Esercizio di scrittura collaborativa sul testo fantasy
Classe IIA_a.s. 2013-14
Ist. Compr. “San Vito”_San Vito Romano (Rm)
Il romanzo breve che state per leggere è il frutto di un’attività svolta dai ragazzi
di IIA dell’Istituto Comprensivo “San Vito” di San Vito Romano (Rm). Si tratta di
un’ interessante attività proposta dal loro testo “L’albero delle mele d’oro“e consiste
sia in lavoro di scrittura creativa di gruppo, nell’ambito del genere fantasy sia in
una metariflessione sui comportamenti corretti ed errati attuati dai ragazzi stes-
si nelle loro relazioni quotidiane.
I ragazzi, divisi in piccoli gruppi, hanno continuato un incipit, proposto della
antologia, che narra della partenza dei singoli Cavalieri del Bene alla volta della libe-
razione del Regno del Maleficio, splendido regno vittima di un crudele incantesimo.
I Cavalieri del Bene hanno, dunque, l’incarico di trasformare in positivi molti luoghi
malvagi, come la Palude della Prepotenza, il Vulcano dell’Egoismo, il Passo della
Sfiducia che rendono la vita difficoltosa a tutti gli abitanti Solo quando ogni luogo sa-
rà stato liberato dal Maleficio, allora tutti i Cavalieri, riuniti, potranno incamminarsi
alla ricerca del rubino che scioglierà definitivamente l’incantesimo e trasformerà una
volta per sempre il Regno del Maleficio in un Regno gioioso e allegro.
Ogni gruppo ha scelto uno dei luoghi del Regno del Maleficio e ha proget-
tato e raccontato la trasformazione in luogo positivo, ad opera di uno dei Cava-
lieri del Bene. Ogni gruppo, pertanto, ha pensato una o più prove da superare da par-
te del Cavaliere per realizzare la missione benefica. Le prove, tuttavia non erano da
scegliere a caso: l’attività proposta, infatti, prevedeva che i ragazzi, nel verbaliz-
zare il loro capitolo, tenessero conto delle loro esperienze personali, di quella
volta che loro stessi hanno vinto l’egoismo, la paura e la prepotenza. L’attività,
pertanto, non stimolava solo la fantasia, ma soprattutto la meta riflessione sul
proprio passato e sul proprio agire, attraverso una preliminare socializzazione
degli eventi più significativi di ogni componente del gruppo.
Molti sono gli aspetti educativi importanti dell’attività:
condivisione delle esperienze;
metariflessione sui vissuti;
analisi delle emozioni;
condivisione della realizzazione e del successo del proprio lavoro;
collaborazione tra pari.
Dal punto di vista didattico, i ragazzi nella loro stesura, hanno inserito:
la descrizione finalizzata di un luogo (secondo le diverse tecniche
affrontate). Le descrizioni finalizzate dei luoghi sono state evidenziate in ver-
de;
la descrizione finalizzata di un personaggio (secondo diverse tec-
niche). Queste descrizioni sono state evidenziate in blu;
almeno un dialogo finalizzato, evidenziato in rosso;
(opzionale) un flash back.
Notevoli anche gli aspetti didattici:
descrizione allegorica del luogo: il luogo del Maleficio altro non è
che una allegoria (studiata attraverso la Divina Commedia). Quindi nella de-
scrizione della palude o del vulcano sono stati inseriti quegli aspetti fisici che
alludono al vizio, che possono avere con esso legami non evidenti, ma signifi-
cativi (nella palude della Prepotenza, ad esempio, le piante fanno a gara tra di
loro per emergere, i pesci non guizzano, ma si urtano in continuazione, le alghe
trattengono i pesci più piccoli sul fondale….);
descrizione del personaggio e uso del dialogo: si tratta, in realtà, di
una prosopopea (anche se gli alunni ancora non lo sanno ;) ). Il Cavaliere del
Bene è stato descritto come la personificazione della virtù opposta al luogo: la
sua descrizione suggerisce una virtù particolare.
I ragazzi hanno lavorato con molta passione all’attività: alcuni gruppi si
sono contraddistinti per pertinenza alla traccia e ricchezza di lessico, altri per
fantasia.
Trovate la descrizione dell’attività anche sul blog Arringo.
Buona lettura!
Prof.ssa Cristina Galizia
C’era una volta un regno felice. Al centro di questo regno, c’era un’isola
bellissima. Al centro dell’isola era custodita una gemma preziosa: il gran
rubino del Bene.
Tutti gli abitanti vivevano in armonia e si aiutavano l’un con l’altro. L’unico
che non partecipava alla gioia generale era il Signore dell’Egoismo: era
sospettoso, invidioso e senza amici. Così, un triste giorno, colpì con un
terribile maleficio il Regno e i suoi abitanti. Gli alberi divennero egoisti,
rubarono al sole la sua luce e alla terra la sua linfa e le tennero solo per sé.
Sul Regno calarono le tenebre della Paura, dell’Intolleranza, della Sfiducia,
della Pigrizia, dell’Indifferenza, del Litigio e dell’Egoismo.
Allora, lo scrigno nel quale c’era il rubino del bene si chiuse ermeticamente e
la gemma perse la sua forza benefica.
Solo chi fosse riuscito ad attraversare il Regno, superando numerose prove,
avrebbe potuto raggiungere l’Isola, aprire lo scrigno e riportare il rubino e il
regno all’antico splendore.
Era un’ardua impresa, possibile solo a dei cavalieri leali e coraggiosi, pronti
ad aiutare gli altri: i Cavalieri del Bene!
"Perché sei ancora qui, questo è il mio turno."
"No, non è vero! Vattene via tu brutta palla infuocata!"
"Parla per te! Ora dovresti startene a letto per il tuo colorito così pallido e
malaticcio. Non sai mai come startene, a volte mi copi e altre volte fai di testa
tua!"
"Sei solo uno sciocco invidioso." sghignazzò la Luna " Per avere della pelle
come la mia non ti basterebbero tonnellate di creme solari!"
"Mi hai davvero stancato! Da oggi in poi non ti parlerò più." rintuonò il Sole.
