’impresa
ferroviaria ha successivamente comunicato al gestore dell’infrastruttura che il servizio
commerciale sarebbe iniziato il 1o ottobre 2011, una volta terminate le prove di
omologazione e messa a punto dei treni Italo e al limite della dilazione riconosciuta dal
PIR per poter mantenere le tracce richieste. A questo punto, a detta di NTV, RFI ha
messo in atto delle “condotte ostruzionistiche” che hanno ritardato le prove dei treni o le
73
Si tratta, in questo caso, di un ricorso ai sensi dell’art. 37, d.lgs. 188/2003, mentre avverso Le Nord e
Arenaways l’URSF si è pronunciato in seguito alle segnalazioni di RFI e Trenitalia a norma dell’art. 59, l.
99/2009. Anticipiamo subito che, ad oggi, NTV non è ancora stata oggetto di una provvedimento
dell’URSF ai sensi di tale legge, in quanto i suoi servizi attuali si svolgono su linee speciali e con
frequenze che certo non possono interferire con i servizi universali di Trenitalia.
195
hanno consentite solo su linee tradizionali e non sulla rete ad alta velocità, giustificate,
per RFI, dal fatto che le corse di prova avrebbero potuto “aumentare il livello di rischio
per i treni commerciali interferenti con la circolazione dei rotabili in prova”. NTV ha
quindi fatto presente al gestore dell’infrastruttura l’impossibilità di iniziare il servizio
per la data fissata e ha chiesto delle modifiche all’accordo quadro del 2008 per poter
inserire le nuove tracce richieste per l’orario 2011-2012; quest’ultimo, declinando ogni
responsabilità, ha chiesto all’impresa ferroviaria di confermare le tracce previste in
precedenza, altrimenti, “in assenza di tale conferma […], il Gestore dell’Infrastruttura
si sarebbe riservato il diritto di allocare in tutto o in parte le tracce riservate ad NTV
ad altre imprese ferroviarie”. Le due parti si sono poi incontrate per negoziare le
modifiche all’accordo quadro, ma, avendo NTV ritenuto le stesse non adeguate alle sue
esigenze, il 6 dicembre 2011 ha presentato ricorso all’URSF per sottoporre
all’attenzione dell’organismo di regolazione le previsioni circa l’efficacia dell’accordo
stesso, la responsabilità per i ritardi nel processo di omologazione e la riformulazione
della richiesta delle tracce orarie. A questo punto l’URSF ha avviato la fase istruttoria,
in cui ha richiesto la documentazione pertinente ai soggetti interessati, oltre al Ministero
e all’ANSF; in particolare, si è tenuto conto dell’analisi dei possibili conflitti di tracce
tra i treni ad alta velocità di Trenitalia e quelli di NTV. L’organismo ha poi emanato la
decisione n. 39 del 17 gennaio 2012, in cui ha prescritto al gestore della rete di
confermare il periodo di validità dell’accordo e di eliminare la previsione per cui
“all’esito dell’approfondimento tecnico condotto congiuntamente dalle Parti, le stesse
si danno reciprocamente atto che i ritardi non costituiscono fonte di responsabilità in
capo a ciascuna di esse”, riconoscendo comunque il comportamento di RFI durante le
prove dei convogli Italo non dilatorio, poiché NTV aveva previsto già all’inizio del
2011 un ulteriore slittamento dell’avvio del servizio commerciale. Oltre a questo, è stato
previsto l’inserimento nell’accordo quadro della possibilità per l’impresa ferroviaria di
anticipare la data di avvio del servizio, rispetto al termine finale concesso da RFI,
previo preavviso alla suddetta almeno 30 giorni prima dell’inizio del servizio
ferroviario. Il servizio di NTV è iniziato progressivamente limitatamente alla tratta
Milano – Napoli il 28 aprile 2012, con l’estensione dapprima a Salerno (26 agosto
2012), poi a Venezia (3 ottobre 2012) e Torino (9 dicembre 2012).
L’accordo quadro del 2008 e i fatti che ne sono seguiti non hanno originato solo il
ricorso di NTV all’Ufficio di cui all’art. 37 del d.lgs. 188/2003 ma hanno provocato
anche la denuncia, da parte della medesima impresa ferroviaria, inoltrata il 4 settembre
196
2008 all’Autorità Antitrust, del comportamento di RFI in merito al ritardo nella
concessione dell’utilizzo degli areali ferroviari della stazione di Napoli Centrale e di un
fascio binari per il ricovero e la manutenzione del materiale rotabile posto nei pressi
della stessa74
. NTV lamentava infatti l’atteggiamento dilatorio di RFI di fronte alla
richiesta di accesso alle strutture inserite nel ben noto art. 20 del d.lgs. 188/200375
, sui
cui l’AGCM aveva già affermato come la possibilità di usufruire di queste fosse
strettamente connessa all’esercizio ferroviario e necessaria per la sua piena efficienza76
.
