ImmunoncologiaInnovazione e Personalizzazione Terapeutica
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INDICE
Gli autori, il board, il coordinamento del progetto 5
Sommario 7
Introduzione 11
Immunoncologia: un cambio di paradigma concettuale e terapeutico 11
Il sistema immunitario e i tumori 12
Scoperta degli “immune checkpoints” inibitori: una rivoluzione nel trattamento dei tumori 13
Cosa c’è oggi? 21
Un tumore: alcuni fattori di rischio 21
L’immunoterapia nell’area delle patologie a oggi 22
Le patologie prese in considerazione 24
Le conseguenze 31
I fattori predittivi e indicatori della risposta 31
Quali sono i criteri di valutazione del risultato terapeutico i biomarkers 34
La valutazione economica della cura 37
Conclusioni 39
Il medico e il paziente nell’immunoncologia 39
Acronimi 41
Bibliografia 43
direttore responsabileGUIDO GENTILI
Allegato al numero 41del 14 novembre 2017
reg. Trib. Milano n. 679 del 7/10/98
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Gli autori
Paolo Antonio Ascierto (Napoli) Valentina Bertaglia (Torino) Giampaolo Bianchini (Milano) Sergio Bracarda (Arezzo) Carmen Criscitiello (Milano) Luca Gianni (Milano) LisaLicitra (Milano) Alberto Lombardi (Milano) Paolo Marchetti (Roma) Francesco Saverio Mennini (Roma) Silvia Novello (Torino) Sergio Pecorelli (Houston, TX, USA) Andrea Peracino (Milano) Armando Santoro (Rozzano, Milano) Pierluigi Zinzani (Bologna)
Il board del progetto
Paolo Antonio ASCIERTO Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale UOC Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative Napoli
Valentina BERTAGLIA Dipartimento di Oncologia Università di Torino AOU S. Luigi Gonzaga Regione Gonzole 10 Orbassano (Torino)
Giampaolo BIANCHINI Dipartimento Oncologia Medica Ospedale San Raffaele Milano
Sergio BRACARDA Direttore Dipartimento di Oncologia Azienda USL Toscana SudEst Istituto Toscano Tumori (ITT) Ospedale San Donato Arezzo
Carmen CRISCITIELLO Divisione Sviluppo Nuovi Farmaci per Terapie Innovative Istituto Europeo di Oncologia Milano
Luca GIANNI Direttore Dipartimento di Oncologia Ospedale San Raffaele Milano
Lisa LICITRA Direttore S.C. Oncologia Medica 3 Tumori TestaCollo Istituto dei Tumori e Università di Milano Milano
Paolo MARCHETTI Professore Ordinario UOC di Oncologia Università La Sapienza eAzienda Ospedale Sant’Andrea Roma
Francesco Saverio MENNINI Research Director Centre for Economic Evaluation andHTA (EEHTA) CEIS, Faculty of Economics University of Rome Tor Vergata Institute of Leadership and Management in Health, Kingston University London, UK
Silvia NOVELLO Dipartimento di Oncologia Università di Torino AOU S. Luigi Gonzaga Regione Gonzole 10 Orbassano (Torino)
Sergio PECORELLI Giovanni Lorenzini Medical Foundation Houston, TX, USA
Andrea PERACINO Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation Milano
Armando SANTORO Direttore Humanitas Cancer Professore di Oncologia Humanitas University Istituto Clinico Humanitas IRCCS Rozzano (Milano)
Pier Luigi ZINZANI Professore di Ematologia Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli” Università di Bologna Bologna
Coordinamento del progetto
Emanuela Folco, Alberto Lombardi, Andrea PeracinoFondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation (Milano Houston, TX, USA)
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La Fondazione Giovanni Lorenzini (www.lorenzinifoundation.org), con sede in Italia a Milano e negli USA a Houston (Texas), è Ente Morale senza fini di lucro legalmente riconosciuto dallo Stato Italiano con DPR 243 del 30 marzo 1976, ed è registrata nel Board degli enti nonprofit riconosciuti dallo Stato del Texas (USA). Dal 1969 promuove la diffusione delle conoscenze bioscientifiche, biomediche, cliniche e di bioeconomia nell'ambito della Medicina translazionale, sia in Italia che all’estero. L’obiettivo primario della Fondazione è far sì che le principali acquisizioni della ricerca di base e clinica vengano rese disponibili e applicabili sia presso la comunità medica nazionale ed internazionale che presso i cittadini. Per questo la Fondazionemantiene e stabilisce collaborazioni e intese con le principali istituzioni accademiche del mondo, occupandosi anche di formazione e aggiornamento sulla proiezione, a favore del cittadino, della sostenibilità clinica ed economica del percorso medico. La Fondazione ha un ruolo riconosciuto internazionalmente di facilitatore indipendente e di promotore di efficaci campagne diprevenzione nei confronti delle patologie a largo impatto sociale. In prospettiva di soluzionispecifiche la Fondazione mette la sua ultraquarantennale esperienza nel campo della comunicazione sulla salute a disposizione di organizzazioni nazionali e internazionali, come università, ospedali, società scientifiche, industria, mondo dell’economia e non ultimo il mondo regolatorio e di decisione politica.
Segreteria del progetto
Elena ColomboFondazione Giovanni Lorenzini Medical Science FoundationViale Piave, 35 20129 MilanoTel.: 02 29006267 Fax: 02 29007018Email: [email protected]: www.lorenzinifoundation.org
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L o studio e il trattamento del cancro richiedono uninsieme di percorsiurgenti e impre
scindibili per aumentare la sopravvivenza e ridurre le sofferenze di una parte assai ampiadell’umanità.Gli obiettivi, i percorsi e gliinvestimenti in quella che èchiamata “lotta ai tumori” rappresentano una parte fondamentale della ricerca e dell’assistenza per la salute in tutte leetà. In questa prospettiva, èsempre maggiore l’attenzioneda parte di tutti gli attori coinvolti su quale sia l’azione daintraprendere per raggiungereun risultato che abbia un impatto significativo sulle persone affette da tumore e, conseguentemente, sui loro familiari.Infatti, se da un lato ci sonodelle peculiarità epidemiologiche che variano da Paese a Paese, non si può dimenticareche l’essere umano è semprelo stesso, ovunque, dal puntodi vista anatomico, fisiologico edi risultato atteso nell’areamedica. Appare, quindi, sempre più profondo il legame del soggetto prima e/o durante lamalattia con il mondo medicoe sociale, oltre che con il mondo della ricerca e dell’investimento scientifico. È quindi importante che tutti gli esperti inquesto campo possano lavorare insieme per sostenerela difesa e la promozionepolitica d’intervento efficace e tempestivo, oltre chedi prevenzione e di promozione culturale. Le conoscenze nel trattamento delcancro sono in via di miglioramento e quelle che rappre
sentano un nuovo percorsod’intervento richiedono nonsolo o non tanto una strettavalutazione del rapporto costo/beneficio, ma soprattutto una valutazione del rapporto investimento/beneficio edel costo opportunità per consentire di stimare da un punto di vista strettamente medico ed economico il reale beneficio per il soggetto e per la società. Sempre più in quest’areasi disegnano percorsi a volteperfetti dal punto di vista medico, ma difficili da valutare neiconfronti del paziente in terapia, e non compresi da chi per motivi di politica gestionale deve affrontare e valutarela sostenibilità dell’intervento.Spesso si assiste a una separazione di campi, o diresponsabilità, in considerazione del rispetto reciproco tra il versante medico e il versante di controllo del processo. Questa separazione può erigere dellebarriere difficili da superare per chi investe nella ricerca e
nella produzione per dare al sistema strumenti terapeutici innovativi e adeguati. Apparequindi molto arduo valutare lagiusta strada di sviluppo quando tali istituzioni sono separate, mentre una stretta collaborazione fra le partirappresenta l’unica, anchese non semplice, modalitàdi procedere. Anche se in ogni campo dellamedicina sosteniamo tutti cheil paziente è al centro, questo centro viene diviso in diversearee di subcentralità, per la mancanza di un concetto di investimento in comune che sia unico per tutti, compresi coloro che sono intorno al paziente. La medicina non può avere altre strade. È indubbioche nel campo dei tumori lo sviluppo della ricerca e lo sviluppo della clinica sono riusciti a cambiare non solo le attese,ma la modalità stessa con cui la società e la persona affrontanooggi questi temi, con un coinvolgimento dei sistemi di controllo e di investimento semprepiù concreto, con grande attesa di miglioramento continuograzie al loro agire insieme.Il campo dell’immunoncologia si sta dimostrandomolto efficace nel trattamento di pazienti con cancro avanzato, ma richiede uncostante processo di controlloe di miglioramento. Importante è anche l’identificazione e lacaratterizzazione di diversepopolazioni immunocellulariche rappresentano lo stato disalute o di malattia. Di qui lanecessità di identificare biomarkers adeguati e una valutazione continua di ordine metodologico per identificare lo
Sommario
È importanteche tutti gli espertiin questo campo lavorino insiemeper la promozione politica d’intervento efficace e tempestivo,oltre che di prevenzione e di promozione culturale
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L’identificazione del giusto paziente e della giusta terapia rimane essenziale nello sviluppo di percorsi immunoncologici personalizzati
stato della malattia “di base” ela sua eventuale riduzione. Altrettanto importante è capirequanto le cellule tumorali evadano la sorveglianza immunologica. Una quota non trascurabile di pazienti non rispondealla terapia immunologica, o,se risponde, non lo fa con unarisposta completa e scevra daeffetti collaterali negativi sullaqualità di vita. Esiste poi un cambiamento di risposta, permotivi genetici, della cellula tumorale durante la terapia.L’identificazione del giusto paziente e della giusta terapia rimane quindi ancora oggi unaspetto essenziale nello sviluppo di percorsi immunoncologici personalizzati. Nel tumoredel polmone, per esempio, èstato possibile a oggi identificare un biomarcatore predittivo di risposta agli immunoterapici (l’espressione di PDL1) che oggi è usato in clinica perla scelta del trattamento sia inprima sia in seconda linea (1.The National ComprehensiveCancer Network (NCCN) Guidelines, https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/f_guidelines.asp). Per una caratterizzazione del microenvironment ènecessaria la quantificazionedei sottotipi qualitativi dellecellule immunologiche, il monitoraggio continuo dell’espressione dei livelli dei geni dell’immune checkpoint, la misurazione del carico mutazionale, la caratterizzazione del repertorio delle T cellule, equesto nell’ambito dei diversitipi di tumore in studio. Esisteancora una vasta necessità diidentificare con adeguati biomarkers non solo il percorso,ma le variabili prevedibili e imprevedibili della cura. Gli sviluppati percorsi antiCTLA4 eantiPD1 non sono, infatti, gli
unici nell’incessante sviluppodegli studi dell’immunoncologia. L’immunoncologia oggi – oltrea puntare ai risultati e alle risposte – mira a integrarsi inmaniera armonica nel mondopiù vasto della medicina, si vadefinendo lo stato dell’arte, cisono nuovi orizzonti da esplorare. C’è necessità di sostenere e promuovere lo sviluppodi nuovi percorsi terapeutici el’area registrativa, senza dimenticare il valore economico che le nuove procedure hannoper la salute, senza distinzioni di età, etnia o genere. In questo contesto è fondamentale la
cooperazione tra varie professionalità, non solo mediche.Inoltre, l’appropriata scelta degli endpoints fornisce una garanzia per i sistemi di valutazione.Molte sono le aree in cui l’immunoncologia sta portandodei risultati: ad esempio, l’incremento dei cancer survivors e, quindi, la necessità disfruttare nuove strade chepossano facilitare la divulgazione del miglioramento dei risultati ottenuti. Pertanto, è necessario aprire un nuovo canale di comunicazione attraversoi media (intesi come riviste,pagine web, social network...).
Parte integrante dell’immunoncologia è lo sviluppo deivaccini, sia “profilattici”, tipoquello per HPV, sia “terapeutici”, come quello per HBV (2. Guo et alii, 2013; 3. Mlief et alii,2015). Molti di questi temi rappresentano problematicheda sviscerare e da incanalare. Questo documento sicuramente non darà tutte le risposte necessarie. Si limiterà ariprendere alcuni temi, perevidenziarne il valore nell’ambito dei percorsi ritenuti indispensabili nella necessaria collaborazione tra medicina e istituzioni, il mondo dello sviluppo industriale e l’azione del controllo decisionale di ordineesecutivo, considerando la base economica nell’area dellasalute. In relazione a questa necessaria condivisione, i due principali sistemi di immune checkpoints, che sono a oggi bersaglio terapeutico di farmaciche hanno già dimostrato diessere clinicamente attivi, sono rappresentati da CTLA4 ei suoi ligandi (CD80 e CD86)e da PD1 e i suoi ligandi (PDL1 e PDL2). Questi due sistemi di controllo immunitarioagiscono in due punti differenti dell’interazione tra sistema immunitario e tumore.I motivi principali per i qualiquesti farmaci sono considerati rivoluzionari sono i seguenti:possono offrire un lungo controllo della malattia e probabilmente anche guarigione (trattamento guaritivo) per un piùo meno limitato numero di pazienti (che dipende principalmente dal tipo di tumore, maanche da molte altre caratteristiche che verranno illustrate più avanti), ai quali fino a oggisi potevano offrire solo tratta
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... il vero “farmaco” non è l’inibitoredei checkpoints immunitari,ma il sistema immunitariostesso
menti finalizzati a un prolungamento della sopravvivenza ocontrollo dei sintomi (trattamenti terapeutici).Siccome l’uso di questi farmacinell’uomo è relativamente recente, purtroppo non si dispone di un periodo di osservazione sufficientemente lungoper definire con assoluta certezza che una frazione di pazienti possa essere effettivamente guarita. Questo deveportare a grande cautela nell’estrapolazione dei dati disponibili, in particolare se si volesse stimare per ogni patologiaquale frazione di pazienti potrebbe ottenere questo “grande risultato”. In pazienti con melanoma, carcinoma polmonare e renale in stadio avanzato, si osserva che a distanza ditempo le curve di sopravvivenza, che indicano la percentualedi pazienti ancora vivi a un dato periodo di tempo dall’iniziodell’osservazione, tendono adiventare “quasi piatte” dopocirca tre anni, un dato quantitativamente diverso rispetto aprima. Questo suggerisce chemolti dei pazienti ancora vivi aquel punto potrebbero averderivato un beneficio clinicoche si mantiene nel tempo,con alcuni di questi pazientiche potrebbero alla fine risultare completamente guaritidalla terapia. La ragione biologica di questo beneficioprolungato nel tempo èche il vero “farmaco” nonè l’inibitore dei checkpointsimmunitari, ma il sistemaimmunitario stesso. Questi farmaci stanno dimostrando che un’efficace attivazione del sistema immunitario(una immunoterapia) può portare a un beneficio clinico, non soltanto in quei pochi tumoriun tempo ritenuti “immunoge
nici” (melanoma e, in parte,carcinoma del rene), ma inmolti tipi di neoplasie solideed ematologiche, anche sel’entità del beneficio, soprattutto in termini di frazione dipazienti da cui deriverà una risposta clinica e pertanto unbeneficio importante dai farmaci, è molto diversa da neoplasia a neoplasia.Anche le modalità di monitoraggio clinico di queste terapiedovranno essere in qualchemodo rivoluzionate. Infatti, isistemi radiologici standard (eco, TC, RM) possono a volte descrivere un transitorio e“fuorviante” aumento delle di
mensioni del tumore (o anchela comparsa di nuove lesioniprima non visibili), suggerendo una progressione di malattia, nonostante si osservi poi unarisposta ai farmaci. Questo èdovuto al fatto che il tumore si riempie di linfociti che occupando spazio fanno sembrare la lesione più grande.Tale fenomeno è chiamatopseudoprogressione.Anche il concetto di durataottimale di somministrazione andrà verosimilmenteridiscusso in futuro per questaclasse di farmaci. Infatti, gli inibitori dei checkpoint immunitari consentono di fare una
specie di reset del sistema immunitario riportandolo a unafase precedente a quella diescape nella quale riescono a eliminare o controllare il tumore. Pertanto, una volta ottenuto il reset del sistema, èverosimile che il farmaco possaessere interrotto, poiché il sistema stesso può poi proseguire a svolgere la sua azioneantitumorale senza necessitàdi ulteriore supporto, salvoche il tumore riattivi meccanismi di escape immunitaria.Il numero impressionante dicombinazioni in fase di sviluppo (più di 800 nel 2016, mache crescono a un ritmo rapidissimo) rende ragione del fatto che questi farmaci potrebbero costituire verosimilmente il backbone (la strutturaportante) di molte combinazioni innovative. Un esempio èdato dall’approvazione dellacombinazione nivolumab+ipilimumab nel melanoma e dallarecente approvazione da FDA della combinazione chemioterapia+pembrolizumab per iltrattamento di prima linea deltumore polmonare non a piccole cellule. Questa rappresenta una delle prime combinazioni d’immunoterapia echemioterapia a essere approvata nel tumore del polmone,sulla base di dati molto promettenti provenienti da unostudio clinico randomizzato (1.The National ComprehensiveCancer Network (NCCN) Guidelines, https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/f_guidelines.asp; 4. Langer et alii, 2016).Emergono due dei punti piùcritici in termini di prospettiva:la sostenibilità economicadei sistemi sanitari e la necessità stringente di quella cheè chiamata “immunoterapiadi precisione” (precision
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immunology), la messa a punto cioè di marcatori cheidentifichino chi realmentepuò trarre beneficio da questaclasse di farmaci, sia come monoterapia sia come terapie dicombinazione. La gestione della sicurezzadel paziente comporta losviluppo di criteri di valutazione della risposta ad hoc perl’immunoterapia sia in campooncologico sia ematologico.L’elemento determinante è caratterizzato dalla indicazione aproseguire il trattamento immunoterapeutico in corso, anche in presenza di progressione radiologica, laddove vi siaun beneficio clinico da partedel paziente e non vi siano sintomi correlati alla malattia.I decisori devono compiere la propria valutazione alfine di assicurare un corretto e sostenibile accessoalle nuove tecnologie (nello specifico i farmaci) spesso in un contesto di risorselimitate. Ciò è particolar
mente vero quando devonofornire trattamenti terapeuticiche consentono di risparmiare, prolungare o migliorare lavita a pazienti affetti da patologie di natura oncologica, condizioni rare o in soggetti conlimitate opzioni terapeutiche.Anche se è più complesso emolto meno riconosciuto, peri nuovi prodotti oncologici, viè chiaramente un legame tra lecondizioni economiche, i benefici in termini di miglioramento della salute della popolazione e la sostenibilità a medio termine della loro introduzione tanto per il SSN quantoper il sistema sociale e previdenziale. È ormai acclarato l’impattoche i nuovi farmaci possonoavere non solo in termini dicosti sanitari diretti ma anchein relazione ai costi non sanitari diretti (spesa out of pocket in particolare) e indiretti, intesi quali perdita di produttività e di impatto sulla spesa previdenziale.
