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S.I.R.S. Servizio Informativo Rappresentanti dei Lavoratori alla Sicurezza BOLLETTINO DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA RETE DI RLS DELLE AZIENDE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA di Gianluca Ansaloni e Milva Carnevali A nalizzare il tema del lavorare in condizio- ni di isolamento risulta particolarmente complesso. In primo luogo perché è un argomento del quale la legislatura non si è occupata in modo organico e sistematico. Secondariamente perché, rispetto al complesso della popolazione di lavoratori, il lavoro in solitudine è sempre più presente all’interno di molteplici attività inserite in diversi comparti lavorativi. I paesi nei quali questo argomento è stato maggiormente affrontato sono gli Stati del Nord America. Da ciò deriva che la maggior parte della bibliografia sull’argomento è repe- ribile in lingua inglese. Una delle possibili definizioni del lavoro in solitudine: “Una persona è “sola” al lavoro quando non può essere vista o sentita da un’altra persona; e quando non può aspettarsi una visita da un altro lavoratore. è importante considerare con attenzione tutte le situazioni. Il lavoro in so- litudine riguarda tutti i lavoratori che possono andare per un periodo di tempo in cui non han- no un contatto diretto con un collega.” (tratta da articolo della Canada’s National Occupa- tional Health e Safety Resource http://www. ccohs.ca/oshanswers/hsprograms/workinga- lone.html). Il lavorare in solitudine può essere affronta- to in base a due possibili ricadute sulla salute di chi lo compie: da un alto il rischio vero e proprio derivante dalla mancata possibilità di venire soccorsi (sia in caso di infortunio sul lavoro, sia in caso di malore o evento acci- dentale) e, dall’altro, le conseguenze, meno dirette ma comunque da non trascurare, che hanno a che vedere con gli aspetti psicologici e sociali che possono avere delle ripercussioni sullo stato di benessere del lavoratore. Sul primo aspetto, cioè l’ambito della sicu- rezza, l’interesse del mondo della tecnica e della ricerca si è esplicitato con la produzione di apparecchiature e/o sistemi di teletrasmis- sione (GPS, applicazioni per cellulari – APP - … ) che forniscono una parziale risposta al problema. Parziale, in quanto non sempre la tecnologia è “comoda” ed efficiente e le reti di trasmissione del segnale non sono disponi- bili ovunque sul territorio o in tutti i luoghi di lavoro. Ed è a questo proposito che “entra in gioco” l’organizzazione del lavoro. Il testo unico sulla sicurezza del lavoro può essere preso in esame, sia per indicazioni generali (obblighi del datore di lavoro, del rssp, del rls e dei singoli lavoratori), sia nelle specifiche sezioni dedicate alle procedure di pronto soc- corso e della formazione. Ricordiamo che in virtù dell’art. 17 del DLgs 81/08 la valutazione dei rischi è un obbligo che il datore di lavoro non può delegare a nessuno: riguarda tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori delle attività e luoghi in cui essa si svolge e l’organizzazione del lavoro specifica, senza alcuna differenza di genere e di età. Nel documento di valuta- zione è importante quindi che possano essere individuati i lavoratori che operano in solita- rio e l’esplicitazione della specifica valutazio- ne dei rischi. L’Accordo Stato-Regioni che implemen- ta l’art. 37 comma 2 del D.Lgs 81/08 sulla formazione dei lavoratori indica i titoli dei contenuti della formazione specifica per i la- voratori; tra questi non viene esplicitamente menzionato il lavoro in solitudine (anche se Il lavoro in solitudine Il lavoro in solitudine di Gianluca Ansaloni e Milva Carnevali La definitiva sconfitta dello stress lavoro correlato: un successo tutto italiano! di Graziano Frigeri ANNO 14 - NUMERO 4 LUGLIO AGOSTO 2014 Provincia di Bologna Comune di Bologna Azienda USL di Bologna INAIL di Bologna Direzione Territoriale del Lavoro di Bologna CGIL CISL UIL di Bologna 1 3 Sommario

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S.I.R.S.Servizio InformativoRappresentantidei Lavoratori alla Sicurezza