L’Autorità ha avviato l’istruttoria per la causa A 409 con provvedimento n. 18935 del 2
ottobre 2008 al fine di accertare, ai sensi dell’art. 102 TFUE, un eventuale abuso di
posizione dominante della holding FS S.p.a. e di RFI. Sotto il primo profilo, quello della
messa a disposizione, con contratto di locazione, degli spazi di stazione per la
costruzione di aree apposite da dedicare all’assistenza della clientela NTV77
, l’AGCM
ha rilevato che “la tempistica della negoziazione, in vista della stipula del contratto e
della sua esecuzione, appare compatibile con i tempi previsti per l’inizio dell’attività di
NTV nel 2011” non ravvisando quindi alcuna condotta abusiva in violazione della
normativa antitrust. Per quanto riguarda l’accesso all’impianto di manutenzione e
ricovero dei rotabili, RFI ha presentato una convenzione con cui si impegna a mettere a
disposizione di NTV un terreno nelle vicinanze del centro di manutenzione di Trenitalia
ove la nuova impresa ferroviaria possa costruire il suo. NTV ha però sostenuto che gli
impegni di RFI erano inadeguati, in quanto la zona messa a disposizione era sottoposta
a dei vincoli urbanistici che non avrebbero imposto alcuna costruzione; per il gestore
dell’infrastruttura, invece, la zona presentava le caratteristiche richieste e la stessa NTV
la aveva già accettata. L’AGCM ha concluso, nella sentenza del 22 ottobre 2009, che gli
impegni sottoscritti da RFI erano idonei a rimuovere “in maniera completa e definitiva
le preoccupazioni concorrenziali identificate dall'Autorità” in ordine ad una probabile
distorsione del mercato e li ha resi vincolanti. In seguito, NTV ha preferito costruire un
74
Cfr. L. AMMANATI, A. CANEPA, V. CARFI’, La tutela della concorrenza nei mercati regolati: le
decisioni dell’AGCM in materia di servizi economici di interesse generale (secondo semestre 2009 e
2010), in AA. VV., Concorrenza e Mercato, Milano, 2011, pp. 197 ss. 75
Nella vicenda in esame si fa riferimento alle stesse “aree e impianti di smistamento e di composizione
dei treni” (II comma) che sono stati oggetti di comportamenti poco trasparenti di Trenitalia anche verso le
DB/ÖBB/Le Nord, in seguito alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2009. 76
Segnalazioni AS 265 del 13 agosto 2003 (Separazione tra gestione delle infrastrutture e servizi di
trasporto ferroviario) e AS 325 del 10 febbraio 2006 (Gestione dei terminali intermodali sulla rete
ferroviaria italiana e fornitura dei servizi di terminalizzazione). 77
In ogni stazione servita dai treni dell’impresa ferroviaria è stata inaugurata “Casa Italo”, uno spazio
dedicato esclusivamente ai passeggeri di NTV, dove è possibile acquistare anche i biglietti.
197
proprio centro di manutenzione all’avanguardia nei pressi di Nola (inaugurato a
settembre 2011), dove vengono effettuati gli interventi sui convogli Italo.
Un’analoga controversia coinvolgente gli spazi di stazione da dedicare al servizio
passeggeri tramite “Casa Italo” ha avuto ampio risalto sulla stampa nazionale in
occasione dell’inaugurazione di una struttura analoga all’interno della stazione di Roma
Ostiense. Il 13 giugno 2012 i vertici di NTV hanno mostrato alle autorità intervenute la
cancellata istallata da RFI per motivi di sicurezza che separa il fabbricato viaggiatori
della stazione con il binario 15, posto proprio di fronte e sul quale fermano i treni
dell’impresa ferroviaria: i passeggeri erano costretti ad un assurdo giro all’esterno della
stazione per poi ritornarvi attraverso sottopassaggi e scale che costituiscono rilevanti
barriere architettoniche per persone con mobilità ridotta, essendo gli ascensori tutti fuori
uso78
. NTV aveva già presentato il 15 maggio 2012 ricorso all’URSF ai sensi dell’art.
37, III e VI comma, d.lgs. 188/2003 con cui chiedeva lo smantellamento della cancellata
di interdizione al binario 15, la possibilità di apertura di un varco per meglio collegare
la stazione con la viabilità esterna e il ripristino del sottopassaggio tra i binari 8 e 15.
