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ACER La provincia di Caserta tra Storia e leggenda Istituto Comprensivo “Moro-Pascoli” Casagiove A.S. 2016-2017 Classe I D Prof.ssa Gravante Savina

La provincia di Caserta tra storia e leggenda

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ACER

La provincia di Caserta tra Storia e leggenda

Istituto Comprensivo

“Moro-Pascoli”

Casagiove

A.S. 2016-2017

Classe I D

Prof.ssa Gravante Savina

Page 2: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

San Bartolomeo e i Saraceni

Per molti secoli, a partire dal Medioevo, i territori delle coste della Campania e

quelli poco lontani venivano spesso saccheggiati da pirati saraceni, che

diffondevano terrore tra le popolazioni.

Siamo nel 1195 quando nella zona

intorno alla cittadina di Vairano si

diffuse la notizia che stavano

arrivando i Mori. Gli abitanti,

terrorizzati, si rifugiarono in chiesa a

pregare il loro protettore San

Bartolomeo.

Intanto i Saraceni percorrevano la

strada diretta a Vairano quando

videro comparire un vecchio dalla lunga barba, che si avvicinò al loro

comandante, chiedendogli di risparmiare la città e i suoi abitanti. Poi scomparve

nel nulla.

Tutti rimasero stupefatti per quell’apparizione e volevano sapere chi fosse.

Giunti in paese, andarono in chiesa, passarono tra la gente e arrivarono fino

all’altare.

Immaginate il loro stupore nel vedere che la statua

del santo da tutti venerato era uguale all’uomo che

avevano incontrato. Il comandante, allora, decise di

convertirsi e donò la sua collana più preziosa in

ricordo di questo avvenimento.

Sala Alba

Page 3: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La terra dei Mazzoni

Tra Capua e Grazzanise c’è un territorio che ancora oggi viene chiamato “Terra

dei Mazzoni”, un nome a cui sono legate leggende e storie antiche.

In epoca romana veniva chiamato “Campo stellato” per la vegetazione

spontanea ricca di erbe aromatiche profumatissime, di fiori coloratissimi, in

particolare le margherite primaverili. Anche lo scrittore latino Tito Livio, nelle

sue opere storiche definisce questa terra “Campus stellatem”.

Ma torniamo al nome “Terra dei Mazzoni”. Perché si chiama così?

Al tempo di Alfonso d’Aragona in questa zona

sorsero dei casini di caccia reali, come la tenuta di

Carditello. Il re amava molto la caccia e spesso si

recava proprio in questa zona ricca di boschi, flora

e fauna; andava a caccia e si ritrovava a

raccogliere degli splendidi mazzi di rose che

crescevano rigogliose. Da ciò il nome di Mazzoni.

Il re aveva concesso ai cittadini di utilizzare una

parte del territorio per far pascolare gli animali e raccogliere il fieno e così il

Mazzone si divise in due parti: quella gestita dal re, che continuava ad essere

splendidamente curata, e quella gestita dai contadini, dove pascolava il bufalo

selvaggio e dove spesso si trovavano le paludi e la boscaglia. Ricordiamo che

proprio l’allevamento dei bufali era ed è alla base della produzione della

rinomata mozzarella di bufala campana DOP, una delizia per il palato.

Questa terra di straordinaria bellezza è stata per molto tempo poco valutata e

spesso è nata l’immagine di degrado e abbandono. Purtroppo negli ultimi anni

questa terra ha subito un grande colpo, causato dall’emergenza rifiuti della

regione Campania. Proprio qui, infatti, è stata costruita la discarica di Lo Uttaro.

Questo ha creato gravi danni alle condizioni

ambientali, ma ha anche fatto comprendere

l’importanza di impegnarsi per difendere e

valorizzare la propria terra. Speriamo che

presto la terra dei mazzoni possa presto

rifiorire come un tempo, inondando col suo

profumo di rose tutta l’atmosfera

circostante.

Alessandra Izzo

Page 4: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

Il mistero della pietra di Trentola

Oggi vi voglio raccontare il mistero della pietra di Trentola che si trova a

Marcianise.