BOLLETTINO DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA RETE DI RLS DELLE AZIENDE DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

di Gianluca Ansaloni e Milva Carnevali

Analizzare il tema del lavorare in condizio-ni di isolamento risulta particolarmente complesso. In primo luogo perché è

un argomento del quale la legislatura non si è occupata in modo organico e sistematico. Secondariamente perché, rispetto al complesso della popolazione di lavoratori, il lavoro in solitudine è sempre più presente all’interno di molteplici attività inserite in diversi comparti lavorativi. I paesi nei quali questo argomento è stato maggiormente affrontato sono gli Stati del Nord America. Da ciò deriva che la maggior parte della bibliografia sull’argomento è repe-ribile in lingua inglese. Una delle possibili definizioni del lavoro in solitudine:“Una persona è “sola” al lavoro quando non può essere vista o sentita da un’altra persona; e quando non può aspettarsi una visita da un altro lavoratore. è importante considerare con attenzione tutte le situazioni. Il lavoro in so-litudine riguarda tutti i lavoratori che possono andare per un periodo di tempo in cui non han-no un contatto diretto con un collega.” (tratta da articolo della Canada’s National Occupa-tional Health e Safety Resource http://www.ccohs.ca/oshanswers/hsprograms/workinga-lone.html).Il lavorare in solitudine può essere affronta-to in base a due possibili ricadute sulla salute di chi lo compie: da un alto il rischio vero e proprio derivante dalla mancata possibilità di venire soccorsi (sia in caso di infortunio sul lavoro, sia in caso di malore o evento acci-dentale) e, dall’altro, le conseguenze, meno dirette ma comunque da non trascurare, che hanno a che vedere con gli aspetti psicologici e sociali che possono avere delle ripercussioni sullo stato di benessere del lavoratore.Sul primo aspetto, cioè l’ambito della sicu-rezza, l’interesse del mondo della tecnica e della ricerca si è esplicitato con la produzione di apparecchiature e/o sistemi di teletrasmis-sione (GPS, applicazioni per cellulari – APP

- … ) che forniscono una parziale risposta al problema. Parziale, in quanto non sempre la tecnologia è “comoda” ed efficiente e le reti di trasmissione del segnale non sono disponi-bili ovunque sul territorio o in tutti i luoghi di lavoro. Ed è a questo proposito che “entra in gioco” l’organizzazione del lavoro. Il testo unico sulla sicurezza del lavoro può essere preso in esame, sia per indicazioni generali (obblighi del datore di lavoro, del rssp, del rls e dei singoli lavoratori), sia nelle specifiche sezioni dedicate alle procedure di pronto soc-corso e della formazione. Ricordiamo che in virtù dell’art. 17 del DLgs 81/08 la valutazione dei rischi è un obbligo che il datore di lavoro non può delegare a nessuno: riguarda tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori delle attività e luoghi in cui essa si svolge e l’organizzazione del lavoro specifica, senza alcuna differenza di genere e di età. Nel documento di valuta-zione è importante quindi che possano essere individuati i lavoratori che operano in solita-rio e l’esplicitazione della specifica valutazio-ne dei rischi. L’Accordo Stato-Regioni che implemen-ta l’art. 37 comma 2 del D.Lgs 81/08 sulla formazione dei lavoratori indica i titoli dei contenuti della formazione specifica per i la-voratori; tra questi non viene esplicitamente menzionato il lavoro in solitudine (anche se

Il lavoro in solitudine Il lavoro in solitudinedi Gianluca Ansaloni e

Milva Carnevali

La definitiva sconfitta dello stress lavoro correlato: un successo tutto italiano!di Graziano Frigeri

Anno 14 - numero 4LUGLIO

AGOSTO 2014

Provincia di BolognaComune di BolognaAzienda USL di BolognaINAIL di BolognaDirezione Territoriale del Lavoro di BolognaCGIL CISL UIL di Bologna