Urge una valutazione omnicomprensiva in rapporto anche ai risultati. L’immunoncologia si riflette non solo sul paziente, ma anche su tutta l’organizzazione medica efamiliare che ruota attorno al paziente. La durata del trattamento e la necessità di unacontinuazione dello stesso negli anni con l’utilizzo di farmaci non strettamente legati allapatologia, ma alla risposta delsingolo soggetto, richiede una stretta collaborazione delmondo strettamente oncologico con le figure che assistonoil paziente, tra cui il medico difamiglia, l’infermiere di territorio e gli altri specialisti di medicina che possono dare unaiuto concreto. In questa prospettiva non limitante, mastrettamente legata alla persona, va ricostruito tutto unnuovo approccio per riconsiderare la risposta individuale,al di là della progressione dellamalattia e della risposta al farmaco. O
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Figura 1
Immunoncologia: un cambio di paradigma concettuale e terapeutico
I tumori solidi in Italia: un’emergenza epidemiologica La cura dei tumori rappresentada sempre una delle sfide piùimpegnative nella medicina.L’incidenza complessiva dei tumori nei paesi sviluppati, inclusa l’Italia, è ancora in aumento;pertanto, l’oncologia rappresenta non soltanto una sfida dal punto di vista medico, maanche dal punto di vista della sostenibilità economica e dell’impatto sociale. Per dare un’idea di ciò che questo significa nel concreto, in Italia, se sistima una vita media di un individuo pari a 80 anni, un uomosu due e una donna su tre svilupperà un tumore (Figura 1).
Un nuovo pilastrodel trattamento oncologico di oggi: l’immunoncologiaFino a poco tempo fa i pilastri
del trattamento oncologicoerano rappresentati da chirurgia e terapie locoregionali, radioterapia, chemioterapia, eterapie a bersaglio molecolaree ormoterapia. L’ottimizzazione e l’avanzamento di questitrattamenti, la disponibilità dinuove ed efficaci terapie a bersaglio molecolare e lo sviluppodi approcci sempre più multidisciplinari e integrati, con lacreazione delle disease unitsha portato a un significativomiglioramento della prognosinella maggior parte dei tumorisolidi. Grossolanamente, a seconda dello stadio clinico dellamalattia e delle sue caratteristiche, i trattamenti medicipossono avere una finalità guaritiva o terapeutica. Questi duetermini hanno un significatoprofondamente diverso e nondevono essere confusi. Per intervento terapeutico a intento “guaritivo” si intende, almeno potenzialmente, un trattamento che abbia come finali
tà l’eradicazione completa deltumore o l’assenza di recidiva per il restante periodo di vitadel paziente. Per intervento“terapeutico” si intende invece un atto con intento terapeutico, finalizzato cioè al controllo della malattia per un periodo più lungo possibile, conconseguente prolungamentodella sopravvivenza, nonchévolto a migliorare i sintomi ela qualità di vita; tuttavia, solitamente accade che – a uncerto punto si verifichi unaprogressione di malattia, chealla lunga può causare la morte del paziente. Nonostante gli indiscutibiliprogressi fatti, i tumori solidiin fase metastatica, cioè conestensione a organi differenti da quello di partenza, sono generalmente delle neoplasieconsiderate curabili, ma nonguaribili con i trattamenti medici a disposizione. In questo scenario, la vera rivoluzione medica rappresen
Introduzione
Numero di soggetti che è necessario seguire nel corso della vita (da 0 a 84 anni)per trovarne uno che sviluppi un tumore (Pool airtum 20082012)
Uomini Donne
1:2 1:3
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tata dall’immunoterapia è lapossibilità, anche se in un piùo meno piccolo o piccolissimo gruppo di pazienti (dipende dalla patologia considerata), di rendere guaribile unamalattia considerata fino a oggi soltanto curabile (5. Hellmann et alii, 2016; 6. Rosenberg, 2012).
Il sistema immunitarioe i tumori
Sistema immunitarioinnato e adattativo,discriminazione tra “self” e “non self”Il sistema immunitario è notoa tutti per essere in grado didifenderci dalle infezioni in modo estremamente efficiente. Infatti, un suo deficit di fun
zionamento si manifesta drammaticamente con le infezioni opportunistiche e spesso letalilegate alle immunodeficienzeprimarie o acquisite. Alla basedi questa sua capacità di difenderci da patogeni “estranei”c’è un finissimo e complicato sistema che permette di discriminare tra ciò che è self e ciò che è non self. Self è tutto ciòche appartiene al nostro corpo, in particolare le proteineche costituiscono le nostrecellule. Il nostro sistema immunitario apprende a livello del timo a riconoscere e nonaggredire queste proteine normali (tolleranza immunologicacentrale). Quando questomeccanismo di regolazione fallisce, si genera una reazione
del sistema immunitario verso le nostre stesse cellule creando una situazione di malattia:le malattie autoimmuni. È abbastanza semplice comprendere che il sistema immunitario possa riconoscere come non self i microrganismi(batteri, virus, protozoi, miceti...) sia tramite meccanismiaspecifici (innati, pronti all’uso) sia tramite meccanismipiù fini e specifici (adattativi,che richiedono una fase di apprendimento). Ma quello chepuò apparire più sorprendente e che oggi sappiamo conprecisione è che il nostro sistema immunitario è in gradodi riconoscere come non selfed “eliminare” anche molti tumori, almeno in una loro faseiniziale di sviluppo, in un processo che è stato chiamato diimmunosorveglianza (7. Schreiber et alii, 2011). Il più importante segnale di “estraneità”(foreignness) che il sistema immunitario è in grado di individuare è la presenza di mutazioni nelle proteine. Questeproteine mutate da una partepossono conferire dei vantaggi di crescita alle cellule tumorali (es. crescita rapida e senza controllo, immortalizzazione delle cellule), ma dall’altraintroducono delle modifichealla sequenza della proteinache la rende potenzialmentediversa da quella normale dell’individuo, quindi riconoscibile come estranea dal sistemaimmunitario: da qui il terminedi neoantigene. Questeproteine si comportano inmodo simile alle proteine diun altro individuo, per esempio diventato diverso dopo untrapianto d’organo (portandoal rigetto dell’organo impiantato) e quindi, in questo caso,portando al rigetto del tumo
Componenti e funzionamento del sistema immunitario
In una rappresentazione molto limitata e semplificata, il sistema immunitario è costituito dalle seguenti cellule: • Linfociti T CD8: sono le cellule che possono riconosceree uccidere cellule infettate da virus o tumorali quando esprimono proteine “estranee” (es. virus) o mutate (es. tumori, icosidetti “neoantigeni”) che risultano diverse antigenicamente da quelle self dell’organismo.• Linfociti T CD4: (Th1 e Th2): sono cellule che riconoscono specifici antigeni virali o tumorali e il cui ruolo principale è di aiutare le cellule CD8 o i linfociti B a svolgere piùefficacemente il loro lavoro.• Linfociti B e plasmacellule: i linfociti B sono in grado una volta riconosciuto un antigene di produrre immunoglobuline (anticorpi) dirette contro l’antigene. • Cellule dendritiche: hanno il ruolo chiave di insegnarealle cellule del sistema immunitario (linfociti T e B) a riconoscere l’antigene (il non self) e di espanderle numericamente.• Macrofagi: (polarizzazione M1 e M2): a seconda del tipofunzionale, possono avere un ruolo chiave nel favorire o nel contrastare la funzione del sistema immunitario.• Cellule NK: sono in grado di riconoscere sul tumore alcune alterazioni non specifiche, come la perdita del sistemadi presentazione degli antigeni e segnali di pericolo.• Citochine: sono molecole che contribuiscono al dialogotra tutte le cellule elencate e possono sia favorire sia limitarela funzione di linfociti.
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re. Comunque, il tumore proprio grazie alla sua plasticità molecolare e alla sua capacità di generare nuove mutazioni mette in atto dei meccanismi di fuga (escape) capaci di evadere il controlloimmunitario. Tra questi meccanismi vi è anche l’espressione di alcune proteine che fungono da freno e inibiscono ilinfociti nella loro funzione.Tra questi freni, vi è una proteina chiamata PDL1, la quale, riconoscendo sui linfocitiun’altra proteina chiamataPD1, produce un segnale inibitorio.
Scoperta degli “immune checkpoints” inibitori:una rivoluzione neltrattamento dei tumori
Dalla biologia alla terapia: meccanismo d’azionedegli inibitori dei checkpoints immunitari Nelle ultime decadi, l’immunoterapia applicata ai tumori aveva puntato su due possibilistrategie: la prima era quella diestrarre dal paziente con tumore i linfociti T capaci di riconoscere e distruggere le cellule tumorali, espanderli in laboratorio e reinfonderli nel
paziente (chiamata adoptivecell therapy) (8. Rosenberg etal, 2015); la seconda si basavasu strategie che potessero attivare il sistema immunitariocontro il tumore, un po’ comese questo fosse una macchinaferma cui rimuovere il frenoperché potesse essere avviata.Gli approcci più rappresentativi sono stati: 1) lo sviluppodi vaccini antitumorali, i quali avevano l’obiettivo di insegnare al sistema immunitariocome riconoscere il tumore,che purtroppo si sono rivelati,al momento, clinicamente inefficaci e 2) la somministra
Figura 2
(A)Approcci storici convenzionali
Attivare il sistema immunitarioVaccini
Citochine (IL2, interferon)
(C)
Sistemaimmunitario
Sistemaimmune
Sistemaimmunitario
Il futuro prossimo: le combinazioniAttivare il sistema immunitario
e rimuoverne i freni
(B)Nuovo approccio
Rimuovere i freni del sistema immunitarioImmune-checkpoints inibitori
Legenda Figura 2: Gli approcci convenzionali all’immunoterapia sono stati rivolti per anni a trovare un modo per«muovere e velocizzare» la macchina costituita dal sistema immunitario (A). Oggi si sa che il sistema immunitario èspesso già potenzialmente capace di agire riconoscendo e aggredendo il tumore ma è frenato da sistemi di controllo (“immune checkpoints”) che, se rimossi, permettono al sistema immunitario di funzionare ed eliminare il tumore (B).Purtroppo il beneficio dei farmaci che agiscono su questi freni (inibitori dei checkpoints immuni) è confinato a unnumero limitato di pazienti. Numerosissimi studi sono in corso per estendere questo beneficio a più pazienti tramite la combinazione di farmaci che sblocchino e al contempo attivino il sistema immunitario. Infatti, se è inutile togliere il freno a una macchina ferma, è al contrario indispensabile toglierlo a una macchina che si vuole spingere (C).
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zione di citochine come interferon e IL2 ad alte dosi ingrado di attivare una risposta immunitaria efficace, ma in poche patologie (melanoma ecarcinoma renale) e al prezzodi elevate tossicità.La scoperta che il sistema immunitario usa dei regolatorinegativi (dei freni) (9. Pardoll,
2012; 10. Disis et al, 2017) per impedirne una eccessiva e non regolata attivazione (da qui ilnome di immune checkpoints che significa “meccanismi dicontrollo, di blocco, del sistema immunitario”) ha fornito lefondamentali premesse allosviluppo di una nuova e rivoluzionaria classe di farmaci: gli
inibitori degli immune checkpoints. In sostanza, si è compreso che il sistema immunitario relativamente al tumore non è una macchina ferma, madeve essere necessariamentespinta o avviata affinché svolga la sua azione (Figura 2). Alcontrario, il sistema immunitario è spesso già in grado di ri
Figura 3
Legenda Figura 3: Rappresentazione grafica del funzionamento degi inibitori dei checkpoint immunitari che agiscono su CTLA4 (a sinistra) o sull’asse PD1/PDL1 (a destra). L’interazione tra CTLA4 e i suoi ligandi avviene in una faseprecoce di attivazione dei linfociti T (fase di priming) da parte delle cellule che presentano l’antigene (oneoantigene). Al contrario, l’interazione tra PD1 e PDL1 (o PDL2) avviene in una fase successiva, quando il linfocita T, già attivato e selezionato per riconoscere un antigene espresso dal tumore, arriva nel sito tumorale dovesia cellule tumorali sia cellule del sistema immunitario possono esprimere PDL1 (e il suo omologo PDL2)producendo un segnale inibitorio sui linfociti stessi. Nella figura sono rappresentati i farmaci (inibitori dei checkpointimmunitari) che interagiscono con questi segnali inibitori permettendo ai linfociti di svolgere la loro azione citocidasulle cellule tumorali che esprimono l’antigene che sono in grado di riconoscere.
Modificata rispetto a 11. Ribas, 2012
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conoscere attivamente e inmodo efficace il tumore, ma èbloccato dai freni utilizzati daltumore per evadere il controllo del sistema immune (sistemi di “escape” immunitari) (Figura 2). Sbloccando questi freni,il sistema immunitario può riprendere la sua funzione edeliminare, o comunque mettere sotto controllo, il tumore.Ad oggi, sono due i principaliimmune checkpoints che sono bersaglio di farmaci e che hanno già dimostrato di essere clinicamente attivi: CTLA4 e isuoi ligandi (CD80 e CD86) ePD1 e i suoi ligandi (PDL1 ePDL2) (Figura 3).Questi due sistemi di controllo immunitario agiscono in duefasi differenti dell’interazione tra sistema immunitario e tumore. Il primo, quello associato aCTLA4, interviene in una fase molto precoce di attivazione del sistema immunitario,chiamata di priming; in questafase, grazie all’interazione deilinfociti con le cellule capaci dipresentare gli antigeni (celluledendritiche ma non solo), il sistema immunitario adattativoseleziona, attiva ed espande i
linfociti specifici capaci di riconoscere l’antigene stesso e,nel caso di linfociti T citotossici (CD8), di eliminare successivamente le cellule che esprimono tale antigene (Figura3). Questa fase è anche importante per la capacità di discriminazione tra ciò che è self e ciò che è non self. Pertanto,sbloccare farmacologicamentequesto sistema di controllocon dei farmaci (es. ipilimumab) comporta spesso anche la non desiderata attivazionedi linfociti che erroneamente eimpropriamente riconosconoantigeni “self”, generando“malattie autoimmuni” comeeffetto collaterale di questi farmaci (Tabella 1).Il secondo, quello associatoall’asse di segnale tra PD1e PDL1 (il principale ligando),interviene invece in una fase,chiamata anche fase “effettrice”, in cui il linfocita è già stato selezionato e attivato ma èbloccato da segnali inibitoriche lo rendono incapace di eliminare le cellule che esprimono l’antigene che il linfocita èin grado di riconoscere. I farmaci che agiscono in questa fase si associano, pertanto, a un
eccellente profilo di tossicità ea un rischio molto basso di generare effetti collaterali clinicamente significativi di tipo autoimmune, perché si limitano asbloccare l’attività citotossicadi linfociti già selezionati perriconoscere antigeni specifici (Figura 3 e Tabella 1). Relativamente al meccanismo d’azione degli inibitori degli immune checkpoints è importante sottolineare che, a differenzadella chemioterapia e dellamaggior parte delle terapie abersaglio molecolare che hanno come bersaglio terapeutico la cellula tumorale, questi farmaci hanno come bersaglio terapeutico il sistema immunitario e la sua interazione con iltumore. Questo spiega due cose molto importanti. Primo,essendo l’interazione tra tumore e sistema immunitario unmeccanismo generale almenoparzialmente indipendente dal tessuto di origine della neoplasia, si può comprendere comemai l’attività di questi farmaci èstata descritta in quasi tutti itumori, anche se la proporzione di pazienti che ne beneficiasi differenzia molto da tumore a tumore (Tabella 2). In se
Tabella 1
Riassunto delle differenze tra le due classi di farmaci che hanno come bersaglii due principali checkpoints immunitari: CTLA4 e PD1/PDL1
CTLA4 PD1/PDL1
Farmaci già approvati FDA IpilimumabNivolumab, Pembrolizumab, Atezolizumab, Avelumab, Durvalumab
Farmaci già raccomandati CHMP (EMA) IpilimumabNivolumab, Pembrolizumab, Atezolizumab, Avelumab
Farmaci già rimborsati in Italia Ipilimumab Nivolumab, Pembrolizumab
Fase attività “Priming” (fase precoce e centrale) “Effettrice” (fase tardiva e periferica)
Durata di somministrazione Solitamente limitata (4 mesi)Solitamente prolungata (da circa 2 anni a illimitata)
Tossicità di tipo autoimmuneMolto frequenti e severe (solitamente ben gestibili con immunosoppressori)
Rare e solitamente modeste (gestibilicon immunosoppressori)
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farmaci e probabilmante in alcuni pazienti per tutta la lorovita.
