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Davide Zaffi Un’ungherese in Tirolo: La Tiroli Katona Ujság CSSEO Working Paper No. 125 Ottobre 2007

Un'Ungherese in Tirolo. La Tiroli Katona Ujsag

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On the "Tiroli Katona Ujsag" an unknown Ungarian language journal publishe in Bozen during the First World War.

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Davide Zaffi

Un’ungherese in Tirolo: La Tiroli Katona Ujság

CSSEO Working Paper No. 125 Ottobre 2007

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Il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale (CSSEO), costituito nel 1997, svolge una

intensa attività di studio, di ricerca scientifica e divulgazione sulla cultura e la storia

dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione Sovietica.

Nel corso di questi anni CSSEO ha attivato una serie di rapporti di collaborazione con numerosi

enti ed istituti di ricerca, italiani e stranieri, organizzando progetti di ricerca e convegni

internazionali. Queste iniziative, tra l’altro, hanno ottenuto il patrocinio della Camera dei

Deputati, del Ministero degli Esteri, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e goduto

dell’Alto patronato della Presidenza della Repubblica.

Dal 2005, a Levico Terme, è aperta agli studiosi e agli interessati, e visitabile su richiesta, la

biblioteca specializzata del CSSEO, ricca di circa 20000 volumi, riviste, materiale in formato

elettronico, microfilm e microfiches, documentazione di archivio e collezioni di giornali russi.

Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale Via Tonelli 13 – 38056 Levico Terme (Tn) tel/fax: 0461 702137 e-mail: [email protected] Davide Zaffi Un’ungherese in Tirolo: la Tiroli Katona Ujság CSSEO Working Paper No.125 Ottobre 2007 © 2007 by Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale ISBN 88-87667-32-2 Printed in Italy

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Indice

Fernando Orlandi, Il frutto di un lungo lavoro 1

Davide Zaffi, Un’ungherese in Tirolo: la Tiroli Katona Ujság 8

Tavola delle corrispondenze 41

La Tiroli Katona Ujság

n. 1 (16 febbraio 1916) 45

n. 2 (2 aprile 1916) 49

n. 3 (2 aprile 1916) 67

n. 4 (22 aprile 1916) 75

n. 5 (maggio 1916) 83

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Il frutto di un lungo lavoro

Fernando Orlandi

Nel corso degli ultimi venti anni ci siamo a lungo occupati di Robert Musil e della Tiroler Soldaten-Zeitung (poi Soldaten-Zeitung) e a partire da questa tanto originale quanto anomala pubblicazione di guerra abbiamo poi cercato di esplorare il mondo che la circondava, la propaganda di guerra austro-ungarica e quindi il Quartiere per la stampa di guerra (Kriegspressquartier)1 e da lì a quell’unicum costituito dai Kriegsmaler, un corpo di ufficiali-artisti.

Dal 23 maggio 1915 al 14 marzo dell’anno successivo il Landsturmleutnant Robert Musil fu “aiutante di battaglia” sul fronte austriaco in Trentino, dove riceve la croce di guerra con spade. Risalgono a quel periodo, alla sua permanenza in Valsugana e nella Valle del Fèrsina, le annotazioni trascritte nei Diari che forniranno, fra l’altro, il materiale da cui Musil elaborerà la novella Grigia.2

Ammalatosi successivamente di stomatite ulcerosa, lo scrittore viene trasferito dal fronte a diversi ospedali (prima Corvara, poi Brunico, Innsbruck e infine Praga). Dimesso, è assegnato al comando d’armata di Bolzano, e nel giugno 1916 entra a far parte della redazione della Tiroler Soldaten-Zeitung, di cui in breve assume la direzione. La sua nomina è ufficializaata pubblicamente con il numero dell’8 ottobre 19163.

La Tiroler Soldaten-Zeitung è un giornale di guerra. Più che un foglio propagandistico di trincea è quasi una rivista, una sorta di settimanale (l’originaria intenzione di pubblicare più numeri ogni settimana si rivelò non praticabile), con fotografie, disegni, illustrazioni. Occasionalmente ospita un supplemento letterario, la Literarische Beilage4. Le pagine della

1 Klaus Mayer, “Die Organisation des Kriegspressequartiers beim k.u.k. Armeeoberkommando im Ersten Weltkrieg 1914-1918”, tesi di laurea, Università di Vienna, 1963; Hildegrund Schmölzer, “Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-1918”, tesi di laurea, Università di Vienna, 1965; Peter Broucek, “Das Kriegspressequartier und die literarischen Gruppen im Kriegsarchiv 1914-1918”, in Klaus Amann, Hubert Lengauer (a cura di), Österreich und der große Krieg, Vienna, Brandstätter, 1989; e Nicoletta Dacrema, “Kriegspressequartier: la fucina della persuasione”, in Massimo Libardi, Fernando Orlandi (a cura di), Kriegsmaler. Pittori di guerra al fronte nella Grande Guerra, Lavarone, Fondazione Belvedere-Gschwent, 2004, pp. 21-24. 2 In Robert Musil, La valle incantata, Trento, Reverdito, 1986. 3 Per le vicende biografico-letterarie di Robert Musil negli anni di guerra si vedano Alessandro Fontanari, Massimo Libardi, “Robert Musil: la ‘grande esperienza’ della guerra’, in Roberta Groff et al., Pergine e la 1ª Guerra Mondiale, Pergine, Amici della Storia, 1985, pp. 383-499; Id., “Il richiamo ingannevole”, in Musil, La valle incantata, pp. 67-148; Id., “La guerra come sintomo”, in Robert Musil, La guerra parallela, Rovereto, Nicolodi, 2003, pp. 161-219; e Karl Corino, Robert Musil, Reinbek bei Hamburg, Rowohlt, 2003, pp. 497-592. 4 Maria Rita Murgia, “Il laboratorio della persuasione. Di alcuni supplementi letterari della Tiroler Soldaten-Zeitung”, tesi di laurea, Università degli Studi di Cagliari, a.a. 2005-2006.

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pubblicità, nel periodo finale di vita, quello della direzione di Musil, sono tutte accorpate, quasi a non disturbare i testi, alla fine di ogni fascicolo5.

Il n. 1 della Tiroler Soldaten-Zeitung reca la data del 2 giugno 1915; l’ultimo fascicolo di questa prima serie è il n. 194-196, del 26 luglio 1916; fin qui è stata edita dall’XI comando d’armata. Con il fascicolo successivo cambia la numerazione: si chiama ancora Tiroler Soldaten-Zeitung, ma ora è editata (fino alla cessazione delle pubblicazioni) dal Comando del Gruppo d’esercito Arciduca Eugenio e ad esso subordinata gerarchicamente. Col n. 10 del 13 agosto 1916 (edizione speciale per il compleanno dell’Imperatore) muta la testata, divenendo semplicemente Soldaten-Zeitung, così dichiarando la sua aspirazione ad una valenza non più regionale.

L’ultimo numero è il 45 del 15 aprile 1917: la rivista cessa la pubblicazione a causa di spostamenti nei comandi, difficoltà tecniche e per l‘impossibilità di trovare un editore civile che si faccia carico dell’edizione6.

Pubblicati anonimi dalla Tiroler Soldaten-Zeitung, i testi Musil non sono sono stati collazionati nell’edizione delle Gesammelte Werke, sebbene quattro o cinque di essi siano stati ripubblicati in modo occasionale alcuni decenni addietro. Sulla base delle ricerche di vari studiosi, fra i quali Karl Dinklage, Karl Corino, Helmut Arntzen e Marie Louise Roth (oltre che delle minuziose indagini di Alessandro Fontanari e Massimo Libardi)7, nel 1987 pubblicammo in traduzione italiana, per la prima volta in volume, questi scritti8.

La nostra attenzione, tuttavia, dall’interesse più propriamente musiliano, in breve tempo passò alla rivista stessa, incuriositi proprio da quelle caratteristiche che la rendevano davvero unica.

Con il passare degli anni quella curiosità ci portò a scoprire i Kriegsmaler e nel frattempo intraprendemmo un progetto di ricerca per riflettere sul rapporto fra scrittura e propaganda nella Prima guerra mondiale e in particolare su Musil e la Tiroler Soldaten-Zeitung. Organizzammo così una mostra e un convegno a Luserna (“Qualcosa di immane – Scrittura, pittura e propaganda nella Grande Guerra”, 22 settembre 2000). Nel 2003, esaurita oramai da tempo la precedente edizione e purtroppo scomparsa la casa editrice che lo aveva licenziato, ripubblicammo La guerra parallela. Claudio Groff, il traduttore, rimise mano alla già bella versione italiana (e il lettore può rendersi conto di 5 Quando nel giugno 1916 la rivista inizia a pubblicare la pubblicità, questa non è solo tirolese, ma anche di ditte di Vienna e Praga (Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 179-181, 20 giugno 1916, p. 8). 6 Il vasto e inatteso eco suscitato dal corso politico imboccato dalla rivista sotto la direzione di Musil può avere contribuito a far si che gli sforzi per mantenere in vita la pubblicazione siano stati compiuti con poca convinzione e poi rapidamente abbandonati. In ogni caso, la documentazione oggi disponibile fa escludere una improvvisa chiusura per ragini politiche (Roman Urbaner, “Fallita perché faceva politica?” La (Tiroler) Soldaten-Zeitung. 1915-1917, Levico Terme, CSSEO Working Paper No. 117, 2006, p. 37). 7 L’elenco dei testi in Helmut Arntzen, Musil-Kommentar, vol. 1, Monaco, Winkler, 1980, pp. 178-180. 8 Robert Musil, La guerra parallela, Gardolo di Trento, Reverdito, 1987.

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quanto oggi sia ancora più aderente e viva rispetto al non facile testo originale)9. Nello stesso autunno organizzammo, assieme alla Fondazione Belvedere-Gschwent e all’Università di Trento il convegno “La strana guerra del tenente Musil. La parabola della Soldaten-Zeitung” (Lavarone, 24 ottobre 2003).

Nel frattempo avevamo “scoperto” i Kriegsmaler. Nel corso della Prima guerra mondiale assunsero una importanza nuova, proprio come l’irruzione della tecnica, la propaganda, l’inganno, la manipolazione delle notizie con il controlo della stampa e l’impiego della disinformazione10. Per la prima volta il conflitto viene raccontato secondo alcuni codici comuni e mediante l’uso di immagini (fotografie, cartoline, manifesti) che le nuove tecniche permettono di riprodurre in migliaia di esemplari. Questa vasta produzione segue le regole e i codici che saranno poi quelli della pubblicità: la Grande Guerra fu anche l’immagine veicolata da questo materiale. Nell’Austria-Ungheria la propaganda ebbe alcuni straordinari momenti di creatività. Uno di questi è appunto il corpo dei Kriegsmaler.

Già nel 1914 il Comando supremo d’armata istituì presso l’Ufficio stampa di guerra una sezione denominata Gruppo artistico (Kunstgruppe). Alcuni dei chiamati alle armi che nella vita civile erano artisti vennero inquadrati sotto il comando del Quartiere per la stampa di guerra con il compito di documentare e rendere comprensibile l’esperienza bellica. Nella primavera del 1915 venne poi creato, sempre nell’ambito del Quartiere per la stampa di guerra, un nuovo servizio, quello dei Kriegsmaler e dei Kriegsbildbauer. I pittori che vi appartenevano avevano il grado di ufficiali (e i criteri di ammissione erano piuttosto rigidi). La loro libertà di movimento era pressoché totale e potevano recarsi senza vincoli fino alla prima linea.11

Non veniva esercitata alcuna censura né rispetto ai soggetti raffigurati12 né rispetto allo stile, e anche aderenti alle correnti d’avanguardia, come Egon Schiele, Anton Kolig, Alfred Kubin, Oskar Kokoschka, entrarono a far parte del servizio. Le richieste dei

9 Robert Musil, La guerra parallela, Rovereto, Nicolodi, 2003. 10 Nicoletta Dacrema, Il volto del nemico: scrittori e propaganda bellica (1915-1918) nell’Austria di Francesco Giuseppe, Firenze, La Nuova Italia, 1998; Maria Masau Dan, Donatella Porcedda (a cura di), L’arma della persuasione. Parole e immagini di Propaganda nella Grande Guerra, Gorizia, Edizioni della Laguna, 1991; Diego Leoni, Camillo Zadra (a cura di), La Grande guerra. Esperienza memoria immagini, Bologna, Il Mulino, 1986; e Ferruccio Masini (a cura di), Ideologia della guerra. Temi e problemi, Napoli, Bibliopolis, 1987. 11 Sui Kriegsmaler si vedano innanzitutto Liselotte Popelka, Vom “Hurra” zum Leichenfeld, Vienna, Heeresgeschichtliches Museum, 1981; Id., “I Kriegsmaler durante la prima guerra mondiale”, in Luigi Chiais (a cura di), I monti pallidi, Novara, De Agostini, pp. 153-158; Id., “Artisti nella guerra. I Kriegsmaler austro-ungarici 1914-1918”, Annali. Museo Storico Italiano della Guerra, n. 0, 1990, pp. 7-31; e Jozo Dzambo (a cura di), Musen an die Front. Schriftsteller und Künstler im Dienst der k.u.k. Kriegspropaganda 1914-1918, Monaco, Adalbert-Stifter-Verein, 2003. 12 Uno dei rari casi di censura sulle opere riguarda Klemens Brosch: vari suoi disegni non passarono il vaglio della censura militare.

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comandi riguardavano unicamente la produzione e la consegna di un certo numero di opere; le restanti rimanevano di proprietà dell’artista che poteva disporne liberamente.

Questi artisti documentano tutti i fronti in cui hanno combattuto le armate austro-ungariche. Temi ricorrenti sono la natura e il paesaggio, le scene di guerra, i momenti di vita dei soldati, ma la gran parte della produzione dei Kriegsmaler riguarda il paesaggio e la ritrattistica. Compaiono anche gli aspetti crudeli e l’orrore della guerra, ma tutto sommato nell’esperienza dei Kriegsmaler prevale il rapporto dell’uomo con la natura e una rappresentazione spesso oleografica della vita militare.

Nel 2004, per la prima volta dopo la fine della Prima guerra mondiale abbiamo documentato questa avventura artistico-militare, sottraendola all’oblio della propria patria. Abbiamo così organizzato, grazie alla Fondazione Belvedere-Gschwent, la mostra “Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande Guerra” (Lavarone, 19 giugno-12 settembre 2004)13.

Il nostro lavoro non si è arrestato a questo punto. Prosegue il progetto di ricerca destinato a concludersi con un convegno (Milano, primavera 2008, in collaborazione con il Forum austriaco di cultura e il Museo di storia contemporanea, con il quale da anni abbiamo in corso una proficua collaborazione) e con la pubblicazione di una monografia in italiano e tedesco, che raccoglierà vari contributi scientifici, frutto di questi anni di ricerche. È, invece, quasi pronta per la pubblicazione l’edizione elettronica della Tiroler Soldaten-Zeitung, un DVD che raccoglie tutto il publicato, realizzato assieme a Carla Gubert e al Progetto CIRCE da lei diretto (Catalogo Informatico Riviste Culturali Europee, il cui vasto database di pubblicazioni accessibili in formato elettronico si trova all’indirizzo http://circe.lett.unitn.it). Abbiamo anche realizzato, grazie al Centro Audiovisivi della Provincia Autonoma di Trento e all’opera di Giulio Bazzanella il DVD “Kriegsmaler. Pittori di guerra”, che quanto prima sarà messo in circolazione14.