Nel corso dell’istruttoria, RFI ha ribadito che l’installazione della “gabbia” era dettata
da motivazione di sicurezza ma ha anche affermato che NTV era a conoscenza della
stessa. L’URSF ha emanato poi la decisione n. 541 dell’11 luglio 2012, con cui ha
riconosciuto equo e trasparente il comportamento di RFI, in quanto i treni di NTV che
effettuano fermata sul binario 15 hanno a disposizione la banchina tra questo binario e il
14 e, stante la normativa vigente dell’ANSF, i treni possono aprire le porte solo su un
lato e quindi il diritto di salita/discesa dal convoglio è comunque garantita. Tuttavia, con
ragionamento che merita di essere sottolineato e riportato, l’Ufficio afferma che “la
stazione ferroviaria è un bene pubblico che, come tale, va utilizzato per massimizzare il
beneficio dei cittadini e dei viaggiatori, beneficio che deve sempre risultare prevalente
sugli interessi delle imprese commerciali”: poiché “la combinazione dell’uso della
banchina con accesso diretto dalla pubblica via, e la riattivazione del sottopassaggio 8-
15, sembrano essere più favorevoli all'interesse generale dei cittadini rispetto alla sola
fruibilità della banchina presente fra i binari 14 e 15” è stato concesso ad NTV
l’utilizzo del marciapiede del binario 15 prospiciente “Casa Italo”, a condizione che
l’impresa ferroviaria provveda all’attrezzaggio del marciapiede con tutte le strutture
necessarie per il servizio passeggeri (cartelli, tabelloni luminosi ecc.) e che RFI
78
Cfr. G. SCOLARI, Apre Casa Italo “in gabbia” a Ostiense, in FOL News, 13 giugno 2012,
“www.ferrovie.it”.
198
modifichi la parte di PIR relativo alla stazione Ostiense per disciplinare la modalità di
svolgimento del servizio sul binario 15; analogamente è stato concesso il ripristino, di
comune accordo con RFI, del sottopassaggio, mentre l’apertura del varco sulla piazza
adiacente dovrà sottostare alle precise condizioni poste dall’URSF. La solerzia con cui è
stata emanata la decisione n. 541 (nemmeno due mesi dopo il ricorso di NTV) è stata
dettata dall’ampio risalto che la questione ha avuto sui quotidiani nazionali: tale
interesse non pare essere stato proprio gradito dall’organismo di regolazione, visto che
nella decisione ha sottolineato come “questo Ufficio […] non intende, per il futuro,
essere indebitamente sottoposto a pressioni mediatiche quando queste possono essere
evitate con una semplice anticipazione dei tempi e una chiara esposizione delle
richieste fra le parti”.
Infine, per ragioni di completezza, trattiamo brevemente dell’ultimo ricorso proposto,
sempre ai sensi dell’art. 37, III e VI comma, d.lgs. 188/2003, da NTV nei confronti di
RFI per non aver concesso, dopo la richiesta dell’impresa ferroviaria del 29 maggio
2012, la possibilità ai treni Italo di fermare nella stazione di Roma Tuscolana, essendo
la stazione dedicata interamente al traffico metropolitano della Capitale. NTV si è
quindi rivolta all’organismo di regolazione il 3 luglio 2012 per poter ottenere la fermata
in questa stazione; esso si è subito attivato e ha iniziato la fase istruttoria, compiendo
anche sopralluoghi nella stazione per valutare il suo stato e la sua (eventuale) attitudine
ad accogliere un servizio viaggiatori ad alta velocità (nemmeno i treni veloci di
Trenitalia vi effettuano fermata). Nella decisione n. 945 del 3 dicembre 2012 l’URSF ha
riconosciuto che la fermata di un treno ad alta velocità a Roma Tuscolana
provocherebbe ritardi a catena sui treni del servizio regionale a causa della congestione
della tratta e che i viaggiatori che potrebbero subire pregiudizio sono nettamente
superiori rispetto all’utenza prevista dall’impresa ferroviaria privata in partenza da tale
stazione; inoltre, essa non sarebbe “congeniale al tipo di servizio richiesto da NTV” per
via delle strutture che la compongono. L’Ufficio riconosce che, distando la stazione
Tuscolana solo sei minuti in treno da quella Tiburtina, ove fermano tutti i treni Italo, i
viaggiatori di questi convogli possono benissimo recarsi in quest’ultima stazione
usufruendo dei frequenti servizi metropolitani di Trenitalia. Di conseguenza, non è stata
accettata la richiesta di assegnazione della fermata di tutti i treni di NTV nella stazione
di Roma Tiburtina.
Come si evince da un’analisi delle risultanze istruttorie dell’URSF rese nei casi
esaminati, pur ricordando che non riguardano procedimenti di cui all’art. 59, l. 99/2009,
199
il metodo di valutazione dell’organismo è più trasparente e sono stati finalmente tenuti
in conto fattori quali il beneficio in generale a tutti i viaggiatori e, nella decisione
appena vista, anche i pendolari, che, come è noto, non subiscono un trattamento di
particolare favore non solo da Trenitalia. Avendo descritto comunque ben più di un
contenzioso, si comprende come anche NTV abbia incontrato rilevanti ostacoli (o
presunti tali) nell’avviare il proprio servizio sulle linee ad alta velocità, attualmente le
più redditizie e quindi appetibili per le imprese ferroviarie di trasporto passeggeri.
