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2014 Workshop Conoscenza e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza in urbanistica Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability and Resilience in Planning Funda Atun, Maria Pia Boni, Annapaola Canevari, Massimo Compagnoni, Luca Marescotti, Maria Mascione, Ouejdane Mejri, Scira Menoni, Floriana Pergalani

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Principali aspetti geologici e fisici dei terremoti

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2014 Workshop Conoscenza e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza

in urbanistica Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability and Resilience

in Planning

Funda Atun, Maria Pia Boni, Annapaola Canevari, Massimo Compagnoni, Luca Marescotti, Maria Mascione, Ouejdane Mejri, Scira Menoni, Floriana Pergalani

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LAUREA MAGISTRALE DELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA E SOCIETÀ

LABORATORIO ORGANIZZATO DA LUCA MARESCOTTI

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4 marzo 2014

PRINCIPALI ASPETTI GEOLOGICI E FISICI DEI TERREMOTI: ALCUNE OSSERVAZIONI SUI RECENTI TERREMOTI ITALIANI

Massimo Compagnoni

2014 Workshop Conoscenza e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza

in urbanistica - Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability a d Resilience in Planning

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OBIETTIVO ed ARGOMENTI

Conoscenza dei meccanismi geologici e geodinamici che governano il fenomeno del TERREMOTO e relativi effetti sull’ambiente

MODULO I

Cenni di geodinamica e tettonica globale

Il terremoto

Cenni di sismologia

Effetti sismici locali

Fenomeni precursori

MODULO II

I terremoti de L’Aquila e Emilia:

alcune osservazioni sismologiche e gestione dell’emergenza Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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TETTONICA GLOBALE

Placche litosferiche rigide in cui è articolata la parte più superficiale della Terra

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

Flusso geotermico

Liberazione del calore interno che causa la convezione nel mantello motore della tettonica a placche – controlla la velocità e l’ubicazione delle deformazioni crostali

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

MARGINI DI PLACCA:

DIVERGENTI (DORSALI OCEANICHE)

CONVERGENTI (ZONE DI SUBDUZIONE)

TRASFORMI

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

Subduzione di placca oceanica sotto placca continentale

Subduzione di placca oceanica sotto placca oceanica

Collisione tra due placche continentali

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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Velocità relative in cm/a e direzioni di separazione e convergenza tra le placche

GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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La distribuzione spaziale e caratteristiche dei terremoti non è casuale ma inquadrata in un contesto geodinamico ben preciso

GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE Epicentri di terremoti 0-700 km di profondità in un intervallo di 6 anni

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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La distribuzione spaziale dei terremoti con ipocentro > 100 km evidenzia le zone di subduzione

GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE Epicentri di terremoti > 100 km di profondità in un intervallo di 6 anni

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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GEODINAMICA ZONA MEDITERRANEO

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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GEODINAMICA ZONA MEDITERRANEO

Da Mantovani, 1991 (modificata)

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DOMINI STRUTTURALI

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MODELLO CINEMATICO

Meletti et al. 2000

MODELLO CINEMATICO ZONAZIONE SISMOGENETICA ZS9

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ZONAZIONE SISMOGENETICA ZS9

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SISMICITA’ ITALIANA

Catalogo CPTI04

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SISMICITA’ ITALIANA

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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CLASSIFICAZIONE E PERICOLOSITA’

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ORIGINE DEL FENOMENO

Disomogeneità delle rocce costituenti l’interno della Terra

Sviluppo di forze che tendono a riequilibrare il sistema fisico- chimico

Movimenti a carico degli strati più superficiali e rigidi della Terra: litosfera

Sviluppo ed accumulo di deformazioni a carico delle masse rocciose in reciproco movimento

Liberazione quasi “istantanea” dell’energia elastica sotto forma di onde sismiche che si propagano in tutte le direzioni

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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TEORIA DEL RIMBALZO ELASTICO

Le aree sismicamente attive sono sottoposte a campi di stress variabili che inducono un accumulo di deformazione: quando questa è tale da vincere la resistenza delle rocce si genera rottura nel punto più debole la quale si sviluppa fino al raggiungimento di una nuova posizione di equilibrio; la deformazione permanente “incassata” è massima in vicinanza della rottura e diminuisce allontanandosi – il riequilibrio delle strutture è detto RIMBALZO ELASTICO:

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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PIANI DI DEBOLEZZA

I punti di maggior debolezza si collocano in corrispondenza di piani di rottura detti “faglie” ove si verifica movimento reciproco tra masse rocciose

