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32 33 High Noon, 2006–2007 Installation, painted stainless steel, site-specific, photo David Schienman

Zadok Ben David, BLACKFIELD

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Sculpture installation of Zadok Ben David, Art critic Victor De Circasia look into the work to establish a relationship with nature as the source of inspiration for Zadok's work

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High Noon, 2006–2007Installation, painted stainless steel, site-specific, photo David Schienman

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Victor De Circasia

Dall’illusione nella Letteratura all’epoca dell’esplorazione della natura o dai Fratelli Grimm alle fantasie di Lewis Carroll e il Giardino dell’Utopia“Per un pelo!” disse Alice, spaventata un bel pò dall’improvviso cambiamento, ma

anche felicissima di esserci ancora. “E adesso, giardino, a noi due!” E a tutta velocità ritornò alla piccola porta; ma, ahimè, la piccola porta era sempre chiusa e la piccola chiave d’oro giaceva ancora sul tavolo di vetro “e è peggio che andar di notte”, pensò la povera bambina, “perché non sono mai stata tanto piccolina, mai! E devo dire che questa volta l’ho fatta grossa, troppo!”.

(Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carroll, traduzione di Aldo Busi)Ben David ha trasformato lo spazio di Verso Artecontemporanea in

un’installazione site-specific che trascina gli spettatori in un ordinato/caotico e illusionistico mondo di cultura botanica, caratterizzato da immagini di piante e alberi conosciuti, riprodotti facendo riferimento a immagini storiche, con un’incredibile accuratezza per mezzo dell’incisione, della pittura e del disegno su acciaio inox.

Incantesimo di un mago, Blackfield è l’incontro tra la favola della natura e l’illusione di un giardino che cresce contestualmente alla galleria1. É un viaggio con l’artista; un’installazione ricca di significati che offre un ponte di collegamento tra il piacere estetico, la natura e l’evoluzione. Troviamo un artista in grado di concretizzare i propri sogni in un’installazione d’arte; tutto ciò è magnifico, eccitante e suggestivo.

La distesa di illustrazioni botaniche prende vita nello spazio della galleria. L’esposizione trae vantaggio dallo spazio stesso e immerge il visitatore in una singola immagine panoramica di grande scala che avvolge l’intera estensione di Verso.

Nella ricerca di Ben David al primo posto c’è l’idea di una botanica coltivata in casa. Poi c’è il progetto dell’immagine da raffigurare: una superficie espositiva completamente nuova. L’opera è la promessa di una città utopica. Ben David non si accontenta più di regalarci soltanto piante; sta collaborando con musei, gallerie, biblioteche e altre istituzioni per creare un paradiso architettonico; accedere alla città della conoscenza. I suoi alberi potrebbero forse dispiegare una nuova foresta; l’installazione ne è il principio. Il suo è lo spirito del grande esploratore con un approccio scientifico alla riscoperta della tradizione dell’illustrazione botanica in un futuro prossimo.

Ci offre un’occasione unica, per creare una foresta ideale, lavorando sul concetto di trasferimento di una situazione reale all’interno del magico mondo della fantasia. Più che installare semplicemente una scultura, gioca con la dicotomia di presenza e

non-esistenza trasformandola in qualcosa di imprevedibile. Oggi, continua a costruire tale foresta, questo enciclopedico mondo botanico,

integrando ogni centimetro quadrato con nuovo fogliame, fiori e alberi che corrono lungo percorsi e si ramificano attraverso ogni muro e ogni impianto, quasi a invadere il nostro mondo con la natura: un’immagine magica. Sono isole sotto forma di giardini chiusi, rappresentazioni della natura: luoghi selvaggi e fantasie che abbiamo sempre sognato di visitare.

L’introduzione nella letteratura scientifica di una grande quantità di illustrazioni botaniche ci aiuta a capire il lavoro di Ben David. Sono esistiti moltissimi disegnatori famosi che hanno contribuito alla ricchezza visiva della conoscenza sulle piante e la natura in generale. Uno dei più noti è Pierre Joseph Redouté (1975–1840). All’illustratore belga è attribuito lo sviluppo della tecnica dell’incisione a retino dipinta a mano, che da allora è stata diffusamente impiegata nell’illustrazione botanica. La restituzione di soggetti botanici ha radici antiche riconducibili ai disegni di piante sulle tombe egizie, sui vasi greci e nei mosaici romani. In epoca medievale apparvero raccolte di disegni di piante chiamati erbari. Queste collezioni di xilografie erano utilizzate per catalogare le piante medicinali. Le piante vive erano impiegate solo raramente come soggetto, infatti molte delle xilografie furono ridisegnate basandosi su lavori precedenti. All’occhio moderno i disegni appaiono affettati e i dettagli sono spesso approssimativi, tuttavia alcuni di essi sono piuttosto graziosi.

Sicuramente il lavoro di Ben David sfida lo spettatore a giocare con la visione, distanziandosi quindi nettamente dalla posizione esistenzialista a favore di un mondo magico, qualcosa di solenne, che stimola la facoltà inventiva nel costante tentativo di interpretare un sistema, per attribuire un significato a ciò che altrimenti sarebbe insensatoi2.

L’installazione di Ben David è un incontro con un sogno, un’illusione, la soggettività della natura e al contempo la realizzazione di una metafora. Con quest’opera l’artista ci offre una strategia induttiva sull’epistemologia astratta in modo da conferire stabilità e continuità alla pratica di esplorazione della storia naturale contemporanea. Le vallate, le foreste, le aree vuote e di campagna, sono state trasformate in parchi e nel nostro secolo sono conosciute come centri di ricreazione.

Il lavoro, per forma e colore, è un richiamo visivo istantaneo a un fragile Eden. Zadok Ben David lo definisce un’opportunità, basata non solamente sull’installazione delle piante ma sulla sua evoluzione in una sorta di infrastruttura digitale collegata a una diretta percezione visiva. Abbozza una visione naturalistica, una distesa di spazio. Come l’artista en plein air vede l’evolversi della propria installazione e la sua reazione a luoghi e situazioni differenti.

L’impressione radicata della natura Il metodo proposto da Zadok Ben David nell’instaurare definizioni “naturali” non

è deduttivo ma induttivo, una procedura dal basso-all’alto di confronto tra specie realmente esistenti, scelte a caso, per darci un’impressione generale di natura. L’attuale dibattito su piante più robuste e raccolti geneticamente più forti contrasta con il lavoro di Zadok Ben David che con questa installazione incarna un eccellente eco-sistema osservabile da distanza ravvicinata, senza pericolo di scorgere modificazioni genetiche nella vegetazione.

La natura, nel mondo reale, è per noi fonte di gioia ma è opposta all’illusione ordinata che ha luogo in Blackfield. Con questo lavoro Ben David non intende fare commenti sui cambiamenti climatici o su questioni legate all’ambiente. Quando guardiamo questa vasta installazione ci accorgiamo della mancanza di allestimenti

BlackfieldVictor De Circasia

1 cfr. pp. 8–9 2 cfr. pp. 9–10

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L’età futura: la trasformazione della realtàI disegni preparatori di Zadok Ben David per il suo attuale lavoro sono ispirati

da un’idea dell’infanzia, l’atto di liberare energia e il desiderio di entrare in un spazi nascosti: il sogno.

