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119 XX Settembre, la festa massonica Narra Domenico Farini nel suo Diario di fine secolo (12 ottobre 1895, pag. 788) che un affiliato dei terziari di San Francesco d’Assisi aveva nelle mani un libretto nel quale era annotato: “I terziari sono nella Chiesa, quello che i frammassoni sono nel secolo”. Ed invero la caratterizzazione massonica della festa del XX Settembre, messa in risalto in ogni occasione dalla stampa confessionale, si evince dall’incitamento alla partecipazione alle celebrazioni dei Fratelli quale indicazione e sottolineatura di una nuova coscienza laica, dal coinvolgimento della popolazione e dei partiti politici uniti dallo spirito illuministico-massonico, liberatorio di una morale considerata medioevale, dalla concomitante celebrazione di congressi internazionali e nazionali massonici, dei liberi pensatori e da inaugurazioni varie. Determinante è stata la strategia progettuale da parte della dirigenza dell’Ordine massonico di una celebrazione impostata non sul solo trionfo per l’unificazione territoriale dell’Italia, ma per fare risaltare altresì, in tale occasione, spunti di programma liberale laico, per un’Italia libera da imposizioni

XX Settembre, l a festa massonica - Trapani Nostra · La Loggia bolognese “VIII Agosto” si distinse per la seguente epigrafe: XX SETTEMBRE MDCCCXCVIII ... Settembre: è la consacrazione

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XX Settembre, la festa massonica

Narra Domenico Farini nel suo Diario di fine secolo (12 ottobre 1895, pag. 788) che un affiliato dei terziari di San Francesco d’Assisi aveva nelle mani un libretto nel quale era annotato: “I terziari sono nella Chiesa, quello che i frammassoni sono nel secolo”.

Ed invero la caratterizzazione massonica della festa del XX Settembre, messa in risalto in ogni occasione dalla stampa confessionale, si evince dall’incitamento alla partecipazione alle celebrazioni dei Fratelli quale indicazione e sottolineatura di una nuova coscienza laica, dal coinvolgimento della popolazione e dei partiti politici uniti dallo spirito illuministico-massonico, liberatorio di una morale considerata medioevale, dalla concomitante celebrazione di congressi internazionali e nazionali massonici, dei liberi pensatori e da inaugurazioni varie.

Determinante è stata la strategia progettuale da parte della dirigenza dell’Ordine massonico di una celebrazione impostata non sul solo trionfo per l’unificazione territoriale dell’Italia, ma per fare risaltare altresì, in tale occasione, spunti di programma liberale laico, per un’Italia libera da imposizioni

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dogmatiche religiose, in una visione di un nuovo progresso sociale e culturale.

Importante, inoltre, per l’Ordine massonico avere, nel periodo pre unitario e post unitario, potuto esprimere personalità di cultura e di azione collocati a livello ministeriale, nel Parlamento e al Campidoglio ed aver tratto i maggiori vantaggi, popolarità, consenso della borghesia e dei partiti d’ispirazione laica da una battaglia anticlericale con cui la stessa intendeva redimere il popolo da sudditanze, dall’educazione confessionale, riuscendo a formare un blocco e un metodo di lotta, condivisi almeno per un periodo, da buona parte della società.

La festività del XX Settembre era l’occasione, per la Massoneria di lanciare dal balcone virtuale di Palazzo Giustiniani - Sede ufficiale della Massoneria - e da Porta Pia i messaggi propri, (supportati da manifestazioni nazionali e internazionali) al popolo, ai rappresentanti istituzionali propugnando una sollevazione morale di tutta la Nazione ed una riscoperta dell’utopia laica.

La contrapposizione tra la Massoneria e la Chiesa, sottolineata da Clemente XII, Pio VI, Pio VII, Pio IX, Leone XIII, era quotidiana. Qualsiasi avvenimento pubblico era

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l’occasione per una battaglia verbale o scritta colorita da espressioni insolite.

La presa di Porta Pia fu anticipata da grandi avvenimenti: l’indizione del Concilio Vaticano I° e dall’anticoncilio massonico voluto da Giuseppe Napoleone Ricciardi che avrebbe dovuto tenersi a Napoli.

L’11 ottobre 1869, Giuseppe Garibaldi, che sarà sempre espressione dell’antipapalismo estremo nell’ambito della Massoneria, indirizzò un messaggio agli amici e fratelli d’armi. L’attacco nei confronti di Papa Pio IX, chiamato in causa con l’appellativo di un metro di letame, fu violento: “Un’altra volta dal balcone del palazzo della Foresteria, io diceva a codesto popolo il più atroce nemico dell’Italia è il Papa… Sì dispiacetevi di tutti questi emblemi della vergogna italiana, ciò lo potete fare. Non lasciate le vostre donne e i vostri bimbi contaminarsi nella bottega dei preti…Gli illustri ospiti torneranno nelle loro contrade, proclamando che la patria del Tasso, di Masaniello e di Giordano Bruno è ben degna dell’iniziativa della emancipazione del diritto e della coscienza umana”.

Sino ai nostri giorni, due, in particolare, sono le solennità profane celebrate in tutta Italia dalla Massoneria, con la

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partecipazione di giornalisti, uomini politici e di cultura: il XX Settembre e quella di Giordano Bruno, simboli, entrambi, di libertà e di riscatto del pensiero dalla schiavitù.

Quasi un secolo prima della Breccia di Porta Pia, il Gran Maestro Adriano Lemmi indicava tra le finalità della Massoneria la lotta per l’unità d’Italia: “Nostro compito è il condurre la Massoneria in Italia all’acquisto e al sapiente uso di tanta forza morale da informare in ogni caso e correggere l’indirizzo politico del paese; renderlo vincolo forte quasi incorruttibile della Patria unita e dei liberi reggimenti; pungolo ai neghittosi, freno ai temerari, punizione dei tristi e dei vili”. (“Umberto Cipollone”, pag. 125, Litografia Bertolini di Rocca S. Giovanni) L’Osservatore Romano del 1.10.1898 faceva rilevare come “la Massoneria è stata quella che più ha celebrato l’anniversario del XX Settembre, anzi è la sola che festeggia simile giornata… Egli è per questo che non sono casi isolati i più ributtanti eccessi della Massoneria o dei frammassoni; tutto si collega e tutto si coordina nei detti e nei fatti massonici”.

La preoccupazione dei Grandi Maestri, succedutisi nel tempo, fu costante e mirante a non fare scadere d’importanza e di valore la festività con l’incitazione dei Fratelli di adoperarsi perché l’abulia non coprisse l’azione degli elementi “più

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influenti, più saldi ed intelligenti nelle varie classi” della società. 23 24

Le iniziative delle Logge erano le più varie e qualche volta inaspettate. La Loggia bolognese “VIII Agosto” si distinse per la seguente epigrafe:

XX SETTEMBRE MDCCCXCVIII Non bastò loro il regno del cielo E lo vollero in terra Con l’animo, vollero il corpo. Le coscienze, l’onore e la libertà. Tutto

23 In una nota redazionale alla circolare massonica n° 40 del 25 agosto 1897, (Riv. Mass. XXVIII, 1897, pag. 193) era precisato: “la parola spetta al Gran Maestro dell’Ordine. Egli l’ha diretta con l’autorità che gli deriva dall’alto ufficio, a tutte le Loggie della comunione italiana. A noi non resta che esprimere la convinzione che l’invito ed il consiglio saranno accolti e seguiti in tutte le Officine e che, per opera della Massoneria, la festa del XX Settembre, come già è entrata nella coscienza, entrerà nelle abitudini popolari e sarà nei secoli celebrata come la Pasqua solenne dell’Italia ed il genere umano”.(tratto da: L’Acacia, 1949) 24 “… A mano a mano i termini del problema si vengono chiarendo e precisando e sboccano in un aperto conflitto di classi, mentre sorgono i primi moti contadini nel nord e nel sud, e si costituiscono le leghe e i sindacati e sorge un partito dei lavoratori; noi assistiamo al rapido progresso evolutivo di queste correnti più avanzate della piccola borghesia, alla loro crescente paura, al loro progressivo distaccarsi dal blocco delle forze popolari per rimettersi pentiti al servizio dei gruppi più retrivi, ma più potenti”. (N. Sapegno: Storia di Carducci - Laterza, Bari 1960)

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Ma sono XXVIII anni Traboccò la misura Il serpe sozzo di frode e di sangue Stette sotto al nostro tallone E vi sta e vi starà Finché stomacati dal fastidio Gli schiacceremo il capo.

La preoccupazione dello scadimento delle celebrazioni e

la necessità, all’uopo, di iniziative massoniche erano evidenziate dal Gran Maestro Ernesto Nathan nella sua circolare alle Logge del 25 agosto 1897:

“Abbiamo una tradizione immeritevole che dobbiamo mantenere alta. Se la data gloriosa del XX Settembre non è passata quasi in dimenticanza, salvo l’officioso appendersi della bandiera ai pubblici edifici dalle autorità politiche e non sempre dalle autorità amministrative, è dovuto all’azione della Massoneria.

E’ d’uopo non dimenticare per indicare un dovere assoluto assunto dall’Ordine e che esso deve compiere in ogni Officina se vuol serbarsi degno del mandato affidatogli dalla coscienza pubblica. …Tale è la commemorazione del XX

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Settembre: è la consacrazione più solenne dell’unità d’Italia e la più splendida vittoria della libertà di pensiero che ricordi la storia; festa nazionale, festa umana”. (tratto da: L'Acacia, 1949)

Giuseppe Mannino in un articolo apparso sulla Rivista massonica n. 7 del 1974 asseriva che “la Chiesa Cattolica soprattutto sotto il pontificato di Leone XIII non si rassegnò mai alla grave perdita (del potere temporale), la subì obtorto 25 26 collo, tentò, in tutti i modi, un recupero, servendosi delle tradizionali armi politiche, diplomatiche, spirituali. Si vide

25 1)La ritrovata forza delle istituzioni cattoliche trovò riscontro nei contatti, a volte non ufficiali, tra uomini politici e prelati. In una lettera del 9 gennaio 1892, pubblicata dalla Gazzetta di Venezia, scritta da mons. Isidoro Carini al deputato Fusinato veniva auspicato di vedere comparire “il sospirato messagger che porta l’olivo”, e che “assicuri l’Italia al Papa la sua sovrana indipendenza, senza la quale sarebbe esautorato agli occhi del mondo”. E per ciò potesse avverarsi occorreva “buona volontà e non far chiasso e procedere cautamente a disfarsi della massoneria, com’Ella ben dice e dei pregiudizi che tengono il campo”. (tratto da: “Diario di fine secolo” pag. 647). 26 Il Moniteur de Rome in relazione agli appoggi politici richiesti dai cattolici per la riappropriazione del potere temporale asseriva “essere una follia credere possibile il ristabilimento del potere temporale”. Per quanto riguarda il preteso aiuto che si ventilava Bismarch potesse fare sperare al Papa per il ristabilimento della situazione quo ante, il Ministro degli Esteri Bavarese si lagnò della cosa affermando che era molto spiaciuta a Monaco… “Abbiamo lottato duecento anni per impedire a Roma di occuparsi dei nostri affari interni ed ora il Cancelliere ve la invita, ve la incita, ai suoi fini!” Il Congresso dei cattolici tedeschi riuniti in Danzica per discutere e pressare politicamente, emise una deliberazione in appoggio alle iniziative dirette a ridare il Principato al Papa. (“Diario di Fine secolo”, pag. 41, 4 settembre 1891).

