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Ruth Milkman L.A. Story: Immigrant Workers and the Future of the U.S. Labor Movement

L.A. Story: Immigrant Workers and the Future of the U.S. Labor Movement - Ruth Milkman

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Ruth MilkmanL.A. Story: Immigrant Workers and the Future

of the U.S. Labor Movement

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Titolo: L.A. Story: Immigrant Workers and the Future of the U.S. Labor Movement

Autore: Ruth Milkman

Editore: Russell Sage Foundation

Pubblicazione: 2006

Pagine: 244

Biografia

Ruth Milkman (nata il 18 dicembre 1954) è docente di sociologia presso il CUNY

Graduate Center e presso il Joseph F. Murphy Istitute for Worker Education and Labor

Studies, del quale è anche Direttore Accademico. Laureatasi nel 1975 presso la Brown

University, la Milkman consegue un Master of Arts in sociologia nel 1977 e un

dottorato di ricerca in sociologia nel 1981, entrambi presso la University of California a

Berkeley. Nel 1981, R. Milkman è nominata assistente, poi professore associato di

sociologia presso il Queens College e il CUNY Graduate Center di New York. Nel

1986, insegna storia del lavoro americano presso l’Università di Warwick a Coventry,

Regno Unito, professore incaricato presso l’Università di São Paulo in São Paulo, in

Brasile nel 1990, visiting research scholar presso Macquarie University di Sydney, in

Australia nel 1991, e visiting research associate presso il Centre National de la

Recherche Scientifique di Parigi nel 1993. Ha ottenuto un incarico come professore

associato alla UCLA nel 1988, dove è ora docente ordinario di sociologia. È stata

nominata direttore dell’UCLA Institute of Industrial Relations nel 2001. Dal 2001 al

2004, la Milkman è stata anche direttrice dell’UC Institute for Labor and Employment.

Abstract

Le opere della Milkman si incentrano prevalentemente sulla Sociologia del Lavoro, con

uno spiccato interesse per il movimento operaio americano e per la storia del lavoro.

L’autrice dedica numerose pubblicazioni all’analisi delle condizioni dei lavoratori a

basso salario e delle donne lavoratrici, contestualizzando le diverse opere nel quadro

teorico del socialismo. Pubblicato nel 2006, L. A. Story rappresenta un caso di studio di

quattro “campagne di sindacalizzazione” (organizing campaigns1) di Los Angeles in

1 Secondo l’Agricultural Labor Relations Act, i lavoratori agricoli hanno il diritto di eleggere un rappresentante per negoziare, a suo nome, con il proprio datore di lavoro, in materia di salari, ore e condizioni di lavoro. Mediante una votazione a scrutinio segreto, i lavoratori agricoli scelgono se istituire

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California, mediante il quale l’autrice perviene ad alcune notevoli conclusioni. In primo

luogo, la Milkman sostiene che l’emergere di sindacati relativamente innovativi, come il

Service Employees International Union (SEIU), Unit Here ed United Food and

Commercial Workers, sia di notevole importanza così come la creazione del Congresso

delle Organizzazioni Industriali (Congress of Industrial Organizations) nel 1935.

In secondo luogo, l’analisi delle quattro “campagne di sindacalizzazione” di Los

Angeles induce la Milkman a sostenere la tesi della maggiore efficacia della strategia

organizzativa propria del modello top-down. Infine, l’autrice afferma che il principale

fattore determinante il fallimento delle campagne di sindacalizzazione è costituito dalla

mancanza di risorse (economiche ed umane) piuttosto che dall’opposizione del datore di

lavoro, da fattori giuridici o dal mancato utilizzo di buone tattiche organizzative.

L. A. Story ha suscitato un dibattito nell’ambito della comunità accademica e del

movimento sindacale, in relazione a due aspetti specifici. In primo luogo, le conclusioni

cui l’autrice perviene, in materia di impostazione delle campagne di sindacalizzazione

secondo le caratteristiche proprie del modello top-down, si ricollegano al filone del new

labor history, secondo il quale i lavoratori non dovrebbero essere solo “oggetto di

ricerca accademica”, ma in realtà costituirebbero l’aspetto più importante dei movimenti

sindacali. In particolare, le conclusioni cui la Milkman giunge, sono assimilabili, in

quanto ad ideologia ad esse sottostanti, alla prospettiva istituzionalista ed allo storicismo

hegeliano, correnti proprie di alcuni teorici del lavoro, quali Selig Perlman, Philip Taft e