Questo litigio diede il benvenuto a Pacifico che non si meravigliò affatto di
quanto accaduto. Sapeva benissimo che doveva compiere una missione ben
precisa, o meglio far ritornare la pace e l'amore nel paese, ma prima di
cominciare osservò chi e cosa lo circondavano. Si voltò alle sue spalle e non
poté credere ai suoi occhi a tal punto da darsi un pizzico sulla guancia per
verificare che non stesse sognando: le due pareti della piazza principale del
paese stavano litigando tra di loro, perché stando di fronte l'una all'altra, non
si sopportavano.
"Mi fissi sempre!" rimproverò la parete destra" Non sai che fissare è da
maleducati?".
"Prima di parlare di maleducazione dovresti imparare l'educazione! Cosa che
tu non hai!".
E così continuarono per ore e ore senza fermarsi un secondo.
Nel paese dominava l'oscurità Pacifico udiva urla da tutte le parti e insulti si
disperdevano nell'aria come se non fosse niente. Tutto e tutti avevano
qualcosa da reclamare. A volte finivano per alzare le mani, senza neanche
rendersene conto, ed altre per dire parolacce e bestemmiare sentendosi
superiori.
"Non va bene! Devo fare qualcosa per risolvere la situazione." esclamò
Pacifico con voce sicura.
Pacifico era un uomo slanciato con i capelli color oro e gli occhi verdi come
un praticello in primavera. Indossava un vistoso cappello con delle piume
colo bianco perla e qua e là qualche sfumatura di celestino. Vestiva con
un'armatura d'argento che al sole brillava fortemente. Al di sotto di essa una
setosa calzamaglia color verde acqua. Delle simpatiche scarpette con la punta
all'insù davano un aspetto buffo al cavalier Pacifico che era pronto per
superare qualunque fosse stata la sua prova.
Il mondo che lo circondava era un vero e proprio disastro! Pacifico si stava
dirigendo nella piazza principale per risolvere il litigio delle due pareti. Ad
un tratto, davanti ai suoi occhi, comparve una grande nube, nera. Da essa si
materializzò un essere malvagio con occhi rossi e sguardo accigliato. Non
aveva corpo, era solo un'ombra oscura.
"Non potrai far tornare questo paese quello di prima solo con le parole, per
farlo dovrai superare una prodi di intelligenza. Se riuscirai il paese, per
magia, tornerà quello di una volta.!" .
"Come faccio a superare la prova?" chiese il cavaliere. "Beh questo è un
problema tuo!" sghignazzò l'ombra.
"Da dove devo cominciare?".
"Devi cominciare dalla piazza più grande del Paese dei litigi.".
Pacifico si diresse verso la piazza. Al centro si trovava posizionato sul vaso
superiore della fontana, un grande cubo ormai nero d'invidia. Il cavaliere per
superare la prova doveva trovare i piccoli pezzi mancanti del cubo per farlo
tornare luccicante come una volta. Prima di cominciare esaminò il cubo. Sotto
di esso, trovò un piccolo biglietto su cui c'era scritto :
" I 6 pezzetti che stai cercando li riunirai trovando un animale che vive cantando."
"Quale è questo animale che vive cantando?" si domandò il cavaliere. "Ormai
non si sente cantare da molto tempo nel Paese dei litigi.".
Pensò e ripensò a alla fine trovò la soluzione: l'unico e raro animale che
viveva ancor cantando era "l'uccellino canterino". Sapeva che viveva solo
nella parte più fitta della foresta. Cominciò subito la sua ricerca. Attraversato
tutto il paese, si ritrovò davanti un enorme selva. Senza esitare, si incamminò
per quell'oscura foresta. Era pericoloso. Rumori sinistri si udivano dietro
grandi massi o tra cespugli. Pacifico era molto coraggioso e decise di
continuare. Improvvisamente, si girò di scatto. Un enorme uccello volò da
una parte all'altra dei due alberi. Le sue piume sembravano seta erano dei
dolori dell'arcobaleno c'era il rosso, il violetto, il giallo acceso, il rosa, il celeste
e il verde. Da quell'enorme becco giallo lucido, il grande uccello, sprigionava
il suono più bello e melodioso che il cavaliere avesse mai udito. Questo
doveva proprio essere l'uccellino canterino pensò Pacifico. Ed era proprio
così. Lo aveva trovato. Era lì davanti a lui.
"Sei una bellissima creatura." disse il cavaliere mentre lo guardava
meravigliato " Ho bisogno del tuo aiuto!"
"Di che cosa si tratta?"
"Devo salvare il Paese dei litigi, la mia missione è quella di farlo tornare come
prima."
"Seguimi, ti aiuterò io." Pacifico lo seguì. Si ritrovarono davanti a un portone.
"Per aprire il portone dovrai risolvere l'enigma ."
In quel momento, sopra il portone comparve una scritta. Pacifico ci pensò per
un po’ ed ecco la risposta: doveva pronunciare tre parole, ovvero, gentilezza,
pace e amore. La porta si aprì lentamente e il cavaliere non poté credere ai suoi
occhi. I pezzetti del cubo erano sparsi per terra. Pacifico si affrettò a
raccoglierli. Li aveva trovati!
"Ben fatto" canticchiò il grande uccello e poi scomparve magicamente. Il
cavaliere, soddisfatto, tornò al Paese dei litigi, precisamente si diresse verso la
fontana. Il grande cubo era ancora lì. Pacifico rifletté a come combinare i
pezzettini mancanti. Una volta finito il cubo, iniziò a splendere come una
volta e tutto il popolo si raggruppò intorno ad esso. Tutti, per magia,
cominciarono a chiedere perdono. Il paese da quel momento divenne il Paese
dei Gentili. Tutti ringraziarono il cavaliere e il cavaliere ringraziò il suo amico
uccello.