Recentemente, NTV ha annunciato di essere intenzionata ad avviare per l’estate 2013
servizi diretti tra Milano ed Ancona, utilizzando la linea AV fino a Bologna, con
fermate in alcune stazioni della costa adriatica: abbiamo il fondato sospetto che le
valutazioni dell’URSF circa la possibile compromissione dell’equilibrio economico dei
contratti di servizio pubblico (di cui Trenitalia è ovviamente parte contraente) non si
faranno certo attendere.
Come abbiamo visto nel Capitolo I di quest’opera, è uso di ogni vettore regolare
uniformemente i propri rapporti con gli utenti/passeggeri attraverso la predisposizione
di Condizioni Generali di Trasporto: nel caso di NTV la loro disciplina è contenuta nel
“Contratto di Trasporto NTV”, scaricabile da internet79
. Infatti, la premessa chiarisce
subito che il Contratto di Trasporto con questa impresa ferroviaria consta delle
Condizioni Generali di Trasporto, delle Condizioni Particolari e Tariffarie80
(contenenti
la determinazione degli ambienti di viaggio dei treni Italo81
e dei relativi titoli di
viaggio particolari, oltre ad alcune offerte commerciali e servizi accessori) e degli
Allegati I (contenente i prezzi per la regolarizzazione, il cambio o il rimborso del titolo
di trasporto) e II (elenco delle tratte ove è possibile il rilascio dell’abbonamento o del
titolo di trasporto “Promo Italo”).
Limitandoci all’analisi delle Condizioni Generali di Trasporto (CGT), l’art. 2 elenca le
fonti integrative del contratto di trasporto su NTV, ossia il regolamento (CE) 1371/2007
sui diritti e gli obblighi dei passeggeri, le Appendici A (cioè la Convenzione
internazionale sul trasporto ferroviario internazionale di persone e bagagli, CIV) e C (il
Regolamento internazionale sul trasporto di merci pericolose per ferrovia, RID) della
79
Il file si trova all’indirizzo “http://www.italotreno.it/IT/contatti-informazioni/Pagine/termini-
condizioni.aspx”. Si tratta del contratto in vigore dal 1o novembre 2012.
80 A norma del corrispondente art. 1, esse “disciplinano le particolari modalità di esecuzione e fruizione
del servizio di trasporto ferroviario effettuato in ambito nazionale da NTV in favore dei Passeggeri”. 81
Al pari dei servizi Frecciarossa di Trenitalia, sui treni di NTV non esiste la distinzione tra prima e
seconda Classe, bensì tra Ambiente “Club” (il più raffinato e riservato, dotato di salottini negli
scompartimenti), “Prima”, di livello intermedio, e “Smart”, dove trovano posto i passeggeri muniti di
biglietti a tariffe low cost.
200
COTIF 1999, il d.p.r. 753/1980 nonché, “in quanto applicabili a NTV” le Condizioni e
tariffe per il trasporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato di cui alla l. 911/1935;
appare condivisile la limitazione di applicabilità di quest’ultimo atto normativo, in
quanto, essendo stato dettato a suo tempo per un’impresa ferroviaria incardinata
nell’apparato statale e operante in regime di monopolio, alcune disposizioni non sono
più conciliabili con l’attuale realtà normativa della liberalizzazione ferroviaria (di
conseguenza, potranno applicarsi anche al contratto di trasporto NTV quelle norme
volte a disciplinare esclusivamente aspetti del trasporto quali, ad esempio, l’art. 5 circa
l’ammissione ad esso o l’art. 6 sulle persone escluse dai treni o ammesse
condizionatamente).
L’art. 3 delle CGT disciplina il contratto di trasporto: a norma del I comma, “con il
Contratto di Trasporto, NTV si impegna a trasportare ogni persona fisica munita di
valido titolo di trasporto («Passeggero») nel luogo di destinazione”: il titolo di
trasporto è, in ossequio ai già visti principi generali, il documento di legittimazione del
passeggero alla prestazione del trasporto e fa fede, fino a prova contraria, della
conclusione e del contenuto del Contratto di Trasporto (art. 3, III comma). Il titolo di
trasporto è un po’ diverso dal classico biglietto delle altre imprese ferroviarie: anche
NTV ha scelto di consentire l’accesso ai propri treni solo previa prenotazione
contemporanea del posto (previsione dettata forse da esigenza di sicurezza vista la
velocità del treno, in alcuni tratti superiore ai 300 km/h, che non consentirebbe
viaggiatori in piedi) e quindi il titolo di trasporto consiste in “una registrazione
elettronica di dati resi disponibili al Passeggero sotto forma di scrittura leggibile e
stampabile da parte dello stesso Passeggero”, dati che comprendono “nome e cognome
(«nominativo»), la tratta, la data di partenza, l’orario di partenza e di arrivo del treno,
l’ambiente di viaggio con posto assegnato, nonché i servizi accessori che utilizzerà”
(art. 5, I comma). Ad ogni titolo di trasporto viene assegnato un codice alfanumerico,
che identifica la prenotazione del viaggiatore, il quale deve comunicarlo al personale di
bordo del treno (altrimenti può stampare il titolo) esibendo un valido documento di
identità82
. I titolo sono acquistabili di preferenza su internet, tramite prenotazione ad un
“Contact Center”, nelle biglietterie self service di Casa Italo, nelle agenzie di viaggio
oppure sia sul binario di partenza del treno che a bordo (art. 5, IV comma). Queste due
82
Trattandosi di titoli solo nominali, questi non possono essere ceduti (art. 5, II comma). L’art. 5, X
comma, lett. a, precisa che i titoli hanno una validità che decorre dalla data di acquisto sino all’arrivo del
treno alla destinazione scelta.