John R. Commons. Le scoperte dell’autrice si discostano in misura significativa anche

dalle conclusioni di altri studiosi, come Brofenbrenner e Juravich, i quali sostengono

che ad una maggiore partecipazione dei lavoratori alle campagne di sindacalizzazione

corrisponde un più alto grado di successo del sindacato stesso.

o meno un sindacato che li rappresenti nelle pratiche di contrattazione con il datore di lavoro. La “campagna di sindacalizzazione” (organizing campaign) si attua prima delle elezioni. Durante tale campagna, sia il datore di lavoro che il sindacato condividono informazioni con i lavoratori, in modo che essi possano scegliere consapevolmente chi votare nell’ambito dell’elezione.

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La netta diminuzione dell’appartenenza sindacale dei lavoratori attuatasi negli ultimi

cinquant’anni ha indotto molti a considerare il lavoro organizzato come irrilevante

nell’ambito del mercato del lavoro dell’epoca contemporanea. Nel settore privato, solo

una minima parte dei lavoratori risulta essere attualmente iscritta ad un sindacato.

Tuttavia, gli sviluppi verificatisi nel sud della California, inclusi i successi ottenuti dal

movimento Justice for Janitors, suggeriscono che i report sulla scomparsa del lavoro

organizzato potrebbero essere distorti, non rispecchiando la reale situazione. L’autrice

spiega come Los Angeles, un tempo nota come città ostile alla società del lavoro, sia

diventata un “focolaio di sindacalismo”, e come i lavoratori immigrati siano emersi

come leader inverosimili nella battaglia per i diritti dei lavoratori.

L. A. Story infrange molti miti sul lavoro moderno, mediante un’analisi

approfondita della situazione dei lavoratori di Los Angeles di quattro settori specifici:

manutenzione degli edifici, autotrasporti, costruzioni, abbigliamento. Nonostante molti

denuncino la “de-sindacalizzazione” ed il peggioramento delle condizioni lavorative

degli immigrati, la Milkman, tuttavia, dimostra che questa credenza convenzionale è

totalmente errata. La sua analisi rivela che il peggioramento degli ambienti di lavoro

precede l’afflusso di lavoratori stranieri, i quali hanno occupato tali posizioni lavorative

solo dopo che i lavoratori autoctoni hanno abbandonato questi posti di lavoro

improvvisamente divenuti poco desiderabili.

Inoltre, L. A. Story dimostra che i lavoratori immigrati, ritenuti incapaci di

organizzarsi in sindacati da molti dirigenti sindacali, a causa dei limiti imposti dalla

lingua e del timore dell’eventuale deportazione, si sono invece rivelati estremamente

sensibili agli sforzi organizzativi. Come argomenta la Milkman, questi lavoratori

affrontano il lavoro con un’impostazione mentale maggiormente orientata alla

collettività, al “gruppo”, rispetto ai lavoratori americani da essi sostituiti. L’affermarsi

di tali caratteristiche, proprie dell’apparato lavorativo di Los Angeles, ha reso tale città

il fulcro del movimento per i diritti dei lavoratori.

L’autrice delinea un percorso storico del “sindacalismo di massa”, a partire dai

primi sviluppi di questo sistema nel contesto degli Stati Uniti, fino alla spiegazione dei

motivi del suo declino. I punti cardine in questo processo sono collocabili nella Grande

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Depressione, nella nascita del sindacalismo industriale di massa e nella tutela giuridica

offerta dal National Labor Relations Act.

In particolare, prima della Depressione, negli Stati Uniti, i sindacati lottavano

per la sopravvivenza in un contesto legale generalmente ostile, mediante l’utilizzo di un

repertorio di tattiche estremamente vario, tra scioperi, boicottaggi e campagne, al fine di

ostacolare l’operato dei datori di lavoro ed ottenere aumenti di stipendio.

Successivamente, nel periodo della Grande Depressione, è emersa una nuova forma di

sindacalismo industriale a partire dal malcontento e dal senso di solidarietà dei

lavoratori di settori industriali specifici, frutto dell’esperienza comune di quel difficile

momento storico. In seguito, tali sindacati industriali sono stati estesi sia nel periodo

della Seconda Guerra Mondiale, in un ambiente caratterizzato dalla volontà da parte del

governo di creare un clima sereno e pacifico dal punto di vista sociale, sia nel

dopoguerra con la legislazione sul lavoro approvata nel 1930. Il declino di questi

sindacati tra il 1980 ed il 1990 riflette le crescenti pressioni competitive prodotte dagli

sviluppi della tecnologia, dalle liberalizzazioni, dal commercio estero e, motivo

principale nella trattazione della Milkman, il mutamento attuatosi nella legge sul lavoro

e, ancor più, il modo in cui la legge è stata applicata ed interpretata, indebolendo

sensibilmente la protezione da parte del governo.