Per un viaggiatore che percorre l’incrocio tra la via principale Loriano- Trentola

e quella di Casal Del Bene quella pietra può sembrare un semplice spartitraffico,

contro il quale qualche autovettura è andata pure a sbattere.

Intorno a questa pietra, invece, sono nati tanti studi e leggende, sin dalle epoche

più antiche. Parlando con gli abitanti più anziani della zona, si viene a

conoscenza della storia di un tesoro custodito dal demonio in persona.

Guai a provare a spostare la pietra!!!

Se qualcuno lo avesse fatto una voce cavernosa avrebbe detto “Ora che mi avete

girato, sono fresco e riposato”.

Alcuni studiosi affermano che la pietra risalirebbe all’epoca romana. Ho studiato

che i romani dividevano il territorio in centurie per poterlo governare meglio.

Quindi la pietra potrebbe avere avuto la funzione di delimitare il confine.

Secondo altri studi, invece, si pensa che la pietra potesse servire da macina di un

mulino.

Per concludere, vi dico che il mistero è ancora irrisolto e che le persone

continuano a chiedersi: Perché questa pietra si trova proprio lì? Perché ha

questa forma?

Claudia Scialla

Page 5: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La Madonna di Montecupo di Casagiove

Questa è la leggenda della Madonna di Montecupo.

Tanto tempo fa, nel rione Coccagna, in cui era diviso l’antico territorio di

Casagiove, in una zona di campagna conosciuta con il nome di Montecupo, un

pastore abbastanza giovane ma muto portava a spasso le sue pecore mattina e

sera.

Un giorno vide una signora che pregava inginocchiata su una roccia davanti ad

un quadro della Madonna e gli disse:

-Beato, vai al paese e dì a tutti quello che hai visto.

Il giovane corse al paese e disse:

-Voi tutti, ascoltate quello che dico, ho visto una piccola donna che mi ha detto

che si chiama Maria.

La gente si stupì e iniziò a parlare sottovoce,

chiedendosi come fosse possibile che il giovane

avesse parlato se era muto. Così iniziò una

disputa: alcuni dicevano che li aveva presi in giro

per molto tempo facendo finta di non parlare, altri

dicevano che era una cosa finta quello che aveva

detto.

Il maresciallo del paese iniziò a preoccuparsi,

dopo aver ricevuto la notizia dell’accaduto , e

pensò di arrestare quel pastore, ritenendolo

pazzo, ma prima volle verificare se era vero il suo

racconto.

Così andò a Montecupo e quella piccola signora era lì davanti a lui. In quel

momento si scatenò un forte temporale.

Il maresciallo, tornato indietro, raccontò anche lui quello che aveva visto. La

gente, fidandosi di lui, andò alla grotta e videro tutti la piccola signora. Da allora,

ogni primo Maggio si decise di mettere il quadro della Madonna nella chiesa di

Coccagna, ma miracolosamente tornava al suo posto.

Così i cittadini di Casagiove decisero di fare una statua che si porta in

processione ancora oggi e che è conservata nella chiesa costruita a Montecupo.

Rebecca Giaquinto

Page 6: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La strega di Coccagna

Anticamente la città di Casagiove era divisa nei due rioni di Casanova e

Coccagna.

Proprio al rione Coccagna è legata un’antica leggenda, che è stata tramandata

fino a noi e che mi è stata raccontata.

In passato a Coccagna i cittadini erano impauriti dalla presenza di una strega che

girava in paese e rubava i bambini.

I genitori, stanchi di dover nascondere i loro figli, decisero di darle caccia.

La strega trovò rifugio all’interno di una grotta che si trova sulla montagna alle

spalle del paese; i cittadini la imprigionarono murandola viva, liberandosi

finalmente di un grande pericolo.

Si racconta che la strega sia ancora viva.

Martina d’Angelo

Page 7: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La cappella della capra incantata

Nel territorio del Casertano, a Casanova di

Carinola, si trova una cappella detta

“Grancelsa”.