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nella Massoneria, a seconda delle prospettive, il contraltare del Vaticano, la pericolosa Potenza che si ergeva contro il Trono e l’Altare, la Sinagoga di Satana, la Forza occulta e possente che avrebbe liberato e la città eterna e l’Italia dal mostro dello oscurantismo e della reazione”.

Il 4 marzo 1895 il Senatore Alessandro Rossi da Schio, indirizzò al direttore della Gazzetta una lettera non troppo benevola verso la Massoneria: “Mai dopo il nostro Risorgimento si sono visti più fiacchi caratteri.La borghesia delle grandi città, alla guisa delle romagnole quando cospiravano aprire qua e là le braccia alla massoneria, entrare e operare nelle istituzioni prettamente massoniche, votar magari con essa… La setta era penetrata in tutti gli ordini civili per dottrine, tendenze, disegni ed opere altrettanto annunciate con ipocrisia, come cresciute e maturate nell’ombra… Gli è perciò che ordinariamente la massoneria non combatte direttamente la Chiesa entro lo Stato.

Al Congresso di Chicago arrivò persino, l’anno scorso, bontà sua, ad affermare l’esistenza di Dio come il primo dei tre punti deliberati, anzi di dichiarare che questo sia il primo fondamento della massoneria! Essa però ha la dottrina sua, il metodo suo di combattere con simulata onestà la fede e la

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morale del popolo e dei lavoratori sono il supremo e talvolta l’unico conforto”. (ibidem pag. 653)

Anche Padre Rosario Esposito nel suo libro “Chiesa e Massoneria, un DNA comune”, (pag. 91), sottolineò la reazione massonica al Concilio antimassonico tenutosi a Trento, reazione che, attraverso il Gran Maestro Nathan, il 15 settembre 1896, respinse energicamente ogni tentativo del rientro nel dominio temporale: “Noi siamo calunniati, invisi, aggrediti, perché nel baldanzoso apprestarsi ad un trionfo lungamente agognato e sperato vicino, la reazione sente e vede nel nostro Ordine una salda barriera, un baluardo formidabile contro la vagheggiata restaurazione del suo dominio sui corpi e sulle anime. Al Congresso internazionale antimassonico, noi contrapponiamo la nostra festa nazionale del XX Settembre, quel giorno solenne nella storia dei popoli”. (Riv. Massonica ott. 1976, pag. 453)

Se Claudio Schwarzenberg afferma che il XX Settembre “è una festa massonica perché i massoni sono e saranno sempre i ribelli ad ogni oppressione e ad ogni totalitarismo”, ritengo che tale solennità civile deve considerarsi ad alto impegno massonico anche perché l’interpretazione autentica del periodo, il riconoscimento, viene dall’avversario del momento.

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A difesa della separazione del potere territoriale da quello spirituale erano insorte le Logge dell’Alta Italia, che, riunitesi per fare scudo contro il tentativo di riappropriazione del Principato civile da parte del Papato, inviarono al Cardinale Ferrari e a tutto l’Episcopato lombardo, il XX Settembre 1896, una lettera aperta con la quale le stesse accettavano la lotta palese: “… Voi ci designate alla persecuzione e al disprezzo (Pastorale del 7.12.1886) del consorzio civile per recuperare un potere che la civiltà a buon diritto vi tolse: noi vi combattiamo con l’ausilio della scienza per circoscrivere il vostro dominio e il ministero vostro nei confini della Chiesa.

A voi le armi di Lojola e Gusman, a noi quelle di Mazzini e Garibaldi, nostri grandi Maestri…

Il XX Settembre ha consegnato alla posterità la caduta del vostro secolare istituto, o Eminenze, per la risurrezione del quale cercate di forzare a vostro danno l’inesorabilità della storia”. (La Civiltà Cattolica, quad. 1136 del 1897)

In contrapposizione alla Pastorale vescovile e alle encicliche papali, i Fratelli lombardi rilanciarono un programma laico, una consuetudine dell’Ordine in occasione delle celebrazioni settembrine:

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- promuovere dai poteri dello Stato la instaurazione di una politica nettamente laica,

- l’educazione e l’istruzione elementare sia di natura storico-laica con l’esclusione di ogni concetto di religione,

- promozione di una attività che veda tutti i partiti accomunati sulla strategia per una politica ecclesiastica, con pressione sui comuni e sulle province e governo centrale perché si provveda all’istruzione laica,

- agire “col popolo sul governo” per la promulgazione di leggi speciali che consentano l’attuazione in Italia di un programma che curi “la polarizzazione delle scienze naturali”, l’esclusione del clero dal diritto di successione per tutta la giurisdizione diocesana, e che preveda la normativa “sul divorzio, sulla precedenza del matrimonio civile, sull’elezione popolare dei sacerdoti in cura d’anime, sulla sorveglianza dei benefici ecclesiastici…nonché favorire tutte quelle associazioni, anche le leghe femminili, per mutuo soccorso, cooperazione educative…” (La Civ. Catt. 1136/1897)

Faceva eco all’Arena Nazionale di Firenze il massone Giovanni Bovio che dopo avere indicato “lo stato delle cose ed

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il XX Settembre reale”, dichiarava di festeggiare un XX Settembre ideale: “Due civiltà, due mondi liberi, in grande contrasto, ecco Roma”; a Brescia, il massone Zanardelli affermava la non necessità del potere temporale per l’esercizio spirituale della Chiesa: “Ora la potestà civile, legislatrice e signora della società, mentre deve assicurare la libertà legittima del santuario, non può consentire che l’Autorità spirituale… sia pervertita a scopi politici, non può consentire che il Tempio e l’Altare sieno resi segnacolo di sedizione e di civile disordine”. (La Civiltà Cattolica, quad. 1135/1897).

L’Osservatore Romano del 25.9.1898 ribadiva la sua convinzione “che la festa civile ordinata il XX settembre”, fosse un “trionfo della Massoneria italiana in onta al Papato, alla Chiesa e al sentimento cattolico del popolo italiano”.

La caratterizzazione massonica della commemorazione della presa di Roma rifletteva il particolare momento del rifiuto d’ogni rapporto con la Chiesa e la comune convinzione che l’estremismo massonico, laico, non faceva nulla per occultarlo. La Tribuna puntualizzava che nel XX Settembre “non si celebra solo la conquista che l’Italia fece della sua capitale, ma anche della supremazia del potere civile sul religioso”.

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In questa contrapposizione dichiarata delle parti, si incunearono, con un desiderio antico di rivalsa, anche le chiese protestantiche.

La condivisione della Massoneria dei principi libertari propugnati dagli evangelici, dai metodisti, dai valdesi e anche dagli ebrei, fu, forse, il pericolo più avvertito dalla Curia romana che temeva, in tale impostazione celebrativa del XX Settembre, il tentativo di una supremazia non solo laica sul religioso, ma di una nuova alleanza in opposizione alla religione tradizionale. Da qui la presa di posizione della stampa cattolica che scorgeva nel programma di Roma capitale diffuso dai Liberi muratori “l’antica parola d’ordine delle Logge massoniche, sotto la forma aggressiva della demagogia moderna: essa è la formula di27 coloro che aspirano a

27 Del clima incandescente ed anticlericale instauratosi in occasione del XX Settembre se ne fa interprete Domenico Farini, presidente del Senato, in una conversazione con la Regina, in data 23 settembre 1895. Egli riferisce che mons. Pampirio, arcivescovo di Vercelli, aveva asserito: “Essere la presente persecuzione della Chiesa peggiore di quella di re Erode, perché almeno Erode non faceva l’illuminazione, sotto il naso di Cristo! L’Eucaristia essere il rancio dei soldati di Cristo. Egli riferì pure che il Card. Ferrari aveva detto “che la vera Roma intangibile essere quella del Papa”. La conversazione cadde sulla riappropriazione della Chiesa del temporale. La Regina non vuole ammettere “che i clericali possono sedurre i soldati”. Domenico Farini replica che “per riacquistare il temporale essi debbono abbattere il presente stato delle cose, quindi non si arresteranno davanti cosa alcuna che a ciò li conduca.” (Domenico Farini: “Diario di fine secolo”, settembre 1895).

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sbarazzarsi nello stesso tempo della Monarchia e del Papato”. (L’Oss. Romano, 22 settembre 1899)

Se il fronte per la difesa dell’unità territoriale d’Italia esprimeva un coro unanime di consensi, la celebrazione della festa civile settembrina in uno Stato monarchico, trovava non poche difficoltà nei seguaci di Mazzini presenti numerosi nelle Logge del Nord Italia. 28 29

I dissensi erano anche di ordine politico. Le tensioni autonomistiche siciliane avevano portato alcuni gruppi che facevano parte del movimento separatista, a boicottare le celebrazioni del XX Settembre, e ciò, come sottolineava L’Osservatore Romano del 14 settembre 1902, non certo per ragione religiosa o per un sostegno filiale al Papa, ma per il ripudio della stessa politica autonomista del concetto unitario. Quanto si ritenesse importante l’azione ed il contributo della Massoneria per il consolidamento delle idee di cui il XX

28 In occasione dell’inaugurazione del monumento a Garibaldi, vivamente voluto dalla Massoneria, i repubblicani non vollero partecipare, “vollero fare a sé, per non lordarsi al contatto coi monarchici” (“Diario di fine secolo”, Domenico Farini, pag. 795) 29 Nel 1889 in un Congresso internazionale massonico, Desmons aveva proclamato che i cattolici non dovevano in alcun modo essere riconosciuti come repubblicani… ma sibbene infamarli come “nemici delle libertà” contro i quali tutti i massoni e repubblicani” hanno da difendersi sino alla morte se occorra la santa repubblica” Questa parola fu accolta di massoni con un uragano di applausi e col grido “Viva la Repubblica”. (La Civiltà Cattolica)

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Settembre ne era l’espressione, è dato da un piccolo incidente occorso nella manifestazione romana del 1895. 30

In tale circostanza lamentele furono espresse al Sindaco della Capitale perché non volle accondiscendere “il dì della funzione alla Breccia che le bandiere dell’esercito avessero un posto di privilegio nel corteo: “Posto d’onore invece nel corteo alla bandiera della Massoneria”. (“Diario di fine secolo”, pag. 785)

Lo sventolio delle bandiere inglese ed americana sui balconi delle loro Ambasciate, in occasione della celebrazione di Porta Pia, può sembrare un fatto naturale tenuto conto degli stretti rapporti tra le Massoneria dei tre paesi e la condivisione di dei principi libertari.