A breve, infine, in collaborazione e coedizione con la Facoltà di Lettere dell’Università di Trento, sarà finalmente publicata una versione nell’originale tedesco, aumentata di alcuni testi rispetto alla precedente italiana, de La guerra parallela15. In questa sede verrà affrontato anche un aspetto negletto dalla critica musiliana: gli anni della Prima guerra mondiale infatti costituiscono un cruciale periodo nella biografia dello scrittore. Cruciale, soprattutto, perché in questi articoli sono abbozzate alcune delle tematiche poi riprese, sia pure in una tonalità diversa, nell’Uomo senza qualità. Sono soprattutto i motivi 13 Massimo Libardi, Fernando Orlandi (a cura di), Kriegsmaler. Pittori di guerra al fronte nella Grande Guerra, Lavarone, Fondazione Belvedere-Gschwent, 2004. Del catalogo della mostra è poi stata pubblicata anche l’edizione tedesca: Kriegsmaler. Maler an der Front im I. Weltkrieg. 14 Una prima visione si è svolta il 28 marzo 2007 a Trento, nella Sala proiezioni del Centro Audiovisivi della Provincia Autonoma di Trento. 15 Il volume è curato da Fabrizio Cambi, Massimo Libardi e Fernando Orlandi.

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dell’“Azione parallela” e quello della “Cacania”, che si nutrono del materiale predisposto per gli articoli della Soldaten-Zeitung oltre che dell’esperienza dello scrittore presso il “Comando Panama”16.

All’interno del progetto di ricerca, alla fine dello scorso anno abbiamo pubblicato un lavoro di Roman Urbaner sulle vicende e la storia della Tiroler Soldaten-Zeitung17. In questo testo, Urbaner, sulla base di un minuzioso scavo in molti archivi austriaci, ci dice della decisione di pubblicare nel 1916, in parallelo all’edizione tedesca altre due edizioni della rivista: una in ungherese e l’altra in italiano. Un rapporto riservato del 30 giugno 1916 infatti attesta che il giornale si pubblicava non solo in tedesco ma “a intervalli più ampi e regolarmente anche in ungherese e in italiano”18. Purtroppo, nelle sue ricerche nelle biblioteche austriache Urbaner non è stato in grado di reperire alcun numero dell’edizione ungherese del giornale, titolata Tiroli Katona Ujság (traduzione letterale di Tiroler Soldaten-Zeitung). Aveva sì trovato le indicazioni di due fascicoli, ma questi non erano più disponibili, vuoi fuori collocazione, vuoi definitivamente dispersi19. Nelle carte di archivio aveva anche trovato riscontro dell’edizione in ungherese di un fascicolo dedicato ad Andreas Hofer20. Per quanto riguarda l’edizione in lingua italiana, nessuna traccia: i materiali di archivio non forniscono neppure il nome della testata, sebbene i documenti disponibili riaffermino come le edizioni nelle altre due lingue fossero dichiarate “obiettivi primari della conduzione del giornale”21.

Questa ricerca non giunta a buon fine ci ha lasciato insoddisfatti, e così abbiamo iniziato a scandagliare le biblioteche universitarie, di istituti e di conservazione di vari stati europei, oltre ad alcune grandi e onnivore biblioteche degli Stati Uniti: dalla Hoover Institution di Stanford alla Library of Congress di Washington. Inutile narrare le “peripezie” che hanno visti coinvolti numerosi nostri collaboratori e studiosi di vari paesi. Alla fine abbiamo concentrato il nostro impegno negli archivi e nelle biblioteche ungheresi (fortunatamente in quel paese abbiamo alcuni preziosi collaboratori e soprattutto risiede uno membri del nostro centro studi, Stefano Bottoni, giovane e brillante storico). La perseveranza e la tenacia sono state premiate: alla Biblioteca

16 Massimo Libardi, “Comando Panama. L’origine del tema dell’Azione Parallela”, paper presentato al convegno “Qualcosa di immane – Scrittura, pittura e propaganda nella Grande Guerra”, Luserna, 22 settembre 2000. 17 Roman Urbaner, “Fallita perché faceva politica?” La (Tiroler) Soldaten-Zeitung. 1915-1917, Levico Terme, CSSEO Working Paper No. 117, 2006. 18 Kriegsarchiv ora depositato all’Österreichisches Staatsarchiv, NFA im KA; Kart. 492, Rub. 16-9/35-87; Kmdo der Südwest-Front (I), 1916; 3-4. 19 Urbaner, “Fallita perché faceva politica?”, p. 3: “La Tiroli Katona-ujság oggi non è più rintracciabile, almeno in Austria”. 20 Precisamente Tiroli Katona Ujság, n. 2, 2 aprile 1916. 21 Kriegsarchiv ora depositato all’Österreichisches Staatsarchiv, NFA im KA, Kart. 492, Kmdo der Südwest-Front (I), 1916, Rub. 16-9/35-51.

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nazionale Széchényi abbiamo finalmente reperito i cinque numeri della Tiroli Katona Ujság, che vanno dal numero 1, recante la data del 16 febbraio al numero 5, uscito nel mese di maggio (ma senza indicazione del giorno, a differenza dei precedenti quattro fascicoli).

In qualche modo la nostra costanza ha ricevuto un secondo “premio”: sempre nel corso delle nostre ricerche abbiamo trovato un esemplare del Giornale del Soldato Tirolese, ovvero dell’edizione in lingua italiana della Tiroler Soldaten-Zeitung22. Di questa testata non si hanno indicazioni in alcun repertorio, né la si trova in nessuna delle numerose biblioteche italiane, austriache e di altri paesi europei che abbiamo contattato. Siamo ora in grado, finalmente, di documentare per la prima volta l’edizione in lingua italiana della Tiroler Soldaten-Zeitung.

Recuperato questo primo numero (che apparentemente lascia intendere una frequenza maggiore nelle pubblicazioni rispetto all’edizione ungherese), adesso non possiamo che ancora una volta proseguire nelle ricerche, al fine di ricostruire il pubblicato.

Questo siamo ora in grado di farlo per l’edizione ungherese, che qui pubblichiamo in anastatica, preceduta da una tavola delle corrispondenze e da un ottimo studio di Davide Zaffi, che fra le sue tante conoscenze padroneggia in modo eccellente sia il tedesco che l’ungherese23. Nel lavoro che segue, Zaffi ci permette di avere una precisa idea della versione in lingua ungherese della Tiroler Soldaten-Zeitung. Si tratta indubbiamente di un importante contributo storiografico, vuoi per la ricostruzione di questa importante publicazione, vuoi per le più generali vicende della propaganda di guerra nella Duplice Monarchia.

22 Giornale del Soldato Tirolese, n. 5, 30 marzo 1916, complessive 8 pagine. 23 Una versione in tedesco di questo lavoro sarà resa disponibile per la comunità degli studiosi germanofoni (che come la maggior parte degli italiani si scontra con la barriera insormontabile della lingua ungherese) in occasione del già citato convegno previsto a Milano nella primavera del 2008.

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Un’ungherese in Tirolo: la Tiroli Katona Ujság

Davide Zaffi

In un ampio studio dedicato alla Tiroler Soldaten-Zeitung (TSZ), Roman Urbaner definiva qualche tempo fa quel giornale “un inconsueto prodotto d’epoca bellica”24. Già altri lavori avevano precorso in termini più generali il giudizio appena formulato, evidenziando anch’essi la positiva anomalia di quell’esperienza editoriale ben curata25, ricca, talora lussuosa: l’unico articolo di lusso che arrivasse fino alle trincee tirolesi.

A richiamare attenzione dei ricercatori sulla Tiroler Soldaten-Zeitung contribuì di certo anche il fatto che a partire dall’estate 1916 essa venne diretta da uno scrittore della fama di Robert Musil, già assurto alla grande notorietà nel 1906 con la pubblicazione de I turbamenti del giovane Törleß. Secondo una consolidata lettura storiografica, nel suo primo anno di esistenza la TSZ era, quanto ai contenuti, un foglio di guerra simile a parecchi altri, i cui obiettivi in ordine di importanza erano: intrattenere i soldati al fronte con facili letture di svago durante le ore di inattività, presentare in brevi narrazioni edificanti atti di coraggio compiuti da commilitoni allo scopo di rinsaldare lo spirito combattivo fra i soldati e infine fornire a grandi linee informazioni sui maggiori avvenimenti in patria e sui teatri di guerra.

Con l’estate 1916 Musil aprì il giornale a temi in precedenza mai trattati, nuovi per quel tipo di pubblicazione: discusse, ad esempio, del futuro postbellico della Monarchia; delle tensioni fra le nazionalità asburgiche; della vita socio-economica austriaca soffocata da troppi opportunismi; si spinse a vere e proprie indagini giornalistiche, specie sulla delicata questione dell’irredentismo pre-bellico26.

La nomina di Musil a redattore della TSZ, che corrispondeva in tutta evidenza a intenzioni editoriali più sofisticate, viene così considerata come lo spartiacque nella vita del giornale. Solo dopo quella nomina la TSZ meriterebbe la definizione di “prodotto peculiare del periodo di guerra” di cui si è detto.

Questa lettura non può dirsi sbagliata, come ci si può convincere gettando anche solo uno sguardo superficiale ai numeri del giornale prima e dopo la presa di funzioni di Musil. Ma essa, probabilmente, merita una qualche integrazione, perché i vertici militari

24 Roman Urbaner, “Fallita perché faceva politica?” La (Tiroler) Soldaten-Zeitung. 1915-1917, Levico Terme, CSSEO Working Paper No. 117, 2006, p. 1. 25 Massimo Libardi, Fernando Orlandi, “Qualcosa di immane”, in Massimo Libardi, Fernando Orlandi (a cura di), Kriegsmaler. Pittori di guerra al fronte nella Grande Guerra, Lavarone, Fondazione Belvedere-Gschwent, 2004, p. 15. 26 Robert Musil, La guerra parallela, a cura di Fernando Orlandi, Rovereto, Nicolodi, 2003. È in preparazione una ampliata edizione in tedesco, a cura di Fabrizio Cambi, Massimo Libardi e Fernando Orlandi.

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dell’esercito in Tirolo, ovvero il Comando della difesa territoriale che figura come primo editore della TSZ, nutrivano fin dall’inizio qualche ambizione da far valere sul campo della pubblicistica di guerra. Gli aggiustamenti che permisero alla TSZ di trovare una formula valida fra il giornale di trincea fatto di minuzie ma familiare al soldato e la rivista con interessi maggiori che non risultasse però troppo difficile o noiosa, richiesero, com’è naturale, diverso tempo.

Che anche prima dell’arrivo di Musil si avesse a Bolzano, presso la sede del Comando, la volontà di fare della TSZ uno strumento propagandistico del tutto speciale, è dimostrato dalle Literarische Beilagen, inserti letterari presenti fin dall’estate 191527, da un corredo iconografico assai ben curato e, non da ultimo, dal fatto che al più tardi nelle prime settimane del 1916 l’editore della TSZ mise in progetto di fare uscire il giornale anche nelle lingue ungherese e italiana.

Sull’edizione in lingua ungherese della rivista sussistevano fino ad oggi non poche incertezze. Si sapeva da autorevoli fonti militari che le edizioni della TSZ in più lingue vennero dichiarate “obiettivi primari della conduzione del giornale”, ma “quanto di questa dichiarazione di intenti sia stato poi effettivamente realizzato non è più possibile ricostruire oggi con esattezza”. Da documentazione contabile risultava pagata la traduzione in ungherese del numero monografico della TSZ su Andreas Hofer e da un accenno archivistico si inferiva che fosse uscito un secondo numero nella stessa lingua, ma niente più28.

A dire il vero, gli editori di giornali erano tenuti per legge a spedire, entro termini temporali piuttosto precisi, “esemplari di servizio” a diversi uffici di controllo viennesi29. Ma si supponeva che, a causa di sistemi di archiviazione inadeguati, gli eventuali esemplari della versione ungherese della TSZ fossero andati persi.

Si è in grado ora di colmare, per lo meno in parte, questa lacuna. Nel corso di una ricerca promossa dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale, infatti, sono stati ritrovati a Budapest, presso la Biblioteca nazionale Széchényi cinque numeri della Tiroli Katona Ujság (ovvero Tiroler Soldaten-Zeitung in ungherese; nel seguito TKU), che vanno dal numero 1, recante la data del 16 febbraio al numero 5, uscito nel mese di maggio.

Questo lavoro si ripropone di offrire una descrizione degli esemplari di quella che dovrebbe essere l’unica pubblicazione periodica apparsa nel Tirolo storico in lingua ungherese.

27 Maria Rita Murgia, “Il laboratorio della persuasione. Di alcuni supplementi letterari della Tiroler Soldaten-Zeitung”, tesi di laurea, Università degli Studi di Cagliari, a.a. 2005-2006. 28 Urbaner, “Fallita perché faceva politica?”, pp. 3-4. 29 Erano, fra gli altri, il Ministero degli interni, l’Ufficio di sovrintendenza bellica, gli uffici della censura. Ibidem, p. 26.

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I numeri della TKU presentano nella veste esteriore e nei contenuti molte differenze. È difficile dire cosa le abbia determinate, mancando documentazione al riguardo. Del resto, perfino i motivi di talune scelte editoriali della TSZ rimangono oscuri, nonostante i documenti che sulle modalità di lavoro di quel giornale sono stati rinvenuti presso l’Archivio di guerra a Vienna e l’Archivio provinciale di Innsbruck, sotto forma, in particolare, di circolari e rapporti di servizio o di corrispondenza fra gli uffici militari e i competenti organi civili. Atti di questo genere non sono stati portati finora alla luce per l’edizione ungherese della TSZ.

Quando, esaminando alcuni contributi del giornale, ci sono parse ragionevoli alcune ipotesi anche su aspetti relativi alle vicende editoriali della TKU, abbiamo provato a formularle. Esse in ogni caso sono costruite sulla base dei testi che ci apprestiamo a descrivere, degli esemplari della TSZ che servirono, come regola, da modello per le edizioni nelle altre lingue e degli avvenimenti militari che ebbero luogo nel turbolento periodo di pubblicazione della TKU.