Inibitori degli immunecheckpoints Una rivoluzione nel trattamentodei tumori: perché? I motivi principali per i qualiquesti farmaci sono considerati rivoluzionari sono i seguenti:possono offrire un lunghissimocontrollo della malattia e probabilmente anche la guarigione(trattamento guaritivo) a unpiù o meno limitato numero dipazienti (a seconda principalmente del tipo di tumore, maanche di molte altre caratteristiche che verranno illustrate più avanti), ai quali fino a oggisi potevano offrire solo trattamenti finalizzati a un prolungamento della sopravvivenza ocontrollo dei sintomi (trattamenti terapeutici). Essendol’uso di questi farmaci nell’uomo relativamente recente, purtroppo non si dispone diun periodo di osservazionesufficientemente lungo per definire con assoluta certezzache una frazione di pazientipossa essere effettivamenteguarita. Questo deve portarea grande cautela nell’estrapolazione dei dati disponibili, inparticolare se si volesse stimare per ogni patologia qual è lafrazione di pazienti che ottienequesto “grande beneficio”.Comunque, per alcune patologie in stadio avanzato qualimelanoma, carcinoma polmonare e renale, esistono studicon inibitori degli immune checkpoints che dispongono di un periodo di osservazione sufficientemente lungo. Quello checaratterizza tutti questi studi èil riscontro che a distanza ditempo le curve di sopravvivenza, che indicano la percentuale
Tabella 2
Attivi Minimamente o non attivi
O Melanoma O Tumore della prostata
O Carcinoma del rene O Tumore del colon senza instabilitàdei microsatelliti
O Adenocarcinoma polmonare O Mieloma
O Carcinoma polmonare squamoso O Carcinoma pancreatico
O Linfoma di Hodgkin
O Carcinomi squamosi del distrettotesta/collo (HNSCC)
O Carcinoma uroteliale
O Carcinoma a cellule di Merkel
O Tumori con un deficit del “mismatchrepair” (indipendentemente dall’istologia)
O Carcinoma polmonare a piccole cellule
O Carcinoma gastrico e della giunzionegastroesofagea
O Carcinoma dell’esofago
O Epatocarcinoma
O Carcinoma della mammella
O Mesotelioma
O Carcinoma squamoso del canale anale
O Carcinoma ovarico
O Glioblastoma
O Timoma
O Carcinoma della cervice
O Carcinoma dell’endometrio
O Linfoma diffuso a grandi cellule
O Linfoma follicolare
O Linfoma a cellule T (CTCL, PTCL)
Legenda Tabella 2: Questa tabella riassume l’impressionante spettro di attività dei farmaci che prendono di mira i checkpoint immunitari in oncologia. Va sottolineato al riguardo che per “attivi” va inteso che in quelle patologie sono state osservate delle risposte cliniche con la somminsitrazione di questi farmaci in monoterapia, ma questo non implica necessariamente che questi farmaci dimostreranno una reale “utilità clinica” in tutte queste patologie. Dall’altra parte, per tumori dove questi farmaci si sono mostrati minimamente attivi o non attivi, non significa che non esistano approcci immunoterapici efficaci o che questi stessi farmaci somministrati in combinazione non possano rivelarsi molto attivi. Ad esempio, nel tumore del colon retto senza instabilità dei microsatelliti vi sono dati interessanti di combinazione tra chemioterapia e bevacizumab. Infine, nella tabella sonosegnalate in blu le patologie o condizioni molecolari per le quali l’FDA ha giàapprovato l’uso di almeno uno (ma spesso più di uno) di questi farmaci.
condo luogo, essendo il sistema immunitario capace di sviluppare una memoria immuno
logica, si spiega perché la durata dell’effetto continui anche dopo la sospensione di questi
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di pazienti ancora vivi a un dato periodo di tempo dall’iniziodell’osservazione, tendono adiventare “quasi piatte” dopocirca tre anni (Figura 4).Questo suggerisce che moltidei pazienti ancora vivi a quelpunto hanno ottenuto un beneficio clinico che si mantienenel tempo, con alcuni di questi pazienti che potrebbero alla fine risultare completamenteguariti dalla terapia. La ragionebiologica di questo beneficioprolungato nel tempo è che ilvero “farmaco” non è l’inibitore dei checkpoints immunitari,ma lo stesso sistema immunitario. Nel caso del melanomae di ipilimumab ad esempio
Figura 4
Legenda Figura 4: Queste curve rappresentano a puro scopo illustrativo il tipo di miglioramento della soppravvivenza che ci si può attendere dall’introduzione delle terapie a bersaglio molecolare e dall’immunoterapiarispetto ai trattamenti già disponibili per i tumori solidi in fase avanzata (metastatici). Le curve indicano la frazione dipazienti ancora vivi a ogni intervallo di tempo (chiamate pertanto curve di sopravvivenza). Storicamente, il beneficiodato dall’introduzione in fase avanzata di terapie innovative (es. terapie target) veniva rappresentato dall’incremento in termini di mesi della sopravvivenza mediana. Anche l’introduzione dell’immunoterapia ha dimostrato in molte neoplasie di migliorare la “sopravvivenza mediana”, ma quello che davvero le caratterizza è una quota di pazienti, almomento da discreta a piccolissima a seconda delle patologie, che continua a beneficiare dal trattamento perlunghissimi periodi, probabilmente con la possibilità di venirne completamente guarita. L’obiettivo della ricerca attuale è di incrementare tramite lo sviluppo di combinazioni (linea nera tratteggiata) la frazione di pazienti guaribili.Questo sposta il paradigma di giudizio da usare per questi farmaci: non più un beneficio medio magari modesto maesteso a molti, quanto un beneficio enorme ma al momento confinato a una nicchia.
So
pra
vviv
enza
(%
)
Standard therapy
Target therapy
Immunotherapy
Tempo (anni)
100 %
50 %
Δ medianaOS
Coda della curva
Immunotherapy combinations
(12. Schadendorf et alii, 2015),in molti studi il farmaco è stato somministrato solo quattrovolte, ma il beneficio in termini di controllo di malattia è poi durato fino a dieci anni (6. Rosenberg, 2012).Questi farmaci hanno dimostrato anche ai più scettici che un’efficace attivazione del sistema immunitario (un’immunoterapia) può portare a un beneficio clinico, non soltantoin quei pochi tumori un tempo ritenuti “immunogenici” (melanoma e carcinoma del rene)ma in quasi tutti i tipi di neoplasie solide ed ematologiche,anche se l’entità del beneficio soprattutto in termini di fra
zione di pazienti che otterràuna risposta clinica e pertantoun beneficio importante daifarmaci è molto variabile daneoplasia a neoplasia (Tabella2). Prendendo ad esempiouno dei farmaci che ha comebersaglio molecolare PD1 (nivolumab), la frazione di pazienti che ha una rispostaobiettiva con il farmaco variadal 65% nel linfoma di Hodgkin, al 3540% nel melanoma(13. Weber et alii, 2015) perarrivare al 1015% dei pazienticon tumore testacollo (14.Ferris et alii, 2016; Younes etalii, 2016). Questo in sé rappresenta un vero terremoto inoncologia, perché non era mai
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successo prima che una stessaclasse di farmaci risultasse efficace in quasi tutte le neoplasie. Ovviamente, pone ancheuna sfida per i sistemi sanitari,poiché questi farmaci hannoun costo elevato (vedi piùavanti) e un ampio spettro diazione; tanto che l’FDA americana ha già dato l’approvazione al loro uso nella cinica persette patologie e anche in pazienti che presentano un deficit di uno dei sistemi di riparodel DNA indipendentementedall’istologia; diverse altre indicazioni si aggiungeranno sicuramente nei prossimi anni(Tabella 2).
Questi farmaci funzionando in mododiverso vanno seguiti e usati in modo diverso Anche le modalità di monitoraggio clinico di queste terapiedevono essere in qualche modo rivoluzionate. Infatti, con isistemi radiologici standard (eco, TC, RM) può a volte essere descritto un transitorio e“fuorviante” aumento delle dimensioni del tumore (o anchela comparsa di lesioni non visibili), suggerendo una progressione di malattia, nonostante ci sia in realtà una risposta aifarmaci. Questo è dovuto alfatto che il tumore si riempie
di linfociti che occupandospazio fanno sembrare la lesione più grande. Tale fenomeno è chiamato pseudoprogressione (Figura 5).Anche il concetto di durataottimale di somministrazione andrà verosimilmente ridiscusso in futuro per questaclasse di farmaci. Infatti, gli inibitori dei checkpoint immunitari consentono di fare una specie di reset del sistema immunitario riportandolo a una faseprecedente a quella di escapenella quale si riesca a eliminareo controllare il tumore. Pertanto, una volta ottenuto il reset del sistema, è verosimile
Figura 5
Legenda Figura 5: Con le terapie attualmente disponibili (radioterapia, chemioterapia o terapie a bersaglio molecolare) per valutare la risposta ai trattamenti vengono usate metodiche di immagine quali ecografia, TC o RM e una riduzione o stabilizzazione della malattia un beneficio clinico. L’immunoterapia comporta la necessità di rivedereanche questo approccio. Infatti, alcune volte (10% dei pazienti) le indagini di radiologia convenzionale mostrano untransitorio e “fuorviante” aumento delle dimensioni della neoplasia, o la comparsa d nuove lesioni, suggerendo una mancanza di beneficio qundo in realtà vi è una risposta ai farmaci, spesso associata al miglioramento delle condizioni cliniche. Questo è dovuto al fatto che in questi casi il tumore si riempie di linfociti che, occupando spazio, fanno apparire la lesione più grande, ma non perché vi siano più cellule tumorali. Tale fenomeno è chiamato anche “pseudoprogressione”.
Modificata rispetto a 15. West, 2015
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che la somministrazione del farmaco possa essere interrotta, in quanto il sistema stesso può poi proseguire a svolgere la suaazione antitumorale senza necessità di ulteriore supporto, ameno che il tumore non riattivi meccanismi di escape immune.A dimostrazione di quanto sopra, alcuni pazienti che sono stati trattati con immune checkpoints inibitori in studi clinici,nonostante abbiano dovuto sospendere la terapia anche precocemente per tossicità (di solito di tipo autoimmune), hanno poi evidenziato una risposta(pertanto dopo che il farmacoera già stato sospeso) che in alcuni casi si è mantenuta nel tempo senza mai richiedere altri trattamenti. La domanda aperta è chi siano questi pazienti per i quali basta una brevissima esposizione al farmaco.Guardando lo stesso concetto, ma dal lato opposto a questo,sono stati aneddoticamente segnalati casi di pazienti che avevano interrotto questi farmaci come previsto dai protocolli di studio (spesso gli inibitori di PD1/PDL1 sono somministrati fino a circa due anni) e dopoun lungo periodo avevano avuto una progressione di malattia. In molti di questi casi, una nuova somministrazione dello stesso farmaco ha indotto ancorauna risposta, suggerendo che anche una strategia di stopand go potrebbe essere considerata. Questo apre il quesitosulla durata ottimale di somministrazione di questi farmaci con importantissime ricadute sul costo e sulla sostenibilità d’uso di questi farmaci. Va comunque segnalato che all’ultimo Congresso ESMO 2017 èstato riportato il risultato di un primo studio randomizzato che confrontava in pazienti con car
cinoma polmonare la somministrazione di nivolumab per un anno (con ripresa della terapia alla progressione, stop and go) verso la stessa terapia continuativamente (16. Spigel, 2017). Complessivamente sembra esserci un beneficio nel proseguire il trattamento anziché interromperlo, ma lo studio ha anche dimostrato che un terzo dei pazienti che interrompevala terapia non presentava recidive o progressione.
Immune checkpoint inibitori: un grande beneficio ma per pochi razionale per losviluppo di combinazioni Dalle curve di sopravvivenza,si può evincere che il beneficiopiù significativo di questi farmaci, il loro potenziale curativo, è al momento limitato auna parte largamente minoritaria dei pazienti. Ad esempio,in un piccolo studio di fase I,
soltanto il 16% dei pazienticon carcinoma del polmonetrattati con nivolumab era risultato vivo a cinque anni, che da un lato appare un risultatosignificativo se confrontato al24% atteso in una simile popolazione, ma purtroppo sottolinea che questo grande beneficio è confinato a un ristretto gruppo di pazienti. Uno degli obiettivi principalidella ricerca attuale è volto a identificare da un lato quei pazienti che ottengono questolunghissimo beneficio e chedovrebbero essere trattati solo con questi farmaci, dall’altrolato identificare i pazienti che non traggono beneficio o che lo traggono solo in manieratransitoria, per i quali strategieterapeutiche di combinazionepossano risultare vincenti (Figura 2C) (17. Chen et al,2017; 18. Sharma et al, 2015). La prima combinazione di im
Figura 2C
Legenda Figura 2C: Numerosissimi studi sono in corso per estenderequesto beneficio a più pazienti tramite la combinazione di farmaci chesblocchino e al contempo attivino il sistema immunitario. Infatti, se èinutile togliere il freno a una macchina ferma, è al contrario indispensabile toglierlo a una macchina che si vuole spingere.
Il futuro prossimo: le combinazioniAttivare il sistema immune e rimuoverne i freni
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munoterapici (ipilimumab e nivolumab) è stata già approvatada FDA ed EMA per il trattamento del melanoma avanzato (19. Wolchok et alii, 2017). AlCongresso ESMO 2017 sono stati presentati i dati positivi della stessa combinazione come trattamento di prima lineanel carcinoma del rene, chemolto probabilmente diventerà il nuovo standard terapeutico per i tumori a rischio intermedio/alto (20. Escudier,2017). Inoltre, si ricorda chel’FDA di recente ha approvatola prima combinazione di unimmunoterapico (pembrolizumab) in associazione alla chemioterapia per il trattamentodi prima linea del tumore delpolmone non a piccole cellulesulla base di risultati moltopromettenti di uno studio clinico di fase 2 randomizzato (1.The National ComprehensiveCancer Network (NCCN) Guidelines, https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/f_guidelines.asp; 4. Langer et alii, 2016).Il numero impressionante di
combinazioni in fase di sviluppo (più di 800 nel 2016, mache crescono a un ritmo rapidissimo) dimostra quanteaspettative ci sono sul fattoche gli inibitori dei checkpointimmunitari possano costituireil backbone (la struttura portante) per migliorare l’attività di molti altri farmaci e incrementare la quota di pazientipotenzialmente guaribili (Figura 4). In prospettiva, sonodue i punti più critici: la sostenibilità economica dei sistemi sanitari e la necessitàstringente di quella che è chiamata “immunoterapia diprecisone” (precision immunology), cioè di marcatoriche identifichino chi realmentepossa trarre beneficio da questa classe di farmaci, chi ha bisogno soltanto di questi farmaci in monoterapia e chi alcontrario può beneficiare daterapie di combinazione. Negli ultimi anni si sta osservando un aumento degli studidi combinazione in immunoterapia (trial di fase I, II e III):
prevalentemente, farmaci cheagiscono sulla via di inibizionedel pathway PD1/PDL1, incombinazione con altri immunomodulatori o con terapiediverse, tra cui chemioterapiao radioterapia. Questi studisono disegnati per valutarel’efficacia, la sicurezza, la biologia delle combinazioni, conun’attenzione rivolta alla sinergia o all’antagonismo associaticon queste combinazioni. I bersagli terapeutici che potrebbero dimostrarsi effettiviper l’immunoterapia del cancro sono numerosi; ancor piùvasto è il numero delle potenziali combinazioni di agenti terapeutici diretti verso tali bersagli. Lo sviluppo di alcune terapie per il cancro può esserelargamente empirico, ma puòessere meglio indirizzato comprendendo gli elementi dell’immunoterapia del cancro. In un’analisi inviata a Nature nel 2016 si contavano diversearee di studio così distribuitenelle quattro fasi cliniche (Tabella 3). O
Tabella 3
Fase I o I/II Fase II Fase III In MercatoMix di diversi tumori solidi 31 0 0 0
Cancro colonretto 11 1 1 0
Ematologia 21 2 2 0
Fegato 9 0 0 0
Pancreas 11 3 0 0
Ovaio 12 0 2 0
Carcinoma polmonare non a piccole cellule 46 7 4 2
Carcinoma del rene 12 0 4 2
Carcinoma a cellule squamose della testa/collo 18 0 3 1
Carcinoma polmonare a piccole cellule 3 0 2 0
Stomaco 11 0 2 0
Tumore triplonegativo della mammella 17 0 1 0
Carcinoma uroteliale 14 1 3 1
Melanoma 29 0 4 2
Modificata rispetto a 17. Chen et al, 2017
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Cosa c’è oggi?