La sua storia ha origini antichissime, che si

perdono tra storia e leggenda.

Intorno al 1200 i frati dell’ordine dei Trinitari,

per potersi dedicare alla meditazione,

costruirono un grosso cappellone vicino ad

una chiesa e un altare dove dipinsero la bella

figura della Vergine.

Con il tempo quel luogo fu infestato dai briganti, così il cappellone dovette

essere abbandonato.

Accadde un giorno che un pastore, mentre portava a pascolare il suo gregge,

perse la sua capra. La cerca dappertutto ma non riesce a trovarla. Infine, la trova

immobile davanti ad un cespuglio.

Il pastore non riusciva a capire perché la capretta non rispondesse ai suoi

richiami; alla fine decise di andare a vedere da cosa fosse attratta: entrò nella

cappella e vide il quadro della Madonna.

Il pastore portò il quadro al parroco ma la mattina dopo era scomparso. Fu

ritrovato al suo posto nella cappella. Riportato in chiesa, la storia si ripetè più

volte continuamente.

Allora si comprese che la Madonna voleva che fosse eretta una chiesa proprio

dove il quadro era stato trovato.

La chiesetta fu chiamata “Santuario della Grancelsa” e fu un punto di

riferimento per tutti i cittadini.

Durante la guerra, per esempio, per sfuggire ai

bombardamenti, gli abitanti di Casanova di

Carinola si rifugiarono a pregare nella chiesa e

il giorno dopo l’ordine di bombardare fu

ritirato: la città era salva.

Raffaella Marino

Page 8: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La piccola Lourdes

Se vi capita di passare nel territorio di

Carinola, vi invito a visitare la cappella

di Santa Maria delle Grazie, costruita

nel 1700 nel luogo anticamente

chiamato “Santa Maria a Pisciarielli”,

così detto per il fiume che scorreva

nella zona tra Carinola e Teano.

Potremmo chiamare questo luogo “la

piccola Lourdes” perché lì avvenne

l’apparizione della Vergine Maria ad una ragazzina del luogo: Antonietta Fava.

Antonietta era una ragazza orfana, il cui padre si era risposato e a cui la matrigna

assegnava i lavori più impegnativi, che la costringevano a rimanere ore ed ore in

aperta campagna per lavare i panni al ruscello. A quel tempo, infatti, non c’erano

le comodità del mondo moderno e le fontane pubbliche erano solo nelle città più

grandi, per cui per i lavori domestici bisognava recarsi presso una sorgente o un

ruscello.

Proprio lì, secondo la tradizione, Antonietta disse di aver visto una “dolce

Signora” che aveva un lumicino che illuminava la strada e che la accompagnava

alleviandole la fatica dicendole “ Bagna e torci... bagna e torci, figlia mia!”

Antonietta, fidandosi della Signora, seguiva i suoi consigli, senza soffermarsi a

strofinare i panni da lavare, che dopo essere stati bagnati diventavano

miracolosamente puliti.

In seguito furono fatte molte indagini dalle autorità religiose che accertarono

l’avvenuto miracolo e nel luogo dell’apparizione fu costruita una cappella .

Alessandra Parisi

Page 9: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

Il vino Falerno

Il vino Falerno è un vino pregiato del territorio

casertano, famosissimo sin dall’antichità. Fu il

primo DOC della storia, il vino più costoso

dell’epoca antica, venduto in tutto il mondo, da

Alessandria d’Egitto a Cartagine, dalla Bretagna

alla Spagna. Cesare lo utilizzava per celebrare le

sue vittorie e molti scrittori latini, tra cui

Marziale, Cicerone, Plinio e Virgilio lo hanno più volte decantato nei loro scritti.

Dove nasce la sua fama?

Secondo la leggenda, Bacco, dio del vino, in viaggio verso la Spagna, si fermò a

riposare sulle dolci colline che si distendono tra la Campania e il Lazio, alle falde

del monte massico, vicino a Mondragone e a Falciano.