Dal giugno 1915 fino al 13 marzo 1916 come editore della TSZ aveva figurato il Comando di difesa territoriale con sede a Innsbruck. In previsione di una prossima, poderosa offensiva contro l’Italia, lo Stato maggiore austriaco ridisegnò l’assetto gerarchico dell’esercito sul fronte sud-occidentale. Il Comando di Gruppo d’esercito con a capo l’Arciduca Eugenio, responsabile per il settore sud-occidentale, venne spostato a inizio febbraio da Marburg (Maribor) a Bolzano, poiché il fronte in Friuli passava adesso in secondo piano rispetto a quello tirolese. Il generale Victor Dankl, che era a capo del Comando di difesa territoriale, fu posto alla guida della XI Armata costituita ad hoc per il progettato attacco fra la Valsugana e la Vallarsa. Dankl con il suo stato maggiore lasciò Bolzano per Trento, mentre il Comando di difesa territoriale, ora guidato dal generale Josef Roth, rimase a Bolzano, con attribuzioni però di molto ridotte, poiché il territorio di operazioni, cioè la fascia orientale del Tirolo a sud del Brennero, passava direttamente sotto il controllo dei Comandi d’Armata30.

Fra le strutture scorporate dal Comando di difesa e assegnate alla XI Armata a seguito di questo riordino finalizzato, nelle intenzioni, a una maggiore efficienza operativa, si trovava anche l’intera redazione della TSZ e l’uscita del primo numero della TKU ha luogo alla vigilia di questo passaggio di consegne. Mentre però la TSZ cominciò ad indicare fin dal suo numero 141-143 del 26 marzo la mutata responsabilità editoriale, ad

30 Cletus Pichler, Der Krieg in Tirol 1915/1916, Innsbruck, Pohlschröder, 1924, p. 86. La compressione del ruolo del Comando di difesa territoriale si spiega, oltre che per ragioni strettamente operative, anche con la presenza nella stessa città di Bolzano dell’Arciduca Eugenio, capo militare e esponente della dinastia a un tempo.

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inizio aprile la TKU uscì ancora come edita dal Comando di difesa e solo dalla metà di questo mese diede l’indicazione di aver raggiunto la consorella presso l’XI Armata. Inalterato, comunque, rimane l’indirizzo della redazione: “Posta di campo 93”.

Nel luglio 1916, infine, la redazione del giornale di guerra tirolese venne spostata a Bolzano presso il Comando di Gruppo d’esercito Arciduca Eugenio per il motivo che quel Comando, preposto alle due armate austro-ungariche presenti all’epoca in Tirolo, la XI e la III, nonché ai combattenti della difesa territoriale, era meglio attrezzato per la maggiore diffusione del foglio. Ma, giudicando in base allo stato delle conoscenze, in giugno la TKU aveva già cessato di esistere.

Così se la TSZ, nella sua biennale storia, si trovò a dipendere formalmente da tre editori diversi, la TKU fu edita in primo tempo dal Comando di difesa territoriale del Tirolo e in seguito dal Comando della XI Armata, ovvero dalla Sezione per la stampa di quest’ultima.

Modesti inizi

Tutti gli inizi sono difficili, e a giudicare dal numero 1 della TKU pubblicato il 16 febbraio 1916 quello del giornale tirolese in lingua magiara non fece eccezione.

Il primo numero della TSZ, uscito il 2 giugno 1915, si apriva con un articolo nel quale era presentato il programma del nuovo giornale, i fini per i quali era stato concepito. L’articolo era autorevolmente firmato dal generale Victor Dankl, all’epoca a capo del Comando della difesa territoriale tirolese31.

Sulla TKU del 16 febbraio 1916 manca invece il proclama editoriale e manca anche un qualsiasi saluto ai lettori, come normalmente si trova in una rivista che comincia la sua esistenza. Solo in due piccoli, anonimi riquadri ai lati del titolo si diceva qualcosa sulle intenzioni redazionali. Nel primo l’obiettivo del giornale era indicato nell’“informare i difensori del Tirolo sulle più recenti notizie di guerra così come sugli avvenimenti che interessano l’esercito ovvero i militari”. Nel secondo si comunicava che “per il momento” il giornale sarebbe uscito con cadenza mensile, edito dall’Ufficio stampa del Comando tirolese sopra menzionato; era previsto che le unità militari lo ricevessero gratuitamente, mentre per i civili sarebbe costato una corona. In una riga sotto il titolo si precisava che il ricavato netto sarebbe stato destinato ai soldati tirolesi feriti.

Tutte queste informazioni e nella medesima disposizione tipografica erano già presenti nella testata della TSZ ed erano state dunque tradotte adesso per la TKU. E tuttavia, mentre gli oltre cento numeri della TSZ fino ad allora usciti recavano sopra il titolo il 31 “Soldaten, Kameraden!”, Tiroler Soldaten-Zeitung, 2 giugno 1915, p. 1.

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motto “Per Iddio, l’Imperatore, la Patria”, questo numero 1 della TKU aveva per motto “Per Iddio, il Re, la Patria”.

Non occorreva aver assolto un corso di diritto costituzionale per sapere che se l’Austria-Ungheria era un impero, l’Ungheria invece era un regno e che dunque Francesco Giuseppe qui era un re. La questione all’epoca era molto sentita e non c’è dubbio che la TKU mostrasse su questo punto un giusto apprezzamento della sensibilità dei potenziali lettori.

Chi decise il piccolo ma significativo cambio? Era stato nominato un responsabile del giornale che in qualche modo svolgeva le funzioni di redattore e non si limitava a controllare la correttezza della traduzione? Di certo può dirsi che neanche il più sprovveduto dei traduttori avrebbe mai reso in ungherese il termine Kaiser utilizzato sulla TSZ con király (re) e quindi la magiarizzazione istituzionale del sovrano va ritenuta una scelta mirata.

Lo stesso può dirsi per le ultime righe dell’ultima pagina di questo numero 1. Qui viene infatti riprodotto un appello della redazione ai combattenti a sostenere il giornale tramite l’invio del “maggior numero possibile di contributi originali”32. Il testo dell’appello della TKU, a sua volta, non era però originale, ma ricopiato, cioè semplicemente tradotto da quello che veniva pubblicando regolarmente la TSZ per i suoi lettori. Ma, durante la traduzione, il testo era stato ritoccato con l’inserzione, dove opportuna, dell’aggettivo “magiaro”. Il materiale ricevuto dalla redazione che sarebbe servito, secondo la TSZ, a illustrare la “psicologia del soldato” avrebbe mostrato invece, secondo la TKU “la psicologia del soldato magiaro”.

L’indirizzo al quale i “commilitoni magiari” erano invitati a spedire i loro scritti o disegni o fotografie era il medesimo della redazione della TSZ ma indicato così: “K. u. k. Landesverteidigungskommando von Tirol, - Tiroli Katona Ujság. Feldpost Nr. 93”. Fra il motto in prima pagina e l’appello alla collaborazione nell’ultima, di autenticamente ungherese nel numero 1 della TKU non vi era più nulla.

Veniva infatti riprodotto, ovviamente in traduzione, il lungo articolo “S. Silvestro 1914 e 1915”33 che era apparso in originale sul primo numero del 1916 della TSZ34. Certo, l’articolo non si limitava a porgere auguri ai soldati, sviluppava anche qualche pensiero sulla guerra in corso e non aveva quindi un valore strettamente occasionale, ma presentarlo addirittura a metà febbraio, senza neppure adattarlo dove necessario, senza neppure cambiare il titolo, dimostrava una certa trascuratezza.

32 “Az olvasókhoz”, Tiroli Katona Ujság, n. 1, 16 febbraio 1916, p. 4. 33 “1914. és 1915. Szilveszterén”, Tiroli Katona Ujság, n. 1, 16 febbraio 1916, pp. 2-3. 34 “Sylvester 1914 und 1915”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 94-99, 1 gennaio 1916, pp. 4-5.

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L’articolo, non firmato, metteva fra l’altro a confronto la situazione militare fra la fine del 1914 e quella del 1915 e trovava che i governi delle potenze centrali avessero buoni motivi per essere ottimisti. Il buon livello della traduzione poteva forse dare a qualche soldato ungherese l’impressione di stare leggendo un pezzo originale, ma l’impressione doveva poi svanire quando trovava passaggi come questo: “considerate, soldati, il nostro grande e sacro obiettivo: dimostrare ai nemici che farà una brutta fine chi, oggi o un domani, prova a soggiogare la nostra patria, l’Austria-Ungheria, il bel Tirolo…”.

Questo articolo era preceduto, in apertura del giornale, dai messaggi di buon anno inviati all’Imperatore e Re, nonché all’arciduca Eugenio, comandante del Gruppo d’esercito sul fronte sud-occidentale, dal generale Victor Dankl che in quel momento, in qualità di Comandante della XI Armata, svolgeva, per così dire, la funzione di editore della TSZ, e quindi anche della TKU35. I messaggi in originale erano già stati pubblicati dalla TSZ36.

Il primo numero della TKU, quattro pagine in tutto, si chiudeva con una serie di notizie militari e politiche. Nessuna di esse aveva però una diretta connessione con l’Ungheria o con unità di combattimento ungheresi. Relazionavano su un attacco aereo tedesco in Inghilterra, su scontri russo-turchi nel Caucaso, sul ritiro degli italiani dall’Albania (questa notizia è offerta dalla TKU ai suoi lettori sul fronte tirolese tramite la Vossische Zeitung di Berlino che a sua volta si richiama a una anonima fonte zurighese).

Le notizie fin qui elencate erano brevi ma entro certi limiti chiare. Curiosa doveva riuscire invece quella che annunciava il danneggiamento di una nave francese ad opera di un sottomarino: il fatto avrebbe avuto luogo la mattina del 16 febbraio, ma la mattina del 16 febbraio (alle ore 8) era andato in stampa il giornale, come risulta dalla prima pagina. Parimenti curiosa la notizia che rendeva conto dell’occupazione di Kavala da parte di “un reggimento albanese rinforzato da unità austro-ungariche che si trovano sotto il nostro comando”. Tutto considerato, doveva trattarsi della traduzione di un comunicato dello stato maggiore bulgaro, ma questo occorreva arguirlo perché non veniva detto. Se ne ricava che le notizie erano state messe in sequenza senza curare troppo neppure questa rubrica che pure era chiamata a svolgere una funzione basilare della stampa di guerra ovvero di trincea.

Dal 16 febbraio fino ad inizio aprile non uscì più alcun esemplare della TKU. Non venne quindi rispettata la programmata cadenza mensile.

Osservando le cose da un punto di vista strettamente editoriale si può pensare che i responsabili della TKU non siano rimasti molto soddisfatti del prodotto e abbiano

35 “Hivatalos rész”, Tiroli Katona Ujság, n. 1, 16 febbraio 1916, p. 1. 36 Il primo nel numero 100 datato 8 gennaio 1916 e il secondo nel numero 94-99 dell’1 gennaio 1916.

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voluto ben valutare i mezzi a loro disposizione prima di ripetere un esperimento rivelatosi in prima battuta insufficiente. Da un punto di vista più ampio va ricordato che il marzo 1916 è il mese in cui da Trento viene preparata sul terreno l’offensiva strategica nota come Strafexpedition.

Monumento tirolese in lingua magiara

Improvvisamente, il 2 aprile uscirono due fascicoli della TKU recanti la stessa data ma numerazione diversa: il 2 e il 3. L’iniziativa appare tanto più estemporanea in quanto il secondo numero della rivista è interamente dedicato all’anniversario della morte dell’eroe nazionale tirolese Andreas Hofer. L’esecuzione di Hofer ad opera delle truppe napoleoniche aveva avuto luogo, com’è noto, il giorno 20 febbraio 1810. E infatti la TSZ era uscita puntualmente con un numero dedicato per intero a quell’avvenimento37. Tutti i contributi e gli inserti iconografici del numero hoferiano della TKU derivano da quel numero della TSZ e non è da credere che fossero occorse settimane intere per tradurre qualche pagina.

Il 1916 non segnava un anniversario tondo della morte del Sandwirt, ma questo del 1916 era il primo anniversario in tempo di guerra sul fronte tirolese e gli editori della TSZ ritennero evidentemente che il valore propagandistico del mito legato alla figura dell’eroe della Val Passiria fosse tale da poter essere sfruttato comunque con qualche utilità38. Certo, nei soldati ungheresi una rivista dedicata a Hofer, com’era il numero 2 della TKU, poteva suscitare una qualche ammirazione verso i loro commilitoni della milizia territoriale, ma difficilmente indurli ad identificarsi con Hofer e con quei fatti lontani.

Nonostante si fosse osservata la normale numerazione progressiva si può ritenere che l’edizione della TKU dedicata a Hofer sia stata concepita più come un numero straordinario o una specie di supplemento e questo spiegherebbe in parte la coincidenza di data col numero 3, il quale aveva caratteristiche comuni agli altri numeri della rivista.

Il taglio dell’edizione è decisamente provinciale, cioè tirolese. Gli autori risultano essere senza eccezioni esponenti della vita intellettuale del Land: il deputato alla Dieta Michael

37 “Zu Andreas Hofers Todestag”,Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 121-125, 20 febbraio 1916. 38 I vertici militari austro-ungarici rivolsero una grande attenzione alla psicologia dei soldati in vista della Strafexpedition ovvero “alla minuziosa e assidua preparazione spirituale delle truppe” (Cesare Schiapparelli, L’invasione austriaca sugli altipiani 1916, Torino, Istituto nazionale per le biblioteche dei soldati di terra, di mare e dell’aria, 1929, p. 25). Forse si era anche andati oltre il segno nel qualificare in modo sprezzante l’avversario italiano se l’Arciduca Carlo nel suo messaggio alle truppe alla vigilia dell’attacco riteneva opportuno scrivere: “Ammonisco a non sottovalutare il valore dell’avversario”, aggiungendo impeccabilmente “per quanto inferiore al nostro”. Gerhard Artl, Die österreichisch-ungarische Südtiroloffensive 1916, Vienna, ÖBV, 1983, p. 102.

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Mayr39, il professore dell’Università di Innsbruck Wilhelm Erben (il cui nome viene magiarizzato in Vilmos)40 e Joseph Hirn (qui József), nato a Vipiteno e rientrato in Tirolo dopo diversi anni di insegnamento universitario a Vienna41. Un quarto contributo appare non firmato ma avendo un tema assai specifico come “Due ricordi di Andreas Hofer presso il museo nazionale ‘Ferdinandeum’ di Innsbruck”42 era facile intuire che si trattava di un collaboratore di quel museo tirolese43.

Sei fotografie e cinque riproduzioni di quadri completano il numero monografico. Le foto riguardano i luoghi della cattura di Hofer da parte dei francesi e le tappe fino a Mantova, dove avvenne l’esecuzione, nonché alcune monete messe in circolazione a Innsbruck durante le settimane di governo hoferiano. Tutti i quadri fanno parte della agiografia pittorica ottocentesca su Hofer e dunque nessuno di essi è stato commissionato per l’occasione.

Quanto ai testi, la TKU, con un numero di pagine molto inferiore rispetto al corrispondente esemplare della TSZ, non riportò tutti quelli che erano apparsi nell’edizione tedesca, ma con che criterio sia stata fatta le selezione è difficile a dirsi, se davvero venne fatta una complessiva valutazione su questo punto.