Attorno alla festività civile del XX Settembre un pullulare di iniziative, di congressi dei massoni e di liberi

30 L’Osservatore Romano in un articolo dal titolo “Il 20 Settembre 1870 e l’infausta Roma papale”, chiama in causa il Governo italiano reo di avere assecondato gli scopi massonici: “Il governo italiano che il 20 Settembre 1870 con la violenza si impadronì della Roma papale, nato dalla Rivoluzione massonica, non ha e non può avere altro scopo che quello della Massoneria… qual è il vero e l’ultimo scopo della Massoneria? Eccolo. E’ l’odio della società umana quale fu da Dio costituita e dal suo Cristo rigenerata: e però l’intendimento di rovesciarla per fabbricarvi sopra una nuova società, poggiata secondo le massime che dalla stessa Massoneria si professano… La Massoneria imperante non vuole ancora scoprire siffatto sociale intendimento e fine accioché non sia attraversata nel suo lavoro di demolizione”.

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pensatori impegnati a fare il punto sull’evolversi della politica e del programma liberale. 31

Il cosmopolismo massonico, fondato sui principi di fratellanza, di libertà e di uguaglianza, aveva indotto i dirigenti massonici ad accreditarsi come pionieri di una visione della “repubblica universale”.

Nella Rivista Massonica del 1906 (pagg. 280, 281) era specificato: “Dall’ultimo Congresso di Genova (1902) fu posto di nuovo in campo il congresso massonico universale. Il Grande Oriente d’Italia a più riprese deliberò favorevolmente a siffatta proposta, a grandissima maggioranza delle potenze massoniche”. 32

31 Nunzio Nasi, massone, Ministro delle Poste nel Governo Pelloux, il 20 Settembre 1897, dinanzi alla tomba di Garibaldi, a Caprera, precisò ai fedeli seguaci dell’Eroe che la “terza Roma non è opera di nessun partito, non è gloria esclusiva di nessun uomo, è il pensiero italiano che viene da Dantesismo a noi e che in Roma si riconosce e si riafferma. Avverso la tendenza unitaria e liberale del nuovo Stato non insorgevano soltanto le consuetudini e gli interessi dell’antico regime, ma soprattutto l’intransigenza del Vaticano regio. Il Dio Stato è una abdicazione della libertà, ma l’idolatria dell’individuo è una tirannia non meno pericolosa. L’Italia esige una doppia rivoluzione legale nell’intento supremo della giustizia: riordinare i pubblici poteri e correggere il costume a costo di ricorrere a leggi censorie”. (tratto da: “Per il terzo pellegrinaggio a Caprera”) 32 “Nel Congresso del Libero pensiero ad un tratto un’irruzione: ben settanta e forse più bandiere massoniche invadono il cortile: è la festa della Massoneria” (L’Osservatore Romano 21.9.1904)

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Tale congresso anche per la sua concomitanza alle solennità del XX Settembre assumeva una connotazione particolare: “Il congresso dei liberi pensatori non è in sostanza che una pubblica manifestazione massonica-repubblicana. Per convincersi bastava dare un’occhiata al corteo che oggi sfilava per le vie della nostra città per recarsi alla breccia di Porta Pia”. (L’Osserv. Rom. 21.9.904) 33

Il Popolo Romano precisava: “Il vero è che questi Congressi non essere molto spesso che riunioni di massoni con scopo di propaganda massonica” e L’Osservatore Romano ribadiva che “è soltanto alla Massoneria che appartiene generalmente l’iniziativa di codesti Congressi, i quali sotto il velame del libero pensiero, nascondono propositi ed obiettivi politici”.

Il XX Settembre era diventato un giorno simbolo in cui la libertà laica si doveva in qualche modo concretizzare nella vita reale: il Dovere rilevava che molti cittadini avevano aspettato il “20 settembre per celebrare il matrimonio civile, e che era piena la piazza del Campidoglio delle loro carrozze”.

Se le proposizioni laiche costituivano il lievito della solennità settembrina e l’anticlericalismo era l’amalgama delle

33 (L’Osservatore Romano, 22.9.1877).

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diverse posizioni politiche che spaziavano dai conservatori, ai repubblicani, ai liberali e agli anarchici, in alcuni momenti sembrò entrare di prepotenza, in alcuni settori della Massoneria, la propensione a forme di agitazioni politiche e di eccessiva intromissione nelle mene politiche e parlamentari. Adriano Lemmi, proprio in occasione di una conferenza massonica nazionale tenutasi a Milano il XX Settembre, richiamò i Fratelli a comportamenti più rituali ed all’applicazione di programmi che dissipassero le ombre di presunte “trame massoniche”. Del resto lo stesso Francesco Crispi, a Napoli aveva stigmatizzato comportamenti non consoni agli ideali massonici: “Dalle più nere latebre della terra è sbucata una setta infame la quale scrisse nella sua bandiera “né Dio, né Capo.” Uniti oggi…stringiamoci insieme per combattere codesto mostro e scriviamo: “Con Dio, col Re, con la Patria”. Giosuè Carducci, massone, in una lettera inviata, da Bologna, ad Adriano Lemmi, Gran Maestro, il 29.9.1894, si congratulava per la sua allocuzione giacché “Tutto è nei principi dell’Ordine. Al quale un ritorno verso le idealità onde fu iniziato il Risorgimento italiano non deve dispiacere”. (tratto da: “Un’amicizia massonica, carteggio tra Lemmi-Carducci”, a cura di Cristina Pipino)

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Il contributo attivo e finanziario della Massoneria era rilevato da L’Osservatore Romano del 20.9.1895 che metteva in risalto come la stessa avesse offerto lire cinquecento per “la creazione della colonna alla breccia di Porta Pia. Di più si aggiunge che la Massoneria avrà il posto d’onore nelle feste ufficiali che si faranno. E sta bene: essa ha tutto il diritto, poiché queste feste sono fatte dalla Massoneria e sono fatte per la Massoneria”.

Se la Massoneria considerava che base della futura società fosse la consapevolezza della centralità dell’individuo in ogni programma pubblico e privato, e che l’esaltazione dello stesso potesse avvenire attraverso il ripudio di ogni coercizione o dogmatismo, la Curia romana vedeva in tale impostazione dottrinaria il consolidarsi del materialismo e del relativismo morale e Giuseppe Ferrari nella seduta alla Camera del 12 maggio 1873 ironizzò sulle promesse laiche e dello Stato di sicurtà e di indipendenza al potere spirituale, affermando che “la frase Libera Chiesa in libero Stato, - era - uno scherzo politico”. (L’Osservatore Romano 22.9.1895).

Il timore che la celebrazione dell’anniversario del XX Settembre fosse il pretesto per distruggere il cattolicesimo si palpava in ogni intervento giornalistico cattolico e la

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manifestazione era indicata come letale perché riguardava “esclusivamente la Massoneria, una festa puramente e semplicemente massonica perché determinò il giorno dell’arrivo della massoneria in Roma, mèta cui essa si indirizzava da lunghi anni. Un trentatre (dignitario) fra i Liberi Muratori avrebbe asserito che l’entrata attraverso Porta Pia doveva servire per abbattere “l’albero secolare che si chiama cattolicesimo”.

E’ indubbio che intendimento dell’Ordine massonico fosse quello di esportare in tutto il mondo il significato culturale laico che derivava dalla celebrazione del XX Settembre.

Il Gran Maestro Adriano Lemmi in una lettera indirizzata a tutte le Potenze massoniche (Riv. Mass. ital. - maggio/giugno 1895) sollecitò la compartecipazione alla festa che ricordava la caduta della Bastiglia…: “A noi Italiani e per opera dei massoni il solennizzare il dì in cui furono spezzate le catene di un servaggio che opprimeva da molti secoli l’umanità”. (circ. del 25.8.1897 in Riv. della Massoneria. Italiana, pag. 193) 34 35

34 “La Massoneria lanciando il suo programma di pragmatica, ha monopolizzato- che non monopolizza la Massoneria? - anche la storia affermando con grande burbanza, che essa, chiuse il proprio libro sul dominio territoriale dei Papi. (L’Osserv. Romano 21.9.907)

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Credo che mai, in quel tempo, la Massoneria ebbe una più grande proiezione esterna, come nel periodo in cui l’Ordine del liberi muratori fu presieduto dai Gran Maestri Lemmi e Nathan.

Si comprende, anche, perché gli stessi, ebrei, ricoprendo anche cariche pubbliche ed esoteriche nella città di Roma, costituivano una spina nel fianco della Curia romana e del Papato.

Nathan, inoltre, eletto Sindaco di Roma seppe anche sfruttare con passione, a volte con eccessiva disinvoltura politica, l’occasione del XX Settembre per i proclami ed il rilancio, come un guanto di sfida al Papato, delle problematiche laiche, fatte proprie dalla Massoneria, per investirne il popolo italiano e, dal Campidoglio, il mondo civile: “La Francia d’oggi ha ripristinato la data gloriosa del 14 Luglio che ricorda la caduta della Bastiglia, essa festeggia il dì che spezzò la catena del servaggio secolare che l’opprimeva… “La festa del XX Settembre non è, dunque, solamente del

35 E’ interessante rilevare l’osservazione di Cristina Pipino nel libro da lei curato del carteggio tra Lemmi e Carducci (pag. 31): “Nel carteggio la Massoneria compare essenzialmente quale orizzonte entro il quale circoscrivere i valori etico-politici instaurati dall’incivilimento illuministico e dal Risorgimento nazionale. Invano vi cerchiamo spunti esoterici. Non già che i due ne fossero digiuni, rimangono però recinti in una sfera di riserbo, si può dire, di pudore adulto”.

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nostro popolo, ma di tutte le genti civili… In quel giorno famosissimo, palpitò in Roma redenta e libera il pensiero di tutti i fratelli massoni del mondo”. (La Civiltà Catt. - quad. 1087 del 1895).

Con il XX Settembre una sfida universale, quindi, illuministica e l’improbo impegno di dibattere le tematiche che servissero al popolo per un riscatto dai vincoli che attanagliassero la ragione. 36

Per Nathan, il XX Settembre, era una rivendicazione italiana di una grande vittoria “del pensiero umano, che, liberandosi dai ceppi della tirannia di coscienza si risolleva e

36 Tra tante polemiche si leva la voce di un poeta Enrico Panzacchi che accomuna in una gara di ideali, la Suora ed il Garibaldino di fronte alla morte: SUORA E GARIBALDINO Vicini entro la fossa li han posto a riposare ne la camicia rossa, nel bianco scapolare. Per gli infetti recinti ove regnò la Morte, da ugual amor sospinti; uguale ebber la sorte. Ella spirò, pregando tregua all’uman dolore, egli morì, chiamando un secolo migliore… Posate, anime care, posate o povere ossa, nel bianco scapolare, ne la camicia rossa!

