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http://fb.me/borriello - Pasquale Borriello - Leibniz e Newton: la disputa sul calcolo infinitesimale. Tesi di Laurea Specialistica in Teorie e Tecniche della Conoscenza, Facoltà di Filosofia. Sapienza Università di Roma, febbraio 2009.
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Facolta di FilosofiaSapienza Universita di Roma
Tesi di Laurea Specialistica in
Teorie e Tecniche della Conoscenza
Leibniz e Newton:
la disputa sul calcolo infinitesimale
Relatore Candidato
Prof. Carlo Cellucci Pasquale Borriello
Correlatore
Prof. Roberto Cordeschi
anno accademico 2007-2008
Dedico questa tesi a tutti coloro i quali avranno modo di leggerla. Ed
anche a tutti coloro i quali non la leggeranno mai, ma sono in qualche
modo entrati in contatto con il meraviglioso mondo della filosofia della
matematica.
Ringraziamenti
Ringrazio innanzitutto i professori Carlo Cellucci e Roberto Cordeschi per il tempo
che mi hanno dedicato durante la stesura di questa tesi. Ringrazio poi mio padre e
tutti coloro che mi hanno reso la vita un po piu facile in questi mesi impegnativi.
Infine il ringraziamento va a tutti coloro i quali mi hanno comunque sopportato.
E stato un lavoro faticoso, che mi ha impegnato duramente, ma di cui portero il
ricordo finche avro memoria.
Introduzione
La disputa
Questa tesi analizza storicamente la disputa tra Leibniz e Newton sulla proprieta
intellettuale del calcolo infinitesimale, la matematica superiore che si applico perfet-
tamente alla fisica newtoniana.
Una disputa tra due grandi protagonisti del panorama intellettuale del XVI e XVII
secolo, ed anche tra due visioni della matematica agli antipodi: una matematica
generale e teorica secondo Leibniz, una matematica applicata al mondo naturale
secondo Newton.
Lo scontro tra i due giganti fu inizialmente sulla priorita di scoperta: chi aveva per
primo ottenuto i metodi del calcolo infinitesimale? Quando poi fu chiaro che fu
Newton a compiere per primo gli studi sul calcolo, la disputa si sposto sull’equiva-
lenza tra i due metodi: erano entrambi validi? Avevano entrambi la stessa potenza
e generalita?
La disputa ando avanti per molti anni e famosi scienziati dell’epoca si schierarono
dall’una o dall’altra parte, con perfino alcuni scontri nazionalistici tra matematici
inglesi e continentali.
Ai primi del Settecento fu Newton a trionfare, ma nell’Ottocento il lavoro di Leibniz
fu molto rivalutato. Ci interessa in questa tesi comprendere in modo imparziale come
7
8 Introduzione
andarono veramente le cose e in che relazione possiamo considerare i due approcci
all’analisi matematica.
Riassunto dei capitoli
Il capitolo 1 analizza gli studi matematici di Newton a Cambridge: nell’arco di
dieci anni fece le piu importanti scoperte matematiche e scientifico-naturali della
sua vita. Furono particolarmente produttivi gli anni mirabiles 1665-1666. Tuttavia
Newton non pubblico niente fine alla seconda meta degli anni ottanta.
Leibniz dal canto suo si avvicino piu tardi alla matematica superiore, ovvero quando
ebbe l’opportunita di entrare in contatto con la comunita scientifica di Parigi e
Londra, ed entrare a far parte della Royal Society. Tutto questo verra approfondito
nel capitolo 2.
Il primo contatto indiretto tra Leibniz e Newton ci fu nel 1676, anno in cui i due
si scambiarono alcune lettere tramite Oldenburg. Riportiamo e commentiamo gli
scambi epistolari di questi anni nel capitolo 3.
Nel 1684 Leibniz pubblico quello che sara il primo testo sul calcolo infinitesimale: il
Nova Methodus pro maximis at minimis. Riportiamo nel capitolo 4 questi ed altri
sviluppi sul calcolo nel corso degli anni ottanta del XVII secolo.
Nel 1687 venne pubblicato da Newton uno dei testi scientifici piu importanti al
mondo: i Philosophiae naturalis principia mathematica. Nel capitolo 5 analizziamo
i Principia e delineiamo i motivi per cui quest’opera e fondamentale nell’ambito della
disputa sul calcolo: per la prima volta comparirono in una pubblicazione alcuni dei
lavori matematici di Newton, inoltre l’inglese inizio ad acquisire una grande fama
anche al di fuori dei confini nazionali.
Nel capitolo 6 affrontiamo il primo vero e proprio atto della disputa: il matematico
inglese John Wallis recupera le lettere scambiate tra Leibniz e Newton nel 1676,
Introduzione 9
accusando il tedesco di aver da allora plagiato il calcolo infinitesimale di Newton.
Nel capitolo 7 passiamo al secondo atto della disputa: dopo un tentativo fallito da
parte dei sostenitori di Leibniz di screditare le capacita matematiche di Newton, il
tedesco viene duramente attaccato da un articolo scritto da Nicolas Fatio de Duillier.
Ben piu serio dell’attacco portato da Fatio fu quello del professore John Keill, trat-
tato nel capitolo 8: questa volta Leibniz non pote trovare una difesa efficace,
nonostante arrivo ad appellarsi alla Royal Society, nella figura del segretario Hans
Sloane.
Nel capitolo 9 c’e l’epilogo della vicenda: nelle lettere di Chamberlayne e dell’Abate
Conti, nel testo di Leibniz Storia e origine del calcolo differenziale e nelle Osserva-
zioni del Cavaliere Newton ritroviamo le ultime testimonianze riguardanti la disputa
intellettuale piu famosa della storia della matematica.
Nel capitolo 10 ho trattato nello specifico le due differenti filosofie del calcolo di
Leibniz e Newton. Sebbene le due posizioni filosofiche emergano chiaramente anche
negli altri capitoli, e opportuno formalizzare rigorosamente quali sono le differenze
dei due approcci al calcolo infinitesimale.
Infine ho riservato uno spazio alla mia conclusione, in cui riassumo la mia personale
opinione riguardo alla disputa tra Leibniz e Newton. Da studente di Filosofia ma
anche da studente di Matematica, da un punto di vista storico-filosofico e logico-
operativo.
10
Indice
1 Isaac Newton a Cambridge 17
1.1 I primi studi matematici di Newton (1661-1665) . . . . . . . . . . . . 17
1.2 Gli anni mirabiles (1665-1666) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.2.1 La formula del binomio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.2.2 La scoperta del metodo delle flussioni . . . . . . . . . . . . . 26
1.3 Il metodo delle flussioni (1671) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
1.4 Lo scontro con Hooke (1672) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2 Gottfried Wilhelm Leibniz: i viaggi matematici in Europa 39
2.1 I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671) . . . . . . . . . . . . 39
2.2 Leibniz a Parigi (1672) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.3 Leibniz a Londra (1673) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
3 La corrispondenza con Oldenburg 49
3.1 La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676) . . . . . . 49
3.2 Epistola prior (13 giugno 1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
3.3 Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
11
12 INDICE
3.4 Epistola posterior (24 ottobre 1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
3.5 L’incontro di Leibniz con Collins ed Oldenburg . . . . . . . . . . . . 65
3.6 Lettera di Leibniz (21 giugno 1677) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
4 Gli sviluppi del calcolo infinitesimale 73
4.1 La citta di Hannover al tempo di Leibniz (1676) . . . . . . . . . . . 73
4.2 Il De Quadratura di Newton (1676) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
4.3 La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686) . . . . 76
4.4 La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686) 79
4.5 I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (1684-
1705) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
5 I Principia Mathematica di Isaac Newton 87
5.1 Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) . . . . . . . . . 88
5.2 L’incontro con Fatio de Duillier (1699) . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
5.3 L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695) . . . . . . . . . . . . . . 95
6 Il primo atto della disputa 97
6.1 Lo scambio epistolare Leibniz-Newton (1693) . . . . . . . . . . . . . 97
6.2 I lavori di Wallis (1693-1695) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
6.3 Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694) . . . . . . . . . . . . . 102
6.4 Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696) . . . 104
6.5 Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) . . . . . . . . . . . 107
7 Il secondo atto della disputa 115
7.1 Il problema Brachistocrono (1696) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
INDICE 13
7.2 Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hopital (1699) . . 116
7.3 L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699) . . . . . . . . . . . . . . 118
8 Il terzo atto della disputa 125
8.1 L’Ottica di Newton (1704) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125
8.2 L’attacco di John Keill (1708) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
8.3 La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
8.4 Il Commercium Epistolicum (1712) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
8.5 I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713) . . . . . . . . . . 142
8.6 Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714) . . . . 148
9 L’epilogo 151
9.1 Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714) . . . . . 151
9.2 Storia e origine del calcolo differenziale (1714) . . . . . . . . . . . . . 155
9.3 La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) . . . . . . . . . . . . 171
9.4 Lettera di Leibniz alla contessa di Kilmansegg (1716) . . . . . . . . . 181
9.5 Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate
Conti (1716) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
9.6 La fase finale del conflitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186
9.7 Sulla priorita di invenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
10 Le due filosofie del calcolo infinitesimale 189
10.1 L’imperdonabile ritardo di Newton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189
10.2 Il filosofo e lo scienziato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192
10.3 Alla ricerca di un sistema matematico universale . . . . . . . . . . . 194
14 INDICE
10.4 L’invenzione del calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195
10.5 Gli infinitesimali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
10.5.1 Gli infinitesimali di Leibniz: il calcolo differenziale . . . . . . 203
10.5.2 Gli infinitesimali di Newton: il metodo delle flussioni . . . . . 204
10.6 La metafisica del calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
11 Conclusione 211
11.1 Nota storica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
11.2 Nota stilistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213
11.3 Considerazioni finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214
A I protagonisti 219
Bibliografia 227
Elenco delle figure
10.1 Rappresentazione dell’errore per ogni settore triangolare. . . . . . . . 202
A.1 Isaac Barrow (1630-1677). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
A.2 Jean Bernoulli (1704-1767). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221
A.3 James Gregory (1638 - 1675). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222
A.4 Christian Huygens (1629 - 1695). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223
A.5 Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716). . . . . . . . . . . . . . . . . 224
A.6 Sir Isaac Newton (1643 -1727). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225
A.7 John Wallis (1616-1703). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
15
Capitolo 1
Isaac Newton a Cambridge
“Vorrei discutere in modo esplicito la questione dell’alchimia e le ragioni
per cui io la tengo in cosı gran conto. Voi, infatti, mi considerate sicu-
ramente un po’ svitato, per il fatto che dedico a essa cosı tanto tempo. E
mi considerate tale perche tutti gli alchimisti da voi finora incontrati sono
dei ciarlatani o dei pazzoidi, e questo avra generato in voi un’opinione
poco lusinghiera dell’Arte e dei suoi praticanti.”
Newton a Eliza da Confusione di Neal Stephenson
1.1 I primi studi matematici di Newton (1661-1665)
Isaac Newton inizio i suoi studi matematici al Trinity College dell’Universita di
Cambridge, dove fu ammesso il 5 giugno 1661. Si formo sui testi dei maggiori
matematici dell’epoca, tra i quali figurava anche il suo connazionale Isaac Barrow1,
che fu anche il suo primo maestro. Il giovane Newton lo aiuto nella preparazione
1Isaac Barrow (1630-1677) studio anch’egli al Trinity College. Dopo un viaggio in Francia, Italia eMedio Oriente torno in Inghilterra dove fu ordinato sacerdote. Divenne membro della Royal Societydi Londra fin dal 1663, l’anno successivo fu nominato primo “Lucasian professor” di matematica aCambridge. Lascio la cattedra a Newton nel 1669. La sua produzione fu molto ampia, e includetrattati di matematica, geometria ed ottica. Fu molto importante la sua influenza su Newton.
17
18 1.1. I primi studi matematici di Newton (1661-1665)
e nella pubblicazione delle Lectiones opticae et geometricae e alla fine ne prese la
cattedra di matematica a Cambridge quando Barrow si ritiro dall’insegnamento per
dedicarsi alla predicazione.
Newton aveva dimostrato interesse per le materie scientifiche fin da giovanissimo,
occupandosi in particolare di chimica e alchimia, discipline che all’epoca erano molto
vicine tra loro. La famiglia era di tradizioni contadine: garantı a Newton una vita
senza troppe difficolta economiche ma piuttosto umile. Isaac fu il primo della sua
famiglia a saper scrivere il proprio nome e cognome. Gli studi che aveva portato
avanti - frequento la King’s School di Grantham2 - gli avevano conferito una prepa-
razione in Latino, Greco ed Ebraico, e basilari nozioni di aritmetica. A diciassette
anni a Newton fu imposta la vita contadina: avrebbe dovuto prendere in mano la
gestione della fattoria di famiglia. Tuttavia ben presto divenne evidente che non era
quello il tipo di vita per il quale il giovane Isaac era nato, fu quindi rimandato alla
Grammar School di Grantham a completare la formazione, in preparazione agli studi
universitari. Quando nel 1661 Newton fu mandato a studiare al Trinity College di
Cambridge, sapeva poco o nulla di matematica.
Anche senza quasi nessuna preparazione specifica, Newton fu indirizzato dal tutor
Isaac Barrow verso gli studi di matematica e fisica, piuttosto che di filosofia. Ma
non furono soltanto le lezioni di Barrow a nutrire la vorace mente del giovane Isaac.
La maggior parte di cio che Newton apprese nei primi anni a Cambridge e da con-
siderarsi frutto della sua abilita da autodidatta: trasse insegnamenti - quasi senza
alcun aiuto - direttamente dai libri che riuscı a comprare o a prendere in prestito.
Questo testimonia l’incredibile predisposizione naturale che egli aveva nei confronti
della matematica. Da alcuni appunti scritti dallo stesso Newton, riportiamo questo
breve paragrafo che riporta la data 4 giugno 1699:
Consultando un conto delle mie spese a Cambridge degli anni 1663 e
2La Grammar School che frequento Newton venne fondata nel 1528 a Grantham, una piccolacitta nella contea di Lincoln, a nord est di Londra.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 19
1664, ho scoperto che nel 1664, poco prima di Natale (...) riuscii a
comprare la Miscellanies di Van Schooten e la Geometrie di Descartes
(...) e a prendere in prestito i lavori di Wallis3
Fu un interesse personale a convincere Newton di aver bisogno di ulteriori testi per
approfondire la sua conoscenza sugli sviluppi piu avanzati in aritmetica e geometria.
Gli anni 1664 e 1665 furono dedicati da Newton interamente allo studio dei te-
sti matematici dei francesi Descartes e Viete, degli olandesi Hudde, Huygens, Van
Schooten e dei connazionali Wallis e Oughtred. Gli appunti di Newton a proposito
di questi autori ci testimoniano l’evoluzione del suo pensiero da una fase di studio ad
una fase di scoperta. Furono proprio questi anni di intenso studio a condurlo ad un
periodo di grande creativita in diversi ambiti scientifici. Dal punto di vista specifi-
camente matematico, nell’inverno del 1664 Newton padroneggiava lo sviluppo della
serie binomiale - da lui inventata - e pochi mesi dopo gia utilizzava procedimenti
di derivazione e integrazione. In pratica a partire dal 1664 Newton si rese conto
di aver raggiunto i lmiti della conoscenza matematica: era ormai pronto a dare il
proprio contributo. In una lettera ad Hooke scritta anni dopo, Newton descrisse
questo particolare momento in modo molto felice:
Se ho visto piu in la di Descartes, e perche mi ero drizzato sulle spalle
di giganti.
1.2 Gli anni mirabiles (1665-1666)
Gli anni piu produttivi dell’intera vita di Newton furono gli anni mirabiles 1665 e
1666. Per gran parte dell’anno accademico 1665-1666 il Trinity College rimase chiuso
a causa di un’epidemia di peste, e Newton quindi rientro a casa per evitare il contagio
e per continuare a studiare. In questi mesi di ritiro forzato, Newton fece 4 delle sue
3Precisamente, qui Newton si riferisce al De arithmetica infinitorum di John Wallis.
20 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
maggiori scoperte fisico-matematiche, in particolare: 1) la formula del binomio, 2) il
metodo delle flussioni (calcolo infinitesimale), 3) la legge di gravitazione universale,
4) la natura dei colori.
In una lettera al francese Pierre Des Maizeaux4, datata 1718, Newton descrisse molti
anni dopo le sue ricerche degli anni mirabiles.
All’inizio del 1665 trovai il metodo di approssimazione delle serie e la
regola per ridurre qualunque potenza di un binomio in una serie. Nello
stesso anno, a Maggio, trovai il metodo delle tangenti simile a quello di
Gregory e Slusius, ed a Novembre possedevo il metodo delle flussioni5
[...] in Maggio6 iniziai a lavorare sul metodo inverso delle flussioni7.
1.2.1 La formula del binomio
Newton ebbe modo di raccontare come ottenne la formula del binomio8 oltre 20
anni piu tardi dell’effettiva scoperta, in due lettere del 1676 - inviate ad Henry
Oldenburg ma indirizzate in realta a Leibniz9. Tale formula fu pubblicata da Wallis
- che correttamente l’attribuı a Newton - nella sua Algebra del 1685 ma fu espressa
per la prima volta da Newton stesso in in una lettera inviata ad Oldenburg il 13
giugno 1676, affinche la trasmettesse a Leibniz. Riportiamo qui sotto un passo
significativo della lettera del 13 giugno10:
Le estrazioni di radice possono essere molto abbreviate mediante il se-
4Un ugonotto francese rifugiatosi a Londra. Pubblico nel 1720, ad Amsterdam, un testo daltitolo Collections of Various Pieces on Philosophy, Natural Religion, History, Mathematics etc by
Messrs Leibniz, Clarke, Newton and other famous Authors.5Il calcolo delle derivate.6Dell’anno 1666.7Il calcolo integrale.8E il teorema che descrive lo sviluppo in serie di un binomio.9Henry Oldenburg, allora segretario della Royal Society, fece da tramite tra i due matematici
negli anni 1676-1677.10Secondo la traduzione in [8, p.57].
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 21
guente teorema:
(P +PQ)mn = P
mn +
m
nAQ+
m − n
2nBQ+
m − 2n
3nCQ+
m − 3n
4nDQ+etc.
Dove P + PQ esprime al quantita di cui si deve ricercare o la radice,
o anche una qualsiasi potenza, o la radice di una potenza. P indica il
primo termine di tale quantita; Q indica i rimanenti termini divisi per il
primo, ed mn
l’indice numerico della potenza di P + PQ; questo sia che
si tratti di una potenza intera, frazionaria, positiva o negativa.
Newton chiarisce dunque la sua notazione di potenze frazionarie e negative:
Infatti come gli analisti sogliono scrivere a2, a3etc. invece di aa, aaa etc.,
cosı io scrivo a1
2 , a3
2 , a5
3 ; invece di√
a,√
a3,3√
a5 etc. Egualmente scrivo
a−1, a−2, a−3, invece di 1a, 1
aa, 1
aaa
Resta da chiarire il significato delle lettere maiuscole coefficienti di Q, ed e quello
che fa Newton subito dopo:
E infine, invece dei termini ottenuti nel quoziente mediante le operazioni
mi servo delle lettere A,B,C,D etc.; e precisamente A al posto del primo
termine Pmn , B al posto del secondo m
nAQ; e cosı per tutti gli altri
termini.
A questo punto Newton fornisce nove esempi di applicazione della regola, riportiamo
qui sotto quello che ci sembra il piu chiaro, cioe il quarto esempio:
Radice cubica di(d + e)4[ cioe (d + e)4
3 ] = d4
3 +4ed
1
3
9d2
3
+2ee
9d2
3
− 4e3
81d5
3
+ etc.,
infatti P = d,Q =e
d,m = 4, n = 3, A(= P
mn ) = d
4
3 etc.
22 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Newton utilizza la notazione di potenze frazionarie secondo quanto chiarito in pre-
cedenza e procede poi all’estrazione di radice seguendo la regola enunciata. Egli
riconosce l’abilita matematica del suo interlocutore e quindi non ritiene necessari
ulteriori chiarimenti, ma solo l’elenco con i nove esempi di applicazione della regola.
Nella lettera datata 24 ottobre dello stesso anno11, in risposta ad una richiesta di
Leibniz, l’inglese spiega dettagliatamente come giunse alla serie binomiale.
Ho gia esposto a Leibniz uno dei miei metodi, ora voglio esporgliene
un altro, proprio quello che per primo mi fece pervenire a queste serie.
Infatti le trovai prima di conoscere le divisioni e le estrazioni di radice, di
cui ora, di preferenza, mi servo. La spiegazione che ora ne daro, mostrera
anche il fondamento del teorema, posto all’inizio della lettera precedente,
che Leibniz desiderava conoscere.
Dopo queste considerazioni introduttive, abbiamo alcuni paragrafi che costituisco-
no una delle prime testimonianze del genio assoluto di Newton: egli si servı della
sua straordinaria intuizione matematica per ottenere la serie binomiale a partire
da alcuni lavori di Wallis sulle serie12. Newton stesso descrive dettagliatamente il
procedimento che lo ha portato a formulare alcune considerazioni solamente sulla
base dell’osservazione di termini delle serie di Wallis, finche poi arrivo per analogia
al teorema del binomio. Ci si potrebbe chiedere se la fluidita e semplicita con cui
Newton presenta i suoi straordinari risultati sia da attribuire al suo genio matema-
tico oppure non sia piuttosto uno stratagemma per apparire migliore agli occhi di
Leibniz, e magari non rivelare dettagliatamente tutti i passaggi - facendoli apparire
ovvi e scontati. La risposta piu sensata e la prima, per due ragioni essenziali: in-
nanzitutto nel periodo della lettera del 1676 i rapporti tra Leibniz e Newton erano
piuttosto buoni, e c’era sincero interesse da parte di entrambi nel conoscere i ri-
11E la lettera inviata da Newton ad Oldenburg, da ritrasmettere a Leibniz, 24 ottobre 1676 (vedi[8, p.81]).
12In particolare il lavoro sul problema di torvare l’area (da x = 0 a x = x) deimitata da curve lecui ordinate avevano la forma (1 − x2)n.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 23
spettivi risultati, inoltre Leibniz gia riconosceva - come poi continuera a fare anche
negli anni successivi - il genio matematico di Newton, che quindi non aveva bisogno
di esagerare i propri meriti. Possiamo dunque leggere le pagine che descrivono la
scoperta della formula del binomio come una genuina testimonianza di Newton, che
voleva semplicemente descrivere ad un amico uno dei piu importanti risultati della
sua carriera matematica.
Quando, all’inizio dei miei studi di matematica, esaminai l’opera del no-
stro celeberrimo Wallis, considerai le serie mediante la cui interpolazione
egli ci da l’area del cerchio e dell’iperbole, come per esempio la serie delle
curve aventi per comune base, o asse, x e per ordinate (1 − xx)0
2 ; (1 −
xx)1
2 ; (1 − xx)2
2 ; (1 − xx)3
2 ; (1 − xx)4
2 ; (1 − xx)5
2 etc., dove se le aree dei
termini alterni che sono x;x− 13x3;x− 2
3x3+ 15x5;x− 3
3x3+ 35x5− 1
7x7 etc.,
potessero venire interpolate, otterremmo le aree dei termini intermedi, il
primo dei quali (1 − xx)1
2 e il cerchio.
Al fine di interpolarli notavo allora che in tutti i casi il primo termi-
ne era x e che i secondi termini erano in progressione aritmetica, e che
quindi i primi due termini della serie da interpolare dovevano essere:
x −1
2x3
3 ;x −3
2x3
3 ;x −5
2x3
3 etc.
Inoltre per interpolare le restanti consideravo che i denominatori 1, 3, 5, 7
etc., erano in progressione aritmetica, e che quindi dovevano ricercar-
si solo i coefficienti numerici dei numeratori; ma questi nelle aree da-
te alternativamente erano le cifre delle potenze del numero 11, cioe
110, 111, 112, 113, 114; ovvero 1; 1, 1; 1, 2, 1; 1, 3, 3, 1; 1, 4, 6, 4, 1 etc.
Mi domandavo inoltre in qual modo, in queste serie, date le prime due
figure, fosse possibile ricavare le rimanenti; e trovai che, posta la secon-
da figura m, si ricavavano tutte le altre, moltiplicando continuamente i
24 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
termini della serie:
m − 0
1× m − 1
2× m − 2
3× m − 3
4× m − 4
5etc.
Con questa formula, posto il secondo termine m = 3 ed essendo il primo termine 1,
la serie sara
3 × 3 − 1
2× 3 − 2
3× 3 − 3
4etc.
e dunque i termini saranno rispettivamente 1, 3, 3, 1. Nel caso di m = 4 i termini
saranno 1, 4, 6, 4, 1 e cosı via per m = 5, 6 etc.
Newton procede rapidamente e in modo molto informale, come se i suoi risultati fos-
sero assolutamente ovvi. In particolare si basa su intuizioni personali - testimoniate
anche dall’uso di verbi quali notare, considerare - che gli permettono di muoversi a
salti, senza enunciare e dimostrare rigorosamente tutti i passaggi. Proprio questo
stile - che poi ritroveremo meno accentuato anche nei suoi trattati - fu una delle ca-
ratteristiche peculiari dello scienziato inglese. Egli si discosto molto da Leibniz, che
in quanto filosofo, logico e giurista aveva uno stile molto piu cauto e per certi versi
moderno nelle dimostrazioni matematiche. E probabile pero che proprio l’audacia
di Newton lo porto ad ottenere certi risultati prima di ogni altro: egli era in qualche
modo privo di ogni freno, e riusciva a dare libero sfogo al proprio genio matematico.
Piu avanti nella lettera del 24 ottobre infatti Newton descrive come e giunto ad
ottenere dei procedimenti per calcolare le aree sottese a determinate curve - facendo
un passo avanti verso la formulazione di una vera e propria teoria dell’integrazione.
Mi sono servito di questa regola per interpolare le serie.13
[...] E con lo stesso procedimento ottenni anche le aree da interpolare
delle restanti curve, come l’area dell’iperbole e delle altre curve alterne
nella serie (1 + xx)0
2 ; (1 + xx)1
2 ; (1 + xx)2
2 ; (1 + xx)3
2 etc.
13La regola descritta nelle pagina precedenti.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 25
E lo stesso e il procedimento per interpolare le altre serie, e cio attraverso
intervalli di due o piu termini mancanti. Questo fu il mio primo esordio
in meditazioni di tal genere, che certamente avrei ben presto dimenticato
se gia da qualche settimana non avessi rivolto la mia attenzione a certi
altri fatti.
E, proprio quando avevo appreso le cose di cui sopra, stavo considerando
che anche i termini (1 − xx)0
2 , (1 − xx)2
2 ; (1 − xx)4
2 ; (1 − xx)6
2 etc. cioe
1; 1−xx; 1−2xx+x4; 1−3xx+3x4−x6etc. potevano venir interpolati alla
stessa maniera, e cosı le aree da essi generate; e che a questo scopo niente
altro si richiedeva se non l’eliminazione dei denominatori 1, 3, 5, 7 etc nei
termini esprimenti le aree; che cioe i coefficienti dei termini della quantita
da interpolare (1−xx)1
2 , o (1−xx)2
3 , o in generale (1−xx)m, si ottenevano
continuando la moltiplicazione dei termini delle serie
m × m − 1
2× m − 2
3× m − 3
4etc.
Poco piu avanti Newton scrisse di aver ottenuto un procedimento per estrarre arit-
meticamente le serie, che sono radici della quantita 1 − xx.
Egualmente la riduzione generale dei radicali in serie infinite, mediante
la regola da me stabilita all’inizio della lettera precedente14, mi era nota
prima che trovassi il modo di farlo mediante estrazioni di radice.
Tuttavia, una volta pervenuto alla conoscenza del primo procedimento,
il secondo non poteva rimanermi a lungo nascosto. Infatti per provare
la validita di queste operazioni, moltiplicai 1 − 12x2 − 1
8x4 − 116x6 per se
stesso, ottenendo 1 − xx, dato che tutti gli altri termini, continuando la
serie, svanivano all’infinito. Anche 1 − 13xx − 1
9x4 − 581x6, moltiplicato
due volte per se steso, dette come risultato 1 − xx. Questo mi indusse,
14Cfr. pagina 20.
26 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
non appena fu certa la dimostrazione di queste conclusioni, a tentare
se, viceversa, queste serie, che risultavano essere radici della quantita
1−xx, non potessero venire estratte aritmeticamente. Il tentativo riuscı
perfettamente [...]
[...] tralasciai completamente l’interpolazione delle serie e da allora mi
servii solo delle nuove operazioni in quanto fondamenti piu genuini.
[...] Ma l’epidemia di peste mi costrinse a quel tempo a fuggir via di qua
e a pensare ad altre cose.15
Completata la spiegazione della sua formula del binomio, Newton nel resto della
lettera racconta i suoi progressi nel calcolo delle tangenti, base del suo metodo delle
flussioni.
1.2.2 La scoperta del metodo delle flussioni
Negli anni mirabiles 1665-1666 Newton pervenne ad alcune scoperte che posero le
basi per il suo metodo delle flussioni. Lontano da Cambridge, lavoro tra le altre cose
ad un metodo per tracciare le tangenti. Sempre nella lettera del 24 ottobre 1676
indirizzata ad Oldenburg, troviamo importanti informazioni su come Newton giunse
alla scoperta del metodo. Lo stile di Newton si fa molto piu vago rispetto alla prima
parte della lettera nella quale enuncia chiaramente la sua formula del binomio.
Mi sono poi interessato a molte altre cose, fra le quali un metodo per
tracciare le tangenti [...]
Tale procedimento16 non ha bisogno di dimostrazione e, una volta accet-
tato il mio fondamento, nessuno ha piu potuto tracciare diversamente
le tangenti, a meno che non volesse di proposito allontanarsi dalla retta
via.
15Siamo nell’anno accademico 1665-1666: Cambridge rimase chiuso per l’epidemia di peste.16Il corsivo e nostro.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 27
Con questo mio metodo non ci si arresta davanti a equazioni, comunque
affette da esponente, in cui compaiono radicali aventi una o entrambe le
quantita indefinite, ma senza dover compiere nessuna riduzione di tali
equazioni (che nella maggior parte dei casi richiederebbe un immenso
lavoro) si traccia immediatamente la tangente. Egualmente si svolge la
cosa nelle questioni dei massimi e dei minimi, e in altre di cui ora non
sto a parlare.
E evidente che qui il tono di Newton cambia radicalmente: l’inglese e molto meno
cauto nel suo stile ed anzi vuole rivendicare a se i meriti di aver trovato un metodo
di derivazione potente ed efficace. Nella frase successiva e ancora piu palese che
Newton non vuole rivelare al suo destinatario finale - non Oldenburg, bensı Leibniz
- i segreti del suo metodo: compare infatti un famoso anagramma alfanumerico.
Poiche non posso darne qui la spiegazione17 preferisco nascondere nelle
cifre che seguono il fondamento (invero abbastanza accessibile) di queste
operazioni: 6accdæ13eff7i3l9n4o4qrr4s9t12vx.
Newton, quasi fosse una sfida a trovare la soluzione dell’anagramma, continua subito
dopo la spiegazione del suo metodo basandosi sul fondamento non rivelato.
Mediante questo fondamento ho cercato di rendere piu semplici le teorie
sulle quadrature, pervenendo a teoremi alquanto piu generali. Ma per
essere sincero ecco qua il primo teorema.
Sia data la curva la cui ordinata dzθ(e+fzη)λ, cade normalmente sull’asse
delle ascisse o base z. Denotino le lettere d, e, f le quantita date, quali
che siano, e siano θ, η, λ, gli indici delle potenze o dignita delle quantita
cui si riferiscono; posto inoltre θ+1η
= r, λ + r = s, dη,f
(e + fzη)λ1 =
17Spiegazione del suo metodo di derivazione.
28 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Q, rη + η = ω, l’area della curva sara
Q
(
zπ
s− r − 1
s − 1× eA
fzη+
r − 2
s − 2× eB
fzη− r − 3
s − 3× eC
fzη+
r − 4
s − 4× eD
fzηetc.
)
dove le lettere A,B,C,Detc. denotano i termini immediatamente antece-
denti; A il termine zπ
s, B il termine − r−1
s−1×eAfzη etc. Questa serie, quando
r e una frazione o un numero negativo, sia proseguita all’infinito, quando
invece r e un numero intero o positivo, sia proseguita per tanti termini
quante sono le unita in r. E cosı si ottiene la quadratura geometrica
della curva.
Poco piu avanti Newton mostra alcuni esempi di applicazione della regola e fa rife-
rimento al procedimento inverso alla derivazione18, ovvero l’integrazione - che pero
egli ancora chiama quadratura delle curve.
Diventa interessante a questo punto leggere come Newton si riferisca direttamente
al lavoro di Leibniz, egli infatti nota:
[...] e io invero ho imparato a calcolare una serie, da una quantita inde-
finita comunque assunta. Lo stesso credo sappia fare anche Leibniz.
Ed ancora poco piu avanti:
[...] e quantunque il metodo che Leibniz ci ha comunicato sembri piutto-
sto appropriato a scegliere simili quantita indefinite19, [...] tuttavia ci si
puo servire di qualsivoglia altre quantita indefinite per formare la serie
con lo stesso metodo che ci permette di risolvere le equazioni affette da
esponenti, purche si risolvano nei propri termini; cioe formando la serie
con i soli termini che l’equazione possiede.
18Newton talvolta si riferisce alla derivazione come alla “rettificazione” delle curve.19Newton si riferisce ancora alle quantita indefinite per formare una serie, come nel passo
precedente.
1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666) 29
Qui Newton considera il metodo di Leibniz soltanto una versione piu specifica di
un metodo piu generale del quale sembra rivendicare al paternita, con uno stile che
poco piu avanti e ancora piu palese:
Ma quando si presentano quantita irrazionali, si devono in ogni modo
tentare le riduzioni, il che si fa sommando, sottraendo, moltiplicando le
quantita indefinite, sia mediante il metodo di trasformazione di Leibniz,
sia con qualsiasi altro metodo.
Newton effettivamente sembra accomunare il metodo di Leibniz al proprio, cercando
anche di difendersi nel caso altri rivendicassero la paternita del calcolo infinitesimale.
Poco piu avanti egli dichiara di possedere addirittura due metodi equivalenti per
ottenere le tangenti puntuali delle curve20:
Uno e simile ai calcoli che, verso la fine della precedente lettera21, mi
servivano a raccogliere le approssimazioni, ed e facilmente comprensibile
con l’esempio seguente:
Sia per l’area dell’iperbole l’equazione z = x+ 12xx+ 1
3x3 + 14x4+ 1
5x5etc.;
elevando al quadrato ambo i membri, otteniamo z2 = x2 + x3 + 1112x4 +
56x5etc.; z3 = x3+ 3
2x4+ 74x5etc.; z4 = x4+2x5etc.; z5 = x5etc.. Togliendo
12z2 da z, resta z = 1
2z2 = x − 16x3 − 5
24x4 − 1360x5etc.; aggiungendo a
questo 16z3 si ottiene z − 1
2z2 + 16z3 = x + 1
24x4 + 340x5etc. Togliendo
124z4, resta z − 1
2z2 + 16z3 − 1
24z4 = x − 1120x5etc. Aggiungendo 1
120z5, si
ottiene z− 12z2 + 1
6z3− 124z4 + 1
120z5 = x, con l’approssimazione maggiore
possibile; ovvero x = z − 12z2 + 1
6z3 − 124z4 + 1
120z5.
...Riguardo all’altro mio metodo per risalire dalle aree alle linee rette22,
ho deciso di tenerlo nascosto.
20L’operazione di derivazione.21Cioe la lettera del 13 giugno 1676.22Cioe si tratta sempre di un metodo di derivazione.
30 1.2. Gli anni mirabiles (1665-1666)
Ma perche Newton, dopo aver fornito un esempio dettagliato di applicazione di un
metodo, dovrebbe tenerne nascosto un altro? Probabilmente perche i due metodi
non sono perfettamente equivalenti, ovvero uno e forse piu generale e potente del-
l’altro, pur essendo non altrettanto pulito ed elegante. Cio lo possiamo dedurre una
risposta da quanto Newton scrive poco piu avanti: egli passa a parlare dei metodi
di integrazione, e ricorre di nuovo allo stratagemma dell’anagramma per evitare che
altri23 possano ottenere lo stesso risultato rivendicandone a se tutti i meriti.
Tuttavia non mi sembra di avere affatto esagerato dicendo che siamo in
grado di risolvere i problemi inversi delle tangenti, come altri ancora piu
difficili, alla cui soluzione pervengo con due metodi, uno piu elegante,
l’altro piu generale. Ora pero preferisco contrassegnarli entrambi con
lettere trasposte, per non essere costretto a cambiare quanto ho stabilito,
qualora altri ottenessero lo stesso risultato.
5accdæ10effh12i4l3m10n60qqr7s11t10v3x :
11ab3cdd10eœg10ill4m7n6o3p3q6r5s11t7vx,
3acœ4egh6i4l4m5n80q4r3s6t4v,
aaddœeeeeeiiimmnnooprrrsssssttuu.
Newton chiude la corrispondenza con Leibniz con la volonta di stabilire un punto
fermo: egli possiede gia un metodo di derivazione e integrazione. Ogni altro metodo
sara successivo e quindi potra essere ricondotto a questo.
Per concludere quest’analisi dei primissimi studi di Newton sul calcolo, non ci resta
che volgere lo sguardo ai primi testi strutturati sul Metodo delle flussioni, ovvero
il De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas (1669) e il Methodus
fluxionium et serierium infinitarum (1670-1671).
23Tra cui ovviamente lo stesso Leibniz.
1.3. Il metodo delle flussioni (1671) 31
1.3 Il metodo delle flussioni (1671)
Il metodo delle flussioni (o calcolo delle flussioni), come viene usualmente chiamato
il metodo scoperto da Newton per l’integrazione e la derivazione, risale agli anni
mirabiles 1665 e 1666, ma i primi testi Newtoniani che ne trattano in modo sistema-
tico sono successivi. Sebbene Newton non pubblico nulla fino al secolo successivo,
possiamo datare con ragionevole precisione la stesura dei due testi principali negli
anni intorno al 1670.
ll De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas fu pubblicato nel 1711,
ma comincio a circolare tra gli amici dello scienziato inglese a partire dal 1669. In
questo testo monografico Newton ancora non fa uso della notazione che poi adottera
nel suo metodo delle flussioni, anzi, ancora non usa nemmeno la terminologia tipica
dei suoi lavori successivi. Egli estende l’applicabilita dei metodi trovati in Barrow e
Fermat attraverso il suo teorema del binomio24.
Newton introduce il concetto di infinitamente piccolo, sia geometricamente che ana-
liticamente, utilizzando l’idea di un rettangolo indefinitamente piccolo25 e ottiene la
quadratura delle curve nel modo seguente:
Sia tracciata una curva in modo tale che per l’ascissa x e l’ordinata y l’area sia
z =
(
n
m + m
)
axm+n
n .
Sia o il momento o incremento infinitesimo26 sull’asse delle ascisse. Il nuovo valore
sulle ascisse sara dunque x + o e l’area sara diventata
z + oy =
(
n
m + m
)
a(x + o)m+n
n .
Applicando il teorema del binomio, dividendo per o e poi annullando tutti i termini
24Cfr. ancora p.20.25Detto anche “momento” dell’area.26Qui Newton riprende la notazione di Gregory.
32 1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
contenenti o27. Il risultato sara allora y = axmn .
E dunque, se l’area sottesa alla curva e
z =
(
n
m + m
)
axm+n
n ,
la curva sara y = axmn .28
Mentre data una curva y = axmn , sara possibile ottenere l’area29
z =
(
n
m + m
)
axm+n
n .
In questo modo Newton - considerando l’incremento dell’area - risolve quello che
in analisi moderna viene detto integrale indefinito30. In precedenza l’integrazione
veniva considerata soltanto come limite di una somma in un intervallo.31 Centrale in
questo procedimento e la determinazione dell’incremento, cioe alla base del metodo
di integrazione c’e la derivazione. Newton fu il primo a trovare un metodo generale
per calcolare le derivate e un metodo per ricondurre i problemi di somme alla deri-
vazione. In precedenza veniva fatto esattamente l’inverso: i problemi di calcolo di
tangenti venivano ricondotti alla quadratura delle curve.
Sebbene il De Analysi contenga molti dei metodi essenziali alla base del calcolo,
Newton non fornisce alcuna giustificazione rigorosa. Si tratta di una spiegazione
piuttosto che di una dimostrazione, quindi nessun concetto viene chiarito con cu-
ra. Possiamo soltanto dedurre che nell’operazione di integrazione precedentemente
descritta l’ordinata y rappresenta la velocita dell’incremento dell’area, mentre sulle
27Questo e un passaggio molto delicato e controverso: Newton prima divide per o, assumendoquindi o 6= 0, ma poi fa tendere o a valori infinitamente piccoli, annullando quindi tutti i terminiche si moltiplicano per o, come se all’infinito fosse effettivamente o = 0.
28Questa a un’operazione di derivazione.29Questa e invece l’operazione inversa di integrazione.30Cioe l’integrazione di una funzione considerata in generale, non all’interno di un intervallo
definito31Ovvero come estensione in IR (insieme dei numeri reali) di una serie in IN (numeri naturali)
per un intervallo definito superiormente ed inferiormente - cio che in analisi moderna viene definitointegrale definito.
1.3. Il metodo delle flussioni (1671) 33
ascisse x troviamo il tempo. Newton considerava appartenenti alla metafisica tut-
ti i problemi legati al moto, questa e una ragione per cui inizialmente evito ogni
tentativo di definizione troppo rigorosa e limitativa.
Il secondo trattato di Newton sul calcolo - il Methodus fluxionum et serierium infi-
nitarum, che viene fatto risalire al 1671 - e decisamente piu esteso e per certi versi
piu completo. Questo trattato, pubblicato soltanto nel 1736, introduce la notazione
caratteristica dei testi successivi e i concetti basilari del calcolo delle flussioni di
Newton. Qui troviamo il concetto di quantita variabili generate dal moto di punti,
linee e piani al posto del vecchio concetto di elementi infinitamente piccoli presente
nel De Analysi.
Fondamentale nel sistema di Newton diventa il concetto di moto, strettamente le-
gato al concetto intuitivo di tempo e quindi considerato primitivo, tanto che non
necessita di alcuna definizione. Newton chiama flussione la velocita di generazione
della quantita variabile detta fluente. Se denotiamo con x e y le quantita fluenti,
allora le flussioni saranno denotate con x e y.32 Nell’analisi moderna una flussione e
semplicemente la derivata prima della funzione considerata33. Ovviamente Newton
considerava anche flussioni di grado superiore - derivate di secondo grado ad esempio
- denotandole con un ulteriore punto al disopra della lettere, ad esempio x, y sono
le flussioni di x, y, a loro volta flussioni di x, y.
Nel Methodus Fluxionum Newton enuncio chiaramente il problema fondamentale del
calcolo: data una relazione tra le quantita fluenti, stabilire la relazione tra le relative
flussioni, e viceversa. Seguendo il metodo di Newton, consideriamo la relazione
y = xn. La soluzione viene ottenuta con un metodo che si discosta leggermente
ma in modo fondamentale da quello del De Analysi. Sia o un intervallo di tempo
infinitamente piccolo, siano xo e yo gli incrementi infinitesimi, o momenti, delle
32Nella notazione Newtoniana a partire dal 1691, una flussione e denotata da una lettera con unpunto al di sopra di essa, in inglese ci si riferisce ad esse come “pricked letter”. Prima di quelladata Newton utilizzava una notazione molto scomoda, con lettere dell’alfabeto diverse per indicarele fluenti e le relative flussioni.
33Nel lessico Newtoniano la funzione considerata e la quantita fluente.
34 1.3. Il metodo delle flussioni (1671)
quantita fluenti x ed y. Tornando a y = xn, sostituiamo x con x+ xo e y con y + yo.
Infine, in modo analogo a quanto descritto nel De Analysi, applichiamo il teorema
del binomio, cancelliamo tutti i termini non contenenti o e dividiamo tutto per o.
y = xn
y + yo = (x + xo)n
y = (x + xo)n
y =...
y = nxn−1x
I cambiamenti di notazione non influenzano sostanzialmente i precedenti risulta-
ti, ma eliminano le difficolta - secondo Newton - della dottrina degli indivisibili,
utilizzando il concetto molto piu intuitivo di moto. In questa prima formulazione
del metodo delle flussioni, resta tuttavia ancora molto incerto il concetto di limite.
Newton tratta le flussioni come quantita evanescenti34, perche ad un certo punto
i termini sono infinitamente piccoli, ma poiche di fatto le flussioni sono sempre in
rapporto tra loro - non vengono mai considerate da sole - serve una piu rigorosa
definizione di limite per evitare incertezze nel procedimento.35
Resta comunque il fatto che Newton, a partire dal 1666, gia possedeva le regole
generali del calcolo infinitesimale. Piu tardi, intorno al 1671, inizio ad utilizzare
un metodo molto evoluto per trattare i problemi di calcolo delle tangenti e delle
quadratura, dando vita di fatto al primo sistema strutturato di calcolo di integrali
e derivate nella storia della matematica.
Al di la dello Stretto della Manica, Leibniz stava per trasferirsi a Parigi dove avrebbe
34Qui rispettiamo esattamente il lessico Newtoniano.35Qui e sotto accusa la leggerezza con la quale Newton prima considera o un divisore e poi elimina
i termini che contengono o perche infinitamente piccoli (o viene trattato come 0).
1.4. Lo scontro con Hooke (1672) 35
approfondito i suoi studi di matematica superiore. Il tedesco era ancora lontano dal
primato di Newton, ma non ci vollero molti anni affinche i matematici del continente
riconoscessero in Leibniz il massimo matematico nel campo del calcolo infinitesimale.
Tuttavia e certo che nessuno, in quel periodo, fosse al corrente dei contenuti dei
testi di Newton. E opportuno chiedersi come mai Newton abbia deciso di non
pubblicare i suoi lavori. Probabilmente il motivo principale fu che Newton non
riuscı fino a molti anni piu tardi a dare una forma organica e completa ai suoi
studi di matematica. Se davvero avesse voluto, egli avrebbe potuto pubblicare i suoi
lavori fin dagli anni sessanta, autofinanziandosi. Newton in questo periodo preferı
mantenere i suoi risultati segreti, e rivelarli soltanto agli amici piu intimi.
Ma forse il motivo e anche un altro: uno dei primi tentativi di pubblicazione non
ebbe successo e Newton divenne molto piu prudente, addirittura insicuro. Vediamo
il perche.
1.4 Lo scontro con Hooke (1672)
Nei primi anni del 1670 Newton pubblico sulle Philosophical Transactions della
Royal Society di Londra un testo di ottica. Non meno rivoluzionario delle sue teorie
matematiche, questo trattato metteva in dubbio la teoria della luce e dei colori
considerata valida fino ad allora.
Nei primi anni settanta Newton dimostro presso la Royal Society il funzionamento
del telescopio riflettente da lui inventato, ed in uso ancora oggi. I membri della
Royal Society rimasero cosı bene impressionati da inviare una lettera a Newton -
tramite il segretario della Royal Society - in cui lo ringraziavano di aver condiviso
una tale scoperta e gli chiedevano di proteggerla “dall’usurpazione degli stranieri”36.