Tutti i casi di studio dell’autrice sono tratti dall’insieme di industrie storicamente

organizzate sotto i vecchi sindacati AFL, che precedono la Grande Depressione e che

ancora oggi sono costituiti da numerose piccole imprese instabili. In queste industrie

l’organizzazione del lavoro è sempre esistita, anche al di fuori del guscio protettivo di

una legislazione in materia di lavoro. I sindacati hanno mantenuto un’organizzazione

industriale sfruttando i legami economici lungo la “catena di fornitura”, per disciplinare

i datori di lavoro non ottemperanti, ed i cui dipendenti non avevano potuto reagire

direttamente ad eventuali inadempienze: essi hanno imparato a sfruttare questi legami

attraverso lo sviluppo di una conoscenza approfondita della struttura propria di quel

determinato settore industriale. In tal modo, il Teamsters Union, il sindacato degli

autotrasportatori, è stato in grado di organizzarsi nel Sud della California assieme alle

imprese del Nord che trasferivano navi cargo al Sud: i lavoratori sindacalizzati del Nord

hanno costretto i loro datori di lavoro a boicottare le imprese meridionali che non

avevano firmato il contratto sindacale. Analogamente, il Ladies’ Garment Union, il

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sindacato di dimensioni relativamente grandi delle produttrici tessili, ha minacciato di

colpire chi non avesse imposto termini comparabili sui loro subappaltatori.

Nel settore edile, gli artigiani qualificati, e quindi dotati di una propria forza

lavoro, hanno boicottato i posti di lavoro nell’ambito dei quali i lavoratori non

qualificati, e quindi più deboli, e agli addetti alla manutenzione non si erano riuniti in

sindacati. Nelle parole della Milkman, questi sindacati più antichi prosperarono negli

anni Novanta, facendo rinascere queste tattiche tradizionali, sia che le abbiano desunte

dal passato, sia che le abbiano riscoperte in simili circostanze strutturali.

L’opera della Milkman si focalizza sulla descrizione della militanza sindacale,

caratterizzata dalla solidarietà delle comunità di lavoratori immigrati e dalla loro

tendenza al sacrificio, al fine di attuare con successo i propri piani strategici in difesa

dei propri diritti. I sindacalisti e, in effetti, la maggior parte degli osservatori esterni,

hanno sottovalutato questo gruppo di lavoratori, considerando la forza lavoro degli

immigrati, da un lato, troppo vulnerabile per potersi organizzare in sindacati in modo

efficace, temendo la prospettiva della deportazione; dall’altro, troppo poco impegnata

nel mercato del lavoro statunitense per poter richiedere interventi di sindacalizzazione.

Inoltre, è pensiero comune che gli immigrati, abituati a vivere in condizioni di

miseria economica e di degrado sociale, siano più tolleranti nei riguardi dei salari,

spesso irrisori, e delle condizioni di lavoro, palesemente disagevoli, respinte dai

lavoratori autoctoni. A tal proposito, l’incremento del fenomeno migratorio è

considerato come una delle cause principali del peggioramento delle condizioni

lavorative, in termini anche economici. Tuttavia, la Milkman sostiene che, nell’ambito

delle industrie dalle quali attinge i suoi casi di studio, gli immigrati non costituiscono la

causa della de-sindacalizzazione, ma il risultato. Nel momento in cui si è attivato un

processo di indebolimento della struttura portante dei sindacati, e di deterioramento

delle condizioni lavorative nelle industrie, i posti di lavoro hanno iniziato a perdere la

loro forza d’attrazione per i lavoratori autoctoni, spingendo questi ultimi a spostarsi in

settori che avevano mantenuto la propria organizzazione interna (autotrasporti a lungo

raggio ed edilizia commerciale), lasciando un vuoto nei settori interessati da tale

involuzione in termini di condizioni lavorative generali (autotrasporti locali ed edilizia

residenziale), successivamente colmati dai lavoratori immigrati reclutati proprio per

riempirli. Nel corso del tempo, questi operai si sono stabiliti in modo permanente nel

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nuovo contesto industriale, ed il potere derivante dalla forza lavoro degli immigrati è

attualmente detenuto da lavoratori con un impegno a lungo termine nel mercato del

lavoro degli Stati Uniti e dai loro figli. Le comunità di immigrati, inoltre, si

caratterizzano per avere strette reti sociali che facilitano il reclutamento di nuovi

membri, da un lato, e forniscono un forte sostegno morale e materiale per scioperi e

boicottaggi, dall’altro.