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l’ultimo punto “altri rischi” potrebbe ricomprenderlo) in quanto non rappresenta di per sé un rischio, bensì una condizione di lavoro per la quale però il lavoratore deve essere idoneamente formato. In particolare la formazione dovrà riguardare le misure di protezione da attuare in caso di emergenza, le misure di prevenzione atte ad evitare il disagio di una condizione di lavoro che lo pone per tutto l’orario o larga parte di esso in assenza di contatti con altri esseri umani. Nelle organizzazioni quindi in cui è previ-sto che vi siano uno o più lavoratori che operano da soli, la formazione sui rischi specifici è fondamentale. Inoltre deve essere posta particolare attenzione al “Piano di eva-cuazione”. All’interno di detto piano è importante venga inserito uno specifico paragrafo in cui siano individuate le procedure di evacuazione in caso di emergenza e di neces-sità di primo soccorso per chi opera in solitario. In questo senso il DECRETO INTERMINISTERIALE 24 genna-io 2011, n. 19 MINISTERO DELLE INFRASTRUT-TURE E DEI TRASPORTI Regolamento sulle modalità di applicazione in ambito ferroviario, del decreto 15 luglio 2003, n. 388, ai sensi dell’articolo 45, comma 3, del de-creto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 pur essendo specifico per le attività del trasporto ferroviario è un esempio prati-co e utile per meglio comprendere alcune delle misure che possono essere inserite nel piano di evacuazione. Misure utili a garantire idonee misure di protezione in situazioni di emergenza nell’ambito di questa particolare condizio-ne lavorativa. Il decreto prevede la presenza del pacchetto di medicazione, di un mezzo di comunicazione idoneo e una procedura adatta ad attivare in ogni caso la richiesta di pronto soccorso con la conseguente la formazione del personale al fine di fornire adeguate informazioni , pre-vede di dotare il personale impiegato di idonei sistemi di telefonia fissa o di apparati radio su rete pubblica o priva-ta, compresa la comunicazione interna, idonei a garantire la comunicazione del personale ivi presente l’attivazione della richiesta di soccorso ed a predisporre contestualmen-te una procedura idonea per tale attivazione anche con i servizi pubblici di pronto soccorso.

Non c’è dubbio quindi che accanto alle procedure e alle misure di protezione, la formazione dei lavoratori abbia un ruolo determinante per la tutela della loro salute e si-curezza; pertanto ribadiamo l’importanza di prevedere nei corsi di formazione specifica previsti dall’Accordo Stato-Regioni espliciti riferimenti al lavoro in solitario ed ai ri-schi ad esso correlati. Il lavoro in solitudine può anche, come abbiamo già det-to, comportare una sorta di disagio maggiormente ricon-ducibile a percezioni e sensazioni che ciascun individuo “avverte” in modo differente se in presenza o meno di altri soggetti. Prima di affrontare questo argomento riteniamo utile prendere in esame alcune situazioni lavorative in cui si può ravvisare il lavoro in solitudine.

RUOLI LAVORATIVI CHE PREVEDONO IL LAVORO IN SOLITUDINE (esempi)• Autotrasportatori• Addetti alle guardianie sia notturne, sia

diurne• Tecnici di pronto intervento per servizi di

pubblica utilità che svolgono il proprio lavoro sul territorio nazionale (energia elettrica, gas, acqua, ecc.)

• Addetti alle pulizie che operano in orari in cui i locali da pulire non sono “abitati”

• Addetti al controllo del funzionamento di impianti a ciclo continuo

• Addetti ai servizi di vigilanza (che spesso presidiano ampie aree attraverso monitor e telecamere …)

• Addetti al Telelavoro

MANSIONI CHE POSSONO ESSERE SVOLTE ANCHE IN ASSENZA DI ALTRE PERSONE (esempi)• Lavorazioni in agricoltura• Lavorazioni del commercio• Lavorazioni di assistenza impianti e/o di • magazzinaggio• Addetti a particolari attività di riscossione di • denaro (esempio addetti al pedaggio autostra-

dale e/o distributori di carburante)• Macchinisti ferroviari

In alcuni di questi ambiti sono stati eseguiti degli appro-fondimenti. A titolo informativo si rimanda all’indagine svolta della Cattedra di Psicofisiologia Clinica dell’Univer-sità Sapienza di Roma (scaricabile in formato PDF dal sito http://www.inmarcia.it/component/content/article/28-ultimora/221-un-treno-carico-di-stress#Indice_volume_stress).Come abbiamo già visto dall’esame della normativa vi-gente in materia di lavoro in solitudine l’aspetto psico-logico non viene considerato in modo lineare e diretto. Un possibile e lecito collegamento può essere riscontrato dall’obbligo di redigere un documento di valutazione sul rischio stress lavoro - correlato. Detto documento risulta essere parte integrante del documento di valutazione dei