Sulle Philosophical Transactions dell’11 gennaio 1672 fu pubblicata la descrizione
36Vedi in inglese [2] a pagina 42.
36 1.4. Lo scontro con Hooke (1672)
del funzionamento del telescopio riflettente. L’inglese avrebbe avuto la possibilita
di approfittare di questa popolarita per pubblicare i suoi testi di matematica. Tale
pubblicazione avrebbe cambiato completamente il corso della storia della matema-
tica ad avrebbe garantito un avanzamento piu rapido delle conoscenze nel campo
del calcolo infinitesimale. Ma egli decise che avrebbe dovuto pubblicare prima i suoi
studi di ottica.
Il 6 febbraio 1672 Newton invio un manoscritto riguardante alcune sue teorie di
ottica all’allora segretario della Royal Society, Henry Oldenburg. Il 19 febbraio
1672 fu pubblicato sulle Philosophical Transactions of the Royal Society il testo di
Newton intitolato “Nuova teoria della luce e dei colori”. Frutto di anni di lavoro, il
trattato di Newton presentava una teoria - completamente nuova - che metteva in
dubbio alcuni capisaldi della teoria della luce e dei colori allora considerata corretta.
Tuttavia, invece di fargli guadagnare gloria e riconoscimenti, questo trattato costituı
un grande problema. Numerosi scienziati, membri della Royal Society, si scagliarono
contro il testo di Newton. Tra di essi spicco Robert Hooke, gia membro da dieci anni
e uno dei maggiori esperti di ottica in Inghilterra. Egli scrisse una famosa lettera
indirizzata a Newton, che non aveva ne la fama ne il prestigio per affrontare tali
critiche. Tale lettera faceva parte di un resoconto preparato da un comitato, voluto
dalla Royal Society, che aveva il solo compito di analizzare e valutare il contenuto
scientifico del testo di Newton.
Roberto Hooke attacco senza mezzi termini quelli che a suo avviso erano gravi pro-
blemi di interpretazione dei dati sperimentali. In sostanza Hooke cerco di dimostrare
che le vecchie teorie erano ancora valide, ed era Newton a sbagliarsi. Per Newton
fu uno shock: impiego tre mesi a rispondere. Alla fine replico minuziosamente alle
obiezioni di Hooke, contrattaccando: sostenne che era la teoria di Hooke ad essere
inadatta a descrivere il mondo fisico.
Nei mesi seguenti Newton continuo a ricevere critiche da scienziati sparsi nel con-
1.4. Lo scontro con Hooke (1672) 37
tinente, ai quali cerco di rispondere, finche non decise di ritirarsi a Cambridge.
Vittime illustri di questo ritiro dalle scene furono i suoi testi sul calcolo infinitesima-
le. Poiche Newton aveva sempre pensato di pubblicare gli studi di Ottica assieme a
quelli sul calcolo, le difficolta con cui furono accolti i primi lo portarono rimandare
la pubblicazione dei secondi.
Ormai non c’era piu l’opportunita di pubblicare i suoi lavori sul suo Metodo delle
Flussioni37, che quindi continuarono a rimanere ignorati per i successivi venti anni,
quando furono tirati in ballo nel bel mezzo della disputa con Leibniz.
37Cfr. pagina 33.
Capitolo 2
Gottfried Wilhelm Leibniz: i
viaggi matematici in Europa
Ogni essere umano nato in questo universo e come un bambino cui sia
stata data la chiave di una biblioteca infinita, scritta in codici piu o meno
oscuri, organizzata secondo uno schema - da cui dapprincipio non sap-
piamo nulla, a parte il fatto che sembrerebbe esserci un qualche schema
- pervasa da un vapore, da uno spirito, da una fragranza grazie a cui
noi ricordiamo che e opera di nostro Padre. E questo non ci e di alcun
aiuto, se non per il fatto che ci ricorda, quando veniamo colti dalla di-
sperazione, che esiste una logica a esso sottesa, la quale una volta e stata
compresa e puo dunque essere compresa di nuovo.
Leibniz a Fatio da Confusione di Neal Stephenson
2.1 I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671)
Leibniz fin da giovanissimo si dimostro un genio precoce e autodidatta: all’eta di
quindici anni entro all’universita di Leipzig, sua citta natale, dove a diciassette anni
39
40 2.1. I primi studi matematici di Leibniz (1666-1671)
conseguı il titolo di baccelliere. All’universita fece studi di teologia, legge, filosofia
e matematica: proprio per un cosı vasto bagaglio culturale viene talvolta descritto
come l’ultimo erudito dotato di conoscenze universali.
Quando nel 1666 l’Universita di Leipzig gli nego il dottorato in legge si trasferı
ad Altdorf, presso la cui Universita conseguı un anno piu tardi il dottorato con
una tesi di argomento giuridico dal titolo De Casibus Perplexis. Gli fu offerta una
cattedra di professore in legge ma la rifiuto e si trasferı nella vicina Nuremberg per
intraprendere la carriera di avvocato.1 Qui entro in una societa alchemica2, di cui
fu nominato segretario: partecipo per mesi alle discussioni e ai dibattiti anche se in
seguito rinnego il culto dell’alchimia.
Nel 1667 ci fu un evento che cambio per sempre la vita di Leibniz, appena venti-
treenne: conobbe un’importante personalita politica, conosciuta in numerose capi-
tali tedesche, il Barone Johann Christian von Boineburg di Mainz. Divenne ben
presto grande amico di Boineburg, per il quale lavoro cinque anni come segretario,
assistente, consigliere e avvocato.
A quest’epoca la preparazione di Leibniz in campo matematico era ancora molto
incompleta: pur avendo dimostrato grandi doti in matematica e soprattutto in logi-
ca3, non era ancora a conoscenza degli ultimi sviluppi della matematica superiore.
La preparazione scolastica tedesca delll’epoca infatti poneva al centro Aristotele e la
logica, lasciando poco spazio alla matematica vera e propria. Fu per questo che Leib-
niz dovette far ricorso alla sua abilita di autodidatta, sviluppata negli anni trascorsi
sui libri della biblioteca di famiglia4, per studiare i testi dei piu grandi matematici
1Leibniz, ormai avanti negli anni, scrisse che prese questa decisione perche pensava che la carrieradi avvocato gli avrebbe permesso di fare del bene all’intera umanita piu di quanto gli avrebbepermesso la carriera accademica, chiuso in un aula universitaria.
2Si racconta che inizialmente i membri della societa alchemica gli rifiutarono l’iscrizione: maLeibniz non si arrese, si procuro libri di alchimia particolarmente complessi e - copiandone i terminipiu oscuri - compose un testo che impressiono molto i suoi esaminatori. Anche se il testo - comeegli stesso confesso piu tardi - non aveva alcun significato compiuto, finalmente fu ammesso nellasocieta..
3Si dice che egli riuscisse non solo a padroneggiare tutte le regole della logica aristotelica, mache perfino fu in grado di individuare i limiti di tale sistema logico..
4Il padre di Leibniz era un professore presso l’Universita di Leipzig.
2.2. Leibniz a Parigi (1672) 41
che lo precedettero.
Punto di partenza degli studi matematici di Leibniz fu la volonta di costruire un
sistema universale di rappresentazione dei concetti e delle relazioni tra di essi at-
traverso un linguaggio logico matematico del pensiero umano, cio che egli chiamo
characteristica universalis. Quando scrisse la sua prima tesi di dottorato, la Dis-
sertatio de Arte Combinatori5, egli aveva ancora poche conoscenze di matematica
ma tale dissertazione in qualche modo preparo il terreno alla scoperta del calcolo
infinitesimale. Cos’altro e infatti il calcolo se non un insieme di conoscenze - un
linguaggio matematico - che ci permette di operare su numeri e quantita variabili
definite analiticamente e geometricamente? Lo stretto legame con la characteristica
universalis e evidente, ed anzi il calcolo fu per Leibniz soltanto una parte di un
sistema logico piu generale. Tale approccio logico caratterizzo essenzialmente il cal-
colo infinitesimale di Leibniz, in netta contrapposizione all’approccio piu pratico di
Newton, che partiva da problemi fisici6 piuttosto che filosofici.
Sebbene le premesse per i lavori degli anni successivi ci fossero tutte, intorno agli
anni settanta del Diciassettesimo Secolo, Leibniz ancora non aveva affrontato gli
studi riguardanti le quadrature e il calcolo delle tangenti, mentre Newton aveva gia
prodotto le basi del suo calcolo delle flussioni. Soltanto una straordinaria capacita di
apprendimento - unitamente alla fortuna di aver intrapreso la carriera diplomatica
- gli permise nel giro di pochi anni di diventare uno dei piu eminenti matematici del
suo tempo.
2.2 Leibniz a Parigi (1672)
L’occasione per approfondire gli studi di matematica si presento a Leibniz nel 1672,
anno in cui fu inviato dal Barone di Boineburg in missione diplomatica a Parigi. In
5Fu questo lavoro ad essere rifiutato dall’Universita di Leipzig.6Problemi legati al moto dei corpi e al calcolo di quantita variabili.
42 2.2. Leibniz a Parigi (1672)
quegli anni la Francia, di gran lunga la maggiore potenza europea, era in procinto
di invadere l’Olanda: gli Stati Germanici erano divisi tra sostenitori e avversari del
paese governato da Luigi XIV. Boineburg e Leibniz erano contrari ad un alleanza con
Inghilterra, Olanda e Svezia contro la Francia e nel 1671 si preparavano a visitare
Parigi per prendere accordi economicamente vantaggiosi con il ministro degli esteri
francese. Nel 1672 l’ambasciatore francese fu in missione a Magonza per richiedere
la concessione del passaggio di navi da guerra sul Reno, quindi Boineburg non aveva
piu bisogno di recarsi a Parigi. Fu deciso che fosse il solo Leibniz, assieme ad un
servo, a recarvisi in rappresentanza del Barone di Mainz.
Leibniz partı alla volta di Parigi in segretezza il 16 marzo 1672, portando con se una
lettera di presentazione di Boineburg, un ingegnoso piano militare7 e denaro per
coprire tutte le spese. Leibniz non ebbe mai l’opportunita di presentare il proprio
piano a Luigi XIV perche il 6 aprile la Francia dichiaro guerra all’Olanda.
La permanenza a Parigi divenne per Leibniz - inizialmente libero da ogni impegno la-
vorativo - un’opportunita unica per studiare il francese ed entrare in contatto con gli
intellettuali piu importanti del periodo. In campo matematico, fu di fondamentale
importanza l’amicizia con Christiaan Huygens, un matematico e fisico olandese che
vantava numerosissime amicizie con intellettuali in tutta Europa. A testimonianza
del rispetto di cui godeva Huygens in Francia, egli rimase il membro piu importante
dell’Academie des Sciences8 anche dopo che i rapporti tra Francia e Olanda si de-
teriorarono gravemente. Dunque, Huygens sprono Leibniz ad approfondire gli studi
matematici, e notandone i rapidi progressi gli sottopose un problema riguardante
una serie matematica, in particolare la somma
1 +1
3+
1
6+
1
10+
1
15
7Leibniz avrebbe dovuto proporre a Re Luigi XIV in persona un alternativa all’invasione dell’O-landa, cioe l’invasione dell’Egitto, all’epoca sotto l’Impero Turco Ottomano. Tale piano fu ripreso daNapoleone - che capı l’importanza strategica del territorio egiziano negli equilibri del Mediterraneo- oltre un secolo dopo.
8Una societa scientifica francese alla cui fondazione lo stesso Huygens aveva contribuito.
2.2. Leibniz a Parigi (1672) 43
ovvero la somma dei reciproci dei numeri triangolari
2
n(n + 1).
Leibniz di fronte a questo problema ebbe l’intuizione di osservare che ciascun termine
puo essere scomposto in due frazioni usando la formula
2
n(n + 1)= 2
(
1
n− 1
n + 1
)
.
Da questo si deduce che la somma dei primi n termini e
2
(
1
1− 1
n + 1
)
e poiche
1
n + 1−→n→∞ 0
la somma della serie infinita e 2. In notazione moderna cio significa che osservando
limn→∞
1
n + 1= 0
si puo dimostrare che∞∑
n=1
2
n(n + 1)→ 2.
Ma ovviamente non c’era ancora la definizione rigorosa di limite per successione, e
nemmeno c’era il concetto di serie come lo intendiamo oggi, quindi il risultato e da
imputarsi interamente al genio matematico di Leibniz.
Dopo che Leibniz riuscı a fornire la soluzione corretta, Huygens lo invito a studiare
i testi di John Wallis9, Gregory St. Vincent e Bonaventura Cavalieri riguardanti la
teoria degli indivisibili10.
9In particolare l’Arithmetica Infinitorum che aveva letto anche Newton anni prima.10L’idea che una figura geometrica e costituita da sotto-figure geometriche infinitamente picco-
44 2.3. Leibniz a Londra (1673)
Leibniz amplio le sue conoscenze e arrivo a produrre risultati originali: in quattro
anni e mezzo riuscı a diventare - da giovane avvocato con una piccola preparazione in
matematica formale qual era - uno studioso in grado di comprendere la matematica
piu avanzata del suo tempo e di inventare il calcolo differenziale ed integrale.
Dopo pochi mesi dal suo arrivo a Parigi arrivarono pessime notizie dalla Germania:
Leibniz fu messo al corrente della morte di Boineburg, che fu per lui ben piu di
un datore di lavoro. Circa un mese dopo giunse anche la notizia della morte della
sorella di Leibniz. Quando nell’inverno del 1673 Leibniz intraprese un viaggio con il
figliastro di Boinegurg - Melchior Friedrich von Schonborn, diretto a Londra - non
immaginava che proprio a Londra avrebbe avuto esperienza di uno dei piu grandi
fallimenti della sua carriera.
2.3 Leibniz a Londra (1673)
Leibniz e Melchior Friedrich von Schonborn arrivarono a Dover il 21 gennaio 1673,
alla volta di Londra. Mentre Schonborn era in missione diplomatica, Leibniz ebbe
modo di entrare in contatto con gli intellettuali della Royal Society, l’equivalente
inglese dell’Academie des Sciences.11 Huygens - gia membro - aveva inviato ad Henry
Oldenburg, segretario della Royal Society, una lettera di presentazione per Leibniz
riguardante un’invenzione definita molto promettente: una macchina calcolatrice
meccanica.
A quel tempo in Germania non c’erano scienziati che potessero essere paragonabili
ai membri della Royal Society, in termini di consapevolezza della direzione che i
progressi nelle scienze stavano prendendo. In sostanza gli scienziati della Royal
Society e quelli tedeschi non condividevano la stessa visione. Fatta eccezione per
le, come ad esempio una linea e costituita da infiniti punti che presi singolarmente non hannodimensione.
11Fondata nel 1662 a Londra con l’obiettivo di promuovere la conoscenza della natura, ne furonomembri tra gli altri gli stessi Newton e Leibniz.
2.3. Leibniz a Londra (1673) 45
Leibniz, che infatti finı per entrare a far parte della prestigiosa istituzione scientifica
inglese.
Il primo approccio fu deludente: la Royal Society invito formalmente Leibniz a di-
mostrare il funzionamento della sua macchina calcolatrice, ma la presentazione fu un
completo insuccesso. Di fatto la macchina calcolatrice, che avrebbe dovuto eseguire
addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni, era ancora un prototipo non fun-
zionante. Sebbene Leibniz pote spiegarne molto bene il funzionamento, le reazioni
dei presenti furono negative. In particolare reagı in modo molto negativo Robert
Hooke, che gia si era scagliato contro Newton12. Pochi giorni dopo la dimostrazione
di Leibniz, Hooke lo attacco pubblicamente facendo commenti pesantemente negati-
vi sulla macchina calcolatrice e promettendo di costruirne una propria funzionante.
Nel corso della stessa riunione della Royal Society, Hooke attacco anche Newton.
Ne Leibniz ne Newton furono presenti per difendersi: addirittura Leibniz fu messo a
conoscenza dell’attacco da Oldenburg13. Tale episodio tuttavia non impedı Leibniz
di essere eletto membro della Royal Society il 19 aprile 1673.
Durante la sua permanenza a Londra, Leibniz aveva ancora una scarsa preparazione
in matematica e non colse l’occasione per conoscere i matematici piu importanti
dell’isola. Non visito ne Cambridge ne Oxford e non incontro ne Wallis ne Newton.
Non ebbe nemmeno modo di conoscere di persona Collins, che pure in seguito si
sarebbe dimostrato molto disponibile. Leibniz manifesto in effetti - a quel tempo -
un interesse piuttosto blando per argomenti strettamenti matematici. Del resto la
corrispondenza on Oldenburg, fino a quel punto, aveva riguardato argomenti filoso-
fici. Ma da quando Leibniz rientro nel continente l’interesse viro decisamente nel
campo matematico.
Durante il soggiorno londinese, ci fu un episodio che mise in forte imbarazzo il gio-
vane Leibniz - ancora inesperto negli studi di matematica - durante un suo incontro
12Cfr. pagina 35.13Oldenburg tranquillizzo Leibniz, definendo gli attacchi di Hooke pretestuosi e infondati, ma lo
invito a terminare la macchina calcolatrice quanto prima per mettere a tacere gli avversari.
46 2.3. Leibniz a Londra (1673)
con il matematico John Pell14. Egli fu invitato a presentare alcuni dei suoi lavori ad
un ristretto pubblico di scienziati, presso l’abitazione della sorella del grande scien-
ziato inglese Robert Boyle15. Leibniz provo ad impressionare la platea mostrando
un nuovo metodo matematico per risolvere alcuni problemi algebrici. Pell informo
subito Leibniz che in realta tale metodo era gia stato scoperto da un matematico
francese, ripreso poi in un testo pubblicato pochi anni prima.16 Leibniz - che era
in assoluta buona fede - ottenne la sera stessa una copia del libro da Oldenburg:
l’obiezione di Pell era corretta. Poiche il libro era noto anche in Francia, c’era una
possibilita che Leibniz lo avesse letto: fu insinuato che i suoi risultati fossero quindi
un plagio.
Leibniz dovette scrivere una lettera di chiarimento indirizzata alla Royal Society e,
sebbene tale lettera testimoniasse piu l’impreparazione matematica del suo autore
che la sua malafede, fu considerata successivamente, dai sostenitori di Newton, una
prova della tendenza del tedesco a copiare i risultati di altri matematici.
L’episodio passato alla storia come The Affair of the Eyebrow17 in particolare, ed in
generale l’aver constato la sua scarsa preparazione, convinsero Leibniz a raddoppiare
i propri sforzi. Una volta rientrato a Parigi, riprese a dedicarsi alla matematica
superiore con rinnovata energia.
Oldenburg e Collins diedero a Leibniz una lettera da consegnare Huygens una volta
rientrato a Parigi. Dopo che questi l’ebbe ricevuta, indico al suo pupillo molti
testi di matematica per approfondire la propria preparazione. Leibniz dunque si
rivolse ai testi di Descartes sulla geometria analitica, di Bonaventura Cavalieri e di
Evangelista Torricelli sul calcolo di aree e volumi. Lesse Gilles Personne de Roberval
e Blaise Pascal, i cui lavori riguardanti gli indivisibili e gli infinitesimali anticiparono
14All’epoca Pell era considerato uno tra i migliori due o tre matematici in tutta l’Inghilterra.15Il quale, quando si trovava in citta, risiedeva appunto presso l’abitazione della sorella, Lady
Ranelagh, a Pall Mall.16Il matematico originale era Francois Regnalud, il cui metodo fu ripreso da Gabriel Mouton nel
libro Observationes diametrorum solis et lunæ apparentium, riguardante il diametro del sole e dellaluna.
17Tale evento fece in effetti alzare il sopracciglio (eyebrow) a piu di una persona.
2.3. Leibniz a Londra (1673) 47
il calcolo integrale. Conobbe i piu recenti lavori di Johan Hudde e Rene Francois
de Sluse sulle tangenti di curve geometriche. Dopo essersi dedicato - fino all’eta di
venticinque anni - alla linguistica, alla teologia, alla filosofia e alla giurisprudenza,
Leibniz prese a studiare tutti i risultati piu avanzati della matematica del suo tempo.
Intorno al 1673 Leibniz aveva gia scoperto un metodo che utilizzava serie di numeri
razionali18 per risolvere il problema della quadratura del cerchio19: tale soluzione ad
un problema che aveva vessato per anni i suoi contemporanei fu definita da Huygens
particolarmente elegante.
Leibniz estese tale metodo, unitamente ai lavori di Pascal e Sluse sulla regola delle
tangenti, ad una figura geometrica qualunque, non soltanto il cerchio. Cio condusse
Leibniz, nell’arco di pochi anni, alla scoperta del calcolo infinitesimale.
In questi Collins inizio una corrispondenza con Leibniz, con l’obiettivo di fornire al
tedesco aggiornamenti sugli ultimi progressi matematici in Inghilterra. Nella prima
lettera il nome di Newton compare numerose volte, come a chiarire a Leibniz chi fosse
il matematico di riferimento. Newton fu nominato come inventore di metodi grafici
e geometrici per la soluzione di equazione ma anche come inventore di un metodo
generale per la quadratura e il calcolo delle derivate. E evidente che ora Leibniz
sapeva a chi doveva rivolgersi per essere messo a conoscenza degli ultimi progressi
della matematica. Fu proprio la corrispondenza con Collins - e con Oldenburg - a
portare al primo scambio epistolare tra Leibniz e Newton.
18Numero cioe rappresentabile come frazioni.19La quadratura e intesa come il calcolo esatto dell’area.
Capitolo 3
La corrispondenza con
Oldenburg
“Ah, si tratta sempre di quel progetto! Perche non continuate ad occu-
parvi di monadi? Le monadi sono un argomento assolutamente gradevole
e non necessitano di elaborazione per mezzo di macchine.”
“Io mi sto occupando di monadi, Maesta. Mi occupo di monadologia ogni
giorno, ma lavoro anche su altre cose...”
Leibniz e Sophie in Confusione di Neal Stephenson
3.1 La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-
1676)
Una volta tornato a Parigi, Leibniz continuo a mantenere una corrispondenza con
il connazionale Oldenburg, ancora segretario della Royal Society. Molti matematici
inglesi iniziarono a vedere con sospetto questa stretta relazione: era pur vero che
entrambi erano tedeschi, ma cosa avrebbero potuto temere i matematici inglesi da
49
50 3.1. La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676)
una stretta collaborazione tra Oldenburg e Leibniz? Leibniz non era francese ma
viveva pur sempre a Parigi - e noto il clima di sospetto e rivalita tra i due Paesi
divisi dallo Stretto della Manica - e per di piu era il pupillo di Huygens, unico
vero competitore continentale del primato matematico inglese. Tanto era sufficiente
per rendere i matematici britannici restii a confidare al filosofo tedesco gli ultimi
progressi nel calcolo infinitesimale.
Leibniz, dopo aver interrotto nel luglio 1673 la corrispondenza con Oldenburg, la
riprese comunicando di aver trovato un metodo per calcolare l’area del cerchio e di
un qualsiasi suo settore per mezzo di una serie di numeri razionali1. Nell’ottobre
dello stesso anno scrisse di aver scoperto un teorema che permetteva, dato il seno, di
trovare l’arco o l’ampiezza del settore del cerchio corrispondente, ma non di averne
ancora trovato una dimostrazione. Tale teorema era stato in realta gia scoperto da
Newton, che nel Compendio sull’Analisi lo aveva espresso nella forma riportato qui
sotto.
Teorema 3.1.1. Sia 1 il raggio di un cerchio, z l’arco e e x il seno. Le equazio-
ni che, conosciuto il seno danno l’arco e, conosciuto l’arco danno il seno sono le
seguenti:
z = x +1
6x3 +
3
40x5 +
5
112x7 +
35
1152x9 + etc.
z = z − 1
6z3 +
1
120z5 +
1
1050z7 +
1
362880z9 + etc.
Nel corso della loro corrispondenza ormai abituale, Oldenburg invio a Leibniz una
lettera di Collins, scritta il 15 aprile 1675, che si suppone contenesse, tra le altre, le
due serie di Newton sopra riportate2.
1Cfr. pagina 472Erano presenti nella lettera, in totale, 8 serie trovate da Newton e da Gregory, tra cui quelle
3.1. La corrispondenza Leibniz-Oldenburg-Collins (1673-1676) 51
Leibniz rispose il 20 maggio, confermando di aver ricevuto tale lettera3:
Ho ricevuto la vostra lettera, ricolma di preziose notizie di algebra; ne
ringrazio voi e il dottissimo Collins. Ma poiche mi trovavo piu del solito
occupato in questioni di meccanica, non ho avuto il tempo di raffrontarle
con le mie. Non appena mi sara possibile farlo, vi inviero la mia opinione
a questo riguardo: sono infatti gia passati diversi anni da quando ho
trovato le mie serie, servendomi di una via abbastanza singolare.
Non solo Leibniz non cita Newton, ma da allora non riconobbe piu di aver ricevuto
tale lettera e mai dimostro che le sue serie fossero diverse da quelle inviategli da
Oldenburg. Tale episodio fu considerato dai sostenitori di Newton un’ulteriore te-
stimonianza del comportamento scorretto di Leibniz, che fin dall’inizio della disputa
sul calcolo infinitesimale si sarebbe appropriato indebitamente dei risultati di altri
matematici.4 Del resto Newton rimase sempre sorpreso della rapidita con cui Leib-
niz riuscı a compiere tanti e tali progressi in cosı poco tempo. Non pote giustificare
tale rapidita se non supponendo che Leibniz avesse in realta preso in prestito idee
altrui per conseguire i suoi risultati. Eppure ormai e noto che nel 1675 Leibniz aveva
gia individuato i concetti basilari del suo calcolo differenziale, quindi le lettere che
continuo a ricevere lo avrebbero influenzato soltanto marginalmente.
Tuttavia sembrerebbe che davvero nelle lettere di Oldenburg non fossero presenti le
due formule di Newton. Infatti l’anno dopo Leibniz, in una lettera datata 12 maggio
1676, pregava Oldenburg di fornire la dimostrazione, ovvero il metodo, che Newton
aveva utilizzato per trovare le formule sopra riportate. Leibniz scrisse da Parigi:
Dal danese Georg Mohr5 ho saputo che il vostro dottissimo Collins gli ha
comunicato l’espressione della relazione intercorrente fra l’arco e il seno
per calcolare la tangente conoscendo l’arco e viceversa.3La lettera di Collins che Oldenburg gli aveva girato: Oldenburg fu quasi sempre il tramite nelle
comunicazioni tra Leibniz e i matematici inglesi.4Cfr. The Affair of the Eyebrow a pagina 46.5Probabilmente anch’egli ne era venuto a conoscenza tramite Collins.
52 3.2. Epistola prior (13 giugno 1676)
per mezzo delle seguenti serie infinite [...]6
Avendo saputo, dico, queste cose, esse mi sono sembrate particolarmente
acute, soprattutto la seconda serie presenta una singolare sottigliezza.
Mi fareste quindi un grandissimo favore a inviarmene la dimostrazione.
Avrete in cambio le meditazioni che io stesso ho fatto su questa materia,
seguendo pero una via molto diversa, e sulle quali, diversi anni or sono,
credo di avervi gia scritto, quantunque non ve ne dessi la dimostrazione,
che sto ancora perfezionando. Vi prego di salutare in modo particolare da
parte mia l’illustrissimo Collins, che potra facilmente procurarmi quanto
e necessario e soddisfare cosı il mio desiderio.
E evidente come Leibniz si dimostri genuinamente sorpreso ed interessato a tali
formule, quindi non poteva averle gia viste in alcuna lettera precedente. Le serie
ricevute da Oldenburg nel 1675 allora dovevano essere ben diversa cosa.
In ogni caso, dopo la lettera di Leibniz del 12 maggio 1676, Oldenburg e Collins
iniziarono a tempestare Newton di lettere per ottenere la dimostrazione da girare al
tedesco. Newton finalmente rispose ad Oldenburg in data 13 giugno 1676 con una
lettera che e passata alla storia come Epistola Prior nello scambio epistolare tra
Leibniz e Newton.
3.2 Epistola prior (13 giugno 1676)
L’Epistola prior scritta il 13 giugno 1676 e il primo contatto epistolare, seppur
indiretto, tra Newton e Leibniz. Newton in questa missiva da una descrizione del
suo metodo delle serie, riportando anche il teorema del binomio7. La lettera fu
inviata da Oldenburg a Parigi - dove ancora si trovava Leibniz - il 26 giugno 1676
6Cfr. le due formule del teorema 3.1.1 a pagina 50.7Come gia approfondito a pagina 20.
3.2. Epistola prior (13 giugno 1676) 53
assieme ad un manoscritto di Collins contenente alcuni teoremi di Gregory. Cio che
ci interessa maggiormente e capire esattamente cosa Newton comunico a Leibniz in
questa lettera.
Rileviamo immediatamente che l’inglese si pone in una condizione di lieve sospetto,
perche all’inizio della lettera insinua che i progressi di Leibniz siano in realta maggiori
di quanto egli voglia far credere.
Quantunque Leibniz, negli estratti della lettera che voi8 mi avete inviato
poco tempo fa, attribuisca modestamente ai nostri connazionali gran
parte del merito del calcolo delle serie infinite, di cui e ormai cominciata
a diffondersi la fama, non ho nessun dubbio che sia riuscito a trovare
non solo, come asserisce, il metodo per ridurre a simili serie qualsiasi
quantita, ma anche vari procedimenti, simili forse, se non migliori, ai
nostri.
E le richieste di Leibniz dovettero essere precise ed insistenti se Newton poco dopo
scrisse:
Ma poiche vuole sapere cosa sia stato scoperto da noi, in Inghilterra, su
questa materia, di cui io steso alcuni anni fa mi sono interessato, per
venire incontro, almeno in parte, alle sue preghiere, vi trasmetto alcune
fra le cose che ho avuto la fortuna di trovare.
A questo punto Newton espone diffusamente la sua formula del binomio, mostrando
diversi esempi. Quando pero arriva al cuore del suo metodo, che riguarda i problemi
del calcolo infinitesimale, l’esposizione si fa bruscamente sbrigativa.
In che modo, pero, da equazioni cosı ridotte in serie infinite sia possibile
determinare le aree e le lunghezze delle curve, i volumi e la superficie
8Newton si riferisce ovviamente ad Oldenburg.
54 3.2. Epistola prior (13 giugno 1676)
dei solidi, o dei segmenti di qualsivoglia figura, e i loro centri di gravita;
in che modo sia possibile ridurre a simili equazioni di serie infinite tutte
le curve meccaniche e geometriche, e risolvere tutti i problemi a esse
connessi, sarebbe troppo lungo spiegare. Sara sufficiente esaminarne
alcuni esempi.
Newton elenca sei esempi: il primo e il secondo riguardano proprio le formule di cui
Leibniz aveva chiesto la dimostrazione.
1. Conoscendo il seno o il seno verso, determinare l’arco. Sia r il raggio
e x il seno, l’arco allora sara9
x +x3
6rr+
3x5
40r4+
5x7
112r6+ etc.
cioe
x +1 × 1 × xx
2 × 3 × rrA +
3 × 3xx
4 × 5xxB +
5 × 5rr
6 × 7rrC +
7 × 7xx
8 × 9rrD + etc.
[...]
2. Viceversa, conoscendo l’arco, determinare il seno. Sia r il raggio, e z
l’arco. Il seno allora sara
z − z3
6rr+
z5
120r2− z7
5040r6+
z9
362880r8− etc.
cioe
z − zz
2 × 3rrA − zz
4 × 5rrB − zz
6 × 7rrC − etc.
[...]
9Attenzione, per abbreviare qui Newton si serve delle lettere A, B, C, D invece dei termini dellaserie del binomio, come aveva gia fatto in precedenza, cfr. pagina 21.
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) 55
Al termine dei sei esempi, senza aver fornito vere dimostrazioni e continuando ad
essere piuttosto enigmatico, Newton conclude:
Da tutto questo si vede come sia possibile, mediante queste equazioni
infinite, ampliare i confini dell’analisi [...]
Tuttavia essa non puo raggiungere la sua piena universalita se non fa
uso di alcuni altri metodi per sviluppare serie infinite. Vi sono infatti
problemi nei quali non e possibile pervenire a serie infinite, servendosi di
divisioni o di estrazioni di radici semplici o affette da esponente. Questo
pero non mi sembra essere il momento di dire come si debba procedere in
tali casi, o di parlare di cio che ho escogitato per ridurre le serie infinite
in finite, quando lo esiga la natura delle cose. Preferisco infatti scriverne
poco, perche gia da diverso tempo queste speculazioni hanno cominciato
a infastidirmi, al punto che da cinque anni non mi occupo piu di esse...
Newton dice di non aver lavorato piu al calcolo infinitesimale da cinque anni, ovvero
dalla stesura del Methodus fluxionum10. Ma allora Leibniz, ricevuta questa lettera,
non poteva che chiedere ulteriori chiarimenti, cosa che fece nell’agosto dello stesso
anno.
3.3 Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
Il primo interlocutore di Leibniz e Newton e stato Oldenburg: nel 1676-1677 i due
grandi matematici non indirizzarono le loro lettere direttamente all’altro. Anche
Leibniz quindi, risponde ad Oldenburg, che trasmise la lettera di Newton del 13
giugno in data 26 luglio 167611. Leibniz inizia con i ringraziamenti di rito, e fa per
la prima volta menzione di Newton:
10La cui stesura e fatta risalire al 1671, cfr. pagina 33.11Il caso volle che per tutto il corso della disputa Newton pensasse che la lettera fosse stata
spedita in data 6 luglio. Leibniz avrebbe avuto oltre tre settimane per rispondere e questo portoNewton a riflessioni malevole. In realta la data corretta e quella del 26 luglio.
56 3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
La vostra lettera del 26 luglio contiene sull’analisi cose molto piu impor-
tanti e numerose, che non i parecchi grossi volumi pubblicati su questa
materia. Ringrazio quindi voi e gli illustrissimi Newton e Collins, per
aver voluto parteciparmi meditazioni tanto eccellenti.
Le scoperte di Newton sono degne del suo ingegno, che gia rifulse splen-
dido dalle sue esperienze sull’ottica e sul cannocchiale catottrico.
Leibniz fa intendere di conoscere Newton per la sua fama nel campo degli studi
di ottica12, ma ne riconosce anche l’ingegno assoluto in campo matematico. Un
biografo di Leibniz, Joseph Hofmann, ha sottolineato il fatto che in verita la lettera
di Newton non contenesse nulla dei problemi centrali del calcolo infinitesimale13:
Tutto era fatto in modo da impedire a Leibniz di penetrare nei pensieri
di Newton [...] Nulla fu detto dei problemi centrali - nulla del metodo
delle flussioni o delle equazioni differenziali delle cui soluzioni tramite
serie di potenze Newton possedeva gia una certa padronanza.
A difesa di Newton si possono addurre almeno tre motivi. Innanzitutto, nulla co-
stringeva Newton a fornire un trattato completo e rigoroso sul suo metodo in forma
di lettera, per di piu ad una persona che gli era quasi totalmente estranea. Quindi la
sua risposta puo essere semplicemente interpretata come una delle possibili e com-
patibili con la sua nota “pigrizia” e diffidenza nel divulgare i suoi risultati in forma
rigorosa e sistematica. In secondo luogo, Newton penso che Leibniz fosse interessato
alle serie che Collins gli aveva fornito, quindi non aveva nessun motivo per fornirgli
informazioni riguardanti anche il calcolo infinitesimale. In ultimo luogo, sebbene
Newton potesse fornire a Leibniz molti dettagli sulla differenziazione, non aveva an-
12I primi testi di ottica di Newton furono pubblicati nelle Philosophical Transactions of the Royal
Society nel 1672, e descrivevano tra le altre cose il funzionamento del telescopio riflettente (dettoda allora appunto newtoniano).
13Traduzione dall’inglese in [22] pagina. 65.
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) 57
cora un’idea abbastanza chiara dei processi di integrazione - il cui approfondimento
e successivo in quanto risale ai tempi dell trattato Sulle Quadrature14.
Nonostante questa presunta assenza di particolari riscontrata nella lettera di New-
ton, Leibniz va subito al cuore del problema e mette in evidenza la differenza tra il
metodo dell’inglese e il suo:
Il suo metodo15 per trovare le radici delle equazioni e le aree delle figure
mediante serie infinite differisce completamente dal mio. E veramente il
caso di ammirare la diversita delle vie per le quali si puo pervenire a uno
stesso risultato.
Evidentemente Leibniz non aveva problemi nel riconoscere l’abilita di Newton e
nel dichiarare di aver ottenuto risultati simili. Non c’era alcun tipo di gelosia, ne
potevano trovare spazio rivendicazioni di alcun tipo. Del resto Leibniz ha ormai
un’ottima preparazione matematica, non e piu il giovane e inesperto studioso di
matematica di qualche anno prima16: egli infatti cita a proposito del problema delle
quadrature il metodo di Mercator.
Mercator dette la quadratura delle figure razionali, cioe di quelle figure
dove, conoscendo il valore delle ascisse, e possibile esprimere razional-
mente il valore delle ordinate; e insegno a ridurle in serie infinite mediante
divisione.
Subito dopo, Leibniz spiega il proprio metodo, in relazione a quello di Mercator e
Newton, in modo cosı chiaro che quasi non necessita di spiegazione.
Il mio metodo e solo un corollario della teoria generale sulle trasforma-
zioni, mediante il quale una qualsiasi figura data, rappresentabile con
14Cfr. pagina 126.15Leibniz si riferisce al metodo di Newton.16Cfr. pagina 46 .
58 3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
una certa equazione, e trasformata in un’altra figura analitica equivalen-
te; tale che nella sua equazione, la potenza dell’ordinata non superi il
cubo o il quadrato o anche in potenza semplice, ovvero di minimo grado.
E quindi possibile, sia mediante estrazione di radice cubica o quadra-
ta (secondo il procedimento di Newton) sia mediante semplice divisione
(secondo il metodo di Mercator), ridurre in serie infinite qualsiasi figura.
Poco piu avanti, mette ancora sullo stesso piano, ma in modo che la scelta debba
essere esclusiva, il metodo di Mercator e quello di Newton:
Quindi, o con le estrazioni di radice di Newton o con le divisioni di
Mercator, si e sempre in grado di trovare, con l’aiuto di un’altra figura
equivalente, la superficie dello spazio racchiuso da una qualsiasi curva.
Per facilitare il calcolo e importantissimo decidere quale dei due metodi
e da scegliere.
L’aspetto piu curioso di queste lettere e che non forniscono assolutamente a Leib-
niz idea del livello di approfondimento raggiunto da Newton nel campo del calcolo
infinitesimale. Ormai Leibniz aveva una certa padronanza del suo calcolo differen-
ziale17, Newton pero non rivelo nulla - ne in questa lettera ne nella successiva - del
suo metodo delle flussioni. Se Newton non aveva alcuna intenzione - ne voglia - di
rivelare a Leibniz il proprio metodo nei dettagli, Leibniz non aveva alcuna neces-
sita di chiederlo, per almeno due ragioni. Primo, perche ormai aveva raggiunto dei
risultati notevoli senza aver bisogno di alcun aiuto esterno. Secondo, perche ormai
nella sua mente Newton era associato alle questioni relative alle serie, nelle quali gli
riconosce una grande abilita. Anche in questo campo, tuttavia, Leibniz vuole dire
la propria.
17Fin dal 1675.
3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676) 59
Egli infatti, dopo aver descritto la quadratura del cerchio e dell’iperbole equilatera,
sembra voler rivendicare a se il merito della invenzione, o meglio della co-invenzione,
di quattro serie:
D’altra parte dalle serie delle regressioni ho trovato questa serie per l’i-
perbole. Sia 1 − m un numero minore dell’unita, e l il suo logaritmo
iperbolico, si avra:
m =l
1− l2
1 × 2+
l3
1 × 2 × 3− l4
1 × 2 × 3 × 4etc.
Se invece il numero e maggiore dell’unita, come 1 + n, per ritrovarlo mi
servo della regola esposta da Newton nella sua lettera, ottenendo
n =l
1+
l2
1 × 2+
l3
1 × 2 × 3+
l4
1 × 2 × 3 × 4etc.
[...]
Riguardo poi alla serie descrescente degli archi,18 mi sono subito imbat-
tuto nella regola che mi da, conoscendo l’arco, il seno del complemento.
Infatti il seno del complemento sara:
= 1 − a2
1 × 2+
a4
1 × 2 × 3 × 4− etc.
Ma in un secondo tempo mi sono reso conto che da essa poteva venir
dimostrata la serie, che mi era stata comunicata, per trovare il seno e
cioe:
a
1− a3
1 × 2 × 3+
a4
1 × 2 × 3 × 4 × 5− etc.
18Leibniz qui sottrae dal raggio il seno verso, che aveva ricevuto da Newton nella letteraprecedente, per ottenere il seno del complemento.
60 3.3. Lettera di Leibniz (27 agosto 1676)
I metodi per raggiungere questi risultati erano stati gia comunicati a Leibniz19,
perche allora Leibniz dice di aver “trovato” le serie che avrebbe dovuto gia conoscere?
Forse questo e semplicemente da imputare alla sua distrazione e alla sua proverbiale
impazienza. Egli stesso confessa:
Ma e proprio della mia indole, una volta scoperti i metodi generali, di
lasciare di buon grado agli altri cio che ancora rimane, pago solo di
essermi impadronito della cosa. Si tratta infatti di cose che si devono
apprezzare solo perche perfezionano il metodo di analisi e educano la
mente.
Non e difficile credere che quindi non siano questi risultati applicativi ad interessare
Leibniz, quando piuttosto il metodo generale. Ed e infatti proprio su questo che
richiede ulteriori chiarimenti a Newton:
Desidererei pero che l’illustrissimo Newton spieghi un po’ piu diffusa-
mente alcune cose. Per esempio l’origine del teorema che da all’inizio20;
il metodo poi da lui usato per trovare nelle sue operazioni le quantita
p, q, r; e infine come adoperi il metodo dei regressi, come quando dal
logaritmo cerca il numero. Non spiega infatti come tutto questo derivi
dal suo metodo.
L’ultima e la frase chiave: Leibniz vuole capire come il metodo di Newton abbia
portato a tanti e tali risultati. Leibniz in questa lettera lo chiede esplicitamente,
ma, forse conscio di aver azzardato un po troppo, subito dopo fa un passo indietro,
quasi scusandosi .
19Le ultime due serie erano state comunicate quasi esplicitamente, per l’iperbole Newton avevasuggerito nella sua lettera del 13 giugno che “Tutto cio che abbiamo detto dell’ellissi lo si puo
facilmente applicare all’iperbole; si devono solo cambiare i segni di c ed e quando hanno un valore
dispari...”.20Il teorema del binomio, cfr. pagina 20.
3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676) 61
Non mi e stato pero possibile leggere la sua lettera con la cura che me-
ritava, dal momento che ho voluto rispondervi immediatamente; quindi
non sono ancora in grado di giudicare se, leggendola, potro comprendere
almeno alcune delle cose che ha omesso. Comunque sarebbe sempre me-
glio che lo stesso Newton ne desse la spiegazione, perche e da credere che
un uomo quale e lui, ricco (come risulta) di eccellenti meditazioni, non
possa scrivere senza insegnarci ogni volta qualche cosa di importante.
Leibniz, che stava ormai rientrando in Germania, aveva avuto in effetti soltanto tre
giorni per rispondere alla lettera di Newton: la sua ammissione non e una forma
di cortesia. Era vero che c’era stato poco tempo, ed egli aveva sinceramente voluto
informare i propri interlocutori di non aver avuto tutto il tempo per analizzare il
contenuto della missiva.
Eppure il tedesco riuscı a toccare i tasti giusti, perche la risposta di Newton arrivo,
e con essa le spiegazioni che erano state chieste. Il rapporto tra i due matematici
alla fine del 1676 era ancora molto buono.
3.4 Epistola posterior (24 ottobre 1676)
Collins impiego parecchio tempo per copiare la lettera di Leibniz da girare a Newton,
e nel farlo sbaglio perfino a copiare la data originaria. Il risultato fu che Newton
ricevette la risposta alla prima epistola con molto ritardo, supponendo che Leibniz
si fosse preso tutto il tempo necessario a studiarla e a rispondere. Dovettero sem-
brare parecchio strane le giustificazioni di Leibniz riguardo alla scarsita di tempo a
disposizione per studiare i risultati inviatigli. Fu soltanto a novembre dunque che la
seconda epistola di Newton - detta Epistola posterior - fu spedita a Parigi. Ma era
ormai tardi: Leibniz era tornato in Germania.
L’Epistola posterior, che riporta la data 24 ottobre 1676, fu letta da Leibniz quasi
62 3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676)
un anno piu tardi:
Mi rimane difficile esprimere il piacere che mi ha procurato la lettura
delle lettere dei signori Leibniz e Tschirnhaus.
Il metodo di Leibniz per pervenire alle serie convergenti e certamente
elegantissimo, e basterebbe da solo a dimostrar l’ingegno dell’autore,
anche se questi non avesse scritto altro. Ma cio che ha profuso per tutta
la sua lettera e degno della sua fama e ci fa sperare da lui le cose piu
grandi. La diversita delle maniere mediante le quali si tende a uno stesso
scopo, mi ha trovato tanto piu consenziente in quanto mi erano gia noti
tre metodi per pervenire a simili serie; in modo che ben difficilmente mi
sarei aspettato la comunicazione di uno nuovo.
Subito dopo l’introduzione formale, Newton passa ad esporre con grande pazienza il
modo in cui ha raggiunto i suoi risultati. Ma dopo aver descritto accuratamente come
ha ottenuto la formula del binomio e i metodi di interpolazione21, proprio quando,
cioe, avrebbe dovuto iniziare a descrivere il suo metodo delle flussioni, comincia a
divagare con cenni ai motivi per cui non ha pubblicato ancora nessun testo sul suo
metodo.
[...] dall’amico Barrow (allora professore di matematica a Cambridge)
fu comunicato a Collins un mio compendio sul metodo di queste serie,
dove esponevo che, date le rette, si potevano determinare le aree e le
lunghezze di tutte le curve, e le superficie e i volumi dei solidi; e che con
un procedimento inverso si potevo, da questi, determinare le rette.22 E
spiegavo questo metodo con diverse serie.
[...] Collins, uomo nato per far progredire le scienze matematiche, in-
sistette nel consigliarmi perche rendessi di pubblico dominio queste mie
21Cfr. 23.22Si tratta dunque proprio del metodo delle flussioni per determinare le tangenti e le quadrature.
3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676) 63
scoperte. E cinque anni fa, dietro consiglio degli amici, mi decisi a pubbli-
care il trattato De refractione lucis, et coloribus, che allora avevo pronto,
e cominciai di nuovo a meditare su queste serie, scrivendone anche un
trattato, che avevo intenzione di pubblicare insieme al precedente.
[...] abbandonata l’idea della pubblicazione, non ho portato a pieno com-
pimento il mio trattato, e anche ora non ho affatto l’intenzione di com-
pletarlo.
Finalmente Newton giunge a descrivere il suo metodo per “tracciare le tangenti”:
[...] il mio procedimento non ha bisogno di dimostrazione e, una volta ac-
cettato il mio fondamento, nessuno ha piu potuto tracciare diversamente
le tangenti, a meno che non volesse di proposito allontanarsi dalla retta
via.