Mara Pisaltu, Giorgia Proietti
Tutti gli alberi non volevano più crescere, ma tendevano sempre di più a
strisciare per terra con i loro rami ossuti, che facevano da tappeto: era la
FORESTA DELLA PIGRIZIA. I fiori non avevano più voglia di sbocciare e
dare il loro profumo all’intera foresta, gli uccelli non cantavano più le loro
stupende melodie, ma rimanevano come imbalsamati sui rami degli alberi e il
sole non brillava più come una volta. Gli animali stavano in letargo tutto
l’anno e nel bel mezzo della foresta, un fiume scorreva così lento che quasi
ristagnava, i colori del paesaggio erano opachi e non volevano più mostrare
la loro bellezza. Quando pioveva, le gocce cadevano così lente che si
bloccavano a mezz’aria e il vento le cullava nell’cielo. Per questo l’erba era
secca, marrone e appassita. La terra non voleva più sostenere ciò che vi era
sopra, le nuvole sbadigliavano per la noia, le pigne non fabbricavano più i
pinoli e li alberi non le facevano più cadere. Insomma, gli elementi della
natura non facevano più il loro dovere. Gli abitanti non volevano più alzarsi
dai loro letti e non andavano più a lavorare: il falegname non ce la faceva più
a tenere in mano la sega; i giardinieri non potavano più l’erba e quindi
arrivava fino in cielo; gli alpinisti rimanevano sospesi nel bel mezzo della
montagna; gli architetti non costruivano più le strutture delle case; gli
infermieri non curavano più né le piante né gli animali e né le persone.
Tutti erano controllati dal re Fannullone che era peggio di loro: era un
grassone che mangiava sempre dolci, il suo viso assomigliava ad un bignè al
cioccolato, al posto delle dita sembrava avesse delle salcicce. Indossava
sempre lo stesso pigiama perché non aveva più voglia di alzarsi dal letto.
Re Fannullone provava a dare ordini ma le orecchie degli abitanti non
volevano più sentire:
-Alzatevi dai vostri letti!- sbadigliò il re Fannullone.
-Ho fame, portatemi da mangiare…-.
-Venitemi a togliere le coperte…ho caldo!-.
-Pulite il mio castello…è sporco!..-.
Ma gli ordini risuonavano dentro la stanza da letto del re e quindi gli abitanti
continuavano sempre a dormire spensierati.
Fuori dal castello, all’inizio della foresta, il cavaliere Tuttofare rimase
sbalordito davanti a questo spettacolo: era un ragazzo alto, biondo e con gli
occhi azzurri; vestiva in modo elegante e indossava sempre un mantello rosso
come la forza che aveva per compiere le azioni: saltava sugli alberi senza
stancarsi mai, correva veloce come un missile, faceva i pesi con le zolle di
terra, amava molto prendersi cura degli altri e amava anche lo sport e il
movimento che era quello che mancava alla foresta della pigrizia.
Il cavaliere cominciò ad incamminarsi verso il cuore della foresta, quando
vide un grande imponente e maestoso castello che stava cadendo a pezzi e
dai colori cupi; all’ingresso due piantoni erano accasciati a terra e
sbadigliavano di continuo e parlavano nel sonno dicendo:
“ATTENZIONE, NON POTETE ENTRARE
O IL RE VI FARA’ CACCIARE;
NON ABBIAMO NIENTE DA FARE
PERCIO’ VE NE POTETE ANDARE”
-Posso entrare per favore?- chiese il cavaliere in modo cortese come sapeva
fare lui.
“NOI SIAMO I PIANTONI DEL RE FANNULLONE
VATTENE VIA O TI FAREMO MANGIARE DA UN LEONE;
SE ASCOLTO NON CI VUOI DARE
IL LEONE E’ PRONTO PER ATTACCARE!”
-Non ho paura di voi… ditemi, che cosa devo fare?
“PER ENTRARE
UNA PROVA DEVI SUPERARE
E’ MOLTO DIFFICILE, LO SAI
MA SE CI METTI IMPEGNO CE LA FARAI”.
-Ditemi tutto… sono pronto!- rispose il cavaliere con sicurezza.
-Vedi quel diamante sulla punta del castello?
-Si, e allora?
-Dovrai prenderlo in 10 secondi, senza fermarti mai!
Il Cavaliere Tuttofare non fu affatto spaventato dalla prova, che agli uomini
pigri doveva parere insuperabile. Tuttofare cominciò ad arrampicarsi e il
piantone a contare:
-1, 2, 3…
E intanto tuttofare era già arrivato a metà strada, deciso più che mai a non
lasciarsi abbattere: il fatto che il piantone contasse non lo agitava affatto, ma
lo stimolava a fare sempre meglio e ad insistere per arrivare alla meta.
-8, 9, 10…STOP!
Al pronunciare lo STOP il Cavaliere Tuttofare era già arrivato ed aveva già
agguantato il diamante.
-Hai visto che, impegnandomi, ce l’ho fatta? E adesso posso entrare?
-Si…entra pure- disse sconfitto il piantone. E ricominciò a dormire.
Entrò nel castello arrivando fino alla sala del trono dove vide il re, sdraiato a
terra che non faceva niente e vedendo questa scena imbarazzante l’eroe gridò
a squarciagola:
-Non ne posso più di vedere tutta questa pigrizia in giro!-.
-Ma tu chi sei?-.
-Sono il cavaliere Tuttofare e sono venuto qui per riportare il movimento in
questa foresta che è proprio ciò che manca!-.
-Ma cosa vuoi? Come ti permetti di disturbarmi?- replicò sbadigliando il re
Fannullone - poi che cosa intendi dire con la parola movimento?-
-Ma come cosa intendo dire?… Ma non ti diverti a saltare sugli alberi, correre
per la foresta e giocare?-.
-Ma no! Io sto tanto bene sdraiato tutto il giorno sul letto a non fare niente…
E’ divertente lo sai?-
-Divertente!?!?-
-Sì! Ma non ti rendi conto che le persone sono stanche di non fare niente tutto
il giorno? Guarda qui fuori…Non si sente anima viva e gli uccelli non
cantano più dando allegria… è sempre buio e il sole non c’è mai… io
diventerei triste a vivere in un posto così, triste come le persone che vivono
nella foresta! Smuovi questa situazione, perché non se ne può più!!
- No, io non voglio cambiare questo posto!
-Si che devi! Le persone, gli uccelli muoiono…La foresta sembra deserta!
-Ma a me piace così: stare tutto il giorno sul letto è il non plus ultra per me!
-Ma non puoi pensare solo a te stesso! Al mondo non esisti solo tu! Se anche
tu fossi tranquillo e gli altri esseri annoiati e scontenti, pensi che il tuo regno
possa durare a lungo?
- Ehm…
-Su, fatti forza, almeno una volta: lascia che la Pigrizia lasci questo posto e
che tutto torni a vivere come merita.
Il re non pronunciò parola, ma chinò la testa, in cenno di assenso.