Comparve ad un contadino che lo ospitò nella sua piccola ed umile casa

offrendogli da mangiare e da bere. Purtroppo, però, non aveva vino, essendo un

uomo molto povero, quindi gli portò una ciotola di latte.

Bacco, per ricompensare la sua generosità, trasformò il latte contenuto nella

ciotola in un vino pregiatissimo, che prese il nome dal pastore.

Inoltre, decise di ricoprire le colline di quel territorio con vigneti di quella stessa

qualità di vino.

Da allora il vino Falerno è stato conosciuto in tutto il mondo; ancora oggi è

venduto in tutto il mondo.

Borriello Manuel

Caputo Gabriele

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San Michele a Maddaloni

La leggenda di San Michele a Maddaloni parla di un signore che di lavoro fa il

capraio.

Il capraio un giorno mandò il figlio a pascolare le capre, dicendogli di non

perderle di vista perché scappavano e non potevano più fornire il latte .

Quel giorno l’attenzione del ragazzo fu attratta da un giovane uomo di

bell’aspetto che trasportava pietre sulla sua schiena, il quale gli si avvicinò e gli

chiese:

- Ragazzo, mi aiuti a trasportare le pietre?

- Chi sei? Perché sei venuto qui?-il ragazzo rispose.

Poi aggiunse:- Non ti posso aiutare perché le mie capre scappano.

Il signore, allora, gli fece una proposta: il giorno dopo, se lo avesse aiutato gli

avrebbe detto perché era lì e come si chiamava.

Tornato a casa ne parlò col padre, il quale vide che quella sera le capre avevano

prodotto più latte del solito, e lo convinse a fare un tentativo.

Il giorno dopo il ragazzo ritornò sul monte ed aiutò a trasportare le pietre, ma

miracolosamente non si allontanò neanche una capra. Alla fine della giornata il

signore si avvicinò al ragazzo e gli disse che era l’arcangelo Gabriele e di volere

che proprio in quel luogo fosse costruita una chiesa in suo onore.

Infatti furono gli stessi cittadini di Maddaloni che da quel giorno iniziarono la

costruzione della chiesa dedicata al protettore della città.

Giaquinto Rebecca

Page 11: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

San Prisco e Santa Matrona

Fino a qualche decennio fa in tutto il meridione d’Italia, ed anche in provincia di

Caserta c’era l’usanza di dare ai figli i nomi dei santi protettori della città; questa

usanza si è affievolita negli ultimi anni perché alcuni di questi nomi risultavano

un po’ antichi e vengono preferiti nomi più moderni. Infatti alcuni nomi prima

molto in uso, come Prisco e Matrona, oggi sono quasi del tutto scomparsi. In

realtà ad essi è legata una bella leggenda.

Matrona, figlia del re dei Portogallo e affetta da dolori

all’addome, lasciò il suo regno e partì per l’Italia alla

ricerca di san Prisco, protovescovo di Capua, che le era

apparso in sogno.

Arrivata in Italia, Matrona si recò sulla tomba del Santo e

ad un tratto per miracolo guarì dai suoi dolori; per

rendere grazie decise di far costruire una basilica a lui

dedicata.

Da allora, Matrona, si dedicò ad aiutare i

bisognosi e alle opere di carità, stabilendosi

definitivamente nella cittadina campana di San

Prisco. E’ considerata la protettrice del mal di

pancia e ogni anno molte persone, in particolare

donne, si recano alla basilica per chiederle una

grazia.

Si festeggia il 25 Gennaio e il paese si anima di bancarelle, che vendono molte

cose buone quali zucchero intrecciato e le mele zuccherate, che si dice siano utili

per il mal di pancia e, quindi, sono legate alla storia della santa.

Abitualmente la mattina della festività veniva passata sul monte Tifata fino

all’ora di pranzo; alla festività è legato un detto “ a Santa Matrona a jurnata

s’allonga e n’ora”.

Paolo Fusco

Page 12: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

Le fate del monte

Siamo a Casertavecchia, ovvero Casa- Hirta, il borgo

medievale che noi tutti conosciamo, risalente al

tempo di Normanni e Longobardi.