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di Graziano Frigeri

La definitiva “sconfitta” dello stress lavoro correlato: un “successo” tutto italiano!

rischi (art. 28 comma 1 del D.L.gs 81/08). Per la specifica valutazione del rischio stress lavoro - correlato occorre fare riferimento ai principi generali contenuti nell’Accordo Europeo dell’8/10/2004 e ad un percorso metodologico che tenga in considerazione: gli eventi sentinella, i fattori di contenuto del lavoro e i fattori di contesto del lavoro1. Tra i fattori di “contenuto” del lavoro ci preme focalizzare l’attenzione sul concetto di orario di lavoro, dato che mol-te delle tipologie di impiego oggetto del presente articolo fanno riferimento al lavoro notturno o articolato su tur-ni. Mentre tra i fattori di “contesto” del lavoro, la nostra attenzione è rivolta ai concetti di autonomia decisionale. Entrambe le tematiche, l’orario e l’autonomia possono avere un forte impatto sul benessere individuale.Esaminando le lavorazioni che abbiamo inserito nell’elen-co possiamo pensare a cosa può comportare il lavorare in orari nei quali l’alternanza dei ritmi sonno/veglia può ve-nire intaccata e Il dovere affrontare situazioni non sempre previste e dovere prendere delle decisioni in completa au-tonomia. In particolare ci preme sottolineare quest’ultimo punto, quando cioè il lavoratore ha a che fare con scelte e/o decisioni che riguardano la sicurezza del lavoro (esem-pio manutenzione /riparazione/controllo di impianti e/o attrezzature pericolose). In questo caso non dovrebbe es-sere lasciato solo nel decidere, ma ad esso dovrebbero esse-re affidate tutte le indicazioni necessarie preventivamente valutate ed esplicitate nel documento di valutazione dei rischi. ConclusioniÈ nostro parere che il problema analizzato risulta essere di difficile soluzione e che non esiste una “ricetta” appli-cabile in modo trasversale e generica per tutti gli ambien-ti di lavoro. Data la disomogeneità di tali ambienti e di come il lavoro viene organizzato al loro interno riteniamo che possa essere rilevante il documento di valutazione dei rischi (DVR), previsto dagli artt. 17 comma 1 e 28 del D.L.gs 81/08. Il DVR rappresenta, se redatto in modo opportuno, l’elemento fondamentale di prevenzione. L’analisi di un problema che sia di sicurezza o di atten-zione alle condizioni di benessere, deve obbligatoriamen-te partire dall’esame della realtà operativa in cui il lavoro viene svolto. Detta realtà è rappresentata da più elementi che si interfacciano tra loro: i compiti, le responsabilità, l’ambiente, le attrezzature e gli impianti, e non ultimo, il sistema di relazione che ciascun addetto “percepisce e pratica” nel proprio ambiente lavorativo.Non possiamo infine trascurare che il procedere con le scoperte tecnologiche (esempio droni, app, ecc.) se da un lato concorrono alla proliferazione di nuovi lavori da svolgersi in solitudine, dall’altro, aiutano a mettere in atto sistemi di allerta e di soccorso, così come modalità di contatto virtuali (es, teleconferenze, videochiamate, ecc.). Non dobbiamo però dimenticare la fondamentale e im-prescindibile importanza di come dette attrezzature ven-gono poi impiegate. Chi le usa / subisce è sempre un sog-getto umano inserito all’interno di un contesto lavorativo, costituito da ambienti, ruoli, compiti e regole anch’essi abitati, ricoperti, svolti e seguite da esseri umani. In definitiva il lavoro in solitudine non è di per sé “noci-vo” ma lo può diventare quando le persone oltre che iso-late si sentono insicure e sole.