Con questo mio metodo non ci si arresta davanti a equazioni, comunque
affette da esponente, in cui compaiono radicali aventi una o entrambe le
quantita indefinite, ma senza dover compiere nessuna riduzione di tali
equazioni (che nella maggior parte dei casi richiederebbe un immenso
lavoro) si traccia immediatamente la tangente. Egualmente si svolge la
cosa nelle questioni dei massimi e dei minimi, e in altre di cui ora non
sto a parlare.
Ma qual era dunque il fondamento di tale metodo? Newton non lo rivela, ed anzi lo
cela dietro un anagramma.
Poiche non posso darne qui la spiegazione preferisco nascondere nelle
cifre che seguono il fondamento (invero abbastanza accessibile) di queste
operazioni: 6accdæ13eff7i3l9n4o4qrr4s9t12vs.23
23L’anagramma ha in effetti una soluzione: il coefficiente numerico indica le occorrenze della
64 3.4. Epistola posterior (24 ottobre 1676)
Dopo aver fornito alcuni esempi di applicazione del suo metodo, Newton ricorre
ancora una volta ad un anagramma per celarne i fondamenti: riferendosi ai suoi
metodi per calcolare le tangenti, comunica al destinatario soltanto questa serie di
numeri e lettere24
5accdæ10effh12i4l3m10n60qqr7s11t10v3x :
11ab3cdd10eœg10ill4m7n6o3p3q6r5s11t7vx,
3acœ4egh6i4l4m5n80q4r3s6t4v,
aaddœeeeeeiiimmnnooprrrsssssttuu
che e stato interpretata come
Il primo metodo consiste nell’estrazione di una quantita fluente dall’e-
quazione che contiene la sua flussione; il secondo invece consiste nella
semplice assunzione di una serie al posto di una qualsiasi delle quantita
incognite, da cui posso facilmente ricavarsi le altre, e in un confronto
dei termini omologhi dell’equazione risultante per determinare i termini
della serie assunta.
Newton e divenuto piu sospettoso dunque, e non vuole rivelare tutto. E opportuno
chiedersi perche Newton abbia deciso di nascondere un passaggio con un’anagramma.
Ci sembra sensata l’osservazione di Whiteside25, il quale insinua che Newton non si
sentı di rivelare il proprio metodo essenzialmente per una mancanza di fiducia nei
propri mezzi. Cio potrebbe sembrare strano, ma e invece ragionevole se pensiamo
che soltanto dieci anni prima Newton aveva avuto grande difficolta nel presentare
alla comunita scientifica inglese i suoi lavori di ottica26.
lettera seguente nella proposizione. La traduzione di tale anagramma e “Data un’equazione avete
quantita fluenti, trovare le flussioni e viceversa”.24La codifica e la stessa dell’anagramma precedente.25Da [22] pagina 66.26Cfr. pagina 35.
3.5. L’incontro di Leibniz con Collins ed Oldenburg 65
Nonostante cio in questa lettera Leibniz trovera parecchio materiale da studiare,
perche Newton ha comunque rivelato molto dei suoi lavori, com’egli stesso conferma
in chiusura.
E giunto il momento di porre fine a questa lunga lettera. Ma la lettera
dell’illustrissimo Leibniz meritava da parte mia un’ampia risposta. E in
questa circostanza ho voluto essere piuttosto diffuso, perche ho pensato
di non dover troppo frequentemente interrompere i vostri incarichi, di
solito piu piacevoli, con questo genere di scritti alquanto piu grave.
3.5 L’incontro di Leibniz con Collins ed Oldenburg
La lettera di Newton raggiunse Leibniz soltanto un anno piu tardi, ad Hannover,
in Germania. Leibniz infatti lascio Parigi il 4 ottobre 1676, venti giorni prima che
l’Epistola posterior fosse spedita. Il fatto curioso e che Newton avrebbe proba-
bilmente potuto consegnare la lettera di persona, perche in quel periodo Leibniz
si trovava a Londra, durante una brevissima visita. Leibniz arrivo a Londra il 18
ottobre, e rimase lı per circa una settimana prima di ripartire alla volta di Hannover.
A Londra, Leibniz incontro Oldenburg, al quale ebbe modo di mostrare una mac-
china calcolatrice finalmente funzionante27, e finalmente Collins, con il quale aveva
avuto soltanto uno scambio epistolare. Collins a quell’epoca era il bibliotecario della
Royal Society, e mise a disposizione di Leibniz i testi - lettere, appunti e libri, anche
quelli non pubblicati - dei maggiori matematici inglesi. In particolare Leibniz ebbe
modo di consultare il De Analysi di Newton e l’Historiola28.
Leibniz consulto rapidamente il De Analysi di Newton e prese degli appunti diret-
tamente sulla copia in possesso di Collins: il tedesco era interessato alla sezione
27Cfr. 44.28L’Historiola era una raccolta di appunti nella quale Collins aveva cercato di condensare le ultime
scoperte dei matematici inglesi, pur senza entrare nel merito delle dimostrazioni; tra i contenutic’erano testi di Pell, Gregory e alcune lettere di Newton sulle tangenti.
66 3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
riguardante le serie infinite, mentre fu completamente ignorata la parte dedicata al
metodo delle flussioni e al calcolo di massimi e minimi. Le possibilita sono due:
o Leibniz non aveva trovato nulla che non conoscesse gia, oppure non ebbe tempo
per leggere attentamente il contenuto del testo. In entrambi i casi, Leibniz non puo
essere accusato di aver appreso da Newton i fondamenti del calcolo per poi rivendi-
carli come propria scoperta. Piu complicata e la sorte dell’Historiola: Leibniz pote
consultarla soltanto durante la sua visita a Londra, ma una nota che chiedeva di
restituire il libro non appena avesse finito di consultarlo, posta sulla copertina, fece
pensare a Newton - anni piu tardi - che Leibniz avesse avuto la possibilita di consul-
tarla con calma a Parigi. Leibniz ebbe modo di leggere dall’Historiola una lettera
in cui Newton spiegava esplicitamente il suo metodo per calcolare le tangenti: il ti-
more di Newton fu che Leibniz avesse copiato tale metodo dopo aver letto la lettera.
In realta Leibniz apprese dai testi fornitigli da Collins soltanto quanto fu in grado
di assorbire nell’arco di pochi giorni: non pote portare con se in Germania nessun
testo. Non possono dunque reggere le insinuazioni di Newton: Leibniz si concentro
quasi esclusivamente sulle serie infinite, l’unico argomento sul quale - egli riteneva -
il matematico inglese avesse qualcosa da insegnargli.
Collins, forse sentendosi in colpa per aver mostrato cosı tanti testi a Leibniz, scrisse a
Newton qualche mese piu tardi, comunicandogli che il filosofo tedesco consulto dalla
libreria alcuni lavori di Gregory. Non fu fatta menzione, tuttavia, delle lettere di
Newton che pure finirono in mano di Leibniz: tutto cio avrebbe in seguito accresciuto
i sospetti di Newton riguardo alla buona fede di Leibniz.
3.6 Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
Leibniz ricevette l’Epistola prior quando ormai si trovava ad Hannover. Fu cosı
eccitato dal sapere che la corrispondenza con il piu grande matematico e scienziato
del periodo non era interrotta, che impiego solo pochi giorni a rispondere. La sua
3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677) 67
lettera infatti fu inviata ad Oldenburg il 21 giugno 1677.
L’esordio e pieno di entusiasmo:
Ho ricevuto la vostra lettera tanto attesa, con inclusa quella bellissima di
Newton, che leggero piu di una volta con tutta la cura e la meditazione
che merita. Per ora mi limitero ad annotare solo le poche cose che ho
visto rapidamente in un prima lettura.
Leibniz ormai e in grado di confrontarsi ad armi pari con Newton, ed infatti cerca -
con il tono delle sue risposte - di porsi quasi al suo stesso livello.
Particolarmente interessante quanto Newton ha detto sulla scoperta dei
suoi eleganti teoremi. E pure interessanti sono le sue osservazioni sulle
interpolazioni di Wallis, perche con questo procedimento se ne puo ot-
tenere la dimostrazione, mentre prima, per quanto possa saperne, ci si
doveva accontentare della semplice induzione, quantunque si sia riusciti
a dimostrarne una parte mediante le tangenti.
Sono d’accordo con il celeberrimo Newton nel ritenere non ancora com-
piuto il metodo delle tangenti di Sluse. Gia da molto tempo ho trattato
piu generalmente la materia delle tangenti, servendomi delle differenze
delle ordinate.
Addirittura Leibniz azzarda che il metodo di Newton e il proprio non siano troppo
diversi:
Penso che cio che Newton ha voluto nascondere29 del suo metodo per
tracciare le tangenti, non discordi da quanto ho detto sopra. Quel che egli
aggiunge, che cioe con questo stesso principio si rendono piu semplici an-
29Ricordiamo che il destinatario della lettera di Leibniz e sempre Oldenburg, ecco perche siriferisce a Newton in terza persona.
68 3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
che le quadrature, mi conferma nell’opinione che sono certamente sempre
quadrabili le figure esprimibili tramite un’equazione differenziale30.
Per la prima volta Leibniz esprime pubblicamente la sua notazione. Con dx viene
indicata la differenza tra due valori molto vicini della quantita variabile x, mentre
con dy si indica la differenza corrispondente nella variabile y. Se dx rimane costante,
dy indica il coefficiente angolare della tangente in x. E sorprendente che in questa
lettera di Leibniz c’erano piu elementi di calcolo elementare di quanti Newton non
ne avrebbe forniti nel suo trattato piu famoso, i Principia Mathematica31, dieci anni
piu tardi. Facciamo risalire al 1675 - nove anni piu tardi del metodo delle flussioni32
- la scoperta del calcolo differenziale di Leibniz. Lo scambio epistolare del 1676-1677
con Newton non poteva essere d’interesse per Leibniz per quanto riguarda il calcolo
infinitesimale, perche egli gia possedeva un suo procedimento. Le lettere di Newton
d’altronde, cosı poco dettagliate, non avrebbe ropotuto influenzare il pensiero di
Leibniz in una fase cosı avanzata delle sue ricerche. Da parte di Newton, non
abbiamo modo di conoscere con certezza la sua reazione alle rivelazioni di Leibniz.
E pero condiviso che in prima battuta egli avesse risconosciuto l’originalita delle sue
scoperte, e ne noto certamente la somiglianza con il suo metodo delle flussioni. Fino
almeno al 1712, Newton riconosce che la scoperta di Leibniz, seppur posteriore, fu
indipendente. In un suo scritto pubblicato anonimo dichiara:33
[...] Questo e il fondamento del metodo differenziale di Leibniz. Newton
gia possedeva nel 1669 lo stesso fondamento del suo metodo. Attraverso
calcoli molto simili Newton ricavava i momenti e Leibniz ricavava le diffe-
renze, e questi due metodi differivano soltanto nei nomi che loro avevano
dato ai termini.
30Un’equazione cioe in cui compaiono delle derivate, lo stesso Leibniz poco piu avanti precisa“chiamo equazione differenziale quella dove e espresso il valore di dx, che deriva dall’equazione
dove veniva espresso il valore di x”.31Cfr. pagina 88.32Cfr. 33.33Dall’inglese in [22], pagina 71.
3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677) 69
Poco piu avanti nella lettera, a conferma del fatto che la cosa che piu interessava
Leibniz riguardo ai lavori di Newton erano le serie infinite, si legge:
Bellissime sono quelle serie di Newton che da infinite si trasformano in
finite, come le serie che egli presenta per l’estrazione delle radici del
binomio o per la sua quadratura. Perche, se nella generale estrazione
della stessa equazione con esponente indefinito, [...] potesse verificarsi la
stessa cosa, come se, estraendo le radici dalle equazioni o dai binomi,
fosse possibile trovare le radici razionali finite, qualora vi siano, o anche
le radici irrazionali: allora direi che il metodo delle serie infinite e stato
portato alla massima perfezione.
Leibniz ritiene di fondamentale importanza individuare un metodo generale che con-
senta di ridurre ogni serie infinita ad una serie finita, perche rappresentarebbe una
conquista intellettuale di grande importanza e generalita. Egli non e tanto affa-
scinato dalle applicazioni pratiche, quanto dall’importanza teorica dei risultati di
Newton: infatti insiste sempre sulla questione del metodo e non richiede esempi ma
piuttosto dimostrazioni teoriche34.
Sarebbe comunque necessario poter distinguere le varie radici di tale
equazione35; ed egualmente sarebbe necessario poter distinguere, me-
diante le serie, le equazioni possibili da quelle impossibili. E se un uomo
versatissimo in questa materia arrivera a un simile risultato, insegnan-
doci a trasformare, quando cio sia possibile, una serie infinita in una
finita, o quanto meno a riconoscere da quale serie finita e stata dedotta,
allora nel metodo delle serie infinite, ottenute per divisione o estrazione,
difficilmente si potra desiderare qualche cosa in piu.
34In cui venga ovviamente utilizzato il metodo generale.35L’equazione con esponente indefinito cui fa accenno sopra, e di cui fa un esempio esplicito lo
stesso Leibniz x = ay + by2 + cy3ecc., e y = za− bz2
a3 ecc. oppure y = za− bz3
a4 .
70 3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677)
Lebniz, non manca - nel corso della lettera - di rinnovare manifestazioni di stima nei
confronti dell’inglese. Subito dopo il brano appena riportato ad esempio scrive:
Se c’e un uomo capace di realizzare tutto questo, costui e certamente
Newton.
Inoltre piu volte il nome di Newton e preceduto da aggettivi quali “celeberrimo”ed
“illustrissimo”, che non lasciano dubbi sull’atteggiamento di Leibniz. Egli e grato ad
Oldenburg di gestire la corrispondenza e vorrebbe continuare a mantenere i contatti
con Newton e con gli altri matematici inglesi. Tuttavia a questa sua lettera non vi
fu risposta.
Mesi piu tardi Leibniz scrisse ancora, in pratica pregando Newton di tenere aperti
i contatti, ma tale richiesta non sortı alcun effetto. Il 9 agosto 1677 Oldenburg
rispose a Leibniz, dicendogli che Newton era molto impegnato e non avrebbe potuto
rispondere in tempi brevi. Di fatto la risposta di Newton non arrivo mai.
Addirittura Newton chiese esplicitamente ad Oldenburg, nell’introduzione alla sua
seconda lettera a Leibniz, di non essere piu disturbato su tali argomenti perche
aveva altri pensieri per la testa. Due giorni dopo aver spedito l’Epistola prior ad
Oldenburg, gli scrisse ancora pregandolo di non pubblicare nessuno dei suoi testi di
matematica senza la sua personale autorizzazione.
E praticamente certo che Newton, quando scrisse le prime due lettere a Leibniz,
fosse mosso da un genuino interesse e non avesse nulla contro il tedesco. Del resto
non avrebbe rivelato cosı tanto dei suoi lavori se avesse avuto anche soltanto un
piccolo dubbio sulla sua buona fede. Newton semplicemente si dimentico di Leibniz
e si dedico ad atro per il decennio successivo. Sebbene piu avanti - almeno a partire
dal 1708-1709 - Newton assunse un atteggiamento eccezionalmente orgoglioso e ar-
rogante, non abbiamo motivo per pensare che avesse lo stesso atteggiamente anche
in questi anni. Newton e a quest’epoca ancora molto cordiale, cosı come lo e Leibniz.
3.6. Lettera di Leibniz (21 giugno 1677) 71
Non e quindi sostenibile l’idea che fosse gia iniziata, nel 1676, l’acre disputa tra i
due scienziati.
Lo stesso Leibniz non fece molto in campo matematico negli anni immediatamente
seguenti questo scambio epistolare. Pubblico nel 1678, sul Journal des Scavans,
uno studio sulla quadratura di una particolare area di una cicloide. Risultato che
aveva ottenuto quattro anni prima lavorando con Huygens36. E poi praticamente
nient’altro, fino al 1684.37
Nell’estate del 1678 Oldenburg si reco nella conte di Kent, in Inghilterra, per una
vacanza assieme alla moglie. Sfortunatamente entrambi contrassero una forte febbre
che fu loro fatale. Con la morte di Oldenburg ebbe fine anche la corrispondenza
Leibniz-Newton.
Negli anni seguenti Newton e Leibniz non ebbero nessun tipo di contatto. Newton
si ritiro nel suo ufficio presso l’Universita di Cambridge, mentre Leibniz si trasferı
presso la corte di Hannover, dove trascorse il resto della sua vita.
36Cfr. pagina 42.37Cfr. pagina 79.
Capitolo 4
Gli sviluppi del calcolo
infinitesimale
“Che cosa accadde nel 1677, a proposito?”, domando Fatio. “Tutti vor-
rebbero saperlo”.
“Leibniz era alla sua seconda visita in Inghilterra. Si reco in incogni-
to a Cambridge al solo scopo di conversare con Isaac. E riuscı nel suo
intento.”
Daniel e Fatio in Confusione di Neal Stephenson
4.1 La citta di Hannover al tempo di Leibniz (1676)
Dal 1673 Leibniz era al servizio del Duca Johann Friedrich di Hannover: per alcuni
anni riuscı a restare a Parigi, ma alla fine dovette cedere ai ripetuti inviti di rientrare
in Germania. In effetti la lettera che convinse Leibniz a lasciare la Francia non era
esattamente un invito da poter rifiutare: un funzionario di corte di nome Kahn si
diceva sorpreso che Leibniz avesse rifiutato i ripetuti inviti del Duca, e gli offriva -
oltre al posto di consigliere - quello di curatore della vasta libreria di Johan Friedrich.
73
74 4.1. La citta di Hannover al tempo di Leibniz (1676)
Il 13 settembre 1676 arrivo l’ultimatum del Duca: Leibniz doveva rientrare ad Han-
nover altrimenti ogni relazione sarebbe cessata. Il 4 ottobre Leibniz inizio il viaggio
di ritorno1.
Una volta giunto ad Hannover, Leibniz inizio ad occuparsi di una biblioteca con
oltre tremila volumi, e decine di manoscritti. Leibniz proposte al Duca un piano per
espandere la propria collezione di libri: negli anni seguenti avrebbe aggiunto migliaia
e migliaia di titoli. Nel giro di pochi mesi, Leibniz chiese e ottenne una promozione
a consigliere di rango piu elevato, con conseguente aumento del salario. Il compenso
economico e il tipo di impegno - assai ridotto per la verita - consentirono a Leibniz
di dedicarsi ai propri studi.
Il problema era rappresentato dal fatto che Hannover, una piccola citta della Bassa
Sassonia con appena diecimila abitanti, non forniva gli stessi stimoli di Londra o
Parigi, e non aveva una vera e propria comunita intellettuale e scientifica. Leibniz
allora inizio a perseguire l’idea di fondare una societa scientifica imperiale - sul
modello dell’Academie des Sciences in Francia e della Royal Society in Inghilterra
- che avesse l’obiettivo di creare una summa della conoscenza globale.2 Quest’idea
non ebbe molto successo, ma Leibniz riuscı comunque, in qualche modo, a dare un
forte contributo alla comunita scientifica germanica.
Nel 1682 Leibniz fu il co-fondatore, assieme ad Otto Mencke3, della prima rivista
scientifica in lingua tedesca: gli Acta Eruditorum Lipsienium, che iniziarono ad
essere pubblicati con cadenza mensile.
Questa rivista fu molto importante nel corso della disputa con Newton: anche se
Leibniz non poteva contare sul supporto della Royal Society4, era pur sempre il
co-fondatore di un’importante pubblicazione scientifica internazionale. Ora Leibniz
1Che comprese anche una breve sosta a Londra, cfr. pagina 65.2Quest’idea si ricollega alla volonta di Leibniz di creare un linguaggio logico universale del
pensiero, la characteristica universalis, cfr. pagina 41.3Professore a Lipsia: Leibniz lo conobbe all’universita dove aveva compiuto i primi studi.4Di cui successivamente Newton divenne presidente.
4.2. Il De Quadratura di Newton (1676) 75
- che aveva provato a pubblicare, senza successo, i propri lavori matematici sia a
Londra sia a Parigi - poteva facilmente trovare spazio sulla nuova rivista.
4.2 Il De Quadratura di Newton (1676)
Mentre Leibniz si trasferiva ad Hannover, Newton stava lavorando al suo terzo trat-
tato sul metodo delle flussioni5, il Tractatus de quadratura curvarum, che non fu
pubblicato fino al 1704. Tale testo ci serve a comprendere al meglio a che punto di
sviluppo era arrivato il metodo di Newton, e in che rapporto fosse con il nascente
metodo di Leibniz.
Nel De quadratura Newton si allontana dal concetto di infinitamente piccolo, rap-
presentato dalla o di x + o, che lo portava a considerare nulli alcuni termini in cui
compariva il termine infinitamente piccolo - ovvero trascurabile. Piuttosto egli co-
mincia a considerare le flussioni sempre in rapporto (o ragione), mai da sole, quasi
anticipando il concetto di limite6.
Consideriamo ad esempio le fluenti x ed y collegate dalla relazione y = x2. Nel-
l’intervallo di tempo finito o, x si incrementa di ox nel tempo in cui la quantita x,
fluendo, diventa ox, la quantita y = x2 diventa (y = x + xx)2 = x2 + oxx + o2x2.
Prendiamo ora il rapporto tra l’incremento della x e quello della y, che e
ox
2oxx + o2x2=
1
2x + ox.
Il rapporto e tra quantita finite, non infinitesime, quindi e possibile calcolare il
valore di tale rapporto quando o e uguale a zero. Esso e pari a 12x ed e detto ultima
ragione, perche e l’ultimo della successione di rapporti numerici che si ottengono
per valori di o decrescenti verso lo zero. Ma e detto anche prima ragione, perche e
5Dopo il De Analysi e il Methodus fluxionum.6Evidentemente Newton avvertiva la necessita di servirsi della nozione di limite, che pero non
verra definita rigorosamente fino all’Ottocento.
76 4.3. La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686)
il primo della successione di rapporti numeri crescenti a partire dallo zero. Egli si
riferisce all’ultima e alla prima ragione, rispettivamente come quantita evanescenti
e quantita nascenti. Newton si avvicina molto al concetto moderno di derivata,
nel suo linguaggio “flussione”, ma lo fa in modo confuso perche non utilizza la
terminologia di limite7. Il ragionamento di Newton e debole dal punto di vista
aritmetico: egli non chiarisce l’ultima ragione in termini di limite della successione
di numeri che rappresentano le ragioni delle quantita (le flussioni), ma piuttosto la
intuisce geometricamente.
Cio che mancava insomma al metodo di Newton, era una rigorosa aritmetizzazione
del procedimento e una chiarificazione del linguaggio. Proprio cio su cui Leibniz era
piu preparato. Al tempo del De Quadratura Leibniz infatti aveva chiara la natura
aritmetica e algoritmica dei problemi del calcolo infinitesimale, e gia utilizzava la
notazione dx per indicare le derivate8. Leibniz - sulla strada della formalizzazione
del suo metodo - era ormai almeno al pari di Newton, e pochi anni piu tardi riuscı
perfino a pubblicare per primo i lavori sull’analisi.
4.3 La scuola scozzese: David Gregory e John Craige
(1684-1686)
Una prima sfida all’autorita di Newton nel campo dell’analisi infinitesimale venne
da un professore di matematica di Edimburgo dal nome di David Gregory9. Egli nel
1684 pubblico un pamphlet di cinquanta pagine sulla tecnica delle serie, e lo invio
nel giugno dello stesso anno a Newton. Nella lettera che accompagno il pamphlet,
Gregory difendeva la novita delle sue tecniche ma al contempo riconosceva che New-
ton stesso aveva da tempo studiato gli stessi argomenti. Nell’occasione, lo scozzese
lo invitava a rendere pubbliche le sue scoperte. Nel leggere il pamphlet, Newton non
7L’ultima ragione non e altro che il valore limite per o che tende a zero.8La stessa notazione e usata ancora oggi9Nipote di James, che aveva lavorato ad Edimburgo prima di lui.
4.3. La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686) 77
pote non rilevare che molte delle teorie ivi contenute erano rintracciabili nel suo De
Analysi di oltre quindici anni prima10. Come scrive Whiteside11, la sfida era chiara.
La sfida lanciata a Newton non era esplicita ma non per questo meno
reale: pubblicare od essere pubblicato.
Newton comincio un opera che non vide mai la luce, nota come Matheseos universalis
specimina12, con l’obiettivo di dimostrare la sua priorita nei confronti di Gregory.
E probabile che uno dei motivi per cui Newton non completo quest’opera fu il
fatto che avesse scelto come obiettivo principale il matematico scozzese, mentre il
suo avversario piu importante era ormai Leibniz. Una volta “accortosi dell’errore”,
Newton avrebbe abbandonato il suo progetto iniziale. Avremmo anche una conferma
temporale: i primi appunti di Newton risalgono al giugno-luglio del 1684, mentre
Leibniz pubblico il suo articolo13 in ottobre. In ogni caso, nel giro di pochi mesi
Newton perse interesse per la matematica pura ed inizio a lavorare sul suo testo piu
famoso, i Philosophiae naturalis Principia Mathematica. In questo momento Newton
era sinceramente convinto di poter collaborare proficuamente sia con Gregory che
con Leibniz. Inoltre, poiche i suoi studi di analisi risalivano a molti anni prima, si
sentiva perfettamente in controllo della situazione: nessuno avrebbe potuto mettere
in dubbio i suoi meriti. In caso di qualunque rivendicazione, avrebbe potuto portare
come prova inconfutabile le sue lettere e le bozze dei suoi scritti.
Due anni dopo, nel 1686, Gregory riuscı a riscostruire correttamente un teorema
generale per la quadratura delle curve - cioe l’integrazione - gia dato da Newton
molti anni prima14. Lo scozzese interpello Newton per ottenere un aiuto nella pub-
blicazione del “suo” teorema, intendendo lasciare ampio spazio ai riconoscimenti dei
meriti dell’autore originale. Newton, dalla stesura di una lettera di risposta passo
10Cfr. da pagina 31.11Cfr. [22] pagina 37.12Modello di un Sistema Matematico Universale.13Il Nova Methodus, cfr. pagina 79.14Ci sono testimonianze nella seconda lettera di Newton a Leibniz, risalente al 1676.
78 4.3. La scuola scozzese: David Gregory e John Craige (1684-1686)
rapidamente a scrivere un vero e proprio trattato sulla quadratura delle curve, il De
Quadratura Curvarum. Ancora una volta, tale trattato rimase incompleto. Tuttavia
resta l’importanza di quest’opera perche Newton per la prima volta - sollecitato dalle
richieste di Gregory - mise in forma rigorosa le sue teorie sull’integrazione, usando
per la prima volta la notazione puntuale15. Nel decennio successivo, fu addirittura
Gregory a supportare Newton nella sua rivendicazione dei meriti di scoperta del
calcolo infinitesimale. Egli infatti, a Cambridge nel maggio del 1694, fece visita a
Newton con l’obiettivo di attingere ai suoi manoscritti per formulare un trattato
dal titolo quanto mai esplicito: “Isaac Newton’s Method of Fluxions, in which the
Differential Calculus of Leibniz and the Method of Tangents of Barrow are explained
and illustrated by many examples of all kind”.
Un altro importante rappresentante della scuola scozzese fu John Craige, pupillo di
Gregory ma studente a Cambridge, dove entro in contatto con Newton. Venne a
conoscenza dell’articolo di Leibniz sugli Acta Eruditorum16 - la prima pubblicazione
al mondo sul calcolo differenziale - molto probabilmente attraverso Gregory, ma fu
il primo a rilevare negli algoritmi di Leibniz un grande potenziale. Ne rimase cosı
colpito che ancora a distanza di anni, nel 1693, dovette riconoscere
Riconosco liberamente che il calcolo differenziale di Leibniz mi ha dato
cosı grande aiuto nelle mie scoperte che senza di esso difficilmente avrei
potuto affrontare questo studio con la facilita che desideravo; nessuno tra
i piu abili studiosi di geometria del nostro tempo puo ignorare quanto
grandemente egli abbia portato avanti la sublime arte della geometria
attraverso questa scoperta [...]
Tornando agli anni ottanta, e fondamentale notare che nel trattato di Craige Me-
thodus figurarum quadraturas determinando del 1685, riguardante la teoria dell’in-
tegrazione, non e presente alcun riferimento a Newton. E invece presente un tributo
15Cfr. pagina 33.16Cfr. pagina 79.
4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686) 79
a Leibniz, citato assieme ad altri grandi studiosi come Descartes, Fermat, Sluse,
Barrow e Wallis. Questo fatto e da imputare completamente a Newton, che non
fece nulla per informare gli studiosi dei suoi progressi nel campo dell’analisi infini-
tesimale. Addirittura, nonostante sappiamo che Craige lo consulto nella stesura del
trattato del 1685, non c’e nessuna testimonianza che provi che lo informo dei suoi
lavori sulla derivazione e sull’integrazione. Va detto anche che, negli stessi anni,
non abbiamo nemmeno alcuna evidenza di un atteggiamento critico di Newton nei
confronti di Leibniz - visto che Craige ha cosı in stima il tedesco. L’idea che Craige
si fece di Newton era la stessa di Leibniz di anni prima. Lo riconosceva come abile
matematico nello studio delle serie per il calcolo delle quadrature ma non sapeva
nulla delle sue scoperte riguardanti la derivazione di funzioni. Nella stessa situazio-
ne si trovavano, sorprendentemente, anche gli altri matematici britannici, incluso lo
stesso Gregory.
4.4 La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di
Leibniz (1684-1686)
Come abbiamo gia suggerito, la sfida decisiva a Newton non arrivo dall’isola bri-
tannica ma piuttosto dal continente. Qui, il giovane Leibniz pubblico un testo che
diede inizio alla proliferazione degli studi di Analisi in tutto il continente. Nel 1685
Newton venne a conoscenza della pubblicazione sugli Acta Eruditorum e subito capı
che l’attacco era di altra portata rispetto alle schermaglie avute con Gregory.
Nell’ottobre del 1684, Leibniz aveva firmato la prima pubblicazione al mondo sul
calcolo differenziale: il Nova methodus pro maximis et minimis17. In questo bre-
ve testo di sole sei pagine, Leibniz spiegava al mondo il suo calcolo differenziale,
senza alcuna introduzione storica. La sua corrispondenza con Oldenburg, Collins e
17Il “Nuovo metodo per massimi e minimi”, il cui titolo completo era in realta Nova Methodus pro
maximis et minimis, itemque tangentibus, quae nec fractas, nec irrationales quantitates moratur, et
singulare pro illis calculi genus.
80 4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
Newton, nonche il metodo di quest’ultimo, non comparivano ne venivano citati. Se
Leibniz avesse voluto preparare un’introduzione storica, avrebbe sicuramente dovu-
to riconoscere i meriti di Newton, ma non scrisse nessuna introduzione e quindi si
limito ad esplicitare il proprio metodo.
Leibniz dopo aver dato diversi esempi sul modo di tracciare le tangenti e calcolare
massimi e minimi18, dichiara
Questi sono gli inizi di una geometria molto piu sublime riguardante
i problemi piu difficili e piu belli della matematica mista, che nessuno
senza l’aiuto del calcolo differenziale, o di un metodo simile, potrebbe
trattare senza rischio con eguale facilita.
E palese che Leibniz, pur senza nominarlo, si riferisce al metodo delle flussioni di
Newton. Nonostante le intenzioni di Leibniz, il suo trattato non conteneva niente
di piu di quanto non fosse gia presente nelle lettere in cui Newton aveva descritto il
suo metodo.
Per quanto riguarda la notazione, Leibniz avrebbe potuto servirsi semplicemente
delle lettere, come avevano gia fatto Newton, e Barrow prima di lui, ma volle usare
nuovi simboli. Negli Acta Eruditorum del 1686 scrisse:
Preferisco servirmi delle notazioni dx ecc. invece delle semplici lettere,
perche cosı si riesce a esprimere meglio la variazione di x.
I simboli adottati furono fortunati, cosı come fu fortunata la scelta di pubblicare il
suo trattato. Ancora oggi utilizziamo i simboli di Leibniz per indicare la derivata
dx e l’integrale∫
, e ricordiamo il Nova Methodus come il primo trattato di anali-
si matematica mai pubblicato. Tuttavia le sei pagine pubblicate da Leibniz erano
ben lontane dal costituire un buon trattato di matematica. Non solo erano presenti
numerosi errori di stampa, ma l’approccio era anche eccessivamente semplicistico.
18Quello che nell’analisi moderna e lo studio delle funzioni tramite il calcolo delle derivate.
4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686) 81
Leibniz per esempio presento senza dimostrazione le regole per derivare somme, pro-
dotti, quozienti, potenze e radici di funzioni, perche riteneva che il calcolo - data la
sua natura algoritmica - sarebbe stato autoevidente se formalizzato nel modo corret-
to. Un approccio che mette in evidenza la grande ingenuita di Leibniz, testimoniata
anche dal fatto che, sebbene si fosse servito dei metodi - tra gli altri - di Fermat,
Barrow, Huygens e Newton, non fece alcun riferimento ad essi in tutto l’articolo.
Se anche Leibniz non nomino Newton nel suo articolo, ne parlo pero al suo amico
Mencke19 in una lettera del luglio 168420:
Per quel che riguarda il signor Newton, lui ed Oldenburg nelle ultime let-
tere in mio possesso non mi contestano il mio metodo per le quadrature,
ma lo riconoscono. Non penso che il signor Newton lo rivendichi a se, se
non limitatamente ad alcune invenzioni riguardanti la serie infinite che
in parte ha applicato al cerchio.
Leibniz chiarı con Mencke che tali invenzioni di cui scrisse erano dovute inizialmente
a Mercator, poi sviluppate da Newton ed infine da lui riprese in un modo “diverso”.
In pratica Leibniz con queste poche righe alimento la disputa degli anni successivi
e al contempo contribuı a placare i suoi contestatori. Infatti nella stessa lettera
scrisse21
Riconosco che il signor Newton gia disponeva dei principi dai quali avreb-
be potuto derivare il metodo per la quadratura, ma non tutte le conse-
guenze vengono trovate allo stesso tempo: un uomo puo ottenerne alcune,
un altro altre.
E comprensibile che Leibniz sottovalutasse Newton, del resto nell’ultima lettera ave-
va ricevuto soltanto un’enunciazione di concetti, che peraltro non gli erano nuovi.
19Cfr. pagina 74.20Traduzione dall’inglese in [2], pagina 117.21Traduzione dall’inglese in [2], pagina 117.
82 4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686)
Egli sapeva che Newton aveva un proprio metodo, ma non fu mai in grado di com-
prendere esattamente in cosa consistesse il metodo delle flussioni. E quanto meno
curioso che successivamente Newton dichiaro di aver espresso chiaramente il proprio
metodo a Leibniz, che quindi secondo lui avrebbe potuto usarlo - quasi copiarlo -
per ottenere il proprio calcolo differenziale ed integrale.
Matematicamente, Leibniz dopotutto riuscı ad ottenere autonomamente dei risul-
tati interessanti in questo articolo, ad esempio dando una definizione accettabile di
derivata di primo grado. Leibniz infatti considero le derivate come quantita fini-
te strettamente legate al concetto di tangente. Piu precisamente egli scrisse che il
differenziale dx dell’ascissa x e una quantita arbitraria, mentre il differenziale dy
dell’ordinata y e definito come quella quantita che sta a dx nello stesso rapporto in
cui l’ordinata sta alla subtangente.
Tuttavia incappo in una definizione circolare in cui il concetto di derivata e il concetto
di tangente erano interdipendenti, senza poter dare di alcuna una definizione isolata
perche mancava il concetto di limite.22
Nelle derivate di ordine superiore al primo, la confusione di Leibniz era addirittura
maggiore. Egli non pote darne una definizione accettabile se non in termini geo-
metrici: questo da un lato lo avvicino a Newton23, dall’altro lo spinse a continuare
a proporre esempi ed analogie per chiarire i suoi concetti. La sua notazione dx, dy
perse tuttavia di chiarezza, e non mancarono esempi in cui fu utilizzata completa-
mente a sproposito, nonostante poi si rivelo la notazione piu adatta a rappresentare
i differenziali.24
Nel 1686 Leibniz pubblico il suo secondo trattato sull’analisi, che verteva soprattutto
sull’operazione inversa alla derivazione: l’integrazione. Egli utilizzo la notazione che
22Cauchy nell’Ottocento aggiro il problema subordinando il concetto di differenziale a quello dilimite.
23Addirittura in punto egli si servı della terminologia Newtoniana, quando si riferisce ai momentidelle quantita.
24Nel 1695 John Bernoulli scrisse una lettera a Leibniz che conteneva tale espressione: 3p
d6y =d2y.
4.4. La scoperta del calcolo differenziale ed integrale di Leibniz (1684-1686) 83
e rimasta in uso ancora oggi per indicare l’integrale25, senza tuttavia utilizzare il
termine “integrale” o “calcolo integrale”. Il titolo del secondo trattato - pubblicato
anch’esso sugli Acta Eruditorum - era De geometria recondita et analysi indivisibi-
lium atque infinitorum: l’operazione di integrazione veniva presentata formalmente,
anche se ricondotta genericamente alla “geometria” e alla teoria degli indivisibili.
Il termine di integrale comparve per la prima volta in un testo scritto da uno dei
fratelli Bernoulli26 nel 1690, mentre il termine completo di “calcolo integrale” risale
addirittura al 1698, in una lettera scritta a Leibniz da Johann Bernoulli.
Un’osservazione interessante sullo stile di questi trattati e che Leibniz, laddove non
riusciva ad esprimersi al meglio tramite la formalizzazione, provava ad utilizzare
analogie verbali. Una delle piu fortunate fu probabilmente quella che paragonava la
relazione tra una quantita e il suo differenziale alla relazione che sussiste tra il pianeta
terra e un granello di sabbia. Leibniz era cosı lucidamente convinto dell’utilita delle
analogie, che addirittura si sentiva in dovere di chiarire a John Bernoulli che in ogni
caso, nelle sue analogie, doveva usare degli elementi finiti, seppur piccoli, mentre i
differenziali erano quantita infinitesimali.
Curiosamente, mentre Newton era partito dal concetto di quantita infinitesimali
per successivamente allontanarvisi e passare al concetto di prima e ultima ragione
- che racchiude in se la nozione di limite - Leibniz procedette in direzione inversa,
trovando infine soddisfacente l’utilizzo degli infinitesimi, soprattutto per l’aspetto
algoritmico. Lo scienziato Newton trovo convincente la nozione di velocita come
base del suo metodo, mentre il filosofo Leibniz preferı affidarsi ai differenziali27 per
sviluppare il suo calcolo.
A tre anni dalla prima pubblicazione di Leibniz, finalmente Newton pubblico alcu-
ni suoi lavori sull’analisi. Nel 1687 infatti fu pubblicato a Cambridge il Philoso-
25Il simbolo per l’integrale e una sorta di S, come se fosse la sigma maiuscola utilizzata per leserie, ma applicata al continuo:
R
.26Non si sa se Johann Bernoulli o Jakob Bernoulli.27Quindi al concetto di infinitesimo.
84 4.5. I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (1684-1705)
phiae Naturalis Principia Mathematica, un libro che avrebbe rivoluzionato il mondo
scientifico.
4.5 I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo
differenziale (1684-1705)
I risultati di Leibniz nel campo dell’analisi infinitesimale furono diffusi nel continente
dai due fratelli Bernoulli, originari di Basilea, in Svizzera. Jakob, il piu grande, aveva
studiato scienze e matematica all’estero e si occupo di logica, fisica e teoria della
probabilita. Negli anni intorno al 1680 studio algebra e calcolo infinitesimale, prima
studiando gli inglesi Wallis e Barrow e poi finalmente, nel 1687, Leibniz. Non pote
essere testimone degli anni piu accessi della disputa Leibniz-Newton perche morı
prima, nel 1705.
Johann era tredici anni piu giovane del fratello e di ancora maggiori grandi ambizioni.
Il che spiega la disputa che si genero tra i due negli anni successivi. Entrambi i fratelli
Bernoulli studiarono il testo di Leibniz del 1684 che, sebbene oscuro, dichiararono
di aver capito in tutte le sue parti in pochi giorni - a dimostrazione del loro grande
talento matematico. Fu proprio Johann a coniare il termine “integrazione” per
indicare l’inverso della differenziazione.
I fratelli Bernoulli e i loro discepoli dominarono la scena continentale degli studi
di matematica per almeno una generazione. Controllavano di fatto l’insegnamento
universitario della matematica in tutta Europa dal Nord Italia all’Olanda. Dovet-
tero tale sviluppo a Leibniz, che continuero a guidarli e ad ispirarli in questi anni.
Grazie a tali discepoli le teorie di Leibniz proliferarono in tutto il Continente. Il
calcolo differenziale comincio ad essere insegnato e la sua efficacia fu dimostrata da
articoli scritti da numerosi matematici. Newton non ebbe la fortuna di incontra-
re tali personalita: il suo metodo delle flussioni era ancora poco noto, persino in
4.5. I fratelli Bernoulli e la scuola Europea del calcolo differenziale (1684-1705) 85
Inghilterra.
In Francia uno dei piu famosi matematici che si dedicarono al calcolo di Leibniz fu il
Marchese De L’Hospital, un ufficiale dell’esercito con un grande talento innato per
la matematica. Johann Bernoulli divenne suo insegnante a partire dal 1691, anno
in cui si trovata a Parigi, e continuo l’insegnamento anche a distanza. De L’Ho-
spital pubblico il primo testo scolastico sul calcolo differenziale nel 169628. Questo
testo contribuı grandemente alla diffusione dei concetti Leibniziani nelle scuole di
matematica di tutto il continente.
28Il trattato, in francese, aveva il titolo “L’analyse des infiniment petits pour l’ intelligence deslignes courbes”.
Capitolo 5
I Principia Mathematica di
Isaac Newton
“Persone come Vostra Altezza, che riflettono e ponderano su tutto, fini-
scono per ritrovarsi a volte in certi labirinti della mente, o enigmi relativi
alla natura delle cose, su cui ci si puo arrovellare per tutta la vita. Forse
li conoscete gia. Uno e quello del rapporto tra libero arbitrio e predesti-
nazione. L’altro e quello che riguarda la composizione del continuum.
[...] Neppure i Principia mathematica di Mr. Newton osano tentare di
risolvere questi problemi. Egli evita del tutto questi labirinti, e la sua
scelta e saggia! In nessun modo affronta la dicotomia tra libero arbitrio
e predestinazione, se non per mettere in chiaro che lui opta per il primo
dei due termini. E non sfiora neppure la questione degli atomi. Anzi,
e persino restio a divulgare la sua opera matematica sugli infinitesima-
li! Non crediate pero, che egli non abbia interesse per queste cose. Al
contrario, si arrovella giorno e notte su di esse.
Leibniz a Carolina in Confusione di Neal Stephenson
87
88 5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
5.1 Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
La prima esposizione del suo metodo delle flussioni che Newton abbia mai pubblicato
apparve nella prima edizione dei Philosophiae naturalis principia mathematica, nel
1687. Si tratta del piu importante trattato scientifico di tutti i tempi: questo libro di
oltre cinquecento pagine, scritto interamente in latino, presento i fondamenti della
fisica e dell’astronomia nel linguaggio della geometria pura.
Newton, che era solito lavorare ininterrottamente giorno e notte - senza uscire per
giorni - nei suoi alloggi all’universita di Cambridge, completo la prima parte dei
Principia in solito diciotto mesi. All’epoca egli era senz’altro l’unico matematico
attivo a Cambridge1, nonche uno dei pochi scienziati.
Intorno all’estate del 1685 egli aveva gia scritto interamente quello che in pubblica-
zione divenne il Libro I, e buona parte del Libro II. Nessuno dei lavori matematici
di Newton aveva ancora visto la luce, quindi i Principia furono il primo testo a
presentare le sue teorie sul calcolo infinitesimale. Tuttavia, sebbene il metodo delle
flussioni fosse intrinsecamente algebrico, l’approccio dei Principia era invece soprat-
tutto geometrico. Newton cerco di sostenere che in questo enorme trattato ebbe
modo di presentare al mondo scientifico i suoi metodi matematici, ma in realta non
era presente alcun elemento di quello che fu poi riconosciuto come il metodo delle
flussioni. I Principia mantennero un approccio geometrico, dunque Newton non fece
altro che enunciare alcune proposizioni matematiche nel linguaggio piu compatibile
con le sue teorie fisiche.
Infatti, oltre a complicati diagrammi, illustrazioni, tavole astronomiche e disegni
geometrici, nei Principia Mathematica ci sono numerose proposizioni analitiche. La
prima sezione del Libro I e intitolata: “Il metodo delle prime e ultime ragioni del-
le quantita, con l’aiuto del quale dimostriamo le proposizioni che seguono”. Tali
proposizioni iniziano con il Lemma I:
1Dopo esser succeduto come Lucasian professor al maestro Barrow, cfr. pagina 17.
5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) 89
Delle quantita, o dei rapporti di quantita, che in un intervallo di tem-
po finito qualsiasi convergono con continuita verso l’uguaglianza, e che
prima della fine di tale intervallo si avvicinano l’una all’altra cosı tanto
che la loro differenza e inferiore a qualsiasi differenza data, finiscono per
diventare uguali.
Questo lemma e chiaramente una definizione, o meglio un tentativo di definizione,
del concetto di limite di una funzione. Newton ancora si riferisce alle prime ed
ultime ragioni delle quantita, ma finalmente la sua esposizione prende la forma di
un vero e proprio trattato scientifico, con enunciati, dimostrazioni, lemmi e corollari.
Newton si concentra sul rapporto tra quantita variabili preservando un approccio
piuttosto informale al calcolo, perche i metodi presentali - sebbene equivalenti al
suo metodo delle flussioni e al calcolo differenziale di Leibniz - sono ancora esposti
come procedure matematiche generali. Cio che tuttavia non puo essere messo in
dubbio e che Newton mostro nei Principia delle tecniche per risolvere problemi di
differenziazione ed integrazione, anticipando molti risultati degli anni successivi.
Un fatto importante fu la relativa chiarezza che Newton adotto nei Principia, soprat-
tutto per quanto riguarda le parti piu matematiche. La matematica dei Principia
era piu semplice da capire, rispetto allo stile del Metodo delle flussioni, ma anche
rispetto alle oscure formulazioni del Nova Methodus2 di Leibniz. Del resto il calcolo
di Leibniz era ancora troppo immaturo3 per poter essere utilizzato nelle questioni fi-
siche trattate da Newton, che quindi utilizzo la matematica che aveva a disposizione.
E da sottolineare che Newton utilizzo i metodi matematici proprio in funzione del-
l’utilita che avevano per descrivere la sua nuova fisica, piuttosto che per un interesse
puramente teorico.
Nel corso del Libro I egli fa ampio uso delle serie infinite: ancora non viene espli-
citato l’aspetto algoritmico del calcolo. All’inizio del Libro II, Lemma II, compare
2Cfr. pagina 79.3La prima pubblicazione mancava completamente dei metodi di integrazione.
90 5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
una misteriosa formulazione della derivazione, che - ancora una volta sottolineando
l’utilita pratica della matematica - viene presentata semplicemente come un metodo
per calcolare i cambiamenti di quantita matematiche. Lo stile e piu adatto ad un
testo di alchimia che non ad un trattato di matematica:
Il momento di qualsiasi genitum e uguale ai momenti di ciascuno dei lati
generatori moltiplicati continuamente per gli indici delle potenze di quei
lati e per i loro coefficienti.
