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PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA. LE CLAUSOLE DELLA FLESSIBILITÀ Gennaio 2016

Patto di stabilità e crescita

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PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA. LE CLAUSOLE DELLA FLESSIBILITÀ

Gennaio 2016

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Molti Stati Membri dell’UE, compresa l’Italia, la chiedono a gran voce. La Commissione Europea deve valutare se concederla: stiamo parlando della flessibilità.

Proprio in questi giorni, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi la sta invocando, ingaggiando una battaglia dialettica con la Commissione Europea: serve a far ripartire l’Italia, sostiene il premier.

Ma cos’è, esattamente, questa flessibilità?

Scopriamolo insieme!

FLESSIBILITÀ, QUESTA SCONOSCIUTA

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IL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA

Per flessibilità si intende la possibilità, per gli Stati Membri, di usufruire di alcune deroghe temporanee rispetto all’applicazione delle regole sancite dal Patto di Stabilità e Crescita.

Il Patto è un insieme di regole per far sì che gli Stati Membri gestiscano in maniera corretta le finanze pubbliche, coordinandone le politiche, per non creare squilibri all’interno dell’UE.

Il Patto, datato 1997 e voluto dagli Stati Membri per fare rispettare i “parametri di Maastricht” su disavanzo e debito pubblico, ha subìto diverse modifiche nel corso degli anni.

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IL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA: EVOLUZIONE

Il Patto, come detto, non è un Atto specifico ma è un insieme di regole ed obblighi derivanti da diverse Direttive e altri atti normativi approvati dall’UE.

L’atto “inaugurale” è la Risoluzione del Consiglio europeo relativa al patto di stabilità e di crescita, approvata ad Amsterdam il 17 giugno 1997.

Durante i difficili anni della crisi economica che ha colpito l’UE (2011), il Patto è stato profondamente riformato: regole di finanza pubblica molto stringenti per gli Stati Membri hanno dato vita al “Fiscal compact”.

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IL PATTO DI STABILITÀ: COME FUNZIONA

Il Patto, nella versione “Fiscal compact”, è lo strumento con cui l’UE ha imposto l’austerità agli Stati Membri durante la crisi. Per “rimanere nel Patto”, i Governi più in difficoltà han-no dovuto applicare misure severe e impopolari. Come dimenticare il Governo Monti?

Il Trattato istitutivo dell’Unione Europea stabilisce i limiti oltre i quali le finanze pubbliche di uno Stato sono conside-rate potenzialmente pericolose per la tenuta dell’Unione: il deficit di uno Stato è considerato

eccessivo se superiore al 3% del PIL;

il debito pubblico è considerato eccessivo se è superiore al 60% del PIL e non si riduce di almeno il 5% sulla media di un triennio.

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II Patto contiene una serie di limiti e obblighi che vincolano le politiche fiscali e di spesa degli Stati Membri.

Il “paletto” principale, introdotto nel 2011, è il perseguimento del pareggio di bilancio: la cosiddetta regola aurea, prevista dal Fiscal compact, è stata introdotta nel nostro ordinamento ad aprile 2011, con la modifica dell’Articolo 81 della Costituzione italiana.

Con le regole attualmente previste dal Patto, per pareggio di bilancio si intende un deficit strutturale inferiore allo 0,5% del PIL (1% per gli Stati “virtuosi”, con il debito sotto controllo).

L’INCUBO DEL PAREGGIO DI BILANCIO

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PREVENIRE E CORREGGERE

Il Patto lavora su due leve di azione: un braccio preventivo, finalizzato ad

assicurare che ciascuno Stato adotti misure in linea con il raggiungimento dell’OMT. È il motivo per cui gli Stati Membri inviano la bozza della propria legge di Stabilità alla Commissione Europea, attendendo il “via libera” prima di approvarla.

un braccio correttivo, che si attiva quando il disavanzo e/o il debito pubblico superano le soglie fissate dal Trattato. In questi casi lo Stato è sottoposto alla procedura per disavanzo eccessivo.

Nel 2011 è stato anche intro-dotto il concetto di “Obiettivo a Medio termine” (OMT), un obiettivo di saldo di bilancio specifico per ciascun Pae-se, in ragione delle condizio-ni economiche, finanziarie e strutturali.

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Sia per il braccio preventivo, sia per il braccio correttivo, il Patto di Stabilità concede agli Stati alcuni, ristretti, margini di manovra: le cosiddette clausole di flessibilità. La flessibilità permette agli Stati di adot-tare politiche espansive per stimolare la crescita, “violando” temporaneamente e in maniera controllata, le regole stabi-lite dal Patto.