Un tumore: alcuni fattori di rischio
Molti fattori genetici e ambientali aumentano il rischio di sviluppare un tumore; tuttavia, non tutte le personeesposte a cancerogeni o in cui sono presenti altri fattori di rischio sviluppanoquesta malattia.
Alcuni fattori di rischio e loro riferimentoalla comparsa del tumore
n Età Alcuni tumori, come il tumore di Wilms, ilretinoblastoma e il neuroblastoma interessano quasi esclusivamente i bambini.Questi tumori derivano da mutazioni del genesoppressore ereditate o createsi durante losviluppo fetale. La maggior parte degli altri tipidi tumore, tuttavia, è più comune negli adulti, e in particolare nelle persone anziane. Ladiagnosi di cancro viene più frequentementeeffettuata nella popolazione con una età compresa tra 6574 anni, con una età mediana alla diagnosi di 66 anni.
n GeografiaIl rischio di tumore varia in rapporto alluogo in cui la persona vive, anche se leragioni delle differenze geografiche sono spesso complesse e poco chiare. Questa variazione geografica nel rischio di tumore è probabilmente dovuta a più fattori, ovvero a un’associazione di fattori genetici, alimentari e ambientali.
n FumoIl più importante fattore di rischio ormai riconosciuto è senza dubbio il fumo disigaretta a cui si può attribuire circa un terzodelle morti per cancro e il 15% circa di tutti i decessi che avviene per qualunque altra causa nel nostro Paese. Il fumo di sigaretta è responsabile di circa il 90% dei casi di tumore alpolmone. È determinante non solo quante sigarette si fumano, ma soprattutto per quantotempo si protrae l’abitudine. Il fumo contribu
isce allo sviluppo del cancro con due possibili meccanismi: può causare mutazioni nei geni che hanno il compito di sopprimere la crescita delle cellule tumorali rendendoli inefficienti e può favorire lo sviluppo del tumore, una volta che le mutazioni si sono verificate. Inoltre, il fumo tende a deprimere le risposte del sistema immunitario.
n Dieta e sedentarietàLe sostanze assunte con l’alimentazionepossono aumentare il rischio di tumore. Per esempio, un’alimentazione ricca digrassi insaturi e la stessa obesità sono state associate a un aumento del rischio di tumore del colon, della mammella e, talvolta,della prostata. Le persone che assumonograndi quantità di alcool sono a rischio piùelevato di sviluppare tumore del distretto testacollo e tumore esofageo. Un’alimentazione ricca di cibi affumicati e in salamoia o cottialla brace aumenta il rischio di tumore dello stomaco. Le persone sovrappeso od obese hanno un rischio maggiore di sviluppare il carcinoma della mammella, dell’endometrio, delcolon, dei reni e dell’esofago. All’obesità, oltre agli eccessi alimentari, contribuisce anche la sedentarietà, che può favorire lo sviluppodi alcuni tumori anche nelle persone normopeso.
n InfezioniSono diversi i virus noti per causare il tumorenell’uomo. Il papillomavirus umano(HPV) è una delle principali cause di tumore della cervice uterina nelle donne e di tumoreal pene e dell’ano negli uomini. L’HPV causaanche alcuni tipi di tumore del distretto testacollo. I virus dell’epatite B o C possonocausare l’epatocarcinoma. Il virus di EpsteinBarr causa il linfoma di Burkitt in Africa e tumori del naso e della faringe in Cina. L’Helicobacter pylori, che causa ulcere dello stomaco, può aumentare il rischio di tumore dello stomaco e di linfomi.
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Novembre 201722
L’immunoterapia nell’area delle patologie a oggi
Sintesi delle procedure di registrazione presso AIFA e i risultati finora ottenuti
n Procedura nazionale (AIC) AIFA Le attività connesse all’autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci (AIC) con procedura nazionale sono finalizzate ad assicurare l’unitarietà dell’assistenza farmaceuticasu tutto il territorio nazionale, l’accesso ai farmaci innovativi e per le malattie rare. Con il supporto di un “pool” di esperti interni edesterni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) edella Commissione Tecnico scientifica (CTS),su ciascun farmaco destinato a essere immesso sul mercato italiano vengono effettuate valutazioni chimicofarmaceutiche, biologiche, farmacotossicologiche e cliniche al fine di assicurarne i requisiti di sicurezza ed efficacia.Tali valutazioni, che iniziano all’atto della prima autorizzazione all’immissione in commercio, si protraggono per l’intero ciclo di vitadel farmaco e, in particolare, per ogni successiva modifica dell’autorizzazione stessa (estensioni di linea, estensioni di indicazioniterapeutiche, etc).
n Procedure comunitarieLe procedure comunitarie di autorizzazioneall’immissione in commercio di nuovi farmacisi dividono in: procedura di mutuo riconoscimento, che consente l’estensione di unaAIC concessa da uno Stato Membro a uno o
più paesi dell’Unione Europea; proceduradecentrata, che consente di ottenere un’unica AIC valida simultaneamente in tutti i paesi dell’Unione Europea. In questo ambito l’AIFAsi occupa delle attività legate alla valutazione amministrativa e tecnicoscientifica delle documentazioni presentate a supporto delle domande di autorizzazione all’immissione incommercio, di variazione e rinnovo, svolte sianel ruolo di Paese Referente, sia in quello diPaese Interessato. Rientrano nelle procedurecomunitarie anche gli aspetti relativi alle importazioni/esportazioni parallele di medicinali autorizzati secondo la procedura di mutuo riconoscimento. In questo settore l’AIFAfornisce alle Autorità Regolatorie degli altriPaesi UE che ne fanno richiesta informazioniriguardanti alcuni elementi identificativi (tracui composizione qualiquantitativa di principio attivo ed eccipienti, notizie relative al titolare AIC, al sito di produzione, al sito di rilascio dei lotti e al sito di produzione delprincipio attivo) dei medicinali autorizzati in Italia.Adeguatezza delle misure messe in pratica per trattare una malattia. È il risultato della convergenza di diversi aspetti: quellirelativi alla salute del malato e quelli concernenti un corretto impiego delle risorse.
Tabella 4
Farmaco
Ente Approvazione/Anno
Food and DrugAdministration
(FDA)
EuropeanMedicines
Agency (EMA)
Agenzia Italianadel Farmaco
(AIFA)
Pembrolizumab
Carcinoma del polmone avanzato/metastatico con espressione PDL1³1%e precedente trattamento
2015 2016 2017
Carcinoma del polmone avanzato/metastatico con espressione diPDL1³50% non precedentemente trattato
2016 2017 2017
Melanoma avanzato/metastatico come terapia di prima linea o in pazienti pretrattati
2014 2015 2016
Carcinoma uroteliale avanzato/metastatico non idoneo a chemioterapia con cisplatino in prima linea o dopo terapia a base di platino
2017 2017
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Novembre 2017 23
segue tabella 4
Farmaco
Ente Approvazione/Anno
Food and DrugAdministration
(FDA)
EuropeanMedicines
Agency (EMA)
Agenzia Italianadel Farmaco
(AIFA)
Tumori solidi avanzati/ o metastatici con elevata instabilità microsatellitare(MSIH) o da deficit del sistema di riparazione dei mismatch (dMMR)
2017
Linfoma di Hodgkin classico o refrattario recidivato dopo tre o più linee terapeutiche
2017 2017
Carcinoma metastatico a cellule di Merkel, compresi quelli non sottoposti a chemioterapia
2016 2016
Pembrolizumab + Pemetrexed e Carboplatin
Carcinoma metastatico non squamoso e non a piccole cellule del polmone(NSCLC)
2017
Ipilimumab
Melanoma avanzato/ metastatico 2011 2011 2013
Ipilimumab + Nivolumab
Melanoma avanzato o metastatico 2015 2016
Nivolumab
Carcinoma del polmone non a piccole cellule avanzato/metastatico dopo una precedente chemioterapia
2015 2015 2016
Carcinoma a cellule renali avanzato dopo precedente terapia 2015 2016 2017
Melanoma avanzato/metastatico in prima linea e dopo precedente terapia 2015 2015 2016
Carcinoma squamoso del distretto testa/collo avanzato in progressione durante o dopo terapia a base di platino
2017 2017
Carcinoma uroteliale localmente avanzato e non resecabile oppure in fase metastatica dopo chemioterapia a base di platino
2017 2017
Linfoma di Hodgkin classico recidivato o refrattario dopo ASCT e terapia con brentuximab vedotin
2016 2016
Atezolizumab
Carcinoma uroteliale avanzato/metastatico non idoneo a chemioterapia con cisplatino in prima linea o dopo terapia a base di platino
2016 2017
Carcinoma del polmone non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico in progressione di malattia durante o dopo terapia a base di platino
2016 2017
Avelumab
Carcinoma metastatico a cellule di Merkel, compresi quelli non sottoposti a chemioterapia
2017 2017
Nota: Appare importante collegare al contenuto della Tabella 4 la recente sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale(Sezione Terza) Pubblicata il 29/09/2017 N. 04546/2017REG.PROV.COLL. N. 00706/2016 REG.RIC.
I giudici hanno ribadito il principio secondo cui le Regioni non possono limitare i LEA, nemmeno “raccomandando” ai medici l’utilizzo dialcuni farmaci rispetto ad altri, valutati come meno convenienti nel rapporto costi/benefici perché compete solo all’AIFA la valutazionesull’appropriatezza terapeutica dei farmaci, l’equivalenza tra i principi attivi impiegati per la cura di gravi patologie, e la rimborsabilità deimedicinali da parte del SSN. In questo caso secondo la sentenza non esistono motivate e documentate valutazioni espresse dall’AIFAcirca la sostanziale sostituibilità della terapia a base dell’Avastin, contenente il principio attivo bevacizumab, con quella a base dicarboplatino+paclitaxel, indicata dalla Regione Veneto in causa come una delle alternative soddisfacenti disponibili, nel trattamento delcarcinoma ovarico epiteliale o nel carcinoma alle tube di Falloppio o nel carcinoma peritoneale primario in stadio avanzato in pazienti abasso rischio.
(21. https://www.giustiziaamministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/ntc3/~edisp/bk2fpr2ghlus5c4ijwb5muiqpy.html).
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n Carcinoma del polmone non a piccole cellule Il carcinoma del polmonenon a piccole cellule(NSCLC) rappresenta laprincipale causa di morte pertumore sia negli Stati Uniti siain Europa (23. Siegel et alii,2015).In circa il 50% dei casi, talemalattia viene diagnosticata instadio localmente avanzato ometastatico con una sopravvivenza a cinque anni di circa il5%. Negli ultimi anni, si è assistito a un’esponenziale crescita delle conoscenze sulla biologiadel NSCLC e sulle evidenzerelative all’interazione con il sistema immunitario. Tali dati mostrano come il carcinomadel polmone sia una malattiaeterogenea con un notevolecarico mutazionale, con la capacità di evadere la rispostadel sistema immunitario e dicodificare un elevato numerodi neoantigeni (24. Rizvi et alii,2015). Le cellule tumorali esprimono spesso recettori,come PDL1, che si legano alle cellule regolatrici della rispostaimmunitaria dell’ospite, attraverso il recettore PD1, inibendole. Attraverso la regolazione di questi complessi recettoriali è possibile riattivareil sistema immunitario dell’ospite e consentirgli di riconoscere e di distruggere le cellule tumorali. Sulla base di taliinformazioni precliniche, moltistudi clinici hanno investigato e stanno investigando il ruolodegli inibitori di PD1 e PDL1,mostrando risultati incoraggianti dal punto di vista sia del
l’efficacia sia della sicurezza.Pembrolizumab è stato inizialmente confrontato con docetaxel in pazienti affetti daNSCLC avanzato precedentemente trattati e con espressione di PDL1³1% (25. Herbstet alii, 2016). Nella popolazione totale, il farmaco sperimentale ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale (OS) mediana e della sopravvivenza l ibera daprogressione (PFS) mediana.Sulla base di questi dati di efficacia e sicurezza, pembrolizumab rappresenta oggi unanuova opzione terapeutica inquesto sottogruppo di pazienti. Lo studio KEYNOTE024ha poi confrontato pembrolizumab con chemioterapia abase di platino in pazienti affetti da NSCLC avanzato, nonprecedentemente trattati econ espressione di PDL1³50% (26. Reck et alii, 2016).Lo studio ha evidenziato unmiglioramento dell’overall response rate (ORR), 44,8% vs27,8% e della PFS mediana(10,3 mesi con pembrolizumabvs 6,0 mesi con chemioterapia). L’OS a sei mesi è statapari a 80,2% con pembrolizumab vs 72,4% con chemioterapia. Sulla base di questi datipembrolizumab ha ottenutol’approvazione nel trattamentodi prima linea in pazienti affettida NSCLC in stadio IV, senzamutazioni attivanti e conespressione di PDL1³50%.I dati del KEYNOTE024 hanno poi acquisito maggiore solidità durante l’ultimo convegnoannuale dell’American Society
of Clinical Oncology (ASCO2017). Sono stati presentati infatti i dati di sopravvivenza globale a lungo termine e di sopravvivenza libera da progressione a 18 mesi, che hannochiaramente confermato il beneficio di pembrolizumab in prima linea di trattamento rispetto alla chemioterapia nelsetting di pazienti studiati. I risultati di questo studio dannouna chiara indicazione al trattamento in prima linea conpembrolizumab di quei pazienti con carcinoma polmonare instadio avanzato e con elevataespressione di PDL1. Pembrolizumab in monoterapia inprima linea di trattamento,grazie allo sviluppo clinico guidato dalla selezione dei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellulein base al livello di espressionedi PDL1, diventa il primo (e almomento unico) esempio difarmaco immunoterapico antiPD1 che diventa il nuovostandard di cura in alternativaalla chemioterapia.L’efficacia e la sicurezza di nivolumab vs docetaxel in seconda linea di trattamento sono state valutate in due studirispettivamente in pazienti affetti da carcinoma polmonarenon a piccole cellule a istologiasquamosa e non squamosa. Intali studi, nei quali la popolazione non è stata selezionataper i livelli di espressione diPDL1, nivolumab ha dimostrato un maggiore beneficio rispetto alla monochemioterapia, facendo sì che il farmacovenisse approvato come trat
Le patologie prese in considerazione
Si stima che nel 2017 in Italia verranno diagnosticati poco più di 369.000 nuovi casidi tumore maligno di cui circa 92.000 negli uomini e 177.000 nelle donne
(22. AIOM ARTUM Numeri del cancro in Italia 2017)
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tamento di seconda linea delcarcinoma polmonare non apiccole cellule. Tuttavia, soprattutto nell’istologia nonsquamosa, è emerso da analisi di sottogruppi come il beneficio di nivolumab sia superiorealla monochemioterapia in queipazienti che esprimono PDL1,con una correlazione di efficacia proporzionale al livello diespressione. Esistono agenzie regolatorie (quale quella inglese, il NICE) che sulla base diqueste analisi hanno approvato l’utilizzo e la rimborsabilità dinivolumab solo nei pazienti affetti da NSCLC non squamosoil cui tumore esprima PDL1(27. Brahmer et alii, 2015; 28.Borghaei et alii, 2015).L’efficacia e la sicurezza di nivolumab vs combinazione chemioterapica contenente platinoin prima linea di trattamento èstata valutata in uno studio clinico in pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccolecellule e con espressione di PDL1³1%. In tale studio, nivolumab non ha dimostrato unvantaggio rispetto alla chemioterapia nella popolazione totale(con livelli di espressione diPDL1³1%) e nemmeno nel sottogruppo di pazienti ovel’espressione era pari a ³5% (29. Carbone et alii, 2017).L’efficacia e la sicurezza di atezolizumab vs docetaxel sonostate valutate nello studioOAK in pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule che avevano ricevuto in precedenza 1 o 2 lineedi trattamento (30. Rittmeyeret alii, 2017). Questo studio hadimostrato un miglioramentodell’OS (13,8 mesi vs 9,6 mesi)nei pazienti trattati con atezolizumab e tale miglioramentosi è rivelato simile nei pazientia istologia squamosa e non
squamosa. Sulla base di questidati anche questo farmaco risulta essere un’opzione terapeutica per i pazienti con caratteristiche analoghe a quellidello studio OAK.