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scioglie il velo pei regni di una nuova civiltà”. (Discorso da: Riv. Mass. Italiana, 31.5.1897)

Tale liberazione, egli sosteneva, non era solo un vanto e “gloria” italiana, ma era una “gloria mondiale, una nuova civiltà di cui Roma si è fatta aralda”; sottolineando che attraverso Porta Pia entrarono non solo i bersaglieri piemontesi, ma il pensiero civile ed umano, la libertà di pensiero, egli intendeva conferire all'evento un carattere universale ed altamente “filosofico”: la festa del “popolo romano” diventava “la festa per i popoli”.

Dal suo fortilizio, il Campidoglio, nonostante che come Sindaco rappresentasse l’intera cittadinanza amministrata, egli, il XX Settembre 1910 sguainava la sua spada massonica, contro ogni impostazione dogmatica, espressione del “regno dell’ignoranza”, rilanciando il concetto a lui caro: “Nessuna chiesa senza scuola! Illuminata coscienza per ogni fede: ecco il significato della Roma d’oggi”. (“Il Discorso bestiale” -L’Osserv. Romano, 22.9.1910)

Il discorso di Nathan, anche per il suo tono palesemente anticlericale, suscitò reazioni tra i cattolici e negli ambienti politici ed internazionali.

Il Popolo Romano pubblicò un commento al discorso del Sindaco Nathan: “Non possiamo lasciar passare questo

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discorso senza rilevare la suprema sconvenienza dell’allocuzione del Signor Nathan, il quale dimenticando di essere Sindaco e parlare perciò esclusivamente nella qualità di rappresentante ufficiale della Capitale e di tutti i Romani, si è ricordato solamente di essere ex Gran Maestro della Massoneria e capo del blocco massonico socialista… Il signor Nathan invece, con la sua violenta diatriba di carattere politico e religioso ha parlato come se avesse tenuto una concione in loggia o in un club del libero pensiero”. (L’Osservatore Romano, 28.9.1910)

La Perseveranza di Milano nel discorso di Nathan vide “espressioni sconclusionate di un povero ossessionato” e deplora che “la polemica, non certo per causa di Nathan”, si svolga “da pari a pari tra Pio X ed Ernesto Nathan, tra Papa ed antipapa”. La protesta cattolica italiana si estese anche ad altri Stati.

Una levata di scudi contro “l’insano discorso” venne da Vienna.

L’Osservatore Romano del 4.10 1910 insinuò che “il piccolo massone da Roma, dalla Roma massonica, non avrebbe mai azzardato di atteggiarsi ad anti Papa ed a lanciare una sfida

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al Vero Papa, ed ai cattolici di tutto il mondo, se non avesse creduto di trovare l’appoggio nei miscredenti dell’universo”.

Di converso, i Liberi pensatori di Praga indirizzarono a Nathan una lettera di plauso per l’attacco sferrato contro il Pontefice.

Un duro attacco, a propria difesa, sferrò Nathan contro il Sindaco di Montreal per avere, con il Consiglio comunale, approvato un ordine del giorno che stigmatizzava il discorso di Porta Pia: “… Soli nella vostra gloria voi oltrepassate i limiti delle attribuzioni civiche, del diritto internazionale, delle usanze fra i popoli civili, per decretare le vostre pene a funzionari che nulla hanno da spartire con voi e per conseguenza rimangono del tutto indifferenti davanti a deliberazioni che sarebbero impertinenti se non grottesche”.

Il dilungarmi sugli avvenimenti settembrini del 1910 è dettato dalla necessità di fare un quadro del clima esistente, in quel periodo, in Italia, che metta in rilievo l’importanza, anche oltre il confine nazionale, dei messaggi che il XX Settembre riusciva a lanciare toccando le problematiche dei singoli e turbando equilibri.

Il Times di Londra rilanciò: “Malgrado la difesa della stampa radicale e socialista, non possono esistere due opinioni

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sull’estrema scorrettezza degli sfoghi del Sindaco come pubblico ufficiale, dopo che egli uscì di strada fino a permettersi una violenta tirata contro molte dottrine della religione cattolica”. (L’Oss. Rom. 29.9.1910)

Il chiasso giunse al Parlamento italiano. Il generale Pelloux presentò un’interpellanza:

“…giacché affermare che il signor Nathan, nel discorso del XX Settembre ha commesso un reato contro la così detta legge delle guarentigie, significa proprio andare impunemente contro il senso comune.

Ma quale reato può commettere uno dicendo di non credere al dogma dell’infallibilità papale?

…Soltanto il generale Pelloux si è mosso o commosso, ma del suo criterio politico e soprattutto interno alla sua conoscenza delle leggi dello Stato nessuno può farsi illusioni”. (ibidem)

A difesa di Nathan il giornale socialista l’Avanti criticò, invece, la reazione de L’Osservatore Romano “Voi vedete quanto questo linguaggio sia tessuto con contumelie da bettola, è diverso da quello che il Sindaco ha adoperato nella critica alla Chiesa e anche da quell’altro linguaggio che, se la Bibbia non mente, il buon Gesù Cristo adottava contro “le pecore

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smarrite”, e contro i nemici del suo dio. Ma più del linguaggio è degna di rilievo la sostanza del commento: il discorso del Sindaco è un’offesa al Pontefice ed alla Chiesa… perché liberamente ne critica l’opera. Così i clericali intendono la libertà”.

La replica di Pio X non tardò a manifestarsi con una lettera inviata al Card. Respighi, due giorni dopo il discorso di Porta Pia:

Al diletto figlio Pietro Cardinale Respighi Nostro Vicario Generale Signor Cardinale, Una ricorrenza di eccezionale gravità Ci muove a rivolgerle oggi la nostra parola per manifestarle il dolore profondo dell’animo Nostro. Da due giorni un pubblico funzionario nell’esercizio del suo mandato non pago di ricordare solennemente la ricorrenza anniversaria del giorno in cui furono calpestati i sacri diritti della Sovranità Pontificia, ha alzato la voce per lanciare contro le dottrine della Fede Cattolica, contro il Vicario di Cristo in terra e contro la Chiesa stessa lo scherno e l’oltraggio. Parlandosi in nome di questa

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Roma, che pur doveva essere, secondo autorevoli dichiarazioni, la dimora onorata e pacifica del Sommo Pontefice, si è presa direttamente di mira la Nostra stessa giurisdizione spirituale arrivando impunemente a denunziare al pubblico disprezzo perfino gli atti del Nostro Apostolico ministerio. A questa audace contestazione della missione affidata da Cristo Signor Nostro a Pietro ed ai suoi successori, accoppiandosi pensieri e parole blasfeme, si è osato di insorgere pubblicamente contro la divina essenza della Chiesa, contro la veracità dei suoi dogmi e contro l’autorità dei suoi Concili. E poiché all’odio della Chiesa va naturalmente congiunto l’odio più dichiarato ad ogni manifestazione di pietà cristiana, non si è indietreggiato neppure dinanzi al proposito malvagio e antisociale di offendere il sentimento religioso del popolo credente. Per questo cumulo di empie affermazioni gratuite altrettanto blasfeme, non possiamo non levare alta la voce di giusta indignazione e di protesta, e richiamare in un tempo, per mezzo di Lei, Signor Cardinale, la considerazione dei nostri figli di Roma, le offese continue ed ognor maggiori alla Religione Cattolica, anche per parte di pubblica autorità, nella sede stessa del Romano Pontefice.

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Questa nuova e dolorosa constatazione non sfuggirà certamente ai fedeli tutti del mondo cattolico, offesi anch’essi, i quali si uniranno con i Nostri cari figli di Roma ad innalzare con fervore le loro preghiere all’Altissimo, affinché sorga a difesa della Sua Sposa divina, la Chiesa, fatta così indegnamente bersaglio a calunnie sempre più velenose ed ad attacchi sempre più violenti di impune baldanza dei suoi nemici. Facciamo voti che, per l’onore stesso della Città Eterna non abbiano a rinnovarsi questi intollerabili attacchi: ed intanto come pegno della Nostra speciale benevolenza, Le impartiamo di cuore, Signor Cardinale, l’Apostolica Benedizione”. PIO X

Anche Nathan, punto dalle argomentazioni pontificie, e dalle critiche di molti giornali, non solo cattolici, indirizzò ai direttori dei quotidiani la seguente lettera: Preg.mo Signor Direttore, Per gli atti dell’ufficio mio devo rispondere al Consiglio, alle competenti autorità da cui Io ripeto; interviene per il discorso del XX Settembre un rescritto del Sommo Pontefice all’E.mo Cardinale Vicario per stigmatizzare le parole mie al cospetto

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della cittadinanza, dell’Italia, di tutto il mondo. Il rispetto verso di Lui, verso tutto il consorzio civile impone spiegazione. Egli, dal Vaticano fulminando chi sta al Campidoglio, non rende più evidente il tema del discorso, il contrasto tra la Roma del passato e la Roma del presente! Sono colpevole - come egli dice - “nell’anniversario del giorno in cui furono calpestati i diritti della Sovranità Pontificia; di lanciare offese ancor maggiori alla Religione cattolica; ho alzato la voce per lanciare contro il Vicario di Cristo la guerra lo scherno e l’oltraggio? O non ho messo invece dinanzi agli occhi dei cittadini uno specchio fedele perché tutti vi vedessero riflessi gli eventi del passato, quelli verificatasi attraverso altro Governo, altra volontà, altri insegnamenti, altre aspirazioni. Non sono io autore od inventore del bando per esiliare dalle scuole e dai seminari tutta la stampa periodica, non io ad immaginare condanne solenni alla democrazia cristiana, ai modernisti, ai sillionisti, a quanti muovevano affannosamente alla ricerca di una fede che concili intelletto o cuore, tradizione ed evoluzione, sapere e religione; non io a fondere insieme dogmatismo e religione in guisa da negare la consolazione della fede a chi ai mutabili precetti o volontà degli uomini non potette umiliare cieca sottomissione; non io a creare la

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ignoranza che abbandonandosi alla superstizione banalmente respinge il sapere; non io a mancare di rispetto alle altrui credenze, diritti imprescrittibili dell’individuale coscienza, né tampoco venir meno ai riguardi dovuti al Pontefice, all’uomo chiamato al altissimo ufficio, che nei limiti consentiti da cuore ed intelletto, sacrifica tutto l’essere suo per amor del bene, secondo i dettami della sua coscienza. No. Come il Sommo Pontefice dall’alto della Cattedra di S. Pietro (è libero) di dire la verità quale a lui appare ai credenti, così il minuscolo Sindaco di Roma dinanzi alla Breccia di Porta Pia, per lui iniziatrice di una nuova auspicata era politica e civile, ha uguale dovere dinnanzi alla cittadinanza. Offende le orecchie di chi afferma calpestati i diritti della Sovranità Pontificia; ma non è l’uomo, non sono le sue parole, è il fatto che offende, opprime, preoccupa, esaspera: il fatto avvenuto in passato, il fatto che si avanza fatale, con passo più sicuro, a misura che l’albeggiante giorno della nuova Italia rischiara in strada agli ansiosi trepidi viandanti; il fatto che guida le genti, iscritte fra i dettati della legge che governa l’Universo dalla mano del progresso: sovrasta Pontefice e Sindaco. Tutto si muove, si evolve, si allarga e gli uomini volgono gli occhi in su alla ricerca della fede, illuminata del sapere. Se ho