LA FLESSIBILITÀ NEL PATTO

Quanto al braccio preven-tivo, quello che maggior-mente interessa gli Stati Membri, il Patto prevede clausole di flessibilità in tre ambiti principali: investimenti riforme strutturali condizioni congiunturali

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UNA FLESSIBILITÀ… PIÙ FLESSIBILE!

Fatti bene i compiti a casa, adesso un po’ di respiro. Questa, in sintesi, la richiesta giunta alla Commissione Europea dagli Stati che, dopo anni di austerità, hanno rivendicato a più riprese maggiori margini di scelta (leggete anche di spesa, sì) per attuare le proprie politiche.

L’insistenza di alcuni Paesi, Italia in testa, e l’allentamento della morsa della crisi economica hanno consentito alla Commissione di diminuire − giusto un po’, beninteso! − la stretta sui conti pubblici.A gennaio 2015 la Commissione Juncker ha approvato la Comunicazione “Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di Stabilità e Crescita”: un documento interpretativo che traccia orientamenti più morbidi sul concetto di flessibilità. Vediamo quali.

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La Commissione consente agli Stati di effettuare investimenti che comportino una deviazione temporanea dall’OMT. Questo a condizione che:

il PIL sia decrescente o al di sotto del suo potenziale;non si riduca il volume di investi-menti pubblici complessivi;la deviazione non implichi lo sfora-mento del 3% deficit/PIL; la deviazione è compensata entro 4 anni.

LA FLESSIBILITÀ SUGLI INVESTIMENTI

La flessibilità è consentita solo per spese nazionali effettuate per progetti co-finanziati dall’UE nell’am-bito della politica struttura-le e di coesione, delle reti transeuropee (TEN-T) e del meccanismo per collegare l’Europa (CEF), o di pro-getti cofinanziati dal Fondo Europeo per gli Investimen-ti Strategici (FEIS).

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LA FLESSIBILITÀ SULLE RIFORME STRUTTURALI

Lo Stato Membro deve presentare alla Commis-sione un piano di rifor-me strutturali che riporti informazioni dettagliate e un calendario affidabile di esecuzione.La Commissione valuta quindi il piano per decidere se accordare la flessibili-tà, sorvegliando poi sull’ef-fettiva attuazione delle rifor-me.

Il Patto concede agli Stati deviazioni temporanee dall’OMT − o dal piano di convergenza, in caso di applicazione del braccio correttivo − per l’attuazione di riforme strutturali. Queste le condizioni:

la deviazione non può in ogni caso essere superiore allo 0,5% del PIL (1% nel caso di braccio correttivo);occorre fornire un piano di rientro dettagliato, in un orizzonte temporale di 4 anni;gli effetti positivi delle riforme devono essere quantificabili a lungo termine sul bilancio; le riforme devono essere state attuate integralmente.

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FLESSIBILITÀ PER CONDIZIONI CONGIUNTURALI

È un meccanismo di flessibilità che consente una parziale modulazione degli sforzi sostenuti dagli Stati, in base alla congiuntura economica che stanno attraversando.

L’OMT è calcolato sulla base delle specificità di ciascuno Stato. È possibile però che le previsioni macroeconomiche si rivelino imprecise, o che eventi inattesi modifichino lo scenario. In questi casi, la Commissione ha adottato un meccanismo che consente di adattare gli obblighi di bilancio di un Paese alla congiuntura economica.

In caso di congiuntura favorevole, allo Stato Membro sarà richiesto un maggiore sforzo di aggiustamento fiscale; in caso contrario, la Commissione allenterà la presa chiedendo allo Stato aggiustamenti minori al proprio bilancio.

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FLESSIBILITÀ À LA CARTE

Con il varo della Legge di Stabilità 2016, l’Italia ha chiesto alla Commissione Europea l’applicazione delle clausole di flessibilità per investimenti e riforme strutturali.

La Commissione ha dato per ora il via libera, ma ha già fatto sapere che in primavera vorrà discutere con il Governo italiano su quali saranno le riforme da attuare. Solo allora, forse, la luce sarà definitivamente verde.

Nel dubbio, il Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha avvertito il Governo: «La flessibilità è un margine, si può usare una volta sola. Non si può esagerare».

Chissà: Italia avvisata… troppa flessibilità negata?

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