La spiegazione che Newton da di questo Lemma mostra che con “genitum” egli in
realta intendeva quello che noi chiamiamo termine (da derivare) e per il “momento”
di un genitum intedeva un incremento infinitamente piccolo. Indicando con a il
momento di A, e con b il momento di B, Newton dimostra che
il momento di AB e aB + bA
il momento di An e naAn−1
il momento di1
Ae − a
A2
Banalmente, togliendo i momenti a, b dove non servono, riconosciamo nelle espres-
sioni di Newton le derivate rispettivamente di un prodotto, di una potenza e di una
potenza con esponente negativo. Tali espressioni sono la prima dichiarazione uffi-
ciale4 di Newton riguardo al calcolo infinitesimale. Al momento della pubblicazione
pochi matematici riuscivano a comprendere a pieno la nuova analisi espressa nel
complicato linguaggio Newtoniano. Ma qualcuno, nel continente, era probabilmente
4Ufficiale perche compaiono in un testo pubblicato.
5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) 91
in grado di capirla, come lo stesso Newton riconosce nello scolio al Lemma II, dal
secondo libro della prima edizione dei Principia.
Nello scambio di lettere che circa dieci anni fa ebbi, tramite Oldenburg,
con l’espertissimo geometra Leibniz, lo informai che ero in possesso di
un metodo per determinare i massimi e i minimi, per tracciare tangenti,
e risolvere altri simili problemi, efficace anche con quantita irrazionali
e fratte, metodo che avevo celato in questa frase anagrammata:5 data
una equazione concernente quante si vogliano quantita fluenti, trovare
le flussioni e viceversa. Questo illustre scienziato mi rispose che anche
lui aveva scoperto un metodo (che mi comunico) che gli permetteva di
raggiungere questi stessi risultati, e che differiva dal mio solo per la
terminologia e le notazioni.
Newton non era certo il primo a effettuare derivazioni ed integrazioni, o a percepire
la relazione esistente fra queste operazioni, espressa nel teorema fondamentale del
calcolo infinitesimale6. La sua scoperta fu quella di consolidare tali elementi e coor-
dinarli in un algoritmo applicabile a tutte le funzioni. Una scoperta che nella prima
edizione dei Principia poteva in qualche modo condividere con Leibniz, ma che nelle
edizioni successive invece volle rivendicare completamente a se. Nell’edizione del
1726, Newton toglie ogni riferimento a Leibniz. Lo scolio al Lemma II diventa:
In una mia lettera al signor J. Collins, datata 10 dicembre 1672, in cui
descrivevo il metodo delle tangenti che sospettavo identico a quello di
Sluse, allora non ancora reso pubblico, aggiunsi: ”Si tratta solo di un
5Cfr. lettera di Newton a pagina 64.6La derivazione e l’operazione inversa dell’integrazione, e viceversa. Il teorema fondamentale del
calcolo enuncia:Sia f(x) una funzione continua nell’intervallo [a, b). La funzione integrale F (x) =
R x
af(t)dt e
derivabile e si ha, per ogni x ∈ [a, b), F ′(x) = f(x). Inoltre, se G(x) = f(x) in [a, b) alloraF (x) = G(x) − G(a).Tale teorema e fondamentale per il calcolo degli integrali perche lo riconduce alla ricerca delleprimitive, ovvero all’operazione inversa alla derivazione.
92 5.1. Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
caso particolare, o meglio di un corollario, di un metodo generale che,
senza nessuna difficolta di calcolo, non solo serve a condurre tangenti a
ogni genere di curve, geometriche o meccaniche, e a condurre comunque
linee rette relative ad altre curve, ma anche a risolvere altri generi di
problemi alquanto piu difficili sulle curvature, sulle aree, sulle lunghezze,
sui centri di gravita delle curve etc. Ne si limita (come il metodo di
Hudde sui massimi e minimi) alle sole equazioni che non hanno quantita
irrazionali. Talvolta ho unito questo metodo all’altro mediante il quale
risolvo le equazioni riducendole a serie infinite”. Questa la lettera, le
cui ultime parole riguardano il trattato da me scritto sull’argomento nel
16717.
Ma per quale motivo Newton prima cito Leibniz e in seguito rimosse ogni riferimen-
to?
La ragione principale per cui Newton scelse di nominare Leibniz e porlo sul suo
stesso livello - dandogli cosı grandissima importanza - era ovvia: Leibniz aveva gia
pubblicato tre anni prima un testo in cui presentava il suo calcolo differenziale. Tale
testo era ormai riconosciuto come la prima pubblicazione sulla nuova matematica.
Semplicemente Newton non poteva ignorarlo. Soprattutto nell’Europa continentale,
i metodi del calcolo erano romai strettamente legati al nome di Leibniz.
I motivi per cui Newton decise di rimuovere completamente ogni riferimento a Leib-
niz nelle edizioni successive dei Principia sono altrettanto ovvi: non voleva conti-
nuare a riservargli un posto cosı privilegiato nel suo libro piu importante. Nemmeno
Leibniz aveva fatto alcun riferimento a Newton nella sua pubblicazione del 16848.
Nel 1687 i rapporti tra i due matematici erano ancora buoni, anche se ormai non
erano piu in contatto. Leibniz infatti venne a conoscenza della pubblicazione dei
Principia da una recensione di dodici pagine pubblicata sugli Acta Eruditorum nel
7Anno in cui scrisse, ma non pubblico, il Methodus fluxionum. cfr. pagina 33.8Cfr. pagina 79.
5.2. L’incontro con Fatio de Duillier (1699) 93
1688. Erano chiuse le comunicazioni da una sponda all’altra dello Stretto della
Manica, ma la stima di Leibniz nei confronti di Newton era rimasta intatta: in una
lettera inviata all’amico Otto Mencke nel 1688 egli scrisse9
Ho letto una recensione del celebrato Philosophiae naturalis principia
mathematica di Isaac Newton. Quell’uomo e uno dei pochi che hanno
davvero portato avanti le frontiere della scienza.
Il merito scientifico dei Principia mathematica di Newton e fuori discussione. La sua
importanza e anche nell’aver esposto i metodi matematici di Newton in una forma
comprensibile, piu di quanto non fosse il calcolo differenziale di Leibniz. Whiteside
sostiene ad esempio che, nei Principia10
Newton non dava per scontato che il lettore avesse un’alta competenza
matematica, ma soltanto che conoscesse gli Elementi di Euclide e le
piu semplici proprieta delle funzioni coniche. Il resto fu dimostrato ab
initio o talvolta giustificato appellandosi ad alcune proprieta algebriche
dimostrate dallo stesso Newton sulle quadrature delle curve11, ormai
quindici anni prima. La difficolta del libro non risiede nei suoi aspetti
tecnici, ma piuttosto nella densita dei concetti presentati.
5.2 L’incontro con Fatio de Duillier (1699)
I Principia cambiarono letteralmente la vita di Newton. Non solo gli darono la
fiducia di pubblicare altri suoi testi12, ma gli diedero finalmente l’autorevolezza e la
fama che meritava.
9Traduzione dall’inglese in [2], pagina 131.10Cfr. [22], pagina 31.11Cfr. pagina 28.12Fiducia incrinata dopo l’episodio con Hooke, cfr. pagina 35.
94 5.2. L’incontro con Fatio de Duillier (1699)
Subito dopo la pubblicazione della prima edizione dei Principia, Newton fu eletto al
parlamento inglese. Si trasferı dunque a Londra, dove conobbe Christian Huygens -
gia mentore di Leibniz13 - che in quegli anni era in visita per la prima volta a Londra.
Huygens gli presento Nicolas Fatio de Duillier, un giovane matematico e astronomo
tedesco che visse per parecchi anni a Londra e gioco un ruolo fondamentale nella
vita di Newton e nella disputa sul calcolo infinitesimale.
Fatio - gia professore di matematica a Spitalfields - giunse a Londra nel 1687, riu-
scendo rapidamente ad inserirsi nella comunita scientifica inglese e ottenendo l’am-
missione alla Royal Society in sole due settimane. Egli - che vantava una grande
stima da parte della corte di Guglielmo d’Orange - si propose di accompagnare fa-
mosi scienziati in visita nella citta: fu cosı che conobbe Huygens. Fatio e Newton
diventarono amici in seguito ad una riunione della Royal Society, il 12 giugno 1689.
Fatio si propose di aiutare Newton a studiare un testo di Huygens in francese, ed in
seguito di supervisionare la seconda edizione dei Principia. Di questa sua attivita
scrisse a Huygens, definendosi uno stretto collaboratore di Newton, e riconducendo
alla sua attivita il fatto che la seconda edizione dei Principa fosse piu ampia della
prima.
L’amicizia tra i due divenne molto intensa nei primi anni novanta del diciassettesimo
secolo, cosı intensa che piu d’uno ha insinuato che ci fosse una relazione omosessuale.
I fatti accertati sono due: le lettere che si scambiarono avevano toni molto affettuosi
e c’era sicuramente una forte stima reciproca. Non c’interessa approfondire ulte-
riormente questo tema, ci bastera osservare che la forte amicizia tra i due avrebbe
potuto rendere Fatio14 poco imparziale durante gli sviluppi della disputa tra Leibniz
e Newton. Cio fu esattamente quello che accadde in seguito.
Di contro furono praticamente inesistenti i rapporti tra Leibniz e Fatio. Huygens
provo ad incoraggiare una corrispondenza tra i due, ma Leibniz semplicemente non
13Cfr. pagina 42.14Hooke arrivo persino a definire Fatio “la scimmietta” di Newton.
5.3. L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695) 95
era interessato a quest’opportunita. Come aveva lucidamente capito che da New-
ton avrebbe potuto imparare soprattutto quello che riguardava gli sviluppi in serie,
probabilmente aveva pensato che da uno scambio epistolare con Fatio non avrebbe
potuto ottenere nulla. Del resto Leibniz era ormai un matematico affermato nel
continente, nonche mentore di molti giovani matematici: nella sua vita non c’era
spazio anche per Fatio de Duillier.
5.3 L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695)
Ora che li abbiamo presentati entrambi. possiamo vedere in che modo i due sviluppi
dell’analisi, quello di Leibniz e quello di Newton, furono oggetto di aspra critica da
parte di un fisico e matematico olandese: Bernard Nieuwentijdt. Egli attacco aper-
tamente la mancanza di chiarezza del lavoro di Newton e l’inefficacia dei differenziali
di ordine superiore di Leibniz15. Nieuwentijdt ammetteva la correttezza generale dei
due metodi, eppure denunciava che non fossero ancora particolarmente chiari e che
addirittura portassero ad alcuni assurdi.
Il metodo di Newton - secondo Nieuwentijdt - aveva come punto debole la definizione
di quantita evanescenti, un concetto centrale negli sviluppi del suo metodo delle
flussioni. Del metodo di Leibniz invece metteva in discussione la sua spiegazione di
come quantita infinitamente piccole sommate tra loro possano dare come risultato
una quantita finita.
Leibniz rispose alle obiezioni di Nieuwentijdt nel 1695, negli Acta Eruditorum, ri-
spondendo linguisticamente: definı infatti i termini “infinito” e “infinitesimale” nien-
t’altro che quantita grandi o piccole a piacere. Ma poiche erano presenti anche pro-
blemi a livello di notazione - non era chiaro il significato esatto dei simboli dx, dy, etc.
- egli dovette entrare nel merito del suo calcolo infinitesimale. Realizzo cosı che al
15Abbiamo visto in precedenza che Leibniz aveva particolari difficolta nel maneggiare derivate diordine superiore al primo.
96 5.3. L’obiezione di Bernard Nieuwentijdt (1695)
cuore del suo calcolo c’era la nozione di rapporto (ragione) tra dy e dx, arrivando
ad una constatazione molto vicina al concetto di ragione di flussioni di Newton.16
Le spiegazioni di Newton nemmeno potevano far luce sulla sua definizione di ultima
ragione (velocita), ed anzi avevano un tono mistico: egli spiego che intendeva per
velocita ultima il momento esatto di arrivo di un corpo in movimento, niente poteva
esserci prima del movimento e niente dopo la sua cessazione. Similmente affrontava
la questione dell’ultima ragione di quantita evanescenti.
In tutto questo, il concetto di limite sembrava restare inspiegabilmente fuori: en-
trambi continuavano a considerare centrale il rapporto tra i differenziali, ovvero
a vedere la ragione come quoziente di due numeri, mentre lo avrebbero dovuto
considerare un solo numero.
In effetti Newton osservo che l’ultima ragione delle quantita evanescenti e in realta
il limite al quale le quantita tendono: egli s’interessava quindi al rapporto tra le
quantita e non alle quantita evanescenti in se, ma non spiegava in che modo le
ragioni dovessero ad un certo punto svanire. Leibniz analogamente si accorse che
significativo era il rapporto tra i differenziali, non i differenziali in se. Anch’egli
pero manco di spiegare in che modo ad un certo punto quantita finite - seppure
arbitrariamente piccole - diventano quantita infinitesime. Anche se si avvicinano
a comprendere la centralita del concetto di limite, non dispongono ancora di una
definizione rigorosa. Inoltre e troppo lontano il concetto di numero reale come limite
di una successione di numeri razionali17, ovvero ragioni di numeri18, che avrebbe
chiarito quanto meno il campo di applicazione dell’analisi matematica.
16Cfr. pagina 75.17La cosiddetta costruzione dei numeri reali secondo Cauchy, risalente al XIX secolo.18I numeri razionali sono infatti i numeri esprimibili da una frazione.
Capitolo 6
Il primo atto della disputa
“Mi dispiace che la tendenza mia e di Huygens ad andare d’accordo vi
addolori.”
“Potete andare d’accordo quanto vi piace. Perche pero, non andate
d’accordo anche con Isaac? Non riuscite a cogliere la magnificenza dei
traguardi da lui raggiunti?”
Leibniz e Fatio in Confusione di Neal Stephenson
6.1 Lo scambio epistolare Leibniz-Newton (1693)
Nel 1693 ci fu il primo e unico scambio diretto di lettere tra Leibniz e Newton. I due
si scambiarono dei complimenti reciproci, senza entrare minimamente nel dettaglio
delle loro teorie matematiche. L’importanza storica di queste lettere e soltanto di
testimoniare i buoni rapporti tra i due, e nient’altro. Fu il tedesco ad iniziare la
corrispondenza1:
Ho riconosciuto pubblicamente, laddove l’occasione me lo permise, quale
enorme debito abbiamo nei tuoi confronti per la conoscenza della mate-
1Traduzione dall’inglese in [2] a pagina 155.
97
98 6.2. I lavori di Wallis (1693-1695)
matica e della natura. Avevi gia dato un grande contributo allo sviluppo
della geometria con le tue serie, ma quando pubblicasti la tua opera dal
titolo Principia, ci mostrasti che ogni argomento dell’analisi, anche quelli
non studiati da altri, per te e come un libro aperto.
Dopo sei mesi Newton rispose, cosı da porre fine allo scambio epistolare2:
Reputo molto importante la tua amicizia e per anni ti ho considerato
uno dei geometri piu importanti del secolo, come ho riconosciuto in ogni
occasione che mi si e offerta.
In questa stessa lettera Newton tradusse finalmente a Leibniz gli anagrammi con-
tenuti nelle lettere di venti anni prima3. Il tedesco non aveva nessun motivo per
pensare che Newton potesse costituire una minaccia. Ed infatti la minaccia non era
Newton.
La situazione si fece piu tesa non appena un connazionale di Newton, John Wallis,
comincio ad insinuare che il calcolo differenziale di Leibniz non fosse che un’opaca
replica del metodo delle flussioni di Newton, che per di piu era stato sviluppato dieci
anni prima.
6.2 I lavori di Wallis (1693-1695)
Newton, rappresentante dell’Universita di Cambridge al parlamento, in questi anni
aumento il suo coinvolgimento negli organi governativi. Negli anni seguenti divenne
direttore delle Zecca di Stato, posizione che gli diede grandi privilegi economici
e grande potere. Non e da stupirsi dunque se in questi anni la schiera dei suoi
sostenitori divenne piu folta. Tra questi ci fu sicuramente John Wallis, un autorevole
2Traduzione dall’inglese in [2] a pagina 155.3Cfr. pagina 52.
6.2. I lavori di Wallis (1693-1695) 99
matematico inglese che nel 1683 aveva pubblicato in latino un suo importante testo
di matematica dal titolo Algebra, ripubblicato nel 1693 in inglese.
Caratteristica di Wallis fu la sua volonta di promuovere in ogni modo il lavoro dei
matematici inglesi, in una sorta di nazionalismo intellettuale che l’illuminismo avreb-
be reso completamente obsoleto. Nella sua Algebra, Wallis incluse alcuni concetti
tratti dalle due lettere di Newton del 13 giugno e del 24 ottobre 1676. Di fatto
fu questo testo che rese Newton popolare in tutta Europa con il suo metodo delle
flussioni: in Olanda i concetti di Newton si stavano diffondendo cosı rapidamente
che a Wallis fu chiesto di ripubblicare le lettere integralmente. Il fatto strano e che
nell’Europa continentale i metodi di Newton non era noti, ma lo era invece il calcolo
differenziale di Leibniz. Se aggiungiamo che Wallis esplicitamente difendeva la sem-
plicita del metodo delle flussioni di Newton rispetto alla complessita del calcolo di
Leibniz, possiamo comprendere come i testi del 1693 divennero presto famosi in Eu-
ropa. Essi costituirono il primo vero atto della disputa sulla proprieta intellettuale
del calcolo infinitesimale.
In un passaggio Wallis scrisse4
Sebbene a prima vista le fluenti e le rispettivi flussioni sembrano difficili
da comprendere, perche e sempre difficile comprendere nuove idee; esse
diventano rapidamente molto piu comprensibili della nozione di momenti
o parti infinitesime o differenze infinitesime.
Egli difendeva chiaramente la concezione flussionale Newtoniana rispetto alla ver-
sione Leibniziana basata sugli indivisibili.
Dopo qualche anno dalla pubblicazione dell’Algebra, quando il primo volume delle
sue Opere era ancora in via di pubblicazione, Wallis scrisse a Leibniz, in data 1◦
dicembre 16965:
4Traduzione dall’inglese in [2] pagna 152.5Cfr. la lettera analizzata nel dettaglio a partire da pagina 107.
100 6.2. I lavori di Wallis (1693-1695)
Sotto la pressa era rimasta solo l’ultima pagina della prefazione, che gia
i tipografi avevano terminato di comporre. Fu allora che un mio amico,
di ritorno da un viaggio all’estero, e al corrente di queste questioni, mi
avvertı che in Belgio era gia stato diffuso un metodo che quasi coincideva
con il metodo delle flussioni di Newton. Per questo motivi, rimossi i tipi
gia posti, vi inserii l’avviso che vi si puo vedere.
Egli si riferisce al fatto che nell’Europa continentale il calcolo differenziale di Leibniz
ha preso piede, a discapito del metodo di Newton - di cui non solo e equivalente, ma
anzi “coincide” con esso. Wallis con Newton e ancora piu esplicito, perche in una
lettera del 10 aprile 1696 indirizzata al suo connazionale aveva scritto:
Mi auguro che finalmente vi decidiate a fare stampare le due lunghe
lettere del giugno e dell’agosto6 del 1676. Dall’Olanda mi e stato fatto
sapere che se lo augurano anche tutti gli amici che la avete, perche i vostri
concetti sulle flussioni vengono attribuiti a Leibniz con il nome di calcolo
differenziale. L’ho saputo quando ormai tutte le pagine del mio libro,
eccetto una parte della prefazione, erano stampate. Quindi tutto cio che
ho potuto fare, profittando di un momento in cui le presse erano ferme,
e stato solo di inserirvi quel brevissimo resoconto che vi vedrete. Non
rendete certo giustizia al vostro onore (e quello della vostra nazione7) col
nascondere nei cassetti del vostro studio una cosa di valore incalcolabile,
mentre altri vi defraudano dell’onore dovutovi. Ho compiuto ogni sforzo
perche in questa faccenda vi sia resa giustizia. Mi dispiace solo di non
aver potuto pubblicare integralmente parola per parola le vostre due
lettere.
Wallis e chiarissimo: Leibniz ha presentato come proprie delle teorie che invece
6Wallis sbaglia, avrebbe dovuto dire ottobre.7Ecco che salta fuori il nazionalismo scientifico di Wallis.
6.2. I lavori di Wallis (1693-1695) 101
avrebbe dovuto attribuire a Newton, il quale dal canto suo non ha fatto niente per
difendere la proprieta intellettuale su argomenti cosı importanti. La prefazione di
Wallis al primo volume delle sue Opera mathematica del 1695 ha toni meno accesi,
ma nonostante cio ebbe l’effetto di far divampare la polemica.
Che cosa e contenuto nel secondo volume si dira nella introduzione a
esso premessa. Vi si trova tra l’altro il metodo di Newton sulle flussioni
(come egli lo chiama), di natura simile al calcolo che Leibniz chiama dif-
ferenziale, come e facile accorgersi paragonandoli tra loro, nonostante la
diversa forma della notazione. Questo metodo io ho trascritto8, lascian-
done invariate, salvo rare eccezioni, le parole dalle due lettere di Newton
del 13 giugno e del 24 ottobre 1676, consegnate a Oldenburg perche le
trasmettesse a Leibniz. In queste Newton espone a Leibniz il metodo da
lui meditato piu di dieci anni avanti9. Questo dico perche nessuno abbia
poi a lamentarsi che non ho fatto menzione di questo calcolo differenziale.
Le reazioni dal Continente non tardarono ad arrivare. Leibniz - all’epoca impegnato
nella stesura della storia e genealogia della Casata dei Brunswick10 - non pote subito
ottenere una copia del testo di Wallis del 1695. Tuttavia i suoi collaboratori degli
Acta Eruditorum e i suoi amici sparsi in tutta Europa immediatamente capirono la
natura dell’attacco di Wallis. L’inglese era del resto gia noto per il suo atteggiamento
xenofobo: era riuscito ad offendere quasi ogni matematico straniero con il quale era
entrato in contatto.
8Nella sua Algebra.9Cioe durante gli anni mirabiles 1665-1666.
10Anni prima egli viaggio in Italia ed Europa Centrale alla ricerca di documenti e testimonianzeche riconducessero la Casata dei Brunswick ad una qualche importante famiglia nobile Europea,che si rivelo essere la Famiglia D’Este.
102 6.3. Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694)
6.3 Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694)
Dei testi pubblicati da Wallis nella prima meta degli anni novanta, sappiamo che
Leibniz non pote leggere subito l’Algebra, ed anzi fu Huygens ad avvisarlo della
pubblicazione, in una lettera del 29 maggio 1694:
Walis mi ha inviato la nuova edizione latina della sua grande opera
De Algebra, aumentata di alcune serie di Newton, dove sono equazioni
differenziali del tutto simili alle vostre, se se ne eccettua la notazione.
Del resto Huygens conosceva bene il calcolo di Leibniz, che lo stesso tedesco gli aveva
spiegato in una lettera del luglio 1690:
[...] Ora impiego somme e differenze, quali dy, ddy, dddy, ovvero le diffe-
renze e gli incrementi (o elementi) della quantita y, o altrimenti le dif-
ferenze di differenze, e le differenze di differenze di differenze. E proprio
come le radici sono l’inverso delle potenze, allo stesso modo le somme
sono l’inverso delle differenze. Per esempio, come√
y2 = y, e 3√
y3 = y,
cosı anche∫
dy = y e∫ ∫
ddy = y.
Le prime reazioni di Huygens furono piuttosto fredde, soprattutto perche trovo il
testo di Leibniz piuttosto oscuro. Soltanto dopo alcune settimane Huygens comprese
la reale portata della nuova matematica, descrivendola come “buona ed utile”, anche
se considerava i suoi metodi altrettanto potenti. Un’ostilita motivata dal fatto che
Huygens, sebbene ammettesse che nelle fasi di scoperta la precisione matematica
potesse venire meno, non accettava che una teoria ben fondata non avesse dimostra-
zioni rigorose. Ma infine Huygens doveva aver ben capito le scoperte di Leibniz, visto
che immediatamente capı che il metodo di Newton era praticamente equivalente.
Leibniz risponde alla lettera del 29 maggio dopo appena due settimane, da Hannover:
6.3. Lo scambio epistolare Leibniz-Huygens (1694) 103
Non so quando mi sara possibile vedere l’opera pubblicata ultimamente
da Wallis. Dovreste farmi il favore, signore, di farne copiare i passi dove
Newton espone nuove scoperte. Non mi interessa tanto di avere il suo
procedimento per trovare le serie, quanto di conoscere i procedimenti che
egli adopera per risolvere il problema inverso delle tangenti, o qualche
altra cosa simile. Infatti quando molto tempo fa mi scrisse, volle nascon-
dermeli con lettere trasposte. Diceva di averne due, l’uno piu generale,
l’altro piu elegante. Non so se ne avra parlato in questi scritti.
Leibniz chiede dunque maggiori informazioni sullo sviluppo del calcolo degli integrali,
ben ricordandosi della diffidenza con cui anni prima Newton gli aveva risposto con
un anagramma alla sua richiesta di ulteriori dettagli.11
Infine in autunno, dopo aver ricevuto materiali da Huygens, Leibniz si dice poco
soddisfatto di quanto contiene l’opera di Wallis, perche non trovo lumi sul metodo
per calcolare gli integrali, anche se finalmente ottenne le soluzioni degli anagram-
mi. Dalla lettera di Leibniz ad Huygens datata 4/14 settembre 1694 riportiamo un
estratto:
Vi ringrazio anzitutto per avermi comunicato l’estratto dell’opera di Wal-
lis che riguarda Newton. Vedo che il suo calcolo si accorda con il mio [...]
Personalmente sono soddisfatto di vedere finalmente la soluzione degli
enigmi contenuti nella lettera di Newton a Oldenburg, ma mi dispiace
di non trovarvi i lumi che mi ripromettevo per l’inverso delle tangen-
ti. Egli si limita a darci un metodo per esprimere per seriem infinitam
il valore dell’ordinata della curva, metodo di cui fin da allora sapevo
il fondamento, come testimoniai ad Oldenburg12. E qualche tempo fa
ne ho dato negli Atti di Lipsia il procedimento in un modo facile e
11Cfr. pagine 52 e 61.12Nella risposta all’Epistola posterior, cfr. pagina 66.
104 6.4. Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696)
universalissimo...13
Huygens morı nel 1695: Leibniz si propose come suo immediato successore, soste-
nendo inoltre che lo stesso Huygens lo avesse individuato come il vero scopritore
del calcolo. Le differenze tra Huygens e Leibniz erano tuttavia evidenti per quanto
riguarda la valutazione dell’importanza del calcolo. Huygens - come Newton - in-
seriva il calcolo infinitesimale all’interno di uno sviluppo continuo della matematica
che includeva anche i metodi di analisi precedenti. Leibniz invece sosteneva di aver
scoperto metodi di analisi di tipo completamente diverso rispetto a quanto fosse
mai esistito fino ad allora. Se dunque tutti e tre avevano una comprensione tecnica
molto evoluta dei metodi del calcolo, assunsero posizioni diverse riguardo all’inter-
pretazione filosofica della nuova matematica. Soltanto Leibniz sostenne una cesura
netta con il passato: dopo il nuovo calcolo differenziale la matematica non sarebbe
stata mai piu la stessa. Anche questo fu probabilmente un motivo del suo successo
tra i matematici continentali contemporanei.
6.4 Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di
Lipsia (1696)
Nel giugno del 1696 sugli Acta Eruditorum comparve un estratto dei primi due vo-
lumi delle Opere di Wallis. Gli editori - tra cui probabilmente lo stesso Leibniz -
rilevarono che nella parte finale delle prefazione, dove si fa menzione dello scambio
epistolare Leibniz-Newton del 1676, Wallis non aveva esposto correttamente l’anda-
mento dei fatti. Non si lamentavano tanto perche vi era detto che Newton aveva
esposto a Leibniz - nelle due lettere ormai famose14 - il proprio metodo, ma per-
che non veniva affatto detto che all’epoca delle lettere Leibniz era gia in possesso
13Cfr. pagina 79.14Cfr. da pagina 52.
6.4. Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696) 105
di un proprio procedimento di calcolo, come lo stesso Newton aveva confermato15.
Questo e un punto chiave: Newton era in possesso del proprio metodo a partire
dal 1665-1666, Leibniz dal 1675 circa. Lo scambio epistolare del 1676 dunque era
stato uno scambio di due metodi gia definiti: i sostenitori di Newton non potevano
sostenere che da quelle lettere Leibniz avesse derivato il suo calcolo infinitesimale,
cio semplicemente non poteva essere vero.
La recensione degli Opera mathematica di Wallis comparsa nel giugno 1696 sugli Acta
Eruditorum ci aiuta a ricomporre la storia che ha condotto al calcolo infinitesimale
di Newton e Leibniz.
Alla serie di Newton, gia inserite nell’edizione inglese, Wallis ne aggiunge
altre, con esse concordanti, di David Gregory, professore ad Oxford, e di
Archibald Pitcairn, professore a Lovanio. Nel cap.95, p.388 dell’Algebra
aggiunge che anche Leibniz e Tschirnhaus fra gli stranieri (come egli si
esprime16), e fra gli inglesi James Gregory e Nicholaus Mercator, erano
pervenuti a qualche cosa di simile, quantunque le loro serie non fossero
per la maggior parte niente altro che casi particolari delle regole generali
stabilite da Newton. Dichiara inoltre che anche il metodo delle flussioni
di Newton (pubblicato per la prima volta nei Principia philosophiae)
e simile al calcolo differenziale di Leibniz e che il metodo di Barrow li
precede entrambi, e che tutti sono stati edificati sulla base dell’Aritmetica
degli infiniti di Wallis, che aveva perfezionato la geometria di Cavalieri,
come questi aveva perfezionato quella di Archimede.
La recensione quindi arriva finalmente al punto piu rilevante per l’approfondimento
della disputa sul calcolo: Newton riconobbe che Leibniz era gia in possesso di un
proprio procedimento quando gli comunico il suo metodo delle flussioni.
15Cfr. pagina 61.16Gli editori degli Acta giustamente mettono in evidenza l’imbarazzante nazionalismo di Wallis.
106 6.4. Recensione degli Opera mathematica sugli Atti di Lipsia (1696)
Tuttavia lo stesso Newton, insigne per la sua buona fede come per i suoi
grandissimi meriti nel campo delle matematiche, quando piu di venti an-
ni fa (per gli interposti uffici di H. Oldenburg di Brema17, segretario della
Royal Society inglese) intercorse fra lui e Leibniz (entrambi membri di
quella Societa)18 una corrispondenza epistolare, riconobbe pubblicamen-
te e privatamente che Leibniz conosceva gia il suo calcolo differenziale,
le serie infinite e i metodi per ottenerle.
Il primo sasso e lanciato: Newton riconobbe a Leibniz i propri meriti. E ora il
momento di un vero e proprio attacco: la colpa e di Wallis che non ha riportato i
fatti cosı come si sono verificati.
Questo19 pero Wallis, ricordando gli scambi intercorsi fra Leibniz e New-
ton, tralascia di dire, forse perche non sapeva come si fossero svolte
esattamente le cose. Del resto la trattazione che Leibniz ha fatto del-
le differenze, trattazione che anche Wallis ricorda (“affinche - come egli
stesso dice - nessuno abbia poi a lamentarsi che non ho fatto menzione
di questo calcolo differenziale”), ha dissipato tutte le inesatte congetture
che si facevano altrove...
Non dubitiamo quindi che, nella sua buona fede, il famosissimo Wallis,
se ne avesse avuto piu precise notizie, avrebbe trattato piu ampiamente
nella sua opera anche le meditazioni dei nostri compatriotti20. Ma egli
stesso si duole nella sua ultima pagina dell’Algebra di non aver potuto
vedere gli “Acta eruditorum”, dove ne sono contenute una buona parte, e
dice di non conoscere abbastanza cio che Leibniz ha dato sulla geometria
17Gli editori degli Acta non mancano di rimarcare, come faranno poco piu avanti, la nazionalitadelle personalita coinvolte - soprattutto quando provengono dai territori germanici.
18Questa precisazione sembrerebbe suggerire che Leibniz e Newton debbano essere consideratipari in quanto a importanza.
19Cioe l’ammissione di Newton.20Anche lo spirito nazionalistico germanico esce fuori, seppure si tratti di uno stato - la Germania
appunto - che ancora non era formalmente tale.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) 107
degli incomparabili o analisi degli infiniti, che altrimenti avrebbe presen-
tato nella sua opera. A questo proposito vogliamo osservare che Nicolaus
Mercator, da Wallis considerato come suo compatriotta, e invece tedesco,
originario dello Holstein, quantunque abbia poi eletto a propria dimora
l’Inghilterra. Mercator e stato il primo, a quanto risulta, ad aver pubbli-
camente dato mediante una serie infinita una quadratura, quantunque
anche Newton l’avesse scoperta a sua insaputa, e fosse andato molto piu
oltre.
All’epoca delle recensione delle opere di Wallis comparsa sugli Acta, tra Wallis e Leib-
niz c’era gia stato uno scambio epistolare che ci aiuta a capire meglio l’atteggiamento
di Wallis nei confronti del tedesco.
6.5 Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
Dopo aver letto la recensione delle sue opere negli Acta, Walli scrive a Leibniz per
chiarire la sua posizione, in data 1◦ dicembre 1696:
[...] Stavo proprio per scrivervi tutto questo, quando ieri mi furono mo-
strati gli Atti di Lipsia del giugno 1696, dove il dotto editore di e degnato
di inserire un’ampia relazione delle mie Opere matematiche (edite a Ox-
ford). Me ne sento obbligato e lo ringrazio.
Sembra pero lamentarsi, o almeno insinuare, che mentre ho esposto piut-
tosto ampliamente il metodo di Newton, ben poco ho parlato di quello
di Leibniz. Non vorrei pero che anche voi, che stimo tanto, vi sentiate
offeso. Anzi sono ben felice che voi, cosı nobile, vi siate degnato di ab-
bassarvi alle nostre questioni matematiche; e sono cosı poco intenzionato
dal volervi in qualche modo offendervi che, se per caso cio fosse accaduto,
e mio desiderio conciliarmi.
108 6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
Wallis e molto difensivo e non manca di rimarcare la sua stima nei confronti di
Leibniz che era un matematico di ben altro calibro rispetto a lui - e non solo per gli
studiosi del Continente. Subito dopo risponde immediatamente all’obiezione solle-
vata dagli editori degli Acta: egli non era a conoscenza di come si erano veramente
svolti i fatti. Wallis non puo che confermare.
Quanto il dotto editore aggiunge: che forse avevo tralasciato di parlare
di quei metodi, perche non ne avevo piu precise notizie, e perfettamente
vero.
Diro quindi come stanno effettivamente le cose e non mi vergogno di con-
fessarlo. Di tutte le vostre ricerche non ricordo di averne vista nessuna,
eccetto due: una pubblicata nei Rendiconti filosofici di Londra21, che
riportavano dagli Atti di Lipsia, senza pero darne la dimostrazione, il
seguente problema: dal quadrato del diametro ricavare l’area del cerchio,
secondo la serie 1 = 11 − 1
3 + 15 − 1
7 + 19 − 1
11 in infinitum. Cosa che ho
inserito come vostra nella proposizione 95 della mia Algebra. Se oltre a
queste avessi visto qualche altra vostra cosa, non l’avrei certo taciuta.
Non sono ancora riuscito a vedere la vostra Geometria incomparabilium
o Analysis infinitorum (che pure nella mia opera ho ricordata come da
voi menzionata), e di essa non sono riuscito a sapere niente altro, nep-
pure di fama, se non quello che ho detto in calce nella mia Algebra.
Ne ricordo di aver mai sentito parlare del calcolo differenziale, se non
dopo che erano stati stampati entrambi i volumi della mia opera [...]
Questa ammissione di Wallis e quasi incredibile: dal tono delle prefazione22 ci si
poteva aspettare un tono piu perentorio, invece l’inglese si scusa in continuazione ed
ammette di ignorare i testi di Leibniz. Addirittura ad un certo punto aggiunge
21Le Philosophical Transactions della Royal Society.22Cfr. pagina 100.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) 109
Mi si puo comunque perdonare che alla mia eta (ho superato infatti gli
80 anni) non sia al corrente di tutto.
Finalmente dunque Wallis arriva al punto piu delicato: lo scambio di lettere Leibniz-
Newton nel 1676.
In ogni modo ho subito ricordato (e indicato) che anche voi vi eravate
occupato di simili questioni; e che fra voi e Newton, attraverso Olden-
burg, erano intercorse alcune lettere: lettere che non ho visto e di cui
non conosco il tenore. Oldenburg era infatti gia morto da molto tempo,
e quindi non potevo saperlo da lui. Domandai allora al nostro Newton
di inviarmi una copia di quelle lettere, se ne fosse stato ancora in pos-
sesso. Rispose pero di non averle piu (credo che siano andate distrutte
dalle fiamme insieme a molti altri scritti di Newton, degni di miglior lu-
ce, come, se non fosse stato per me, sarebbero andate perdute anche le
sue lettere). Avevo infatti richiesto le vostre lettere con l’intenzione di
pubblicarle insieme a quelle di Newton. Cosa che forse faro, non appena
se ne presenti l’occasione, e se vi degnerete di inviarmene una copia.
E opportuno a questo punto domandarsi come mai, visto che Wallis non aveva avuto
l’opportunita di consultare le lettere, decise di prendere una posizione cosı netta e
decisa contro Leibniz. Almeno in parte questo e da attribuirsi dal suo innegabile
spirito nazionalistico, che pure egli cerca di minimizzare poco piu avanti nella stessa
lettera.
Che Henry Oldenburg sia stato di Brema e Nicolaus Mercator dello Hol-
stein, come avanza il dotto editore, penso che sia vero. So almeno che
non erano inglesi (non voglio sottrarli alla vostra Germania), tanto che
nel menzionarli non servii del termine “compatriotti” ma mi limitai a
dire apud nos. Ma non per questo li ho amati o stimati di meno. Per
110 6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
me infatti e indifferente la stirpe di un uomo (Tros Tyriusve foret, nullo
discrimine), purche si tratti di un uomo buono e degno di merito. Ma
vissero a lungo presso di noi e qualsiasi cosa abbiano fatto su questa
materia, lo hanno fatto presso di noi.
[...] Non vorrei che l’illustre editore dubiti (cosa che si preoccupa di im-
pedire) che io non sia disposto a favorire i vostri compatriotti e le vostre
scoperte, e che voglia piuttosto sottrarvele o minimizzarle: io che sono
solito stimare sinceramente le scoperte altrui e rafforzarle con benigna
interpretazione [...] sono pronto a fare la stessa cosa delle vostre, se potro
venirne in possesso.
Leibniz risponde a Wallis il 19 marzo 1697, apprezzandone i toni cosı concilianti pur
senza rinunciare a rispondere alla velata provocazione di Wallis, che aveva insinuato
che nemmeno i tedeschi fossero completamente imparziali.
Ma poiche mi e sembrato che abbiate accolto alcune espressioni degli
Atti in maniera tale che avete accusato noi tedeschi di animo non del
tutto imparziale, e quasi volto a diminuire, recensendole, le vostre Ope-
re, ho pensato di farvi cosa non sgradita scrivendo agli editori degli Atti
una lettera (di cui vi invio una copia) che, inserita, se parra loro oppor-
tuno, nel giornale, possa darvi piena soddisfazione, togliendovi tutti gli
scrupoli.
Leibniz intende ripercorrere brevemente gli sviluppi che hanno portato lui e Newton
alla scoperta del calcolo infinitesimale. Dopo aver elencato di meriti di Galilei e
Cavalieri per la geometria degli indivisibili e Fermat per il calcolo dei massimi e dei
minimi, egli arriva a matematici piu vicini nel tempo. Nomina infatti Huygens e lo
stesso Wallis, infine Gregory, Barrow e Mercator23. In ultimo e la volta di Newton:
23Del quale Leibniz ribadisce la nazionalita tedesca “Nicolaus Mercator dello Holstein”.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) 111
A questa stessa scoperta, non solo indipendentemente da Mercator, ma
con un metodo universale, pervenne anche Newton, matematico sommo,
che se pubblicasse le sue meditazioni (so che continua a tenerle nascoste),
ci aprirebbe indubbiamente strade capaci di condurci a nuovi grandi
progressi e risultati nelle scienze.
A tutto questo aggiungo alcune cose dovute alla mia opera. In particolar
modo sono riuscito mediante un nuovo genere di calcolo a sottoporre
all’analisi anche le grandezze trascendenti irriducibili all’algebra, e ho
insegnato a spiegare con determinate equazioni le curve che Descartes
aveva erroneamente escluse dalla geometria; equazioni che ci permettono
di dedurre con sicuro procedimento di calcolo tutte le loro proprieta.
Cosı per esempio rappresento la cicloide24 con l’equazione
y =√
2x − xx +
∫
dx√2x − xx
dove∫
indica la sommatoria e d la differenziazione, x l’ascissa, e y
l’ordinata in coordinate ortogonali.
Leibniz mette sul piatto le proprie teorie, parallelamente - ma non in competizione
- alle teorie di Newton, che viene invitato ancora una volta a pubblicare le proprie
scoperte, evidentemente in parte ancora ignote a Leibniz nei loro dettagli piu spe-
cifici. In un’altra lettera del maggio 1697 Leibniz e molto insistente nell’invitare
Newton a pubblicare i suoi lavori, tanto che poco dopo sara lo stesso Wallis a girare
a Newton la richiesta:
[...] se l’occasione lo permette (le chiederei di) offrire i miei piu umili sa-
luti, al signor Newton, che e un uomo dai piu grandi talenti, e pregarlo di
non distogliere l’attenzione dal pubblicare le sue riflessioni migliori. Inol-
24Una curva piana - il cui nome e stato coniato da Galilei - tracciata da un punto fisso su unacirconferenza che rotola lungo una retta.
112 6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698)
tre, non solo osservai, dopo la pubblicazione del suo librio (i Principia),
che il metodo delle flussioni di Newton era parente del mio calcolo diffe-
renziale, ma anche esplicitai questa convinzione negli Acta Eruditorum
e informai altri di cio.
In seguito, Leibniz gela le speranze dell’inglese di entrare in possesso delle lettere
originali del 167625.
Riguardo alle lettere scambiate fra me e Oldenburg, far le quali sono an-
che alcune di Newton, uomo di eminente ingegno, o sono andate perdute
nei miei numerosi viaggi e in attivita completamente diverse da questo
genere di studi, o giacciono insieme a molte altre sotto una mole di carte,
che dovranno una buona volta venir esaminate e ordinate, non appena
avro un momento libero dalle occupazioni che mi assillano; momento che
pero non posso concedermi subito come vorrei.
La corrispondenza tra i due continua: piu volte Wallis ribadisce di non aver capito
in cosa consista il calcolo differenziale di Leibniz, e lo mette sempre in relazione con
il metodo delle flussioni di Newton26:
Invero non mi e ancora del tutto chiaro che cosa sia quel vostro calcolo
differenziale, se non cio che mi e stato recentemente detto: che quasi
coincide con la teoria delle flussioni di Newton.
[...] E se non mi sbaglio (cosı almeno mi e stato detto) la dottrina delle
flussioni di Newton e quella stessa (o per lo meno similissima a quella)
che voi chiamate calcolo differenziale.
Leibniz precisa che il suo metodo e quello di Newton hanno grandi somiglianze:27
25Cfr. sempre a partire da 52.26Dalla lettere di Wallis del 6 aprile 1697.27Lettera di Leibniz del 28 maggio 1697.
6.5. Lo scambio epistolare Wallis-Leibniz (1696-1698) 113
[...] non solo mi resi conto della stretta parentela esistente fra il metodo
delle flussioni del profondissimo Newton e il mio metodo differenziale, ma
lo ho anche pubblicamente dichiarato negli Acta eruditorum e altrove.
Tuttavia il tedesco ancora non sospetta che tale innegabile somiglianza verra utiliz-
zata dagli inglesi per accusarlo di plagio, e si dimostra ancora ottimamente disposto
nei confronti di Newton, che non manca mai di elogiare. Del resto Leibniz e al di
fuori del dibattito tra i matematici inglesi e non sa esattamente cosa sta accadendo
al di la della Manica riguardo alla sua disputa con Newton. Come unica fonte, egli
ha soltanto un rapporto epistolare con Thomas Burnet - figlio del Royal Physician
for Scotland - che lo aggiorna sporadicamente sulla vita intellettuale inglese e lo
aiuta nel consegnare le sue missive a Locke, Newton e lo stesso Wallis.
Lo scambio epistolare Leibniz-Wallis andra avanti ancora fino almeno al 1698, anni
in cui Leibniz autorizza Wallis a pubblicare alcune sue lettere28:
[...] Mi domandate il permesso di pubblicare non so quali mie lettere
(forse quelle da me inviate un tempo a Oldenburg), di cui siete venuto
in possesso. [...] Mi rendo facilmente conto che queste mie lettere scritte
in gioventu in modo tumultuoso, quando le mie conoscenze erano anco-
ra modeste, incontreranno piu facilmente indulgenza che lode. [...] Ma
quantunque riconosca che questa pubblicazione e piu utile alla vostra
gloria (di cui d’altronde sono ben contento) che non alla mia, non voglio
sottrarmi alla vostra autorita e sono pronto ad adoperarmi per il bene
generale, anche se con cio posso andare incontro a qualche rischio.
Dopo questa piccola disputa, un attacco ben piu serio al calcolo differenziale di
Leibniz arrivera da Fatio de Duiller, appena l’anno successivo.
28Si tratta delle lettere del 1676-1677, che finalmente Wallis e riuscito a recuperare.
Capitolo 7
Il secondo atto della disputa
“Ci sono persone secondo cui Leibniz sarebbe, per me, una specie di
avversario. Io non sono d’accordo.” Cosı dicendo, Newton lascio vagare
lo sguardo in direzione di Fatio, che arrossı e guardo altrove.
Newton ad Eliza da Confusione di Neal Stephenson
7.1 Il problema Brachistocrono (1696)
La disputa sulla proprieta intellettuale del calcolo infinitesimale era appena iniziata1,
ma non era ancora entrata nel vivo: Leibniz era intervenuto in modo molto pacato
mentre Newton non erano neppure sceso in campo.
Eppure i matematici di tutta Europa avevano gia cominciato a schierarsi. Nel conti-
nente Leibniz godeva di molti sostenitori, tra i quali l’amico storico Johann Bernoulli.
Questi, per provare la superiorita di Leibniz su Newton e l’inabilita matematica del-
l’ultimo, propose una sfida matematica detta il problema Brachistocrono, aperta ai
matematici piu abili di quel periodo. Furono inviate a Wallis e Newton in Inghilterra
1Con i con i lavori di Wallis, cfr. pagina 98.
115
116 7.2. Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hopital (1699)
singole copie del testo del problema, che fu inoltre pubblicato sugli Acta Eruditorum
e su una pubblicazione francese dal titolo Journal des Scauans. Ci sarebbe stato
tempo per rispondere fino alla Pasqua seguente. Obiettivo finale di questo proble-
ma, nella mente di Bernoulli, era dimostrare la superioria del calcolo differenziale
rispetto al metodo delle flussioni di Newton.