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offeso la legge auguro rispondere dinnanzi al Tribunale; se ho offeso i doveri dell’ufficio mio, spetta il giudizio alla Cittadinanza; se ho offeso la Religione, la coscienza tranquilla, senza intermediario, risponde innanzi a Dio. Ernesto Nathan, Sindaco di Roma, 24.9.1910. (L’Osservatore Romano, 25.9.1910) 37

37 Il discorso del Sindaco Nathan “Cittadini, Non parlo in nome della sola Roma, ne è segno la corona presentatami, la presenza del Consiglio provinciale presieduto dall’illustre suo vice-presidente. È tutta la piaga intorno a noi, è tutta la provincia che si unisce alla città, solidale con essa nelle affermazioni, nelle popolari aspirazioni. E se il nuovo indirizzo a voi questo storico luogo, è per volontà vostra, or ora manifestata col vostro suffragio; voleste voi che la voce dell’Ammini-strazione popolare risuonasse di nuovo qui; a questa rappresentanza voleste nell’anno quando da ogni lato d’Italia o da fuori, dai due emisferi, connazionali o stranieri si recheranno qui in pellegrinaggio per rammemorare il giorno in cui, mezzo secolo fa, il Parlamento subalpino nella certa visione dei destini nazionali, Roma rivendicò capitale dell’Italia nuova. Dinanzi alla volontà del popolo, all’opera dei grandi fattori, l’Apostolo, il Guerriero, il Re, lo Statista, dinanzi al prode esercito, ai valorosi volontari, ai cittadini, a quanti operarono, soffrirono, morirono sotto l’impulso della sua stessa coscienza, all’insegnamento dei fatti, cosi statuì quell’illustre patriottico consesso e cosi, nella maturità degli eventi, fu conferma di quel voto solenne, noi stiamo qui oggi; e domani il mondo intero nelle molteplici sue rappresentanze qui converrà per constatare come la Roma dell’oggi, la Roma della Terra Italia, riprende il cammino dal destino assegnatole, riassuma in se la volontà o le aspirazioni di un gran popolo, varca le frontiere, e nelle esternazioni della vita, nelle manifestazioni del pensiero, attraverso i monti, attraverso i mari s’affratella con gli altri popoli. Tale la Roma ch’è onorato mio ufficio, qui rappresentare, vindice della libertà del pensiero, entrata in un con la bandiera tricolore, attraverso questa breccia; un’altra Roma, prototipo del passato, si rinchiude entro un

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perimetro pur ristretto delle mura di Belisario, intesa a comprimere nel brevissimo circuito il pensiero, nella terra che, come gl’imbalsamati cadaveri del vecchio Egitto a contatto con l’aria libera abbia a risolverla in polvere. Da lì, dal fortilizio del dogma, ultimo disperato sforzo per sostenere il regno dell’ignoranza, scende, da un lato, l’ordine ai fedeli di bandire dalle scuole la stampa periodica, quella che narra della vita e del pensiero odierno; dall’altro ritorna tonante – elettricità negativa senza contatto con la positiva-dettati della loro fede, è la proscrizione contro gli uomini o le associazioni desiderosi di con gl’insegnamenti dell’intelletto, della vita vissuta, delle aspirazioni morali e sociali della civiltà. Come nella materia cosmica in dissoluzione, quella città alle falde del Gianicolo è il frammento di un sole spento, lanciato nell’orbita del mondo contemporaneo. La mente – quella di un vecchio memore – quando ricorre l’anno venturo, al pellegrinaggio vicino e misura con l’occhio la piccolezza della breccia dinanzi a cui sta riverente nel ricordo del passato si china dinanzi alla energia incalcolabile del pensiero, che come l’aria compressa varca quel brevissimo spazio, per espandersi in tutta la città, mutarne l’abito interno ed esterno. Ritornate, o cittadini, alla Roma di un anno prima della breccia; nel 1869. Convennero allora, in pellegrinaggio i fedeli da tutte le parti del mondo, qui chiamati per una grande solenne affermazione della cattolicità regnante. S. Pietro nella monumentale sua maestosità, raccoglieva nell’ampio grembo i rappresentanti del dogma, in Ecumenico Concilio; vennero per sancire che il Pontefice, in diretta rappresentanza e successione di Gesù dovesse, come il Figlio, ereditare onnisciente illimitato potere sugli uomini, e da ogni giudizio umano i decreti suoi sottrarre, in virtù della infallibilità proclamata, riconosciuta accattata. Era l’inverso della rivelazione biblica del Figlio di Dio fattosi uomo in terra; era il Figlio dell’uomo fattosi Dio in terra! Vi fu chi forte nella storia del Pontefice attraverso i secoli reagì alla bestemmia rivolta a Dio e agli uomini, Doellinger. Rimase solo! Revocare in dubbio, discutere i decreti del Capo della Chiesa per la gerarchia ora il primo passo per sottometterli al libero esame; era il forellino attraverso cui passava l’aria ossigenata della scienza, del progresso civile. E però sulle vecchie mura del dogma che si sovrappose l’intonaco dell’infallibilità per unanime consenso. Fu l’ultima grande affermazione dinnanzi al mondo della Roma prima della breccia, ora l’ultimo pellegrinaggio al Pontefice Re. Confrontate il fatto di allora con quello che ora si prepara, e misurate il cammino percorso in quarant’anni un giorno nella vita della città Eterna!

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Ponete a riscontro negli atteggiamenti materiali e morali la Roma di allora, con la Roma di oggi, e poi ditemi se voi, se le rappresentanze qui convenute, non devono festeggiare questo giorno memorando; se il disfacimento di poche pietre non si traspormi in un altare della Patria e della civiltà mondiale! Il pellegrinaggio or ricordato, fu per la infallibilità, quella infallibilità che ereditata dalla tradizione, passata nei costumi, si manifesta purtroppo oggi nella ignoranza popolare che dinanzi all’apparizione d’una epidemia, appende voti alla Madonna, scanna i sanitari; quella infallibilità che incita il Pontefice a boicottare le legittime aspirazioni umane, le ricerche della civiltà, le manifestazioni del pensiero, le muove ad architettare nuovi scuri per escludere la luce del giorno! Il pellegrinaggio che avverrà l’anno venturo a quale affermazione consente, quale significato riveste! Roma antica – quale e quanta evidenza abbiamo nei monumenti, nelle iscrizioni tuttora esistenti – è centro ed anima di una civiltà che trasforma il mondo; nasce, vive gloriosa o scompare, evangelizzata fra le genti la verità affidatele. Risorge centro ed anima di una seconda civiltà. Roma medievale evangelizza la verità che ebbe in seno, dall’oriente portata e la seconda vita gloriosa viene meno e scompare. Ma, unica nella nostra storia degli annali umani, ancora una volta si scioglie dal funerei panni che l’avvolgevano, esce dal sepolcro e centro dell’anima di un nuovo popolo spezzato, disgiunto e ricomposto ad unità, risorto a grande nazione attraverso la breccia di porta Pia assorge ancora una volta, apostolo di civiltà bandisce il verbo dell’unione fra gli uomini, dell’unione fra le genti, per il progresso dell’umanità. Guardatela nelle nuove forme, nei nuovi atteggiamenti. Le mura di Belisario trapassate da ogni lato, come le mura di Servio Tullio, stanno la a determinare il circuito della vecchia Roma, con i suoi, con le sue ville, con le sue straduccole inondate dal Tevere; oggi le ville e gli orti si protendono verso il colle e verso il mare, senza soluzione di continuità, e appena qualche albero, tra le nuove, larghe, illuminate vie, fra le case moderne, delle altre ricorda l’esistenza. Il Gesù è divenuto un archivio nazionale, archivio anche di tristi memorie; Castel S. Angelo, la tomba del morto imperatore Romano, ridotta poi a tomba dei viventi sudditi papali, è, un museo di ricordi d’arte medievale, per insegnamento ed affinamento dei cittadini; l’insigne e colossale monumento della grandezza romana, le Terme Diocleziane, ridotte a fienili, magazzini e sconci abituri, ora si circonda di giardini e ritorna in vita, degna vita, grande impareggiabile museo nazionale di arte antica.

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E potrei continuare; mostrarvi la scuola elementare, il Lungo Tevere, là dove si ergeva monumento di stolta intolleranza, il Ghetto; i bagni pubblici in recinti ove la tolleranza consentiva la corruzione dei costumi: riassumo. Nella Roma di un tempo non bastavano mai le chiese per pregare, mentre invano si chiedevano le scuole ; oggi le chiese sovrabbondano, esuberano; le scuole non bastano mai! Ecco il significato della breccia o cittadini! Nessuna chiesa senza scuola, illuminata coscienza per ogni fede, ecco il significato della Roma di oggi! Perché ho parlato così! Perché ho richiamato in vita il passato ponendolo in riscontro col presente? E’ per spirito di polemica, per rispondere alle sciocche accuse e contumelie a cui siamo fatti segno? No, invero: un senso assai più alto e degno mi muove: quello di porre dinanzi agli occhi vostri o soprattutto ai cuori vostri, le responsabilità morali che pesano su noi perché non vi sia arresto sul cammino da percorrere, perché Roma in ogni singolo cittadino, nella sua collettività sia conscia del proprio dovere dinanzi alla Patria, al Consorzio civile, all’avvenire. Mi sono soffermato sul passato, per mettere in rilievo quali siano i mali, quali gli inceppi figliati dal dispotismo, dal regno di una classe, sia pur sacerdotale, in nome della religione se l’insegnamento si dovesse dimenticare e, nel predominio di una, di altra o di parecchio classi, si dovesse perdere di vista la collettività, il popolo tutto, la nazione, la patria, subire l’ascendente dei singoli interessi, allora quella breccia sarebbe stata aperta per lasciare il varco alla lotta di appetiti contrastanti ai contingenti interessi di classe, non al bene della Patria, della umanità. In quella convinzione, al capo della Nazione, quegli che il bene patrio rappresenta, a S. M. il Re Vittorio Emanuele III, a nome vostro, ho inviato il telegramma seguente: “Mentre Italia tutta,da Torino a Marsala, da Castelfidardo a Napoli, si raccoglie nelle memorie cinquantenarie dei fasti del Risorgimento, innanzi alla data del XX Settembre, misurando tutta la via percorsa, da quando l’Italia varcò la breccia di Porta Pia per proclamare al mondo, dall’alto del Campidoglio, libertà di coscienza, libertà di istituzioni Roma Capitale, consapevole dell’altissimo compito suo, rivolgo cuore e pensiero alla Maestà vostra, duce ed educatore della Nazione risorta, e riafferma la espressione del suo devoto imperituro affetto, la fiducia nei patrii destini vaticinati e preparati dai grandi precursori e fattori della Terza Italia”. Ed egli risponde:

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Il XX Settembre 1905 Ettore Ferrari, scultore, subentrato a Nathan nella Gran Maestranza dell’Ordine massonico, con un manifesto aveva già richiamato l’attenzione dei cittadini sul tentativo clericale di soffocare, con i “suoi tentacoli”, le conquiste laiche: “Erompa oggi in Italia un grido di allarme oltre il pericolo del novissimo atteggiamento politico del Vaticano…, sorretto da falsi liberali di ieri, diffonde la sua influenza in ogni campo dell’attività italiana e illudendo gli ingenui, tenta di preparare alla Nazione i tristi giorni dei popoli caduti”.