Fu Antonio Gramsci a esprimere la convinzione che “…le nozioni scientifiche entrassero in lotta con la concezione magica del mondo e della natura che il bambino assorbe dall’ambiente impregnato di folclore”.

Quando le sue prime sculture apparvero in pubblico, la critica le paragonò a quelle di altri artisti dello stesso periodo in un certo senso affini e simili, tuttavia è importante notare che Ben David realizza i propri lavori indipendentemente da costrizioni di tipo economico utilizzando solo gli elementi necessari liberamente disponibili. La prima volta che arrivò a Londra, Ben David creava sculture con gli strani oggetti gettati via vicino al suo studio in South London: legno, tavole, fogliame, ecc. Stava disegnando per il suo lavoro e notò la perfezione di quegli elementi che avrebbero ispirato la forma delle sue sculture sia giovanili che più tarde.

Da allora questo nuovo progetto si è intrecciato con l’ambiente urbano, si è sviluppato nelle gallerie della città, nel bel mezzo del contesto metropolitano, con uno stoicismo nato da una lunga esperienza di coinvolgimento con la natura. Dopo circa tre decadi di lavoro sul suo progetto, sa che una componente dell’opera di installazione è l’essere accessibile allo spettatore.

I nuovi lavori di Zadok Ben David hanno ottenuto riconoscimento internazionale e un notevole successo di critica. Recentemente un’installazione spettacolare in una galleria di Los Angeles è stata anche vista da migliaia di persone su Twitter; lo spettatore che interagisce in tempo reale e invita i propri amici ad assistere all’esposizione è una nuova scoperta. In modo analogo a Tel Aviv hanno visitato in massa la mostra.

Egli ha svelato un piano generale per il lavoro; ha dato il tocco finale per una concezione imponente delle scienze botaniche, un’intuizione di complessa interpretazione: l’architettura della natura. Ha creato un corpus di lavori tra i più lirici e suggestivi di qualsiasi altro scultore contemporaneo oggi.

Sembriamo conviti che la struttura e il significato della scultura debbano essere impliciti e che possiamo ignorare il pensiero che c’è alla loro base. Troviamo significati simbolici ed espressivi non appena le idee e i concetti-immaginari vengono tramutati in oggetti. Invero nella presente installazione l’artista intensifica il sentimento di gioia per la natura e i suoi elementi simbolici. Zadok Ben David riesce a liberare le forze della creazione e, allo stesso tempo, allenta la nostra sistematica consapevolezza del concetto di mondo reale consentendoci di godere di un mondo fantastico. Egli non crea un lavoro limitato e la quantità di pezzi in mostra, accuratamente disposti insieme, lo dimostra. I suoi progetti installativi sono sorprendentemente funzionali e al passo con la scienza della rappresentazione cognitiva. Il lavoro fa sorgere la speranza che grazie a progetti come questo possiamo trarre ispirazione nella lotta per la prevenzione di un vergognoso declino della natura.

La struttura dell’installazione è lo stralcio di una conversazione sulle epoche evolutive; la fragilità di Madre Natura e la scomparsa dell’ecosistema; idee attuali e contemporanee sul nostro coinvolgimento e rispetto per l’ecosistema globale. Goethe sostiene “Natura! Ne siamo circondati e avvolti: incapaci di uscirne, incapaci di penetrare più addentro in lei. Non richiesta, e senza preavviso, essa ci afferra nel vortice della sua danza e ci trascina seco, finché, stanchi, non ci sciogliamo dalle sue braccia. Crea forme eternamente nuove; ciò che esiste non è mai stato; ciò che fu non ritorna – tutto è nuovo, eppur sempre antico”.

L’installazione di Zadok Ben David colloca la natura in un paesaggio da sogno, in perfetto equilibrio e in contrasto con la realtà delle raccapriccianti strisce urbane, dove la natura è rimpiazzata da cemento e grattacieli, restituendoci il ritratto di una

urbani per acqua, elettricità, traffico e così via; elementi che vanno di pari passo con il fallimento del mondo nel rispondere alla congestione delle risorse naturali.

Esistono molteplici interconnessioni che si possono rintracciare tra i diversi problemi che sorgono contestualmente ai vasti soggetti rappresentati da Ben David. Le piante sono rappresentative e poli-tipiche; le entità base che ci aspettiamo formino il mondo botanico, la questione della generazione, gli aspetti scientifici, le scoperte, le leggi, il metodo scientifico, la classificazione naturale e il suo stato.

Tuttavia l’insieme sui generis degli elementi rappresentati non conduce a una dettagliata analisi scientifica del paradiso terrestre proposto. Il revival contemporaneo del verde è la definizione generale, applicabile al suo lavoro, per proporre un veloce riferimento alla bellezza delle piante e dei fiori. Nelle storia delle installazioni temporanee legate alla natura ci sono pochi esempi in musei e gallerie. Il lavoro di Ben David va oltre la scultura e ha un impatto immediato, come evento artistico, nell’ambito di un progetto magico sulla rappresentazione della natura.

La realtà del sognoL’installazione del suo lavoro avviene in un contesto tra sogno e realtà, si tratta di

una ricerca sulla creatività eufemistica. Ben David si muove in un sistema ambiguo dove il progetto è concepito come spedizione botanico-naturalistica e l’obiettivo è tramutare il viaggio di esplorazione nella messa in mostra di un celebre plantarium ridisegnato senza prescindere dalla metafora delle nuove scoperte in Blackfield.

La sorgente delle sue idee è la natura che ispira i suo schizzi di figure, paesaggi, creature e uccelli. A volte utilizza qualche piacevole avventura del mondo botanico che coinvolge la fantasia. C’è un non so che di essenziale nella costruzione delle sue idee estetiche e nell’insistere nella rappresentazione del corpo umano. La nostra mano è la perfetta esplicitazione dell’architettura della natura, c’è un codice simbolico di concetto e ingegneria che egli cerca di risolvere costruendo una finzione e la raffigurazione di un giardino ideale nel mondo naturale.

Illustrazione come arte e scienza – Scultura come magica illusione Il mio primo incontro con l’arte di Ben David avvenne qualche anno fa alla Biennale

di Venezia. Come per Blackfield si restava subito colpiti dalla suggestione biomorfica. Ci sono sempre illusioni simboliche e magiche nei suoi lavori; la sua immaginazione sembra non avere limiti. Ha realizzato colonne che sembrano alberi di palma, pesci che volano nell’aria e alberi che si trasformano in altre figure. Insita nel lavoro di Ben David è l’infrastruttura che rivela la sua incredibile penetrazione all’interno dei processi naturali. Egli provoca grandi dibattiti all’interno del proprio lavoro e alcune volte, consapevolmente, mostra un elemento stravagante ed eccessivamente espressivo, ma sempre come risultato di un pensiero profondo. La natura e l’evoluzione sono portate alla loro forma più elegante utilizzando solo il materiale strettamente necessario. In ogni lavoro impartisce una lezione di colore e forma per mantenere viva l’idea di un mondo magico.