201
modalità richiedono però qualche precisazione: in caso di “prenotazione al binario” (art.
5, V comma), il personale di NTV può assegnare un posto al viaggiatore senza titolo di
viaggio per il treno in partenza (solo in caso di disponibilità di posti) il quale pagherà il
corrispettivo, nella forma della tariffa “Bordo”83
, una volta salito in treno al personale
ivi in servizio. Sempre il titolo di trasporto “Bordo” è quello applicabile ai viaggiatori
che salgono in treno sprovvisti di titolo: sebbene sia “fatto divieto al Passeggero di
salire a bordo treno senza un valido titolo di trasporto” (art. 5, I comma), l’art. 7
stempera questa norma prevedendo la possibilità che il passeggero regolarizzi la propria
posizione attraverso l’acquisto del suddetto titolo di viaggio maggiorato dei
sovrapprezzi di cui all’Allegato I84
. Nonostante i titoli di trasporto di NTV siano
nominali, l’art. 9 ammette il cambio sia del nominativo che di tutti gli altri elementi
caratteristici del titolo, purché ciò avvenga non oltre i tre minuti antecedenti la partenza
del treno su cui era valevole il titolo che si desidera cambiare; all’operazione viene
applicato un sovrapprezzo.
La disciplina del rimborso del titolo di viaggio è contenuta nell’art. 10. Al pari del
cambio, il rimborso è consentito fino a tre minuti prima della partenza del treno, nel
caso in cui il titolo non sarà utilizzato (sono esclusi i titoli emessi in seguito ad offerte
promozionali): se la mancata utilizzazione del titolo dipende da fatto proprio o colpa di
NTV, il passeggero ha diritto all’integrale restituzione del prezzo pagato per la
prestazione di trasporto non fruita, mentre, se le cause sono ascrivibili al
comportamento del passeggero, al rimborso sarà applicata una trattenuta secondo le
previsioni dell’Allegato I (art. 10, II e III comma). Per chiedere il rimborso bisogna
comunicare il Codice Biglietto che identifica il titolo di trasporto e il nominativo del
titolare ad uno dei canali di vendita NTV visti prima.
L’art. 13 ribadisce i principi generali in materia di bagagli a mano, precisando che “il
passeggero è responsabile in via esclusiva della custodia del proprio bagaglio e degli
oggetti che porta con sé” (VI comma), e aggiunge che i bagagli possono essere
assicurati con un dispositivo di sicurezza presente sul treno (“locker”), il cui
funzionamento deve essere testato dal passeggero, che almeno 10 minuti prima
83
Il titolo di trasporto “Bordo” è disciplinato, al pari degli altri, dalle Condizioni Particolari e Tariffarie,
all’art. 3, I comma; la particolarità di questo risiede nel fatto che è “acquistabile per tutti gli ambienti
(Club, Prima e Smart) sino a tre minuti prima dell’orario programmato di partenza del treno scelto” e “il
prezzo […] è variabile a seconda dei treni, dei giorni della settimana, dell’ambiente di viaggio e del
momento di acquisto rispetto alla partenza del treno scelto”. 84
Ad esempio, in caso di semplice regolarizzazione del passeggero sprovvisto di valido titolo, il prezzo
applicato sarà il doppio della tariffa “Bordo” per la tratta desiderata.
202
dell’arrivo a destinazione deve liberare il bagaglio; in caso di malfunzionamento, vi
provvederà il personale di bordo, una volta che sarà accertata la proprietà del bagaglio.
Circa la responsabilità di NTV per danno alle cose, l’art. 16, II comma, opera una
distinzione: da una parte, viene previsto che “in caso di morte o lesione del Passeggero
imputabile ad NTV, quest’ultima è responsabile per la perdita totale o parziale o per
l’avaria delle cose e/o del bagaglio che il Passeggero portava con sé” ma entro il
massimale di 1400 euro per passeggero; qualora, invece, il comportamento di NTV
comporti danno o perdita delle attrezzature di ausilio di persone con mobilità ridotta o
con disabilità, non viene previsto alcun limite risarcitorio (e la responsabilità sussiste, ci
sembra, anche fuori dei casi di morte o lesioni).