Non va dimenticato che la presa di Porta Pia si colloca a ridosso della proclamazione del dogma dell’infallibilità papale. (Pastor aeternus, 18.7 1870)

“Sono profondamente grato del pensiero che Roma mi rivolge e mando alla cara città l’espressione del mio vivo affetto. Con intimo compiacimento assisto alla celebrazione delle ricorrenze cinquantenarie che si compie con sicura coscienza dei raggiunti progressi e con salda fede nelle civili libertà. Da questa celebrazione di sacre memorie traggo per la Patria nostra liete presagio di gloriose fortune e con essa accompagno i voti che la Capitale del Regno rinnova in giorno così solenne. Vittorio Emanuele”. Risposta degna di chi, per virtù e vita, onora la casa sua, il sue paese. Cittadini! Ovunque, da Torino a Marsala e Palermo, da Napoli a Perugia, sui campi di Castelfidardo, l’Italia ha celebrato la ricorrenza cinquantenaria dei fasti della sua ricomposizione ad unità, ed ovunque fa presente Roma nel cuore della sua cittadinanza, nella parola dei rappresentanti suoi. Oggi, alla quarantenaria ricorrenza del giorno fatidico, che ha sacrato l’unità patria, il paese tutto è qui presente, nella sua più augusta rappresentanza; con noi ricorda il passato, con noi fraternamente opra nel presente, con noi prepara nella coscienza del comune dovere, l’avvenire. Un solo grido prorompa dai vostri petti, dinanzi a questa breccia: Evviva la terza Italia!”. (L’Osserv. Romano, 21.9.1910)

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Le proclamazioni dogmatiche di quei tempi avevano acceso gli animi dei Liberi pensatori e dei massoni, non tanto, forse, per le tematiche religiose da esse trattate, (anche se alcuni estremisti inveirono per gli argomenti a base dei pronunciamenti papali) quanto per la loro imposizione ex cathedra ai fedeli, ritenendo ciò un nuovo tentativo di asservimento delle coscienze. Tali rigurgiti anticlericali trovarono ampio spazio nei convegni massonici e nelle manifestazioni del XX Settembre del 1911.

Se ne fece interprete L’Osservatore Romano del 9.11.1911, con un articolo intitolato: L’ora delle tenebre: “Una tempesta di paganesimo passa sul cielo di Roma e ne offusca quella serenità la quale la donò il martirio del Principe degli Apostoli vincitore delle tenebre e delle oscenità di Roma imperiale… Commemorazioni inoltre, convegni, radunanze, banchetti, ricevimenti nel corso di questo mese e ogni festa più solenne in prossimità o conseguente di quella data, nella quale il liberalismo mandatario della Massoneria, credé di avere tirato l’ultimo colpo a detrimento e a tramonto di Roma cattolica”.

Non fu solamente l’evento “pagano”, manifestazione ritenuta massonica, della festa della Regina della bellezza

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tenuta in occasione delle celebrazioni del XX Settembre, a fare preoccupare la Chiesa, ma senza dubbio il Congresso internazionale massonico, tenutosi a Roma dal 20 al 23 settembre 1911, in cui confluirono oltre ai rappresentanti delle Logge italiane anche molte delegazioni massoniche straniere.

La Rivista Massonica Italiana diede grande rilievo all’avvenimento (1911 - pag. 338): “Una grande ventata di entusiasmo, uno di quei soffi di epopea che Giosuè Carducci paragonò al turbine di maggio volante sugli ondeggianti grani… Nella città universale non abbiamo portato la voce di un interesse di classe, di partito, di razza, noi per primi abbiamo conciliati gli ideali di tutte le patrie, nella celebrazione dei supremi ideali umani”.

Un Congresso, quello del 1911, caratterizzato dall’estremismo della parte più radicale della massoneria nazionale ed estera tanto da fare disertare alcune Grandi Loggie dall’inaugurazione . L’organo direttivo della Gran Loggia di Inghilterra (The Freemason-Londra 22.7.1911), nel momento della preparazione del Congresso, richiamava le Grandi Logge di Francia e “gli aderenti” di ritornare al “Credo” e “cioè all’osservanza delle principali frontiere, … alla fede in Dio e

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nell’immortalità dell’anima e l’esclusione d’ogni politica, massime rivoluzionarie”. (La Civiltà Cattolica, 1912)

Il Gran Maestro Shryock della Gran Loggia del Maryland, il 16.11.1910, un anno prima del Congresso internazionale tenne un discorso ai Gran Maestri delle 49 Grandi Logge degli Stati Uniti, in cui sottolineò che in una sua visita a Roma palesò al Gran Maestro italiano la sua preoccupazione dei Fratelli americani della deriva della Massoneria italiana che sarebbe stata sul punto di cancellare, sull’esempio francese, il nome della divinità dalla Costituzione delle Logge. (La Civ. Catt. - 6.5.1911)

Il Fratello Wolfang, tedesco, auspicava la partecipazione al Congresso delle otto Grandi Logge di Germania in un momento in cui “si arrabattano i Gesuiti dentro e fuori d’Europa e cercano di indisporre contro il Congresso quante più Grandi Logge possono”. (Riv. Mass. - 1911, pag. 338).

Si avvertiva che l’anticlericalismo di bandiera cominciava ad essere uggioso e meno sopportabile specialmente dai Fratelli di Nazioni che non avevano avuto un impatto con la realtà politica italiana per la realizzazione dell’indipendenza territoriale dello Stato.

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All’inaugurazione del Congresso, il Gran Maestro Ettore Ferrari, richiamò l’attenzione dei presenti sulla coincidenza del Congresso con la data del Settembre: “Non senza maturità di consiglio, il Grande Oriente d’Italia dispose che questo Congresso internazionale coincidesse con la data fatidica che segnò la scomparsa del potere dei Papi. Come del fatto grandissimo che coronò l’opera secolare del nostro Ordine i centri massonici si rallegrarono tutti del pari, presenti e lontani in mezzo all’esultanza della nostra gente, a celebrare con noi il ricordo e l’apoteosi”. (La Civiltà Cattolica, 1912)

Al Congresso prese la parola il Gran Maestro della Massoneria portoghese Magâlhaes che, incitando i presenti e ottenendo numerosi applausi, espose le realizzazioni del Governo portoghese “conseguenza della nostra propaganda di molti anni, dell’insegnamento laico, dell’educazione civile. E la Massoneria ha molto contribuito a quest’opera. In dieci mesi di governo noi abbiamo fatto quello che altri non hanno fatto in parecchi anni: abbiamo scacciato i Gesuiti, abbiamo soppresso le congregazioni religiose, abbiamo promulgato la legge sulla famiglia, la legge del divorzio e la legge della separazione della Chiesa dallo Stato… La data che voi commemorate è una non

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esclusivamente italiana, perché essa appartiene alla storia del pensiero”. (La Civiltà Cattolica, 4.5.1912)

Il Congresso, nelle relazioni e nelle conclusioni, ribadiva il concetto e l’aspirazione della realizzazione di una repubblica universale, concetto già esposto nel Congresso massonico di Parigi del 1900, cui si incardinava il principio di solidarietà e fratellanza universale con manifesta, invero, sudditanza ideologica nei confronti del Grande Oriente di Francia.

Il prof. Teresio Trincheri, libero docente all’università di Roma e presidente della Gran Loggia del Rito simbolico italiano, nella relazione al Congresso si soffermò sinteticamente sui rapporti tra la Chiesa e lo Stato precisando che: “La Chiesa romana non impara, non rinunzia, non perdona… Là dove lo Stato non si afferma col magistrato e con la scuola, la Chiesa si afferma col tempio e con il parroco”.

Le conclusioni del Congresso sono importanti perché influenzeranno non poco l’azione massonica anche nelle celebrazioni settembrine. Nell’ordine del giorno approvato dal Congresso si “…afferma conseguentemente, che le manifestazioni del sentimento religioso e l’esercizio dei culti, che servono per esprimerlo e coltivarlo, non devono mescolarsi nel movimento politico degli Stati, sviandoli dalle loro umane

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funzioni e facendone strumenti di coercizioni dogmatiche, di persecuzioni, di intolleranze”. (La Civiltà Cattolica, 1912)

Coerentemente al suo intervento al Congresso, il Gran Maestro Ettore Ferrari fece affiggere un manifesto nel quale riecheggiavano lo spirito e gli argomenti da lui trattati nell’assise.

La Civiltà Cattolica sarcasticamente farà rilevare che lo estensore “parla agli italiani come se tutta l’Italia si professasse suddita a lui Gran Maestro della Massoneria, e come se in virtù del suo grado egli dovesse fare concorrenza dal palazzo Giustiniani al re in Quirinale e la Papa in Vaticano”.

La stessa Civiltà Cattolica dichiarò “notevolissimo” il manifesto per il carattere impresso che sottolineava lo spirito “rivoluzionario” delle festività settembrine e del Congresso:

“ Italiani, Più la data gloriosa (20 Settembre 1870) si allontana da noi, più splende il vivo fulgore, irradiando luce sulla storia faticosa degli uomini, dividendo i tempi come segno di una Era nuova.

In questo anno giubilare della Patria celebriamo con fervore ancor più intenso la ricorrenza del giorno che vide abbattuto il più odioso strumento della tirannide delle coscienze, il più valido presidio della fanatica superstizione, il

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più alto ostacolo alla libertà e vittoriosa espansione delle umane energie.

E celebrando quel giorno, esaltiamoci in noi stessi perché la stirpe latina, che fu già pia, con Roma, signora e maestra del mondo, abbia essa,… rovesciando il governo ieratico, dischiuse all’età moderne vie nuove di civiltà…

Italiani! La Massoneria consacrò alla rivoluzione, la mente e il braccio dei suoi migliori che, quando i fiacchi titubavano, sospinse, con indomita energia, l’Italia alla redenzione dell’Urbe… Siamo decisi e fermi nel proposito di rendere la Massoneria strumento sempre più valido a ridestare e a rinvigorire le varie fazioni della sana democrazia, per condurla alla conquista delle maggiori libertà civili e sociali, all’elevamento della coscienza del popolo, nel concetto della virtù e del dovere, affrancandola, con opera di penetrazione e educazione continua, dall’ignoranza, dalla superstizione e dal fanatismo. (Rivista Massonica, 1911, pagg. 292-293) 38

38 L’on. Smith, deputato indipendente, dichiarò alla Camera quanto già aveva scritto sul Paese, che “intorno agli spalti di Porta Pia non cadde soltanto quel giorno un tratto di mura, poste a difesa della città ma cadde e si infranse quel potere che ingiustamente ne deteneva il possesso e che al premere della nuova vita e al balenare della nuova luce ostinatamente si industriava a contrapporre l’oscurantismo e l’ignoranza.” (L’Osserv. Romano - 21.9.1911)

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La festività del XX Settembre 1911 assunse particolare solennità per la ricorrenza del 50° anniversario della rivendicazione di Roma capitale da parte del Parlamento piemontese, con mobilitazione non solo delle delegazioni estere, ma di molte associazioni e Fratelli, stimolati dal Grande Oriente e venuti a Roma da ogni parte.