Il problema consisteva nel calcolare una curva che collega due punti, non allineati
uno sotto all’altro, tale che un corpo in caduta - sotto l’effetto soltanto della forza
di gravita - la percorra nel minor tempo possibile. Newton risolse il problema in
appena una notte, ma fu praticamente l’unico a risolverlo utilizzando il metodo delle
flussioni. In Europa Leibniz, de L’Hopital e i Bernoulli lo risolsero servendosi del
calcolo differenziale.
Il tentativo di Bernoulli era fallito, ma in fin dei conti era stata dimostrata la su-
periorita del calcolo infinitesimale. Leibniz se ne considerava il fondatore, poco gli
importava se dall’altro lato dello Stretto della Manica un inglese avesse un metodo
diverso dal suo.
7.2 Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de
l’Hopital (1699)
Leibniz semplicemente non riusciva a vedere le minacce che incombevano su di lui.
Fu un suo amico ad informarlo del pericolo, non un matematico qualunque, ma
uno dei cinque matematici che erano riusciti a risolvere il problema brachistocrono:
Guillame Francois Antoine de Sainte Mesme, marchese de l’Hopital. Dalla lettera
del marchese de l’Hopital a Leibniz, datata 13 luglio 1699:
[...] Non so se siete al corrente che nel terzo volume delle sue Opere ma-
tematiche, Wallis ha inserito alcune vostre lettere inviate a Newton e ad
altri. Credo che l’abbia fatto con l’intenzione di attribuire a quest’ultimo
7.2. Le lettere tra Leibniz e il marchese Guillaume de l’Hopital (1699) 117
la scoperta del vostro calcolo differenziale, che Newton chiama delle flus-
sioni. Mi sembra che gli inglesi cerchino con tutti i mezzi di attribuire
alla propria nazione la gloria di questa invenzione.
Da notare soprattutto due aspetti: il primo e che chiaramente de l’Hopital ignorava il
metodo delle flussioni prima di averne letto da Wallis, soprattutto ignorava il fatto
che tale metodo fosse noto a Newton ben prima che Leibniz possedesse il calcolo
differenziale. Il secondo e che evidentemente era sentire comune il fatto che Wallis
avesse cercato di portare in Inghilterra quanti piu meriti scientifici possibile.
Leibniz era a conoscenza della volonta di Wallis di pubblicare le proprie lettere, del
resto lo aveva utilizzato appena l’anno prima2, quindi non poteva esserne sorpreso.
Cio che probabilmente non sapeva e che nell’ultimo anno era comparso in Inghilterra
un articolo che lo attaccava molto piu direttamente. Secondo tale articolo non solo
Newton era stato il primo a scoprire il calcolo, ma si cercava di dimostrare che
Leibniz avesse copiato i propri metodi da quelli di Newton.
L’autore non e un personaggio nuovo di questa storia: si tratta di Fatio de Duillier,
il matematico svizzero grande amico di Newton.3 Il marchese de l’Hopital avviso
Leibniz - sempre nella lettera del 13 luglio - che era stato pubblicato un tale articolo,
scritto da Fatio, dal titolo Lineae brevissimi descensus investigatio geometrica.
[...] Ho appena ricevuto, scritto in inglese, un libro di Fatio sull’incli-
nazione che si deve dare ai muri per ottenere una migliore esposizione
degli alberi da frutta. Alla fine vi e aggiunto uno scritto latino4 dove
l’autore sembra avervi preso di mira. Ve lo invio perche facciate a questo
proposito cio che riterrete piu opportuno.
2Cfr. pagina 113.3Nato in Svizzera, a Basilea, passo la giovinezza a Ginevra dove coltivo la passione per l’astro-
nomia. A ventidue anni si trasferı in Olanda dove Huygens lo istruı sui temi della matematica pura.Cfr. pagina 94.
4L’investigatio di cui sopra.
118 7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Leibniz rispose dopo appena due settimane, ringraziando de l’Hopital per le segna-
lazioni, esprimendo assoluta tranquillita per quanto riguarda il testo di Wallis:
Wallis mi ha chiesto il permesso di pubblicare le mie vecchie lettere, ag-
giungendo che avrei potuto sopprimere tutto quello che avessi ritenuto
opportuno. Ma, poiche non ho nulla da temere dalle cose come effettiva-
mente stanno, ho risposto che poteva pubblicare tutto quello che avesse
giudicato degno di esserlo. Me ne ha inviata una copia, ma non l’ho
ancora letto.
Cio che invece turbava sinceramente Leibniz era l’articolo di Fatio5:
Vi sono grato, signore, per avermi inviato il trattato di Fatio, che mi
riguarda. Vi si rivela molta passione, non so se dovuta a invidia, a
emulazione o a qualche altra cosa. Se ne era cosı bene informato da tanto
tempo, perche non l’ha fatto conoscere prima? [...] Spero che Newton
non approvera le espressioni di Fatio, e troppo al corrente della verita.
Fatio, che quasi sicuramente non aveva trovato inizialmente l’approvazione di New-
ton e che era mosso da rabbia e risentimento, voleva dimostrare la superiorita tecnica
e la priorita di scoperta dell’amico rispetto a Leibniz. Ma cosa conteneva esattamente
l’articolo di Fatio?
7.3 L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Fatio de Duillier aveva almeno due ragioni per attaccare apertamente Leibniz. La
piu banale era la sua amicizia con Newton: per guadagnare credito agli occhi del-
l’amico, era disposto a scagliarsi contro colui che ne aveva messo in discussione la
priorita nella scoperta del calcolo. La ragione meno ovvia e che Fatio de Duillier
5Che de l’Hopital aveva allegato alla lettera precedente.
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699) 119
aveva personali motivi di risentimento nei confronti di Leibniz. Egli infatti era en-
trato in una sorta di competizione con il tedesco, al tempo in cui erano entrambi
discepoli di Huygens6. Successivamente scrisse numerose lettere allo stesso Leibniz
invitandolo a condividere i suoi studi matematici, ma non ottenne risposta. In se-
guito, pur risolvendo il problema brachistocrono, non riuscı a inviare la soluzione in
tempo e quindi rimase fuori dalla schera dei risolutori ufficiali di cui Leibniz scrisse,
elogiando il fatto che soltanto i veri discepoli di Newton e dello stesso Leibniz aveva-
no gli strumenti matematici adatti per risolvere tale problema. Fatio la prese come
una questione personale, ed era ormai pronto ad attaccare direttamente Leibniz.
A pagina 18 del suo Lineae brevissimi descensus investigatio geometrica del 1699
scrisse:
Leibniz domandera forse da dove ho tratto la conoscenza di questo calcolo
di cui mi servo. Io stesso con le mie sole forze ne ho trovato i principi e la
maggior parte delle regole nell’aprile 1687, nei mesi e negli anni seguenti.
Allora non credevo che nessuno oltre me si servisse di questo calcolo,
che avrei conosciuto anche se Leibniz non fosse mai nato. Questi potra
vantare di ben altri discepoli, ma non certo di me; come risulterebbe
ancora piu chiaro se fossero di dominio pubblico le lettere che intercorsero
fra me e l’illustrissimo Huygens. Riconosco pero, costretto dall’evidenza
dei fatti, che Newton e stato il primo a scoprire, molti anni fa, questo
calcolo. Se Leibniz, suo secondo inventore, abbia tratto alcunche da
Newton, e una cosa su cui preferisco non dare alcun giudizio, ma voglio
lasciarla stabilire da quelli che ebbero modo di vedere le lettere e gli
altri manoscritti di Newton. Il silenzio del troppo modesto Newton, o la
sollecitudine di Leibniz nell’attribuirsene la scoperta, non puo trarre in
inganno chiunque esamini appena attentamente il materiale che io stesso
ho sfogliato.
6Cfr. pagina 94.
120 7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Fatio era un matematico molto preparato - uno dei pochi a comprendere a pieno
i metodi del calcolo - ed aveva avuto accesso ai manoscritti di Newton con una
liberta che probabilmente non ebbe nessun altro dopo di lui. Inoltre va detto che
propendeva per la soluzione newtoniana - relativamente alla disputa con Leibniz -
gia a partire da molti anni prima, nel 1691, quando in una lettera ad Huygens aveva
specificato che
Mi sembra che per tutto cio che finora sono stato in grado di vedere (tra
cui testi scritti molti anni fa), Newton sia senza dubbio il primo inventore
del calcolo differenziale e che lo conosceva almeno altrettanto bene, se
non di piu, di quanto Leibniz lo conosca ora, gia in un periodo in cui
quest’ultimo non ne aveva nemmeno un’idea. L’idea7 non gli venne se
non dopo che Newton gli scrisse a tal proposito.8
Complessivamente quindi Fatio ebbe buon gioco nell’attaccare Leibniz, ma senza il
supporto di Newton non avrebbe potuto intaccarne l’autorita.. Del resto Leibniz
era il matematico piu celebre al mondo, godeva di una reputazione incredibile anche
in Inghilterra ed era membro di lunga data della Royal Society. Rispose facilmente
all’accusa dopo un anno, con tutta calma, sulle pagina degli Acta eruditorum.
Avendo ricevuto il trattato di Nicolas Fatio de Duillier, De curva bre-
vissimi descensus, solidoque minimam resistentiam hanente, pubblicato
ultimamente a Londra, sono rimato non poco sorpreso che una persona,
da me mai in qualche modo offesa, abbia potuto dare prova di un animo
cosı male intenzionato nei miei confronti [...]
Fino a questo punto Duillier ha difeso la propria o, come riteneva, pub-
blica causa: ora pero si assume contro di me anche la causa del grande
geometra Newton e di altri. Perdoni quindi se non rispondo a tutte le
7La scoperta del calcolo da parte di Leibniz.8Fatio si riferisce alle lettere di Newton del 1676, cfr. a partire da 52.
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699) 121
sue asserzioni finche egli non dimostri di agire per il mandato di altri e
soprattutto di Newton, con il quale non ho mai avuto nessun disaccor-
do. Tutte le volte che Newton ha parlato con amici comuni ha sempre
dimostrato di avere una buona opinione di me, e mai, per quanto mi e
dato di sapere, ha sollevato lagnanze; anche in pubblico si esprime nei
miei confronti in modo tale che avrei torto a lamentarmene.
Leibniz, a testimonianza della stima di cui gode da parte di Newton, adduce come
prova la prima edizione dei Principia del 1687:
Per cio che mi riguarda ho sempre di buon grado proclamato, tutte le
volte che se ne offriva l’occasione, i suoi grandi meriti, ed egli stesso
sa meglio di qualsiasi altro, e lo ha anche pubblicamente dichiarato,
quando nel 1687 pubblico i suoi Principi matematici della natura, che
certe sue nuove scoperte geometriche, comuni a entrambi, nessuno dei
due le doveva alla luce dell’altro, ma ciascuno alle proprie meditazioni,
e che io le avevo esposte circa dieci anni avanti.9
Leibniz spiega anche - in accordo con quanto abbiamo appreso dalla corrispondenza
con Oldenburg10 - quanto poco apprese dal primo scambio epistolare con Newton,
rispetto a quello che poi comparve nei Principia.
Pero quando nel 1684 pubblicai gli elementi del mio calcolo, delle sue
scoperte in questo campo sapevo solo cio che egli stesso una volta mi
aveva comunicato per lettera, che cioe poteva trovare le tangenti senza
essere costretto a togliere gli irrazionali, cosa che in seguito anche Huy-
gens mi disse di essere in grado di fare, quantunque mancasse di tutti gli
altri elementi di quel calcolo. Quando pero vidi i Principia mi resi conto
che Newton era pervenuto a cose ben maggiori.
9Cfr. estratto dalla prima edizione dei principia, pagina 91.10Cfr. capitolo 3.
122 7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699)
Leibniz e talmente in buona fede che non puo mancare di citare Wallis, dallo scontro
con il quale e uscito facilmente.
Che tuttavia si servisse di un calcolo tanto simile al mio calcolo differen-
ziale non lo appresi prima che uscissero i primi due volumi delle Operedi
Wallis, quando Huygens, venendo incontro alla mia curiosita, mi invio
immediatamente il passo che riguardava Newton.
Leibniz era talmente sicuro di se che invito persino Newton a pubblicare i suoi iscritti
ancora chiusi nel cassetto.
Sebbene dopo tante utili opere offerte al pubblico, sia ingiusto esigere
qualche altra cosa da Newton, che richiedeva nuove fatiche e ricerche,
non posso tuttavia trattenermi, dato che mi si e offerta l’occasione, dal
richiedere pubblicamente a questo massimo matematico che, memore del-
le sorti umane e della generale utilita, non tenga piu a lungo nascoste le
preziose meditazioni che ancora non ha reso note e con le quali puo illu-
strare le scienze matematiche e soprattutto i segreti della natura. Perche
se non lo spinge la gloria di cosı grandi cose (quantunque a stento se ne
potrebbe aggiungere ancora a quella che ha gia conseguito), pensi alme-
no che nulla e piu conforme alla natura di un animo generoso dell’aver
conseguito meriti verso il genere umano.
Leibniz rispose in modo vincente all’attacco di Fatio essenzialmente perche chiamo
in causa Newton. Egli voleva giustamente confrontarsi - su una questione cosı im-
portante come quella della paternita del calcolo - con il matematico direttamente
coinvolto. Il silenzio di Newton fu interpretato come un’approvazione della risposta
di Leibniz. Anche questo attacco era stato sventato, ma il tedesco dovette capitola-
re, alla fine della vicenda, quando finalmente Newton decise di scendere in campo.
A partire dal 1703 Newton divenne presidente della Royal Society: questo gli diede
7.3. L’articolo di Nicolas Fatio de Duillier (1699) 123
un potere immeso in campo scientifico, e gli permise di giocare nel migliore dei modi
tutte le sue carte contro Leibniz.
Capitolo 8
Il terzo atto della disputa
“E una lite a calci negli stinchi che va avanti da anni. Ebbene, alcuni
mesi fa la lite e divampata. Fatio ha pubblicato un articolo in cui faceva
affermazioni assai poco riguardose sul conto del vostro umile e obbediente
servitore qui presente e attribuiva l’invenzione del calcolo a Newton. Poco
dopo, i Bernoulli hanno cucinato un problema matematico e lo hanno
diffuso tra i matematici del Continente, per vedere se qualcuno era in
grado di risolverlo. [...] Newton e tuttora senza rivali in matematica.
E ora, grazie ai subdoli fratelli Bernoulli, e convinto che tutti gli altri
matematici continentali cospirino ai suoi danni.”
Leibniz a Sophie in Confusione di Neal Stephenson
8.1 L’Ottica di Newton (1704)
Isaac Newton fu eletto presidente della Royal Society, l’organismo accademico piu
importante di tutta l’Inghilterra, e probabilmente d’Europa, il 30 novembre 1703. Fi-
125
126 8.1. L’Ottica di Newton (1704)
nalmente Newton ebbe riconosciuta l’importanza che meritava: addirittura qualche
anno dopo la regina Anna lo nomino cavaliere1.
Nel 1702 un medico di origini scozzesi, George Cheyne, aveva pubblicato un libro
sul Metodo inverso delle Flussioni, nel quale riprendeva e spiegava il metodo New-
toniano. Cheyne - che conosceva bene anche i lavori dei matematici continentali -
dichiarava esplicitamente che il metodo di Newton coincideva con quello di Leib-
niz, ma lo precedeva di almeno diciassette anni. Da allora Newton divenne sempre
piu importante, in Inghilterra e poi nell’Europa continentale. Nel 1704 il mondo
pote ulteriormente approfondire il metodo delle quadrature newtoniano, attraverso
un trattato scritto dallo stesso Newton: il De Quadrature curvarum, in appendice
al suo trattato di Ottica2. Il trattato sulle quadrature era stato scritto molti anni
prima, ma la spiegazione del metodo di Newton data da Cheyne era cosı imprecisa
che Newton stesso sentı l’esigenza di pubblicare qualcosa scritto di proprio pugno.
Morto anni prima anche Hooke3, suo storico avversario, Newton aveva finalmente
dato alla luce i suoi lavori sul calcolo. Di fatto il trattato di Newton non rappresen-
tava novita sostanziali per chi aveva gia avuto modo di studiare il suo metodo piu
da vicino, ma fu comunque importante per due motivi. Primo: il De Quadratura fu
importante per tutti i matematici del mondo perche fu pubblicato, guadagnando cosı
un’ampia diffusione. Secondo: gli editori degli Acta Eruditorum - piu probabilmente
Leibniz stesso - pubblicarono nel gennaio del 1705 una provocatoria recensione sul
trattato che incendio definitivamente la disputa Leibniz-Newton. Per la prima volta,
viene affermato che Leibniz e l’inventore del calcolo, cosa che non poteva passare
inosservata agli occhi di Newton e dei suoi seguaci.
Gli elementi di questo calcolo erano gia stati dati dal loro inventore G. W.
Leibniz proprio in questi stessi Atti, mentre le sue varie applicazioni sono
state indicate, oltre che dallo stesso Leibniz, anche dai fratelli Bernoulli e
1Per la precisione, si tratta del 1705.2Il famoso Opticks, or a Treatise of the Reflextions, Inflextions and Colours of Light.3Cfr. pagina 35.
8.2. L’attacco di John Keill (1708) 127
dal marchese de l’Hopital, della cui immatura morte devono dolersi tutti
coloro che amano il progresso della scienza piu profonda.
Chi scrive la recensione sugli Acta evidentemente conosce gia il metodo di Newton,
quindi se non era Leibniz doveva essere qualcuno molto vicino a lui.
Ora Newton, in luogo delle differenze di Leibniz, si serve, come d’altronde
si e sempre servito, delle flussioni, concepite quanto piu possibile vicine,
nella stessa misura in cui gli incrementi delle fluenti sono concepiti come
prodotti in eguali tratti di tempo, quanto piu possibile piccoli. E ne ha
fatto un uso molto elegante nei suoi Principia mathematica, e in altri
scritti pubblicati dopo, allo stesso modo che Honore Fabri, nella sua
Synopsis geometrica, ha sostituito al metodo di Cavalieri il progresso dei
moti.
Quest’ultimo passo fu interpretato dai newtoniani come se Leibniz intendesse dire
che Newton aveva sostituito alle differenze le flussioni, cosı come Honore Fabri4 aveva
sostituito al metodo di Cavalieri il progresso dei moti. In pratica questo significava
che Leibniz era il vero inventore del calcolo, e Newton lo aveva derivato da lui.
Passarono alcuni anni prima che tale recensione finisse nelle mani di Newton, finche
nel 1708 uno dei seguaci di Newton prese le difese dell’inglese.
8.2 L’attacco di John Keill (1708)
Il primo sostenitore di Newton che uscı allo scoperto, John Wallis5, morı nel 1703,
ma Newton poteva contare su un nuovo alleato. Dopo Fatio6, fu John Keill, un
4Honore Fabri era un matematico, fisico e astronomo francese, morto nel 1688.5Cfr. pagina 98.6Cfr. pagina 118.
128 8.2. L’attacco di John Keill (1708)
giovane professore a Oxford e pupillo di Gregory7, ad assestare un colpo decisivo
alla reputazione di Leibniz.
Nelle Philosophical Transactions della Royal Society, comparve - nella seconda meta
del 17088 - un articolo di John Keill9, nel quale egli riuscı a sferrare un’accusa
difficilmente gestibile da Leibniz. Egli non scrisse che Newton pubblico per primo
i lavori sul calcolo - cosa che sarebbe stata facilmente smentita - ma gli attribuı
la priorita di scoperta. Leibniz inoltre era presentato come colui che aveva seguito
le orme di Newton non soltanto temporalmente, ma anche per quanto riguarda il
contenuto.
[...] Tutto cio consegue dall’aritmetica delle flussioni, ormai divenuta fa-
mosa in questi ultimi tempi. Newton e senza alcun dubbio colui che l’ha
scoperta per primo, come puo accertarsene chiunque legga le sue lettere
pubblicate da Wallis10. In seguito questo stesso calcolo venne pubblicato
da Leibniz negli “Acta eruditorum”11, sotto diverso nome e con diversa
notazione.
L’insinuazione colpı nel segno, e come tale era inconfutabile. Leibniz avrebbe effet-
tivamente potuto copiare i lavori di Newton. Diventava quasi irrilevante il fatto che
l’avesse realmente fatto oppure no.
La risposta di Leibniz arrivo con una lettera ad Hans Sloane, segretario della Royal
Society. Ma fu come se tale risposta fosse indirizzata a Newton in persona, all’epoca
presidente ed autorita assoluta della Royal Society. Leibniz scrisse il 4 marzo 1711,
da Berlino:
Vi ringranzio per l’invio dell’ultimo volume delle “Philosophical Tran-
sactions”, che mi e stato consegnato in ritardo a Berlino, dove mi sono
7Cfr. pagina 76.8Anche se non fu pubblicato fino al 1710.9Membro della Societa dal 1700.
10Cfr. pagina 107.11Cfr. pagina 79.
8.2. L’attacco di John Keill (1708) 129
recato. Mi dovete scusare se solo ora vi ringrazio per un regalo dell’anno
passato.
Avrei pero desiderato, esaminata l’opera, di non essere costretto a da-
re inizio per la seconda volta a una protesta12. Una prima volta ho
postulato quando Nicolas Fatio de Duillier volle punzecchiarmi in un pu-
blico scritto sostenendo che mi ero attribuito quanto era stato scoperto
da altri. Gli risposi negli Atti di Lipsia, dandogli una buona lezione; e
voi stessi, da quanto almeno ho saputo dalle lettere delal Royal Society
(cioe dalle vostre stesse lettere13, come mi sembra almeno di ricordare14),
esprimeste la vostra disapprovazione verso la sua condotta
Leibniz, strategicamente si appella al precedente con Fatio, ma ben presto si accor-
gera che questa volta l’attacco era di tutt’altra portata. Appellarsi a Newton non
fu di nessun aiuto.
E lo stesso Newton, cosı almeno mi e stato riferito, disapprovo una cosı
inopportuna sollecitudine verso i propri compatriotti. Cio nonostan-
te sembra che Keill, nel volume da voi inviato (fascicolo di settembre-
ottobre 1708, p.185) abbia voluto rinnovare l’inutile accusa, scrivendo
che io pubblicai sotto diverso nome e con diversa notazione l’aritmetica
delle flussioni scoperta da Newton. Chiunque legga, e creda a queste pa-
role, non puo non sospettare che io abbia fatto uscire, sotto altro nome e
sotto altra notazione, le scoperte altrui. Quanto questo sia falso nessuno
sa meglio dello stesso Newton, e non vi e dubbio che non ho mai sentito
pronunciare il nome di calcolo delle flussioni, ne ho mai visto con i miei
occhi i caratteri usati da Newton, prima che venissero pubblicati nelle
Opere di Wallis. Anzi le stesse lettere pubblicate da Wallis dimostrano
12Dopo l’episodio con Fatio, cfr. pagina 118.13Leibniz sta scrivendo ad Hans Sloane, segretario della Royal Society.14Leibniz ricordava bene, Sloane fu segretario della Royal Society dal 1693 al 1709.
130 8.2. L’attacco di John Keill (1708)
che io ero gia in possesso di tale materia molti anni prima che la pubbli-
cassi. Come e dunque possibile che io abbia pubblicato, mutandole, cose
altrui che ignoravo?
La sua difesa era essenzialmente quella di negare di aver conosciuto il metodo di
Newton prima della pubblicazione dei suoi trattati. Decise quindi di tirare in ballo
lo stesso Newton. Del resto egli - in base ai precedenti scambi epistolari - non aveva
nulla da temere: Newton si era sempre dimostrato molto gentile ed accondiscendente,
e non aveva mai messo in discussione le scoperte di Leibniz.
Leibniz alla fine della lettera chiede esplicitamente che Keill ritratti, appellandosi
alla Royal Society.
Quantunque non ritenga Keill un vero e proprio calunniatore, convinto
come sono che abbia agito piu per inconsiderato giudizio che per malevo-
lenza d’animo, tuttavia non posso non ritenere la sua accusa, ingiuriosa
nei miei confronti, come una vera e propria calunnia. E poiche e da te-
mere che venga ripetuta da persone male intenzionate o imprudenti, mi
vedo costretto a domandarne il rimedio alla vostra nobile Royal Society.
A questo fine credo sia giusto, come giudicherete voi stessi, che Keill
dichiari pubblicamente che non era sua intenzione imputarmi quanto le
sue parole sembrano insinuare, come se avessi appreso da altri qualche
cosa delle loro scoperte, per attribuirmele. Soddisfaccia dunque all’offesa
che mi ha arrecata, e dimostri che non era sua intenzione calunniarmi, e
sia posto cosı un freno a chiunque altro vorra scagliarmi simili accuse.
Questa lettera fu soltanto la prima risposta all’accusa di Keill. In seguito Leibniz e
Keill si scambiarono delle lettere, con l’intermediazione di Hans Sloane.
8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) 131
8.3 La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
Hans Sloane giro la lettera di Leibniz a Keill, che rispose con una missiva da inoltrare
al tedesco. Questa volta tale risposta fu pianificata dallo scozzese assieme a Newton
stesso: dopo averci lavorato per alcune settimane la presento alla Royal Society nel
mese di aprile.
Poiche avete avuto la compiacenza di comunicarmi la lettera di Leibniz,
non vi dispiacera ricevere la risposta che mi e sembrato giusto dare. So
che Leibniz si lamenta acerbamente, come se l’avessi offeso e gli avessi
tolta, attribuendola ad altri, la gloria delle scoperte da lui compiute.
Inutile dire quanto sia dispiaciuto di queste sue lagnanze, perche non
vorrei si pensasse che io denigri, con la precisa intenzione di calunniarlo,
uno che si interessa di questioni matematiche, e tanto meno un uomo
espertissimo in esse. Nessun dubbio pero che niente mi e piu alieno del
voler sottrarre qualche cosa ai lavori altrui.
Il tono di Keill era educato ma deciso. Non intendeva retrocedere: la sua accusa
era molto piu robusta di quella di Fatio. D’altra parte Leibniz aveva forse colto le
parole di Keill con piu malizia di quanta non ve ne fosse in realta. Lo scozzese quindi
chiarisce il vero significato delle sue espressioni.
Riconosco di aver detto che l’aritmetica delle flussioni era stata scoperta
da Newton, e che fu pubblicata sotto diverso nome e con diversa forma
di notazione da Leibniz. Non vorrei tuttavia che queste mie espressioni
venissero intese nel senso che a Leibniz fosse noto il nome dato da Newton
al suo metodo, o la forma di notazione da lui usata.
Ecco giunti al punto chiave, Keill riformula l’accusa in un modo molto astuto: quasi
si stesse difendendo e giustificando, insinua qualcosa non puo essere smentito in
alcun modo.
132 8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
Intendevo solo dire che Newton era stato il primo inventore dell’aritme-
tica delle flussioni, o calcolo differenziale che dir si voglia, e che questi,
in due lettere scritte a Oldenburg e trasmesse a Leibniz, ne aveva dato
dei cenni abbastanza accessibili per un uomo di ingegno particolarmente
perspicace. Leibniz ebbe modo cosı di attingere ai principi di tale calcolo,
o almeno gliene fu offerta la possibilita. Ma poiche non era riuscito a ca-
pire tutte le formule e le espressioni usate da Newton, le aveva sostituite
con altre sue proprie.
L’astuzia di Keill e anche nel fatto che fornisce un quadro perfettamente plausibile di
come si svolsero le vicende. Era perfettamente plausibile che Leibniz avesse copiato
qualcosa dal metodo di Newton, cosı come era plausibile15 che Leibniz - non avendo
capito le espressioni di Newton - ne avesse utilizzate delle altre soltanto per chiarirsi
le procedure, senza di fatto aggiungere nessun nuovo concetto.
Il colpo finale arriva quando Keill motiva il suo intervento: Newton ha scoperto il
suo metodo ben prima di Leibniz, quindi non ci sono dubbi su chi abbia la priorita
temporale della scoperta; inoltre Leibniz conobbe il metodo di Newton prima di
pubblicare i propri articoli.
Tuttavia a scrivere queste cose mi spinsero gli editori degli Atti di Lipsia,
che, nel resoconto da loro fatto dell’opera di Newton sulle flussioni o
quadrature, dichiararono espressamente che Leibniz era stato l’inventore
del metodo e che Newton usava e sempre aveva usato le flussioni al
posto delle differenze di Leibniz. Ma cio che in questi stessi scrittori e
degno di nota, e che nel loro resoconto traducono le espressioni e il modo
di notazione usato da Newton in quello proprio di Leibniz; e parlano
di differenze, di somme e di calcolo sommatorio, tutti termini che non
sarebbe possibile ritrovare in Newton, come se le scoperte di Newton
15Anzi, questo potrebbe essere molto vicino alla realta.
8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) 133
fossero posteriori a quelle di Leibniz e derivassero dal calcolo esposto da
Leibniz negli Atti di Lipsia del 1684. Newton pero, come risultera chiaro
da quanto sto per dire, aveva trovato il metodo delle flussioni almeno
diciotto anni prima16 che Leibniz pubblicasse qualche cosa sul calcolo
differenziale e scrivesse un trattato su questo argomento: non solo, ma
alcuni elementi di questo calcolo furono mostrati a Leibniz. Quindi non
e del tutto irragionevole pensare che siano stati proprio questi elementi
ad aprirgli la strada al calcolo differenziale.
John Keill non ha lo stesso coinvolgimento di Fatio, quindi riesce a mantenere sempre
un approccio pacato e ragionevole. Risultando di fatto inattaccabile.
Se sembra che io mi sia espresso troppo liberamente su Leibniz, questo ho
fatto non gia con l’invenzione di sottrargli qualche cosa, ma di rivendicare
al suo vero autore cio che ritenevo essere di Newton.
Non ho nessuna difficolta a riconoscere i grandissimi meriti di Leibniz
verso la repubblica delle lettere, e chiunque esamini attentamente i suoi
scritti negli Atti di Lipsia non potra negare la sua immensa scienza nelle
piu recondite parti della matematica. Non riesco pero a capire come
mai, possedendo in proprio tante cose, sulla cui paternita non e possibile
dubitare, debba essere gravato anche delle spoglie altrui. Ma, poiche mi
sono accorto che i suoi compatrioti lo innalzano al punto di attribuirgli
una gloria che non gli spetta17, ho pensato che non era vano amore verso
i nostri connazionali, cercare di salvaguardare e conservare a Newton
il suo. Se infatti ai cittadini di Lipsia sembra legittimo attribuire a
Leibniz cio che non gli compete, sara ben lecito a noi inglesi rivendicare
16Ovvero dal 1676 - data dello scambio epistolare Leibniz-Oldenburg-Newton, cfr. pagina 52 - al1684, anno dei primi articoli pubblicati di Leibniz, cfr. pagina 79.
17L’accusa di patriottismo scientifico fatta dai tedeschi a Wallis anni prima (cfr. pagina 106 vienerispedita indietro.
134 8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711)
a Newton cio che gli e stato tolto18, senza per questo dover essere accusati
di calunnia.
Innegabile e il fatto che Leibniz davvero non ebbe mai modo di consultare un vero
trattato di Newton sull’analisi, e che ebbe il merito di pubblicare per primo un testo
sul calcolo infinitesimale. Keill ammette tutto questo senza problemi: sa bene che
non avrebbe diminuito in alcun modo il peso e la potenza delle proprie accuse.
Quanto al resto sono d’accordo con Leibniz, e credo veramente che mai
abbia sentito pronunciare il nome di calcolo delle flussioni, ne abbia mai
visto con i propri occhi i caratteri usati da Newton, prima che venissero
pubblicati nelle Opere di Wallis19. Si deve infatti osservare che Newton
ha cambiato piu volte il nome e la notazione di tale calcolo. Nel trattato
De Analysi aequationum per series infinitas20 indica con la lettera o l’in-
cremento dell’ascissa, mentre nei Principia philosophiae chiama genita
la quantita fluente, e momentum il suo incremento, indicando l’una con
le maiuscole A o B, l’altro con le minuscole a e b.
Inoltre fra le altre cose di cui Leibniz si e reso meritevole nelle scien-
ze matematiche, riconosco che e stato il primo a stampare e pubblicare
questo calcolo. E non fosse altro per questo titolo avra la riconoscenza
di tutti i cultori di matematica, per non aver voluto nasconder loro una
scoperta cosı importante e utile a molti usi.
Leibniz, dopo aver letto la lettera, rispose ad Hans Sloane il 29 dicembre 1711, da
Hannover.
Le cose che ultimamente vi ha scritto Keill disconoscono ancora piu aper-
tamente di prima la mia buona fede. Non sta certo a me difenderla, alla
18Qui l’opposizione e esattamente tra tedeschi ed inglesi.19Pubblicate nel 1693-1695, dieci anni dopo il primo articolo di Leibniz.20Si tratta del manoscritto del 1699, riportato con un titolo differente: cfr. pagina 31.
8.3. La corrispondenza Leibniz-Keill (1711) 135
mia eta e dopo tutte le prove che ne ho dato nel corso di tutta la vita:
nessuno che sia saggio e giusto lo approverebbe; e neppure che io mi
metta a discutere, come davanti a un tribunale, con un uomo indubbia-
mente dotto, ma nuovo, pochissimo al corrente di quanto e effettivamente
trascorso, e che ha detto cio che ha detto senza l’autorizzazione della per-
sona interessata.
Quanto egli immagina su come io sia pervenuto a simili conoscenze ma-
tematiche, lo rivela un giudice ben poco esperto nell’arte di esaminare i
fatti, e non e certo il caso che controbatta le sue asserzioni per insegnar-
glielo; sanno perfettamente gli amici per quale diverso e ben piu utile
cammino, io sia passato.
Leibniz sostanzialmente rifiuta il confronto con un matematico che non considera -
a ragione - suo pari per importanza ed esperienza.
Inutilmente chiama a testimoniare21 gli Atti di Lipsia per giustificare le
proprie asserzioni. In essi infatti non trovo nulla che sia stato sottratto a
nessuno, ma, ogni qual volta se ne presentava l’occasione, e stato sempre
dato a ciascuno cio che gli spettava. Io stesso e i miei amici abbiamo
piu volte, di buon grado, riconosciuto la nostra convinzione che l’illu-
stre autore delle flussioni22 era pervenuto per proprio a principi simili
ai nostri. Ma non per questo perdo il mio diritto di inventore, diritto
che anche Huygens, giudice competentissimo e assolutamente imparziale,
riconobbe pubblicamente: diritto che io stesso non volli subito rivendica-
re, tralasciando di rivelare le mie scoperte per piu di nove anni23, perche
nessuno potesse poi lagnarsi di essere stato preceduto da me.
21Continuano le metafore giuridiche, particolarmente care a Leibniz.22Newton, che finora non e stato mai nominato con nome e cognome.23Cioe dal 1675, quando Leibniz dichiara di avere i rudimenti del suo calcolo differenziale, al 1684
quando pubblica il suo Nova Methodus (cfr. pagina 79).
136 8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
Leibniz chiama infine in causa l’unico - scomparso Oldenburg - che puo testimoniare
come siano andate effettivamente le cose: Isaac Newton, presidente della Royal
Society di Londra.
Mi affido dunque alla vostra equita perche vengano puniti tutti quei
vani e ingiusti clamori che penso siano disapprovati dallo stesso Newton,
persona insigne e consapevole di cio che e effettivamente avvenuto, che,
ne sono convinto, dara volentieri il suo giudizio su questa faccenda.
8.4 Il Commercium Epistolicum (1712)
Newton ancora volle tenersi fuori per qualche tempo, come risulta dalle lettere in-
tercorse tra lui ad Hans Sloane, nelle quali chiedeva di non essere coinvolto nella
disputa tra Leibniz e Keill:
Il signor Leibniz ritiene che una persona della sua eta e reputazione non
debba entrare nella disputa con il signor Keill e personalmente sono della
sua stessa opinione. Penso che per me non sia opportuno entrare nella
disputa con l’autore di tali scritti24, perche la controversia e tra l’autore
e Keill.25
Alla lettera di Leibniz, la Royal Society rispose convocando una commissione per
il giorno 6 Marzo 1712. Sulla carta era una normale disputa tra due membri della
Royal Society che doveva essere risolta dopo un’investigazione. Ma l’investigazione
non fu realmente oggettiva, ed anzi fu utilizzata da Newton per difendere la propria
posizione. Per la commissione non si trattava di valutare le differenze tra metodo
delle flussioni e calcolo differenziale - perche venivano considerati identici se non
per la notazione - ma soltanto stabilire la priorita nella scoperta. La domanda se
24Si tratta di Leibniz.25Traduzione dall’inglese in [2], pagina 197.
8.4. Il Commercium Epistolicum (1712) 137
Newton fosse stato in possesso del metodo delle flussioni prima che Leibniz scoprisse
il calcolo differenziale aveva una risposta banale. Non ci sarebbe stato bisogno di
alcuna commissione, perche gli stessi protagonisti della vicenda avrebbero confer-
mato lo svolgimento dei fatti. Cio che Leibniz avrebbe voluto difendere erano le
differenze intrinseche tra il suo calcolo e il metodo di Newton. Ma la commissio-
ne non lascio spazio a considerazioni metodologiche, l’unico obiettivo era stabilire la
mera successione temporale delle scoperte. Sostanzialmente i risultati della relazione
furono corretti, ma totalmente irrilevanti per stabilire realmente i rispettivi meriti
di Leibniz e Newton.
Dopo sole sei settimane, il 24 Aprile 1712, la commissione pubblico una relazione
lunga e dettagliata sulla questione: il Commercium Epistolicum D. Johannis Collins
et Aliorum de Analysi Promota26. Il risultato era una condanna senza appello di
Leibniz, colpevole di plagio, mentre Newton ne uscı ovviamente vincitore in quanto
scopritore del calcolo e massimo matematico del secolo. Il Commercium Epistolicum
sostanzialmente raccoglie una serie di scritti (come il De Analysi27) e di lettere tra
il 1669 e il 167728.
La sentenza del comitato della Royal Society29, nel Commercium Epistolicum, inizia
proprio citando le fonti:
Abbiamo esaminato gli originali e le copie delle lettere conservate negli
archivi della Royal Society, e quelle trovate fra le carte di J. Collins, le cui
date sono comprese fra il 1669 e il 1677 incluso. Ci siamo accuratamente
accertati della autenticita delle lettere che portavano la firma di Barrow,
Collins, Oldenburg e Leibniz, basandoci sulla testimonianza di coloro che
ne avevano conosciuto gli originali. Per le lettere di Gregory ne abbiamo
accertata l’autenticita basandoci sulla testimonianza di Collins, che ne
26Noto semplicemente come Commercium Epistolicum.27Cfr. pagina 31.28Si chiude con la lettera di Leibniz ad Oldenburg, cfr. pagina 66.29Ulteriori dettagli in [8], pagina 151.
138 8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
aveva ricopiate di suo pugno alcune attribuite a quello. Da tutte queste
abbiamo tratto quanto ci sembrava pertinente al fatto; e gli estratti che
ora vi presentiamo, crediamo che siano genuini e autentici.
A dimostrazione del plagio di Leibniz vengono portate essenzialmente due prove:
lo scambio epistolare con Collins30 e la gaffe di Leibniz durante l’incontro con il
matematico inglese John Pell31. Oltre a cio, la sentenza stabilı che Newton era in
possesso del suo metodo almeno dal 1669 e che le differenze tra il metodo di Newton
e il calcolo di Leibniz si riducono soltanto alla notazione.
Vediamo nel dettaglio le accuse mosse a Leibniz.
Leibniz si trovava a Londra all’inizio del 1673. Verso il mese di mar-
zo partı per ritornare a Parigi, mantenendo, attraverso Oldenburg, un
commercio epistolare con Collins fino all’inizio del settembre 1676, quan-
do Leibniz ritorno ad Hannover, passando da Londra e da Amster-
dam. Collins d’altra parte comunicava con grande piacere agli esperti di
matematica cio che aveva ricevuto da Newton e da Gregory.
Si stabilisce dunque che Leibniz conobbe la matematica di Newton e Gregory - con
l’aiuto di Collins - intorno ai primi anni settanta. Viene sottolineato il fatto che
Leibniz avesse conosciuto la matematica degli inglesi non dai suoi autori diretti ma
tramite Collins, quasi a suggerire l’ingenuita di quest’ultimo nel rivelare tali preziose
informazioni ad un personaggio come Leibniz.
Subito dopo viene descritto nei particolari l’episodio che videro coinvolti Leibniz e
Pell.
Durante il suo soggiorno londinese, Leibniz si dichiaro inventore di un
metodo chiamato differenziale, e quantunque Pell gli avesse fatto notare
30Nel 1673-1676, cfr. pagina 50.31Come a dire che Leibniz non fosse nuovo a plagi di lavori di altri matematici, cfr. pagina 46.
8.4. Il Commercium Epistolicum (1712) 139
che questo metodo era gia stato scoperto da Mouton, Leibniz non desi-
stette dall’attribuirsene la scoperta, sia perche l’aveva trovato con le sue
sole forze, senza conoscere cio che prima aveva fatto Mouton, sia perche
l’aveva arricchito moltissimo.
Qui viene riportato un fatto che non rientra direttamente nell’oggetto dell’inchie-
sta, soltanto a testimoniare la presunta attitudine di Leibniz ad appropriarsi dei
meriti altrui. L’accusa e pesante, perche si serve di un precedente che e diventato
improvvisamente ingombrante. Infatti subito dopo il “fattaccio” viene ricollegato
alla corrispondenza con Newton e Collins.
Non abbiamo trovato nessuna indicazione che Leibniz fosse in possesso
di un altro metodo differenziale oltre quello di Mouton, prima della sua
lettera del 167732: cioe un anno dopo che una copia della lettera di
Newton del 10 dicembre 1672 gli era stata inviata a Parigi per essergli
comunicata e piu di quattro anni dopo che Collins aveva cominciato a
comunicarla ai suoi corrispondenti. In questa lettera di Newton il metodo
delle flussioni era esposto in modo sufficientemente comprensibile per
ogni persona intelligente.
Non resta che stabilire due punti fondamentali: il primo e la priorita di Newton nella
scoperta.
Dalla lettera del 13 giugno 1676 e evidente che Newton era in possesso
del metodo delle flussioni cinque anni prima che scrivesse questa lettera.
E dal trattato Analysis per aequationes numero terminorum infinitas,
comunicato da Barrow a Collins nel luglio 1669, vediamo che Newton
aveva scoperto il suo metodo prima ancora di quell’epoca.
32Cfr. pagina 66.
140 8.4. Il Commercium Epistolicum (1712)
Il secondo e l’equivalenza dei due approcci di Leibniz e Newton, fatta eccezione per
notazione e terminologia.
Il metodo differenziale e identico, eccettuato il nome e la notazione, al
metodo delle flussioni. Leibniz chiama differenze cio che Newton chiama
momenti o flussioni, e le indica con la lettera d, di cui Newton invece
non fa uso. La questione non consiste quindi nel determinare chi ha sco-
perto l’uno o l’altro metodo, ma chi e stato il primo inventore dell’unico
metodo.
Quest’ultima e la frase chiave di tutto il Commercium Epistolicum: viene detto
esplicitamente che il metodo e uno soltanto, quindi bisogna soltanto stabilire chi
l’ha ottenuto per primo. Chi non indica Newton come inventore dunque, non puo
che sbagliarsi:
Coloro che hanno ritenuto Leibniz come il primo inventore, dovevano,
a nostro parere, aver poco o punta conoscenza dello scambio di lettere
intercorso fra lui e Collins. Ignoravano anche che Newton era gia in
possesso di quel metodo quindici anni prima che Leibniz cominciasse a
pubblicarlo negli “Acta eruditorum”di Lipsia.
La Royal Society considero la relazione corretta e imparziale, decidendo di farsi
carico delle spese per la pubblicazione. Il Commercium Epistolicum fu pubblicato
l’8 gennaio 1713 ed alcune copie furono spedite ai maggiori matematici d’Europa.
Un copia finı nelle mani di Johann Bernoulli, che informo Leibniz inviandogli una
lettera il 7 giugno dello stesso anno.
Il tedesco si trovava nella difficile situazione di doversi difendere da un’accusa molto
pesante: aver plagiato i lavori dello scienziato piu importante del periodo, presidente
dell’istituzione scientifica piu prestigiosa, la Royal Society di Londra.
8.4. Il Commercium Epistolicum (1712) 141
Inizialmente Leibniz mantenne un rigoroso rispetto nei confronti di Newton, ma
quando finalmente venne in possesso di una copia del Commercium Epistolicum
cambio completamente atteggiamento. In una lettera inviata a Johann Bernoulli,
Leibniz arrivo a mettere in dubbio che Newton avesse davvero posseduto un proprio
procedimento per il calcolo infinitesimale33:
Conosceva le flussioni, ma non il calcolo delle flussioni34 che (come giudi-
chi correttamente) mise insieme in una fase successiva alla pubblicazione
dei nostri lavori35. [...] Da ormai parecchi anni gli inglesi sono cosı gonfi
di vanita che persino i piu notevoli tra loro hanno colto l’occasione per
rubare ai tedeschi e prendersi il merito di cose non proprie.
Questa linea di difesa fu mantenuta da Leibniz nella pubblicazione di un articolo,
intitolato Charta Volans, che dal 29 luglio 1713 comincio a circolare in tutta Euro-
pa. Il testo fu pubblicato anonimo, anche se non c’erano dubbi che l’autore fosse
lo stesso Leibniz, sempre nominato in terza persona. La Charta Volans si basava
su una premessa sbagliata, probabilmente suggerita da Johann Bernoulli allo stesso
Leibniz, cioe che fosse stato in realta Newton a copiare il calcolo da Leibniz. Ovvia-
mente tale fatto non poteva essere sostenuto. Leibniz inoltre prese posizione contro
l’atteggiamento xenofobo degli scienziati inglesi, che si preoccupavano a dismisura di
difendere i risultati dei connazionali e di rivendicare ingiustamente scoperte dovute
a scienziati continentali.
A sostegno di questa linea, la Charta Volans riportava l’opinione di un importante
matematico36 che testimoniava un fatto curioso riguardante la pubblicazione della
seconda edizione dei Principia di Newton. Nel 1712 Nikolaus Bernoulli, nipote
di Johann, segnalo a Newton un’imprecisione di calcolo nella bozza della seconda
edizione dei Principia, e gli invio la soluzione corretta. Newton rispose alla lettera
33Traduzione dall’inglese in [2], pagina 208.34Corsivo nostro.35Il Nova Methodus di Leibniz, cfr. pagina 79.36Che piu avanti si scoprı essere Johann Bernoulli.
142 8.5. I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713)
ammettendo l’errore e ringraziando. Secondo Leibniz e i suoi sostenitori37 questa
era una prova della scarsa preparazione dell’inglese.
8.5 I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713)
Il Commercium Epistolicum aveva avuto grande eco anche in Europa, soprattutto
dopo che comparve una traduzione sul primo numero del Journal Literaire de la
Haye, una rivista scientifica in lingua francese pubblicata in Olanda. Su questa
rivista comparirono anche un ulteriore testo di Keill e la Charta Volans di Leibniz,
oltre ad un breve articolo di quest’ultimo.
E interessate vedere in che modo Leibniz si difende, con un intervento sul Journal
Literaire relativo al novembre-dicembre del 1713, che includeva anche degli estratti
dalla Charta Volans.