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TIPI DI TERREMOTI

CONSEGUENZE DEL RIMBALZO ELASTICO

Stato di stress legato ai movimenti reciproci tra due porzioni rocciose

Accumulo di energia elastica

Improvviso scorrimento con brusco processo di ridistribuzione delle tensioni

Raggiungimento di nuove condizioni di equilibrio con scorrimento residuo (rigetto)

Riduzione dello stato tensionale (stress drop) con ripresa del processo di accumulo di deformazione (ricorrenza dei terremoti e quindi probabilisticamente evento non casuale indipendente)

Terremoti diversi in funzione della quantità e velocità di accumulo energetico e della tipologia di rilascio (regime tettonici – geodinamici)

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TIPI DI TERREMOTI

VULCANICI

SPROFONDAMENTI SOTTERRANEI

SERBATOI ARTIFICIALI

INIEZIONI PROFONDE

IMPATTO DI METEORITI o GRANDI FENOMENI FRANOSI

TETTONICI

Zone di dorsale medio-oceanica: crosta sottile con ridotti volumi di accumulo energetico, componente tensionale di tipo estensionale con ridotta resistenza a rottura della roccia, roccia calda e duttile con meccanismo di rilascio non improvviso

Zone di subduzione: crosta terrestre spessa con grandi volumi di accumulo energetico, componente tensionale di tipo comprensivo con alta resistenza a rottura della roccia, roccia fredda e fragile con meccanismo di rilascio improvviso

Faglie trasformi: volumi di roccia ridotti, componente di spostamento strike-slipe, roccia relativamente fredda e fragile con rilascio energetico improvviso

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TIPI DI TERREMOTI TETTONICI

In funzione della distanza tra epicentro e stazione di registrazione:

-Terremoti locali: entro i 1000 km (10° = angolo compreso tra congiungente centro terra-ipocentro e centro terra-stazione)

-Terremoti regionali: entro i 2000-3000 km (20°)

-Telesismi: oltre i 2000-3000 km

In funzione della profondità dell’ipocentro:

-Terremoti superficiali: minore di 60-70 km

-Terremoti intermedi: entro 70 e 300 km

-Terremoti profondi: oltre 300 km fino ad un massimo di 600-700 km (a causa delle proprietà reologiche della terra)

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IL FENOMENO

SISMA: Vibrazione del suolo prodotta dalla propagazione delle onde sismiche generatesi per liberazione dell’energia elastica in occasione della rottura di masse rocciose deformate sottoposte a campi di stress

Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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IL FENOMENO

LOCALIZZAZIONE

MISURAZIONE ENTITA’

MODELLAZIONE

In assenza di registrazioni di un evento sismico l’unica azione possibile è quella di misurarne gli effetti sull’ambiente naturale ed antropico

Il primo passo per la conoscenza del fenomeno è la registrazione attraverso strumenti sempre più efficienti

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LA LOCALIZZAZIONE

INDIVIDUAZIONE SPEDITIVA DELL’EPICENTRO Si ipotizza un modello crostale omogeneo in cui il rapporto Vp/Vs è costante rendendo sufficiente il calcolo del ritardo tra P e S (tp-ts) su almeno 3 stazioni di registrazione ed ipotizzando trascurabile la profondità dell’ipocentro rispetto alla distanza dall’epicentro (tsp x 8 km/s) - altrimenti si utilizza il diagramma dei tempi di tragitto

Utile ai fini della protezione civile data la rapidità con cui si calcola Dr. Geol. Massimo Compagnoni

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LA LOCALIZZAZIONE

La localizzazione più precisa si effettua con procedure iterattive utilizzando modelli crostali molto complessi 3D fino alla convergenza dei dati forniti da numerose stazioni

Si cerca la coerenza tra i valori di:

ubicazione dell’epicentro

tempo di inizio terremoto

profondità dell’ipocentro

La qualità della localizzazione dipende fortemente dalla geometria della rete di acquisizione che dovrà essere tale da racchiudere al suo interno l’epicentro del terremoto da localizzare

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LA RETE NAZIONALE

RSN collegate in tempo reale 24h con il centro operativo INGV a Roma: conta più di 250 stazioni comprese reti collegate

RAN: conta 388 strumenti (119 analogici e 269 digitali)

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LA MISURAZIONE

INTENSITA’

Misura gli effetti del terremoto attraverso scale di osservazione sui danni al costruito e all’ambiente antropico (M, MM, MSK, MCS, EMS98) o all’ambiente naturale (ESI)