La Civiltà Cattolica del 7.10.1911 (fasc. 1471) sottolineò che l’organizzazione dei Liberi Muratori fu tale nel “fare del XX Settembre il trionfo della Massoneria… La Massoneria dominava, la massoneria conduceva il trionfo, la massoneria aveva la parola nei manifesti dei due Venerabili Ferrari e Fera, pompeggianti per le vie della città coi loro fastosi titoli gerarchici città, ma cadde e si infranse quel potere che ingiustamente ne deteneva il possesso.” (L’Oss. Rom. 21.9.1911) 39

L’Osserv. Romano in un articolo del 9.10.1911: “A chi serve la Breccia”, indicò che “le ostilità continuate per un decennio, ebbero il loro coronamento con la Breccia del XX

39 “Tale apparve agli occhi degli spettatori sinceri per le vie di Roma, lo spiegamento solenne di tutte le forze massoniche d’Italia sotto i loro verdi vessilli… rispetto a cui tutte le altre schiere sfilanti in processione verso Porta Pia e le molteplici rappresentanze avevano evidentemente l’aspetto o di satelliti o di servi… L’apoteosi della massoneria, nella festa del XX Settembre, non poteva quest’anno, essere più evidente”. Tra i “fior fior di galantuomini” ironicamente fu rilevata la presenza nel corteo di un’Associazione femminile capitanata dal Prof. Pagliari additata alla “indignazione comune”.

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Settembre 1870. Con essa e per essa la setta massonica poté vantarsi che il compimento materiale dell’’unità nazionale era opera sua, certa che nessun altro all’infuori di lei, poteva aver meditato e consumato quella rea impresa”.

Il quel periodo i due schieramenti, la Chiesa e la Massoneria, avevano finito di attestarsi su posizioni vigilanti, per poi uscire e cozzare a viso aperto: tutte le tematiche care all’insegnamento del Vaticano, direttamente o indirettamente, erano sviscerate, contrapposte, in un’esaltazione della ritrovata libertà di pensiero che gettava nell’agone politico e nella pubblica discussione, argomenti che spaziavano dai dogmi, dall’insegnamento religioso nelle scuole, dal divorzio al matrimonio civile, alle opere di beneficenza religiose, alla cremazione.

Le battaglie ideologiche mettevano, senza dubbio, in risalto un periodo di transizione dell’Ordine massonico impegnato ad esaltare l’Illuminismo, i propri ideali, a consacrare il 20 settembre come massima espressione d’autonomia di pensiero e a consolidare un programma sociale nonché un nuovo modo di porgersi delle Logge, impegnate nel tentativo di proiezione esterna, con il superamento degli anni oscuri della segregazione.

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La “diversità” dei temi dibattuti, in un caos di dibattiti giornalistici, diede la sensazione che la Massoneria avesse intrapreso la via dell’anarchismo nella quale nulla del presente fosse più certo e la ricerca della verità propugnata sfociasse nel trionfo del relativismo soggettivo e di maniera.

Il XX Settembre, significò, per una parte in competizione, il rinnovarsi delle incursioni barbariche, su Roma, per l’altra parte, il ritrovare, sia pure, con le difficoltà del momento, l’orgoglio di cercare la formazione della coscienze e dei comportamenti morali, in uno slancio innovativo verso una nuova civiltà.

La linea strategica intrapresa dal Grande Oriente d’Italia di continuo tambureggiamento, al popolo, dei principi laici, mediante un’insistente lotta anticlericale, cominciò a trovare difficoltà di consenso anche nei circoli politici, prima propensi a tale mezzo d’offensiva, ed anche in molti Dignitari dell’Ordine che intravidero nel serpeggiante ateismo ed anarchismo un pericolo per lo stessa Massoneria.

Anche Francesco Crispi, del resto, attento all’evolversi alla situazione politica del paese, pronunciò un discorso alla Camera in cui riteneva politicamente valido un approccio con

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le gerarchie ecclesiastiche per cercare di porre fine al contrasto derivante dal contenzioso con il Vaticano.

Né vanno sottaciuti come alcuni scandali nella vita pubblica che avevano coinvolto uomini eminenti dell’Ordine massonico e di altri partiti avevano ridimensionato molti slanci, sviando l’attenzione dal terreno sino ad allora congeniale alla Massoneria, l’esternazione, l’essoterismo, verso l’agognato ritorno delle Logge al proprio lavoro esoterico, con il tentativo di ripudio della pseudo politica.

Altri fattori fecero scemare l’interesse per una festività, il XX Settembre, che aveva posto le premesse per cambiamenti reali anche nella politica: le baruffe interpartitiche, la ritrovata forza d’interdizione del Vaticano, l’abulia della borghesia, la grande guerra 1915/1918, per la quale l’Ordine massonico assunse una linea interventista con notevole difficoltà interpretativa, da parte di molti, del suo principio di fratellanza universale. 40

40 Nel Congresso Nazionalista, tenuto a Roma nel 1912, si evidenziò una netta frattura con la Massoneria riaffermando l’irriducibile opposizione del Nazionalismo alla degenerazione bloccarda e massonica”. Al Congresso si votò “timidamente, un ordine del giorno contro la Massoneria per la partecipazione ai blocchi radico socialisti ritenuti disgreganti per l’unità nazionale”. (L’Oss. Rom. 23.12.1912)

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Se ne fece interprete il collegio dei Maestri Venerabili di Milano attraverso un documento redatto da Stanislao Maggi e dal medico Resnati a nome di tutti i Maestri, il 20 Settembre 1914:“Davanti al furore di sangue che domina l’Europa e mentre dal cozzo di due civiltà sorge l’augurio che quel sangue non sia versato invano, ma ci porti al trionfo di un’era libera da “ troni” e da “altari”, di un’era di fratellanza dei popoli, il ricordo di un’altra data pari in grandezza di pensiero civile si erge fortemente ammonitrice XX Settembre. Oggi non feste, non discorsi: la lingua vien tremando… anche se i cuori sono in alto in alto!” (L’Osserv. Romano 28.9.1914)

Le manifestazioni presso Porta Pia risentono nei toni, nei discorsi consueti e nelle grida dei presenti, del clima irrededentista: “Viva Trento e Trieste. Abbasso l’Austria!” (La Civiltà Cattolica n° 1914 del 3.10.1914)

Il manifesto fatto affiggere dalla Massoneria, G.M. Ettore Ferrari, perde nei contenuti le tematiche libertarie che l’aveva contrapposta per molti anni alla Chiesa, per soffermarsi sul conflitto in corso: “L’Italia risorta per sé e per il mondo, combatte animosamente la suprema battaglia per compiere i propri destini nazionali, e insieme per distruggere le ultime vestigia del feudalismo e della reazione, onde sotto tutti i cieli rifulga l’ideale della Libertà, luce di ogni umano progresso”.

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Il rombo del cannone soffoca gli ideali ed il sangue sparso richiamerà il popolo, anche se esaltante per la vittoria conseguita sul campo, ad una realtà più triste.

Resistono, nei giorni settembrini, i discorsi di circostanza con “l’immancabile nota massonica, dai turgidi proclami roboanti; la macabra sfilata degli stendardi massonici e all’imbandieramento e all’impavesamento del Palazzo Giustiniani”; così scriveva, compiaciuto, L’Osservatore Romano il 21.9.1920 e il 22.9.1921.

L’Italia post bellica, in uno stato di dissesto sociale e politico trova nella festa del XX Settembre l’occasione per le rivendicazioni di classe, la lotta al privilegio di pochi, il momento dei proclami di giustizia e di umanità; le parti sociali si affrontano al canto di “Bandiera rossa” e “l’Inno di Mameli”. A Bologna lo scontro tra socialisti e reduci degenerò e richiese l’intervento della forza pubblica. (L’Osserv. Romano 27.9.1920)

L’Osservatore. Romano del 21. 9.1921 fa rilevare come le celebrazioni della breccia di Porta Pia cercano di fare dimenticare “le ire e le contese fraterne” che “fanno colorare in rosso le vie d’Italia e inerti braccia senza lavoro sinistramente si levano a gesto di torva minaccia”.

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Siamo nel periodo prefascista e più insistente si fa il richiamo di Palazzo Giustiniani all’idea di Patria. Il dibattito annuale tra la Chiesa e i fautori dello Stato laico sembra spegnersi. Nel manifesto del XX Settembre dei Liberi Muratori, si avvertono prepotenti le nuove istanze collettive, le lotte e i travagli interni alle classi sociali:

“Italiani, Nel cinquantenario della caduta del potere teocratico la

Massoneria italiana, in cospetto di tutte le classi dei cittadini, dimentiche e inerti o violentemente lanciate nelle lotte economiche, eleva ancora una volta l’idea della Patria, come una face. Non è l’ingannevole idea di una Patria che custodisca ai pochi i privilegi, i godimenti, gli sfruttamenti, è l’idea vivente di giustizia e di umanità che sorge sulla realtà insuperabile ed augusta della comunanza del sangue e del genio della stirpe, delle memorie e delle speranze, non solo, ma di tutti gli interessi, materiali e morali, presenti e futuri, male intesi e perseguiti da chi, contro Natura si isola e si accampa fuori della collettività.

Italiani! L’impronta che all’Italia moderna hanno data i suoi

fondatori e l’innumerevole schiera dei suoi martiri è che Ella

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sia aralda di ogni progresso, maestra di giustizia fra le classi e fra i popoli, autrice di ogni audace rivendicazione umana, senza limiti e senza paura sulla via dell’Ideale.

Suggerisca Ella, mentre sono fresche ancora le tombe di tanti suoi figli immolati alla Libertà, la coscienza della misura e ponga il freno ai brutali egoismi scatenati da ogni parte, cosicché sieno risparmiati rovine e lutti e ogni rinnovamento si compia nella luce della Ragione e della umana Bontà”.

La classe media, l’aristocrazia, la Massoneria osservavano incerte e speravano, stanche del degrado esistente, in una nuova stagione politica.

Con un esame attento della situazione politica allora esistente, L’Osservatore Romano del 21.9.1923 sottolineava la diversa atmosfera con cui veniva celebrata la giornata del XX Settembre: “Tutto quello che poteva turbare e dividere fu, durante la lotta, smorzato e rimosso. Il carattere stesso della commemorazione mutò: l’’anticlericalismo svanito nel patto nazionale per combattere e vincere, non osò insistere; forse più che non osasse, non ne ebbe la forza… Una setta che l’irrompente risorgimento civile pone più che mai tra i sorpassati di ieri, nella sua stessa incomprensione degli

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avvenimenti, cui non appartiene, ritorna all’antica manifestazione di pensiero”.