La lettera, inserita nel primo volume del “Journal Literaire” , p. 205,
con il resoconto di questa controversia38, contiene molte cose che stanno
a dimostrare come il suo autore fosse male informato. Precedentemente
non c’era mai stata nessuna disputa fra questi due signori. Newton non
aveva mai rivelato la sua intenzione di carpire a Leibniz la gloria di avere
inventato il calcolo differenziale, e Leibniz ha saputo dell’approvazione
data da Newton, a cio che alcune persone male informate aveva avanza-
ta a questo proposito, solo da chi ha visto il Commercium Epistolicum
stampato da poco a Londra. Leibniz che si trova a Vienna non ha ancora
visto questo scritto.
Dunque il testo sul Journal Literaire passa a descrivere minuziosamente l’andamen-
37Johann Bernoulli in prima linea.38Si tratta della traduzione del Commercium Epistolicum pubblicata sul primo numero della
rivista.
8.5. I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713) 143
to dei fatti negli ultimi quarant’anni, dalle lettere di Oldenburg39 al Commercium
Epistolicum.
[...] ecco un fedele racconto di quanto e avvenuto. Circa quaranta anni
fa, fra Leibniz, Oldenburg, Newton, Collins e altri vi fu uno scambio di
lettere. Alcune di queste lettere sono state pubblicate nel terzo volume
delle Opere matematiche di Wallis40. In esse si puo vedere che Newton
faceva mistero di una cosa che diceva di avere scoperta, e che in seguito
ha voluto far passare come il calcolo differenziale. Leibniz al contrario gli
comunico francamente i fondamenti di questo calcolo, come fanno fede
le lettere pubblicate da Wallis, anche se, come in seguito si e potuto
accertare, Newton non lo capı bene, soprattutto per quello che riguarda
le differenze delle differenze.
Newton viene accusato addirittura di non aver ben compreso il calcolo: poco piu
avanti l’accusa viene esplicitata, facendo riferimento agli errori contenuti nei Prin-
cipia.
[...] si e trovato che nel 1687 Newton, all’epoca della pubblicazione dei
suoi Philosophiae naturalis principia mathematica, non conosceva ancora
il vero calcolo differenziale perche, oltre a non farne nessuna applicazione,
quantunque se ne presentassero magnifiche occasioni, ha anche commesso
errori incompatibili con la conoscenza di questo calcolo, come ha per
primo osservato un illustre matematico del tutto imparziale41.
Viene successivamente osservato che Leibniz ha comunque la priorita nella pubblica-
zione: infatti Newton pubblico i suoi primi testi di matematica soltanto nel 168742
39Cfr. pagina 49.40Cfr. pagina 98.41L’illustre matematico non e affatto imparziale, trattandosi - come si scoprı in seguito - di Johann
Bernoulli, grande amico e sostenitore di Leibniz.42Nei Principia, cfr. pagina 88.
144 8.5. I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713)
e poi nel 169343, anni dopo il Nova Methodus di Leibniz44. Ma cio che viene con-
siderato una testimonianza della cattiva fede di Newton e il fatto che egli avesse
aspettato cosı tanto prima di attaccare Leibniz. Cosa spinse Newton a cambiare
idea? Viene maliziosamente suggerita la motivazione qualche paragrafo piu avanti:
[...] Newton non cerco, per molto tempo ancora, di sottrarre a Leibniz l’o-
nore della sua scoperta. Ne ha parlato solo dopo la morte di Huygens e di
Wallis i quali, essendo perfettamente al corrente di tutto l’affare, avreb-
bero potuto esserne giudici imparziali. Leibniz, fidandosi finora della sua
parola, aveva creduto45 che Newton avesse potuto trovare qualche cosa di
simile al calcolo differenziale; ma possiamo ora renderci conto che questo
non era vero. Si e pubblicato a questo proposito il giudizio imparziale di
un illustre matematico46 , giudizio che si fonda sul lungo silenzio e sugli
errori di Newton.
Viene quindi inclusa la traduzione dal testo latino della Charta Volans:
Nessun indizio ci fa vedere su che cosa ci si fondi attualmente quando
si sostiene che Leibniz ha appreso il suo calcolo da Newton; non avendo
Newton, per quanto ne sappiamo, comunicato mai nulla a nessuno in
questo senso, prima di pubblicare il suo. E comunque vero che Leibniz
aveva creduto Newton sulla parola, quando costui si era detto inventore
del calcolo delle flussioni, ed a stato in base a questa sua fiducia che
Leibniz ha scritto che Newton sembrava avere trovato qualche cosa di
simile al calcolo differenziale.
Ad un certo punto Leibniz lancia l’accusa di eccessivo patriottismo ai matematici
inglesi.
43Nelle opere di Wallis, cfr. pagina 98.44Che risale al 1684.45 ormai chiaro che, se anche l’autore volesse rimanere nascosto, i lettori potrebbero facilmente
capire che si tratta di Leibniz in persona.46Si tratta di Leibniz, qui si fa riferimento alla Charta Volans.
8.5. I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713) 145
[...] ultimamente, dopo aver saputo che in Inghilterra vi erano persone
che per un malinteso amore per la loro nazione non si limitavano a far
dividere a Newton l’onore della scoperta, ma volevano escluderne intera-
mente Leibniz, e che lo stesso Newton aveva abbracciato il loro partito,
questo modo di procedere ha fatto credere a Leibniz che il calcolo delle
flussioni poteva ben essere stato costruito sul calcolo differenziale, co-
sa cui non avrebbe mai pensato prima, essendo pervenuto in favore di
Newton.
Viene tirato in ballo persino il giudizio di Johann Bernoulli, che non e nominato ma
viene definito un “famosissimo matematico, imparziale e perfettamente in grado di
giudicare”:
“[...] Non credo pero che a quel tempo47 pensasse48 al suo calcolo delle
flussioni e delle fluenti, o alla riduzione di questo calcolo a operazioni
analitiche generali in forma di algoritmo o di regole aritmetiche o alge-
briche. Questa mia congettura si fonda su un giudizio molto forte. In
tutte le lettere del Commercium epistolicum non si trova la minima trac-
cia delle lettere x o y contrassegnate con uno, due, tre o piu punti di cuo
ora egli invece si serve [...]
E anche nella sua opera dei Principi matematici della natura, dove tanto
spesso gli si offriva l’occasione di applicare il suo calcolo delle flussioni,
non ne ha fatto parola, e non vi compare nessuno di questi segni [...]
Un secondo indizio, dal quale si puo dedurre che il calcolo delle flussioni
non e stato trovato prima del calcolo differenziale, e che Newton non co-
nosceva ancora il metodo giusto per calcolare le flussioni delle flussioni,
cioe per differenziare i differenziali. Cio risulta evidente dai Principi ma-
tematici della natura, dove non solo l’incremento costante della x, che ora
47Possiamo stimare che si riferisca gli anni settanta del diciassettesimo secolo.48Il soggetto e Newton.
146 8.5. I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713)
verrebbe indicato con un punto, e indicato con o (secondo il volgare mo-
do di notazione, che distrugge tutti i vantaggi del calcolo differenziale),
ma dove viena anche data una regola falsa per gli incrementi successivi
(come e gia stato osservato da un eminente matematico49).”
Il giudizio su Newton e senza riserve. Ormai la disputa e nel vivo, non c’e piu spazio
per ripensamenti.
Da tutto questo risulta che Newton avrebbe dovuto contentarsi dell’onore
di aver perfezionato la geometria sintetica mediante linee infinitamente
piccole, un tempo chiamate impropriamente indivisibili, e che non avreb-
be dovuto pretendere assolutamente a cio che per tutt’altra strada si e
trovato nell’analisi, cioe al calcolo differenziale che Leibniz ha trovato
in un primo momento per i numeri, e che in seguito ha applicato alla
geometria. Invece egli si e lasciato trascinare da adulatori, tra l’altro
ignoranti di cio che era avvenuto, e invece di parte di gloria, che senza
merito aveva ottenuto grazie all’altrui generosita, si guadagno, quando
la rivendico per intero a se, la taccia di persona poco equa e sincera;
del che si lamentano anche Hooke50 a proposito dell’ipotesi planetaria e
Flamsteed51 circa l’uso delle osservazioni.
A conclusione dell’intervento, l’autore52 difende direttamente gli episodi contestati
a Leibniz. Prima si fa riferimento ad una formula di Gregory.
Certo bisogna riconoscere che Newton o e di memora molto labile, o
ascolta ben poco la testimonianza della sua coscienza, se approva (dicia-
mo cosı) l’accusa mossa da alcuni suoi partigiani, secondo i quali Leibniz
49Nikolaus Bernoulli.50Questo e un attacco piuttosto curioso, perche Hooke si era dimostrato un avversario scomodo
anche per Leibniz.51John Flamsteed, astronomo inglese e membro della Royal Society, vissuto tra il 1646 e il 1719.52Che si scoprı essere lo stesso Leibniz.
8.5. I commenti sul Journal Literaire de la Haye (1713) 147
avrebbe appreso da Gregory anche la serie che da la grandezza dell’arco
circolare per mezzo della tangente. Ora, che Gregory conoscesse questa
serie, non lo sapevano nemmeno gli inglesi e gli scozzesi, cioe Wallis,
Hooke, Newton e il giovane Gregory (credo nipote del primo per parte
del fratello), i quali hanno sempre ammesso che si trattasse di una sco-
perta di Leibniz. Infatti, quando Leibniz trovo la sua serie a imitazione
di quella di Nicolaus Mercator (il primo inventore di questa tecnica),
la invio subito a Huygens che si trovava a Parigi, e che gli rispose con
una lettera di elogi. Lo stesso fece Newton quando gli fu comunicata, e
scrisse che si trattava di un nuovo metodo per le serie che, per quanto
ne sapeva, non era mai stato usato da altri.
In seguito ci si riferisce alle curve trascendenti53.
Piu tardi Leibniz trovo un metodo generale, poi pubblicato negli Atti di
Lipsia, per esprimere per serie le ordinate anche delle curve trascendenti.
Questo metodo non procede tramite estrazioni di radici, come fa quello
di Newton, ma ha origine dai piu profondi fondamenti del calcolo diffe-
renziale, che cosı si rivela utile anche per far progredire la teoria delle
serie.
Nel 1714 Keill pubblico - sempre sul Journal Literaire - un ulteriore articolo, che
probabilmente conteneva ampi interventi dello stesso Newton, per rispondere alle
controaccuse di Leibniz. La disputa era arrivata al culmine, ormai dilagante in
tutta Europa.
53Si tratta di curve che non si possono esprimere mediante un’equazione algebrica, ma richie-dono - per essere descritte analiticamente - l’introduzione di nuove funzioni, tra cui le funzionitrigonometriche, i logaritmi e gli esponenziali.
148 8.6. Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714)
8.6 Account di Isaac Newton al Commercium Epistoli-
cum (1714)
Newton, probabilmente insoddisfatto del lavoro del comitato della Royal Society,
scrisse un “Account” al Commercium Epistolicum. Tale articolo fu pubblicato ano-
nimo nel 1715, sul numero di Gennaio-Febbraio delle Philosophical Transactions of
the Royal Society54. L’Account prendeva spunto dalla risposta di Keill sul Journal
Literaire del 1714, e fu chiaramente attribuito a Newton soltanto a partire dal 1761.
Tale testo e l’unica narrazione coerente e articolata scritta da Newton stesso riguar-
do alla sua disputa con Leibniz. L’Account e una chiara e diretta difesa di Newton:
egli ha abbandonato la speranza che i suoi testi possano autonomamente difendere
la sua posizione nella disputa. L’argomentazione e suddivisa in cinque parti.
Nella prima parte si intende dimostrare che il Metodo di Newton era gia completo
nel 1669: porta a supporto il suo De Analysi55 e la corrispondenza degli anni imme-
diatamente successivi. Qui Newton non trova molti ostacoli perche effettivamente
e vero che nel 1669 il suo Metodo non aveva eguali nel Continente. Tuttavia man-
ca di confrontare direttamente il suo Metodo con il Calcolo di Leibniz, impedendo
dunque al lettore di farsi un’idea piu precisa delle differenze e delle somiglianze tra
i due. In particolare, mancando un confronto diretto, Newton manca di smentire
che il Calcolo di Leibniz arrivo certamente piu tardi ma con una struttura ed una
formulazione algoritmica molto piu evoluta. Newton riesce soltanto a rivendicare
una priorita temporale di una teoria ancora acerba.
Nella seconda parte, Newton intende supportare la sua priorita di scoperta con una
precisazione ovvia: Leibniz non possedeva il suo Calcolo prima del 1677. Spingendosi
ancora oltre, egli sostiene che la preparazione matematica di Leibniz a quel tempo
era piuttosto limitata, a tal punto che si trovo nella situazione di dover chiedere
54L’Account di Newton riempiva quasi completamente il numero.55Cfr. pagina 30.
8.6. Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714) 149
piu volte spiegazioni ad Oldenburg ed a Newton stesso, come e testimoniato dalla
corrispondenza tra i tre56. Inoltre, in base alle lettere di Leibniz, secondo Newton e
perfino possibile concludere che la scarsa preparazione di Leibniz e una prova che il
suo Calcolo non sia in realta genuino, ma frutto di un’appropriazione delle teorie di
Newton e Barrow prima di lui.
La terza parte, forse la piu infelice, contiene l’attacco di Newton alla notazione
di Leibniz. Egli intende distinguere le sue flussioni dai differenziali di Leibniz,
dimostrando uno scetticismo nei confronti di una particolare notazione:
il signor Newton57 non ha strutturato il suo metodo in forma di simboli,
ne lo ha confinato in un particolare tipo di simbolismo per fluenti e
flussioni.
Piuttosto Newton volle enfatizzare la superiorita del suo Metodo, che non faceva uso
degli infinitesimali58 ma piuttosto degli strumenti geometrici intuitivi piu accurati
possibili. Ingenuamente, Newton con questo non fa che confermare l’originalita del
Calcolo di Leibniz, e quindi confutare l’argomentazione della parte seconda.
La quarta parte e decisamente piu tecnica: in essa Newton sostiene che il suo Metodo
delle Flussioni fin dalla prima formulazione pote essere agevolmente esteso a flussioni
di ordini superiori al secondo. Cio risponde ad una delle critiche mosse da Bernoulli,
che attaccava proprio questo aspetto del Metodo, sostenendo che Newton non avesse
chiaro il concetto di derivata di secondo grado o superiore59. Tale difesa e tuttavia
debole e le obiezioni di Bernoulli sembrano rimanere intatte, perche non abbiamo
molto materiale da parte di Newton che possa testimoniare che il Metodo delle
Flussioni avesse inizialmente le caratteristiche descritte da Newton nell’Account.
56Cfr. pagina 49.57Ricordiamo che Newton scrive l’Account in forma anonima.58Le quantita infinitamente piccole di Leibniz.59Utilizziamo qui una terminologia piu moderna per indicare lo stesso concetto di flussione.
150 8.6. Account di Isaac Newton al Commercium Epistolicum (1714)
La quinta ed ultima parte riguarda la filosofia della natura di Newton, basata sulla
fisica sperimentale e quindi intrinsecamente piu moderna della filosofia meccanici-
stica di Leibniz. Questo tuttavia esula dagli argomenti di questa tesi per cui non
ne approfondiremo gli aspetti. Cio su cui invece ci interessa insistere e l’effetto che
l’Account ebbe sull’opinione pubblica. Inizialmente il testo fu letto soltanto in In-
ghilterra, dove Newton aveva gia molti sostenitori, e quindi non servı a modificare
le sorti della disputa. Quando l’Account fu tradotto in francese e arrivo in Europa -
comparve nel Novembre 1715 nel Journal Literaire de la Haye - la comunita scien-
tifica non ne resto particolarmente impressionata. In conclusione, l’Account non fu
ancora decisivo per la soluzione della questione tra Leibniz e Newton.
Capitolo 9
L’epilogo
“Sono di umore piuttosto strano, ultimamente. Il mondo mi pare ab-
bastanza innocuo, finche me ne sto qui seduto tra amici in un luminoso
giardino, ma quando scende la sera - cosa che di giorno in giorno avviene
a un’ora sempre piu precoce - anche la mia mente piomba nell’oscurita,
e io mi figuro le ombre lunghe e minacciose delle persone e delle cose da
me viste nel corso della giornata, che tramano e cospirano fra loro.”
Newton a Daniel da Confusione di Neal Stephenson
9.1 Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton
(1714)
Man mano che la disputa andava avanti, numerosi intellettuali cercarono di pren-
dere posizione affinche si raggiungesse una conclusione pacifica. Tra questi vi fu
John Chamberlayne1 - che intratteneva una corrispondenza sia con Leibniz che con
Newton. Egli spedı una lettera a Leibniz - che allora si trovava a Vienna - il 27
febbraio 1714, nella quale definiva un fatto “glorioso” per se stesso e per l’intera
1Un membro inglese delle Royal Society.
151
152 9.1. Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714)
comunita intellettuale riuscire a chiudere la questione in modo positivo. La risposta
di Leibniz arrivo il 28 aprile dello stesso anno.
Un certo Keill inserı alcune cose contro di me in una delle vostre “Philo-
sophical Transactions”. Ne rimasi molto sorpreso e ne richiesi riparazione
in una lettera a Sloane, segretario della Royal Society. Questi mi invio
un discorso, dove Keill sosteneva le sue ragioni in una maniera ancora
piu offensiva per la mia buona fede. Attribuii il fatto a un’animosita
particolare di questa persona contro di me, senza avere il minimo so-
spetto che anche la Societa e lo stesso Newton potessero avervi parte, e
non trovando opportuno venire a disputa con un uomo male informato
su cose accadute in passato, e immaginando d’altra parte che Newton
stesso, meglio informato su certi fatti, mi avrebbe fatto rendere giustizia,
mi limitai solo a richiedere la soddisfazione che mi era dovuta.
Leibniz ha la sensazione di essere stato in un certo senso manipolato dagli stessi
membri della Royal Society, che gli hanno sistematicamente impedito ogni possibilita
di difendersi nelle sedi ufficiali.
Ma alcuni fecero in modo, non so con quali cavilli e con quali soper-
chierie, che mi si attribuisse il proposito di ricorrere alla Societa e di
sottomettermi alla sua giurisdizione, cosa cui non avevo mai pensato.
Agendo secondo le regole della giustizia, si doveva informarmi che la
societa voleva esaminare a fondo la faccenda, mi si doveva permettere
di dichiarare se avevo l’intenzione di presentare le mie ragioni, e se non
ritenessi qualche giudice per sospetto. Cosı ci si e pronunciati dopo aver
udita una sola parte, secondo un procedimento la cui nullita e evidente.
Ma non credo che un simile giudizio possa essere considerato un vero e
proprio decreto della Societa.
9.1. Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714) 153
Leibniz anche in questa lettera aveva confermato quello di cui era sempre stato
convinto: Newton non gli si era mai dimostrato ostile ed egli aveva piena fiducia
che l’inglese confermasse la sua versione dei fatti. Ma dopo la pubblicazione del
Commercium Epistolicum, Leibniz dovette ricredersi su Newton e riformulo il suo
giudizio sulla Royal Society.
Tuttavia Newton l’ha fatto pubblicare in un libro stampato espressa-
mente per screditarmi, e ne ha inviato copie in Germania, in Francia e
in Italia a nome della Societa. Questo preteso giudizio, e questo affronto
fatto senza nessun motivo a uno dei piu antichi membri della Societa2,
membro che non l’ha certo disonorata, non potra incontrare approvazio-
ne nel mondo; e, anche in seno alla stessa Societa, spero che non tutti
i membri siano concordi. Francesi e Italiani, esperti di queste materie,
disapprovano altamente un simile procedimento e se ne meravigliano. Ho
qui le loro lettere: le prove prodotte contro di me sembrano loro molto
deboli.
Per quanto stava in me, mi sono sempre comportato nel modo piu cor-
retto verso Newton, e, quantunque ora sia lecito nutrire forti dubbi sul
fatto che abbia scoperto il mio metodo prima di averlo saputo da me,
mi ero sempre espresso come se avesse avuto qualche cosa di simile a
esso, del tutto indipendentemente. Ma, ingannato da qualche adulatore
male intenzionato, si e lasciato trascinare ad attaccarmi in modo molto
offensivo3.
Chamberlayne, ricevuta la lettera di Leibniz, la inoltro a Newton che la tradusse
personalmente e la lesse di fronte alla Royal Society il 20 maggio4. Non ci fu reazione
2Leibniz era membro dal 1673, cfr. pagina 45.3Leibniz evidentemente, ancora dimostra di avere fiducia nella possibilitche Newton confermi
quanto sta sostenendo, poiche non riece a condannarlo definitivamente.4Come fu registrato negli archivi delle riunioni della Royal Society.
154 9.1. Lo scambio epistolare Leibniz-Chamberlayne-Newton (1714)
da parte dei membri, che semplicemente ignorarono la lettera. Newton aveva pero
risposto a Chamberlayne l’11 maggio, chiarendo la sua posizione.
Signore, la mia conoscenza della lingua francese non mi permette di
avvertire tutta la forza delle espressioni usate da Leibniz nella sua lettera;
ho capito pero che secondo la sua opinione ne la Royal Society ne io gli
abbiamo reso giustizia.
Cio che Fatio ha scritto contro Leibniz, lo ha fatto senza che io vi abbia
avuto la minima parte.5
Sono circa nove anni che Leibniz ha attaccato la mia reputazione, facendo
capire che avevo tratto da lui il metodo delle flussioni. Keill mi ha difeso6;
e io non avevo saputo nulla di cio che Leibniz aveva fatto pubblicare nel
giornale di Lipsia7, fino a quando non giunse la sua prima risposta a
Keill, dove richiedeva che rettificassi cio che avevo pubblicato.
Se voi potete indicarmi in che cosa posso avergli fatto torto, cerchero
di rendergli soddisfazione. Ma non e mia intenzione ritrattare cio che
so essere vero, e non credo che il comitato della Royal Society gli abbia
fatto qualche torto.
Questa ferma risposta di Newton finı nelle mani di Leibniz, che - pur ringraziandolo
per il tentativo di conciliazione - rispose a Chamberlayne di aver intenzione di com-
portarsi come se tale lettera non fosse mai stata scritta, e di non voler procedere
oltre nel dialogo con Newton.
Vi sono obbligato del tentativo che avete fatto presso la Royal Society.
L’estratto del suo giornale8 del 20 maggio rivela l’intenzione della Societa
che il rapporto dei suoi commissari non passi come una decisione della
5Newton qui conferma quanto sostenuto da Leibniz, cfr. pagina 120.6Cfr. pagina 1277Si tratta degli Acta Eruditorum.8Ovvero le Philosophical Transactions.
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 155
Societa stessa. Cosı non mi sono sbagliato nel credere che essa non
aveva preso posizione in proposito. Quanto alla lettera9, poco gentile, di
cui mi avete inviato la copia, la considero pro non scripta, egualmente
lo stampato francese. Non ho intenzione di incollerirmi contro simili
persone.
Leibniz avverte l’esigenza di una sua risposta ufficiale al Commercium Epistolicum,
in una forma piu autorevole di quella della Charta Volans10.
Poiche fra le lettere di Oldenburg e di Collins che non sono state pub-
blicate, mi sembra che ve ne siano ancora alcune che mi riguardano,
desidererei che la Royal Society desse ordine di comunicarmele. Infatti
quando saro di ritorno ad Hannover, anche io potro pubblicare un Com-
mercium Epistolicum, che potra servire alla storia letteraria. E in tal
caso saro disposto a pubblicare non solo le lettere a me favorevoli, ma
anche quelle che si possono allegare contro di me, lasciandone il giudizio
al pubblico.
L’opera che Leibniz si ripromette di scrivere vide effettivamente la luce nel 1714,
con il titolo di Storia e origine del calcolo differenziale.
9.2 Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
Leibniz aveva manifestato la sua intenzione di scrivere una storia della scoperta del
calcolo differenziale per la prima volta in una lettera a Huygens, negli anni novanta
del diciassettesimo secolo. Espresse a Huygens la volonta di scrivere un trattato sui
fondamenti e le applicazioni del calcolo, riservando un’appendice ai riconoscimenti
dei meriti dei matematici che avevano contribuito all’avanzamento della materia,
9La risposta di Newton dell’11 maggio 1714.10Cfr. pagina 141.
156 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
in particolare de l’Hopital, i fratelli Bernoulli e Newton. Quando venti anni dopo
lavoro alla Storia del calcolo11, la situazione era cambiata ma le intenzioni rimasero
sostanzialmente le stesse.
Tra le piu celebri invenzioni del nostro tempo c’e un nuovo genere di ana-
lisi matematica, noto con il nome di calcolo differenziale. Benche il suo
contenuto si possa ritenere sufficientemente conosciuto, non altrettanto
lo sono invece l’origine e la logica della sua invenzione.
L’autore12 lo aveva ideato gia quarant’anni or sono, e nove anni piu tardi,
cioe circa trent’anni fa, lo ho pubblicato in forma concisa.
Ormai all’epilogo, la disputa trova spazio anche in questo trattato.
Nessuno poi ha mai dubitato del suo vero inventore, finche nel 1712 certi
nuovi arrivati, vuoi per ignoranza di quanto pubblicato tempo addietro,
vuoi per invidia, vuoi per speranza di ottenere fama attraverso le con-
troversie, vuoi infine per adulazione, gli hanno opposto un rivale13, e
lo hanno coperto di lodi nuocendo non poco alla reputazione dell’inven-
tore, che a loro dire aveva ricevuto sulla materia del contendere molte
piu informazioni di quanto risulta. Oltre tutto essi hanno agito subdo-
lamente, in quanto, per dare inizio alla controversia, hanno aspettato
che fossero morti tutti quelli che sapevano come si erano svolte le cose,
Huygens, Wallis, Tschirnhaus e altri la cui testimonianza avrebbe potuto
confutarli.14
11Un’opera che, come altre di Leibniz, rimase incompleta.12Cioe Leibniz.13Newton14A questa frase Leibniz aggiunge un riferimento giuridico molto calzante: “ Tra l’altro, proprio
per questo motivo e stata introdotta nel diritto la prescrizione per decorso di tempo, in modo cheo per colpa o per dolo non si possano ritardare i processi finche all’avversario vengano meno gliargomenti con i quali potrebbe difendersi.”.
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 157
La risposta di Leibniz al Commercium epistolicum15 fu preciso e puntuale. Egli
prima pone un’obiezione di principio: cio che viene mostrato nel Commercium
epistolicum non e il calcolo differenziale.
Costoro hanno poi addirittura cambiato i termini della controversia: in-
fatti nel loro scritto, che hanno pubblicato nel 1712 colo titolo Commer-
cium epistolicum allo scopo di mettere in dubbio la priorita di Leibniz, si
trova a malapena qualche traccia del calcolo differenziale16: ogni pagina
e piena delle serie cosiddette infinite. Queste serie furono pubblicate per
primo da Nicolaus Mercator di Holstein, che le aveva trovate per divisio-
ne, ma vennero rese generali da Isaac Newton grazie alle estrazioni di ra-
dice. L’invenzione e utile, e trasferisce le approssimazioni dell’aritmetica
al calcolo analitico, ma in nessun modo al calcolo differenziale.
Del resto, fin dalle lettere del 167617 era forte l’impressione che il centro della ricerca
di Newton fosse lo studio delle serie e non il calcolo infinitesimale.
Leibniz sostiene poi che un’altra accusa e basata su un “sofisma”.
Usano anche quest’altro sofisma, che ogniqualvolta il rivale studia la qua-
dratura di una figura come somma degli elementi che la generano, subito
rivendicano l’uso del calcolo differenziale. Ma cosı il calcolo differen-
ziale lo avrebbero conosciuto gia Keplero, Cavalieri, Fermat, Huygens,
Wallis e tutti quelli che hanno usato gli indivisibili o gli infinitesimi. Ma
Huygens, che certo non ignorava il metodo delle flussioni, checche costoro
dicono o inventino, ebbe l’equita di riconoscere che con il calcolo differen-
ziale si era fatta nuova luce e che i suoi confini erano stati notevolmente
ampliati.
15Cfr. 136.16Si noti che qui Leibniz utilizza la propria terminologia, non quella Newtoniana di “metodo delle
flussioni”.17Cfr. pagina 52.
158 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
La conclusione di Leibniz non puo che andare contro il lavoro di Newton. Nei
paragrafi che seguono egli sostiene la propria causa facendo leva su tre aspetti:
primo, si dichiara il primo matematico a formulare un calcolo al quale tutta la
geometria e assoggettata.
Per la verita a nessuno prima di Leibniz era venuto in mente di costruire
l’algoritmo di un nuovo calcolo, grazie al quale l’immaginazione potesse
essere liberata dal continuo riferimento alle figure [...] col nuovo calcolo
di Leibniz tutta la geometria e assoggettata al calcolo analitico e anche le
linee, che Descartes chiamava meccaniche e che lui chiama trascendenti,
considerando le differenze dx, ddx etc. e le somme, che sono reciproche
delle differenze come funzioni delle x.
Secondo, rivendica a se l’invenzione della notazione che usiamo ancora oggi.
Da qui si puo capire che quelli che denotavano queste quantita con una
o, come Fermat, Descartes e lo stesso rivale nei suoi Principia pubblicati
ne 1687, stavano ancora le mille miglia lontani dal calcolo differenziale,
che che cosı non e possibile distinguere ne il grado delle differenze ne le
funzioni differenziali delle diverse quantita.
Terzo, difende la priorita di pubblicazione.
In nessun luogo si trova il benche minimo indizio che tali metodi fossero
praticati da qualcuno prima di Leibniz. E con lo stesso diritto con cui
ora gli avversari li rivendicano a Newton, qualcuno potrebbe rivendicare
l’analisi di Descartes ad Apollonio, che aveva sı l’oggetto del calcolo, ma
non il calcolo.
Poco piu avanti Leibniz conferma di aver sempre assunto un atteggiamento di chiu-
sura nei confronti dei non addetti ai lavori e delle persone non coinvolte nella
disputa:
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 159
Ma il nostro, stupito che non con argomenti ma con finzioni si mettesse in
dubbio la sua buona fede, ritenne quei tali indegni di risposta, avendo per
certo che davanti a persone inesperte della materia (cioe la massima parte
dei lettori) avrebbe argomentato invano, e che i competenti avrebbero
riconosciuto immediatamente l’iniquita delle imputazioni.
Nella parte piu interessante dell’articolo, Leibniz narra l’evoluzione del proprio pen-
siero matematico. Dagli studi di arte combinatoria ai primi elementi del calcolo
integrale.
Ma e molto piu importante dar conto della strada e della logica con la
quale l’inventore e giunto a questo nuovo genere di calcolo; essa infatti
finora e rimasta ignota al pubblico e forse anche a coloro stessi che pre-
tendono di aver preso parte all’invenzione. [...]
L’autore di questa nuova analisi18 nel primo fiore dell’eta aveva unito
agli studi di storia e di giurisprudenza meditazioni piu profonde alle
quali era naturalmente portato. Tra l’altro si dilettava delle proprieta
e delle combinazioni dei numeri e aveva anche pubblicato nel 1666 un
libriccino sull’arte combinatoria.[...]
Osservo che dalla relazione A = A e A − A = 0, benche sia identica e a
prima vista possa sembrare di poco conto, segue una bellissima proprieta
delle differenze, cioe che
A − A + B
+L
−B + C
+M
−C + D
+N
−D + E
+Pe = 0.
Se ora supponiamo che A,B,C,D,E siano quantita crescenti, e chiamia-
mo L,M,N,P le differenze B−A,C−B,D−C,E−D di due consecutive
18Leibniz.
160 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
di esse, avremo
A + L + M + N + P − E = 0 ovvero L + M + N + P = E − A
e dunque: la somma di un numero qualunque di differenze consecutive e
uguale alla differenza tra i termini estremi.... [...] cose che, benche fossero
gia state osservate da altri, per lui erano nuove e per la loro semplicita
ed eleganza furono un incentivo per ulteriori studi.
Da semplici considerazioni combinatorie, Leibniz passa a studiare vere e proprie
serie, sempre legate a differenze di numeri interi, fino a formulare teoremi generali e
ad arrivare alle formulazioni di derivata ed integrale19
Adottando allora notazioni da lui introdotte piu tardi e chiamando y
il termine generico della serie, le differenze prime si potranno chiamare
dy, le seconda ddy, le terze d3y, le quarte d4y; mentre chiamando x il
termine di un’altra serie, sara possibile chiamare la loro somma∫
x, la
somma delle somme ovvero somma seconda∫ ∫
x, la somma terza∫ 3
x
e la somma quarta∫ 4
x. posto dunque 1 + 1 + 1 + 1 + ecc. = x, cioe che
x siano i numeri naturali,20 si avra dx = 1, e quindi
1 + 2 + 3 + 4 + 5 + ecc. sara =
∫
x
1 + 3 + 6 + 10 + ecc. sara =
∫ ∫
x
1 + 4 + 10 + 20 + ecc. sara =
∫ 3
x
1 + 5 + 15 + 35 + ecc. sara =
∫ 4
x
19La cui notazione non era ancora stata introdotta, come Leibniz stesso rileva.20In notazione moderna: x ∈ IN, 11 + 12 + 13 + 14 + . . . + 1x = x.
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 161
e cosı via.
Leibniz non ha difficolta ad ammettere i propri limiti: ritorna ancora una volta sulle
serie infinite, che lo avevano tanto interessato quando aveva avuto l’opportunita - a
Londra - di consultare i manoscritti di Newton21.
Al nostro autore era allora ignota l’applicazione delle proprieta numeri-
che alla geometria, e anche la stessa considerazione delle serie infinite, ed
era soddisfatto di aver osservato queste proprieta delle serie numeriche.
Ne sapeva granche di geometria al di la delle regole pratiche piu note, e
anche Euclide lo aveva appena scorso, intento com’era ad altri studi.
In questo periodo Leibniz ebbe modo di studiare la Geometria degli indivisibili di
Cavalieri, ma senza addentrarsi in questi studi. Divenuto pero consigliere dell’elet-
tore di Magonza22 ebbe modo di viaggiare: a Parigi conobbe Huygens, eminente
fisico e matematico.
Divenne a quel tempo membro del Consiglio dei Revisori dell’eminentis-
simo elettore di Magonza, e avendo ottenuto dal serenissimo e giudiziosis-
simo principe (che aveva assunto il nostro giovane proprio mentre stava
per partire per un lungo viaggio) il permesso di continuare i suoi viaggi,
nell’anno 1672 era giunto a Parigi. Qui conobbe il grande Christian Huy-
gens, a cui ha sempre riconosciuto il suo debito per averlo introdotte alle
matematiche superiori col suo esempio e i suoi consigli. A quel tempo
Huygens era occupato nella stesura della sua opera sui pendoli. Aven-
done dato un esemplare in dono al giovane, ed essendosi accorto dai suoi
discorsi che questi non aveva ben chiara la natura del centro di gravita,
21Cfr. pagina 66.22Boineburg, cfr. pagina 40.
162 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
in poche parole gli espose cosa fosse, e come si potesse studiare. Questo
risveglio dal letargo il nostro che si vergogno di ignorare tali materie23.
Leibniz cita perfino l’imbarazzante episodio con Pell24, omettendo pero di citare
l’obiezione dell’inglese.
[...] verso la fine dell’anno25 dovette andare in Inghilterra al seguito del-
l’inviato diplomatico di Magonza, con il quale rimase lı per qualche set-
timana. Su presentazione di Henry Oldenburg, allora segretario della
Royal Society, fu ammesso in quell’illustre collegio.26 Tuttavia non parlo
con nesuno di geometria, della quale allora era totalmente digiuno, men-
tre a causa dei suoi interessi per la chimica consulto piu volte l’illustre
Robert Boyle. Avendo poi incontrato per caso Pell, e avendogli parlato
delle sue osservazioni numeriche, Pell gli disse che non erano nuove27 e
che di recente Nicolaus Mercator nella sua Quadratura dell’iperbole aveva
mostrato che le differenze successive delle potenze finivano per annullarsi.
Il punto chiave e quello che riguarda lo scambio di informazioni tra Leibniz e i
matematici inglesi. Egli sostiene di non aver incontrato Collins e di non aver avuto
nessuna conversazione sulle serie di Newton. Cio e perfettamente compatibile con
quanto Leibniz ha sempre sostenuto. Ancora una volta e incredibile quanto Leibniz
sia a proprio agio nel difendere la propria ignoranza su taluni argomenti, sebbene
tale fatto sia perfettamente compatibile con la sua linea di difesa28.
A quel tempo non incontro Collins, e con Oldenburg parlo soltanto di
questioni letterarie, fisiche e meccaniche, mentre non scambio nemme-
23Leibniz, ormai adulto, ricorda con un pizzico di vergogna i suoi primi contatti con le materiescientifiche che non aveva avuto modo di approfondire adeguatamente durante gli studi universitari.
24Cfr. pagina 46.25Leibniz arrivo a Londra in realta nel gennaio 1673.26Leibniz fu ammesso alla Royal Society nella primavera del 1673, cfr. pagina 45.27E questo l’unico accenno all’episodio che i sostenitori di Newton considerano il primo tentativo
di Leibniz di appropriarsi di idee matematiche altrui.28Leibniz cioe si difende dalle accuse di plagio rivoltegli dai newtoniano sostenendo la sua
estraneita da taluni studi fino ad un certo anno in poi.
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 163
no una parola sulla geometria superiore, e meno che mai sulle serie di
Newton. Certo e che in queste materie era quasi profano, salvo forse
su alcune proprieta dei numeri, e anche qui senza eccellere, come si ve-
de a sufficienza dalle lettere scambiate con Oldenburg29, che ora sono
pubblicate dagli avversari30.
Leibniz accusa direttamente i newtoniani di aver volontariamente manipolato il
contenuto delle lettere per sostenere le accuse contro di lui.
Lo stesso31 risultera senza dubbio dalle lettere che sono ancora conservate
in Inghilterra, ma che gli avversari hanno soppresso, forse perche da
esse apparirebbe chiaramente che non ci fu alcuna corrispondenza tra
lui e Oldenburg relativa alla geometria, mentre essi vogliono che si creda
(senza addurre neanche il minimo indizio) che gia allora gli fosse stato
comunicato da Oldenburg tutto quanto si passava tra Collins, Gregory e
Newton.
Tornato a Parigi, Leibniz su consiglio di Huygens prese a studiare l’analisi di De-
scartes e la geometria delle quadrature di Honore Fabri, Gregoire de Saint-Vincent e
di Pascal. Arrivo in questi anni all’introduzione del triangolo caratteristico, cioe un
triangolo infinitamente piccolo che permette - attraverso l’introduzione di triangoli
ad esso simili - di calcolare l’area di figure geometriche e ricondurre tale problema
all’inverso del calcolo delle tangenti.
Leibniz, studiando i lavori di Pascal s’imbatte in un metodo attraverso il quale la
superficie di ogni solido di rotazione32 puo essere calcolata come area di una figura
piana equivalente. Ricavo da questo un teorema generale per il calcolo di aree
sottese a determinate curve, cioe in pratica un rudimentale metodo per integrare
29Cfr. pagina 49.30Cioe dai newtoniano nel Commercium epistolicum.31Cioe il fatto che Leibniz non avesse scambiato lettere con Oldenburg riguardo alla geometria.32Cioe la figura ottenuta ruotando attorno ad un’asse a una regione piana P , sul cui piano giace
l’asse stesso.
164 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
talune funzioni. Leibniz sottopose questo risultato ad Huygens, che lo sprono a
continuare le sue ricerche.
[...] accertata la fertilita di questo metodo, mentre prima aveva conside-
rato gli infinitamente piccoli solo come intervalli delle ordinate al modo
di Cavalieri, Leibniz introdusse il triangolo che chiamo caratteristico. [...]
Benche questo triangolo sia inassegnabile (cioe infinitamente piccolo) si
possono trovare sempre altri triangoli assegnabili a esso simili.
Leibniz descrive il procedimento attraverso il quale ricavare, da una figura posizio-
nata su assi cartesiani, un’altra figura quadratrice della prima.
E cosı da questa facilissima osservazione [...] avremo la rettificazione delle
curve, e contemporaneamente ridurremo le stesse quadrature delle figure
al problema inverso delle tangenti.
Il percorso di Leibniz verso una vera a propria formulazione del calcolo integrale e
descritta dettagliatamente in modo che i lettori possano valutarne la buona fede.
L’obiettivo e quello di dimostrare come le scoperte siano derivate da una serie di
studi successivi nel corso degli anni e non “a salti” come sarebbe successo se Leibniz
avesse davvero plagiato i lavori di Newton.
[...] il nostro mise in carta un gran numero di teoremi (molti dei quali non
erano privi di eleganza) divisi in due classi. Negli uni si consideravano
solo quantita assegnabili, alla maniera non solo di Cavalieri, di Fermat e
di Honore Fabri, ma anche di Gregoire de Saint-Vincent, di Guldin e di
Dettonville. Gli altri invece dipendevano dalle grandezze inassegnabili33,
e furono questi ultimi i piu fecondi per lo sviluppo della geometria.34
33Cioe gli infinitesimi.34Leibniz subito dopo aggiunge: “Tuttavia il nostro non proseguı per questa strada, quando si
accorse che lo stesso metodo era stato utilizzato e perfezionato non solo da Huygens, Wallis, Wren,
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 165
In seguito Leibniz passa ad approfondire il primo risultato importante della sua
carriera matematica: la scoperta di un metodo per la quadratura del cerchio35.
Nell’anno della scoperta, il 1674, Leibniz ignorava che un risultato simile fosse gia
stato ottenuto da Newton e da Gregory e a sostegno di questa tesi c’e il riferimento
alla reazione di Huygens.
[...] con lo stesso metodo con cui Nicolaus Mercator aveva dato la qua-
dratura aritmetica dell’iperbole per mezzo di una serie infinita, si poteva
anche dare quella del cerchio [...]
Quando il nostro mando a Huygens questo risultato con la relativa di-
mostrazione, egli lo lodo molto, e rimandandogli la dissertazione, nella
lettera che la accompagnava scrisse che questa scoperta sarebbe rimasta
sempre memorabile tra i geometri, e che da essa nasceva la speranza
che un giorno si sarebbe potuti pervenire alla soluzione generale, cioe o
a trovare la quadratura del cerchio in numeri razionali o a dimostrarne
l’impossibilita. Dunque ne egli ne Leibniz ne, per quanto se ne sa, nessun
altro a Parigi aveva mai sentito parlare di una serie razionale infinita in
grado di dare l’area del cerchio (cosa che, come poi si seppe, era stata
trovata da Newton e da Gregory). Certamente non Huygens, come e
palese dalla sua lettera; quindi Huygens credette che qui per la prima
volta si fosse dimostrato che il cerchio e esattamente uguale a una serie
di quantita razionali.
Inoltre, Leibniz sostiene che nello scambio epistolare con Oldenburg dell’anno pre-
cedente non aveva ricevuto alcuna notizia riguarda alla quadratura del cerchio.36
Heurat e Neil, ma anche da James Gregory e da Barrow” , dimostrando cosı, ancora una volta, dinon avere la pazienza di concentrarsi su un singolo argomento se non l’avesse trovato abbastanzaoriginale intellettualmente, ed al contempo di aver la necessita di spaziare sempre da un campoall’altro della conoscenza.
35Quadratura intesa come calcolo esatto dell’area, cfr. pagina 47.36Cfr. pagina 50.
166 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
Secondo la testimonianza di Huygens, che conosceva benissimo questa
materia, dello stesso avviso fu anche Leibniz, il quale in due lettere in-
dirizzate a Oldenburg nel 1674, lettere che gli stessi avversari hanno
pubblicato, annuncio come una novita il fatto di aver trovato, primo fra
tutti, la grandezza del cerchio espressa in una serie di numeri razionali,
come gia era stato fatto per l’iperbole. Ora, se Oldenburg gli avesse co-
municato l’anno precedente a Londra questa serie di Newton e Gregory,
sarebbe stato da parte sua il colmo della sfrontatezza fare una simile
affermazione ad Oldenburg, e per Oldenburg il colmo dela trascuratezza
o della prevaricazione il non accorgersi dell’inganno.
In questo caso Leibniz puo addirittura citare le lettere riprese dai Newtoniani in pro-
pria difesa. Qui il punto di dibattito non e la priorita di Leibniz, che e chiaramente
confutata dalle fonti, ma la sua buona fede.
Ma gli stessi avversari pubblicano la risposta di Oldenburg, che gli fa
notare solo (“non voglio che tu ignori”, dice) che serie simili erano state
usate anche da Gregory e da Newton, e che gliele comunico per la prima
volta l’anno seguente con lettere (che essi pubblicano) datate aprile. Si
puo allora capire quanto siano stati ciechi per invidia, o sfrontati per ma-
lignita, quelli che ora osano asserire che Oldenburg gli avesse comunicato
queste cose l’anno precedente.
In questo caso sembra funzionare la difesa di Leibniz, che candidamente ammette
che non conosceva, all’epoca, i risultati precedenti sulla quadratura del cerchio.
Del resto, quando il nostro venne a sapere che Newton e Gregory erano
pervenuti alle serie per mezzo di estrazione di radici, riconobbe di non
saper nulla di un tale metodo, e a tutta prima non ne capı molto, come
lui stesso ha sempre ammesso e ripetuto in piu di una dichiarazione [...]
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 167
Appare cosı la falsita di quanto sostengono gli avversari, che Oldenburg
avesse trasmesso gli scritti di Newton; infatti in questo caso non avrebbe
avuto bisogno di chiedere ulteriori precisazioni.
Leibniz ha insistito su questo punto per dimostrare che arrivo alla formulazione del
suo calcolo differenziale, come presentato negli Acta Eruditorum del 168437, con dei
metodi propri, senza avere la necessita di prendere in prestito procedimento altrui.
Leibniz passa dunque a descrivere i passaggi che lo hanno portato al calcolo dif-
ferenziale. Inizia col ricordare un episodio del 1672: Huygens sottopose a Leibniz
un problema relativo alla convergenza di una serie e il tedesco riuscı a trovare una
brillante soluzione.38
E ora tempo di esporre come a poco a poco il nostro sia pervenuto al
nuovo genere di notazioni, che ha chiamato calcolo differenziale. Gia
nel 1672, parlando delle proprieta dei numeri, Huygens aveva proposto
questo problema: trovare la somma della serie decrescente delle frazioni
i cui numeratori sono l’unita e i denominatori i numeri triangolari; la
quale somma diceva di aver trovato discutendo con Hudde del calcolo
delle probabilita. Il nostro dimostro che la somma era 2, in accordo con
quanto trovato da Huygens.
Leibniz dopo aver lavorato sulle serie comincia a studiare il triangolo aritmetico39 e
costruı il triangolo armonico40.
Ambedue i triangoli hanno infatti questo in comune, che le serie oblique
sono reciprocamente sommatrici o differenziali. [...]
Leibniz aveva fatto queste scoperte quando non era ancora addentro
37Cfr. pagina 79.38Cfr. pagina 42.39La cui serie fondamentale e la progressione aritmetica 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7.40La cui serie fondamentale e la progressione geometrica 1
1, 1
2, 1
3, 1
4, 1
5, 1
6, 1
7.
168 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
all’analisi cartesiana. Ma una volta appresa quest’ultima si rese conto
che i termini di una serie potevano nella maggioranza dei casi essere
indicati con una opportuna notazione, mediante la quale venivano posti
in relazione con un’altra serie piu semplice. Per esempio, se un qualsiasi
termine della serie naturale 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 ecc. viene chiamato x, il
termine generico della serie dei numeri quadrati sara xx, quello dei cubi
x3ecc., il termine generico dei numeri triangolari, come 0, 1, 3, 6, 10ecc.,
sara x(x+1)1×2 ossia xx + x
2 [...]