MAGNITUDO

Misura indirettamente l’energia liberata da un terremoto attraverso il rapporto tra la grandezza in esame e una grandezza campione ad essa omogenea misurate su scala logaritmica

M = log (A/T) + f(D, h) + Cs + Cr A = ampiezza della fase sismica in esame T = periodo della fase sismica esaminata f = correzione per distanza dall’epicentro (D) e profondità dell’ipocentro (h) Cs = correzione tipo di suolo Cr = correzione tipo di sorgente

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LA MISURAZIONE

ML Magnitudo locale o Richter: usata per terremoti che avvengono entro i 600 km ML = log A + 3·log D – 2,92

Errore sistematico e casuale di determinazione della magnitudo da ogni stazione

Carattere troppo locale della formula che include costanti calibrate da Richter per la California Meridionale

Dipendenza dallo strumento Wood-Anderson dotato di amplificazione di 2800 volte e periodo proprio di 0.8 s

Necessità di calibrazione locale attraverso definizione di un modello crostale, di una legge di attenuazione specifica e di correzioni strumentali opportune.

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LA MISURAZIONE

Mb Magnitudo onde di volume: adatta per terremoti con distanze epicentrali di 600-2000 km (25°<D<90°); legge la fase P con T di 1-3 s; satura a 6.0-6.5:

Mb = log (A/T) + 0,01 D + 5,9

Ms Magnitudo onde di superficie: adatta per terremoti con distanze epicentrali superiori a 2000 km (20°<D<160°); legge le onde superficiali e sottostima i terremoti profondi; fasi con T di 20 s; satura a 6.0-6.5:

Ms = log (A/T) + 1,66 D + 3,3

Md Magnitudo di durata: adatta per terremoti locale e strumentali e si basa sulla durata dell’evento

Esistono numerose correlazioni empiriche tra le diverse scale

Ms = -3.2 + 1.45 ML

Mb = 2.94 + 0.55 Ms

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LA MISURAZIONE

Mw Magnitudo momento: fa riferimento al significato fisico di momento sismico Mo

Mw = 2/3 log Mo – 6.0 (non valida per eventi di maggiore magnitudo)

Mw = (log Mo – 16.1)/1.5

Il momento sismico non dipende dal tipo di onda o dalla collocazione di uno certo strumento – l’ampiezza delle onde emesse in tutte le direzione è ad esso proporzionale e satura solo per eventi molto forti

Mo = µ ∆u A

µ = modulo di rigidità o di scorrimento

A = area della superficie di rottura

∆u = spostamento lungo la faglia

Si analizzano le componenti di bassa frequenza delle onde sismiche

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MECCANISMO FOCALE

Utilizzato per ricavare il tipo di faglia e l’orientazione del piano di faglia:

-Primo impulso (onde P) giunge alla stazione verso l’alto: compressione P

-Primo impulso (onde P) giunge alla stazione verso il basso: trazione T

Necessarie molte stazioni circostanti l’ipocentro in modo da meglio definire i piani nodali, ovvero il piano di faglia e il piano ausiliario

Il meccanismo coppia doppia evita la formazione di un momento angolare non nullo nel piano parallelo alla faglia che dovrebbe pertanto ruotare, ciò che non si verifica nei terremoti tettonici

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MECCANISMO FOCALE

Per distinguere il piano di faglia dal piano ausiliario è necessario conoscere a fondo la struttura geologica della regione: inoltre le numerose repliche sono spesso disposte lungo il piano di faglia e quindi è necessario registrarle (rete fissa e reti mobili).

Sfera focale: rappresentazione stereografica ovvero su un piano orizzontale viene proiettata la parte inferiore di un guscio sferico e con una linea l’intersezione tra il piano di faglia e il guscio: dall’orientazione del campo tensionale si identifica il tipo di scorrimento sul piano di faglia

Bech Ball: zone scure (trazione)

zone chiare (compressione)

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MECCANISMO FOCALE

STRIKE: angolo misurato in senso orario dal nord geografico e l’intersezione del piano di faglia con la superficie topografica

DIP: angolo tra la superficie topografica e il piano di faglia (immersione)

RAKE: angolo che indica la direzione di scorrimento sul piano di faglia rispetto all’orizzontale di una porzione di roccia (tetto) rispetto all’altra (letto)

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SITUAZIONE MEDITERRANEA

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SITUAZIONE ITALIANA

Fonte INGV

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SCHEMA SEMPLIFICATO – DIRETTIVITA’

Quando si semplifica l’ipocentro in un punto non si tiene conto del fenomeno di direttività.