n Carcinoma Renale Il carcinoma del rene (RCC)rappresenta circa il 34% di tutte le neoplasie con circa350.000 nuove diagnosi ognianno e più di 140.000 decessinel mondo. Circa il 2030% deipazienti si presenta alla diagnosi con malattia metastatica(mRCC) mentre il 2530% lasvilupperà successivamente(31. Ravaud et alii, 2008). Per lungo tempo l’mRCC è statoriconosciuto come un tumoreimmunogenico per l’elevata infiltrazione di cellule immunitarie come cellule T, macrofagi, CTC. La disfunzione del sistema immunitario promuove lacrescita del RCC, che è in grado di evadere il controllo daparte del sistema immunitariograzie all’alterazione della differenziazione delle cellule dendritiche e l’energia delle cellule T che non sono in grado di esercitare un’adeguata rispostaantitumorale. La mancanza diefficacia di chemioterapia e radioterapia e l’identificazione dialterazioni del sistema immunitario hanno portato nel tempoa focalizzare la ricerca su possibili approcci immunoterapici mediante utilizzo di interleuchina 2 (IL2) e interferone alfa (IFNalfa), da soli o in combinazione, portando all’identificazione di una piccola percentuale di casi con rispostastabile nel tempo, anche se alprezzo di importanti tossicità.L’introduzione in terapia nelcorso degli ultimi anni di inibitori della tyrosine kinase (TKI)e del pathway del mammalian
target of rapamycin (mTOR)ha poi completamente rivoluzionato l’algoritmo terapeutico della malattia metastatica.Ultimamente, però, si è osservato un rinnovato interesseper l’immunoterapia, probabilmente in relazione all’aumentata comprensione dei meccanismi di evasione del sistemaimmunitario da parte delle cellule tumorali. Lo studio diMotzer (32. Motzer et alii,2015) ha evidenziato un aumento di sopravvivenza neipazienti in trattamento con nivolumab rispetto a quelli trattati con everolimus; anche ilnumero di eventi avversi neipazienti trattati con nivolumabera minore rispetto a quellitrattati con everolimus.Iperglicemia e ipercolesterolemia, in particolare, sono effetticollaterali di classe derivantidall’utilizzo di inibitori dimTOR. Lo studio di Bono haverificato l’efficacia e la sicurezza dell’utilizzo di everolimus nei pazienti con carcinoma renale e ha evidenziato come questi effetti siano presentisolo in un numero limitato di pazienti (33. Bono et alii, 2016).
n Carcinoma Uroteliale (vescica e alte vie escretrici)Il carcinoma uroteliale (UC)della vescica è la sesta neoplasia più frequente negli Stati Uniti e raramente viene diagnosticata negli individui con età inferiore ai 40 anni. Nel2017 si stima che vi sarannocirca 79.030 nuovi casi negliStati Uniti (60.490 negli uomini e 18.540 nelle donne) con circa 16.870 morti (12.240 negliuomini e 4.630 nelle donne)(34. Ferlay et alii, 2013). Circail 50% dei pazienti sottoposti acistectomia radicale sviluppa
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una ripresa di malattia locale oa distanza, mentre il 1015%dei pazienti si presenta alladiagnosi con malattia avanzata.La malattia in fase metastaticaè difficile da trattare perché ètipicamente diagnosticata inpazienti anziani e con moltepatologie concomitanti. Moltidi questi casi non sono infatti candidabili neppure al migliortrattamento chemioterapico diprima linea, a base di cisplatino, a causa di comorbidità, eanche quando la terapia vienesomministrata, i vantaggi intermini di OS sono limitati. Recenti sviluppi in termini di comprensione delle caratteristiche biologiche e immunologiche dell’UC hanno permessodi definire nuovi approcci terapeutici in grado di migliorare itrattamenti in prima e secondalinea. In particolare, numerosiagenti immunoterapici hannodimostrato importanti risultaticlinici, se confrontati alle terapie standard. Lo studio che havalutato l’efficacia e la sicurezza di nivolumab in pazienti affetti da UC metastatico inprogressione durante o dopochemioterapia a base di platino ha dimostrato un miglioramento dell’ORR e l’OS mediana è stata di 8,74 mesi nell’intera popolazione. Sulla base diquesti dati, nivolumab è statoapprovato da FDA nei pazienticon malattia avanzata in progressione durante o dopo trattamento a base di platino onei pazienti in progressioneentro 12 mesi dalla fine di terapia neoadiuvante o adiuvante a base di platino (35. Sharma et alii, 2017).Lo studio KEYNOTE045 hadimostrato un miglioramentodella OS (10,3 mesi vs 7,4 mesi) e dell’ORR (21% vs 11%) afavore di pembrolizumab nei
pazienti già precedentementetrattati con chemioterapia abase di platino. Lo studio KEYNOTE052 ha valutato pembrolizumab nei pazienti noneleggibili a un trattamento conchemioterapia a base di cisplatino. Lo studio ha dimostratoun ORR pari al 29%.
n Melanoma Secondo il National CancerInstitute quest’anno 76.100americani riceveranno una diagnosi di melanoma e 9.710 moriranno per questa malattia.Il melanoma è uno dei principali tumori che insorge in giovane età e in molti Paesi rappresenta il terzo tumore più frequente in entrambi i sessi aldi sotto dei 49 anni (36. Ferlayet alii, 2015).L’incidenza del melanoma tende ad aumentare continuamente; nei soggetti di sessomaschile più rapidamente rispetto a qualunque altra neoplasia, mentre nelle donne èsecondo solo alla neoplasiapolmonare. Attualmente il melanoma invasivo rappresenta ladecima neoplasia come incidenza nell’uomo e la settimanella donna. Questo fenomeno è attribuibile alla diagnosiprecoce e al ruolo delle radiazioni ultraviolette. Negli ultimianni, il trattamento della malattia avanzata è rapidamentecambiato con l’approvazione di nuovi farmaci che hanno dimostrato un’efficacia notevolmente superiore alla chemioterapia standard. Il trattamento sistemico delmelanoma ha avuto uno sviluppo significativo con l’introduzione degli inibitori diBRAF/MEK (37. Simeone et alii,2017). La terapia con inibitori di BRAF/MEK è più efficace emeno tossica della terapia con
solo gli inibitori di BRAF. Trametinib è il primo inibitore diMEK approvato per il trattamento del melanoma metastatico con mutazione BRAF ed èanche approvato in associazione con il dabrafenib, inibitore di BRAF. Il cobimetinib è unaltro inibitore di MEK approvato per il trattamento incombinazione con il vemurafenib, inibitore di BRAF (38. Grimaldi et alii, 2017). Più recentemente si sta cercando unacombinazione razionale degliinibitori di BRAF con gli inibitori del PD1 (39. Lau et alii,2016).Le conoscenze a oggi sugli inibitori del PD1 richiamano alcuni concetti: la combinazione di ipilimumab e di nivolumabmette in evidenza una progressione di sopravvivenza e un indice di risposta oggettiva avanzate rispetto all’uso di una monoterpaia nel melanoma metastatico; tale combinazione siaccompagna a una tossicità significativa, con la sospensionedel trattamento da parte di unterzo dei pazienti; l’uso sequenziale di ipilimumab e nivolumab si associa a risultati clinici interessanti e tossicità comparabili a quella di altre terapie;ipilimumab e pembrolizumabsono stati studiati in combinazione con virus oncolitici conrisultati promettenti; la combinazione di immunoterapia con chemioterapia e radioterapia ed elettrochemioterapia ha dimostrato potenziali interessanti (40. Grimaldi et alii, 2016).Non ci sono terapie per il NEMO (NRASmutant melanoma), se non l’immunoterapia.Importante è il lavoro di Dummer (41. Dummer et alii, 2017)che ha comparato l’utilizzo dibinimetinib verso dacarbazinain pazienti con NEMO. I risul
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tati con binimetinib sono statimigliori ed è stato ben tollerato.Una recente pubblicazione sull’ipilimumab (42. Queirolo et alii,2017) ha dimostrato comecon questo trattamento si ottenga un miglioramento dellaOS nel 22% dei pazienti conmelanoma metastatico.
n Neoplasie di testacollo Il carcinoma squamoso del distretto testacollo (SCCHN) èuna neoplasia dal comportamento aggressivo con più di600.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno e circa 300.000decessi. Inoltre, l’SCCHN rappresenta circa il 90% di tutti itumori del distretto testacollo e si calcola un aumento del17% dell’incidenza globale trail 2012 e il 2022. In Italia, le stime parlano di oltre 9 milacasi l’anno. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni è inferioreal 4% nella malattia metastatica in stadio IV. La maggior partedei pazienti presenta una malattia localmente avanzata epiù del 50% presenta una recidiva di malattia entro il terzoanno (43. Van Dijk et alii,2012). L’SCCHN rimane unadelle neoplasie più difficili datrattare che necessita di unapproccio multidisciplinare.Recenti dati hanno dimostrato come l’immunoterapia possagiocare un ruolo molto importante nel trattamento di questa patologia. La maggior partedi questi tumori origina dallecellule squamose che ricoprono le superfici mucose umideall’interno della testa e del collo, come bocca, naso e gola. Ifattori di rischio dell’SCCHNsono il tabagismo e il consumo di alcool. Anche l’infezione da Papilloma virus umano (HPV) è un fattore di rischio
che sta portando a un rapidoincremento dei casi di SCCHN orofaringeo in Europa enel Nord America. La qualitàdi vita nei pazienti con SCCHN è spesso alterata sia intermini di funzioni fisiologiche(respirazione, deglutizione, ingestione di solidi e liquidi), chedi caratteristiche personali (aspetto, modo di parlare etono di voce), funzioni sensoriali (olfatto e udito) e psicologicosociali.A causa di questi molteplici aspetti negativi sulla qualità divita, è auspicabile un approcciomultidisciplinare per il trattamento di questa patologia. L’intervento deve prevedere unapproccio in termini di team enon di un solo professionista(44. Licitra et alii, 2016). È importante citare il lavoro di Harrington (45. Harrington et alii, 2017), il quale ha dimostrato l’efficacia del trattamento del SCCHN con nivolumab,in termini di miglioramento di qualità di vita. Il lavoro di Ferris ha confermato i dati sul nivolumab in termini di OS etossicità (14. Ferris et alii,2016). Anche pembrolizumab ha datogli stessi risultati, nella medesima popolazione di pazienti,cioè con malattia ricorrente ometastatica resistente a cisplatino, come presentato duranteil recente Congresso ESMO2017.
n Tumore di Merkel Il tumore di Merkel è una rara forma di carcinoma, particolarmente aggressiva, che origina dai tessuti cutanei e presenta delle caratteristiche ditipo neuroendocrino. È frequentemente associato a infezione da polyomavirus e a unostato di immunodepressione.
Le forme localizzate sono ingenere trattate con chirurgiae/o radioterapia, mentre nelleforme recidivate e avanzate iltrattamento prevalente consiste nell’impiego della chemioterapia. Comunque, la prognosi delle forme avanzate rimanemolto severa ed è caratterizzata da un’alta percentuale di risposta alla chemioterapiacon rapide recidive e un’aspettativa di vita limitata. Spesso inqueste forme tumorali si riscontrano valori elevati diespressione del recettore perPDL1 (46. Aldabagh et alii,2014).Due recenti lavori (47. Nghiemet alii, 2016; 48. Kaufman etalii, 2016) hanno riportato datiinteressanti sull’attività terapeutica di due checkpoint inhibitor (pembrolizumab e avelumab). Nel primo studio di fase2 (Nghiem), 26 pazienti concarcinoma di Merkel in faseavanzata hanno ricevuto in prima linea pembrolizumab conuna risposta obiettiva nel 56%dei casi (4 remissioni complete e 10 parziali). Due terzi dei pazienti (67%) non ha manifestato ricadute a sei mesi.Nell’altro studio (Kaufman),sempre di fase 2, 88 pazienticon malattia avanzata, in progressione dopo chemioterapia, hanno ricevuto un antiPDL1(avelumab). Avelumab ha indotto una risposta obiettivanel 32% dei casi (8 rispostecomplete e 20 parziali), di lunga durata.Sulla base di tali dati appare dimostrata l’efficacia dei checkpoint inhibitor nel trattamento del carcinoma a celluledi Merkel e su tali dati l’FDAha approvato (49. AIFA Pilloled a l M o n d o n . 1 1 8 429/03/2017, http://www.agenziafarmaco.gov.it/content/fdaap
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provailprimotrattamentounararaformaditumoredellapelle)l’utilizzo nelle forme avanzate.
n Carcinoma del colon retto ed EpatocarcinomaIl carcinoma del colon retto (CRC) rappresenta la quarta neoplasia più comune e la seconda causa di morte cancro correlata negli Stati Uniti. Nel 2016, sono stati stimati 95.260nuovi casi e circa 39.220 decessi. Nel 2015, sono stati diagnosticati in Italia 12.300 nuovi casi di epatocarcinoma (HCC), circa il 3% di tutti i nuovi casi di tumore. L’HCC rientra tra le prime cinque cause di morte pertumore negli uomini di qualsiasietà ma è al terzo posto nella fascia di età 5069 anni. Attualmente la sopravvivenzaa cinque anni si attesta intornoal 65% ed è strettamente correlata allo stadio di malattia. Sebbene la stadiazione clinicopatologica rimanga fondamentale per determinare l’outcome, il CRC mostra una significativa eterogeneità nella prognosi e nella risposta aitrattamenti anche in presenzadi una stadiazione uguale.Questa eterogeneità clinica è in parte correlata alle alterazioni genetiche che si manifestano durante la patogenesidel CRC: nell’85% dei casi alterazioni cromosomiche e nelrestante 15% funzionalità difettosa del sistema del MMR (MisMatch Repair) che determina instabilità dei microsatelliti, che sono brevi sequenze diDNA di 16 basi ripetute e distribuite in tutto il genoma(MSI). I CRCs con alta instabilità dei microsatelliti hanno caratteristiche cliniche e patologiche distinte: posizione prossimale, stadio di malattia pre
coce, scarsa differenziazione,istologia mucinosa e associazione con le mutazioni BRAF.Inoltre, è noto che il CRC conalta instabilità dei microsatelliti manifesta un fenotipo infiammatorio che genera una risposta immunitaria endogena, cheviene controbilanciata dall’espressione di segnali immunitari inibitori, come PD1 oPDL1. Sulla base di questeconsiderazioni, i CRCs con alta instabilità dei microsatelliti sembrano essere particolarmente sensibili all’immunoterapia, che apre una nuova eranel panorama dei pazienti conCRC metastatico.Le possibilità terapeutiche perl’HCC sono strettamente correlate allo stadio di malattia enella fase avanzata l’inibitoremultichinasico sorafenib rimane il farmaco di scelta con unasopravvivenza mediana di circa11 mesi. È necessario dire chevi è un urgente bisogno di opzioni terapeutiche più efficaciche possano prolungare la sopravvivenza dei pazienti e ampliare le possibilità terapeutiche.Il lavoro di Personeni (50. Personeni et alii, 2017) ha identificato l’NLR (neutophil –tolymphocyte ratio) come biomarker prognostico indipendente nei pazienti con HCC econ funzionalità epatica compensata, che sono candidati aitrattamenti di seconda linea.Anche per il trattamento dell’HCC è importante un approccio in team, questo ottimizza la scelta del trattamento, il timing della biopsia e facilita l’arruolamento dei pazientinei trial clinici, prima che la loro condizione clinica possadrasticamente e irreparabilmente peggiorare (51. Rimassaet alii, 2017).
n Mesotelioma pleuricoIl mesotelioma pleurico rappresenta una forma aggressivadi malattia e rappresenta circail 90% di tutte le forme di mesotelioma. Il trattamento include la chirurgia palliativa, laradioterapia e la chemioterapia. Il trattamento standard diprima linea è a base di platinoin aggiunta a pemetrexed, conuna sopravvivenza mediana di12 mesi. Nel trattamento diseconda linea non esiste unaterapia standard, ma solo possibilità terapeutiche con monochemioterapie. La patologia resta pertanto un campo di ricerca importante e i pazientivanno coinvolti in studi cliniciogni volta siano disposti a farloe ve ne siano di disponibili. Per quanto riguarda l’approccioimmunoterapico, a oggi i datiriportati non sono incoraggianti, ma questo non implicache l’argomento possa esserconsiderato chiuso. Nello studio KEYNOTE028 (fase Ib)pembrolizumab ha dimostrato un tasso di risposta pari al 20% e una buona tolleranza inpazienti affetti da mesotelioma(52. Alley et alii, 2017).