Il punto di partenza è la reazione e la costruzione attiva di uno scenario simile a una foresta. Lavora sotto l’imperativo artistico di trasformare il mondo botanico e la sua evoluzione; il miglior esempio di natura preso come ispirazione per il miglior disegno.

La comprensione magica delle leggi di Madre Natura da parte di Zadok Ben David, gli ha consentito di costruire sculture radicalmente innovative, alcune delle quali sembrano confrontarsi con la natura stessa. Il suo lavoro più famoso è un progetto intitolato Evolution and Theory, incentrato sul tema di una ricerca ragionata sugli elementi che hanno contribuito all’evoluzione di uomo e scienza, una sorta di enciclopedia, una sintesi del nuovo mondo di scoperte. Il lavoro di Ben David vola su un sentiero di stelle per il cielo, verso un mondo di illusioni, sogni e fantasie, senza cadere vittima di nessuna etichettatura nella sua ricerca di rappresentazione estetica.

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coinvolto in asserzioni e documenti programmatici sul contesto. Forse è il caso di occuparci dell’altro aspetto dell’idea di significato e

rappresentazione della natura che Theodor L.W. Adorno e Max Horkheimer spiegano con il concetto di natura disincantata nel loro saggio La dialettica dell’illuminismo, in cui suggeriscono un processo storico a causa del quale, siamo giunti a considerare le cose della natura insignificanti e totalmente comprensibili, per il ripetersi e l’affluire delle informazioni. Tuttavia Adorno e Horkheimer credono che la modernità non sia solo basata sul disincanto ma tenda anche a ri-incantare la natura, in quanto ci incoraggia a pensare che le sue stesse istituzioni derivino e siano anticipate e prefigurate dalla natura e dalle opere d’arte, che generano una forma alternativa d’incanto critico nei confronti della modernità e della sua dominazione sulla natura. Questa forma di ri-incanto trova gli esseri naturali misteriosamente significativi poiché incarnano storie di incommensurabile sofferenza. Questa condizione considera colpevole e negativa la dominazione dell’uomo sulla natura5.

Ripensiamo alle scene del peggior disastro nucleare nella storia mondiale – Aprile 1986, centrale nucleare di Chernobyl, Ucraina –, ci aspettavamo sarebbe diventata una nuda landa desolata per lunghi anni a venire invece, sembra che gli alberi, i cespugli e le piante rampicanti abbiano sconfitto le strade e i dintorni abbandonati. Se le piante sopravvivono lì, nonostante la cronica esposizione alle radiazioni, si capisce perché Ben David abbia ottimisticamente ideato una piantagione e una mostra botanica ambientata all’interno di una galleria. Ecco un esempio della convinzione che la realtà sia custode della fantasia.

I cumuli di nubi di materiale radioattivo nella campagna nei dintorni di Chernobyl, ancora oggi mostrano segni di attività radioattiva. Si riscontrano deformità nella fauna selvatica locale e ci sono piante ufficialmente vietate, ciò nonostante, a dispetto della devastazione, la flora del luogo prospera rigogliosa. Sembra quasi che le piante si auto-proteggano dalle radiazioni di basso-livello di Chernobyl, ma nessuno sa quale proteina si sia modificata per la sopravvivenza, o se si sia trasferita ai frutti delle piante. Forse se Adorno avesse conosciuto questi elementi e, li avesse presi in considerazione, avrebbe potuto riconsiderare la propria teoria alla luce di un esempio radicale di realtà che può farci sperare nel futuro.

Siamo nell’era della tecnologia e della scienza informatica in cui i giovani possono vedere la natura in programmi televisivi o con la tecnologia 3D, ma la natura in sé è più piacevole. L’abilità artigianale nella rappresentazione ci aiuta a chiarire come confrontare le emozioni e come una piccola pianta fiorita possa essere un modello per un apprezzamento del selvatico. Abbiamo sia accresciuto che soppresso la nostra capacità di reagire e socializzare con il selvaggio, accelerando la perdita di contatto con la natura.

Lo spettacolo delle foglie che cambiano colore e cadono al suolo ha, per lungo tempo, ispirato i poeti ed estasiato i bambini. Il meccanismo sotteso alla nostra relazione con la natura è ancora molto vicino alla nostra natura animale e alla nostra struttura. L’esperienza pionieristica delle scoperte scientifiche e i viaggi di esplorazione dell’ignoto sono simili alla ricerca di Einstein e al principio descritto nella teoria della relatività quando affermava che la gravità sottomette spazio e tempo. Ben David sta piantando 188 mila alberi in uno spazio ristretto come una casa. È ovvio che si tratti di un concetto che ha più a che fare con l’illusione che con la realtà, come nel caso di illusione e realtà magica nel lavoro di Ben David.

Egli dispone sculture miniaturizzate in una galleria; dipinge alberi di differenti colori; mette ogni cosa in ordine ed esibisce una moltitudine di piante. Ama le piante come noi, ma anche noi vediamo che è arte. Quest’idea di rappresentazione della natura e, il controllo visivo di Ben David sul meccanismo

natura in decadenza. Si capisce come l’artista possa essere sia utile che espressivo in un’opera d’arte. È magnifico per l’artista costruire e portare a compimento la spiegazione di un problema attraverso la rappresentazione del sogno di una Terra Promessa.

La mostra di Zadok Ben David ci da la grande opportunità di riflettere e imparare dal superbo lavoro della natura. Egli mette in luce e ci guida a sviluppare il sogno come atto di crescita e, a imparare da ciò che ci circonda, incluso il tema dell’espansione della città. È un fervente sostenitore del potere del sogno di determinare un luogo, contando sull’esempio della natura. La sua passione per tutto ciò che è spirituale, ancestrale, primitivo, e per il mito del buon selvaggio, si riflette totalmente nell’idea avventurosa di coltivare un plantarium mondiale. Vedere l’esperienza della natura come un paradiso è probabilmente lo straordinario esaudimento del suo sogno artistico. Inoltre è una mano aperta alla creazione di un simbolo in cui la natura sia percepita come immagine (della pianta) reincarnata nel lavoro di installazione.

Il fondamento logico impellente per questa scultura è l’avventura di costruire illusioni e utopie che ci permettono di svanire nella contemplazione, di sciogliere i vincoli di spazio del mondo reale, senza disgiungere la spiegazione dell’artista e l’esperienza magica del vedere. Questa installazione-scultura è un tour de force, è bella, pacifica, ordinata, e noi ne godiamo pensando alle forze del bene e del male.

Zadok Ben David affronta la sfida di costruire il proprio sogno, non solo raffigurandolo semplicemente come una piattaforma che funga da scultura, ma anche trasformando il suo contenuto e connettendolo al mondo reale e all’idea di scultura contemporanea. I cambiamenti climatici sono forse stati tra le ragioni del progetto dell’artista contemporaneo. Ben David considera questa strada ma non si fossilizza su un singolo punto di vista. Come capita spesso agli artisti, anche lui è stato tormentato dai problemi nella sua rappresentazione fondamentale ma, è responsabilità dell’artista in molti casi, rendere chiara la stretta sorveglianza dell’illusione e lo spazio che prende il corso dell’installazione. È abbastanza facile in termini strutturali, creare un lavoro d’installazione spettacolare attingendo dalle figure personificate delle sue visioni intime, custodite con più passione, tutt’altra cosa è, invece, creare un mondo magico dove lo spettatore possa riconoscere queste visioni.