Da quel giorno tutti gli abitanti corsero e saltarono felici, gli alberi furono di
nuovo dritti e del loro colore: il VERDE SPERANZA! Le case colorate, il
fiume ricominciò a scorrere, gli uccelli a cantare e il sole a risplendere
sull’intera foresta.
Ceci Federica
Tariciotti Nicola
Cicchetti Sasha
In una valle abbandonata la situazione era davvero particolare: i giardinieri
non potavano i fiori , le strade erano piene di buche perché non venivano
sistemate da diversi anni , i raccolti rimanevano incolti, le case non erano
imbiancate perché nessuno le verniciava, i pastori non facevano pascolare le
pecore, gli insetti non si preoccupavano di impollinare i fiori, la gente ferita
cercava aiuto ma nessuno li soccorreva.
-Aiuto ! Aiuto !Aiuto !
- So’ caduto per le scale!
-E me serve un ospedale !
-Aiuto ! Aiuto !Aiuto !
-M’ha mozzicato un cinghiale!
- Me serve un ospedale !
-Aiuto ! Aiuto !Aiuto !
-Me so fatto male!
-Aiuto !!!
Marclà, Cavaliere del Bene, decise che eraa giunto il momento di far
qualcosa: uscì dal capannone nel quale riposava, si guardò intorno ed ad alta
voce urlò:
-Heilà, c’è nessuno ?-
Nessuno rispose.
-Ehi, c’è nessuno ?
-Sì ! Chi siete voi ?
-Io Lipido e lui Fernando. Cosa volete ?
-Ma cosa è successo a questa valle? Prima tutti facevano il loro dovere, i
bambini andavano a scuola, la gente lavorava e le pecore potevano pascolare
… Ma ora cosa è successo?
-Mah, niente: ora ognuno pensa a sé e ai fatti suoi.
-Basta, devo fare qualcosa per aiutare questo posto!
Tralalatralala
Cosa si farà
Ciuciuciuciu
Non ce la faccio più
Perepepepepe
Perché proprio a me
Quaquaqua
Me tocca sistemà
Ditemi voi tutti, cosa dovrei fare?
-Per prima cosa devi superare il nostro arciere di corte in una sfida con l’arco
-Ok, poi?
-Salvare la principessa e infine testare il tuo animo passando per la porta
della verità! –risposero tutti gli uomini in coro.
-Va bene, meglio non perdere tempo e cominciare subito.
Così Marclà e l’arciere si recarono al castello e, dopo una lunga preparazione,
erano pronti e così cominciarono.
L’obbiettivo centrar dovrai
Se la prima prova superar vorrai
Se questo non succederà
Mi dispiace a casa devi tornà
La gara durò a lungo e tutti e due colpirono sempre il bersaglio: dopo molti
tentativi, ancora non si riusciva a stabilire chi fosse il migliore. Marclà, ormai
stufo, decise di tirare una freccia più forte che potesse, in modo da porre fine
al duello: la freccia volò in aria e centrò il bersaglio in pieno. Marclà aveva
superato la prima prova. L’arciere, sconfitto, si complimentò con lui.
Così Marclà, vittorioso, si rimise in cammino, verso il pozzo, per affrontare la
seconda prova e liberare la principessa.
Una voce cantò:
La principessa laggiù sta strillando
È da tanto tempo che ti sta aspettando
Ora non esitare
Valla a salvare!
Marclà salì su per il muro della torre, cercando di poggiare il piede sopra il
mattoncino che sporgeva. Dopo neanche dieci minuti, era già su. Abbracciò la
principessa e subito la portò in salvo: spingendo la schiena contro le pareti
interne della torre e appoggiando piano piano ora una, ora l’altra gamba,
furono fuori da quell’ inferno.
Anche la seconda prova era superata e per la salvezza della Valle
dell’indifferenza restava da affrontare solo l’ultima prova: essa consisteva
nell’attraversare la porta della verità. Nessuno, si sa, è così certo di aver detto
sempre la verità e di avere un animo puro. Marclà era molto agitato, stava
sudando, temeva che in fondo non avesse un’anima pura, ma si fece coraggio.
Avvistata la porta, entrò e, come finì di attraversarla, una luce fortissima si
sprigionò dalla porta e, come una nube dorata, invase tutta la Valle
dell’Indifferenza.
Gli abitanti furono avvolti dalla luce e, come se niente fosse mai accaduto,
tornarono vivere in pace e rincominciarono a fare il loro lavoro.
Marco Codispoti
Claudia Martinoli
Gian Marco Testa.
Solo i Cavalieri del Bene potevano sistemare le cose. Erlagio e Fenisa
arrivarono in questa palude dove nessuno si comportava come doveva : le
alghe si divertivano a trattenere sul fondo i pesci, i tetti a far cadere il tegole
sui passanti, le strade che ballavano, le api pungevano gli animali, i semafori
cambiavano colore diventando verdi e rossi nello stesso momento, le
macchine non volevano accendersi, gli alberi si scuotevano per far cadere le
foglie, le fontane schizzavano a chiunque si avvicinasse, gli ombrelli si
chiudevano quando pioveva e le persone si divertivano a fare diversi scherzi,
alcuni molto pesanti .
Erlagio era disposto sempre ad aiutare tutti, comprensivo, umile, generoso e
sincero.
Fenisa era una ragazza gentile, allegra, pronta a sostennere chiunque fosse in
difficoltà. Il suo volto gioioso ed espressivo faceva trasparire la sua bontà
d’animo. Il suo sguardo era energico e i suoi occhi tondi e piccoli.
- Ehi! Tu! Perché fai questo? E tu? Perché sei li? Forza torna al tuo posto!-
urlò Erlagio.
- Ehi! Ma cosa fate! Non si fa! Lasciateli andare ! Oh poverini, deve essere
brutto essere trattati cosi! Dai nuotate liberi.- disse Fenisa.
Ed uno dei tanti pesciolini rispose:
- Grazie! Stavo per morire, però dopo è arrivata lei, la ringrazio!-
Erlagio gridò a gran voce - Ehi! Ma perché devi dar fastidio a quella terra ed
ora perché a quella sedia lasciala in pace!-
Il ragazzo rispose:
- Ehi e te chi sei? Non te conosco non t‘ho mai visto quà e poi a do vai conciato cosi!