L’Immunoncologiain Ematologia
L’avvento degli anticorpi antiPD1 (Nivolumab e Pembrolizumab) nel mondo dei linfomi sta cambiando rapidamente l’algoritmo terapeutico del linfomadi Hodgkin (LH) e, nell’ambitodei linfomi non Hodgkin, sta modificando l’assetto delle diverse combinazioni terapeutiche sia nei linfomi aggressivi che in quelli indolenti.
n Linfoma di Hodgkin In entrambi gli studi di fase Isono stati arruolati pazienti
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con LH ricaduti/refrattari conuna mediana di 45 linee diprecedenti terapie includentianche il trapianto autologo e ilbrentuximab vedotin. Nonostante questa popolazioneprognosticamente sfavorevoledi entrambi gli studi, l’anticorpo antiPD1 ha prodotto rispettivamente una rispostaglobale pari all’87% con una risposta completa del 17% relativamente alla sperimentazionecon nivolumab (53. Ansell etalii, 2015). Allo stesso tempoanche nello studio di fase I conil pembrolizumab la percentuale della risposta globale èstata del 65% con un tasso diremissioni complete pari al21% (54. Armand et alii, 2016).Nonostante al momento il followup sia breve, molti pazienti mostrano una risposta duratura che si mantiene per oltreun anno e una risposta rapidain termini di riduzione/scomparsa della sintomatologia clinica sistemica già dopo le prime 23 somministrazioni. Questi importanti risultati ottenuti in una popolazione pesantemente pretrattata hannoaperto una potenziale nuovamodalità di algoritmo terapeutico del LH. Successivamente entrambi glistudi di fase II hanno confermato come sia il nivolumab(55. Younes et alii, 2016) sia il pembrolizumab (56. Chen etalii, 2017) su numeri allargatimantengono la stessa qualitàdi risposta in termini di risposta globale (65%75%) e di remissione completa (1020%);inoltre queste risposte sonoassolutamente sovrapponibili, indipendentemente dall’utilizzotemporale del brentuximabvedotin nei confronti del trapianto autologo nell’ambitodella pregressa terapia.
Il passo successivo è statoquello di combinare l’anticorpo monoclonale antiPD1 conil brentuximab vedotin con l’intento di ottimizzare una terapia che non contenga affattochemioterapia. A tal propositoa oggi sono state riportate duediverse esperienze di fase II: laprima è quella relativa all’utilizzo della combinazione nivolumab e brentuximab vedotinnei pazienti con LH refrattarialla prima linea chemioterapicadi trattamento o ricaduti precocemente (entro i primi 12mesi) rispetto all’ottenimentodella prima risposta completa.I risultati preliminari riportanouna percentuale di rispostaglobale pari al 90% con una risposta completa del 62% (57.Herrera et alii, 2016). La seconda esperienza è sempre legataall’utilizzo della stessa combinazione – nivolumab e brentuximab vedotin – nei pazienticon LH pesantemente pretrattati: anche in questo gruppo dipazienti i risultati clinici sonorisultati essere analoghi conuna risposta globale del 100%e una remissione completa del 66% (58. Diefenbach et alii,2016).Questo passaggio successivodi combinare i due anticorpi,l’antiPD1 e il brentuximabvedotin, in un regime esclusivamente immunoterapico è incorso di valutazione nell’ambito di uno studio di fase II anche nei pazienti anziani (etàsuperiore ai 65 anni) con LHin prima linea, dove l’utilizzodella classica chemioterapianon mostra risultati terapeutici entusiasmanti e soprattuttoin questi pazienti, che presentano diverse comorbidità, latossicità ematologica ed extraematologica può diventare rilevante.
n Linfomi non Hodgkin Anche nell’ambito dei linfominon Hodgkin (LNH) di derivazione Blinfocitaria sono giàpresenti interessanti dati preliminari del ruolo che può giocare l’anticorpo antiPD1. Iprimi risultati sono stati riportati in uno studio di fase Icomprendente diverse patologie ematologiche con il pidilizumab (59. Berger et alii,2008). In seguito l’efficacia delpidilizumab nel LNH follicolareè stato testato in uno studio difase II in cui l’antiPD1 venivautilizzato in combinazione con il rituximab in pazienti con linfoma follicolare ricaduto. La risposta globale è stata pari al 66% con una percentuale di risposta completa del 52% (60.Westin et alii, 2014); quest’ultimo risultato è nettamente superiore a quello che si può ottenere nella stessa popolazione utilizzando il solo rituximab. Inoltre, anche lo stesso nivolumab ha mostrato unasua specifica efficacia nell’ambito sia dei LNH aggressivi tipoil linfoma diffuso a grandi cellule (risposta globale pari al36%) sia nei LNH indolenti tipo il linfoma follicolare (risposta globale 40%) (61. Lesokhinet alii, 2016).Rimanendo nell’ambito deiLNH di derivazione Blinfocitaria il pembrolizumab ha mostrato un’importante efficaciaterapeutica nei pazienti ricaduti/refrattari per linfoma primitivo del mediastino. In questapopolazione di pazienti la chemioterapia convenzionale disalvataggio, includendo ancheil trapianto autologo, non mostra alcun tipo di risultato soddisfacente e invece l’utilizzodel pembrolizumab in uno studio di fase I ha mostrato una percentuale di remissione
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completa pari al 41%, con unaremissione completa del 12%(62. Zinzani et alii, 2017). Inoltre anche un’analisi intermediadello studio successivo di faseII ha confermato su un numero superiore di pazienti glistessi risultati con una risposta globale del 41% e una rispostacompleta pari al 14% (63. Zinzani et alii, 2017).Infine, interessanti risultatipreliminari sono stati ottenuticon il pembrolizumab anche in
pazienti con LNH di derivazione Tlinfocitaria primitivi cutanei. La risposta globale è statadel 38% in pazienti con micosifungoide e sindrome di Sezarypesantemente pretrattati (64. Khodadoust et alii, 2016). Nell’ambito di nuove combinazioni il primo dato interessante è relativo al regime che associa nivolumab con il rituximab in pazienti con linfomafollicolare ricaduto/refrattario;i risultati preliminari mostrano
una risposta globale pari al65% con un 50% di risposte complete (65. Nastoupil et alii,2017).Inoltre, si inizia a esplorare ilruolo di nivolumab e pembrolizumab nei pazienti con LHpost trapianto allogenico e, infine, sono in corso alcuni studidi fase I tesi a testare il ruolodi anticorpi antiPDL1 in pazienti con LH precedentemente trattati con nivolumab opembrolizumab.
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I fattori predittivi e indicatori della risposta
Dopo un lungo periodo durante il quale l’immunoterapia ha mostrato risultati non entusiasmanti nei pazienti affetti dacancro, negli ultimi anni si èassistito, soprattutto per alcune neoplasie, a un notevolemiglioramento in termini di efficacia, grazie anche alla miglior comprensione dei meccanismi di controllo del sistemaimmunitario e allo sviluppo difarmaci che sono in grado diagire sul sistema immunitariostesso. Un numero elevato diagenti immunomodulatori, iquali agiscono sul sistema immunitario da inibitori a livellodi CTLA4, PD1 o il suo ligando PDL1, sono stati approvati per il trattamento di molteplicineoplasie. Nonostante gli importanti risultati ottenuti intermini di OS, circa il 4060%di pazienti tuttavia non beneficia da questi trattamenti. Allaluce di queste evidenze, è fondamentale identificare marcatori che possano individuareprecocemente i pazienti chenon stanno rispondendo o chenon risponderanno al trattamento, in modo tale da evitaretossicità e costi inutili; inoltre,questi pazienti potrebbero essere candidati tempestivamente ad avviare altre terapie potenzialmente più efficaci. Numerosi studi preclinici hannodimostrato che i tumori possono presentare tre potenzialiprofili immunologici: 1) tumoriche sono infiltrati da cellule Tcon un profilo genetico “infiammatorio”; 2) tumori chesono privi di cellule T e infiltrato infiammatorio con un
profilo genetico “freddo”; 3)tumori che hanno cellule T einfiammatorie a livello stromale e non intratumorale pertanto possono beneficiare di terapia antiangiogenica (66. Teng etalii, 2015; 17. Chen et al, 2017).Il marcatore più studiato a oggi è il PDL1, che viene espresso sulle cellule tumorali, la suaoverespressione è una formadi resistenza adattiva alla presenza di cellule T che infiltrano il tumore stesso (67. Taube etalii, 2014). Numerosi studihanno valutato l’associazionedi PDL1 e l’efficacia dell’inibizione del pathway PD1/PDL1; tuttavia sebbene la maggior parte degli studi concordino sul fatto che tanto più alto è il livello di espressione diPDL1, tanto migliore è l’esitodella terapia emerge che unapiccola frazione di pazienti contumori che non esprimonoPDL1 può trarre vantaggio daquesti trattamenti (68. Ratcliffeet alii, 2017). Il ruolo di PDL1come biomarcatore predittivo di efficacia degli immunoche
ckpoint inibitori ad oggi è stato stabilito nel carcinoma polmonare non a piccole celluledalla prima linea di trattamento, mentre resta ancora assolutamente da definirsi in tuttigli altri setting di pazienti e tipologie tumorali. Il ruolo indefinito di PDL1può essere il risultato di diverse variabili. In primo luogo,l’espressione di PDL1 è regolata da diversi elementi che includono MAPK, PI3K e AKT,fattore trascrizionale HIF1,STAT3, NFkB e fattori epigenetici. L’espressione di PDL1può essere transitoria, diversanello stesso paziente ed eterogenea all’interno del tumorestesso. Pertanto, il campionamento del tumore in un certomomento della storia di malattia o in un unico sito può nonrappresentare in maniera accurata l’espressione di PDL1.In secondo luogo, è importante sottolineare come a ogginon vi sia ancora un test unicoper la determinazione dell’espressione di PDL1 e il cutoff dello score per la positività, basato sul numero di cellule positive per PDL1, non è ancora chiaramente definitoperché gli studi clinici hanno spesso utilizzo differenti anticorpi monoclocali per la determinazione, così come differenti valori di positività e diverse popolazioni cellulari. Studi retrospettivi hannodimostrato che l’infiltrato linfocitario a livello dellebiopsie è strettamentecorrelato a un incrementodella sopravvivenza in pazienti affetti da tumoredel polmone, melanoma, distretto testacollo o tu
Le conseguenze
Le T cellule possono rappresentarenei tumori: un profilo genetico infiammatorio un profilo genetico freddo un profilo infiammatorioa livello stromale
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I marcatori periferici nel sangue possono essere fattori predittivinei pazientiin trattamentocon immunoterapia
more colon rettale. Inoltre,il numero di cellule T CD8(TILs), che infiltrano il microambiente del tumore e cheesprimono PD1 e/o CTLA4,sembra essere un indicatorechiave del successo dell’immunoterapia e l’inibizione di PD1e di CTLA4 può aumentare la percentuale di infiltrazione delle cellule T (69. Tumeh etalii, 2014). Il miglior parametro associatoalla risposta dell’inibizione diPD1 sembra essere un’elevatadensità di cellule CD8 + T allaperiferia del tumore. Pertanto,è importante sottolineare chela valutazione dell’espressionedi PDL1 dovrà essere completata da altri marcatori chedovranno essere analizzati nelmicroambiente tumorale e potranno consentire una miglioreselezione dei pazienti. L’attivazione delle celluleT riflette la risposta immunitaria dell’ospite versoil tumore, ma è il tumorestesso a rappresentare unachiave fondamentale per il successo dell’immunoterapia, perché esiste una relazione diretta tra il caricomutazionale in termini dimutazioni somatiche e varianti non sinonime (tumormutational burdenTMB) e l’efficacia del trattamentostesso (24. Rizvi et alii, 2015).Infatti, un marcatore emergente per la risposta all’immunoterapia è proprio il TMB. Siipotizza che tumori con unelevato numero di mutazionisiano più capaci di produrreneoantigeni, tuttavia gli studinon sono stati ancora in gradodi identificare neoantigeni ricorrenti che possano predireuna risposta al trattamento. Ènoto che i pazienti affetti damelanoma presentano un ele
vato numero di mutazioni somatiche, pertanto tendono adavere una risposta migliore al trattamento immunoterapico,così come i pazienti con tumore del polmone con mutazionicorrelate al fumo di sigaretta ei pazienti con tumori del tratto gastroenterico con mutazioni correlate al deficit diMMR hanno una migliore risposta all’immunoterapia e un possibile beneficio clinico dilunga durata (>6 mesi) (70.Van Allen et alii, 2015).Il deficit di MMR si verifica incirca il 15% dei CRC ma anchenei tumori dell’utero, stomaco, tratto biliare, pancreas,
ovaio e prostata. I tumori chepresentano deficit di MMRhanno un numero elevato dimutazioni a livello di regioniripetute all’interno del genoma, chiamate microsatelliti chein questo modo risultano essere instabili. Molti dei tumoriche presentano un deficit diMMR presentano un infiltratodi tipo immunitario e un microambiente tumorale ricco dicitochine che contribuiscono auna risposta immunitaria iniziale (71. Llosa et alii, 2015). La ricerca di marcatori periferici nel sangue è una fonte noninvasiva di potenziali fattoripredittivi nei pazienti in tratta
mento con immunoterapia. Sebbene siano state evidenziate delle associazioni tra beneficio clinico e sopravvivenza, fino a oggi nessuno dei marcatori valutati è stato validato come fattore predittivo. Una più ampia valutazione della risposta immunitaria innata eadattativa all’interno del microambiente tumorale attraverso l’analisi dell’espressionegenica potrebbe predire il beneficio clinico al trattamentoimmunoterapico. L’espressione di determinati geni, in particolare quelli indotti da IFNgamma, potrebbe rivestire unsolido ruolo predittivo di risposta alla terapia anti PD1/PDL1. Questa teoria è supportata da alcuni dati che hanno mostrato che pazienti conun’alta espressione di MHCclasse II hanno una migliore risposta obiettiva, più lunghePFS e OS rispetto al sottogruppo di pazienti con bassaespressione di MHC classe II (72. Johnson et alii, 2016).In conclusione, l’utilizzo della valutazione immunoistochimica dell’espressione di PDL1 non è sufficiente per decidere diutilizzare oppure no l’immunoterapia in alcune patologie tumorali. Solo nel tumore delpolmone non a piccole cellule è stato stabilito ad oggi chel’espressione di PDL1 ha unruolo predittivo di efficacia degli immunoterapici sia in primache in seconda linea di trattamento. La caratterizzazione delmicroambiente immunitario tumorale deve essere migliorata, includendo la presenza diantigeni tumorali riconosciuti ei meccanismi immunosoppressivi. Le relazioni tra espressione PD1 e PDL1, linfociti infiltranti il tumore, il carico di mutazioni o di neoantigeni de
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La gestionedelle tossicitàrichiedela interazione dell’oncologocon gli altrispecialisti
vono essere mirati a creare unmodello integrato che possaprevedere la risposta ai trattamenti immunoterapici.