Leibniz approfondı gli studi geometrici, come descritto nelle pagine successive.
Il nostro si accorse immediatamente che il calcolo differenziale per le figu-
re e di gran lunga piu facile di quello per i numeri, dato che nelle figure le
differenze non sono confrontabili con le quantita da differenziare; infatti
ogniqualvolta grandezze tra loro incomparabili sono congiunte per mezzo
dell’addizione o della sottrazione, le minori sono trascurabili rispetto alle
maggiori.[...]
Osservo poi che le linee infinitamente piccole che intervengono nelle figu-
re non sono altro che le differenze istantanee delle linee variabili. E come
le quantita fin qui considerate dagli analisti avevano le loro funzioni, cioe
le potenze e le radici, cosı le quantita in quanto variabili hanno nuo-
ve funzioni, le differenze. E come finora abbiamo avuto x, xx, x3 ecc.,
y, yy, y3 ecc., cosı possiamo avere dx, ddx, d3x ecc., dy, ddy, d3y ecc.
In questo modo anche le curve che Descartes escluse dalla geometria in
quanto meccaniche, possono essere espresse in equazioni ed essere trat-
tate col calcolo, liberando la mente dal continuo ricorso alle figure. [...]
Nell’applicazione del calcolo differenziale alla geometria, le differenzia-
zioni di primo grado non sono altro che la ricerca delle tangenti, le diffe-
renziazioni di secondo grado equivalgono a trovare i cerchi osculatori (il
9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714) 169
cui uso fu introdotto dal nostro), e cosı via. E non e vero che esse servano
solo per trovare le tangenti e le quadrature, ma sono utili in ogni genere
di problemi e teoremi, dove si mescolano variamente le differenze con i
termini integranti, come furono chiamati dall’ingegnosissimo Bernoulli,
come spesso avviene nei problemi fisico-meccanici.
Poco piu avanti c’e un riferimento diretto alla notazione di Newton, considerata
molto meno efficiente di quella di Leibniz.
E se il rivale li avesse conosciuti41, non avrebbe usato i punti per denotare
gli ordini delle differenze, che sono inadatti a esprimere il generale ordi-
ne differenziale, ma avrebbe usato il simbolo d, inventato dal nostro, o
qualcosa di simile, perche allora con de si puo rappresentare un qualsiasi
ordine di differenziazione.
La notazione di Leibniz presenta infatti l’innegabile vantaggio di poter denotare
differenziali di ordine superiore in modo piu semplice ed intuitivo, anche per quanto
riguarda l’operativita del doverli poi calcolare. Mettendo a confronto i due sistemi
fino all’n-esimo grado, la convenienza della notazione leibniziana salta subito agli
occhi.
Leibniz Newton
dy = y
ddy = y
d3y = ˙y
... =...
dny = ?
41Leibniz si riferisce ai teoremi per trovare derivate di qualunque ordine.
170 9.2. Storia e origine del calcolo differenziale (1714)
Nella pagina finale del suo testo Leibniz rivendica finalmente la priorita di pubbli-
cazione, che in effetti non puo essergli contestata.
Di tutto questo calcolo non si trova la minima traccia negli scritti del
rivale prima che il nostro autore pubblicasse i princıpi del calcolo, ne c’e
alcunche che non avrebbero trovato allo stesso modo anche Huygens e
Barrow, se avessero studiato gli stessi problemi.
Cio che Leibniz riconosce a Newton e l’aver studiato prima e meglio di tutti le serie
infinite42.
Huygens riconobbe sinceramente la grande portata del calcolo, che gli
avversari sopprimono per quanto possono, e parlano d’altro senza toccare
nella loro relazione nulla che abbia a che vedere con il calcolo differenziale,
insistendo solo sulle serie infinite, il cui metodo nessuno nega che il rivale
abbia trovato prima degli altri.
Non manca un accenno al famoso anagramma in cui Newton diceva di aver celato il
suo metodo43.
Inoltre, quanto ha celato nell’anagramma che poi ha spiegato, parla di
flussioni e fluenti, cioe delle quantita finite e dei loro elementi infinita-
mente piccoli, ma non offre il minimo suggerimento su come le une si
derivino dalle altre.
La difesa piu efficace di Leibniz sta nella sua capacita di riassumere in poche righe
la differenza principale tra il suo calcolo e il metodo di Newton.
E quando considera i rapporti nascenti o evanescenti, subito passa dal
calcolo differenziale al metodo di esaustione, che e di gran lunga diverso
42Cfr. pagina 66.43Cfr. pagina 27 e 64.
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) 171
(benche abbia anch’esso la sua utilita) e non procede per infinitamente
piccolo, ma per quantita ordinarie, anche se poi finiscono per diventare
infinitesime.
L’arringa finale di Leibniz e contro la schiera di scienziati che ha scritto il Commer-
cium Episcolicum:
Dunque gli avversari non sono riusciti, ne nel Commercium epistolicum
che hanno pubblicato, ne altrove, a esibire il benche minimo indizio da cui
risulti che il rivale abbia utilizzato tale calcolo prima delle pubblicazioni
del nostro; le ragioni che hanno addotto si possono respingere tutte come
non pertinenti. E si son serviti dell’arte degli avvocaticchi, per stornare
l’attenzione dei giudici dall’oggetto del contendere ad altro, e cioe alle
serie infinite. Ma in questo non hanno potuto trovare nulla che macchi
l’onore del nostro: infatti egli ha sempre riconosciuto sinceramente grazie
a chi sia giunto a esse, benche tuttavia anche qui alla fine sia pervenuto
a qualcosa di piu eccelso e di piu generale.
9.3 La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
Nell’ultimissima fase della disputa fu relativamente importante la figura di Antonio
Schinella Conti, noto come abate Conti, un fisico, matematico, filosofo e storico ita-
liano originario di Padova, che viaggio nei primi anni del Settecento tra Londra e
Parigi. Proprio a Londra entro in contatto con Newton, che gli chiese di organizzare
la visita dell’ambasciatore di Hannover, il barone di Kilmansegg. Newton fornı al
barone tutte le carte del Commercium Epistolicum, al fine di effettuare autonoma-
mente la sua valutazione sulla disputa con Leibniz. Ma essendo questo un documento
tecnico e specialistico, il barone chiese allo stesso Newton di scrivere direttamente
al tedesco. L’abate Conti divenne dunque l’intermediario dello scambio epistolare
172 9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
tra Leibniz e Newton. La prima lettera fu infatti consegnata da Newton proprio
all’abate Conti, perche la ritrasmettesse a Leibniz, ad Hannover. In questa Newton
essenzialmente attaccava frontalmente il tedesco, difendendo i risultati del Commer-
cium Epistolicum ed invitando Leibniz a fornire prove del fatto che fosse stato lui
il primo inventore del calcolo. Nella lettera dell’abate Conti che accompagno quella
di Newton, egli chiese esplicitamente a Leibniz chi fosse stato il primo inventore del
calcolo infinitesimale. Dopo aver messo al corrente Bernoulli del fatto che Newton si
fosse finalmente esposto in prima persona, Leibniz invio la risposta in copia all’amico
Remond de Montmort a Parigi, affinche la distribuisse e potesse trovare tra i mate-
matici dell’epoca testimoni della discussione. Leibniz in questa missiva continuava
a sostenere quanto aveva gia scritto negli ultimi anni, senza mancare di attaccare
l’atteggiamento dei matematici inglesi e di chiamare in causa gli altri protagonisti
della disputa, tra cui Wallis, Collins ed Oldenburg. In una postilla della lettera di
Leibniz all’abate Conti, data dicembre 1715, leggiamo:
Ecco, signore, la lettera di cui potrete fare l’uso che vorrete. Vengo
subito alla questione che ci riguarda. Sono ben felice di sapervi in In-
ghilterra, dove potrete trarre gran vantaggio dal vostro soggiorno. Si
deve pur riconoscere che in codesto paese si trovano espertissime per-
sone; esse pero vorranno attribuire a se tutte, o quasi, le scoperte, ma
molto probabilmente non riusciranno nell’intento. Non risulta affatto,
come ha giustamente dichiarato Bernoulli, che Newton abbia scoperto
prima di me la caratteristica dell’algoritmo infinitesimale, quantunque
gli sarebbe stato facile pervenirvi se vi avesse pensato [...].
Coloro che hanno scritto contro di me, attaccando senza ritegno la mia
buona fede con interpretazioni forzate e infondate, non avranno il pia-
cere di vedermi rispondere alle loro piccole ragioni di persone incapaci
persino di servirsene bene, e che per di piu si scostano dal fatto. La que-
stione verte sul calcolo differenziale, ed essi invece puntano tutto sulle
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) 173
serie, dove Newton indubbiamente mi ha preceduto. Ma anche io riuscii
a trovare un metodo generale per le serie, che mi permise di non dover
piu ricorrere alle sue estrazioni.
Leibniz nota che c’e un vizio di fondo nel Commercium Epistolicum: essenzialmente
i fatti non sono stati riportati correttamente, ed anzi le lettere sono state manipolate
affinche supportassero le tesi dei newtoniani.
Avrebbero fatto meglio a dare le lettere per intero, come gia fece, con il
mio consenso, Wallis, che non ha avuto con me il minimo dissenso, con-
trariamente a cio che quelle persone vorrebbero far credere al pubblico.
Del Commercium Epistolicum di Collins i miei avversari hanno pubbli-
cato solo quello che credevano adatto alle loro maligne interpretazioni.
Leibniz, quasi come un testamento intellettuale, richiama alla memoria l’episodio di
cui e stato accusato quando visito Londra per qualche giorno nel 167644.
Conobbi Collins nel mio secondo viaggio in Inghilterra; infatti nel primo
(durato pochissimo perche ero venuto al seguito di un pubblico ministro)
non avevo ancora la minima conoscenza di geometria superiore, e non
avevo visto nemmeno sentito parlare del carteggio intercorso fra Collins e
i signori Gregory e Newton, come lo dimostrano le mie lettere scambiate
a quell’epoca con Oldenburg. Ma nel mio secondo viaggio Collins mi
mostro una parte del suo carteggio, e vi notai che Newton confessava la
sua ignoranza su diverse cose, dichiarando tra l’altro di non essere ancora
riuscito a trovare nulla sulla dimensione delle piu famose curve, eccezion
fatta per la cissoide.
In conclusione, Leibniz non manca di difendere per un ultima volta Newton, colpe-
vole soltanto di essersi lasciato influenzare da alcuni “adulatori”.44Cfr. pagina 65.
174 9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
[...] sono addolorato che un uomo esperto come Newton si sia attirato
il biasimo delle persone competenti, lasciandosi trascinare troppo dalle
suggestioni di pochi adulatori, che volevano inimicarmelo [...]
In risposta alla postilla di Leibniz, Newton scrisse una lunga lettera all’abate Conti,
in data 26 gennaio 1716. La sua prima preoccupazione e difendere l’operato della
Royal Society per quanto riguarda la stesura del Commercium Epistolicum
Voi sapete che il Commercium epistolicum contiene lettere e altri docu-
menti di vecchia data, concernenti la disputa intervenuta fra Leibniz e
Keill, che si conservano negli archivi della Royal Society o nella bibliote-
ca del signor Collins. Sapete che tutto questo materiale e stato raccolto
e pubblicato da un numeroso comitato di distinte persone appartenenti
a varie nazioni, radunate espressamente per ordine della Royal Society.
Leibniz si e finora rifiutato di rispondere, ben sapendo che e impossibile
rispondere a dei dati di fatto. Come scusa del suo silenzio addusse, in un
primo momento, di non aver visto questo libro, di non aver avuto tempo
di esaminarlo, e di aver pregato un famoso matematico di incaricarsi di
questa bisogna.45 La risposta del matematico, o preteso tale, che porta
la data del 7 giugno 1713, fu inserita in una lettera diffamatoria, datata
29 luglio dello stesso anno e pubblicata in Germania senza nome di auto-
re, di editore e di luogo di stampa.46 Il tutto fu poi tradotto in francese e
inserito in un’altra lettera con lo stesso stile della prima e probabilmente
dello stesso autore.47 A questa lettera rispose Keill nel luglio 1714, e
questa sua risposta e rimasta senza replica.48
45Fu Bernoulli ad informare Leibniz della pubblicazione del Commercium, cfr. pagina 140.46E la Charta Volans, cfr. pagina 141.47E l’articolo di Leibniz sul Journal Literaire de la Haye, cfr. pagina 142.48La risposta di Keill fu pubblicata sempre sul Journal Literaire de la Haye, cfr. pagina 147.
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) 175
Newton e spietato, e non manca di servirsi di offese personali49 pur di ottenere la
vittoria sull’avversario. Essenzialmente Newton sostiene che Leibniz non abbia ri-
sposto adeguatamente alle accuse mosse dal Commercium Epistolicum, cosa peraltro
vera, e che essenzialmente non fornisca prove delle sue controaccuse. La prosa di
Newton e particolarmente efficace.
Si lamenta50 che il comitato ha agito in modo parziale, omettendo certe
cose che non mi erano favorevoli, ma non da nessuna prova della sua
accusa.[...]
Ma poiche da qualche tempo fa mi ha mosso un’accusa tendente a farmi
passare come plagiaro,51 e obbligato, secondo le leggi stabilite, a provare,
sotto pena di passare come colpevole di calunnia. [...] l’aggressore e
Leibniz ed e quindi obbligato a provare cio di cui mi accusa.
Newton conclude infine rimandando al Commercium Epistolicum per ulteriori par-
ticolari. A tale risposta l’abate Conti penso di allegare una sua lettera, scritta a
Leibniz nel marzo 1716. Conti sostiene di aver studiato accuratamente il Commer-
cium e di aver individuato il punto centrale della questione: stabilire chi sia stato
il primo tra i due a trovare il calcolo infinitesimale. Dal punto di vista degli autori
della Royal Society e questo il centro della disputa, ma come abbiamo gia visto non e
davvero cio a poter assegnare i giusti meriti ai due matematici. Dunque la domanda
dell’abate Conti diventa per Leibniz incredibilmente imbarazzante, quanto di fatto
irrilevante.
Da tutto questo ho tratto la conclusione che, togliendo dalla disputa
tutti gli elementi estranei, la questione si riduce a stabilire se sia stato
49Quando ad esempio chiama Leibniz “matematico, o preteso tale”.50Ovviamente il soggetto sottointeso e Leibniz.51Leibniz adotto questa difesa, fallimentare, su suggerimento di Bernoulli, dopo aver saputo della
pubblicazione del Commercium, cfr. pagina 141.
176 9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
Newton a trovare prima di voi il calcolo delle flussioni o infinitesimale52,
o se siate stato voi a trovarlo prima di lui. Siete stato voi a pubblicarlo
per primo, questo e vero; ma avete ammesso che Newton ve ne ha lasciato
intravedere alcunche nelle lettere che ha scritto a Oldenburg e ad altri,
come e stato diffusamente provato nel Commercium e nell’estratto che
ne e stato fatto. Quale sara la vostra risposta? Ecco cio che manca
ancora al pubblico per giudicare esattamente la questione.
A questo punto Leibniz non puo far altro che rispondere, come sostiene lo stesso
abate Conti, se non a Keill almeno a Newton, che lo aveva sfidato apertamente. Cio
avvenne il 9 aprile 1716, quando Leibniz invio una risposta da Hannover.
Senza dubbio per amore della verita vi siete addossato l’incarico di tra-
smettermi da parte di Newton una specie di cartello di sfida. Non ho
voluto entrare in lizza con dei figli perduti, che aveva scagliato contro di
me, come quello che ha recitato la parte dell’accusatore sulla base del
Commercium epistolicum,53 o l’altro che ha fatto la prefazione piena di
malanimo che e stata posta davanti alla nuova edizione dei Principia54.
Ma poiche questa volta e Newton stesso a prendere posizione, sono ben
lieto di rendergli soddisfazione.
Si tratta davvero del faccia a faccia finale tra i due giganti: Newton e sceso aper-
tamente in campo e a Leibniz ora spetta difendersi. Come prima mossa, Leibniz
chiarisce il senso della frase contenuta negli Acta Eruditorum del gennaio 170555,
nel quale l’autore56 sembra suggerire che Newton abbia plagiato Leibniz. Secondo
Leibniz il senso della frase non era assolutamente offensivo nei confronti di Newton,
52L’ambiguita qui e nel non chiamare il procedimento di Newton cosı come dovrebbe esserepresentato, cioe metodo (e non calcolo) delle flussioni.
53Si tratta di Keill.54Qui Leibniz si riferisce a Fatio de Duillier.55Cfr. pagina 127.56Che in realta e lo stesso Leibniz.
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) 177
ed anzi il significato era esattamente l’opposto, che cioe Newton aveva conoscenza
del metodo delle flussioni ben prima di leggere del metodo delle differenze di Leibniz.
In questo frangente la difesa di Leibniz e piuttosto debole, soprattutto nell’ostinarsi
a non dichiararsi come autore dell’articolo e a tirare in ballo l’onesta intellettuale
degli editori:
Se si fosse fatto sapere che le espressioni degli Atti di Lipsia offrivano
difficolta o motivi di lagnanze, sono sicuro che i signori editori degli Atti
avrebbero dato a questo proposito piena soddisfazione; sembra pero che
si cercasse un pretesto di rottura.57
Piu robusta appare l’obiezione di Leibniz sulla composizione del comitato della Royal
Society:
Non ho avuto nessuna conoscenza del numeroso comitato di distinte per-
sone appartenenti a varie nazioni, radunate espressamente per ordine
della Royal Society. Infatti non me ne e mai stata data comunicazione, e
neppure ora so i nomi di tutti i commissari, soprattutto di quelli che non
sono delle Isole Britanniche. Non credo pero che essi approvino tutto
quello che e stato messo nell’opera pubblicata contro di me.
Non solo Leibniz suggerisce che la commissione giudicatrice non sia proprio “impar-
ziale”, ma poco piu avanti aggiunge che l’oggetto stesso del contendere58 non sia
stato quasi toccato dal Commercium Epistolicum.
Quando finalmente ebbi una copia del Commercium epistolicum, mi ac-
corsi che si allontanava completamente dal suo scopo, e che le lettere
in esso pubblicate non contenevano una sola parola capace di porre in
57Secondo Leibniz, Newton ha cercato - e trovato in questo articolo degli Acta - un pretesto perattaccarlo.
58Cioe la scoperta del calcolo infinitesimale.
178 9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
dubbio la mia scoperta del calcolo differenziale su cui verteva la vera
questione.
Leibniz ha ragione nel sostenere nel sostenere che il Commercium avesse fallito lo
scopo di dimostrare che il tedesco non avesse scoperto il calcolo infinitesimale. Il
vizio consisteva nel concentrare tutte le attenzioni sulle serie, sulle quali il primato
di Newton era innegabile. Tuttavia, cio chiaramente non metteva in discussione
i meriti di Leibniz, che poteva dunque incalzare l’avversario accusandolo di aver
opportunamente omesso dal Commerciumi passi delle lettere a lui piu sfavorevoli.
Notai che invece si preferiva puntare tutto sulle serie, dove si accorda
senza difficolta la precedenza a Newton, e che le note contenevano delle
interpretazioni mal congegnate, tendenti a screditarmi con sospetti senza
fondamento, talvolta ridicoli, talvolta architettati contro la coscienza
stessa di alcuni fra coloro che ne erano gli autori e ne approvavano il
contenuto.
Cio che probabilmente sfuggı a Leibniz, almeno inizialmente, fu il fatto che comun-
que il Commercium ebbe successo nella sua ricostruzione temporale delle scoperte.
Da allora infatti fu chiaro che le scoperte di Newton precedettero temporalmente
quelle di Leibniz. Invece, il vero impatto delle scoperte di Leibniz sulla teoria non fu
compreso da tutti. Probabilmente cio e dovuto, almeno in parte, al Commercium,
che riuscı a confondere a tal punto la situazione che il calcolo differenziale di Leibniz
e il metodo delle flussioni di Newton finirono per essere considerati totalmente equi-
valenti. Eppure le differenze c’erano, non tanto per la notazione e il maggior rigore
dell’approccio Leibniziano, quanto per la potenza strumentale dei metodi di calcolo
di quest’ultimo. Il calcolo di Leibniz era piu comprensibile e piu efficace.
Leibniz in questo testo riesce davvero ad affrontare tutti gli argomenti che mettevano
in dubbio la sua buona fede. Innanzitutto affronta l’accusa imbarazzante che durante
9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716) 179
i suoi viaggi a Londra avesse utilizzato i contenuti di alcune lettere di Newton59
conservate da Collins, per raggiungere i risultati sul calcolo infinitesimale negli anni
seguenti.
Non ho mai negato che nel mio secondo viaggio in Inghilterra60 abbia
visto da Collins alcune lettere di Newton, ma non ho mai visto dove
Newton abbia spiegato il suo metodo delle flussioni, e continuo a non
trovarlo nel Commercium Epistolicum.
Leibniz, primo tra i suoi contemporanei, poco dopo fa notare che Newton - nel-
la prima edizione dei Principia - gli aveva riconosciuto alcuni meriti61 che poi
scomparirono dalle edizioni successive.
Newton vuole che io ammetta e accordi cio che ho ammesso o accorda-
to quindici anni fa, altrimenti se ne dovra concludere la mia malafede.
Altrettanto ci si dovrebbe attendere da parte sua: sono infatti trascorsi
trenta anni da quanto, nella prima edizione dei Principia, pp.253-54, mi
ha accordato la scoperta del calcolo differenziale indipendentemente da
lui. In seguito pero si e deciso, non so per quale ragione, a far sostenere
il contrario.
Una delle differenze piu importanti tra le due filosofie del calcolo viene spiegata dallo
stesso Leibniz, che descrive come e giunto alla scoperta del calcolo differenziale.
A tale calcolo62 sono infatti pervenuto non gia per le flussioni delle linee,
ma per le differenze dei numeri, considerando che queste differenze, ap-
plicate alle grandezze continuamente crescenti, svaniscono in confronto
alle grandezze differenti, mentre sussistono nelle serie di numeri. Credo
59Confronta pagina 65.60Nel 1676.61Cfr. pagina 91.62Questo passaggio giunge dopo un breve digressione di Leibniz riguardante i suoi studi
matematici. Egli ovviamente qui si riferisce al calcolo differenziale.
180 9.3. La corrispondenza Leibniz-Conti-Newton (1716)
che questa via sia piu analitica, e il calcolo geometrico delle differenze,
che e identico a quello delle flussioni, e solo un caso particolare del cal-
colo analitico delle differenze in generale; caso che si mostra piu comodo
nella determinazione delle diminuzioni.
Un altro fatto che poteva mettere in imbarazzo Leibniz, erano le sue richieste ad Ol-
denburg riguardanti alcune dimostrazioni. Leibniz riesce a motivare queste richieste
in un modo che sembra cosı sincero da risultare convincente.
Credo che sia stato per pura distrazione, in un soggiorno come quello
di Parigi in cui mi occupavo di ben altre cose, oltre la matematica, e
per l’avversione che io avevo per i calcoli, di cui paventavo la lunghezza,
che ho talvolta richiesto a Oldenburg la dimostrazione63 o il metodo per
arrivare a certe cose cui avrei potuto pervenire facilmente anche da solo.
Leibniz conclude difendendosi dall’accusa di plagio, lasciando uno spiraglio di possi-
bilita alla buona fede di Newton. Ancora adesso egli non sembra credere che Newton
possa davvero essergli nemico.
Newton dice che l’ho accusato di plagio. Ma dove mai ho formulato una
simile accusa? Sono stati piuttosto i suoi fautori a intentare contro di
me questa accusa, e hanno avuto la sua connivenza. Non so se accetta in
tutto e per tutto cio che hanno pubblicato, ma convengo con lui che la
malizia di chi intenta una simile accusa senza provarla lo rende colpevole
di calunnia.
Ha terminato la lettera accusandomi di essere stato l’aggressore, e io
all’inizio di questa mia risposta ho provato il contrario. Comunque sara
facilissimo dirimere questo punto preliminare. E stato un malinteso, ma
certamente non una mia colpa.
63Cfr. pagina 52.
9.4. Lettera di Leibniz alla contessa di Kilmansegg (1716) 181
9.4 Lettera di Leibniz alla contessa di Kilmansegg (1716)
Leibniz invio il 18 aprile 1716 una lettera alla contessa di Kilmansegg, moglie dell’am-
basciatore di Hannover64, che aveva tradotto in francese alcune lettere per Leibniz
da parte dell’abate Conti. La lettera di Leibniz ripercorre i suoi studi matematici
dall’arrivo a Parigi fino alla disputa con Newton. Non ha particolari motivi di in-
teresse se non in due punti: un riferimento alla sua corrispondenza con Oldenburg
negli anni Settanta e al Commercium Epistolicum.
Leibniz racconta di una lettera di Newton, ricevuta tramite Oldenburg, nella quale
l’inglese si diceva in possesso di un certo metodo.
Arrivato finalmente ad Hannover, ricevetti nel 1677 da Oldenburg una
lettera che Newton gli aveva scritto perche mi fosse comunicata. In essa
si diceva capace di tracciare le tangenti di una figura data, senza essere
costretto a eliminare le quantita irrazionali, e viceversa. Dichiarava inol-
tre di avere due metodi per trovare la figura di un determinato tipo di
tangenti; ma nascose entrambi questi metodi trasponendone le lettere65.
Il 21 giugno 1677 risposi ad Oldenburg66 inviandogli il mio metodo, che
secondo me forniva tutto quello che Newton prometteva nei suoi enigmi.
Questo passaggio chiarisce che in quegli anni Leibniz, a sua detta, aveva un calcolo
gia perfettamente in grado di competere con il metodo di Newton. Poco piu avan-
ti Leibniz descrive alla contessa la situazione creata dalla pubblicazione del Com-
mercium Epistolicum: Leibniz non vuole credere che i membri della commissione
abbiano agito in buona fede.
E, adducendo come pretesto il rapporto di questa commissione, fu pubbli-
cato nel 1711 contro di me un libro intitolato Commercium epistolicum,
64Cfr. pagina 171.65Si tratta dei famosi anagrammi di Newton, cfr. pagina 64.66Per la lettera, cfr. pagina 66.
182 9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716)
dove si inserirono vecchie carte e vecchie lettere, per la maggior parte mu-
tilate, sopprimendo quelle che potevano essere contrarie a Newton. E,
peggio ancora, vi si aggiunsero osservazioni piene di maligne menzogne,
per dare un cattivo senso a espressioni che non lo avevano assolutamente.
Ma la Royal Society non ha voluto pronunciarsi su questa faccenda, come
ho saputo da un estratto dei suoi registri; e molte persone di merito in
Inghilterra (fra cui anche alcuni membri della Royal Society) non hanno
voluto avere nessuna parte a cio che e stato compiuto contro di me.
9.5 Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di
Leibniz all’abate Conti (1716)
Questa risposta di Newton alla lettera che Leibniz aveva inviato all’abate Conti
e l’ultima lettera della disputa sul calcolo. Fu pubblicata a Londra poco dopo la
morte di Leibniz, sopravvenuta il 14 novembre 1716. L’abate Conti avviso pochi
giorni dopo Newton dell’avvenuta morte del rivale, scrivendogli che la disputa era
finalmente finita. Ma non lo era ancora per Newton, che proseguı a scrivere saggi e
trattati contro Leibniz, sebbene molti di questi rimasero nei cassetti e furono scoperti
soltanto dopo la sua morte nel 1726.
Questa lettera quindi e l’ultimo documento ufficiale di Newton in risposta a Leibniz,
che non ebbe piu modo di replicare. Dopo un breve resoconto sui fatti che porta-
rono alla pubblicazione del Commercium Epistolicum da parte della Royal Society,
Newton passa puntigliosamente a rispondere a tutte le obiezioni di Leibniz.
Leibniz dice che la lettera da me definita diffamatoria67, non e affatto
piu mordace di cio che e stato pubblicato contro di lui, e che percio
non ho nessuna ragione di lagnarmene. Ma cio che vi e di mordace in
67La lettera di Leibniz a la Charta Volans, cfr. pagina 141.
9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) 183
questa lettera consiste in accuse e in riflessioni ingiuriose, interamente
destituite di prove, e questa e sempre stata considerata una maniera di
scrivere assolutamente indegna, e impiegata solo per sostenere le cattive
cause. Se il Commercium e mordace, lo e solo in riferimento a fatti che
e lecito e giusto riportare.
La difesa di Newton e maggiormente efficace quando arriva a sostenere che la
pubblicazione anonima della lettera di Leibniz ne evidenzia la natura diffamatoria.
La lettera in questione e stata pubblicata clandestinamente e in maniera
insidiosa, come di solito lo sono gli scritti diffamatori, senza il nome del-
l’autore ne del matematico, che ha scritto la lettera in essa contenuta68,
senza il nome dell’editore ne del luogo di stampa [...] Il Commercium
invece e stato apertamente stampato a Londra per ordine della Royal
Society.
Newton non risparmia nemmeno Bernoulli, che intendeva pubblicare la lettera a so-
stegno di Leibniz anonimamente, ma fu invece rivelato da quest’ultimo come autore.
Newton considera Bernoulli troppo parziale, cosı come Leibniz aveva considerato
Keill tempo prima69.
Bernoulli deriva da Leibniz il metodo differenziale; e il capo dei suoi
discepoli e nel giornale di Lipsia ha preso le parti del suo maestro prima
ancora di aver visto il Commercium Epistolicum; era dunque a quel
tempo homo novus et rerum anteactarum parum peritus, cosa che Leibniz
aveva rimproverato a Keill. Tutto cio che da allora ha scritto e stato solo
per difendersi, e tutto il suo sapere matematico non impedisce che sia
divenuto parte in causa in questa disputa. Non lo si puo dunque giudicare
disinteressato.68Si tratta della lettera di Bernoulli del 1713, cfr. pagina 141.69Cfr. pagina 127.
184 9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716)
Newton ribatte puntualmente all’obiezione di Leibniz secondo cui il Commercium
si fosse concentrato troppo sulle serie e non sul calcolo: le serie occupano un posto
centrale nel metodo di Newton e quindi il procedimento del comitato della Royal
Society e corretto.
Leibniz si duole che il comitato si sia allontanato dal suo scopo, gettan-
dosi a esaminare le serie infinite; ma deve considerare che i due metodi
di cui mi servo sono le due branche di un unico e identico metodo gene-
rale di analisi: le ho unite insieme nel mio trattato sull’analisi inviato da
Barrow a Collins nel 166970, e nel trattato che scrissi nel 167171 [...]
Nella mia lettera del 13 giugno 167672 ho detto che il mio metodo delle
serie si estendeva a quasi tutti i problemi, ma che diveniva generale solo
con l’aiuto di altri metodi, intendendo con cio, come spiegavo nella let-
tera seguente, il metodo delle flussioni e il metodo delle serie arbitrarie.
Volermi ora carpire questi due altri metodi, e come ridurmi al metodo
delle serie, cioe a un metodo che non e generale.
Uno dei passaggi piu delicati di tutta la vicenda, cioe il secondo viaggio di Leibniz
a Londra presso Collins, e ovviamente oggetto della risposta di Newton.
Leibniz ammette di aver visto, durante il suo secondo viaggio a Londra,
alcune delle mie lettere che erano in possesso di Collins, fra le altre quel-
le riguardanti le serie; e ne ricorda in particolar modo due, quella del
24 ottobre 1676 e quell’altra dove dice che io confesso la mia ignoraza
sui secondi segmenti. Quindi nessun dubbio che egli desiderasse vedere
soprattutto la lettera che conteneva le mie serie piu importanti, in par-
ticolare le serie che riguardavano il modo di trovare l’arco mediante il
seno e il seno mediante l’arco, e la loro dimostrazione [...] Tuttavia egli
70Il De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas, cfr. pagina 30.71Il Methodus fluxionium et serierium infinitarum, cfr. pagina 30.72Cfr. pagina 52.
9.5. Osservazioni del cavaliere Newton alla lettera di Leibniz all’abate Conti (1716) 185
dichiara di non sapere in che luogo io ho applicato il metodo delle flus-
sioni [...] Immagino che non vi ha visto questo metodo perche non trova
nessuna lettera sovrappuntata. Ma con questo ragionamento, tanto lui
che Bernoulli possono concludere di non trovare tale metodo neppure
nell’introduzione al mio libro De Quadraturis.
In pratica Newton sostiene che Leibniz aveva avuto la possibilita di studiare da
vicino le applicazioni piu importanti del metodo delle flussioni. Lascia intendere che
Leibniz o non le ha riconosciute - e questo non depone a favore della sua reputazione
di matematico - oppure sta semplicemente mentendo.
Secondo Newton anche la questione riguardante la prima edizione dei Principia
deriva da una scorretta interpretazione di Leibniz.
Pretende73 che a pp.253-54 dei miei Principia io gli ho riconosciuta la
scoperta, indipendentemente dalla mia, del calcolo differenziale; per cui
se ora ne attribuisco a me stesso la scoperta, ritiro il riconoscimento che
gli ho fatto. Ma nel paragrafo da lui citato non trovo una sola parola in
suo favore. Vi dichiaro invece di avere informato del mio metodo Leibniz,
prima che egli mi informasse del suo, ponendolo nella necessita di provare
di averlo ritrovato prima della data della mia lettera, cioe almeno otto
mesi prima della data della sua.
Il merito dei Principia e essenzialmente - secondo Newton - quello di aver affrontato
problemi di geometria piu alta.
Nel 1684 Leibniz pubblico soltanto gli elementi del calcolo differenziale,
che egli applico ad alcune questioni sulle tangenti, e ad alcune riguardanti
il metodo dei massimi e dei minimi [...] Ma non passo ai problemi della
piu alta geometria. Il libro dei Principia Mathematica contiene i primi
73Il soggetto e ovviamente Leibniz.
186 9.6. La fase finale del conflitto
esempi che siano mai stati pubblicati dell’applicazione di questo calcolo
ai problemi piu difficili [...]
9.6 La fase finale del conflitto
Nella fase finale della disputa, Leibniz non concesse nulla alle rivendicazioni di New-
ton sulla priorita di scoperta. Newton d’altra parte, continuo con i suoi attacchi
anche dopo la scomparsa dell’avversario. L’impegno di Newton, dopo il fallimento
dell’Account nel chiudere la disputa, divenne quasi ossessivo e lo porto a scrivere
centinaia di pagine. Nel complesso, il tempo dedicato dall’inglese alla vicenda fu im-
mensamente superiore a quello di Leibniz, sebbene la sua posizione rimase sempre
la stessa: Leibniz non provo mai di essere il primo inventore del calcolo, per cui i
meriti della scoperta dovevano essere attribuiti interamente a Newton. Storicamen-
te la posizione di Newton fu pero fallimentare: la priorita di scoperta e i meriti di
Leibniz non erano visti come questioni correlate. In Europa, negli anni Venti del
Diciottesimo secolo era ormai una credenza condivisa nella comunita intellettuale
che Leibniz avesse ottenuto il suo calcolo in modo indipendente da Newton, a cui
spettava comunque la priorita cronologica. I meriti matematici di Newton giovarono
alla sua reputazione di fisico e scienziato, tuttavia la sua matematica infinitesimale
continuo ad esser vista soltanto come frutto di una giovane e geniale mente. Tale
frutto non fu mai maturo e rimase per sempre incompleto e impreciso, soprattutto
in relazione agli sviluppi che ebbe poi il calcolo differenziale leibniziano.
Quando nel 1720 fu pubblicata la prima edizione in francese dell’Ottica di Newton,
la sua fama crebbe moltissimo anche nel Continente, tanto che persino i suoi scritti
matematici - seppur incompleti - trovarono editori al di fuori della Gran Bretagna.
Furono allora accettate le rivendicazioni di Newton come “primo inventore”, e a
Leibniz fu riconosciuto soltanto il diritto della ”seconda scoperta”.
9.7. Sulla priorita di invenzione 187
9.7 Sulla priorita di invenzione
In appendice all’ultimo lettera di Newton74 troviamo il testamento vero e proprio
della difesa dell’inglese: Leibniz ha scoperto il suo calcolo dopo che Newton scoprı
il suo metodo. Ma ai secondi inventori non spetta alcuna gloria.
Riguardo allo scolio posto alla fine del secondo lemma del secondo li-
bro dei miei Principia, tante volte citato a sproposito contro di me, esso
non e stato scritto con l’intenzione di rendere onore a Leibniz in questo
lemma, bensı allo scopo di assicurarmene il possesso. Che Leibniz l’ab-
bia scoperto dopo di me, o l’abbia ricavato da me, e una questione di
nessuna importanza perche i secondi inventori non hanno alcun diritto
all’invenzione.
Una conclusione, questa di Newton, che lascia alcuni dubbi. Che diritto ha il primo
inventore di un metodo matematico di rivendicarlo a se, quando ha mantenuto per
troppo tempo segreta la sua scoperta? Non ha invece ragione chi sostiene che il primo
a pubblicare i risultati puo - e deve - essere riconosciuto come primo inventore?
La questione, a distanza di tre secoli, e molto chiara: Newton ha messo a punto
i suoi metodi del calcolo infinitesimale prima di Leibniz, ma non ha comunicato
quasi a nessuno i propri risultati. Leibniz invece ha la priorita di pubblicazione,
ed il merito di aver condiviso con i matematici di tutta Europa le sue scoperte,
permettendo importanti avanzamenti nella disciplina. A chi dovrebbe andare il
merito maggiore? Allo scienziato geniale ma eccezionalmente riservato che ha tenuto
gelosamente per se alcune delle teorie piu importanti della storia matematica, o al
talento multidisciplinare che ha avuto la meglio nel comunicare i propri risultati?
Qualunque scelta, oltre che incredibilmente ardua, rischia di essere inutile alla nostra
ricerca. La distanza degli approcci dei due protagonisti della disputa sul calcolo e
74Cfr. pagina 182.
188 9.7. Sulla priorita di invenzione
un simbolo stesso della differenza tra le due metafisiche di Leibniz e Newton, alla
base della loro nuova matematica. La domanda da porsi non e dunque a chi spetti la
priorita di invenzione, ma piuttosto se le due matematiche possano essere considera-
te equivalenti. Ad opporsi non sono semplicemente due metodi matematici, ma due
vere e proprie teorie del mondo fisico naturale. Nonche due teorie sulla conoscenza
scientifica che hanno influenzato negli anni a venire le scuole di pensiero inglese e
continentale. Da una parte c’e una visione della matematica come strumento geo-
metrico al servizio delle scienze fisiche. Una matematica del continuo delle flussioni.
Dall’altra c’e un approccio algebrico e sostanzialmente logico-formale, basato sulla
discontinuita delle differenze tra variabili.
Sono tutti questi, ed altri, i temi che affronteremo nel prossimo capitolo.
Capitolo 10
Le due filosofie del calcolo
infinitesimale
“Le questioni bibliche hanno sempre avuto un certo rilievo nella tua opera
filosofica, e io non ero mai riuscito a capire perche, nelle nostre stanze,
i repertori astronomici fossero sempre promiscuamente affiancati ai libri
sacri dell’ebraismo e a occulti trattati sul Mercurio Filosofico, corredati
di diagrammi che illustravano nuovi telescopi et cetera. Alla fine, pero,
ho capito che ero io che la facevo piu complicata del necessario. Per te
non c’e alcuna promiscuita: per te l’Apocalisse di Giovanni, i deliri di
Ermete Trismegisto e i Principia Mathematica sono pagine strappate da
un unico immenso libro. ”
Daniel a Newton da Confusione di Neal Stephenson
10.1 L’imperdonabile ritardo di Newton
L’intera disputa sul calcolo infinitesimale e stata originata, almeno in parte, anche
dall’imperdonabile reticenza di Newton nel pubblicare i suoi primi studi sul metodo
189
190 10.1. L’imperdonabile ritardo di Newton
delle flussioni. Non e difficile individuare il principale motivo di tale scelta: Newton
non aveva ancora - nei primi anni delle sue ricerche - una teoria strutturata pronta
alla pubblicazione e i suoi interessi si spostarono in seguito nel campo della fisica
e dell’analisi matematica “applicata”. La pubblicazione di testi sul calcolo infini-
tesimale non fu mai tra le sue priorita - dato anche il fatto che negli anni la sua
posizione economica e la sua fama crebbero moltissimo, indipendentemente dalle sue
pubblicazioni matematiche.
Diventa interessante, per capire esattamente quale fosse la posizione filosofica di
Newton, analizzare piu esplicitamente i motivi che lo hanno spinto a mantenere
per se - e per pochi amici inglesi - i risultati che avrebbero sconvolto lo scenario
scientifico negli anni successivi.
In una lettera inviata a Des Maizeaux, Newton spiega che la ragione per cui non aveva
pubblicato il trattato sulle quadrature1 era la stessa per cui non aveva pubblicato
prima il trattato sulla teoria dei colori2. Newton si appella infatti - in entrambi i casi
- alla quantita di problemi e preoccupazioni che la pubblicazione dei suoi trattati
gli avrebbero creato. Nella lettera a Leibniz dell’ottobre 16763, Newton aveva gia
chiarito la questione:
Mi avevano interrotto4 numerose lettere di persone che esponevano obie-
zioni ed altre questioni, il che mi fece cambiare opinione, e mi fece sentire
imprudente perche, per inseguire un risultato oscuro, avevo sacrificato la
mia serenita, una cosa davvero importante.
Per la verita le cose andarono in modo leggermente diverso. I primi tentativi di pub-
blicazione di Newton avevano incontrato la riluttanza degli editori nello scommettere
su testi che - per la novita degli argomenti trattati - avrebbero avuto un mercato
1Cfr. pagina 75.2Cfr. pagina 63.3Cfr. pagina 61.4Dalla pubblicazione del trattato sui colori.
10.1. L’imperdonabile ritardo di Newton 191
molto ridotto. Del resto dopo il rogo di Londra del 1666 l’industria editoriale inglese
precipito in un periodo di crisi.5
Ma furono essenzialmente due i motivi che impedirono a Newton di pubblicare le
proprie ricerche. Un primo problema risiedeva nella natura stessa dei testi di New-
ton. Difficilmente Newton riuscı a scrivere dei trattati che avessero una forma tale
da renderli pronti per essere pubblicati. Piuttosto, questi rimasero sempre mano-
scritti, ed egli non fu mai sufficientemente deciso a mandarli in stampa. I suoi testi
erano in continua evoluzione e non assunsero praticamente mai una forma definitiva.
Il suo perfezionismo lo portava continuamente a ritornare su ogni singola frase, su
ogni singola formula. Finche fu in vita, nessun trattato matematico di una certa
importanza fu pubblicato con la sua approvazione.
In seconda battuta, sembra che egli fosse sufficientemente appagato dall’ammirazione
suscitata dai suoi scritti nel ristretto gruppo di studiosi attorno a lui: Barrow, Collins
e James Gregory solo per citare i piu eminenti. Del resto negli anni settanta del
Milleseicento avrebbe potuto facilmente pubblicare un centinaio di copie a proprie
spese, senza dover richiedere il supporto di un editore. Fu soltanto piu tardi che
Newton cambio idea e cerco di rendere noti i suoi risultati ad un pubblico piu ampio.
Forse era ormai troppo tardi: tutta la disputa degli anni a venire fu inevitabilmente
influenzata dalla colpevole inattivita iniziale di Newton. Come sostiene Whiteside6,
il ritardo di Newton fu imperdonabile:
Col senno del poi, possiamo vedere come un poco di determinazione in
piu nel presentare al mondo il suo metodo delle flussioni avrebbe potuto
risparmiare a Newton gran parte della frustrazione di venticinque anni
piu tardi, quando combatte tenacemente per difendere la sua priorita di
scoperta.
5Andarono distrutti molti testi e soprattutto molte tipografie, il che rese piu difficoltosa lapubblicazione di libri e trattati negli anni successivi.
6Cfr. [22] pagina 36.
192 10.2. Il filosofo e lo scienziato
Newton, perfino negli anni successivi alla pubblicazione dei Principia, continuo a
non comprendere la situazione in cui si trovava. Egli era convinto che le sue lettere
del 1676 fossero una prova sufficiente del livello raggiunto dal suo metodo in quegli
anni. Ma per un lettore imparziale - come per lo stesso Leibniz - tali lettere non
potevano assumere un significato tanto importante: nelle lettere non c’era nulla
se non una semplice “enunciazione” dei concetti del calcolo flussionale. Non era
presente nulla che testimoniasse che Newton fosse realmente in possesso di un nuovo
sistema algoritmico di calcolo. Newton, essenzialmente, pecco di presunzione perche
non avvertı di avere l’ultima possibilita di evitare la disputa degli anni successivi:
avrebbe dovuto dare immediatamente alla luce i suoi testi non pubblicati.
10.2 Il filosofo e lo scienziato
Se Newton occupa un posto di primissimo piano nella storia della scienza, che lo
porta a poter essere considerato tra le cinque o sei personalita piu importanti degli
ultimi duemila anni, lo stesso puo dirsi di Leibniz per quanto riguarda la storia
della filosofia. Queste due eminenti figure della storia del pensiero umano hanno un
importante punto in comune: entrambi erano uomini di transizione. Le loro scoperte
li proiettarono nel futuro della scienza ma rimasero sempre condizionati dal passato,
e dal presente.
Leibniz appartiene alla tradizione razionalistica che si rifa ad Aristotele, Tommaso
D’Aquino e Descartes prima di lui. Vengono considerate verita fisiche le verita che
l’intelletto umano puo considerare necessariamente evidenti. Tale approccio rende
le stesse leggi fisiche piu difficili da dimostrare - o confutare - di quanto non potesse
esserlo ad esempio la prima legge del moto cosı come fu formulata da Newton nei
Principia:
Corpus omne perseverare in statu suo quiescendi vel movendi uniformi-
10.2. Il filosofo e lo scienziato 193
ter in directum, nisi quatenus a viribus impressis cogitur statum illum
mutare.7
Nonostante non sia chiara la definizione di “ciascun corpo”, tale legge rappresenta
bene la differenza tra una formulazione “filosofica” e una “scientifica”. Il contrasto
tra lo scienziato e il filosofo e del resto ben rappresentato dagli stessi Newton e
Leibniz: lo scienziato acquisisce i fatti e costruisce modelli matematici; il filosofo
invece ricostruisce il mondo secondo i concetti del pensiero puro. Di fatto per Leibniz
c’era una continuita tra i concetti della metafisica e quelli della scienza, mentre per
Newton soltanto i secondi potevano essere oggetto d’indagine scientifica, essendo i
primi meramente speculativi.
Gli atteggiamenti “morali”8 dei due protagonisti furono distanti. Newton fu sempre
contraddistinto da un arroganza intellettuale che lo porto a valutare molto tutti
i suoi risultati, sia nella matematica sia nella fisica sperimentale. Cio gli impedı
sostanzialmente di ammettere i limiti del proprio metodo. Leibniz invece, mantenne
fino a tarda eta la modestia che gli aveva permesso di imparare rapidamente gli
ultimi sviluppi della matematica teorica del suo tempo fino dal periodo del suo
primo soggiorno Londra.9 Soltanto in tarda eta si pote permettere di insistere sulle
proprie posizioni e non indietreggiare sotto gli attacchi che venivano mossi contro di
lui da Newton e dai suoi sostenitori.