L’art. 16 prevede, oltre alla responsabilità per danni alle cose, la disciplina generale
della responsabilità del vettore in esame. Il I comma è dedicato al regime di
responsabilità per morte o lesioni. La formulazione riprende l’art. 26 della CIV allegata
alla COTIF 1999 (e al regolamento comunitario 1371/2007) e l’art. 13, IV comma, della
l. 911/1935 (Trenitalia, come sappiamo, ha trasposto la norma nell’art. 10, IV comma,
delle Norme Comuni delle proprie Condizioni Generali di Trasporto dei passeggeri)85
:
al passeggero spetterà l’onere di provare il nesso di causalità tra il danno subito e il
servizio dell’impresa ferroviaria in questione, che potrà liberarsi della presunzione di
responsabilità nei suoi confronti dimostrando che l’evento è avvento per circostanze
estranee al servizio (a cui NTV, nonostante l’uso della “diligenza richiesta dalla
particolarità del caso” non ha potuto porre rimedio), per dolo o colpa (esclusivi) del
passeggero o per comportamento imprevedibile di un terzo “diverso da altra impresa
ferroviaria che utilizza la medesima infrastruttura”. Altra fonte di responsabilità deriva
dal ritardo o dalla soppressione del treno di NTV (art. 16, III comma), ma solo se il
trasporto non può essere continuato nello stesso giorno; in tal caso il vettore provvede
alle spese di alloggio e a quelle necessarie ad “avvisare le persone che ragionevolmente
attendono il passeggero”. NTV declina la propria responsabilità in caso di ritardo o
soppressione del treno dovuti a circostanze estranee all’esercizio ferroviario (quali le
calamità naturali), a colpa o dolo del passeggero o a fatto del terzo. Sotto quest’ultimo
aspetto, le CGT precisano che il terzo non deve essere un’impresa ferroviaria che
utilizza la stessa infrastruttura: NTV, come tutte le imprese ferroviarie, risponde in caso
85
A norma del I comma dell’art. 16 delle CGT NTV, il vettore “è responsabile della morte, delle lesioni
o di qualsiasi altro pregiudizio all’integrità fisica o psichica subito dal Passeggero a seguito di un
incidente che (i) sia in relazione con il servizio di trasporto di NTV e (ii) si verifichi durante la
permanenza del Passeggero a bordo del treno o al momento in cui vi sale o ne discende”.
203
di perturbazioni all’esercizio dovute alla circolazione di treni di altri operatori, grazie
alla disciplina introdotta con il regolamento (CE) 1371/2007 (il cui art. 15 rimanda
all’Allegato I, ossia la CIV, nella specie dell’art. 32). Tra tutte le Condizioni di
Trasporto finora analizzate, queste sono le uniche che ribadiscono il dettato della CIV
sotto questo profilo, a tutto vantaggio della trasparenza col viaggiatore. Le restanti
disposizioni circa il rimborso e gli itinerari alternativi (art. 16, IV comma) e l’indennità
per arrivo in ritardo a destinazione (art. 16, VI comma) si allineano al dettato uniforme
delle fonti internazionali e a quello della normativa interna, alla cui trattazione si rinvia.
204
CONCLUSIONI
Siamo finalmente giunti alla conclusione di questo copioso lavoro e riteniamo utile
tracciare un bilancio di quanto è stato esposto, evidenziando quali sono le criticità
ancora oggi presenti nel processo di liberalizzazione ferroviaria europea.
Per porre un rimedio alla marginalizzazione del trasporto ferroviario dovuta
all’arretratezza tecnologica e ai cronici problemi finanziari delle imprese ferroviarie
monopoliste, le istituzioni comunitarie hanno scelto la strada della liberalizzazione
“controllata”1, attraverso l’emanazione graduale nel tempo di una serie di atti normativi
volti, dapprima, a chiarire i rapporti tra Stati membri e imprese ferroviarie e a garantire
il loro risanamento finanziario, poi l’intervento si è diretto verso l’apertura del mercato
del trasporto ferroviario, ponendo attenzione alle peculiarità che lo caratterizzano e alla
conciliazione tra normativa tecnica, giuridica ed economica. Va dato atto infatti
all’Unione Europea di aver saputo, finalmente, cogliere gli aspetti che rendono le
ferrovie un settore particolare e di aver agito di conseguenza: l’attenzione verso
l’interoperabilità ferroviaria e le problematiche economiche (in particolare nell’ampio
settore del trasporto universale, quello soggetto all’erogazione di sussidi pubblici)
dimostrano questo assunto. Lo stesso intervento comunitario ha subito alcuni cambi di
rotta e correzioni in virtù dell’iniziale ritrosia degli Stati alle esigenze di riforma delle
loro reti ferroviarie, contenute nella fondamentale direttiva 91/440/CEE, e del
conseguente differente grado di recepimento delle direttive del Primo, Secondo e Terzo
Pacchetto ferroviario. Sotto questo profilo, il trasporto di passeggeri a lunga percorrenza
(la cd. concorrenza nel mercato) è emblematico dell’asimmetria “fra Paesi (quali
l’Italia e la Germania) che hanno introdotto una piena libertà di accesso (con il limite
[…] della reciprocità) e Paesi che, attenendosi al minimo prescritto dalla disciplina
comunitaria, possono ancora mantenere un monopolio legale in capo all’incumbent
storico (è il caso della Francia)”2. La recentissima emanazione di un testo
“perfezionato” alla luce della prassi del Primo Pacchetto ferroviario (il cd. Recast di cui
alla direttiva 2012/34/UE) segna la volontà dell’Unione Europea di proseguire sulla
strada delle riforme nel trasporto ferroviario, cercando un’azione ancora più incisiva che
1 L. CARPANETO, Il diritto comunitario dei trasporti tra sussidiarietà e mercato. Il caso del trasporto
ferroviario, Torino, 2009, p. 341. 2 L. LANUCARA, Il contesto normativo comunitario nel settore ferroviario a seguito dell’approvazione
del Terzo Pacchetto Ferroviario, in Diritto Comunitario e Scambi Internazionali, 2008, p. 852.