Zadok Ben David è motivato a disegnare uno spazio, o a erigere la sua installazione, dal desiderio di costruire un ponte con il passato, con le esplorazioni, con la natura, con teoria ed evoluzione (Theory and Evolution, il suo lavoro precedente) e darci un modello di rappresentazione di una delle arti maggiori, piuttosto che creare un semplice modellino della natura. Egli opta per svariati punti di partenza e ci mostra come sa trasformare una foresta e delle piante in qualcosa di armonioso, per rappresentare e catturare i cuori e i sogni degli spettatori. Il suo lavoro parla della potenzialità di ricostituire e portare una fruttuosa prospettiva artistica nella natura. Egli impiega i suoi precedenti lavori di ricerca scultorea, come una catalisi senza distruggere né sminuire le risorse estetiche, senza prezzo, che utilizza per la sua attuale ispirazione artistica3.

Un’analisi filosofica della natura e della rappresentazione nel lavoro di Zadok Ben David (Hegel, Spinoza4, Adorno, il concetto di spazio, una spiegazione su natura e illusione)Come con molti dei progetti pubblici Zadok Ben David ha una mente davvero

irrequieta e ama esplorare il luogo, costruendo sogni e utopie, piuttosto che essere

3 cfr. p. 13 4 cfr. p. 16 5 cfr. pp. 16–17

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Blackfield, 2007–09, detail – colourPainted stainless steel and sand, site-specificInstallation in the studio, London, photo Rana Begum

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poiché gli interessano le combinazioni omologhe. In questo lavoro troviamo solo un estratto delle piante che ci aspetteremmo di

vedere in un erbario classico o in una collezione botanica. La sequenza del lavoro trasmette un insolito senso di ordine, la struttura combatte il caos e, l’esibizione non è solo il semplice contenitore di una successione per creare un evento. È un esercizio di più alto livello che mostra la possibilità di promuovere un simbolo utopico di natura utilizzando i suoi elementi iconici.

I cambiamenti nel lavoro d’installazione, in viaggio da un posto all’altro, da una città alla successiva, sono un valore aggiunto all’idea di favorire la ricombinazione, e assistono l’artista nel compiere le variazioni. In questo caso in particolare, le piante giocano un ruolo centrale nel lavoro d’installazione dandoci l’opportunità di affermare la compresenza di molteplici punti di vista6.

Realismo magico o utopia nel lavoro di Zadok Ben DavidNel cercare teorie ermeneutiche sulle specifiche interpretazioni ambientali

presentate in questa installazione, possiamo supporre che molte delle differenze in natura potrebbero essere risolte con un accordo di fondo tra forma e struttura. Il lavoro di installazione va oltre le istanze scientifiche e i progetti avanzati attraverso la decostruzione di archeologia, genealogia, fenomenologia e le varianti ermeneutiche di questi concetti. L’obiettivo del realismo magico è portarci a un nuova concezione del mondo in cui viviamo ogni giorno. L’artista può scegliere insoliti punti di vista, giustapposizioni misteriose, oppure oggetti comuni presentati in modo bizzarro. Comunque tutto quello che vediamo qui, è nel regno della possibilità. Potremmo discutere se il nostro mondo abbia o meno una qualche “oggettività di realtà-magica”, con le connotazioni che vogliamo scorgere, e utilizzare il lavoro di installazione e le sculture, al fine di non progettare in maniera arbitraria e costruire tanto, quanto possiamo comprendere7. Può emergere un tensione di base tra coloro che destrutturano e coloro che cercano di recuperare i significati originali. Chiaramente è cruciale capire questa differenza e scegliere come procedere rispetto a ciò che c’è in palio nella comprensione del lavoro di Ben David.

Nietzsche sostiene che la natura umana sia solo un eufemismo di apatia, condizionamento culturale, e ciò che siamo prima di fare qualcosa di noi stessi. Pochi esseri umani eccezionali sono i creatori, che dopo essersi assoggettati alle consuetudini, rompono con esse ed esplorano nuovi territori, dunque “elevandosi sopra la massa dei troppo umani”.

Il lavoro di Ben David ha in disistima l’atteggiamento di ignoranza per le questioni d’importanza globale. Intere zone della foresta pluviale tropicale sono rimaste disabitate, prosciugate e convertite in pascoli, come nel caso di una vasta area dell’Amazzonia in Brasile, il che ci porta a chiederci da che parte stiamo.

Con l’arrivo a Torino dell’esposizione Blackfield rievochiamo l’esistenza di un giardino botanico che già nel 1560 era quello del parco del “Valentino”8. In epoca rinascimentale l’interesse per il naturalismo risultò in un’enfasi nei disegni sulla vita e la natura, e gli artisti di quel periodo videro l’intimità del soggetto e una maggiore precisione. Esemplari le collezioni di erbari di Brunfels e Fuchs e, anche se non si tratta di artisti prevalentemente di botanica, Leonardo da Vinci (1452 – 1519) e Albrecht Dürer (1471 – 1528) realizzarono straordinari disegni di soggetto vegetale. Questo periodo vide anche una avanzamento nell’arte del giardino che si sviluppò, da appezzamento di vegetazione ed erbe, in elaborate collezioni a cielo aperto di piante e architettura armonizzate. Questi giardini fisici si diffusero in tutta Europa

estetico, equivalgono all’ammirazione per le piante nell’atto di sopravvivere. Lo scopo di Ben David, a parte aumentare la nostra capacità di comprensione della natura, è mettere in guardia lo spettatore dalla timidezza, dalla bellezza, dall’estetica della rappresentazione e dal concetto fuorviante di ordine, senza badare se siamo scienziati o comuni spettatori.

In Blackfield le piante sono alte 5 centimetri; un gigantesco sicomoro che dovrebbe misurare 35 metri di altezza, qui si trova accanto a un ranuncolo che in natura misura 25 centimetri. Una pianta non è una pianta ma di fronte a noi c’è, nondimeno, la sua rappresentazione. All’interno della specie le piante mostrano una sorprendente quantità di variazioni per forma, colore, struttura e addirittura comportamento nei confronti del mondo intorno a loro. Questa scoperta mette in luce una sorta di piacevole contraddizione nel modo in cui le diverse specie interagiscono nell’installazione.

Chiunque dovesse guardare l’installazione noterà la simbiosi e il modo in cui la struttura della disposizione faccia la differenza rispetto a un modello ideale di natura. È un esempio di un giardino fittizio che tiene conto e utilizza lo spazio della galleria.

Ben David diventa il naturalista mentre col suo lavoro ricerca nuovi mondi e tematiche, che evocano e vanno oltre le normali installazioni. Egli è interessato a manipolare la nozione di pianta, il suo uso e la sua capacità di attirare la nostra attenzione e molto altro ancora. L’installazione, Blackfield, ha senso in quanto esempio di splendore, disposizione e “ordine” nella natura.