Meritava certo la traduzione la ricostruzione storica delle ultime settimane di vita di Hofer (“L’anniversario della morte di Andreas Hofer e di Peter Mayr il 20 febbraio 1810” di Mayr) così come la descrizione delle abitudini di Hofer durante la sua permanenza nel capoluogo tirolese (“Andreas Hofer nella residenza di Innsbruck”, a firma di Hirn). Questi lavori oltre a possedere un certo valore informativo, evidenziavano le qualità positive di Hofer presentate come qualità di tutti i tirolesi (non di tutti gli… austro-ungarici), quali la fede in Dio, la semplicità, il coraggio, il senso di dignità e di indipendenza.

I contributi di Mayr e Hirn enfatizzano i fatti senza stravolgerli, con una cospicua particolarità tuttavia: gli occupanti stranieri del Tirolo nel primo decennio dell’Ottocento, vale a dire i bavaresi, non compaiono mai. I due storici tirolesi si 39 M. Mayr, “Hofer András és Mayr Péter halálának 1819 február 20-ának évfordulójára”, Tiroli Katona Ujság, n. 2, 2 aprile 1916, pp. 2-6. Il nome di battesimo è reso con una M puntata, ma non è dubbio che si tratti del personaggio indicato nel testo, il quale probabilmente stava già lavorando al suo fortunatissimo lavoro Der italienische Irredentismus: sein Entstehen und seine Entwicklung vornehmlich in Tirol, Innsbruck, Tyrolia, 1917. 40 Vilmos Erben, “Hofer András a hadsereg Pantheonjában”, Tiroli Katona Ujság, n. 2, 2 aprile 1916, pp. 12-14. 41 József Hirn, “Hofer András az innsbrucki várkastélyban”, Tiroli Katona Ujság, n. 2, 2 aprile 1916, pp. 10-11. 42 “Két emlék Hofer Andrásról as innsbrucki ‘Ferdinandeum’ országos museumban”, Tiroli Katona Ujság, n. 2, 2 aprile 1916, pp. 8-9. 43 Cosa che troviamo confermata nella versione tedesca del numero hoferiano dove è indicato il cognome dell’autore, Fischnaller, con la relativa qualifica di “conservatore museale” (Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 121-125, 20 febbraio 1916, p. 15).

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adattano alla necessità della propaganda, ma con pudore, appena stendendo un discreto silenzio sul ruolo giocato dai vicini del nord nella rivolta hoferiana, originatasi, come si sa, proprio come reazione alla coscrizione obbligatoria introdotta dai bavaresi.

Meno riguardi verso la realtà storica dimostra l’articolo, o per meglio dire il proclama, del generale Dankl che compariva sulla prima pagina della TKU (“Nell’anniversario di Andreas Hofer”) e dove si leggeva: “Celebriamo oggi, a 106 anni di distanza, l’anniversario della sua morte quando nuovamente dobbiamo difendere il suo amato suolo natale contro il nemico italiano”44 e dove dunque, con un colpo solo, si sostituivano ai bavaresi gli italiani.

Dei restanti due contributi, quello dell’anonimo collaboratore del Ferdinandeum descrive un quadro dipinto da Johannes (qui János) Schäder e una poco lavorata pietra tombale inviata nel 1862 a Innsbruck da una Mantova ancora asburgica. Quello del professor Erben è dedicato alla presenza di un quadro di “Andreas Hofer nel Panteon dell’esercito”45. L’esile motivo non lascia all’autore altra possibilità se non immaginare, oltre al resto, un dialogo con l’eroe, concluso su una nota non rinvenibile nei citati contributi storici: “Non è legittimo attribuire il carattere del particolarismo provinciale al nome di Hofer”.

Che siano stati preferiti per una traduzione da pubblicarsi sulla TKU questi deboli e circoscritti testi rispetto ad altri di tema più vasto che pure comparivano sul numero hoferiano della TSZ può sorprendere, come già si è notato.

A partire da questo numero viene modificata la testata della TKU. Sul numero 1 il motto del giornale era “Per Iddio, il Re, la Patria”; ora diventa “Per Iddio, l’Imperatore e Re, la Patria”. Il motto iniziale doveva essere sembrato a qualcuno una concessione eccessiva al senso di autonomia politica ungherese. In tutti i numeri successivi della TKU il motto verrà mantenuto nella sua forma austro-ungarica, mentre la TSZ continuò a usare quella esclusivamente austriaca.

Un numero interlocutorio: alla ricerca di una linea editoriale?

Il numero 2 della TKU non offre di per sé spunti che giustifichino una pubblicazione per lettori di lingua ungherese. Strettamente parlando, la vicenda di Hofer si svolse per intero in un Tirolo che, a seguito del trattato di Pressburg, non faceva più parte della Monarchia asburgica e, suddiviso in distretti, si trovava sotto diretta sovranità bavarese. Sarebbe occorsa una ricostruzione storiografica piuttosto laboriosa per stabilire un 44 [Victor] Dankl, “Hofer András emléknapjára”, Tiroli Katona Ujság, n. 2, 2 aprile 1916, p. 1. 45 Si tratta della Ruhmeshalle, la Sala della gloria, ospitata in un edificio dell’Arsenale viennese, nucleo dell’odierno Museo storico militare di Vienna (Heeresgeschichtliches Museum).

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convincente collegamento con temi storici di diretto interesse ungherese. Ciò non avrebbe però corrisposto all’idea degli editori, che era di offrire sì un prodotto solido e informativo, ma pur sempre centrato sulle finalità della propaganda e dunque capace di trasmettere messaggi semplici, di facile comprensione.

Se il numero 2 della TKU rimaneva, tranne la lingua in cui era scritto, tutto all’interno del mondo tirolese, lo stesso non può dirsi del numero 3, edito con la stessa data del numero precedente, il 2 aprile 1916. Lo spostamento dell’attenzione verso un pubblico ungherese, tuttavia, è più accennato che compiuto.

In prima pagina si trova la poesia di Lóránd Győry “Oh, se sapeste…”46. È un componimento in cinque stanze di dieci versi dodecasillabi, ad eccezione dei versi 8-9 che sono esametri. Non la si ritrova in traduzione su alcun numero della TSZ e quindi è il primo contributo originale della TKU.

Nelle prime quattro strofe il poeta si rivolge a diverse categorie di persone. Sono nell’ordine: i famigliari del combattente, che non sanno quanto grande fosse il pericolo incombente sulla patria e quindi urgente la necessità di difenderla; i combattenti che non sanno l’ansia con la quale si seguono le loro gesta da casa (un po’ in contraddizione con la prima strofa si legge qui: “se non ci foste voi, la nostra sorte sarebbe la distruzione, la fame, la miseria, l’esilio” e dunque in patria una qualche idea del pericolo c’era); i feriti, ognuno dei quali deve sapere che “non resterà mai solo”; e infine il nemico che non conosce “il valore del soldato magiaro”.

La quinta strofa riassume non certo il tema, ma almeno l’atmosfera delle precedenti e recita: La terra, la patria del combattente, lo benedice riconoscente. Egli al suo suolo fedele rimane Non lo turbano fate morgane Se un monte d’oro gli appare Non si lascia lo stesso sviare Sa che più fida, più sincera è della mamma la voce cara. Ogni strofa si chiude con richiami floreali che in poesia, agli occhi di chi la pratica da dilettante, sono come il testimonio di buona ispirazione: qui compaiono i fiori bianchi dell’acacia nella patria lontana, la delicata e resistente violetta paragonata alle infermiere che si occupano dei feriti, il ramo d’alloro meritato dai combattenti.

46 Lóránd Győry, “Óh, ha Ti tudnátok….”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, p. 1.

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In tale contesto, diventa interessante la chiusa delle terza strofa. In essa infatti i soldati, (secondo l’immaginazione del poeta) custodiscono vicino alla trincea “un giardino di rose rosso sangue/sulle nevi alpine”. La trasfigurazione floreale del sangue versato può sembrare involontariamente macabra, ma l’accenno alle nevi delle Alpi unito a quello al “valore del soldato magiaro” più sopra citato, permettono di affermare o che il lavoro è stato richiesto a Győry direttamente dai responsabili della TKU oppure che è stato da lui inviato alla redazione, magari in risposta all’appello lanciato dalla stessa TKU il 16 febbraio agli ungheresi sul fronte tirolese47. Nell’un caso o nell’altro è stata concepita proprio per la rivista su cui fu pubblicata.

In questo modo la TKU non si è assicurata un posto fra i prodotti letterari dell’epoca (cosa alla quale non aveva del resto motivo di aspirare), ma dà prova del fatto che al più tardi a fine marzo 1916 la redazione, per dir così, non considerava più sufficiente una versione in lingua ungherese dell’originale tedesco della TSZ e puntava invece a fare della TKU, quanto meno in parte, una rivista più attenta al suo pubblico, in grado di guardare alle cose da un punto di vista ungherese. Così si poteva stabilire in una stessa poesia l’inedito accostamento fra le “nevi alpine” e l’elogio “al soldato magiaro… difensore della patria”, hontvédö. Nel rendere in altra lingua il termine hon si usa di solito un equivalente di “patria”, ma non pochi ungheresi sostengono che il termine di per sé è intraducibile perché al senso di patria, unisce quello di luogo intimo, di dimora nella duplice valenza soggettiva (dove può ancora arrivare il tedesco Heimat) e oggettiva. Quando mai si era visto nella storia un hontvédö sulle Dolomiti, prima di Győry48?

Al componimento appena descritto segue un articolo di analisi politica intitolato “Italia”49 nel quale sono evidenziate le difficoltà economiche e di approvvigionamento del paese nemico: “In Italia c’è poco grano e quello che c’è è di modesta qualità”. Prima della guerra “noi [Austria-Ungheria] e i tedeschi fornivamo grano a basso prezzo agli italiani”, ora invece lo importano dall’Inghilterra che lo vende a un prezzo molto più alto e in quantità insufficienti. Se si aggiungono le perdite causate dalla sospensione del turismo tedesco, le mancate rimesse in danaro che i molti lavoratori italiani in Germania e in Austria effettuavano e infine che i molti prodotti di lusso italiani trovano chiusi i

47 La prima ipotesi pare preferibile alla luce del fatto che Győry, come si evince dal testo, non era un combattente e dunque non lo toccava l’appello alla collaborazione lanciato ai soldati ungheresi col numero 1 della TKU. Ben poco comune, del resto, è che un componimento inviato da un volonteroso lettore copra l’intera prima pagina di una pubblicazione. 48 Ci pare che l’autore della poesia possa identificarsi con il Loránd Győry, alto funzionario del Ministero dell’agricoltura ungherese, promosso dopo lo scoppio della guerra a capo dell’Ufficio centrale di approvvigionamento. Il lavoro al Ministero non aveva evidentemente prosciugato del tutto la vena artistica di Győry, della quale egli aveva dato prova già nel 1913 quando al teatro Uránia di Budapest era andato in scena il suo dramma “Alföld” [La pianura del nord-es’]. Vedi Magyar Életrajzi Lexikon (http://mek.oszk.hu). Nella TKU il nome è accentato Lóránd. 49 “Olaszország”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, pp. 2-3.

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tradizionali mercati d’oltralpe si capisce che la popolazione sia ormai alla fame. “Vediamo la mano dell’eterna giustizia”, concludeva il lungo articolo, “che colpisce con la meritata punizione un tradimento quale mai la storia ha conosciuto”50. Alla luce di questi contenuti poco danno, forse, derivava al valore dell’articolo dall’essere una semplice traduzione di un contributo apparso sulla TSZ quasi due mesi prima51.

Si arrivava quindi alla rubrica di informazioni militari del giornale. Questa risulta più ordinata che nel numero di febbraio, perché dispone le notizie secondo la scala di interessi che la redazione poteva presumere di trovare nei potenziali lettori: prima vengono riportati avvenimenti o informazioni dal fronte sud-occidentale, poi da quello sud-orientale, cioè balcanico, si passa quindi al fronte franco-tedesco e infine a quello russo-turco.

Si apre questa parte del numero 3 con un racconto, abbastanza esteso, sul trasporto di un cannone in alta quota52. Il testo non è privo di una serie di accorgimenti narrativi, come la dettagliata descrizione di una gelida notte con intermezzi di luna (il trasporto del resto avviene in gennaio e appunto di notte per evitare il fuoco nemico). Alla fine, superando difficoltà estreme che non ci azzarderemmo a definire romanzate, il cannone viene istallato su quella che con buon motivo viene definita “la postazione di tiro” più alta del mondo. La descrizione risulta a suo modo elegante ma poco espressiva, più compatta che scorrevole e per questo verso rivela il suo carattere di traduzione di un racconto scritto per la TSZ, pubblicato all’inizio di febbraio53.

Viene poi riportata la smentita ad alcuni comunicati di Cadorna i quali relazionavano sulla riuscita di alcuni colpi italiani che in realtà, secondo la TKU, erano andati a vuoto54. Anche questa parte risulta essere una ripresa dalla TSZ e in particolare dal già citato numero di inizio febbraio, con uno scarto rispetto all’attualità, dunque, di circa due mesi55.

Alcuni “Episodi militari dal fronte tirolese”, dalla omonima rubrica56, presentavano atti di coraggio se non proprio di eroismo compiuti da effettivi dell’esercito imperiale e regio. I protagonisti di questi episodi sono in tutti i casi o soldati semplici o graduati dei livelli più bassi ed è lecito pensare che la redazione considerasse questo tipo di soldato come il lettore al quale rivolgere la maggiore attenzione. Se i nomi dei soldati

50 L’autore usava disciplinatamente le famose parole di Francesco Giuseppe inserite nel manifesto del 23 maggio 1915 con cui si annunciava ai popoli asburgici l’avvenuta dichiarazione di guerra dell’Italia. 51 “Italien”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 119-120, 12 febbraio 1916, pp. 1-2. 52 “Téli háboru az örök jég honában”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, p. 3. 53 “Winterkrieg im ewigen Eis”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 117-118, 8 febbraio 1916, p. 4. 54 “Cadorna tudósitásai”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, p. 3. 55 “Cadorna-Berichte”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 117-118, 8 febbraio 1916, p. 5. 56 “Katonai epizódok a tiroli handszintérről”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, p. 4.

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protagonisti permettessero di stabilirne la nazionalità, si dovrebbe dire che o per una precisa intenzione della redazione o per casualità, gli episodi selezionati riguardavano rappresentanti di diverse nazionalità: accanto agli Schuster, ai Gstrein e ai Voggenhüber, che dovrebbero essere austro-tedeschi, se non proprio tirolesi, troviamo i probabilmente slavi Sitka, Devila, Bradac e l’austro-italiano Dalpiaz (il quale, appartenendo alla milizia territoriale, dovrebbe essere anch’egli un tirolese, cioè un trentino). Nessuno di questi brevi racconti è originale, essendo tutti comparsi in precedenza sulla TSZ.

Dal fronte balcanico viene reso dettagliato conto della evacuazione degli italiani da Durazzo e della conseguente occupazione della città da parte delle truppe imperial-regie. Da quello francese si relaziona sui primi scontri, avvenuti intorno alla metà di febbraio, di quella che sarebbe diventata l’interminabile battaglia di Verdun. Inizialmente, come si sa, i tedeschi registrarono qualche successo e la TKU vi dedica uno spazio adeguato. Assai più in breve, ma obiettivamente si trattava di cosa anche meno interessante, si dà infine conto della sconfitta degli alleati turchi contro i russi a Erzurum57.