Secondo l’ Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza del Lavoro, “Lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa riferito più frequentemente

e colpisce il 22% dei lavoratori dei 27 Stati membri dell’UE (dati del 2005)”. Sempre secondo l’Agenzia Europea, tale dato è destinato nel tempo ad aumentare. In base alle stime più recenti, la percentuale di lavoratori esposti a ri-schio di stress lavoro correlato si aggirerebbe tra il 27% ed il 30% dell’intera forza lavoro nella Unione Europea, cor-rispondente in termini assoluti, adottando un atteggia-mento prudenziale, a circa 54 milioni di lavoratori: poco meno dell’intera popolazione italiana. Ma le Istituzioni e le Sanitarie italiane, i Sindacati e le Associazioni di Categoria, coloro che si occupano professionalmente di salute lavorativa e, soprattutto, i lavoratori italiani, pos-sono tirare più di un sospiro di sollievo, e hanno motivo di provare autentico orgoglio nazionale: dei 54 milioni di lavoratori europei esposti a rischio di stress lavoro correla-to, nemmeno uno si trova in Italia: lo certificano in modo inoppugnabile le migliaia di valutazioni del rischio da stress lavoro correlato effettuate dai datori di lavoro, co-adiuvati dai loro consulenti (RSPP, Medici Competenti, Psicologi del Lavoro), seguendo rigorosamente il “percor-so metodologico” suggerito dalle indicazioni fornite dalla Commissione Consultiva ex art. 6 del D.Lgs. 81/08 nel novembre 2010. DiscussioneIl percorso metodologico definito dalla Commissione, ripreso e fatto proprio dall’INAIL nel “Manuale ad uso

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articolo19 Anno 14 - Numero 4, LUGLIO-AGOSTO 2014

Bimestrale della Provincia di Bologna

Iscrizione al tribunale di Bologna n° 729del 12/03/2003

Direttore responsabile: Davide Bergamini

Comitato Redazionale:Barbara Cevenini (Inail di Bologna)Maria Capozzi (Direzione Territoriale del Lavorodi Bologna)Leopoldo Magelli (Provincia di Bologna)Daniele Tartari (Provincia di Bologna)Andrea Spisni (Azienda USL di Bologna)Stefano Franceschelli (Cisl) in rappresentanza diCgil, Cisl e Uil.

S.I.R.S. Via Montebello, 6 40121 BolognaFax 051/2869405

Sito internet:www.sirsrer.itAndreA SpiSni Tel. 051/[email protected]

Segreteria di redazione:Daniele Tartari (Provincia di Bologna)Direzione: Provincia di BolognaVia Zamboni, 13 - 40126 Bolognatel. 051/6598435 - fax 051/6598226