Ben David non opera una classificazione delle piante, le predispone e le colloca nello spazio; a volte la stessa pianta è ripetuta cento volte cambiando solo il colore e l’altezza per 1 centimetro. Si può godere della natura anche se non si conoscono i nomi delle piante e degli alberi. Ben David persegue la serializzazione delle famiglie di piante senza fare, tra queste, particolari distinzioni, all’opposto di ciò che accade nel regno dove le piante in effetti controllano tra di loro la simbiosi, frutto di anni di ricerca. L’installazione è l’espressione di un giudizio generale sui principi di accumulazione, ripetizione, sequenzialità, e sulle loro interconnessioni, che aggiungono chiarezza alla rappresentazione della natura.

Una prima analisi dell’installazione rivela un’idea sorprendentemente complessa sulle piante primigenie in mostra, su come siano in relazione e differiscano una dall’altra. Le sculture evocano l’idea di fioritura e di instabilità cromatica oltre a reagire in rapporto allo spettatore e alle sue esperienze personali. Ad un più attento esame ci accorgiamo di alcune configurazioni evolute; l’ordinamento del mondo naturale. La relativa semplicità delle sculture in mostra, la mancanza di radici degli alberi, semi e fiori tipici della maggior parte delle piante da terra, ci aiutano a svelare come esse siano arrivate sul suolo: in modo simbolico attraverso la magia.

Cespugli, fiori e alberi devono difendersi dagli animali e dall’uomo. È una lotta continua per trovare abbastanza luce e nutrimento. Questi stress naturali non si vedono mai nelle composizioni di sculture di Ben David. Sono sostituiti da elementi simili, cambi sequenza, una sorta di simbolo iconico, e un glifo della natura in piccolo.

Come gli esseri umani, anche le piante si sono evolute dall’acqua e rappresentano all’incirca la stessa distanza evolutiva che c’è tra pesce e uomo. Ciò significa che dobbiamo capire il salto dall’acqua alla terra e la nostra vicinanza alla natura. Sembra verosimile pensare che i nostri antenati abbiano subito un raddoppiamento completo del genoma all’inizio della storia per scoprire indizi su come le piante abbiano compiuto il passaggio alla terra.

La prima sorpresa in questa installazione è l’abbondanza di piante e la moltiplicazione delle specie evolute quale sfondo supplementare, aggiungendo colore, per suggerire un mondo magico che è cresciuto indipendentemente dalla mano dell’artista. Ancor più sorprendentemente queste piante hanno tante ricombinazioni in natura quante nell’ambiente della galleria. Ben David ha memorizzato o rispecchiato gli accresciuti livelli di forma e di struttura in natura

6 cfr. p. 19 7 cfr. p. 198 cfr. p. 19

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Ben David è pura energia creativa. Credo che una delle sue qualità più nobili sia l’intelligente manipolazione dei diversi elementi e la sua abilità nell’afferrare i fattori profondi e, nel rapportarsi, così intimamente, ai nostri istinti animali di osservazione. La memoria “stratificata” è la natura umana fondamentale e, aggiungere ancora e ancora, altri strati è ciò che ha condotto la nostra specie alla sua natura presente. Ben David potrebbe argomentare che dobbiamo andare avanti ad aggiungere nuovi strati di valori estetici e raffigurazioni mentre consideriamo che le condizioni della nostra evoluzione storica sono quasi parallele a quelle delle piante, ma ricordando che sfortunatamente l’estinzione è parte di tale processo.

Il processo di modificazione fisiologica nell’uomo è avvenuto nel corso di decine di migliaia di generazioni e, alla fine, ha reso possibile lo sviluppo di organi vocali e nuovi schemi celebrali. Il linguaggio è diventato possibile. Questi e altri cambiamenti nella nostra fisiologia primitiva hanno modificato il modo in cui otteniamo il cibo, evitiamo i predatori, e ci organizziamo socialmente. Siamo in marcia su un nuovo binario evolutivo al quale Ben Zadok ha dedicato uno dei suoi lavori più noti, intitolato Theory and Evolution.

Blackfield è una esplicita dichiarazione sulla terra; dal vagabondare della mente dell’artista scaturisce questo elemento immaginario che crea un’utopia. C’è l’evidente ricerca di una formula magica in questa installazione incentrata sulla casualità e la rottura della natura. Blackfield è in parte dovuta all’incontro accidentale tra Ben David e la letteratura dell’età delle esplorazioni e, alle illustrazioni di flora e fauna che hanno acceso la sua curiosità. La forza creativa e pensosa dell’artista ha intrapreso quest’avventura di rappresentazione della natura con un lavoro scultoreo.

In questi tempi di incertezza è particolarmente importante che gli individui creativi siano capaci di articolare nuovi modi per introdurre la rappresentazione, avanzando nella creazione artistica. Il lavoro di Ben David appare tanto credibile quanto più egli è fermamente ancorato alla tradizione delle esplorazioni. Aggiunge in noi un nuovo livello di conoscenza; niente di meno che un nuovo strato di comprensione della bellezza e la rappresentazione etica della natura che ci dà il potere di una nuova forma mentis, o prospettiva globale, da poter innestare nella nostra rappresentazione occidentale, utilizzando la nostra memoria come uno strumento per afferrare il significato nel suo lavoro, la essentia.

La visione progressiva umanista del suo lavoro consiste nell’essere fantasioso e innocente nelle intenzioni. Il lavoro può essere visto per quello che è, il pilastro su cui si basa l’intera installazione: il passato, il presente e il futuro. In questo lavoro si cerca una nuova visione di un mondo della natura ordinato. Le foglie, gli alberi, le piante ti lasciano fiduciosamente ricercare le strade del significato nell’arte, essere più di uno spettatore, viaggiare all’interno di un nuovo concetto, e accogliere una presenza universale, guardare l’opera d’arte ma essere anche parte di essa. Allo stesso tempo in questo lavoro non si percepiscono prese di posizione ideologiche, né religiose, né filosofiche. L’umanesimo in Ben David risiede nella scoperta dell’idea di natura incontaminata. Può darsi che questo lavoro, rispetto molte delle precedenti sculture, abbia il singolare vantaggio di essere ottimista nei confronti del futuro, ottimismo basato sulla visione del passato come presente. Le sue sculture hanno acquisito, e modellato nel processo, nuovi attributi di rappresentazione. Osservando i lavori di Ben David si nota una vera competizione tra concetti in una violenta battaglia per stabilire quale di essi debba essere portato avanti.

Con questa installazione Ben David ci propone una visione della natura che può essere definita “un modello” o “un prototipo”, nel quale anima le figure e le traduce in una formidabile scultura/installazione. Egli ha consolidato il potere dell’espressione nel suo lavoro, a dispetto di numerosi imprevisti nel disporre e imitare la natura. La

e divennero parte dei possedimenti delle classi feudali aumentando il desiderio per vaste zone a parco nei loro castelli. Collezioni di piante esotiche e autoctone divennero un passatempo aristocratico. Comparvero magnifici erbari per celebrare e catalogare queste collezioni. La maggior parte erano incisioni e acquerelli come i lavori di Daniel Rabel (1578 – 1637), Nicholas Robert (1614 – 1685) e Claude Aubriet (1665 – 1742), tra gli altri9.