Ma te sei visto! Me sembri mi nonno! A regà, guardate ‘sto sfigato! Cerca de
comanamme! E poi a me che so er boss! A Bello, cambia strada sennò non arrivi a
stasera!-
-Ehi come ti permetti maleducato che non sei altro!- rispose a tono Fenisa
-E te chi saresti? Ah, aspetta, ho capito la fidanzatina de sto sfigato!-disse il ragazzo.
-Non permetterti di offenderla! - disse Erlagio.
Fenisa prese nel suo zaino la Polvere di Fata e gliela scaraventò addosso:
rimasero immobili! L’unica cosa che potevano muovere erano le labbra per
parlare! Il ragazzo e i
suoi amici gridarono:
- Ehi! Lasciaci muovere!
Fenisa rispose:
- E no, miei cari! Spiegatemi perché siete cosi! Spiegatemi il vostro
comportamento, poi vi lascerò andare .
Il ragazzo cominciò a raccontare:
– Un giorno ero in vacanza con la mia famiglia e nell’albergo dove ci
trovavamo c’era la piscina. Ebbene lì, ogni pomeriggio, c’erano delle gare di
nuoto, dove io gareggiavo bene e davo il meglio di me. Proprio quel giorno
vinsi la gara ed ero molto felice a differenza di un bambino molto più robusto
di me, che invece non era soddisfatto del suo risultato. Questo ragazzo nuotò
verso di me, con aria arrabbiata e, spingendomi la testa sotto l’acqua, mi fece
restare senza respiro per qualche secondo. Il bagnino si accorse della
situazione e si tuffò subito in acqua per salvarmi.
Erlagio rispose:
– E tu… oggi… per questo saresti così …così… beh, non so… così… cattivo?
Senza offesa ! Come ti chiami ?-
– No, non preoccuparti. Mi chiamo Emancolò. Si, mi comporto così, anche per
questo che ti ho appena raccontato… non volevo subire più altre violenze, ero
stanco di subire…Ma ora basta: è il mio turno, adesso tutti mi rispetteranno!
-Beh, sbagli, stai facendo un grosso errore, perché con la violenza e con la
vendetta le situazioni non si risolvono! Anzi, si passa alla parte del torto!
Erlaggio e Fenisa capirono che bisognava far qualcosa per Emancolò e le
persone che abitavano la Palude della Prepotenza: dovevano cambiare e
capire la lezione, così come aveva fatto Emancolò. Fu così che con un…
Plic-iti , ploc-iti ,pluf…
trasportarono tutti gli abitanti in un luogo deserto chiamato Sansis, senza
nulla oltre a dei piccoli cofanetti con sopra incisi dei nomi. Ognuno prese il
proprio e, dopo qualche istante, si udì una vocina che diceva di aprire il
cofanetto. Tutti si guardarono intorno, perplessi e anche un po’ impauriti, ma
poi aprirono ognuno il proprio cofanetto. E con un …
Plic-iti , ploc-iti ,pluf…
Di colpo, ogni persona si ritrovò in un luogo diverso. Non era un luogo
casuale, ma era lo stesso identico luogo dove, nel passato, avevano subito
delle prepotenze e delle umiliazioni che avevano lasciato ferite profonde nel
loro animo. A vedersi nuovamente lì, a rivivere nuovamente il sopruso,
sentirono nel loro cuore che dovevano far qualcosa per evitare che ciascuno
di loro diventasse come era diventato. Emancolò si ritrovò esattamente nella
piscina, esattamente in quel giorno in cui il bambino lo aveva spinto sotto
l’acqua. Il bambino si stava giusto per avvicinare, con fare minaccioso,
quando, un attimo prima che avvenisse la lite, uscì dalla piscina ed andò a
prendersi la sua medaglia. Poi andò dal bambino e, con un sorriso sincero, gli
strinse la mano: il bambino rimase sorpreso e contraccambiò il sorriso. Aveva
cambiato la storia e se stesso! Non sarebbe più stato un prepotente! Così
accadde a tutti gli altri. Ognuno di loro risolse quella ferita del passato e
divenne una persona migliore.
Una volta modificato il passato e quindi il futuro, tutti tornarono nella città e
ognuno si rimise al proprio posto senza che nessuno si facesse più del male
all’altro.
Erlagio e Ferlisa furono davvero soddisfatti della loro missione: in quella
palude, da quel giorno, regnò pace e prosperità.
Erica Proietti
Laura Rossi
Era un' ardua impresa, possibile solo a dei cavalieri leali e coraggiosi, pronti
ad aiutare gli altri: I CAVALIERI DEL BENE.
La Cima dell'Orgoglio era un luogo popolato dalle aquile più belle mai viste
sulla faccia della Terra. Avevano un corpo circondato da piume di color
bianco, ed erano le aquile più belle e veloci del reame. Potevano addirittura
portare cinque buoi in un solo viaggio. Volavano impettite, convinte di essere
gli animali migliori e più forti del regno. Abitavano sulle cime più alte, cime
che nessun altro fino ad allora aveva mai abitato.
La cima dell'orgoglio era la montagna più alta e bella del regno felice.
Era ricoperta dalla testa ai piedi di uno strato di ghiaccio duro e profondo e
perciò era impossibile salirvi in cima perché ovviamente il ghiaccio oltre ad
essere profondo e duro era anche molto scivoloso e liscio.
Monsieur Lenon era il cavaliere più ostile all’orgoglio dell'intero regno felice.
In città era considerato il più umile tra tutti i Cavalieri:indossava una
splendida armatura dorata, che tuttavia non mostrava con vanto, bensì
tendeva a nasconderla sotto un bel manto. Andava sempre in missione con il
cavallo più resistente del regno, capace di portarlo in lungo ed in largo.
Il suo compito era quello di superare la prima tappa su due ed arrivare in
cima. Arrivato a metà del percorso, il giovane cavaliere si imbatté in un orso
polare, pronto a far qualsiasi cosa per impedire a Lenon di conquistare la
Cima. L’orso, impettito e fiero, si avventò con rabbia verso Lenon, non
appena lo vide arrivare. Lenon non batté ciglio e, sfoderando la lunga
sciabola che timidamente nascondeva sotto il suo lungo mantello rosso, lo
mise in fuga in men che non si dica: mai nessuno aveva osato sfidare l’orso,
cosicché la bestia feroce si trovò del tutto impreparata di fronte a quel gesto.