Nonostante l’attenzione riposta dalla redazione nella disposizione delle notizie, questa parte dedicata agli avvenimenti militari dimostra che la TKU si trovava in una fase ancora caratterizzata da gravi inconvenienti organizzativi. La rubrica infatti risulta essere composta da un collage di brani ripresi dalla TSZ (così che, ad esempio, l’espressione “patria” vi appare come riferita al Tirolo o, al massimo, all’Impero e mai all’Ungheria).

Né poteva passare inosservato il fatto che le notizie militari arrivavano fra le mani dei lettori con mesi di ritardo. Poiché in parecchi casi i giornali di guerra erano l’unica fonte informativa per i soldati, apprendere in aprile che il 24 febbraio era caduta Durazzo significava essere informati in modo molto scadente58. Lo stesso vale per le notizie sugli atti di coraggio austro-ungarici sul fronte sud-occidentale: essi risalivano, in questo numero 3 datato 2 aprile 1916, addirittura all’anno precedente, vale a dire al settembre-ottobre 1915, e dunque avevano perso parecchio del loro possibile impatto se non erano diventati perfino controproducenti: gli eroi dell’autunno potevano non essere più vivi nella primavera, le postazioni difese o conquistate in quel lontano periodo essere andate perse nel frattempo59.

Era insomma evidente che gli obiettivi perseguiti dalla redazione con la rubrica dedicata agli avvenimenti sui vari fronti non potevano essere raggiunti se non si fosse garantita una certa attualità delle notizie in essa riportate. A titolo di paragone si può ricordare che

57 “Hadműveleti hirek”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, pp. 4-6. 58 Tanto più che il generale austro-ungarico che a fine febbraio aveva espugnato Durazzo, Kövess von Kövessháza, ovviamente citato nell’articolo, a inizio aprile si trovava già da diversi giorni proprio a Bolzano, fresco di nomina a comandante della III Armata, come tutti i lettori della TKU sapevano bene. 59 “Katonai epizód a tiroli hadszintérről”, Tiroli Katona Ujság, n. 3, 2 aprile 1916, p. 4.

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del bombardamento di una squadriglia tedesca su Liverpool e Manchester, avvenuta nella notte fra il 31 gennaio e il 1 febbraio, la TSZ aveva dato notizia già nel numero chiuso per la stampa il 2 febbraio alle ore 8 antimeridiane60. Questo poteva dirsi servizio informativo, non certo quello della TKU.

Per le notizie politiche erano poi riportati senza commenti e senza rielaborazioni, cioè ricopiati con appena qualche taglio, diversi comunicati ufficiali del Ministero degli esteri austro-ungarico. Anch’essi però, pur richiedendo solo un semplice lavoro di traduzione, mancavano di attualità.

In questo numero di aprile i soldati sul fronte tirolese venivano informati sulle fasi che nella seconda metà di febbraio aveva attraversato la crisi istituzionale montenegrina (dovuta, in breve, alla fuga da Cetenje del re Michele e del primo ministro Lazar Mijušković per non sottoscrivere la capitolazione del paese all’esercito austro-ungarico); la Svizzera rafforzava le difese a garanzia della sua neutralità; i negoziati dell’alleato bulgaro con la Romania avevano preso un corso insoddisfacente (era comunque difficile per un lettore della TKU intuire che si avvicinava l’ingresso in guerra della Romania contro gli imperi centrali); la Germania, e una settimana dopo l’Austria-Ungheria, ritiravano i loro ambasciatori da Lisbona (la TKU non precisava i motivi della grave decisione).

Una metamorfosi: il numero pasquale della TKU

Fra l’inizio e la metà di aprile 1916 i responsabili della TKU trovarono finalmente la collaborazione di forze nuove, capaci di sostenerli nell’impegno di avvicinare il giornale ai potenziali lettori. Se non fosse per il titolo e per i caratteri di stampa ben poco, infatti, permetterebbe di stabilire qualche comunanza fra il numero 4 della TKU e il precedente. L’unico elemento rinvenibile in entrambi è la pubblicazione in prima pagina di un componimento di Lóránd Győry. Sul numero 4, che uscì con data 22 aprile, la poesia dell’autore magiaro era intitolata “Domenica di Pasqua”61. Nonostante il tema di per sé più elevato rispetto a “Oh, se sapeste…” apparso sul numero 3, il livello poetico non muta.

Dal punto di vista della storia della TKU è però interessante notare che mentre nel primo componimento la figura del soldato magiaro in Tirolo veniva appena adombrata e doveva quasi indovinarsi (trovandosi il tocco naturalistico alpino a due strofe di distanza dall’unico accenno alla nazionalità del soldato e considerando che sia quello che questo 60 “Erfolgreicher Luftangriff auf die Industriezentren Englands”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 115-116, 2 febbraio 1916, p. 5. 61 Lóránd Győry, “Husvétvasárnap”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 1.

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risultavano accessori ai fini del pensiero svolto dall’autore), nel secondo componimento di otto ottave in rima alternata, pubblicato sul numero 4, vuoi per istruzione dei redattori vuoi per ispirazione dell’autore, il soldato magiaro, dopo qualche riga doverosamente dedicata alla risurrezione del Salvatore, diventa il centro tematico della poesia tramite similitudini che potevano, in quel particolare momento, suonare anche suggestive.

Infatti: contro “la patria” (hon, e dunque va intesa proprio l’Ungheria e non la Monarchia nel suo insieme) non si erano forse coalizzati tutti i nemici? E di nascosto non ha chiesto i suoi trenta danari chi poi l’ha proditoriamente assalita? Per poter godere e dire con sua empia malignità: ecco, è vinto l’ungherese!

Ma… si fa giorno, fuggono le tenebre e sulla fronte del fariseo si gela il sudore. Il valoroso ungherese invoca a Pasqua l’aiuto divino perché alla pari dei suoi antenati anch’egli scende adesso in battaglia62, sostenuto dal disciplinato lavoro nelle retrovie: Benedica il Dio di Pasqua i soldati d’Ungheria nelle crude e dure prove splenda loro innanzi agli occhi, fra le rocce, la promessa di vittoria e di salvezza… Nei luoghi di ghiaccio eterno, sulle alte cime dei monti, fede e forza infonda in voi la certezza che anche qui pur con mani disarmate si combatte per la patria! Senza soffermarsi sugli aspetti letterari, si può definire questa poesia pubblicata sulla prima pagina dell’edizione pasquale della TKU come l’inno al soldato magiaro in guerra sulle Alpi. E alla pari della poesia di Győry, tutti gli altri contributi del giornale hanno un preciso e unico interlocutore: il soldato ungherese in trincea sul fronte del Tirolo.

Per lui è stato finalmente fatto il giornale, dopo l’omaggio a Andreas Hofer sul numero 2, e un’edizione, quella del numero 3, che non poteva risultare se non impersonale, composta com’era di asettiche note politiche, episodi di guerra senza colore, e vaghe notizie dai fronti, neppure aggiornate. È anche possibile che, come succedeva nel caso

62 Va ricordato che il Comando supremo austro-ungarico aveva previsto l’inizio dell’offensiva in Tirolo per metà aprile e solo per il sopraggiunto maltempo fu costretto a posticiparla.

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della TSZ, la redazione abbia verificato, raccogliendo opinioni a campione, l’accoglienza dell’edizione del 2 aprile e, avendola trovata negativa, si sia decisa ad un completo cambio nel taglio del giornale63. Né può escludersi che siano giunte in modo spontaneo alla redazione segnalazioni con riguardo alle manchevolezze dell’indirizzo originario.

L’articolo di fondo, per dir così, che compare a pagina 2, al contrario di quello del precedente numero sull’Italia, che era un generico saggio di analisi politica, è scritto in un tono e con argomenti evidentemente mirati sulla psicologia dei soldati ungheresi schierati in Tirolo. L’anonimo autore è sicuramente uno di loro. L’articolo è intitolato “Pasqua”, ma al tema indicato nel titolo vengono destinate appena le prime quattro, sbrigative righe, le quali in realtà altro non sono se non un frettoloso accumulo di sostantivi di sapore pasquale, l’ultimo dei quali è un “alleluia” che dev’essere costato poco sforzo compositivo; il tutto, come detto, senza un verbo, risparmiandosi la pena di costruire anche una sola frase.

Il fatto è che all’autore preme arrivare a dire quel che sente “l’anima di ogni ungherese”, al fronte e nelle retrovie: “la severa e orgogliosa sicurezza pasquale di vincere anche contro la morte... Non potrebbe batterci più neanche l’inferno: quante bombe ci hanno lanciato contro i nemici partendo dai Carpazi fino a qui, al confine delle montagne tirolesi? E attraverso tutti gli inferni alla fine siamo noi che li abbiamo battuti… Se siamo arrivati qui lo dobbiamo alle imprese senza pari dei nostri fantastici ragazzi ma anche agli ungheresi che in patria lavorano per noi. Noi che siamo qui lungo l’Isonzo, sul Carso e quassù fra le nevi tirolesi, al caldo, al freddo, fra i mille e mille pericoli che ci insidiano, noi non cediamo di un millimetro e gettiamo semi di morte sui nemici”. A casa le nostre famiglie partecipano alla lotta gettando invece semi di grano in vista del raccolto al quale presto prenderemo parte anche noi, presto. Tutti insomma “contribuiscono alla difesa della patria millenaria” (qui resa con háza, con significato politico-istituzionale, com’era anche nella testata della TKU. Hon, per i motivi ricordati, non ammette connotazioni temporali). Noi la difendiamo “dai perfidi nemici che provano a piegarci e affamarci, e fra questi nessuno è così spregevole come l’italiano, perché da amico ci è diventato avversario”. Non andava dimenticato però che “benché combattiamo qui fra le nevi del Tirolo, in realtà stiamo difendendo i confini della terra ungherese”.

63 Anche sotto la direzione di Musil la Tiroler Soldaten-Zeitung aveva interpellato gli ufficiali intermedi sul gradimento del giornale (Urbaner, “Fallita perché faceva politica?”, p. 21) e ci sembra scorgere qualcosa di autobiografico in un noto passaggio del suo romanzo postbellico, dove il Generale Stumm osserva: “Se avessimo potuto usare un sistema del tutto moderno, avremmo mandato a ogni reggimento la domanda: ‘Chi considerate il più grande uomo dei nostri tempi?’ come fanno oggi giornali e simili”. Robert Musil, L’uomo senza qualità, Torino, Einaudi, 1996, p. 421.

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Quest’ultima circostanza poteva essere vera in generale, ma nell’articolo viene spiegata in modo curiosamente debole: “Perché se l’italiano riesce a prevalere qui, si riverserebbe poi nelle pianure fra la Sava, la Drava e il Danubio, così come il russo, se passasse i Carpazi, si prenderebbe le pianure orientali pannoniche”. Veniva prefigurata insomma, una spartizione italo-russa dell’Ungheria. L’articolo concludeva con un vago richiamo al tema pasquale “Presto i nostri generosi sforzi in battaglia troveranno la salvezza, la gloriosa ultima vittoria e seguirà il felice ritorno a casa tanto agognato!” 64.

Fra i motivi che inducono a considerare l’anonimo autore di questo speciale articolo di fondo come un combattente ungherese in Tirolo che conosceva per diretta esperienza la vita di trincea rientra la chiusa sul “felice ritorno a casa”. Un autore che non avesse conosciuto la trincea in prima persona non avrebbe trovato, crediamo, il coraggio per definire “agognato” quel felice ritorno.

Se, per una volta, fosse venuto in mente a qualcuno di fare una traduzione dalla TKU per la TSZ questa definizione, sovargott, sarebbe forse stata resa al meglio usando il verbo lechzen il quale, come l’ungherese dell’articolo, esprime il desiderio che si prova in primo luogo per una acuta mancanza fisica, come l’essere privo d’acqua. Trasmette insomma senza pudore l’accento ottusamente doloroso del lato materiale dell’esistenza che pare possa unirsi solo alle parole di chi sa bene di cosa parla.

Si noti infatti che è molto difficile trovare nei primi cento numeri della TSZ un articolo il cui autore sia così ingenuo o così sincero da parlare di un prossimo (e agognato!) ritorno a casa dei soldati. Chi scrive per i soldati sa o è avvertito che non è bene fare accenni di questo tipo, dato che può facilmente avere sul loro morale effetti opposti a quelli desiderati.

I riscontri infratestuali ci sembrano per così dire confermati da quanto stava avvenendo sul terreno, con riferimento in particolare alla presenza di militari ungheresi in Tirolo: nel marzo 1916 nel quadro dei preparativi per la incombente Strafexpedition, in origine prevista per l’aprile, il generale Franz Conrad von Hötzendorf aveva fatto spostare diverse divisioni dal fronte russo a quello tirolese. Questi corpi, sotto il comando del generale ungherese Hermann Kövess von Kövessháza65, lasciarono la Galizia, attraversarono quasi senza soste i Balcani occidentali, combatterono in Albania, scesero

64 “Husvét”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 2. 65 Kövess von Kövessháza era nato a Temesvár (Timişoara) da famiglia in parte sveva, cioè di madre lingua tedesca. Per combinazione la nomina di Kövess a capo della III Armata destinata al fronte tirolese avvenne formalmente il 16 febbraio 1916, lo stesso giorno in cui uscì il primo numero della TKU. Conrad, com’è naturale, aveva già prima di questa data pensato a Kövess e ai suoi uomini per l’offensiva in Tirolo (Artl, Die österreichisch-ungarische Südtiroloffensive, p. 65) ma anche a Bolzano un periodo di lavoro avrà preceduto la messa a punto del giornale. Insomma, la contemporanea nomina di Kövess e l’uscita della TKU erano parte, su piani diversi, della medesima preparazione all’offensiva.

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ad imbarcarsi a Cattaro, toccarono terra a Trieste e raggiunsero via Klagenfurt prima Bolzano e quindi Trento. A inizio aprile erano dislocati in Valsugana e sugli altipiani di Lavarone. Fra le truppe di Kövess vi era una divisione composta interamente da ungheresi (il Korps III) e soldati ungheresi erano inquadrati anche in altre unità: risultava che uno su cinque dei nuovi arrivati al fronte era transleitano. A questi si aggiungevano quelli già presenti in Tirolo, nella XI Armata di Dankl, di cui costituivano circa un sesto degli effettivi66. Poiché le forze militari austro-ungariche disponevano di 220.000 uomini alla vigilia della Strafexpedition, si può ritenere che in quel momento nella sezione tirolese del fronte sud-occidentale fossero schierati almeno 30.000 soldati ungheresi.

È verosimile che sia stato l’arrivo dei militari dall’est a determinare direttamente il nuovo taglio della TKU. I richiami contenuti nell’articolo appena analizzato alle “bombe [che] ci hanno lanciato contro i nemici partendo dai Carpazi fino a qui” e a “tutti gli inferni” attraversati dai soldati ungheresi fanno pensare che l’autore non si trovasse da molto tempo sul fino ad allora relativamente calmo fronte tirolese67.