Comprendere l’evoluzione della natura e l’esplorazione della forza artistica della rappresentazioneLa conoscenza della natura è andata via via sviluppandosi lungo un percorso

di crescita irregolare fino a oggi, quando la tecnologia ha portato avanti rapidi cambiamenti e avanzamenti scientifici. La vita naturale è diventata sempre più studiata e complessa nella sua organizzazione sociale e, allo stesso tempo, il raggio d’azione della ricerca è aumentato. La ricerca botanica ci consente di progredire a nostro favore nella scienza e, gioca un ruolo importante, nell’applicazione dei principi delle piante medicinali.

L’industrializzazione determina la nascita di nuove classi sociali, che dimostrano un istintivo senso dell’altruismo e dell’avventura e, allarga la comunità dell’epoca dei Grand Tour, portando alla scoperta dell’esistenza di organismi primitivi del mondo vegetale, oggi diventati i pilastri di fondazione del movimento ecologista moderno.

La conoscenza umana contemporanea è il risultato di strati su strati di pensiero innovativo seguito dall’assimilazione, seguito dal consenso generale, seguito dall’introduzione di un nuovo pensiero innovativo sulla percezione della natura. Il processo di interpretazione della memoria – “la stratificazione” – del nostro mondo naturale implica molto di più della semplice capacità di vedere.

La stratificazione occorsa per il progresso umano, la memoria della natura, si colloca in una categoria particolare. Nel corso della storia dell’umanità, una società dopo l’altra ha eretto elaborati vincoli sociali per controllare e incanalare gli istinti che cercavano di governare la condotta comune e la memoria collettiva, ereditata dai nostri antichi progenitori. La maggior parte dei sistemi sociali hanno tentato di sopprimere col terrore la cultura e la storia della memoria, e la loro memoria sociale e collettiva, impegnati a sostenere lo stato o lo status quo. Un grande valore è attribuito a prevenire che questa memoria collettiva interagisca fino a quando non saranno tutti sottomessi in una società di schiavi, vale a dire, il complesso dell’autorità.

All’interno della psiche umana c’è una stretta relazione sotterranea tra la natura e il bisogno umano di appartenere a essa. Nutro il forte sospetto che la tensione generale tra il nostro interesse culturale e le costrizioni imposte contro un libero governo della natura costituisca oggi una delle cause di forza maggiore, come un amore sempre più complesso e sofisticato e, la solidarietà per la natura.

Passato, presente e futuro dell’interpretazione della naturaIl lavoro di Ben David ha origine dall’impulso creativo di esplorazione.

La creazione di forme di vita illusorie esprime la sua interpretazione della natura e, conseguentemente, influenza la nostra percezione. L’uomo con le sue straordinarie capacità mentali ha la possibilità, preclusa agli altri animali, di vedere la differenza tra realtà e rappresentazione. In aggiunta all’atto di apprendere consapevolmente, sia attraverso strati complessivi del sapere scientifico, sia attraverso l’esperienza che influenza costantemente i nostri insegnamenti, scritti, invenzioni, esplorazioni e collezioni. Ben David ci offre il suo atto personale e artistico di significato e comprensione che concorre ad aumentare la nostra percezione del mondo reale10.

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a tema, non costituiscono la base per un’esegesi e sono lontane dal trasmettere informazioni o conoscenze rigorosamente scientifiche. I suoi pittogrammi enigmatici formano un’armatura per esercitare sistemi cognitivi eclettici e distinti di verità propositiva, svelando il significato della natura.

Siamo testimoni di poetiche intuitive; una struttura delicata che prevale sull’“espressione gestuale” della scultura o la comunicazione di un particolare significato. Per il contenuto c’è più del senso pittorico, c’è un esercizio sulla risoluzione formale di un tutt’uno unificato esteticamente, piuttosto, che sulla decodificazione di riferimenti ai sistemi individuali di piante all’interno. Una filosofia estetica fondamentale non può riconciliare opposizioni dualistiche, in quanto, queste sono elementi d’introduzione sincretica e di speculazioni cosmologiche e scientifiche. Ciò nonostante la coesione emerge dalle sculture di Blackfield, è questa la verità o la famosa aletheia12 che conferisce importanza al lavoro.

Goethe sottolinea come il maggior pericolo nella transizione da vedere a interpretare sia, probabilmente, la tendenza della mente d’imporre strutture intellettuali non realmente presenti nella cosa stessa: “Com’è difficile ... trattenersi dal rimpiazzare la cosa con il suo segno, mantenere l’oggetto vivo di fronte a noi piuttosto che ucciderlo con il mondo”13.

L’immaginario è classificato dentro un campo di completa interdipendenza, figure ripetute sono fatte scaturire da piante delicatamente flessuose trovate altrove, che possono a volte includere il calcolo e la decifrazione di modelli di natura più adatti alla visione.

Si reagisce ai disegni cromatici caricati otticamente, o alla presenza fisica della rappresentazione della natura, dove il fulcro è anche il diagramma e, la struttura di un lavoro che trasmette, contemporaneamente, il proprio sincretismo e la propria bellezza estetica. Possiamo inoltre affermare che lo spettatore vada di rado oltre l’apprezzamento delle aspirazioni del suo dialogo caratteristico, verso una comprensione redentiva di un contratto metafisico con le poetiche dell’illusione, presenti più in una correttezza pittorica che in una messa in scena iconografica e, forse usando il “sotterfugio” (Hintergehen) o l’“artificio” che, non a caso, egli utilizza ampiamente nel proprio lavoro.

Molti altri fattori sono eloquenti e distintivi in Blackfield, che alla fine non dipende né dall’idea di natura simulata né dai tentativi del pubblico di decifrare la sua illusione estetica. Per contrasto, una certa iconografia impegnata dà spazio all’analisi, destinata a districare i sistemi nascosti e a offrire resoconti illuminanti, senza necessariamente alterare l’ammirazione per la realizzazione della natura. La presenza concettualizzata della scultura è una relazione estetica con l’oggetto che comporta una complessa e caratteristica interazione delle componenti oggettive e soggettive.

Nella metodologia, nella costruzione e nella ricerca di Blackfield, Ben David caldeggia anche le culture antiche. Situa l’installazione al di fuori dell’ambito dell’epoca contemporanea per muoversi in modi totalmente differenti di forme primitive. Ben David sta sempre rispecchiando la sua propensione principale per il Realismo Magico e paragona in modo incisivo la struttura della realtà e, il soggetto tematico, all’interno di un pensiero stilistico astratto, dove egli stesso diventa qualcuno che indaga il passato alla ricerca di segni e simboli che possano nascere nel presente come criptici, tuttavia vividi, portatori del significato di Blackfield.