A quel tempo la popolazione iniziò un ampliamento

della cattedrale, costruita in parte con materiali

presi da monumenti romani ed altri edifici

preesistenti.

Attraverso vari studi si è scoperto che le colonne di

marmo della chiesa provengono dall’antica chiesa di

Calatia che si trovava in pianura. Molti allora si

chiesero come avessero fatto a trasportare questi

materiali così pesanti senza danneggiarli da Calatia a

Casertavecchia, che è sui monti Tifatini.

Infatti a quei tempi non c’erano mezzi che potessero trasportare delle colonne

così pesanti, il cui peso era eccessivo per le possibilità di allora. Inoltre, le

stradine che salivano a Casertavecchia erano difficili da percorrere, con carico e

senza.

Si dice che la gente del posto abbia chiesto aiuto alle fate che abitavano i Monti

Tifatini, delle creature piccole e graziose che volavano in modo leggiadro come

piccole principesse dei boschi dei boschi.

C’erano fatine magre e bassine, erano bionde e castane, ma alcune avevano

anche capelli che andavano dal rosa al resto dei colori. Erano bellissime.

Queste, con grande generosità

trasportarono sulle loro spalle le colonne,

volando dalla pianura al monte e

regalandoci lo spettacolo della

meravigliosa cattedrale di Casertavecchia.

Gaia Melone

Page 13: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La Madonna dei Lattani

La nostra storia inizia tra la fine del 1300 e i primi del 1400, quando un

pastorello di nome Francesco Gallo, conducendo al pascolo un gregge di capre,

mentre sorvegliava il suo gregge, trovò,

nascosta in una grotta, una statua della

Madonna, detta poi dei Lattani, dalla capra

“lattifera” che l’aveva portato fin lì.

La sacra immagine era chiusa in una cassa di

pietra la cui chiave era custodita da un

serpente che la teneva in bocca. Alla vista del

pastore la serpe fuggì, lasciando la chiave per

terra.

Si racconta che i santi Bernardino da Siena e

Giacomo della Marca siano venuti qui

pellegrini a rendere omaggio alla Madonna e che san Bernardino, volendo

fondare un convento per ospitare i religiosi, abbia piantato in terra il suo

bastone di castagno secco e che questo sia subito germogliato.

Sorse così la prima casa religiosa, affidata ai Frati Minori Francescani.

All’interno del complesso monumentale troviamo una fontana sacra detta

“acqua della Madonna”.

Alessio Michele Russo

Page 14: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

Spartaco

A Santa Maria Capua Vetere, l’antica Capua, si trova uno dei più grandi anfiteatri

di epoca romana, uno dei più grandi mai costruiti.

Questo maestoso anfiteatro è il più antico e il secondo per grandezza rispetto al

Colosseo - il terzo per età e grandezza è quello di Pozzuoli- ed è sopravvissuto

abbastanza bene alle insidie

della storia e del tempo.

Qui combattevano i gladiatori e

proprio a Capua esisteva la più

importante scuola di gladiatori

dell’antichità. Essi venivano

addestrati a combattere tra loro

e a difendersi anche dalle belve

feroci.

Proprio nell’anfiteatro capuano combatte uno dei più grandi personaggi

dell’antica Roma: Spartaco. Questo valoroso combattente, dalla condizione di

schiavo, si pose a capo di una rivolta contro il governo di Roma, che portò alla

“Guerra servile”.

Spartaco fu acquistato come schiavo da Lentulo Battiato nel 73 a.C. Anche il suo

nome è avvolto dalla leggenda e gli fu dato dal suo padrone ma era conosciuto

anche con il nome di Trace perché indossava l’armatura di Tracia nei

combattimenti ma non sappiamo se ci sono riferimenti alle sue origini.