Essendo la rottura estesa su un piano è più corretto parlare di enucleazione della rottura e conseguente sua propagazione:

Direttività in avanti: impulso elevato per sovrapposizione in fase delle onde rilasciate dai diversi punti di faglia in rottura

Direttività inversa: impulso attenuato in ampiezza con pronunciati effetti di dispersione e conseguente allungamento in durata

Abrahamson, 2000

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SISMA liberazione di energia sotto forma di onde elastiche di volume

Fronti d’onda sferici: • radiation damping (attenuazione geometrica) • scattering damping (attenuazione legata ai fenomeni di riflessione e rifrazione) • material damping (smorzamento interno dei materiali)

EFFETTI LOCALI

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Progressiva attenuazione dell’energia contenuta nelle onde sismiche con la distanza R dall’ipocentro – epicentro

SUOLO IDEALE Suolo duro (Vs > 800 m/s) Morfologia pianeggiante

SUOLO REALE Suolo più o meno compatto (Vs < 800 m/s) Eterogeneità laterali e geometrie sepolte

Morfologia articolata Legati essenzialmente a:

SORGENTE (A) PERCORSO DI

PROPAGAZIONE (P) E = f (A , P)

EFFETTI IN SUPERFICIE (E)

Legati anche alle condizioni geologiche e morfologiche del sito (S)

E = f (A , P , S)

EFFETTI LOCALI

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EFFETTI LOCALI

Tramite osservazione degli effetti prodotti da passati terremoti

EFFETTI DI INSTABILITA’ EFFETTI DI SITO

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ALCUNI ESEMPI DI EFFETTI LOCALI

SCUOTIMENTO

FAGLIAZIONE SUPERFICIALE

FRATTURAZIONE

LIQUEFAZIONE

FRANE DI CROLLO

FRANE DI SCIVOLAMENTO

Sono da aggiungere fenomeni di deformazione crostale – tsunami – variazioni chimico-fisiche delle acque

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FENOMENI PRECURSORI

Il rilascio dell’energia elastica accumulata può avvenire in modalità diverse:

- scossa principale seguita da repliche (mainshock-aftershocks): la scossa principale è quella ad energia liberata superiore mentre le repliche liberano minore energia ed il loro numero descresce nel tempo;

- precursori seguiti da scossa principale e da repliche (foreshocks - main - aftershocks): i precursori sono scosse di energia inferiore rispetto alla principale ed a volte in numero crescente man mano che si avvicina la scossa principale;

- sciami di terremoti (swarms): serie di scosse nelle quali non si riesce a distinguerne una principale; a volte si osserva un aumento e poi una diminuzione della loro frequenza.

La conoscenza del modello dinamico del processo di fratturazione (quale il modello della dilatanza) non riesce a spiegare tutti i fenomeni precursori ma in qualche modo ne giustifica l’esistenza di alcuni:

Variazione del rapporto Vp/Vs – Deformazioni del suolo – Variazioni di concentrazione di Radon 222 nelle acque e sua emissione in atmosfera – variazioni di resistività elettrica – variazioni della microsismicità

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Gas radioattivo facile da rilevare, a vita breve (il che ci assicura che il gas è giovane e la risalita molto rapida), chimicamente inerte (non interagisce con le rocce), derivante dal decadimento sia dell’uranio sia del thorio e si forma continuamente sia nelle rocce profonde sia nelle rocce superficiali, nei suoli e nelle stesse murature. Il suo aumento rispetto ad una concentrazione standard è legata alla creazione di fratturazione che lo porta in superficie.

E’ necessario distinguere tra le componenti profonde (legate allo stato di sforzo) da quelle superficiali (che possono variare moltissimo in funzione della pressione atmosferica, dell’umidità ecc.): si misura il rapporto tra i due diversi isotopi: il radon (222Rn, emivita 3.8 giorni) ed il thoron (220Rn, chimicamente analogo al radon, ma generato dal thorio e con emivita di 59 secondi). Data la brevissima emivita, il 220Rn può raggiungere il sensore solo se generato a brevissima distanza, negli strati più superficiali del suolo e quindi le variazioni della sua attività sono legate prevalentemente dalle condizioni atmosferiche (temperatura, pressione, vento).

Per collocare i rilevatori in corrispondenza di vie di risalita profonde (faglie ecc.), idonee al monitoraggio e tali da fornire informazioni significative, è importante usare tutti gli indicatori tipici di emissioni profonde: elio, H2S, ecc., associati alla conoscenza della geologia e della tettonica dell’area.

EMISSIONI RADON - misurazioni

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