Si nota nei proclami della stampa confessionale il compiacimento, quasi di rivalsa, per avere ritrovato, con l’avallo politico, un posto, non di contrapposizione nello Stato ed il tentativo di superamento dell’isolamento decretato dalle “stesse competizioni politiche che conoscono l’esosa intolleranza di un tempo”. (L’Osserv. Rom. 21.X.1922)

L’occasione si offerse appunto il XX Settembre 1922 perché “davanti alla breccia di Porta Pia, dove per anni invariabilmente furono dette autorevolmente le stesse parole di odio, il primo magistrato di Roma colse l’occasione per pronunziare nobilissime in ossequio al Capo della cristianità.” (Civitas in un articolo “Per la Storia”; L’Osservatore Rom. 9.10.1922)

Il mutamento dei tempi poteva sembrare provvidenziale, tenuto conto del decadimento generale del Paese avvertito dalla stessa Massoneria, la quale in un primo momento, sembrò assumere un atteggiamento di vigile attesa nei confronti del nuovo corso nazionale instaurato dal fascismo dopo la marcia su Roma.

Mussolini, del resto ben sapeva che la Chiesa poteva contribuire al superamento delle difficoltà politiche

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“considerando la religione un mezzo di governo…, una forza civile…un potente alleato” (Sidney Sonnino - tratto da: “Amicizia Massonica - carteggio Carducci - Lemmi”, pag.18) e che la presenza di41 una forza contraria nel Paese non poteva essere tollerata, tenuto conto che non era accettabile dalla Massoneria, per i suoi principi, una posizione aventiniana. 42

Mussolini il 22.7.1923, da Palazzo Venezia arringava gli intervenuti: “La Massoneria Giustinianea ha dichiarato guerra al regime fascista. Ebbene io penso che sia massimo il titolo di orgoglio per il fascismo italiano l’avere schierato innanzi a sé falangi di nemici”. (tratto da: “Umberto Cipollone”, pag. 59)

41 Domizio Torrigiani, Gran Maestro della Massoneria di Palazzo Giustiniani: “... sì io mi professo, come tutti i Massoni, fedele alla libertà. Io sono tra coloro che hanno sperato e sperano che l’on. Mussolini concepirà sempre il rinnovamento nazionale sulle linee che sono segnate dalla storia della Rivoluzione italiana”. (tratto da: Umberto Cipollone pag.55. Rivista massonica - gennaio 1923) 42 “Una nota allegra nelle celebrazioni settembrine; la pubblica Il Piccolo: “Lo spettacolo che ieri sera ci offrì l’elegante ritrovo fu davvero stupendo! Un largo stuolo di signore straniere in ricchi decoltèe accompagnati da vari signori in frak si mischiavano simpaticamente alle sobrie divise nere dei fascisti e alle azzurre dei nazionalisti! E gli inni patriottici furono accompagnati a gran voce da tutti e fra brindisi più sinceri, si fraternizzò bene augurando alla patria nostra. Il premio della regina di bellezza, consistente in una ricca toiletta di Paquin fu aggiudicato alla duchessa di Longehamps, giovane e deliziosa figura della più fine aristocrazia di Limoge. Le danze, magistralmente dirette dagli insuperabili Serge e Andrèe si protrassero gaie e gioiose lasciando in tutti il desiderio di un prossimo festival”. (L’Osservatore Romano, 23.9.1922)

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Le persecuzioni fasciste del 1923-1924 contro i massoni e le loro sedi, tacitarono una voce che, qualunque sia il giudizio sulla posività dell’azione anticlericale propugnata dall’Ordine nei periodi precedenti, era pur stata promotrice e promulgatrice di tematiche innovative, riuscendo a trascinare una parte della opinione pubblica attenta ad una diversa visione della società.

La festa del XX Settembre si trasformò, per qualche anno, in una solennità formale nella quale si deponevano corone ai caduti e si attribuivano premi ed onorificenze varie.

La vecchia celebrazione massonica e laica, contornata dalle diverse manifestazioni (congressi, inaugurazioni ecc.) rimase un ricordo che fu consegnato alla storia.

L’Osservatore Romano del 30.9.1923, in un articolo Ordiniamo le idee constatò “puramente, semplicemente, chiaramente, che la commemorazione ventisettembrina, mancò quest’anno del suo carattere anticlericale e antireligioso”.

Con decreto legge 15 gennaio 1924 il Governo fascista “con vivo applauso universale “determinò i nuovi giorni festivi spezzando la precedente mentalità massonica ed accogliendo i giustificati voti della grande maggioranza del popolo italiano”.

L’impossibilità dell’Ordine dei Liberi Muratori, nel nuovo regime, di esplicare la propria attività di diffusione del

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pensiero di libertà, di fratellanza, di uguaglianza, si evince dalla difficoltà di fare pervenire ai vari centri d’Italia un manifesto del Gran Maestro Domizio Torrigiani in cui lo stesso proclama, nonostante tutto, l’attualità dell’azione della Massoneria ed il diritto alla libertà:

“Il manifesto commemorativo della grande data, che noi riproduciamo come facemmo in tutti i decorsi anni, nella rivista Massonica, fu affisso nei principali centri d’Italia (esclusa Firenze dove l’affissione fu resa impossibile) e riprodotto dai giornali non avversari della Massoneria e letto con vivo compiacimento da Fratelli e profani: XX SETTEMBRE MCMXXV ITALIANI!

Nel giorno sacro che vide raggiunta la meta in alta segnata dai profeti e dagli artefici della nuova Italia, i Liberi Muratori italiani, stretti intorno alle loro bandiere gloriose, riaffermano religiosamente la loro fede nei grandi destini della Patria, non separabili da quelli dell’Idea che desta la Nazione dal suo sonno secolare.

Riaffermano l’attualità e la perennità della loro credenza e della loro missione, e proclamano ancora libertà, fratellanza,

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eguaglianza, aspirazioni eterne del cuore umano e rari splendenti sulle vie della civiltà italiana.

Questa luce non potrà essere spenta. ITALIANI! Avversità d’uomini e di tempi non avrà a spengerla.

Ond’è che i Liberi Muratori italiani, ravvivati dalla fede antica e dalla certezza dell’immancabile avvenire, dicono nel giorno fausto la parola dell’ammonimento e la parola della speranza.

Il Grande Maestro Domizio Torrigiani”

Cala il silenzio della stampa confessionale sulla

ricorrenza del XX Settembre ed incomincia la denigrazione dell’avvenimento.

L’Osservatore Romano in un articolo: “Suggestioni” del XX Settembre 1928: “Ci fermammo, ci pare giusto, ai…tempi storici; e cioè a quel 1923 che segnava il primo anno della data ventisettembrina del nuovo regime. Prima era inutile risalire”.

Viene issata la bandiera per la celebrazione di un altro avvenimento: la firma dei Patti Lateranensi da parte del Governo fascista, apposta l’11 Febbraio 1929, consacrata dalla legge 27.12.1930 n. 1727.

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L’anniversario dei Patti Lateranensi “è stato solennizzato stamani, mercoledì 11 Febbraio, nella sede della Regia Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, con una devota cerimonia religiosa nella Cappella dell’Ambasciata stessa”. (L’Osservatore Romano, 12.2.1931)

La seconda guerra mondiale contribuì a tenere ancora abbassato il sipario su Porta Pia, simbolo della laicità.

La celebrazione del XX Settembre, con la promulgazione della costituzione repubblicana (27 dicembre 1947), non assume più il connotato dell’antica belligeranza laica, non riscontra il pathos dei pionieri della nuova Italia, ma appare una espressione molto burocratica, formale delle Istituzioni impegnate ad abolire, a loro volta, la contesa senza fine tra la Chiesa e lo Stato.

Il rapporto tra la Chiesa e Lo Stato ha una valenza prettamente politica, con sfumature filo ecclesiali dettate dalla nuova e diversa composizione del Parlamento in cui la presenza dell’ala cattolica è determinante.

La Massoneria, riorganizzata, non più perseguitata, attua una diversa strategia tendente alla difesa delle conquiste laiche già acquisite attraverso non facili lotte.

In un discorso del 1949 al Teatro Adriano, in Roma, il Gran Maestro Lenzi chiede una vigilanza: “contro coloro che si

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apprestano ad altre rivincite” e “a difendere la laicità dello Stato e la libertà di pensiero e della coscienza” nei confronti della stessa Chiesa cattolica accusata, di volta in volta, di interferenza nell’agone politico su tematiche che la nuova società, post bellica, in cerca di un equilibrio etico-sociale, intende discutere ed anche fare proprie in una equidistanza con il potere spirituale.

“Se la data del XX Settembre, dice Lenzi, non è più degna di ricordo di un desueto mondo ufficiale, essa resterà non pertanto scolpita nella mente e nel cuore di tutti gli italiani liberi che oggi ne rivendicano la gloria e l’insegnamento”.

Ora altri si preoccupano perché il XX Settembre serva a ricordare semplicemente eventi storici e ammoniscono perché ogni celebrazione laica della presa di Porta Pia potrebbe portare “ad una involuzione reazionaria”. (L’Osserv. Romano, 22.9.1956)

Lo stesso Gustavo Raffi, Gran Maestro della Massoneria di Palazzo Giustiniani, nel manifesto del XX Settembre 2001, con felice apertura e superamento di atteggiamenti non chiari derivanti dalla presunta segretezza massonica, dà un taglio netto all’impostazione anticlericale della festa settembrina: “Anzitutto la Massoneria non ha molto a che vedere con il cliché logoro dell’anticlericalismo di maniera, fondato sulla

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contrapposizione esagerata tra i laici e cattolici. La cultura laica non ha di per sé un contenuto anticristiano né un contenuto irreligioso”. Vi è, nel manifesto, un richiamo forte dello stesso Raffi, che poi diverrà un punto fermo del suo programma: “Detto ciò, e riaffermato il definitivo superamento di uno steccato che talvolta si tenta ancora di levare per schiacciarci sul luogo comune, teniamo però a ribadire che non si può neppure, in nome di una pretesa ideologia occidentale, fondata su una lettura radicale della tradizione giudaico cristiana, venir meno alle basi della laicità che sono il pluralismo, l’uso sistematico della ragione, il rispetto delle opinioni altrui in ogni campo, la centralità dell’essere umano in sé, a prescindere da qualsiasi aggettivo qualificativo”.

Tuttora, di fronte a talune posizioni e scelte non propriamente o nitidamente laiche dello Stato che investono il modo di vivere e di concepire il nuovo corso dell’umanità, in un’epoca di capovolgimenti del costume e dell’acquisizione razionale del diritto a maggior tutela in una società pluralistica, alcuni nostalgici laici e massoni, vorrebbero attraversare, la breccia di Porta Pia ed issare, sul pennone più alto, ancora la bandiera della libertà.