Il cavaliere con fierezza continuò il suo lungo viaggio verso la cima della
montagna. Arrivato in cima il cavaliere, si imbatté in un'aquila, che cominciò
a beccarlo furiosamente sull'elmo. Il cavaliere, per difendersi dal furioso
attacco di quest'ultima, sfoderò nuovamente la sua lunga sciabola e con
agilità riuscì a tagliarle un artiglio:
<<Perché mi hai fatto questo?>>.
<<E allora perché tu mi hai beccato sull'elmo?>>.
<<Volevo trovare della carne per i miei figli! Ma tu perché mi hai tagliato
l'artiglio?>>
<<Per difendermi, ovviamente!>>.
<<Scusami, scusami!>>.
<<No, non accetto le tue scuse!>>.
<<Per favore, non toccherò mai più carne umana, ti accompagnerò in ogni
viaggio con i miei cuccioli!>>.
<<No! Mi devo fare onore, io non sono un debole!>>.
<<Vi prego signore, vedo che è stanco la porterò in lungo ed in largo, vedo
che è stanco!>>
<< Sì, sono molto stanco, ma riuscirò ad arrivare all'isola dell'avarizia! SONO
UN UOMO FORTE e non debole come tanti !>>.
<<Allora, per farmi perdonare, forte e coraggioso cavaliere, vi porterò fino ai
piedi della montagna.>>.
<<E come puoi rendere questo possibile?>>.
<<Con le mie lunghe e larghe ali!>>.
<<Va bene: per questa volta ti perdono>>.
A quelle storiche ed importanti parole, il sole ascese sulla montagna, facendo
sciogliere completamente la lastra di ghiaccio, e la montagna, da fredda e
gelida divenne in poco tempo calda e piena di distese infinite di fiori. Il
cavaliere completò la sua missione e proseguì facendo rotta verso l'isola
dell'avarizia, scendendo dalla cima da grande eroe e conquistatore.
Da quel giorno fu chiamato Monsieur Lenon “Il Conquistatore”.
Niccolò Lucci e Emanuele Quaresima
Dopo giorni e giorni di cammino, i due cavalieri: Tommy & Hanny si
ritrovarono sulla “Spiaggia Della Superbia”, luogo della loro spedizione.
Erano sbalorditi da tutte quelle creature che facevano a gara per dimostrare
chi era il migliore inoltre, non c’era da dire che la bellezza predominava quel
paesaggio. Un manto dorato ricopriva la spiaggia, morbida e soffice. Sopra di
esso, magnifiche conchiglie color grigio perlato, che alla luce del sole
brillavano, creando un fascio di luce strabiliante. Verso il mare, dei
grattacieli...o forse no...delle palme! Ognuna di essa cercava di superare
l’altra…una più bella dell’altra! Ma avevano un caratteraccio! Volevano
dimostrare a tutti i costi di essere le migliori del mondo intero, quanto ci
veniva voglia di dargli un bel calcio nel fusto! L’acqua cristallina decorava i
sassolini sotto di essi, che si arrampicavano uno sopra l’altro per raggiungere
la luce…anche senza l’approvazione dei compagni. Ogni tanto, li rinfrescava
quell’acqua…color verde smeraldo che rifletteva su di essa tutti i gareggianti
della spiaggia, ma ogni tanto, delle piccole onde si andavano a scagliare
sopra gli scogli, cercando di arrivare fino alla strada che portava alla spiaggia,
ma invano, perché venivano continuamente allontanate della loro meta dai
venti, che facevano a gara per contendersi l’amore della spiaggia.
Ogni tanto, si intravedevano delle persone che praticano ogni tipo di gara,
dal momento che non sapevano parlare con gli animali, Tommy & Hanny
decisero di parlare con quest’ultimi…
“Ehi voi!” dissero Tommy & Hanny.
“Andatevene! Io sono il più forte! Non posso gareggiare con voi, sarebbe
scontata la mia vincita!” rispose un uomo con voce gracchiante.
“Non vogliamo gareggiare! Vogliamo solo parlare!”
“Non è vero! Volete rubarmi il titolo del “Più Forte della spiaggia”! Ma non ci
riuscirete!”
“Certo che con voi non si può avere una normale conversazione!” conclusero
Tommy & Hanny
I due eroi irritati, si allontanarono dai gareggianti, cercando di trovare una
soluzione al problema.
Dopo una lunghissima giornata, i due eroi decisero di fare un bagno in quella
magnifica acqua ma, non appena si tuffarono, furono risucchiati da un vortice
che li portò magicamente in un’altra isola.
Erano spaesati, non sapevano cosa fare…
“Dove siamo finiti?” si chiese preoccupata Hanny.
“Non lo so, ma so che dobbiamo tornare indietro!” rispose alquanto insicuro
Tommy.
“Non ve ne andate! Per favore!” disse con voce soffusa qualcuno.
“Chi sei? Fatti vedere” gli chiesero gli eroi.
“Per favore, quegli esseri ignobili ci hanno rinchiusi qui dentro! Aiutateci!”
“Rinchiusi?”
“Sì rinchiusi, ci dispiace deludervi ma, siete sotto la stessa isola…”
“Cosa? Ma com’è possibile? Si può accendere una luce, non si vede nulla”
“Oh già, scusaci, ecco qua!”
Tommy & Hanny si ritrovarono davanti a tantissime persone:
vestivano abiti non molto eleganti ma, i loro vestiti semplici non erano
l’unica cosa che possedevano…avevano un carattere garbato, un modo di
parlare molto gentile, si scusavano sempre. Tenevano il capo basso, rivolto
sul pavimento, nessuno si guardava l’uno con l’altro, per ogni piccolo
movimento si scusavano inoltre, accettavano sempre di aiutarsi a vicenda.
“Perdonateci per il guaio in cui vi abbiamo cacciato…” dissero con voce
vellutata e malinconica quegli omini.
“Non vi preoccupate! Se ci uniremo potremo vincere! Ognuno di voi ha
un’abilità speciale! Se ci uniremo potremo rinnovare la spiaggia quassù!”
risposero con tono incitante Tommy & Hanny.
“No, non vogliamo crearvi altri guai, ci dispiace ma non possiamo fare altri
guai”
“Non è vero, non è colpa vostra! È solo che vi manca l’animo giusto!”