I gladiatori erano sottoposti a dei trattamenti disumani, a sfiancanti allenamenti

e durissimi combattimenti. Stanchi di quello stato di cose, sotto la guida di

Spartaco, si ribellarono, uccisero i loro comandanti e scapparono dalla scuola di

gladiatori. Da quel momento iniziò una guerra contro Roma, che durò ben tre

anni; inizialmente i romani non diedero molta importanza a quella rivolta,

pensando si trattasse solo di un piccolo gruppo di schiavi che non avrebbero

creato grandi problemi, ma poi, viste le capacità militari di Spartaco, dovettero

ricredersi.

Page 15: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

Egli si rivelò un abilissimo comandante e stratega,

sconfiggendo più volte l’esercito romano. Tra il 72 e il

71 a.C. le legioni romane, guidate da Licinio Crasso

sconfissero i ribelli, li catturarono e li crocifissero lungo

la via Appia, da Capua a Roma, come avvertimento per

chiunque avesse osato ancora ribellarsi ai romani.

Iannotta Paolo

Daniel Di Cecio

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Santa Reparata di Teano

Santa Reparata nacque a Cesena nel 327 d.C. da una famiglia cristiana e fu

martirizzata a soli dodici anni nel 249 durante le persecuzioni dell’imperatore

Decio.

Essendosi rifiutata di fare un sacrificio agli dei, fu mandata davanti ad un

giudice, che le elencò tutte le torture che le avrebbero fatto se non avesse

cambiato idea. Lei rispose che era tutto invano.

Il giudice le fece versare del piombo fuso in testa e delle lame roventi, che invece

di bruciarla la rinfrescarono. Poi la costrinsero a camminare sul fuoco ardente

ma lei pregò ad alta voce e subito si abbassò la temperatura, e il pubblico pensò

fosse una sorta di stregoneria.

Le torture furono vane e il giudice decise di punirla con la vergogna e prima le

tagliò i capelli, poi la testa.

Tutti videro la sua anima uscire dal corpo come una colomba e le sue reliquie

furono conservate a Scauri di Minturno.

Un giorno, però, il duca di Benevento, per salvare sua figlia da un male

incurabile, decise di recarsi presso il santuario dove erano conservate le reliquie

e, ottenuta la grazia, avrebbe voluto trasportarle a Benevento.

Ma, durante il viaggio, il carro cadde in un torrente nei pressi di Teano. La

fanciulla che aveva ricevuto la grazia interpretò il fatto come il volere della santa

i rimanere in quel posto e proprio lì si fermò e decise di costruire un convento,

dedicato alla sua protettrice.

Questo convento si trova ancora oggi nei pressi di Teano, in provincia di Caserta.

Martina d’Angelo

Page 17: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

La leggenda della janara

Secondo le più antiche leggende, di streghe nella nostra regione, la Campania, ce

n’erano tante, e tra queste c’erano le cosiddette janare.

La janara aveva abitudini particolari. Usciva di

notte per andare nelle stalle dei cavalli. Lì

iniziava a fare delle treccine alla criniera di una

cavalla che prendeva per fare una lunga

cavalcata. Alcune volte la cavalla non riusciva a

sopportare lo sforzo e moriva di fatica. Gli

uomini avevano cercato un modo per evitare il

rapimento dei loro animali: mettevano un sacco

di sale o una scopa davanti alle porte delle stalle

perché sapevano che la janara non poteva

resistere alla tentazione di contare i grani di sale

o i fili della scopa. Perdendo tempo in queste

occupazioni, non si sarebbe accorta del passare del tempo e del nascere del

giorno.

Di solito le janare vivevano da sole, e si dedicavano a pratiche magiche,

conoscevano benissimo i poteri delle erbe medicamentose, che usavano per fare

unguenti e pozioni.

Il suo punto debole erano i capelli. Una volta afferrata

per i capelli, secondo la tradizione , lei avrebbe chiesto:

-ch’ttie’ ‘mman?

Se la persona rispondeva “fierr e acciaij”, ella non

poteva liberarsi se non concedendo protezione dalle

janare per sette generazioni, ma se per caso rispondeva

di avere in mano i capelli, allora la janara con grande

agilità sarebbe fuggita via come un’anguilla.