Tossicità Gli anticorpi monoclonali antiCTLA4 e antiPD1 rappresentano una vera e propria rivoluzione in oncologia medica.Prima di prescrivere farmaciinibitori di checkpoint immunologici, l’oncologo identifica ifattori di rischio individuali chepossono favorire l’insorgenzadi reazioni avverse autoimmuni, quali anamnesi personale ofamiliare positiva per malattieautoimmuni, storia di infezioneda HIV ed epatite virale, storiadi infezione da patogeni opportunisti, terapie concomitanti con farmaci già associaticon malattie autoimmuni, attività professionali associate aun aumentato rischio di patologie autoimmuni per esposizione a sostanze chimiche opolveri minerali. Gli eventi avversi immunocorrelati possono svilupparsi all’inizio, durante e anche al termine della terapia. Il tempo mediano di insorgenza degli effetti collaterali è variabile e dipende dal tipodi tossicità. Considerando iltempo di insorgenza, le tossicità si possono distinguere in effetti collaterali a insorgenzaprecoce (<8 settimane) e tardiva (>8 settimane). Gli effetticollaterali a insorgenza precoce comprendono la tossicitàcutanea, gastrointestinale edepatica, mentre gli effetti collaterali a insorgenza tardiva sono più tipicamente di tipo polmonare, endocrino e renale(73. Champiat et alii, 2016). Gli effetti collaterali immunorelati, per quanto relativamente frequenti, sono solitamentedi grado lieve o moderato e
sono abitualmente reversibiligrazie a una diagnosi precoce e a un trattamento adeguato emultidisciplinare. Nella maggior parte dei casi, quindi, nonè necessaria la sospensionedefinitiva del trattamento coninibitori dei checkpoint immunologici. Gli anticorpi antiPD1, come il nivolumab e ilpembrolizumab, sono generalmente meglio tollerati di ipilimumab, specie se a dosaggiodi 3 mg/kg, con una percentuale di eventi avversi di grado 3e 4 di circa il 1015% dei primicontro il 2030% dell’anticorpo antiCTLA4 (74. Robert etalii, 2015; 19. Wolchok et alii,
2017). La combinazione di nivolumab con ipilimumab a 3mg/kg è invece il regime chepresenta il maggior numero dieventi avversi di grado 3 e 4,pari al 55% nello studio di faseIII (19. Wolchok et alii, 2017). Poiché la tossicità non è correlata alla risposta clinica e una precoce interruzione del trattamento immunoterapico per scarsa capacità di gestione (o di prevenzione) degli effetti collaterali comporta una significativaperdita di opportunità terapeutica per il paziente, oltre alla attenta analisi delle condizioni cliniche presenti e passate del paziente, è necessario sviluppare
un “algoritmo di attenzione”,capace di guidare il clinico inquesti nuovi percorsi (75. Haanen et alii, 2017). La ricerca attuale indica l’importanza di un atteggiamentoproattivo del medico e deipazienti, informati adeguatamente. Ethan Basch ha presentato i risultati di un sistema di comunicazione Paziente/Centro oncologico basato su una piattaforma web, capace di indurreun vantaggio in sopravvivenza(76. Basch et alii, 2017; 77. Basch et alii, 2016).Una diversa prospettiva di analisi della tollerabilità dei trattamenti immunoterapici riguarda la possibilità di valutare gli effetti collaterali non secondouna classificazione oggettiva da parte del medico, ma dal puntodi vista del paziente. In moltistudi clinici vengono valutati, infatti, i PROs (“patientreported outcome”, gli “esiti riportati dai pazienti”, cioè misure che permettono di descrivere e valutare lo stato di salute del paziente attraverso la propria percezione della condizione disalute) (78. Cella, 2014). Nell’ottica della gestione delletossicità che derivano dal trattamento con immunoterapiarisulta importante la collaborazione e interazione del medicooncologo con gli altri specialisti, in particolare gastroenterologo, pneumologo, endocrinologo e dermatologo. Questo approccio ha un impatto sia sull’organizzazione sia suicosti. È di fondamentale importanza la creazione di percorsi comuni e di gruppi interdisciplinari di cura che possano prendere in carico il paz iente dal l ’ in iz io del trattamento per prevenire egestire gli effetti collaterali.
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Verso nuovi endpoints surrogatiI criteri utilizzati per valutarel’efficacia del trattamento immunoterapico potrebbero essere, almeno in parte, distintida quelli utilizzati per valutare la risposta alla chemioterapia oa terapie a bersaglio molecolare specifico, perché l’immunoterapia attiva il sistema immunitario e, di conseguenza, puòdeterminare risposte anche intempi più lunghi (79. Waytecket alii, 2014). Gli endpoint tradizionalmente utilizzati negli studi clinici di chemioterapia potrebbero essere quindi inadeguati per valutare l’efficacia dei moderni trattamenti immunoterapici (80. Hoos et alii,2010). L’OS è da lungo tempol’endpoint primario negli studi clinici; per raggiungere questoobiettivo spesso ci voglionomolti anni. A questo proposito, in campo immunoterapico si èdiscusso della chiusura anticipata di uno studio clinico con tremelimumab per mancanza di efficacia (81. Hoos et al, 2012). Una sua successiva rivalutazione ha, in realtà, evidenziato come le curve in questo studio siseparassero a circa 24 mesi. Sarebbe, pertanto, importante disegnare studi clinici che possano utilizzare endpoint di efficacia che siano surrogati preliminari dell’OS. Tra i possibili endpoint surrogati vi sono laPFS, l’ORR, la DoR o un insieme di questi.
Quali sono i criteri di valutazione del risultato terapeutico – i biomarkers
Biomarker e immunoterapia: ruolo di PDL1Uno dei maggiori bisogni clinici per un uso ottimale, efficace esostenibile dei farmaci immunoterapici è lo sviluppo di bio
Cos’è un biomarker
• Per biomarker s’intende la misurazione di unavariabile biologica associata ad una caratteristicaclinica. Se quest’associazione è sufficientemente forte, ilbiomarker può essere misurato allo scopo di predire la variabile clinica di interesse.• I biomarker possono essere funzione del tipo di caratteristica clinica alla quale sono associati e che pertanto sono in grado di predire.• Biomarker si dice prognostico quando la variabileclinica che esso può predire è l’andamento di una malattiaindipendentemente dalla terapia.• Biomarker si dice predittivo quando la variabile clinica che esso è in grado di predire è la risposta o la mancatarisposta a uno specifico trattamento medico.• Biomarker predittivi sono caratteristiche cliniche, biologiche o molecolari che vengono misurateprima dell’esposizione al trattamento, e la cui variazione si associa a un beneficio clinico, come una prolungata sopravvivenza: anche chiamati biomarker farmacodinamici.• In questo caso, se l’associazione tra variazione biologica e beneficio clinico (ad esempio l’incremento della sopravvivenza) è sufficientemente robusta, teoricamente possono essere utilizzati all’interno di studi clinici per anticiparela stima dell’effetto del trattamento sulla sopravvivenza, e in questo caso si parla di biomarker o endpoint surrogati.• In termini di utilità clinica, i biomarker prognostici sono molto importanti nelle fasi precoci della malattia per definire il rischio residuo dopo un intervento potenzialmente guaritivo, così da definire l’eventuale necessità di ulteriori trattamenti finalizzati a ridurre questo rischio.• Comunque, l’impatto clinico sicuramente più significativo è rappresentato dai biomarker predittivi.• Infatti, appare ovvio che, a prescindere dal rischio, è inutile nonché dannoso somministrare un trattamento inefficace. Il principio “tanto vale tentare” in medicina si contrappone a quello “primum non nocere”. Somministrare un trattamento inefficace espone il paziente arischi di tossicità non giustificati e controbilanciati da un’attesa di beneficio, procrastina la somministrazione dipotenziali trattamenti efficaci e, in termini di individui esocietà, brucia risorse economiche che in caso di farmaciad alto costo possono essere ingenti.• Per tale ragione, oggi si ritiene che la “medicina diprecisione” cioè il “farmaco giusto, al dosaggio giusto, al momento giusto e al paziente giusto” siauno degli obiettivi più importanti da perseguire, con benefici enormi per pazienti e società.
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marker predittivi. Infatti, come precedentemente discusso, èapparso assolutamente chiarofin dai primi studi clinici con inibitori dei checkpoint immunitari che vi sono tre tipologie di pazienti: 1) pazienti che non beneficiano per nullada queste terapie e vanno rapidissimamente in progressione alla prima rivalutazione clinica, i quali purtroppo rappresentano generalmente lamaggioranza dei pazienti (si parla di resistenza intrinseca o primaria); 2) pazienti che inizialmente beneficiano in misura più o meno significativa e per un periodo più o menolungo dal trattamento, ma chea un certo punto progrediscono (si parla di resistenza acquisita o secondaria) e infine 3) pazienti che rispondono in modo completo o parziale al trattamento e chemantengono tale risposta anche dopo aver sospeso la somministrazione dei farmaciimmunoterapici; questi pazienti, almeno per quanto ne sappiamo, potrebbero in parte essere guariti dalla loro malattia (Figura 6). Se fossimo capaci tramite unbiomarker predittivo di identificare ab initio queste tre tipologie di pazienti, ne deriverebbe ovviamente un enorme beneficio clinico. Per quanto riguarda i farmaci che hannocome target terapeutico l’interazione tra PDL1 e PD1 èapparso ovvio esplorare se lavalutazione dell’espressione diPDL1 da parte delle celluletumorali e immunitarie potesse identificare chi può trarre omeno beneficio da questi farmaci, cioè se PDL1 è unbiomarker predittivo. Unesempio in tal senso è fornitodallo studio di prima linea nel
carcinoma polmonare che ha confrontato chemioterapia emonoterapia con pembrolizumab (anticorpo antiPD1) neipazienti con tumore che esprime PDL1 in più del 50% dellecellule tumorali, dimostrandoun beneficio clinico importante dell’immunoterapia in questo sottogruppo rispetto allachemioterapia (26. Reck et alii,2016). In questo caso specifico, la determinazione di PD
L1 è indispensabile per la prescrizione di pembrolizumab in tale indicazione, e si parla pertanto di PDL1 come companion diagnostic.In alcuni tumori o situazionicliniche non si è capaci di identificare chi sicuramente non risponderà o risponderà al trattamento, ma il relativo livellodi espressione è associato allaprobabilità di beneficiare per iltrattamento e pertanto questo
Figura 6
Legenda Figura 6: Le curve rappresentate nella figura indicano, a scopoesemplificativo, la frazione di pazienti liberi da progressione a ogni istante di tempo che potrebbe essere osservata in due neoplasie tipo (melanoma in rosso, e carcinoma polmonare non a piccole cellule in blu), quandotrattate con un immune checkpoint inibitore (antiPD1/antiPDL1) in monoterapia. La proporzione di pazienti con resistenza primaria o secondaria varia a seconda del tipo di neoplasia, dello stadio, dellecaratteristiche del tumore e del paziente e del farmaco, tuttavia sonosempre identificabili e solitamente rappresentano la maggioranza deipazienti. Qualora le tre tipologie di risposta e beneficio fosseroidentificabili ab initio tramite biomarker predittivi, le implicazioni cliniche sarebbero le seguenti: 1) pazienti con resistenza primaria non dovrebberoessere trattati con questi farmaci in monoterapia e dovrebbero essereindirizzati a farmaci alternativi o combinazioni di immunoterapici capaci di revertire la resistenza; 2) pazienti con resistenza secondaria potrebberoessere candidati a studi clinici con terapie di combinazione capaci di prevenire l’insorgere di resistenza; e 3) pazienti responsivi dovrebbero essere prioritariamente e quanto più precocemente possibile trattati conquesti farmaci e al contempo potrebbe essere evitata l’aggiunta di ulteriorifarmaci e il trattamento con combinazioni.
So
prav
vive
nza
liber
ada
pro
gres
sio
ne
100%
50%
3 6 9 12 15 18 21 24 27
Mesi
Resistenzaprimaria
o intrinseca
Resistenzasecondariao acquisita
Estremobeneficio(guariti?)
75%
25%
30 33 36 39 42
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può aiutare a personalizzare lascelta del trattamento in termini di valutazione del rischio/beneficio (il termine usato inquesti casi è che il biomarkerè un complementary diagnostic).
Biomarker eimmunoterapia: oltre PDL1Sono moltissimi gli studi condotti negli ultimi anni nel tentativo di identificare biomarker predittivi di risposta aitrattamenti con inibitori deicheckpoint immunitari (17.Chen et al, 2016; 82. Topalianet alii, 2016). Una rassegna ditutti i biomarker più promettenti va al di là dello scopo diquesta pubblicazione, ma è importante comprendere che potenziali candidati biomarkergià esistono e che investirenella ricerca volta alla loro implementazione clinica è una priorità clinica ed economica per consentire la sostenibilità del costo di questi farmaci.Tra i biomarker più interessanti vi è la caratterizzazionedel numero complessivo dineoantigeni che ha un tumore: come precedentemente illustrato, ciò rappresenta spesso la condizione necessaria,anche se non sufficiente, a creare un segnale di estraneità(foreignness) che può esserericonosciuto dal sistema immunitario. Non stupisce pertanto che in diversi tipi di tumore e per entrambi i tipi diimmune checkpoints (antiCTLA4 e antiPD1/PDL1)sia stata descritta una associazione diretta tra numero dineoantigeni e livello di risposta e beneficio dall’immunoterapia. Al momento, anche unbasso carico mutazionale nongiustifica l’esclusione dall’immunoterapia, ma in futuro tale
informazione potrebbe esserecombinata insieme ad altre perindividuare i pazienti da cui difficilmente ci si attenda una risposta a questi farmaci. All’estremo opposto, si è osservato che pazienti con un tassodi mutazioni molto alto hanno un’altissima probabilità di rispondere all’immunoterapia, aprescindere dall’istologia di base del tumore. Sulla scorta diquesta osservazione si è deciso di testare inibitori dei checkpoint immunitari in pazienticon tumori che presentanoparticolari alterazioni molecolari del sistema di riparo delDNA (MSIH o dMMR), ri
re che anche l’entità della presenza di infiltrato linfocitarionel tumore si associa a unamaggiore probabilità di risposta alla monoterapia con antiPD1/PDL1. Comunque, talevariabile è almeno in parte associata all’espressione di PDL1, in quanto la presenza dilinfociti tramite la liberazionedi interferon gamma inducenelle cellule tumorali e del sistema immunitario l’espressione di PDL1. Un impiego alternativo deibiomarker potrebbe essere legato alla caratterizzazione deipazienti che non beneficiano asufficienza da una monoimmunoterapia con antiPD1/PDL1 e che, pertanto, necessitano dell’aggiunta di un farmaco in combinazione. Anchequesta informazione risulterebbe importantissima per unottimale uso delle risorse edevitare di incrementare costi etossicità non necessari. A talproposito, ad esempio, la mancata espressione di PDL1 nelmelanoma sembrerebbe identificare un sottogruppo di pazienti che trae il maggiore beneficio dall’aggiunta di ipilimumab (antiCTLA4) a nivolumab (antiPD1) (19. Wolchok et alii, 2017). Tale osservazione deve comunque essere validata.In sintesi, per rendere efficiente e sostenibile l’impiego difarmaci immunoterapici in uncosì ampio numero di indicazioni attuali e future, non si può prescindere dall’individuazione di biomarker validi e clinicamente utili. È prioritarioche i sistemi sanitari e la ricerca investano massivamente nello sviluppo di tali strumenti per permettere una “immunoterapia di precisione o personalizzata”.
Dalla patologia tumoralela registrazionesi muoveversol’alterazione molecolare
scontrando un tasso di risposte molto elevato (circa 40%)e di lunga durata (83. Lee etalii, 2015). Sulla base di questi notevoli livelli di attività, laFDA ha deciso di registrarel’uso di pembrolizumab (antiPD1) in pazienti con una dellespecifiche alterazioni molecolari che caratterizzano questitumori (MSHI o dMMR) aprescindere dall’istologia dipartenza della neoplasia. Si tratta, pertanto, della primaregistrazione di tipo “agnostico”, cioè non più legata a unapatologia tumorale ma a un’alterazione molecolare.Vale inoltre la pena menziona
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La valutazione economica della cura
Il nuovo scenario che ormai siè aperto grazie alla immunoncologia, possibilità di remissione a lungo termine in una certapercentuale di casi e miglioramento importante della qualitàdella vita, impone lo sviluppo eun utilizzo sempre maggiore di appropriati strumenti di valutazione economica. Nel caso delle immunoterapie, dove siamoin presenza di importanti benefici a breve termine in condizioni cliniche orfane di altri trattamenti efficaci, ci si devechiedere se è lecito attendere i risultati real world, anche economici, di lungo periodo primadi chiudere la fase sperimentalee rendere disponibile il trattamento per tutti i pazienti. La risposta a questa domanda condiziona sicuramente il disegno degli studi e ha implicazioni ancor maggiori in un ambito di valutazioni di Health TechnologyAssessment (HTA), soprattutto in un’ottica di rapporto tra costo ed efficacia e conseguente costo opportunità. Infatti, se simisurano i benefici in termini ditempo di vita guadagnato, una valutazione costo efficacia basata su studi a breve termine dovrà fatalmente utilizzare estrapolazioni e assunzioni non ancora verificate su effetti a lungotermine. Di contro, si potrebbe arrivare a conclusioni oppostecon il rischio di negare trattamenti salvavita a pazienti senzasperanza, o di aver pagato cifreenormi per benefici di brevedurata e tutto sommato marginali. Non ci sono soluzioni semplici, ma sicuramente un approccio rigoroso di valutazione economica accompagnato da un’analisi tendente alla valutazione della disponibilità a
pagare (Willingness to Pay WTP) del sistema sulla base del rapporto costo / efficacia può rappresentare il percorso necessario per fornire informazioni appropriate per un corretto utilizzo delle risorse. Come tutte le rivoluzioni, anche l’immunoterapia genera tanti problemi quanti ne risolve; diconseguenza, è richiesto un impegno notevole non solo nellaricerca traslazionale ma anche in quella clinica, statistica, farmacoeconomica e organizzativa in tutta la comunità scientifica e della sanità pubblica. Le immunoterapie generalmente hanno un buon profilo di
tollerabilità, con limitati danni ai tessuti normali nel lungo termine. La continua ricerca in corso in questo campo ci aiuterà ad affrontare bisogni insoddisfatti e a capire come l’immunoncologia possa migliorare gliattuali standard di cura anche in termini di sopravvivenza conimportanti ricadute anche intermini economici (riduzionedei costi diretti) sul SSN. Negli ultimi anni alcuni studirelativi al burden delle malattie hanno tuttavia evidenziato unimpatto economico maggioredelle malattie, non solo oncologiche, sui costi sociali e previdenziali (costi indiretti).