Per avanzare nella propria consuetudine di elaborazione delle rappresentazioni scultoree, egli ha disegnato con chiarezza dei punti di vista interpretativi di sezioni ideali di foreste e piante, in modo che potessero riflettere le questioni filosofiche in

sua posizione chiave è assicurare che il suo esempio ambientale, la natura, tragga beneficio dall’interesse degli spettatori e che l’uso delle sue forme ci arrivi il più possibile puro e tangibile. Ciò potrebbe suonare come un’assurda caricatura del mondo naturale, ma non se si osserva quello che ha effettivamente ottenuto con Blackfield. Per descrivere le figure di Ben David dobbiamo applicare un linguaggio terreno, ma per spiegare quell’elemento di mimesi armoniosa nel suo lavoro, al cuore dell’esibizione della scultura, c’è un altro significato: il concetto di illusione. Gli esempi eccellenti nell’arte della magia sono la grande forza di Ben David; mettere in risalto parti ulteriori del suo imponente disegno della natura e, così facendo, indurci a ridurre la nostra arroganza e insolenza. Si veda la teoria di Kierkegaard sulla percezione.

La visione personale di Ben David sta nella sua comprensione dell’uso della rappresentazione artistica contemporanea. Ci ha dato un vasto lavoro d’installazione utilizzando la tecnica della scultura per comunicare la questione, illusione e realtà, e con essa sfama lo spettatore. È un lavoro contemporaneo fortemente influenzato dalla natura stessa.

L’artefatto e il simbolo nella scultura di Ben DavidNel lavoro di Ben David è da elogiare l’assenza del tempo; si è concentrato su

ciò che percepiva come disegno dello spazio a prescindere dai generi estetici di differenti generazioni e retaggi culturali. Si potrebbe forse affermare che egli abbia ereditato molto grazie alla profonda ammirazione per il lavoro di suo padre, la sua storia ci riporta che fosse un creatore di gioielli; Zadok Ben David fa da intermediario tra due generazioni.

La piattaforma artistica astratta di Ben David fu il suo debutto a Londra tre decenni fa, quando il suo lavoro ottenne per la prima volta l’attenzione della critica. In quel periodo la sua scultura era associata ai lavori contemporanei. I critici d’arte si aspettavano un’indicazione sulle influenze e le corrispondenze nelle dimensioni del lavoro, e l’idea di un arte priva di significato che veniva interpretata in modi disparati solo a causa di un vuoto nei riferimenti contemporanei. Il lavoro di Ben David era considerato come il marchio personale di un giovane artista. All’epoca egli desiderava creare il suo lavoro individuale contro il sistema dominante e nessuno prevedette che il talento applicato, o la finezza di quelle prime figure ben fatte, e la serie di elementi naturali, sarebbero evoluti in una rappresentazione della natura rivoluzionaria.

La scelta degli elementi nelle sue attuali sculture si basa su di un predeterminato sistema/struttura originato sia dal disegno che dagli accordi cromatici. Lo schema risultante raramente si conforma a modi noti o convenzionali di realizzare una superficie pittorica, o seguono i consueti ritmi ottici della natura. In Blackfield, la singola scultura dell’installazione contraddice ogni propensione alla profondità spaziale, tuttavia, allo stesso tempo, ha un impatto vivido, ipnotico, sull’osservatore dando la sensazione complessiva di una superficie dipinta e una configurazione studiata con attenzione11. Il riferimento è al teatro delle ombre indiano.

La fusione idiosincratica della rappresentazione nel suo lavoro è collegata, ma anche descrive, antichi sistemi di divinazione basati su ipotesi scientifiche o calcoli matematici, e osservazioni astronomiche, tutti attinenti a idee arcaiche sulla rappresentazione della natura. Possiamo mettere in relazione Blackfield a cosmologie ataviche, profondamente evidenti in tali lavori monumentali di scultura mesmerica, uno sbalorditivo conglomerato di glifi, simboli, segni, emblemi, intessuti con elementi della natura all’interno di una dichiarazione unica. Determinate secondo calibrazioni eccentricamente criptiche, queste astruse figure

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Blackfield, 2007–09, detail blackPainted stainless steel and sand, site-specificInstallation in Shoshana Wayne Gallery, Los Angeles, USA, photo Gene Ogami

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né trofei, reliquie di un’altra vita, ma artefatti costruiti con cura, ideati per agire come catalizzatori, mentre la loro singolarità non è misurata né in base alla nozione di unicità né secondo le idiosincrasie dell’accuratezza botanica. Sono disegnati o ritagliati direttamente dal mondo dei libri sulla natura e delle enciclopedie (Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers), incisi fotograficamente e dipinti a mano, quando emotivamente cerca di avere una mutabilità in rapporto alle opere della natura. Infatti spesso sceglie degli oggetti carichi di significato in se stessi, ma biograficamente non accurati e che al contempo hanno un prezioso significato globale, al fine di essere comprensibili. Gli artisti islamici tradizionali e gli artigiani arabi hanno realizzato gioielli, finestre, porte, edifici e decorato qualsiasi superficie, dagli oggetti modesti alle architetture monumentali, con elaborati motivi geometrici, come si può vedere nelle meraviglie dello Yemen. Il Corano proibisce la rappresentazione di persone e animali, ma in alcun modo ciò ha ostacolato la creatività in quei Paesi che hanno portato oltre la rappresentazione, come si può ben vedere in Spagna a Granada e Cordova.

Il padre di Ben David, uno dei più importanti gioiellieri dello Yemen, ha mantenuto i motivi decorativi di molti artigiani di quella zona che generavano intricati disegni dalla combinazione e duplicazione di forme semplici intrecciate, di solito il cerchio e il quadrato, utili per realizzare il lavoro in fogli di metallo. Le geometrie, apparentemente infinite, sorprendono e deliziano i sensi, in particolare quando si trovano su schermi architettonici. Nei pannelli i motivi diventano ancora più complessi, intrecciandosi con la visione prospettica e manipolando luce e ombra.

In India, questo trattamento delle finestre è detto Jali, ed è diventato una caratteristica saliente dell’architettura del Paese. Intagliate a mano da una singola lastra di pietra, le maglie geometriche degli Jali corrispondono a numerose condizioni culturali e ambientali fornendo privacy e sicurezza, filtrando la luce, e permettendo all’aria di circolare. La traforatura funziona anche come elemento unificante in architettura, una circostanza che Herbert J.M. Ypma descrive come “ordine ornato”. I colonnati Jali della tomba di Akbar, a prima vista, può sembrare che seguano un rigido motivo geometrico; in realtà, il disegno complessivo è totalmente casuale, e ogni diverso pannello contiene un motivo astratto unico. Insieme i pannelli provocano una sensazione di crescita infinita, incorniciata e contenuta all’interno di una serie di archi identici, spaziata in modo regolare. Ympa descrive la tensione che si crea tra i fluenti dettagli liberi e gli elementi strutturali ripetitivi come una “combinazione di caos e misura”. Ympa sostiene anche che questo principio ordinatore di “asimmetria dentro la simmetria” abbia influenzato i modernisti innovatori, Le Corbusier e Louis Kahn16.

Ancora stranamente seducenti, queste immagini di piante e fiori si fissano in modo inestricabile nella mente come se ci fosse un’emanazione di forme mesmeriche nelle regioni represse del cervello e in modo simile, indelebilmente come enunciando ciò che era noto in precedenza ma mai riconosciuto, un giardino della natura ri-visitato.