“Lasciateci stare, non sappiamo fare nulla”
“Ma dai! Se ci uniamo tutti: Io & Hanny con i nostri superpoteri,
l’intellettuale con la sua logica, il giardiniere con le sue sculture ecologiche,
l’atleta con la sua abilità, l’artista con i suoi dipinti, l’architetto e il costruttore
con le loro magnifiche costruzioni, potremo rinnovare quel posto così da
renderlo accessibile a tutti e anche dove tutti potranno sfruttare le loro abilità!”
“Va bene! Allora se lo dobbiamo fare, facciamolo!”
Così gli omini e i due eroi, cercarono un modo di risalire su. Dopo tentativi e
tentativi andati a male, proprio quando si stavano per arrendere, trovarono
una porticina sul bordo della caverna. Una volta aperta, si ritrovarono
davanti una nave volante con su scritto: “Nave Umilius, il volo con la forza
dell’umiltà”
“Dai salpiamo a bordo!” urlarono con tono potente Tommy & Hanny. La
nave, di colpo uscì dalla caverna e si ritrovò sopra l’isola, dopo di che tutta la
“ciurma” scese dalla nave e tutti esclamarono ai gareggianti:
“Ehi, siamo venuti qui per rinnovare questo posto! Ascoltateci vi prego!”
“Lasciateci stare! Non ci servono le vostre bazzecole!” risposero con tono
altezzoso i gareggianti.
“Va bene, se proprio volete vivere in questo posto dove non c’è amore,
altruismo, divertimento con tutti e gentilezza…beh fate pure!”
“Noi stiamo bene così solo con le nostre gare e competizioni”
“Ma se ci uniamo possiamo far diventare questa spiaggia accessibile a tutti,
con resort, giardini, palestre, musei d’arte, parchi, centri estetici! Dai! Per
favore!”
“Eh va bene…basta che poi saremo tutti uniti!”
“Certo! Allora…vogliamo cominciare?”
Dopo anni e mesi di lavoro duro ma divertente, riuscirono nel loro intento,
creando edifici accessibili a tutti, mantenendo nel tempo lo stesso splendore
iniziale. Tommy e Hanny erano finalmente orgogliosi del lavoro svolto: la
spiaggia della superbia divenne un paradiso terrestre, fatto di natura e
persone disponibili e altruiste, pronte ad aiutarsi vicendevolmente.
Tommaso Rossi, Nicole Sallusti.
L’unico che poteva affrontare i Monti della Paura era Danclaleo.
Era un Cavaliere forte e robusto: vestiva un’armatura splendida, preziosa e
robusta, rifinita con delle lamine di platino, incoronata da un elmo dal quale
uscivano capelli folti come la chioma di un albero e brillanti come l’oro.
Aveva un corpo agile, ma non esile, anzi: braccia e gambe avevano muscoli
d’acciaio.
Superato il mostruoso Vulcano dell’Egoismo, si ritrovò in una immensa fitta
foresta, con degli alberi altissimi, molto secchi e con dei rami, i quali
formavano una specie di scheletro. Questo posto era senza una meta, senza
una via, ma con una folta vegetazione intricata.
Danclaleo guardò in alto e notò un “tetto” di foresta blu, il quale cambiava
colore in rosso, celeste, giallo ed infine nero, nell’oscurità. Il giovane eroe
sentì dei guaiti, come di cane, versi che fin da piccolo gli avevano sempre
fatto tremare i polsi. Si fece coraggio e, alla fine della foresta, si ritrovò di
fronte ad un cane a tre teste, che sputava fuoco a destra e a manca. Il mostro,
possedeva tre teste, dieci orecchie, sette occhi ed era stato soprannominato
dagli abitanti “il cane fortunato” per i suoi numeri tre, sette, dieci. Aveva un
corpo enorme, forzuto e massiccio, dei musi larghi, con sguardi fissi su
Danclaleo. Gli occhi erano così piccoli che quasi non si vedevano. La sua
bocca enorme sfiorava il mento, a forma di punta tagliente.
L’eroe non si spaventò, perché il mostro era legato ad una corda massiccia.
Danclaleo si mosse lentamente per aggirare la creatura.
Improvvisamente però la bestia si liberò da quel mantello di stringhe, il quale
lo aveva soffocato: sputò fuori dalle sue tre bocche un fuoco giallo ed
arancione e i colori, quando si univano, componevano dei piccoli esseri
fosforescenti. La creatura magica rinchiuse Danclaleo dentro una gabbia e
sferrò sette colpi con il suo maledetto fuoco. L’eroe, con la sua astuzia, lo
aggirò rapidamente e, con la sua spada di diamante, conficcò la lama nel suo
ginocchio, dal quale uscì un liquido bianco simile al latte. La bestia, ormai,
era diventata innocua. Gli abitanti dei Monti della Paura si sentirono
improvvisamente fremere e, dopo un pianto liberatorio, tornarono a sorridere
come un tanto. I Monti esplosero di gioia e vennero chiamati “Monti della
Felicità”.
Leonardo Cianfriglia
Clarissa Ilari
Daniel Lovin
Era un ardua impresa,possibile solo a dei cavalieri leali e coraggiosi, come il
cavaliere della generosità di nome Filip, che si incamminava verso il Vulcano
dell’ Egoismo, la sua meta.
Il Vulcano era altissimo, ma era isolato da tutto e da tutti: faceva pensare a un
castello senza un piccolo villaggio attorno. Nessun animale lo abitava:
sembrava dire che non voleva nessuno. Sputava bombe incendiate per
spaventare tutti quelli che si avvicinavano e i lapilli sembravano fuochi d’
artificio che terrorizzavano chiunque lo volesse ostacolare. Le rocce erano
scagliate fuori dalla sua bocca con violenza e, in lontananza, si intravedevano
uomini pietrificati che avevano provato a distruggerlo. Gli unici ad abitare
nei suoi paraggi erano gli Uomini di Lava, litigiosi uomini che vivevano nel
fondo valle.
Filip era ben intenzionato a cambiare il Vulcano.
Filip era alto ben piazzato,aveva lunghi capelli biondi,occhi celesti come il
mare in tempesta. Un piccolo nasino dava al suo viso un’espressione
dolcissima. Aveva un lungo mantello di cuoio e un lungo vestito nero, con
dei piccoli buchi qua e là, a memoria di altre imprese per salvare molta gente.