Realizzazione a cura di: Produzioni editoriali Provincia di Bologna

Impaginazione: Gabriella Napoli

Anno 14 - numero 4

delle Aziende in attuazione del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.” edizione 2011 (che aveva recuperato e modificato, unifor-mandolo al “percorso”, un precedente manuale ISPESL, a sua volta ripreso da analogo protocollo inglese edito dal HSE, che peraltro in UK non ha avuto alcun utilizzo con-creto nelle Aziende) prevede, in sintesi, i seguenti step: 1) Valutazione preliminare “oggettiva” condotta prendendo in esame “indicatori di rischio da stress lavoro-correlato “oggettivi e verificabili e ove possibile numericamente ap-prezzabili” valutati mediante “liste di controllo applicabi-li anche dai soggetti aziendali della prevenzione”.Sulla base di questa modalità di valutazione, che per de-finizione non tiene conto della percezione soggettiva dei lavoratori, sia singolarmente che come popolazione, il percorso, assicurano gli autori, è in grado di determinare l’esistenza, ed il livello, del rischio da stress lavoro cor-relato. Gli autori, in pratica, sebbene l’accordo europeo del 2004 espressamente citato dall’art. 28 come norma guida per la valutazione affermi che lo stress consiste in “una condizione, accompagnata da sofferenze o disfun-zioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scatu-risce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative” hanno ritenuto che, in prima battuta, la per-cezione soggettiva dei lavoratori in ordine alle situazioni possibili fonti di rischio da stress lavoro correlato non fos-se un elemento meritevole di essere presa in considerazio-ne. Hanno invece ritenuto che il solo esame, mediante liste di controllo, degli indicatori di rischio “misurabili” sia sufficiente a definire il livello di stress lavoro correlato cui sono soggetti i lavoratori. Nel caso la valutazione abbia “esito negativo”, vale a dire nel caso in cui i livelli di stress lavoro correlato così deter-minati si rivelino insignificanti, nessuna ulteriore azione è richiesta al datore di lavoro, salvo il monitoraggio perio-dico con le stesse procedure. Nel caso invece la valutazio-ne preliminare abbia un “esito positivo”, cioè emergano elementi di rischio “tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi”. 2) Solamente se questi ultimi si rilevano inefficaci, si passa alla valutazione successiva, cosiddetta “valutazione approfondita” e, a solo questo punto, si può prende in considerazione quella che l’accordo europeo identifica come l’unità di misura dello stress lavoro correlato, cioè “la percezione soggettiva dei lavoratori”. Risultati Nella realtà italiana, a fronte di un limitato numero di casi in cui si è proceduto fin dal principio a prendere in con-siderazione con vari strumenti (interviste, focus group,

questionari) la percezione soggettiva dei lavoratori nel processo di valutazione del rischio da stress lavoro corre-lato, nella stragrande maggioranza dei casi, la valutazione è stata condotta seguendo il percorso indicato dalla Com-missione.A distanza di oltre cinque anni dalla emanazione del D.Lgs. 81/08 che, per la prima volta, indicò espressamen-te lo stress lavoro correlato come uno dei fattori di rischio da prendere in considerazione nel processo di valutazione, ed a oltre 3 anni dalla emanazione delle indicazioni della Commissione relativamente al percorso riassunto sopra, è possibile trarre un primo bilancio sufficientemente preci-so della situazione. Sulla base delle migliaia di documenti di valutazione dei rischi redatti nella maggior parte delle aziende italiane di piccola media e grande dimensione, possiamo affermare con orgoglio che lo stress lavoro cor-relato si presenta pressoché dappertutto a livelli bassi o francamente inesistenti.Nei pochissimi casi in cui siano stati evidenziati isole di livello “medio” (colorazione gialla secondo il manuale INAIL) le misure prontamente adottate dai datori di la-voro hanno prodotto la riconduzione dei livelli di rischio in area verde, non dovendosi pertanto ricorrere in presso-ché nessun caso alla fase della “valutazione approfondita”. Conclusioni.1) L’applicazione su vasta scala del percorso indicato dalla Commissione nel novembre 2013 ha permesso di accerta-re, in soli tre anni, che il rischio da stress lavoro correlato in Italia è pressoché insistente. Nei rarissimi casi in cui in base alla valutazione preliminare sui dati “misurabili” ha evidenziato un rischio medio, le misure prontamente messe in atto dai datori di lavoro hanno azzerato o co-munque ridotto ai minimi termini il rischio. 2) Il percorso metodologico sopra indicato, ed il successo straordinario da esso ottenuto, si fonda sull’assunto che, contrariamente a quanto generalmente finora riconosciu-to a livello scientifico e ripreso anche dall’accordo europeo del 2004, la rilevazione della percezione soggettiva dei la-voratori per la determinazione dei livelli di stress lavoro correlato non sia rilevante per affrontare il problema, ma possa tuttavia essere presa in considerazione in un secon-do tempo, a fronte di un eventuale insuccesso delle fasi precedenti; insuccesso peraltro, visiti i risultati ampia-mente positivi, del tutto improbabile. 3) L’esperienza italiana, che ha permesso in soli tre anni di debellare un fattore di rischio che nel resto d’Europa co-stituisce un problema sanitario e sociale di rilevanza drammatica, andrebbe fatta propria dall’EU-OSHA e senz’altro proposta come standard di riferimento per tutti i Paesi dell’Unione.