I due personaggi ebbero tuttavia molto piu in comune di quanto non li differenziasse:
e molto piu consistente la cesura tra il loro tipo di metafisica e quella dei pensatori
moderni post-illuministi che non quella tra loro due. Leibniz e Newton avevano piu
o meno la stessa eta ed erano davvero “uomini del loro tempo”: poterono dedicarsi
ai campi piu disparati del sapere e crearono sistemi filosofici onnicomprensivi.
7Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, a meno che siacostretto a mutare tale stato da forze impresse.
8E vezzo di alcuni studiosi definire “morale” la posizione filosofica assunta nei confronti deiconcetti matematici.
9Cfr. pagina 44.
194 10.3. Alla ricerca di un sistema matematico universale
10.3 Alla ricerca di un sistema matematico universale
Una grande differenza tra Leibniz e Newton risiede nell’approccio dei due alla co-
noscenza umana. In una lettera ad Oldenburg, Leibniz sostiene la sua concezione
unitaria della conoscenza ed espone la possibilita di risolvere i problemi piu profondi
della mente umana attraverso una scienza superiore, una sorta di metamatematica
simbolica.
Quest’algebra10 e solo parte di un sistema generale. E una parte incre-
dibile, nella quale non possiamo sbagliarci anche se volessimo, e nella
quale la verita e come se fosse stata disegnata per noi da una macchina
da disegno. Ma intendo ammettere sinceramente che qualunque algebra
ci possa dare questo, e frutto di una scienza superiore che sono solito
chiamare Combinatoria o Caratteristica, una scienza molto diversa da
quelle che potrebbero venire alla mente a qualcuno nell’ascoltare queste
parole. Spero ad un certo punto di riuscire a spiegare la meravigliosa
forza e potenza di questa scienza tramite regole ed esempi, se avro tem-
po e salute per farlo. Non posso descriverne la natura in poche parole
ma sono spinto a dire che non si puo immaginare nulla che piu si addica
alla perfezione della mente umana. E che una volta che sara accettato
questo modo di condurre la filosofia, arrivera il tempo in cui non avremo
meno certezza in Dio e nella mente di quanta ne abbiamo su numeri e
figure.
Leibniz pone se stesso e il proprio lavoro nell’ambito della ricerca di un linguaggio
universale, logico, algoritmico della natura e dei concetti. Un linguaggio non meno
formale di quello puramente matematico.11 Newton non condivideva questa visione,
perche aveva un’idea degli algoritmi matematici piu utilitaristica. Per quest’ultimo,
10Siamo intorno al 1675, quindi Leibniz si riferisce ai suoi primi studi sul calcolo differenziale.11Il riferimento e ovviamente all’Ars Characteristica, cfr. il testo di Couturat in bibliografia .
10.4. L’invenzione del calcolo 195
infatti, i metodi matematici non erano che un mezzo per raggiungere una conoscenza
profonda della matematica, e quindi della natura dei fenomeni fisici. Per Leibniz
invece il calcolo differenziale aveva un fine in se, perche costituiva parte dell’universo
della mente umana, conoscibile in quanto tale.
Eppure, nel corso del diciassettesimo e diciottesimo secolo, furono mosse molte obie-
zioni a Leibniz a causa della vaghezza dei concetti del suo calcolo differenziale. Leib-
niz si difese adottando - sorprendentemente - una posizione pragmatica: secondo lui
non c’era bisogno di giustificare il calcolo perche esso era autogiustificato dai suoi
risultati. Una posizione piuttosto curiosa, ma giustificata dall’esigenza di evitare
i problemi legati all’infinitamente piccolo e all’infinitamente grande. In particola-
re considerava il differenziale una “nozione ideale”12. Decise di non fornire alcuna
giustificazione filosofica ma piuttosto di insistere sull’aspetto algoritmico del nuovo
calcolo. Il calcolo doveva diventare uno strumento al servizio di una nuova filosofia
quantitativa e numerica.
10.4 L’invenzione del calcolo
Tra il 1660 e il 1680 Leibniz e Newton crearono quello che fu poi in seguito defi-
nito “calcolo infinitesimale”. E ora opportuno approfondire il rapporto tra le due
posizioni filosofiche alla base dei due approcci, nonche il significato che e corretto
attribuire alle parole “invenzione del calcolo” in tale contesto storico-filosofico.
Rispetto alla formulazione moderna, Leibniz e Newton utilizzano la nozione di quan-
tita - e di differenze e velocita di cambiamento di tali quantita - piuttosto che la
nozione di funzione. Inoltre hanno un’idea del continuum dei numeri reali molto piu
geometrica e fisica rispetto alla nostra, che e invece basata su definizioni astratte13.
E con tale idea in mente che Newton e Leibniz svilupparono le loro teorie. In par-
12Una finzione, in termini moderni un “operatore”.13Si pensi ad esempio alle “sezioni di Dedekind” o alle “successioni di Cauchy”.
196 10.4. L’invenzione del calcolo
ticolare Newton - come viene messo bene in evidenza da Jahnke in [15] 14 - intende
definire gli “oggetti” del calcolo (fluenti, flussioni e momenti15) attraverso la nostra
intuizione di flusso continuo ed ininterrotto. La base e chiaramente geometrica: le
quantita matematiche sono descritte come un moto continuo, analogamente a quanto
avviene nel mondo fisico con il moto dei corpi. Leibniz invece ottenne il suo calcolo
partendo da interessi nel calcolo simbolico e combinatorio. Cio lo porto alla gene-
ralizzazione dell’idea del triangolo caratteristico di Pascal : un triangolo con un lato
di dimensione infinitesima che permettesse di risolvere problemi di calcolo di aree
(quadrature)16. Anche in questo caso la via allo sviluppo del calcolo infinitesimale e
geometrica: Leibniz utilizzo la geometria del triangolo caratteristico per ottenere la
definizione di differenziale e le formule di trasformazione per il calcolo degli integrali.
Invece di trattare esplicitamente funzioni e derivate, il calcolo di Leibniz riguarda
principalmente quantita variabili e relative differenze.
Sebbene Leibniz e Newton adottino formulazioni tecnicamente diverse, ad esempio
per Leibniz le curve sono costituite da infiniti lati infinitesimali di un poligono mentre
per Newton esse sono perfettamente lisce, entrambi partono da considerazioni di tipo
geometrico. Forti differenze tecniche possono essere individuate soltanto se non ne
consideriamo lo sviluppo: nell’arco dei diversi periodi storici i due matematici hanno
cambiato idea piu volte, avvicinandosi l’uno all’altro in un percorso tortuoso verso
la formulazione definitiva delle loro teorie.
Anche questo e un altro fattore che i due hanno in comune: le loro teorie hanno su-
bito diverse evoluzioni nel tempo. Filosoficamente invece le differenze fondamentali
sono essenzialmente tre: il concetto di continuo, l’aspetto algoritmico e il ruolo della
geometria. Per quanto riguarda il concetto di continuo, mentre Newton lo fonda
sull’intuizione di flusso, Leibniz lo rinconduce a nozioni filosofiche piu complesse17.
14Cfr. a partire dalla sezione 3.2.5.15Cfr. pagina metodoflussioni.16Al triangolo era associato un punto su una circonferenza: una curva puo essere dunque
immaginata come un poligono costituito da infiniti lati di dimensione infinitesima.17Ad esempio il principio di continuita.
10.4. L’invenzione del calcolo 197
Il metodo di Newton e il calcolo di Leibniz sono operativamente equivalenti, ma gli
algoritmi di Leibniz sono piu efficienti perche essenzialmente permettono di effettua-
re i calcoli in modo piu meccanico. Newton invece si serviva piu pesantemente dello
sviluppo in serie, per sua natura piu “complicato” e meno “meccanico”. Infine, la
grande importanza che Newton diede al ruolo della geometria nel calcolo lo porto
a sottovalutare gli aspetti di notazione - relativamente ai quali Leibniz ebbe deci-
samente la meglio, anche considerando gli sviluppi dell’analisi fino ai giorni nostri.
Leibniz, pur fornendo sempre un’interpretazione geometrica dei suoi algoritmi, non
la considerava un valore irrinunciabile o un fatto necessario come fece Newton, ma
piuttosto una reinterpretazione possibile del simbolismo geometrico. Questo ebbe
conseguenze importantissime nella scuola di Leibniz. Fu infatti proprio a livello di
scuole, quella britannica e quella continentale, che le differenze tra i due metodi si
ampliarono notevolmente.
In questo scenario, che senso ha parlare di “invenzione del calcolo”? I progressi
di Leibniz e Newton si sono inseriti all’interno di un’evoluzione della conoscenza
matematica gia in corso da secoli, apportando sı novita sostanziali, ma non riscri-
vendo certo la storia della matematica da zero. Ecco dunque giustificata la loro
vicinanza: le teorie di Leibniz e Newton sono molto simili perche non potevano es-
sere altrimenti. Il background storico-scientifico e comune, pertanto le scoperte dei
due matematici vanno sostanzialmente nella stessa direzione: quella di un appro-
fondimento degli infinitesimali. Il calcolo del diciassettesimo secolo e essenzialmente
un accrescimento delle teorie gia presenti e una scoperta di proprieta geometriche e
metodi algoritmici gia sottointesi nel metodo di esaustione di Eudosso-Archimede e
intuiti da predecessori quali almeno Cavalieri, Barrow e Wallis.18
18A tal proposito si veda ad esempio il capitolo The Method of Indivisibles in [16], pagine 132-138.
198 10.5. Gli infinitesimali
10.5 Gli infinitesimali
Nell’articolo “Cauchy and the continuum”,19 Imre Lakatos ci fornisce un’acuta ana-
lisi dello sviluppo delle teorie matematiche sugli infinitesimali. In particolare difen-
de l’interesse storico e filosofico delle teorie dell’analisi non-standard - cioe diversa
dall’analisi che usiamo attualmente. Se infatti non consideriamo storicamente lo
sviluppo delle teorie matematiche, siamo condannati ad ignorare gli sviluppi piu
interessanti delle congetture e refutazioni della storia della matematica “20. Ancor
peggio, c’e il rischio che alcune teorie - che nel momento in cui furono formulate
erano inconsistenti (cioe portavano ad assurdi) - vengano distorte per essere trasfor-
mate in teorie anticipatorie di quelle attuali. Il rischio ci potrebbe essere anche con
il metodo di Newton ed il calcolo di Leibniz. L’interesse di tali teorie infatti risiede
proprio nella loro storicita, ovvero nell’incompletezza, nell’imprecisione e nella spe-
rimentalita della formulazione. La possibilita di comprenderne le relative sfumature
filosofiche risiede nella capacita di storicizzare questi due approcci ed approfondirne
i limiti.
Uno dei piu grandi limiti di Newton fu la sua incapacita di dare al proprio metodo
delle flussioni una validita logica. Piuttosto egli si concentro sull’utilita operativa
della nuova matematica. Ma se Newton fallı completamente su questo piano, nean-
che Leibniz riuscı ad ottenere dei risultati soddisfacenti. I problemi riguardanti i
fondamenti dell’Analisi21 furono risolti soltanto nel Diciannovesimo secolo, ma lo
sviluppo e il progresso della matematica non furono interrotti. L’insorgere di de-
terminati problemi filosofici, riguardanti la manipolazione di quantita che talvolta
erano finite e talvolta erano uguali a zero, non impedirono ai matematici di applicare
il nuovo calcolo alla fisica e all’ingegneria.
La nozione stessa di infinitesimale ha un ruolo cruciale nei procedimenti di base del
19In bibliografia [17].20“the most exciting patterns of conjectures and refutations in the history of mathematical
thoughts”in [17]21Ad esempio la definizione stessa di numero reale.
10.5. Gli infinitesimali 199
metodo delle flussioni di Newton. Tuttavia, e una nozione che manca di una rigorosa
definizione matematica; fu quindi attaccata da piu parti, anche in Inghilterra. In
Robinson [23], ritroviamo la definizione del vescovo Berkeley di questi infinitesimali
come:
ghosts of departed quantities
tanto era impreciso e poco scientifico tale concetto.
Ben al corrente delle critiche agli infinitesimali, Leibniz propose un sistema di nu-
meri che avrebbe dovuto includere sia numeri infinitamente piccoli che numeri infi-
nitamente grandi. Tecnicamente il procedimento per includere tali numeri avrebbe
riguardato degli oggetti ideali per ampliare l’insieme IR dei numeri reali. Ancora in
[23] ne troviamo una chiara descrizione:
Il procedimento per arrivare ad un tale sistema di numeri era quello
di aggiungere oggetti ideali alle quantita finite esistenti e definire regole
aritmetiche per combinarli in modo tale che i nuovi numeri ideali, ed i loro
reciproci, potessero essere infinitamente piccoli o infinitamente grandi. Il
tutto, facendo in modo che l’intero sistema avesse, in qualche senso ben
definito, le stesse proprieta del sistema dei numeri reali.
Un procedimento analogo a quello attraverso il quale i numeri immaginari erano
stati introdotti per risolvere determinate equazioni algebriche22.
Se dal punto di vista pratico il calcolo di Leibniz poteva essere soddisfacente, il pro-
blema di darne una base rigorosa rimase invece aperto. Il concetto di infinitesimale
fu gradualmente sostituito da quello di limite, che pote fornire una base ben piu so-
lida all’analisi. Storicamente, l’intento di Leibniz - quello di fornire una definizione
rigorosa di infinitesimali - fu raggiunto negli anni Sessanta del Novecento, con una
costruzione di campi ordinati di numeri reali, che sono modelli non-standard di IR
22Il numero immaginario i e tale che i2 = −1.
200 10.5. Gli infinitesimali
ed hanno elementi che si comportano esattamente come gli infinitesimali di Leib-
niz. Fu Robinsons ad ottenere tale risultato, pubblicato nel 1961 in Non-standard
Analysis23, nei Proceedings of the Royal Academy of Sciences of Amsterdam.
E interessante l’analisi di Robinson dell’atteggiamento di Leibniz nei confronti degli
infinitesimali. Ancora in [23], egli ci riferisce che Leibniz li considero degli elementi
ideali piuttosto che dei numeri immaginari. Essi venivano governati dalle stesse leggi
di numeri (reali) ordinari ed avevano lo scopo di facilitare l’invenzione - o scoperta?
- matematica. Utili finzioni che effettivamente nel diciottesimo secolo svolsero la
loro funzione - anche se non avevano ancora una definizione rigorosa. Leibniz ne
giustifica l’utilizzo soltanto per motivi di convenienza, sostenendo di poterne fare a
meno. Ad essi avrebbe potuto sostituire espressioni del tipo “piccolo quanto occorre
affinche l’errore sia piu piccolo di qualsiasi errore assegnato”. Inoltre, sembrerebbe
non attribuirgli alcun tipo di realta: l’infinitesimo portava nella matematica l’idea
di “infinito attuale”, ma ad esso era sostituibile l’infinito potenziale24. Robinson ci
fornisce un’interpretazione illuminante:
Leibniz non rifiuto l’infinito attuale in generale ma, almeno negli ultimi
anni, considero che non potesse trovare posto nel suo Calcolo. Inoltre,
dal suo punto di vista, i termini di una serie infinita erano soltanto un
infinito potenziale, i numeri infinitamente piccoli o infinitamente grandi
appartenevano all’infinito attuale. Dunque considero questi ultimi sol-
tanto ideali e fittizi, mentre pote accettare i primi come reali. L’opinione
che i numeri infinitamente grandi o infinitamente piccoli erano parte del-
l’infinito attuale era comune a quel tempo e nei periodi immediatamente
successivi. 25
23In bibliografia [23].24Quell’infinito potenziale del metodo di esaustione di Eudosso ed Archimede.25Dall’inglese in [23]: “Leibniz did not reject the actual infinite in general, but, at least in his
later years, he considereed that it has no place in the Calculus. Moreover, while in his mind theterms of an infinite series constituted only a potentially infinite assemblage, the infinitely large andsmall numbers were thought to belong to the actual infinite. He therefore regarded the latter as
10.5. Gli infinitesimali 201
Tra le cause dell’ostilita di Newton e dei suoi seguaci nei confronti del calcolo di
Leibniz, c’e sicuramente la riluttanza ad accettare l’esistenza di entita - quali gli
infinitesimi - appartenenti all’infinito potenziale. Ecco anche spiegato perche Ber-
keley26 non poteva accettare gli infinitesimi: la sua filosofia fortemente incentrata
sulla percezione era incompatibile con la realta di tali entita. Dal punto di vista
di uno scienziato empirico gli infinitesimi ed i numeri irrazionali hanno lo stesso
grado di realta: le misurazioni sono effettuate in termini di numeri interi o razio-
nali, non intervengono ne gli irrazionali ne gli infinitesimi. Altrettanto si puo dire
- ma per ragioni diverse - del punto di vista assiomatico moderno: sia gli infinitesi-
mi sia gli irrazionali devono essere introdotti assiomaticamente. Tutto cio riguarda
la discussione sull’ontologia delle nozioni di infinito e infinitesimo, di fondamentale
importanza storica.
In [16], Jesseph ci offre una panoramica della storia del calcolo infinitesimale, con
particolare attenzione al dibattito sulle quantita infinitamente grandi e infinitamen-
te piccole: anch’egli approfondisce - come Robinson - la nozione di infinitesimali.
Brillantemente, egli fornisce una chiara spiegazione del perche la nozione stessa di
infinitesimale sia di per se problematica. In particolare ci presenta il problema del
calcolo dell’area del cerchio: il cerchio viene suddiviso in infiniti triangoli isosceli sn
- con il vertice al centro - che hanno una base di dimensione infinitesima27. Assu-
miamo che la circonferenza sia la somma delle lunghezze delle basi dei triangoli, e
l’area del cerchio sia la somma delle aree dei triangoli. Non possiamo considerare la
base di dimensione infinitesima uguale a zero, in quel caso infatti la circonferenza
del cerchio sarebbe una somma infinita del tipo 0+0+0+0..., ma poiche ovviamente
ideal or fictitious while accepting the former as real. The opinion that infinitely large or smallnumbers were forms of the actual infinite seems to have been common ground at that time and forsome time after”.
26Cfr. pagina 199.27Tale base poggia sulla circonferenza.
202 10.5. Gli infinitesimali
la circonferenza e diversa da zero, avremmo l’assurdo
0 + 0 + 0 + 0 + . . . = c 6= 0.
Analogamente non possiamo considerare le basi infinitesime come uguali ad un qua-
lunque numero reale positivo r, perche in quel caso non potremmo mai ottenere
l’area completa attraverso i nostri calcoli. In pratica la base del triangolo isoscele -
per quanto piccola - non potrebbe coincidere l’arco della circonferenza, quindi ogni
settore sn avrebbe un errore. L’errore, per quanto piccolo, non e eliminabile e viene
replicato per ogni singolo settore. La figura 10.1 aiuta a chiarire la questione.
s1
s2
s3
s4
s5
s6
sn
s7
r
errore
s8
Figura 10.1: Rappresentazione dell’errore per ogni settore triangolare.
Gli infinitesimali non hanno una misura esprimibile in forma numerica, ma possono
essere confrontati e messi in relazione l’uno con l’altro. Sarebbe assurdo confrontare
un infinitesimale con un numero reale p qualunque, ma invece un’espressione del tipo
1n
> 1n2 ha perfettamente senso. Tale espressione ha un significato intuitivamente
chiaro, ma rende la teoria degli infinitesimali pericolosamente incoerente: ai tempi di
Leibniz e Newton non era ancora disponibile una chiara definizione di limite, dunque
il confronto tra gli infinitesimali non poteva che essere intuitivo. Piu precisamente,
l’incoerenza sta nel considerare gli infinitesimali uguali a zero o diversi da zero in
funzione del caso specifico. Come nell’esempio della circonferenza, un infinitesimale
ǫ puo essere considerato uguale a zero quando aggiunto ad una quantita finita, per
10.5. Gli infinitesimali 203
cui per ogni numero reale q abbiamo q + ǫ = q e quindi ǫ = 0. Quando invece
abbiamo una somma infinita ǫ + ǫ + ǫ + . . . 6= 0, lo stesso infinitesimale deve essere
considerato tale che ǫ 6= 0. La teoria degli infinitesimali era abbastanza precisa
da permettere operazioni tra infinitesimali di diverso ordine ma era ancora troppo
indefinita e incoerente dal punto di vista logico. Vediamo dunque piu nello specifico
le differenze filosofiche tra i due approcci di Leibniz e Newton agli infinitesimali.
10.5.1 Gli infinitesimali di Leibniz: il calcolo differenziale
Il calcolo differenziale sviluppa i concetti del metodo degli indivisibili fino ad ottenere
potenti procedure algoritmiche per la soluzione di problemi di analisi. Il concetto
chiave e quello di differenza infinitesima di una variabile x, denotata con dx. Tale
simbolo indica appunto la differenza tra due valori assunti dalla variabile, tali che
siano uno infinitamente vicino all’altro. Due differenze - quantita infinitesimali -
possono essere comparate nell’espressione dxdy
, che esprime la relazione tra di loro.
Il calcolo delle differenze ci permette di dare soluzioni approssimate ai problemi di
tangenza di quadratura. Per ottenere i risultati esatti, Leibniz poteva diminuire
l’errore delle differenze infinitesime delle variabili x e y, il cui valore puo essere preso
piccolo a piacere. Tutto cio e ammissibile se si accetta il seguente postulato.
Postulato 10.5.1. E possibile scambiare indifferentemente due quantita che diffe-
riscono soltanto per una quantita infinitamente piccola, ovvero e possibile conside-
rare che rimane la stessa tale quantita alla quale aggiungiamo (o sottraiamo) una
quantita infinitamente piu piccola di essa.
Il grande merito di Leibniz e dunque quello di aver reso gli infinitesimali manipolabili
con un calcolo di tipo algoritmico, noto come differenziazione.
204 10.5. Gli infinitesimali
10.5.2 Gli infinitesimali di Newton: il metodo delle flussioni
Centrale nel metodo di Newton e il concetto di quantita geometriche generate dal
moto continuo. Nel mondo antico era usuale pensare le rette come prodotte dal moto
continuo di un punto sul piano. Geometricamente ogni retta, superficie o solido puo
essere concepito come prodotto da un qualche moto locale continuo. Newton adotto
tale visione per il suo metodo delle flussioni. Newton si oppone esplicitamente la
concetto di “infinitamente piccolo”: nel Trattato sulle Quadrature specifica
Io qui non considero le quantita matematiche come composte di parti
estremamente piccole, ma come generate da un moto continuo. Le rette
sono descritte, e quindi generate, non da apposizione di parti, ma dal
moto continuo di punti.
Nel linguaggio flussionale potremmo dire il moto continuo di un punto su un pia-
no genera una curva, e la velocita istantanea del punto stesso e la flussione della
quantita fluente (la curva). Newton sviluppa due concetti per utilizzare tali nozioni
al fine di effettuari calcoli sugli infinitesimali. Il primo concetto e il momento di
una fluente, ovvero il valore di cui la fluente e aumentata in un intervallo di tempo
indefinitamente piccolo. Il secondo concetto e quello di ragioni prime ed ultime,
che sono il rapporto tra due grandezze che vengono create dal moto: vi sono le
ragioni nascenti all’inizio della generazione e ragioni evanescenti al termine quanto
le grandezze svaniscono.28 Apparentemente questo metodo eliminerebbe l’esigenza
di utilizzare quantita infinitesimali, riconducendo i problemi di analisi a questioni
di tipo geometrico-flussionale. In realta l’utilizzo della nozione di “ragioni nascenti”
e “ragioni evanescenti”, non fa altro che nascondere l’utilizzo degli infinitesimali.
Anche del punto di vista piu specificatamente algebrico-matematico, la differenza
con il calcolo di Leibniz e notevole: Newton si serve degli sviluppi in serie per rap-
presentare una curva in forma di polinomio. Il calcolo differenziale e il metodo delle
28Cfr. pagina 31.
10.6. La metafisica del calcolo 205
flussioni sono in realta equivalenti, infatti anche le procedure di Newton possono
essere trasformate in un algoritmo analogo al calcolo differenziale di Leibniz.
10.6 La metafisica del calcolo
Alcuni studiosi contemporanei di storia della matematica potrebbero considerare la
disputa tra Leibniz e Newton soltanto come uno scontro tra due opposte posizioni
relative a dettagli tecnici del calcolo infinitesimale. In realta la disputa e originata e
motivata da due diverse posizioni filosofiche. Come Robinson puntualmente rileva,
nel suo intervento “The Metaphysics of the Calculus” in Problems in the Philosophy
of Mathematics a cura di Imre Lakatos29, nel diciottesimo e diciannovesimo secolo
gli studiosi consideravano i problemi sui fondamenti del Calcolo quasi interamente
come questioni filosofiche. Cio dev’essere ragionevolmente vero se perfino d’Alembert
diede ad una voce nell’Encyclopedie in merito al concetto di limite, il titolo
“La theorie des limites est la base de la vraie Metaphysique du calcul
differentiel.”
L’aspetto interessante su cui Robinson insiste e la stretta correlazione tra questioni
tecniche e filosofiche durante le diverse fasi dello sviluppo del Calcolo infinitesimale.
Nel suo articolo ci sono diversi accenni alla sua “Analisi non-Standard”,30 ma cio
che ci interessa maggiormente a la sua analisi degli atteggiamenti filosofici di Leibniz
e Newton sulle questioni fondamentali della nuova matematica.
Secondo Robinson la distinzione tra Newton e Leibniz e netta. Newton ha una
visione dei fondamenti del calcolo piuttosto ambigua: utilizza indifferentemente in-
finitesimali, momenti, limiti e talvolta perfino nozioni fisiche per descrivere i nuovi
elementi del suo Metodo delle flussioni. Un suo merito e quello di aver intuito che la
nozione di limite sarebbe stata la pietra angolare dell’intera costruzione matematica
29In bibliografia [18].30Cfr. pagina 200 e in bibliografia [17] e [23].
206 10.6. La metafisica del calcolo
negli anni a venire, ma cio non basta a scagionare la sua vaghezza nei confronti di
concetti tanto fondamentali. Leibniz al contrario imposto il Calcolo sulla base di
una nozione molto precisa di quantita infinitamente piccole. Robinson giustamente
menziona il libro “Analyse des infiniment petits pour l’intellingences des lignes cour-
bes” del Marchese de l’Hopital come uno dei primi testi in assoluto a presentare in
modo accademico e rigoroso la filosofia del calcolo di Leibniz. In particolare all’inizio
del libro ci sono due interessanti definizioni di “variabile” e “differenza”31:
Definizione I. Una quantita e variabile se cresce o decresce in modo
continuo; e, al contrario, una quantita e costante se rimane la stessa
mentre le altre quantita cambiano. Quindi, per una parabola, le ordinate
e le ascisse sono quantita variabili mentre il parametro e una quantita
costante.
Definizione II. La porzione infinitamente piccola di cui una variabile
cresce o decresce in modo continuo e detta la sua differenza...
Queste ed altre definizioni del Marchese de l’Hopital implicano un’assunzione di
realta delle quantita infinitamente piccole sopra menzionate. Tale posizione sembre-
rebbe condivisa in tutto il Continente nel corso del diciottesimo secolo. Ma Leibniz
invece aveva un atteggiamento molto piu prudente: piu volte si dimostro critico nei
confronti della posizione di de l’Hopital. Egli infatti pur considerando utile e neces-
saria l’introduzione degli infinitesimali, non li considerava reali ma piuttosto fittizi
o ideali, seppur governati dalle stesse leggi dei numeri ordinari. E attribuita a lui
la frase - sorprendentemente moderna - che e contenuta in un libro di sue memorie
pubblicato nel 170132 e che riportiamo qui di seguito:
31Ovvero “differenziale” nel linguaggio moderno.32Memoire de M.G.G. Leibniz touchant son sentiment sur le calcul diff’erentiel nel Journal de
Trevoux - 1701.
10.6. La metafisica del calcolo 207
Si prendono quantita che siano tanto grandi o tanto piccole quanto basta
affinche l’errore sia piu piccolo di un errore dato.
E ben chiara insomma l’idea di approssimazione “al limite” implicita nel concetto
di infinitesimale. L’errore di Leibniz piuttosto - come del resto accadde anche a de
l’Hopital - fu nel considerare semplicisticamente uguali due quantita che differiscono
soltanto per una quantita che in relazione a loro e infinitamente piccola. Al con-
tempo assunse che le leggi aritmetiche valide per le quantita finite si applicassero
anche agli infinitesimali. Fu evidente anche ai loro contemporanei che tali afferma-
zioni erano pesantemente incompatibili. Cio diede a tutta la teoria un’inconsistenza
semplicemente intollerabile per gli studiosi dei secoli successivi.
Il problema della natura delle nozioni infinitarie e ancora di grande importanza
nella filosofia della matematica: la domanda centrale e “Che posto ha la nozione
di infinitesimale nella matematica moderna?” Leibniz considero gli elementi della
matematica dell’infinito - gli infinitesimali e le quantita infinitamente grandi - co-
me un utile ma ideale aggiunta alla matematica del finito. Analogamente Hilbert
nel Novecento, alla ricerca di una fondazione formalistica della matematica separo
infatti la matematica finitaria - le cui proposizioni possono essere dimostrate con
procedimenti finiti - dalla matematica infinitaria. Nel secondo caso siamo di fronte
a strumenti matematici di cui possiamo cogliere l’utilita, ma non possiamo provarne
la verita.33. Ovviamente l’analisi di Newton e Leibniz utilizza proprio i metodi che
Hilbert inserisce nell’ambito della matematica infinitaria. L’attenzione nei confronti
di questa distinzione tra matematica finitaria e infinitaria sembra insomma essere
rimasta costante negli ultimi due secoli e mezzo. Cio testimonia l’importanza e la
complessita delle questioni che Leibniz e Newton si trovarono ad affrontare: se dal
punto di vista matematico le soluzioni tecniche sono ormai soddisfacenti e hanno da-
to all’analisi matematica una sua consistenza unanimemente riconosciuta, la filosofia
del calcolo e ancora aperta a considerazioni di tipo matematico-metafisico.
33Per approfondimenti, si confronti [10] in bibliografia.
208 10.6. La metafisica del calcolo
A conclusione del testo di Robinson ci sono alcune osservazioni di importanti filosofi
della matematica. Brillante l’osservazione di Heyting che sostiene:
Uno dei punti piu importanti della lezione34 e che questioni inizialmen-
te considerate metafisiche possano successivamente essere considerate
meramente tecniche.
Heyting sostiene inoltre che tra i due estremi di segni puramente tecnici - come quelli
che scriviamo su una lavagna - e questioni puramente metafisiche c’e una scala di
valori intermedi all’interno della quale si posizionano la maggior parte delle questio-
ni matematiche. E inoltre possibile, dal momento che le teorie matematiche sono
considerate nel loro sviluppo storico, che questioni filosofiche diventino puramente
tecniche quando si iniziera a considerarle da un punto di vista formale. Analoga-
mente, in alcuni casi saranno le implicazioni filosofiche di una teoria a diventare
improvvisamente piu rilevanti da un certo punto in poi.
Come in Robinson [18], anche in The Logic of Expression di Simon Duffy35, troviamo
un prezioso approfondimento sulle due differenti filosofie del calcolo infinitesimale
di Leibniz e Newton, e sulle loro relazioni con la matematica contemporanea. Una
prima osservazione che sembra ammorbidire la posizione di Leibniz riguardo al suo
Calcolo differenziale riguarda alcuni scritti matematici del filosofo tedesco. Egli in-
fatti affermerebbe all’inizio della sua carriera matematica che “il Calcolo differenziale
potrebbe essere applicato attraverso diagrammi e figure in un modo incredibilmente
piu semplice che non con i numeri”. Nello specifico, egli mostra come le relazioni
tra quantita potrebbero essere felicemente rappresentate anche con l’opportuno uti-
lizzo di figure. La relazione piu importante del Calcolo e ovviamente quella tra gli
infinitesimali dx e dy. Egli definisce tale relazione come il quoziente di differenziali
di primo ordine, ovvero una relazione differenziale. Tale relazione e ovviamente uno
dei concetti del calcolo infinitesimale perche la relazione differenziale e definita pro-
34Il testo di Robinson.35In bibliografia [12].
10.6. La metafisica del calcolo 209
prio come dxdy
. In tale scenario, Leibniz riconosce che l’integrazione, oltre ad essere
un processo di somma infinita, e anche l’inverso della relazione differenziale. Tale
visione testimonia la natura anticipatoria delle riflessioni filosofico-matematiche del
tedesco: a partire dal diciannovesimo secolo e stato questo l’approccio piu diffuso al
concetto di integrazione. In termini moderni l’obiettivo del processo di integrazio-
ne non e piu quello di stabilire la somma di infiniti termini36 ma piuttosto diventa
quello di determinare - a partire dalla relazione tra dx e dy - la relazione origina-
ria tra le quantita x ed y. Il calcolo della derivata quindi puo essere riconsiderato
come il calcolo del valore della tangente della funzione in un punto come limite del
coefficiente angolare di due punti infinitamente vicini.
Da questo punto di vista geometrico, fu pero Newton ad intuire per la prima volta
l’importanza del concetto di limite. Fu infatti l’inglese a concettualizzare la tangente
geometricamente, come limite di una sequenza di segmenti tra due punti su una curva
(secante): man mano che la distanza dei due punti si avvicina allo zero, la secante si
avvicina alla tangente senza mai realmente raggiungerla. La distanza tra secante e
tangente puo essere resa piccola a piacere, finche diventa molto piccola e dunque puo
essere ignorata per gli scopi pratici. La differenza cruciale tra Newton e Leibniz e nel
considerare tale distanza infinitesimale: per Newton gli intervalli rimanevano sempre
reali, anche se molto piccoli, mentre per Leibniz c’era l’esigenza di ipotizzare numeri
infinitamente piccoli - gli infinitesimali appunto. Ontologicamente i due sono su
posizioni completamente opposte: Leibniz dovette ipotizzare l’esistenza di un nuovo
tipo di numeri - gli infinitesimali - mentre Newton non ne ebbe bisogno perche la
secante aveva sempre una lunghezza reale finita.
Ci vollero circa duecento anni affinche venisse trovato un rigoroso fondamento arit-
metico del calcolo. Fu Karl Weierstrass nel tardo Ottocento infatti a sviluppare
un’aritmetizzazione non geometrica del calcolo,37 priva tra l’altro di ogni riferimento
36Cio che e sostanzialmente il calcolo dell’area sottesa alla curva.37Si veda [14].
210 10.6. La metafisica del calcolo
agli infinitesimali. Infine soltanto negli anni sessanta del Novecento Robinson riuscı,
con la sua Analisi non-standard, a dare un fondamento rigoroso anche all’aritmetica
degli infinitesimali.38
38Si veda [23].
Capitolo 11
Conclusione
11.1 Nota storica
Prima di esprimere la mia opinione riguardo alla disputa tra Leibniz e Newton, e
opportuno fare due brevi considerazioni di carattere storico.
La prima considerazione riguarda nello specifico gli anni tra il 1665 e il 1684, ovvero
gli anni tra i primi studi di Newton sul metodo delle flussioni e la prima pubbli-
cazione di Leibniz sul calcolo differenziale. E ormai accertato che Newton entro in
possesso dei suoi procedimenti per calcolare tangenti e quadrature circa nove an-
ni prima di Leibniz. Infatti, se Newton fa risalire i suoi studi sul metodo agli anni
mirabiles 1665-1666, Leibniz non possiede ancora nessuna procedura di calcolo diffe-
renziale fino 1675. Cronologicamente, il primo “scopritore” e senza dubbio Newton.
Si potrebbe osservare che i metodi di Newton del 1666 erano meno evoluti di quelli
di Leibniz, ma di fatto l’idea centrale del metodo delle flussioni era gia presente.
Inoltre Newton aveva approfondito molto la teoria delle serie, laddove invece Leib-
niz si era piuttosto concentrato sul calcolo delle tangenti (derivazione di funzioni).
Negli anni successivi Newton sembro disinteressarsi dell’analisi infinitesimale e si
211
212 Conclusione
concentro su esperimenti fisici di ottica. Durante il famoso scambio epistolare del
1676-16771 i due avevano attitudini molto diverse. Leibniz aveva appena raggiunto
importanti risultati matematici ma ancora non possedeva una piena conoscenza della
materia. Newton invece, che aveva una preparazione accademicamente piu robusta,
stava recuperando studi del decennio precedente perche interpellato da un amico
(Oldenburg) a spiegare ad uno straniero (Leibniz) i suoi metodi. Nel giro di qualche
anno lo svantaggio di Leibniz si azzero, tanto che fu lui - per primo - a pubblicare
un testo sul calcolo differenziale, nel 1684. Un testo di sole sei pagine, piuttosto
complicato e per di piu senza troppi riferimenti al calcolo integrale, che fu oggetto di
una pubblicazione di Leibniz due anni dopo. Ma il Nova Methodus fu la prima vera
pubblicazione sistematica sui nuovi metodi di derivazione, quindi guadagno rapida-
mente l’attenzione dei matematici continentali. Nelle isole britanniche l’impatto fu
piu ridotto. Inoltre molti matematici gia conoscevano i metodi di Newton e non
faticarono a ritrovare molte procedure simili nel nuovo testo del tedesco.
La seconda considerazione riguarda il periodo successivo alla morte di Newton, fi-
no ai giorni nostri. Il fatto importante e che fino all’Ottocento il vincitore della
disputa sembro essere Newton. Per qualche tempo le teorie Newtoniane - ignorate
nel Continente per troppi anni e “riscoperte” da poco - ebbero la meglio sul calcolo
di Leibniz. E come se i matematici - nell’economia di uno studio complessivo del-
le teorie (matematiche) piu all’avanguardia - si fossero sentiti di dover “scontare”
la colpa di non aver tenuto in giusta considerazione un cosı grande matematico e
scienziato. Dopo la morte di Leibniz, Newton continuo ad attaccarlo - senza che
nessuno lo difendesse - e questo fu di una certa importanza, seppure non decisivo.
Probabilmente anche la fama di cui Newton godeva in campo fisico giovo non poco
a far pendere dalla parte degli inglesi gli equilibri della disputa sul calcolo.
Essenzialmente dunque, la priorita di scoperta spetta a Newton, ma la prima pubbli-
cazione e di Leibniz. Inoltre se negli anni immediatamente successivi alla scomparsa
1Cfr. da pagina 52.
Conclusione 213
dei due matematici, fu Newton a guadagnare piu credito tra i matematici, a partire
dall’Ottocento il rigore di Leibniz comincio a diventare sempre piu interessante per
chi stava indagando - nell’Europa continentale - i fondamenti dell’analisi.
11.2 Nota stilistica
L’intera struttura della tesi ha subito pesanti influenze soprattutto dai testi di Jason
Bardi [2], Gianfranco Cantelli [8] e Alfred Rupert Hall [22], che hanno una forte
impostazione cronachistica. I capitoli hanno dunque uno svolgimento che lascia
ampio spazio ai fatti e poco alle riflessioni e osservazioni di carattere filosofico, come
invece ci si aspetterebbe in una tesi di laurea specialistica in Filosofia. Dal capitolo
primo al capitolo ottavo si e deciso di entrare nello specifico della disputa, indugiando
anche sugli aspetti psicologici e personali dei due protagonisti.
Tale approccio ha ovviamente degli svantaggi. In prima battuta il lettore viene
portato in mezzo agli eventi senza un’adeguata introduzione storica, il che non aiuta
una comprensione immediata. In secondo luogo tale approccio non ha reso possibile
integrare completamente la filosofia del calcolo infinitesimale all’intero del corpo
principale della tesi.
Tuttavia, tale approccio ha anche il merito di permettere al lettore di assimilare un
background storico e matematico prima di addentrarsi in problemi di filosofia della
matematica. La scelta di astenersi - per quanto possibile - dall’introdurre profonde
questioni di metafisica del calcolo nella prima parte ha permesso di affrontare la
questione della disputa con un inizio piu obiettivo e meno di parte. L’obiettivo era
essenzialmente quello di offrire la possibilita di formarsi autonomamente un’opinione
sugli aspetti piu importanti delle due visioni dell’analisi matematica. La compren-
sibilita ne ha certamente risentito, ma quantomeno e stato garantito un livello di
approfondimento costante in tutte le pagine della tesi.
214 Conclusione
In conclusione, sebbene coscienti del fatto che la “cronaca” iniziale non aggiunga
molto alla letteratura sull’argomento, riteniamo che invece possa guidare in modo
originale il percorso di un lettore interessato alla disputa - cosı come pochi altri testi
possono fare, a causa del loro carattere “eccessivamente interpretativo”.
11.3 Considerazioni finali
La disputa tra Leibniz e Newton sul calcolo infinitesimale e una delle dispute scientifi-
che piu affascinanti, piu famose e piu complicate della storia del pensiero occidentale.
Sono coinvolte le menti piu geniali di un periodo storico di grande cambiamento, in
un arco temporale di oltre quarant’anni. Ritroviamo, nelle testimonianze scritte,
tracce di questioni filosofiche fondamentali per comprendere la metafisica del calcolo
di ciascuno dei due protagonisti. Inoltre abbiamo numerose pubblicazioni, lettere e
manoscritti di personaggi minori - riguardo alla nostra storia - che a loro volta ven-
gono ricordati come grandi matematici. Basti pensare a Barrow, Gregory, i fratelli
Bernoulli, il Marchese de L’Hopital.
Credo che chiunque si sia avvicinato a questo studio, cosı specifico e cosı affascinante,
abbia cercato in qualche modo di darsi una risposta alla domanda: chi aveva ragione?
Una domanda la cui risposta e forse impossibile, perche nasconde molte insidie.
La questione della scoperta del calcolo infinitesimale riguarda circa un secolo di storia
della matematica e un ampio numero di matematici europei. E stata una scoperta
in piu tappe, con un’evoluzione continua degli strumenti logici e dell’approccio teo-
rico degli studiosi. Non solo, e stato un processo che si e realmente chiuso soltanto
nell’Ottocento, con la formulazione rigorosa del concetto di numero reale, alla base
del calcolo infinitesimale. Per rispondere alla nostra domanda dunque, dobbiamo
inserirla nel contesto storico in cui i nostri due protagonisti hanno vissuto, studiato
e combattuto. Ecco dunque che la domanda puo essere divisa in tre sotto-domande,
alle quali proveremo a rispondere.
Conclusione 215
Tecnicamente, chi e stato il primo scopritore dei metodi che poi si sareb-
bero evoluti nella moderna analisi infinitesimale?
Occorre premettere che la differenza tra la matematica di Newton e Leibniz, e la
matematica moderna, e enorme. Ma cercando di mettere su un secondo piano que-
ste differenze, possiamo individuare la risposta in modo molto preciso. Di fatto su
questo non esiste quasi alcun dubbio: Newton ottenne delle procedure di derivazione
e integrazione almeno nove anni prima di Leibniz. Sappiamo per certo che Leibniz
in quel periodo ignorava i metodi della matematica superiore, quindi non avrebbe
potuto in alcun modo avvicinarsi ai risultati di Newton. Sebbene Leibniz stesso e
i suoi sostenitori abbiano piu volte messo in dubbio che Newton possedesse davve-
ro tali metodi, un attento studio di tutte le testimonianze ci permette di sostenere
inequivocabilmente la priorita di Newton. Tutti i moderni studiosi sono tra l’altro
d’accordo con questa tesi.
Chi, tra Leibniz e Newton, ottenne i procedimenti piu simili ai moderni
metodi di derivazione ed integrazione?
Newton non riuscı praticamente mai a formalizzare i propri metodi in un modo an-
che lontanamente paragonabile ai moderni trattati di analisi matematica. Leibniz
invece, non solo fu il primo dei due a pubblicare un trattato sistematico sul calcolo
infinitesimale, ma fu anche quello che meglio riuscı a presentare le proprie teorie
negli anni successivi. Il successo piu innegabile di Leibniz fu nella fortunata scelta
della notazione dx (derivata) e∫
f(x) (integrale). Ancora oggi usiamo gli stessi
simboli per utilizzare concetti che - sebbene siano formulati in modo molto piu ri-
goroso - sono sostanzialmente gli stessi del Seicento. Newton rimase vittima di una
216 Conclusione
notazione scomoda e del fatto stesso di non esser riuscito a completare i suoi testi
di matematica. In pratica non riuscı mai a fare in modo da renderli un riferimento
per i matematici dei nostri giorni.
A distanza di oltre tre secoli, quale traccia resta delle teorie di Leibniz
e Newton? Ovvero quale dei due approcci, i fondatori della moderna
analisi infinitesimale hanno privilegiato?
L’approccio logico-algoritmico di Leibniz, basato sulle differenze piuttosto che sulle
serie, ha trovato i favori dei matematici dell’Ottocento. E stato in quel periodo che
la teoria dell’analisi moderna ha ottenuto i maggiori risultati. Non meraviglia dun-
que che da quegli anni in poi sia stato Leibniz ad aver ottenuto maggiori citazioni
e riconoscimenti. La sua imbarazzante avversione alla teoria della gravitazione di
Newton - che non riuscı mai ad accettare - fu bilanciata dalla sua teoria del calcolo
differenziale che fu invece un successo su tutti i fronti. Ad uno sguardo piu attento
tuttavia, i trattati di Leibniz sono ancora molto imprecisi: in particolare trattano
con disinvoltura quantita infinitesimali come zero o come diverse da zero a seconda
dell’utilita del momento. Imprecisioni clamorose corrette soltanto da una grande
intuizione matematica. Ma di Newton, che pure ebbe problemi analoghi, non salvia-
mo nemmeno l’approccio. Troppo geometrico e troppo intuitivo per essere ripreso
dal formalismo ottocentesco.
Considerato dunque che tra Seicento e Settecento nessuno poteva avere strumenti
matematici realmente adeguati per trattare ne le flussioni di Newton ne il calcolo
differenziale di Leibniz, la nostra preferenza, nel lungo periodo, va a Leibniz. Su
quella base Cauchy, Dedekind, Cantor e Weierstrass - tutti matematici appartenenti
alla scuola continentale - riuscirono a definire l’insieme dei numeri reali IR ed a
rendere rigorosi tutti i concetti dell’analisi. Seppure con molti difetti, fu il tedesco a
Conclusione 217
formulare la teoria del calcolo complessivamente piu completa, precisa e strutturata
della sua era.
Appendice A
I protagonisti
In questo capitolo di appendice riportiamo in ordine alfabetico per cognome i ritratti
di alcuni protagonisti delle nostre vicende.
I ritratti provengono dalla Dibner Library di Storia della Scienza e della Tecno-
logia, dello Smithsonian Institute di Washington D.C. (USA). Per ulteriori infor-
mazioni si puo visitare http : //www.sil.si.edu/digitalcollections/hst/scientific −
identity/CF/group by name.cfm.
L’utilizzo di questo materiale e permesso sotto la licenza “Fair Use” come riportato
alla pagina web http : //www.si.edu/copyright/.
219
I protagonisti 220
Figura A.1: Isaac Barrow (1630-1677).
I protagonisti 221
Figura A.2: Jean Bernoulli (1704-1767).
I protagonisti 222
Figura A.3: James Gregory (1638 - 1675).
I protagonisti 223
Figura A.4: Christian Huygens (1629 - 1695).
I protagonisti 224
Figura A.5: Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716).
I protagonisti 225
Figura A.6: Sir Isaac Newton (1643 -1727).
I protagonisti 226
Figura A.7: John Wallis (1616-1703).
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Pasquale Borriello - febbraio 2009
Sapienza Universita di Roma