Aiutava chiunque avesse bisogno, il suo carattere era meraviglioso e aveva
sempre il sorriso.
Per sconfiggere il Vulcano dell’ Egoismo, doveva recuperare il cristallo della
generosità che si trovava dentro il vulcano, ma prima di questo, doveva
superare il villaggio e placare tutti i litigi che avevano gli Uomini di Lava.
Dopo di che, doveva aiutare gli abitanti del villaggio a risolvere i loro
problemi e dare a loro qualcosa di prezioso per far nascere la generosità
anche nel cuore degli Uomini di Lava.
Così Filip si addentrò nel villaggio litigioso:
-Cosa fai? Sei stupido!
-Senti chi parla! Anche tu sei stupido.
E di questi insulti se ne sentivano per tutto il villaggio. Cosi il cavaliere cercò
di placare la situazione ricordando a tutti quanto l’egoismo facesse male,
ferisse le persone e le chiudesse in se stesse, impedendole di essere felicii.
Gli uomini di lava, a sentire quelle parole, fecero subito pace.
Ma la prova non era finita qui, doveva superare la prova della generosità, in
modo da liberare gli abitanti dal brutto vizio.
Il cavaliere, allora, dal suo sacco, tirò fuori ogni sorta di pietra preziosa,
rubini, smeraldi, zaffiri e le regalò ad ogni abitante, in modo che provasse
dentro di sé la bella sensazione del ricevere qualcosa in dono. Gli Uomini di
Lava quasi si sentirono sciogliersi di fronte a tal dono….
La prova era stata superanta e Filip quindi aprì lo scrigno.
-Grazie Filip di averci liberati dall’ipnosi, non eravamo coscienti di quello che
facevamo. Non abbiamo intenzioni cattive, vogliamo vivere tutti in pace!-
dissero gli Uomini di Lava
-Questo è il mio dovere, salvare il mondo dal male e dalle sue avversità –
rispose felice il cavaliere - Ora questo vulcano sarà la vostra casa.-
-Non possiamo come ringraziarti, ma in cambio sarai il sovrano del Vulcano.
Allora Filip accettò la richiesta e trasformò il Vulcano dell’ Egoismo nel Lago
della Generosità.
Matteo Paolacci, Valerio Panci; Elisa De Paolis
Il Regno del Maleficio, ormai, era quasi irriconoscibile, da quando i Cavalieri
del Bene avevano dato una svolta a quel luogo: il Paese dei Litigi era
luminoso e tranquillo, la Valle dell’ Indifferenza era splendente e curata, Il
Vulcano dell’Egoismo era diventato un lago limpido e popolato dagli uomini
d’acqua, la Foresta della Pigrizia era ormai rigogliosa e lussureggiante, la città
della Palude della Prepotenza era tornata ad essere abitata, la Cima
dell’Orgoglio si era trasformata in una vetta assolata e piena di fiori, il Monte
della Paura era popolato da persone felici e infine la Spiaggia della Superbia
era ormai accessibile a tutti e piena di rispetto per gli altri. Dappertutto,
regnava la felicità e l’armonia e ogni angolo del regno sembrava un paradiso
dipinto dal miglior pittore. Tutto era tornato magnifico come un tempo,
tranne l’ Isola dell’Avarizia.
Essa, tutta solitaria era nell’ultima parte del regno, isolata dal resto della
popolazione. Tutte le case erano diroccate, dato che tutti i suoi abitanti
tenevano per sé i soldi, invece di spenderli per ristrutturare. Per tutta l’isola,
era impossibile trovare supermercati, cibo, alberghi, dal momento che
nessuno voleva mettere a disposizione nulla. Per questo motivo, l’isola era
divisa in una parte ricca e una parte povera, a metà delle quali sorgeva
un’antica colonna con sopra lo scrigno del Rubino Benefico. Questa colonna
era stata protetta dal signor dell’ egoismo con una magia nera: era avvolta da
una spirale di fumo oscuro che emetteva fulmini in ogni direzione e
impediva a chiunque di avvicinarsi.
“Dobbiamo fare assolutamente qualcosa per l’Isola dell’Avarizia! Forza
Cavalieri del Bene! Diamoci da fare!” incitarono Danclaleo e Erlagio
“Forza pigroni! Sfoderiamo le spade! Andiamo all’attacco!” Esclamò
Tuttofare
“è ora che tutti tornino ad avere la pace, l’onestà e l’altruismo!” dissero in
coro Pacifico, Fenisa e Marclà
“E non dimentichiamo il perdono la generosità e l’umiltà!” esclasmarono
Lenon, Filip, Tommy & Hanny
Così, tutti baldanzosi e fiduciosi sull’Umilus, la nave volante e in un batter
d’occhi si ritrovarono sulla Spiaggia dell’Avarizia.
“Dove si troverà lo scrigno con il rubino?” domandò Lenon con aria
pensierosa
“Ma forse so chi ci può aiutare” mise due dita in bocca e fischiò così forte che
quasi tremò l’aria. Improvvisamente spuntò un aquila reale che si poggiò
sulla spalla di Lenon.
“Sono qui padrone” disse l’aquila
“Vola in alto e trovami lo scrigno”.
L’aquila si alzò in volo e non appena i cavalieri del bene la videro scendere
in picchiata emettendo un verso stridulo e acuto, si avvicinarono al centro
della città e trovarono la colonna.
“Maledizione! C’è una magia da battere” sbottò Philip
“Non temere! Tutti insieme siamo più forti di ogni maleficio!” esclamò
Tuttofare
Subito i cavalieri del bene si disposero a cerchio intorno alla colonna e si
diedero la mano formando un enorme cerchio di luce. la luce come un
turbine si avvinghiò alla colonna fino a stritolarla insieme allo scrigno.
Il rubino si sollevò in aria e sprigionò un enorme arcobaleno che scese sotto
forma di polvere colorata.
Non appena la polvere si posò sulle strade e sui tetti l’Isola dell’Avarizia si
trasformò come per magia. I bambini cominciarono a festeggiare, tirandosi i
coriandoli e facendosi regali l’un con l’altro.
A vedersi definitivamente sconfitto il Signor dell’Egoismo, si trasformò in un
liquido nero che fu risucchiato al centro della terra, nel bel mezzo di una
voragine infernale dove soffrirà per l’ eternità…
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