205
arriverà presto a confrontarsi con le resistenze statali allorché interesserà un settore del
mercato molto delicato, ossia la liberalizzazione del trasporto ferroviario di passeggeri a
livello nazionale (finora i tentativi di stabilire un termine entro cui essa debba avvenire
sono sempre naufragati).
Ma perché è sorta la necessità, a più di 20 anni dall’emanazione della direttiva sullo
sviluppo delle ferrovie comunitarie, di intervenire nuovamente ribadendo concetti già
espressi?
Prima di tutto, alcuni di questi concetti non erano ben chiari ai legislatori nazionali, che
si sono trovati in difficoltà al momento del recepimento, legittimando così situazioni
che hanno frenato la liberalizzazione. Su tutte, la separazione tra gestione
dell’infrastruttura ed esercizio dell’attività di trasporto ferroviario, attuata in quasi tutti
gli Stati membri nella forma “minima” richiesta, ossia nella separazione meramente
contabile, ha contribuito a creare rilevanti barriere all’ingresso nel mercato del trasporto
ferroviario, soprattutto di passeggeri, che abbiamo evidenziato nei casi italiani
coinvolgenti DB/ÖBB/Le Nord, Arenaways e NTV, ove le decisioni dell’Autorità
Antitrust hanno spesso rilevato la necessità di una reale indipendenza di RFI da
Trenitalia. Collegata a questo aspetto e conseguenza del differente grado di recepimento
delle direttive comunitarie è la scarsa indipendenza e l’iniziale mancanza di trasparenza
decisionale dell’organismo di regolazione, che nell’intento della Commissione Europea
doveva essere l’arbitro imparziale di eventuali contese tra imprese ferroviarie tra loro o
con il gestore dell’infrastruttura (ex art. 30, direttiva 2001/14/CE) in merito all’accesso
alla rete ferroviaria, ma che, almeno in Italia, ha operato (e opera tuttora) come semplice
struttura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, soggetto istituzionale che
rientra nello stesso apparato di governo di cui fa parte il Ministero dell’Economia e
delle Finanze, azionista unico della holding comprendente sia il gestore
dell’infrastruttura che la più importante impresa ferroviaria nazionale. La prevista
istituzione, ai sensi del famoso decreto “cresci Italia” di quella che potrebbe essere “una
credibile autorità di regolazione quasi – indipendente”3 avrebbe, forse, rimediato al
problema della terzietà dell’organismo: peccato che l’Autorità italiana dei trasporti, che
si sarebbe posta come elemento di novità nel panorama europeo, non sia mai entrata in
funzione, perdurando l’operatività nel settore ferroviario dell’Ufficio per la Regolazione
3 A. BOITANI, Ferrovie: il lato oscuro delle riforme, in Mercato Concorrenza Regole, n. 2/2010, p. 221.
206
dei Servizi Ferroviari, nonostante ne sia stata prevista la soppressione già da marzo
2012 a favore proprio della costituenda Autorità.
Un altro aspetto su cui l’Unione Europea si è concentrata è stata la tutela dei passeggeri,
obiettivo realizzato attraverso l’emanazione del regolamento (CE) 1371/2007, a cui è
stata, ci pare saggiamente, allegata la CIV del 1999. C’è comunque da rilevare che le
imprese ferroviarie, soprattutto quelle ex monopoliste, dimostrano ancora un’attenzione
insufficiente verso i passeggeri, soprattutto i pendolari, contribuendo così ad aumentare
in molto utenti la disaffezione verso il mezzo su rotaia. Vanno quindi salutate con
favore le iniziative di nuove imprese ferroviarie volte a “fidelizzare” i viaggiatori,
attraverso l’erogazione di offerte speciali appetibili e un interesse maggiore verso la
clientela (evidente, per esempio, da condizioni di rimborso del titolo di viaggio più
favorevoli della disciplina uniforme).