Da molti anni, infatti, non si vedevano progressi rilevanti nelle cure tali da migliorare la sopravvivenza in fase avanzata: per esempio, nel melanoma era pari a circa sei mesi, mentre l’ipilimumab ha dimostrato di raddoppiarla a uno e due anni, con un quinto di pazienti ancora vivo a un decennio dalla diagnosi. Questo significa che, in alcuni casi, è possibile parlare di lungo sopravviventi facendo emergere benefici economici incrementali che vanno, in parte, a compensare i costi incrementali che caratterizzano le nuove tecnologie.È ormai chiaro che, alla luce dei promettenti risultati osservatianche nel lungo periodo e accompagnati da valori di sicurezza e tollerabilità molto più elevati che in passato, diventa necessario considerare questi trattamenti non solo come un “costo” per il sistema sociosanitario nel suo complesso (SSN, Spesa Sociale, INPS).Il farmaco deve essere valutatoseguendo anche un percorso diHTA che non può non prescindere, quale primo step, daun’analisi di costoefficacia, così da fornire a quei trattamentidotati di un reale impatto sulla storia naturale della malattia il beneficio di essere resi disponibili con rapidità.Per l’immunoncologia in particolare, il nuovo paradigma deve condurci verso una valutazionecorrelata alla globale strategiadi controllo della specifica patologia neoplastica, con il conseguente superamento della“mera” logica del prezzo e deisilos budget a favore di una più completa valorizzazione dellatecnologia.
Le prospettivenella valutazione economicaI decisori devono compiere la
È necessario superarela logicadel prezzoe dei silosrelativiai budget
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propria valutazione al fine di assicurare un corretto e sostenibile accesso alle nuove tecnologie (nello specifico i farmaci)spesso in un contesto di risorse limitate. Ciò è particolarmente vero quando devonofornire trattamenti che consentono di salvare, prolungare o migliorare la vita a pazienti affetti da patologie di natura oncologica, condizioni rare o in soggetti con limitate opzioni terapeutiche.Anche se è più complesso emolto meno riconosciuto, per i nuovi prodotti oncologici vi èchiaramente un legame tra lecondizioni economiche, i benefici in termini di miglioramentodella salute della popolazione e la sostenibilità a medio terminedalla loro introduzione tanto per il SSN che per il sistemasociale e previdenziale. È ormai acclarato l’impatto che i nuovi farmaci possono averenon solo quale effetto positivo in termini di costi diretti sanitari ma anche in relazione ai costidiretti non sanitari (spesa outof pocket in particolare) e indiretti, intesi tanto quali perditadi produttività che di impatto sulla spesa previdenziale. Grazie, infatti, alla loro efficacia di lungo periodo accompagnata da minori livelli di tossicità e di eventi avversi, questi farmaci migliorano notevolmente la qualità della vita dei pazienti che, conseguentemente, possono continuare a lavorare e hanno la possibilità di ritardare, se non anche di eliminare, il ricorso alle prestazioni fornite dal sistema previdenziale.Le malattie oncologiche comportano, infatti, costi economici e sociali di particolare rile
vanza quale conseguenza anche dell’alta prevalenza di queste malattie.A questo proposito è utile ricordare quanto, in Italia, il sistema previdenziale (INPS) spende per i pazienti affetti damalattie oncologiche. Infatti, trai costi indiretti, quelli a carico del sistema previdenziale rappresentano una voce molto importante in termini di spesa pubblica. In particolare, per quanto attiene al totale delle prestazionierogate dall’INPS dal 2009 al 2015, è interessante sottolineare come il totale delle prestazioni erogate posiziona le neo
ziale (INPS) per le malattie oncologiche. L’analisi ha mostrato una crescita costante per quanto attiene le prestazioni relative alleneoplasie, con un totale dei costi tra il 2009 e il 2015 pari a € 14 miliardi per una spesa media annua di ben € 2 miliardi.L’incidenza e la prevalenza delle malattie oncologiche sono destinate ad aumentare nei prossimi anni in Italia. Queste malattie comportano notevoli costi economici e sociali e potranno richiedere un usoconsiderevole delle risorse economiche a causa anche dell’invecchiamento della popolazione.Al fine di prevenire e ridurre al minimo le conseguenze di questo scenario, prescrizioni più appropriate accompagnate da un rapido accesso alle terapie innovative in Europa l’Italia èil Paese con il più grande ritardo nell’accesso alle tecnologieinnovative (85. Russo et alii,2010) ridurrebbe i costi sostenuti dal sistema di sicurezza sociale e porterebbe a un considerevole miglioramento dell’efficacia degli interventi. Riuscire a disegnare percorsi assistenziali e di accesso alle cure tempestive (accompagnatida una puntuale stratificazionedei pazienti) potrebbe, quindi, permettere una riduzione tanto dei costi diretti quanto deicosti relativi alla spesa previdenziale, senza dimenticare l’obiettivo fondamentale che è rappresentato dal miglioramento dello stato di salute dei pazienti. Va comunque stressato che l’efficacia dei nuovi farmacivada comunque dimostrata inmaniera inequivocabile. O
Costi sanitarie non sanitari possonobeneficiaredall’usodei nuovifarmaci
plasie al primo posto tra tuttele patologie. Anche per quanto riguarda gli assegni di invalidità e le indennità di accompagnamento le neoplasie si trovanoal primo posto in termini di prestazioni erogate dall’INPS.Complessivamente, partendodai dati pubblicati nel rapportoFAVO (20102015), sono stateeffettuate alcune elaborazioni(Elaborazioni effettuate dal CEIS EEHTA, Università “TorVergata”, Roma) tendenti a evidenziare l’andamento, nello specifico, della spesa previden
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Il medico e il paziente nell’immunoncologia
Il profilo disegnato nella Figura 3 di questo documentorappresenta il tipo di miglioramento della sopravvivenza checi si può attendere dall’introduzione delle terapie a bersaglio molecolare e dell’immunoterapia rispetto ai trattamenti già disponibili per i tumori solidi in fase metastatica.Benché l’utilizzo dell’immunoterapia abbia già dimostrato di poter migliorare la sopravvivenza a breve e medio termine in diversi tumori, quelloche al momento è ancora dastimare bene è la quota di pazienti che continua a beneficiare dal trattamento per lunghissimi periodi, con possibilità diguarire definitivamente. Si passa quindi da un beneficio medio, magari modesto, ma esteso a molti, alla possibilità di unbeneficio maggiore, anche se almomento confinato a pochi, ma in diversi tipi di tumori.L’aumento della conoscenzadella potenzialità a breve e lungo termine di un’appropriata e personalizzata immunoterapia si traduce in un vantaggio in termini di efficacia che oncologi e pazienti possono trarre da una personalizzazionedella immunoterapia, a pattoche le evidenze che continuano a venire dagli studi in quest’area trovino terreno fertilein adeguati sistemi di supportocosciente e mirato del decisore politico per l’utilizzo di queste nuove terapie. Le aree in cui l’immunoterapia sta dimostrando una evidenza e significato di utilizzo sono molte, per esempio (Tabella 2):
melanoma, adenocarcinoma polmonare, carcinoma polmonare squamoso, distretto testa/collo (HNSCC), carcinoma uroteliale, carcinoma del rene, linfoma di Hodgkin, carcinoma a cellule di Merkel, tumori con un deficit del“mismatch repair” (indipendentemente dall’istologia), carcinoma gastrico e della giunzione gastroesofagea, carcinoma dell’esofago, epatocarcinoma, mesotelioma, carcinoma squamoso del canale anale, carcinomaovarico, glioblastoma, timoma,carcinoma della cervice, carcinoma dell’endometrio, linfoma diffuso a grandi cellule, linfoma follicolare, linfoma a cellule T(CTCL, PTCL), carcinoma polmonare a piccole cellule, carcinoma della mammella. In corsivo le patologie o condizionimolecolari per le quali l’FDAha già approvato l’uso di almeno un farmaco di questa categoria (ma spesso più di uno).Questo elenco riassume l’impressionante spettro di attivitàdei farmaci che sono diretticontro i checkpoint immunita
ri in oncologia, nelle patologiein cui sono state osservatedelle risposte cliniche con la somministrazione di questi farmaci in monoterapia. Questonon implica necessariamenteche questi farmaci dimostreranno una reale “utilità clinica” in tutte queste patologie. Dall’altra parte, per tumori dovequesti farmaci si sono mostratiminimamente efficaci o non attivi, non significa che non esistano approcci immunoterapici efficienti o che questi stessi farmaci somministrati in combinazione non possano rivelarsi molto attivi. Attualmentel’espressione di PDL1 è la piùutilizzata per identificare laprobabilità di beneficio terapeutico e può, pertanto, aiutare a personalizzare la sceltadel trattamento in termini divalutazione del rischio/beneficio, anche se nella maggiorparte dei tumori e delle situazioni cliniche non è capace diidentificare chi sicuramente non risponderà o risponderàal trattamento. Ad oggi, solonel tumore del polmone è stato possibile identificare chel'espressione di PDL1 è unbiomarcatore predittivodell'efficacia degli antiPD1 eantiPDL1. Numerosi studipreclinici hanno identificatol’importanza di altri fattoripredittivi; tra questi, l’instabilità dei microsatelliti che causaun accumulo di mutazioni somatiche nelle cellule tumoralie porta a uno spettro di cambiamenti molecolari e biologici, tra cui un elevato carico tumorale “tumor mutationalburden”, una maggiore espressione di neoantigeni e un’abbondanza di linfociti tumorali
Conclusioni
L’oncologoe il pazientehanno bisognodel supportocosciente e adeguatodel decisore politicoper l’utilizzodelle nuove terapieimmunoterapichepersonalizzate
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L’oncologia viveun percorsoin cui è importantetrasferire l’usoalla conoscenzae la conoscenza all’uso
infiltranti. Questi cambiamentisono stati collegati a una maggiore sensibilità ai farmaci inibitori dei checkpoints. In futuro, nuovi studi preclinici saranno necessari per poter meglio identificare i sottogruppidi pazienti che beneficeranno dei trattamenti al fine di ottimizzare ulteriormente le risorse terapeutiche ed economiche. L’oncologia sta vivendo unpercorso non solo di innovazione ma di consolidamentocontinuo delle conoscenze; in questo contesto, si stannosfruttando gli insegnamenti ottenuti dalla valutazione dellemolecole in uso per inserirli al meglio nella ricerca attuale. Questi percorsi sono essenziali e questo modo di trasferire la conoscenza all’uso e l’usoalla conoscenza riassume quanto possa o meglio debba essere l’aiuto della medicina fuori dall’oncologia a sostegno degliesperti di quest’area. In questi percorsi di mutuo aiuto entrano anche le areenuove o supernuove di gestione dei percorsi terapeutici.Per esempio all’ASCO e all’ESMO del 2017 è stata richiamata un’importante serie di informazioni riguardanti moltedomande relative all’immunoncologia. Infatti, queste contribuiscono a inserire un approfondimento sui possibili meccanismi di resistenza che possono sorgere di fronte ainuovi trattamenti con antiPD1/PDL1 o con inibitori delCD73. Questo costituisceun’informazione importantesul beneficio del trattamentocon terapia con pembrolizu
mab da due anni a un anno dopo la cessazione del trattamento iniziato, con notevoliimplicazioni sulla durata deltrattamento ottimale con gliagenti antiPD1. Questo consente di sviluppare strategieche superino la resistenza primaria e quella acquisita identificando un’ottimale durata deltrattamento (86. Ascierto et al,2017).Molto importante è il riflessoche deriva quando le informazioni si trasmettono da un latosull’oncologo e dall’altro sul paziente in modo da richiamare di forza chi si muove nell’area decisionale del sistema e
nell’area di valutazione economica. Non va dimenticata, in questearee apparentemente senzaconfine, la necessità di seguireil paziente in percorsi “ogginuovi” in tempi che vanno oltre il contatto o legame che sistabilisce tra paziente e oncologo. Si può considerare oggi che viè un impegno non solo medico ed economico, ma sociale epolitico, perché un grande numero di pazienti con cancro
possa superare la sopravvivenza di almeno cinque anni. Al momento non è così per tuttele patologie tumorali, comeper esempio per il polmone.Se questo obiettivo può essere raggiunto da una adegutapolitica medica e sociale per ilpolmone con l’aiuto anche della immunoncologia, si può dire che questo risultato ne puòrappresentare il valore di ritorno. Questo risultato che lamedicina sta cercando di raggiungere negli ultimi decennipuò consolidarsi e migliorareun adeguato approccio allecrescenti conoscenze ed esperienze sulla immunoncologiaanche nel nostro Paese. Ilcompito dell’oncologo è distudiare e trattare il pazientecome persona. I risultati delleconoscenze e dell’esperienza del chirurgo, del radioterapistae dell’oncofarmacologo hannoportato in avanti la conoscenza e il trattamento negli ultimidecenni. Oggi si attende unnuovo passo dall’immunoncologia che possa portare versol’oncologia personalizzata. Leconoscenze derivanti dall’applicazione ragionata di questearee di studio e di applicazione terapeutica stanno riorientando l’approccio al paziente conun ampio riconoscimento delle potenzialità dell’immunoncologia da un lato sui farmaci edall’altro sui vaccini.Su queste aree l’esperienza crescente dell’oncologonell’immunoncologia èchiamata ad aiutare il sistema di controllo (programmi dei Ministeri della Salute e della Economia) nei loro percorsi di gestione. O
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Acronimi
AIC = Autorizzazione all’Immissione in Commercio
AIFA = Agenzia Italiana del Farmaco
AKT = Noto anche come Protein Kinasi B
ASCO = American Society of Clinical Oncology
ASCT = Autologous Stem Cell Transplantation
BRAF = Gene umano che codifica la proteina BRAF che regola il segnale della signal transduction serine/threoninespecific protein kinase
CTC = Cellule Tumorali Circolanti
CEIS = Centre for Economic and International Studies
CRC = Colon Rectal Cancer
CTCL = Cutaneous TCell Lymphoma
CTLA4 = Cytotoxic TLymphocyte Antigen
CTS = Commissione Tecnico Scientifica
DCs = Dendritic Cells
dMMR = DNA Mismatch Repair
DNA = Deoxyribonucleic Acid
DoR = Duration of Response
ECO = Ecografia
EEHTA = Economic Evaluation and HTA
EMA = European Medicines Agency
ESMO = European Society for MedicalOncology
FAVO = Federazione delle Associazionidi Volontariato in Oncologia
FDA = Food and Drug Administration
HBV = Hepatitis B Virus
HCC = Hepatic Cell Carcinoma
HIF1 = HypoxiaInducible Factor 1
HIV = Human Immunodeficiency Virus
HNSCC = Head and Neck Squamous Cell Carcinoma
HPV = Human Papillomavirus
HTA = Health Technology Assessment
IFNalfa = Interferon Alpha
IL2 = Interleukin2
INF = Interferon gamma
INPS = Istituto Nazionale Previdenza Sociale
ISS = Istituto Superiore di Sanità
LH = Linfoma of Hodgkin
LNH = Linfoma Non Hodgkin
LEA = Livelli Essenziali di Assistenza
MAPK = MitogenActivated Protein Kinase
MEK = Mitogenactivated Extracellular signalregulated Kinase
MHC = Major Histocompatibility Complex
MMR = MisMatch Repair
mRCC = Metastatic Renal Cell Carcinoma
MSI = Microsatellite Instability
Mtor = Mammalian Target of Rapamycin
NEMO = NRASmutantmelanoma
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NLR = Neutophil –toLymphocyte Ratio
NRAS = Neuroblastoma ras viral oncogene homolog
NFkB = Nuclear Factor Kappa chaintranscription in activated B cells
NSCLC = Non Small Cells Lung Carcinoma
ORR = Overall Response Rates
OS = Overall Survival
PD1 = Programmed Cell Death Protein 1
PDL1 = Programmed Cell Death Ligand 1
PDL2 = Programmed Cell Death Ligand 2
PKB = Protein Kinase B
PI3K = Phosphoinositide 3kinase
PFS = ProgressionFree Survival
PROs = Patient Reported Outcomes
PTCL = Peripheral TCell Lymphoma
RCC = Renal Cell Carcinoma
RM = Risonanza Magnetica
SCCHN = Squamous Cell Carcinoma of Head and Neck
SCLC = SmallCell Lung Cancer
SSN = Sistema Sanitario Nazionale
STAT3 = Signal Transducer and Activator of Transcription
TC = Tomografia Computerizzata
TKI = Tyrosine Kinase Inhibitor
TILs = TumorInfiltrating Lymphocytes
TMB = Tumor Mutational Burden
TNBC = TripleNegative Breast Cancer
UC = Urothelial Carcinoma
WTP = Willingness to Pay
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Bibliografia
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