E anche i successivi contributi del numero 4 denotano un atteggiamento spirituale già molto amaro. Come se il breve periodo trascorso fra il precipitoso trasferimento da est a ovest e l’inizio della grande offensiva contro gli italiani avesse costituito un momento di respiro benefico per il fisico, forse, ma anche una pausa indesiderata che lasciava troppo libera la mente.

Ne troviamo conferma, ci pare, nelle due poesie che seguivano l’articolo “Pasqua”. Sono poesie più brevi delle canzoni in ottave di Győry, e più autentiche. Scherzano col vuoto lasciato da una paura vinta68. La prima è intitolata “Sulle Alpi, lassù”69: Sulle rocce tempestose sventola la bandiera del reggimento e lì sotto ci sta il magiaro, di guardia, anche lui una roccia, e pensa: accidenti! mai vista una patria70 così rocciosa…

66 Ferenc Julier, 1914-1918. A világháború magyar szemmel [La guerra mondiale dalla prospettiva ungherese], Budapest, Magyar szemle társaság, 1933. Dati i particolari rapporti etnici nel Regno d’Ungheria, dove un cittadino su due non era magiaro, è evidente che fra i soldati ungheresi in Tirolo doveva essere considerevole il numero di slavi (soprattutto slovacchi) e rumeni. Tuttavia, in Ungheria le scuole pubbliche insegnavano in ungherese e quelle confessionali erano tenute almeno ad insegnare questa lingua, così che, a parte qualche possibile eccezione, anche i soldati slavi e rumeni del Regno dovrebbero essere considerati come potenziali lettori della TKU. 67 Tanto che la I Armata italiana, dislocata nel vicentino, veniva chiamata dai suoi stessi soldati “la Serenissima”. 68 “Sapido deriva da sapere, una saggezza linguistica che indica la provenienza intellettuale di quell’atteggiamento, la sua natura spettrale, povera di sentimento. Il sapido oltrepassa i limiti davanti ai quali l’uomo che sente pienamente si ferma”. Musil, L’uomo senza qualità, p. 616 (trad. modificata). 69 Antal Józsa, “Fönt az Alpokon”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 2.

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… ehi! amico tirolese, se per caso succedesse, caso mai mi capitasse, in quel caso allora getta su di me un pugno di terra dell’Hortobagy71 tutto pianura.

La seconda porta il titolo “In terra tirolese”72: L’Imperatore73 ha preso il mio cocco e l’ha portato lontano. Dove l’illumina adesso questa notte di stelle? Ho una lacrima agli occhi Che è rugiada sui fiori Che cosa lo aspetterà mai sul confine straniero? … Bella stella dell’alba, tu Prenditi cura di lui: Tu del mio povero cocco Laggiù sii la compagna, L’amante fedele.

Fin dall’ottobre 1915 la redazione della TSZ era giunta alla conclusione che fosse indicato fare spazio sul giornale anche alla lingua parlata dai militari. Nelle trincee, spesso al fronte e forse anche in diversi circoli di ufficiali si parlava ben diversamente che nel mondo dei civili e un giornale concepito fin dall’inizio per un pubblico formato da militari e più in particolare da combattenti era ben consigliato a non ignorare del tutto questo aspetto.

Nella rubrica “Comunicazioni della sezione per la stampa della Posta di campo 93” della TSZ del marzo 1916 si leggeva74: “Forse non tutti quelli che si trovano sul campo si

70 In italiano nel testo. 71 È una zona della puszta, a ovest di Debrecen. Pare che solo chi è da poco sul luogo debba provare sorpresa per la “rocciosità” del Tirolo, cosa che rende plausibile l’appartenenza alle truppe di Kövess di Antal Józsa, il combattente dell’Hortobagy diventato collaboratore della TKU. 72 Imre Farkas, “Tiroli határon”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 2. 73 Nel sentire comune l’ordine di mobilitazione in Ungheria lo firmava il re (király) e non, come in Austria, l’imperatore (császár), qui indicato come colpevole del “sequestro” dell’amato. Che si sia infiltrata anche nella poesia lirica di un militare in Tirolo il riflesso della lunga polemica sull’indipendenza ungherese? Lo stesso spirito potrebbe indovinarsi più sotto, dove il confine su cui combatte l’amato non è definito “lontano” ma “straniero” (idegen): era infatti un confine austriaco, non ungherese. 74 “An die Tiroler Landesverteidiger”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 133-134, 14 marzo 1916, p. 6.

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sono resi conto che durante questa lunga guerra hanno cominciato a designare molti oggetti attorno a loro con espressioni particolari. Sono state inventate perfino parole nuove o per scherzo, o per errore o per casuale storpiamento. Questa lingua di trincea nata come detto, sarà presto come una specie di interessante dizionario della guerra mondiale... E anche i civili e i posteri vi troveranno interesse per studi di storia linguistica e di psicologia nazionale”75.

La redazione invitava i lettori a trasmetterle informazioni sulla lingua di trincea: “I nomi dati ai pezzi di artiglieria, alle armi, ai capi di vestiario, i soprannomi affibbiati a reparti o a ufficiali e funzionari, i nomi dei cibi, dei pidocchi e delle cimici, delle malattie e delle ferite, le storpiature delle parole straniere, le espressioni con cui si designa il nemico”76.

L’interesse per una resa veristica della lingua coinvolgeva non solo la terminologia ma anche altri elementi linguistici, come la grammatica e la pronuncia. La lingua di trincea (alla pari di ogni altra lingua parlata) non rispettava proprio le regole apprese a scuola ma ne aveva sviluppate di sue. Non ne era mancato il tempo, trattandosi di una “lunga guerra”, come la definiva la redazione della TSZ, benché fosse appena a metà. Le particolari condizioni di vita del soldato lo spingevano, a quanto pare, a abbreviare le parole, con la soppressione di unità o combinazioni fonetiche non solo alla fine ma, a volte, anche nel corpo della parola.

Così quando pubblicò racconti scritti da soldati o comunque ambientati al fronte la TSZ non solo utilizzò le “parole nuove” ma, per fedeltà narrativa, cercò anche di rendere graficamente la pronuncia sincopata della vita di trincea77. Si può notare poi che se le condizioni di vita influivano sulla lingua, anche la lingua influiva sulle condizioni di vita, perché ne filtrava la percezione78.

Di questo indirizzo veristico, per noi posteri davvero interessante (non si ingannava la redazione della TSZ…) la TKU presenta un solo caso, ma assai valido. È un racconto che si trova nel numero 4: “Gli stivali acquatici” firmato da Balázs József. Più che una storia andrebbe definito un quadro, un attimo colto dall’ordinaria vita militare79.

75 E questa nota delle redazione rivela, a sua volta, il genio tedesco dell’epoca, dominato dall’esigenza di scientificizzare, cioè etichettare e catalogare ogni lato della realtà. 76 La sollecitazione incontrò riscontro tale da dare luogo a una nuova rubrica del giornale: “Schützengrabensprache”, a partire dal n. 141-143 del 23 marzo 1916. 77 Del tutto diverso è il caso dell’uso del dialetto. I componimenti in dialetto della TSZ, quasi sempre poesie, esprimono valori che si presumono tipici di chi lo parla: (artefatta) bonomia, (ricercata) semplicità, arguzia e simili. Con questi atteggiamenti non si coglie la vita di trincea e meno che mai una guerra diventata piena manifestazione della tecnica moderna. La TKU non ne fece uso del dialetto anche perché in Ungheria esistono cadenze, non idiomi regionali. 78 Musil trovava che la “il linguaggio degli archibugieri” (Sprache der Schützen) instaurasse “correlazioni più meditate” fra le parole e la vita rispetto al “significato grezzo” (roher Sinn) stabilito dalla lingua quotidiana, che pure aveva finito col prevalere. Musil, L’uomo senza qualità, p. 637 (trad. modificata). 79 Balázs József, “A buvárcsizma”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, pp. 3-4.

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Una pattuglia di soldati ungheresi si sta trasferendo da una postazione alpina all’altra e il centro del sentiero risulta occupato da un ruscelletto formatosi dal ghiaccio sui margini che, nonostante faccia “un freddo spietato”, si sta sciogliendo. I soldati provano a evitare l’acqua ma dai margini ghiacciati vi scivolano di continuo, fino a che uno “che ormai non poteva bagnarsi più di quanto fosse bagnato” scopre che il fondo del ruscelletto è libero da ghiacci e dunque ci si può camminare senza scivoloni. Sì, il piede sembra congelarsi quando entra in acqua, ma poi calpesta “vispo e sicuro” quel sentierino subacqueo. Alla fine entrano tutti: “si moltiplicano i ‘ragni acquatici’, come subito lo humor dei soldati porta a definirli”.

Alla prima pausa si siedono e si stendono, chi sul ghiaccio e chi sulla neve – “tanto”, commenta l’autore, “che cambia di cosa si muore, se proprio si deve morire?”. Aprono le conserve e cominciano un pasto. Da questo punto in poi tutto si svolge in dialogo e da qui appunto cambia non il tono ma la lingua del racconto. Diventa quella di trincea. Dal punto di vista narrativo, si scherza un po’ sul mangiare, sui guasti provocati da cibi gelati e… sulla parte finale della digestione. Poi l’anziano soldato Kovács si lamenta dei suoi scarponi ormai andati, quando un compagno un po’ più a monte gli grida che lì vicino ci sono degli stivali, con l’unico inconveniente che dentro c’è ancora il proprietario. Kovács capisce al volo e dice che la cosa non gli interessa perché han dato l’ordine che dai morti non va sfilato niente: ci si può ammalare. E però come brillano e che spessore hanno! Ma se non si può… I compagni lo stuzzicano: in fondo è come a scuola, non si può non si può… ma poi basta volere. E di cosa è morto? chiede. Il compagno butta un’occhiata: uno sparo alla testa. Certo, al giorno d’oggi anche questo porta infezione… però non tanta…

Alla fine Kovács si risolve a chiedere il permesso al capo pattuglia che dopo un tira e molla glielo concede: faccia pure uno scambio, se l’altro, quello degli stivali, è d’accordo. E allora Kovács si avvicina all’italiano morto e sfilandogli gli stivali gli tiene un breve, potremmo dire allucinato discorso: non gli chiede scusa ma gli spiega, con parole e sintassi di trincea, che cosa gli sta facendo, anzi, sia gentile scuota un po’ il piede, perché proprio non esce. E qui il lettore, nonostante le parole a loro modo gentili, vede Kovács strapazzare il giusto l’arto del cadavere.

La pattuglia riprende il cammino, e Kovács di nuovo scivola nel ruscelletto. Ah, Kovács sei tornato da dove eri uscito! lo canzona un compagno. Ma no, ribatte quello, adesso ho stivali acquatici e non entra nemmeno una goccia. E mentre calpesta l’acqua, “intreccia le mani intirizzite e dice un paternoster per il morto”, un po’ estremo atto di pietà e un po’ sberleffo.

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L’episodio è minuscolo, ma in effetti la vita del soldato in trincea dipendeva letteralmente da una serie infinita di piccoli accorgimenti80. Lo spirito che evidenzia è quello di chi ormai convive passabilmente con la morte, lo stile riproduce la parlata della trincea e cerca di farlo non solo nel lessico ma anche nella pronuncia. Per fare solo due esempi kell (occorre) diventa kö e hallott (morto) diventa hótt : scritti in quel modo le due parole risultano dal punto di vista fonetico più semplici, più facili da pronunciarsi. Ed è probabilmente così che venivano usate.

In linea con i contributi fin qui analizzati compare sulla TKU del 22 aprile un primum: una pagina tematica di fotografie. È dedicata ai “Commilitoni a quattro zampe” e presenta tre momenti di vita in comune fra soldati e animali di trincea: un cane porta in bocca un secchio accanto a un militare, anch’egli con un secchio in mano, un altro cane si gode la tinozza da bagno del padrone e un asino consuma una pannocchia tesagli da un soldato che lo osserva soddisfatto. Le foto scattate di certo dai soldati stessi, sono accompagnate da didascalie spiritose e da un breve articolo che in tono leggero trae dalle foto la prova dell’animo gentile dei militari in trincea81.

Per la storia della pubblicistica di guerra tirolese questa pagina ha, si può dire, una certa importanza perché la TSZ aveva sì a più riprese invitato i soldati a metterle a disposizione anche delle foto e non solo articoli o segnalazioni, ma almeno fino all’aprile 1916 ne aveva pubblicato solo di edificanti: soldati in pattugliamento, in scalata, in trasporto, a riposo; mai soldati presi in giro. In questo e per una volta almeno la TKU superò la consorella in lingua tedesca.

Il carattere schiettamente magiaro del numero della TKU è rinvenibile perfino sull’ultima pagina che, al contrario dei numeri precedenti, riportava delle barzellette82. Ora, sarebbe stato assai semplice tradurne qualcuna fra le tante che andava pubblicando la TSZ visto che molte situazioni comiche non sono legate a un ambito culturale preciso. In effetti la TSZ riproduceva, citando correttamente la fonte, barzellette riprese da diversi giornali in lingua tedesca, più spesso, anzi, da quelli editi in Germania che da austriaci (contando sul fatto che fossero meno conosciute oppure perché citare un giornale tedesco rafforzava il senso della comunanza d’armi?).

La TKU invece pubblica barzellette non solo in ungherese ma tali che potevano essere concepite solo da autori ungheresi e più precisamente da autori ungheresi in trincea e sul fronte italiano. Eccone un esempio: “Uno zingaro di pattuglia fa prigioniero un

80 Vedi anche Musil, L’uomo senza qualità, pp. 341-342. Più in generale si vedano Paul Fussell, La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna, Il Mulino, 1984; e Eric J. Leed, Terra di nessuno, Bologna, Il Mulino, 1985. 81 “A négylábu bajtársak”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 7. 82 “Vidám történetek a harctérről és otthonról”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 8.

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italiano83. Lo accompagna al campo. ‘Ehi, amico’ gli fa ‘mi venga un colpo se non sei anche tu uno zingaro: guarda come sei scuro!’ L’italiano non capisce, pensa che lo zingaro lo prenda in giro e dice fra i denti: ‘Corpo di bacco!’84. Lo zingaro ride: ‘Vedi? L’ho ben detto che sei uno zingaro, eccoti una cicca [bagó, in ungherese], se proprio la vuoi!’ E allunga allo spaventatissimo italiano la sigaretta masticata”.

Ammettiamo che la storia non faccia tanto ridere, specie agli zingari d’Ungheria, ma non poteva essere stata inventata che sul campo. E aggiungiamo anche: le barzellette erano accompagnate, come soleva fare la stessa TSZ da rapidi disegni. Ora, su questa pagina della TKU si vedono pipe e pennacchi ungheresi e lo zingaro ungherese è disegnato bruno. I disegni sono molto semplici e forse di bassa qualità ma ci dicono che, come le storielle, anch’essi erano probabilmente opera di ungheresi sul fronte tirolese85.