Passando all’Italia, la dinamica dell’apertura al mercato del trasporto ferroviario sta
provocando un lento processo di cambiamento anche della mentalità dei cittadini: se
prima il viaggio in treno era sinonimo di una vera e propria “avventura” (o
“disavventura”) su convogli tutti marcati FS, oggi sia l’impresa commerciale che il
viaggiatore si possono rivolgere, per le loro esigenze di mobilità, ad un certo numero di
vettori, operanti però solo in alcune aree del territorio nazionale, normalmente quelle
attraversate dalle linee principali. Lo sviluppo dell’alta velocità ferroviaria ha migliorato
l’immagine e la competitività delle ferrovie con altri mezzi di trasporto e ha rilanciato il
trasporto ferroviario sulle lunghe distanze. L’alta redditività dei servizi veloci ha però
messo da parte i servizi metropolitani e regionali, che, complici le scarse risorse dello
Stato e delle Regioni provocate dalla situazione economica sfavorevole, hanno subito
un preoccupante declino nell’ultimo lustro. Nonostante un’importante opera di
rinnovamento del materiale rotabile, il trasporto regionale soffre ancora di infrastrutture
inadeguate e della cronica mancanza di programmazione del servizio di trasporto:
questo deve essere inteso come sistema, ossia deve basarsi sull’integrazione più
efficiente possibile tra tutti i mezzi di trasporto, così da costituire una valida alternativa
al mezzo privato4. Alcune realtà italiane come l’Alto Adige hanno seguito questa
4 Anche C. BATTISTINI, Liberalizzazioni e concorrenza nella regolamentazione del trasporto
ferroviario europeo, in Rivista di Diritto dell’Unione Europea, 2010, pp. 621-622 rileva che “in un
periodo, come quello attuale, in cui si sta fortemente mettendo in dubbio, a causa della crisi finanziaria
ed economica, il paradigma dello Stato come finanziatore potenzialmente illimitato degli investimenti e
deus ex machina capace di ripianare indefinitamente le inefficienze del sistema, si richiede una
razionalizzazione degli interventi. A tal proposito, l’investimento in innovazione si impone, oggi più che
mai, come un presupposto imprescindibile per la crescita del settore”.
207
politica e i risultati non hanno tardato ad arrivare, con una crescita del volume di
passeggeri trasportati sui treni regionali (la cui offerta è stata riprogrammata nell’intera
Provincia Autonoma) che non ha eguali in Italia. Purtroppo, l’esempio non è stato
seguito da molte altre Regioni e questo ha portato alla chiusura al traffico, tra il 2010 e
il 2012, di molte linee ferroviarie definite secondarie in tutta Italia, dal Piemonte alla
Sicilia: la responsabilità di questi fallimenti è ascrivibile, in massima parte, alle
contestabili scelte politiche locali e ai molti interessi che ruotano attorno alle ferrovie
(una stazione dismessa in centro città è una “preda” molto appetibile per i costruttori
edili, mentre la sostituzione dei treni con autobus può fare la felicità degli imprenditori
del settore delle autolinee). L’alibi che gli amministratori locali forniscono a questi
tagli, ossia la scarsità di fondi, ad un’attenta analisi economica non è però sempre
credibile. La vera soluzione a questi atteggiamenti della politica nostrana, risalenti nei
decenni, può arrivare solo dalle istituzioni comunitarie o dai cittadini, le cui reiterate
proteste hanno portato, ad esempio, in Campania alla ripresa del servizio su alcune linee
chiuse poco tempo prima.
In definitiva, la situazione delle ferrovie europee non è delle più felici, con una perdita
della quota di traffico costante negli anni5, dopo che la politica ferroviaria europea
aveva concorso ad aumentare la competitività del treno tra il 2003 e il 2007 con buoni
risultati. Non possono, quindi, che essere salutate con favore le recenti iniziative
dell’Unione Europea volte a rilanciare, si spera con maggiore efficacia, il mezzo di
trasporto che meglio si può adattare alle esigenze logistiche ed ambientali
dell’economia globale.
5 Secondo il MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, Direzione generale
programmazione, organizzazione e coordinamento, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti
2010-2011, Roma, 2011, pp. 123 ss., nel 2010 il traffico passeggeri ha registrato un calo del 2,4% rispetto
all’anno precedente, mentre quello merci ha subito una contrazione più accentuata, pari all’11,9%. La
stessa fonte riporta che la quota di traffico merci detenuta da imprese ferroviarie diverse da Trenitalia
Cargo era pari al 28% del totale del trasporto ferroviario merci nazionale (nel 2010), mentre la quota di
traffico passeggeri di operatori privati si attestava sul 6,8%.
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