Documenti europei dell’epoca Rinascimentale collocano il fenomeno della natura in letteratura già dall’antichità quando, senza tenere conto di verifiche scientifiche sulla sua autenticità, c’era quasi una fede cieca nella natura. In questo senso il lavoro di Ben David si basa sul potere dell’immagine che risiede nella veridicità di questi resoconti impreziositi, sulla somiglianza, la variazione, e la ripetizione. Egli usa la misura della vérité, preferisce un realismo moderato al naturalismo; la veridicità in questo caso dovrebbe essere giudicata in relazione alla verità interiore piuttosto che secondo principi mimetici. I profili sono la simmetria prossima di figure ripetute e duplicate, e la scala piuttosto rigorosa insieme alla ieratica geometria della loro

corso, abbandonando i significati obbligati. A rischio non è l’accessibilità del lavoro in particolare ma la stranezza di questi sistemi ripetitivi e, di conseguenza, la loro personificazione di un’esperienza. Creare la relazione tra i significati dell’universo è il fondamento della scienza e del desiderio di un senso estetico.

La sua posizione personale nella misurazione del proprio lavoro, deve qualcosa alle peculiarità della sua educazione artistica, al periodo di viaggi itineranti, all’accumulazione di una raccolta di ricordi stratificata e al controllo che, alla fine, gli permette di trasmettere un’interpretazione modernista della cultura estetica. In conseguenza delle sue scoperte, e della sua fascinazione per lo schema delle piante nei suoi lavori chiave, dei segni e degli scritti, il sistema di disegni tratti da famosi illustratori botanici, e gli echi, e le memorie di paesaggi gli hanno consentito di creare questi artefatti culturali.

Il privilegio di una ricerca speculativa di significato ha sospinto e sedotto la sua vista facendo sì che il suo lavoro, risonante in modo misterioso, creasse un legame costante nel dualismo realtà e finzione. Disegna i parametri di una visione che vorrebbe tenacemente, addirittura in modo ossessivo, investigare oltre, e oltre, in qualche installazione straordinaria che gioca con presenza e illusione. Una volta sedotti dall’installazione si può dire che sia irrilevante avere o meno risposte esatte per spiegare i concetti di figura e di forma.

Le fiabe dei fratelli Grimm sono entrante nella tradizione popolare e le loro idee e concetti sono il semplice prodotto dell’immaginazione popolare, per il piacere di bambini e adulti. Leggendo le loro storie, ci immergiamo nell’esistenza di un mondo fantastico e in significati che possono essere riassunti in una breve morale che fa diventare realtà le fantasie14 e le stranezze. È probabile che non saremmo andati molto oltre a un nuovo punto di vista se la logica del loro metodo di narratori non ci avesse permesso di camminare dentro le aperture inaspettate e i molteplici sentieri, costantemente irti di ostacoli fantastici e domande, nella sequenza di eventi. Il loro grande merito è di aver rispecchiato il proprio Paese, quasi un’immensa foresta nascosta, che si infittisce come un bosco incantato descritto nelle loro fiabe, e di essersi assunti il rischio di seguire una sorta di trascrizione magica con incredibile fervore dove le antiche storie di scoperte non sono meno chiare dell’accuratezza della descrizione15.

Dal mondo antico al presente. Le strade per costruire un mondo oggettivoNel mondo occidentale, la tradizione e la tecnica degli esemplari modellati è

più comune nei musei di storia naturale, dove vengono prodotti multipli di oggetti o forme che possono manifestare la loro identità di calchi o fac-simili, in quanto danno l’idea di figure identiche. Tipicamente fanno riferimento tanto alle forme botaniche quanto ai prototipi, per la loro soggettività (con poche eccezioni).

Nonostante i soggetti siano comuni e scontanti, in Blackfield si impregnano di una forte carica di personalità che li eleva dal regno della banalità a uno stato iconico, addirittura archetipo. In molti dei suoi progetti monumentali Ben David crea questo impatto, ottenuto per mezzo di sottili cambiamenti di forma e di scala, e attraverso l’ausilio della stilizzazione nella simmetria, la modalità e la moltiplicazione in base a una proporzione di riferimento. Le forme incontaminate degli elementi in mostra dimostrano simultaneamente la familiarità e la distanza di un’immagine lavorata in maniera simbolica, ancora troppo riconoscibile nei motivi decorativi, che viene testata al cuore della sua credibilità e disposta in un nuovo contesto contemporaneo, nel lavoro di installazione.

Non sorprende allora che gli oggetti prodotti da Ben David non siano né feticci

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configurazione sono permeate, nella sua opera, di una potenza decisamente più eloquente che se si trattasse meramente di una versione verosimigliante della pianta. Le figure si spingono verso lo spettatore in un’epifania dell’incontro tanto perturbante per lo spirito quanto sfidante dell’esperienza visiva.

Nel mondo esistono molteplici concetti culturali e parametri che possiamo utilizzare per determinare l’intento del modello di scultura proposto da Zadok Ben David. Forse è il nostro contatto ravvicinato con le teorie evolutive nella rappresentazione attraverso il campo scientifico a offrirci gli strumenti di analisi. Personalmente non ho preferenze per una teoria né nutro preconcetti nei confronti di una singola interpretazione. L’ontologia del lavoro di per sé dovrebbe consentire interpretazioni alternative dell’installazione Blackfield.

Nel corso degli anni Ben David ha sviluppato una fascinazione per la rappresentazione dell’evoluzione umana, le osservazioni scientifiche e la presenza del corpo umano nella natura. C’è inoltre la consapevolezza di elementi che osserviamo ogni giorno come, animali domestici, oggetti d’uso quotidiano e, ovviamente, quegli elementi che siamo soliti collezionare. Ben David è ampiamente conscio del tempo e del movimento all’interno e attraverso la rappresentazione. Il suo lavoro può essere considerato come parte di una lunga tradizione di sperimentazioni per mezzo delle quali il fare del suo lavoro diventa sia uno strumento di documentazione scientifica, sia un apparato per l’esplorazione estetica.

L’osservatore diviene parte effettiva della foresta, ingarbugliato nel movimento della rappresentazione di un utopico Giardino dell’Eden. Ben David ci invita in un viaggio alla Gulliver attraverso l’infinità della sua opera, testimoni della pura raffigurazione di un incredibile assortimento del colorato regno delle piante, piantate in situ, ci consente di essere spettatori di una meravigliosa foresta trovando forse, solo occasionalmente, un momento di chiarezza nel fitto giardino presentato in Blackfield.

Loof, 2009125 x 82 x 47 cm, painted aluminium, photo Virginie Litzler & Duncan Wooldridge

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The Unlikely Legend of the Insensitive Starling, 1984270 x 510 x 123 cm, wood, Courtesy of the Artist

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Greenwich studio, London, 1985

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Horse Power, 1999600 x 400 x 135 cm, Collection of the City of Hague, Gift of Dov and Rachel Gottesman, photo Goodwood Sculpture Park

Sunny Moon, 2008 Ø 270 cm, plasma hand-cut corten steel, photo © Sotheby’s

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Autumn Reflection, 2007450 x 257 x 35 cm, plasma hand-cut corten steel, photo © Sotheby’s private collection Switzlerland.

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Innerscapes on the Move, 2008 90 x Ø 1150 cm, plasma hand-cut corten steel, photo © Sotheby’s