La TSZ aveva un inserto letterario, le Literarische Beilagen, che ha concorso non poco alla sua fama anche in epoca post-bellica. Nell’inserto trovavano posto, come rivela la sua stessa ambiziosa denominazione, racconti e poesie nonché riproduzioni artistiche, pittoriche o fotografiche anche di alto livello, commissionate ad artisti non di rado già affermati e noti al grande pubblico. La TKU non ebbe mai un inserto di questo genere ma non può dirsi che l’esempio della consorella in lingua tedesca sia rimasto del tutto senza influenza perché per il numero 4 la redazione della TKU pubblicò un disegno di Miklós Vadász, un pittore di un certo nome, che già aveva ricevuto diversi riconoscimenti internazionali (tra l’altro aveva vinto nel 1906 a Milano una medaglia d’oro fra gli espositori di una mostra organizzata nella città lombarda)86. Il disegno rappresenta tre soldati che consumano un frugale pasto durante un momento di “Tranquillità al campo”, così il titolo87.

La TSZ si avvaleva spesso di pittori selezionati a Vienna dal Quartiere per la stampa di guerra. Ad essi, a partire dalla primavera 1915, venne ufficialmente conferita la qualifica di Kriegsmaler88. Vadász sembra non aver fatto parte di questa speciale pattuglia e il 83 Qui, e in tutti luoghi ‘non ufficiali’ della rivista, l’italiano non viene denominato olasz, come da vocabolario, ma talján, come da lingua parlata. 84 Così nel testo. 85 L’unico accenno alla presenza di soldati ungheresi sul fronte tirolese che si ritrova nella TSZ fino al maggio 1916 è contenuto in una storiella: gli aerei dei “mangiagatti” (Katzelmacher, cioè gli italiani) calano a bassa quota, un soldato ungherese vede il tricolore, che è lo stesso dell’Ungheria, e saluta con grida di éljen! (evviva! in ungherese nel testo della TSZ). L’aereo sgancia la bomba, il vuoto d’aria sbalza il soldato che poi si rialza: “No hát, hob’ ich geglaubt, ist er Ungar!” (“Unliebsame Verwechslung”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 161-163, 11 maggio 1916, pp. 15-16). 86 Magyar Életrajzi Lexikon (http://mek.oszk.hu). 87 Miklós Vadász, “Csendélet a táborban”, Tiroli Katona Ujság, n. 4, 22 aprile 1916, p. 5. 88 Libardi, Orlandi, “Qualcosa di immane”, pp. 18-19; e Liselotte Popelka, I Kriegsmaler durante la prima guerra mondiale, in Luigi Chiais (a cura di), I monti pallidi, Novara, De Agostini, 1989, p. 154. Fra i Kriegsmaler nominati dal Quartiere per la stampa di guerra ve ne erano ovviamente anche di ungheresi.

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disegno era stato messo a disposizione della TKU spontaneamente dall’autore, come del resto avverte la stessa didascalia sotto il titolo89. Come succedeva per la tavole di maggior pregio della TSZ, il retro del disegno di Vadász è una pagina bianca, per dar modo di ritagliare l’immagine senza rovinare la rivista.

Il numero 4 del 22 aprile della TKU dimostra chiaramente che sul fronte tirolese vi era un certo numero di soldati ungheresi con qualche talento disposti a collaborare con la redazione per fare del giornale una pubblicazione viva, a suo modo piacevole e in sintonia con le attese del pubblico (se, come indicava il titolo stesso, il giornale era inteso in primo luogo come un prodotto per i soldati).

Infine, la TKU ora riportava in ungherese l’indirizzo della redazione: “Sajtócsoport (Presseabteilung), Tábori posta 93” (Sezione per la stampa, Posta di campo 93). Si era completato anche formalmente il passaggio dal Comando di difesa territoriale tirolese alla XI Armata, che già aveva compiuto la TSZ90. Le condizioni tecniche erano comunque assicurate: anche il numero 4, come i precedenti, risultava ben fatto, le riproduzioni fotografiche così come i disegni erano di buona qualità, né si trova un errore di stampa, difetto in cui talvolta incorreva perfino la TSZ.

I lettori della TKU potevano dunque aspettarsi un numero 5 valido quanto il precedente. Si videro invece recapitare un giornale che, per dir così, era tornato alla casella di partenza, o quasi.

Un netto regresso

Degli obiettivi pregi del numero 4 non c’era più traccia nel numero successivo: la TKU era tornata ad essere, con qualche eccezione, un adattamento in lingua magiara della TSZ. Ripresero le traduzioni eleganti e fredde, gli articoli di analisi politica internazionale, i bollettini governativi, le storie di atti di sublime eroismo raccontate nella prosa ammirata e distaccata di chi non vi ha partecipato. La nazionalità dei lettori veniva tenuta in considerazione più che nei primi tre numeri, dove in effetti nulla o quasi vi era di specificamente ungherese, ma in dosi minime e comunque, dopo che aveva circolato il brillante numero 4, ungherese dalla prima all’ultima riga, insufficienti.

89 Benché la citata Biografia magiara non ne faccia cenno, non può essere dubbio che Vadász abbia soggiornato per un periodo sul fronte tirolese. Vedi, fra l’altro, le sue tavole che illustrarono il romanzo di guerra Ottó Major, Égi és földi háború [Guerra di cielo e di terra], Budapest, Magvető, 1959. 90 La TSZ in questo periodo veniva stampata a volte a Bolzano, altre alla Tipografia Moncher di Trento, dove aveva quartiere il Comando d’Armata (Urbaner, “Fallita perché faceva politica?”, p. 9).

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Il generale Hermann Kövess von Kövessháza ispeziona truppe ungheresi (Salorno, aprile 1916).

Che fosse insorto qualche aggiuntivo problema editoriale si ricava fin dalla testata. In tutti i numeri pubblicati in precedenza, infatti, era riportata la data di pubblicazione e anzi, così come avveniva per la TSZ, indicata anche l’ora di chiusura del lavoro redazionale, che di regola erano le otto di mattina. Da questo numero invece si ricava solo il mese di pubblicazione: maggio 1916. Sulla base delle notizie politiche e militari contenute nella parte finale dell’edizione, si può collocare con qualche sicurezza la data completa intorno all’11 di questo mese. Sulla natura dei problemi che hanno indotto la redazione a questa indeterminatezza si possono fare solo speculazioni, in mancanza, a tutt’oggi, di documentazione al riguardo.

Considerando la parte che, con tutta probabilità, avevano avuto i soldati giunti in Tirolo dal fronte orientale nella realizzazione del numero 4, si potrebbe pensare che l’imminenza della Strafexpedition, lanciata dopo tanti rinvii il 15 maggio, abbia influito sul cambiamento della TKU. Ma è un fatto che i preparativi per l’attacco austro-ungarico erano stati completati fin dall’aprile e chi aveva contribuito al numero del 22 di quel mese non era certo indisponibile per quello di inizio maggio.

In luogo delle poesie di Győry compare in prima pagina una analisi politica sul quarto prestito di guerra lanciato dalla Monarchia. Il titolo dell’articolo è in certo senso

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fuorviante: “Il quarto prestito di guerra ungherese” lascerebbe infatti intendere che vi si parli dell’atteggiamento del pubblico ungherese verso questa iniziativa o del significato politico-economico che esso potrebbe avere per l’Ungheria91. Invece si tratta della traduzione di un articolo pubblicato dalla TSZ, sempre in prima pagina, che analizza l’intera questione partendo da un punto di vista viennese92. Vi si parla dell’esempio dei contribuenti dell’alleata Germania, i quali avevano largamente sottoscritto il prestito recentemente lanciato dal loro governo e dei vantaggi che attendono i sottoscrittori, visto che le cedole hanno una indicizzazione del 6%, molto maggiore dei normali depositi bancari. Gli effetti di una cospicua sottoscrizione si faranno sentire anche al fronte, dove il morale combattivo dei soldati troverà alimento dalla fiducia in loro dimostrata dalle retrovie.

Il testo aveva semplicemente subito due interpolazioni: rispetto all’originale tedesco era stato inserito il termine “ungherese” in due punti e sempre davanti al sintagma “prestito di guerra”93. Segue la rubrica, immancabile nelle pubblicazioni di guerra, dei fatti eroici compiuti da commilitoni. In questo numero della TKU sono tutti riferiti al fronte tirolese e sono tutti piuttosto datati: quello del soldato Voggenhüber, che offertosi volontariamente di occupare un posto di guardia esposto, era stato ferito e aveva perso il braccio destro, venendo però poi gratificato da una medaglia, risaliva addirittura all’ottobre dell’anno precedente94.

Alle imprese di Goller, Stuffer, Auer e Grün si affiancava, con un netto rilievo grafico, un articoletto “Aerei da guerra ungheresi”95 che non si ritrova nei numeri di questo periodo della TSZ e che quindi può ritenersi originale, ulteriore segno che continuava a operare in qualche modo una redazione ungherese per conto o accanto alla “Posta di campo 93”. Gli aerei da guerra ungheresi avevano compiuto, quando non veniva detto, una incursione su Ancona: dopo aver provocato cospicui danni, un aereo della squadriglia era stato colpito ma i compagni, a rischio della vita, erano riusciti a portarne in salvo l’equipaggio.

Si apriva quindi una sezione che per contenuti potremmo definire un inserto letterario anche se non è presentato formalmente come tale. Era riportata in traduzione

91 “A negyedik magyar hadikölcsön”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, pp. 1-2. 92 “Zur vierten Kriegsanleihe”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 152-156, 23 aprile 1916, p. 1. 93 Verrebbe da ritenere che l’iniziativa di questi ritocchi non sia stata presa in tutta autonomia dal traduttore. Pare più ragionevole che il suggerimento sia venuto dalla redazione, ma ci si può chiedere: se già qualcuno curava con criteri redazionali testi ungheresi, perché non è stato scritto direttamente in ungherese un articolo su quel tema, probabilmente richiesto dall’editore? Dato il pubblico della TKU, sarebbe stato un vantaggio tenere in debita considerazione le condizioni particolari dell’Ungheria. 94 “Vitéz népfölkelő”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 2. 95 “Magyar hadi repülők”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 2.

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ungherese96 la lunga missiva giunta alla redazione della TSZ da Bonn, poi pubblicata a fine marzo97, nella quale un pensionato avendo appreso dalla Kölnische Zeitung che la TSZ aveva dedicato un numero speciale a Andreas Hofer, diceva di aver letto sulla Luxemburger Landeszeitung che a comandare il drappello d’esecuzione di Mantova era stato proprio un lussemburghese, il quale al momento di dare l’ordine di sparare, di fronte all’ammirevole contegno del condannato, era stato preso dall’emozione e invece di gridare “fuoco!” era riuscito solo ad abbassare la spada. Purtroppo il pensionato non ricordava quando avesse letto il giornale lussemburghese, doveva essere stato intorno al 1910, ma confidava che, facendo domande, sarebbe arrivato presto alla data esatta e allora l’avrebbe subito comunicata a Bolzano.

Chissà se ci sarà stato un soldato tirolese che avrà provato interesse e letto per intero questa missiva. Tanto meno probabile che l’abbia letta un ungherese.

Traduzione di un articolo pubblicato sullo stesso numero della TSZ appena citato98 era anche la descrizione del salvataggio di alcuni soldati sepolti da una slavina ad opera di commilitoni. Il racconto risulta piatto, più o meno come lo si leggerebbe in un comunicato del soccorso alpino99.

Più interessante forse per i lettori odierni della TKU che per quelli coevi, può essere il contributo “Letture per i bambini dal fonte tirolese” a firma del noto pedagogo viennese Rudolf Peerz e apparso in originale sulla TSZ100. Nell’articolo Peerz chiedeva ai soldati impegnati al fronte di inviare alla redazione del giornale dei racconti di guerra autentici atti a… educare “il tenero cuore dei bambini” [sic]. Peerz sapeva che il Tirolo è la patria dell’eroismo e quindi non doveva essere difficile trovare positive storie di coraggio e di altre virtù. In ogni caso, per rendere più chiaro ai lettori, cioè ai soldati, quel che intendesse, Peerz riproduceva alcune brevi storie che egli stesso aveva raccolto facendo escursioni al fronte e che si adattavano come modelli di buon comportamento per gli alunni austriaci. Il cacciatore tirolese Gamper, ad esempio, ferito in battaglia grida ai compagni: “Per le fasciature c’è sempre tempo, per la battaglia no!” e in questo modo trascina i suoi in avanti. La morale che se ne tira per il componendo manuale è questa: “Chi per ogni minima ferita o per la più leggera malattia rinuncia ad andare a scuola, pensi al valoroso cacciatore Gamper”101.

96 “Hofer András halálának napjára”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, pp. 2-3. 97 “Zu Andreas Hofers Todestag”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 141-143, 26 marzo 1916, p. 3. 98 “Eine Stunde unter’m Schnee ”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 141-143, 26 marzo 1916, pp. 3-4. 99 “Egy óra a hó alatt”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 3. 100 [Rudolf] Peerz, “Lesestücke für Kinder von der Tirolerfront”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 141-143, 26 marzo 1916, pp. 5-6. 101 [Rudolf] Peerz, “Olvasmányok gyermekek részére a tiroli frontról”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 4.

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Più utile per i soldati ungheresi, per i quali non era stato composto, ma ai quali si rivolgeva adesso in traduzione era l’articolo “La guerra e la ginnastica” (apparso sulla TSZ del 26 marzo102) che riportava in pratica una conferenza sul tema tenuta da un professore universitario viennese (dove e quando, non era indicato). Venivano date talune informazioni di fisiologia che potevano davvero risultare preziose al fronte, anche se lo stile certamente non divulgativo e le frequenti espressioni specialistiche dovevano rendere la lettura un po’ difficile103.

Anche più ostico doveva risultare il modo con cui la TKU informava sulle misure che erano state prese dal governo al fine di assicurare, a guerra finita, le condizioni del reintegro nel posto di lavoro dei lavoratori dipendenti chiamati temporaneamente sotto le armi. Questo articolo “Il posto di lavoro e la guerra”104 è composto sulla falsariga di quello riguardante i prestiti di guerra: è in pratica la traduzione di un articolo in tedesco della TSZ in aprile105, ma qui e là è stato inserito il termine “ungherese”. Quel che, ad esempio, nella TSZ era “il decreto imperiale” qui diventa “il decreto ungherese” e così via.

Non resta da pensare che il governo austriaco e quello ungherese a poca distanza di tempo l’uno dall’altro o allo stesso tempo avessero adottato un provvedimento non solo analogo ma identico nella formulazione sul tema in oggetto (né l’articolo sulla TSZ né quello sulla TKU riportano il numero o la data del decreto). Si ricava l’impressione che il fine della pubblicazione non fosse tanto la puntuale e rapida informazione dei lavoratori al fronte quanto piuttosto il mostrare che il governo stava facendo qualcosa nel loro interesse. Frasi di dieci righe e più, in un gergo burocratico incomprensibile quanto quello delle trincee (ma ben più sgradevole, per il tono pretenzioso che lo pervadeva), dovevano finire con lo scoraggiare il maggior numero di lettori e precludere anche solo un orientamento generale sulla materia trattata.