In tale contesto d’analisi delle caratteristiche del lavoro degli immigrati, la

Milkman affronta un tema centrale del pensiero contemporaneo sociale americano: la

diminuzione del capitale sociale e la crescente anomia nella struttura della società

americana. Nell’ideologia dell’autrice, la città di Los Angeles costituisce un esempio

emblematico di questi stravolgimenti attuatisi nella società americana: l’impostazione

tipica delle comunità di immigrati, in termini di propensione ad un atteggiamento

solidale e complice nei riguardi dei propri connazionali, si configura come ulteriore

strumento atto ad innescare un processo di rivalutazione e rinnovamento dei sindacati.

In particolare, solo due dei quattro casi analizzati hanno realmente esito positivo,

ottenendo risultati rilevanti: la nota organizzazione Justice for Janitors ed i Dry Wall

Carpenters. Invece, l’organizzazione degli autotrasportatori locali ed il tentativo di

istituire sindacati per alcune industrie specifiche, come inizio di una campagna atta a

rilanciare il sindacalismo nel settore dell’abbigliamento, risultano essere entrambi falliti.

I numeri relativi alle due compagne di sindacalizzazione di successo sono relativamente

piccoli: circa un milione di membri appartenenti ai sindacati di Los Angeles. Questo si

configura come il dato più alto mai registrato, nonostante costituisca soltanto il 15%

della forza lavoro totale. Il tasso più alto di appartenenza sindacale si registra nel

settore pubblico, nella produzione su larga scala, in particolare nell’industria

automobilistica e nell’ambito delle compagnie aeree.

La Milkman, pertanto, sostiene che il fenomeno migratorio possa contribuire alla

rinascita del movimento operaio, giungendo ad argomentare un problema di non

semplice ed immediata risoluzione: nonostante le industrie nelle quali si concentra un

numero elevato di lavoratori immigrati siano particolarmente sensibili e vulnerabili

rispetto alle tattiche organizzative dei sindacati, e nonostante gli stessi immigrati

risultino inclini all’istituzione di movimenti sindacali, tuttavia quasi la metà delle

campagne di sindacalizzazione sfociano in esiti negativi. L’autrice cerca di fornire al

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lettore gli strumenti ed i presupposti metodologici atti ad indirizzarlo verso una

spiegazione valida ed efficace del problema.

Attraverso l’analisi dei dati e dei risultati delle ricerche esposte dalla Milkman, è

possibile articolare talune congetture configurabili come possibili risposte alla questione

del fallimento delle campagne di sindacalizzazione.

In particolare, nell’ambito della maggior parte dei vecchi sindacati AFL, non vengono

esplicitate, né concettualizzate, modalità e tecniche di potenziamento e conservazione

delle pratiche di pressione economica in un contesto legale ostile. Le due campagne che

si sono concluse con successo sono state condotte da sindacati operanti in una forma di

giurisdizione tradizionale, sviluppando un’approfondita conoscenza del settore

industriale di riferimento, necessaria per incrementare la partecipazione dei lavoratori.

Ciò nonostante, la campagna degli autotrasportatori non è stata condotta

esclusivamente dalla Teamsters Union, ma anche dagli addetti alla comunicazione,

operando in tal modo al di fuori della propria giurisdizione canonica, nell’ambito di in

un settore del quale non possedevano una conoscenza specifica.

Questa strategia mista di sindacalismo, che suggerisce l’organizzazione delle

linee di settore laddove sembra possibile raccogliere nuovi membri, può rivelarsi un

metodo efficace per la sopravvivenza dei movimenti sindacali, nonostante sia

complesso valutarne la validità nel lungo periodo. Tale metodologia strategica, qualora

dovesse affermarsi come definitiva e predominante, sarà tuttavia distante rispetto alla

forma canonica del sindacalismo industriale precedente. L’autrice incentra la sua

attenzione proprio sul concetto di organizability (“organizzabilità”) delle comunità

immigrate.

AUGUSTO COCORULLO - UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” -

DIPARTIMENTO DI SCIENZE SOCIALI - DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE

SOCIALI E STATISTICHE - XXIX CICLO

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