Raffaella Marino

Page 18: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

San Francesco a Carinola

Nel 1222 San Francesco intraprese un viaggio verso sud per recarsi in

pellegrinaggio presso il santuario di San Michele sul Gargano. In quell’occasione

si fermò per un tempo piuttosto lungo in Campania, nel pressi della cittadina di

Carinola, dove iniziò a predicare, seguito da tante

persone.

Secondo alcuni storici, egli rimase addirittura per

sette anni, anche se la notizia non è provata con

certezza ( molto probabilmente si fermò qualche

mese). Da Carinola si recava nelle zone vicine a

predicare; per esempio a Sessa Aurunca compì

anche un miracolo, resuscitando un ragazzo

morto per un terremoto. Questo miracolo è stato

poi dipinto da Giotto nella Basilica di Assisi.

Fu proprio San Francesco a costruire un cimitero per i frati sulla collina di

sant’Arcangelo a Casanova e un convento.

Lì accanto c’era una piccola grotta, dove San Francesco si ritirava a meditare e

dove si potevano vedere le impronte lasciate dalle ginocchia del Santo in

preghiera.

Intorno alla figura di san Francesco fiorirono molte leggende, raccolte anche da

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e affrescate nel convento di Casanova, alcune

delle quali sono andate perdute.

Si racconta, per esempio, che nell’orto del convento di Casanova, il Santo piantò

un melo che crebbe con triplice tronco e

ciascun tronco dava frutti ad anni alterni,

mentre gli altri due riposavano. I frutti di

questo straordinario albero guarivano

moltissime malattie, così la loro corteccia

mescolata all’acqua. Qualcuno, in quello

strano tronco, ha voluto vederci la

simbologia dei tre Ordini fondati da San

Francesco: il Primo (i frati), il Secondo (le

Page 19: La provincia di Caserta tra storia e leggenda

clarisse) e il Terzo (i secolari), ciascuno dei quali ha prodotto i suoi benefici

frutti. L’albero, se mai c’è stato, purtroppo non esiste più.

Sempre a Carinola, il Santo domò la

rabbia di una volpe che rapiva galline e

polli ad una vecchietta.

Un’altra leggenda racconta di fra

Ginepro. Ginepro era un frate semplice

e buono, che accompagnava Francesco

nei suoi viaggi.

Un giorno, fra’ Ginepro stava

piantando un alberello di ginepro nell’orto, quando fu chiamato da San

Francesco. Fra’ Ginepro non ubbidì subito, ma volle prima terminare di piantare

l’alberello e poi accorse alla chiamata del Santo. Allora Francesco, per fargli

capire che aveva mancato alla santa ubbidienza, ordinò al ginepro di non

crescere mai più di tanto per essere d’esempio agli altri frati. Il ginepro non

crebbe mai pur rimanendo sempre verde.

Il Convento francescano è stato

costantemente abitato dai Frati Minori ed ha

visto, tra le sue mura, numerose personalità e

santi: Guglielmo da Ockham il filosofo

francescano che, per le sue idee, vi fu

confinato nel XIV secolo e forse vi morì; San

Bernardino da Siena; San Giacomo della

Marca, che nel 1479 guarì il re Ferdinando I

d’Aragona che era in fin di vita a Carinola.

Giuseppe Nuzzo

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Lacryma Christi

La regione Campania ha molte leggende; quella che mi è piaciuta di più è la

leggenda del Lacryma Christi.

Essa narra che Gesù comparve a Napoli e volle salire sul Vesuvio. Da lì ammirò la

bellezza di Napoli ed esclamò che era un pezzetto di paradiso, ma i suoi abitanti

erano tutti peccatori.

Per questo iniziò a versare lacrime.

Un giorno, alcune donne pie decisero di piantare tralci di vite nel terreno

bagnato dalle lacrime di Gesù. Subito crebbero piante di viti che diedero uva

eccellente, da cui si ricava il famoso vino “Lacryma Christi”.

Vincenzo Corimbo

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