Un contributo per davvero ungherese era finalmente quello intitolato “Provvidenze per gli orfani di guerra”, ma se nell’articolo precedente si parlava di quel che stava facendo il governo, qui è per così dire il governo stesso a prendere la parola visto che l’autore del contributo era precisamente il capo del governo, il conte István Tisza106.

Da questa circostanza risulta evidente che non si trattava di un articolo della o per la TKU, ma solo veniva riprodotta una nota resa pubblica da Tisza (né si diceva quando) che con tutta probabilità era già apparsa su tutti o quasi i giornali ungheresi. E tuttavia,

102 “Krieg und Abhärtung”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 141-143, 26 marzo 1916, p. 6. 103 “A háboru és testedzés”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, pp. 5-6. 104 “A szolgálati viszony és a háboru”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, pp. 6-7. 105 “Das Dienstverhältnis und der Krieg”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 141-143, 26 marzo 1916, pp. 6-7. 106 István Tisza, “Gondoskodás a hadiárvákról”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, pp. 7-8.

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anche se non si poteva parlare di una produzione originale della TKU, non si vede chi se non un collaboratore ungherese avrebbe potuto individuare e selezionare per la pubblicazione la nota del capo del governo. Quanto al contenuto, lo si può riassumere segnalando che le previdenze prospettate da Tisza riguardavano la disponibilità di alcune grandi industrie ungheresi a realizzare orfanotrofi con annesse scuole di primo grado ovvero scuole di specializzazione per agricoltori e operai, a seconda dei casi.

Con ciò terminava la parte del numero 5 che sembrava concepita come una specie di inserto al giornale. Seguivano poi le notizie militari, fra cui trovavano posto i messaggi di congratulazioni che in occasione del primo anniversario della vittoria di Görlitz-Tarnow dell’1-5 maggio 1915 si erano scambiati i vertici militari austriaci e quelli tedeschi. Veniva dato poi conto, con data 9 maggio, di taluni successi minori dei tedeschi nella battaglia oggi definita di Verdun. In una lunga e dettagliata corrispondenza la TKU informava della resa della guarnigione inglese di Kut-al-Amara all’assediante ottomano107, con il curioso antefatto della proposta del generale inglese Townshend agli ottomani di versare un milione di sterline turche per comprarsi l’uscita sua e dei suoi soldati dalla città; ma se il generale aveva davvero questa somma con sé, segnalava giudiziosamente la nota ottomana, con l’imminente caduta della città essa sarebbe in ogni caso passata in proprietà del vincitore. La proposta del generale inglese venne respinta108.

La caduta di Kut-al-Amara era stata annunciata dalle agenzie a inizio maggio e dunque era una delle poche informazioni per davvero attuali offerte dalla TKU. Questa tempestività permette di ritenere che i ritardi negli altri casi non dipendevano dai tempi della traduzione in ungherese. La TKU, infatti, non ricavò la notizia da agenzie informative ungheresi, eludendo il lavoro di traduzione, ma dalla TSZ che aveva pubblicato lo stesso pezzo, ovviamente in tedesco109.

Si segnalava poi in breve dall’Olanda che il governo manifestava irritazione per le restrizioni che al movimento delle navi olandesi imponeva il governo britannico110; e dall’Inghilterra che nell’ufficioso Times venivano elencate le condizioni che gli inglesi intendevano porre per la pace futura: erano tutte condizioni “insane” secondo la TKU, utili tuttavia per ricordare ai soldati che si preparava un destino terribile per loro e la patria se non si fossero mandati all’aria i piani nemici111.

Nell’ultima pagina la TKU tornava, per un attimo, ungherese: Sándor Herczeg raccontava una storiella sulla sottoscrizione al prestito di guerra ad opera di un

107 “Török hivatalos jelentés Kut-el-Amara elestéről”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 9. 108 “Townshend hozomra igérte az egy millió fontot”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 9. 109 “Der turkische Bericht”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 158-160, 4 maggio 1916, p. 6. 110 “Holland minisztertanács döntése az angol blokád ellen”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 10. 111 “Békeföltételek angolosan sülve”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 10.

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contadino che, sbagliata (apparentemente) la casella da barrare, sottoscrive per 100.000 invece che per 1.000 corone ma poi al funzionario che gli permetterebbe di cancellare e scrivere giusto risponde: “Non sono uomo di penna, se ho sbagliato, resti pure così!”, e tira fuori di tasca la forte somma112.

L’episodio è raccontato in tono anche simpatico ma quanto doveva suonare artefatto e lontano ai soldati ungheresi sul fronte del Tirolo che leggevano la TKU rispetto all’efficace umorismo di trincea del numero precedente!

Conclusioni

Fin dai primi giorni di guerra contro l’Italia i vertici militari austro-ungarici in Tirolo dimostrarono di aver ben chiaro il valore propagandistico della stampa di campo e per sfruttarlo adeguatamente presero rapide iniziative, avvalendosi dei modelli già collaudati sugli altri fronti e per certi aspetti superandoli. Nacque così nel giugno 1915 la TSZ che si segnalò, dopo l’arrivo di Robert Musil alla direzione, per la franchezza e l’anticonformismo dei suoi contenuti, ma che già in precedenza aveva dato prova di voler percorrere vie fino ad allora poco frequentate dalla stampa di guerra: massima cura tipografica (dai materiali all’impaginazione); inserti letterari con la collaborazione di rinomati autori e artisti di livello; edizioni parallele in altre lingue, oltre alla tedesca che era la lingua di servizio dell’esercito imperiale e regio.

Nel corso dei preparativi per la grande offensiva austro-ungarica della primavera del 1916 conosciuta informalmente come Strafexpedition, il numero dei soldati transleitani presenti in Tirolo aveva raggiunto all’incirca le 30.000 unità. Di fronte a una cifra così rilevante e tenuto conto che quei soldati sarebbero stati chiamati ben presto a una prova fisica e psicologica estrema, i comandi tirolesi pensarono di pubblicare un giornale in ungherese.

La misura rientrava a pieno titolo nel quadro dei preparativi bellici. Era utile mostrare ai soldati ungheresi che di loro si teneva specialmente conto, che erano parte non occasionale della guerra in corso in Tirolo, che anch’essi insomma erano a pieno titolo tiroli katonák. Né va trascurato il fatto che avere la possibilità di letture nella propria lingua, per chi si trova in un ambiente molto diverso e lontano da quello familiare, ha sempre un effetto incoraggiante (specie per chi, magari, lontano da casa non è mai stato prima).

I vertici militari decisero dunque di editare una edizione della TSZ in lingua ungherese. Al massimo, per contenere i costi sarebbe stato diverso il formato: meno pagine rispetto

112 Sándor Hercz, “Magyarok”, Tiroli Katona Ujság, n. 5, maggio 1916, p. 10.

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alla TSZ e parsimonia nella riproduzione dei dispendiosi inserti su carta di qualità. L’esame dei numeri rinvenuti della TKU, tuttavia, porta a rilevare caratteristiche che non permettono di definirla una semplice traduzione della TSZ. Nel primo numero gli scarti della TKU rispetto alla TSZ riguardarono solo alcuni dettagli, benché molto significativi, mentre nei numeri seguenti si trovano, in varia misura, contributi specificamente scritti per la TKU o che comunque non risultavano da traduzioni di contributi della TSZ (un’eccezione è data dal numero 2, per intero risultato dalla traduzione dell’edizione hoferiana della TSZ ma che proprio per questo carattere monografico e occasionale deve considerarsi, in sostanza, come un numero fuori serie). Nel numero 3 è originale ungherese la prima pagina, nel 4 l’intera pubblicazione, nel 5 alcune parti.

Molte questioni legate alla realizzazione pratica della TKU restano, allo stato della documentazione, da chiarire. Tutti i numeri della TKU furono stampati a Budapest dalla Tipografia Pallas (Pallas nyomda), mentre la redazione era a Bolzano, indicata al numero di “Posta di campo 93”, cioè quello della TSZ. Come avvenivano i contatti fra redazione e stamperia? Chi e come curava la spedizione del materiale a Budapest e poi del prodotto finito a Bolzano? Qual era la tiratura?

Poco si sa sulla stessa redazione bolzanina della TKU, della quale si può ritenere che contasse sulla collaborazione di una o più persone che conoscevano l’ungherese, quanto meno per la selezione dei contributi originali e forse anche per la traduzione di quelli ripresi dalla TSZ.

In attesa che la ricerca, in un prossimo futuro, possa ricostruire gli elementi conoscitivi oggi mancanti, è parso comunque non privo di interesse illustrare in dettaglio come si presentò ai suoi lettori la TKU, della quale si può dire come della consorella maggiore, che fu davvero “un inusuale prodotto della stampa di guerra” tirolese.

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Tavola delle corrispondenze

della Tiroli Katona Ujság

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Tavola delle corrispondenze

Di seguito sono indicate le corrispondenze fra gli articoli della TKU tradotti dalla TSZ. Di tutti i titoli dell’edizione ungherese è anche data la traduzione. Tiroli Katona Ujság, n. 1 (16 febbario 1916) p. 1: A hadsereg ujévi üdvözlete Ö Felségéhez [Messaggio augurale a Sua Altezza]

TSZ, n. 100, 8 gennaio 1916, p. 1

p. 2: 1914. és 1915. Szilveszterén [Capodanno 1914 e 1915]

TSZ, n. 94-99, 1 gennaio 1916, p. 4

pp. 3-4: Hirek [Notizie] da diversi numeri della TSZ Tiroli Katona Ujság, n. 2 (2 aprile 1916) p. 1: Hofer András emléknapjára [Nell’anniversario di Andreas Hofer]

TSZ, n. 121-125, 20 febbraio 1916, p. 1

pp. 2-6 Hofer András és Mayr Péter halálának 1810 február 20-ának évfordulójára [L’anniversario della morte di Andreas Hofer e Peter Mayr il 20 febbraio 1810]

TSZ, n. 121-125, 20 febbraio 1916, pp. 8-14

pp. 8-9: Két emlék Hofer Andrásról az innsbrucki “Ferdinandeum” országos muzeumban [Due ricordi di Andreas Hofer nel museo nazionale Ferdinandeum di Innsbruck]

TSZ, n. 121-125, 20 febbraio 1916, pp. 15-16

pp. 10-11: Hofer András az innsbrucki várkastélyban [Andreas Hofer nella residenza di Innsbruck]

TSZ, n. 121-125, 20 febbraio 1916, pp. 23-24

pp. 12-14: Hofer András a hadsereg Pantheonjában [Andreas Hofer nel Panteon dell’esercito]

TSZ, n. 121-125, 20 febbraio 1916, pp. 25-27

Tiroli Katona Ujság, n. 3 (2 aprile 1916) p. 1: Óh, ha Ti tudnátok… [Oh, se sapeste…] p. 2: Olaszország [Italia] TSZ, n. 119-120, 12 febbraio 1916, pp.

1-2 p. 3: Téli háboru az örök jég honában [Guerra TSZ, n. 117-118, 8 febbraio 1916, p. 4

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invernale fra i ghiacci perenni] Cadorna tudósításai [I bollettini di Cadorna] TSZ, n. 117-118, 8 febbraio 1916, p. 5 p. 4: Katonai epizódok a tiroli hadszintérről [Episodi militari dal fronte tirolese]

TSZ, n. 131, 2 marzo 1916, pp. 4-5

pp. 4-5: Hadműveleti hirek [Notizie di guerra] da diversi numeri della TSZ pp. 5-6: Török hivatalos jelentés Erzerum elfoglalásáról [Comunicato ufficiale turco sulla presa di Erzurum]

TSZ, n. 128-130 26 febbraio 1916, pp. 4-5

p. 6: Politikai hirek [Notizie politiche] da diversi numeri della TSZ pp. 7-8: A Montenegróban levő kormány hivatalos czáfolata [Smentita ufficiale del governo del Montenegro]

p. 8: Hadművleti hirek [Notizie di guerra] da diversi numeri della TSZ Tiroli Katona Ujság, n. 4 (22 aprile 1916) p. 1: Husvétvasárnap [Domenica di Pasqua] p. 2: Husvét [Pasqua] Fönt az Alpokon [Sulle Alpi, lassù] Tiroli határon [In terra tirolese]

p. 3: Husvéti szózat [Messaggio pasquale] pp. 3-4: A buvárcsizma [Gli stivali acquatici] p. 4: A hálás hazai föld [La patria riconoscente]

p. 5: Csendélet a táborban [Tranquillità al campo] (disegno, con p. 6 bianca)

p 7: A négylábu bajtársak [Commilitoni a quattro zampe]

p. 8: Vidám történetek a harctérröl [Barzellette dal campo di battaglia]

Tiroli Katona Ujság, n. 5 (maggio1916) pp. 1-2: A negyedik magyar hadikölcsön [Il quarto prestito di guerra ungherese]

TSZ, n. 152-156, 23 aprile 1916, p. 1

p. 2: Magyar hadi répülők [Aerei da guerra ungheresi]

Katonai epizódok a tiroli hadszintérről [Episodi militari dal fronte tirolese]

da diversi numeri della TSZ

p. 2-3: Hofer András halálának napjára [Sull’anniversario di Andreas Hofer]

TSZ, n. 141-143, 26 marzo 1916, p. 3

p. 3: Egy óra a hó alatt [Un’ora sotto la neve] TSZ, n. 141-143, 26 marzo 1916, p. 3

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p. 4-5: Olvasmányok gyermekek részére a tiroli frontról [Letture per i bambini dal fronte tirolese]

TSZ, n. 141-143, 26 marzo 1916, pp. 5-6

pp. 5-6: A háboru és a testedzés [La guerra e l’attività fisica]

TSZ, n. 141-143, 26 marzo 1916, p. 6

p. 6: A szolgálati viszony és a háboru [Il posto di lavoro e la guerra]

TSZ, n. 141-143, 26 marzo 1916, pp. 6-7

pp. 7-8: Gondoskodás a hadiárvákról [Previdenze per gli orfani di guerra]

p. 8: Görlitzi csata évfordulóján táviratváltás [Scambio di telegrammi ufficiali in occasione dell’anniversario della battaglia di Görlitz]

p. 8: A hivatalos jelentésekből [Da comunicati ufficiali]

da diversi numeri della TSZ

p. 9: Török hivatalos jelentés Kut-el-Amara elestéről [Comunicato ufficiale turco sulla caduta di Kut-el-Amara]

TSZ, n. 158-160, 4 maggio 1916, p. 6

Townshend hozomra igérte az egy millió fontot [Townshend prometteva un milione di lire]

p. 10 Politikai hirek [Notizie politiche] Magyarok [Ungheresi] Az olvasókhoz [Ai lettori] parzialmente originale

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La Tiroli Katona Ujság

n. 1 (16 febbraio 1916) 45

n. 2 (2 aprile 1916) 49

n. 3 (2 aprile 1916) 67

n. 4 (22 aprile 1916) 75

n. 5 (maggio 1916) 83